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71-LOTTO INTERCLUSO
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dossier CONTRIBUTO DI COSTRUZIONE (rateizzato e/o ritardato versamento)
anno 2021

EDILIZIA PRIVATA: La mancata previa escussione della garanzia non è considerata dalla giurisprudenza come una condizione necessaria per irrogare le sanzioni previste dall’art. 42 e seg. DPR 380/2001 per il ritardo nel pagamento degli oneri concessori.
È stato superato l’orientamento giurisprudenziale più risalente che addossava al Comune l'obbligo, derivante dal generale dovere di cooperazione tra creditore e debitore previsto dall'art. 1175 cod. civ., di escutere la garanzia prestata a tutela dell'adempimento dell'obbligo contributivo allo scopo di minimizzare le conseguenze negative previste per il ritardato o mancato pagamento dei contributi di costruzione.
Secondo l’orientamento più recente, invece, non è configurabile in capo all’Amministrazione alcun obbligo di attivarsi immediatamente contro il fideiussore, in quanto la prestazione di una fideiussione a garanzia del pagamento avviene nell'interesse esclusivo del Comune creditore.
In tal senso l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha definitivamente chiarito che "l'Amministrazione comunale è pienamente legittimata ad applicare, nei confronti del destinatario di un titolo edilizio che abbia richiesto la rateizzazione del pagamento degli oneri relativi al costo di costruzione, le sanzioni pecuniarie previste dalla legge per il caso di ritardato od omesso versamento dei suddetti oneri, anche nell'ipotesi in cui abbia omesso di escutere la polizza fideiussoria prestata a garanzia dell'adempimento ovvero di sollecitare il pagamento presso il debitore principale, non essendo ravvisabile a suo carico alcun onere collaborativo e/o sollecitatorio nei confronti del soggetto obbligato", riconoscendo la legittimità dell’azione di recupero "anche ove, in caso di pagamento dilazionato di detto contributo, abbia omesso di escutere la garanzia fideiussoria in esito alla infruttuosa scadenza dei singoli ratei di pagamento ovvero abbia comunque omesso di svolgere attività sollecitatoria del pagamento presso il debitore principale".
Al riguardo è stato osservato che “Sarebbe, infatti, paradossale se, per effetto del rilascio di una garanzia fideiussoria in suo favore, l'Amministrazione risultasse privata del potere di sanzionare il ritardato o omesso pagamento del debitore principale, solo perché abbia mancato di escutere il fideiussore alla scadenza del termine di pagamento; altrettanto illogico dimostrandosi, correlativamente con la stipula della polizza fideiussoria, il conseguimento, in capo al debitore principale, di una sorta di "esimente", non prevista dalla legge, rispetto all'applicazione a suo carico delle sanzioni per omesso o ritardato pagamento (cosicché, laddove l'Amministrazione, alla scadenza del termine di pagamento, non provveda ad escutere tempestivamente il fideiussore, verrebbe a perdere il diritto di applicare le sanzioni di legge)”.
Anche di recente il Consiglio di Stato ha ribadito che la garanzia fideiussoria mira a tutelare l'Amministrazione dall'inadempimento, ma non le sottrae il potere di escutere il debitore principale o di applicare le sanzioni per il ritardo anche nel caso in cui la stessa abbia omesso di escutere la garanzia, non esiste, sul punto, alcun onere collaborativo a carico dell'Amministrazione medesima.

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Tanto chiarito in merito alla decorrenza ed alla sospensione dell’obbligo di pagamento dei contributi dovuti per il permesso di costruire si passa ad affrontare la questione dell’imputabilità alla ricorrente del mancato pagamento delle relative somme, che la deducente ritiene non poterle essere addebitato, in quanto ascrivibile a cause di forza maggiore e comunque all’inerzia colposa dello stesso Comune.
A quest’ultimo riguardo la ricorrente eccepisce di nulla dovere al Comune a titolo di sanzione per il ritardo nel versamento delle somme soprindicate in quanto il Comune avrebbe potuto esigerne il pagamento dalla Società garante escutendo la polizza fideiussoria assicurativa da questa rilasciata “a prima richiesta”.
Il Collegio non condivide la prospettazione della ricorrente.
È stato infatti superato l’orientamento giurisprudenziale più risalente che addossava al Comune l'obbligo, derivante dal generale dovere di cooperazione tra creditore e debitore previsto dall'art. 1175 cod. civ., di escutere la garanzia prestata a tutela dell'adempimento dell'obbligo contributivo allo scopo di minimizzare le conseguenze negative previste per il ritardato o mancato pagamento dei contributi di costruzione (Cons. Stato, Sez. V, 03.07.1995 n. 1001).
Secondo l’orientamento più recente, invece, non è configurabile in capo all’Amministrazione alcun obbligo di attivarsi immediatamente contro il fideiussore, in quanto la prestazione di una fideiussione a garanzia del pagamento avviene nell'interesse esclusivo del Comune creditore (Cons. Stato, Sez. V, 10.12.1999 n. 2072).
In tal senso l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha definitivamente chiarito che "l'Amministrazione comunale è pienamente legittimata ad applicare, nei confronti del destinatario di un titolo edilizio che abbia richiesto la rateizzazione del pagamento degli oneri relativi al costo di costruzione, le sanzioni pecuniarie previste dalla legge per il caso di ritardato od omesso versamento dei suddetti oneri, anche nell'ipotesi in cui abbia omesso di escutere la polizza fideiussoria prestata a garanzia dell'adempimento ovvero di sollecitare il pagamento presso il debitore principale, non essendo ravvisabile a suo carico alcun onere collaborativo e/o sollecitatorio nei confronti del soggetto obbligato", riconoscendo la legittimità dell’azione di recupero "anche ove, in caso di pagamento dilazionato di detto contributo, abbia omesso di escutere la garanzia fideiussoria in esito alla infruttuosa scadenza dei singoli ratei di pagamento ovvero abbia comunque omesso di svolgere attività sollecitatoria del pagamento presso il debitore principale" (Cons. Stato, Ad. plen. 07.12.2016, n. 24).
Al riguardo è stato osservato che “Sarebbe, infatti, paradossale se, per effetto del rilascio di una garanzia fideiussoria in suo favore, l'Amministrazione risultasse privata del potere di sanzionare il ritardato o omesso pagamento del debitore principale, solo perché abbia mancato di escutere il fideiussore alla scadenza del termine di pagamento; altrettanto illogico dimostrandosi, correlativamente con la stipula della polizza fideiussoria, il conseguimento, in capo al debitore principale, di una sorta di "esimente", non prevista dalla legge, rispetto all'applicazione a suo carico delle sanzioni per omesso o ritardato pagamento (cosicché, laddove l'Amministrazione, alla scadenza del termine di pagamento, non provveda ad escutere tempestivamente il fideiussore, verrebbe a perdere il diritto di applicare le sanzioni di legge)” (Cons. Stato, Ad. plen. 07.12.2016, n. 24; cfr. Ad. plen. 30.08.2018 n. 12).
Anche di recente il Consiglio di Stato con sentenza in data 07.01.2021, n. 229 ha ribadito che la garanzia fideiussoria mira a tutelare l'Amministrazione dall'inadempimento, ma non le sottrae il potere di escutere il debitore principale o di applicare le sanzioni per il ritardo anche nel caso in cui la stessa abbia omesso di escutere la garanzia, non esiste, sul punto, alcun onere collaborativo a carico dell'Amministrazione medesima.
Ne consegue che l’operato del Comune risulta corretto, alla luce dell’orientamento giurisprudenziale sopraindicato, anche relativamente alla mancata previa escussione della garanzia, che non è considerata dalla giurisprudenza come una condizione necessaria per irrogare le sanzioni previste dall’art. 42 e seg. DPR 380/2001 per il ritardo nel pagamento degli oneri concessori.
Si passa quindi ad esaminare l’eccezione di prescrizione del diritto di credito del Comune a percepire le somme dovute a titolo della predetta sanzione.
A tale riguardo va innanzitutto condiviso il rilievo dell’Amministrazione resistente che evidenzia la genericità della prospettazione della ricorrente. Si osserva che la ricorrente, in effetti, si limita (esclusivamente) nella parte in fatto a contestare l’effetto interruttivo dei termini della prescrizione attribuito dall’Amministrazione alla corrispondenza intercorsa tra le due parti ed a richiamare in questa sede una serie di eccezioni ed obiezioni già opposte alla richiesta di pagamento delle sanzioni ex articolo 42 e 43 DPR 380/2001 per ritardato pagamento degli oneri concessori (formulata dal Comune con PEC del 05.06.2018 e 09.08.2018), prima con PEC del 22.08.2018, poi ribadite con PEC del 16.11.2018 (con cui invitava il Comune ad attivare la facoltà di autotutela per ritirare gli atti con cui erano state irrogate le sanzioni di cui agli artt. 42 e 43 DPR 380/2001).
La prospettazione della ricorrente risulta perciò invero generica ed è pienamente condivisibile solo per quanto riguarda il profilo giuridico dell’affermazione del termine quinquennale di prescrizione della sanzione irrogata per ritardato pagamento dei contributi concessori in questione. Come riconosciuto da ormai pacifico orientamento giurisprudenziale, infatti, la durata della prescrizione di tali oneri è di cinque anni ai sensi dell’art. 28 della legge n. 689/1981 e decorre dal giorno in cui è stata commessa la violazione.
Quest’ultimo, però, a sua volta, dipende dalla scadenza delle singole rate.
E sotto tale profilo la prospettazione della ricorrente risulta estremamente generica in punto di fatto, in quanto la data entro cui dovevano essere effettuati i versamenti dei ratei non è stata precisata nel ricorso, pur trattandosi di un elemento fondamentale, in quanto da esso dipende il termine iniziale di decorrenza della prescrizione. Tale dato non viene specificato dalla parte, né è desumibile dalla documentazione prodotta (le scadenze per il pagamento dei ratei degli oneri concessori dovuti per il rilascio del permesso di costruire del 2008 non sono indicate nel permesso di costruire, risultando stabilite invece nei provvedimenti del 21.01.2008 e 04.06.2008 con cui era concesso il beneficio della rateizzazione, che però non sono in atti).
Sotto tale profilo risulta perciò generica l’eccezione di prescrizione delle sanzioni dovute per il ritardo nel pagamento degli oneri concessori relativi al permesso di costruire in questione, data la mancata individuazione del presupposto fattuale a cui ancorarne il compimento, che il ricorrente aveva l’onere di allegare e comprovare, trattandosi di fatti estintivi del relativo diritto di credito del Comune, secondo la regola generale posta dall'art. 2697 c.c.
Comunque va osservato che, per quanto riguarda la durata della prescrizione, il Comune concorda con la ricorrente nell’individuare il dies a quo cui ancorare la decorrenza del termine al momento del dissequestro dell’immobile, avvenuto il 07/06/2013.
Orbene, se si fa riferimento a tale data, risulta corretta la ricostruzione delle scadenze temporali operata dal Comune. Se infatti si fa decorrere l’obbligo di versare quanto dovuto ai sensi dell’art. 16 del DPR 380/2001 per il rilascio del permesso di costruire dal momento del dissequestro del bene, allora è evidente che, una volta rilevato il mancato pagamento dei contributi concessori in parola nei sessanta giorni successivi, cioè entro il 06/08/2013, si devono ritenere maturate le condizioni per l’applicabilità delle sanzioni per il ritardo previste dagli artt. 42 e 43 DPR 380/2001. Pertanto si deve cominciare da quel momento a calcolare il quinquennio necessario per il compimento della prescrizione, che deve ritenersi maturata al 06/08/2018.
Alla luce delle scadenze così ricostruite, si deve riconoscere che il Comune ha tempestivamente avanzato, prima della prescrizione del relativo credito, la richiesta di pagamento delle sanzioni in parola indirizzata alla ricorrente via PEC con nota prot. 103338 del 05.12.2017 (con cui le si intima alla ricorrente di versare gli oneri concessori sopraindicati, maggiorati della sanzione per il ritardo prevista dagli artt. 42 e 43 DPR 380/2001). Si deve altresì riconoscere che sempre nell’ambito di tale arco temporale il Comune ha tempestivamente reiterato la predetta richiesta in data 06.06.2018, dopo aver esperito invano il tentativo di escussione della polizza fideiussoria per conseguire il pagamento delle sanzioni in parola.
In conclusione il Comune ha fatto valere il proprio diritto di credito nei confronti della ricorrente quanto ancora non era intervenuta la prescrizione dello stesso.
Va inoltre riconosciuto che operano quali fatti interruttivi della prescrizione in parola sia la dichiarazione della volontà di adempiere al pagamento delle sanzioni inequivocabilmente espressa dalla ricorrente sia con nota del 19.12.2017 –come si evince dall’incipit (si comunica l’intenzione di adempiere a quanto richiesto) e come confermato dalle conclusioni (si resta in attesa dei conteggi)- sia con nota del 12.06.2018- con cui ha chiesto una dilazione del pagamento, motivata da difficoltà finanziarie, senza contestare, nel merito, la debenza delle somme richieste dell’Amministrazione, anzi confermando implicitamente la promessa di pagamento.
Tali atti, intervenendo quando era ancora in corso il termine di prescrizione (periodo in cui l’art. 2937, co. 2, c.c. non consente la rinuncia ad avvalersi della stessa), valgono a determinare l’interruzione del termine prescrizionale, ai sensi dell’art. 2944 c.c., in quanto comportano il riconoscimento del diritto di credito del Comune che stava per prescriversi.
A questo punto, una volta riconosciuta l’impossibilità della ricorrente di opporre la prescrizione del credito nei propri confronti, va esaminata l’eccezione formulata dalla stessa con il quarto motivo, con cui, in base alla sua qualità di coobbligata solidale, che il Comune avrebbe dovuto estendere nei propri confronti la prescrizione del credito che lo stesso Comune aveva riconosciuto maturata nei confronti della società garante.
Tale tesi, prospettata con il quarto motivo, non può essere condivisa.
Come chiarito dalla giurisprudenza in materia, trattandosi di contratto autonomo di garanzia, non trova applicazione la disciplina generale della prescrizione dettata in materia di fideiussione per le obbligazioni solidali dall’art. 1957 c.c., comma 4, e dall’art. 1310 c.c., sicché l’atto con cui il Comune interrompe la prescrizione contro il debitore non ha effetto nei confronti del garante autonomo (Cassazione Civile, Sez. I, 11.12.2019, n. 32402). Non si può pertanto nemmeno seguire la ricorrente ove denuncia la contraddittorietà del Comune che avrebbe errato a reclamare dalla garante autonoma il pagamento delle sanzioni in contestazione stante l’inefficacia nei confronti del società degli atti interruttivi della prescrizione indirizzati solo alla ricorrente.
In conclusione il ricorso va rigettato nella parte in cui si avversa la richiesta -formulata con nota del 09.08.2018 prot. 72217- di versare al Comune le sanzioni previste dagli art. 42 e 42 DPR 380/2001 per il ritardato pagamento degli oneri concessori dovuti ai sensi dell’art. 16 DPR 380/2001 per il rilascio dell’originario permesso di costruire n. 29/2008 (TAR Lazio-Roma, Sez. II-quater, sentenza 08.07.2021 n. 8142 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATACome noto, “il contributo di costruzione, essendo strettamente connesso al concreto esercizio della facoltà di costruire, non è dovuto in caso di rinuncia o di mancato utilizzo del titolo edificatorio.
Conseguentemente, allorché il privato rinunci al permesso di costruire o non lo utilizzi, ovvero in ipotesi di intervenuta decadenza del titolo edilizio, sorge in capo alla p.a., anche ai sensi dell’articolo 2033 c.c. o, comunque, dell’art. 2041 c.c., l’obbligo di restituzione delle somme corrisposte a titolo di contributo per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione, e conseguentemente il diritto del privato a pretenderne la restituzione […]
La giurisprudenza ha poi avuto modo di chiarire che il diritto alla restituzione del contributo di costruzione sorge non solamente nel caso in cui la mancata realizzazione delle opere sia totale, ma anche ove il permesso di costruire sia stato utilizzato solo parzialmente”.
---------------
Legittimato ad esigere la restituzione dell’indebito deve essere ritenuto il soggetto che ha effettuato il pagamento privo di causa, mentre gli eventuali rapporti interni fra obbligato principale e terzi rimangono privi di rilievo nei confronti di chi deve restituire l’indebito ricevuto, dato che legittimato attivo alla restituzione è sempre e solo il titolare del patrimonio che deve essere reintegrato con la restituzione: nell'azione di ripetizione d'indebito oggettivo la legittimazione attiva e passiva spettano infatti solo al solvens e all'accipiens.
L’azione di ripetizione dell’indebito trae, infatti, origine dal pagamento di un debito non dovuto ed inerisce esclusivamente al rapporto fra chi lo ha effettuato e chi lo ha ricevuto.
Legittimato ad esigere la restituzione è, quindi, il soggetto che ha effettuato il pagamento rivelatosi privo di causa: ciò in quanto in base all’art. 2033 c.c., la legittimazione alla proposizione dell’azione di ripetizione dell’indebito spetta a colui che ha effettuato il pagamento; conseguentemente, stante quanto disposto dall’art. 81 c.p.c., non può ammettersi che un terzo soggetto faccia valere in giudizio, in nome proprio, un diritto di cui non è titolare.
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Ciò premesso, il Collegio rileva che l’opposizione proposta dal Comune di Vicenza è destituita di fondamento.
L’ente resistente, infatti, non contesta che le somme di cui parte opposta chiede la restituzione siano state effettivamente da quest’ultima versate a titolo di pagamento degli oneri di urbanizzazione dovuti per il rilascio dei titoli edilizi in precedenza indicati: deduce, tuttavia, che il Fallimento non avrebbe diritto alla restituzione di tali importi, essendo stato stipulato un contratto preliminare per l’alienazione dei terreni interessati dall’intervento edilizio alla società Do.Br., in virtù del quale quest’ultima sarebbe subentrata al Fallimento nella titolarità del diritto di credito vantato nei confronti del Comune di Vicenza.
Prescindendo dalla circostanza per cui, alla data odierna, non consta che detto contratto preliminare sia stato seguito dalla stipula di un contratto definitivo, giova rammentare che sulla scorta di consolidata giurisprudenza alla quale questo Collegio ha già in precedenza aderito, l’azione esercitata dal Fallimento deve essere qualificata come azione di ripetizione dell’indebito oggettivo, ex art. 2033 c.c.: come noto, “il contributo di costruzione, essendo strettamente connesso al concreto esercizio della facoltà di costruire, non è dovuto in caso di rinuncia o di mancato utilizzo del titolo edificatorio. Conseguentemente, allorché il privato rinunci al permesso di costruire o non lo utilizzi, ovvero in ipotesi di intervenuta decadenza del titolo edilizio, sorge in capo alla p.a., anche ai sensi dell’articolo 2033 c.c. o, comunque, dell’articolo 2041 c.c., l’obbligo di restituzione delle somme corrisposte a titolo di contributo per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione, e conseguentemente il diritto del privato a pretenderne la restituzione […] La giurisprudenza ha poi avuto modo di chiarire che il diritto alla restituzione del contributo di costruzione sorge non solamente nel caso in cui la mancata realizzazione delle opere sia totale, ma anche ove il permesso di costruire sia stato utilizzato solo parzialmente” (cfr. Tar Lombardia-Milano, 09.04.2020, nr. 858).
Ciò posto il Collegio osserva ancora che, come questo TAR ha già avuto modo di osservare, legittimato ad esigere la restituzione dell’indebito deve essere ritenuto il soggetto che ha effettuato il pagamento privo di causa, mentre gli eventuali rapporti interni fra obbligato principale e terzi rimangono privi di rilievo nei confronti di chi deve restituire l’indebito ricevuto, dato che legittimato attivo alla restituzione è sempre e solo il titolare del patrimonio che deve essere reintegrato con la restituzione: nell'azione di ripetizione d'indebito oggettivo la legittimazione attiva e passiva spettano infatti solo al solvens e all'accipiens (in tal senso, Tar Veneto, II Sez., 19.11.2020, nr. 1169; TAR Veneto, II Sez., 19.12.2017, nr. 173/2018, in cui si richiama: Cassazione civile, Sez. III, 01.12.2009, n. 25276; Cassazione civile, Sez. I, 09.05.2007, n. 10634; Cassazione civile, Sez. III, 04.08.2000, n. 10227).
L’azione di ripetizione dell’indebito trae, infatti, origine dal pagamento di un debito non dovuto ed inerisce esclusivamente al rapporto fra chi lo ha effettuato e chi lo ha ricevuto. Legittimato ad esigere la restituzione è, quindi, il soggetto che ha effettuato il pagamento rivelatosi privo di causa: ciò in quanto in base all’art. 2033 c.c., la legittimazione alla proposizione dell’azione di ripetizione dell’indebito spetta a colui che ha effettuato il pagamento; conseguentemente, stante quanto disposto dall’art. 81 c.p.c., non può ammettersi che un terzo soggetto faccia valere in giudizio, in nome proprio, un diritto di cui non è titolare (cfr. Tar Lombardia, Milano, Sez. II, nr. 12.05.2016 nr. 1605; Tar Toscana, Sez. III, 12.03.2014, n. 493; Tar Lombardia, Milano, Sez. II, 12.02.2014, n. 444; Tar Campania, Napoli, Sez. V, 05.04.2011, n. 1916) (TAR Veneto, Sez. II, sentenza 14.04.2021 n. 476 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2019

EDILIZIA PRIVATALe questioni attinenti alla spettanza e alla liquidazione del contributo per gli oneri di urbanizzazione sono riservate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. f), cod. proc. amm.; le stesse, poi, avendo ad oggetto l’accertamento di un rapporto di credito a prescindere dall’esistenza di atti della P.A., non sono soggette alle regole delle azioni impugnatorie-annullatorie degli atti amministrativi ed ai rispettivi termini di decadenza.
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Le obbligazioni di pagamento degli oneri di urbanizzazione e dei costi di costruzione, e le conseguenti sanzioni per ritardato pagamento, hanno natura reale o “propter rem”, essendo caratterizzate dalla stretta inerenza alla res ed essendo perciò destinate a circolare unitamente ad essa, per il carattere dell’ambulatorietà che le contraddistingue. Ne deriva che le stesse gravano anche sull’acquirente nel caso di trasferimento del bene.
È stato infatti affermato che “l’obbligazione in solido per il pagamento degli oneri di urbanizzazione e la natura reale dell’obbligazione riguardano i soggetti che stipulano la convenzione, quelli che richiedono la concessione e quelli che realizzano l’edificazione, nonché i loro aventi causa”.
Analogamente, si è precisato che anche “l’obbligazione di pagamento delle sanzioni per ritardato pagamento degli oneri concessori va configurata come propter rem e, quindi, da porsi a carico del soggetto che, in un determinato momento, si trova in una relazione qualificata con l’immobile”.
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U
n’amministrazione comunale ha il pieno potere di applicare, nei confronti dell’intestatario di un titolo edilizio, la sanzione pecuniaria prescritta dalla legge per il caso di ritardo ovvero di omesso pagamento degli oneri relativi al contributo di costruzione anche ove, in caso di pagamento dilazionato di detto contributo, abbia omesso di escutere la garanzia fideiussoria in esito alla infruttuosa scadenza dei singoli ratei di pagamento ovvero abbia comunque omesso di svolgere attività sollecitatoria del pagamento presso il debitore principale.
Ciò in quanto dalla portata letterale delle disposizioni che integrano il regime sanzionatorio si evince come l’applicazione dell’aumento di contributo sia correlata al fatto in sé del suo mancato o non puntuale pagamento da parte dell’obbligato, senza distinzione alcuna, sul piano delle conseguenze del meccanismo sanzionatorio, tra l’ipotesi dell’obbligazione del solo debitore, e quella in cui sia stata prestata una garanzia fideiussoria accessoria per il pagamento del suddetto contributo.
Non assumendo, pertanto, alcuna rilevanza il comportamento delle parti diverse dal debitore principale antecedenti al fatto-inadempimento, ciò che unicamente rileva, nella logica della norma sanzionatoria, è il semplice mancato pagamento della rata di contributo imputabile al debitore principale.
Non solo non si rinviene un dovere di “soccorso” dell’amministrazione comunale nei confronti del beneficiario di un titolo edilizio in ritardo nel pagamento del contributo di costruzione, ma in senso opposto l’amministrazione è tenuta, trattandosi di attività vincolata prevista direttamente dalla fonte normativa di rango primario, all’applicazione delle sanzioni alla scadenza dei termini di pagamento, senza potersi sottrarre al potere-dovere di aumentare, in funzione sanzionatoria, l’importo del contributo dovuto.

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1. In via preliminare, va affermata la giurisdizione del giudice amministrativo sulla presente controversia, giacché secondo una consolidata giurisprudenza, condivisa dal Collegio, le questioni attinenti alla spettanza e alla liquidazione del contributo per gli oneri di urbanizzazione sono riservate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. f), cod. proc. amm.; le stesse, poi, avendo ad oggetto l’accertamento di un rapporto di credito a prescindere dall’esistenza di atti della P.A., non sono soggette alle regole delle azioni impugnatorie-annullatorie degli atti amministrativi ed ai rispettivi termini di decadenza (Consiglio di Stato, VI, 07.05.2015, n. 2294; TAR Lombardia, Milano, II, 10.05.2018, n. 1242).
2. Passando all’esame del merito del ricorso, lo stesso non è fondato; ciò consente di prescindere dallo scrutinio delle ulteriori eccezioni di carattere preliminare sollevate dalla difesa del Comune.
3. Con l’unica censura di ricorso si deduce l’illegittimità delle sanzioni applicate alla ricorrente, avendo la stessa acquistato il mappale n. 853 soltanto dopo la scadenza dei termini di pagamento degli oneri e quindi non essendo ad essa imputabile il mancato e/o ritardato versamento delle rate degli stessi; inoltre, il Comune avrebbe aggravato indebitamente la posizione del soggetto obbligato non provvedendo alla previa escussione della garanzia fideiussoria, violando in tal modo i canoni della buona fede e della cooperazione con il privato debitore; infine si contesta l’ammontare della somma richiesta, corrispondente al 125% delle rate pagate in ritardo, piuttosto che alla misura del 40% prevista dall’art. 42 del D.P.R. n. 380 del 2001.
3.1. La doglianza è infondata.
Va premesso che nell’atto di compravendita del 15.02.2001 stipulato con Im.No. s.r.l., la ricorrente ha espressamente dichiarato “di assumere a suo totale carico gli oneri di urbanizzazione ancora da versare al Comune” (cfr. all. 7 del Comune). A ciò ha fatto seguito, in data 16.03.2001, la volturazione in suo favore della concessione edilizia n. 103/1997 da parte del Comune (all. 8 del Comune).
Ulteriormente, va evidenziato che il Comune, in data 26.10.1998, ha sollecitato la dante causa della ricorrente ad adempiere agli obblighi di pagamento, a seguito della scadenza del termine (all. 6 del Comune).
A giudizio della parte ricorrente la sanzione conseguente al mancato versamento delle rate relative agli oneri concessori non avrebbe potuto essere irrogata nei suoi confronti, stante l’assenza di alcuna rimproverabilità in capo ad essa e trattandosi di un atto connotato dal carattere dell’afflittività.
La prospettazione della parte ricorrente non può essere accolta, poiché secondo un condivisibile orientamento giurisprudenziale, le obbligazioni di pagamento degli oneri di urbanizzazione e dei costi di costruzione, e le conseguenti sanzioni per ritardato pagamento, hanno natura reale o “propter rem”, essendo caratterizzate dalla stretta inerenza alla res ed essendo perciò destinate a circolare unitamente ad essa, per il carattere dell’ambulatorietà che le contraddistingue. Ne deriva che le stesse gravano anche sull’acquirente nel caso di trasferimento del bene.
È stato infatti affermato che “l’obbligazione in solido per il pagamento degli oneri di urbanizzazione e la natura reale dell’obbligazione riguardano i soggetti che stipulano la convenzione, quelli che richiedono la concessione e quelli che realizzano l’edificazione, nonché i loro aventi causa” (cfr. Consiglio di Stato, IV, 15.05.2019, n. 3141; altresì, C.G.A., 30.09.2019, n. 848; TAR Sicilia, Palermo, II, 19.10.2017, n. 2402).
Analogamente, si è precisato che anche “l’obbligazione di pagamento delle sanzioni per ritardato pagamento degli oneri concessori va configurata come propter rem e, quindi, da porsi a carico del soggetto che, in un determinato momento, si trova in una relazione qualificata con l’immobile” (cfr. Consiglio di Stato, IV, 01.04.2011, n. 2037).
3.2. Quanto alla parte della censura che eccepisce l’illegittima mancata previa escussione della garanzia fideiussoria, invece dell’adozione della sanzione, si deve richiamare, in senso contrario, la pronuncia dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, 07.12.2016, n. 24, secondo la quale “un’amministrazione comunale ha il pieno potere di applicare, nei confronti dell’intestatario di un titolo edilizio, la sanzione pecuniaria prescritta dalla legge per il caso di ritardo ovvero di omesso pagamento degli oneri relativi al contributo di costruzione anche ove, in caso di pagamento dilazionato di detto contributo, abbia omesso di escutere la garanzia fideiussoria in esito alla infruttuosa scadenza dei singoli ratei di pagamento ovvero abbia comunque omesso di svolgere attività sollecitatoria del pagamento presso il debitore principale”: ciò in quanto dalla portata letterale delle disposizioni che integrano il regime sanzionatorio si evince come l’applicazione dell’aumento di contributo sia correlata al fatto in sé del suo mancato o non puntuale pagamento da parte dell’obbligato, senza distinzione alcuna, sul piano delle conseguenze del meccanismo sanzionatorio, tra l’ipotesi dell’obbligazione del solo debitore, e quella in cui sia stata prestata una garanzia fideiussoria accessoria per il pagamento del suddetto contributo.
Non assumendo, pertanto, alcuna rilevanza il comportamento delle parti diverse dal debitore principale antecedenti al fatto-inadempimento, ciò che unicamente rileva, nella logica della norma sanzionatoria, è il semplice mancato pagamento della rata di contributo imputabile al debitore principale.
Non solo non si rinviene un dovere di “soccorso” dell’amministrazione comunale nei confronti del beneficiario di un titolo edilizio in ritardo nel pagamento del contributo di costruzione, ma in senso opposto l’amministrazione è tenuta, trattandosi di attività vincolata prevista direttamente dalla fonte normativa di rango primario, all’applicazione delle sanzioni alla scadenza dei termini di pagamento, senza potersi sottrarre al potere-dovere di aumentare, in funzione sanzionatoria, l’importo del contributo dovuto (Consiglio di Stato, Ad. Plen., 07.12.2016, n. 24, cit.; sull’inesistenza di un dovere di “soccorso” e sull’estraneità alla disciplina civilistica, ed in specie all’art. 1944, secondo comma, cod. civ., della pretesa che venga previamente escusso il fideiussore, cfr. TAR Veneto, II, 11.12.2017, n. 1121) (TAR Veneto, Sez. II, sentenza 11.10.2019 n. 1083 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2018

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: La controversia avente ad oggetto l'escussione, da parte del Comune, di una polizza fideiussoria concessa a garanzia di somme dovute per oneri di urbanizzazione e a titolo di penali, pattuite in una convenzione di lottizzazione, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario e non in quella esclusiva del giudice amministrativo in materia di urbanistica ed edilizia, attesa l'autonomia tra i rapporti in questione, nonché la circostanza che, nella specie, la P.A. agisce nell'ambito di un rapporto privatistico, senza esercitare, neppure mediatamente, pubblici poteri.
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2. Va innanzitutto dichiarata l’inammissibilità, per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, dell’impugnazione proposta contro la determinazione 23/11/2017, n. 263, dovendosi condividere la corrispondente eccezione dedotta dal Comune resistente (come già rilevato da questo Tribunale in sede cautelare – cfr. ord. 12/04/2018, n. 75. Cfr., inoltre, TAR Marche, ordinanze nn. 88 e 93 del 2018).
Al riguardo va osservato che la controversia avente ad oggetto l'escussione, da parte del Comune, di una polizza fideiussoria concessa a garanzia di somme dovute per oneri di urbanizzazione e a titolo di penali, pattuite in una convenzione di lottizzazione, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario e non in quella esclusiva del giudice amministrativo in materia di urbanistica ed edilizia, attesa l'autonomia tra i rapporti in questione, nonché la circostanza che, nella specie, la P.A. agisce nell'ambito di un rapporto privatistico, senza esercitare, neppure mediatamente, pubblici poteri (cfr. Cass. Civ., Sez. Un., 19/07/2016, n. 15666; TAR Abruzzo, L’Aquila, 05/02/2018, n. 39; TAR Molise, 17/05/2017, n. 184) (TAR Marche, sentenza 15.11.2018 n. 730 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Le controversie attinenti alla determinazione e liquidazione degli oneri concessori sono riconducibili a quegli aspetti dell’uso del territorio costituenti prerogativa della P.A., e per questo riservate alla giurisdizione esclusiva del G.A., nel rispetto dell’indirizzo legislativo previsto in origine dall’art. 16 L. 10/1977, confermato poi dall’art. 34 Decr. Leg.vo 80/1998 (come sostituito dalla L. 205/2000), rimodulato in seguito dall’intervento correttivo della Corte Cost. n. 204/2004, e da ultimo fissato dall’art. 133, co. 1, lett. f), cpa (alla stregua del quale sono devolute appunto alla giurisdizione esclusiva del G.A. “le controversie aventi ad oggetto gli atti e i provvedimenti delle pubbliche amministrazioni in materia di urbanistica ed edilizia, concernenti tutti gli aspetti dell’uso del territorio”.
Sempre alla giurisdizione esclusiva del G.A. risulta, altresì, ascrivibile la controversia introdotta a mezzo del ricorso per motivi aggiunti, avente ad oggetto la restituzione di somme versate a titolo di oneri concessori connessi ad un P.d.c. poi non utilizzato, ancorché si versi in ipotesi di indebito oggettivo, a seguito del venire meno dell’originaria obbligazione legale.
Peraltro, ai sensi dell'art. 133, comma 1, lett. f), cod. proc. amm., rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo anche la controversia avente ad oggetto la cartella di pagamento emessa da Equitalia Servizi di Riscossione spa ed avente ad oggetto somme dovute per oneri concessori, nel corso della quale non vengano dedotte censure derivanti da atti generali autoritativi relativi alla determinazione degli oneri presupposti di quello impugnato; atteso anche che detti oneri non hanno natura tributaria, bensì costituiscono un corrispettivo di diritto pubblico avente la funzione di partecipazione ai costi delle opere di urbanizzazione.
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Le controversie in materia di determinazione e pagamento degli oneri concessori, investendo l’esistenza o l’entità di un’obbligazione legale, concernono diritti soggettivi, con la conseguenza che la relativa domanda non soggiace al regime di decadenza proprio del processo di impugnazione, ma può essere proposta nel termine di prescrizione ordinaria ed indipendentemente dall’impugnazione di eventuali atti.
In particolare, va osservato che gli atti emessi nella materia degli oneri concessori dal Comune non presentano carattere autoritativo, e, quindi, attitudine a divenire incontestabili se non impugnati nel termine decadenziale di gg. 60 (come accade, invece, per i provvedimenti amministrativi), tanto più che non ha natura tributaria l’obbligazione riguardante gli oneri in parola, per cui sul punto non può neppure parlarsi di atti di accertamento (suscettibili di far divenire incontestabile la pretesa, se non impugnati nei termini), ancorché vi sia stata emissione di ordinanza ingiunzione ex R.D. 14.04.1910 n. 639 (posto che, comunque, la giurisdizione viene determinata sulla base della tipologia della pretesa fatta valere con tale mezzo di riscossione, per cui si applicano in definitiva le regole del giudice fornito di giurisdizione: ma nella fattispecie vi è giurisdizione esclusiva e le posizioni sono di diritto/obbligo, cosicché il termine per impugnare l’ingiunzione –cui è riconoscibile valore di atto amministrativo paritetico– è quello decennale di prescrizione ordinaria.
Quindi, va sottolineato come l’azione volta alla declaratoria di insussistenza o diversa entità del debito contributivo per oneri concessori possa essere intentata a prescindere dalla impugnazione o esistenza dell’atto con il quale viene richiesto il pagamento, trattandosi di un giudizio di accertamento di un rapporto obbligatorio pecuniario proponibile nel termine di prescrizione, e pur dopo decorsi i termini per opporsi all’ingiunzione ex R.D. 14.04.1910 n. 639, ovvero ad una cartella di pagamento (essendo questi meri strumenti per procedere ad esecuzione coattiva).
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Le sanzioni irrogabili per il ritardato pagamento del contributo di costruzione soggiaciono al termine prescrizionale di cinque anni.
Sempre in relazione alla somma di cui si discute, sono dovuti gli interessi di mora maturati nel periodo tra la scadenza dei singoli ratei e la data del pagamento. E sugli stessi è applicabile il diverso termine prescrizionale di dieci anni.
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La presente controversia è incentrata sulle contestazioni mosse dalla Im.Sa.St. srl alla richiesta del Comune di Telese Terme di avere la corresponsione di una cospicua somma di denaro, che gli sarebbe dovuta a titolo di oneri concessori (contributo di costruzione e oneri di urbanizzazione), nonché di sanzioni e interessi per ritardato pagamento di questi, in dipendenza del rilascio, in tempi diversi, di più permessi di costruire appunto in favore della odierna ricorrente; richiesta infine concretatasi nella notifica, in data 16.2.2017, a cura della Equitalia Servizi di Riscossione spa (quale concessionario per la riscossione) della cartella n. 07120170016377737, contenente l’ingiunzione alla società ricorrente a pagare entro gg. 60 dalla notifica la complessiva somma di euro 185.894,73, in forza del ruolo n. 2017/000863 reso esecutivo in data 11.11.2016.
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Ciò posto, va preliminarmente osservato che le controversie –quale la presente– attinenti alla determinazione e liquidazione degli oneri concessori sono riconducibili a quegli aspetti dell’uso del territorio costituenti prerogativa della P.A., e per questo riservate alla giurisdizione esclusiva del G.A., nel rispetto dell’indirizzo legislativo previsto in origine dall’art. 16 L. 10/1977, confermato poi dall’art. 34 Decr. Leg.vo 80/1998 (come sostituito dalla L. 205/2000), rimodulato in seguito dall’intervento correttivo della Corte Cost. n. 204/2004, e da ultimo fissato dall’art. 133, co. 1, lett. f), cpa (alla stregua del quale sono devolute appunto alla giurisdizione esclusiva del G.A. “le controversie aventi ad oggetto gli atti e i provvedimenti delle pubbliche amministrazioni in materia di urbanistica ed edilizia, concernenti tutti gli aspetti dell’uso del territorio” – cfr. Cons. di Stato sez. IV, n. 2960 del 10.06.2014; TAR Campania-Napoli n. 2170 del 16.04.2014, TAR Liguria n. 552 del 28.03.2013; TAR Campania-Salerno n. 1676 del 24.09.2012; TAR Campania-Napoli n. 2136 del 09.05.2012).
Sempre alla giurisdizione esclusiva del G.A. risulta, altresì, ascrivibile la controversia introdotta a mezzo del ricorso per motivi aggiunti, avente ad oggetto la restituzione di somme versate a titolo di oneri concessori connessi ad un P.d.c. poi non utilizzato, ancorché si versi in ipotesi di indebito oggettivo, a seguito del venire meno dell’originaria obbligazione legale (cfr. Cons. di Stato sez. V, n. 894 del 12.06.1995; TAR Sicilia-Catania n. 189 del 27.01.2017; TAR Sicilia-Catania n. 159 del 18.01.2013).
Peraltro, ai sensi dell'art. 133, comma 1, lett. f), cod. proc. amm., rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo anche la controversia avente ad oggetto la cartella di pagamento emessa da Equitalia Servizi di Riscossione spa ed avente ad oggetto somme dovute per oneri concessori, nel corso della quale non vengano dedotte censure derivanti da atti generali autoritativi relativi alla determinazione degli oneri presupposti di quello impugnato (così Cons. di Stato sez. IV, n. 4208 del 21.08.2013; nonché Cass. SS.UU. n. 22514 del 20.10.2006; TAR Sicilia-Catania n. 2531 dell’11.10.2016; TAR Sicilia Palermo n. 1730 del 12.07.2016; TAR Toscana n. 265 dell’11.02.2011); atteso anche che detti oneri non hanno natura tributaria, bensì costituiscono un corrispettivo di diritto pubblico avente la funzione di partecipazione ai costi delle opere di urbanizzazione (così Cons. di Stato sez. IV, n. 4208 del 21.08.2013; nonché TAR Campania-Napoli n. 19792 del 18.11.2008).
Ancora, deve osservarsi che le controversie in materia di determinazione e pagamento degli oneri concessori, investendo l’esistenza o l’entità di un’obbligazione legale, concernono diritti soggettivi, con la conseguenza che la relativa domanda non soggiace al regime di decadenza proprio del processo di impugnazione, ma può essere proposta nel termine di prescrizione ordinaria ed indipendentemente dall’impugnazione di eventuali atti (cfr. Cons. di Stato sez. IV, n. 4208 del 21.08.2013; TAR Sicilia-Catania n. 189 del 27.01.2017; TAR Sicilia-Palermo n. 2581 del 10.11.2016; TAR Puglia-Bari n. 1596 del 03.12.2015TAR Puglia-Lecce n. 3114 del 30.10.2015; TAR Sicilia-Catania n. 1881 del 09.07.2015).
In particolare, va osservato che gli atti emessi nella materia degli oneri concessori dal Comune non presentano carattere autoritativo, e, quindi, attitudine a divenire incontestabili se non impugnati nel termine decadenziale di gg. 60 (come accade, invece, per i provvedimenti amministrativi), tanto più che –come già detto– non ha natura tributaria l’obbligazione riguardante gli oneri in parola, per cui sul punto non può neppure parlarsi di atti di accertamento (suscettibili di far divenire incontestabile la pretesa, se non impugnati nei termini), ancorché vi sia stata emissione di ordinanza ingiunzione ex R.D. 14.04.1910 n. 639 (posto che, comunque, la giurisdizione viene determinata sulla base della tipologia della pretesa fatta valere con tale mezzo di riscossione –cfr. Cass. SS.UU. 29 del 05.01.2016; TAR Emilia Romagna, Parma, n. 134 del 18.04.2016; TAR Sicilia, Catania, n. 109 del 15.01.2015-, per cui si applicano in definitiva le regole del giudice fornito di giurisdizione: ma nella fattispecie vi è giurisdizione esclusiva e le posizioni sono di diritto/obbligo, cosicché il termine per impugnare l’ingiunzione –cui è riconoscibile valore di atto amministrativo paritetico; cfr. Cass. Civ. n. 29653 del 12.12.2017– è quello decennale di prescrizione ordinaria; su quest’ultimo punto cfr. TAR Calabria, Catanzaro, n. 1976 del 10.12.2007).
Quindi, va sottolineato come (cfr. Cons. di Stato sez. V, n. 810 del 04.12.1990; nonché Cons. di Stato sez. IV, n. 4208 del 21.08.2013) l’azione volta alla declaratoria di insussistenza o diversa entità del debito contributivo per oneri concessori possa essere intentata a prescindere dalla impugnazione o esistenza dell’atto con il quale viene richiesto il pagamento, trattandosi di un giudizio di accertamento di un rapporto obbligatorio pecuniario proponibile nel termine di prescrizione, e pur dopo decorsi i termini per opporsi all’ingiunzione ex R.D. 14.04.1910 n. 639, ovvero ad una cartella di pagamento (essendo questi meri strumenti per procedere ad esecuzione coattiva).
Pertanto, va disattesa l’eccezione di inammissibilità del presente gravame, sollevata in limine litis dalla difesa del Comune di Telese Terme, poiché le ingiunzioni e le richieste di pagamento (nonché la cartella di pagamento notificata) cui viene fatto riferimento, possono, in definitiva, valere nella specie soltanto ad interrompere il termine prescrizionale decorrente in favore del debitore.
Nel merito, va detto che la prima pretesa creditoria del Comune di Telese Terme si riferisce all’asserito omesso versamento di € 22.598,50 dovuti a titolo di oneri di urbanizzazione (e non di costo di costruzione, come erroneamente riportato nella cartella di pagamento n. 07120170016377737 – cfr. documentazione in atti) in relazione all’intervento edilizio assentito con il P.d.C. n. 44/2005 (rilasciato a Pellegrino Raffaele, e poi volturato, in data 20.10.2005, in favore della Im.Sa.St. srl).
Per tale credito, il Comune di Telese Terme ha emesso dapprima un invito al pagamento in data 30.10.2008 – prot. n. 15401 (spedito a mezzo racc. a/r, di cui non è stata però fornita la prova del recapito, ancorché nella relazione tecnica a firma dell’arch. Al.Pe. si faccia riferimento all’a/r di racc. n. 13226606266-9); e comunque, successivamente, l’ingiunzione di pagamento prot. n. 1210 del 27.1.2009, ricevuta in data 10.2.2009 dai destinatari (come da a/r di racc. versato in atti).
Sennonché, la società ricorrente sostiene di aver provveduto al pagamento della somma suddetta nell’anno 2009, ed a sostegno di tale asserzione ha prodotto una bolletta di versamento dell’importo in parola, per il tramite della Banca Popolare di Novara e in favore del Comune Telese Terme, riportante la seguente causale “saldo costi di urbanizzazione concessione 44/05 rate 2-3-5-4”.
Dal suo canto, il Comune di Telese Terme ha, tuttavia, affermato di non aver mai ricevuto il detto pagamento; ma risolutiva sul punto appare la documentazione acquisita dall’Im.Sa.St. srl a mezzo di procedura di accesso agli atti del Comune interessato, e poi prodotta in giudizio in data 30.04.2018, ovvero una certificazione a firma del responsabile dell’Area Economico/Finanziaria dell’ente, in cui viene attestato che tra le somme dallo stesso incassate a seguito di pagamenti effettuati dalla Im.Sa.St. srl (“mediante bonifici pervenuti sul c/c di Tesoreria Comunale e introitate con le Reversali di incasso di seguito riportate…”), figura anche la “Reversale n. 1102/2009 di importo pari ad € 22.598,50”, evidentemente riferibile al rapporto in questione, in mancanza di diversa spiegazione: perciò deve concludersi che la suddetta somma non è più dovuta, in quanto pagata in data 23.06.2009.
Neppure, poi, risultano dovute le sanzioni irrogabili per il ritardato pagamento della somma in parola, poiché, applicandosi nella specie il termine prescrizionale di cinque anni (cfr. sul punto TAR Campania-Napoli, sez. VIII, n. 2170 del 16.04.2014), lo stesso risulta ormai decorso dall’ultimo atto interruttivo, costituito dalla sopra ricordata ingiunzione di pagamento n. 1210 del 27.01.2009, notificata il 10.02.2009 (posto che la successiva cartella di pagamento è stata notificata solo in data 16.02.2017).
Viceversa, sempre in relazione alla somma di cui si discute, sono dovuti gli interessi di mora maturati nel periodo tra la scadenza dei singoli ratei e il 23.06.2009, ovvero la data del pagamento: ciò in quanto per gli interessi è applicabile il diverso termine prescrizionale di dieci anni (cfr. sul punto TAR Campania-Salerno, nn. 2599 e 2600 del 30.12.2003), che, per quanto prima evidenziato, non risultava ancora decorso al momento della notifica della cartella di pagamento, dopo l’interruzione operata con l’ingiunzione n. 1210 del 27.01.2009.
Quanto alle somme richieste per oneri concessori in relazione ai P.d.C. n. 102/2007 e n. 103/2007 (in variante al P.d.C. n. 93/2006), risultano dovute le sorti capitale (in mancanza di prova del loro pagamento), mentre sono prescritte le sanzioni irrogabili per il loro tardivo pagamento (e sul punto concorda anche il responsabile dell’Area Tecnica del Comune di Telese Terme, secondo la ricostruzione nella relazione a sua firma), per essere maturato il relativo termine quinquennale, ancorché in proposito fossero stati inoltrati solo nell’anno 2015 gli avvisi di avvio del procedimento di riscossione coattiva n. 9422/2015 e n. 9421/2015 (dei quali, peraltro, non risulta provato il recapito a destinazione).
Viceversa, non è maturata la prescrizione decennale (atteso che il rilascio dei P.d.C. 102/2007 e 103/2007 si è avuto il 03.12.2007) riguardante gli interessi moratori, perciò dovuti a partire dalle date di scadenza dei vari ratei eventualmente concordati, fino all’estinzione dell’obbligazione per compensazione legale, secondo quanto si dirà più avanti.
E’, infatti, fondata anche la richiesta formulata dalla ricorrente di restituzione degli importi versati a titolo di oneri concessori per il rilascio, in data 20.01.2009, del P.d.C. n. 4/2009; ed ancor prima l’eccezione sollevata sul punto in via sostanziale, sulla scorta delle argomentazioni svolte già con il ricorso introduttivo.
Invero, risulta incontestato (e anche ammesso dallo stesso ente territoriale, sempre nella ricordata relazione a firma dell’arch. Al.Pe.), che, in riferimento a tale P.d.C., la società ricorrente ha versato al Comune di Telese Terme complessivi euro 72.307,76 (di cui, euro 47.322,58, a titolo di oneri di urbanizzazione; euro 2.324,00, a titolo di diritti di segreteria; ed euro 22.661,18, a titolo di costo di costruzione); e che l’intervento così assentito non è poi stato realizzato, per non essere i lavori iniziati nel prescritto termine di un anno dal rilascio (con conseguente decadenza “di diritto” del titolo, ai sensi dell’art. 15 D.P.R. 380/2001): tanto ha determinato una situazione di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c., e perciò il sorgere, con decorrenza dalla data di decadenza del rilasciato titolo edilizio, dell’obbligo del Comune di restituire quanto percepito a titolo di oneri concessori, ancorché con esclusione dei versati diritti di segreteria (trattandosi di attribuzione patrimoniale giustificata appunto dall’attività di segreteria comunque svolta per pervenire al rilascio del P.d.C., e indipendente dal successivo effettivo utilizzo di questo).
La contemporanea pendenza, di tale credito della Im.Sa.St. srl nei confronti del Comune di Telese Terme (comprendente anche gli interessi compensativi, decorrenti dal giorno della domanda ripetitiva dell’indebito nella ipotesi di buona fede del percettore, che deve ritenersi nel caso di specie ricorrere – cfr. TAR Lazio-Roma n. 2294 del 12.03.2008), e del credito di detto Comune verso l’odierna ricorrente, ha fatto sì che, sussistendo i presupposti richiesti dall’art. 1241 c.c., si verificasse la compensazione legale dei due debiti, fino alla concorrenza di quello di minore importo (ovvero quello vantato dalla Im.Sa.St. srl): di tanto va dato atto in questa sede, cosicché non può farsi luogo alla restituzione chiesta con i motivi aggiunti.
Pertanto, in definitiva, la domanda complessivamente proposta in questa sede va accolta nei sensi e nei limiti di quanto fin qui esposto, e va, altresì, annullata l’impugnata cartella di pagamento.
Quanto alla posizione della Equitalia Riscossioni spa, seppure effettivamente deve dirsi estranea al rapporto intercorrente tra la Im.Sa.St. srl e il Comune di Telese Terme, tuttavia risulta essere stata correttamente intimata in questo giudizio, poiché soggetto che aveva emesso la contestata cartella di pagamento, per cui non può essere disposta la sua estromissione, come da essa richiesto (cfr. TAR Sardegna n. 82 dell’8.2.2007; TAR Campania-Salerno n. 766 dell’1.7.2003) (TAR Campania-Napoli, Sez. VIII, sentenza 09.10.2018 n. 5835 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Le controversie circa l'impugnazione delle note comunali di escussione della polizza fidejussoria si inseriscono nell’ambito di un rapporto privatistico che esula dalla cognizione propria del giudice amministrativo.
Come è stato osservato, “la giurisdizione esclusiva del G.A. in materia di edilizia e urbanistica non può estendersi anche all'escussione della polizza fideiussoria relativa al pagamento degli oneri di urbanizzazione. Ed invero, l'obbligazione principale e quella fideiussoria, benché fra loro collegate, mantengono una propria individualità non soltanto soggettiva (data l'estraneità del fideiussore al rapporto richiamato dalla garanzia) ma anche oggettiva, in quanto la causa fideiussoria è fissa ed uniforme, mentre l'obbligazione garantita può basarsi su qualsiasi altra causa idonea allo scopo, con la conseguenza che la disciplina dell'obbligazione garantita non influisce su quella della fideiussione, per la quale continuano a valere le normali regole, comprese quelle sulla giurisdizione”.
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L’eccezione di inammissibilità per difetto di giurisdizione dell’impugnazione dell’atto di escussione della polizza fideiussoria è fondata.
Infatti questo tipo di controversie si inseriscono nell’ambito di un rapporto privatistico che esula dalla cognizione propria del giudice amministrativo (ex pluribus cfr. Tar Abruzzo, L'Aquila, Sez. I, 05.02.2018, n. 39; Tar Molise, Sez. I, 17.05.2017 n. 184; Cass., Sez. Un. 28.07.2016 n. 15666; Tar Veneto, Sez. II, 20.07.2015, n. 839).
Come è stato osservato (cfr. Tar Lombardia, Milano, Sez. II,11.05.2015, n. 1137) “la giurisdizione esclusiva del G.A. in materia di edilizia e urbanistica non può estendersi anche all'escussione della polizza fideiussoria relativa al pagamento degli oneri di urbanizzazione. Ed invero, l'obbligazione principale e quella fideiussoria, benché fra loro collegate, mantengono una propria individualità non soltanto soggettiva (data l'estraneità del fideiussore al rapporto richiamato dalla garanzia) ma anche oggettiva, in quanto la causa fideiussoria è fissa ed uniforme, mentre l'obbligazione garantita può basarsi su qualsiasi altra causa idonea allo scopo, con la conseguenza che la disciplina dell'obbligazione garantita non influisce su quella della fideiussione, per la quale continuano a valere le normali regole, comprese quelle sulla giurisdizione”.
Pertanto l’impugnazione dell’atto prot. n. 3776 del 23.06.2014, di escussione della polizza fideiussoria deve essere dichiarata inammissibile per difetto di giurisdizione.
L’eccezione di inammissibilità del ricorso per l’omessa notifica a Ge.It.Spa non può essere condivisa perché il ricorso in realtà è stato notificato al domicilio contrattualmente eletto nelle condizioni generali del contratto e in ogni caso difettano i presupposti per qualificare il garante come controinteressato in senso sostanziale.
Infatti trattandosi di un contratto autonomo di garanzia, l’affermazione secondo la quale il garante avrebbe dovuto agire avanti al giudice ordinario per far valere l’invalidità del rapporto sottostante, è priva di riscontri.
L’eccezione di inammissibilità per omessa notifica al controinteressato deve pertanto essere respinta (TAR Veneto, Sez. II, sentenza 17.07.2018 n. 764 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Pagamento degli oneri di urbanizzazione.
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Edilizia – Oneri di urbanizzazione – Pagamento – Giorno di scadenza che cade di sabato – Proroga al lunedì successivo – Esclusione.
  
Edilizia – Oneri di urbanizzazione – Pagamento tardivo – Riscossione delle sanzioni - Procedimento di imposizione coattiva – Obbligo – Esclusione.
  
Edilizia – Oneri di urbanizzazione – Pagamento – Interruzione della prescrizione – Presupposti – Individuazione.
  
Edilizia – Oneri di costruzione – Pagamento rateale – Sanzioni – Omessa escussione garanzia fidejussoria – Irrilevanza ex se.
  
La disciplina che considera il sabato come festivo al fine della proroga dei termini di scadenza non può essere applicata anche ai termini per il pagamento delle somme dovute per gli oneri di urbanizzazione (1).
  
Per la riscossione delle sanzioni relative al ritardato pagamento degli oneri di urbanizzazione previsti dall’art. 42, d.P.R. 06.06.2001, n. 380 il Comune non è obbligato a valersi del procedimento di imposizione coattiva stabilito dal successivo art. 43, ma può avvalersi delle normali azioni previste per l’esecuzione delle obbligazioni, tra cui la procedura di ingiunzione di cui all'art. 118 c.p.a..
  
Affinché un atto abbia efficacia interruttiva della prescrizione delle somme dovute a titolo di oneri di urbanizzazione, è necessario che esso contenga l'esplicitazione di una precisa pretesa e l'intimazione o la richiesta di adempimento, idonea a manifestare l'inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto nei confronti del soggetto obbligato con l'effetto sostanziale di costituirlo in mora, senza che sia necessario l'uso di formule solenni o l'osservanza di particolari adempimenti.
  
Un'amministrazione comunale ha il pieno potere di applicare, nei confronti dell'intestatario di un titolo edilizio, la sanzione pecuniaria prescritta dalla legge per il caso di ritardo ovvero di omesso pagamento degli oneri relativi al contributo di costruzione anche ove, in caso di pagamento dilazionato di detto contributo, abbia omesso di escutere la garanzia fideiussoria in esito alla infruttuosa scadenza dei singoli ratei di pagamento ovvero abbia comunque omesso di svolgere attività sollecitatoria del pagamento presso il debitore principale (2).
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   (1) Il Tar ha chiarito il sabato non è giorno festivo e la norma dell’art. 155 c.p.c., che ad esso lo equipara a certi effetti, ha come suo ambito di applicazione gli atti processuali, così come all’ambito degli atti processuali è rivolta l’analoga norma dell’art. 52, comma 5, c.p.a. che anch’essa applica la proroga ai termini che scadono nella giornata di sabato.
Il Tar ha affermato di non ignorare che la giurisprudenza ha applicato la medesima norma anche ai termini del procedimento amministrativo considerando prorogato al giorno successivo (anzi al lunedì) il termine per il compimento di un atto procedimentale in scadenza di sabato (Cons. St., sez. VI, 07.09.2012, n. 4752).
Tuttavia l’equiparazione del sabato a giorno festivo non ha carattere generale ma è limitata ai suddetti ambiti, come peraltro si deduce anche da quelle pronunce secondo cui l'equiparazione del sabato ai giorni festivi opera al solo fine del compimento degli atti processuali svolti fuori dell'udienza che scadono di sabato, onde consentire agli avvocati di procedere il successivo lunedì ai relativi adempimenti; a tutti gli altri effetti il sabato è considerato giorno lavorativo, anche per quanto attiene alle attività di ufficiali giudiziari e di addetti agli uffici ricorsi, come dispone espressamente l'art. 155 c.p.c., applicabile al processo amministrativo ex art. 52, comma 5, c.p.a..
Tanto è vero che questa regola vale solo per i termini che si calcolano in avanti, e non anche per i termini che si calcolano a ritroso; infatti l'art. 52, comma 5, c.p.a. estende al sabato solo la "proroga di cui al comma 3", ossia la proroga dei giorni che scadono di giorno festivo, e dunque non anche il meccanismo di anticipazione di cui al co. 4; ne consegue che se un termine a ritroso scade di sabato, esso non va anticipato al venerdì, così come se il termine a ritroso scade di domenica, va anticipato al sabato e non al venerdì (Cons. St., sez V, 31.05.2011, n. 3252).
Data la premessa, la conseguenza è che l’equiparazione del sabato a giorno festivo, ai fini della proroga al giorno lavorativo successivo, non può applicarsi ai termini di scadenza dei pagamenti dovuti per le rate inerenti ai costi di costruzione e agli oneri di urbanizzazione, disciplinati dalle regole di scadenza delle obbligazioni civili, ovverosia dagli artt. 1187 e 2963 c.c. che, nel loro combinato disposto, prevedono la proroga per i soli termini in scadenza di giorno festivo, senza considerare il sabato a tale stregua.
   (2) Ha affermato il Tar –richiamando Cons. St., A.P., 07.12.2016, n. 24– che non può affermarsi l'esistenza di un onere collaborativo gravante sull’Amministrazione creditrice, desumibile dai principi generali in tema di correttezza e buona fede nei rapporti obbligatori di tipo civilistico o dal principio di leale collaborazione proprio dei rapporti intersoggettivi di diritto pubblico, consistente in un obbligo di pronta escussione della garanzia fideiussoria costituita a suo favore o di sollecitazione del pagamento presso il debitore principale.
Conseguentemente, nulla osta all'applicazione, nei confronti dell'intestatario del titolo edilizio, delle sanzioni pecuniarie previste dalla legge per il caso di ritardato od omesso pagamento di oneri di costruzione e urbanizzazione (
TAR Campania-Napoli, Sez. VIII, sentenza 01.02.2018 n. 710 - commento tratto da e link a www.giustizia-amministrativa.it).
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MASSIMA
2) Infondato si presenta il primo motivo di ricorso, inerente alle somme dovute a titolo di ritardo nel pagamento e, nello specifico, ai pagamenti della II rata di costruzione in scadenza il 02.7.2011, della I rata degli oneri di urbanizzazione in scadenza il 02.01.2010, e della IV rata degli oneri di urbanizzazione in scadenza il 02.07.2011, risultati essere stati effettuati in ritardo di due giorni.
Parte ricorrente ha dedotto in proposito l’assenza del ritardo, in quanto la scadenza di pagamento coincideva con il sabato e, in quanto tale, sarebbe dovuta intendersi come prorogata al lunedì (giorno di effettuazione del pagamento).
Al riguardo parte ricorrente ha sostanzialmente dedotto che l'art. 2963 c.c. prescrive “Se il termine scade in giorno festivo, è prorogato di diritto al giorno seguente non festivo”; l'art. 1187 c.c. stabilisce che “il termine fissato per l'adempimento delle obbligazioni è computato secondo le disposizioni dell'articolo 2963” e che “La disposizione relativa alla proroga del termine che scade in giorno festivo si osserva se non vi sono usi diversi”; infine l'art. 155 c.p.c. include il sabato tra i giorni festivi.
La disciplina che considera il sabato come festivo al fine della proroga dei termini di scadenza andrebbe applicato, secondo parte ricorrente, anche ai termini per il pagamento delle somme dovute per gli oneri di urbanizzazione.
Il Collegio rileva come sia indubbiamente corretto che, in caso di scadenza di un termine in giorno festivo, la sua proroga al successivo giorno non festivo rappresenti un principio di carattere generale, disciplinato dalla vigente legislazione. Infatti, la previsione, d'ordine generale, della suesposta proroga è contenuta nel secondo e terzo comma dell'art. 2963 c.c. che stabilisce, con riferimento alle modalità di computo del termine di prescrizione, che: "non si computa il giorno nel corso del quale cade il momento iniziale del termine e la prescrizione si verifica con lo spirare dell'ultimo istante del giorno finale. Se il termine scade in un giorno festivo, è prorogato di diritto al giorno seguente non festivo".
Il principio della posticipazione ipso iure al primo giorno seguente non festivo è, altresì, evidenziato dall'art. 1187 c.c., in tema di obbligazioni, che sancisce, al secondo comma, che "la disposizione relativa alla proroga del termine che scade in giorno festivo si osserva se non vi sono usi diversi" e dall'art. 155, commi terzo e quarto, c.p.c. secondo cui "i giorni festivi si computano nel termine. Se il giorno di scadenza è festivo, la scadenza è prorogata di diritto al primo giorno seguente non festivo"
(Cons. Stato Sez. VI, 07.09.2012, n. 4752), nonché dall’art. 52, comma 3, c.p.a. che prevede la proroga del giorno di scadenza festivo "al primo giorno seguente non festivo".
La questione da esaminare è tuttavia la pretesa equiparazione del sabato a giorno festivo.
Il sabato, difatti, non è giorno festivo e la norma dell’art. 155 c.p.c. che ad esso lo equipara a certi effetti ha come suo ambito di applicazione gli atti processuali, così come all’ambito degli atti processuali è rivolta l’analoga norma dell’art. 52, comma 5, c.p.a. che anch’essa applica la proroga ai termini che scadono nella giornata di sabato. Il Collegio non ignora che la giurisprudenza ha applicato la medesima norma anche ai termini del procedimento amministrativo considerando prorogato al giorno successivo (anzi al lunedì) il termine per il compimento di un atto procedimentale in scadenza di sabato (Cons. Stato Sez. VI, 07.09.2012, n. 4752; Cons. Stato Sez. V, 04.03.2008, n. 824).
Tuttavia l’equiparazione del sabato a giorno festivo non ha carattere generale ma è limitata ai suddetti ambiti, come peraltro si deduce anche da quelle pronunce secondo cui l'equiparazione del sabato ai giorni festivi opera al solo fine del compimento degli atti processuali svolti fuori dell'udienza che scadono di sabato, onde consentire agli avvocati di procedere il successivo lunedì ai relativi adempimenti; a tutti gli altri effetti il sabato è considerato giorno lavorativo, anche per quanto attiene alle attività di ufficiali giudiziari e di addetti agli uffici ricorsi, come dispone espressamente l'art. 155 c.p.c., applicabile al processo amministrativo ex art. 52, comma 5, c.p.a.
Tanto è vero che questa regola vale solo per i termini che si calcolano in avanti, e non anche per i termini che si calcolano a ritroso; infatti l'art. 52, co. 5, c.p.a. estende al sabato solo la "proroga di cui al comma 3", ossia la proroga dei giorni che scadono di giorno festivo, e dunque non anche il meccanismo di anticipazione di cui al co. 4; ne consegue che se un termine a ritroso scade di sabato, esso non va anticipato al venerdì, così come se il termine a ritroso scade di domenica, va anticipato al sabato e non al venerdì (Cons. Stato Sez. V, 31.05.2011, n. 3252).
Il Collegio ritiene, quindi, che l’equiparazione del sabato a giorno festivo, ai fini della proroga al giorno lavorativo successivo, non possa applicarsi ai termini di scadenza dei pagamenti in esame dovuti per le rate inerenti ai costi di costruzione e agli oneri di urbanizzazione, regolati in base alle regole di scadenza delle obbligazioni civili, ovverosia dagli artt. 1187 e 2963 c.c. che, nel loro combinato disposto, prevedono la proroga per i soli termini in scadenza di giorno festivo, senza considerare il sabato a tale stregua.
...
5) Con il quarto motivo di ricorso la parte opponente ha fatto presente la circostanza che era stata rilasciata una garanzia per l’adempimento del debito in esame e che il Comune non avrebbe potuto chiedere il pagamento delle sanzioni non avendo proceduto alla previa escussione dell’indicata garanzia fideiussoria.
Il motivo è infondato.
Il pagamento degli oneri concessori ha natura di prestazione patrimoniale imposta, di carattere non tributario. Il relativo sistema di pagamento è caratterizzato da uno strumento a sanzioni crescenti sino al limite di importo individuato dalla lett. c), dell' art. 42 D.P.R. n. 380 del 2001, con chiara funzione di deterrenza dell'inadempimento, che trova applicazione, in base alla legge, al verificarsi dell'inadempimento dell'obbligato principale. La sanzione scatta automaticamente, quale effetto legale automatico (Cons. Stato, sez. V, n. 5394 del 2011), se l'importo dovuto per il contributo di costruzione non è corrisposto alla scadenza; mentre è sfornita di base normativa ogni opzione interpretativa che correli il potere sanzionatorio del Comune al previo esercizio dell'onere di sollecitazione del pagamento presso il debitore principale, ovvero presso il fideiussore. Solo eventuale, infatti, può essere la parallela garanzia prestata per l'adempimento del debito principale.
In tale sistema,
l'amministrazione comunale, allo scadere del termine originario di pagamento della rata, ha solo la facoltà di escutere immediatamente il fideiussore onde ottenere il soddisfacimento del suo credito; ma ove ciò non accada, l'amministrazione avrà comunque il dovere/potere di sanzionare il ritardo nel pagamento con la maggiorazione del contributo a percentuali crescenti all'aumentare del ritardo. E, solo alla scadenza di tutti termini fissati al debitore per l'adempimento (e quindi dopo aver applicato le massime maggiorazioni di legge), l'amministrazione avrà il potere di agire nelle forme della riscossione coattiva del credito nei confronti del debitore principale (art. 43, D.P.R. n. 380 del 2001).
L'amministrazione, se pure non è impedita dallo svolgere attività sollecitatoria dei pagamenti in occasione delle scadenze dei termini intermedi cui sono correlati gli aumenti percentuali del contributo, è facultata ad attendere il volontario pagamento da parte del debitore (e eventualmente del suo fideiussore), salvo in ogni caso restando il suo potere-dovere di applicare le sanzioni di legge per il ritardato pagamento.
Il potere di sanzionare il pagamento tardivo, in definitiva, è incondizionatamente previsto dall' art. 42 D.P.R. n. 380 del 2001 e la lettera della legge è chiara nell'assegnare all'amministrazione il potere/dovere di applicare le sanzioni al verificarsi di un unico presupposto fattuale, e cioè il ritardo nel pagamento da parte dell'intestatario del titolo edilizio, o di chi gli sia subentrato secundum legem.
In definitiva, seguendo l’insegnamento dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (Ad. Plen. 07.12.2016, n. 24)
un'amministrazione comunale ha il pieno potere di applicare, nei confronti dell'intestatario di un titolo edilizio, la sanzione pecuniaria prescritta dalla legge per il caso di ritardo ovvero di omesso pagamento degli oneri relativi al contributo di costruzione anche ove, in caso di pagamento dilazionato di detto contributo, abbia omesso di escutere la garanzia fideiussoria in esito alla infruttuosa scadenza dei singoli ratei di pagamento ovvero abbia comunque omesso di svolgere attività sollecitatoria del pagamento presso il debitore principale.
Non può affermarsi l'esistenza di un onere collaborativo gravante sulla Amministrazione creditrice, desumibile dai principi generali in tema di correttezza e buona fede nei rapporti obbligatori di tipo civilistico o dal principio di leale collaborazione proprio dei rapporti intersoggettivi di diritto pubblico, consistente in un obbligo di pronta escussione della garanzia fideiussoria costituita a suo favore o di sollecitazione del pagamento presso il debitore principale. Conseguentemente, nulla osta all'applicazione, nei confronti dell'intestatario del titolo edilizio, delle sanzioni pecuniarie previste dalla legge per il caso di ritardato od omesso pagamento di oneri di costruzione e urbanizzazione.

anno 2017

EDILIZIA PRIVATA: Sugli obblighi del Comune a fronte del ritardo nel pagamento dei contributi di urbanizzazione si era registrato, nella giurisprudenza amministrativa, un marcato dissidio.
L’ordinanza cautelare aveva aderito alla tesi secondo cui il Comune avrebbe l'obbligo —in nome del dovere di cooperazione tra creditore e debitore previsto dall'art. 1175 cod. civ., e, comunque, del principio di imparzialità ed efficacia che presiede all'azione amministrativa— di escutere la garanzia prestata dal privato a tutela dell'adempimento dell'obbligo contributivo: pena la illegittimità delle sanzioni irrogate per il protrarsi dell'inadempimento oltre il primo periodo di mora.
Si contrapponeva la posizione secondo cui la prestazione di una fideiussione a garanzia del pagamento dei contributi di costruzione avviene nell'interesse esclusivo del Comune creditore e non anche dell'intestatario del permesso di costruzione (su cui grava in via principale l'obbligo di contribuzione); di conseguenza, di fronte al mancato versamento dei contributi concessori nel termine stabilito, l'Amministrazione non avrebbe l'obbligo di attivarsi immediatamente contro il fideiussore allo scopo di minimizzare le conseguenze negative a cui è esposto il debitore principale in conseguenza dell'inadempimento.
L’Adunanza Plenaria, con sentenza 07.12.2016, n. 24 ha risolto il contrasto, aderendo alla seconda posizione, affermando che “un’amministrazione comunale ha il pieno potere di applicare, nei confronti dell’intestatario di un titolo edilizio, la sanzione pecuniaria prescritta dalla legge per il caso di ritardo ovvero di omesso pagamento degli oneri relativi al contributo di costruzione anche ove, in caso di pagamento dilazionato di detto contributo, abbia omesso di escutere la garanzia fideiussoria in esito alla infruttuosa scadenza dei singoli ratei di pagamento, ovvero abbia comunque omesso di svolgere attività sollecitatoria del pagamento presso il debitore principale”.
Ha precisato che risulta sfornita di base normativa ogni opzione interpretativa che correli il potere sanzionatorio del Comune al previo esercizio dell’onere di sollecitazione del pagamento presso il debitore principale ovvero presso il fideiussore.
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La prescrizione per la riscossione delle somme dovute a titolo di contributo per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione decorre dalla data di emanazione del provvedimento concessorio ed è decennale.
Ai sensi dell'art. 28, l. 24.11.1981, n. 689, applicabile ex art. 12 della stessa legge a tutte le sanzioni amministrative di tipo afflittivo, il termine di prescrizione della sanzione irrogata per ritardato pagamento del contributo dovuto per gli oneri di urbanizzazione e per il costo di costruzione è di cinque anni, e decorre dal giorno in cui è stata commessa la violazione.
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La disciplina degli abusi edilizi ha un carattere speciale e non è omologabile al sistema sanzionatorio previsto, per la generalità delle violazioni amministrative, dalla legge n. 689 del 1981.
E ciò sul rilievo che le sanzioni pecuniarie comminate per abusi edilizi non sono sanzioni punitive (cioè correlate esclusivamente alla responsabilità personale dell'autore della violazione), ma costituiscono misure con finalità ripristinatoria, di carattere meramente patrimoniale, trasmissibili agli eredi.
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1) Oggetto del presente ricorso è la richiesta di pagamento dei costi di costruzione e degli oneri di urbanizzazione, per un intervento di realizzazione di civile abitazione, attivata attraverso lo strumento dell’ordinanza ingiunzione ex art. 2 del r.d. n. 639 del 1910.
Con il presente ricorso viene chiesto l’annullamento delle ordinanze, pur non prospettando vizi specifici rispetto ai provvedimenti, né contestando il quantum, ma lamentando solo la violazione dell’art. 1175 c.c. e dell’art. 42 DPR 380/2001, perché in presenza delle polizze fidejussorie, il Comune avrebbe dovuto rivolgersi tempestivamente all’assicurazione, evitando in tal modo l’applicazione della sanzione di legge.
Viene poi eccepita la prescrizione di quanto richiesto.
2) Il primo motivo è infondato.
Sugli obblighi del Comune a fronte del ritardo nel pagamento dei contributi di urbanizzazione si era registrato, nella giurisprudenza amministrativa, un marcato dissidio.
L’ordinanza cautelare aveva aderito alla tesi secondo cui il Comune avrebbe l'obbligo —in nome del dovere di cooperazione tra creditore e debitore previsto dall'art. 1175 cod. civ., e, comunque, del principio di imparzialità ed efficacia che presiede all'azione amministrativa— di escutere la garanzia prestata dal privato a tutela dell'adempimento dell'obbligo contributivo: pena la illegittimità delle sanzioni irrogate per il protrarsi dell'inadempimento oltre il primo periodo di mora (Sez. V, 09.12.2013, n. 5880, 2013, Sez. IV, 17.02.2014, n. 731).
Si contrapponeva la posizione secondo cui la prestazione di una fideiussione a garanzia del pagamento dei contributi di costruzione avviene nell'interesse esclusivo del Comune creditore e non anche dell'intestatario del permesso di costruzione (su cui grava in via principale l'obbligo di contribuzione); di conseguenza, di fronte al mancato versamento dei contributi concessori nel termine stabilito, l'Amministrazione non avrebbe l'obbligo di attivarsi immediatamente contro il fideiussore allo scopo di minimizzare le conseguenze negative a cui è esposto il debitore principale in conseguenza dell'inadempimento (Cons. Stato, Sez. V, 20.11.2015 n. 5287, Sez. V 21.11.2014 n. 5734).
L’Adunanza Plenaria, con sentenza 07.12.2016, n. 24 ha risolto il contrasto, aderendo alla seconda posizione, affermando che “un’amministrazione comunale ha il pieno potere di applicare, nei confronti dell’intestatario di un titolo edilizio, la sanzione pecuniaria prescritta dalla legge per il caso di ritardo ovvero di omesso pagamento degli oneri relativi al contributo di costruzione anche ove, in caso di pagamento dilazionato di detto contributo, abbia omesso di escutere la garanzia fideiussoria in esito alla infruttuosa scadenza dei singoli ratei di pagamento, ovvero abbia comunque omesso di svolgere attività sollecitatoria del pagamento presso il debitore principale”.
Ha precisato che risulta sfornita di base normativa ogni opzione interpretativa che correli il potere sanzionatorio del Comune al previo esercizio dell’onere di sollecitazione del pagamento presso il debitore principale ovvero presso il fideiussore.
Le ordinanze non risultano quindi censurabili, sotto i profili sollevati, poiché nessun obbligo si configurava in capo all’Amministrazione di escutere direttamente il fideiussore.
Il primo motivo va quindi respinto.
3) L’eccezione di prescrizione è in parte fondata.
La prescrizione per la riscossione delle somme dovute a titolo di contributo per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione decorre dalla data di emanazione del provvedimento concessorio (cfr.: Tar Sicilia Palermo II, 18.01.2012 n. 126) ed è decennale.
Ai sensi dell'art. 28, l. 24.11.1981, n. 689, applicabile ex art. 12 della stessa legge a tutte le sanzioni amministrative di tipo afflittivo, il termine di prescrizione della sanzione irrogata per ritardato pagamento del contributo dovuto per gli oneri di urbanizzazione e per il costo di costruzione è di cinque anni, e decorre dal giorno in cui è stata commessa la violazione.
Per le tre concessioni edilizie la situazione è pressoché simile, poiché i titoli sono stati rilasciati nel 1996; l’amministrazione ha chiesto il pagamento nel corso del 1999 e del 2000, ma poi, nonostante il mancato pagamento, il successivo sollecito è solo del 16.06.2008.
Non sono prescritte le somme ancora dovute per il costo di costruzione e gli oneri di urbanizzazione; risultano invece prescritte le somme dovute a titolo di sanzione per ritardato pagamento, essendo l’Amministrazione rimasta inerte, dal 2000 al 2008, quindi per più di cinque anni.
La domanda di accertamento dell’intervenuta prescrizione va quindi accolta limitatamente alle somme richieste a titolo di sanzione.
4) Nell’atto di riassunzione gli eredi hanno introdotto una eccezione, sull’assunto che le sanzioni pecuniarie non si trasmettono agli eredi.
L’eccezione è infondata, in quanto la disciplina degli abusi edilizi ha un carattere speciale e non è omologabile al sistema sanzionatorio previsto, per la generalità delle violazioni amministrative, dalla legge n. 689 del 1981; e ciò sul rilievo che le sanzioni pecuniarie comminate per abusi edilizi non sono sanzioni punitive (cioè correlate esclusivamente alla responsabilità personale dell'autore della violazione), ma costituiscono misure con finalità ripristinatoria, di carattere meramente patrimoniale, trasmissibili agli eredi (TAR Milano, sez. I, 05/12/2014, n. 2940) (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 13.03.2017 n. 353 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2016

EDILIZIA PRIVATAUn’amministrazione comunale ha il pieno potere di applicare, nei confronti dell’intestatario di un titolo edilizio, la sanzione pecuniaria prescritta dalla legge per il caso di ritardo ovvero di omesso pagamento degli oneri relativi al contributo di costruzione anche ove, in caso di pagamento dilazionato di detto contributo, abbia omesso di escutere la garanzia fideiussoria in esito alla infruttuosa scadenza dei singoli ratei di pagamento ovvero abbia comunque omesso di svolgere attività sollecitatoria del pagamento presso il debitore principale.
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... per la riforma della sentenza 02.11.2011 n. 71 del TAR VALLE D'AOSTA-AOSTA, resa tra le parti, concernente applicazione di sanzioni pecuniarie per mancato pagamento di oneri concessori;
...
1. LA PROCEDURA OGGETTO DEL PRESENTE GIUDIZIO.
1.1 Il giudizio verte sulla legittimità dell’atto sindacale 15.01.2011 n. 60 col quale il Comune di Ayas ha ingiunto alla qui appellante società Le Re. s.a.s. il pagamento della complessiva somma di euro 51.089,41 a seguito dell’accertamento dell’omesso e del ritardato pagamento delle rate relative ai contributi per oneri di urbanizzazione e per costi di costruzione dovuti in forza di due distinti tioli edilizi, rilasciati dallo stesso Comune il 28.08.1996 ed il 22.11.2003, per la realizzazione nella frazione di Champoluc di un fabbricato a civile abitazione e di un fabbricato ad uso commerciale.
In relazione alla concessione edilizia del 1996, il Comune di Ayas ha determinato gli oneri concessori, prevedendone il versamento in parte al rilascio del titolo edilizio (come di fatto avvenuto) e, per la residua parte, in quattro rate, con scadenza rispettivamente alla data di inizio dei lavori, della ultimazione della copertura, della fine dei lavori e del rilascio del certificato di agibilità. Anche in occasione del rilascio del secondo titolo edilizio in variante del 2003, il Comune ha concesso al richiedente il beneficio della rateizzazione dei pagamenti relativi al contributo di costruzione.
In entrambi i casi, al beneficiario del titolo edilizio è stato richiesto di costituire una polizza fideiussoria in favore del Comune di Ayas, a garanzia del puntuale pagamento delle singole rate dei distinti contributi di costruzione, determinati in relazione alla stima degli oneri di urbanizzazione e dei costi di costruzione.
1.2
La questione principale che la controversia pone è se, alla scadenza dei termini previsti per il pagamento rateale del contributo di costruzione, sia individuabile un onere collaborativo in capo alla Amministrazione concedente, desumibile dai principi generali in tema di buona fede e correttezza nei rapporti obbligatori di matrice civilistica ovvero dal principio di leale collaborazione proprio dei rapporti intersoggettivi di diritto pubblico, che si spinga fino al punto di ritenere che l’Amministrazione sia obbligata alla sollecita escussione della garanzia fideiussoria, al fine di non aggravare la posizione del soggetto obbligato, tenuto altrimenti al pagamento (oltre che delle rate non corrisposte) delle sanzioni di legge per omesso o ritardato pagamento.
La soluzione della questione incide direttamente sul tema della legittimità dell’atto sindacale impugnato in primo grado, posto che con tale atto l’Amministrazione comunale qui appellata ha richiesto alla società Le Re. s.a.s. il pagamento dei contributi ancora dovuti con la maggiorazione delle sanzioni per omesso o ritardato pagamento, pur non avendo mai provveduto all’escussione della garanzia fideiussoria né altrimenti sollecitato il debitore al pagamento di quanto ancora dovuto.
1.3 La causa impone la soluzione di due ulteriori questioni (che tuttavia esulano dall’ambito cognitorio proprio di questa Adunanza plenaria delineato nell’ordinanza di rimessione e che in ogni caso necessitano di approfondimenti istruttori) riguardanti:
   a) l’avvenuta ultimazione ( o meno) dei lavori assentiti con il primo titolo edilizio, posto che –come si è detto- al compimento dei lavori era stata cadenzato il pagamento della terza rata di contributo;
   b) la corretta imputazione dei pagamenti parziali eseguiti dal soggetto obbligato nel corso del tempo, imputazione che l’Amministrazione comunale (nel provvedimento impugnato in primo grado) ha compiuto ascrivendo quei pagamenti parziali prima a tacitazione del credito relativo alle sanzioni (applicate con lo stesso provvedimento ingiuntivo) e, soltanto per la residua parte, a parziale adempimento del debito relativo ai contributi ancora non versati.
Entrambe le questioni sono controverse in quanto la società appellante assume che in realtà i lavori non siano mai stati completati (donde l’insussistenza di un suo inadempimento –quantomeno in relazione alle rate di pagamento ancorate a detta scadenza- suscettibile di essere sanzionato). Quanto alla questione della imputazione dei pagamenti, la società appellante assume che l’Amministrazione avrebbe dovuto imputare i pagamenti parziali al debito per contributi e non al debito per sanzioni, in quanto il primo sarebbe più oneroso per il debitore.
2. IL GIUDIZIO DI PRIMO GRADO.
2.1 Con ricorso proposto dinanzi al TAR della Valle d’Aosta la società Le Re. s.a.s. ha impugnato il suindicato provvedimento ingiuntivo del sindaco del Comune di Ayas articolando sei motivi di censura e deducendo i seguenti argomenti difensivi a supporto della illegittimità del gravato provvedimento:
   a) che i lavori non erano stati in realtà ancora ultimati, in quanto l’edificio difettava di accesso alla viabilità pubblica, e che quindi la rata di pagamento correlata alla fine dei lavori avrebbe dovuto ritenersi come non ancora scaduta ( al pari, a fortiori, delle rate successive);
   b) che in generale il Comune di Ayas avrebbe dovuto escutere tempestivamente la garanzia fideiussoria, senza attendere inutilmente la decorrenza dei termini di pagamento e le ulteriori scansioni temporali previste dalla legge per la gradazione delle sanzioni pecuniarie in relazione al ritardo;
   c) che il Comune, erroneamente, aveva imputato taluni pagamenti parziali eseguiti nel corso del tempo dalla società Le Residence a copertura delle sanzioni già maturate invece che a copertura delle rate dei contributi già scadute.
Con sentenza 02.11.2011 n. 71 il Tar ha respinto il gravame, giudicando infondate tutte le censure dedotte.
In particolare, il giudice di primo grado ha ritenuto infondati i motivi di ricorso con i quali si contestava l’accertamento relativo alla fine dei lavori (propedeutico all’applicazione della sanzione per ritardo nel pagamento della rata collegata a tale evento) ritenendo incensurabili gli accertamenti istruttori dell’Amministrazione, che correttamente aveva fissato la data di ultimazione dei lavori in epoca ben anteriore all’applicazione della sanzione per il ritardo.
In ordine al tema della legittimità delle sanzioni applicate per il ritardo nel pagamento delle rate relative ai suddetti contributi il Tar, pur dando atto della esistenza di diversi orientamenti giurisprudenziali in materia, ha respinto la pretesa della ricorrente volta ad individuare un onere collaborativo a carico della Amministrazione comunale funzionale, anche a mezzo della escussione della garanzia fideiussoria, all’attuazione del rapporto obbligatorio ed ha conseguentemente ritenuto legittimo il provvedimento sindacale, anche nella parte applicativa delle maggiorazioni a titolo di sanzioni per il ritardo.
Il giudice di primo grado ha infine respinto anche il motivo di ricorso con il quale si contestava la corretta imputazione dei pagamenti parziali eseguiti dalla società ricorrente nel corso degli anni, essendo stata ritenuta incensurabile la scelta dell’Amministrazione di imputare detti pagamenti prima alle somme dovute per sanzioni e poi a quelle dovute per i contributi originariamente determinati, e tanto in applicazione analogica del principio di diritto desumibile dall’art. 1194 c.c. (secondo cui il pagamento fatto in conto di capitali e di interessi deve essere imputato prima agli interessi) essendo state le sanzioni qualificate alla stregua di accessori del credito, al pari degli interessi.
3. IL GIUDIZIO DI APPELLO DAVANTI ALLA IV SEZIONE DEL CONSIGLIO DI STATO.
3.1 Con ricorso in appello r.g. n. 3468/12, la società Le Re. s.a.s. ha criticato la impugnata sentenza tornando a riproporre in secondo grado le censure già disattese dal Tar.
In particolare, la società appellante ha diffusamente contestato le conclusioni raggiunge dai primi giudici, insistendo sul rilievo secondo cui il Comune non avrebbe potuto legittimamente applicare le sanzioni previste per il ritardato pagamento di contributi concessori avendo omesso di sollecitare, in violazione dei doveri di correttezza e buona fede, il pagamento del dovuto alla scadenza delle singole rate e non avendo mai portato ad escussione la garanzia fideiussoria.
3.2 La società appellante ha richiamato a tal proposito gli orientamenti della giurisprudenza amministrativa favorevoli alla propria tesi difensiva (Cons. St., V, sentenze 05.02.2003 n. 585 e 03.07.1995 n. 1001), lamentando che il giudice di primo grado abbia omesso di tener conto degli argomenti utilizzati nelle citate pronunce, addivenendo alla reiezione del ricorso sulla base di un’acritica o comunque non sufficientemente motivata adesione all’orientamento giurisprudenziale contrario.
A parere della società appellante, poiché era stata prestata, a garanzia del puntuale pagamento del contributo di costruzione, apposita garanzia fideiussoria (priva del beneficio di preventiva escussione del debitore principale, ai sensi dell’art. 1944, comma 2, cod. civ.) il Comune di Ayas ben avrebbe potuto riscuotere per tempo direttamente dal garante le rate dei contributi ancora dovuti, evitando in tal modo la maggiorazione degli importi per effetto dell’applicazione delle sanzioni per omesso o ritardato pagamento.
Nella prospettazione dell’appellante, sarebbe viepiù ravvisabile un obbligo (e non una mera facoltà) per l’Amministrazione creditrice di escutere il garante nel caso di ritardato versamento dei contributi concessori, obbligo desumibile dai principi di buona fede e correttezza nei rapporti contrattuali oltre che dal principio, compendiato nell’art. 1227, comma 2, del cod. civ., di non aggravamento della posizione del debitore.
A diversamente opinare, ha osservato la società appellante, deriverebbe la paradossale conseguenza che l’Amministrazione comunale trarrebbe giovamento dal proprio comportamento illecito (o quantomeno non diligente), nella misura in cui la sua inerzia sarebbe produttiva dei maggiori introiti relativi agli importi delle sanzioni dovute per il ritardo.
In sostanza, secondo l’appellante, il Comune di Ayas , una volta accertato il mancato pagamento delle rate relative agli oneri concessori (oggi contributi di costruzione) avrebbe potuto e dovuto, senza particolari difficoltà, escutere il fideiussore, così evitando di aggravare la posizione della parte debitrice. Non avendolo fatto, l’Amministrazione dovrebbe ritenersi senz’altro decaduta dalla potestà di imporre sanzioni pecuniarie, donde la sicura illegittimità dell’atto avversato in primo grado.
La società appellante ha poi distintamente censurato i capi decisori della gravata sentenza che hanno affrontato, rigettandoli, gli ulteriori motivi inerenti all’epoca della ultimazione dei lavori nonché l’ulteriore questione della corretta imputazione dei pagamenti parziali eseguiti.
L’appellante ha quindi concluso per l’accoglimento, con l’appello, del ricorso di primo grado, con consequenziale annullamento, in riforma della impugnata sentenza, dell’atto in primo grado gravato.
Si è costituito in appello il Comune di Ayas per resistere all’appello e chiederne la reiezione. In particolare, l’Amministrazione comunale ha dedotto che, a suo avviso, la prestazione della garanzia fideiussoria da un lato non libererebbe il debitore dall’obbligo di adempiere nel rispetto dei termini di pagamento, dall’altro non porrebbe a carico della Amministrazione comunale alcun onere di sollecitare il pagamento ovvero di escutere la garanzia fideiussoria (pena altrimenti la ipotizzata decadenza dalla potestà sanzionatoria).
All’udienza pubblica del 21.04.2016, fissata per la trattazione dinanzi alla Sezione quarta del Consiglio di Stato, la causa è stata trattenuta per la decisione.
4. L’ORDINANZA DI RIMESSIONE DELLA CAUSA ALL’ADUNANZA PLENARIA.
4.1 Con ordinanza 22.06.2016 n. 2766, la Sezione quarta del Consiglio di Stato, investita del ricorso in appello r.g. n. 3468/12, ha ritenuto di rimettere la decisione della causa a questa Adunanza plenaria, ai sensi dell’art. 99, comma 1, del cod. proc. amm..
Nella parte in fatto della citata ordinanza la Sezione rimettente ha dato atto che, nell’ambito del ricorso originario, le deduzioni di parte appellante avevano riguardato tre distinti profili di gravame, avendo in particolare la ricorrente prospettato:
   a) che i lavori non erano stati ancora ultimati in quanto, secondo la prospettazione della società Le Re. s.a.s., l’edificio difettava di accesso alla via pubblica donde non poteva ritenersi venuta a scadenza la rata di pagamento del contributo di costruzione fissata alla data della fine dei lavori (e, per conseguenza, anche la rata successiva);
   b) che, in ogni caso, il Comune qui appellato avrebbe dovuto escutere tempestivamente il garante senza attendere la decorrenza dei termini di pagamento per l’irrogazione delle sanzioni;
   c) che, infine, il Comune aveva imputato erroneamente taluni pagamento parziali a copertura delle sanzioni già maturate invece che a copertura delle rate relative agli oneri scaduti.
Ciò premesso
la Sezione rimettente ha osservato come la questione centrale del giudizio fosse quella compendiata nella suindicata lett. b): e cioè se l’Amministrazione comunale sia legittimata a sanzionare il ritardo nel pagamento dei contributi di costruzione una volta che la stessa non si sia resa parte attiva nel richiedere al debitore principale ovvero al fideiussore, alle scadenze prestabilite, il pagamento delle rate scadute.
Su tale centrale questione del giudizio (in sé non esaustiva, posto che con l’appello sono state riproposte le ulteriori questioni di cui ai punti a) e c) che precedono) l’ordinanza di rimessione si è diffusamente soffermata, dando conto della esistenza di orientamenti non univoci nella giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, per il che ha ritenuto necessario un intervento chiarificatore di questa Adunanza plenaria al fine di risolvere la suindicata questione interpretativa.
4.2 L’ordinanza ha richiamato anzitutto l’art. 1 della legge n. 10 del 1977, che ha introdotto nell’ordinamento italiano il principio secondo cui ogni attività comportante trasformazione urbanistico-edilizia del territorio partecipa agli oneri da essa derivanti.
Ha rilevato il giudice rimettente come tale principio dell’onerosità del permesso di costruire sia oggi confermato dall’art. 11, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001 (recante il Testo unico in materia edilizia), il quale precisa (art. 16, comma 1) che il relativo contributo è costituito da due quote, commisurate rispettivamente all’incidenza delle spese di urbanizzazione e al costo di costruzione dell’edificio assentito. La quota di contributo relativa agli oneri di urbanizzazione è di norma (salvo eventuale rateizzazione a richiesta dell’interessato) corrisposta all’atto del rilascio del permesso (ai sensi dell’ art. 16, comma 2) mentre la quota relativa al costo di costruzione è corrisposta in corso d’opera, con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, non oltre sessanta giorni all’ultimazione della costruzione.
A completamento del quadro normativo applicabile alla fattispecie, il giudice rimettente ha osservato come, ai sensi dell’art. 16, comma 3, d.P.R. cit., al momento della quantificazione e della rateizzazione del contributo di costruzione gli enti locali richiedano all’intestatario del titolo edilizio la prestazione di una garanzia, nei modi indicati dall’art. 2 della legge n. 348 del 1982; e che, nel caso di ritardato od omesso pagamento del contributo di costruzione, l’art. 42 del d.P.R. cit. (il quale riproduce sostanzialmente le previsioni già contenute nell’art. 3 della legge n. 47 del 1985) prevede che siano applicate delle sanzioni pecuniarie, la cui determinazione in concreto è rimessa, sia pur nel rispetto di alcune soglie minime e massime fissate dalla legislazione nazionale, alla legislazione regionale.
4.3 Ciò premesso in ordine alle disposizioni normative applicabili alla fattispecie, l’ordinanza di rimessione dà conto della esistenza di un risalente orientamento giurisprudenziale di questo Consiglio di Stato, radicatosi con una prima sentenza della V Sezione (n. 1001 del 1995) secondo cui, allorché il credito vantato dal comune per il contributo di costruzione nei confronti del titolare di una concessione edilizia sia assistito da garanzia fideiussoria, una siffatta obbligazione di garanzia, priva di beneficium excussionis ed al di là della solidarietà tra debitore principale e fideiussore, esclude che il comune stesso possa far legittimamente ricorso alle sanzioni ai sensi dell’art. 3 l. 28.02.1985 n. 47 (oggi art. 42 d.P.R cit.), salvo che l’amministrazione creditrice abbia previamente escusso infruttuosamente il fideiussore. Solo in tal modo il comune conseguirebbe il pronto soddisfacimento del proprio credito salvaguardando, ad un tempo, l’interesse del debitore al contenimento delle somme da corrispondere a quel titolo (in sostanza, escludendo le maggiorazioni a titolo di sanzione).
4.4 Seguendo la stessa linea interpretativa, in epoca più recente (Cons. St., V , n. 32 del 2003, V, n. 571 del 2003 e I, parere 17.05.2013 n. 11663) è stato affermato che qualora il titolare di una concessione edilizia abbia stipulato, a garanzia del versamento dei contributi, una polizza fideiussoria, non possono essere applicate le sanzioni previste dall'art. 3 della l. 28.02.1985, n. 47, per il caso di omesso o ritardato versamento dei contributi, ove l'amministrazione creditrice, violando i doveri di correttezza e buona fede, non si sia attivata per tempo nel chiedere al garante il pagamento delle somme dovute.
A sostegno di tale indirizzo è stato tra l’altro addotto il rilievo che l’ente locale, ove il suo credito sia assistito da garanzia incondizionata, avrebbe uno specifico dovere, ai sensi degli artt. 1175, 1375 e 1227, comma 2, cod. civ., di richiedere quanto dovutogli al garante, con la conseguenza che, ove l’ente stesso ometta tale (ben esigibile) adempimento, violerebbe appunto l’obbligo per il creditore di non aggravare inutilmente la posizione del debitore.
Osserva la Sezione rimettente come, sul piano funzionale, tale orientamento giurisprudenziale faccia leva sull’ulteriore argomento secondo cui la previsione legislativa delle sanzioni per il mancato pagamento degli oneri concessori trovi ragione nella necessità per l'amministrazione di disporre tempestivamente delle somme dovute dai privati, onde poter procedere alla realizzazione delle necessarie infrastrutture di urbanizzazione: in tale contesto, un ente locale che sceglie di non incamerare subito la fideiussione non persegue la finalità di interesse pubblico per cui la sanzione è appunto predisposta (e cioè assicurare la tempestiva disponibilità delle somme per l’urbanizzazione) bensì altro scopo, ossia attendere che per effetto della scadenza dei termini di pagamento possano essere applicate le sanzioni con conseguente maggiorazione degli introiti.
4.5 La Sezione rimettente richiama poi altro indirizzo, seguito dalla giurisprudenza maggioritaria, che inquadra la fattispecie in esame in una prospettiva asseritamente pubblicistica, significativamente caratterizzata dalla presenza di strumenti –le sanzioni e la riscossione coattiva– tipici di un procedimento autoritativo e non paritetico. Secondo tale orientamento, la fideiussione –che il comune può richieder in caso di rateizzazione del versamento- non avrebbe affatto la finalità di agevolare l'adempimento del soggetto obbligato al pagamento, bensì costituirebbe una garanzia personale prestata unicamente nell'interesse dell'amministrazione, sulla quale non graverebbe pertanto alcun obbligo giuridico di preventiva escussione del fideiussore.
In sostanza, la garanzia sussidiaria servirebbe a scongiurare che il comune possa irrimediabilmente perdere una entrata di diritto pubblico, ma non varrebbe ad alleggerire la posizione del soggetto tenuto al pagamento, né attenuerebbe le conseguenze previste nel caso di un eventuale suo inadempimento, conseguenze appunto riconducibili all’applicazione delle sanzioni e alla riscossione coattiva dell’intera somma dovuta (ex multis IV Sez. n. 5818 del 2012).
Tale maggioritario orientamento (IV n. 4320 del 2012, VI n. 5884 del 2014 e V n. 777 del 2016) si sarebbe peraltro fatto carico di precisare che la soluzione non cambierebbe quand’anche si volessero applicare alla fattispecie i principi desumibili dal diritto delle obbligazioni tra privati; ed invero, in materia di obbligazione "portable", quale appunto quella pecuniaria, e con termine di adempimento che esonera dalla costituzione in mora del debitore, il creditore è soltanto facultato ad attivare la solidale responsabilità del fideiussore, senza che possa invece ritenersi tenuto ad escutere la fideiussione piuttosto che attendere il pagamento -ancorché tardivo- dell’obbligato principale, salva l'esistenza di apposita clausola in tal senso accettata dal creditore stesso.
Sempre secondo tale orientamento, non sarebbe pertinente il richiamo all'art. 1227, comma 2, cod. civ. -che riguarda l'esonero di responsabilità per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza– in primo luogo perché l'obbligazione relativa alle sanzioni pecuniarie di cui all’art. 3 della legge 28 febbraio 1985 n. 47 non avrebbe natura risarcitoria, configurandosi come obbligazione legale, con finalità chiaramente e univocamente "sanzionatorie". In secondo luogo, in ragione del fatto che l'onere di diligenza che l’art. 1227, comma 2, fa gravare sul creditore non si estende alla sollecitudine nell'agire a tutela del proprio credito onde evitare maggiori danni, i quali sono viceversa da imputare esclusivamente alla condotta del debitore, tenuto al tempestivo adempimento della sua obbligazione (in tal senso, Corte cost. n. 308 del 1999 in tema di maggiorazione delle sanzioni amministrative per ritardato pagamento).
Dopo aver esposto le ragioni sottese ai distinti orientamenti giurisprudenziali
il giudice rimettente esprime la sua netta preferenza per l’orientamento maggioritario, ritenuto più coerente con la disciplina applicabile alla fattispecie. E tuttavia, nell’ordinanza di rimessione, dà conto di un ulteriore e più recente indirizzo giurisprudenziale, che potrebbe definirsi intermedio rispetto ai precedenti.
4.6 In particolare, secondo tale ulteriore approccio interpretativo della Sezione quinta di questo Consiglio di Stato (n. 5734 del 2014 e n. 5287 del 2015) nella fattispecie oggetto di causa sussisterebbe un preciso onere collaborativo a carico dell’ente locale, desumibile dal principio di leale collaborazione tra cittadino e comune, avente valenza pubblicistica e rientrante nell'ambito dei principi di imparzialità di cui all'art. 97 Cost.; secondo tale indirizzo, il ritardo con cui il comune agisce per riscuotere le somme a titolo di contributi dovuti, se non può impedire del tutto l'applicazione delle sanzioni, atteso il carattere automatico delle sanzioni, scaturenti direttamente dalla legge, impedisce tuttavia l'applicazione delle sanzioni massime.
In sostanza, secondo tale innovativo orientamento, risulterebbe compatibile con l'interesse pubblico azionato, con il tenore delle disposizioni applicabili e con i principi costituzionali che ispirano i rapporti tra cittadino e pubblica amministrazione che l’ente locale provveda alla riscossione della sanzione ma soltanto nella misura minima, conseguente all’accertamento del ritardo protrattosi per i primi 120 giorni (ai sensi dell’ art. 42, comma 2, lett. a) del d.P.R. n. 380 del 2001). Per converso, sarebbero inapplicabili le maggiori sanzioni previste per ritardi superiori nella misura in cui l’amministrazione, con un comportamento improntato a diligenza e buona fede avrebbe potuto evitare, a mezzo della tempestiva escussione della garanzia fideiussoria, di aggravare la posizione debitoria dell’intestatario del titolo edilizio .
Proprio in ragione della eterogeneità delle posizioni che si riscontrano nella giurisprudenza di questo Consiglio di Stato il giudice rimettente, senza nascondere la sua già manifestata preferenza per l’orientamento espresso dalla giurisprudenza maggioritaria, ha ritenuto di rimettere la risoluzione della questione interpretativa a questa all’Adunanza plenaria, che è stata così investita della decisione del ricorso a norma dell’art. 99, comma 1, cod. proc. amm..
4.7 Per effetto del rinvio della causa dinanzi a questa Adunanza plenaria è stata fissata l’udienza pubblica del 05.10.2016 alla quale il ricorso è stato trattenuto per la sentenza.
5. CONSIDERAZIONI DELLA ADUNANZA PLENARIA.
5.1
Ritiene l’Adunanza plenaria che, nell’ambito dei contrastanti orientamenti giurisprudenziali di cui ha riferito il giudice rimettente, sia senz’altro condivisibile l’orientamento maggioritario maturato in seno a questo Consiglio di Stato.
La soluzione si impone alla luce delle chiare previsioni delle disposizioni normative applicabili alla fattispecie nonché alla luce dei principi generali dell’ordinamento.
Per vero, può fin d’ora anticiparsi come il quadro delle diposizioni normative applicabili al caso in esame non consenta di individuare, a carico della Amministrazione comunale qui appellata, un onere di collaborazione con il debitore nella finalizzazione del pagamento del contributo di costruzione tale per cui la sua violazione possa tradursi in una decadenza della stessa Amministrazione dal potere di sanzionare il ritardo nel pagamento.
Peraltro, la soluzione non muta a seconda che la questione controversa sia affrontata sulla base dei principi desumibili dal sistema normativo applicabile ai rapporti intersoggettivi di diritto amministrativo, al cui novero la fattispecie andrebbe ascritta (quantomeno in relazione al rapporto debitore principale-pubblica amministrazione) ovvero attingendo ai canoni interpretativi di matrice civilistica.
Ed infatti, quale che sia l’approccio interpretativo che si voglia seguire, si deve ritenere che resti in ogni caso integro il potere-dovere della amministrazione comunale di applicare le sanzioni pecuniarie per il ritardo nel pagamento dei contributi di costruzione al semplice verificarsi delle condizioni previste dalla legge, dovendosi per contro escludere la sussistenza di un obbligo di preventiva escussione della garanzia fideiussoria.
5.2 Giova premettere, riguardo alla natura del contributo di costruzione dovuto dal soggetto che intraprenda un’iniziativa edificatoria, che detto contributivo rappresenta una compartecipazione del privato alla spesa pubblica occorrente alla realizzazione delle opere di urbanizzazione.
In altri termini, fin dalla legge che ha introdotto nell’ordinamento il principio della onerosità del titolo a costruire (art. 1 della legge n. 10 del 1977), la ragione della compartecipazione alla spesa pubblica del privato è da ricollegare sul piano eziologico al surplus di opere di urbanizzazione che l’amministrazione comunale è tenuta ad affrontare in relazione al nuovo intervento edificatorio del richiedente il titolo edilizio.
Il contributo per il rilascio del permesso di costruire ha natura di prestazione patrimoniale imposta, di carattere non tributario, ed ha carattere generale, prescindendo totalmente delle singole opere di urbanizzazione che devono in concreto eseguirsi, venendo altresì determinato indipendentemente sia dall’utilità che il concessionario ritrae dal titolo edificatorio, sia dalle spese effettivamente occorrenti per realizzare dette opere.
In sostanza, le opere di urbanizzazione (per la cui remunerazione il contributo viene imposto) hanno spesso portata più ampia rispetto a quelle strettamente necessarie ad urbanizzare il nuovo insediamento edilizio posto in essere da chi abbia ottenuto il titolo edilizio ed hanno quindi sovente natura indivisibile, nel senso che non sono frazionabili in porzioni funzionali al soddisfacimento delle esigenze dei singoli nuovi insediati. In ragione di tanto, per l’esecuzione di dette opere, da realizzare in conseguenza del fatto edificatorio in sé considerato, l’amministrazione comunale attinge normalmente alla fiscalità generale, senza necessariamente attendere il pagamento del contributo da parte dell’obbligato, e quindi a prescindere dal suo puntuale adempimento.
Per tale motivo, quand’anche risultino trasfuse in apposita convenzione urbanistica, le prestazioni da adempiere da parte dell’amministrazione comunale e del privato intestatario del titolo edilizio non sono tra loro in posizione sinallagmatica. Come si è detto, infatti, l’amministrazione è tenuta ad eseguire le opere di urbanizzazione ed a dotare degli indispensabili standard il comparto ove viene allocato il nuovo insediamento edilizio a prescindere dal puntuale pagamento del contributo di costruzione da parte del soggetto che abbia ottenuto il titolo edilizio; per parte sua, questi è tenuto al pagamento del contributo senza poter pretendere la previa realizzazione delle opere di urbanizzazione.
Da ciò discende che il soggetto obbligato sia tenuto a corrispondere il contributo di costruzione nel rispetto dei termini convenuti e che l’amministrazione comunale deve eseguire le opere di urbanizzazione in coerenza, anche sul piano temporale, allo sviluppo edilizio del territorio.
5.3 Vale altresì osservare, ancora in via preliminare, come il contributo di costruzione, quale prestazione patrimoniale imposta funzionale a remunerare l’esecuzione di opere pubbliche, si collochi pacificamente nell’alveo dei rapporti di diritto pubblico. Ne è ulteriore riprova il fatto che , come si dirà meglio in seguito, il suo mancato pagamento legittima l’amministrazione all’applicazione di sanzioni pecuniarie crescenti in rapporto all’entità del ritardo (art. 42 d.P.R. cit.) e, in caso di persistenza dell’inadempimento, alla riscossione del contributo e delle sanzioni secondo le norme vigenti in materia di riscossione coattiva delle entrate (art. 43 d.P.R. cit.).
5.4 Tali preliminari affermazioni di principio, ad avviso di questa Adunanza plenaria, non sono senza conseguenze, per le ragioni che saranno via via esplicitate più avanti, nella risoluzione nei sensi già indicati del quesito interpretativo qui all’esame.
5.5 In tale direzione conduce anzitutto l’argomento, di per sé dirimente, di natura esegetico-letterale, desumibile dal contenuto delle specifiche disposizioni normative applicabili alla fattispecie.
Il riferimento è qui sia alla disposizione (art. 16 d.P.R. cit.) che prevede il meccanismo della prestazione della garanzia per il caso di pagamento rateale del contributo di costruzione, sia alla disposizione (art. 42 d.P.R. cit.) che disciplina le sanzioni per l’omesso o ritardato pagamento.
Orbene,
nessuna di tali disposizioni consente di enucleare elementi letterali da cui desumere, anche indirettamente, la sussistenza di un onere collaborativo, o soltanto sollecitatorio dell’adempimento, a carico della amministrazione creditrice del contributo, una volta che siano venuti a scadenza i termini per il pagamento.
In particolare, l’art. 16, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001, la cui rubrica reca contributo di costruzione prevede -per quel che qui rileva- che il Comune possa rateizzare, su richiesta dell’interessato, la quota di contributo relativa agli oneri di urbanizzazione mentre, per ciò che attiene alla quota di contributo relativa al costo di costruzione, la norma (art. 16, comma 3) dispone che la stessa sia corrisposta in corso d’opera, con le modalità e le garanzie previste dal Comune.
Pertanto,
la fonte normativa che attribuisce al Comune la facoltà richiedere garanzia all’intestatario di un titolo edilizio cui sia stato accordato il beneficio della rateizzazione del contributo di costruzione (nelle due componenti suindicate) nulla prevede riguardo all’ipotizzato dovere dell’amministrazione di attivarsi al più presto per la escussione della garanzia fideiussoria.
Pertanto, già in base a tale rilievo, appare evidente come la costruzione interpretativa che enuclea dal sistema giuridico il suddetto dovere collaborativo in capo all’amministrazione risulti sfornita di una sicura base legale.

Ancor più significativo in tal senso il dettato letterale della disposizione che regola l’applicazione delle sanzioni.
L’art. 42 del d.P.R. n. 380 del 2001 (che riproduce il contenuto dell’art. 47 della legge 28.02.1985 n. 47) prevede che “le regioni determinano le sanzioni per il ritardato o mancato versamento del contributo di costruzione in misura non inferiore a quanto previsto nel presente articolo e non superiore al doppio". Dispone più nel dettaglio la norma che il mancato versamento, nei termini stabiliti, del contributo di costruzione di cui all'articolo 16 comporta:
   a) l'aumento del contributo in misura pari al 10 per cento qualora il versamento del contributo sia effettuato nei successivi centoventi giorni;
   b) l'aumento del contributo in misura pari al 20 per cento quando, superato il termine di cui alla lettera a), il ritardo si protrae non oltre i successivi sessanta giorni;
   c) l'aumento del contributo in misura pari al 40 per cento quando, superato il termine di cui alla lettera b), il ritardo si protrae non oltre i successivi sessanta giorni.
Recita ancora la disposizione che le misure di cui alle lettere precedenti non si cumulano e che, nel caso di pagamento rateizzato, le norme di cui al secondo comma si applicano ai ritardi nei pagamenti delle singole rate.
Infine, la norma stabilisce che decorso inutilmente il termine di cui alla lettera c) del comma 2, il comune provvede alla riscossione coattiva del complessivo credito nei modi previsti dall'articolo 43. E che, in mancanza di leggi regionali che determinino la misura delle sanzioni di cui al presente articolo, queste saranno applicate nelle misure indicate nel comma 2.
Di contenuto sostanzialmente analogo la legge regionale della Valle d’Aosta 06.04.1998 n. 11 (adottata sulla base della legge 28.02.1985, n. 47 art. 3), applicabile alla fattispecie di causa, che tuttavia ha graduato diversamente (in misura più consistente) gli aumenti del contributo dovuti in relazione al ritardo nel pagamento, determinandoli nella misura minima del 20% (per il caso di ritardo contenuto entro il termine di 120 gg. dalla scadenza del primo termine), nella misura intermedia del 40% (per il caso di ritardo contenuto entro gli ulteriori 60 gg.) fino a giungere al 100% del contributo (per ritardi ancora superiori).
Orbene,
anche dalla portata letterale delle disposizioni che integrano il regime sanzionatorio, si evince come l’applicazione dell’aumento di contributo sia correlata al fatto in sé del suo mancato o non puntuale pagamento da parte dell’obbligato, senza distinzione alcuna, sul piano delle conseguenze del meccanismo sanzionatorio, tra l’ipotesi dell’obbligazione del solo debitore e quella in cui sia stata prestata una garanzia fideiussoria accessoria per il pagamento del suddetto contributo. E soprattutto, ciò che appare davvero dirimente, è che la norma sanzionatoria (nazionale o regionale) non riconnette rilevanza alcuna ai comportamenti delle parti diverse dal debitore principale (e cioè della amministrazione e del fideiussore) antecedenti al fatto-inadempimento. Ciò che unicamente rileva, nella logica della norma sanzionatoria, è il semplice mancato pagamento della rata di contributo imputabile al debitore principale.
L’argomento esegetico-letterale depone pertanto per l’insussistenza di un dovere di “soccorso” dell’amministrazione comunale nei confronti del beneficiario di un titolo edilizio in ritardo nel pagamento del contributo di costruzione. Per contro, sempre sulla base del tenore letterale delle richiamate disposizioni, l’amministrazione è tenuta, trattandosi di attività vincolata prevista direttamente dalla fonte normativa di rango primario (che trova applicazione ove la regione non abbia diversamente articolato l’entità delle sanzioni nel rispetto dei parametri fissati dalla legge nazionale), all’applicazione delle sanzioni alla scadenza dei termini di pagamento, senza potersi sottrarre al potere-dovere di aumentare, in funzione sanzionatoria, l’importo del contributo dovuto.
5.6 Da quanto appena detto discende che
risulta sfornita di base normativa ogni opzione interpretativa che correli il potere sanzionatorio del comune al previo esercizio dell’onere di sollecitazione del pagamento presso il debitore principale ovvero presso il fideiussore.
Ed invero
il sistema di pagamento del contributo di costruzione è caratterizzato dalla presenza solo eventuale di una garanzia prestata per l’adempimento del debito principale e di un parallelo strumento a sanzioni crescenti, con chiara funzione di deterrenza dell’inadempimento, che trova applicazione, in base alla legge, al verificarsi dell’inadempimento dell’obbligato principale.
In tale sistema, l’amministrazione comunale, allo scadere del termine originario di pagamento della rata ha solo la facoltà di escutere immediatamente il fideiussore onde ottenere il soddisfacimento del suo credito; ma ove ciò non accada, l’amministrazione avrà comunque il dovere/potere di sanzionare il ritardo nel pagamento con la maggiorazione del contributo a percentuali crescenti all’aumentare del ritardo.
Peraltro,
solo alla scadenza di tutti termini fissati al debitore per l’adempimento (e quindi dopo aver applicato le massime maggiorazioni di legge), l’Amministrazione avrà il potere di agire nelle forme della riscossione coattiva del credito nei confronti del debitore principale (art. 43 d.P.R. n. 380 del 2001).
La portata di tale ultima disposizione è peraltro tale da ritenere che
l’amministrazione, se pure non è impedita dallo svolgere attività sollecitatoria dei pagamenti (senza attingere al rimedio straordinario della riscossione coattiva) in occasione delle scadenze dei termini intermedi cui sono correlati gli aumenti percentuali del contributo secondo il già indicato modello, è certo facultata ad attendere il volontario pagamento da parte del debitore (e eventualmente del suo fideiussore), salvo in ogni caso restando il suo potere-dovere di applicare le sanzioni di legge per il ritardato pagamento.
Per quanto su evidenziato,
deve convenirsi sul fatto che la lettera della legge sia chiara nell’assegnare all’amministrazione il potere/dovere di applicare le sanzioni al verificarsi di un unico presupposto fattuale, e cioè il ritardo nel pagamento da parte dell’intestatario del titolo edilizio (o di chi gli sia subentrato secundum legem).
La stretta osservanza del principio di legalità, imposta dalla rigorosa applicazione del canone interpretativo- letterale delle disposizioni richiamate, comporta pertanto che
va ritenuta legittima l’applicazione delle sanzioni per il ritardo, a prescindere da richieste di pagamento che siano potute venire all’interessato o al suo fideiussore dalla amministrazione concedente il titolo edilizio.
In definitiva,
la facoltà per l’amministrazione di escutere direttamente il fideiussore (nei casi, quali quello di specie, in cui non è stato convenuto il beneficium excussionis) non può tradursi, in difetto di espressa previsione normativa, in una decadenza dell’amministrazione dal potere di sanzionare il pagamento tardivo dell’obbligato, essendo tale potere incondizionatamente previsto (allo stato attuale della legislazione) dall’art. 42 d.P.R. cit. e dall’art. 72 della legge 06.04.1998 n. 11 della Regione Valle d’Aosta .
Tali conclusioni risultano coerenti con l’affermazione secondo cui il principio di legalità che connota l’azione dei pubblici poteri va letto in una duplice declinazione: in senso proprio, secondo cui non può darsi esercizio legittimo di potere senza che sussista una specifica fonte legislativa legittimante; ma anche nel senso che, ove detta fonte legislativa sussista e, come nella fattispecie oggetto di causa, l’esercizio del potere (sanzionatorio) sia vincolato al verificarsi di taluni presupposti fattuali, l’amministrazione non potrebbe, dopo aver riscontrato la ricorrenza delle condizioni previste dalla legge, sottrarsi legittimamente al suo esercizio.
Ora, in applicazione di tali chiari principi normativi,
il soggetto che abbia omesso o ritardato il pagamento del contributo di costruzione incorre nelle sanzioni per ritardato pagamento. Peraltro, il regime giuridico che connota la genesi e le modalità di riscossione del contributo de quo esclude che possano essere configurate ipotesi di non debenza della specifica prestazione patrimoniale diverse da quelle individuate dal legislatore (v. in tal senso, Cons. Stato, sez. V, 20.04.2009, n. 2359).
5.7 Tali considerazioni sarebbero già sufficienti a ritenere che la corretta soluzione della questione interpretativa sia quella già individuata dalla giurisprudenza prevalente di questo Consiglio di Stato (ex multis IV n. 5818 del 2012, IV n. 4320 del 2012 e V n. 777 del 2016), senza che la soluzione al quesito possa mutare nei casi in cui –quale quello oggetto di causa- al debitore principale si aggiunga un ulteriore obbligato (il fideiussore) in funzione di un rafforzamento della garanzia patrimoniale.
Ove sia costituita a richiesta della amministrazione, la garanzia fideiussoria, quale obbligazione accessoria di quella principale, è prestata nell’interesse esclusivo dell’ente locale, al fine di offrire maggiori garanzie di soddisfacimento del gettito relativo alla speciale entrata di diritto pubblico di che trattasi (i.e. il pagamento del contributo di costruzione) e rappresenta, ex latere debitoris, l’onere correlato al beneficio della rateizzazione del pagamento.
Sarebbe paradossale se, in tale situazione giuridico-fattuale, per effetto del rilascio di una garanzia fideiussoria in suo favore, l’amministrazione risultasse privata del potere di sanzionare il ritardo o l’omesso pagamento del debitore principale se solo abbia mancato di escutere il fideiussore alla scadenza del termine di pagamento; altrettanto illogico sarebbe che, correlativamente, con la stipula della polizza fideiussoria, il debitore principale possa conseguire un’esimente speciale, non prevista dalla legge, rispetto all’applicazione a suo carico delle sanzioni per omesso o ritardato pagamento (nella misura in cui, così ragionando, alla scadenza del termine di pagamento, o l’amministrazione provvede ad escutere tempestivamente il fideiussore o perde il diritto di applicare le sanzioni di legge).
Si aggiunga che, come correttamente rilevato nella richiamata sentenza di questo Consiglio di Stato n. 777 del 2016, nei casi –quali quello in esame- di fideiussione con clausola a prima richiesta non alterante il tipo normativo di garanzia fideiussoria in senso stretto (e quindi non assimilabile al cd. contratto autonomo di garanzia), troverebbe comunque applicazione, sul piano dei principi generali, l’art. 1942 cod.civ.: a mente del quale la fideiussione si estende “a tutti gli accessori del debito principale”, con esclusione tuttavia delle somme dovute ad altro titolo (quali certamente le sanzioni amministrative dovute ex lege per il ritardato versamento dei ratei del contributo di urbanizzazione. In tal senso, Cass. 12.06.2001 n. 7885).
Nel caso di specie, peraltro, l’esclusione della responsabilità del fideiussore per il pagamento delle sanzioni risulta poi espressamente esclusa dal tenore testuale della polizza fideiussoria versata in atti.
Da ciò conseguirebbero difficoltà ulteriori per l’amministrazione comunale nella riscossione del credito, ove dovesse predicarsi la sussistenza di una regola praeter legem che condizionasse la legittimità delle sanzioni alla previa escussione del fideiussore.
Ed infatti, prima della scadenza del termine di pagamento, il comune non potrebbe azionare la garanzia; una volta scaduto il termine, l’ente non potrebbe richiedere al fideiussore (il quale, per quanto detto, sarebbe tenuto solo nei limiti del contributo omesso) le maggiorazioni del contributo dovute a titolo sanzionatorio. Con il risultato che, ove dovesse accedersi alla tesi del necessario coinvolgimento del fideiussore, l’amministrazione dovrebbe indirizzare in senso bidirezionale l’azione esecutiva, non utilizzando lo strumento normativo ben più rapido ed efficace che la legge le affida (art. 43 d.P.R. cit), rappresentato dalla riscossione coattiva di diritto pubblico nei confronti del solo debitore principale, per tutte le somme derivanti da contributi omessi o pagati in ritardo e dalle maggiorazioni dovute ex lege a titolo di sanzioni pecuniarie.
Tale ulteriore contraddizione dimostra come debba essere senz’altro preferita la soluzione che esclude che l’applicazione delle sanzioni di legge possa essere correlata alla previa escussione della garanzia e come non sia ragionevolmente esigibile richiedere alla amministrazione comunale una tale attività supplementare nell’attuazione del rapporto obbligatorio.
5.8 D’altra parte, gli argomenti utilizzati dalla giurisprudenza minoritaria di questo Consiglio di Stato, pur se non scevri di qualche aspetto suggestivo, risultano tuttavia non utili, ad un più approfondito esame, a ricostruire la sussistenza del predetto onere collaborativo a carico della Amministrazione anche sulla base dei principi desumibili dal diritto civile.
Si è detto che, secondo l’indirizzo giurisprudenziale minoritario, il problema interpretativo all’esame non può che risolversi facendo coerente applicazione dei principi civilistici in tema di obbligazioni, primo fra tutti quello che impone al creditore in buona fede di collaborare con il debitore ai fini del puntuale adempimento dell’obbligazione.
Osserva l’Adunanza plenaria che, nella fattispecie in esame, l’applicazione dei canoni civilistici della correttezza e della buona fede nell’adempimento delle obbligazioni ed in sede di esecuzione contrattuale (artt. 1175 e 1375 cod. civ.), ove anche applicati allo speciale rapporto che lega -in posizione non paritetica- l’Amministrazione che rilascia il titolo edilizio ed il privato cittadino (cui viene imposto il pagamento dei relativi oneri) non potrebbe condurre a conclusioni diverse da quelle fin qui esposte.
Ed invero, anche nei rapporti interprivati, il mancato pagamento, alla scadenza del termine convenuto, di un’obbligazione portable da eseguirsi al domicilio del creditore (nel cui genus rientra pacificamente l’obbligazione pecuniaria ai sensi dell’art. 1182, comma 2, cod. civ.) determina ipso facto l’inadempimento del debitore, il quale è costituito in mora senza necessità di intimazione o richiesta fatta per iscritto (cfr. art. 1219 cod. civ.).
Non è pertanto esigibile, neanche secondo i canoni del diritto civile, un onere collaborativo a carico dell’amministrazione creditrice tale per cui la stessa possa essere giuridicamente tenuta a sollecitare il pagamento del credito alla scadenza del termine ovvero ad escutere tempestivamente (e necessariamente) l’obbligazione fideiussoria prestata in suo favore. E, d’altra parte, anche secondo i canoni civilistici, il creditore non è onerato, e ancor meno obbligato, ad escutere preventivamente il fideiussore prima di agire nei confronti del debitore (salvo che non si rinvenga una clausola contrattuale in tal senso).
Per tutte le ragioni già enunciate è da escludere che un siffatto onere sussista ed è del pari escluso che la sua ipotizzata genesi possa ricondursi al dovere di correttezza (art. 1175 cod. civ.) cui devono ispirare il comportamento il debitore ed il creditore nello svolgimento del rapporto obbligatorio. Anche il principio relativo all’esecuzione del contratto secondo buona fede (art. 1375 cod. civ.) non risulta correttamente evocato nella fattispecie posto che, se il debitore è inadempiente alla scadenza del termine fissato per il pagamento e se, sul piano civilistico, egli subisce tutte le conseguenze negative derivanti dalla mora ex re a prescindere dall’eventuale inerzia del creditore,non sarebbe giuridicamente corretto assimilare tale semplice inerzia della amministrazione ad un atteggiamento addirittura contrario a buona fede, in quanto funzionale all’arricchimento derivante dalle maggiorazioni del contributo dovuto in applicazione delle sanzioni.
Anche il richiamo al capoverso dell'art. 1227 cod. civ. è fuorviante e non vale a costituire una valida base giuridica per l’individuazione di un onere collaborativo della amministrazione comunale nell’immediata attuazione del rapporto obbligatorio onde non aggravare la posizione del debitore.
Ed invero viene qui facile osservare come la maggiorazione del contributo di costruzione in ragione del ritardo nel pagamento prevista dal richiamato art. 42 d.P.R. n. 380 del 2001 (e dalle analoghe disposizioni normative precedenti) non ha natura risarcitoria o corrispettiva, bensì di sanzione pecuniaria nascente al momento in cui diviene esigibile la sanzione principale.
Orbene, l'onere di diligenza che la appena richiamata disposizione del codice civile, ispirata a principi di solidarietà sociale, fa gravare sul creditore si inscrive nella ben distinta fattispecie del concorso del fatto colposo del creditore nella causazione di un danno.
Nel caso in esame, non sarebbe corretto sul piano giuridico configurare alla stregua di un fatto colposo la mancanza di sollecitudine della amministrazione creditrice nell’agire a tutela del proprio credito (in senso non diverso, Corte cost. n. 308 del 1999). Del pari non corretta sarebbe l’assimilazione delle sanzioni pecuniarie derivanti ex lege dal mancato pagamento imputabile esclusivamente al debitore ai danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza.
5.9 Per ragioni non dissimili da quelle fin qui enunciate non merita condivisione, a parere di questa Adunanza plenaria, l’orientamento giurisprudenziale che potrebbe definirsi intermedio e di cui ha dato conto l’ordinanza di rimessione.
Secondo tale approccio interpretativo, la sanzione per il ritardo potrebbe essere applicata nella misura minima soltanto in relazione al mancato pagamento della rata di contributo entro i primi 120 giorni dalla data di scadenza (secondo quanto dispone l’art. 42, comma 2, lett. a), del d.P.R. n. 380 del 2001).
Solo a seguito dello spirare di tale prima scansione temporale (nel cui ambito soltanto sarebbe legittima l’applicazione della sanzione nella percentuale minima prevista dalla legge nazionale e, ove esistente, dalla legge regionale) diverrebbe esigibile l’onere per l’amministrazione di escutere il fideiussore con la conseguenza che, in difetto, la stessa amministrazione non avrebbe titolo per sanzionare l’ulteriore ritardo nel pagamento da parte del debitore principale.
L’Adunanza rileva come anche tale soluzione interpretativa non sia condivisibile atteso che la stessa:
   - non risulta fondata su salde basi normative ed anzi si risolve in un’inammissibile disapplicazione delle disposizioni normative nazionali e regionali che, come si è detto, correlano l’applicazione delle sanzioni al manifestarsi del semplice ritardo ovvero dell’omesso pagamento del contributo di costruzione (quali unici presupposti fattuali);
   - è in sé non ragionevole, posto che sterilizza il potere sanzionatorio dell’amministrazione proprio in relazione ai ritardi più significativi, cui il legislatore riserva un trattamento sanzionatorio più severo;
   - individua un onere di soccorso a carico della Amministrazione, sia pure allo scadere del primo periodo di inadempimento protrattosi per 120 giorni, che non solo non è nella legge ma che, per quanto già detto, non sarebbe neppure correttamente desumibile in applicazione dei principi di buona fede e correttezza che governano le obbligazioni ed i contratti di diritto civile ovvero, per analoghe ragioni, del principio di leale collaborazione proprio dei rapporti intersoggettivi di diritto amministrativo.
Peraltro, anche l’argomento della strumentalità della pronta escussione del fideiussore in funzione della rapida acquisizione nelle casse comunali del contributo di costruzione per l’esecuzione delle opere pubbliche è smentito dalla già evidenziata natura non sinallagmatica delle distinte prestazioni della parte pubblica e di quella privata (sul punto v. supra, par. 5.2).
Anche in ragione di tanto, e cioè del rapporto non corrispettivo delle prestazioni delle parti, non sarebbe esigibile a carico dell’amministrazione un onere di verifica riguardo al puntuale pagamento, nel rispetto delle scadenze fissate per le singole rate, del contributo di costruzione (nelle suindicate sue componenti), né sarebbe esigibile la tempestiva escussione della garanzia fideiussoria pena, altrimenti, la decadenza dal potere sanzionatorio. Un’opzione interpretativa di tale portata si porrebbe infatti in contrasto, oltre che con il principio di legalità (nei sensi dianzi indicati), anche con il principio costituzionale del buon andamento, attese le difficoltà oggettive cui andrebbero incontro i comuni (specie quelli di grandi dimensioni) nell’attivare tempestivamente le attività propedeutiche alla sollecitazione dei pagamenti dei contributi di costruzione alla scadenza delle singole rate.
5.10 In definitiva, per tutte le suesposte ragioni, l’Adunanza plenaria ritiene di poter concludere, per quanto di sua competenza, con l’affermazione del seguente principio di diritto: <<
Un’amministrazione comunale ha il pieno potere di applicare, nei confronti dell’intestatario di un titolo edilizio, la sanzione pecuniaria prescritta dalla legge per il caso di ritardo ovvero di omesso pagamento degli oneri relativi al contributo di costruzione anche ove, in caso di pagamento dilazionato di detto contributo, abbia omesso di escutere la garanzia fideiussoria in esito alla infruttuosa scadenza dei singoli ratei di pagamento ovvero abbia comunque omesso di svolgere attività sollecitatoria del pagamento presso il debitore principale>>.
Ai fini della risoluzione delle ulteriori questioni controverse (i.e., determinazione della fine dei lavori e corretta imputazione dei pagamenti eseguiti), anch’esse incidenti sulla legittimità dell’atto oggetto del ricorso di primo grado, nonché ai fini della definizione dell’intero giudizio alla luce del principio di diritto in questa sede espresso dalla Adunanza plenaria, le parti sono rimesse dinanzi alla Sezione quarta del Consiglio di Stato, cui vanno restituiti gli atti per ogni ulteriore statuizione, in rito, nel merito e sulle spese anche di questa fase di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria) non definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:
   a) formula il principio di diritto di cui in motivazione;
   b) restituisce gli atti alla Sezione IV del Consiglio di Stato per ogni ulteriore statuizione in rito, nel merito e sulle spese del giudizio (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, sentenza 07.12.2016 n. 24 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: L'escussione della fideiussione per il mancato pagamento degli oneri di urbanizzazione è di competenza del giudice ordinario.
La controversia avente ad oggetto l'escussione, da parte del Comune, di una polizza fideiussoria concessa a garanzia di somme dovute per oneri di urbanizzazione e a titolo di penali, pattuite in una convenzione di lottizzazione, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario e non in quella esclusiva del giudice amministrativo in materia di urbanistica ed edilizia, attesa l'autonomia tra i rapporti in questione, nonché la circostanza che, nella specie, la P.R. agisce nell'ambito di un rapporto privatistico, senza esercitare, neppure mediatamente, pubblici poteri.
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Svolgimento del processo
In accoglimento della domanda proposta dalla locale amministrazione comunale, il Tribunale di Reggio Calabria condannò En. De Ma. e la Società Re.Mu. di Assicurazioni al pagamento della somma di €. 21.799,45 per oneri di urbanizzazione relativi alla licenza edilizia n. 39 del 1987, oltre sanzioni amministrative.
Appellata da En. De Ma. e dalla Società Re.Mu. di Assicurazioni, la decisione di primo grado fu totalmente riformata dalla Corte d'appello di Reggio Calabria, che, dichiarata la nullità della sentenza impugnata per violazione dell'art. 82 disp. att. c.p.c., in quanto non era stato dato avviso al difensore di En. De Ma. del rinvio dell'udienza di precisazione delle conclusioni, rilevò e dichiarò d'ufficio il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, ritenendo esistente la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Contro la sentenza d'appello ha proposto ricorso per cassazione il Comune di Reggio Calabria, sulla base di due motivi di impugnazione illustrati anche da memoria, cui si oppone con controricorso En. De Ma., mentre vi aderisce la Società Re.Mu. di Assicurazioni.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo il comune ricorrente deduce che la decisione d'appello contraddice la giurisprudenza più recente in tema di giurisdizione relativa agli oneri di urbanizzazione; ed è stata comunque assunta in violazione del giudicato sulla giurisdizione formatosi con la pronuncia nel merito in primo grado, non appellata sul punto.
Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione dell'art. 82 disp. att. c.p.c., sostenendo che non era dovuto avviso ai difensori del rinvio della precisazione delle conclusioni alla prima udienza immediatamente successiva a quella originariamente fissata. Sicché non sussiste la nullità erroneamente dichiarata dalla corte d'appello.
2. Risulta pregiudiziale l'esame del secondo motivo del ricorso, perché, ove fondato, rimuoverebbe la dichiarazione di nullità della sentenza di primo grado, che, secondo quanto eccepito dal controricorrente De Ma., esclude la formazione del giudicato sulla giurisdizione del giudice ordinario.
Si tratta tuttavia di motivo inammissibile per difetto di specificità, o comunque di autosufficienza, perché il ricorrente neppure allega, e comunque omette di richiamare, il calendario delle udienze del Tribunale di Reggio Calabria, a conferma della dedotta validità del rinvio d'ufficio della precisazione delle conclusioni dall'udienza del 29.09.2004 all'udienza del 06.10.2004.
Ferma dunque la dichiarazione di nullità della sentenza di primo grado, non contestata per altri aspetti, risulta infondata l'eccezione di giudicato sulla giurisdizione prospettata con il primo motivo del ricorso.
E' invece fondata la deduzione alternativa, prospettata con lo stesso primo motivo del ricorso, nella parte in cui vi si censura l'erroneità della dichiarazione di difetto della giurisdizione del giudice ordinario.
Secondo la giurisprudenza di questa corte, infatti, «la controversia avente ad oggetto l'escussione, da parte del Comune, di una polizza fideiussoria concessa a garanzia di somme dovute per oneri di urbanizzazione e a titolo di penali, pattuite in una convenzione di lottizzazione, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario e non in quella esclusiva del giudice amministrativo in materia di urbanistica ed edilizia, attesa l'autonomia tra i rapporti in questione, nonché la circostanza che, nella specie, la P.R. agisce nell'ambito di un rapporto privatistico, senza esercitare, neppure mediatamente, pubblici poteri» (Cass., sez. un., 13.06.2012, n. 9592, m. 623047, Cass., sez. un., 23.02.2010, n. 4319, m. 611803).
In accoglimento del primo motivo del ricorso, dichiarato inammissibile il secondo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte d'appello di Reggio Calabria, che potrà decidere nella medesima composizione, non essendosi pronunciata nel merito della controversia (Corte di Cassazione, Sezz. Unite civili, sentenza 28.07.2016 n. 15666).

EDILIZIA PRIVATALa rateizzazione del pagamento degli oneri di urbanizzazione è prevista all’art. 16 d.P.R. n. 380 del 2001 laddove, oltre a stabilire il carattere di regola oneroso del permesso di costruire, concede al privato la facoltà di richiedere il pagamento rateizzato.
A sua volta l’art. 42 d.P.R. n. 380/2001, intitolato “Ritardato od omesso versamento del contributo di costruzione”, riproduttivo dell’art. 3 l. 28.02.1985 n. 47, attribuisce alle regioni la potestà di determinare “le sanzioni per il ritardato o mancato versamento del contributo di costruzione" (cfr. comma 1) in misura non inferiore a quanto previsto dalla stessa norma, estendendo, nel caso di pagamento rateizzato, la disciplina al ritardo (cfr. comma 4) “nei pagamenti delle singole rate”.
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Mentre il rilascio della garanzia (nel caso che ne occupa fideiussoria) opera su un piano paritetico disciplinato dal diritto civile, la determinazione e la riscossione dei ratei tardivamente versati ha un connotazione pubblicistica, insita nel suo essere concepita per operare in un contesto nel quale si ha esercizio di una potestà sanzionatoria, e dunque comporta l’esigenza di osservare garanzie e formalità affatto diverse da quelle che soprassiedono all’attività negoziale.
L’irrogazione delle sanzioni serve a rafforzare norme di condotta il cui rispetto appare essenziale per l’ordinato sviluppo del territorio ed assicurare la celere esecuzione delle opere di urbanizzazione destinate alla collettività (cfr., testualmente, art. 3 l. n. 47/1985).
In definitiva, l’ambito negoziale sito a monte, costituente il presupposto della rateizzazione, e l’ambito pubblicistico-sanzionatorio posto a valle, relativo all’esatto e tempestivo adempimento dei pagamenti, vanno tenuti distinti, avendo statuti normativi (strutturalmente e funzionalmente) eterogenei.
Conseguentemente, in forza di una serie di argomenti di seguito espressi, va rivisto l’indirizzo, fatto proprio da un precedente arresto giurisprudenziale che, valorizzando in funzione assiologia il principio d’imparzialità dell’azione amministrativa, giunge a diversa conclusione.
Innanzitutto nella dinamica contrattuale il rilascio della fideiussione a prima richiesta è prestata nell’esclusivo interesse dell’amministrazione che non è affatto gravata dall’obbligo di attivarla “a vantaggio della parte inadempiente”.
Aggiungasi che, nel caso in esame, trattandosi di fideiussione con la clausola a prima richiesta non alterante il tipo normativo, ossia di garanzia fideiussoria in senso stretto non assimilabile alla garanzia autonoma, trova piena applicazione l’art. 1942 c.c. a mente del quale la fideiussione si estende “a tutti gli accessori del debito principale”, con implicita esclusione delle somme dovute ad altro titolo, quali (ed a più forte ragione) le sanzioni amministrative dovute ex lege per il ritardato versamento dei ratei del contributo di urbanizzazione.
Sicché il Comune, prima della scadenza del termine di pagamento del rateo, non poterebbe azionare la garanzia; una volta scaduto il termine, escussa la garanzia, si vedrebbe opporre, ex art. 1942 c.c., dall’istituto fideiubente l’inefficacia della garanzia relativamente ad una pretesa patrimoniale (pari al rateo maggiorato della sanzione) non ricompreso nel debito garantito, oggetto di fideiussione.
Né è revocabile in dubbio che l’azione amministrativa iure privatorum, seppure tenuta ad osservare il principio immanente d’imparzialità e buon andamento, è governata dalle regole di diritto comune: la buona fede ex art. 1375 c.c. disciplina le modalità di esercizio del diritto sul piano procedurale, non genera affatto nuove obbligazioni.
Non impone all’amministrazione –come invece sostenuto dal Tar in un’anomala concezione poietico-normativa della buona fede in excutivis– di costituire in mora il debitore inadempiente nell’obbligazione di pagamento portable anche se l’art. 1219, comma 1, n. 3, c.c. esonera espressamente il creditore dall’incombente e, in aggiunta, ad attivare la garanzia fideiussoria per agevolare nell’interesse del debitore l’adempimento anziché per tutelare l’interesse del Comune al pagamento di un’entrata di diritto pubblico.
Alla medesima stregua l’estensione dell’art. 1227, comma 2, c.c., predicativo della ripartizione del risarcimento dei danni conseguenti all’inadempimento secondo il criterio della causalità giuridica, con esclusione del risarcimento dei danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza, incontra l’insormontabile ostacolo della natura punitivo-sanzionatoria (e non risarcitoria) di quanto dovuto ex lege per il tardivo versamento delle singole quote nei termini prescritti.

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L’appello è fondato.
La rateizzazione del pagamento degli oneri di urbanizzazione è prevista all’art. 16 d.P.R. n. 380 del 2001 laddove, oltre a stabilire il carattere di regola oneroso del permesso di costruire, concede al privato la facoltà di richiedere il pagamento rateizzato.
A sua volta l’art. 42 d.P.R. n. 380/2001, intitolato “Ritardato od omesso versamento del contributo di costruzione”, riproduttivo dell’art. 3 l. 28.02.1985 n. 47, attribuisce alle regioni la potestà di determinare “le sanzioni per il ritardato o mancato versamento del contributo di costruzione" (cfr. comma 1) in misura non inferiore a quanto previsto dalla stessa norma, estendendo, nel caso di pagamento rateizzato, la disciplina al ritardo (cfr. comma 4) “nei pagamenti delle singole rate”.
La legge Regione Veneto 27.06.1985 n. 61 ha dato applicazione (all’allora art. 3 l. n. 47/1985), ed ha previsto all’art. 81 la rateizzazione degli oneri di urbanizzazione subordinatamente alla prestazione di “opportune garanzie secondo le modalità previste dall’art. 13 l. 03.01.1978 n. 1”; nonché le conseguenze per il mancato versamento delle singole quote nei termini previsti stabilendo –in chiave sanzionatoria del ritardato versamento– l’aumento percentuale di esse a secondo del ritardo di quanto dovuto.
La norma ha altresì cura di precisare che decorso il termine di cui alla lettera e), ossia 240 giorni dal termine di pagamento della rata, “il Sindaco provvede alla riscossione coattiva del complessivo credito a norma del R.D. 14.04.1910 n. 639”.
Sicché la disciplina regionale, in sintonia con quella statale, opera una netta distinzione fra la prestazione della garanzia, necessaria per ottenere la rateizzazione degli oneri di urbanizzazione, e la determinazione delle sanzioni per il ritardato versamento dei singoli ratei.
Mentre il rilascio della garanzia (nel caso che ne occupa fideiussoria) opera su un piano paritetico disciplinato dal diritto civile, la determinazione e la riscossione dei ratei tardivamente versati ha un connotazione pubblicistica, insita nel suo essere concepita per operare in un contesto nel quale si ha esercizio di una potestà sanzionatoria, e dunque comporta l’esigenza di osservare garanzie e formalità affatto diverse da quelle che soprassiedono all’attività negoziale.
L’irrogazione delle sanzioni serve a rafforzare norme di condotta il cui rispetto appare essenziale per l’ordinato sviluppo del territorio ed assicurare la celere esecuzione delle opere di urbanizzazione destinate alla collettività (cfr., testualmente, art. 3 l. n. 47/1985).
In definitiva, l’ambito negoziale sito a monte, costituente il presupposto della rateizzazione, e l’ambito pubblicistico-sanzionatorio posto a valle, relativo all’esatto e tempestivo adempimento dei pagamenti, vanno tenuti distinti, avendo statuti normativi (strutturalmente e funzionalmente) eterogenei.
Conseguentemente, in forza di una serie di argomenti di seguito espressi, va rivisto l’indirizzo, fatto proprio da un precedente arresto giurisprudenziale (cfr. Cons. St., sez. V, 21.11.2014 n. 5734, in antitesi all’orientamento qui condiviso di cui a Cons. St. sez. IV, 17.02.2014 n. 731) che, valorizzando in funzione assiologia il principio d’imparzialità dell’azione amministrativa, giunge a diversa conclusione.
Innanzitutto nella dinamica contrattuale il rilascio della fideiussione a prima richiesta è prestata nell’esclusivo interesse dell’amministrazione che non è affatto gravata dall’obbligo di attivarla “a vantaggio della parte inadempiente”.
Aggiungasi che, nel caso in esame, trattandosi di fideiussione con la clausola a prima richiesta non alterante il tipo normativo, ossia di garanzia fideiussoria in senso stretto non assimilabile alla garanzia autonoma, trova piena applicazione l’art. 1942 c.c. a mente del quale la fideiussione si estende “a tutti gli accessori del debito principale”, con implicita esclusione delle somme dovute ad altro titolo, quali (ed a più forte ragione) le sanzioni amministrative dovute ex lege per il ritardato versamento dei ratei del contributo di urbanizzazione (cfr., testualmente, Cass. 12.06.2001 n. 7885).
Sicché il Comune, prima della scadenza del termine di pagamento del rateo, non poterebbe azionare la garanzia; una volta scaduto il termine, escussa la garanzia, si vedrebbe opporre, ex art. 1942 c.c., dall’istituto fideiubente l’inefficacia della garanzia relativamente ad una pretesa patrimoniale (pari al rateo maggiorato della sanzione) non ricompreso nel debito garantito, oggetto di fideiussione.
Né è revocabile in dubbio che l’azione amministrativa iure privatorum, seppure tenuta ad osservare il principio immanente d’imparzialità e buon andamento, è governata dalle regole di diritto comune: la buona fede ex art. 1375 c.c. disciplina le modalità di esercizio del diritto sul piano procedurale, non genera affatto nuove obbligazioni.
Non impone all’amministrazione –come invece sostenuto dal Tar in un’anomala concezione poietico-normativa della buona fede in excutivis– di costituire in mora il debitore inadempiente nell’obbligazione di pagamento portable anche se l’art. 1219, comma 1, n. 3, c.c. esonera espressamente il creditore dall’incombente e, in aggiunta, ad attivare la garanzia fideiussoria per agevolare nell’interesse del debitore l’adempimento anziché per tutelare l’interesse del Comune al pagamento di un’entrata di diritto pubblico.
Alla medesima stregua l’estensione dell’art. 1227, comma 2, c.c., predicativo della ripartizione del risarcimento dei danni conseguenti all’inadempimento secondo il criterio della causalità giuridica, con esclusione del risarcimento dei danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza, incontra l’insormontabile ostacolo della natura punitivo-sanzionatoria (e non risarcitoria) di quanto dovuto ex lege per il tardivo versamento delle singole quote nei termini prescritti.
Venendo alle censure non espressamente esaminate dal Tar, qui riproposte dalla ricorrente appellata, mette conto rilevare che la natura vincolata nell’an e nel quantum degli atti, adottati per giunta sulla scorta del procedimento di rateizzazione promosso –va sottolineato– ad istanza di parte, esonerava, ex artt. e 21-octies l. 241/1990, il Comune dalla comunicazione dell’avvio del procedimento.
Né sussiste il dedotto contrasto dell’art. 81 l.r. Veneto n. 61 del 1985 con i principi fondamentali dettati in materia dalla disciplina statale, posto che l’art. 42 t.u.ed., riproduttivo dell’art. 3 l. 47/1985, demanda espressamente alle regioni l’esercizio del potere per cui è causa.
Conclusivamente l’appello deve essere accolto (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 25.02.2016 n. 778 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2015

EDILIZIA PRIVATA: Sulla fidejussione a garanzia del versamento rateizzato del contributo di costruzione.
Si ritiene che spetti al giudice amministrativo l’esame dell’atto con cui l’amministrazione chiede al fideiussore il pagamento del contributo di costruzione in caso di inadempimento del titolare del permesso di costruire.
Le fideiussioni che garantiscono un sottostante rapporto amministrativo, anche se dotate della formula a prima richiesta, rimangono intrinsecamente accessorie al suddetto rapporto. Si tratta di uno dei vari strumenti privatistici utilizzati per lo svolgimento di una funzione pubblica, secondo un’impostazione sempre più diffusa, che non modifica il confine del settore amministrativo.
L’escussione della fideiussione non è quindi un mero atto privatistico indirizzato a un soggetto terzo, ma ha la sostanza di un atto amministrativo, perfettamente equivalente all’esercizio del potere di vigilanza e repressione nei confronti degli inadempimenti del titolare del permesso di costruire.
Il fatto che il fideiussore non possa opporre le eccezioni proprie del titolare del permesso di costruire non significa che quest’ultimo debba subire l’iniziativa dell’amministrazione senza potersi difendere efficacemente, facendo valere la propria interpretazione della disciplina urbanistico-edilizia. L’interesse alla difesa appare invece evidente, in quanto l’escussione produce conseguenze rilevanti anche sul titolare del permesso di costruire.
Da un lato, infatti, attraverso l’escussione viene confermato l’importo del contributo di costruzione, che normalmente costituisce (come nel caso in esame) il punto centrale del conflitto con l’amministrazione, dall’altro il pagamento determina, con il diritto di regresso, una gravosa esposizione del debitore nei confronti del fideiussore escusso.

1. Il Comune di Arcene ha rilasciato alla società ricorrente E.A.srl il permesso di costruire n. 4 del 14.04.2011, autorizzando la realizzazione di 3 edifici per un totale di 42 appartamenti nel PL “La Fornace”. Il contributo di costruzione (€ 197.535,97) è stato calcolato tenendo conto anche della superficie destinata ad autorimesse e aree di manovra (1.870,63 mq).
2. La ricorrente ha versato € 49.384 al momento del rilascio del titolo edilizio, e ha ottenuto la rateizzazione del resto (v. provvedimento del responsabile dell’Ufficio Tecnico del 22.03.2011), con applicazione degli interessi legali, come previsto dalla deliberazione giuntale n. 20 del 09.03.2011.
La restituzione doveva avvenire in dieci rate, ciascuna di importo pari a € 15.324, da corrispondere a intervalli trimestrali tra il 22.07.2011 e il 22.10.2013.
A garanzia della restituzione la ricorrente ha presentato una polizza fideiussoria emessa da Atradius Credit Insurance NV per un valore pari a € 192.598.
3. La ricorrente ha versato per intero le prime quattro rate, ma senza rispettare, per la quarta, la scadenza prevista. Dopo il 13.06.2012 (data di pagamento della quarta rata) la ricorrente ha effettuato altri versamenti parziali, e ha quindi interrotto ogni pagamento.
Secondo la ricorrente, il contributo di costruzione, ricalcolato escludendo la superficie destinata ad autorimesse e non computando la suddetta superficie ai fini dell’individuazione della classe degli edifici, sarebbe pari a € 97.949,90. Una volta computati gli interessi per la rateizzazione, l’importo definitivo risulterebbe pari a € 98.394,35.
Questa somma era già stata interamente corrisposta alla data del 13.06.2012. Rispetto all’importo dovuto, la ricorrente avrebbe versato un esubero pari a € 48.257,65.
4. A questo si aggiunge l’escussione parziale della fideiussione, per un importo pari a € 34.568,10, effettuata il 17.12.2013.
5. Più recentemente, il Comune con provvedimento del responsabile dell’Ufficio Tecnico del 19.05.2014 ha comunicato una nuova escussione parziale della fideiussione per un importo pari a € 22.475,20.
6. Contro il suddetto provvedimento e contro gli atti presupposti (tra cui la deliberazione giuntale n. 20/2011) la ricorrente ha presentato impugnazione con atto notificato il 23.06.2014 e depositato il 30.06.2014. Le censure possono essere sintetizzate come segue:
(i) violazione dell’art. 69 della LR 11.03.2005 n. 12, che prevede il regime di gratuità integrale per i parcheggi pertinenziali e non pertinenziali, ed esclude le relative superfici dalla definizione della classe dell'edificio;
(ii) violazione dell’art. 16, comma 3, del DPR 06.06.2001 n. 380, nonché irragionevolezza, con riferimento alle disposizioni della deliberazione giuntale n. 20/2011, che ammettono la rateizzazione solo per importi superiori a € 100.000 e prevedono che il contributo di costruzione residuo venga rideterminato qualora il costo di costruzione subisca degli incrementi;
(iii) mancanza dei presupposti per applicare le sanzioni da ritardo, in quanto l’intero importo del contributo di costruzione sarebbe stato versato ancora in data 13.06.2012. Viene inoltre chiesta una pronuncia che accerti il contributo di costruzione nell’importo di € 97.949,90, con la conseguente condanna alla restituzione della somma versata o escussa in eccedenza (€ 82.825,75), aumentata di interessi, rivalutazione e maggior danno.
7. Il Comune si è costituito in giudizio chiedendo la reiezione del ricorso.
8. Sulle questioni rilevanti ai fini della decisione si possono svolgere le seguenti considerazioni.
Sulla giurisdizione
9. Per quanto riguarda i dubbi sulla giurisdizione sollevati dal Comune, si ritiene che spetti al giudice amministrativo l’esame dell’atto con cui l’amministrazione chiede al fideiussore il pagamento del contributo di costruzione in caso di inadempimento del titolare del permesso di costruire.
10. Le fideiussioni che garantiscono un sottostante rapporto amministrativo, anche se dotate della formula a prima richiesta, rimangono intrinsecamente accessorie al suddetto rapporto. Si tratta di uno dei vari strumenti privatistici utilizzati per lo svolgimento di una funzione pubblica, secondo un’impostazione sempre più diffusa, che non modifica il confine del settore amministrativo.
L’escussione della fideiussione non è quindi un mero atto privatistico indirizzato a un soggetto terzo, ma ha la sostanza di un atto amministrativo, perfettamente equivalente all’esercizio del potere di vigilanza e repressione nei confronti degli inadempimenti del titolare del permesso di costruire.
11. Il fatto che il fideiussore non possa opporre le eccezioni proprie del titolare del permesso di costruire non significa che quest’ultimo debba subire l’iniziativa dell’amministrazione senza potersi difendere efficacemente, facendo valere la propria interpretazione della disciplina urbanistico-edilizia. L’interesse alla difesa appare invece evidente, in quanto l’escussione produce conseguenze rilevanti anche sul titolare del permesso di costruire.
Da un lato, infatti, attraverso l’escussione viene confermato l’importo del contributo di costruzione, che normalmente costituisce (come nel caso in esame) il punto centrale del conflitto con l’amministrazione, dall’altro il pagamento determina, con il diritto di regresso, una gravosa esposizione del debitore nei confronti del fideiussore escusso (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 31.08.2015 n. 1133 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Nel caso di versamento rateizzato del costo di costruzione non è legittimo adeguare gli importi delle rate in ordine al sopravvenire di aumenti del costo base del medesimo costo di costruzione.
Le deliberazioni giuntali n. 20/2011 e 14/2005 prevedono che nel caso di rateizzazione, qualora sopravvengano aumenti del costo di costruzione, il contributo di costruzione residuo deve essere adeguato ai suddetti aumenti.
Queste disposizioni pongono il problema della compatibilità con l’art. 16, comma 3, del DPR 380/2001, in base al quale la quota di contributo relativa al costo di costruzione è determinata al momento del rilascio del titolo edilizio ed è corrisposta in corso d'opera.
In proposito si ritiene che, se i lavori sono ultimati nel termine di validità del titolo edilizio, e se i pagamenti delle rate sono regolari, l’importo del contributo di costruzione non possa variare, essendo necessario garantire la certezza del diritto e l’affidamento di chi inizia un intervento edificatorio.
Se però il privato non completa i lavori entro il termine massimo, oppure non completa il pagamento delle rate secondo le scadenze prefissate, fuoriesce dal quadro giuridico originario e si espone alle modifiche tariffarie intervenute nel frattempo. In queste ipotesi, dunque, l’amministrazione potrà legittimamente imporre l’integrazione della parte residua del contributo di costruzione.
Questo vale anche quando il differimento del termine finale del titolo edilizio sia una facoltà concessa direttamente dal legislatore in deroga alla disciplina ordinaria, come è avvenuto nel caso in esame (il 10.12.2013 la ricorrente ha comunicato al Comune il posticipo di due anni della conclusione dei lavori, ossia al 14.04.2016, avvalendosi della previsione di cui all’art. 30, comma 3, del DL 21.06.2013 n. 69).
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1. Il Comune di Arcene ha rilasciato alla società ricorrente E.A.srl il permesso di costruire n. 4 del 14.04.2011, autorizzando la realizzazione di 3 edifici per un totale di 42 appartamenti nel PL “La Fornace”. Il contributo di costruzione (€ 197.535,97) è stato calcolato tenendo conto anche della superficie destinata ad autorimesse e aree di manovra (1.870,63 mq).
2. La ricorrente ha versato € 49.384 al momento del rilascio del titolo edilizio, e ha ottenuto la rateizzazione del resto (v. provvedimento del responsabile dell’Ufficio Tecnico del 22.03.2011), con applicazione degli interessi legali, come previsto dalla deliberazione giuntale n. 20 del 09.03.2011.
La restituzione doveva avvenire in dieci rate, ciascuna di importo pari a € 15.324, da corrispondere a intervalli trimestrali tra il 22.07.2011 e il 22.10.2013.
A garanzia della restituzione la ricorrente ha presentato una polizza fideiussoria emessa da Atradius Credit Insurance NV per un valore pari a € 192.598.
3. La ricorrente ha versato per intero le prime quattro rate, ma senza rispettare, per la quarta, la scadenza prevista. Dopo il 13.06.2012 (data di pagamento della quarta rata) la ricorrente ha effettuato altri versamenti parziali, e ha quindi interrotto ogni pagamento.
Secondo la ricorrente, il contributo di costruzione, ricalcolato escludendo la superficie destinata ad autorimesse e non computando la suddetta superficie ai fini dell’individuazione della classe degli edifici, sarebbe pari a € 97.949,90. Una volta computati gli interessi per la rateizzazione, l’importo definitivo risulterebbe pari a € 98.394,35.
Questa somma era già stata interamente corrisposta alla data del 13.06.2012. Rispetto all’importo dovuto, la ricorrente avrebbe versato un esubero pari a € 48.257,65.
4. A questo si aggiunge l’escussione parziale della fideiussione, per un importo pari a € 34.568,10, effettuata il 17.12.2013.
5. Più recentemente, il Comune con provvedimento del responsabile dell’Ufficio Tecnico del 19.05.2014 ha comunicato una nuova escussione parziale della fideiussione per un importo pari a € 22.475,20.
6. Contro il suddetto provvedimento e contro gli atti presupposti (tra cui la deliberazione giuntale n. 20/2011) la ricorrente ha presentato impugnazione con atto notificato il 23.06.2014 e depositato il 30.06.2014. Le censure possono essere sintetizzate come segue:
(i) violazione dell’art. 69 della LR 11.03.2005 n. 12, che prevede il regime di gratuità integrale per i parcheggi pertinenziali e non pertinenziali, ed esclude le relative superfici dalla definizione della classe dell'edificio;
(ii) violazione dell’art. 16, comma 3, del DPR 06.06.2001 n. 380, nonché irragionevolezza, con riferimento alle disposizioni della deliberazione giuntale n. 20/2011, che ammettono la rateizzazione solo per importi superiori a € 100.000 e prevedono che il contributo di costruzione residuo venga rideterminato qualora il costo di costruzione subisca degli incrementi;
(iii) mancanza dei presupposti per applicare le sanzioni da ritardo, in quanto l’intero importo del contributo di costruzione sarebbe stato versato ancora in data 13.06.2012. Viene inoltre chiesta una pronuncia che accerti il contributo di costruzione nell’importo di € 97.949,90, con la conseguente condanna alla restituzione della somma versata o escussa in eccedenza (€ 82.825,75), aumentata di interessi, rivalutazione e maggior danno.
7. Il Comune si è costituito in giudizio chiedendo la reiezione del ricorso.
8. Sulle questioni rilevanti ai fini della decisione si possono svolgere le seguenti considerazioni.
...
Sull’aggiornamento del costo di costruzione
19. Le deliberazioni giuntali n. 20/2011 e 14/2005 prevedono che nel caso di rateizzazione, qualora sopravvengano aumenti del costo di costruzione, il contributo di costruzione residuo deve essere adeguato ai suddetti aumenti.
Queste disposizioni pongono il problema della compatibilità con l’art. 16, comma 3, del DPR 380/2001, in base al quale la quota di contributo relativa al costo di costruzione è determinata al momento del rilascio del titolo edilizio ed è corrisposta in corso d'opera.
20. In proposito si ritiene che, se i lavori sono ultimati nel termine di validità del titolo edilizio, e se i pagamenti delle rate sono regolari, l’importo del contributo di costruzione non possa variare, essendo necessario garantire la certezza del diritto e l’affidamento di chi inizia un intervento edificatorio.
Se però il privato non completa i lavori entro il termine massimo, oppure non completa il pagamento delle rate secondo le scadenze prefissate, fuoriesce dal quadro giuridico originario e si espone alle modifiche tariffarie intervenute nel frattempo. In queste ipotesi, dunque, l’amministrazione potrà legittimamente imporre l’integrazione della parte residua del contributo di costruzione.
21. Questo vale anche quando il differimento del termine finale del titolo edilizio sia una facoltà concessa direttamente dal legislatore in deroga alla disciplina ordinaria, come è avvenuto nel caso in esame (il 10.12.2013 la ricorrente ha comunicato al Comune il posticipo di due anni della conclusione dei lavori, ossia al 14.04.2016, avvalendosi della previsione di cui all’art. 30, comma 3, del DL 21.06.2013 n. 69) (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 31.08.2015 n. 1133 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Sulla sanzione per ritardato versamento del contributo di costruzione rateizzato.
Ritiene il Collegio di aderire alla giurisprudenza prevalente, formatasi in tema di sanzioni per ritardato pagamento di singole quote del contributo per il rilascio della concessione edilizia.
Tale giurisprudenza, proprio in relazione alla invocata scorrettezza della p.a. nel non avere esercitato la facoltà di attivazione della garanzia alla scadenza della prima rata, o per avere omesso di escutere l’istituto bancario fideiussore, ha più volte ribadito che in assenza di inadempimenti imputabili all’Amministrazione idonei a configurare a suo carico una responsabilità “da contatto” oppure di natura precontrattuale, non può farsi riferimento all’art. 1227 c.c. essendo tale disposizione riferibile solo alle obbligazioni di carattere risarcitorio e non a quelle (anche di contenuto pecuniario) di natura sanzionatoria, come nel caso in esame.
Pur in presenza di un contratto di garanzia cosiddetta autonoma, con il quale il garante si obbliga ad eseguire la prestazione oggetto della garanzia “a semplice richiesta” del creditore garantito, senza opporre eccezioni attinenti alla validità, all’efficacia ed alla vicenda del rapporto principale, anche in questa ipotesi il meccanismo dell’adempimento del garante “a prima richiesta” scatta a seguito dell’inadempimento dell’obbligazione principale, ancorché resti vietato al garante di chiedere la preventiva escussione del debitore principale.
D’altronde, neppure con riguardo al regime ordinario delle obbligazioni tra privati sarebbe pertinente il richiamo all’art. 1227 cod. civ.. Infatti, l’onere di diligenza che questa norma fa gravare sul creditore non si estende alla sollecitudine nell’agire a tutela del proprio credito onde evitare maggiori danni, i quali viceversa sono da imputare esclusivamente alla condotta del debitore, tenuto al tempestivo adempimento della sua obbligazione.
Inoltre, non è dato ravvisare nel sistema di cui agli artt. 1936 ss. cod. civ. alcun principio di preventiva doverosa escussione del fideiussore alla scadenza del termine fissato per l’adempimento dell’obbligazione garantita, che peraltro colliderebbe con le finalità dell’istituto, inteso a rafforzare la garanzia del credito in funzione di un interesse proprio e specifico del creditore.
In materia di obbligazioni “portable”, quali quelle pecuniarie, e con termine di adempimento che esonera dalla costituzione in mora del debitore, il creditore è soltanto facultato ad attivare la solidale responsabilità del fideiussore, senza che possa invece ritenersi tenuto ad escutere il coobbligato piuttosto che attendere il pagamento, ancorché tardivo, salva l’esistenza di apposita clausola in tal senso (che dovrebbe essere accettata dall’Amministrazione), nella specie non prevista. L’impostazione seguita dalla ricorrente, del resto, porterebbe, in caso di prestazione di garanzia, ad una generalizzata inapplicabilità dell’art. 42, comma 4, del d.P.R. n. 380/2001.

... per l’annullamento del provvedimento in data 31.12.2010 prot. n. 26140, con il quale il Responsabile della 5^ Area -Edilizia Privata- Urbanistica del Comune di Uboldo ha richiesto ad Immobiliare ... Srl il pagamento dell’importo di € 48.923,78 a titolo di sanzione ex art. 42, comma 2, lett. c), DPR 380/2001.
...
I. Con ricorso depositato il 24.03.2011, la Immobiliare ... S.r.l. ha dedotto:
- di aver presentato, in data 29.12.2003, al Comune di Uboldo domanda di rilascio di permesso di costruite per la costruzione di un nuovo complesso residenziale, con richiesta di rateizzazione del contributo per il rilascio del permesso di costruire;
- che, con comunicazione in data 07.03.2005, il Comune di Uboldo aveva accordato la richiesta rateizzazione (con le seguenti modalità: € 13.160,87 da versare entro 30 giorni; € 17.547,83 da versare al tetto; € 13.160,87 da versare al termine dei lavori);
- che, in data 23.03.2005, aveva versato gli importi relativi alla prima rata e presentato polizza fideiussoria a garanzia degli obblighi ed oneri di cui alle concessioni edilizie;
- che il Comune di Uboldo, quindi, aveva rilasciato il permesso di costruire per la demolizione e nuova costruzione di complesso residenziale commerciale;
- che, solo in data 25.2.2010, aveva provveduto al versamento degli importi relativi alla seconda e terza rata dei contributi;
- che, quindi, con provvedimento in data 31.12.2010, il Comune di Uboldo aveva applicato la sanzione ex art. 42 DPR 380/2001 in misura pari al 40%, per un importo pari a € 48.923,78.
Tanto premesso, la ricorrente argomenta diffusamente i motivi per cui il provvedimento sanzionatorio sarebbe illegittimo, ragion per cui dovrebbe essere annullato.
I.1. Si è costituita in giudizio l’amministrazione intimata chiedendo il rigetto del ricorso.
I.2. Sul contraddittorio così istauratosi, la causa è stata discussa e decisa con sentenza definitiva all’odierna udienza. Di seguito le motivazioni.
II. E’ incontestato tra le parti che il pagamento della seconda e terza rata dei contributi è intervenuto in un momento successivo alle scadenze indicate dall’amministrazione comunale e quando erano oramai decorsi i termini di cui all’art. 42, comma 2, DPR 380/2001. La sanzione prevista da tale norma, tuttavia, a parere della ricorrente, non sarebbe applicabile per i motivi che seguono.
II.1. In particolare, considerato che il pagamento del debito alle scadenze pattuite era garantito da apposita polizza fideiussoria, a prima richiesta, rilasciata da primaria compagnia di assicurazione, il comportamento dell’amministrazione che, pur potendo facilmente ottenere il pagamento di quanto dovutogli con una semplice richiesta inviata al fideiussore, non si è attivata nell’immediatezza per poi applicare, a notevole distanza di tempo, la sanzione per il ritardato pagamento, finirebbe con il violare il dovere di correttezza di cui all’art. 1175 c.c..
II.2. In subordine, continua la ricorrente, il Comune di Uboldo non avrebbe potuto comunque applicare la sanzione nella misura massima del 40% (art. 42, comma 2, lett. c, DPR 380/2001), in quanto (così pare di capire) l’avvenuto rilascio della fideiussione produrrebbe effetti “riduttivi” dell’entità della sanzione. Nella specie, pur essendo nell’ipotesi in cui il ritardo del pagamento superiore a 240 giorni, la sanzione applicabile sarebbe quella di cui alla lett. a) dell’art. 42 DPR 380/2001.
III. Il ricorso non può essere accolto.
III.1. Occorre premettere, in punto di fatto, che la ricorrente, dopo aver pagato la prima rata del contributo (comunicando al Comune l’inizio dei lavori assentiti per il 16.05.2005), non ha segnalato al Comune la realizzazione del tetto della costruzione assentita (occorrenza che individuava il termine di esigibilità della seconda rata). Successivamente, pur essendo l’ultimazione delle opere avvenuta in data 04.03.2008 (con comunicazione al Comune in data 08.04.2008), la società ha provveduto al pagamento della II e III rata, solo in data 25.02.2010.
III.2. Ciò premesso, ritiene il Collegio di aderire alla giurisprudenza prevalente, formatasi in tema di sanzioni per ritardato pagamento di singole quote del contributo per il rilascio della concessione edilizia (cfr. ex multiis Consiglio di Stato, sez. VI, 27/11/2014 5884; sez. V, 09/12/2013 5880; sez. V, 28.09.2011, n. 5394, sez. IV, 01.04.2011, n. 2037 e 13.03.2008, n. 1084; sez. V, 16.07.2007, n. 4025, 11.11.2005, n. 6345 e 24.03.2005, n. 1250).
Tale giurisprudenza, proprio in relazione alla invocata scorrettezza della p.a. nel non avere esercitato la facoltà di attivazione della garanzia alla scadenza della prima rata, o per avere omesso di escutere l’istituto bancario fideiussore, ha più volte ribadito che in assenza di inadempimenti imputabili all’Amministrazione idonei a configurare a suo carico una responsabilità “da contatto” oppure di natura precontrattuale, non può farsi riferimento all’art. 1227 c.c. essendo tale disposizione riferibile solo alle obbligazioni di carattere risarcitorio e non a quelle (anche di contenuto pecuniario) di natura sanzionatoria, come nel caso in esame.
Pur in presenza di un contratto di garanzia cosiddetta autonoma, con il quale il garante si obbliga ad eseguire la prestazione oggetto della garanzia “a semplice richiesta” del creditore garantito, senza opporre eccezioni attinenti alla validità, all’efficacia ed alla vicenda del rapporto principale, anche in questa ipotesi il meccanismo dell’adempimento del garante “a prima richiesta” scatta a seguito dell’inadempimento dell’obbligazione principale, ancorché resti vietato al garante di chiedere la preventiva escussione del debitore principale (Cass. 18.11.1992 n. 12341, 03.11.1993 n. 10850, 17.05.2001 n. 6757).
D’altronde, neppure con riguardo al regime ordinario delle obbligazioni tra privati sarebbe pertinente il richiamo all’art. 1227 cod. civ.. Infatti, l’onere di diligenza che questa norma fa gravare sul creditore non si estende alla sollecitudine nell’agire a tutela del proprio credito onde evitare maggiori danni, i quali viceversa sono da imputare esclusivamente alla condotta del debitore, tenuto al tempestivo adempimento della sua obbligazione (v. Corte cost. n. 308 del 14.07.1999).
Inoltre, non è dato ravvisare nel sistema di cui agli artt. 1936 ss. cod. civ. alcun principio di preventiva doverosa escussione del fideiussore alla scadenza del termine fissato per l’adempimento dell’obbligazione garantita, che peraltro colliderebbe con le finalità dell’istituto, inteso a rafforzare la garanzia del credito in funzione di un interesse proprio e specifico del creditore.
In materia di obbligazioni “portable”, quali quelle pecuniarie, e con termine di adempimento che esonera dalla costituzione in mora del debitore, il creditore è soltanto facultato ad attivare la solidale responsabilità del fideiussore, senza che possa invece ritenersi tenuto ad escutere il coobbligato piuttosto che attendere il pagamento, ancorché tardivo, salva l’esistenza di apposita clausola in tal senso (che dovrebbe essere accettata dall’Amministrazione), nella specie non prevista. L’impostazione seguita dalla ricorrente, del resto, porterebbe, in caso di prestazione di garanzia, ad una generalizzata inapplicabilità dell’art. 42, comma 4, del d.P.R. n. 380/2001.
III.3. Occorre precisare che il Collegio, nel dare continuità al riferito orientamento giurisprudenziale, è comunque consapevole di un indirizzo minoritario che ha talvolta affermato che l’amministrazione ha il dovere di non aggravare la posizione del debitore, ai sensi dell’art. 1227 cod. civ.: cfr. Cons. St., sez. I, parere n. 2366/2013; sez. IV, sent. n. 1357/2011 e sez. V, nn. 505/2003 e 32/2003).
III.4. In definitiva, non può condividersi l’asserzione fatta in sentenza relativa alla censurabilità del comportamento del Comune sotto il profilo della “ingiustificata inerzia” (la quale tra, l’altro, non sarebbe comunque predicabile con riferimento alla II rata, non avendo la ricorrente comunicato per tempo la realizzazione del “tetto” della nuova costruzione assentita).
Gli argomenti sopra svolti escludono anche che la previa prestazione di garanzia possa avere effetto “riduttivi”, sotto il profilo del quantum, della sanzione, autorizzando comportamenti ulteriormente dilatori dell’obbligato. E’ legittima, dunque, anche la misura di cui all’art. 42, comma 2, lett. c), DPR 380/2001 (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 22.04.2015 n. 1005 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2014

EDILIZIA PRIVATALa costituzione di un rapporto fideiussorio a garanzia del pagamento del contributo, per il rilascio del permesso di costruire, non radica in capo all'amministrazione comunale il dovere di esigere l'adempimento dal fideiussore preventivamente all'applicazione delle sanzioni pecuniarie ex art. 42, comma 2, d.P.R. 06.06.2001, n. 380.
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Le sanzioni ex art. 42 dpr 380/2001 sono una conseguenza legale ed automatica del ritardo nell'adempimento, che esula dalla conoscenza dell'interessato e opera senza che l'amministrazione creditrice abbia l’onere di preavviso né necessità di preventiva messa in mora dell'obbligato.

In secondo luogo, occorre richiamare la condivisibile giurisprudenza secondo cui la costituzione di un rapporto fideiussorio a garanzia del pagamento del contributo, per il rilascio del permesso di costruire, non radica in capo all'amministrazione comunale il dovere di esigere l'adempimento dal fideiussore preventivamente all'applicazione delle sanzioni pecuniarie ex art. 42, comma 2, d.P.R. 06.06.2001, n. 380 (TAR Campania–Napoli, Sez. VIII, 12.01.2012, n. 108; TAR Lombardia–Milano, Sez. II, 21.07.2009, n. 4405; sul previgente art. 3 l. 28.02.1985, n. 47, cfr. anche Cons. Stato, Sez. IV, 17.02.2014).
Ciò posto, ai sensi dell’art. 42 d.P.R. 06.06.2001, n. 380, il mancato versamento, nei termini stabiliti, del contributo di costruzione comporta: a) l'aumento del contributo in misura pari al 10 per cento qualora il versamento del contributo sia effettuato nei successivi centoventi giorni; b) l'aumento del contributo in misura pari al 20 per cento quando, superato il termine di cui alla lettera a), il ritardo si protrae non oltre i successivi sessanta giorni; c) l'aumento del contributo in misura pari al 40 per cento quando, superato il termine di cui alla lettera b), il ritardo si protrae non oltre i successivi sessanta giorni.
Tali sanzioni sono una conseguenza legale ed automatica del ritardo nell'adempimento, che esula dalla conoscenza dell'interessato e opera senza che l'amministrazione creditrice abbia l’onere di preavviso né necessità di preventiva messa in mora dell'obbligato (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 17.03.2014, n. 1326; Cons. Stato, Sez. IV, 17.02.2014, n. 731).
La società ricorrente sostiene, però, che nel caso di specie le sanzioni non sarebbero applicabili, in considerazione dell’errore commesso dal Comune di Cosenza nella determinazione del contributo di concessione. In sostanza, il suo inadempimento all’obbligo di corrispondere il contributo de quo sarebbe una legittima reazione avverso l’illegittimità commessa dall’amministrazione pubblica.
Va però ricordato che il vigente ordinamento esclude che il privato possa far valere da sé le proprie ragioni, salvi i casi espressamente previsti dalla legge (ad esempio, nell’ambito contrattualistico, l’eccezione inadimplenti non est adimplendum di cui all’art. 1460 c.c.; o il diritto di ritenzione accordato al possessore di buona fede dall’art. 1152 c.c.; o, ancora, i poteri autoritativi riconosciuti dall’art. 823 c.c. alle amministrazioni pubbliche a tutela dei beni demaniali).
Nel caso in esame, nessuna norma autorizza l’autotutela del privato, mercé la sospensione dei pagamenti delle rate del contributo di costruzione, sicché tale sospensione, messa in pratica dalla ricorrente, configura condotta illecita, tale da comportare l’applicazione delle sanzioni di cui all’art. 42 d.P.R. 06.06.2014, n. 380, da computarsi –come ha fatto il Comune di Cosenza- sulle somme effettivamente dovute.
E’ vero, peraltro, che la G.M.P. S.r.l. si è rivola a questo Tribunale Amministrativo Regionale, per far accertare l’errore di calcolo riscontrato. Ma ciò è avvenuto solo in data 04.04.2014, dopo la notifica, da parte del Comune di Cosenza, dell’ordinanza ingiunzione, allorché erano decorsi più di 240 giorni dal termine per il pagamento di tutte le rate ancora non corrisposte dalla G.M.P.
Non può dunque ritenersi che l’inadempimento da parte della società ricorrente, che già prima della proposizione del ricorso giurisdizionale aveva assunto le dimensioni temporali cui l’art. 42 citato ancora l’applicazione di sanzioni amministrative, sia in qualche modo giustificato.
La G.M.P. S.r.l. ha poi sottolineato di aver corrisposto, in data 30.01.2014, la somma di € 10.000,00, a titolo di acconto sulla quarta rate della quota di contributo di costruzione costituita dagli oneri di urbanizzazione; ciò dovrebbe comportare che la sanzione per il ritardato pagamento degli stessi non debba essere computata sull’intero ammontare della rata (€ 20.236,08), ma solo sulla residua somma (€ 10.236.08).
Tale osservazione, però, non coglie nel segno, atteso che il pagamento è avvenuto solo in data 30.01.2014, allorché era scaduto da oltre 240 giorni il termine per il pagamento della quarta rata della quota del contributo di costruzione costituita dagli oneri di urbanizzazione (TAR Calabria-Catanzaro, Sez. II, sentenza 04.12.2014 n. 2096 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa questione relativa a somme dovute a titolo di oneri concessori involge questioni di diritto soggettivo, rispetto alle quali opera il termine ordinario (decennale) di prescrizione che decorre non già dalla data di presentazione della domanda ma da quella, successiva, di rilascio del titolo.
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Per quanto riguarda il regime della prescrizione delle sanzioni per ritardato pagamento degli oneri concessori, il consolidato e persuasivo orientamento della giurisprudenza amministrativa è concorde nell’affermare che il termine di prescrizione della sanzione irrogata per ritardato pagamento del contributo dovuto per gli oneri di urbanizzazione e per il costo di costruzione, in mancanza di una diversa disciplina legale, è di cinque anni in applicazione della normativa dettata dall’art. 28 della legge n. 689 del 1981, la quale è estesa dall’art. 12 della stessa legge a “tutte le violazioni per le quali è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro, anche quando questa sanzione non è prevista in sostituzione di una sanzione penale”.
Ed invero, il suddetto art. 28, che fissa in cinque anni il termine di prescrizione del diritto a riscuotere le somme dovute, in virtù della disposta estensione prevista dall’art. 12 della stessa legge, si applica a tutte le sanzioni amministrative di tipo afflittivo, tra le quali deve essere ricompresa quella conseguente al ritardato od omesso versamento dei contributi afferenti la concessione edilizia (oggi, permesso di costruire), atteso che l’irrogazione della stessa, essendo volta a sanzionare la non puntuale osservanza dell’obbligo contributivo, presenta di certo carattere afflittivo, e ciò la prefigura svincolata da ogni forma di protezione diretta dell’interesse di natura urbanistica.
Sempre a norma del citato art. 28, il “..diritto a riscuotere le somme dovute per le violazioni indicate dalla presente legge si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione…”.
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Secondo il maggioritario orientamento, l'esistenza di una garanzia fideiussoria non comporta per l'Amministrazione comunale il dovere di chiedere l'adempimento al fideiussore prima di poter irrogare le sanzioni per omesso o ritardato pagamento dei contributi concessori; tale dovere non può farsi discendere neanche dal richiamo all'art. 1227 c.c., che è disposizione riferibile alle sole obbligazioni di natura risarcitoria, e non anche a quelle (anche di contenuto pecuniario) di natura sanzionatoria, come è quella in esame.
Peraltro, sussiste tuttora un diverso orientamento, seguito dai TAR e da una parte di questo Consiglio, secondo cui le previsioni legislative di sanzioni per il ritardato pagamento degli oneri concessori si giustificano con la necessità, per l'ente locale, di disporre tempestivamente delle somme spettanti, atteso l'interesse pubblico alla celere realizzazione e completamento delle opere di urbanizzazione; la scelta del Comune di non incamerare la fideiussione tempestivamente si pone, pertanto, in contrasto con l'esigenza di una celere acquisizione della disponibilità delle somme e determina nel contempo un ingiustificato aggravamento della posizione del debitore.
Per questo secondo orientamento, tale scelta del Comune finirebbe per ledere il principio di correttezza e buona fede, tenuto conto che al privato è stato imposto un onere finanziario (costo della polizza) per una finalità (certezza di tempi nella disponibilità della somma) che l'Ente pubblico, per scelta non aderente alla funzione della disposizione normativa, abbandona per perseguire, nella sostanza, una finalità secondaria (ottenere una consistente maggior somma) a danno del privato, il quale presumibilmente non adempie nei termini per temporanei problemi di liquidità, tenuto conto che l'obbligazione di pagamento non viene meno, ma cambia soltanto il soggetto creditore (da Comune ad assicurazione), con l'aggravio del pagamento degli interessi convenuti in polizza.
Pertanto, la sanzione scaturente dalla applicazione dell'art. 3, l. n. 47 del 1985, è regolata da tutte le disposizioni di principio in materia di obbligazioni e in particolare dal principio secondo il quale il creditore ha il dovere di cooperare con il debitore per il puntuale adempimento dell'obbligazione.
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E' evidente, da un lato, che la sanzione costituisce conseguenza automatica del ritardato pagamento.
Tuttavia, dall’altro, valorizzando il principio di leale collaborazione tra cittadino e Comune, che ha valenza pubblicistica e rientra nell’ambito dei principi di imparzialità di cui all’art. 97 Cost.,, è evidente che il Comune avrebbe dovuto comunque attivarsi prontamente per escutere il fideiussore, atteso che la fideiussione conteneva anche un obbligo di reintegrare la stessa, qualora essa fosse stata utilizzata in tutto o in parte a seguito di eventuali inadempienze e sanzioni… e atteso che la stessa non condizionava affatto il pagamento del debito garantito alla previa escussione del contraente.
Infatti, in relazione alla particolarità della fattispecie, si ritiene contrario al dovere di correttezza (che civilisticamente è riconducibile nella fattispecie normativa di cui all'art. 1175 c.c. e pubblicisticamente rientra nell’ambito del principio onnicomprensivo di imparzialità di cui al citato art. 97 Cost.) il comportamento dell'Amministrazione comunale che si sia avvalsa del disposto dell'art. 3 l. n. 47/1985, pur in presenza di polizza fideiussoria prodotta dal titolare all'atto del rilascio della concessione edilizia e agendo con notevole ritardo per ottenere il pagamento della sanzione per l’intero (lett. c) dell’art. 3 l. 47/1985 cit.).
Tanto più, come già detto, che le previsioni legislative di sanzioni per il ritardato pagamento degli oneri concessori si giustificano con la necessità, per l'ente locale, di disporre tempestivamente delle somme spettanti, atteso l'interesse pubblico alla celere realizzazione e completamento delle opere di urbanizzazione.
Il ritardo con cui il Comune ha proceduto alla richiesta di pagamento e l’assenza di qualsivoglia tentativo di escussione della fideiussione, comportano, all’evidenza, una violazione del dovere di correttezza che avrebbe dovuto improntare il comportamento dell'Amministrazione comunale, in considerazione del fatto che l’Amministrazione non è un soggetto che agisce per massimizzare il suo profitto (il che potrebbe giustificare l’opzione di applicare soltanto le sanzioni per massimizzare gli introiti), ma è un soggetto che agisce per realizzare nel modo migliore possibile un interesse pubblico che le è stato affidato dalla legge e che consiste, appunto, nella celere realizzazione delle opere di urbanizzazione (e, quindi, nella pronta disponibilità delle somme ad esse relative).
Pertanto, in presenza di una fideiussione, come quella descritta, il rilevante ritardo (come quello di specie) con cui il Comune agisce per riscuotere le somme a titolo di oneri di urbanizzazione dovuti, se non può impedire del tutto l’applicazione delle sanzioni, atteso il loro carattere automatico, scaturente dal disposto di cui all’art. 3 l. 47/1985 cit., impedisce tuttavia l’applicazione delle sanzioni massime (lett. b e c dell’anzidetto art. 3).
Conseguentemente, nel caso in esame, appare compatibile con l’interesse pubblico azionato, con il tenore della norma e con i principi costituzionali di buona fede che ispirano i rapporti tra cittadino e P.A. la riscossione della sanzione soltanto nella limitata misura di cui alla lett. a), mentre le maggiori sanzioni sono da ritenersi illegittime, poiché verosimilmente, escutendo la fideiussione, il Comune avrebbe ottenuto la somma e non avrebbe potuto quindi applicare alcuna ulteriore sanzione.

... per l'accertamento della non fondatezza della pretesa del Comune di Iglesias al pagamento, da parte della società ricorrente, di quanto richiesto a titolo di sanzioni ed altro per il ritardato versamento degli oneri concessori dalla stessa dovuti per il rilascio in suo favore delle concessioni edilizie n. 113 del 06.05.2003 e n. 93 del 28.07.2008;
...
Ancorché proposta per ultima e formulata in termini meramente enunciativi, occorre esaminare in via preliminare l’eccezione di prescrizione sollevata dalla ricorrente sia in relazione alle sanzioni applicate sia per quanto riguarda i mancati pretesi pagamenti.
L’eccezione è infondata.
Come detto le ordinanze ingiuntive da cui è scaturito il ricorso in esame conseguono al rilascio in favore della società ricorrente di due concessioni edilizie relative alla realizzazione di fabbricati ad uso residenziale.
La più risalente è la n. 113 del 06.05.2003.
Quanto alle somme richieste a titolo di oneri non pagati è sufficiente rilevare che la questione relativa a somme dovute a titolo di oneri concessori involge questioni di diritto soggettivo, rispetto alle quali opera il termine ordinario di prescrizione che decorre non già dalla data di presentazione della domanda ma da quella, successiva, di rilascio del titolo.
Rispetto al predetto termine decennale, dunque, le ordinanze impugnate, entrambe notificate il 12.12.2012 sono dunque tempestive.
Per quanto riguarda il regime della prescrizione delle sanzioni per ritardato pagamento degli oneri concessori, il consolidato e persuasivo orientamento della giurisprudenza amministrativa (cfr., tra le altre, TAR Sardegna, Sez. II, n. 258/2009; idem n. 70/2008) è concorde nell’affermare che il termine di prescrizione della sanzione irrogata per ritardato pagamento del contributo dovuto per gli oneri di urbanizzazione e per il costo di costruzione, in mancanza di una diversa disciplina legale, è di cinque anni in applicazione della normativa dettata dall’art. 28 della legge n. 689 del 1981, la quale è estesa dall’art. 12 della stessa legge a “tutte le violazioni per le quali è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro, anche quando questa sanzione non è prevista in sostituzione di una sanzione penale”.
Ed invero, il suddetto art. 28, che fissa in cinque anni il termine di prescrizione del diritto a riscuotere le somme dovute, in virtù della disposta estensione prevista dall’art. 12 della stessa legge, si applica a tutte le sanzioni amministrative di tipo afflittivo, tra le quali deve essere ricompresa quella conseguente al ritardato od omesso versamento dei contributi afferenti la concessione edilizia (oggi, permesso di costruire), atteso che l’irrogazione della stessa, essendo volta a sanzionare la non puntuale osservanza dell’obbligo contributivo, presenta di certo carattere afflittivo, e ciò la prefigura svincolata da ogni forma di protezione diretta dell’interesse di natura urbanistica.
Sempre a norma del citato art. 28, il “..diritto a riscuotere le somme dovute per le violazioni indicate dalla presente legge si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione…”.
Orbene, mentre con riguardo alla concessione n. 93/2008 è pacifico che la richiesta comunale sia intervenuta prima del decorso del termine di prescrizione quinquennale, con riguardo alla concessione n. 113/2003 il Collegio rileva che sono intervenute due richieste di pagamento (la prima notificata il 24.11.2007 e la seconda il 30.09.2009) interruttive del decorso del termine di prescrizione, che pertanto riprendendo a decorrere dal 30.09.2009, non era ancora maturato al 12.12.2012, data di notifica dell’ordinanza oggi contestata.
Di qui la reiezione, sotto entrambi i profili (oneri e sanzioni), dell’eccezione di prescrizione.
Nel merito il Collegio, che ben conosce le oscillazioni giurisprudenziali che hanno caratterizzato la materia in esame, ritiene condivisibili le argomentazioni di cui alla recentissima sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, n. 5734 del 21.11.2014 che, per quanto qui rileva, è opportuno riportare integralmente: “Rileva il Collegio che, secondo il maggioritario orientamento seguito da questo Consiglio, l'esistenza di una garanzia fideiussoria non comporta per l'Amministrazione comunale il dovere di chiedere l'adempimento al fideiussore prima di poter irrogare le sanzioni per omesso o ritardato pagamento dei contributi concessori; tale dovere non può farsi discendere neanche dal richiamo all'art. 1227 c.c., che è disposizione riferibile alle sole obbligazioni di natura risarcitoria, e non anche a quelle (anche di contenuto pecuniario) di natura sanzionatoria, come è quella in esame (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 19.11.2012, n. 5818; Consiglio di Stato, sez. IV, 30.07.2012, n. 4320; Consiglio di Stato, sez. V, 24.03.2005, n. 1250; Consiglio di Stato, sez. V, 11.11.2005, n. 6345; Consiglio di Stato, sez. V, 16.07.2007, n. 4025).
Peraltro, il Collegio osserva che sussiste tuttora un diverso orientamento, seguito dai TAR e da una parte di questo Consiglio, secondo cui le previsioni legislative di sanzioni per il ritardato pagamento degli oneri concessori si giustificano con la necessità, per l'ente locale, di disporre tempestivamente delle somme spettanti, atteso l'interesse pubblico alla celere realizzazione e completamento delle opere di urbanizzazione; la scelta del Comune di non incamerare la fideiussione tempestivamente si pone, pertanto, in contrasto con l'esigenza di una celere acquisizione della disponibilità delle somme e determina nel contempo un ingiustificato aggravamento della posizione del debitore.
Per questo secondo orientamento, tale scelta del Comune finirebbe per ledere il principio di correttezza e buona fede, tenuto conto che al privato è stato imposto un onere finanziario (costo della polizza) per una finalità (certezza di tempi nella disponibilità della somma) che l'Ente pubblico, per scelta non aderente alla funzione della disposizione normativa, abbandona per perseguire, nella sostanza, una finalità secondaria (ottenere una consistente maggior somma) a danno del privato, il quale presumibilmente non adempie nei termini per temporanei problemi di liquidità, tenuto conto che l'obbligazione di pagamento non viene meno, ma cambia soltanto il soggetto creditore (da Comune ad assicurazione), con l'aggravio del pagamento degli interessi convenuti in polizza (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 10.01.2003, n. 32).
Pertanto, la sanzione scaturente dalla applicazione dell'art. 3, l. n. 47 del 1985, è regolata da tutte le disposizioni di principio in materia di obbligazioni e in particolare dal principio secondo il quale il creditore ha il dovere di cooperare con il debitore per il puntuale adempimento dell'obbligazione (cfr., cit. Consiglio di Stato, sez. V, 10.01.2003, n. 32 e Consiglio di Stato, sez. I, 17.05.2013, n. 11663)…
”.
Atteso il ritardo maturato dalla società ricorrente nel pagamento degli oneri concessori come puntualmente enunciato nei provvedimenti sopra menzionati, deve dunque applicarsi la sanzione di cui l’art. 19 della legge regionale n. 23/1985, rubricato “Ritardato o omesso versamento del contributo” recita testualmente (per quanto qui interessa): “1. Il mancato versamento, nei termini di legge, del contributo di concessione di cui agli artt. 3, 5, 6 e 10 della L. 28.01.1977, n. 10, comporta:
a) l'aumento del contributo in misura pari al 20%, qualora il versamento sia effettuato nei successivi 120 giorni;
b) l'aumento del contributo in misura pari al 50%, qualora il versamento sia effettuato nei 60 giorni successivi al termine di cui alla lett. a);
c) l'aumento del contributo in misura pari al 100%, qualora il versamento sia effettuato nei 60 giorni successivi al termine di cui alla lett. b) …
”.
Prosegue il giudice d’appello nella menzionata sentenza n. n. 5734 del 21.11.2014: “…è evidente, da un lato, che la sanzione …costituisce conseguenza automatica del ritardato pagamento.
Tuttavia, dall’altro, e in specifico nel caso in esame, valorizzando il principio di leale collaborazione tra cittadino e Comune, che ha valenza pubblicistica e rientra nell’ambito dei principi di imparzialità di cui all’art. 97 Cost.,, è evidente che il Comune avrebbe dovuto comunque attivarsi prontamente per escutere il fideiussore, atteso che la fideiussione conteneva anche un obbligo di reintegrare la stessa, qualora essa fosse stata utilizzata in tutto o in parte a seguito di eventuali inadempienze e sanzioni… e atteso che la stessa non condizionava affatto il pagamento del debito garantito alla previa escussione del contraente.
Infatti, in relazione alla particolarità della fattispecie, si ritiene contrario al dovere di correttezza (che civilisticamente è riconducibile nella fattispecie normativa di cui all'art. 1175 c.c. e pubblicisticamente rientra nell’ambito del principio onnicomprensivo di imparzialità di cui al citato art. 97 Cost.) il comportamento dell'Amministrazione comunale che si sia avvalsa del disposto dell'art. 3 l. n. 47/1985, pur in presenza di polizza fideiussoria prodotta dal titolare all'atto del rilascio della concessione edilizia e agendo con notevole ritardo per ottenere il pagamento della sanzione per l’intero (lett. c) dell’art. 3 l. 47/1985 cit.).
Tanto più, come già detto, che le previsioni legislative di sanzioni per il ritardato pagamento degli oneri concessori si giustificano con la necessità, per l'ente locale, di disporre tempestivamente delle somme spettanti, atteso l'interesse pubblico alla celere realizzazione e completamento delle opere di urbanizzazione.
Il ritardo con cui il Comune ha proceduto alla richiesta di pagamento e l’assenza di qualsivoglia tentativo di escussione della fideiussione, comportano, all’evidenza, una violazione del dovere di correttezza che avrebbe dovuto improntare il comportamento dell'Amministrazione comunale, in considerazione del fatto che l’Amministrazione non è un soggetto che agisce per massimizzare il suo profitto (il che potrebbe giustificare l’opzione di applicare soltanto le sanzioni per massimizzare gli introiti), ma è un soggetto che agisce per realizzare nel modo migliore possibile un interesse pubblico che le è stato affidato dalla legge e che consiste, appunto, nella celere realizzazione delle opere di urbanizzazione (e, quindi, nella pronta disponibilità delle somme ad esse relative).
Pertanto, in presenza di una fideiussione, come quella descritta, il rilevante ritardo (come quello di specie) con cui il Comune agisce per riscuotere le somme a titolo di oneri di urbanizzazione dovuti, se non può impedire del tutto l’applicazione delle sanzioni, atteso il loro carattere automatico, scaturente dal disposto di cui all’art. 3 l. 47/1985 cit., impedisce tuttavia l’applicazione delle sanzioni massime (lett. b e c dell’anzidetto art. 3).
Conseguentemente, nel caso in esame, appare compatibile con l’interesse pubblico azionato, con il tenore della norma e con i principi costituzionali di buona fede che ispirano i rapporti tra cittadino e P.A. la riscossione della sanzione soltanto nella limitata misura di cui alla lett. a), mentre le maggiori sanzioni sono da ritenersi illegittime, poiché verosimilmente, escutendo la fideiussione, il Comune avrebbe ottenuto la somma e non avrebbe potuto quindi applicare alcuna ulteriore sanzione...
” (TAR Sardegna, Sez. II, sentenza 11.12.2014 n. 1074 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Secondo il maggioritario orientamento seguito da questo Consiglio, l'esistenza di una garanzia fideiussoria non comporta per l'Amministrazione comunale il dovere di chiedere l'adempimento al fideiussore prima di poter irrogare le sanzioni per omesso o ritardato pagamento dei contributi concessori; tale dovere non può farsi discendere neanche dal richiamo all'art. 1227 c.c., che è disposizione riferibile alle sole obbligazioni di natura risarcitoria, e non anche a quelle (anche di contenuto pecuniario) di natura sanzionatoria, come è quella in esame.
Peraltro, il Collegio osserva che sussiste tuttora un diverso orientamento, seguito dai TAR e da una parte di questo Consiglio, secondo cui le previsioni legislative di sanzioni per il ritardato pagamento degli oneri concessori si giustificano con la necessità, per l'ente locale, di disporre tempestivamente delle somme spettanti, atteso l'interesse pubblico alla celere realizzazione e completamento delle opere di urbanizzazione; la scelta del Comune di non incamerare la fideiussione tempestivamente si pone, pertanto, in contrasto con l'esigenza di una celere acquisizione della disponibilità delle somme e determina nel contempo un ingiustificato aggravamento della posizione del debitore.
Per questo secondo orientamento, tale scelta del Comune finirebbe per ledere il principio di correttezza e buona fede, tenuto conto che al privato è stato imposto un onere finanziario (costo della polizza) per una finalità (certezza di tempi nella disponibilità della somma) che l'Ente pubblico, per scelta non aderente alla funzione della disposizione normativa, abbandona per perseguire, nella sostanza, una finalità secondaria (ottenere una consistente maggior somma) a danno del privato, il quale presumibilmente non adempie nei termini per temporanei problemi di liquidità, tenuto conto che l'obbligazione di pagamento non viene meno, ma cambia soltanto il soggetto creditore (da Comune ad assicurazione), con l'aggravio del pagamento degli interessi convenuti in polizza.
Pertanto, la sanzione scaturente dalla applicazione dell'art. 3, l. n. 47 del 1985, è regolata da tutte le disposizioni di principio in materia di obbligazioni e in particolare dal principio secondo il quale il creditore ha il dovere di cooperare con il debitore per il puntuale adempimento dell'obbligazione.

Rileva il Collegio che, secondo il maggioritario orientamento seguito da questo Consiglio, l'esistenza di una garanzia fideiussoria non comporta per l'Amministrazione comunale il dovere di chiedere l'adempimento al fideiussore prima di poter irrogare le sanzioni per omesso o ritardato pagamento dei contributi concessori; tale dovere non può farsi discendere neanche dal richiamo all'art. 1227 c.c., che è disposizione riferibile alle sole obbligazioni di natura risarcitoria, e non anche a quelle (anche di contenuto pecuniario) di natura sanzionatoria, come è quella in esame (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 19.11.2012, n. 5818; Consiglio di Stato, sez. IV, 30.07.2012, n. 4320; Consiglio di Stato, sez. V, 24.03.2005, n. 1250; Consiglio di Stato, sez. V, 11.11.2005, n. 6345; Consiglio di Stato, sez. V, 16.07.2007, n. 4025).
Peraltro, il Collegio osserva che sussiste tuttora un diverso orientamento, seguito dai TAR e da una parte di questo Consiglio, secondo cui le previsioni legislative di sanzioni per il ritardato pagamento degli oneri concessori si giustificano con la necessità, per l'ente locale, di disporre tempestivamente delle somme spettanti, atteso l'interesse pubblico alla celere realizzazione e completamento delle opere di urbanizzazione; la scelta del Comune di non incamerare la fideiussione tempestivamente si pone, pertanto, in contrasto con l'esigenza di una celere acquisizione della disponibilità delle somme e determina nel contempo un ingiustificato aggravamento della posizione del debitore.
Per questo secondo orientamento, tale scelta del Comune finirebbe per ledere il principio di correttezza e buona fede, tenuto conto che al privato è stato imposto un onere finanziario (costo della polizza) per una finalità (certezza di tempi nella disponibilità della somma) che l'Ente pubblico, per scelta non aderente alla funzione della disposizione normativa, abbandona per perseguire, nella sostanza, una finalità secondaria (ottenere una consistente maggior somma) a danno del privato, il quale presumibilmente non adempie nei termini per temporanei problemi di liquidità, tenuto conto che l'obbligazione di pagamento non viene meno, ma cambia soltanto il soggetto creditore (da Comune ad assicurazione), con l'aggravio del pagamento degli interessi convenuti in polizza (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 10.01.2003, n. 32).
Pertanto, la sanzione scaturente dalla applicazione dell'art. 3, l. n. 47 del 1985, è regolata da tutte le disposizioni di principio in materia di obbligazioni e in particolare dal principio secondo il quale il creditore ha il dovere di cooperare con il debitore per il puntuale adempimento dell'obbligazione (cfr., cit. Consiglio di Stato, sez. V, 10.01.2003, n. 32 e Consiglio di Stato, sez. I, 17.05.2013, n. 11663).
Nel caso di specie, alla data dell’emanazione del provvedimento impugnato del Comune di Collegno (26.04.1993), la quarta rata risultava scaduta da oltre 420 giorni; con detto provvedimento del 26.04.1993, dunque ad oltre un anno dalla scadenza della quarta rata, il Comune di Collegno ha intimato alla concessionaria il pagamento della somma complessiva di L. 496.620.000 a titolo di penale per il ritardo nel versamento della seconda, terza e quarta rata; peraltro, la seconda e terza rata sono state versate in data 14.02.1992, con un ritardo di circa un anno rispetto alle scadenze predeterminate.
Alla scadenza dei singoli termini previsti per il versamento dei ratei dovuti (seconda e terza rata pagati in ritardo), non era seguita alcuna iniziativa da parte del Comune appellante né nei confronti della Reale Mutua Assicurazioni, che aveva rilasciato la polizza fideiussoria n. 1013, in favore dell’odierno appellato, in data 12.07.1988, né nei confronti dell’odierna appellata.
Rileva il Collegio, che nel caso di specie si deve applicare la sanzione di cui all’art. 3 della l. 28.02.1985, n. 47, la quale prevede che “Il mancato versamento, nei termini di legge (…) comporta: a) l'aumento del contributo in misura pari al 20 per cento qualora il versamento del contributo sia effettuato nei successivi centoventi giorni; b) l'aumento del contributo in misura pari al 50 per cento quando, superato il termine di cui alla lettera a), il ritardo si protrae non oltre i successivi sessanta giorni; c) l'aumento del contributo in misura pari al 100 per cento quando, superato il termine di cui alla lettera b), il ritardo si protrae non oltre i successivi sessanta giorni”.
Pertanto, è evidente, da un lato, che la sanzione di cui all’art. 3 della l. 28.02.1985, n. 47 costituisce conseguenza automatica del ritardato pagamento.
Tuttavia, dall’altro, e in specifico nel caso in esame, valorizzando il principio di leale collaborazione tra cittadino e Comune, che ha valenza pubblicistica e rientra nell’ambito dei principi di imparzialità di cui all’art. 97 Cost., è evidente che il Comune avrebbe dovuto comunque attivarsi prontamente per escutere il fideiussore, atteso che la fideiussione conteneva anche un obbligo di reintegrare la stessa, qualora essa fosse stata utilizzata in tutto o in parte a seguito di eventuali inadempienze e sanzioni (art. 5 della polizza) e atteso che la stessa non condizionava affatto il pagamento del debito garantito alla previa escussione del contraente.
Infatti, in relazione alla particolarità della fattispecie, si ritiene contrario al dovere di correttezza (che civilisticamente è riconducibile nella fattispecie normativa di cui all'art. 1175 c.c. e pubblicisticamente rientra nell’ambito del principio onnicomprensivo di imparzialità di cui al citato art. 97 Cost.) il comportamento dell'Amministrazione comunale che si sia avvalsa del disposto dell'art. 3 l. n. 47/191985, pur in presenza di polizza fideiussoria prodotta dal titolare all'atto del rilascio della concessione edilizia e agendo con notevole ritardo per ottenere il pagamento della sanzione per l’intero (lett. c) dell’art. 3 l. 47/1985 cit.).
Tanto più, come già detto, che le previsioni legislative di sanzioni per il ritardato pagamento degli oneri concessori si giustificano con la necessità, per l'ente locale, di disporre tempestivamente delle somme spettanti, atteso l'interesse pubblico alla celere realizzazione e completamento delle opere di urbanizzazione.
Il ritardo con cui il Comune ha proceduto alla richiesta di pagamento e l’assenza di qualsivoglia tentativo di escussione della fideiussione, comportano, all’evidenza, una violazione del dovere di correttezza che avrebbe dovuto improntare il comportamento dell'Amministrazione comunale, in considerazione del fatto che l’Amministrazione non è un soggetto che agisce per massimizzare il suo profitto (il che potrebbe giustificare l’opzione di applicare soltanto le sanzioni per massimizzare gli introiti), ma è un soggetto che agisce per realizzare nel modo migliore possibile un interesse pubblico che le è stato affidato dalla legge e che consiste, appunto, nella celere realizzazione delle opere di urbanizzazione (e, quindi, nella pronta disponibilità delle somme ad esse relative).
Pertanto, in presenza di una fideiussione, come quella descritta, il rilevante ritardo (come quello di specie) con cui il Comune agisce per riscuotere le somme a titolo di oneri di urbanizzazione dovuti, se non può impedire del tutto l’applicazione delle sanzioni, atteso il loro carattere automatico, scaturente dal disposto di cui all’art. 3 l. 47/1985 cit., impedisce tuttavia l’applicazione delle sanzioni massime (lett. b e c dell’anzidetto art. 3).
Conseguentemente, nel caso in esame, appare compatibile con l’interesse pubblico azionato, con il tenore della norma e con i principi costituzionali di buona fede che ispirano i rapporti tra cittadino e P.A. la riscossione della sanzione soltanto nella limitata misura di cui alla lett. a), mentre le maggiori sanzioni sono da ritenersi illegittime, poiché verosimilmente, escutendo la fideiussione, il Comune avrebbe ottenuto la somma e non avrebbe potuto quindi applicare alcuna ulteriore sanzione.
Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello può essere accolto soltanto in parte, nei sensi sopra precisati e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata deve ritenersi che la sanzione sia escutibile soltanto nel minimo, indicato dalla lett. a) dell’art. 3 l. 47/1985 (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 21.11.2014 n. 5734 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Ritiene il Collegio di condividere l’indirizzo maggioritario della giurisprudenza secondo cui, per le sanzioni per ritardato pagamento degli oneri concessori, trova applicazione l'art. 28, L. n. 689/1981 che fissa in cinque anni il termine di prescrizione del diritto a riscuotere le somme di denaro dovute a tale titolo volte a colpire l'inesatta osservanza di un obbligo contributivo posto a carico del concessionario e non correlate in via immediata alla protezione di un interesse urbanistico ambientale.
Non a caso la Corte dei Conti ha chiarito che in ipotesi di ritardata riscossione dei contributi in questione non è configurabile un danno per mancata esazione di interessi e rivalutazione monetaria sui contributi stessi, proprio perché la conseguenza del ritardo è sanzionata dalle specifiche sanzioni amministrative pecuniarie di cui al citato art. 3 l. 47/1985.
Ed invero, il suddetto art. 28, che fissa in cinque anni il termine di prescrizione del diritto a riscuotere le somme dovute, in virtù della disposta estensione prevista dall'art. 12 della stessa legge, si applica a tutte le sanzioni amministrative di tipo afflittivo, tra le quali deve essere ricompresa anche quella conseguente al ritardato od omesso versamento dei contributi afferenti la concessione edilizia (oggi, permesso di costruire), atteso che l'irrogazione della stessa, essendo volta a sanzionare la non puntuale osservanza dell'obbligo contributivo, presenta di certo carattere afflittivo, e ciò la prefigura svincolata da ogni forma di protezione diretta dell'interesse di natura urbanistica.
Pertanto, a norma dell’art. 28 della legge n. 689 cit. il "...diritto a riscuotere le somme dovute per le violazioni indicate dalla presente legge si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione".

L’eccezione è fondata limitatamente all’intervenuta prescrizione estintiva del credito relativo al pagamento della sanzione amministrativa pari al 100% della somma ingiunta per il ritardato pagamento irrogata ai sensi dell’art. 42 del d.p.r. n. 380/2001.
Con riferimento al termine di prescrizione applicabile, non v’è dubbio che la misura rivesta natura sanzionatoria tenuto conto dell’afflittività della medesima nonché della progressività percentuale stabilita dalla legge in misura decisamente esuberante rispetto al tasso degli interessi moratori, e direttamente proporzionale al ritardo accumulato dal debitore, fino al limite massimo del 100% del contributo di costruzione nella versione di cui all’art. 3 della legge n. 47/1985, ridotta al 40% nella formulazione di cui all’art. 42 del d.p.r. n. 380/2001.
Stante la natura sanzionatoria della misura in questione ritiene il Collegio di condividere l’indirizzo maggioritario della giurisprudenza secondo cui, per le sanzioni per ritardato pagamento degli oneri concessori, trova applicazione l'art. 28, L. n. 689/1981 che fissa in cinque anni il termine di prescrizione del diritto a riscuotere le somme di denaro dovute a tale titolo volte a colpire l'inesatta osservanza di un obbligo contributivo posto a carico del concessionario e non correlate in via immediata alla protezione di un interesse urbanistico ambientale. Non a caso la Corte dei Conti ha chiarito che in ipotesi di ritardata riscossione dei contributi in questione non è configurabile un danno per mancata esazione di interessi e rivalutazione monetaria sui contributi stessi, proprio perché la conseguenza del ritardo è sanzionata dalle specifiche sanzioni amministrative pecuniarie di cui al citato art. 3 l. 47/1985 (Corte conti, Sez. giur. Calabria, 14.05.1993, n. 20).
Ed invero, il suddetto art. 28, che fissa in cinque anni il termine di prescrizione del diritto a riscuotere le somme dovute, in virtù della disposta estensione prevista dall'art. 12 della stessa legge, si applica a tutte le sanzioni amministrative di tipo afflittivo, tra le quali deve essere ricompresa anche quella conseguente al ritardato od omesso versamento dei contributi afferenti la concessione edilizia (oggi, permesso di costruire), atteso che l'irrogazione della stessa, essendo volta a sanzionare la non puntuale osservanza dell'obbligo contributivo, presenta di certo carattere afflittivo, e ciò la prefigura svincolata da ogni forma di protezione diretta dell'interesse di natura urbanistica (cfr. Tar Napoli sez. I n. 2394 del 25.03.2009; Tar Campania Salerno, II, n. 552 del 16.01.2014; Tar Campania Salerno 22.04.2005, n. 647; TAR Lombardia-Milano n. 7719 del 12.12.2000; TAR Abruzzo-L’Aquila n. 159 del 10.04.2000; TAR Puglia-Bari n. 680 del 24.06.1999; TAR Puglia-Bari n. 634 del 09.10.1996; TAR Puglia-Lecce n. 670 del 07.11.1991 Tar Calabria Catanzaro, sez. I, 14.04.2011, n. 522; Cass. Civ. sez. I 06.11.2006 n. 23633; Tar Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 13.07.2012 n. 2002; TAR Liguria, Sez. I, sentenza 01.02.2012 n. 237; TAR Cagliari, sent. n. 70/2008; TAR Catanzaro, sent. n. 1514/2001; TAR Catania, sent. n. 701/2006).
Pertanto, a norma dell’art. 28 della legge n. 689 cit. il "...diritto a riscuotere le somme dovute per le violazioni indicate dalla presente legge si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione" (cfr., in proposito, C.d.S., VI, 15.11.2004, n. 7405; C.d.S., IV, 04.02.2004, n. 395; e C.d.S., IV, 06.10.2003, n. 5875).
Sicché, la violazione in esame viene a coincidere con l’inadempimento all’obbligo di corrispondere il pagamento del contributo di costruzione in argomento, che, secondo le previsioni di cui all’art. 3 della legge n. 47/1985 applicata ratione temporis, presuppone un ritardo superiore a 240 giorni per il caso di sanzione applicata nella misura del 100% dell’importo dovuto.
A sua volta l’art. 11, comma 2, della legge n. 10/1977 (poi riprodotto dall’art. 16, comma 3, del d.p.r. n. 380/2001) stabilisce che la quota di contributo di cui al precedente articolo 6, ossia quella relativa al costo di costruzione, è determinata all'atto del rilascio della concessione ed è corrisposta in corso d'opera con le modalità e le garanzie stabilite dal comune e, comunque, non oltre sessanta giorni dalla ultimazione delle opere.
Nella specie si è innanzi chiarito che all’atto del rilascio della concessione edilizia il Comune si è riservato di quantificare in un momento successivo l’ammontare del costo di costruzione e, dagli atti risulta che, con la richiesta di pagamento notificata alla società ricorrente in data 11.02.1997 il Comune ha richiesto il pagamento dell’importo del contributo commisurato all’incidenza del costo di costruzione dell’intervento, stabilendo che l’importo doveva essere quantificato tenendo conto delle tabelle di cui al d.m. 10.05.1977 e della delibera di Giunta Municipale n. 475 del 23.11.1995, e che l’importo poteva essere rateizzato in sei rate semestrali pagando la prima rata entro 60 giorni dal ricevimento della intimazione medesima
(TAR Campania-Napoli, Sez. VIII, sentenza 16.04.2014 n. 2170 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAL'applicazione della sanzione pecuniaria di cui all'art. 3, comma 2, lett. a), L. n. 47/1985, nel caso di ritardato pagamento degli oneri di urbanizzazione, non deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio del relativo procedimento, trattandosi dell'applicazione ex lege di una sanzione pecuniaria connessa al ritardato pagamento del contributo dovuto per il rilascio di una concessione edilizia.
--------------
Ai fini dell’insorgenza dell’obbligo di pagamento di una sanzione pecuniaria (e, più in generale, di una somma di denaro della quale si è debitori nei confronti della P.A., quali i contributi concessori dovuti), non è necessaria la previa notificazione della sentenza che conclude il giudizio in cui si controverte della legittimità degli atti relativi alla determinazione delle obbligazioni del privato.
Infatti, in tale giudizio è l’atto amministrativo, assistito da presunzione di legittimità, ad essere oggetto di impugnazione, con la conseguenza che il giudizio che si conclude con la reiezione del ricorso proposto avverso tale atto (la cui efficacia è stata eventualmente sospesa in corso di causa con l’adozione di misure cautelari), costituisce presupposto per la piena riespansione dell’efficacia dell’atto, oltre che di esclusione (nei limiti dei motivi di impugnazione proposti e rigettati) di profili di illegittimità del medesimo.
In definitiva, l’obbligo di pagamento previsto ex lege, consegue alla emanazione e notificazione dell’atto di determinazione del contributo (e la somma dovuta a titolo di sanzione pecuniaria all’inutile decorso del termine previsto per detto pagamento), non già alla conclusione del giudizio di impugnazione di detto atto. Ciò rende, dunque, del tutto irrilevante la intervenuta (o meno) conoscenza della sentenza (peraltro passata in giudicato per decorso del termine annuale, al momento di emanazione dell’atto di irrogazione della sanzione), né tali aspetti determinano un particolare obbligo di invio di comunicazione di avvio del procedimento sanzionatorio.
---------------
In materia di obbligazioni pecuniarie, il creditore è soltanto facultato ad attivare la solidale responsabilità del fideiussore, senza che possa invece ritenersi tenuto ad escutere il coobbligato piuttosto che attendere il pagamento, ancorché tardivo (salva l'esistenza di apposita clausola in tal senso).
Ne consegue che legittimamente l’amministrazione, nell'applicare la sanzione prevista dall'art. 3, comma 2, lett. a), L. n. 47/1985, per ritardato pagamento degli oneri di urbanizzazione, non ha proceduto, prima dell'applicazione delle sanzioni, alla preventiva richiesta alla banca garante, obbligatasi a pagare quanto dovuto dietro semplice richiesta scritta.

... per la riforma della sentenza del TAR LOMBARDIA-MILANO: SEZIONE II n. 1006/2005, resa tra le parti, concernente sanzione amministrativa per tardivo versamento oneri concess. per opere edilizie
...
L’appello del Comune di Milano è fondato e deve essere, pertanto, accolto, con conseguente riforma della sentenza impugnata.
Come riportato nella esposizione in fatto, il primo giudice ha accolto il ricorso proposto avverso l’atto di irrogazione di sanzione amministrativa pecuniaria per un triplice ordine di ragioni:
- in primo luogo, perché il Comune, emettendo due atti nei confronti del medesimo destinatario, avrebbe indotto comunque quest’ultimo in errore, palesando una evidente contraddittorietà dell’agire amministrativo;
- in secondo luogo, perché il Comune avrebbe dovuto rendere partecipe il privato dell’avvio del procedimento di determinazione ed irrogazione della sanzione ex art. 3 l. n. 47/1985, e ciò a maggior ragione perché ciò avveniva all’esito di un annoso giudizio e il Comune non aveva provveduto alla notifica della sentenza di definizione del medesimo;
- in terzo luogo, perché il Comune avrebbe dovuto attivarsi per tempo a richiedere al garante il pagamento delle somme dovute per effetto della garanzia prestata con polizza fideiussoria.
Questo Consiglio di Stato, sia pure nei limiti di delibazione propri della fase cautelare, ha già avuto modo di esaminare, in senso sostanzialmente negativo quanto alla loro fondatezza, i motivi di ricorso proposti in I grado, con ordinanza 29.07.2003 n. 3179.
L’art. 3 l. n. 47/1985 (successivamente abrogato dall’art. 136 d.lgs. n. 376/2001), prevede, con riguardo al “ritardato od omesso versamento del contributo afferente alla concessione”: “Le regioni determinano le sanzioni per il ritardato o mancato versamento del contributo di concessione in misura non inferiore a quanto previsto nel presente articolo e non superiore al doppio.
Il mancato versamento, nei termini di legge, del contributo di concessione di cui agli articoli 3, 5, 6 e 10, L. 28.01.1977, n. 10, comporta:
a) l'aumento del contributo in misura pari al 20 per cento qualora il versamento del contributo sia effettuato nei successivi centoventi giorni;
b) l'aumento del contributo in misura pari al 50 per cento quando, superato il termine di cui alla lettera a), il ritardo si protrae non oltre i successivi sessanta giorni;
c) l'aumento del contributo in misura pari al 100 per cento quando, superato il termine di cui alla lettera b), il ritardo si protrae non oltre i successivi sessanta giorni.
Le misure di cui alle lettere precedenti non si cumulano.
Nel caso di pagamento rateizzato le norme di cui al secondo comma si applicano ai ritardi nei pagamenti delle singole rate.
Decorso inutilmente il termine di cui alla lettera c) del secondo comma il comune provvede alla riscossione coattiva del complessivo credito nei modi previsti dall'art. 16 della presente legge.
Fino all'entrata in vigore delle leggi regionali che determineranno la misura delle sanzioni di cui al presente articolo, queste saranno applicate nelle misure indicate nel secondo comma
”.
L’ipotesi di cui al secondo comma, lett. c) è quella che ricorre, alla luce dell’atto impugnato, nel caso di specie.
La giurisprudenza amministrativa, che questo Collegio ritiene di condividere –peraltro richiamata anche nella sentenza impugnata– afferma che l'applicazione della sanzione pecuniaria di cui all'art. 3, comma 2, lett. a), L. n. 47/1985, nel caso di ritardato pagamento degli oneri di urbanizzazione, non deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio del relativo procedimento, trattandosi dell'applicazione ex lege di una sanzione pecuniaria connessa al ritardato pagamento del contributo dovuto per il rilascio di una concessione edilizia (Cons. Stato, sez. V, 16.07.2007 n. 4025).
Nel caso di specie, non rileva, al fine di giungere a conclusioni contrarie, né che la applicazione della sanzione pecuniaria intervenga all’esito di un annoso giudizio, né che il Comune non abbia provveduto a notificare la sentenza di definizione del citato giudizio.
Ed infatti, per un verso –come osservato dal Comune di Milano– “l’obbligo di pagamento degli oneri concessori entro i termini di legge era noto alla società ricorrente fin dal 1993”, posto che proprio gli atti con i quali era stato ingiunto il pagamento avevano formato oggetto di impugnazione; per altro verso, la società appellata era costituita nel giudizio conclusosi con la sentenza non notificata dal Comune di Milano.
Per altro verso ancora, e conclusivamente, occorre affermare che, ai fini dell’insorgenza dell’obbligo di pagamento di una sanzione pecuniaria (e, più in generale, di una somma di denaro della quale si è debitori nei confronti della P.A., quali i contributi concessori dovuti), non è necessaria la previa notificazione della sentenza che conclude il giudizio in cui si controverte della legittimità degli atti relativi alla determinazione delle obbligazioni del privato.
Infatti, in tale giudizio è l’atto amministrativo, assistito da presunzione di legittimità, ad essere oggetto di impugnazione, con la conseguenza che il giudizio che si conclude con la reiezione del ricorso proposto avverso tale atto (la cui efficacia è stata eventualmente sospesa in corso di causa con l’adozione di misure cautelari), costituisce presupposto per la piena riespansione dell’efficacia dell’atto, oltre che di esclusione (nei limiti dei motivi di impugnazione proposti e rigettati) di profili di illegittimità del medesimo.
In definitiva, l’obbligo di pagamento previsto ex lege, consegue alla emanazione e notificazione dell’atto di determinazione del contributo (e la somma dovuta a titolo di sanzione pecuniaria all’inutile decorso del termine previsto per detto pagamento), non già alla conclusione del giudizio di impugnazione di detto atto. Ciò rende, dunque, del tutto irrilevante la intervenuta (o meno) conoscenza della sentenza (peraltro passata in giudicato per decorso del termine annuale, al momento di emanazione dell’atto di irrogazione della sanzione), né tali aspetti determinano un particolare obbligo di invio di comunicazione di avvio del procedimento sanzionatorio.
Da quanto esposto, consegue l’accoglimento del secondo motivo di appello (sub b) dell’esposizione in fatto).
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Altrettanto fondato è il terzo motivo di appello (sub c) dell’esposizione in fatto), con il quale si censura la statuizione secondo la quale il Comune avrebbe dovuto attivarsi per tempo a richiedere al garante il pagamento delle somme dovute per effetto della garanzia prestata con polizza fideiussoria.
La giurisprudenza di questo Consiglio di Stato –cui il Collegio ritiene di aderire– ha già avuto modo di affermare che, in materia di obbligazioni pecuniarie, il creditore è soltanto facultato ad attivare la solidale responsabilità del fideiussore, senza che possa invece ritenersi tenuto ad escutere il coobbligato piuttosto che attendere il pagamento, ancorché tardivo (salva l'esistenza di apposita clausola in tal senso). Ne consegue che legittimamente l’amministrazione, nell'applicare la sanzione prevista dall'art. 3, comma 2, lett. a), L. n. 47/1985, per ritardato pagamento degli oneri di urbanizzazione, non ha proceduto, prima dell'applicazione delle sanzioni, alla preventiva richiesta alla banca garante, obbligatasi a pagare quanto dovuto dietro semplice richiesta scritta (Cons. Stato, sez. V, 16.07.2007 n. 4025; sez. IV, 10.08.2007 n. 4419).
D’altra parte, nel caso di specie si tratta di garanzia fideiussoria prestata in corso di giudizio a seguito di provvedimento cautelare del giudice, non già di fideiussione prestata ante causam a garanzia dell’adempimento della propria obbligazione pecuniaria.
Per tutte le ragioni sin qui esposte –escludendosi la necessità/opportunità di disporre la richiesta rimessione della causa all’Adunanza Plenaria– l’appello deve essere accolto, con conseguente riforma della sentenza impugnata e rigetto del ricorso instaurativo del giudizio di I grado (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 17.02.2014 n. 731 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: In materia di contributi derivanti dal rilascio di concessione edilizia sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e tale giurisdizione sussiste anche quando attiene alla richiesta, mediante cartella esattoriale, di pagamento del contributo per gli oneri di urbanizzazione e conseguenti sanzioni; sebbene, infatti, l'art. 16 della l. 28.01.1977 n. 10 sia stato abrogato dall'art. 136, comma 2, d.P.R. 06.06.2001, n. 380, a decorrere dal 30.06.2003, ai sensi dell'art. 3, d.l. 20.06.2002, n. 122, conv., con modificazioni, in l. 01.08.2002, n. 185, le controversie in materia di oneri di urbanizzazione devono ritenersi tuttora attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di urbanistica e di edilizia ai sensi dell'art. 34 d.lgs. n. 80 del 1998, non avendo tra l'altro detti oneri natura tributaria, bensì natura di corrispettivo di diritto pubblico avente la funzione di partecipazione ai costi delle opere di urbanizzazione.
Invero, atteso che le controversie che hanno ad oggetto la legittimità o meno del contributo relativo a concessione edilizia vertono sull'esistenza o sulla misura di una obbligazione direttamente stabilita dalla legge, l'atto con cui l'Amministrazione comunale provvede in merito alla determinazione del contributo concessorio non ha natura autoritativa e la posizione del soggetto nei cui confronti è richiesto il pagamento, è di diritto soggettivo e non di interesse legittimo;ì.
Conseguentemente la giurisdizione del giudice amministrativo in materia ha per oggetto tutte le controversie inerenti all'an e al quantum della pretesa contributiva del comune, (mentre la competenza dell'a.g.o. è limitata alle sole questioni inerenti all'esperibilità del recupero in executivis del credito contributivo); con l'ulteriore precisazione che oggi, dopo l'entrata in vigore dell'art. 7 della L. 21.07.2000, n. 207, tale giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo comprende anche i giudizi avverso l'ordinanza-ingiunzione emessa dal Comune ai sensi dell'art. 2 del r.d. 14.04.1910, n. 639.
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L'Amministrazione non ha l'obbligo, a fronte del ritardato pagamento degli oneri concessori, di escutere la fideiussione, evitando in tal modo di applicare la sanzione.
Infatti la fideiussione che accompagna la rateizzazione del pagamento degli oneri di urbanizzazione non ha la finalità di agevolare l'adempimento del soggetto obbligato al pagamento, bensì costituisce una garanzia personale prestata unicamente nell'interesse dell'amministrazione, sulla quale non incombe alcun obbligo di preventiva escussione del fideiussore.
Invero, la garanzia sussidiaria serve a scongiurare che il Comune possa irrimediabilmente perdere una entrata di diritto pubblico, ma non alleggerisce affatto la posizione del soggetto tenuto al pagamento, né attenua i doveri di diligenza sullo stesso incombenti, né estingue di per sé l'obbligazione principale.

L’eccezione è infondata.
Va chiarito che in materia di contributi derivanti dal rilascio di concessione edilizia sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e tale giurisdizione sussiste anche quando attiene alla richiesta, mediante cartella esattoriale, di pagamento del contributo per gli oneri di urbanizzazione e conseguenti sanzioni; sebbene, infatti, l'art. 16 della l. 28.01.1977 n. 10 sia stato abrogato dall'art. 136, comma 2, d.P.R. 06.06.2001, n. 380, a decorrere dal 30.06.2003, ai sensi dell'art. 3, d.l. 20.06.2002, n. 122, conv., con modificazioni, in l. 01.08.2002, n. 185, le controversie in materia di oneri di urbanizzazione devono ritenersi tuttora attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di urbanistica e di edilizia ai sensi dell'art. 34 d.lgs. n. 80 del 1998, non avendo tra l'altro detti oneri natura tributaria, bensì natura di corrispettivo di diritto pubblico avente la funzione di partecipazione ai costi delle opere di urbanizzazione; invero, atteso che le controversie che hanno ad oggetto la legittimità o meno del contributo relativo a concessione edilizia vertono sull'esistenza o sulla misura di una obbligazione direttamente stabilita dalla legge, l'atto con cui l'Amministrazione comunale provvede in merito alla determinazione del contributo concessorio non ha natura autoritativa e la posizione del soggetto nei cui confronti è richiesto il pagamento, è di diritto soggettivo e non di interesse legittimo; conseguentemente la giurisdizione del giudice amministrativo in materia ha per oggetto tutte le controversie inerenti all'an e al quantum della pretesa contributiva del comune, (mentre la competenza dell'a.g.o. è limitata alle sole questioni inerenti all'esperibilità del recupero in executivis del credito contributivo); con l'ulteriore precisazione che oggi, dopo l'entrata in vigore dell'art. 7 della L. 21.07.2000, n. 207, tale giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo comprende anche i giudizi avverso l'ordinanza-ingiunzione emessa dal Comune ai sensi dell'art. 2 del r.d. 14.04.1910, n. 639 (cfr., TAR Napoli (Campania) sez. II, 18/11/2008, 19792).
Il presente giudizio ha, quindi, ad oggetto anche diritti soggettivi e si traduce nell’accertamento in concreto della doverosità della corresponsione dei contributi concessori e dell’esatta quantificazione degli stessi.
Ne deriva che non ha alcuna incidenza su tale aspetto l’omessa impugnazione del decreto di ingiunzione di pagamento.
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Il Collegio ritiene che il ricorso sia infondato.
La L. 108/1996 non ha, infatti, abrogato l’art. 3 L. 47/1985, ma si è limitata a definire gli interessi abnormi risultanti da liberi accordi o convenzioni tra privati, non anche quelli definiti dalla legge, come è avvenuto nel caso di specie. Nessuna violazione della norma in parola emerge, anche perché l’amministrazione si è limitata, nella determinazione degli interessi applicati in sede di determinazione delle rate di pagamento, ad applicare gli interessi al tasso legale in vigore al momento del rilascio della concessione edilizia.
Le somme dovute poi ai sensi dell’art. 3 L. 47/1985 non costituiscono, peraltro, interessi, ma sono qualificati espressamente come sanzioni, corrispondenti a percentuali di aumento del contributo concessorio, in relazione ai giorni di ritardo.
La società ricorrente ha, peraltro, dedotto che l’amministrazione, in omaggio ai principi di buona fede e correttezza, avrebbe dovuto prima escutere la polizza fideiussoria e poi emettere il provvedimento sanzionatorio.
L’assunto è infondato, in quanto questo Tar ha già chiarito che l'Amministrazione non ha l'obbligo, a fronte del ritardato pagamento degli oneri concessori, di escutere la fideiussione, evitando in tal modo di applicare la sanzione. Infatti la fideiussione che accompagna la rateizzazione del pagamento degli oneri di urbanizzazione non ha la finalità di agevolare l'adempimento del soggetto obbligato al pagamento, bensì costituisce una garanzia personale prestata unicamente nell'interesse dell'amministrazione, sulla quale non incombe alcun obbligo di preventiva escussione del fideiussore; invero, la garanzia sussidiaria serve a scongiurare che il Comune possa irrimediabilmente perdere una entrata di diritto pubblico, ma non alleggerisce affatto la posizione del soggetto tenuto al pagamento, né attenua i doveri di diligenza sullo stesso incombenti, né estingue di per sé l'obbligazione principale (cfr., TAR Milano (Lombardia) sez. II, 21/07/2009, n. 4405)
(TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 06.02.2014 n. 389 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2013

EDILIZIA PRIVATA: In materia di sanzione per ritardato versamento oo.uu. avendo scelto la formula della rateizzazione.
In materia di obbligazioni pecuniarie, il creditore è soltanto facultato ad attivare la solidale responsabilità del fideiussore, senza che possa invece ritenersi tenuto ad escutere il coobbligato piuttosto che attendere il pagamento, ancorché tardivo (salva l'esistenza di apposita clausola in tal senso).
Si deve, quindi, ritenere che abbia agito correttamente il Comune che, nell'applicare ad una società, la sanzione prevista dall'art. 3, comma 2, lett. a), L. n. 47/1985, per ritardato pagamento degli oneri di urbanizzazione, non ha proceduto, prima dell'applicazione delle sanzioni, alla preventiva richiesta alla banca garante, obbligatasi, con la società, a pagare quanto dovuto dietro semplice richiesta scritta.
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Nel caso di mancato pagamento delle rate di contributi di concessione, non può considerarsi rilevante la circostanza che il Comune non si sia attivato per la riscossione nei confronti del fideiussore che ha concluso il contratto di garanzia a prima richiesta.
Il contratto di garanzia a prima richiesta, infatti, ha aggiunto una posizione debitoria a quella dei debitori principali, i quali, a seguito del loro inadempimento, sono risultati tenuti a pagare senz'altro le differenze dovute ai sensi dell'art. 3 L. n. 47/1985, senza che questo, però, comporti la doverosità della contestazione della pretesa preventivamente nei confronti del garante.

Non sussiste, infine, la violazione dei principi di buona fede e di diligenza ex artt. 1175, 1375, 1227 c.c., risultando chiara l’erronea impostazione dell’appellante che confonde l’obbligo gravante sul garante che ha ad oggetto il mancato adempimento dell’obbligo pecuniario convenuto con il Comune, con il profilo sanzionatorio e, più in generale, l’obbligo di pagamento con la sanzione amministrativa allo stesso collegata.
Si tratta di profili, invece, del tutto distinti e già scandagliati dalla giurisprudenza di questo Consiglio che ha accertato come “in materia di obbligazioni pecuniarie, il creditore è soltanto facultato ad attivare la solidale responsabilità del fideiussore, senza che possa invece ritenersi tenuto ad escutere il coobbligato piuttosto che attendere il pagamento, ancorché tardivo (salva l'esistenza di apposita clausola in tal senso). Si deve, quindi, ritenere che abbia agito correttamente il Comune che, nell'applicare ad una società, la sanzione prevista dall'art. 3, comma 2, lett. a), L. n. 47/1985, per ritardato pagamento degli oneri di urbanizzazione, non ha proceduto, prima dell'applicazione delle sanzioni, alla preventiva richiesta alla banca garante, obbligatasi, con la società, a pagare quanto dovuto dietro semplice richiesta scritta” (Cons. St., Sez. V, 16.07.2007, n. 4025).
Nello stesso senso anche Cons. St., Sez. IV, 10.08.2007, n. 4419 secondo la quale: “Nel caso di mancato pagamento delle rate di contributi di concessione, non può considerarsi rilevante la circostanza che il Comune non si sia attivato per la riscossione nei confronti del fideiussore che ha concluso il contratto di garanzia a prima richiesta. Il contratto di garanzia a prima richiesta, infatti, ha aggiunto una posizione debitoria a quella dei debitori principali, i quali, a seguito del loro inadempimento, sono risultati tenuti a pagare senz'altro le differenze dovute ai sensi dell'art. 3 L. n. 47/1985, senza che questo, però, comporti la doverosità della contestazione della pretesa preventivamente nei confronti del garante” (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 09.12.2013 n. 5880 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa tesi della ricorrente, che peraltro trova supporto in talune pronunce risalenti dei giudici amministrativi, ritiene che la mancata immediata escussione del fideiussore da parte del Comune integri la fattispecie di sottrazione del creditore all'obbligo di cui all'art. 1227 Cod. Civ., che impone a questa parte contrattuale di non aggravare la posizione debitoria della controparte. Secondo tale tesi, quindi, il Comune non può irrogare le sanzioni ex art. 3 della L. n. 47 del 1985, senza prima avere prontamente esercitato -relativamente a ciascun versamento di contributi non effettuato nel termine previsto- la relativa garanzia fideiussoria, in modo da limitare il danno per il titolare del permesso di costruire e soprattutto consentire all'amministrazione comunale procedente il pronto soddisfacimento del proprio credito mediante l'immediata attivazione della fideiussione "a prima richiesta".
Al suddetto orientamento giurisprudenziale si oppone, però, un contrapposto e altrettanto consistente indirizzo, che si è ormai consolidato, a cui il Collegio aderisce, ritenendolo logicamente e giuridicamente più persuasivo e, quindi, maggiormente condivisibile, secondo il quale l'obbligo di collaborazione di cui all'art. 1227 Cod. Civ. deve ritenersi estraneo all'ambito sanzionatorio amministrativo, con la conseguenza che anche la prestazione di garanzia "a prima richiesta", da parte del debitore principale, oltre a non vincolare in alcun modo l'amministrazione comunale ad escutere immediatamente dal fideiussore il credito o la singola rata appena dopo la scadenza, tanto meno esime il debitore dal tenere un comportamento contrattuale diligente nell'estinguere tempestivamente il proprio debito "portabile" presso il domicilio del creditore, senza che il medesimo possa pertanto giovarsi del mero comportamento inerte tenuto dall'amministrazione. Sotto altro profilo della stessa questione, si deve rilevare che detto dovere di diligenza non risulta in alcun modo attenuato dalla prestazione della fideiussione, in quanto tale strumento giuridico non è oggettivamente diretto ad agevolare l'adempimento del debitore, bensì a costituire un'ulteriore garanzia personale in favore e nell'esclusivo interesse del creditore.
Tale orientamento è ormai condiviso anche dal Consiglio di Stato il quale ha sottolineato che tale dovere non può farsi discendere dal richiamo all'art. 1227 cod. civ., che è disposizione riferibile alle sole obbligazioni di natura risarcitoria, e non anche a quelle (anche di contenuto pecuniario) di natura sanzionatoria.

La società ricorrente riferisce di essere proprietaria di un’antica stazione di posta e di aver chiesto una concessione edilizia per il restauro conservativo e per il risanamento del fabbricato effettuando il versamento del 50% degli oneri concessori pretesi e garantendo il pagamento del residuo con un’apposita fideiussione.
Nel corso dell’intervento veniva richiesta una variante in relazione alla quale venivano determinati i nuovi oneri concessori e venivano pagati nella misura del 50% garantendo anche in questo caso il pagamento del residuo con un’apposita fideiussione bancaria.
La società omise il versamento del 50% degli oneri concessori garantiti con la fideiussione ed il comune con il provvedimento in epigrafe indicato ne ha preteso il pagamento nonché l’applicazione delle sanzioni di cui all’articolo 3 della legge numero 47 del 1985, comportante raddoppio del dovuto.
La società ricorrente ha adito il Tar impugnando il provvedimento in epigrafe indicato e contestando l’applicazione delle sanzioni.
L’amministrazione intimata non si è costituita in giudizio.
Il ricorrente ha sviluppato le proprie difese con separata memoria e la causa è stata trattenuta in decisione all’odierna udienza.
Il ricorso è infondato.
La tesi della ricorrente, che peraltro trova supporto in talune pronunce risalenti dei giudici amministrativi, ritiene che la mancata immediata escussione del fideiussore da parte del Comune integri la fattispecie di sottrazione del creditore all'obbligo di cui all'art. 1227 Cod. Civ., che impone a questa parte contrattuale di non aggravare la posizione debitoria della controparte.
Secondo tale tesi, quindi, il Comune non può irrogare le sanzioni ex art. 3 della L. n. 47 del 1985, senza prima avere prontamente esercitato -relativamente a ciascun versamento di contributi non effettuato nel termine previsto- la relativa garanzia fideiussoria, in modo da limitare il danno per il titolare del permesso di costruire e soprattutto consentire all'amministrazione comunale procedente il pronto soddisfacimento del proprio credito mediante l'immediata attivazione della fideiussione "a prima richiesta" (v. in termini: Cons. Stato., sez. V, 03/07/1995 n. 1001).
Al suddetto orientamento giurisprudenziale si oppone, però, un contrapposto e altrettanto consistente indirizzo, che si è ormai consolidato, a cui il Collegio aderisce (TAR Bologna Emilia Romagna sez. II, 26.02.2010, n. 1666), ritenendolo logicamente e giuridicamente più persuasivo e, quindi, maggiormente condivisibile, secondo il quale l'obbligo di collaborazione di cui all'art. 1227 Cod. Civ. deve ritenersi estraneo all'ambito sanzionatorio amministrativo, con la conseguenza che anche la prestazione di garanzia "a prima richiesta", da parte del debitore principale, oltre a non vincolare in alcun modo l'amministrazione comunale ad escutere immediatamente dal fideiussore il credito o la singola rata appena dopo la scadenza, tanto meno esime il debitore dal tenere un comportamento contrattuale diligente nell'estinguere tempestivamente il proprio debito "portabile" presso il domicilio del creditore, senza che il medesimo possa pertanto giovarsi del mero comportamento inerte tenuto dall'amministrazione. Sotto altro profilo della stessa questione, si deve rilevare che detto dovere di diligenza non risulta in alcun modo attenuato dalla prestazione della fideiussione, in quanto tale strumento giuridico non è oggettivamente diretto ad agevolare l'adempimento del debitore, bensì a costituire un'ulteriore garanzia personale in favore e nell'esclusivo interesse del creditore (Cons. Stato, sez. V, 16/07/2007, n. 4025; sez. V, 24/03/2005 n. 1250; TAR Lombardia -BS- 11/09/2009 n. 1688; TAR Campania -SA- sez. II, 14/04/2008 n. 721; TAR Emilia Romagna -BO- Sez. II, 12/05/2004 n. 645; TAR Abruzzo -PE- 19/06/2003 n. 586).
Tale orientamento è ormai condiviso anche dal Consiglio di Stato il quale ha sottolineato che tale dovere non può farsi discendere dal richiamo all'art. 1227 cod. civ., che è disposizione riferibile alle sole obbligazioni di natura risarcitoria, e non anche a quelle (anche di contenuto pecuniario) di natura sanzionatoria, come è quella in esame (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 30.07.2012, nr. 4320; Cons. Stato, sez. V, 24.03.2005, nr. 1250; id., 11.11.2005, nr. 6345; id., 16.07.2007, nr. 4025, Consiglio di Stato sez. IV, 19.11.2012, n. 5818) (TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. I, sentenza 06.09.2013 n. 598 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. La p.a. creditrice di oneri concessori ha il dovere, in ossequio ai principi di correttezza e buona fede operanti nei rapporti paritetici, di preventiva escussione della polizza fideiussoria posta a garanzia del credito dal soggetto titolare della concessione edilizia.
1.1. Nell’ipotesi in cui il soggetto titolare di una concessione edilizia che ha rilasciato al Comune richiedente una polizza assicurativa, a garanzia degli oneri concessori collegati al rilascio del titolo, effettui in ritardo il versamento di detti oneri, sussiste in capo all’Amministrazione creditrice il dovere (e non la mera facoltà) di preventiva escussione dell'istituto garante, anche ove si tratti di polizza “a prima richiesta” e priva del beneficio di preventiva escussione.
1.2. Il principio di salvaguardia dell’effetto utile impone un’applicazione e un’interpretazione di tale fideiussione, quale atto di regolamentazione in rapporto di strumentalità alla riscossione del credito, che sia funzionale al raggiungimento della sua finalità e dell’obiettivo di garanzia da essa prefissato. Infatti, a mente del combinato disposto degli artt. 1362 e 1367 del codice civile, tra le possibili interpretazioni del contratto, deve tenersi conto degli inconvenienti cui può portare una soluzione che lo renda improduttivo di effetti.
1.3. Alla luce dei più recenti approdi giurisprudenziali, i principi di correttezza (art. 1175 c.c.) e di buona fede (art. 1375 c.c.) incombono anche sulla Pubblica Amministrazione la quale, ove (come nel caso in esame) si verta in ambito del tutto paritetico e non provvedimentale, non può al riguardo vantare alcuno statuto speciale, perché non si deve avere riguardo alla legittimità dell’esercizio della funzione pubblica cristallizzato nel provvedimento amministrativo, bensì alla correttezza del comportamento complessivamente tenuto dall’amministrazione.
1.4. I sopra richiamati principi generali funzionano in chiave di reciprocità nell’ambito dei rapporti comportamentali e costituiscono rivelazione dei precetti costituzionali di solidarietà sociale (art. 2) e di buon andamento (art. 97) nei termini declinati dalla legge 07.08.1990, n. 241, che si estrinseca nell’imporre, a ciascuna delle parti del rapporto paritetico o autoritativo, il dovere di agire in leale collaborazione tale da preservare il giusto interesse dell’altra, a prescindere dall’esistenza di specifici obblighi contrattuali o di quanto espressamente stabilito da singole norme di legge.
1.5. La correttezza, quale regola di condotta, si concreta dunque nella c.d. buona fede oggettiva, rispettosa degli altrui interessi che non può assumere i connotati della libera discrezionalità con abuso del diritto e non affranca perciò l’Amministrazione per comportamenti superficiali o negligenti, perché diversamente verrebbe ad essere inutile nel sinallagma l’onere imposto della fideiussione e la funzione propria della garanzia, come accade nel caso in cui non venga attivata prontamente l’escussione e recuperato tempestivamente il credito della p.a., facendo lievitare invece sanzioni e interessi con consistente aggravio alla posizione della debitrice.

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2. Dal ritardo nel pagamento degli oneri concessori non deriva automaticamente l’applicazione della sanzione prevista dall'art. 42 del D.P.R. n. 380/2001.
2.1. Nella giurisprudenza amministrativa, con riferimento all’applicabilità della sanzione di cui all’art. 42 D.P.R. n. 380/2001, si sono formati due opposti orientamenti. Secondo un primo orientamento, che fa leva su una una interpretazione di senso della disposizione, “in forza degli artt. 1175, 1375 e 1227 c.c. comma 2, le sanzioni previste per il ritardo nel versamento del contributo edilizio, non sono dovute in tutti quei casi in cui il creditore, restando inerte e non richiedendo quanto dovutogli al garante, avrebbe potuto evitare con una condotta attiva la causazione dell’evento dannoso attraverso l’uso dell’ordinaria diligenza”; secondo un diverso orientamento, invece, si deve ricorrere ad una applicazione letterale della norma in termini di “automatico obbligo sanzionatorio governato dalla disciplina pubblicistica di riferimento, con esclusione della configurabilità di ogni onere di previa escussione ai fini dell’adempimento puntuale non tempestivo”.
2.2. Nell’attuale panorama giurisprudenziale, appare opportuno seguire, in quanto aderente alle attuali sensibilità in tema di cooperazione nel rapporto amministrazione-amministrati, il condivisibile convincimento secondo il quale “Nell'ipotesi in cui il soggetto titolare di una concessione edilizia abbia stipulato, a garanzia del versamento dei contributi concessori, polizza fideiussoria priva del beneficio di preventiva escussione dell'obbligato principale, in virtù di quanto disposto dall'art. 1227, comma 2 c.c., che pone a carico del creditore i danni che questi avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza, non può farsi luogo all'applicazione delle sanzioni previste dall'art. 3 della l. 28.02.1985 n. 47 che puniscono l'omesso o ritardato versamento dei contributi concessori, ove l'amministrazione creditrice, in violazione dei doveri di correttezza e buona fede, non si sia attivata per tempo nel richiedere all'istituto garante il pagamento delle somme dovutele”.
2.3. La circostanza che la società abbia effettuato in ritardo il pagamento rateizzato degli oneri di urbanizzazione non può dunque comportare l’applicazione automatica della sanzione prevista dall'art. 3 della legge 28.02.1985, n. 47 (ora art. 42 del d.P.R. n. 380 del 2001), per il ritardato o mancato pagamento degli oneri concessori.
2.4. Invero, il principio dell’affidamento costituisce valore guida dell’intero ordinamento ed è espressione di principi generali immanenti nel diritto (in particolare, correttezza e buona fede), anche di rango costituzionale (artt. 2, 3 e 97), sicché esso vincola l’interprete, in forza del canone ermeneutico dell’interpretazione conforme a Costituzione, essendo regola deputata a disciplinare una serie indeterminata di casi concreti.
2.5. Dai principi sopra richiamati discende la sussistenza di un obbligo (e non di una mera facoltà), per l'Amministrazione creditrice, di escutere il garante nel caso di ritardato versamento dei contributi concessori e, correlativamente, la sua colpa oggettiva per l’inerzia causativa della mancata tempestiva percezione e corresponsione degli oneri concessori. Né, in contrario, si può far leva sulla natura sanzionatoria e non risarcitoria della pretesa irrogata, perché essa, a salvaguardia degli interessi pubblici di specifica attribuzione nella materia urbanistico-edilizia, costituisce evento posteriore rispetto alla stabilita e interposta “obbligazione patrimoniale”(fideiussoria) finalizzata al programmato puntuale incameramento degli oneri concessori dilazionati.
2.6. Infatti, l’effetto dissuasivo di legge finalizzato al regolare versamento degli oneri concessori trova copertura proprio nella procedimentalizzata fideiussione a prima richiesta, che è strumento non disciplinato dall’art. 3 della legge n. 47 del 1985, ma applicazione amministrativa per l’appunto a garanzia del tempestivo contributo afferente alla concessione, il cui introito, in applicazione del principio di buon andamento, non può essere dall’Amministrazione differito a piacimento ad un tempo futuro e indeterminato quando ha pronta la soluzione dell’immediato incasso tramite l’escussione della polizza fideiussoria richiesta per la rateizzazione.

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Considerato:
- la società ricorrente ha effettuato in ritardo il pagamento rateizzato degli oneri di urbanizzazione e per costo di costruzione connessi alla concessione edilizia assentita (la rata del 2009 dopo 902 giorni, quella del 2010 dopo 537 gg., quella del 2011 dopo 172 gg.);
- a garanzia degli oneri concessori collegati al rilascio di titolo edilizio, la società deducente aveva rilasciato al Comune resistente polizza assicurativa che nello specifico prevedeva (clausola 2.5) “Il pagamento delle somme dovute in base alla presente polizza sarà effettuato dalla Società entro il termine di 30 giorni dal ricevimento della richiesta scritta dell'Ente Garantito, restando inteso che, ai semi dell'art. 1944 del Codice Civile, la Società non godrà del beneficio della preventiva escussione del Contraente. La Società rinuncia inoltre ad avvalersi del disposto di cui all'art. 1957 del Codice Civile. Il pagamento avverrà dopo un semplice avviso al Contraente senza bisogno di preventivo consenso da parte di quest'ultimo, che nulla potrà eccepire alla Società in merito al pagamento stesso”;
- in presenza di tale apposita polizza assicurativa a prima richiesta e priva del beneficio di preventiva escussione, non merita condivisione la tesi del Comune resistente che contesta la sussistenza di un onere normativo di collaborazione in capo all'Amministrazione creditrice e, quindi, nega ogni dovere di preventiva escussione dell'istituto garante, all’opposto sostenendo l'automatismo nell'applicazione della sanzione indicata dall'art. 3 della legge 28.02.1985, n. 47 (ora art. 42 del d.P.R. n. 380 del 2001), per il ritardato o mancato pagamento degli oneri concessori;
- innanzitutto, sul piano prettamente generale, merita osservare come il principio di salvaguardia dell’effetto utile imponga un’applicazione e un’interpretazione di tale fideiussione, quale atto di regolamentazione in rapporto di strumentalità alla riscossione del credito, che sia funzionale al raggiungimento della sua finalità e dell’obiettivo di garanzia da essa prefissato. Infatti, a mente del combinato disposto degli artt. 1362 e 1367 del codice civile, tra le possibili interpretazioni del contratto, deve tenersi conto degli inconvenienti cui può portare una soluzione che lo renda improduttivo di effetti (Cass. Civ., Sez. II, 27.03.2013, n. 7791);
- inoltre, alla luce dei più recenti approdi giurisprudenziali, i principi di correttezza (art. 1175 c.c.) e di buona fede (art. 1375 c.c.) incombono anche sulla Pubblica Amministrazione la quale, vertendosi nella specie in ambito del tutto paritetico e non provvedimentale, non può al riguardo vantare alcuno statuto speciale, perché non si deve avere riguardo alla legittimità dell’esercizio della funzione pubblica cristallizzato nel provvedimento amministrativo, bensì alla correttezza del comportamento complessivamente tenuto dall’amministrazione (Cons. St., Sez. IV, 07.03.2005, n. 920);
- oltre a ciò, questi principi generali funzionano in chiave di reciprocità nell’ambito dei rapporti comportamentali e costituiscono rivelazione dei precetti costituzionali di solidarietà sociale (art. 2) e di buon andamento (art. 97) nei termini declinati dalla legge 07.08.1990, n. 241, che si estrinseca nell’imporre, a ciascuna delle parti del rapporto paritetico o autoritativo, il dovere di agire in leale collaborazione tale da preservare il giusto interesse dell’altra, a prescindere dall’esistenza di specifici obblighi contrattuali o di quanto espressamente stabilito da singole norme di legge (Cons. St., Sez. VI, 12.07.2011, n. 4196);
- la correttezza, quale regola di condotta, si concreta dunque nella c.d. buona fede oggettiva, rispettosa degli altrui interessi che non può assumere i connotati della libera discrezionalità con abuso del diritto e non affranca perciò l’Amministrazione per comportamenti superficiali o negligenti perché diversamente verrebbe ad essere inutile nel sinallagma l’onere imposto della fideiussione e la funzione propria della garanzia, come accaduto nel caso di specie in cui non si è attivata prontamente l’escussione e recuperato tempestivamente il credito comunale, facendo lievitare invece sanzioni e interessi con consistente aggravio alla posizione della debitrice;
- entrando così nel merito della controversia, alla Sezione sono ben note le contrastanti posizioni che si registrano nella giurisprudenza amministrativa di primo e secondo grado, le quali possono essere indicativamente sintetizzate negli opposti orientamenti, ma in prevalenza per una interpretazione di senso, secondo cui “in forza degli artt. 1175, 1375 e 1227 c.c. comma 2, le sanzioni previste per il ritardo nel versamento del contributo edilizio, non sono dovute in tutti quei casi in cui il creditore, restando inerte e non richiedendo quanto dovutogli al garante, avrebbe potuto evitare con una condotta attiva la causazione dell’evento dannoso attraverso l’uso dell’ordinaria diligenza” (Cons. St., Sez. IV, 02.03.2011, n. 1357 e 17.12.1990, n. 880; Sez. V, 05.02.2003, n. 585; 10.01.2003, n. 32; 03.07.1995, n. 1001) rispetto a quella piuttosto orientata ad una applicazione letterale della norma in termini di “automatico obbligo sanzionatorio governato dalla disciplina pubblicistica di riferimento, con esclusione della configurabilità di ogni onere di previa escussione ai fini dell’adempimento puntuale non tempestivo” (Cons. St., Sez. IV, 13.03.2008, n. 1084 e 10.08.2007, n. 4419; Sez. V, 16.07.2007, n. 4025 e 11.11.2005, n. 6345);
- ad avviso della Sezione, nell’attuale panorama giurisprudenziale per le considerazioni tutte prima illustrate, è da seguire perché aderente alle attuali sensibilità in tema di cooperazione nel rapporto amministrazione-amministrati il condivisibile convincimento secondo il quale “Nell'ipotesi in cui il soggetto titolare di una concessione edilizia abbia stipulato, a garanzia del versamento dei contributi concessori, polizza fideiussoria priva del beneficio di preventiva escussione dell'obbligato principale, in virtù di quanto disposto dall'art. 1227 comma 2, c.c., che pone a carico del creditore i danni che questi avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza, non può farsi luogo all'applicazione delle sanzioni previste dall'art. 3 della l. 28.02.1985 n. 47 che puniscono l'omesso o ritardato versamento dei contributi concessori, ove l'amministrazione creditrice, in violazione dei doveri di correttezza e buona fede, non si sia attivata per tempo nel richiedere all'istituto garante il pagamento delle somme dovutele” (per tutte, Cons. St., Sez. V, 05.02.2003, n. 585);
- invero, il principio dell’affidamento costituisce valore guida dell’intero ordinamento ed è espressione di principi generali immanenti nel diritto (in particolare, correttezza e buona fede), anche di rango costituzionale (artt. 2, 3 e 97), sicché esso vincola l’interprete, in forza del canone ermeneutico dell’interpretazione conforme a Costituzione, essendo regola deputata a disciplinare una serie indeterminata di casi concreti,
- dai principi innanzi riportati discende nel caso in esame la sussistenza di un obbligo (e non di una mera facoltà), per l'Amministrazione creditrice, di escutere il garante nel caso di ritardato versamento dei contributi concessori e, correlativamente, la sua colpa oggettiva per l’inerzia causativa della mancata tempestiva percezione e corresponsione degli oneri concessori, ove si consideri il ritardo tollerato di quasi tre anni che ha aggravato la posizione debitoria con le sanzioni accessorie applicate e che si sono intese ora recuperare con l’impugnato atto di intempestiva verifica contabile;
- né, in contrario, si può far leva sulla natura sanzionatoria e non risarcitoria della pretesa irrogata, perché essa, a salvaguardia degli interessi pubblici di specifica attribuzione nella materia urbanistico-edilizia, costituisce evento posteriore rispetto alla stabilita e interposta “obbligazione patrimoniale” (fideiussoria) finalizzata al programmato puntuale incameramento degli oneri concessori dilazionati (Cons. St., Sez. IV, 17.12.1990, n. 880);
- infatti, l’effetto dissuasivo di legge finalizzato al regolare versamento degli oneri concessori trova copertura proprio nella procedimentalizzata fideiussione a prima richiesta, che è strumento non disciplinato dall’art. 3 della legge n. 47 del 1985, ma applicazione amministrativa per l’appunto a garanzia del tempestivo contributo afferente alla concessione, il cui introito, in applicazione del principio di buon andamento, non può essere dall’Amministrazione differito a piacimento ad un tempo futuro e indeterminato quando ha pronta la soluzione dell’immediato incasso tramite l’escussione della polizza fideiussoria richiesta per la rateizzazione;
- il ricorso va pertanto accolto nei sensi che precedono, dovendo trovare applicazione le disposizioni generali in materia di obbligazioni in quanto, pur potendo essere i singoli pagamenti prontamente riscossi con l’escussione, si è invece preferito nella sostanza lasciare montare e raddoppiare il credito contributivo con la maturazione dei consistenti aumenti sanzionatori;
P.Q.M.
Esprime l’avviso che il ricorso straordinario in esame debba essere accolto (massima tratta da www.ricerca-amministrativa.it - Consiglio di Stato, Sez. I, parere 17.05.2013 n. 2366 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa garanzia fideiussoria, se vale certamente a rafforzare la posizione della Pubblica Amministrazione, quale creditore pecuniario, non impone però a quest’ultima la preventiva escussione del fideiussore né esclude un’attenuazione dell’obbligo del debitore principale, senza neppure trasformare l’obbligazione di quest’ultimo in una sorta di obbligazione sussidiaria rispetto a quella del fideiussore.
Questa Sezione ha peraltro già avuto modo di esaminare la questione, con dovizia di argomenti, nella propria pronuncia del 21.07.2009, n. 4405, nella quale ha preso motivatamente posizione a favore della soluzione interpretativa più rigorosa, escludendo che si possa <<configurare un obbligo dell’Amministrazione di escutere la fideiussione allo scadere del termine di pagamento>>.
Tale interpretazione appare, del resto, maggiormente rispettosa dei generali principi in materia di obbligazioni solidali (essendo tali l’obbligazione del fideiussore e quella del debitore principale, cfr. l’art. 1944, comma 1°, del codice civile), in forza dei quali il creditore può indifferentemente rivolgersi a qualsiasi degli obbligati in solido (cfr. art. 1292 del codice civile, per il quale, in caso di solidarietà fra debitori, <<ciascuno può essere costretto all’adempimento per la totalità>>).
Neppure potrebbe trovare applicazione, nella presente fattispecie, l’art. 1957 del codice civile, invocato anch’esso nel primo mezzo di gravame: infatti, il credito del Comune per il pagamento degli oneri concessori è soggetto a prescrizione ordinaria decennale ex art. 2946 del codice civile; mentre il credito per la riscossione delle somme di cui alla sanzione pecuniaria ex art. 42 del DPR 380/2001 si prescrive nel termine di cinque anni di cui all’art. 28 della legge 689/1981, senza contare che –in ogni caso- il contratto di fideiussione di cui è causa contiene l’espressa previsione della rinuncia ad avvalersi della facoltà di cui al citato art. 1957.

Nel primo motivo di ricorso si denuncia l’illegittimità della pretesa creditoria del Comune, in quanto quest’ultimo non avrebbe preventivamente avvisato il fideiussore dell’esistenza del debito del soggetto garantito (cioè Amimmobiliare Srl), mentre nel caso di specie la società garante avrebbe avuto notizia del debito soltanto attraverso le ingiunzioni impugnate, notificate direttamente sia al debitore principale sia al suo fideiussore.
La censura è infondata.
Per effetto del rilascio della fideiussione a garanzia del pagamento degli oneri concessori –e segnatamente del costo di costruzione– le società esponenti sono obbligate in solido al pagamento della somma garantita, senza che sussista alcun obbligo legale del Comune di avvisare o di escutere preventivamente il fideiussore; d’altronde la fideiussione vale a rafforzare la posizione del creditore (nel caso di specie il Comune), e non certo ad indebolirla.
Tale conclusione appare condivisa dalla giurisprudenza maggioritaria, alla quale aderisce anche lo scrivente Collegio, che tende a negare validità all’interpretazione propugnata dalle ricorrenti, affermando che la garanzia fideiussoria, se vale certamente a rafforzare la posizione della Pubblica Amministrazione, quale creditore pecuniario, non impone però a quest’ultima la preventiva escussione del fideiussore né esclude un’attenuazione dell’obbligo del debitore principale, senza neppure trasformare l’obbligazione di quest’ultimo in una sorta di obbligazione sussidiaria rispetto a quella del fideiussore (si vedano, in tal senso, Consiglio di Stato, sez. IV, 30.07.2012, n. 4320; 24.04.2009, n. 2581 e 10.08.2007, n. 4419; oltre a TAR Valle d’Aosta, 02.11.2011, n. 71).
Questa Sezione ha peraltro già avuto modo di esaminare la questione, con dovizia di argomenti, nella propria pronuncia del 21.07.2009, n. 4405, nella quale ha preso motivatamente posizione a favore della soluzione interpretativa più rigorosa, escludendo che si possa <<configurare un obbligo dell’Amministrazione di escutere la fideiussione allo scadere del termine di pagamento>> (cfr. la citata sentenza n. 4405/2009 con la giurisprudenza ivi richiamata ed anche le ulteriori sentenze di questa Sezione II, 06.07.2010, n. 2777 e 22.11.2010, n. 7308, costituenti entrambi precedenti specifici ai quali si rinvia).
Tale interpretazione appare, del resto, maggiormente rispettosa dei generali principi in materia di obbligazioni solidali (essendo tali l’obbligazione del fideiussore e quella del debitore principale, cfr. l’art. 1944, comma 1°, del codice civile), in forza dei quali il creditore può indifferentemente rivolgersi a qualsiasi degli obbligati in solido (cfr. art. 1292 del codice civile, per il quale, in caso di solidarietà fra debitori, <<ciascuno può essere costretto all’adempimento per la totalità>>).
Neppure potrebbe trovare applicazione, nella presente fattispecie, l’art. 1957 del codice civile, invocato anch’esso nel primo mezzo di gravame: infatti, il credito del Comune per il pagamento degli oneri concessori è soggetto a prescrizione ordinaria decennale ex art. 2946 del codice civile (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 28.11.2012, n. 6033); mentre il credito per la riscossione delle somme di cui alla sanzione pecuniaria ex art. 42 del DPR 380/2001 si prescrive nel termine di cinque anni di cui all’art. 28 della legge 689/1981 (cfr. TAR Lombardia, Milano, sez. II, 29.12.2009, n. 6265), senza contare che –in ogni caso- il contratto di fideiussione di cui è causa contiene l’espressa previsione della rinuncia ad avvalersi della facoltà di cui al citato art. 1957 (cfr. il doc. 18 dei ricorrenti, ultima pagina) (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 19.03.2013 n. 720 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: G. Fontana, Il comune è tenuto a valersi della fideiussione prima di applicare al debitore principale le sanzioni per il ritardato pagamento degli oneri di urbanizzazione? (18.02.2013 - link a http://venetoius.it).

EDILIZIA PRIVATA: In assenza di inadempimenti imputabili all'Amministrazione idonei a configurare a suo carico una responsabilità "da contatto" oppure di natura precontrattuale, non può farsi riferimento all'art. 1227 c.c. essendo tale disposizione riferibile solo alle obbligazioni di carattere risarcitorio e non a quelle (anche di contenuto pecuniario) di natura sanzionatoria, come nel caso in esame. Quest'ultima conclusione deve essere confermata.
Invero, pur in presenza di un contratto di garanzia cosiddetta autonoma, con il quale il garante si obbliga ad eseguire la prestazione oggetto della garanzia "a semplice richiesta" del creditore garantito, senza opporre eccezioni attinenti alla validità, all'efficacia ed alla vicenda del rapporto principale, anche in questa ipotesi il meccanismo dell'adempimento del garante "a prima richiesta" scatta a seguito dell'inadempimento dell'obbligazione principale, ancorché resti vietato al garante di chiedere la preventiva escussione del debitore principale.
D'altronde, neppure con riguardo al regime ordinario delle obbligazioni tra privati sarebbe pertinente il richiamo all'art. 1227 cod. civ. Infatti, l'onere di diligenza che questa norma fa gravare sul creditore non si estende alla sollecitudine nell'agire a tutela del proprio credito onde evitare maggiori danni, i quali viceversa sono da imputare esclusivamente alla condotta del debitore, tenuto al tempestivo adempimento della sua obbligazione.
Inoltre, non è dato ravvisare nel sistema di cui agli artt. 1936 ss. cod. civ. alcun principio di preventiva doverosa escussione del fideiussore alla scadenza del termine fissato per l'adempimento dell'obbligazione garantita, che peraltro colliderebbe con le finalità dell'istituto, inteso a rafforzare la garanzia del credito in funzione di un interesse proprio e specifico del creditore.
In altri termini, ed in materia di obbligazioni "portable" quali quelle pecuniarie, e con termine di adempimento che esonera dalla costituzione in mora del debitore, il creditore è soltanto facultato ad attivare la solidale responsabilità del fideiussore, senza che possa invece ritenersi tenuto ad escutere il coobbligato piuttosto che attendere il pagamento, ancorché tardivo, salva l'esistenza di apposita clausola in tal senso (che dovrebbe essere accettata dall'Amministrazione).

A prescindere infatti dalle difficoltà incontrate dal Comune nell'escutere il fideiussore (in ragione delle opposizioni dallo stesso formulate e dal continuo cambio di sede, che ha impedito la notificazione delle richieste di pagamento, come si evince dalla memoria difensiva comunale e dalla documentazione alla stessa allegata), deve rilevarsi che il giudice di appello, con recente pronuncia (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, n. 5395 del 28.09.2011), ha così statuito: "con decisioni C.S. n. 1250/2005, n. 6345/2005, n. 4025/2007 è stato precisato che in assenza di inadempimenti imputabili all'Amministrazione idonei a configurare a suo carico una responsabilità "da contatto" oppure di natura precontrattuale, non può farsi riferimento all'art. 1227 c.c. essendo tale disposizione riferibile solo alle obbligazioni di carattere risarcitorio e non a quelle (anche di contenuto pecuniario) di natura sanzionatoria, come nel caso in esame. Quest'ultima conclusione deve essere confermata.
Invero, pur in presenza di un contratto di garanzia cosiddetta autonoma, con il quale il garante si obbliga ad eseguire la prestazione oggetto della garanzia "a semplice richiesta" del creditore garantito, senza opporre eccezioni attinenti alla validità, all'efficacia ed alla vicenda del rapporto principale, anche in questa ipotesi il meccanismo dell'adempimento del garante "a prima richiesta" scatta a seguito dell'inadempimento dell'obbligazione principale, ancorché resti vietato al garante di chiedere la preventiva escussione del debitore principale (Cass. 18.11.1992 n. 12341, 03.11.1993 n. 10850, 17.05.2001 n. 6757).
D'altronde, neppure con riguardo al regime ordinario delle obbligazioni tra privati sarebbe pertinente il richiamo all'art. 1227 cod. civ. Infatti, l'onere di diligenza che questa norma fa gravare sul creditore non si estende alla sollecitudine nell'agire a tutela del proprio credito onde evitare maggiori danni, i quali viceversa sono da imputare esclusivamente alla condotta del debitore, tenuto al tempestivo adempimento della sua obbligazione (V. Corte cost. n. 308 del 14.07.1999).
Inoltre, non è dato ravvisare nel sistema di cui agli artt. 1936 ss. cod. civ. alcun principio di preventiva doverosa escussione del fideiussore alla scadenza del termine fissato per l'adempimento dell'obbligazione garantita, che peraltro colliderebbe con le finalità dell'istituto, inteso a rafforzare la garanzia del credito in funzione di un interesse proprio e specifico del creditore.
In altri termini, ed in materia di obbligazioni "portable" quali quelle pecuniarie, e con termine di adempimento che esonera dalla costituzione in mora del debitore, il creditore è soltanto facultato ad attivare la solidale responsabilità del fideiussore, senza che possa invece ritenersi tenuto ad escutere il coobbligato piuttosto che attendere il pagamento, ancorché tardivo, salva l'esistenza di apposita clausola in tal senso (che dovrebbe essere accettata dall'Amministrazione), nella specie non prevista
" (TAR Campania-Salerno, Sez. I, sentenza 31.01.2013 n. 305 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2012

EDILIZIA PRIVATA: L’esistenza di una garanzia fideiussoria non comporta in alcun modo per l’Amministrazione comunale il dovere di chiedere l’adempimento al fideiussore prima di poter irrogare le sanzioni per omesso o ritardato pagamento dei contributi concessori; tale dovere non può farsi discendere neanche dal richiamo all’art. 1227 cod. civ., che è disposizione riferibile alle sole obbligazioni di natura risarcitoria, e non anche a quelle (anche di contenuto pecuniario) di natura sanzionatoria, come è quella in esame.
Infondato è anche il terzo mezzo, col quale la appellante assume l’erroneità della reiezione della doglianza con la quale si denunciava l’illegittimo esercizio del potere sanzionatorio, non avendo il Comune previamente escusso la polizza fideiussoria che garantiva l’obbligazione del concessionario in relazione ai costi di costruzione.
Al riguardo, la Sezione ritiene di non doversi discostare dal consolidato indirizzo secondo cui l’esistenza di una garanzia fideiussoria non comporta in alcun modo per l’Amministrazione comunale il dovere di chiedere l’adempimento al fideiussore prima di poter irrogare le sanzioni per omesso o ritardato pagamento dei contributi concessori; tale dovere non può farsi discendere neanche dal richiamo all’art. 1227 cod. civ., che è disposizione riferibile alle sole obbligazioni di natura risarcitoria, e non anche a quelle (anche di contenuto pecuniario) di natura sanzionatoria, come è quella in esame (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 30.07.2012, nr. 4320; Cons. Stato, sez. V, 24.03.2005, nr. 1250; id., 11.11.2005, nr. 6345; id., 16.07.2007, nr. 4025).
A diverse conclusioni potrebbe forse pervenirsi in presenza di inadempimenti a loro volta imputabili al Comune, idonei a configurare a carico di esso una responsabilità da “contatto sociale qualificato” ovvero di natura precontrattuale: ma trattasi di evenienza nemmeno prospettata dall’odierna appellante, e che pertanto non è necessario qui approfondire
(Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 19.11.2012 n. 5818 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI - EDILIZIA PRIVATA: La proroga della scadenza di un termine che cade in un giorno festivo al successivo giorno non festivo rappresenta un principio di carattere generale, disciplinato dalla vigente legislazione.
Infatti, la previsione, d’ordine generale, della suesposta proroga è contenuta nel secondo e terzo comma dell’art. 2963 del codice civile che stabilisce, con riferimento alle modalità di computo del termine di prescrizione, che: “non si computa il giorno nel corso del quale cade il momento iniziale del termine e la prescrizione si verifica con lo spirare dell’ultimo istante del giorno finale. Se il termine scade in un giorno festivo, è prorogato di diritto al giorno seguente non festivo”.
Il principio della posticipazione ipso iure al primo giorno seguente non festivo è, altresì, evidenziato dall’art. 1187 del codice civile, in tema di obbligazioni, che sancisce, al secondo comma, che “la disposizione relativa alla proroga del termine che scade in giorno festivo si osserva se non vi sono usi diversi” e dall’art. 155, commi terzo e quarto, del c.p.c. secondo cui “i giorni festivi si computano nel termine. Se il giorno di scadenza è festivo, la scadenza è prorogata di diritto al primo giorno seguente non festivo”.
La vigente normativa, infine, disciplina anche le eccezioni al suddetto principio: l’articolo 2964 del codice civile, infatti, stabilisce i casi in cui la regola generale sopra riportata non si applica e cioè i casi di norme aventi ad oggetto l’interruzione e la sospensione della prescrizione.
Quanto sopra risulta anche confermato da consolidati orientamenti giurisprudenziali secondo cui “il principio fissato dall’art. 2963, terzo comma, del codice civile, secondo il quale se il termine scade in un giorno festivo, è prorogato di diritto al giorno seguente non festivo, configura un principio generale, applicabile, in assenza di diversa previsione anche in materia di decadenza, atteso che l’art. 2964 dichiara inapplicabili alla decadenza soltanto le norme relative alla interruzione e alla sospensione della prescrizione”.
In conclusione, in relazione a quanto sin qui detto non sembra esservi dubbio che il principio della posticipazione ipso iure al primo giorno non festivo del termine che cade in un giorno festivo sia applicabile anche alla fattispecie de qua, atteso che il disposto dell’art. 155, comma 4, del c.p.c. e dell’art. 2963 del c.c. trovano applicazione anche nel procedimento di controllo, essendo espressione di un principio di carattere generale e che l’esercizio del potere di controllo di legittimità sulle autorizzazioni paesaggistiche attribuito all’Amministrazione statale, ai sensi dell’art. 159 del D.Lgs. n. 42 del 2004, è sottoposto al termine decadenziale di sessanta giorni decorrente dalla ricezione della documentazione completa.
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6. Nel merito il Collegio osserva che, contrariamente a quanto sostenuto dal giudice di primo grado, la proroga della scadenza di un termine che cade in un giorno festivo al successivo giorno non festivo rappresenta un principio di carattere generale, disciplinato dalla vigente legislazione.
Infatti, la previsione, d’ordine generale, della suesposta proroga è contenuta nel secondo e terzo comma dell’art. 2963 del codice civile che stabilisce, con riferimento alle modalità di computo del termine di prescrizione, che: “non si computa il giorno nel corso del quale cade il momento iniziale del termine e la prescrizione si verifica con lo spirare dell’ultimo istante del giorno finale. Se il termine scade in un giorno festivo, è prorogato di diritto al giorno seguente non festivo”.
Il principio della posticipazione ipso iure al primo giorno seguente non festivo è, altresì, evidenziato dall’art. 1187 del codice civile, in tema di obbligazioni, che sancisce, al secondo comma, che “la disposizione relativa alla proroga del termine che scade in giorno festivo si osserva se non vi sono usi diversi” e dall’art. 155, commi terzo e quarto, del c.p.c. secondo cui “i giorni festivi si computano nel termine. Se il giorno di scadenza è festivo, la scadenza è prorogata di diritto al primo giorno seguente non festivo”.
La vigente normativa, infine, disciplina anche le eccezioni al suddetto principio: l’articolo 2964 del codice civile, infatti, stabilisce i casi in cui la regola generale sopra riportata non si applica e cioè i casi di norme aventi ad oggetto l’interruzione e la sospensione della prescrizione.
Quanto sopra risulta anche confermato da consolidati orientamenti giurisprudenziali secondo cui “il principio fissato dall’art. 2963, terzo comma, del codice civile, secondo il quale se il termine scade in un giorno festivo, è prorogato di diritto al giorno seguente non festivo, configura un principio generale, applicabile, in assenza di diversa previsione anche in materia di decadenza, atteso che l’art. 2964 dichiara inapplicabili alla decadenza soltanto le norme relative alla interruzione e alla sospensione della prescrizione” (Cassazione Civile, Sez. V, sent. n. 15832 del 13.08.2004).
In conclusione, in relazione a quanto sin qui detto non sembra esservi dubbio che il principio della posticipazione ipso iure al primo giorno non festivo del termine che cade in un giorno festivo sia applicabile anche alla fattispecie de qua, atteso che il disposto dell’art. 155, comma 4, del c.p.c. e dell’art. 2963 del c.c. trovano applicazione anche nel procedimento di controllo, essendo espressione di un principio di carattere generale (Cons. di Stato, Sez. VI, 18.03.2011, n. 1661; Cass. Civ., Sez. II, 01.12.2010, n. 24375) e che l’esercizio del potere di controllo di legittimità sulle autorizzazioni paesaggistiche attribuito all’Amministrazione statale, ai sensi dell’art. 159 del D.Lgs. n. 42 del 2004, è sottoposto al termine decadenziale di sessanta giorni decorrente dalla ricezione della documentazione completa.
7. Per quanto sin qui esposto l’appello è da ritenersi fondato e va, pertanto, accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado va respinto il ricorso di primo grado (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 07.09.2012 n. 4752) - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAGli obblighi concernenti il pagamento di oneri di urbanizzazione, la sopratassa per il pagamento ritardato degli stessi e gli interessi legali relativi, sono qualificabili come obbligazioni di fonte legale e quindi sono soggetti alla relativa disciplina civilistica, in quanto non derogata da norme speciali.
Con il quarto motivo, la ricorrente contesta l’immotivata richiesta di interessi avanzata dal Comune con lettera 11.03.1993 prot. n. 3941 in relazione ai versamenti indicati nella precedente nota prot. n. 1617 del 02.02.1993.
Nella censura si lamenta l’assenza di chiarezza del conteggio ivi riportato, nonché l’illegittimità in sé della richiesta, in difetto di inadempimento colpevole imputabile alla parte ricorrente, essendo la stessa rimasta in attesa delle definitive determinazioni comunali.
Sul punto occorre premettere che gli obblighi concernenti il pagamento di oneri di urbanizzazione, la sopratassa per il pagamento ritardato degli stessi e gli interessi legali relativi, sono qualificabili come obbligazioni di fonte legale e quindi sono soggetti alla relativa disciplina civilistica, in quanto non derogata da norme speciali (TAR Lombardia, Brescia Sez. I Sent. 14-12-2007, n. 1333).
La censura è parzialmente fondata, peraltro, in ragione dell’accoglimento delle censure sin qui esaminate, che comportano una rideterminazione degli importi dovuti costituenti la base di calcolo degli interessi. L’amministrazione dovrà infatti procedere ad una rideterminazione degli stessi che tenga conto delle deduzioni degli importi già versati.
Quanto alla loro decorrenza, gli interessi legali di mora dovranno essere calcolati dalla data di comunicazione dell’atto di determinazione degli oneri dovuti, oltre che dalla scadenza del termine assegnato per l'adempimento (cfr. Cons. Giust. Amm. Sic. Sez. giurisdiz., 05-05-1993) (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 03.08.2012 n. 971 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa fideiussione prestata per il pagamento degli oneri di urbanizzazione conseguenti al rilascio della concessione edilizia non si estende, ai sensi dell'art. 1942 c.c., al pagamento della sanzione amministrativa posta dall'art. 3 l. 28.02.1985 n. 47, direttamente a carico del concessionario in caso di ritardato od omesso versamento del contributo afferente alla concessione, stante il difetto di accessorietà della seconda rispetto ai primi.
A conferma di ciò, giova osservare come la stessa decisione della Corte di Cassazione civile, sez. I, 12.06.2001, n. 7885, richiamata nel ricorso (per cui: <<La fideiussione prestata per il pagamento degli oneri di urbanizzazione conseguenti al rilascio della concessione edilizia non si estende, ai sensi dell'art. 1942 c.c., al pagamento della sanzione amministrativa posta dall'art. 3 l. 28.02.1985 n. 47, direttamente a carico del concessionario in caso di ritardato od omesso versamento del contributo afferente alla concessione, stante il difetto di accessorietà della seconda rispetto ai primi>>), è stata resa proprio nell’ambito dello stesso giudizio civile intercorso fra il Comune di Porto San Giorgio e la Zurich International Italia SpA nel quale è intervenuta la pronuncia delle S.U. sulla giurisdizione sopra citata (ovvero, avverso la sentenza n. 41-98 della Corte d'Appello di Ancona, di riforma della sentenza del Tribunale di Fermo del 19.11.1996), e non in un giudizio amministrativo.
E, del resto, ad ulteriore riprova di quanto assunto, giova osservare come proprio in sede civile, nella causa che ha avuto il suo epilogo nella sentenza versata in atti da parte ricorrente (Tribunale di Milano 03.09.2005 n. 9824), è stato accertato il carattere “autonomo” della garanzia prestata dalla Zurigo a favore del Comune di Limbiate (polizza n.109E7619 del 9.3.1994), destinata a coprire soltanto l’adempimento delle obbligazioni assunte dalla Coop. in dipendenza della c.e. datata 16.02.1994 per il pagamento degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria (con conseguente estraneità all’oggetto di tale polizza della somma, pretesa dal Comune con l’ingiunzione in epigrafe specificata, a titolo di sanzione ex art. 3 L.n. 47/1985 e interessi per ritardato pagamento della II^ rata degli oneri di urbanizzazione) (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 20.07.2012 n. 2043 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALe sanzioni amministrative pecuniarie previste dall’art. 42 d.P.R. 380/2001, per i casi (tra l’altro) di ritardato versamento del contributo di costruzione, sono soggette, in mancanza di una diversa disciplina legale, al termine di prescrizione di cinque anni, stabilito dall'art. 28 della legge 24.11.1981, n. 689 e decorrente, in relazione a ciascuna fattispecie di ritardo, dal giorno dell'intervenuto pagamento del contributo.
Le sanzioni amministrative pecuniarie previste, dapprima, dall'art. 3 della legge 28.02.1985, n.47 (abrogato a decorrere dal 30.06.2002 dall'art. 136, comma 2, lett. f), del d.P.R. 06.06.2001, n. 380), ora dall’art. 42 d.P.R. cit., per i casi (tra l’altro) di ritardato versamento del contributo di costruzione, sono soggette, in mancanza di una diversa disciplina legale, al termine di prescrizione di cinque anni, stabilito dall'art. 28 della legge 24.11.1981, n. 689 e decorrente, in relazione a ciascuna fattispecie di ritardo, dal giorno dell'intervenuto pagamento del contributo (così, Cassazione Sez. I, sent. n. 23633 del 06-11-2006; TAR Lombardia, Milano, II, 08.09.2011 n. 2189) (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 13.07.2012 n. 2002 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAIn merito al versamento rateizzato degli oo.uu. e del costo di costruzione, le espressioni “a dodici mesi dal rilascio della concessione edilizia” ovvero, per la terza rata, “a diciotto mesi”, contenute nel titolo edilizio, vanno interpretate, ad avviso del Collegio, come recanti un termine iniziale decorrente dalla consegna del documento al destinatario dello stesso.
Militano in tal senso le seguenti ragioni:
a) la valenza lessicale ed eziologica del termine “rilascio”, che esprime dinamicamente una azione di passaggio e di trasmissione;
b) ovvie esigenze di certezza rinvenibili nell’elemento oggettivo dell’attestazione, congiunta, della data di trasmissione del documento all’obbligato, ben potendo, per le più svariate ragioni, l’atto de quo essere portato nella sfera di conoscibilità del destinatario –obbligato al pagamento- ben oltre la data della sua adozione–sottoscrizione da parte del Dirigente competente (cfr., in tema di decadenza della C.E. per omesso tempestivo inizio dei lavori, TAR Salerno, II, 05.04.2006 n. 435 e l’orientamento giurisprudenziale ivi richiamato, secondo il quale il relativo termine inizia a decorrere soltanto dal momento in cui il titolo abilitativo edilizio viene comunicato al destinatario);
c) in ogni caso, la detta clausola di cui ai punti 19 e 20 della C.E., ove si potesse ritenere di dubbio significato, andrebbe, secondo i principi desumibili dagli artt. 1369, 1370 e 1371 c.c., interpretata nel senso suindicato, sia perché discrezionalmente, in tale formulazione sintetica, predisposta ed inserita unilateralmente dall’Amministrazione e sia perché la normativa di settore prevede già, concretando un contemperamento delle esigenze delle parti, un notevole ristoro economico sotto forma di “penale”, in caso di consistente ritardo nel pagamento dei contributi afferenti al rilascio della concessione edilizia.

... per l'accertamento della non debenza delle sanzioni di € 3.340,30 e di € 22.268,61, menzionate nella nota del Dirigente dell’UTC –Area IV- Comune di Giarre- del 18.04.2008 prot. 2591 per il ritardato pagamento, rispettivamente della seconda e terza rata, afferente agli oneri di urbanizzazione e al costo di costruzione relativi alla concessione edilizia n. 2435 del 04.08.2006, cointestata ai ricorrenti, e per l’annullamento dei relativi provvedimenti e degli atti presupposti tra cui la citata nota del 18.04.2008 e quella del 17.01.2008, prot. 7256 del medesimo Dirigente dell’UTC - Area IV°;
...
Eccesso di potere per travisamento di fatto in ordine al dies a quo per il computo del termine di pagamento, con conseguente insussistenza di ritardo del pagamento della seconda rata e di un ritardo di soli giorni venti nel pagamento della terza, che avrebbe comportato la minore sanzione del doppio degli interessi legali di cui alla lett. b) dell’art. 50 L.R. n. 71/1978.
...
Quarta censura –subordinatamente proposta-
Le espressioni “a dodici mesi dal rilascio della concessione edilizia” ovvero, per la terza rata, “a diciotto mesi”, contenute nel titolo edilizio, vanno interpretate, ad avviso del Collegio, come recanti un termine iniziale decorrente dalla consegna del documento al destinatario dello stesso.
Militano in tal senso le seguenti ragioni:
a) la valenza lessicale ed eziologica del termine “rilascio”, che esprime dinamicamente una azione di passaggio e di trasmissione;
b) ovvie esigenze di certezza rinvenibili nell’elemento oggettivo dell’attestazione, congiunta, della data di trasmissione del documento all’obbligato, ben potendo, per le più svariate ragioni, l’atto de quo essere portato nella sfera di conoscibilità del destinatario –obbligato al pagamento- ben oltre la data della sua adozione–sottoscrizione da parte del Dirigente competente (cfr., in tema di decadenza della C.E. per omesso tempestivo inizio dei lavori, TAR Salerno, II, 05.04.2006 n. 435 e l’orientamento giurisprudenziale ivi richiamato, secondo il quale il relativo termine inizia a decorrere soltanto dal momento in cui il titolo abilitativo edilizio viene comunicato al destinatario);
c) in ogni caso, la detta clausola di cui ai punti 19 e 20 della C.E., ove si potesse ritenere di dubbio significato, andrebbe, secondo i principi desumibili dagli artt. 1369, 1370 e 1371 c.c., interpretata nel senso suindicato, sia perché discrezionalmente, in tale formulazione sintetica, predisposta ed inserita unilateralmente dall’Amministrazione e sia perché la normativa di settore prevede già, concretando un contemperamento delle esigenze delle parti, un notevole ristoro economico sotto forma di “penale”, in caso di consistente ritardo nel pagamento dei contributi afferenti al rilascio della concessione edilizia.
Ne segue che la data di rilascio della concessione nella fattispecie deve individuarsi in quella del 24.08.2006, quando cioè il documento è stato consegnato al soggetto incaricato dal destinatario dello stesso. Ciò determina la conseguenza che il pagamento della seconda rata risulta, in ogni caso, tempestivo, mentre per la terza andrebbe applicata la sanzione di cui alla lettera b) dell’art. 50 L.R. n. 71/1978 e non quella prevista dalla successiva lettera c) del medesimo articolo 50
(TAR Sicilia-Catania, Sez. I, sentenza 24.04.2012 n. 1115 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Le sanzioni amministrative pecuniarie previste dall'art. 3 l. 28.02.1985 n. 47 per i casi di ritardo del versamento del contributo di concessione edilizia, che si distinguono, nell'ammontare, a seconda che il ritardo superi 120, 180 o 240 giorni dal termine legale di adempimento, sono soggette, in mancanza di una diversa disciplina legale, al termine di prescrizione di cinque anni stabilito dall'art. 28 l. 24.11.1981 n. 689, decorrente, in relazione a ciascuna fattispecie di ritardo, dal giorno dell'intervenuto pagamento del contributo.
Le sanzioni amministrative pecuniarie previste dall'art. 3 l. 28.02.1985 n. 47 -abrogato a decorrere dal 30.06.2002 dall'art. 136, comma 2, lett. f, d.P.R. 06.06.2001 n. 380- per i casi di ritardo del versamento del contributo di concessione edilizia, che si distinguono, nell'ammontare, a seconda che il ritardo superi 120, 180 o 240 giorni dal termine legale di adempimento, sono soggette, in mancanza di una diversa disciplina legale, al termine di prescrizione di cinque anni stabilito dall'art. 28 l. 24.11.1981 n. 689, decorrente, in relazione a ciascuna fattispecie di ritardo, dal giorno dell'intervenuto pagamento del contributo (Cassazione civile, sez. I, 06.11.2006, n. 23633) (TAR Liguria, Sez. I, sentenza 01.02.2012 n. 237 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2011

EDILIZIA PRIVATALe norme sul versamento degli oneri concessori non prevedono, a carico del Comune, l'onere di escutere previamente il garante prima di applicare le sanzioni per il ritardato pagamento del contributo.
L'obbligo di collaborazione ex art. 1227 cc. è estraneo all'ambito sanzionatorio e dunque non vincolante per l'amministrazione. In questa diversa prospettiva la diligenza è richiesta al privato, il quale è tenuto a estinguere spontaneamente le obbligazioni assunte senza potersi giovare dell'inerzia dell'amministrazione. L'affidamento del privato non potrebbe d'altra parte derivare dalla mera inerzia dell'ente pubblico ma solo da un eventuale comportamento positivo di quest'ultimo tale da configurare una qualche responsabilità da contatto.
Il dovere di diligenza a carico del privato non è attenuato dalla presenza della fideiussione, la quale non ha la finalità di agevolare l'adempimento ma costituisce una garanzia personale prestata unicamente nell'interesse dell'amministrazione.
La natura sanzionatoria delle misure ex art. 3 della legge 47/1985 impone che l'ente pubblico stabilisca in modo chiaro le obbligazioni del privato e che quest'ultimo sia messo in condizione di adempiere. Non è necessario invece che il privato sia sollecitato ad adempiere o agevolato in altro modo. Pertanto se il rapporto con l'amministrazione è trasparente e il privato è puntualmente informato delle scadenze delle rate degli oneri concessori non servono ulteriori atti di impulso diretti a provocare l'adempimento. Parimenti non è necessaria la preventiva escussione del fideiussore, a meno che un obbligo in questo senso non sia stato espressamente assunto dall'amministrazione.
L'Amministrazione non ha l'obbligo, a fronte del ritardato pagamento degli oneri concessori, di escutere la fideiussione, evitando in tal modo di applicare la sanzione. Infatti la fideiussione che accompagna la rateizzazione del pagamento degli oneri di urbanizzazione non ha la finalità di agevolare l'adempimento del soggetto obbligato al pagamento, bensì costituisce una garanzia personale prestata unicamente nell'interesse dell'amministrazione, sulla quale non incombe alcun obbligo di preventiva escussione del fideiussore; invero, la garanzia sussidiaria serve a scongiurare che il Comune possa irrimediabilmente perdere una entrata di diritto pubblico, ma non alleggerisce affatto la posizione del soggetto tenuto al pagamento, né attenua i doveri di diligenza sullo stesso incombenti, né estingue di per sé l'obbligazione principale.

Con il quarto motivo di ricorso parte ricorrente contesta la debenza delle sanzioni applicate per il ritardato pagamento degli oneri concessori, assumendo che il Comune ben avrebbe potuto escutere la garanzia fideiussoria, in relazione alla quale non era contemplato il beneficium excussionis, prima di far maturare i termini previsti per l’irrogazione delle sanzioni nella misura massima; pertanto il comportamento del Comune, oltre ad essere viziato per eccesso di potere si rileverebbe, nella prospettiva di parte ricorrente, anche irrispettoso del principio di buona fede di cui all’art. 1175 c.c., al quale deve essere improntato l’operato dell’Amministrazione nei rapporti con il cittadino.
Il Collegio non ignora che in ordine a tale problematica sussistano diversi orientamenti giurisprudenziali; sulla specifica questione sia l'orientamento del Consiglio di Stato che dei TAR non può dirsi univoco, essendosi talvolta affermato in materia il dovere dell'Amministrazione di non aggravare la posizione del debitore ai sensi dell'art. 1227 c.c. (V. la decisione del Consiglio di Stato Sezione V. n. 1001 del 03.07.1995 e TAR Veneto n. 342 del 09.02.2000), mentre in altre occasioni si è ritenuto che specifiche clausole in tema di fideiussione (quali l'obbligo del garante di pagare a seguito di semplice richiesta scritta del creditore e con rinuncia alla preventiva escussione) possono valere solo a rendere il rapporto fideiussorio autonomo rispetto al rapporto obbligatorio principale, senza comportare il dovere dell'Amministrazione di chiedere prima l'adempimento per poter poi applicare le relative sanzioni pecuniarie (V. la decisione del Consiglio di Stato Sezione V. 2072 del 10.12.1999, TAR Lombardia, Milano, sez. 2°, n. 1192 del 17.04.1999, TAR Puglia Lecce, sez. I, 06.11.2000, n. 3494, secondo cui “In materia edilizia ed urbanistica, le norme sul versamento degli oneri concessori non prevedono a carico del comune l'onere di escutere previamente l'istituto garante prima di applicare le sanzioni per il ritardato pagamento del contributo. La prestazione di garanzie reali o personali, infatti, in caso di rateizzazione del contributo di concessione, è obbligatoriamente richiesta dalla legge (art. 47 l. n. 457 del 1978) e si colloca nell'interesse esclusivo dell'amministrazione. Trovano, perciò, piena applicazione i principi civilistici in materia di fidejussione e cioè solidarietà ai sensi dell'art. 1944 c.c., autonomia delle azioni verso i vari coobbligati e responsabilità principale del soggetto garantito rispetto a quella accessoria del garante (c.d. solidarietà diseguale)” TAR Veneto Venezia, sez. II, 21.10.2005, n. 3727 ).
Peraltro più di recente il Consiglio di Stato Sezione V, con le decisioni n. 1250 del 24.03.2005 e n. 6345 dell'11.11.2005 e n. 4025 del 16.07.2007, ha precisato che, in assenza di inadempimenti imputabili all'Amministrazione idonei a configurare a suo carico una responsabilità "da contatto" oppure di natura precontrattuale, il richiamo all'art. 1227 c.c. è del tutto inconferente, essendo tale disposizione riferibile solo alle obbligazioni di carattere risarcitorio e non a quelle (anche di contenuto pecuniario) di natura sanzionatoria, come nel caso in esame.
"Invero, pur in presenza di un contratto di garanzia cosiddetta autonoma, con il quale il garante si obbliga ad eseguire la prestazione oggetto della garanzia "a semplice richiesta" del creditore garantito, senza opporre eccezioni attinenti alla validità, all'efficacia ed alla vicenda del rapporto principale, anche in questa ipotesi il meccanismo dell'adempimento del garante "a prima richiesta" scatta a seguito dell'inadempimento dell'obbligazione principale, ancorché resti vietato al garante di chiedere la preventiva escussione del debitore principale (Cass. 18.11.1992 n. 12341, 03.11.1993 n. 10850, 17.05.2001 n. 6757) .
D'altronde, neppure con riguardo al regime ordinario delle obbligazioni tra privati sarebbe pertinente il richiamo all'art. 1227 cod. civ. Infatti, l'onere di diligenza che questa norma fa gravare sul creditore non si estende alla sollecitudine nell'agire a tutela del proprio credito onde evitare maggiori danni, i quali viceversa sono da imputare esclusivamente alla condotta del debitore, tenuto al tempestivo adempimento della sua obbligazione (V. Corte cost. n. 308 del 14.07.1999).
Inoltre, non è dato ravvisare nel sistema di cui agli artt. 1936 ss. cod. civ. alcun principio di preventiva doverosa escussione del fideiussore alla scadenza del termine fissato per l'adempimento dell'obbligazione garantita, che peraltro colliderebbe con le finalità dell'istituto, inteso a rafforzare la garanzia del credito in funzione di un interesse proprio e specifico del creditore.
In altri termini, ed in materia di obbligazioni "portable" quali quelle pecuniarie, e con termine di adempimento che esonera dalla costituzione in mora del debitore, il creditore è soltanto facultato ad attivare la solidale responsabilità del fideiussore, senza che possa invece ritenersi tenuto ad escutere il coobbligato piuttosto che attendere il pagamento, ancorché tardivo, salva l'esistenza di apposita clausola in tal senso (che dovrebbe essere accettata dall'Amministrazione), nella specie non prevista
” (Consiglio di stato, sez. V, 16.07.2007, n. 4025).
A tale orientamento ha aderito anche la IV sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 4419 del 10.08.2007, secondo cui “Le norme sul versamento degli oneri concessori non prevedono, a carico del Comune, l'onere di escutere previamente il garante prima di applicare le sanzioni per il ritardato pagamento del contributo”.
Il Collegio aderisce a tale ultimo orientamento, atteso che l'obbligo di collaborazione ex art. 1227 cc. è estraneo all'ambito sanzionatorio e dunque non vincolante per l'amministrazione. In questa diversa prospettiva la diligenza è richiesta al privato, il quale è tenuto a estinguere spontaneamente le obbligazioni assunte senza potersi giovare dell'inerzia dell'amministrazione. L'affidamento del privato non potrebbe d'altra parte derivare dalla mera inerzia dell'ente pubblico ma solo da un eventuale comportamento positivo di quest'ultimo tale da configurare una qualche responsabilità da contatto.
Il dovere di diligenza a carico del privato non è attenuato dalla presenza della fideiussione, la quale non ha la finalità di agevolare l'adempimento ma costituisce una garanzia personale prestata unicamente nell'interesse dell'amministrazione (in questo senso cfr. di recente TAR Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 11.09.2009, n. 1688 secondo cui “la natura sanzionatoria delle misure ex art. 3 della legge 47/1985 impone che l'ente pubblico stabilisca in modo chiaro le obbligazioni del privato e che quest'ultimo sia messo in condizione di adempiere. Non è necessario invece che il privato sia sollecitato ad adempiere o agevolato in altro modo. Pertanto se il rapporto con l'amministrazione è trasparente e il privato è puntualmente informato delle scadenze delle rate degli oneri concessori non servono ulteriori atti di impulso diretti a provocare l'adempimento. Parimenti non è necessaria la preventiva escussione del fideiussore, a meno che un obbligo in questo senso non sia stato espressamente assunto dall'amministrazione”; TAR Lombardia Milano, sez. II, 21.07.2009, n. 4405 “L'Amministrazione non ha l'obbligo, a fronte del ritardato pagamento degli oneri concessori, di escutere la fideiussione, evitando in tal modo di applicare la sanzione. Infatti la fideiussione che accompagna la rateizzazione del pagamento degli oneri di urbanizzazione non ha la finalità di agevolare l'adempimento del soggetto obbligato al pagamento, bensì costituisce una garanzia personale prestata unicamente nell'interesse dell'amministrazione, sulla quale non incombe alcun obbligo di preventiva escussione del fideiussore; invero, la garanzia sussidiaria serve a scongiurare che il Comune possa irrimediabilmente perdere una entrata di diritto pubblico, ma non alleggerisce affatto la posizione del soggetto tenuto al pagamento, né attenua i doveri di diligenza sullo stesso incombenti, né estingue di per sé l'obbligazione principale”)
(TAR Valle d'Aosta, sentenza 02.11.2011 n. 71 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAPer il ritardato pagamento degli oneri di una concessione edilizia non si può invocare la preventiva escussione del fideiussore.
Con l’appello in esame, il ricorrente aveva chiesto la riforma di una sentenza del Tar che aveva respinto un ricorso proposto contro un comune, dal quale era stato sanzionato per il ritardato pagamento degli oneri relativi al rilascio di una concessione edilizia.
I giudici del Consiglio di Stato hanno respinto la tesi difensiva del ricorrente ricordando che su questo punto è ormai consolidato l'orientamento della quinta sezione: con decisioni C.S. n. 1250/2005, n. 6345/2005, n. 4025/2007 è stato, infatti, precisato che in assenza di inadempimenti imputabili all'Amministrazione idonei a configurare a suo carico una responsabilità "da contatto" oppure di natura precontrattuale, non può farsi riferimento all'art. 1227 c.c. essendo tale disposizione riferibile solo alle obbligazioni di carattere risarcitorio e non a quelle (anche di contenuto pecuniario) di natura sanzionatoria, come nel caso in esame.
Quest'ultima conclusione deve essere confermata. Invero, pur in presenza di un contratto di garanzia cosiddetta autonoma, con il quale il garante si obbliga ad eseguire la prestazione oggetto della garanzia "a semplice richiesta" del creditore garantito, senza opporre eccezioni attinenti alla validità, all'efficacia ed alla vicenda del rapporto principale, anche in questa ipotesi il meccanismo dell'adempimento del garante "a prima richiesta" scatta a seguito dell'inadempimento dell'obbligazione principale, ancorché resti vietato al garante di chiedere la preventiva escussione del debitore principale (Cass. 18.11.1992 n. 12341, 03.11.1993 n. 10850, 17.05.2001 n. 6757).
D'altronde, neppure con riguardo al regime ordinario delle obbligazioni tra privati sarebbe pertinente il richiamo all'art. 1227 cod. civ. Infatti, l'onere di diligenza che questa norma fa gravare sul creditore non si estende alla sollecitudine nell'agire a tutela del proprio credito onde evitare maggiori danni, i quali viceversa sono da imputare esclusivamente alla condotta del debitore, tenuto al tempestivo adempimento della sua obbligazione (V. Corte cost. n. 308 del 14.07.1999).
Inoltre, non è dato ravvisare nel sistema di cui agli artt. 1936 ss. cod. civ. alcun principio di preventiva doverosa escussione del fideiussore alla scadenza del termine fissato per l'adempimento dell'obbligazione garantita, che peraltro colliderebbe con le finalità dell'istituto, inteso a rafforzare la garanzia del credito in funzione di un interesse proprio e specifico del creditore.
In altri termini, ed in materia di obbligazioni "portable" quali quelle pecuniarie, e con termine di adempimento che esonera dalla costituzione in mora del debitore, il creditore è soltanto facultato ad attivare la solidale responsabilità del fideiussore, senza che possa invece ritenersi tenuto ad escutere il coobbligato piuttosto che attendere il pagamento, ancorché tardivo, salva l'esistenza di apposita clausola in tal senso (che dovrebbe essere accettata dall'Amministrazione), nella specie non prevista
” (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 28.09.2011 n. 5395 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAL’art. 3 della legge n. 47 del 1985 delinea, del resto, un sistema autosufficiente di sanzioni amministrative pecuniarie (abrogato e riassorbito, a decorrere dal 30.06.2002, dal T.U. di cui al DPR 380/2001) per i casi di ritardo del versamento del contributo di concessione edilizia, che si distinguono a seconda dell’entità del ritardo.
Non a caso la Corte dei Conti ha chiarito che in ipotesi di ritardata riscossione dei contributi in questione non è configurabile un danno per mancata esazione di interessi e rivalutazione monetaria sui contributi stessi, proprio perché la conseguenza del ritardo è sanzionata (omnicomprensivamente) dalle specifiche sanzioni amministrative pecuniarie di cui al citato art. 3 l. 47/1985.
In questo modo, vengono a trovare applicazione, peraltro, principi non dissimili a quelli vigenti in materia di sanzioni amministrative per violazioni tributarie (si veda, in particolare l’art. 2, comma 3, del d.lgs. 472/1997, secondo cui la sanzione irrogata a titolo di sanzione amministrativa non produce comunque interessi).

Non può dimenticarsi, anzitutto, che il legislatore ha in effetti puntualmente disciplinato le conseguenze per il mancato o tardivo pagamento degli oneri concessori, di cui agli artt. 5 e 6 della legge n. 10 del 1977, prevedendo, a seconda del ritardo accumulato:
a) la corresponsione degli interessi legali di mora se il versamento avviene nei successivi trenta giorni;
b) la corresponsione di un penale pari al doppio degli interessi legali qualora il versamento avvenga negli ulteriori trenta giorni;
c) l’aumento, infine, di un terzo del contributo dovuto, quando il ritardo si protragga oltre il termine di cui alla precedente lettera b).
Orbene, va dato anzitutto rilievo al fatto che la legge non prevede esplicitamente, nel caso della richiamata lettera c), l’applicazione di alcuna ulteriore penalità o l’addebito di interessi, ancorché corrispettivi e nella sola misura legale, in favore dell’Amministrazione.
Risulta, peraltro, che quest’ultima alla scadenza dei termini di pagamento è rimasta inerte, senza attivarsi per la riscossione né avvalersi delle polizze fideiussorie depositate a garanzia dell’adempimento.
La società ricorrente richiama, poi, un orientamento giurisprudenziale di primo grado, ad avviso del quale la maggiorazione del contributo concessorio, prevista dall’art. 3 della legge 28.02.1985 n. 47, non ha carattere sanzionatorio ma è una penale convenzionale ex art. 1382 c.c., con la conseguenza che essa rappresenta una liquidazione anticipata e forfettaria del danno derivante dal ritardo nel pagamento degli oneri concessori ed assorbe perciò sia gli interessi sia l’eventuale danno ulteriore (ma ciò solo fino al giorno della maturazione della maggiorazione, atteso che l’eventuale prolungamento del ritardo comporta che, a partire da quel giorno, maturano gli interessi sull’intero credito: cfr. TAR Umbria 24.10.2002, n. 752).
In realtà, non pare necessario scomodare l’istituto della clausola penale, di cui al citato art. 1382 c.c., con la quale si conviene che, in caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento, uno dei contraenti è tenuto ad una determinata prestazione.
Detta clausola, come è noto, ha l’effetto di limitare il risarcimento del danno derivante dall’inadempimento (art. 1218 c.c.) alla prestazione promessa, se non è stata convenuta la risarcibilità del danno ulteriore, e svolge dunque la funzione di liquidazione preventiva del danno, essenzialmente facendo risparmiare al contraente-creditore, che chieda il risarcimento alla controparte, debitore inadempiente, la prova dell’ammontare del danno stesso.
Non solo, la clausola esonera addirittura dalla prova sull’esistenza del danno, poiché il comma 2 dello stesso art. 1382 afferma che essa opera indipendentemente da detta prova. La clausola dunque opera a favore del contraente creditore, che può pretendere la determinata prestazione anche se dall’inadempimento sia derivato un danno di valore inferiore o addirittura se non sia derivato alcun danno; ma, se non sia stata convenuta la risarcibilità del danno ulteriore, può risolversi in favore della parte inadempiente giacché il danno effettivo può essere superiore alla prestazione convenuta (analoghe funzioni caratterizzano la caparra confirmatoria, prevista nell’art. 1385 c.c., la quale però esercita maggiormente il ruolo di stimolo all’adempimento, atteso che il contraente non inadempiente, anziché ritenere la caparra ricevuta o pretendere il doppio della caparra data, può pretendere l’esecuzione o la risoluzione del contratto, ed in tal caso il risarcimento del danno è regolato dalle norme generali, ossia dagli artt. 1223 ss. c.c.).
In verità, nella fattispecie, non sembra dover trovare applicazione l’istituto della penale civilistica su base convenzionale, assistendosi, invece, all’applicazione di penali di tipo pubblicistico, i cui contenuti prestazionali, nel rispetto dei principi di matrice costituzionale, sono fissati dalla legge stessa e pertanto, a tutela del soggetto inciso, sono assorbenti e non ammettono deroghe in senso aggiuntivo, anche se relativamente alla mera corresponsione di interessi corrispettivi connessi alla liquidità ed esigibilità del credito.
L’art. 3 della legge n. 47 del 1985 delinea, del resto, un sistema autosufficiente di sanzioni amministrative pecuniarie (abrogato e riassorbito, a decorrere dal 30.06.2002, dal T.U. di cui al DPR 380/2001) per i casi di ritardo del versamento del contributo di concessione edilizia, che si distinguono a seconda dell’entità del ritardo (cfr. Cass. civ., I, 06.11.2006, n. 23633).
Non a caso la Corte dei Conti ha chiarito che in ipotesi di ritardata riscossione dei contributi in questione non è configurabile un danno per mancata esazione di interessi e rivalutazione monetaria sui contributi stessi, proprio perché la conseguenza del ritardo è sanzionata (omnicomprensivamente) dalle specifiche sanzioni amministrative pecuniarie di cui al citato art. 3 l. 47/1985 (Corte conti, Sez. giur. Calabria, 14.05.1993, n. 20).
In questo modo, vengono a trovare applicazione, peraltro, principi non dissimili a quelli vigenti in materia di sanzioni amministrative per violazioni tributarie (si veda, in particolare l’art. 2, comma 3, del d.lgs. 472/1997, secondo cui la sanzione irrogata a titolo di sanzione amministrativa non produce comunque interessi) (C.G.A.R.S., sentenza 15.09.2011 n. 557 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Quantificazione oneri concessori - Possibilità del privato di versare la maggiore somma da lui quantificata - Sussiste - Possibilità di revisione dell'importo per volontà unilaterale del privato - Non sussiste - Ratio.
2. Concessione di costruzione - Contributi - Pagamento - Ritardo - Escussione fideiussione - Obbligo della P.A. - Non sussiste - Ratio.
3. Concessione di costruzione - Contributi - Diritto di credito della P.A. - Termine di prescrizione decennale.
4. Concessione di costruzione - Contributi - Pagamento - Ritardo o omissione - Sanzioni pecuniarie - Termine di prescrizione quinquennale.
5. Concessione di costruzione - Contributi - Pagamento - Omissione - Sanzioni pecuniarie - Termine di prescrizione quinquennale - Dies a quo.
6. Oblazione e oneri concessori - Controversie in tema di corretta quantificazione - Attengono a diritti soggettivi delle parti - Configurabilità del vizio di difetto di motivazione - Non sussiste - Ratio.

1. Qualora si verta in tema di diritti disponibili, la parte promittente può liberamente assumere impegni patrimoniali a prescindere da un obbligo normativo o, comunque, più onerosi rispetto a quelli astrattamente previsti dalla legge (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 4015/2005, n. 1209/1999; TAR Milano, sent. n. 196/2010): in particolare, a fronte di un atto con cui il privato ha quantificato l'ammontare del contributo dovuto per il rilascio di un permesso di costruire ed ha assunto con la P.A. l'impegno a versare la somma così quantificata, non è, quindi, consentito alla parte promittente porre unilateralmente in discussione, in un momento successivo, quanto da essa stessa dichiarato e sottrarsi ad obblighi liberamente assunti, a meno che faccia valere una causa di invalidità o un motivo di risoluzione dell'accordo.
2. A fronte del ritardato pagamento degli oneri concessori, la P.A. non ha un obbligo di attivarsi nei confronti del garante per il recupero di quanto dovuto (cfr. TAR, Milano, sent. n. 4405/2009, n. 4306/2009; Cons. di Stato, sent. n. 4419/2007, n. 6345/2005; TAR Salerno, sent.n. 1936/2008).
Infatti, la fideiussione che accompagna la rateizzazione del pagamento degli oneri di urbanizzazione non ha la finalità di agevolare l'adempimento del soggetto obbligato al pagamento, bensì costituisce una garanzia personale prestata unicamente nell'interesse della P.A., sulla quale non incombe, quindi, alcun obbligo di preventiva escussione del fideiussore; la garanzia sussidiaria serve a scongiurare che il Comune possa irrimediabilmente perdere una entrata di diritto pubblico, ma non alleggerisce affatto la posizione del soggetto tenuto al pagamento, né attenua i doveri di diligenza sullo stesso incombenti, né estingue di per sé l'obbligazione principale (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 6345/2005).
3. Il diritto di credito della P.A. comunale avente ad oggetto il pagamento del contributo dovuto per il rilascio della concessione edilizia è soggetto all'ordinario termine decennale di prescrizione, decorrente dalla data di rilascio della concessione edilizia (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 2686/2008, n. 4302/2000).
4. Le sanzioni pecuniarie previste all'art. 42, D.P.R. n. 380/2001 per i casi di ritardato o omesso versamento del contributo di costruzione sono soggette -in mancanza di una diversa disciplina legale- al termine di prescrizione di cinque anni stabilito dall'art. 28, Legge n. 689/1981 (cfr. Cass. Civ., sent. n. 23633/2006; TAR Cagliari, sent. n. 70/2008; TAR, Salerno, sent. n. 647/2005; TAR Catanzaro, sent. n. 1514/2001; TAR Catania, sent. n. 701/2006).
5. In caso di omesso pagamento del contributo, il dies a quo del termine di prescrizione quinquennale va individuato nella scadenza del termine di 240 giorni successivi alla data prevista per il pagamento del contributo (cfr. TAR Potenza, sent. n. 141/2008).
6. Le controversie relative all'an ed al quantum delle somme dovute a titolo di oblazione e di oneri concessori, riservate dalla legge alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, riguardano diritti soggettivi delle parti, rispetto alle quali non è configurabile il vizio di difetto di motivazione: infatti, le operazioni di corretta quantificazione dell'oblazione e degli atti concessori si esauriscono in una mera operazione materiale che, se errata, può comportare soltanto la violazione dei criteri fissati dalla normativa ovvero dalla P.A. con norme di natura regolamentare e, quindi, la sussistenza del solo vizio di violazione di legge, potendo l'interessato, sulla base dei predetti criteri generali, contestare l'erroneità della quantificazione operata dalla P.A., evidenziando ad esempio l'erroneità dei calcoli ovvero dei presupposti di fatto o di diritto (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 4217/2000; TAR Milano, sent. n. 97/2011 e n. 4455/2009) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 08.09.2011 n. 2189 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAL'amministrazione comunale non ha un obbligo, a fronte del ritardato pagamento degli oneri concessori, di attivarsi nei confronti del garante per il recupero di quanto dovuto.
La fideiussione che accompagna la rateizzazione del pagamento degli oneri di urbanizzazione non ha, difatti, la finalità di agevolare l'adempimento del soggetto obbligato al pagamento, bensì costituisce una garanzia personale prestata unicamente nell'interesse dell'amministrazione, sulla quale non incombe, quindi, alcun obbligo di preventiva escussione del fideiussore; la garanzia sussidiaria serve a scongiurare che il Comune possa irrimediabilmente perdere una entrata di diritto pubblico, ma non alleggerisce affatto la posizione del soggetto tenuto al pagamento, né attenua i doveri di diligenza sullo stesso incombenti, né estingue di per sé l'obbligazione principale.
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Il diritto di credito dell'amministrazione comunale avente ad oggetto il pagamento del contributo dovuto per il rilascio della concessione edilizia èa soggetto all'ordinario termine decennale di prescrizione, decorrente dalla data di rilascio della concessione edilizia. Il "dies a quo" per la prescrizione dell'obbligo giuridico relativo al pagamento del costo di costruzione e degli oneri di urbanizzazione decorre dal giorno del rilascio del titolo edilizio.
Le sanzioni pecuniarie previste all’art. 42, d.P.R. n. 380/2001 per i casi di ritardato o omesso versamento del contributo di costruzione sono, invece, soggette -in mancanza di una diversa disciplina legale- al termine di prescrizione di 5 anni stabilito dall'art. 28 della legge 24.11.1981, n. 689. In caso di omesso pagamento del contributo, il dies a quo del termine di prescrizione quinquennale va individuato nella scadenza del termine di 240 giorni successivi alla data prevista per il pagamento del contributo.
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A norma dell’art. 42 del D.P.R. n. 380 del 2001, la sanzione massima, pari al 40% del contributo dovuto, trova applicazione quando l'omissione del pagamento del contributo si protrae fino a 240 giorni dalla scadenza. Decorso inutilmente tale termine il Comune può provvedere alla riscossione coattiva del complessivo credito.
Il termine di prescrizione inizia, dunque, a decorrere dal 241° giorno successivo alla scadenza prevista per il pagamento poiché, in caso di omesso versamento del contributo, il diritto alla riscossione della sanzione del 40% può essere fatto valere dal Comune solo da tale momento.
Nel caso in cui il privato abbia ottenuto la rateizzazione del pagamento e non abbia corrisposto l’intero contributo -e dunque non solo una singola rata- va preso a riferimento -quale termine di scadenza del pagamento- il termine di scadenza dell’ultima rata (e dunque non il termine di scadenza delle singole rate).
In tale ipotesi, invero, non viene applicata una sanzione su singole rate ma sull’intero contributo ed è solo con lo scadere del termine di pagamento dell’ultima rata che matura la sanzione sull’intero contributo.

Sono infondate le censure rivolte avverso il comportamento tenuto dal Comune di violazione dei doveri di correttezza, diligenza e buona fede, per avere omesso di rivolgersi al fideiussore al fine di esigere il pagamento delle rate del contributo non pagate, evitando così il maturare degli interessi e l’irrogazione delle sanzioni.
Il Collegio aderisce all’orientamento, già accolto in alcuni precedenti della Sezione, secondo cui l'amministrazione non ha un obbligo, a fronte del ritardato pagamento degli oneri concessori, di attivarsi nei confronti del garante per il recupero di quanto dovuto (TAR Lombardia, Milano, sez. II, 21.07.2009, n. 4405; n. 4306/2009; Consiglio Stato, sez. IV, 10.08.2007, n. 4419; sez. V, 11.11.2005, n. 6345; 16.07.2007 n. 4025; sez. IV 13.03.2008 n. 1084; sez. II, 24.05.2006 n. 7683/2004; TAR Campania Salerno, sez. II, 16.06.2008, n. 1936).
La fideiussione che accompagna la rateizzazione del pagamento degli oneri di urbanizzazione non ha, difatti, la finalità di agevolare l'adempimento del soggetto obbligato al pagamento, bensì costituisce una garanzia personale prestata unicamente nell'interesse dell'amministrazione, sulla quale non incombe, quindi, alcun obbligo di preventiva escussione del fideiussore; la garanzia sussidiaria serve a scongiurare che il Comune possa irrimediabilmente perdere una entrata di diritto pubblico, ma non alleggerisce affatto la posizione del soggetto tenuto al pagamento, né attenua i doveri di diligenza sullo stesso incombenti, né estingue di per sé l'obbligazione principale (Cons. Stato, sez. V, 11.11.2005, n. 6345).
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La società ricorrente contesta, poi, l’intervenuta prescrizione della pretesa del pagamento del contributo e delle relative sanzioni.
Anche questa censura è infondata.
La giurisprudenza è concorde nel ritenere che il diritto di credito dell'amministrazione comunale avente ad oggetto il pagamento del contributo dovuto per il rilascio della concessione edilizia sia soggetto all'ordinario termine decennale di prescrizione, decorrente dalla data di rilascio della concessione edilizia (Consiglio Stato, sez. IV, 06.06.2008, n. 2686; sez. V, 04.08.2000, n. 4302).
Nel caso di specie, il "dies a quo" per la prescrizione dell'obbligo giuridico relativo al pagamento del costo di costruzione e degli oneri di urbanizzazione decorre dal 18.04.2002, giorno del rilascio del titolo edilizio.
L'impugnata ingiunzione di pagamento è stata adottata il 10.02.2009, quando il diritto di credito del Comune non era, dunque, prescritto.
Le sanzioni pecuniarie previste all’art. 42, d.P.R. n. 380/2001 per i casi di ritardato o omesso versamento del contributo di costruzione sono, invece, soggette -in mancanza di una diversa disciplina legale- al termine di prescrizione di cinque anni stabilito dall'art. 28 della legge 24.11.1981, n. 689 (Cass., Sez. I, sent. n. 23633 del 06-11-2006; TAR Sardegna Cagliari, sez. II, 30.01.2008, n. 70; TAR Campania, Salerno, Sez. II, 22.04.2005 n. 647; TAR Calabria, Catanzaro, Sez. II, 08.10.2001 n. 1514; TAR Sicilia, Catania, Sez. I, 08.05.2006 n. 701).
In caso di omesso pagamento del contributo, il dies a quo del termine di prescrizione quinquennale va individuato nella scadenza del termine di 240 giorni successivi alla data prevista per il pagamento del contributo (cfr. TAR Basilicata Potenza, sez. I, 30.04.2008, n. 141).
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A norma dell’art. 42 del D.P.R. n. 380 del 2001, invero, la sanzione massima, pari al 40% del contributo dovuto trova applicazione quando l'omissione del pagamento del contributo si protrae fino a 240 giorni dalla scadenza. Decorso inutilmente tale termine il Comune può provvedere alla riscossione coattiva del complessivo credito.
Il termine di prescrizione inizia, dunque, a decorrere dal 241° giorno successivo alla scadenza prevista per il pagamento poiché, in caso di omesso versamento del contributo, il diritto alla riscossione della sanzione del 40% può essere fatto valere dal Comune solo da tale momento.
Nel caso in cui il privato abbia ottenuto la rateizzazione del pagamento e non abbia corrisposto l’intero contributo -e dunque non solo una singola rata- (come accade nella fattispecie oggetto del presente giudizio in cui la prima rata ha un importo pari a zero e le altre tre rate non sono state pagate) va preso a riferimento -quale termine di scadenza del pagamento- il termine di scadenza dell’ultima rata (e dunque non il termine di scadenza delle singole rate).
In tale ipotesi, invero, non viene applicata una sanzione su singole rate ma sull’intero contributo ed è solo con lo scadere del termine di pagamento dell’ultima rata che matura la sanzione sull’intero contributo.
Nel caso di specie, il termine di 240 giorni successivi alla data di scadenza del pagamento dell’ultima rata (18.10.2003) è il 14.06.2004: poiché l’ingiunzione di pagamento è del 10.02.2009, anche il diritto al pagamento delle sanzioni pecuniarie non si è prescritto
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 08.09.2011 n. 2189 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA1. Contributi concessori - Omesso o ritardato pagamento - Escussione fideiussione - Obbligo - Non sussiste - Ratio.
2. Giustizia amministrativa - Restituzione di somme indebitamente riscosse da parte della P.A. - Diritto del privato agli interessi legali - Sussiste - Dies a quo - Proposizione della domanda.
3. Concessione edilizia - Contributo di concessione - Provvedimento di liquidazione - Particolare motivazione - Non necessita - Ratio.

1. La P.A. non ha l'obbligo, a fronte del ritardato pagamento degli oneri concessori, di escutere la fideiussione, evitando in tal modo di applicare la sanzione: infatti, la fideiussione che accompagna la rateizzazione del pagamento degli oneri di urbanizzazione non ha la finalità di agevolare l'adempimento del soggetto obbligato al pagamento, bensì costituisce una garanzia personale prestata unicamente nell'interesse dell'amministrazione, sulla quale non incombe alcun obbligo di preventiva escussione del fideiussore (TAR Milano, sent. n. 7308/2010, n. 4405/2009).
2. Sulle somme indebitamente riscosse dal Comune relativamente al contributo concessorio spettano gli interessi legali dalla data della domanda, dovendosi presumere la buona fede della P.A. percipiente e trattandosi di pagamento di indebito oggettivo, il quale genera la sola obbligazione di restituzione con gli interessi a norma dell'art. 2033 c.c. (cfr. TAR Milano, sent. n. 1463/2004).
3. Ogni procedura amministrativa volta alla liquidazione ed al pagamento di oneri edilizi in senso lato attiene ad attività non autoritativa e si fonda sull'applicazione automatica di regole di calcolo previste da fonte normativa, senza alcun contenuto di discrezionalità per la P.A.: pertanto, non è necessaria una specifica motivazione, dal momento che i conteggi sono la risultante di un'operazione di calcolo matematico, effettuata sulla base di taluni parametri fissati da norme legislative e sub-legislative (cfr. TAR Brescia, sent. n. 2382/2009; TAR Parma, sent. n. 351/2010, TAR Milano, sent. n. 165/2006) (tratto da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 22.06.2011 n. 1627 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAL'Amministrazione non ha l'obbligo, a fronte del ritardato pagamento degli oneri concessori, di escutere la fideiussione, evitando in tal modo di applicare la sanzione.
Infatti, la fideiussione che accompagna la rateizzazione del pagamento degli oneri di urbanizzazione non ha la finalità di agevolare l'adempimento del soggetto obbligato al pagamento, bensì costituisce una garanzia personale prestata unicamente nell'interesse dell'amministrazione, sulla quale non incombe alcun obbligo di preventiva escussione del fideiussore

Sul punto si richiama l’orientamento di questa sezione, secondo cui l'Amministrazione non ha l'obbligo, a fronte del ritardato pagamento degli oneri concessori, di escutere la fideiussione, evitando in tal modo di applicare la sanzione.
Infatti, la fideiussione che accompagna la rateizzazione del pagamento degli oneri di urbanizzazione non ha la finalità di agevolare l'adempimento del soggetto obbligato al pagamento, bensì costituisce una garanzia personale prestata unicamente nell'interesse dell'amministrazione, sulla quale non incombe alcun obbligo di preventiva escussione del fideiussore (ex multis TAR Lombardia Milano, sez. II, 21.07.2009, n. 4405)
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 22.06.2011 n. 1627 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI - EDILIZIA PRIVATA: GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA – TERMINI PROCESSUALI – EQUIPARAZIONE DEL SABATO AI GIORNI FESTIVI – ESTENSIONE AI TERMINI COMPUTABILI A RITROSO – ESCLUSIONE – art. 52 c.p.a.
  
GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA – DEPOSITO DI MEMORIE E DOCUMENTI AI FINI DELL’UDIENZA DI DISCUSSIONE – PERENTORIETÀ DEI TERMINI – art. 54 c.p.a.
  
GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA – REVOCAZIONE – RICORSO – OMESSA INDICAZIONE DEI VIZI – INAMMISSIBILITÀ – art. 395 c.p.c.; art. 106 c.p.a.
  
GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA – DECISIONE FONDATA SU RAGIONI MANIFESTE O SU ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI CONSOLIDATI – CONDANNA DELLA PARTE SOCCOMBENTE A UNA SOMMA DI DENARO – art. 26 c.p.a.
  
Il sabato è equiparato ai giorni festivi ai soli fini del compimento degli atti processuali svolti fuori dell’udienza che scadono in tale giornata, come la notifica e il deposito di atti processuali; ai sensi dell’art. 52, 5° comma, cod. proc. amm. l’equiparazione non vale però per i termini che si computano a ritroso (quali il termine per il deposito dei documenti o delle memorie, in vista dell’udienza di discussione).
  
I termini per il deposito delle memorie o dei documenti, ai sensi dell’art. 54 cod. proc. amm. sono perentori, perché stabiliti a garanzia del contraddittorio e della corretta organizzazione del lavoro del giudice.
  
È inammissibile il ricorso per revocazione nel quale non sia indicata alcuna delle cause di revocazione previste dall’art. 395 c.p.c..
  
Ai sensi dell’art. 26 cod. proc. amm., la parte soccombente, quando la decisione sia fondata su ragioni manifeste o su orientamenti giurisprudenziali consolidati, può essere condannata al pagamento in favore dell’altra parte di una somma di denaro equitativamente determinata, a titolo di indennizzo per il danno lecito da processo (nella specie, il collegio, in assenza di elementi contrari, ha condannato la parte ricorrente ad una somma pari a quella liquidata per spese di giudizio).
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GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA – RICORSO GIURISDIZIONALE – TERMINE – COMPUTO – CRITERIO – INDIVIDUAZIONE
  
GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA – RICORSO GIURISDIZIONALE – TERMINE – SABATO – EQUIPARAZIONE AI GIORNI FESTIVI – LIMITE
  
GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA – RICORSO GIURISDIZIONALE – TERMINE – SABATO – EQUIPARAZIONE AI GIORNI FESTIVI – APPLICABILITÀ SOLO AI TERMINI CHE SI CALCOLANO IN AVANTI, E NON ANCHE A QUELLI A RITROSO
  
GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA – RICORSO GIURISDIZIONALE – TERMINE – PER IL DEPOSITO DI DOCUMENTI, MEMORIE E REPLICHE – INDIVIDUAZIONE
  
Nel caso in cui la legge indica un termine processuale riferendosi ad un certo numero di giorni liberi, il suddetto numero di giorni esclude tanto il dies a quo quanto il dies ad quem.
  
Ai sensi dell’art. 155, comma 5, c.p.c., aggiunto dall’art. 2 comma 1, l. 28.12.2005 n. 263 ed applicabile anche al processo amministrativo, il sabato è da considerarsi equiparato ai giorni festivi, ma limitatamente agli atti processuali scadenti di sabato e da compiersi fuori dell’udienza, mentre resta giorno lavorativo per l’attività degli ufficiali giudiziari e per gli addetti all’ufficio ricorsi.
  
Nel processo amministrativo la regola fissata dall’art. 155, comma 5, c.p.c. in ordine all’equiparazione del sabato ai giorni festivi, vale solo per i termini che si calcolano in avanti, e non anche per quelli che si calcolano a ritroso, atteso che l’art. 52, comma 5, c.p.a. estende al sabato solo la proroga dei termini che scadono di giorno festivo, con la conseguenza che un termine a ritroso, che scada di sabato, non va anticipato al venerdì e, ove scada di domenica, va anticipato al sabato, e non al venerdì.
  
Ai sensi dell’art. 73, comma 1°, c.p.a. le parti possono produrre documenti nel termine perentorio di quaranta giorni liberi prima dell’udienza, di trenta giorni liberi per le memorie e di venti giorni liberi per le repliche, ma se l’ultimo giorno libero cade in un giorno festivo il deposito va anticipato a pena di esclusione al giorno precedente; peraltro, ai sensi del precedente art. 52, comma 4°, c.p.a., detta regola non si applica per i termini a ritroso che scadono di sabato
(massima tratta da www.scuolagiuridica.it).
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6. Preliminare la sezione deve esaminare l’eccezione, sollevata dalla difesa del comune, di tardività della memoria difensiva depositata dalla parte ricorrente il giorno lunedì 18.04.2011.
6.1. L’eccezione è fondata.
6.2. In ordine alla individuazione dei termini del processo amministrativo ed ai criteri di computo degli stessi, in virtù del rinvio operato dall’art. 39, co. 1, c.p.a. trova applicazione la disciplina dettata dal codice di procedura civile salve le deroghe tipizzate dal c.p.a..
Ai fini del computo dei termini si estende al processo amministrativo la disciplina dettata dall’art. 155 c.p.c.; il c.p.a. aggiunge a tale disciplina alcune precisazioni in tema di giorno festivo e di sabato.
Quanto al caso in cui il giorno di scadenza sia festivo, la proroga di diritto al primo giorno seguente non festivo opera non solo per i termini legali, ma anche per quelli fissati dal giudice (art. 52, co. 3, c.p.a.); inoltre, nel caso di termini che si computano a ritroso (come per i giorni liberi prima dell’udienza), la scadenza viene anticipata al giorno antecedente non festivo (art. 52, co. 4, c.p.a. che recepisce un consolidato indirizzo della giurisprudenza, cfr. Cass., 12.12.2003, n. 19041); è altresì pacifico che quando la legge indica il termine riferendosi ad un certo numero di giorni liberi, il suddetto numero di giorni esclude tanto il dies a quo quanto il dies ad quem (cfr., fra le tante, Cass., 12.12.2003, n. 19041 cit.; 20.05.2002, n. 7331).
Il sabato è stato equiparato ai festivi (in virtù della novella di cui all’art. 2, co. 11, d.l. n. 263 del 2005, in vigore dal 01.03.2006); l’equiparazione opera però al solo fine del compimento degli atti processuali svolti fuori dell’udienza che scadono di sabato, onde consentire agli avvocati di procedere ai relativi adempimenti, concernenti i termini di notifica e deposito che scadono di sabato, il successivo lunedì; a tutti gli altri effetti il sabato è considerato giorno lavorativo, anche per quanto attiene, dunque, alle attività di ufficiali giudiziari e di addetti agli uffici ricorsi, come dispone espressamente l’art. 155 c.p.c. (tanto emerge implicitamente dal decreto del presidente del Consiglio di Stato n. 83 del 2010 che ha disciplinato, con decorrenza 01.10.2010, gli orari di apertura al pubblico dell’ufficio ricevimento ricorsi e delle segreterie delle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato).
Il c.p.a. esplicita l’applicabilità della disciplina sul sabato anche al processo amministrativo (art. 52, co. 5, c.p.a., in tal senso si era già espressa la preferibile giurisprudenza, cfr. Cons. St., sez. IV, 18.02.2008, n. 446).
Questa regola, però, vale solo per i termini che si calcolano in avanti, e non anche per i termini che si calcolano a ritroso; infatti l’art. 52, co. 5, c.p.a. estende al sabato solo la <<proroga di cui al comma 3>>, ossia la proroga dei giorni che scadono di giorno festivo, e dunque non anche il meccanismo di anticipazione di cui al co. 4; ne consegue che se un termine a ritroso scade di sabato, esso non va anticipato al venerdì, così come se il termine a ritroso scade di domenica, va anticipato al sabato e non al venerdì.
6.3. Le parti possono presentare memorie e repliche in vista dell’udienza di discussione; prima del codice le parti potevano produrre documenti fino a venti giorni liberi anteriori al giorno fissato per l’udienza e presentare memorie fino a dieci giorni liberi (art. 23, co. 4, l. Tar).
6.3.1. Il nuovo codice ha allungato tali termini, per meglio garantire lo studio degli atti processuali ad opera del giudice e delle parti ed ha aggiunto l’istituto delle repliche (ammesso dalla precedente prassi); pertanto le parti possono produrre documenti fino a quaranta giorni liberi prima dell’udienza, memorie fino a trenta giorni liberi e repliche fino a venti giorni liberi (art. 73, co. 1, c.p.a.); lo scopo della previsione è quello di consentire alla controparte di disporre dei termini ivi previsti per visionare altrui documenti e memorie.
Stante la su enucleata ratio legis, prima del codice si è affermato che se l’ultimo giorno libero cade in giorno festivo, il deposito va anticipato al giorno precedente pena la tardività della produzione (cfr. Cons. giust. amm. 30.03.2009, n. 215); tanto è ora sancito espressamente dal c.p.a. secondo cui per i termini computati a ritroso, quali quelli in esame, la scadenza è anticipata al giorno antecedente non festivo, ma la regola, come già visto, non si applica per i termini a ritroso che scadono di sabato (art. 52, co. 4, c.p.a.).
6.3.2. Prima del codice era disputata la natura perentoria o meno dei termini per il deposito di documenti e memorie prevalendo da ultimo la tesi che, quantomeno avuto riguardo al termine per le memorie, questo fosse perentorio integrando un precetto di ordine pubblico processuale a garanzia dell’interesse del giudice a conoscere in tempo utile gli atti processuali (cfr., da ultimo, Cons. St., sez. V, n. 5245 del 2009; sez. VI, n. 4699 del 2008).
La questione ha trovato espressa soluzione nel c.p.a. a tenore del quale la presentazione tardiva di memorie o documenti può essere eccezionalmente autorizzata dal collegio, su richiesta di parte, quando la produzione nel termine di legge risulta estremamente difficile; in ogni caso va assicurato il pieno rispetto del diritto delle controparti al contraddittorio sugli atti tardivamente depositati (art. 54, co. 1, c.p.a.).
Se ne desume che:
   a) i termini di deposito di documenti, memorie e repliche sono imposti a pena di decadenza;
   b) il deposito tardivo è possibile solo se c’è un autorizzazione del collegio che si atteggia a rimessione in termini per errore scusabile, come ipotesi speciale di essa, di cui condivide i presupposti; 
   c) va comunque garantito il contraddittorio.
La giurisprudenza successiva all’entrata in vigore del codice ha ribadito che tali termini sono perentori a garanzia del contraddittorio e della corretta organizzazione del lavoro del giudice (cfr. Cons. St., sez. V, 01.04.2011, n. 2032; sez. V, 29.03.2011, n. 1910; sez. VI, 16.02.2011, n. 984).
6.4. Facendo applicazione dei su esposti principi al caso di specie, risulta evidente che il deposito della memoria difensiva della società ricorrente, avvenuto lunedì 18.04.2011 in vista dell’udienza di discussione della presente controversia fissata per il giorno 17.03.2011, è tardivo perché effettuato oltre il termine ultimo per legge individuato nel giorno sabato 16.04.2011.
6.5. Dall’assodata tardività della memoria depositata dalla società ricorrente, dalla insussistenza dei presupposti per la concessione dell’errore scusabile (alla luce dei rigorosi principi da ultimo enucleati dall’adunanza plenaria di questo Consiglio n. 3 del 2010), nonché dalla natura meramente illustrativa delle comparse conclusionali, discende l’inutilizzabilità processuale della memoria depositata il 18.04.2011, in ordine all’integrazione o specificazione di fatti costitutivi di domande ed eccezioni non ritualmente proposte, con tutte le ulteriori conseguenze connesse all’applicazione dell’art. 26 c.p.a. (cfr. Cons. St., sez. V, 01.04.2011, n. 2032; 29.03.2011, n. 1926) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 31.05.2011 n. 3252 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Ritardato pagamento costo di costruzione - Sanzione pecuniaria ex art. 42 D.P.R. n. 380/2001 - Sospensione pagamento oneri di urbanizzazione - Diversa disciplina del costo di costruzione - Legittimità.
2. Ritardato pagamento costo di costruzione - Sanzione pecuniaria ex art. 42 D.P.R. n. 380/2001 - Fideiussione per pagamento oneri e costo di costruzione - Irrilevanza - Legittimità.

1. Gli oneri di urbanizzazione ed il costo di costruzione differiscono, oltre che per finalità, risultando dovuti i primi per compensare l'aggravio del carico urbanistico ed i secondi per l'aumentata capacità contributiva del titolare, per la disciplina -di cui agli artt. 45 e 46 L.R. n. 12/2005 e art. 16 D.P.R. n. 380/2001- in forza della quale la realizzazione di opere a scomputo o la monetizzazione possono riguardare soltanto gli oneri di urbanizzazione e non certo il costo di costruzione per il quale è previsto dalla legge soltanto il versamento a favore del Comune, senza modalità alternative di assolvimento dell'obbligo di pagamento.
Di conseguenza la sospensione del pagamento degli oneri di urbanizzazione, non giustifica il differimento del versamento del costo di costruzione, risultando legittima l'applicazione della sanzione ex art. 42 D.P.R. n. 380/2001 per ritardato pagamento impugnata.
2. Ai fini del differimento del pagamento del costo di costruzione, nessuna rilevanza assume la presentazione da parte della ricorrente di una polizza fideiussoria a garanzia del pagamento degli oneri di urbanizzazione sospesi ed anche della quota pari al costo di costruzione, visto che tale fideiussione costituisce garanzia di adempimento ma non può assurgere a giustificazione del ritardo visto che l'Amministrazione garantita, in caso di inadempimento, non ha alcun onere di escutere il fideiussore prima del debitore principale (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 14.03.2011 n. 731 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAIn merito al ritardo del Comune nell'escutere la fideiussione a garanzia del versamento degli oo.uu. e, conseguentemente, sugli effetti circa gli interessi per il mancato pagamento.
Come affermato da questo Consiglio in caso consimile (sez. V, 05.02.2003, n. 571), “ove una società, per il rilascio di una concessione edilizia per la realizzazione di un impianto industriale abbia corrisposto la metà del contributo dovuto per oneri di urbanizzazione, mentre la parte residua sia stata rateizzata in due anni e sia stata consegnata al comune una fideiussione con espressa rinuncia al "beneficium excussionis" e l'obbligo del fideiussore di versare quanto richiesto in termini brevi previo semplice avviso, sussiste una obbligazione di garanzia del tutto autonoma rispetto al rapporto creditore-debitore principale; pertanto, è sufficiente la semplice richiesta dal comune al fideiussore per ottenere il pagamento, con la conseguenza che l'inerzia del comune va interpretata, in caso di controversia sul punto dell'applicabilità dell'art. 3 legge n. 47 del 1985, quale volontà da parte del comune di rinunziare alla clausola predetta e la successiva pretesa da parte dell'amministrazione degli interessi per ritardato pagamento costituisce violazione dei doveri di correttezza cui è tenuto il creditore per rendere meno gravosa la posizione del debitore nell'adempiere ad un'obbligazione” (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 02.03.2011 n. 1357 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2010

EDILIZIA PRIVATA: Oneri di urbanizzazione - Pattuizione negoziale tra P.A. e privato - Ritardato pagamento rate - Sanzione legale - Inapplicabilità.
A fronte di una pattuizione negoziale tra P.A. e privato in materia di oneri di urbanizzazione, pattuizione che ha introdotto una disciplina diversa rispetto a quella legale, non può applicarsi la norma che introduce il regime sanzionatorio per violazione di scadenze previste dalla legge, in quanto la sanzione è legata al termine legale (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 10.12.2010 n. 7504 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Nel caso di pattuizione di pagamento rateizzato degli oo.uu. e costo di costruzione con scadenze diverse da quelle previste dalla legge, non può ad una pattuizione negoziale essere applicata una sanzione che presuppone l’applicazione dei termini di adempimento legali, in quanto la sanzione è legata al termine legale.
L’agire dell’Amministrazione rischia di violare altresì il principio di legalità in tema di sanzioni amministrative di cui all’art. 1 l. 24.11.1981 n. 689, in quanto verrebbe estesa la sanzione ad una violazione non prevista dalla legge.
La sanzione comminata per ritardato pagamento deve essere annullata, mentre sono stati correttamente applicati gli interessi legali, calcolati sui 55 giorni di ritardo.

La società ricorrente ha impugnato l’atto di inflizione della sanzione per ritardato pagamento della seconda rata degli oneri dovuti a titolo di urbanizzazione primaria, secondaria e il costo di costruzione.
Come emerge dalla ricostruzione in fatto, tra le parti era intervenuto un accordo in forza del quale il versamento di detta somma era stata ripartita in due rate, la prima al ritiro del titolo e la seconda entro il 31.03.2010. Poiché la seconda rata veniva invece versata in data 27.05.2010, l’Amministrazione ha applicato la sanzione per il ritardato pagamento, in forza dell’art. 42, comma 2, DPR 380/2001, nonché gli interessi di mora.
Il ricorso è fondato e va accolto.
Il quadro normativo di riferimento è rappresentato dagli artt. 16 e 42 del DPR 380/2001.
L’art. 16 prevede che il contributo dovuto a titolo di urbanizzazione e di costo di costruzione possa essere rateizzato: infatti il comma secondo stabilisce testualmente che la quota di contributo relativa agli oneri di urbanizzazione è corrisposta al comune all'atto del rilascio del permesso di costruire e, su richiesta dell'interessato, può essere rateizzata.
Il successivo comma quarto prevede invece che la quota di contributo relativa al costo di costruzione venga determinata all'atto del rilascio e corrisposta in corso d'opera, con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, non oltre sessanta giorni dalla ultimazione della costruzione.
L’art. 42, comma 2, del suddetto T.U., contiene il regime sanzionatorio, stabilendo che, il mancato versamento, nei termini stabiliti, del contributo di costruzione comporta:
a) l'aumento del contributo in misura pari al 10 per cento qualora il versamento del contributo sia effettuato nei successivi centoventi giorni;
b) l'aumento del contributo in misura pari al 20 per cento quando, superato il termine di cui alla lettera a), il ritardo si protrae non oltre i successivi sessanta giorni;
c) l'aumento del contributo in misura pari al 40 per cento quando, superato il termine di cui alla lettera b), il ritardo si protrae non oltre i successivi sessanta giorni.
Il successivo IV comma statuisce che nel caso di pagamento rateizzato le norme di cui al secondo comma si applicano ai ritardi nei pagamenti delle singole rate.
L’Amministrazione Comunale di Peschiera Borromeo ha approvato, con delibera della G.C. n. 99 del 1994, una disciplina generale di rateizzazione del versamento del contributo di urbanizzazione e di costruzione, prevedendo tre rate: la prima al momento del ritiro del titolo edilizio, la seconda a 6 mesi dal rilascio dello stesso e l’ultima entro un anno.
Nel caso di specie tuttavia l’Amministrazione ha approvato una rateizzazione differente, in accordo con il titolare del permesso di costruire, dando espressamente atto che la rateizzazione era maggiormente favorevole all’Amministrazione Comunale, “in quanto prevede l’incasso in tempi più brevi rispetto a quelli previsti nella deliberazione di G.C. n. 99/1994”.
Vale fin da ora un raffronto: se le parti avessero applicato la regola generale di rateizzazione in tre scaglioni, la società Ametista avrebbe dovuto versare il 50% al momento del ritiro del titolo (cioè il 29.12.2009), la seconda rata del 25% entro il 29.06.2010 e l’ultima rata al 29.12.2010.
Di fatto la società ha invece versato il 50 % al momento del ritiro del titolo e il residuo il 27.5.2010, quindi in ogni caso prima della scadenza sia della seconda sia della terza rata previste dalla disciplina generale.
Il provvedimento nella parte in cui applica la sanzione è illegittimo.
Infatti la fonte dell’obbligazione è la norma di legge, ma i termini di adempimento dell’obbligazione pecuniaria sono stati stabiliti in base all’accordo tra le parti.
Alla pattuizione negoziale, che ha introdotto una disciplina diversa rispetto a quella legale, ad avviso del Collegio, non può applicarsi la norma che introduce il regime sanzionatorio per violazione di scadenze previste dalla legge.
In altri termini non può ad una pattuizione negoziale essere applicata una sanzione che presuppone l’applicazione dei termini di adempimento legali, in quanto la sanzione è legata al termine legale.
Qui è stato violato il termine convenzionale: il ritardo nel versamento del conguaglio si è infatti verificato rispetto ad una scadenza negoziale, non a quella legale.
L’agire dell’Amministrazione rischia di violare altresì il principio di legalità in tema di sanzioni amministrative di cui all’art. 1 l. 24.11.1981 n. 689, in quanto verrebbe estesa la sanzione ad una violazione non prevista dalla legge.
Pertanto la sanzione deve essere annullata, mentre sono stati correttamente applicati gli interessi legali, calcolati sui 55 giorni di ritardo (TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 10.12.2010 n. 7504 - link a www.giustizia-mministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Contributi concessori - Omesso o ritardato pagamento - Procedimento sanzionatorio - Comunicazione di avvio del procedimento - Necessità - Non sussiste - Ratio.
2. Contributi concessori - Omesso o ritardato pagamento - Escussione fideiussione - Obbligo - Non sussiste.
3. Abusi edilizi - Sanzioni pecuniarie - Produzione di interessi legali - Legittimità - Ratio.

1. Nei procedimenti sanzionatori per omesso o ritardato pagamento dei contributi concessori, non è dovuta comunicazione di avvio del procedimento, attesa la natura vincolata dei provvedimenti afflittivi e l'automatica messa in mora del debitore per effetto del mancato pagamento alla scadenza, per cui nessun avviso di avvio del procedimento è dovuto al debitore stesso (cfr. TAR Sardegna, sent. n. 70/2008 e Cons. di Stato, sent. n. 4419/2007).
2. Nei procedimenti sanzionatori per omesso o ritardato pagamento dei contributi concessori, la garanzia fideiussoria, se da un lato vale certamente a rafforzare la posizione della P.A. quale creditore pecuniario, dall'altro non impone però a quest'ultima la preventiva escussione del fideiussore né esclude un'attenuazione dell'obbligo del debitore principale e neppure vale a trasformare l'obbligazione di quest'ultimo in una sorta di obbligazione sussidiaria rispetto a quella del fideiussore (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 2581/2009 e n. 4419/2007; TAR Brescia, sent. 519/2010; TAR Milano, sent. n. 4405/2009 e n. 4306/2009).
3. E' legittima la produzione di interessi legali sulle sanzioni, considerato che il credito per queste ultime è comunque un credito liquido ed esigibile, produttivo come tale di interessi legali secondo la generale previsione dell'art. 1282 c.c., senza contare che, in mancanza del pagamento degli interessi, il ritardo nel versamento delle sanzioni andrebbe soltanto a danno della P.A. (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 8345/2003) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 22.11.2010 n. 7308 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Contributo di concessione - Ritardato od omesso versamento - Fideiussione - Legittimazione della P.A. ad escutere la fideiussione - Sussiste quando, per il ritardo maturato, è già insorto in capo al privato l'obbligo di pagare la sanzione nella misura massima prevista.
2. Contributo di concessione - Ritardato versamento - Fideiussione - Obbligo (o onere) del Comune di attivare la garanzia fideiussoria - Non sussiste prima del verificarsi di un inadempimento tale da determinare la riscossione coattiva del credito complessivo - Inapplicabilità della sanzione pecuniaria nella misura massima in presenza di fideiussione - Non sussiste.

1. In caso di ritardato od omesso versamento del contributo di concessione (o delle singole rate di esso), l'Amministrazione può escutere la fideiussione solamente nel momento in cui, per il ritardo maturato, è già insorto in capo al privato l'obbligo di pagare la sanzione nella misura massima prevista.
Infatti, il limite temporale (termine dilatorio) posto alla riscossione coattiva dall'art. 3, quinto comma, della legge 28.02.1985 n. 47 (oggi trasfuso nell'art. 42 del d.p.r. 06.06.2001 n. 380), è riferibile ad ogni forma di recupero della somma dovuta, e quindi anche all'escussione della garanzia prestata.
2. È da escludersi l'obbligo (o l'onere) del Comune di attivare la garanzia fideiussoria in presenza di un mero ritardo nel versamento del contributo di concessione (o delle singole rate di esso), prima del verificarsi di un inadempimento tale da determinare la riscossione coattiva del credito complessivo e, conseguentemente, che la garanzia fideiussoria renda illegittima l'applicazione della sanzione pecuniaria nella misura massima (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 06.07.2010 n. 2777 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Sull'onere o meno del Comune di escutere la polizza fidejussoria a garanzia del versamento del contributo di costruzione scaduti i termini di legge.
Non può rimproverarsi alla p.a. resistente di avere aggravato la posizione del debitore principale, non potendo pretendersi che la stessa, per il fatto che è stata prestata un fideiussione “a prima richiesta”, debba subito attivarsi, scaduti i termini di legge, per l’escussione della polizza.
Deve, invero, ritenersi che l’amministrazione sia libera di scegliere il momento in cui agire, e che il maturare delle maggiorazioni ex art. 81 –legate al decorso del termine, per fasce temporali o classi di ritardo nell’assolvimento dell’obbligazione di pagamento- non possa che farsi risalire al comportamento del debitore, affatto libero di effettuare i versamenti con il maturare delle rate e dei termini cui sono legate le maggiorazioni per ritardato pagamento.
Lo stesso non può che dirsi, seguendo il medesimo filo logico, anche per quanto concerne il maturare degli interessi legali, pacificamente legati al decorso del tempo.
Né può seriamente sostenersi che, in forza dell’art. 1220 c.c., sia stata effettuata un’offerta reale con gli effetti che ne conseguono, in detta previsione normativa, sulla base dei solleciti o pressioni esercitati sull’amministrazione affinché accettasse i pagamenti.
Come eccepito dalla p.a. resistente, infatti, non è stata formalizzata alcuna offerta reale, e a ciò non ha replicato in alcun modo la difesa della ricorrente, che non aveva addotto, a conforto delle sua affermazioni, riscontri documentali (TAR Veneto, Sez. II, sentenza 21.05.2010 n. 2133 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Oneri di urbanizzazione - ritardato pagamento - sanzioni - art. 3, co. 2, lett. c, L. 47/1985 - garanzia fideiussoria - obbligo di acquisizione - non sussiste.
2. Oneri di urbanizzazione - ritardato pagamento - sanzioni - art. 3, co. 2, lett. c, L. 47/1985 - garanzia fideiussoria - determinazione della sanzione in caso di mancata attivazione di detta garanzia
3. Sanzione amministrativa - natura di credito portable - Interessi.

1. In relazione al pagamento degli oneri di urbanizzazione, non esiste un obbligo del Comune di acquisire la garanzia fideiussoria, e, pertanto, qualora esso si attivi, non esiste neanche l'obbligo di farlo immediatamente alla scadenza del termine per il pagamento onde evitare che l'ammontare delle sanzioni cresca con il decorso del tempo (in materia di obbligazioni portable da adempiere nel domicilio del creditore quali quelle pecuniarie, e con termine di adempimento che esonera dalla costituzione in mora del debitore, il creditore è soltanto facultato ad attivare la solidale responsabilità del fideiussore, e non è tenuto ad escutere il coobligato piuttosto che attendere il pagamento, ancorché tardivo, salva l'esistenza di apposita clausola in tal senso).
2. In tema di oneri concessori, la fideiussione non ha lo scopo di agevolare l'adempimento da parte del soggetto obbligato al pagamento, configurandosi piuttosto come una garanzia personale nell'interesse dell'Amministrazione, finalizzata a rafforzare la generica garanzia del credito rappresentata dal patrimonio dell'interessato; pertanto, non spetta al soggetto tenuto al pagamento determinare le modalità di esercizio da parte dell'Amministrazione della facoltà di attivazione della garanzia, non sussistendo alcun obbligo di preventiva escussione del fideiussore e non comportando la mancata escussione del garante la liberazione del garantito).
Pertanto, anche in presenza di un fideiussore, l'inadempimento rimane tale e le sanzioni sono senz'altro dovute ma -a meno che non sia previsto un beneficio di escussione in favore del fideiussore- sono dovute nella misura del 20%, che è la misura prevista per il ritardo nel pagamento del saldo degli oneri anche per un solo giorno.
3. Il credito al pagamento della sanzione amministrativa è un credito liquido ed esigibile, che, in quanto tale, produce naturaliter interessi, posto che il credito liquido è quello determinato nel suo ammontare o determinabile con mere operazioni matematiche, ed il credito esigibile è quello non sottoposto a termine, né a condizione sospensiva: la norma generale dell'art. 1282 c.c. non viene derogata da previsioni speciali nella materia in esame e d'altronde essa è applicabile alle sanzioni amministrative pecuniarie una volta sorta l'obbligazione ex lege di pagare, altrimenti l'ulteriore ritardo nel pagamento della sanzione pecuniaria andrebbe a danneggiare unicamente la pubblica amministrazione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 02.02.2010 n. 519 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2009

EDILIZIA PRIVATA: 1. Ritardato pagamento rata costo di costruzione.
2. Sanzioni amministrative - fideiussione con rinuncia al beneficio di preventiva escussione.

1. L'atto con il quale l'Amministrazione comunale liquida - con riferimento ad una determinata concessione edilizia- i contributi urbanistici, in applicazione di determinazioni generali, ha carattere ricognitivo e contabile, non presentando alcun margine di discrezionalità. e le controversie sui contributi di concessione edilizia, ivi comprese quelle che irrogano le sanzioni per mancato pagamento, sono devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo, a partire dall'art. 16 della l. 28.01.1977 n. 10 ed ora in forza dell'art. 7 della L. n. 205 del 21.07.2000.
2. E' illegittima l'applicazione delle sanzioni per il ritardo nel versamento nel caso in cui il titolare della concessione, a garanzia del pagamento dei contributi concessori, abbia stipulato fideiussione contenente rinuncia al beneficio di preventiva escussione.
Il Comune ha infatti uno specifico dovere, fondato sugli articoli 1175, 1375 e 1227, comma 2, del cod. civ., di richiedere quanto dovutogli al garante, con la conseguenza che -se esso viene meno a tale dovere e resta inerte- viola l'obbligo gravante sul creditore di attivarsi per non aggravare la posizione del debitore (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 22.10.2009 n. 1760 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAIl Collegio condivide l’orientamento -già espresso in sede cautelare- che ritiene illegittima l'applicazione delle sanzioni per il ritardo nel versamento nel caso in cui il titolare della concessione, a garanzia del pagamento dei contributi concessori, abbia stipulato fideiussione contenete rinuncia al beneficio di preventiva escussione.
Finché il termine per il pagamento non è spirato, l'obbligato principale non può essere ritenuto in ritardo o inadempiente, né il Comune potrebbe agire nei suoi confronti o nei confronti del garante; solo allorché il termine sia scaduto ed il ritardo nell'adempimento si sia così concretizzato, l'Amministrazione ha l'obbligo -radicato sui principi sopra richiamati e finalizzato ad evitare che il persistente ritardo possa comportare l'assoggettamento del debitore a più gravi sanzioni- di pretendere il dovuto dal garante.

L’art. 3 della L. n. 47/1985 (vigente all’epoca ed ora trasfuso nell’art. 42 del T.U. n. 380/2001) dispone che “…Il mancato versamento, nei termini di legge, del contributo di concessione di cui agli articoli 3, 5, 6 e 10, L. 28.01.1977, n. 10 , comporta:
a) l'aumento del contributo in misura pari al 20 per cento qualora il versamento del contributo sia effettuato nei successivi centoventi giorni;
b) l'aumento del contributo in misura pari al 50 per cento quando, superato il termine di cui alla lettera a), il ritardo si protrae non oltre i successivi sessanta giorni;
c) l'aumento del contributo in misura pari al 100 per cento quando, superato il termine di cui alla lettera b), il ritardo si protrae non oltre i successivi sessanta giorni. …

Pur dando atto della presenza di contrastanti indirizzi giurisprudenziali al riguardo, il Collegio condivide l’orientamento -già espresso in sede cautelare- che ritiene illegittima l'applicazione delle sanzioni per il ritardo nel versamento nel caso in cui il titolare della concessione, a garanzia del pagamento dei contributi concessori, abbia stipulato fideiussione contenete rinuncia al beneficio di preventiva escussione.
E’ stato infatti rilevato che il Comune ha uno specifico dovere, fondato sugli articoli 1175, 1375 e 1227, comma 2, del cod. civ., di richiedere quanto dovutogli al garante, con la conseguenza che -se esso viene meno a tale dovere e resta inerte- viola l'obbligo gravante sul creditore di attivarsi per non aggravare la posizione del debitore (cfr. TAR Napoli Sez. II 21.05.2008 n. 4856, TAR Basilicata 23.01.2006 n. 4; Cons. St., Sez. V, 05.02.2003, n. 585, 10.01.2003 n. 32).
Va peraltro soggiunto che dalle considerazioni che precedono non può però farsi derivare la conseguenza che non possa applicarsi alcuna sanzione. Invero, condivisibile giurisprudenza (cfr. TAR Napoli Sez. II 21.05.2008 n. 4856, TAR Basilicata 23.01.2006 n. 4 e TAR Lazio Latina, 13.11.2006, n. 1660) ha posto in luce che l'obbligo del Comune di attivarsi per recuperare il dovuto dal garante sorge soltanto allorché sia spirato il termine per il pagamento e il debitore principale sia rimasto inadempiente.
E’ stato quindi chiarito che fino alla scadenza il Comune non è tenuto ad alcun adempimento, perché trattandosi di obbligazione portable, che doveva essere adempiuta al domicilio del creditore (art. 1182 del codice civile), per tali obbligazioni non è necessaria la costituzione in mora del debitore quando, essendo stabilito un termine, lo stesso è scaduto inutilmente (art. 1219 del codice civile).
In altri termini, finché il termine per il pagamento non è spirato, l'obbligato principale non può essere ritenuto in ritardo o inadempiente, né il Comune potrebbe agire nei suoi confronti o nei confronti del garante; solo allorché il termine sia scaduto ed il ritardo nell'adempimento si sia così concretizzato, l'Amministrazione ha l'obbligo -radicato sui principi sopra richiamati e finalizzato ad evitare che il persistente ritardo possa comportare l'assoggettamento del debitore a più gravi sanzioni- di pretendere il dovuto dal garante.
Quanto sopra porta evidentemente a ritenere che un sia pur limitato ritardo nella riscossione, ove il debitore principale non rispetti il termine previsto per il pagamento, è inevitabile anche se il Comune chieda immediatamente l'adempimento al garante (e questo provveda); ciò implica quindi l'applicazione della sanzione prevista per il ritardo nell'adempimento protratto per i primi 120 giorni.
È chiaro però che -ove il Comune resti del tutto inerte e il pagamento avvenga con ritardo superiore a 120 giorni- esso non potrà pretendere di applicare le maggiorazioni della sanzione previste, perché il maggior ritardo avrebbe potuto essere evitato (e la posizione del debitore non aggravata) se esso avesse esercitato correttamente e diligentemente i propri diritti (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 22.10.2009 n. 1760 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Pagamento a favore di un ente pubblico - reversale di incasso - predisposizione anticipata - non necessaria.
2. Sanzioni ex art. 3 L. 47/1985 - sollecitazione ad adempiere - non necessaria.

1. Per effettuare un pagamento a favore di un ente pubblico non è necessaria alcuna reversale di incasso predisposta dagli uffici.
In base al principio contenuto ancora nell'art. 197, comma 2, del RD 12.02.1911 n. 297 (in seguito nuovamente codificato nell'art. 24, comma 4, del Dlgs. 25.02.1995 n. 77 e ora nell'art. 180, comma 4, del Dlgs. 18.08.2000 n. 267) il tesoriere deve accettare la riscossione di ogni somma versata in favore dell'ente, anche senza la preventiva emissione di un ordinativo di incasso (è poi compito del tesoriere dare immediata comunicazione all'ente dell'avvenuto pagamento richiedendo la conferma o la regolarizzazione).
La mancata predisposizione in via anticipata delle reversali di incasso da parte degli uffici comunali non costituisce rifiuto illegittimo di ricevere il pagamento ai sensi degli art. 1206-1207 cc.
2. La natura sanzionatoria delle misure ex art. 3 della legge 47/1985 impone che l'ente pubblico stabilisca in modo chiaro le obbligazioni del privato e che quest'ultimo sia messo in condizione di adempiere. Non è necessario invece che il privato sia sollecitato ad adempiere o agevolato in altro modo.
Pertanto, se il rapporto con l'amministrazione è trasparente e il privato è puntualmente informato delle scadenze delle rate degli oneri concessori non servono ulteriori atti di impulso diretti a provocare l'adempimento.
Parimenti non è necessaria la preventiva escussione del fideiussore, a meno che un obbligo in questo senso non sia stato espressamente assunto dall'amministrazione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 11.09.2009 n. 1688 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATASul ritardato pagamento del contributo di costruzione in forma rateizzata.
La natura sanzionatoria delle misure ex art. 3 della legge 47/1985 impone che l’ente pubblico stabilisca in modo chiaro le obbligazioni del privato e che quest’ultimo sia messo in condizione di adempiere. Non è necessario invece che il privato sia sollecitato ad adempiere o agevolato in altro modo.
Pertanto, se il rapporto con l’amministrazione è trasparente e il privato è puntualmente informato delle scadenze delle rate degli oneri concessori non servono ulteriori atti di impulso diretti a provocare l’adempimento.
Parimenti non è necessaria la preventiva escussione del fideiussore, a meno che un obbligo in questo senso non sia stato espressamente assunto dall’amministrazione (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 11.09.2009 n. 1688 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Facoltà dell'Amministrazione di escutere la fideiussione a garanzia del pagamento degli oneri concessori - Mancato pagamento degli oneri concessori maggiorati nella misura massima di cui all'art. 42 D.P.R. n. 380/2001 - Sussistenza.
La facoltà dell'Amministrazione di escutere la fideiussione a garanzia del pagamento delle rate di debito degli oneri concessori sorge solo quando, per il ritardo maturato, è già insorto in capo al privato l'obbligo di pagare la sanzione nella misura massima prevista dall'art. 42 D.P.R. n. 380/2001; la fideiussione non ha la finalità di agevolare l'adempimento del soggetto obbligato al pagamento, ma costituisce la garanzia personale prestata nell'interesse dell'Amministrazione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 21.07.2009 n. 4405 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa riscossione coattiva degli oo.uu. rateizzati si configura come la conseguenza per l’ipotesi in cui il ritardo si protragga oltre il 240° giorno (che va ad aggiungersi alla sanzione dell’aumento del contributo nella misura pari al 40%).
La facoltà di escutere la fideiussione sorge solo quando, per il ritardo maturato, è già insorto in capo al privato l’obbligo di pagare la sanzione nella misura massima prevista (40%).

In merito all'applicazione della sanzione per ritardato pagamento degli oneri di urbanizzazione si sono registrate due posizioni in giurisprudenza: secondo il primo orientamento, richiamato da parte ricorrente, cui aveva in passato anche aderito questo Tribunale, in presenza di una fideiussione a garanzia del pagamento delle rate di debito degli oneri concessori è illegittima l'ingiunzione di corrispondere in misura doppia gli oneri concessori scaduti, senza escutere la garanzia, per violazione del generale dovere di correttezza di cui all'art. 1175 c.c. e del principio di cui all'art. 1227 c.c., che impone al creditore di non aggravare la posizione del debitore.
In presenza di una fideiussione bancaria “a semplice richiesta” a garanzia dell’importo da versare per il contributo a titolo di oneri urbanistici, una volta verificato che l'interessato ha omesso di corrispondere i ratei alle scadenze previste, è illegittima l'emanazione di un'ordinanza per il pagamento di una somma comprendente (oltre alle rate non pagate) le sanzioni, ciò in quanto sarebbe stata sufficiente la semplice richiesta al fideiussore (iniziativa non gravosa né esposta a rischi di sorta) per evitare un consistente aggravamento della posizione debitoria del privato e per conseguire tempestivamente il credito (Cons. Stato, sez. V 03.07.1995 n. 1001; Cons. Stato, sez. V 05.02.2003 n. 585 e 10.01.2003 n. 32 ; TAR Veneto, sez. II, 09.02.2006, n. 342; TAR Sardegna, sez. II, 07.08.2006 , n. 1595; Tar Lombardia, Milano, sez. II, 07.10.2003, n. 4505)
Va però puntualizzato che nel precedente di questa Sezione vi è era anche un espresso impegno dell’Amministrazione ad utilizzare la predetta garanzia per il caso di inutile decorso dei termini di scadenza delle rate ( sez. II, 07.10.2003, n. 4505).
Diverso orientamento afferma che la fideiussione che accompagna la rateizzazione del pagamento degli oneri di urbanizzazione non ha la finalità di agevolare l'adempimento del soggetto obbligato al pagamento, bensì costituisce una garanzia personale prestata unicamente nell'interesse dell'amministrazione, sulla quale non incombe alcun obbligo di preventiva escussione del fideiussore; invero, la garanzia sussidiaria serve a scongiurare che il Comune possa irrimediabilmente perdere una entrata di diritto pubblico, ma non alleggerisce affatto la posizione del soggetto tenuto al pagamento, né attenua i doveri di diligenza sullo stesso incombenti, né estingue di per sé l'obbligazione principale (TAR Campania Salerno, sez. II, 16.06.2008, n. 1936).
E’ stato puntualmente precisato dal Consiglio di Stato, nella decisione n. 6345/2005, che l'art. 1227 c.c. “esula del tutto dall'ambito sanzionatorio, in cui l'ente investito della potestà punitiva non può certamente equipararsi al creditore di un'obbligazione risarcitoria, tanto più allorquando la progressione illecita del trasgressore -puntualmente scandita da graduati e ragionevoli aggravamenti delle sanzioni in corrispondenza del protrarsi del ritardo nel pagamento- non abbia ancora esaurito tutta l'antigiuridicità presa in considerazione dalla singola previsione applicata […]" (Cons. Stato, sez. V, 11.11.2005, n. 6345; Cons. Stato, sez. IV 13.03.2008 n. 1084; Cons. Stato, sez. V 16.07.2007 n. 4025; Cons. Stato, sez. II, 24.05.2006 n. 7683/2004; TAR Mi II, 02.02.1998 n. 136; TAR Campania Salerno, sez. II, 16.062008, n. 1936).
Recentemente la Sezione nella sentenza n. 4306/2009, ha ritenuto di seguire questo orientamento, esaminando il procedimento dell’art. 42, d.P.R. n. 380/2001, che configura la riscossione coattiva come la conseguenza per l’ipotesi in cui il ritardo si protragga oltre il 240° giorno (che va ad aggiungersi alla sanzione dell’aumento del contributo nella misura pari al 40%).
Con tale norma viene posta indirettamente una tutela nei confronti del privato, estesa ad ogni forma di recupero della somma dovuta e quindi anche alla escussione della garanzia prestata: “sarebbe illogico che il debitore non possa subire, prima dello scadere del 240° giorno, la riscossione coattiva del credito da parte della p.a. ma sia esposto all’azione di regresso del fideiussore.”
La facoltà di escutere la fideiussione sorge solo quando, per il ritardo maturato, è già insorto in capo al privato l’obbligo di pagare la sanzione nella misura massima prevista.
In applicazione a tale principio, nel caso di specie l’operato dell’Amministrazione risulta scevro da ogni profilo di illegittimità, in quanto non si può configurare un obbligo dell’Amministrazione di escutere la fideiussione allo scadere del termine di pagamento (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 21.07.2009 n. 4405 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAIn caso di pagamento rateizzato degli oneri di urbanizzazione, la polizza fidejussoria di garanzia è pari alla somma garantita (più interessi legali) senza aggiungervi l'importo corrispondente alla sanzione massima per l'eventuale ritardato pagamento (40%).
Ai sensi del comma 5 dell'art. 42 del DPR n. 380/2001, l'amministrazione può procedere alla riscossione coattiva del complessivo credito solo una volta decorso inutilmente il termine di cui alla lett. c) del comma 2 (termine scaduto il quale scatta la sanzione massima, pari all'aumento del contributo in misura del 40%).
In merito all'applicazione della sanzione per ritardato pagamento degli oneri di urbanizzazione la giurisprudenza non ha una posizione unitaria.
Un orientamento è dell'avviso che allorché l'amministrazione abbia ottenuto dal privato una fidejussione bancaria "a semplice richiesta" a garanzia dell'importo da versare per il contributo a titolo di oneri urbanistici e, successivamente, verifichi che l'interessato ha omesso di corrispondere i ratei alle scadenze previste, è illegittima l'emanazione di un'ordinanza per il pagamento di una somma comprendente  (oltre alle rate non pagate) le sanzioni, ciò in quanto sarebbe stata sufficiente la semplice richiesta al fidejussore (iniziativa non gravosa né esposta a rischi di sorta) per evitare un consistente aggravamento della posizione debitoria del privato (ai sensi dell'art. 1227, comma 2, c.c.) e per conseguire tempestivamente il credito (Cons. Stato, sez. V 03.07.1995 n. 1001; Cons. Stato sez. V 05.02.2003 n. 585 e 10.01.2003 n. 32; TAR Veneto, sez. II, 09.02.2006, n. 342; TAR Sardegna, sez. II, 07.08.2006, n. 1595; TAR Lombardia-Milano, sez. II, 07.10.2003, n. 4505).
Altro orientamento sostiene, invece, che non sussista in capo alla p.a. un obbligo di previa escussione del fidejussore. Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 6345/2005 ha affermato che l'art. 1227 c.c. "esula del tutto dall'ambito sanzionatorio, in cui l'ente investito della potestà punitiva non può certamente equipararsi al creditore di un'obbligazione risarcitoria, tanto più allorquando la progressione illecita del trasgressore -puntualmente scandita da graduati e ragionevoli aggravamenti delle sanzioni in corrispondenza del protrarsi del ritardo nel pagamento- non abbia ancora esaurito tutta l'antigiuridicità presa in considerazione  dalla singola previsione applicata (...) La fidejussione che accompagna la rateizzazione del pagamento degli oneri di urbanizzazione non ha la finalità di agevolare l'adempimento del soggetto obbligato al pagamento, bensì costituisce una garanzia personale prestata unicamente nell'interesse dell'amministrazione, sulla quale non incombe alcun obbligo di preventiva escussione del fidejussore; invero, la garanzia sussidiaria serve a scongiurare che il Comune possa irrimediabilmente perdere una entrata di diritto pubblico, ma non alleggerisce affatto la posizione del soggetto tenuto al pagamento, né attenua i doveri di diligenza sullo stesso incombenti, né estingue di per sé l'obbligazione principale" (Cons. Stato, sez. V, 11.11.2005, n. 6345; Cons. Stato, sez. IV, 13.03.2008 n. 1084; Cons. Stato, sez. V, 16.07.2007 n. 4025; Cons. Stato, sez. II, 24.05.2006 n. 7683; TAR Milano, sez. II, 02.02.1998 n. 136; TAR Campania-Salerno, sez. II, 16.06.2008 n. 1936).
Il collegio ritiene corretta la conclusione cui perviene quest'ultimo orientamento per le seguenti, ulteriori, ragioni.
Ai sensi del comma 5 dell'art. 42 del DPR n. 380/2001, l'amministrazione può procedere alla riscossione coattiva del complessivo credito solo una volta decorso inutilmente il termine di cui alla lett. c) del comma 2 (termine scaduto il quale scatta la sanzione massima, pari all'aumento del contributo in misura del 40%).
La riscossione coattiva è, dunque, la conseguenza più grave prevista dalla legge per l'ipotesi in cui il ritardo si protragga oltre il 240° giorno (che va ad aggiungersi alla sanzione dell'aumento del contributo nella misura pari al 40%).
La p.a. può, pertanto, escutere la fidejussione solamente in un momento in cui, per il ritardo maturato, è già insorto in capo al privato l'obbligo di pagare la sanzione nella misura massima prevista.
Poiché ai sensi del comma 4 dell'art. 42 del DPR n. 380/2001, in caso di pagamento rateizzato, le norme di cui al secondo comma si applicano ai ritardi nei pagamenti delle singole rate, anche con riferimento a tali ipotesi, l'escussione del fidejussore potrà intervenire solamente allo scadere del 240° giorno di ritardo, allorché, dunque, è già scattato l'aumento del contributo nella misura del 40% (TAR Lombardia-Milano Sez. II, sentenza 06.07.2009 n. 4306).

EDILIZIA PRIVATA: Concessione di costruzione - Contributi - Pagamento - Ritardo - Escussione fideiussione - Obbligo - Non sussiste.
E' legittima l'ordinanza con la quale il Comune irroga la sanzione pecuniaria per ritardato od omesso versamento del contributo afferente alla concessione senza preventiva escussione della fideiussione: non sussiste, infatti in capo alla p.a. un obbligo di previa escussione del fideiussore, atteso che la fideiussione che accompagna la rateizzazione del pagamento degli oneri di urbanizzazione non ha la finalità di agevolare l'adempimento del soggetto obbligato al pagamento, bensì costituisce una garanzia personale prestata unicamente nell'interesse dell'amministrazione, sulla quale non incombe alcun obbligo di preventiva escussione del fideiussore (cfr. Cons. di Stato, sent. nn. 6345/2005; n. 1084/2008; 4025/2007; TAR Milano sent. n. 136/1998; TAR Salerno, sent. n. 1936/2008) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 06.07.2009 n. 4306
).

EDILIZIA PRIVATA: Il termine di prescrizione della sanzione irrogata per ritardato pagamento del contributo dovuto per gli oneri di urbanizzazione e per il costo di costruzione è di 5 anni.
Giova richiamare il consolidato e persuasivo orientamento della giurisprudenza amministrativa (cfr., tra le altre, TAR Basilicata, 30.04.2008 n. 141; TAR Campania, Salerno, Sez, II, 22.04.2005 n. 647; TAR Calabria, Catanzaro, Sez. II, 08.10.2001 n. 1514; TAR Sicilia, Catania, Sez. I, 08.05.2006 n. 701) secondo cui il termine di prescrizione della sanzione irrogata per ritardato pagamento del contributo dovuto per gli oneri di urbanizzazione e per il costo di costruzione è di 5 anni in applicazione della normativa dettata dall’art. 28 della legge n. 689 del 1981, la quale è estesa dall’art. 12 della stessa legge a “tutte le violazioni per le quali è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro, anche quando questa sanzione non è prevista in sostituzione di una sanzione penale”.
Ed invero, il suddetto art. 28, che fissa in 5 anni il termine di prescrizione del diritto a riscuotere le somme dovute, in virtù della disposta estensione prevista dall’art. 12 della stessa legge, si applica a tutte le sanzioni amministrative di tipo afflittivo, tra le quali deve essere ricompresa quella conseguente al ritardato od omesso versamento dei contributi afferenti la concessione edilizia (oggi, permesso di costruire), atteso che l’irrogazione della stessa, essendo volta a sanzionare la non puntuale osservanza dell’obbligo contributivo, presenta di certo carattere afflittivo, e ciò la prefigura svincolata da ogni forma di protezione diretta dell’interesse di natura urbanistica.
Sempre a norma del citato art. 28, il “..diritto a riscuotere le somme dovute per le violazioni indicate dalla presente legge si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione…”.
Nel caso di specie, il “dies a quo” del termine di prescrizione quinquennale va individuato nella scadenza del termine di 240 giorni successivi alla data prevista per il pagamento della 1^ e della 2^ rata relative al contributo dovuto per il costo di costruzione (cfr. art. 42, secondo comma lett. c, del D.P.R. n. 380 del 2001, come sostituita dall’art. 27, comma 17, L. n. 448 del 2001).
Infatti, a norma del citato art. 42, secondo comma lett. c), del D.P.R. n. 380 del 2001, quando l’omissione del pagamento del contributo si protrae fino a 240 giorni dalla scadenza prevista va applicata una sanzione pecuniaria pari al 40% del contributo dovuto.
A norma del successivo comma 5 dello stesso articolo, decorso inutilmente il predetto termine di 240 giorni, il comune provvede alla riscossione coattiva del complessivo credito (sia di quello relativo al contributo non versato, sia della sanzione da irrogare per l’omesso versamento).
Il momento in cui si consuma la violazione va, quindi, individuato nella inutile scadenza del termine di 240 giorni, decorso il quale la sanzione correlata al mancato versamento del contributo dovuto (o di una o più rate dello stesso) era ovviamente riscuotibile (in questa sede non è controversa la misura della sanzione concretamente applicata dal Comune, non avendo il ricorrente formulato alcuna censura in proposito), insieme con la 1^ e la 2^ rata del contributo (TAR Basilicata, sentenza 22.04.2009 n. 138 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: La liquidazione degli oneri di urbanizzazione non necessita di alcuna specifica motivazione, poiché essa consiste nell'applicazione rigida di parametri determinati da norme legislative o regolamentari.
L’obbligo di pagamento delle sanzioni per il ritardato versamento del contributo discende direttamente dall’art. 3 della legge n. 47/1985, e non necessita di alcuna iniziativa dell’amministrazione comunale, cui la norma demanda unicamente l’onere di provvedere alla riscossione coattiva del credito complessivo, costituito dal contributo aumentato della sanzione.

Per giurisprudenza oramai assolutamente costante il contributo relativo agli oneri di urbanizzazione costituisce un corrispettivo di diritto pubblico posto a carico del costruttore, connesso al rilascio della concessione edilizia, a titolo di partecipazione del concessionario ai costi delle opere di urbanizzazione in proporzione all'insieme dei benefici che la nuova costruzione ne ritrae. Esso ha carattere generale e prescinde totalmente dall'esistenza, o meno, delle singole opere di urbanizzazione, nel senso che viene determinato indipendentemente sia dall'utilità che il concessionario ritrae dal titolo edificatorio sia dalle spese effettivamente occorrenti per realizzare dette opere (fra le molte, cfr. Cons. Stato, sez. V, 15.12.2005, n. 7140).
La liquidazione degli oneri di urbanizzazione non necessita di alcuna specifica motivazione, poiché essa consiste nell'applicazione rigida di parametri determinati da norme legislative o regolamentari, quantomeno conoscibili all'onerato (giurisprudenza pacifica, cfr. Cons. Stato, sez. V, 09.02.2001, n. 584).
In via generale, l’obbligo di pagamento delle sanzioni per il ritardato versamento del contributo discende direttamente dall’art. 3 della legge n. 47/1985, e non necessita di alcuna iniziativa dell’amministrazione comunale, cui la norma demanda unicamente l’onere di provvedere alla riscossione coattiva del credito complessivo, costituito dal contributo aumentato della sanzione (TAR Toscana, Sez. II, sentenza 03.04.2009 n. 562 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Concessione edilizia - Proroga - Conseguenze - Proroga termine pagamento oneri - Sanzione per ritardato pagamento - Illegittimità.
La proroga della concessione edilizia alle stesse condizioni, prescrizioni e norme contenute nella concessione stessa, comporta anche lo spostamento del termine di pagamento dell'obbligazione patrimoniale accessoria determinata con riferimento alla conclusione dei lavori: infatti, una volta concessa la proroga della validità della concessione alle stesse condizioni, anche il termine di pagamento, legato alla circostanza di fatto della conclusione dei lavori, viene necessariamente posticipato.
E' pertanto illegittima la sanzione per ritardato pagamento che faccia riferimento al primo termine antecedente alla proroga (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 20.03.2009 n. 1947 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALombardia, l'interpretazione autentica della l.r. n. 12/2005 circa il versamento degli oneri di urbanizzazione sia nel caso di permesso di costruire sia nel caso di d.i.a. (Regione Lombardia, Direzione Generale Territorio e Urbanistica, nota 29.01.2009 n. 1983 di prot.).

anno 2008

EDILIZIA PRIVATAMetodo di calcolo contributo di costruzione.
Il sindaco del Comune di XXX, chiede quale sia il metodo di calcolo corretto per il contributo di costruzione, nel caso di rinnovazione del titolo abilitativo, a causa del mancato completamento delle opere nel termine di legge (Regione Piemonte, parere n. 174/2008 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATASulla riscossione coattiva degli oneri concessori.
Con riguardo alle modalità di riscossione degli oneri concessori, a seguito delle innovazioni normative succedutesi alla legge n. 10/1977, gli enti interessati sono liberi di decidere se procedere direttamente mediante ingiunzione vidimata ai sensi del R.D. n. 639/1910, oppure avvalersi della normativa di modifica sulla riscossione coattiva (d.p.r. 28.01.1988 n. 43 di istituzione del servizio di riscossione dei tributi e di altre entrate dello Stato e di altri enti pubblici), senza che il ricorso all’uno o all’altro dei meccanismi procedimentali di riscossione possa ritenersi di per sé lesivo delle garanzie di effettività della tutela giurisdizionale assicurate dalla Carta Costituzionale, come del resto chiaramente dimostrato dalla stessa proposizione del ricorso in esame (cfr. in termini: TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 20.10.2006 n. 2061) (TAR Sardegna, Sez. II, sentenza 17.06.2008 n. 1212 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: La fideiussione che accompagna la rateizzazione del pagamento degli oneri di urbanizzazione non ha la finalità di agevolare l’adempimento del soggetto obbligato al pagamento, bensì costituisce una garanzia personale prestata unicamente nell’interesse dell’Amministrazione, sulla quale non incombe alcun obbligo di preventiva escussione del fideiussore.
La questione portata all’esame del Collegio concerne la legittimità della ingiunzione, disposta dal Comune, di pagamento della sanzione prevista dall’art. 3, comma 2, della legge n. 47/1985 per il ritardato pagamento delle somme dovute a titolo di oneri di urbanizzazione e costo di costruzione, nel caso in cui il privato, a garanzia delle obbligazioni assunte, abbia stipulato polizza fideiussoria.
Si discute, in particolare, se l’esistenza di una garanzia fideiussoria, con esclusione per la compagnia di assicurazione del beneficio della preventiva escussione del contraente, obblighi il Comune ad una tempestiva richiesta al garante delle somme dovute, in tal modo evitando l’applicazione delle sanzioni di legge per ritardato pagamento a carico del privato.
Al predetto quesito ritiene il Tribunale debba offrirsi risposta negativa, in adesione al condivisibile orientamento giurisprudenziale espresso dal Consiglio di Stato, sez. V, con la sentenza n. 6345 dell’11.11.2005.
Il Supremo Consesso ha, invero, stabilito che la fideiussione che accompagna la rateizzazione del pagamento degli oneri di urbanizzazione non ha la finalità di agevolare l’adempimento del soggetto obbligato al pagamento, bensì costituisce una garanzia personale prestata unicamente nell’interesse dell’Amministrazione, sulla quale non incombe alcun obbligo di preventiva escussione del fideiussore.
Invero, la garanzia sussidiaria serve a scongiurare che il Comune possa irrimediabilmente perdere un’entrata di diritto pubblico, ma non alleggerisce affatto la posizione del soggetto tenuto al pagamento, né attenua i doveri di diligenza sullo stesso incombenti, né ancora estingue di per sé l’obbligazione principale.
Sotto altro profilo (e con ciò confutandosi altra specifica censura), ritiene il Tribunale che non sussista un obbligo del Comune di “preavvisare” del pagamento della sanzione ovvero di “avvertire" delle conseguenze del ritardato pagamento, così da non aggravare la posizione debitoria ai sensi dell’art. 1227, comma 2, cod. civ.
Invero, l’obbligazione ha ad oggetto una prestazione generica, da eseguirsi, secondo le regole comuni, al domicilio del creditore.
Secondo la normativa civilistica, dunque, alla scadenza del termine di adempimento il debitore è costituito in mora automaticamente, senza che sul creditore gravi alcun onere di sollecitazione.
Né risulta invocabile la disciplina contenuta nel richiamato art. 1227 cod. civ., atteso che essa si riferisce unicamente ad obbligazioni di carattere e contenuto risarcitorio e non a quelle, come a quella oggetto del presente giudizio, di carattere sanzionatorio (TAR Campania-Salerno, Sez. II, sentenza 16.06.2008 n. 1936 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: In materia di pagamento rateizzato degli oo.uu., l’inadempimento che l’art. 42 (DPR 380/2001) sanziona è una condotta omissiva puntuale, verificabile ad un momento certo, restando irrilevante un eventuale adempimento tardivo dell'obbligazione, seppure ricondotto retroattivamente alla scadenza del termine di pagamento attraverso il meccanismo dell'accreditamento con valuta retroattiva.
Con il primo motivo l’appellante deduce che l’amministrazione, a fronte dell’omesso tempestivo pagamento della rata del contributo per oneri di urbanizzazione, è obbligata ad applicare a titolo sanzionatorio l’aumento (del 10%) previsto dall’art. 42, comma 2, del T.U. n. 380 del 2001.
Erra dunque la sentenza di primo grado allorché afferma che l’irrogazione della predetta sanzione –in presenza di garanzia a prima richiesta non escussa– comporti un indebito aggravamento della posizione del debitore ai sensi dell’art. 1227 cod. civ..
Il mezzo è fondato, in quanto la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha da tempo chiarito (cfr. V Sez. nn. 1250 e 6345 del 2005 nonché n. 4025 del 2007) che, in assenza di inadempimenti imputabili all’Amministrazione idonei a configurare a suo carico una responsabilità “da contatto” oppure di natura precontrattuale, il richiamo all’art. 1227 c.c. è del tutto inconferente, essendo tale disposizione riferibile solo alle obbligazioni di carattere risarcitorio e non a quelle (anche di contenuto pecuniario) di natura sanzionatoria, che restano governate dalla disciplina pubblicistica di riferimento.
D'altronde –come si evidenzia nelle citate decisioni- neppure con riguardo al regime ordinario delle obbligazioni tra privati sarebbe pertinente il richiamo all’art. 1227 cod. civ.
Infatti, l'onere di diligenza che questa norma fa gravare sul creditore non si estende alla sollecitudine nell'agire a tutela del proprio credito onde evitare maggiori danni, i quali viceversa sono da imputare esclusivamente alla condotta del debitore, tenuto al tempestivo adempimento della sua obbligazione.
Del resto, in materia di obbligazioni “portable” quali quelle pecuniarie, e con termine di adempimento che esonera dalla costituzione in mora del debitore, il creditore è soltanto facultato ad attivare la solidale responsabilità del fideiussore, senza che possa invece ritenersi tenuto ad escutere il coobbligato piuttosto che attendere il pagamento, ancorché tardivo, salva l'esistenza di apposita clausola in tal senso, nella specie assolutamente non stipulata.
Con il secondo motivo l’appellante deduce l’irrilevanza del fatto che il tardivo pagamento sia stato effettuato con valuta retrodatata al giorno di scadenza dell’obbligazione.
Anche questo mezzo è fondato, in primo luogo perché, essendo il comune di Venezia soggetto al regime di Tesoreria Unica, i pagamenti effettuati a mezzo bonifico bancario a favore dell’Ente vengono registrati sul conto solo nel giorno di incasso.
In ogni caso, a prescindere da tale aspetto fattuale, l’inadempimento che l’art. 42 sanziona è una condotta omissiva puntuale, verificabile ad un momento certo, restando irrilevante un eventuale adempimento tardivo dell'obbligazione, seppure ricondotto retroattivamente alla scadenza del termine di pagamento attraverso il meccanismo dell'accreditamento con valuta retroattiva (cfr. IV Sez. n. 8215 del 2004) (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 13.03.2008 n. 1084 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2007

EDILIZIA PRIVATAIl ritardato pagamento del contributo di costruzione comporta l’immediata irrogazione delle sanzioni pecuniarie anche in presenza di garanzia fideiussoria.
E’ pur vero che sulla specifica questione sia l’orientamento di questo Consiglio che dei TAR non può dirsi univoco, essendosi talvolta affermato in materia il dovere dell’Amministrazione di non aggravare la posizione del debitore ai sensi dell’art. 1227 c.c. (V. la decisione di questa Sezione n. 1001 del 03.07.1995 e TAR Veneto n. 342 del 09.02.2000), mentre in altre occasioni si è ritenuto che specifiche clausole in tema di fideiussione (quali l’obbligo del garante di pagare a seguito di semplice richiesta scritta del creditore e con rinuncia alla preventiva escussione) possono valere solo a rendere il rapporto fideiussorio autonomo rispetto al rapporto obbligatorio principale, senza comportare il dovere dell’Amministrazione di chiedere prima l’adempimento per poter poi applicare le relative sanzioni pecuniarie (V. la decisione di questa Sezione n. 2072 del 10.12.1999 e TAR Lombardia, Milano, sez. 2°, n. 1192 del 17.04.1999).
Ma recentemente, questa Sezione con le decisioni n. 1250 del 24.03.2005 e n. 6345 dell’11.11.2005 ha precisato che, in assenza di inadempimenti imputabili all’Amministrazione idonei a configurare a suo carico una responsabilità “da contatto” oppure di natura precontrattuale, il richiamo all’art. 1227 c.c. è del tutto inconferente, essendo tale disposizione riferibile solo alle obbligazioni di carattere risarcitorio e non a quelle (anche di contenuto pecuniario) di natura sanzionatoria, come nel caso in esame.
Quest’ultima conclusione deve essere confermata.
Invero, pur in presenza di un contratto di garanzia cosiddetta autonoma, con il quale il garante si obbliga ad eseguire la prestazione oggetto della garanzia "a semplice richiesta" del creditore garantito, senza opporre eccezioni attinenti alla validità, all'efficacia ed alla vicenda del rapporto principale, anche in questa ipotesi il meccanismo dell'adempimento del garante "a prima richiesta" scatta a seguito dell'inadempimento dell'obbligazione principale, ancorché resti vietato al garante di chiedere la preventiva escussione del debitore principale (Cass. 18.11.1992 n. 12341, 03.11.1993 n. 10850, 17.05.2001 n. 6757) .
D'altronde, neppure con riguardo al regime ordinario delle obbligazioni tra privati sarebbe pertinente il richiamo all’art. 1227 cod. civ. Infatti, l'onere di diligenza che questa norma fa gravare sul creditore non si estende alla sollecitudine nell'agire a tutela del proprio credito onde evitare maggiori danni, i quali viceversa sono da imputare esclusivamente alla condotta del debitore, tenuto al tempestivo adempimento della sua obbligazione (V. Corte cost. n. 308 del 14.07.1999).
Inoltre, non è dato ravvisare nel sistema di cui agli artt. 1936 ss. cod. civ. alcun principio di preventiva doverosa escussione del fideiussore alla scadenza del termine fissato per l'adempimento dell'obbligazione garantita, che peraltro colliderebbe con le finalità dell'istituto, inteso a rafforzare la garanzia del credito in funzione di un interesse proprio e specifico del creditore.
In altri termini, ed in materia di obbligazioni “portable” quali quelle pecuniarie, e con termine di adempimento che esonera dalla costituzione in mora del debitore, il creditore è soltanto facultato ad attivare la solidale responsabilità del fideiussore, senza che possa invece ritenersi tenuto ad escutere il coobbligato piuttosto che attendere il pagamento, ancorché tardivo, salva l'esistenza di apposita clausola in tal senso (che dovrebbe essere accettata dall’Amministrazione), nella specie non prevista.
Detto orientamento poi non è in contrasto con quanto ritenuto nelle decisioni di questa Sezione n. 32 e n. 585 del 2003, in quanto queste si riferiscono ad ipotesi di incertezza da parte dello stessa Amministrazione in ordine all’an o al quantum del contributo, nella specie insussistente.
L’applicazione della sanzione pecuniaria, per ritardato pagamento,  non deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio del relativo procedimento, trattandosi dell’applicazione ex lege di una sanzione pecuniaria connessa al ritardato pagamento del contributo dovuto per il rilascio della concessione edilizia (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 16.07.2007 n. 4025 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Non è dato ravvisare nel sistema di cui agli artt. 1936 ss. cod. civ. alcun principio di preventiva doverosa escussione del fideiussore alla scadenza del termine fissato per l'adempimento dell'obbligazione garantita (ndr: pagamento rateizzato degli oo.uu.), che peraltro colliderebbe con le finalità dell'istituto, inteso a rafforzare la garanzia del credito in funzione di un interesse proprio e specifico del creditore.
L’applicazione della sanzione pecuniaria (per ritardato pagamento rateizzato degli oo.uu.) non deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio del relativo procedimento, trattandosi dell’applicazione ex lege di una sanzione pecuniaria connessa al ritardato pagamento del contributo dovuto per il rilascio della concessione edilizia.

Pur in presenza di un contratto di garanzia cosiddetta autonoma, con il quale il garante si obbliga ad eseguire la prestazione oggetto della garanzia "a semplice richiesta" del creditore garantito, senza opporre eccezioni attinenti alla validità, all'efficacia ed alla vicenda del rapporto principale, anche in questa ipotesi il meccanismo dell'adempimento del garante "a prima richiesta" scatta a seguito dell'inadempimento dell'obbligazione principale, ancorché resti vietato al garante di chiedere la preventiva escussione del debitore principale (Cass. 18.11.1992 n. 12341, 03.11.1993 n. 10850, 17.05.2001 n. 6757) .
D'altronde, neppure con riguardo al regime ordinario delle obbligazioni tra privati sarebbe pertinente il richiamo all’art. 1227 cod. civ.. Infatti, l'onere di diligenza che questa norma fa gravare sul creditore non si estende alla sollecitudine nell'agire a tutela del proprio credito onde evitare maggiori danni, i quali viceversa sono da imputare esclusivamente alla condotta del debitore, tenuto al tempestivo adempimento della sua obbligazione (V. Corte cost. n. 308 del 14.07.1999).
Inoltre, non è dato ravvisare nel sistema di cui agli artt. 1936 ss. cod. civ. alcun principio di preventiva doverosa escussione del fideiussore alla scadenza del termine fissato per l'adempimento dell'obbligazione garantita, che peraltro colliderebbe con le finalità dell'istituto, inteso a rafforzare la garanzia del credito in funzione di un interesse proprio e specifico del creditore.
In altri termini, ed in materia di obbligazioni “portable” quali quelle pecuniarie, e con termine di adempimento che esonera dalla costituzione in mora del debitore, il creditore è soltanto facultato ad attivare la solidale responsabilità del fideiussore, senza che possa invece ritenersi tenuto ad escutere il coobbligato piuttosto che attendere il pagamento, ancorché tardivo, salva l'esistenza di apposita clausola in tal senso (che dovrebbe essere accettata dall’Amministrazione), nella specie non prevista.
Detto orientamento poi non è in contrasto con quanto ritenuto nelle decisioni di questa Sezione n. 32 e n. 585 del 2003, in quanto queste si riferiscono ad ipotesi di incertezza da parte dello stessa Amministrazione in ordine all’an o al quantum del contributo, nella specie insussistente.
L’applicazione della sanzione pecuniaria non deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio del relativo procedimento, trattandosi dell’applicazione ex lege di una sanzione pecuniaria connessa al ritardato pagamento del contributo dovuto per il rilascio della concessione edilizia (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 16.07.2007 n. 4025 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 1992

EDILIZIA PRIVATALombardia, chiariti i termini di applicazione dell'art. 3 della L. n. 47/1985 (oggi art. 42 D.P.R. n. 380/2001) in materia di sanzioni per mancato o ritardato versamento degli oo.uu. e del costo di costruzione (Regione Lombardia, nota 21.10.1992 n. 42387 di prot.).
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Il quesito e relativa risposta, ancorché datati, risultano ancora oggi attuali e non in contrasto con la vigente normativa in materia, tenuto conto che -ancora oggi- non tutte le amministrazioni comunali lombarde si comportano uniformemente con ripercussioni negative nei confronti dei Cittadini.
25.10.2010 - LA SEGRETERIA PTPL