dossier
CONTRIBUTO DI COSTRUZIONE (rateizzato e/o ritardato versamento) |
anno 2021 |
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EDILIZIA PRIVATA: La
mancata previa escussione della garanzia non è considerata dalla
giurisprudenza come una condizione necessaria per irrogare le sanzioni
previste dall’art. 42 e seg. DPR 380/2001 per il ritardo nel pagamento degli
oneri concessori.
È stato superato l’orientamento giurisprudenziale più
risalente che addossava al Comune l'obbligo, derivante dal generale dovere
di cooperazione tra creditore e debitore previsto dall'art. 1175 cod. civ.,
di escutere la garanzia prestata a tutela dell'adempimento dell'obbligo
contributivo allo scopo di minimizzare le conseguenze negative previste per
il ritardato o mancato pagamento dei contributi di costruzione.
Secondo l’orientamento più recente, invece, non è configurabile in capo
all’Amministrazione alcun obbligo di attivarsi immediatamente contro il
fideiussore, in quanto la prestazione di una fideiussione a garanzia del
pagamento avviene nell'interesse esclusivo del Comune creditore.
In tal senso l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha definitivamente
chiarito che "l'Amministrazione comunale è pienamente legittimata ad
applicare, nei confronti del destinatario di un titolo edilizio che abbia
richiesto la rateizzazione del pagamento degli oneri relativi al costo di
costruzione, le sanzioni pecuniarie previste dalla legge per il caso di
ritardato od omesso versamento dei suddetti oneri, anche nell'ipotesi in cui
abbia omesso di escutere la polizza fideiussoria prestata a garanzia
dell'adempimento ovvero di sollecitare il pagamento presso il debitore
principale, non essendo ravvisabile a suo carico alcun onere collaborativo
e/o sollecitatorio nei confronti del soggetto obbligato", riconoscendo la
legittimità dell’azione di recupero "anche ove, in caso di pagamento
dilazionato di detto contributo, abbia omesso di escutere la garanzia
fideiussoria in esito alla infruttuosa scadenza dei singoli ratei di
pagamento ovvero abbia comunque omesso di svolgere attività sollecitatoria
del pagamento presso il debitore principale".
Al riguardo è stato osservato che “Sarebbe, infatti, paradossale se, per
effetto del rilascio di una garanzia fideiussoria in suo favore,
l'Amministrazione risultasse privata del potere di sanzionare il ritardato o
omesso pagamento del debitore principale, solo perché abbia mancato di
escutere il fideiussore alla scadenza del termine di pagamento; altrettanto
illogico dimostrandosi, correlativamente con la stipula della polizza
fideiussoria, il conseguimento, in capo al debitore principale, di una sorta
di "esimente", non prevista dalla legge, rispetto all'applicazione a suo
carico delle sanzioni per omesso o ritardato pagamento (cosicché, laddove
l'Amministrazione, alla scadenza del termine di pagamento, non provveda ad
escutere tempestivamente il fideiussore, verrebbe a perdere il diritto di
applicare le sanzioni di legge)”.
Anche di recente il Consiglio di Stato ha ribadito che la garanzia
fideiussoria mira a tutelare l'Amministrazione dall'inadempimento, ma non le
sottrae il potere di escutere il debitore principale o di applicare le
sanzioni per il ritardo anche nel caso in cui la stessa abbia omesso di
escutere la garanzia, non esiste, sul punto, alcun onere collaborativo a
carico dell'Amministrazione medesima.
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Tanto chiarito in merito alla decorrenza ed alla sospensione
dell’obbligo di pagamento dei contributi dovuti per il permesso di costruire
si passa ad affrontare la questione dell’imputabilità alla ricorrente del
mancato pagamento delle relative somme, che la deducente ritiene non poterle
essere addebitato, in quanto ascrivibile a cause di forza maggiore e
comunque all’inerzia colposa dello stesso Comune.
A quest’ultimo riguardo la
ricorrente eccepisce di nulla dovere al Comune a titolo di sanzione per il
ritardo nel versamento delle somme soprindicate in quanto il Comune avrebbe
potuto esigerne il pagamento dalla Società garante escutendo la polizza
fideiussoria assicurativa da questa rilasciata “a prima richiesta”.
Il Collegio non condivide la prospettazione della ricorrente.
È stato infatti superato l’orientamento giurisprudenziale più risalente che
addossava al Comune l'obbligo, derivante dal generale dovere di cooperazione
tra creditore e debitore previsto dall'art. 1175 cod. civ., di escutere la
garanzia prestata a tutela dell'adempimento dell'obbligo contributivo allo
scopo di minimizzare le conseguenze negative previste per il ritardato o
mancato pagamento dei contributi di costruzione (Cons. Stato, Sez. V, 03.07.1995 n. 1001).
Secondo l’orientamento più recente, invece, non è
configurabile in capo all’Amministrazione alcun obbligo di attivarsi
immediatamente contro il fideiussore, in quanto la prestazione di una
fideiussione a garanzia del pagamento avviene nell'interesse esclusivo del
Comune creditore (Cons. Stato, Sez. V, 10.12.1999 n. 2072).
In tal
senso l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha definitivamente chiarito
che "l'Amministrazione comunale è pienamente legittimata ad applicare, nei
confronti del destinatario di un titolo edilizio che abbia richiesto la
rateizzazione del pagamento degli oneri relativi al costo di costruzione, le
sanzioni pecuniarie previste dalla legge per il caso di ritardato od omesso
versamento dei suddetti oneri, anche nell'ipotesi in cui abbia omesso di
escutere la polizza fideiussoria prestata a garanzia dell'adempimento ovvero
di sollecitare il pagamento presso il debitore principale, non essendo
ravvisabile a suo carico alcun onere collaborativo e/o sollecitatorio nei
confronti del soggetto obbligato", riconoscendo la legittimità dell’azione
di recupero "anche ove, in caso di pagamento dilazionato di detto
contributo, abbia omesso di escutere la garanzia fideiussoria in esito alla
infruttuosa scadenza dei singoli ratei di pagamento ovvero abbia comunque
omesso di svolgere attività sollecitatoria del pagamento presso il debitore
principale" (Cons. Stato, Ad. plen. 07.12.2016, n. 24).
Al riguardo è
stato osservato che “Sarebbe, infatti, paradossale se, per effetto del
rilascio di una garanzia fideiussoria in suo favore, l'Amministrazione
risultasse privata del potere di sanzionare il ritardato o omesso pagamento
del debitore principale, solo perché abbia mancato di escutere il
fideiussore alla scadenza del termine di pagamento; altrettanto illogico
dimostrandosi, correlativamente con la stipula della polizza fideiussoria,
il conseguimento, in capo al debitore principale, di una sorta di
"esimente", non prevista dalla legge, rispetto all'applicazione a suo carico
delle sanzioni per omesso o ritardato pagamento (cosicché, laddove
l'Amministrazione, alla scadenza del termine di pagamento, non provveda ad
escutere tempestivamente il fideiussore, verrebbe a perdere il diritto di
applicare le sanzioni di legge)” (Cons. Stato, Ad. plen. 07.12.2016, n.
24; cfr. Ad. plen. 30.08.2018 n. 12).
Anche di recente il Consiglio di
Stato con sentenza in data 07.01.2021, n. 229 ha ribadito che la
garanzia fideiussoria mira a tutelare l'Amministrazione dall'inadempimento,
ma non le sottrae il potere di escutere il debitore principale o di
applicare le sanzioni per il ritardo anche nel caso in cui la stessa abbia
omesso di escutere la garanzia, non esiste, sul punto, alcun onere
collaborativo a carico dell'Amministrazione medesima.
Ne consegue che l’operato del Comune risulta corretto, alla luce
dell’orientamento giurisprudenziale sopraindicato, anche relativamente alla
mancata previa escussione della garanzia, che non è considerata dalla
giurisprudenza come una condizione necessaria per irrogare le sanzioni
previste dall’art. 42 e seg. DPR 380/2001 per il ritardo nel pagamento degli
oneri concessori.
Si passa quindi ad esaminare l’eccezione di prescrizione del diritto di
credito del Comune a percepire le somme dovute a titolo della predetta
sanzione.
A tale riguardo va innanzitutto condiviso il rilievo dell’Amministrazione
resistente che evidenzia la genericità della prospettazione della
ricorrente. Si osserva che la ricorrente, in effetti, si limita
(esclusivamente) nella parte in fatto a contestare l’effetto interruttivo
dei termini della prescrizione attribuito dall’Amministrazione alla
corrispondenza intercorsa tra le due parti ed a richiamare in questa sede
una serie di eccezioni ed obiezioni già opposte alla richiesta di pagamento
delle sanzioni ex articolo 42 e 43 DPR 380/2001 per ritardato pagamento
degli oneri concessori (formulata dal Comune con PEC del 05.06.2018 e 09.08.2018), prima con PEC del 22.08.2018, poi ribadite con PEC del 16.11.2018 (con cui invitava il Comune ad attivare la facoltà di autotutela per ritirare gli atti con cui erano state irrogate le sanzioni di
cui agli artt. 42 e 43 DPR 380/2001).
La prospettazione della ricorrente risulta perciò invero generica ed è
pienamente condivisibile solo per quanto riguarda il profilo giuridico
dell’affermazione del termine quinquennale di prescrizione della sanzione
irrogata per ritardato pagamento dei contributi concessori in questione.
Come riconosciuto da ormai pacifico orientamento giurisprudenziale, infatti,
la durata della prescrizione di tali oneri è di cinque anni ai sensi
dell’art. 28 della legge n. 689/1981 e decorre dal giorno in cui è stata
commessa la violazione.
Quest’ultimo, però, a sua volta, dipende dalla scadenza delle singole rate.
E sotto tale profilo la prospettazione della ricorrente risulta estremamente
generica in punto di fatto, in quanto la data entro cui dovevano essere
effettuati i versamenti dei ratei non è stata precisata nel ricorso, pur
trattandosi di un elemento fondamentale, in quanto da esso dipende il
termine iniziale di decorrenza della prescrizione. Tale dato non viene
specificato dalla parte, né è desumibile dalla documentazione prodotta (le
scadenze per il pagamento dei ratei degli oneri concessori dovuti per il
rilascio del permesso di costruire del 2008 non sono indicate nel permesso
di costruire, risultando stabilite invece nei provvedimenti del 21.01.2008 e
04.06.2008 con cui era concesso il beneficio della rateizzazione, che però non
sono in atti).
Sotto tale profilo risulta perciò generica l’eccezione di prescrizione delle
sanzioni dovute per il ritardo nel pagamento degli oneri concessori relativi
al permesso di costruire in questione, data la mancata individuazione del
presupposto fattuale a cui ancorarne il compimento, che il ricorrente aveva
l’onere di allegare e comprovare, trattandosi di fatti estintivi del
relativo diritto di credito del Comune, secondo la regola generale posta
dall'art. 2697 c.c.
Comunque va osservato che, per quanto riguarda la durata della prescrizione,
il Comune concorda con la ricorrente nell’individuare il dies a quo cui
ancorare la decorrenza del termine al momento del dissequestro
dell’immobile, avvenuto il 07/06/2013.
Orbene, se si fa riferimento a tale data, risulta corretta la ricostruzione
delle scadenze temporali operata dal Comune. Se infatti si fa decorrere
l’obbligo di versare quanto dovuto ai sensi dell’art. 16 del DPR 380/2001
per il rilascio del permesso di costruire dal momento del dissequestro del
bene, allora è evidente che, una volta rilevato il mancato pagamento dei
contributi concessori in parola nei sessanta giorni successivi, cioè entro
il 06/08/2013, si devono ritenere maturate le condizioni per l’applicabilità
delle sanzioni per il ritardo previste dagli artt. 42 e 43 DPR 380/2001.
Pertanto si deve cominciare da quel momento a calcolare il quinquennio
necessario per il compimento della prescrizione, che deve ritenersi maturata
al 06/08/2018.
Alla luce delle scadenze così ricostruite, si deve riconoscere che il Comune
ha tempestivamente avanzato, prima della prescrizione del relativo credito,
la richiesta di pagamento delle sanzioni in parola indirizzata alla
ricorrente via PEC con nota prot. 103338 del 05.12.2017 (con cui le si intima
alla ricorrente di versare gli oneri concessori sopraindicati, maggiorati
della sanzione per il ritardo prevista dagli artt. 42 e 43 DPR 380/2001). Si
deve altresì riconoscere che sempre nell’ambito di tale arco temporale il
Comune ha tempestivamente reiterato la predetta richiesta in data 06.06.2018,
dopo aver esperito invano il tentativo di escussione della polizza fideiussoria per conseguire il pagamento delle sanzioni in parola.
In conclusione il Comune ha fatto valere il proprio diritto di credito nei
confronti della ricorrente quanto ancora non era intervenuta la prescrizione
dello stesso.
Va inoltre riconosciuto che operano quali fatti interruttivi della
prescrizione in parola sia la dichiarazione della volontà di adempiere al
pagamento delle sanzioni inequivocabilmente espressa dalla ricorrente sia
con nota del 19.12.2017 –come si evince dall’incipit (si comunica
l’intenzione di adempiere a quanto richiesto) e come confermato dalle
conclusioni (si resta in attesa dei conteggi)- sia con nota del 12.06.2018-
con cui ha chiesto una dilazione del pagamento, motivata da difficoltà
finanziarie, senza contestare, nel merito, la debenza delle somme richieste
dell’Amministrazione, anzi confermando implicitamente la promessa di
pagamento.
Tali atti, intervenendo quando era ancora in corso il termine di
prescrizione (periodo in cui l’art. 2937, co. 2, c.c. non consente la rinuncia
ad avvalersi della stessa), valgono a determinare l’interruzione del termine
prescrizionale, ai sensi dell’art. 2944 c.c., in quanto comportano il
riconoscimento del diritto di credito del Comune che stava per prescriversi.
A questo punto, una volta riconosciuta l’impossibilità della ricorrente di
opporre la prescrizione del credito nei propri confronti, va esaminata
l’eccezione formulata dalla stessa con il quarto motivo, con cui, in base
alla sua qualità di coobbligata solidale, che il Comune avrebbe dovuto
estendere nei propri confronti la prescrizione del credito che lo stesso
Comune aveva riconosciuto maturata nei confronti della società garante.
Tale tesi, prospettata con il quarto motivo, non può essere condivisa.
Come chiarito dalla giurisprudenza in materia, trattandosi di contratto
autonomo di garanzia, non trova applicazione la disciplina generale della
prescrizione dettata in materia di fideiussione per le obbligazioni solidali
dall’art. 1957 c.c., comma 4, e dall’art. 1310 c.c., sicché l’atto con cui
il Comune interrompe la prescrizione contro il debitore non ha effetto nei
confronti del garante autonomo (Cassazione Civile, Sez. I, 11.12.2019,
n. 32402). Non si può pertanto nemmeno seguire la ricorrente ove denuncia la
contraddittorietà del Comune che avrebbe errato a reclamare dalla garante
autonoma il pagamento delle sanzioni in contestazione stante l’inefficacia
nei confronti del società degli atti interruttivi della prescrizione
indirizzati solo alla ricorrente.
In conclusione il ricorso va rigettato nella parte in cui si avversa la
richiesta -formulata con nota del 09.08.2018 prot. 72217- di versare
al Comune le sanzioni previste dagli art. 42 e 42 DPR 380/2001 per il
ritardato pagamento degli oneri concessori dovuti ai sensi dell’art. 16 DPR
380/2001 per il rilascio dell’originario permesso di costruire n. 29/2008
(TAR Lazio-Roma, Sez. II-quater,
sentenza 08.07.2021 n. 8142 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Come
noto, “il contributo di
costruzione, essendo strettamente connesso al concreto esercizio della
facoltà di costruire, non è dovuto in caso di rinuncia o di mancato utilizzo
del titolo edificatorio.
Conseguentemente, allorché il privato rinunci al
permesso di costruire o non lo utilizzi, ovvero in ipotesi di intervenuta
decadenza del titolo edilizio, sorge in capo alla p.a., anche ai sensi
dell’articolo 2033 c.c. o, comunque, dell’art. 2041 c.c., l’obbligo di
restituzione delle somme corrisposte a titolo di contributo per oneri di
urbanizzazione e costo di costruzione, e conseguentemente il diritto del
privato a pretenderne la restituzione […]
La giurisprudenza ha poi avuto
modo di chiarire che il diritto alla restituzione del contributo di
costruzione sorge non solamente nel caso in cui la mancata realizzazione
delle opere sia totale, ma anche ove il permesso di costruire sia stato
utilizzato solo parzialmente”.
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Legittimato ad esigere la restituzione dell’indebito deve essere ritenuto il
soggetto che ha effettuato il pagamento privo di causa, mentre gli eventuali
rapporti interni fra obbligato principale e terzi rimangono privi di rilievo
nei confronti di chi deve restituire l’indebito ricevuto, dato che
legittimato attivo alla restituzione è sempre e solo il titolare del
patrimonio che deve essere reintegrato con la restituzione: nell'azione di
ripetizione d'indebito oggettivo la legittimazione attiva e passiva spettano
infatti solo al solvens e all'accipiens.
L’azione di ripetizione dell’indebito trae, infatti, origine dal pagamento
di un debito non dovuto ed inerisce esclusivamente al rapporto fra chi lo ha
effettuato e chi lo ha ricevuto.
Legittimato ad esigere la restituzione è,
quindi, il soggetto che ha effettuato il pagamento rivelatosi privo di
causa: ciò in quanto in base all’art. 2033 c.c., la legittimazione alla
proposizione dell’azione di ripetizione dell’indebito spetta a colui che ha
effettuato il pagamento; conseguentemente, stante quanto disposto dall’art.
81 c.p.c., non può ammettersi che un terzo soggetto faccia valere in
giudizio, in nome proprio, un diritto di cui non è titolare.
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Ciò premesso, il Collegio rileva che l’opposizione proposta dal
Comune di Vicenza è destituita di fondamento.
L’ente resistente, infatti, non contesta che le somme di cui parte opposta
chiede la restituzione siano state effettivamente da quest’ultima versate a
titolo di pagamento degli oneri di urbanizzazione dovuti per il rilascio dei
titoli edilizi in precedenza indicati: deduce, tuttavia, che il Fallimento
non avrebbe diritto alla restituzione di tali importi, essendo stato
stipulato un contratto preliminare per l’alienazione dei terreni interessati
dall’intervento edilizio alla società Do.Br., in virtù del quale quest’ultima sarebbe subentrata al Fallimento nella titolarità del diritto
di credito vantato nei confronti del Comune di Vicenza.
Prescindendo dalla circostanza per cui, alla data odierna, non consta che
detto contratto preliminare sia stato seguito dalla stipula di un contratto
definitivo, giova rammentare che sulla scorta di consolidata giurisprudenza
alla quale questo Collegio ha già in precedenza aderito, l’azione esercitata
dal Fallimento deve essere qualificata come azione di ripetizione
dell’indebito oggettivo, ex art. 2033 c.c.: come noto, “il contributo di
costruzione, essendo strettamente connesso al concreto esercizio della
facoltà di costruire, non è dovuto in caso di rinuncia o di mancato utilizzo
del titolo edificatorio. Conseguentemente, allorché il privato rinunci al
permesso di costruire o non lo utilizzi, ovvero in ipotesi di intervenuta
decadenza del titolo edilizio, sorge in capo alla p.a., anche ai sensi
dell’articolo 2033 c.c. o, comunque, dell’articolo 2041 c.c., l’obbligo di
restituzione delle somme corrisposte a titolo di contributo per oneri di
urbanizzazione e costo di costruzione, e conseguentemente il diritto del
privato a pretenderne la restituzione […] La giurisprudenza ha poi avuto
modo di chiarire che il diritto alla restituzione del contributo di
costruzione sorge non solamente nel caso in cui la mancata realizzazione
delle opere sia totale, ma anche ove il permesso di costruire sia stato
utilizzato solo parzialmente” (cfr. Tar Lombardia-Milano, 09.04.2020, nr.
858).
Ciò posto il Collegio osserva ancora che, come questo TAR ha già avuto modo
di osservare, legittimato ad esigere la restituzione dell’indebito deve
essere ritenuto il soggetto che ha effettuato il pagamento privo di causa,
mentre gli eventuali rapporti interni fra obbligato principale e terzi
rimangono privi di rilievo nei confronti di chi deve restituire l’indebito
ricevuto, dato che legittimato attivo alla restituzione è sempre e solo il
titolare del patrimonio che deve essere reintegrato con la restituzione:
nell'azione di ripetizione d'indebito oggettivo la legittimazione attiva e
passiva spettano infatti solo al solvens e all'accipiens (in tal senso, Tar
Veneto, II Sez., 19.11.2020, nr. 1169; TAR Veneto, II Sez.,
19.12.2017, nr. 173/2018, in cui si richiama: Cassazione civile, Sez. III, 01.12.2009, n. 25276; Cassazione civile, Sez. I,
09.05.2007, n. 10634;
Cassazione civile, Sez. III, 04.08.2000, n. 10227).
L’azione di ripetizione dell’indebito trae, infatti, origine dal pagamento
di un debito non dovuto ed inerisce esclusivamente al rapporto fra chi lo ha
effettuato e chi lo ha ricevuto. Legittimato ad esigere la restituzione è,
quindi, il soggetto che ha effettuato il pagamento rivelatosi privo di
causa: ciò in quanto in base all’art. 2033 c.c., la legittimazione alla
proposizione dell’azione di ripetizione dell’indebito spetta a colui che ha
effettuato il pagamento; conseguentemente, stante quanto disposto dall’art.
81 c.p.c., non può ammettersi che un terzo soggetto faccia valere in
giudizio, in nome proprio, un diritto di cui non è titolare (cfr. Tar
Lombardia, Milano, Sez. II, nr. 12.05.2016 nr. 1605; Tar Toscana, Sez.
III, 12.03.2014, n. 493; Tar Lombardia, Milano, Sez. II, 12.02.2014, n. 444; Tar Campania, Napoli, Sez. V,
05.04.2011, n. 1916)
(TAR Veneto, Sez. II,
sentenza 14.04.2021 n. 476 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2019 |
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EDILIZIA PRIVATA: Le
questioni attinenti alla spettanza e alla
liquidazione del contributo per gli oneri di
urbanizzazione sono riservate alla
giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo ai sensi dell’art. 133, comma
1, lett. f), cod. proc. amm.; le stesse,
poi, avendo ad oggetto l’accertamento di un
rapporto di credito a prescindere
dall’esistenza di atti della P.A., non sono
soggette alle regole delle azioni
impugnatorie-annullatorie degli atti
amministrativi ed ai rispettivi termini di
decadenza.
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Le obbligazioni di pagamento degli oneri di
urbanizzazione e dei costi di costruzione, e
le conseguenti sanzioni per ritardato
pagamento, hanno natura reale o “propter rem”,
essendo caratterizzate dalla stretta
inerenza alla res ed essendo perciò
destinate a circolare unitamente ad essa,
per il carattere dell’ambulatorietà che le
contraddistingue. Ne deriva che le stesse
gravano anche sull’acquirente nel caso di
trasferimento del bene.
È stato infatti affermato che
“l’obbligazione in solido per il pagamento
degli oneri di urbanizzazione e la natura
reale dell’obbligazione riguardano i
soggetti che stipulano la convenzione,
quelli che richiedono la concessione e
quelli che realizzano l’edificazione, nonché
i loro aventi causa”.
Analogamente, si è precisato che anche
“l’obbligazione di pagamento delle sanzioni
per ritardato pagamento degli oneri
concessori va configurata come propter rem
e, quindi, da porsi a carico del soggetto
che, in un determinato momento, si trova in
una relazione qualificata con l’immobile”.
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Un’amministrazione
comunale ha il pieno potere di applicare,
nei confronti dell’intestatario di un titolo
edilizio, la sanzione pecuniaria prescritta
dalla legge per il caso di ritardo ovvero di
omesso pagamento degli oneri relativi al
contributo di costruzione anche ove, in caso
di pagamento dilazionato di detto
contributo, abbia omesso di escutere la
garanzia fideiussoria in esito alla
infruttuosa scadenza dei singoli ratei di
pagamento ovvero abbia comunque omesso di
svolgere attività sollecitatoria del
pagamento presso il debitore principale.
Ciò in quanto dalla portata letterale delle
disposizioni che integrano il regime
sanzionatorio si evince come l’applicazione
dell’aumento di contributo sia correlata al
fatto in sé del suo mancato o non puntuale
pagamento da parte dell’obbligato, senza
distinzione alcuna, sul piano delle
conseguenze del meccanismo sanzionatorio,
tra l’ipotesi dell’obbligazione del solo
debitore, e quella in cui sia stata prestata
una garanzia fideiussoria accessoria per il
pagamento del suddetto contributo.
Non assumendo, pertanto, alcuna rilevanza il
comportamento delle parti diverse dal
debitore principale antecedenti al
fatto-inadempimento, ciò che unicamente
rileva, nella logica della norma
sanzionatoria, è il semplice mancato
pagamento della rata di contributo
imputabile al debitore principale.
Non solo non si rinviene un dovere di
“soccorso” dell’amministrazione comunale nei
confronti del beneficiario di un titolo
edilizio in ritardo nel pagamento del
contributo di costruzione, ma in senso
opposto l’amministrazione è tenuta,
trattandosi di attività vincolata prevista
direttamente dalla fonte normativa di rango
primario, all’applicazione delle sanzioni
alla scadenza dei termini di pagamento,
senza potersi sottrarre al potere-dovere di
aumentare, in funzione sanzionatoria,
l’importo del contributo dovuto.
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1. In via preliminare, va affermata la
giurisdizione del giudice amministrativo
sulla presente controversia, giacché secondo
una consolidata giurisprudenza, condivisa
dal Collegio, le questioni attinenti alla
spettanza e alla liquidazione del contributo
per gli oneri di urbanizzazione sono
riservate alla giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo ai sensi dell’art.
133, comma 1, lett. f), cod. proc. amm.; le
stesse, poi, avendo ad oggetto
l’accertamento di un rapporto di credito a
prescindere dall’esistenza di atti della P.A.,
non sono soggette alle regole delle azioni
impugnatorie-annullatorie degli atti
amministrativi ed ai rispettivi termini di
decadenza (Consiglio di Stato, VI,
07.05.2015, n. 2294; TAR Lombardia, Milano,
II, 10.05.2018, n. 1242).
2. Passando all’esame del merito del
ricorso, lo stesso non è fondato; ciò
consente di prescindere dallo scrutinio
delle ulteriori eccezioni di carattere
preliminare sollevate dalla difesa del
Comune.
3. Con l’unica censura di ricorso si
deduce l’illegittimità delle sanzioni
applicate alla ricorrente, avendo la stessa
acquistato il mappale n. 853 soltanto dopo
la scadenza dei termini di pagamento degli
oneri e quindi non essendo ad essa
imputabile il mancato e/o ritardato
versamento delle rate degli stessi; inoltre,
il Comune avrebbe aggravato indebitamente la
posizione del soggetto obbligato non
provvedendo alla previa escussione della
garanzia fideiussoria, violando in tal modo
i canoni della buona fede e della
cooperazione con il privato debitore; infine
si contesta l’ammontare della somma
richiesta, corrispondente al 125% delle rate
pagate in ritardo, piuttosto che alla misura
del 40% prevista dall’art. 42 del D.P.R. n.
380 del 2001.
3.1. La doglianza è infondata.
Va premesso che nell’atto di compravendita
del 15.02.2001 stipulato con Im.No. s.r.l.,
la ricorrente ha espressamente dichiarato “di
assumere a suo totale carico gli oneri di
urbanizzazione ancora da versare al Comune”
(cfr. all. 7 del Comune). A ciò ha fatto
seguito, in data 16.03.2001, la volturazione
in suo favore della concessione edilizia n.
103/1997 da parte del Comune (all. 8 del
Comune).
Ulteriormente, va evidenziato che il Comune,
in data 26.10.1998, ha sollecitato la dante
causa della ricorrente ad adempiere agli
obblighi di pagamento, a seguito della
scadenza del termine (all. 6 del Comune).
A giudizio della parte ricorrente la
sanzione conseguente al mancato versamento
delle rate relative agli oneri concessori
non avrebbe potuto essere irrogata nei suoi
confronti, stante l’assenza di alcuna
rimproverabilità in capo ad essa e
trattandosi di un atto connotato dal
carattere dell’afflittività.
La prospettazione della parte ricorrente non
può essere accolta, poiché secondo un
condivisibile orientamento
giurisprudenziale, le obbligazioni di
pagamento degli oneri di urbanizzazione e
dei costi di costruzione, e le conseguenti
sanzioni per ritardato pagamento, hanno
natura reale o “propter rem”, essendo
caratterizzate dalla stretta inerenza alla
res ed essendo perciò destinate a circolare
unitamente ad essa, per il carattere dell’ambulatorietà
che le contraddistingue. Ne deriva che le
stesse gravano anche sull’acquirente nel
caso di trasferimento del bene.
È stato infatti affermato che “l’obbligazione
in solido per il pagamento degli oneri di
urbanizzazione e la natura reale
dell’obbligazione riguardano i soggetti che
stipulano la convenzione, quelli che
richiedono la concessione e quelli che
realizzano l’edificazione, nonché i loro
aventi causa” (cfr. Consiglio di Stato,
IV, 15.05.2019, n. 3141; altresì, C.G.A.,
30.09.2019, n. 848; TAR Sicilia, Palermo, II,
19.10.2017, n. 2402).
Analogamente, si è precisato che anche “l’obbligazione
di pagamento delle sanzioni per ritardato
pagamento degli oneri concessori va
configurata come propter rem e, quindi, da
porsi a carico del soggetto che, in un
determinato momento, si trova in una
relazione qualificata con l’immobile” (cfr.
Consiglio di Stato, IV, 01.04.2011, n.
2037).
3.2. Quanto alla parte della censura che
eccepisce l’illegittima mancata previa
escussione della garanzia fideiussoria,
invece dell’adozione della sanzione, si deve
richiamare, in senso contrario, la pronuncia
dell’Adunanza plenaria del Consiglio di
Stato, 07.12.2016, n. 24, secondo la quale “un’amministrazione
comunale ha il pieno potere di applicare,
nei confronti dell’intestatario di un titolo
edilizio, la sanzione pecuniaria prescritta
dalla legge per il caso di ritardo ovvero di
omesso pagamento degli oneri relativi al
contributo di costruzione anche ove, in caso
di pagamento dilazionato di detto
contributo, abbia omesso di escutere la
garanzia fideiussoria in esito alla
infruttuosa scadenza dei singoli ratei di
pagamento ovvero abbia comunque omesso di
svolgere attività sollecitatoria del
pagamento presso il debitore principale”:
ciò in quanto dalla portata letterale delle
disposizioni che integrano il regime
sanzionatorio si evince come l’applicazione
dell’aumento di contributo sia correlata al
fatto in sé del suo mancato o non puntuale
pagamento da parte dell’obbligato, senza
distinzione alcuna, sul piano delle
conseguenze del meccanismo sanzionatorio,
tra l’ipotesi dell’obbligazione del solo
debitore, e quella in cui sia stata prestata
una garanzia fideiussoria accessoria per il
pagamento del suddetto contributo.
Non assumendo, pertanto, alcuna rilevanza il
comportamento delle parti diverse dal
debitore principale antecedenti al
fatto-inadempimento, ciò che unicamente
rileva, nella logica della norma
sanzionatoria, è il semplice mancato
pagamento della rata di contributo
imputabile al debitore principale.
Non solo non si rinviene un dovere di “soccorso”
dell’amministrazione comunale nei confronti
del beneficiario di un titolo edilizio in
ritardo nel pagamento del contributo di
costruzione, ma in senso opposto
l’amministrazione è tenuta, trattandosi di
attività vincolata prevista direttamente
dalla fonte normativa di rango primario,
all’applicazione delle sanzioni alla
scadenza dei termini di pagamento, senza
potersi sottrarre al potere-dovere di
aumentare, in funzione sanzionatoria,
l’importo del contributo dovuto (Consiglio
di Stato, Ad. Plen., 07.12.2016, n. 24, cit.;
sull’inesistenza di un dovere di “soccorso”
e sull’estraneità alla disciplina
civilistica, ed in specie all’art. 1944,
secondo comma, cod. civ., della pretesa che
venga previamente escusso il fideiussore,
cfr. TAR Veneto, II, 11.12.2017, n. 1121)
(TAR Veneto, Sez. II,
sentenza 11.10.2019 n. 1083 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2018 |
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EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA:
La controversia avente ad oggetto
l'escussione, da parte del Comune, di una polizza
fideiussoria concessa a garanzia di somme dovute per
oneri di urbanizzazione e a titolo di penali,
pattuite in una convenzione di lottizzazione,
rientra nella giurisdizione del giudice ordinario e
non in quella esclusiva del giudice amministrativo
in materia di urbanistica ed edilizia, attesa
l'autonomia tra i rapporti in questione, nonché la
circostanza che, nella specie, la P.A. agisce
nell'ambito di un rapporto privatistico, senza
esercitare, neppure mediatamente, pubblici poteri.
---------------
2. Va innanzitutto dichiarata l’inammissibilità, per
difetto di giurisdizione del giudice amministrativo,
dell’impugnazione proposta contro la determinazione
23/11/2017, n. 263, dovendosi condividere la
corrispondente eccezione dedotta dal Comune
resistente (come già rilevato da questo Tribunale in
sede cautelare – cfr. ord. 12/04/2018, n. 75. Cfr.,
inoltre, TAR Marche, ordinanze nn. 88 e 93 del
2018).
Al riguardo va osservato che la controversia avente
ad oggetto l'escussione, da parte del Comune, di una
polizza fideiussoria concessa a garanzia di somme
dovute per oneri di urbanizzazione e a titolo di
penali, pattuite in una convenzione di
lottizzazione, rientra nella giurisdizione del
giudice ordinario e non in quella esclusiva del
giudice amministrativo in materia di urbanistica ed
edilizia, attesa l'autonomia tra i rapporti in
questione, nonché la circostanza che, nella specie,
la P.A. agisce nell'ambito di un rapporto
privatistico, senza esercitare, neppure
mediatamente, pubblici poteri (cfr. Cass. Civ., Sez.
Un., 19/07/2016, n. 15666; TAR Abruzzo, L’Aquila,
05/02/2018, n. 39; TAR Molise, 17/05/2017, n. 184)
(TAR Marche,
sentenza 15.11.2018 n. 730 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Le controversie attinenti alla determinazione e
liquidazione degli oneri concessori sono riconducibili a
quegli aspetti dell’uso del territorio costituenti
prerogativa della P.A., e per questo riservate alla
giurisdizione esclusiva del G.A., nel rispetto
dell’indirizzo legislativo previsto in origine dall’art. 16
L. 10/1977, confermato poi dall’art. 34 Decr. Leg.vo 80/1998
(come sostituito dalla L. 205/2000), rimodulato in seguito
dall’intervento correttivo della Corte Cost. n. 204/2004, e
da ultimo fissato dall’art. 133, co. 1, lett. f), cpa (alla
stregua del quale sono devolute appunto alla giurisdizione
esclusiva del G.A. “le controversie aventi ad oggetto gli
atti e i provvedimenti delle pubbliche amministrazioni in
materia di urbanistica ed edilizia, concernenti tutti gli
aspetti dell’uso del territorio”.
Sempre alla giurisdizione esclusiva del G.A. risulta,
altresì, ascrivibile la controversia introdotta a mezzo del
ricorso per motivi aggiunti, avente ad oggetto la
restituzione di somme versate a titolo di oneri concessori
connessi ad un P.d.c. poi non utilizzato, ancorché si versi
in ipotesi di indebito oggettivo, a seguito del venire meno
dell’originaria obbligazione legale.
Peraltro, ai sensi dell'art. 133, comma 1, lett. f), cod.
proc. amm., rientra nella giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo anche la controversia avente ad
oggetto la cartella di pagamento emessa da Equitalia Servizi
di Riscossione spa ed avente ad oggetto somme dovute per
oneri concessori, nel corso della quale non vengano dedotte
censure derivanti da atti generali autoritativi relativi
alla determinazione degli oneri presupposti di quello
impugnato; atteso anche che detti oneri non hanno natura
tributaria, bensì costituiscono un corrispettivo di diritto
pubblico avente la funzione di partecipazione ai costi delle
opere di urbanizzazione.
---------------
Le controversie in materia di determinazione e pagamento
degli oneri concessori, investendo l’esistenza o l’entità di
un’obbligazione legale, concernono diritti soggettivi, con
la conseguenza che la relativa domanda non soggiace al
regime di decadenza proprio del processo di impugnazione, ma
può essere proposta nel termine di prescrizione ordinaria ed
indipendentemente dall’impugnazione di eventuali atti.
In particolare, va osservato che gli atti emessi nella
materia degli oneri concessori dal Comune non presentano
carattere autoritativo, e, quindi, attitudine a divenire
incontestabili se non impugnati nel termine decadenziale di
gg. 60 (come accade, invece, per i provvedimenti
amministrativi), tanto più che non ha natura tributaria
l’obbligazione riguardante gli oneri in parola, per cui sul
punto non può neppure parlarsi di atti di accertamento
(suscettibili di far divenire incontestabile la pretesa, se
non impugnati nei termini), ancorché vi sia stata emissione
di ordinanza ingiunzione ex R.D. 14.04.1910 n. 639 (posto
che, comunque, la giurisdizione viene determinata sulla base
della tipologia della pretesa fatta valere con tale mezzo di
riscossione, per cui si applicano in definitiva le regole
del giudice fornito di giurisdizione: ma nella fattispecie
vi è giurisdizione esclusiva e le posizioni sono di
diritto/obbligo, cosicché il termine per impugnare
l’ingiunzione –cui è riconoscibile valore di atto
amministrativo paritetico– è quello decennale di
prescrizione ordinaria.
Quindi, va sottolineato come l’azione volta alla
declaratoria di insussistenza o diversa entità del debito
contributivo per oneri concessori possa essere intentata a
prescindere dalla impugnazione o esistenza dell’atto con il
quale viene richiesto il pagamento, trattandosi di un
giudizio di accertamento di un rapporto obbligatorio
pecuniario proponibile nel termine di prescrizione, e pur
dopo decorsi i termini per opporsi all’ingiunzione ex R.D.
14.04.1910 n. 639, ovvero ad una cartella di pagamento
(essendo questi meri strumenti per procedere ad esecuzione
coattiva).
---------------
Le sanzioni irrogabili per il ritardato pagamento del
contributo di costruzione soggiaciono al termine
prescrizionale di cinque anni.
Sempre in relazione alla somma di cui si discute, sono
dovuti gli interessi di mora maturati nel periodo tra la
scadenza dei singoli ratei e la data del pagamento. E sugli
stessi è applicabile il diverso termine prescrizionale di
dieci anni.
---------------
La presente controversia è incentrata sulle contestazioni
mosse dalla Im.Sa.St. srl alla richiesta del Comune di
Telese Terme di avere la corresponsione di una cospicua
somma di denaro, che gli sarebbe dovuta a titolo di oneri
concessori (contributo di costruzione e oneri di
urbanizzazione), nonché di sanzioni e interessi per
ritardato pagamento di questi, in dipendenza del rilascio,
in tempi diversi, di più permessi di costruire appunto in
favore della odierna ricorrente; richiesta infine
concretatasi nella notifica, in data 16.2.2017, a cura della
Equitalia Servizi di Riscossione spa (quale concessionario
per la riscossione) della cartella n. 07120170016377737,
contenente l’ingiunzione alla società ricorrente a pagare
entro gg. 60 dalla notifica la complessiva somma di euro
185.894,73, in forza del ruolo n. 2017/000863 reso esecutivo
in data 11.11.2016.
...
Ciò posto, va preliminarmente osservato che le controversie
–quale la presente– attinenti alla determinazione e
liquidazione degli oneri concessori sono riconducibili a
quegli aspetti dell’uso del territorio costituenti
prerogativa della P.A., e per questo riservate alla
giurisdizione esclusiva del G.A., nel rispetto
dell’indirizzo legislativo previsto in origine dall’art. 16
L. 10/1977, confermato poi dall’art. 34 Decr. Leg.vo 80/1998
(come sostituito dalla L. 205/2000), rimodulato in seguito
dall’intervento correttivo della Corte Cost. n. 204/2004, e
da ultimo fissato dall’art. 133, co. 1, lett. f), cpa (alla
stregua del quale sono devolute appunto alla giurisdizione
esclusiva del G.A. “le controversie aventi ad oggetto gli
atti e i provvedimenti delle pubbliche amministrazioni in
materia di urbanistica ed edilizia, concernenti tutti gli
aspetti dell’uso del territorio” – cfr. Cons. di Stato
sez. IV, n. 2960 del 10.06.2014; TAR Campania-Napoli n. 2170
del 16.04.2014, TAR Liguria n. 552 del 28.03.2013; TAR
Campania-Salerno n. 1676 del 24.09.2012; TAR Campania-Napoli
n. 2136 del 09.05.2012).
Sempre alla giurisdizione esclusiva del G.A. risulta,
altresì, ascrivibile la controversia introdotta a mezzo del
ricorso per motivi aggiunti, avente ad oggetto la
restituzione di somme versate a titolo di oneri concessori
connessi ad un P.d.c. poi non utilizzato, ancorché si versi
in ipotesi di indebito oggettivo, a seguito del venire meno
dell’originaria obbligazione legale (cfr. Cons. di Stato
sez. V, n. 894 del 12.06.1995; TAR Sicilia-Catania n. 189
del 27.01.2017; TAR Sicilia-Catania n. 159 del 18.01.2013).
Peraltro, ai sensi dell'art. 133, comma 1, lett. f), cod.
proc. amm., rientra nella giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo anche la controversia avente ad
oggetto la cartella di pagamento emessa da Equitalia Servizi
di Riscossione spa ed avente ad oggetto somme dovute per
oneri concessori, nel corso della quale non vengano dedotte
censure derivanti da atti generali autoritativi relativi
alla determinazione degli oneri presupposti di quello
impugnato (così Cons. di Stato sez. IV, n. 4208 del
21.08.2013; nonché Cass. SS.UU. n. 22514 del 20.10.2006; TAR
Sicilia-Catania n. 2531 dell’11.10.2016; TAR Sicilia Palermo
n. 1730 del 12.07.2016; TAR Toscana n. 265 dell’11.02.2011);
atteso anche che detti oneri non hanno natura tributaria,
bensì costituiscono un corrispettivo di diritto pubblico
avente la funzione di partecipazione ai costi delle opere di
urbanizzazione (così Cons. di Stato sez. IV, n. 4208 del
21.08.2013; nonché TAR Campania-Napoli n. 19792 del
18.11.2008).
Ancora, deve osservarsi che le controversie in materia di
determinazione e pagamento degli oneri concessori,
investendo l’esistenza o l’entità di un’obbligazione legale,
concernono diritti soggettivi, con la conseguenza che la
relativa domanda non soggiace al regime di decadenza proprio
del processo di impugnazione, ma può essere proposta nel
termine di prescrizione ordinaria ed indipendentemente
dall’impugnazione di eventuali atti (cfr. Cons. di Stato
sez. IV, n. 4208 del 21.08.2013; TAR Sicilia-Catania n. 189
del 27.01.2017; TAR Sicilia-Palermo n. 2581 del 10.11.2016;
TAR Puglia-Bari n. 1596 del 03.12.2015TAR Puglia-Lecce n.
3114 del 30.10.2015; TAR Sicilia-Catania n. 1881 del
09.07.2015).
In particolare, va osservato che gli atti emessi nella
materia degli oneri concessori dal Comune non presentano
carattere autoritativo, e, quindi, attitudine a divenire
incontestabili se non impugnati nel termine decadenziale di
gg. 60 (come accade, invece, per i provvedimenti
amministrativi), tanto più che –come già detto– non ha
natura tributaria l’obbligazione riguardante gli oneri in
parola, per cui sul punto non può neppure parlarsi di atti
di accertamento (suscettibili di far divenire incontestabile
la pretesa, se non impugnati nei termini), ancorché vi sia
stata emissione di ordinanza ingiunzione ex R.D. 14.04.1910
n. 639 (posto che, comunque, la giurisdizione viene
determinata sulla base della tipologia della pretesa fatta
valere con tale mezzo di riscossione –cfr. Cass. SS.UU. 29
del 05.01.2016; TAR Emilia Romagna, Parma, n. 134 del
18.04.2016; TAR Sicilia, Catania, n. 109 del 15.01.2015-,
per cui si applicano in definitiva le regole del giudice
fornito di giurisdizione: ma nella fattispecie vi è
giurisdizione esclusiva e le posizioni sono di
diritto/obbligo, cosicché il termine per impugnare
l’ingiunzione –cui è riconoscibile valore di atto
amministrativo paritetico; cfr. Cass. Civ. n. 29653 del
12.12.2017– è quello decennale di prescrizione ordinaria; su
quest’ultimo punto cfr. TAR Calabria, Catanzaro, n. 1976 del
10.12.2007).
Quindi, va sottolineato come (cfr. Cons. di Stato sez. V, n.
810 del 04.12.1990; nonché Cons. di Stato sez. IV, n. 4208
del 21.08.2013) l’azione volta alla declaratoria di
insussistenza o diversa entità del debito contributivo per
oneri concessori possa essere intentata a prescindere dalla
impugnazione o esistenza dell’atto con il quale viene
richiesto il pagamento, trattandosi di un giudizio di
accertamento di un rapporto obbligatorio pecuniario
proponibile nel termine di prescrizione, e pur dopo decorsi
i termini per opporsi all’ingiunzione ex R.D. 14.04.1910 n.
639, ovvero ad una cartella di pagamento (essendo questi
meri strumenti per procedere ad esecuzione coattiva).
Pertanto, va disattesa l’eccezione di inammissibilità del
presente gravame, sollevata in limine litis dalla
difesa del Comune di Telese Terme, poiché le ingiunzioni e
le richieste di pagamento (nonché la cartella di pagamento
notificata) cui viene fatto riferimento, possono, in
definitiva, valere nella specie soltanto ad interrompere il
termine prescrizionale decorrente in favore del debitore.
Nel merito, va detto che la prima pretesa creditoria del
Comune di Telese Terme si riferisce all’asserito omesso
versamento di € 22.598,50 dovuti a titolo di oneri di
urbanizzazione (e non di costo di costruzione, come
erroneamente riportato nella cartella di pagamento n.
07120170016377737 – cfr. documentazione in atti) in
relazione all’intervento edilizio assentito con il P.d.C. n.
44/2005 (rilasciato a Pellegrino Raffaele, e poi volturato,
in data 20.10.2005, in favore della Im.Sa.St. srl).
Per tale credito, il Comune di Telese Terme ha emesso
dapprima un invito al pagamento in data 30.10.2008 – prot.
n. 15401 (spedito a mezzo racc. a/r, di cui non è stata però
fornita la prova del recapito, ancorché nella relazione
tecnica a firma dell’arch. Al.Pe. si faccia riferimento
all’a/r di racc. n. 13226606266-9); e comunque,
successivamente, l’ingiunzione di pagamento prot. n. 1210
del 27.1.2009, ricevuta in data 10.2.2009 dai destinatari
(come da a/r di racc. versato in atti).
Sennonché, la società ricorrente sostiene di aver provveduto
al pagamento della somma suddetta nell’anno 2009, ed a
sostegno di tale asserzione ha prodotto una bolletta di
versamento dell’importo in parola, per il tramite della
Banca Popolare di Novara e in favore del Comune Telese
Terme, riportante la seguente causale “saldo costi di
urbanizzazione concessione 44/05 rate 2-3-5-4”.
Dal suo canto, il Comune di Telese Terme ha, tuttavia,
affermato di non aver mai ricevuto il detto pagamento; ma
risolutiva sul punto appare la documentazione acquisita
dall’Im.Sa.St. srl a mezzo di procedura di accesso agli atti
del Comune interessato, e poi prodotta in giudizio in data
30.04.2018, ovvero una certificazione a firma del
responsabile dell’Area Economico/Finanziaria dell’ente, in
cui viene attestato che tra le somme dallo stesso incassate
a seguito di pagamenti effettuati dalla Im.Sa.St. srl (“mediante
bonifici pervenuti sul c/c di Tesoreria Comunale e
introitate con le Reversali di incasso di seguito riportate…”),
figura anche la “Reversale n. 1102/2009 di importo pari
ad € 22.598,50”, evidentemente riferibile al rapporto in
questione, in mancanza di diversa spiegazione: perciò deve
concludersi che la suddetta somma non è più dovuta, in
quanto pagata in data 23.06.2009.
Neppure, poi, risultano dovute le sanzioni irrogabili per il
ritardato pagamento della somma in parola, poiché,
applicandosi nella specie il termine prescrizionale di
cinque anni (cfr. sul punto TAR Campania-Napoli, sez. VIII,
n. 2170 del 16.04.2014), lo stesso risulta ormai decorso
dall’ultimo atto interruttivo, costituito dalla sopra
ricordata ingiunzione di pagamento n. 1210 del 27.01.2009,
notificata il 10.02.2009 (posto che la successiva cartella
di pagamento è stata notificata solo in data 16.02.2017).
Viceversa, sempre in relazione alla somma di cui si discute,
sono dovuti gli interessi di mora maturati nel periodo tra
la scadenza dei singoli ratei e il 23.06.2009, ovvero la
data del pagamento: ciò in quanto per gli interessi è
applicabile il diverso termine prescrizionale di dieci anni
(cfr. sul punto TAR Campania-Salerno, nn. 2599 e 2600 del
30.12.2003), che, per quanto prima evidenziato, non
risultava ancora decorso al momento della notifica della
cartella di pagamento, dopo l’interruzione operata con
l’ingiunzione n. 1210 del 27.01.2009.
Quanto alle somme richieste per oneri concessori in
relazione ai P.d.C. n. 102/2007 e n. 103/2007 (in variante
al P.d.C. n. 93/2006), risultano dovute le sorti capitale
(in mancanza di prova del loro pagamento), mentre sono
prescritte le sanzioni irrogabili per il loro tardivo
pagamento (e sul punto concorda anche il responsabile
dell’Area Tecnica del Comune di Telese Terme, secondo la
ricostruzione nella relazione a sua firma), per essere
maturato il relativo termine quinquennale, ancorché in
proposito fossero stati inoltrati solo nell’anno 2015 gli
avvisi di avvio del procedimento di riscossione coattiva n.
9422/2015 e n. 9421/2015 (dei quali, peraltro, non risulta
provato il recapito a destinazione).
Viceversa, non è maturata la prescrizione decennale (atteso
che il rilascio dei P.d.C. 102/2007 e 103/2007 si è avuto il
03.12.2007) riguardante gli interessi moratori, perciò
dovuti a partire dalle date di scadenza dei vari ratei
eventualmente concordati, fino all’estinzione
dell’obbligazione per compensazione legale, secondo quanto
si dirà più avanti.
E’, infatti, fondata anche la richiesta formulata dalla
ricorrente di restituzione degli importi versati a titolo di
oneri concessori per il rilascio, in data 20.01.2009, del
P.d.C. n. 4/2009; ed ancor prima l’eccezione sollevata sul
punto in via sostanziale, sulla scorta delle argomentazioni
svolte già con il ricorso introduttivo.
Invero, risulta incontestato (e anche ammesso dallo stesso
ente territoriale, sempre nella ricordata relazione a firma
dell’arch. Al.Pe.), che, in riferimento a tale P.d.C., la
società ricorrente ha versato al Comune di Telese Terme
complessivi euro 72.307,76 (di cui, euro 47.322,58, a titolo
di oneri di urbanizzazione; euro 2.324,00, a titolo di
diritti di segreteria; ed euro 22.661,18, a titolo di costo
di costruzione); e che l’intervento così assentito non è poi
stato realizzato, per non essere i lavori iniziati nel
prescritto termine di un anno dal rilascio (con conseguente
decadenza “di diritto” del titolo, ai sensi dell’art.
15 D.P.R. 380/2001): tanto ha determinato una situazione di
indebito oggettivo ex art. 2033 c.c., e perciò il sorgere,
con decorrenza dalla data di decadenza del rilasciato titolo
edilizio, dell’obbligo del Comune di restituire quanto
percepito a titolo di oneri concessori, ancorché con
esclusione dei versati diritti di segreteria (trattandosi di
attribuzione patrimoniale giustificata appunto dall’attività
di segreteria comunque svolta per pervenire al rilascio del
P.d.C., e indipendente dal successivo effettivo utilizzo di
questo).
La contemporanea pendenza, di tale credito della Im.Sa.St.
srl nei confronti del Comune di Telese Terme (comprendente
anche gli interessi compensativi, decorrenti dal giorno
della domanda ripetitiva dell’indebito nella ipotesi di
buona fede del percettore, che deve ritenersi nel caso di
specie ricorrere – cfr. TAR Lazio-Roma n. 2294 del
12.03.2008), e del credito di detto Comune verso l’odierna
ricorrente, ha fatto sì che, sussistendo i presupposti
richiesti dall’art. 1241 c.c., si verificasse la
compensazione legale dei due debiti, fino alla concorrenza
di quello di minore importo (ovvero quello vantato dalla
Im.Sa.St. srl): di tanto va dato atto in questa sede,
cosicché non può farsi luogo alla restituzione chiesta con i
motivi aggiunti.
Pertanto, in definitiva, la domanda complessivamente
proposta in questa sede va accolta nei sensi e nei limiti di
quanto fin qui esposto, e va, altresì, annullata l’impugnata
cartella di pagamento.
Quanto alla posizione della Equitalia Riscossioni spa,
seppure effettivamente deve dirsi estranea al rapporto
intercorrente tra la Im.Sa.St. srl e il Comune di Telese
Terme, tuttavia risulta essere stata correttamente intimata
in questo giudizio, poiché soggetto che aveva emesso la
contestata cartella di pagamento, per cui non può essere
disposta la sua estromissione, come da essa richiesto (cfr.
TAR Sardegna n. 82 dell’8.2.2007; TAR Campania-Salerno n.
766 dell’1.7.2003) (TAR Campania-Napoli, Sez. VIII,
sentenza 09.10.2018 n. 5835 - link a
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EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA:
Le controversie circa l'impugnazione delle note
comunali di escussione della polizza fidejussoria si
inseriscono nell’ambito di un rapporto privatistico che
esula dalla cognizione propria del giudice amministrativo.
Come è stato osservato, “la giurisdizione esclusiva del G.A.
in materia di edilizia e urbanistica non può estendersi
anche all'escussione della polizza fideiussoria relativa al
pagamento degli oneri di urbanizzazione. Ed invero,
l'obbligazione principale e quella fideiussoria, benché fra
loro collegate, mantengono una propria individualità non
soltanto soggettiva (data l'estraneità del fideiussore al
rapporto richiamato dalla garanzia) ma anche oggettiva, in
quanto la causa fideiussoria è fissa ed uniforme, mentre
l'obbligazione garantita può basarsi su qualsiasi altra
causa idonea allo scopo, con la conseguenza che la
disciplina dell'obbligazione garantita non influisce su
quella della fideiussione, per la quale continuano a valere
le normali regole, comprese quelle sulla giurisdizione”.
---------------
L’eccezione di inammissibilità per difetto di giurisdizione
dell’impugnazione dell’atto di escussione della polizza
fideiussoria è fondata.
Infatti questo tipo di controversie si inseriscono
nell’ambito di un rapporto privatistico che esula dalla
cognizione propria del giudice amministrativo (ex
pluribus cfr. Tar Abruzzo, L'Aquila, Sez. I, 05.02.2018,
n. 39; Tar Molise, Sez. I, 17.05.2017 n. 184; Cass., Sez.
Un. 28.07.2016 n. 15666; Tar Veneto, Sez. II, 20.07.2015, n.
839).
Come è stato osservato (cfr. Tar Lombardia, Milano, Sez. II,11.05.2015,
n. 1137) “la giurisdizione esclusiva del G.A. in materia
di edilizia e urbanistica non può estendersi anche
all'escussione della polizza fideiussoria relativa al
pagamento degli oneri di urbanizzazione. Ed invero,
l'obbligazione principale e quella fideiussoria, benché fra
loro collegate, mantengono una propria individualità non
soltanto soggettiva (data l'estraneità del fideiussore al
rapporto richiamato dalla garanzia) ma anche oggettiva, in
quanto la causa fideiussoria è fissa ed uniforme, mentre
l'obbligazione garantita può basarsi su qualsiasi altra
causa idonea allo scopo, con la conseguenza che la
disciplina dell'obbligazione garantita non influisce su
quella della fideiussione, per la quale continuano a valere
le normali regole, comprese quelle sulla giurisdizione”.
Pertanto l’impugnazione dell’atto prot. n. 3776 del
23.06.2014, di escussione della polizza fideiussoria deve
essere dichiarata inammissibile per difetto di
giurisdizione.
L’eccezione di inammissibilità del ricorso per l’omessa
notifica a Ge.It.Spa non può essere condivisa perché il
ricorso in realtà è stato notificato al domicilio
contrattualmente eletto nelle condizioni generali del
contratto e in ogni caso difettano i presupposti per
qualificare il garante come controinteressato in senso
sostanziale.
Infatti trattandosi di un contratto autonomo di garanzia,
l’affermazione secondo la quale il garante avrebbe dovuto
agire avanti al giudice ordinario per far valere
l’invalidità del rapporto sottostante, è priva di riscontri.
L’eccezione di inammissibilità per omessa notifica al
controinteressato deve pertanto essere respinta (TAR Veneto,
Sez. II,
sentenza 17.07.2018 n. 764 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Pagamento degli oneri di urbanizzazione.
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●
Edilizia – Oneri di urbanizzazione – Pagamento – Giorno di
scadenza che cade di sabato – Proroga al lunedì successivo –
Esclusione.
●
Edilizia – Oneri di urbanizzazione – Pagamento tardivo –
Riscossione delle sanzioni - Procedimento di imposizione
coattiva – Obbligo – Esclusione.
●
Edilizia – Oneri di urbanizzazione – Pagamento –
Interruzione della prescrizione – Presupposti –
Individuazione.
●
Edilizia – Oneri di costruzione – Pagamento rateale –
Sanzioni – Omessa escussione garanzia fidejussoria –
Irrilevanza ex se.
●
La disciplina che considera il sabato come festivo al fine
della proroga dei termini di scadenza non può essere
applicata anche ai termini per il pagamento delle somme
dovute per gli oneri di urbanizzazione (1).
●
Per la riscossione delle sanzioni relative al ritardato
pagamento degli oneri di urbanizzazione previsti dall’art.
42, d.P.R. 06.06.2001, n. 380 il Comune non è obbligato a
valersi del procedimento di imposizione coattiva stabilito
dal successivo art. 43, ma può avvalersi delle normali
azioni previste per l’esecuzione delle obbligazioni, tra cui
la procedura di ingiunzione di cui all'art. 118 c.p.a..
●
Affinché un atto abbia efficacia interruttiva della
prescrizione delle somme dovute a titolo di oneri di
urbanizzazione, è necessario che esso contenga l'esplicitazione
di una precisa pretesa e l'intimazione o la richiesta di
adempimento, idonea a manifestare l'inequivocabile volontà
del titolare del credito di far valere il proprio diritto
nei confronti del soggetto obbligato con l'effetto
sostanziale di costituirlo in mora, senza che sia necessario
l'uso di formule solenni o l'osservanza di particolari
adempimenti.
●
Un'amministrazione comunale ha il pieno potere di
applicare, nei confronti dell'intestatario di un titolo
edilizio, la sanzione pecuniaria prescritta dalla legge per
il caso di ritardo ovvero di omesso pagamento degli oneri
relativi al contributo di costruzione anche ove, in caso di
pagamento dilazionato di detto contributo, abbia omesso di
escutere la garanzia fideiussoria in esito alla infruttuosa
scadenza dei singoli ratei di pagamento ovvero abbia
comunque omesso di svolgere attività sollecitatoria del
pagamento presso il debitore principale (2).
---------------
(1) Il Tar ha chiarito il sabato non è giorno
festivo e la norma dell’art. 155 c.p.c., che ad esso lo
equipara a certi effetti, ha come suo ambito di applicazione
gli atti processuali, così come all’ambito degli atti
processuali è rivolta l’analoga norma dell’art. 52, comma 5,
c.p.a. che anch’essa applica la proroga ai termini che
scadono nella giornata di sabato.
Il Tar ha affermato di non ignorare che la giurisprudenza ha
applicato la medesima norma anche ai termini del
procedimento amministrativo considerando prorogato al giorno
successivo (anzi al lunedì) il termine per il compimento di
un atto procedimentale in scadenza di sabato (Cons.
St., sez. VI, 07.09.2012, n. 4752).
Tuttavia l’equiparazione del sabato a giorno festivo non ha
carattere generale ma è limitata ai suddetti ambiti, come
peraltro si deduce anche da quelle pronunce secondo cui
l'equiparazione del sabato ai giorni festivi opera al solo
fine del compimento degli atti processuali svolti fuori
dell'udienza che scadono di sabato, onde consentire agli
avvocati di procedere il successivo lunedì ai relativi
adempimenti; a tutti gli altri effetti il sabato è
considerato giorno lavorativo, anche per quanto attiene alle
attività di ufficiali giudiziari e di addetti agli uffici
ricorsi, come dispone espressamente l'art. 155 c.p.c.,
applicabile al processo amministrativo ex art. 52, comma 5,
c.p.a..
Tanto è vero che questa regola vale solo per i termini che
si calcolano in avanti, e non anche per i termini che si
calcolano a ritroso; infatti l'art. 52, comma 5, c.p.a.
estende al sabato solo la "proroga di cui al comma 3",
ossia la proroga dei giorni che scadono di giorno festivo, e
dunque non anche il meccanismo di anticipazione di cui al
co. 4; ne consegue che se un termine a ritroso scade di
sabato, esso non va anticipato al venerdì, così come se il
termine a ritroso scade di domenica, va anticipato al sabato
e non al venerdì (Cons.
St., sez V, 31.05.2011, n. 3252).
Data la premessa, la conseguenza è che l’equiparazione del
sabato a giorno festivo, ai fini della proroga al giorno
lavorativo successivo, non può applicarsi ai termini di
scadenza dei pagamenti dovuti per le rate inerenti ai costi
di costruzione e agli oneri di urbanizzazione, disciplinati
dalle regole di scadenza delle obbligazioni civili,
ovverosia dagli artt. 1187 e 2963 c.c. che, nel loro
combinato disposto, prevedono la proroga per i soli termini
in scadenza di giorno festivo, senza considerare il sabato a
tale stregua.
(2) Ha affermato il Tar –richiamando
Cons. St., A.P., 07.12.2016, n. 24– che non può
affermarsi l'esistenza di un onere collaborativo gravante
sull’Amministrazione creditrice, desumibile dai principi
generali in tema di correttezza e buona fede nei rapporti
obbligatori di tipo civilistico o dal principio di leale
collaborazione proprio dei rapporti intersoggettivi di
diritto pubblico, consistente in un obbligo di pronta
escussione della garanzia fideiussoria costituita a suo
favore o di sollecitazione del pagamento presso il debitore
principale.
Conseguentemente, nulla osta all'applicazione, nei confronti
dell'intestatario del titolo edilizio, delle sanzioni
pecuniarie previste dalla legge per il caso di ritardato od
omesso pagamento di oneri di costruzione e urbanizzazione (TAR
Campania-Napoli, Sez. VIII,
sentenza 01.02.2018 n. 710
- commento tratto da e link a
www.giustizia-amministrativa.it).
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MASSIMA
2) Infondato si presenta il primo motivo di
ricorso, inerente alle somme dovute a titolo di ritardo nel
pagamento e, nello specifico, ai pagamenti della II rata di
costruzione in scadenza il 02.7.2011, della I rata degli
oneri di urbanizzazione in scadenza il 02.01.2010, e della
IV rata degli oneri di urbanizzazione in scadenza il
02.07.2011, risultati essere stati effettuati in ritardo di
due giorni.
Parte ricorrente ha dedotto in proposito l’assenza del
ritardo, in quanto la scadenza di pagamento coincideva con
il sabato e, in quanto tale, sarebbe dovuta intendersi come
prorogata al lunedì (giorno di effettuazione del pagamento).
Al riguardo parte ricorrente ha sostanzialmente dedotto che
l'art. 2963 c.c. prescrive “Se il termine scade in giorno
festivo, è prorogato di diritto al giorno seguente non
festivo”; l'art. 1187 c.c. stabilisce che “il termine
fissato per l'adempimento delle obbligazioni è computato
secondo le disposizioni dell'articolo 2963” e che “La
disposizione relativa alla proroga del termine che scade in
giorno festivo si osserva se non vi sono usi diversi”;
infine l'art. 155 c.p.c. include il sabato tra i giorni
festivi.
La disciplina che considera il sabato come festivo al fine
della proroga dei termini di scadenza andrebbe applicato,
secondo parte ricorrente, anche ai termini per il pagamento
delle somme dovute per gli oneri di urbanizzazione.
Il Collegio rileva come sia indubbiamente
corretto che, in caso di scadenza di un termine in giorno
festivo, la sua proroga al successivo giorno non festivo
rappresenti un principio di carattere generale, disciplinato
dalla vigente legislazione. Infatti, la previsione, d'ordine
generale, della suesposta proroga è contenuta nel secondo e
terzo comma dell'art. 2963 c.c. che stabilisce, con
riferimento alle modalità di computo del termine di
prescrizione, che: "non si computa il giorno nel corso
del quale cade il momento iniziale del termine e la
prescrizione si verifica con lo spirare dell'ultimo istante
del giorno finale. Se il termine scade in un giorno festivo,
è prorogato di diritto al giorno seguente non festivo".
Il principio della posticipazione ipso iure al primo
giorno seguente non festivo è, altresì, evidenziato
dall'art. 1187 c.c., in tema di obbligazioni, che sancisce,
al secondo comma, che "la disposizione relativa alla
proroga del termine che scade in giorno festivo si osserva
se non vi sono usi diversi" e dall'art. 155, commi terzo
e quarto, c.p.c. secondo cui "i giorni festivi si
computano nel termine. Se il giorno di scadenza è festivo,
la scadenza è prorogata di diritto al primo giorno seguente
non festivo" (Cons.
Stato Sez. VI, 07.09.2012, n. 4752),
nonché dall’art. 52, comma 3, c.p.a. che
prevede la proroga del giorno di scadenza festivo "al
primo giorno seguente non festivo".
La questione da esaminare è tuttavia la
pretesa equiparazione del sabato a giorno festivo.
Il sabato, difatti, non è giorno festivo e
la norma dell’art. 155 c.p.c. che ad esso lo equipara a
certi effetti ha come suo ambito di applicazione gli atti
processuali, così come all’ambito degli atti processuali è
rivolta l’analoga norma dell’art. 52, comma 5, c.p.a. che
anch’essa applica la proroga ai termini che scadono nella
giornata di sabato. Il Collegio non ignora che la
giurisprudenza ha applicato la medesima norma anche ai
termini del procedimento amministrativo considerando
prorogato al giorno successivo (anzi al lunedì) il termine
per il compimento di un atto procedimentale in scadenza di
sabato (Cons.
Stato Sez. VI, 07.09.2012, n. 4752; Cons. Stato Sez. V,
04.03.2008, n. 824).
Tuttavia l’equiparazione del sabato a
giorno festivo non ha carattere generale ma è limitata ai
suddetti ambiti, come peraltro si deduce anche da quelle
pronunce secondo cui l'equiparazione del sabato ai giorni
festivi opera al solo fine del compimento degli atti
processuali svolti fuori dell'udienza che scadono di sabato,
onde consentire agli avvocati di procedere il successivo
lunedì ai relativi adempimenti; a tutti gli altri effetti il
sabato è considerato giorno lavorativo, anche per quanto
attiene alle attività di ufficiali giudiziari e di addetti
agli uffici ricorsi, come dispone espressamente l'art. 155
c.p.c., applicabile al processo amministrativo ex art. 52,
comma 5, c.p.a.
Tanto è vero che questa regola vale solo
per i termini che si calcolano in avanti, e non anche per i
termini che si calcolano a ritroso; infatti l'art. 52, co.
5, c.p.a. estende al sabato solo la "proroga di cui al
comma 3", ossia la proroga dei giorni che scadono di
giorno festivo, e dunque non anche il meccanismo di
anticipazione di cui al co. 4; ne consegue che se un termine
a ritroso scade di sabato, esso non va anticipato al
venerdì, così come se il termine a ritroso scade di
domenica, va anticipato al sabato e non al venerdì
(Cons. Stato Sez. V, 31.05.2011, n. 3252).
Il Collegio ritiene, quindi, che
l’equiparazione del sabato a giorno festivo, ai fini della
proroga al giorno lavorativo successivo, non possa
applicarsi ai termini di scadenza dei pagamenti in esame
dovuti per le rate inerenti ai costi di costruzione e agli
oneri di urbanizzazione, regolati in base alle regole di
scadenza delle obbligazioni civili, ovverosia dagli artt.
1187 e 2963 c.c. che, nel loro combinato disposto, prevedono
la proroga per i soli termini in scadenza di giorno festivo,
senza considerare il sabato a tale stregua.
...
5) Con il quarto motivo di ricorso la parte opponente
ha fatto presente la circostanza che era stata rilasciata
una garanzia per l’adempimento del debito in esame e che il
Comune non avrebbe potuto chiedere il pagamento delle
sanzioni non avendo proceduto alla previa escussione
dell’indicata garanzia fideiussoria.
Il motivo è infondato.
Il pagamento degli oneri concessori ha natura di prestazione
patrimoniale imposta, di carattere non tributario. Il
relativo sistema di pagamento è caratterizzato da uno
strumento a sanzioni crescenti sino al limite di importo
individuato dalla lett. c), dell' art. 42 D.P.R. n. 380 del
2001, con chiara funzione di deterrenza dell'inadempimento,
che trova applicazione, in base alla legge, al verificarsi
dell'inadempimento dell'obbligato principale. La sanzione
scatta automaticamente, quale effetto legale automatico
(Cons. Stato, sez. V, n. 5394 del 2011),
se l'importo dovuto per il contributo di costruzione non è
corrisposto alla scadenza; mentre è sfornita di base
normativa ogni opzione interpretativa che correli il potere
sanzionatorio del Comune al previo esercizio dell'onere di
sollecitazione del pagamento presso il debitore principale,
ovvero presso il fideiussore. Solo eventuale, infatti, può
essere la parallela garanzia prestata per l'adempimento del
debito principale.
In tale sistema,
l'amministrazione comunale, allo scadere del termine
originario di pagamento della rata, ha solo la facoltà di
escutere immediatamente il fideiussore onde ottenere il
soddisfacimento del suo credito; ma ove ciò non accada,
l'amministrazione avrà comunque il dovere/potere di
sanzionare il ritardo nel pagamento con la maggiorazione del
contributo a percentuali crescenti all'aumentare del
ritardo. E, solo alla scadenza di tutti termini fissati al
debitore per l'adempimento (e quindi dopo aver applicato le
massime maggiorazioni di legge), l'amministrazione avrà il
potere di agire nelle forme della riscossione coattiva del
credito nei confronti del debitore principale (art. 43,
D.P.R. n. 380 del 2001).
L'amministrazione, se pure non è impedita dallo svolgere
attività sollecitatoria dei pagamenti in occasione delle
scadenze dei termini intermedi cui sono correlati gli
aumenti percentuali del contributo, è facultata ad attendere
il volontario pagamento da parte del debitore (e
eventualmente del suo fideiussore), salvo in ogni caso
restando il suo potere-dovere di applicare le sanzioni di
legge per il ritardato pagamento.
Il potere di sanzionare il pagamento tardivo, in definitiva,
è incondizionatamente previsto dall' art. 42 D.P.R. n. 380
del 2001 e la lettera della legge è chiara nell'assegnare
all'amministrazione il potere/dovere di applicare le
sanzioni al verificarsi di un unico presupposto fattuale, e
cioè il ritardo nel pagamento da parte dell'intestatario del
titolo edilizio, o di chi gli sia subentrato secundum
legem.
In definitiva, seguendo l’insegnamento dell’Adunanza
Plenaria del Consiglio di Stato (Ad. Plen. 07.12.2016, n.
24)
un'amministrazione comunale ha il pieno potere di applicare,
nei confronti dell'intestatario di un titolo edilizio, la
sanzione pecuniaria prescritta dalla legge per il caso di
ritardo ovvero di omesso pagamento degli oneri relativi al
contributo di costruzione anche ove, in caso di pagamento
dilazionato di detto contributo, abbia omesso di escutere la
garanzia fideiussoria in esito alla infruttuosa scadenza dei
singoli ratei di pagamento ovvero abbia comunque omesso di
svolgere attività sollecitatoria del pagamento presso il
debitore principale.
Non può affermarsi l'esistenza di un onere collaborativo
gravante sulla Amministrazione creditrice, desumibile dai
principi generali in tema di correttezza e buona fede nei
rapporti obbligatori di tipo civilistico o dal principio di
leale collaborazione proprio dei rapporti intersoggettivi di
diritto pubblico, consistente in un obbligo di pronta
escussione della garanzia fideiussoria costituita a suo
favore o di sollecitazione del pagamento presso il debitore
principale. Conseguentemente, nulla osta all'applicazione,
nei confronti dell'intestatario del titolo edilizio, delle
sanzioni pecuniarie previste dalla legge per il caso di
ritardato od omesso pagamento di oneri di costruzione e
urbanizzazione. |
anno 2017 |
|
EDILIZIA PRIVATA: Sugli
obblighi del Comune a fronte del ritardo nel
pagamento dei contributi di urbanizzazione si era
registrato, nella giurisprudenza amministrativa, un
marcato dissidio.
L’ordinanza cautelare aveva aderito alla tesi
secondo cui il Comune avrebbe l'obbligo —in nome del
dovere di cooperazione tra creditore e debitore
previsto dall'art. 1175 cod. civ., e, comunque, del
principio di imparzialità ed efficacia che presiede
all'azione amministrativa— di escutere la garanzia
prestata dal privato a tutela dell'adempimento
dell'obbligo contributivo: pena la illegittimità
delle sanzioni irrogate per il protrarsi
dell'inadempimento oltre il primo periodo di mora.
Si contrapponeva la posizione secondo cui la
prestazione di una fideiussione a garanzia del
pagamento dei contributi di costruzione avviene
nell'interesse esclusivo del Comune creditore e non
anche dell'intestatario del permesso di costruzione
(su cui grava in via principale l'obbligo di
contribuzione); di conseguenza, di fronte al mancato
versamento dei contributi concessori nel termine
stabilito, l'Amministrazione non avrebbe l'obbligo
di attivarsi immediatamente contro il fideiussore
allo scopo di minimizzare le conseguenze negative a
cui è esposto il debitore principale in conseguenza
dell'inadempimento.
L’Adunanza Plenaria, con sentenza 07.12.2016, n. 24
ha risolto il contrasto, aderendo alla seconda
posizione, affermando che “un’amministrazione
comunale ha il pieno potere di applicare, nei
confronti dell’intestatario di un titolo edilizio,
la sanzione pecuniaria prescritta dalla legge per il
caso di ritardo ovvero di omesso pagamento degli
oneri relativi al contributo di costruzione anche
ove, in caso di pagamento dilazionato di detto
contributo, abbia omesso di escutere la garanzia
fideiussoria in esito alla infruttuosa scadenza dei
singoli ratei di pagamento, ovvero abbia comunque
omesso di svolgere attività sollecitatoria del
pagamento presso il debitore principale”.
Ha precisato che risulta sfornita di base normativa
ogni opzione interpretativa che correli il potere
sanzionatorio del Comune al previo esercizio
dell’onere di sollecitazione del pagamento presso il
debitore principale ovvero presso il fideiussore.
---------------
La prescrizione per la riscossione delle somme
dovute a titolo di contributo per oneri di
urbanizzazione e costo di costruzione decorre dalla
data di emanazione del provvedimento concessorio ed
è decennale.
Ai sensi dell'art. 28, l. 24.11.1981, n. 689,
applicabile ex art. 12 della stessa legge a tutte le
sanzioni amministrative di tipo afflittivo, il
termine di prescrizione della sanzione irrogata per
ritardato pagamento del contributo dovuto per gli
oneri di urbanizzazione e per il costo di
costruzione è di cinque anni, e decorre dal
giorno in cui è stata commessa la violazione.
---------------
La disciplina degli abusi edilizi ha un carattere
speciale e non è omologabile al sistema
sanzionatorio previsto, per la generalità delle
violazioni amministrative, dalla legge n. 689 del
1981.
E ciò sul rilievo che le sanzioni pecuniarie
comminate per abusi edilizi non sono sanzioni
punitive (cioè correlate esclusivamente alla
responsabilità personale dell'autore della
violazione), ma costituiscono misure con finalità
ripristinatoria, di carattere meramente
patrimoniale, trasmissibili agli eredi.
---------------
1) Oggetto del presente ricorso è la richiesta di
pagamento dei costi di costruzione e degli oneri di
urbanizzazione, per un intervento di realizzazione
di civile abitazione, attivata attraverso lo
strumento dell’ordinanza ingiunzione ex art. 2 del
r.d. n. 639 del 1910.
Con il presente ricorso viene chiesto l’annullamento
delle ordinanze, pur non prospettando vizi specifici
rispetto ai provvedimenti, né contestando il
quantum, ma lamentando solo la violazione
dell’art. 1175 c.c. e dell’art. 42 DPR 380/2001,
perché in presenza delle polizze fidejussorie, il
Comune avrebbe dovuto rivolgersi tempestivamente
all’assicurazione, evitando in tal modo
l’applicazione della sanzione di legge.
Viene poi eccepita la prescrizione di quanto
richiesto.
2) Il primo motivo è infondato.
Sugli obblighi del Comune a fronte del ritardo nel
pagamento dei contributi di urbanizzazione si era
registrato, nella giurisprudenza amministrativa, un
marcato dissidio.
L’ordinanza cautelare aveva aderito alla tesi
secondo cui il Comune avrebbe l'obbligo —in nome del
dovere di cooperazione tra creditore e debitore
previsto dall'art. 1175 cod. civ., e, comunque, del
principio di imparzialità ed efficacia che presiede
all'azione amministrativa— di escutere la garanzia
prestata dal privato a tutela dell'adempimento
dell'obbligo contributivo: pena la illegittimità
delle sanzioni irrogate per il protrarsi
dell'inadempimento oltre il primo periodo di mora (Sez.
V, 09.12.2013, n. 5880, 2013, Sez. IV, 17.02.2014,
n. 731).
Si contrapponeva la posizione secondo cui la
prestazione di una fideiussione a garanzia del
pagamento dei contributi di costruzione avviene
nell'interesse esclusivo del Comune creditore e non
anche dell'intestatario del permesso di costruzione
(su cui grava in via principale l'obbligo di
contribuzione); di conseguenza, di fronte al mancato
versamento dei contributi concessori nel termine
stabilito, l'Amministrazione non avrebbe l'obbligo
di attivarsi immediatamente contro il fideiussore
allo scopo di minimizzare le conseguenze negative a
cui è esposto il debitore principale in conseguenza
dell'inadempimento (Cons. Stato, Sez. V, 20.11.2015
n. 5287, Sez. V 21.11.2014 n. 5734).
L’Adunanza Plenaria, con sentenza 07.12.2016, n. 24
ha risolto il contrasto, aderendo alla seconda
posizione, affermando che “un’amministrazione
comunale ha il pieno potere di applicare, nei
confronti dell’intestatario di un titolo edilizio,
la sanzione pecuniaria prescritta dalla legge per il
caso di ritardo ovvero di omesso pagamento degli
oneri relativi al contributo di costruzione anche
ove, in caso di pagamento dilazionato di detto
contributo, abbia omesso di escutere la garanzia
fideiussoria in esito alla infruttuosa scadenza dei
singoli ratei di pagamento, ovvero abbia comunque
omesso di svolgere attività sollecitatoria del
pagamento presso il debitore principale”.
Ha precisato che risulta sfornita di base normativa
ogni opzione interpretativa che correli il potere
sanzionatorio del Comune al previo esercizio
dell’onere di sollecitazione del pagamento presso il
debitore principale ovvero presso il fideiussore.
Le ordinanze non risultano quindi censurabili, sotto
i profili sollevati, poiché nessun obbligo si
configurava in capo all’Amministrazione di escutere
direttamente il fideiussore.
Il primo motivo va quindi respinto.
3) L’eccezione di prescrizione è in parte fondata.
La prescrizione per la riscossione delle somme
dovute a titolo di contributo per oneri di
urbanizzazione e costo di costruzione decorre dalla
data di emanazione del provvedimento concessorio (cfr.:
Tar Sicilia Palermo II, 18.01.2012 n. 126) ed è
decennale.
Ai sensi dell'art. 28, l. 24.11.1981, n. 689,
applicabile ex art. 12 della stessa legge a tutte le
sanzioni amministrative di tipo afflittivo, il
termine di prescrizione della sanzione irrogata per
ritardato pagamento del contributo dovuto per gli
oneri di urbanizzazione e per il costo di
costruzione è di cinque anni, e decorre dal
giorno in cui è stata commessa la violazione.
Per le tre concessioni edilizie la situazione è
pressoché simile, poiché i titoli sono stati
rilasciati nel 1996; l’amministrazione ha chiesto il
pagamento nel corso del 1999 e del 2000, ma poi,
nonostante il mancato pagamento, il successivo
sollecito è solo del 16.06.2008.
Non sono prescritte le somme ancora dovute per il
costo di costruzione e gli oneri di urbanizzazione;
risultano invece prescritte le somme dovute a titolo
di sanzione per ritardato pagamento, essendo
l’Amministrazione rimasta inerte, dal 2000 al 2008,
quindi per più di cinque anni.
La domanda di accertamento dell’intervenuta
prescrizione va quindi accolta limitatamente alle
somme richieste a titolo di sanzione.
4) Nell’atto di riassunzione gli eredi hanno
introdotto una eccezione, sull’assunto che le
sanzioni pecuniarie non si trasmettono agli eredi.
L’eccezione è infondata, in quanto la disciplina
degli abusi edilizi ha un carattere speciale e non è
omologabile al sistema sanzionatorio previsto, per
la generalità delle violazioni amministrative, dalla
legge n. 689 del 1981; e ciò sul rilievo che le
sanzioni pecuniarie comminate per abusi edilizi non
sono sanzioni punitive (cioè correlate
esclusivamente alla responsabilità personale
dell'autore della violazione), ma costituiscono
misure con finalità ripristinatoria, di carattere
meramente patrimoniale, trasmissibili agli eredi
(TAR Milano, sez. I, 05/12/2014, n. 2940) (TAR
Piemonte, Sez. I,
sentenza 13.03.2017 n. 353 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2016 |
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EDILIZIA PRIVATA: Un’amministrazione
comunale ha il pieno potere di applicare, nei confronti
dell’intestatario di un titolo edilizio, la sanzione
pecuniaria prescritta dalla legge per il caso di ritardo
ovvero di omesso pagamento degli oneri relativi al
contributo di costruzione anche ove, in caso di pagamento
dilazionato di detto contributo, abbia omesso di escutere la
garanzia fideiussoria in esito alla infruttuosa scadenza dei
singoli ratei di pagamento ovvero abbia comunque omesso di
svolgere attività sollecitatoria del pagamento presso il
debitore principale.
---------------
... per la riforma della
sentenza 02.11.2011 n. 71 del TAR VALLE D'AOSTA-AOSTA,
resa tra le parti, concernente applicazione di sanzioni
pecuniarie per mancato pagamento di oneri concessori;
...
1. LA PROCEDURA OGGETTO DEL PRESENTE GIUDIZIO.
1.1 Il giudizio verte sulla legittimità dell’atto sindacale
15.01.2011 n. 60 col quale il Comune di Ayas ha ingiunto
alla qui appellante società Le Re. s.a.s. il pagamento della
complessiva somma di euro 51.089,41 a seguito
dell’accertamento dell’omesso e del ritardato pagamento
delle rate relative ai contributi per oneri di
urbanizzazione e per costi di costruzione dovuti in forza di
due distinti tioli edilizi, rilasciati dallo stesso Comune
il 28.08.1996 ed il 22.11.2003, per la realizzazione nella
frazione di Champoluc di un fabbricato a civile abitazione e
di un fabbricato ad uso commerciale.
In relazione alla concessione edilizia del 1996, il Comune
di Ayas ha determinato gli oneri concessori, prevedendone il
versamento in parte al rilascio del titolo edilizio (come di
fatto avvenuto) e, per la residua parte, in quattro rate,
con scadenza rispettivamente alla data di inizio dei lavori,
della ultimazione della copertura, della fine dei lavori e
del rilascio del certificato di agibilità. Anche in
occasione del rilascio del secondo titolo edilizio in
variante del 2003, il Comune ha concesso al richiedente il
beneficio della rateizzazione dei pagamenti relativi al
contributo di costruzione.
In entrambi i casi, al beneficiario del titolo edilizio è
stato richiesto di costituire una polizza fideiussoria in
favore del Comune di Ayas, a garanzia del puntuale pagamento
delle singole rate dei distinti contributi di costruzione,
determinati in relazione alla stima degli oneri di
urbanizzazione e dei costi di costruzione.
1.2 La questione principale che la
controversia pone è se, alla scadenza dei termini previsti
per il pagamento rateale del contributo di costruzione, sia
individuabile un onere collaborativo in capo alla
Amministrazione concedente, desumibile dai principi generali
in tema di buona fede e correttezza nei rapporti obbligatori
di matrice civilistica ovvero dal principio di leale
collaborazione proprio dei rapporti intersoggettivi di
diritto pubblico, che si spinga fino al punto di ritenere
che l’Amministrazione sia obbligata alla sollecita
escussione della garanzia fideiussoria, al fine di non
aggravare la posizione del soggetto obbligato, tenuto
altrimenti al pagamento (oltre che delle rate non
corrisposte) delle sanzioni di legge per omesso o ritardato
pagamento.
La soluzione della questione incide direttamente sul tema
della legittimità dell’atto sindacale impugnato in primo
grado, posto che con tale atto l’Amministrazione comunale
qui appellata ha richiesto alla società Le Re. s.a.s. il
pagamento dei contributi ancora dovuti con la maggiorazione
delle sanzioni per omesso o ritardato pagamento, pur non
avendo mai provveduto all’escussione della garanzia
fideiussoria né altrimenti sollecitato il debitore al
pagamento di quanto ancora dovuto.
1.3 La causa impone la soluzione di due ulteriori questioni
(che tuttavia esulano dall’ambito cognitorio proprio di
questa Adunanza plenaria delineato nell’ordinanza di
rimessione e che in ogni caso necessitano di approfondimenti
istruttori) riguardanti:
a) l’avvenuta ultimazione ( o meno) dei lavori assentiti con il
primo titolo edilizio, posto che –come si è detto- al
compimento dei lavori era stata cadenzato il pagamento della
terza rata di contributo;
b) la corretta imputazione dei pagamenti parziali eseguiti dal
soggetto obbligato nel corso del tempo, imputazione che
l’Amministrazione comunale (nel provvedimento impugnato in
primo grado) ha compiuto ascrivendo quei pagamenti parziali
prima a tacitazione del credito relativo alle sanzioni
(applicate con lo stesso provvedimento ingiuntivo) e,
soltanto per la residua parte, a parziale adempimento del
debito relativo ai contributi ancora non versati.
Entrambe le questioni sono controverse in quanto la società
appellante assume che in realtà i lavori non siano mai stati
completati (donde l’insussistenza di un suo inadempimento
–quantomeno in relazione alle rate di pagamento ancorate a
detta scadenza- suscettibile di essere sanzionato). Quanto
alla questione della imputazione dei pagamenti, la società
appellante assume che l’Amministrazione avrebbe dovuto
imputare i pagamenti parziali al debito per contributi e non
al debito per sanzioni, in quanto il primo sarebbe più
oneroso per il debitore.
2. IL GIUDIZIO DI PRIMO GRADO.
2.1 Con ricorso proposto dinanzi al TAR della Valle d’Aosta
la società Le Re. s.a.s. ha impugnato il suindicato
provvedimento ingiuntivo del sindaco del Comune di Ayas
articolando sei motivi di censura e deducendo i seguenti
argomenti difensivi a supporto della illegittimità del
gravato provvedimento:
a) che i lavori non erano stati in realtà ancora ultimati, in
quanto l’edificio difettava di accesso alla viabilità
pubblica, e che quindi la rata di pagamento correlata alla
fine dei lavori avrebbe dovuto ritenersi come non ancora
scaduta ( al pari, a fortiori, delle rate successive);
b) che in generale il Comune di Ayas avrebbe dovuto escutere
tempestivamente la garanzia fideiussoria, senza attendere
inutilmente la decorrenza dei termini di pagamento e le
ulteriori scansioni temporali previste dalla legge per la
gradazione delle sanzioni pecuniarie in relazione al
ritardo;
c) che il Comune, erroneamente, aveva imputato taluni pagamenti
parziali eseguiti nel corso del tempo dalla società Le
Residence a copertura delle sanzioni già maturate invece che
a copertura delle rate dei contributi già scadute.
Con sentenza 02.11.2011 n. 71 il Tar ha respinto il gravame,
giudicando infondate tutte le censure dedotte.
In particolare, il giudice di primo grado ha ritenuto
infondati i motivi di ricorso con i quali si contestava
l’accertamento relativo alla fine dei lavori (propedeutico
all’applicazione della sanzione per ritardo nel pagamento
della rata collegata a tale evento) ritenendo incensurabili
gli accertamenti istruttori dell’Amministrazione, che
correttamente aveva fissato la data di ultimazione dei
lavori in epoca ben anteriore all’applicazione della
sanzione per il ritardo.
In ordine al tema della legittimità delle sanzioni applicate
per il ritardo nel pagamento delle rate relative ai suddetti
contributi il Tar, pur dando atto della esistenza di diversi
orientamenti giurisprudenziali in materia, ha respinto la
pretesa della ricorrente volta ad individuare un onere
collaborativo a carico della Amministrazione comunale
funzionale, anche a mezzo della escussione della garanzia
fideiussoria, all’attuazione del rapporto obbligatorio ed ha
conseguentemente ritenuto legittimo il provvedimento
sindacale, anche nella parte applicativa delle maggiorazioni
a titolo di sanzioni per il ritardo.
Il giudice di primo grado ha infine respinto anche il motivo
di ricorso con il quale si contestava la corretta
imputazione dei pagamenti parziali eseguiti dalla società
ricorrente nel corso degli anni, essendo stata ritenuta
incensurabile la scelta dell’Amministrazione di imputare
detti pagamenti prima alle somme dovute per sanzioni e poi a
quelle dovute per i contributi originariamente determinati,
e tanto in applicazione analogica del principio di diritto
desumibile dall’art. 1194 c.c. (secondo cui il pagamento
fatto in conto di capitali e di interessi deve essere
imputato prima agli interessi) essendo state le sanzioni
qualificate alla stregua di accessori del credito, al pari
degli interessi.
3. IL GIUDIZIO DI APPELLO DAVANTI ALLA IV SEZIONE DEL
CONSIGLIO DI STATO.
3.1 Con ricorso in appello r.g. n. 3468/12, la società Le
Re. s.a.s. ha criticato la impugnata sentenza tornando a
riproporre in secondo grado le censure già disattese dal Tar.
In particolare, la società appellante ha diffusamente
contestato le conclusioni raggiunge dai primi giudici,
insistendo sul rilievo secondo cui il Comune non avrebbe
potuto legittimamente applicare le sanzioni previste per il
ritardato pagamento di contributi concessori avendo omesso
di sollecitare, in violazione dei doveri di correttezza e
buona fede, il pagamento del dovuto alla scadenza delle
singole rate e non avendo mai portato ad escussione la
garanzia fideiussoria.
3.2 La società appellante ha richiamato a tal proposito gli
orientamenti della giurisprudenza amministrativa favorevoli
alla propria tesi difensiva (Cons. St., V, sentenze
05.02.2003 n. 585 e 03.07.1995 n. 1001), lamentando che il
giudice di primo grado abbia omesso di tener conto degli
argomenti utilizzati nelle citate pronunce, addivenendo alla
reiezione del ricorso sulla base di un’acritica o comunque
non sufficientemente motivata adesione all’orientamento
giurisprudenziale contrario.
A parere della società appellante, poiché era stata
prestata, a garanzia del puntuale pagamento del contributo
di costruzione, apposita garanzia fideiussoria (priva del
beneficio di preventiva escussione del debitore principale,
ai sensi dell’art. 1944, comma 2, cod. civ.) il Comune di
Ayas ben avrebbe potuto riscuotere per tempo direttamente
dal garante le rate dei contributi ancora dovuti, evitando
in tal modo la maggiorazione degli importi per effetto
dell’applicazione delle sanzioni per omesso o ritardato
pagamento.
Nella prospettazione dell’appellante, sarebbe viepiù
ravvisabile un obbligo (e non una mera facoltà) per
l’Amministrazione creditrice di escutere il garante nel caso
di ritardato versamento dei contributi concessori, obbligo
desumibile dai principi di buona fede e correttezza nei
rapporti contrattuali oltre che dal principio, compendiato
nell’art. 1227, comma 2, del cod. civ., di non aggravamento
della posizione del debitore.
A diversamente opinare, ha osservato la società appellante,
deriverebbe la paradossale conseguenza che l’Amministrazione
comunale trarrebbe giovamento dal proprio comportamento
illecito (o quantomeno non diligente), nella misura in cui
la sua inerzia sarebbe produttiva dei maggiori introiti
relativi agli importi delle sanzioni dovute per il ritardo.
In sostanza, secondo l’appellante, il Comune di Ayas , una
volta accertato il mancato pagamento delle rate relative
agli oneri concessori (oggi contributi di costruzione)
avrebbe potuto e dovuto, senza particolari difficoltà,
escutere il fideiussore, così evitando di aggravare la
posizione della parte debitrice. Non avendolo fatto,
l’Amministrazione dovrebbe ritenersi senz’altro decaduta
dalla potestà di imporre sanzioni pecuniarie, donde la
sicura illegittimità dell’atto avversato in primo grado.
La società appellante ha poi distintamente censurato i capi
decisori della gravata sentenza che hanno affrontato,
rigettandoli, gli ulteriori motivi inerenti all’epoca della
ultimazione dei lavori nonché l’ulteriore questione della
corretta imputazione dei pagamenti parziali eseguiti.
L’appellante ha quindi concluso per l’accoglimento, con
l’appello, del ricorso di primo grado, con consequenziale
annullamento, in riforma della impugnata sentenza, dell’atto
in primo grado gravato.
Si è costituito in appello il Comune di Ayas per resistere
all’appello e chiederne la reiezione. In particolare,
l’Amministrazione comunale ha dedotto che, a suo avviso, la
prestazione della garanzia fideiussoria da un lato non
libererebbe il debitore dall’obbligo di adempiere nel
rispetto dei termini di pagamento, dall’altro non porrebbe a
carico della Amministrazione comunale alcun onere di
sollecitare il pagamento ovvero di escutere la garanzia
fideiussoria (pena altrimenti la ipotizzata decadenza dalla
potestà sanzionatoria).
All’udienza pubblica del 21.04.2016, fissata per la
trattazione dinanzi alla Sezione quarta del Consiglio di
Stato, la causa è stata trattenuta per la decisione.
4. L’ORDINANZA DI RIMESSIONE DELLA CAUSA ALL’ADUNANZA
PLENARIA.
4.1 Con ordinanza 22.06.2016 n. 2766, la Sezione quarta del
Consiglio di Stato, investita del ricorso in appello r.g. n.
3468/12, ha ritenuto di rimettere la decisione della causa a
questa Adunanza plenaria, ai sensi dell’art. 99, comma 1,
del cod. proc. amm..
Nella parte in fatto della citata ordinanza la Sezione
rimettente ha dato atto che, nell’ambito del ricorso
originario, le deduzioni di parte appellante avevano
riguardato tre distinti profili di gravame, avendo in
particolare la ricorrente prospettato:
a) che i lavori non erano stati ancora ultimati in quanto, secondo
la prospettazione della società Le Re. s.a.s., l’edificio
difettava di accesso alla via pubblica donde non poteva
ritenersi venuta a scadenza la rata di pagamento del
contributo di costruzione fissata alla data della fine dei
lavori (e, per conseguenza, anche la rata successiva);
b) che, in ogni caso, il Comune qui appellato avrebbe dovuto
escutere tempestivamente il garante senza attendere la
decorrenza dei termini di pagamento per l’irrogazione delle
sanzioni;
c) che, infine, il Comune aveva imputato erroneamente taluni
pagamento parziali a copertura delle sanzioni già maturate
invece che a copertura delle rate relative agli oneri
scaduti.
Ciò premesso la Sezione rimettente ha
osservato come la questione centrale del giudizio fosse
quella compendiata nella suindicata lett. b): e cioè se
l’Amministrazione comunale sia legittimata a sanzionare il
ritardo nel pagamento dei contributi di costruzione una
volta che la stessa non si sia resa parte attiva nel
richiedere al debitore principale ovvero al fideiussore,
alle scadenze prestabilite, il pagamento delle rate scadute.
Su tale centrale questione del giudizio (in sé non
esaustiva, posto che con l’appello sono state riproposte le
ulteriori questioni di cui ai punti a) e c) che precedono)
l’ordinanza di rimessione si è diffusamente soffermata,
dando conto della esistenza di orientamenti non univoci
nella giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, per il
che ha ritenuto necessario un intervento chiarificatore di
questa Adunanza plenaria al fine di risolvere la suindicata
questione interpretativa.
4.2 L’ordinanza ha richiamato anzitutto l’art. 1 della legge
n. 10 del 1977, che ha introdotto nell’ordinamento italiano
il principio secondo cui ogni attività comportante
trasformazione urbanistico-edilizia del territorio partecipa
agli oneri da essa derivanti.
Ha rilevato il giudice rimettente come tale principio
dell’onerosità del permesso di costruire sia oggi confermato
dall’art. 11, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001 (recante
il Testo unico in materia edilizia), il quale precisa (art.
16, comma 1) che il relativo contributo è costituito da due
quote, commisurate rispettivamente all’incidenza delle spese
di urbanizzazione e al costo di costruzione dell’edificio
assentito. La quota di contributo relativa agli oneri di
urbanizzazione è di norma (salvo eventuale rateizzazione a
richiesta dell’interessato) corrisposta all’atto del
rilascio del permesso (ai sensi dell’ art. 16, comma 2)
mentre la quota relativa al costo di costruzione è
corrisposta in corso d’opera, con le modalità e le garanzie
stabilite dal comune, non oltre sessanta giorni
all’ultimazione della costruzione.
A completamento del quadro normativo applicabile alla
fattispecie, il giudice rimettente ha osservato come, ai
sensi dell’art. 16, comma 3, d.P.R. cit., al momento della
quantificazione e della rateizzazione del contributo di
costruzione gli enti locali richiedano all’intestatario del
titolo edilizio la prestazione di una garanzia, nei modi
indicati dall’art. 2 della legge n. 348 del 1982; e che, nel
caso di ritardato od omesso pagamento del contributo di
costruzione, l’art. 42 del d.P.R. cit. (il quale riproduce
sostanzialmente le previsioni già contenute nell’art. 3
della legge n. 47 del 1985) prevede che siano applicate
delle sanzioni pecuniarie, la cui determinazione in concreto
è rimessa, sia pur nel rispetto di alcune soglie minime e
massime fissate dalla legislazione nazionale, alla
legislazione regionale.
4.3 Ciò premesso in ordine alle disposizioni normative
applicabili alla fattispecie, l’ordinanza di rimessione dà
conto della esistenza di un risalente orientamento
giurisprudenziale di questo Consiglio di Stato, radicatosi
con una prima sentenza della V Sezione (n. 1001 del 1995)
secondo cui, allorché il credito vantato dal comune per il
contributo di costruzione nei confronti del titolare di una
concessione edilizia sia assistito da garanzia fideiussoria,
una siffatta obbligazione di garanzia, priva di
beneficium excussionis ed al di là della solidarietà tra
debitore principale e fideiussore, esclude che il comune
stesso possa far legittimamente ricorso alle sanzioni ai
sensi dell’art. 3 l. 28.02.1985 n. 47 (oggi art. 42 d.P.R
cit.), salvo che l’amministrazione creditrice abbia
previamente escusso infruttuosamente il fideiussore. Solo in
tal modo il comune conseguirebbe il pronto soddisfacimento
del proprio credito salvaguardando, ad un tempo, l’interesse
del debitore al contenimento delle somme da corrispondere a
quel titolo (in sostanza, escludendo le maggiorazioni a
titolo di sanzione).
4.4 Seguendo la stessa linea interpretativa, in epoca più
recente (Cons. St., V , n. 32 del 2003, V, n. 571 del 2003 e
I, parere 17.05.2013 n. 11663) è stato affermato che qualora
il titolare di una concessione edilizia abbia stipulato, a
garanzia del versamento dei contributi, una polizza
fideiussoria, non possono essere applicate le sanzioni
previste dall'art. 3 della l. 28.02.1985, n. 47, per il caso
di omesso o ritardato versamento dei contributi, ove
l'amministrazione creditrice, violando i doveri di
correttezza e buona fede, non si sia attivata per tempo nel
chiedere al garante il pagamento delle somme dovute.
A sostegno di tale indirizzo è stato tra l’altro addotto il
rilievo che l’ente locale, ove il suo credito sia assistito
da garanzia incondizionata, avrebbe uno specifico dovere, ai
sensi degli artt. 1175, 1375 e 1227, comma 2, cod. civ., di
richiedere quanto dovutogli al garante, con la conseguenza
che, ove l’ente stesso ometta tale (ben esigibile)
adempimento, violerebbe appunto l’obbligo per il creditore
di non aggravare inutilmente la posizione del debitore.
Osserva la Sezione rimettente come, sul piano funzionale,
tale orientamento giurisprudenziale faccia leva
sull’ulteriore argomento secondo cui la previsione
legislativa delle sanzioni per il mancato pagamento degli
oneri concessori trovi ragione nella necessità per
l'amministrazione di disporre tempestivamente delle somme
dovute dai privati, onde poter procedere alla realizzazione
delle necessarie infrastrutture di urbanizzazione: in tale
contesto, un ente locale che sceglie di non incamerare
subito la fideiussione non persegue la finalità di interesse
pubblico per cui la sanzione è appunto predisposta (e cioè
assicurare la tempestiva disponibilità delle somme per
l’urbanizzazione) bensì altro scopo, ossia attendere che per
effetto della scadenza dei termini di pagamento possano
essere applicate le sanzioni con conseguente maggiorazione
degli introiti.
4.5 La Sezione rimettente richiama poi altro indirizzo,
seguito dalla giurisprudenza maggioritaria, che inquadra la
fattispecie in esame in una prospettiva asseritamente
pubblicistica, significativamente caratterizzata dalla
presenza di strumenti –le sanzioni e la riscossione
coattiva– tipici di un procedimento autoritativo e non
paritetico. Secondo tale orientamento, la fideiussione –che
il comune può richieder in caso di rateizzazione del
versamento- non avrebbe affatto la finalità di agevolare
l'adempimento del soggetto obbligato al pagamento, bensì
costituirebbe una garanzia personale prestata unicamente
nell'interesse dell'amministrazione, sulla quale non
graverebbe pertanto alcun obbligo giuridico di preventiva
escussione del fideiussore.
In sostanza, la garanzia sussidiaria servirebbe a
scongiurare che il comune possa irrimediabilmente perdere
una entrata di diritto pubblico, ma non varrebbe ad
alleggerire la posizione del soggetto tenuto al pagamento,
né attenuerebbe le conseguenze previste nel caso di un
eventuale suo inadempimento, conseguenze appunto
riconducibili all’applicazione delle sanzioni e alla
riscossione coattiva dell’intera somma dovuta (ex multis
IV Sez. n. 5818 del 2012).
Tale maggioritario orientamento (IV n. 4320 del 2012, VI n.
5884 del 2014 e V n. 777 del 2016) si sarebbe peraltro fatto
carico di precisare che la soluzione non cambierebbe
quand’anche si volessero applicare alla fattispecie i
principi desumibili dal diritto delle obbligazioni tra
privati; ed invero, in materia di obbligazione "portable",
quale appunto quella pecuniaria, e con termine di
adempimento che esonera dalla costituzione in mora del
debitore, il creditore è soltanto facultato ad attivare la
solidale responsabilità del fideiussore, senza che possa
invece ritenersi tenuto ad escutere la fideiussione
piuttosto che attendere il pagamento -ancorché tardivo-
dell’obbligato principale, salva l'esistenza di apposita
clausola in tal senso accettata dal creditore stesso.
Sempre secondo tale orientamento, non sarebbe pertinente il
richiamo all'art. 1227, comma 2, cod. civ. -che riguarda
l'esonero di responsabilità per i danni che il creditore
avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza– in
primo luogo perché l'obbligazione relativa alle sanzioni
pecuniarie di cui all’art. 3 della legge 28 febbraio 1985 n.
47 non avrebbe natura risarcitoria, configurandosi come
obbligazione legale, con finalità chiaramente e univocamente
"sanzionatorie". In secondo luogo, in ragione del
fatto che l'onere di diligenza che l’art. 1227, comma 2, fa
gravare sul creditore non si estende alla sollecitudine
nell'agire a tutela del proprio credito onde evitare
maggiori danni, i quali sono viceversa da imputare
esclusivamente alla condotta del debitore, tenuto al
tempestivo adempimento della sua obbligazione (in tal senso,
Corte cost. n. 308 del 1999 in tema di maggiorazione delle
sanzioni amministrative per ritardato pagamento).
Dopo aver esposto le ragioni sottese ai distinti
orientamenti giurisprudenziali il giudice
rimettente esprime la sua netta preferenza per
l’orientamento maggioritario, ritenuto più coerente con la
disciplina applicabile alla fattispecie.
E tuttavia, nell’ordinanza di rimessione, dà conto di un
ulteriore e più recente indirizzo giurisprudenziale, che
potrebbe definirsi intermedio rispetto ai precedenti.
4.6 In particolare, secondo tale ulteriore approccio
interpretativo della Sezione quinta di questo Consiglio di
Stato (n. 5734 del 2014 e n. 5287 del 2015) nella
fattispecie oggetto di causa sussisterebbe un preciso onere
collaborativo a carico dell’ente locale, desumibile dal
principio di leale collaborazione tra cittadino e comune,
avente valenza pubblicistica e rientrante nell'ambito dei
principi di imparzialità di cui all'art. 97 Cost.; secondo
tale indirizzo, il ritardo con cui il comune agisce per
riscuotere le somme a titolo di contributi dovuti, se non
può impedire del tutto l'applicazione delle sanzioni, atteso
il carattere automatico delle sanzioni, scaturenti
direttamente dalla legge, impedisce tuttavia l'applicazione
delle sanzioni massime.
In sostanza, secondo tale innovativo orientamento,
risulterebbe compatibile con l'interesse pubblico azionato,
con il tenore delle disposizioni applicabili e con i
principi costituzionali che ispirano i rapporti tra
cittadino e pubblica amministrazione che l’ente locale
provveda alla riscossione della sanzione ma soltanto nella
misura minima, conseguente all’accertamento del ritardo
protrattosi per i primi 120 giorni (ai sensi dell’ art. 42,
comma 2, lett. a) del d.P.R. n. 380 del 2001). Per converso,
sarebbero inapplicabili le maggiori sanzioni previste per
ritardi superiori nella misura in cui l’amministrazione, con
un comportamento improntato a diligenza e buona fede avrebbe
potuto evitare, a mezzo della tempestiva escussione della
garanzia fideiussoria, di aggravare la posizione debitoria
dell’intestatario del titolo edilizio .
Proprio in ragione della eterogeneità delle posizioni che si
riscontrano nella giurisprudenza di questo Consiglio di
Stato il giudice rimettente, senza nascondere la sua già
manifestata preferenza per l’orientamento espresso dalla
giurisprudenza maggioritaria, ha ritenuto di rimettere la
risoluzione della questione interpretativa a questa
all’Adunanza plenaria, che è stata così investita della
decisione del ricorso a norma dell’art. 99, comma 1, cod.
proc. amm..
4.7 Per effetto del rinvio della causa dinanzi a questa
Adunanza plenaria è stata fissata l’udienza pubblica del
05.10.2016 alla quale il ricorso è stato trattenuto per la
sentenza.
5. CONSIDERAZIONI DELLA ADUNANZA PLENARIA.
5.1 Ritiene l’Adunanza plenaria che,
nell’ambito dei contrastanti orientamenti giurisprudenziali
di cui ha riferito il giudice rimettente, sia senz’altro
condivisibile l’orientamento maggioritario maturato
in seno a questo Consiglio di Stato.
La soluzione si impone alla luce delle chiare previsioni
delle disposizioni normative applicabili alla fattispecie
nonché alla luce dei principi generali dell’ordinamento.
Per vero, può fin d’ora anticiparsi come il quadro delle
diposizioni normative applicabili al caso in esame non
consenta di individuare, a carico della Amministrazione
comunale qui appellata, un onere di collaborazione con il
debitore nella finalizzazione del pagamento del contributo
di costruzione tale per cui la sua violazione possa tradursi
in una decadenza della stessa Amministrazione dal potere di
sanzionare il ritardo nel pagamento.
Peraltro, la soluzione non muta a seconda che la questione
controversa sia affrontata sulla base dei principi
desumibili dal sistema normativo applicabile ai rapporti
intersoggettivi di diritto amministrativo, al cui novero la
fattispecie andrebbe ascritta (quantomeno in relazione al
rapporto debitore principale-pubblica amministrazione)
ovvero attingendo ai canoni interpretativi di matrice
civilistica.
Ed infatti, quale che sia l’approccio interpretativo che si
voglia seguire, si deve ritenere che resti in ogni caso
integro il potere-dovere della amministrazione comunale di
applicare le sanzioni pecuniarie per il ritardo nel
pagamento dei contributi di costruzione al semplice
verificarsi delle condizioni previste dalla legge, dovendosi
per contro escludere la sussistenza di un obbligo di
preventiva escussione della garanzia fideiussoria.
5.2 Giova premettere, riguardo alla natura del contributo di
costruzione dovuto dal soggetto che intraprenda
un’iniziativa edificatoria, che detto contributivo
rappresenta una compartecipazione del privato alla spesa
pubblica occorrente alla realizzazione delle opere di
urbanizzazione.
In altri termini, fin dalla legge che ha introdotto
nell’ordinamento il principio della onerosità del titolo a
costruire (art. 1 della legge n. 10 del 1977), la ragione
della compartecipazione alla spesa pubblica del privato è da
ricollegare sul piano eziologico al surplus di opere
di urbanizzazione che l’amministrazione comunale è tenuta ad
affrontare in relazione al nuovo intervento edificatorio del
richiedente il titolo edilizio.
Il contributo per il rilascio del permesso di costruire ha
natura di prestazione patrimoniale imposta, di carattere non
tributario, ed ha carattere generale, prescindendo
totalmente delle singole opere di urbanizzazione che devono
in concreto eseguirsi, venendo altresì determinato
indipendentemente sia dall’utilità che il concessionario
ritrae dal titolo edificatorio, sia dalle spese
effettivamente occorrenti per realizzare dette opere.
In sostanza, le opere di urbanizzazione (per la cui
remunerazione il contributo viene imposto) hanno spesso
portata più ampia rispetto a quelle strettamente necessarie
ad urbanizzare il nuovo insediamento edilizio posto in
essere da chi abbia ottenuto il titolo edilizio ed hanno
quindi sovente natura indivisibile, nel senso che non sono
frazionabili in porzioni funzionali al soddisfacimento delle
esigenze dei singoli nuovi insediati. In ragione di tanto,
per l’esecuzione di dette opere, da realizzare in
conseguenza del fatto edificatorio in sé considerato,
l’amministrazione comunale attinge normalmente alla
fiscalità generale, senza necessariamente attendere il
pagamento del contributo da parte dell’obbligato, e quindi a
prescindere dal suo puntuale adempimento.
Per tale motivo, quand’anche risultino trasfuse in apposita
convenzione urbanistica, le prestazioni da adempiere da
parte dell’amministrazione comunale e del privato
intestatario del titolo edilizio non sono tra loro in
posizione sinallagmatica. Come si è detto, infatti,
l’amministrazione è tenuta ad eseguire le opere di
urbanizzazione ed a dotare degli indispensabili standard il
comparto ove viene allocato il nuovo insediamento edilizio a
prescindere dal puntuale pagamento del contributo di
costruzione da parte del soggetto che abbia ottenuto il
titolo edilizio; per parte sua, questi è tenuto al pagamento
del contributo senza poter pretendere la previa
realizzazione delle opere di urbanizzazione.
Da ciò discende che il soggetto obbligato sia tenuto a
corrispondere il contributo di costruzione nel rispetto dei
termini convenuti e che l’amministrazione comunale deve
eseguire le opere di urbanizzazione in coerenza, anche sul
piano temporale, allo sviluppo edilizio del territorio.
5.3 Vale altresì osservare, ancora in via preliminare, come
il contributo di costruzione, quale prestazione patrimoniale
imposta funzionale a remunerare l’esecuzione di opere
pubbliche, si collochi pacificamente nell’alveo dei rapporti
di diritto pubblico. Ne è ulteriore riprova il fatto che ,
come si dirà meglio in seguito, il suo mancato pagamento
legittima l’amministrazione all’applicazione di sanzioni
pecuniarie crescenti in rapporto all’entità del ritardo
(art. 42 d.P.R. cit.) e, in caso di persistenza
dell’inadempimento, alla riscossione del contributo e delle
sanzioni secondo le norme vigenti in materia di riscossione
coattiva delle entrate (art. 43 d.P.R. cit.).
5.4 Tali preliminari affermazioni di principio, ad avviso di
questa Adunanza plenaria, non sono senza conseguenze, per le
ragioni che saranno via via esplicitate più avanti, nella
risoluzione nei sensi già indicati del quesito
interpretativo qui all’esame.
5.5 In tale direzione conduce anzitutto l’argomento, di per
sé dirimente, di natura esegetico-letterale,
desumibile dal contenuto delle specifiche disposizioni
normative applicabili alla fattispecie.
Il riferimento è qui sia alla disposizione (art. 16 d.P.R.
cit.) che prevede il meccanismo della prestazione della
garanzia per il caso di pagamento rateale del contributo di
costruzione, sia alla disposizione (art. 42 d.P.R. cit.) che
disciplina le sanzioni per l’omesso o ritardato pagamento.
Orbene, nessuna di tali disposizioni
consente di enucleare elementi letterali da cui desumere,
anche indirettamente, la sussistenza di un onere
collaborativo, o soltanto sollecitatorio dell’adempimento, a
carico della amministrazione creditrice del contributo, una
volta che siano venuti a scadenza i termini per il
pagamento.
In particolare, l’art. 16, comma 2, del d.P.R. n. 380 del
2001, la cui rubrica reca contributo di costruzione prevede
-per quel che qui rileva- che il Comune possa rateizzare, su
richiesta dell’interessato, la quota di contributo relativa
agli oneri di urbanizzazione mentre, per ciò che attiene
alla quota di contributo relativa al costo di costruzione,
la norma (art. 16, comma 3) dispone che la stessa sia
corrisposta in corso d’opera, con le modalità e le garanzie
previste dal Comune.
Pertanto, la fonte normativa che
attribuisce al Comune la facoltà richiedere garanzia
all’intestatario di un titolo edilizio cui sia stato
accordato il beneficio della rateizzazione del contributo di
costruzione (nelle due componenti suindicate) nulla prevede
riguardo all’ipotizzato dovere dell’amministrazione di
attivarsi al più presto per la escussione della garanzia
fideiussoria.
Pertanto, già in base a tale rilievo, appare evidente come
la costruzione interpretativa che enuclea dal sistema
giuridico il suddetto dovere collaborativo in capo
all’amministrazione risulti sfornita di una sicura base
legale.
Ancor più significativo in tal senso il dettato letterale
della disposizione che regola l’applicazione delle sanzioni.
L’art. 42 del d.P.R. n. 380 del 2001 (che riproduce il
contenuto dell’art. 47 della legge 28.02.1985 n. 47) prevede
che “le regioni determinano le sanzioni per il ritardato
o mancato versamento del contributo di costruzione in misura
non inferiore a quanto previsto nel presente articolo e non
superiore al doppio". Dispone più nel dettaglio la norma
che il mancato versamento, nei termini stabiliti, del
contributo di costruzione di cui all'articolo 16 comporta:
a) l'aumento del contributo in misura pari al 10 per cento qualora
il versamento del contributo sia effettuato nei successivi
centoventi giorni;
b) l'aumento del contributo in misura pari al 20 per cento quando,
superato il termine di cui alla lettera a), il ritardo si
protrae non oltre i successivi sessanta giorni;
c) l'aumento del contributo in misura pari al 40 per cento quando,
superato il termine di cui alla lettera b), il ritardo si
protrae non oltre i successivi sessanta giorni.
Recita ancora la disposizione che le misure di cui alle
lettere precedenti non si cumulano e che, nel caso di
pagamento rateizzato, le norme di cui al secondo comma si
applicano ai ritardi nei pagamenti delle singole rate.
Infine, la norma stabilisce che decorso inutilmente il
termine di cui alla lettera c) del comma 2, il comune
provvede alla riscossione coattiva del complessivo credito
nei modi previsti dall'articolo 43. E che, in mancanza di
leggi regionali che determinino la misura delle sanzioni di
cui al presente articolo, queste saranno applicate nelle
misure indicate nel comma 2.
Di contenuto sostanzialmente analogo la legge regionale
della Valle d’Aosta 06.04.1998 n. 11 (adottata sulla base
della legge 28.02.1985, n. 47 art. 3), applicabile alla
fattispecie di causa, che tuttavia ha graduato diversamente
(in misura più consistente) gli aumenti del contributo
dovuti in relazione al ritardo nel pagamento, determinandoli
nella misura minima del 20% (per il caso di ritardo
contenuto entro il termine di 120 gg. dalla scadenza del
primo termine), nella misura intermedia del 40% (per il caso
di ritardo contenuto entro gli ulteriori 60 gg.) fino a
giungere al 100% del contributo (per ritardi ancora
superiori).
Orbene, anche dalla portata letterale
delle disposizioni che integrano il regime sanzionatorio, si
evince come l’applicazione dell’aumento di contributo sia
correlata al fatto in sé del suo mancato o non puntuale
pagamento da parte dell’obbligato, senza distinzione alcuna,
sul piano delle conseguenze del meccanismo sanzionatorio,
tra l’ipotesi dell’obbligazione del solo debitore e quella
in cui sia stata prestata una garanzia fideiussoria
accessoria per il pagamento del suddetto contributo.
E soprattutto, ciò che appare davvero
dirimente, è che la norma sanzionatoria (nazionale o
regionale) non riconnette rilevanza alcuna ai comportamenti
delle parti diverse dal debitore principale (e cioè della
amministrazione e del fideiussore) antecedenti al
fatto-inadempimento. Ciò che unicamente rileva, nella logica
della norma sanzionatoria, è il semplice mancato pagamento
della rata di contributo imputabile al debitore principale.
L’argomento esegetico-letterale
depone pertanto per l’insussistenza di un dovere di “soccorso”
dell’amministrazione comunale nei confronti del beneficiario
di un titolo edilizio in ritardo nel pagamento del
contributo di costruzione.
Per contro, sempre sulla base del tenore letterale delle
richiamate disposizioni, l’amministrazione
è tenuta, trattandosi di attività vincolata prevista
direttamente dalla fonte normativa di rango primario
(che trova applicazione ove la regione non abbia
diversamente articolato l’entità delle sanzioni nel rispetto
dei parametri fissati dalla legge nazionale),
all’applicazione delle sanzioni alla scadenza dei
termini di pagamento, senza potersi sottrarre al
potere-dovere di aumentare, in funzione sanzionatoria,
l’importo del contributo dovuto.
5.6 Da quanto appena detto discende che
risulta sfornita di base normativa ogni opzione
interpretativa che correli il potere sanzionatorio del
comune al previo esercizio dell’onere di sollecitazione del
pagamento presso il debitore principale ovvero presso il
fideiussore.
Ed invero il sistema di pagamento del
contributo di costruzione è caratterizzato dalla presenza
solo eventuale di una garanzia prestata per l’adempimento
del debito principale e di un parallelo strumento a sanzioni
crescenti, con chiara funzione di deterrenza
dell’inadempimento, che trova applicazione, in base alla
legge, al verificarsi dell’inadempimento dell’obbligato
principale.
In tale sistema, l’amministrazione
comunale, allo scadere del termine originario di pagamento
della rata ha solo la facoltà di escutere immediatamente il
fideiussore onde ottenere il soddisfacimento del suo
credito; ma ove ciò non accada, l’amministrazione avrà
comunque il dovere/potere di sanzionare il ritardo nel
pagamento con la maggiorazione del contributo a percentuali
crescenti all’aumentare del ritardo.
Peraltro, solo alla scadenza di tutti
termini fissati al debitore per l’adempimento (e quindi dopo
aver applicato le massime maggiorazioni di legge),
l’Amministrazione avrà il potere di agire nelle forme della
riscossione coattiva del credito nei confronti del debitore
principale (art. 43 d.P.R. n. 380 del 2001).
La portata di tale ultima disposizione è peraltro tale da
ritenere che l’amministrazione, se pure non
è impedita dallo svolgere attività sollecitatoria dei
pagamenti (senza attingere al rimedio straordinario della
riscossione coattiva) in occasione delle scadenze dei
termini intermedi cui sono correlati gli aumenti percentuali
del contributo secondo il già indicato modello, è certo
facultata ad attendere il volontario pagamento da parte del
debitore (e eventualmente del suo fideiussore), salvo in
ogni caso restando il suo potere-dovere di applicare le
sanzioni di legge per il ritardato pagamento.
Per quanto su evidenziato, deve convenirsi
sul fatto che la lettera della legge sia chiara
nell’assegnare all’amministrazione il potere/dovere di
applicare le sanzioni al verificarsi di un unico presupposto
fattuale, e cioè il ritardo nel pagamento da parte
dell’intestatario del titolo edilizio (o di chi gli sia
subentrato secundum legem).
La stretta osservanza del principio di legalità, imposta
dalla rigorosa applicazione del canone interpretativo-
letterale delle disposizioni richiamate, comporta pertanto
che va ritenuta legittima l’applicazione
delle sanzioni per il ritardo, a prescindere da richieste di
pagamento che siano potute venire all’interessato o al suo
fideiussore dalla amministrazione concedente il titolo
edilizio.
In definitiva, la facoltà per
l’amministrazione di escutere direttamente il fideiussore
(nei casi, quali quello di specie, in cui non è stato
convenuto il beneficium excussionis)
non può tradursi, in difetto di espressa previsione
normativa, in una decadenza dell’amministrazione dal potere
di sanzionare il pagamento tardivo dell’obbligato, essendo
tale potere incondizionatamente previsto
(allo stato attuale della legislazione)
dall’art. 42 d.P.R. cit.
e dall’art. 72 della legge 06.04.1998 n. 11 della Regione
Valle d’Aosta .
Tali conclusioni risultano coerenti con l’affermazione
secondo cui il principio di legalità che connota l’azione
dei pubblici poteri va letto in una duplice declinazione:
in senso proprio, secondo cui non può darsi esercizio
legittimo di potere senza che sussista una specifica fonte
legislativa legittimante; ma anche nel senso che, ove detta
fonte legislativa sussista e, come nella fattispecie oggetto
di causa, l’esercizio del potere (sanzionatorio) sia
vincolato al verificarsi di taluni presupposti fattuali,
l’amministrazione non potrebbe, dopo aver riscontrato la
ricorrenza delle condizioni previste dalla legge, sottrarsi
legittimamente al suo esercizio.
Ora, in applicazione di tali chiari principi normativi,
il soggetto che abbia omesso o ritardato il
pagamento del contributo di costruzione incorre nelle
sanzioni per ritardato pagamento. Peraltro, il regime
giuridico che connota la genesi e le modalità di riscossione
del contributo de quo esclude che possano essere
configurate ipotesi di non debenza della specifica
prestazione patrimoniale diverse da quelle individuate dal
legislatore (v. in
tal senso, Cons. Stato, sez. V, 20.04.2009, n. 2359).
5.7 Tali considerazioni sarebbero già sufficienti a ritenere
che la corretta soluzione della questione interpretativa sia
quella già individuata dalla giurisprudenza prevalente di
questo Consiglio di Stato (ex multis IV n. 5818 del
2012, IV n. 4320 del 2012 e V n. 777 del 2016), senza che la
soluzione al quesito possa mutare nei casi in cui –quale
quello oggetto di causa- al debitore principale si aggiunga
un ulteriore obbligato (il fideiussore) in funzione di un
rafforzamento della garanzia patrimoniale.
Ove sia costituita a richiesta della amministrazione, la
garanzia fideiussoria, quale obbligazione accessoria di
quella principale, è prestata nell’interesse esclusivo
dell’ente locale, al fine di offrire maggiori garanzie di
soddisfacimento del gettito relativo alla speciale entrata
di diritto pubblico di che trattasi (i.e. il
pagamento del contributo di costruzione) e rappresenta,
ex latere debitoris, l’onere correlato al beneficio
della rateizzazione del pagamento.
Sarebbe paradossale se, in tale situazione
giuridico-fattuale, per effetto del rilascio di una garanzia
fideiussoria in suo favore, l’amministrazione risultasse
privata del potere di sanzionare il ritardo o l’omesso
pagamento del debitore principale se solo abbia mancato di
escutere il fideiussore alla scadenza del termine di
pagamento; altrettanto illogico sarebbe che,
correlativamente, con la stipula della polizza fideiussoria,
il debitore principale possa conseguire un’esimente
speciale, non prevista dalla legge, rispetto
all’applicazione a suo carico delle sanzioni per omesso o
ritardato pagamento (nella misura in cui, così ragionando,
alla scadenza del termine di pagamento, o l’amministrazione
provvede ad escutere tempestivamente il fideiussore o perde
il diritto di applicare le sanzioni di legge).
Si aggiunga che, come correttamente rilevato nella
richiamata sentenza di questo Consiglio di Stato n. 777 del
2016, nei casi –quali quello in esame- di fideiussione con
clausola a prima richiesta non alterante il tipo normativo
di garanzia fideiussoria in senso stretto (e quindi non
assimilabile al cd. contratto autonomo di garanzia),
troverebbe comunque applicazione, sul piano dei principi
generali, l’art. 1942 cod.civ.: a mente del quale la
fideiussione si estende “a tutti gli accessori del debito
principale”, con esclusione tuttavia delle somme dovute
ad altro titolo (quali certamente le sanzioni amministrative
dovute ex lege per il ritardato versamento dei ratei
del contributo di urbanizzazione. In tal senso, Cass.
12.06.2001 n. 7885).
Nel caso di specie, peraltro, l’esclusione della
responsabilità del fideiussore per il pagamento delle
sanzioni risulta poi espressamente esclusa dal tenore
testuale della polizza fideiussoria versata in atti.
Da ciò conseguirebbero difficoltà ulteriori per
l’amministrazione comunale nella riscossione del credito,
ove dovesse predicarsi la sussistenza di una regola
praeter legem che condizionasse la legittimità delle
sanzioni alla previa escussione del fideiussore.
Ed infatti, prima della scadenza del termine di pagamento,
il comune non potrebbe azionare la garanzia; una volta
scaduto il termine, l’ente non potrebbe richiedere al
fideiussore (il quale, per quanto detto, sarebbe tenuto solo
nei limiti del contributo omesso) le maggiorazioni del
contributo dovute a titolo sanzionatorio. Con il risultato
che, ove dovesse accedersi alla tesi del necessario
coinvolgimento del fideiussore, l’amministrazione dovrebbe
indirizzare in senso bidirezionale l’azione esecutiva, non
utilizzando lo strumento normativo ben più rapido ed
efficace che la legge le affida (art. 43 d.P.R. cit),
rappresentato dalla riscossione coattiva di diritto pubblico
nei confronti del solo debitore principale, per tutte le
somme derivanti da contributi omessi o pagati in ritardo e
dalle maggiorazioni dovute ex lege a titolo di
sanzioni pecuniarie.
Tale ulteriore contraddizione dimostra come
debba essere senz’altro preferita la soluzione che esclude
che l’applicazione delle sanzioni di legge possa essere
correlata alla previa escussione della garanzia e come non
sia ragionevolmente esigibile richiedere alla
amministrazione comunale una tale attività supplementare
nell’attuazione del rapporto obbligatorio.
5.8 D’altra parte, gli argomenti utilizzati dalla
giurisprudenza minoritaria di questo Consiglio di Stato,
pur se non scevri di qualche aspetto suggestivo, risultano
tuttavia non utili, ad un più approfondito esame, a
ricostruire la sussistenza del predetto onere collaborativo
a carico della Amministrazione anche sulla base dei principi
desumibili dal diritto civile.
Si è detto che, secondo l’indirizzo giurisprudenziale
minoritario, il problema interpretativo all’esame non può
che risolversi facendo coerente applicazione dei principi
civilistici in tema di obbligazioni, primo fra tutti quello
che impone al creditore in buona fede di collaborare con il
debitore ai fini del puntuale adempimento dell’obbligazione.
Osserva l’Adunanza plenaria che, nella fattispecie in esame,
l’applicazione dei canoni civilistici della correttezza e
della buona fede nell’adempimento delle obbligazioni ed in
sede di esecuzione contrattuale (artt. 1175 e 1375 cod. civ.),
ove anche applicati allo speciale rapporto che lega -in
posizione non paritetica- l’Amministrazione che rilascia il
titolo edilizio ed il privato cittadino (cui viene imposto
il pagamento dei relativi oneri) non potrebbe condurre a
conclusioni diverse da quelle fin qui esposte.
Ed invero, anche nei rapporti interprivati, il mancato
pagamento, alla scadenza del termine convenuto, di
un’obbligazione portable da eseguirsi al domicilio
del creditore (nel cui genus rientra pacificamente
l’obbligazione pecuniaria ai sensi dell’art. 1182, comma 2,
cod. civ.) determina ipso facto l’inadempimento del
debitore, il quale è costituito in mora senza necessità di
intimazione o richiesta fatta per iscritto (cfr. art. 1219
cod. civ.).
Non è pertanto esigibile, neanche secondo i canoni del
diritto civile, un onere collaborativo a carico
dell’amministrazione creditrice tale per cui la stessa possa
essere giuridicamente tenuta a sollecitare il pagamento del
credito alla scadenza del termine ovvero ad escutere
tempestivamente (e necessariamente) l’obbligazione
fideiussoria prestata in suo favore. E, d’altra parte, anche
secondo i canoni civilistici, il creditore non è onerato, e
ancor meno obbligato, ad escutere preventivamente il
fideiussore prima di agire nei confronti del debitore (salvo
che non si rinvenga una clausola contrattuale in tal senso).
Per tutte le ragioni già enunciate è da escludere che un
siffatto onere sussista ed è del pari escluso che la sua
ipotizzata genesi possa ricondursi al dovere di correttezza
(art. 1175 cod. civ.) cui devono ispirare il comportamento
il debitore ed il creditore nello svolgimento del rapporto
obbligatorio. Anche il principio relativo all’esecuzione del
contratto secondo buona fede (art. 1375 cod. civ.) non
risulta correttamente evocato nella fattispecie posto che,
se il debitore è inadempiente alla scadenza del termine
fissato per il pagamento e se, sul piano civilistico, egli
subisce tutte le conseguenze negative derivanti dalla mora
ex re a prescindere dall’eventuale inerzia del
creditore,non sarebbe giuridicamente corretto assimilare
tale semplice inerzia della amministrazione ad un
atteggiamento addirittura contrario a buona fede, in quanto
funzionale all’arricchimento derivante dalle maggiorazioni
del contributo dovuto in applicazione delle sanzioni.
Anche il richiamo al capoverso dell'art. 1227 cod. civ. è
fuorviante e non vale a costituire una valida base giuridica
per l’individuazione di un onere collaborativo della
amministrazione comunale nell’immediata attuazione del
rapporto obbligatorio onde non aggravare la posizione del
debitore.
Ed invero viene qui facile osservare come la maggiorazione
del contributo di costruzione in ragione del ritardo nel
pagamento prevista dal richiamato art. 42 d.P.R. n. 380 del
2001 (e dalle analoghe disposizioni normative precedenti)
non ha natura risarcitoria o corrispettiva, bensì di
sanzione pecuniaria nascente al momento in cui diviene
esigibile la sanzione principale.
Orbene, l'onere di diligenza che la appena richiamata
disposizione del codice civile, ispirata a principi di
solidarietà sociale, fa gravare sul creditore si inscrive
nella ben distinta fattispecie del concorso del fatto
colposo del creditore nella causazione di un danno.
Nel caso in esame, non sarebbe corretto sul piano giuridico
configurare alla stregua di un fatto colposo la mancanza di
sollecitudine della amministrazione creditrice nell’agire a
tutela del proprio credito (in senso non diverso, Corte
cost. n. 308 del 1999). Del pari non corretta sarebbe
l’assimilazione delle sanzioni pecuniarie derivanti ex
lege dal mancato pagamento imputabile esclusivamente al
debitore ai danni che il creditore avrebbe potuto evitare
usando l’ordinaria diligenza.
5.9 Per ragioni non dissimili da quelle fin qui enunciate
non merita condivisione, a parere di questa Adunanza
plenaria, l’orientamento giurisprudenziale che potrebbe
definirsi intermedio e di cui ha dato conto l’ordinanza
di rimessione.
Secondo tale approccio interpretativo, la sanzione per il
ritardo potrebbe essere applicata nella misura minima
soltanto in relazione al mancato pagamento della rata di
contributo entro i primi 120 giorni dalla data di scadenza
(secondo quanto dispone l’art. 42, comma 2, lett. a), del
d.P.R. n. 380 del 2001).
Solo a seguito dello spirare di tale prima scansione
temporale (nel cui ambito soltanto sarebbe legittima
l’applicazione della sanzione nella percentuale minima
prevista dalla legge nazionale e, ove esistente, dalla legge
regionale) diverrebbe esigibile l’onere per
l’amministrazione di escutere il fideiussore con la
conseguenza che, in difetto, la stessa amministrazione non
avrebbe titolo per sanzionare l’ulteriore ritardo nel
pagamento da parte del debitore principale.
L’Adunanza rileva come anche tale soluzione interpretativa
non sia condivisibile atteso che la stessa:
- non risulta fondata su salde basi normative ed anzi si risolve in
un’inammissibile disapplicazione delle disposizioni
normative nazionali e regionali che, come si è detto,
correlano l’applicazione delle sanzioni al manifestarsi del
semplice ritardo ovvero dell’omesso pagamento del contributo
di costruzione (quali unici presupposti fattuali);
- è in sé non ragionevole, posto che sterilizza il potere
sanzionatorio dell’amministrazione proprio in relazione ai
ritardi più significativi, cui il legislatore riserva un
trattamento sanzionatorio più severo;
- individua un onere di soccorso a carico della Amministrazione,
sia pure allo scadere del primo periodo di inadempimento
protrattosi per 120 giorni, che non solo non è nella legge
ma che, per quanto già detto, non sarebbe neppure
correttamente desumibile in applicazione dei principi di
buona fede e correttezza che governano le obbligazioni ed i
contratti di diritto civile ovvero, per analoghe ragioni,
del principio di leale collaborazione proprio dei rapporti
intersoggettivi di diritto amministrativo.
Peraltro, anche l’argomento della strumentalità della pronta
escussione del fideiussore in funzione della rapida
acquisizione nelle casse comunali del contributo di
costruzione per l’esecuzione delle opere pubbliche è
smentito dalla già evidenziata natura non sinallagmatica
delle distinte prestazioni della parte pubblica e di quella
privata (sul punto v. supra, par. 5.2).
Anche in ragione di tanto, e cioè del rapporto non
corrispettivo delle prestazioni delle parti, non sarebbe
esigibile a carico dell’amministrazione un onere di verifica
riguardo al puntuale pagamento, nel rispetto delle scadenze
fissate per le singole rate, del contributo di costruzione
(nelle suindicate sue componenti), né sarebbe esigibile la
tempestiva escussione della garanzia fideiussoria pena,
altrimenti, la decadenza dal potere sanzionatorio.
Un’opzione interpretativa di tale portata si porrebbe
infatti in contrasto, oltre che con il principio di legalità
(nei sensi dianzi indicati), anche con il principio
costituzionale del buon andamento, attese le difficoltà
oggettive cui andrebbero incontro i comuni (specie quelli di
grandi dimensioni) nell’attivare tempestivamente le attività
propedeutiche alla sollecitazione dei pagamenti dei
contributi di costruzione alla scadenza delle singole rate.
5.10 In definitiva, per tutte le suesposte ragioni,
l’Adunanza plenaria ritiene di poter concludere, per quanto
di sua competenza, con l’affermazione del seguente principio
di diritto: <<Un’amministrazione
comunale ha il pieno potere di applicare, nei confronti
dell’intestatario di un titolo edilizio, la sanzione
pecuniaria prescritta dalla legge per il caso di ritardo
ovvero di omesso pagamento degli oneri relativi al
contributo di costruzione anche ove, in caso di pagamento
dilazionato di detto contributo, abbia omesso di escutere la
garanzia fideiussoria in esito alla infruttuosa scadenza dei
singoli ratei di pagamento ovvero abbia comunque omesso di
svolgere attività sollecitatoria del pagamento presso il
debitore principale>>.
Ai fini della risoluzione delle ulteriori questioni
controverse (i.e., determinazione della fine dei
lavori e corretta imputazione dei pagamenti eseguiti),
anch’esse incidenti sulla legittimità dell’atto oggetto del
ricorso di primo grado, nonché ai fini della definizione
dell’intero giudizio alla luce del principio di diritto in
questa sede espresso dalla Adunanza plenaria, le parti sono
rimesse dinanzi alla Sezione quarta del Consiglio di Stato,
cui vanno restituiti gli atti per ogni ulteriore
statuizione, in rito, nel merito e sulle spese anche di
questa fase di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza
Plenaria) non definitivamente pronunciando sul ricorso, come
in epigrafe proposto:
a) formula il principio di diritto di cui in motivazione;
b) restituisce gli atti alla Sezione IV del Consiglio di Stato per
ogni ulteriore statuizione in rito, nel merito e sulle spese
del giudizio (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria,
sentenza 07.12.2016 n. 24 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA:
L'escussione della fideiussione per il
mancato pagamento degli oneri di
urbanizzazione è di competenza del giudice
ordinario.
La controversia avente ad oggetto
l'escussione, da parte del Comune, di una
polizza fideiussoria concessa a garanzia di
somme dovute per oneri di urbanizzazione e a
titolo di penali, pattuite in una
convenzione di lottizzazione, rientra nella
giurisdizione del giudice ordinario e non in
quella esclusiva del giudice amministrativo
in materia di urbanistica ed edilizia,
attesa l'autonomia tra i rapporti in
questione, nonché la circostanza che, nella
specie, la P.R. agisce nell'ambito di un
rapporto privatistico, senza esercitare,
neppure mediatamente, pubblici poteri.
---------------
Svolgimento del processo
In accoglimento della domanda proposta dalla locale
amministrazione comunale, il Tribunale di
Reggio Calabria condannò En. De Ma. e la
Società Re.Mu. di Assicurazioni al pagamento
della somma di €. 21.799,45 per oneri di
urbanizzazione relativi alla licenza
edilizia n. 39 del 1987, oltre sanzioni
amministrative.
Appellata da En. De Ma. e dalla Società
Re.Mu. di Assicurazioni, la decisione di
primo grado fu totalmente riformata dalla
Corte d'appello di Reggio Calabria, che,
dichiarata la nullità della sentenza
impugnata per violazione dell'art. 82 disp.
att. c.p.c., in quanto non era stato dato
avviso al difensore di En. De Ma. del rinvio
dell'udienza di precisazione delle
conclusioni, rilevò e dichiarò d'ufficio il
difetto di giurisdizione del giudice
ordinario, ritenendo esistente la
giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo.
Contro la sentenza d'appello ha proposto
ricorso per cassazione il Comune di Reggio
Calabria, sulla base di due motivi di
impugnazione illustrati anche da memoria,
cui si oppone con controricorso En. De Ma.,
mentre vi aderisce la Società Re.Mu. di
Assicurazioni.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo il comune
ricorrente deduce che la decisione d'appello
contraddice la giurisprudenza più recente in
tema di giurisdizione relativa agli oneri di
urbanizzazione; ed è stata comunque assunta
in violazione del giudicato sulla
giurisdizione formatosi con la pronuncia nel
merito in primo grado, non appellata sul
punto.
Con il secondo motivo il ricorrente
deduce violazione dell'art. 82 disp. att.
c.p.c., sostenendo che non era dovuto avviso
ai difensori del rinvio della precisazione
delle conclusioni alla prima udienza
immediatamente successiva a quella
originariamente fissata. Sicché non sussiste
la nullità erroneamente dichiarata dalla
corte d'appello.
2. Risulta pregiudiziale l'esame del secondo
motivo del ricorso, perché, ove fondato,
rimuoverebbe la dichiarazione di nullità
della sentenza di primo grado, che, secondo
quanto eccepito dal controricorrente De Ma.,
esclude la formazione del giudicato sulla
giurisdizione del giudice ordinario.
Si tratta tuttavia di motivo inammissibile
per difetto di specificità, o comunque di
autosufficienza, perché il ricorrente
neppure allega, e comunque omette di
richiamare, il calendario delle udienze del
Tribunale di Reggio Calabria, a conferma
della dedotta validità del rinvio d'ufficio
della precisazione delle conclusioni
dall'udienza del 29.09.2004 all'udienza del
06.10.2004.
Ferma dunque la dichiarazione di nullità
della sentenza di primo grado, non
contestata per altri aspetti, risulta
infondata l'eccezione di giudicato sulla
giurisdizione prospettata con il primo
motivo del ricorso.
E' invece fondata la deduzione alternativa,
prospettata con lo stesso primo motivo del
ricorso, nella parte in cui vi si censura
l'erroneità della dichiarazione di difetto
della giurisdizione del giudice ordinario.
Secondo la giurisprudenza di questa corte,
infatti, «la controversia avente ad
oggetto l'escussione, da parte del Comune,
di una polizza fideiussoria concessa a
garanzia di somme dovute per oneri di
urbanizzazione e a titolo di penali,
pattuite in una convenzione di
lottizzazione, rientra nella giurisdizione
del giudice ordinario e non in quella
esclusiva del giudice amministrativo in
materia di urbanistica ed edilizia, attesa
l'autonomia tra i rapporti in questione,
nonché la circostanza che, nella specie, la
P.R. agisce nell'ambito di un rapporto
privatistico, senza esercitare, neppure
mediatamente, pubblici poteri» (Cass.,
sez. un., 13.06.2012, n. 9592, m. 623047,
Cass., sez. un., 23.02.2010, n. 4319, m.
611803).
In accoglimento del primo motivo del
ricorso, dichiarato inammissibile il
secondo, la sentenza impugnata va cassata
con rinvio alla Corte d'appello di Reggio
Calabria, che potrà decidere nella medesima
composizione, non essendosi pronunciata nel
merito della controversia (Corte di
Cassazione, Sezz. Unite civili,
sentenza 28.07.2016 n. 15666). |
EDILIZIA PRIVATA: La
rateizzazione del pagamento degli oneri di
urbanizzazione è prevista all’art. 16 d.P.R.
n. 380 del 2001 laddove, oltre a stabilire
il carattere di regola oneroso del permesso
di costruire, concede al privato la facoltà
di richiedere il pagamento rateizzato.
A sua volta l’art. 42 d.P.R. n. 380/2001,
intitolato “Ritardato od omesso versamento
del contributo di costruzione”, riproduttivo
dell’art. 3 l. 28.02.1985 n. 47, attribuisce
alle regioni la potestà di determinare “le
sanzioni per il ritardato o mancato
versamento del contributo di costruzione" (cfr.
comma 1) in misura non inferiore a quanto
previsto dalla stessa norma, estendendo, nel
caso di pagamento rateizzato, la disciplina
al ritardo (cfr. comma 4) “nei pagamenti
delle singole rate”.
---------------
Mentre il rilascio della garanzia (nel caso
che ne occupa fideiussoria) opera su un
piano paritetico disciplinato dal diritto
civile, la determinazione e la riscossione
dei ratei tardivamente versati ha un
connotazione pubblicistica, insita nel suo
essere concepita per operare in un contesto
nel quale si ha esercizio di una potestà
sanzionatoria, e dunque comporta l’esigenza
di osservare garanzie e formalità affatto
diverse da quelle che soprassiedono
all’attività negoziale.
L’irrogazione delle sanzioni serve a
rafforzare norme di condotta il cui rispetto
appare essenziale per l’ordinato sviluppo
del territorio ed assicurare la celere
esecuzione delle opere di urbanizzazione
destinate alla collettività (cfr.,
testualmente, art. 3 l. n. 47/1985).
In definitiva, l’ambito negoziale sito a
monte, costituente il presupposto della
rateizzazione, e l’ambito
pubblicistico-sanzionatorio posto a valle,
relativo all’esatto e tempestivo adempimento
dei pagamenti, vanno tenuti distinti, avendo
statuti normativi (strutturalmente e
funzionalmente) eterogenei.
Conseguentemente, in forza di una serie di
argomenti di seguito espressi, va rivisto
l’indirizzo, fatto proprio da un precedente
arresto giurisprudenziale che, valorizzando
in funzione assiologia il principio
d’imparzialità dell’azione amministrativa,
giunge a diversa conclusione.
Innanzitutto nella dinamica contrattuale il
rilascio della fideiussione a prima
richiesta è prestata nell’esclusivo
interesse dell’amministrazione che non è
affatto gravata dall’obbligo di attivarla “a
vantaggio della parte inadempiente”.
Aggiungasi che, nel caso in esame,
trattandosi di fideiussione con la clausola
a prima richiesta non alterante il tipo
normativo, ossia di garanzia fideiussoria in
senso stretto non assimilabile alla garanzia
autonoma, trova piena applicazione l’art.
1942 c.c. a mente del quale la fideiussione
si estende “a tutti gli accessori del debito
principale”, con implicita esclusione delle
somme dovute ad altro titolo, quali (ed a
più forte ragione) le sanzioni
amministrative dovute ex lege per il
ritardato versamento dei ratei del
contributo di urbanizzazione.
Sicché il Comune, prima della scadenza del
termine di pagamento del rateo, non
poterebbe azionare la garanzia; una volta
scaduto il termine, escussa la garanzia, si
vedrebbe opporre, ex art. 1942 c.c.,
dall’istituto fideiubente l’inefficacia
della garanzia relativamente ad una pretesa
patrimoniale (pari al rateo maggiorato della
sanzione) non ricompreso nel debito
garantito, oggetto di fideiussione.
Né è revocabile in dubbio che l’azione
amministrativa iure privatorum, seppure
tenuta ad osservare il principio immanente
d’imparzialità e buon andamento, è governata
dalle regole di diritto comune: la buona
fede ex art. 1375 c.c. disciplina le
modalità di esercizio del diritto sul piano
procedurale, non genera affatto nuove
obbligazioni.
Non impone all’amministrazione –come invece
sostenuto dal Tar in un’anomala concezione
poietico-normativa della buona fede in
excutivis– di costituire in mora il debitore
inadempiente nell’obbligazione di pagamento
portable anche se l’art. 1219, comma 1, n.
3, c.c. esonera espressamente il creditore
dall’incombente e, in aggiunta, ad attivare
la garanzia fideiussoria per agevolare
nell’interesse del debitore l’adempimento
anziché per tutelare l’interesse del Comune
al pagamento di un’entrata di diritto
pubblico.
Alla medesima stregua l’estensione dell’art.
1227, comma 2, c.c., predicativo della
ripartizione del risarcimento dei danni
conseguenti all’inadempimento secondo il
criterio della causalità giuridica, con
esclusione del risarcimento dei danni che il
creditore avrebbe potuto evitare usando
l’ordinaria diligenza, incontra
l’insormontabile ostacolo della natura
punitivo-sanzionatoria (e non risarcitoria)
di quanto dovuto ex lege per il tardivo
versamento delle singole quote nei termini
prescritti.
---------------
L’appello è fondato.
La rateizzazione del pagamento degli oneri
di urbanizzazione è prevista all’art. 16
d.P.R. n. 380 del 2001 laddove, oltre a
stabilire il carattere di regola oneroso del
permesso di costruire, concede al privato la
facoltà di richiedere il pagamento
rateizzato.
A sua volta l’art. 42 d.P.R. n. 380/2001,
intitolato “Ritardato od omesso
versamento del contributo di costruzione”,
riproduttivo dell’art. 3 l. 28.02.1985 n.
47, attribuisce alle regioni la potestà di
determinare “le sanzioni per il ritardato
o mancato versamento del contributo di
costruzione" (cfr. comma 1) in misura
non inferiore a quanto previsto dalla stessa
norma, estendendo, nel caso di pagamento
rateizzato, la disciplina al ritardo (cfr.
comma 4) “nei pagamenti delle singole
rate”.
La legge Regione Veneto 27.06.1985 n. 61 ha
dato applicazione (all’allora art. 3 l. n.
47/1985), ed ha previsto all’art. 81 la
rateizzazione degli oneri di urbanizzazione
subordinatamente alla prestazione di “opportune
garanzie secondo le modalità previste
dall’art. 13 l. 03.01.1978 n. 1”; nonché
le conseguenze per il mancato versamento
delle singole quote nei termini previsti
stabilendo –in chiave sanzionatoria del
ritardato versamento– l’aumento percentuale
di esse a secondo del ritardo di quanto
dovuto.
La norma ha altresì cura di precisare che
decorso il termine di cui alla lettera e),
ossia 240 giorni dal termine di pagamento
della rata, “il Sindaco provvede alla
riscossione coattiva del complessivo credito
a norma del R.D. 14.04.1910 n. 639”.
Sicché la disciplina regionale, in sintonia
con quella statale, opera una netta
distinzione fra la prestazione della
garanzia, necessaria per ottenere la
rateizzazione degli oneri di urbanizzazione,
e la determinazione delle sanzioni per il
ritardato versamento dei singoli ratei.
Mentre il rilascio della garanzia (nel caso
che ne occupa fideiussoria) opera su un
piano paritetico disciplinato dal diritto
civile, la determinazione e la riscossione
dei ratei tardivamente versati ha un
connotazione pubblicistica, insita nel suo
essere concepita per operare in un contesto
nel quale si ha esercizio di una potestà
sanzionatoria, e dunque comporta l’esigenza
di osservare garanzie e formalità affatto
diverse da quelle che soprassiedono
all’attività negoziale.
L’irrogazione delle sanzioni serve a
rafforzare norme di condotta il cui rispetto
appare essenziale per l’ordinato sviluppo
del territorio ed assicurare la celere
esecuzione delle opere di urbanizzazione
destinate alla collettività (cfr.,
testualmente, art. 3 l. n. 47/1985).
In definitiva, l’ambito negoziale sito a
monte, costituente il presupposto della
rateizzazione, e l’ambito
pubblicistico-sanzionatorio posto a valle,
relativo all’esatto e tempestivo adempimento
dei pagamenti, vanno tenuti distinti, avendo
statuti normativi (strutturalmente e
funzionalmente) eterogenei.
Conseguentemente, in forza di una serie di
argomenti di seguito espressi, va rivisto
l’indirizzo, fatto proprio da un precedente
arresto giurisprudenziale (cfr. Cons. St.,
sez. V, 21.11.2014 n. 5734, in antitesi
all’orientamento qui condiviso di cui a
Cons. St. sez. IV, 17.02.2014 n. 731) che,
valorizzando in funzione assiologia il
principio d’imparzialità dell’azione
amministrativa, giunge a diversa
conclusione.
Innanzitutto nella dinamica contrattuale il
rilascio della fideiussione a prima
richiesta è prestata nell’esclusivo
interesse dell’amministrazione che non è
affatto gravata dall’obbligo di attivarla “a
vantaggio della parte inadempiente”.
Aggiungasi che, nel caso in esame,
trattandosi di fideiussione con la clausola
a prima richiesta non alterante il tipo
normativo, ossia di garanzia fideiussoria in
senso stretto non assimilabile alla garanzia
autonoma, trova piena applicazione l’art.
1942 c.c. a mente del quale la fideiussione
si estende “a tutti gli accessori del
debito principale”, con implicita
esclusione delle somme dovute ad altro
titolo, quali (ed a più forte ragione) le
sanzioni amministrative dovute ex lege
per il ritardato versamento dei ratei del
contributo di urbanizzazione (cfr.,
testualmente, Cass. 12.06.2001 n. 7885).
Sicché il Comune, prima della scadenza del
termine di pagamento del rateo, non
poterebbe azionare la garanzia; una volta
scaduto il termine, escussa la garanzia, si
vedrebbe opporre, ex art. 1942 c.c.,
dall’istituto fideiubente l’inefficacia
della garanzia relativamente ad una pretesa
patrimoniale (pari al rateo maggiorato della
sanzione) non ricompreso nel debito
garantito, oggetto di fideiussione.
Né è revocabile in dubbio che l’azione
amministrativa
iure privatorum, seppure tenuta ad
osservare il principio immanente
d’imparzialità e buon andamento, è governata
dalle regole di diritto comune: la buona
fede ex art. 1375 c.c. disciplina le
modalità di esercizio del diritto sul piano
procedurale, non genera affatto nuove
obbligazioni.
Non impone all’amministrazione –come invece
sostenuto dal Tar in un’anomala concezione
poietico-normativa della buona fede in
excutivis– di costituire in mora il
debitore inadempiente nell’obbligazione di
pagamento portable anche se l’art.
1219, comma 1, n. 3, c.c. esonera
espressamente il creditore dall’incombente
e, in aggiunta, ad attivare la garanzia
fideiussoria per agevolare nell’interesse
del debitore l’adempimento anziché per
tutelare l’interesse del Comune al pagamento
di un’entrata di diritto pubblico.
Alla medesima stregua l’estensione dell’art.
1227, comma 2, c.c., predicativo della
ripartizione del risarcimento dei danni
conseguenti all’inadempimento secondo il
criterio della causalità giuridica, con
esclusione del risarcimento dei danni che il
creditore avrebbe potuto evitare usando
l’ordinaria diligenza, incontra
l’insormontabile ostacolo della natura
punitivo-sanzionatoria (e non risarcitoria)
di quanto dovuto ex lege per il
tardivo versamento delle singole quote nei
termini prescritti.
Venendo alle censure non espressamente
esaminate dal Tar, qui riproposte dalla
ricorrente appellata, mette conto rilevare
che la natura vincolata nell’an e nel
quantum degli atti, adottati per giunta
sulla scorta del procedimento di
rateizzazione promosso –va sottolineato– ad
istanza di parte, esonerava, ex artt. e
21-octies l. 241/1990, il Comune dalla
comunicazione dell’avvio del procedimento.
Né sussiste il dedotto contrasto dell’art.
81 l.r. Veneto n. 61 del 1985 con i principi
fondamentali dettati in materia dalla
disciplina statale, posto che l’art. 42
t.u.ed., riproduttivo dell’art. 3 l.
47/1985, demanda espressamente alle regioni
l’esercizio del potere per cui è causa.
Conclusivamente l’appello deve essere
accolto (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 25.02.2016 n. 778 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2015 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
Sulla fidejussione a garanzia del versamento
rateizzato del contributo di costruzione.
Si ritiene che spetti al giudice
amministrativo l’esame dell’atto con cui
l’amministrazione chiede al fideiussore il pagamento
del contributo di costruzione in caso di
inadempimento del titolare del permesso di
costruire.
Le fideiussioni che garantiscono un sottostante
rapporto amministrativo, anche se dotate della
formula a prima richiesta, rimangono intrinsecamente
accessorie al suddetto rapporto. Si tratta di uno
dei vari strumenti privatistici utilizzati per lo
svolgimento di una funzione pubblica, secondo
un’impostazione sempre più diffusa, che non modifica
il confine del settore amministrativo.
L’escussione della fideiussione non è quindi un mero
atto privatistico indirizzato a un soggetto terzo,
ma ha la sostanza di un atto amministrativo,
perfettamente equivalente all’esercizio del potere
di vigilanza e repressione nei confronti degli
inadempimenti del titolare del permesso di
costruire.
Il fatto che il fideiussore non possa opporre le
eccezioni proprie del titolare del permesso di
costruire non significa che quest’ultimo debba
subire l’iniziativa dell’amministrazione senza
potersi difendere efficacemente, facendo valere la
propria interpretazione della disciplina
urbanistico-edilizia. L’interesse alla difesa appare
invece evidente, in quanto l’escussione produce
conseguenze rilevanti anche sul titolare del
permesso di costruire.
Da un lato, infatti, attraverso l’escussione viene
confermato l’importo del contributo di costruzione,
che normalmente costituisce (come nel caso in esame)
il punto centrale del conflitto con
l’amministrazione, dall’altro il pagamento
determina, con il diritto di regresso, una gravosa
esposizione del debitore nei confronti del
fideiussore escusso.
1. Il Comune di Arcene ha rilasciato alla società
ricorrente E.A.srl il permesso di costruire n. 4 del
14.04.2011, autorizzando la realizzazione di 3
edifici per un totale di 42 appartamenti nel PL “La
Fornace”. Il contributo di costruzione (€
197.535,97) è stato calcolato tenendo conto anche
della superficie destinata ad autorimesse e aree di
manovra (1.870,63 mq).
2. La ricorrente ha versato € 49.384 al momento del
rilascio del titolo edilizio, e ha ottenuto la
rateizzazione del resto (v. provvedimento del
responsabile dell’Ufficio Tecnico del 22.03.2011),
con applicazione degli interessi legali, come
previsto dalla deliberazione giuntale n. 20 del
09.03.2011.
La restituzione doveva avvenire in dieci rate,
ciascuna di importo pari a € 15.324, da
corrispondere a intervalli trimestrali tra il
22.07.2011 e il 22.10.2013.
A garanzia della restituzione la ricorrente ha
presentato una polizza fideiussoria emessa da
Atradius Credit Insurance NV per un valore pari a €
192.598.
3. La ricorrente ha versato per intero le prime
quattro rate, ma senza rispettare, per la quarta, la
scadenza prevista. Dopo il 13.06.2012 (data di
pagamento della quarta rata) la ricorrente ha
effettuato altri versamenti parziali, e ha quindi
interrotto ogni pagamento.
Secondo la ricorrente, il contributo di costruzione,
ricalcolato escludendo la superficie destinata ad
autorimesse e non computando la suddetta superficie
ai fini dell’individuazione della classe degli
edifici, sarebbe pari a € 97.949,90. Una volta
computati gli interessi per la rateizzazione,
l’importo definitivo risulterebbe pari a €
98.394,35.
Questa somma era già stata interamente corrisposta
alla data del 13.06.2012. Rispetto all’importo
dovuto, la ricorrente avrebbe versato un esubero
pari a € 48.257,65.
4. A questo si aggiunge l’escussione parziale della
fideiussione, per un importo pari a € 34.568,10,
effettuata il 17.12.2013.
5. Più recentemente, il Comune con provvedimento del
responsabile dell’Ufficio Tecnico del 19.05.2014 ha
comunicato una nuova escussione parziale della
fideiussione per un importo pari a € 22.475,20.
6. Contro il suddetto provvedimento e contro gli
atti presupposti (tra cui la deliberazione giuntale
n. 20/2011) la ricorrente ha presentato impugnazione
con atto notificato il 23.06.2014 e depositato il
30.06.2014. Le censure possono essere sintetizzate
come segue:
(i) violazione dell’art. 69 della LR 11.03.2005 n.
12, che prevede il regime di gratuità integrale per
i parcheggi pertinenziali e non pertinenziali, ed
esclude le relative superfici dalla definizione
della classe dell'edificio;
(ii) violazione dell’art. 16, comma 3, del DPR
06.06.2001 n. 380, nonché irragionevolezza, con
riferimento alle disposizioni della deliberazione
giuntale n. 20/2011, che ammettono la rateizzazione
solo per importi superiori a € 100.000 e prevedono
che il contributo di costruzione residuo venga
rideterminato qualora il costo di costruzione
subisca degli incrementi;
(iii) mancanza dei presupposti per applicare le
sanzioni da ritardo, in quanto l’intero importo del
contributo di costruzione sarebbe stato versato
ancora in data 13.06.2012. Viene inoltre chiesta una
pronuncia che accerti il contributo di costruzione
nell’importo di € 97.949,90, con la conseguente
condanna alla restituzione della somma versata o
escussa in eccedenza (€ 82.825,75), aumentata di
interessi, rivalutazione e maggior danno.
7. Il Comune si è costituito in giudizio chiedendo
la reiezione del ricorso.
8. Sulle questioni rilevanti ai fini della decisione
si possono svolgere le seguenti considerazioni.
Sulla giurisdizione
9. Per quanto riguarda i dubbi sulla giurisdizione
sollevati dal Comune, si ritiene che spetti al
giudice amministrativo l’esame dell’atto con cui
l’amministrazione chiede al fideiussore il pagamento
del contributo di costruzione in caso di
inadempimento del titolare del permesso di
costruire.
10. Le fideiussioni che garantiscono un sottostante
rapporto amministrativo, anche se dotate della
formula a prima richiesta, rimangono intrinsecamente
accessorie al suddetto rapporto. Si tratta di uno
dei vari strumenti privatistici utilizzati per lo
svolgimento di una funzione pubblica, secondo
un’impostazione sempre più diffusa, che non modifica
il confine del settore amministrativo.
L’escussione della fideiussione non è quindi un mero
atto privatistico indirizzato a un soggetto terzo,
ma ha la sostanza di un atto amministrativo,
perfettamente equivalente all’esercizio del potere
di vigilanza e repressione nei confronti degli
inadempimenti del titolare del permesso di
costruire.
11. Il fatto che il fideiussore non possa opporre le
eccezioni proprie del titolare del permesso di
costruire non significa che quest’ultimo debba
subire l’iniziativa dell’amministrazione senza
potersi difendere efficacemente, facendo valere la
propria interpretazione della disciplina
urbanistico-edilizia. L’interesse alla difesa appare
invece evidente, in quanto l’escussione produce
conseguenze rilevanti anche sul titolare del
permesso di costruire.
Da un lato, infatti, attraverso l’escussione viene
confermato l’importo del contributo di costruzione,
che normalmente costituisce (come nel caso in esame)
il punto centrale del conflitto con
l’amministrazione, dall’altro il pagamento
determina, con il diritto di regresso, una gravosa
esposizione del debitore nei confronti del
fideiussore escusso (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 31.08.2015 n. 1133 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Nel caso di versamento rateizzato del costo di
costruzione non è legittimo adeguare gli importi
delle rate in ordine al sopravvenire di aumenti del
costo base del medesimo costo di costruzione.
Le deliberazioni giuntali n. 20/2011 e 14/2005
prevedono che nel caso di rateizzazione, qualora
sopravvengano aumenti del costo di costruzione, il
contributo di costruzione residuo deve essere
adeguato ai suddetti aumenti.
Queste disposizioni pongono il problema della
compatibilità con l’art. 16, comma 3, del DPR
380/2001, in base al quale la quota di contributo
relativa al costo di costruzione è determinata al
momento del rilascio del titolo edilizio ed è
corrisposta in corso d'opera.
In proposito si ritiene che, se i lavori sono
ultimati nel termine di validità del titolo
edilizio, e se i pagamenti delle rate sono regolari,
l’importo del contributo di costruzione non possa
variare, essendo necessario garantire la certezza
del diritto e l’affidamento di chi inizia un
intervento edificatorio.
Se però il privato non completa i lavori entro il
termine massimo, oppure non completa il pagamento
delle rate secondo le scadenze prefissate, fuoriesce
dal quadro giuridico originario e si espone alle
modifiche tariffarie intervenute nel frattempo. In
queste ipotesi, dunque, l’amministrazione potrà
legittimamente imporre l’integrazione della parte
residua del contributo di costruzione.
Questo vale anche quando il differimento del termine
finale del titolo edilizio sia una facoltà concessa
direttamente dal legislatore in deroga alla
disciplina ordinaria, come è avvenuto nel caso in
esame (il 10.12.2013 la ricorrente ha comunicato al
Comune il posticipo di due anni della conclusione
dei lavori, ossia al 14.04.2016, avvalendosi della
previsione di cui all’art. 30, comma 3, del DL
21.06.2013 n. 69).
---------------
1. Il
Comune di Arcene ha rilasciato alla società
ricorrente E.A.srl il permesso di costruire n. 4 del
14.04.2011, autorizzando la realizzazione di 3
edifici per un totale di 42 appartamenti nel PL “La
Fornace”. Il contributo di costruzione (€
197.535,97) è stato calcolato tenendo conto anche
della superficie destinata ad autorimesse e aree di
manovra (1.870,63 mq).
2. La ricorrente ha versato € 49.384 al momento del
rilascio del titolo edilizio, e ha ottenuto la
rateizzazione del resto (v. provvedimento del
responsabile dell’Ufficio Tecnico del 22.03.2011),
con applicazione degli interessi legali, come
previsto dalla deliberazione giuntale n. 20 del
09.03.2011.
La restituzione doveva avvenire in dieci rate,
ciascuna di importo pari a € 15.324, da
corrispondere a intervalli trimestrali tra il
22.07.2011 e il 22.10.2013.
A garanzia della restituzione la ricorrente ha
presentato una polizza fideiussoria emessa da
Atradius Credit Insurance NV per un valore pari a €
192.598.
3. La ricorrente ha versato per intero le prime
quattro rate, ma senza rispettare, per la quarta, la
scadenza prevista. Dopo il 13.06.2012 (data di
pagamento della quarta rata) la ricorrente ha
effettuato altri versamenti parziali, e ha quindi
interrotto ogni pagamento.
Secondo la ricorrente, il contributo di costruzione,
ricalcolato escludendo la superficie destinata ad
autorimesse e non computando la suddetta superficie
ai fini dell’individuazione della classe degli
edifici, sarebbe pari a € 97.949,90. Una volta
computati gli interessi per la rateizzazione,
l’importo definitivo risulterebbe pari a €
98.394,35.
Questa somma era già stata interamente corrisposta
alla data del 13.06.2012. Rispetto all’importo
dovuto, la ricorrente avrebbe versato un esubero
pari a € 48.257,65.
4. A questo si aggiunge l’escussione parziale della
fideiussione, per un importo pari a € 34.568,10,
effettuata il 17.12.2013.
5. Più recentemente, il Comune con provvedimento del
responsabile dell’Ufficio Tecnico del 19.05.2014 ha
comunicato una nuova escussione parziale della
fideiussione per un importo pari a € 22.475,20.
6. Contro il suddetto provvedimento e contro gli
atti presupposti (tra cui la deliberazione giuntale
n. 20/2011) la ricorrente ha presentato impugnazione
con atto notificato il 23.06.2014 e depositato il
30.06.2014. Le censure possono essere sintetizzate
come segue:
(i) violazione dell’art. 69 della LR 11.03.2005 n.
12, che prevede il regime di gratuità integrale per
i parcheggi pertinenziali e non pertinenziali, ed
esclude le relative superfici dalla definizione
della classe dell'edificio;
(ii) violazione dell’art. 16, comma 3, del DPR
06.06.2001 n. 380, nonché irragionevolezza, con
riferimento alle disposizioni della deliberazione
giuntale n. 20/2011, che ammettono la rateizzazione
solo per importi superiori a € 100.000 e prevedono
che il contributo di costruzione residuo venga
rideterminato qualora il costo di costruzione
subisca degli incrementi;
(iii) mancanza dei presupposti per applicare le
sanzioni da ritardo, in quanto l’intero importo del
contributo di costruzione sarebbe stato versato
ancora in data 13.06.2012. Viene inoltre chiesta una
pronuncia che accerti il contributo di costruzione
nell’importo di € 97.949,90, con la conseguente
condanna alla restituzione della somma versata o
escussa in eccedenza (€ 82.825,75), aumentata di
interessi, rivalutazione e maggior danno.
7. Il Comune si è costituito in giudizio chiedendo
la reiezione del ricorso.
8. Sulle questioni rilevanti ai fini della decisione
si possono svolgere le seguenti considerazioni.
...
Sull’aggiornamento del costo di costruzione
19. Le deliberazioni giuntali n. 20/2011 e 14/2005
prevedono che nel caso di rateizzazione, qualora
sopravvengano aumenti del costo di costruzione, il
contributo di costruzione residuo deve essere
adeguato ai suddetti aumenti.
Queste disposizioni pongono il problema della
compatibilità con l’art. 16, comma 3, del DPR
380/2001, in base al quale la quota di contributo
relativa al costo di costruzione è determinata al
momento del rilascio del titolo edilizio ed è
corrisposta in corso d'opera.
20. In proposito si ritiene che, se i lavori sono
ultimati nel termine di validità del titolo
edilizio, e se i pagamenti delle rate sono regolari,
l’importo del contributo di costruzione non possa
variare, essendo necessario garantire la certezza
del diritto e l’affidamento di chi inizia un
intervento edificatorio.
Se però il privato non completa i lavori entro il
termine massimo, oppure non completa il pagamento
delle rate secondo le scadenze prefissate, fuoriesce
dal quadro giuridico originario e si espone alle
modifiche tariffarie intervenute nel frattempo. In
queste ipotesi, dunque, l’amministrazione potrà
legittimamente imporre l’integrazione della parte
residua del contributo di costruzione.
21. Questo vale anche quando il differimento del
termine finale del titolo edilizio sia una facoltà
concessa direttamente dal legislatore in deroga alla
disciplina ordinaria, come è avvenuto nel caso in
esame (il 10.12.2013 la ricorrente ha comunicato al
Comune il posticipo di due anni della conclusione
dei lavori, ossia al 14.04.2016, avvalendosi della
previsione di cui all’art. 30, comma 3, del DL
21.06.2013 n. 69) (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 31.08.2015 n. 1133 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sulla sanzione per ritardato versamento del
contributo di costruzione rateizzato.
Ritiene il Collegio di aderire alla
giurisprudenza prevalente, formatasi in tema
di sanzioni per ritardato pagamento di
singole quote del contributo per il rilascio
della concessione edilizia.
Tale giurisprudenza, proprio in relazione
alla invocata scorrettezza della p.a. nel
non avere esercitato la facoltà di
attivazione della garanzia alla scadenza
della prima rata, o per avere omesso di
escutere l’istituto bancario fideiussore, ha
più volte ribadito che in assenza di
inadempimenti imputabili all’Amministrazione
idonei a configurare a suo carico una
responsabilità “da contatto” oppure di
natura precontrattuale, non può farsi
riferimento all’art. 1227 c.c. essendo tale
disposizione riferibile solo alle
obbligazioni di carattere risarcitorio e non
a quelle (anche di contenuto pecuniario) di
natura sanzionatoria, come nel caso in
esame.
Pur in presenza di un contratto di garanzia
cosiddetta autonoma, con il quale il garante
si obbliga ad eseguire la prestazione
oggetto della garanzia “a semplice
richiesta” del creditore garantito, senza
opporre eccezioni attinenti alla validità,
all’efficacia ed alla vicenda del rapporto
principale, anche in questa ipotesi il
meccanismo dell’adempimento del garante “a
prima richiesta” scatta a seguito
dell’inadempimento dell’obbligazione
principale, ancorché resti vietato al
garante di chiedere la preventiva escussione
del debitore principale.
D’altronde, neppure con riguardo al regime
ordinario delle obbligazioni tra privati
sarebbe pertinente il richiamo all’art. 1227
cod. civ.. Infatti, l’onere di diligenza che
questa norma fa gravare sul creditore non si
estende alla sollecitudine nell’agire a
tutela del proprio credito onde evitare
maggiori danni, i quali viceversa sono da
imputare esclusivamente alla condotta del
debitore, tenuto al tempestivo adempimento
della sua obbligazione.
Inoltre, non è dato ravvisare nel sistema di
cui agli artt. 1936 ss. cod. civ. alcun
principio di preventiva doverosa escussione
del fideiussore alla scadenza del termine
fissato per l’adempimento dell’obbligazione
garantita, che peraltro colliderebbe con le
finalità dell’istituto, inteso a rafforzare
la garanzia del credito in funzione di un
interesse proprio e specifico del creditore.
In materia di obbligazioni “portable”, quali
quelle pecuniarie, e con termine di
adempimento che esonera dalla costituzione
in mora del debitore, il creditore è
soltanto facultato ad attivare la solidale
responsabilità del fideiussore, senza che
possa invece ritenersi tenuto ad escutere il
coobbligato piuttosto che attendere il
pagamento, ancorché tardivo, salva
l’esistenza di apposita clausola in tal
senso (che dovrebbe essere accettata
dall’Amministrazione), nella specie non
prevista. L’impostazione seguita dalla
ricorrente, del resto, porterebbe, in caso
di prestazione di garanzia, ad una
generalizzata inapplicabilità dell’art. 42,
comma 4, del d.P.R. n. 380/2001.
... per l’annullamento del provvedimento in
data 31.12.2010 prot. n. 26140, con il quale
il Responsabile della 5^ Area -Edilizia
Privata- Urbanistica del Comune di Uboldo ha
richiesto ad Immobiliare ... Srl il
pagamento dell’importo di € 48.923,78 a
titolo di sanzione ex art. 42, comma 2,
lett. c), DPR 380/2001.
...
I. Con ricorso depositato il 24.03.2011, la
Immobiliare ... S.r.l. ha dedotto:
- di aver presentato, in data 29.12.2003, al
Comune di Uboldo domanda di rilascio di
permesso di costruite per la costruzione di
un nuovo complesso residenziale, con
richiesta di rateizzazione del contributo
per il rilascio del permesso di costruire;
- che, con comunicazione in data 07.03.2005,
il Comune di Uboldo aveva accordato la
richiesta rateizzazione (con le seguenti
modalità: € 13.160,87 da versare entro 30
giorni; € 17.547,83 da versare al tetto; €
13.160,87 da versare al termine dei lavori);
- che, in data 23.03.2005, aveva versato gli
importi relativi alla prima rata e
presentato polizza fideiussoria a garanzia
degli obblighi ed oneri di cui alle
concessioni edilizie;
- che il Comune di Uboldo, quindi, aveva
rilasciato il permesso di costruire per la
demolizione e nuova costruzione di complesso
residenziale commerciale;
- che, solo in data 25.2.2010, aveva
provveduto al versamento degli importi
relativi alla seconda e terza rata dei
contributi;
- che, quindi, con provvedimento in data
31.12.2010, il Comune di Uboldo aveva
applicato la sanzione ex art. 42 DPR
380/2001 in misura pari al 40%, per un
importo pari a € 48.923,78.
Tanto premesso, la ricorrente argomenta
diffusamente i motivi per cui il
provvedimento sanzionatorio sarebbe
illegittimo, ragion per cui dovrebbe essere
annullato.
I.1. Si è costituita in giudizio
l’amministrazione intimata chiedendo il
rigetto del ricorso.
I.2. Sul contraddittorio così istauratosi,
la causa è stata discussa e decisa con
sentenza definitiva all’odierna udienza. Di
seguito le motivazioni.
II. E’ incontestato tra le parti che il
pagamento della seconda e terza rata dei
contributi è intervenuto in un momento
successivo alle scadenze indicate
dall’amministrazione comunale e quando erano
oramai decorsi i termini di cui all’art. 42,
comma 2, DPR 380/2001. La sanzione prevista
da tale norma, tuttavia, a parere della
ricorrente, non sarebbe applicabile per i
motivi che seguono.
II.1. In particolare, considerato che il
pagamento del debito alle scadenze pattuite
era garantito da apposita polizza
fideiussoria, a prima richiesta, rilasciata
da primaria compagnia di assicurazione, il
comportamento dell’amministrazione che, pur
potendo facilmente ottenere il pagamento di
quanto dovutogli con una semplice richiesta
inviata al fideiussore, non si è attivata
nell’immediatezza per poi applicare, a
notevole distanza di tempo, la sanzione per
il ritardato pagamento, finirebbe con il
violare il dovere di correttezza di cui
all’art. 1175 c.c..
II.2. In subordine, continua la ricorrente,
il Comune di Uboldo non avrebbe potuto
comunque applicare la sanzione nella misura
massima del 40% (art. 42, comma 2, lett. c,
DPR 380/2001), in quanto (così pare di
capire) l’avvenuto rilascio della
fideiussione produrrebbe effetti “riduttivi”
dell’entità della sanzione. Nella specie,
pur essendo nell’ipotesi in cui il ritardo
del pagamento superiore a 240 giorni, la
sanzione applicabile sarebbe quella di cui
alla lett. a) dell’art. 42 DPR 380/2001.
III. Il ricorso non può essere accolto.
III.1. Occorre premettere, in punto di
fatto, che la ricorrente, dopo aver pagato
la prima rata del contributo (comunicando al
Comune l’inizio dei lavori assentiti per il
16.05.2005), non ha segnalato al Comune la
realizzazione del tetto della costruzione
assentita (occorrenza che individuava il
termine di esigibilità della seconda rata).
Successivamente, pur essendo l’ultimazione
delle opere avvenuta in data 04.03.2008 (con
comunicazione al Comune in data 08.04.2008),
la società ha provveduto al pagamento della
II e III rata, solo in data 25.02.2010.
III.2. Ciò premesso, ritiene il Collegio di
aderire alla giurisprudenza prevalente,
formatasi in tema di sanzioni per ritardato
pagamento di singole quote del contributo
per il rilascio della concessione edilizia (cfr.
ex multiis Consiglio di Stato, sez. VI,
27/11/2014 5884; sez. V, 09/12/2013 5880;
sez. V, 28.09.2011, n. 5394, sez. IV,
01.04.2011, n. 2037 e 13.03.2008, n. 1084;
sez. V, 16.07.2007, n. 4025, 11.11.2005, n.
6345 e 24.03.2005, n. 1250).
Tale giurisprudenza, proprio in relazione
alla invocata scorrettezza della p.a. nel
non avere esercitato la facoltà di
attivazione della garanzia alla scadenza
della prima rata, o per avere omesso di
escutere l’istituto bancario fideiussore, ha
più volte ribadito che in assenza di
inadempimenti imputabili all’Amministrazione
idonei a configurare a suo carico una
responsabilità “da contatto” oppure
di natura precontrattuale, non può farsi
riferimento all’art. 1227 c.c. essendo tale
disposizione riferibile solo alle
obbligazioni di carattere risarcitorio e non
a quelle (anche di contenuto pecuniario) di
natura sanzionatoria, come nel caso in
esame.
Pur in presenza di un contratto di garanzia
cosiddetta autonoma, con il quale il garante
si obbliga ad eseguire la prestazione
oggetto della garanzia “a semplice
richiesta” del creditore garantito,
senza opporre eccezioni attinenti alla
validità, all’efficacia ed alla vicenda del
rapporto principale, anche in questa ipotesi
il meccanismo dell’adempimento del garante “a
prima richiesta” scatta a seguito
dell’inadempimento dell’obbligazione
principale, ancorché resti vietato al
garante di chiedere la preventiva escussione
del debitore principale (Cass. 18.11.1992 n.
12341, 03.11.1993 n. 10850, 17.05.2001 n.
6757).
D’altronde, neppure con riguardo al regime
ordinario delle obbligazioni tra privati
sarebbe pertinente il richiamo all’art. 1227
cod. civ.. Infatti, l’onere di diligenza che
questa norma fa gravare sul creditore non si
estende alla sollecitudine nell’agire a
tutela del proprio credito onde evitare
maggiori danni, i quali viceversa sono da
imputare esclusivamente alla condotta del
debitore, tenuto al tempestivo adempimento
della sua obbligazione (v. Corte cost. n.
308 del 14.07.1999).
Inoltre, non è dato ravvisare nel sistema di
cui agli artt. 1936 ss. cod. civ. alcun
principio di preventiva doverosa escussione
del fideiussore alla scadenza del termine
fissato per l’adempimento dell’obbligazione
garantita, che peraltro colliderebbe con le
finalità dell’istituto, inteso a rafforzare
la garanzia del credito in funzione di un
interesse proprio e specifico del creditore.
In materia di obbligazioni “portable”,
quali quelle pecuniarie, e con termine di
adempimento che esonera dalla costituzione
in mora del debitore, il creditore è
soltanto facultato ad attivare la solidale
responsabilità del fideiussore, senza che
possa invece ritenersi tenuto ad escutere il
coobbligato piuttosto che attendere il
pagamento, ancorché tardivo, salva
l’esistenza di apposita clausola in tal
senso (che dovrebbe essere accettata
dall’Amministrazione), nella specie non
prevista. L’impostazione seguita dalla
ricorrente, del resto, porterebbe, in caso
di prestazione di garanzia, ad una
generalizzata inapplicabilità dell’art. 42,
comma 4, del d.P.R. n. 380/2001.
III.3. Occorre precisare che il Collegio,
nel dare continuità al riferito orientamento
giurisprudenziale, è comunque consapevole di
un indirizzo minoritario che ha talvolta
affermato che l’amministrazione ha il dovere
di non aggravare la posizione del debitore,
ai sensi dell’art. 1227 cod. civ.: cfr.
Cons. St., sez. I, parere n. 2366/2013; sez.
IV, sent. n. 1357/2011 e sez. V, nn.
505/2003 e 32/2003).
III.4. In definitiva, non può condividersi
l’asserzione fatta in sentenza relativa alla
censurabilità del comportamento del Comune
sotto il profilo della “ingiustificata
inerzia” (la quale tra, l’altro, non
sarebbe comunque predicabile con riferimento
alla II rata, non avendo la ricorrente
comunicato per tempo la realizzazione del “tetto”
della nuova costruzione assentita).
Gli argomenti sopra svolti escludono anche
che la previa prestazione di garanzia possa
avere effetto “riduttivi”, sotto il
profilo del quantum, della sanzione,
autorizzando comportamenti ulteriormente
dilatori dell’obbligato. E’ legittima,
dunque, anche la misura di cui all’art. 42,
comma 2, lett. c), DPR 380/2001 (TAR
Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 22.04.2015 n. 1005 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2014 |
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EDILIZIA PRIVATA: La
costituzione di un rapporto fideiussorio a
garanzia del pagamento del contributo, per
il rilascio del permesso di costruire, non
radica in capo all'amministrazione comunale
il dovere di esigere l'adempimento dal
fideiussore preventivamente all'applicazione
delle sanzioni pecuniarie ex art. 42, comma
2, d.P.R. 06.06.2001, n. 380.
---------------
Le sanzioni ex art. 42 dpr 380/2001 sono una
conseguenza legale ed automatica del ritardo
nell'adempimento, che esula dalla conoscenza
dell'interessato e opera senza che
l'amministrazione creditrice abbia l’onere
di preavviso né necessità di preventiva
messa in mora dell'obbligato.
In secondo luogo, occorre richiamare la
condivisibile giurisprudenza secondo cui la
costituzione di un rapporto fideiussorio a
garanzia del pagamento del contributo, per
il rilascio del permesso di costruire, non
radica in capo all'amministrazione comunale
il dovere di esigere l'adempimento dal
fideiussore preventivamente all'applicazione
delle sanzioni pecuniarie ex art. 42, comma
2, d.P.R. 06.06.2001, n. 380 (TAR
Campania–Napoli, Sez. VIII, 12.01.2012, n.
108; TAR Lombardia–Milano, Sez. II,
21.07.2009, n. 4405; sul previgente art. 3
l. 28.02.1985, n. 47, cfr. anche Cons.
Stato, Sez. IV, 17.02.2014).
Ciò posto, ai sensi dell’art. 42 d.P.R.
06.06.2001, n. 380, il mancato versamento,
nei termini stabiliti, del contributo di
costruzione comporta: a) l'aumento del
contributo in misura pari al 10 per cento
qualora il versamento del contributo sia
effettuato nei successivi centoventi giorni;
b) l'aumento del contributo in misura pari
al 20 per cento quando, superato il termine
di cui alla lettera a), il ritardo si
protrae non oltre i successivi sessanta
giorni; c) l'aumento del contributo in
misura pari al 40 per cento quando, superato
il termine di cui alla lettera b), il
ritardo si protrae non oltre i successivi
sessanta giorni.
Tali sanzioni sono una conseguenza legale ed
automatica del ritardo nell'adempimento, che
esula dalla conoscenza dell'interessato e
opera senza che l'amministrazione creditrice
abbia l’onere di preavviso né necessità di
preventiva messa in mora dell'obbligato (cfr.
Cons. Stato, Sez. V, 17.03.2014, n. 1326;
Cons. Stato, Sez. IV, 17.02.2014, n. 731).
La società ricorrente sostiene, però, che
nel caso di specie le sanzioni non sarebbero
applicabili, in considerazione dell’errore
commesso dal Comune di Cosenza nella
determinazione del contributo di
concessione. In sostanza, il suo
inadempimento all’obbligo di corrispondere
il contributo de quo sarebbe una legittima
reazione avverso l’illegittimità commessa
dall’amministrazione pubblica.
Va però ricordato che il vigente ordinamento
esclude che il privato possa far valere da
sé le proprie ragioni, salvi i casi
espressamente previsti dalla legge (ad
esempio, nell’ambito contrattualistico,
l’eccezione inadimplenti non est
adimplendum di cui all’art. 1460 c.c.; o
il diritto di ritenzione accordato al
possessore di buona fede dall’art. 1152 c.c.;
o, ancora, i poteri autoritativi
riconosciuti dall’art. 823 c.c. alle
amministrazioni pubbliche a tutela dei beni
demaniali).
Nel caso in esame, nessuna norma autorizza
l’autotutela del privato, mercé la
sospensione dei pagamenti delle rate del
contributo di costruzione, sicché tale
sospensione, messa in pratica dalla
ricorrente, configura condotta illecita,
tale da comportare l’applicazione delle
sanzioni di cui all’art. 42 d.P.R.
06.06.2014, n. 380, da computarsi –come ha
fatto il Comune di Cosenza- sulle somme
effettivamente dovute.
E’ vero, peraltro, che la G.M.P. S.r.l. si è
rivola a questo Tribunale Amministrativo
Regionale, per far accertare l’errore di
calcolo riscontrato. Ma ciò è avvenuto solo
in data 04.04.2014, dopo la notifica, da
parte del Comune di Cosenza, dell’ordinanza
ingiunzione, allorché erano decorsi più di
240 giorni dal termine per il pagamento di
tutte le rate ancora non corrisposte dalla
G.M.P.
Non può dunque ritenersi che l’inadempimento
da parte della società ricorrente, che già
prima della proposizione del ricorso
giurisdizionale aveva assunto le dimensioni
temporali cui l’art. 42 citato ancora
l’applicazione di sanzioni amministrative,
sia in qualche modo giustificato.
La G.M.P. S.r.l. ha poi sottolineato di aver
corrisposto, in data 30.01.2014, la somma di
€ 10.000,00, a titolo di acconto sulla
quarta rate della quota di contributo di
costruzione costituita dagli oneri di
urbanizzazione; ciò dovrebbe comportare che
la sanzione per il ritardato pagamento degli
stessi non debba essere computata
sull’intero ammontare della rata (€
20.236,08), ma solo sulla residua somma (€
10.236.08).
Tale osservazione, però, non coglie nel
segno, atteso che il pagamento è avvenuto
solo in data 30.01.2014, allorché era
scaduto da oltre 240 giorni il termine per
il pagamento della quarta rata della quota
del contributo di costruzione costituita
dagli oneri di urbanizzazione (TAR
Calabria-Catanzaro, Sez. II,
sentenza 04.12.2014 n. 2096 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
questione relativa a somme dovute a titolo
di oneri concessori involge questioni di
diritto soggettivo, rispetto alle quali
opera il termine ordinario (decennale) di
prescrizione che decorre non già dalla data
di presentazione della domanda ma da quella,
successiva, di rilascio del titolo.
---------------
Per quanto riguarda il regime della
prescrizione delle sanzioni per ritardato
pagamento degli oneri concessori, il
consolidato e persuasivo orientamento della
giurisprudenza amministrativa è concorde
nell’affermare che il termine di
prescrizione della sanzione irrogata per
ritardato pagamento del contributo dovuto
per gli oneri di urbanizzazione e per il
costo di costruzione, in mancanza di una
diversa disciplina legale, è di cinque anni
in applicazione della normativa dettata
dall’art. 28 della legge n. 689 del 1981, la
quale è estesa dall’art. 12 della stessa
legge a “tutte le violazioni per le quali è
prevista la sanzione amministrativa del
pagamento di una somma di denaro, anche
quando questa sanzione non è prevista in
sostituzione di una sanzione penale”.
Ed invero, il suddetto art. 28, che fissa in
cinque anni il termine di prescrizione del
diritto a riscuotere le somme dovute, in
virtù della disposta estensione prevista
dall’art. 12 della stessa legge, si applica
a tutte le sanzioni amministrative di tipo
afflittivo, tra le quali deve essere
ricompresa quella conseguente al ritardato
od omesso versamento dei contributi
afferenti la concessione edilizia (oggi,
permesso di costruire), atteso che
l’irrogazione della stessa, essendo volta a
sanzionare la non puntuale osservanza
dell’obbligo contributivo, presenta di certo
carattere afflittivo, e ciò la prefigura
svincolata da ogni forma di protezione
diretta dell’interesse di natura
urbanistica.
Sempre a norma del citato art. 28, il
“..diritto a riscuotere le somme dovute per
le violazioni indicate dalla presente legge
si prescrive nel termine di cinque anni dal
giorno in cui è stata commessa la
violazione…”.
---------------
Secondo il maggioritario orientamento,
l'esistenza di una garanzia fideiussoria non
comporta per l'Amministrazione comunale il
dovere di chiedere l'adempimento al
fideiussore prima di poter irrogare le
sanzioni per omesso o ritardato pagamento
dei contributi concessori; tale dovere non
può farsi discendere neanche dal richiamo
all'art. 1227 c.c., che è disposizione
riferibile alle sole obbligazioni di natura
risarcitoria, e non anche a quelle (anche di
contenuto pecuniario) di natura
sanzionatoria, come è quella in esame.
Peraltro, sussiste tuttora un diverso
orientamento, seguito dai TAR e da una parte
di questo Consiglio, secondo cui le
previsioni legislative di sanzioni per il
ritardato pagamento degli oneri concessori
si giustificano con la necessità, per l'ente
locale, di disporre tempestivamente delle
somme spettanti, atteso l'interesse pubblico
alla celere realizzazione e completamento
delle opere di urbanizzazione; la scelta del
Comune di non incamerare la fideiussione
tempestivamente si pone, pertanto, in
contrasto con l'esigenza di una celere
acquisizione della disponibilità delle somme
e determina nel contempo un ingiustificato
aggravamento della posizione del debitore.
Per questo secondo orientamento, tale scelta
del Comune finirebbe per ledere il principio
di correttezza e buona fede, tenuto conto
che al privato è stato imposto un onere
finanziario (costo della polizza) per una
finalità (certezza di tempi nella
disponibilità della somma) che l'Ente
pubblico, per scelta non aderente alla
funzione della disposizione normativa,
abbandona per perseguire, nella sostanza,
una finalità secondaria (ottenere una
consistente maggior somma) a danno del
privato, il quale presumibilmente non
adempie nei termini per temporanei problemi
di liquidità, tenuto conto che
l'obbligazione di pagamento non viene meno,
ma cambia soltanto il soggetto creditore (da
Comune ad assicurazione), con l'aggravio del
pagamento degli interessi convenuti in
polizza.
Pertanto, la sanzione scaturente dalla
applicazione dell'art. 3, l. n. 47 del 1985,
è regolata da tutte le disposizioni di
principio in materia di obbligazioni e in
particolare dal principio secondo il quale
il creditore ha il dovere di cooperare con
il debitore per il puntuale adempimento
dell'obbligazione.
---------------
E' evidente, da un lato, che la sanzione
costituisce conseguenza automatica del
ritardato pagamento.
Tuttavia, dall’altro, valorizzando il
principio di leale collaborazione tra
cittadino e Comune, che ha valenza
pubblicistica e rientra nell’ambito dei
principi di imparzialità di cui all’art. 97
Cost.,, è evidente che il Comune avrebbe
dovuto comunque attivarsi prontamente per
escutere il fideiussore, atteso che la
fideiussione conteneva anche un obbligo di
reintegrare la stessa, qualora essa fosse
stata utilizzata in tutto o in parte a
seguito di eventuali inadempienze e
sanzioni… e atteso che la stessa non
condizionava affatto il pagamento del debito
garantito alla previa escussione del
contraente.
Infatti, in relazione alla particolarità
della fattispecie, si ritiene contrario al
dovere di correttezza (che civilisticamente
è riconducibile nella fattispecie normativa
di cui all'art. 1175 c.c. e
pubblicisticamente rientra nell’ambito del
principio onnicomprensivo di imparzialità di
cui al citato art. 97 Cost.) il
comportamento dell'Amministrazione comunale
che si sia avvalsa del disposto dell'art. 3
l. n. 47/1985, pur in presenza di polizza
fideiussoria prodotta dal titolare all'atto
del rilascio della concessione edilizia e
agendo con notevole ritardo per ottenere il
pagamento della sanzione per l’intero (lett.
c) dell’art. 3 l. 47/1985 cit.).
Tanto più, come già detto, che le previsioni
legislative di sanzioni per il ritardato
pagamento degli oneri concessori si
giustificano con la necessità, per l'ente
locale, di disporre tempestivamente delle
somme spettanti, atteso l'interesse pubblico
alla celere realizzazione e completamento
delle opere di urbanizzazione.
Il ritardo con cui il Comune ha proceduto
alla richiesta di pagamento e l’assenza di
qualsivoglia tentativo di escussione della
fideiussione, comportano, all’evidenza, una
violazione del dovere di correttezza che
avrebbe dovuto improntare il comportamento
dell'Amministrazione comunale, in
considerazione del fatto che
l’Amministrazione non è un soggetto che
agisce per massimizzare il suo profitto (il
che potrebbe giustificare l’opzione di
applicare soltanto le sanzioni per
massimizzare gli introiti), ma è un soggetto
che agisce per realizzare nel modo migliore
possibile un interesse pubblico che le è
stato affidato dalla legge e che consiste,
appunto, nella celere realizzazione delle
opere di urbanizzazione (e, quindi, nella
pronta disponibilità delle somme ad esse
relative).
Pertanto, in presenza di una fideiussione,
come quella descritta, il rilevante ritardo
(come quello di specie) con cui il Comune
agisce per riscuotere le somme a titolo di
oneri di urbanizzazione dovuti, se non può
impedire del tutto l’applicazione delle
sanzioni, atteso il loro carattere
automatico, scaturente dal disposto di cui
all’art. 3 l. 47/1985 cit., impedisce
tuttavia l’applicazione delle sanzioni
massime (lett. b e c dell’anzidetto art. 3).
Conseguentemente, nel caso in esame, appare
compatibile con l’interesse pubblico
azionato, con il tenore della norma e con i
principi costituzionali di buona fede che
ispirano i rapporti tra cittadino e P.A. la
riscossione della sanzione soltanto nella
limitata misura di cui alla lett. a), mentre
le maggiori sanzioni sono da ritenersi
illegittime, poiché verosimilmente,
escutendo la fideiussione, il Comune avrebbe
ottenuto la somma e non avrebbe potuto
quindi applicare alcuna ulteriore sanzione.
... per l'accertamento della non fondatezza
della pretesa del Comune di Iglesias al
pagamento, da parte della società
ricorrente, di quanto richiesto a titolo di
sanzioni ed altro per il ritardato
versamento degli oneri concessori dalla
stessa dovuti per il rilascio in suo favore
delle concessioni edilizie n. 113 del
06.05.2003 e n. 93 del 28.07.2008;
...
Ancorché proposta per ultima e formulata in
termini meramente enunciativi, occorre
esaminare in via preliminare l’eccezione di
prescrizione sollevata dalla ricorrente sia
in relazione alle sanzioni applicate sia per
quanto riguarda i mancati pretesi pagamenti.
L’eccezione è infondata.
Come detto le ordinanze ingiuntive da cui è
scaturito il ricorso in esame conseguono al
rilascio in favore della società ricorrente
di due concessioni edilizie relative alla
realizzazione di fabbricati ad uso
residenziale.
La più risalente è la n. 113 del 06.05.2003.
Quanto alle somme richieste a titolo di
oneri non pagati è sufficiente rilevare che
la questione relativa a somme dovute a
titolo di oneri concessori involge questioni
di diritto soggettivo, rispetto alle quali
opera il termine ordinario di prescrizione
che decorre non già dalla data di
presentazione della domanda ma da quella,
successiva, di rilascio del titolo.
Rispetto al predetto termine decennale,
dunque, le ordinanze impugnate, entrambe
notificate il 12.12.2012 sono dunque
tempestive.
Per quanto riguarda il regime della
prescrizione delle sanzioni per ritardato
pagamento degli oneri concessori, il
consolidato e persuasivo orientamento della
giurisprudenza amministrativa (cfr., tra le
altre, TAR Sardegna, Sez. II, n. 258/2009;
idem n. 70/2008) è concorde nell’affermare
che il termine di prescrizione della
sanzione irrogata per ritardato pagamento
del contributo dovuto per gli oneri di
urbanizzazione e per il costo di
costruzione, in mancanza di una diversa
disciplina legale, è di cinque anni in
applicazione della normativa dettata
dall’art. 28 della legge n. 689 del 1981, la
quale è estesa dall’art. 12 della stessa
legge a “tutte le violazioni per le quali
è prevista la sanzione amministrativa del
pagamento di una somma di denaro, anche
quando questa sanzione non è prevista in
sostituzione di una sanzione penale”.
Ed invero, il suddetto art. 28, che fissa in
cinque anni il termine di prescrizione del
diritto a riscuotere le somme dovute, in
virtù della disposta estensione prevista
dall’art. 12 della stessa legge, si applica
a tutte le sanzioni amministrative di tipo
afflittivo, tra le quali deve essere
ricompresa quella conseguente al ritardato
od omesso versamento dei contributi
afferenti la concessione edilizia (oggi,
permesso di costruire), atteso che
l’irrogazione della stessa, essendo volta a
sanzionare la non puntuale osservanza
dell’obbligo contributivo, presenta di certo
carattere afflittivo, e ciò la prefigura
svincolata da ogni forma di protezione
diretta dell’interesse di natura
urbanistica.
Sempre a norma del citato art. 28, il “..diritto
a riscuotere le somme dovute per le
violazioni indicate dalla presente legge si
prescrive nel termine di cinque anni dal
giorno in cui è stata commessa la
violazione…”.
Orbene, mentre con riguardo alla concessione
n. 93/2008 è pacifico che la richiesta
comunale sia intervenuta prima del decorso
del termine di prescrizione quinquennale,
con riguardo alla concessione n. 113/2003 il
Collegio rileva che sono intervenute due
richieste di pagamento (la prima notificata
il 24.11.2007 e la seconda il 30.09.2009)
interruttive del decorso del termine di
prescrizione, che pertanto riprendendo a
decorrere dal 30.09.2009, non era ancora
maturato al 12.12.2012, data di notifica
dell’ordinanza oggi contestata.
Di qui la reiezione, sotto entrambi i
profili (oneri e sanzioni), dell’eccezione
di prescrizione.
Nel merito il Collegio, che ben conosce le
oscillazioni giurisprudenziali che hanno
caratterizzato la materia in esame, ritiene
condivisibili le argomentazioni di cui alla
recentissima sentenza del Consiglio di
Stato, Sez. V, n. 5734 del 21.11.2014 che,
per quanto qui rileva, è opportuno riportare
integralmente: “Rileva il Collegio che,
secondo il maggioritario orientamento
seguito da questo Consiglio, l'esistenza di
una garanzia fideiussoria non comporta per
l'Amministrazione comunale il dovere di
chiedere l'adempimento al fideiussore prima
di poter irrogare le sanzioni per omesso o
ritardato pagamento dei contributi
concessori; tale dovere non può farsi
discendere neanche dal richiamo all'art.
1227 c.c., che è disposizione riferibile
alle sole obbligazioni di natura
risarcitoria, e non anche a quelle (anche di
contenuto pecuniario) di natura
sanzionatoria, come è quella in esame (cfr.
Consiglio di Stato, sez. IV, 19.11.2012, n.
5818; Consiglio di Stato, sez. IV,
30.07.2012, n. 4320; Consiglio di Stato,
sez. V, 24.03.2005, n. 1250; Consiglio di
Stato, sez. V, 11.11.2005, n. 6345;
Consiglio di Stato, sez. V, 16.07.2007, n.
4025).
Peraltro, il Collegio osserva che sussiste
tuttora un diverso orientamento, seguito dai
TAR e da una parte di questo Consiglio,
secondo cui le previsioni legislative di
sanzioni per il ritardato pagamento degli
oneri concessori si giustificano con la
necessità, per l'ente locale, di disporre
tempestivamente delle somme spettanti,
atteso l'interesse pubblico alla celere
realizzazione e completamento delle opere di
urbanizzazione; la scelta del Comune di non
incamerare la fideiussione tempestivamente
si pone, pertanto, in contrasto con
l'esigenza di una celere acquisizione della
disponibilità delle somme e determina nel
contempo un ingiustificato aggravamento
della posizione del debitore.
Per questo secondo orientamento, tale scelta
del Comune finirebbe per ledere il principio
di correttezza e buona fede, tenuto conto
che al privato è stato imposto un onere
finanziario (costo della polizza) per una
finalità (certezza di tempi nella
disponibilità della somma) che l'Ente
pubblico, per scelta non aderente alla
funzione della disposizione normativa,
abbandona per perseguire, nella sostanza,
una finalità secondaria (ottenere una
consistente maggior somma) a danno del
privato, il quale presumibilmente non
adempie nei termini per temporanei problemi
di liquidità, tenuto conto che
l'obbligazione di pagamento non viene meno,
ma cambia soltanto il soggetto creditore (da
Comune ad assicurazione), con l'aggravio del
pagamento degli interessi convenuti in
polizza (cfr. Consiglio di Stato, sez. V,
10.01.2003, n. 32).
Pertanto, la sanzione scaturente dalla
applicazione dell'art. 3, l. n. 47 del 1985,
è regolata da tutte le disposizioni di
principio in materia di obbligazioni e in
particolare dal principio secondo il quale
il creditore ha il dovere di cooperare con
il debitore per il puntuale adempimento
dell'obbligazione (cfr., cit. Consiglio di
Stato, sez. V, 10.01.2003, n. 32 e Consiglio
di Stato, sez. I, 17.05.2013, n. 11663)…”.
Atteso il ritardo maturato dalla società
ricorrente nel pagamento degli oneri
concessori come puntualmente enunciato nei
provvedimenti sopra menzionati, deve dunque
applicarsi la sanzione di cui l’art. 19
della legge regionale n. 23/1985, rubricato
“Ritardato o omesso versamento del
contributo” recita testualmente (per quanto
qui interessa): “1. Il mancato
versamento, nei termini di legge, del
contributo di concessione di cui agli artt.
3, 5, 6 e 10 della L. 28.01.1977, n. 10,
comporta:
a) l'aumento del contributo in misura pari
al 20%, qualora il versamento sia effettuato
nei successivi 120 giorni;
b) l'aumento del contributo in misura pari
al 50%, qualora il versamento sia effettuato
nei 60 giorni successivi al termine di cui
alla lett. a);
c) l'aumento del contributo in misura pari
al 100%, qualora il versamento sia
effettuato nei 60 giorni successivi al
termine di cui alla lett. b) …”.
Prosegue il giudice d’appello nella
menzionata sentenza n. n. 5734 del
21.11.2014: “…è evidente, da un lato, che
la sanzione …costituisce conseguenza
automatica del ritardato pagamento.
Tuttavia, dall’altro, e in specifico nel
caso in esame, valorizzando il principio di
leale collaborazione tra cittadino e Comune,
che ha valenza pubblicistica e rientra
nell’ambito dei principi di imparzialità di
cui all’art. 97 Cost.,, è evidente che il
Comune avrebbe dovuto comunque attivarsi
prontamente per escutere il fideiussore,
atteso che la fideiussione conteneva anche
un obbligo di reintegrare la stessa, qualora
essa fosse stata utilizzata in tutto o in
parte a seguito di eventuali inadempienze e
sanzioni… e atteso che la stessa non
condizionava affatto il pagamento del debito
garantito alla previa escussione del
contraente.
Infatti, in relazione alla particolarità
della fattispecie, si ritiene contrario al
dovere di correttezza (che civilisticamente
è riconducibile nella fattispecie normativa
di cui all'art. 1175 c.c. e
pubblicisticamente rientra nell’ambito del
principio onnicomprensivo di imparzialità di
cui al citato art. 97 Cost.) il
comportamento dell'Amministrazione comunale
che si sia avvalsa del disposto dell'art. 3
l. n. 47/1985, pur in presenza di polizza
fideiussoria prodotta dal titolare all'atto
del rilascio della concessione edilizia e
agendo con notevole ritardo per ottenere il
pagamento della sanzione per l’intero (lett.
c) dell’art. 3 l. 47/1985 cit.).
Tanto più, come già detto, che le previsioni
legislative di sanzioni per il ritardato
pagamento degli oneri concessori si
giustificano con la necessità, per l'ente
locale, di disporre tempestivamente delle
somme spettanti, atteso l'interesse pubblico
alla celere realizzazione e completamento
delle opere di urbanizzazione.
Il ritardo con cui il Comune ha proceduto
alla richiesta di pagamento e l’assenza di
qualsivoglia tentativo di escussione della
fideiussione, comportano, all’evidenza, una
violazione del dovere di correttezza che
avrebbe dovuto improntare il comportamento
dell'Amministrazione comunale, in
considerazione del fatto che
l’Amministrazione non è un soggetto che
agisce per massimizzare il suo profitto (il
che potrebbe giustificare l’opzione di
applicare soltanto le sanzioni per
massimizzare gli introiti), ma è un soggetto
che agisce per realizzare nel modo migliore
possibile un interesse pubblico che le è
stato affidato dalla legge e che consiste,
appunto, nella celere realizzazione delle
opere di urbanizzazione (e, quindi, nella
pronta disponibilità delle somme ad esse
relative).
Pertanto, in presenza di una fideiussione,
come quella descritta, il rilevante ritardo
(come quello di specie) con cui il Comune
agisce per riscuotere le somme a titolo di
oneri di urbanizzazione dovuti, se non può
impedire del tutto l’applicazione delle
sanzioni, atteso il loro carattere
automatico, scaturente dal disposto di cui
all’art. 3 l. 47/1985 cit., impedisce
tuttavia l’applicazione delle sanzioni
massime (lett. b e c dell’anzidetto art. 3).
Conseguentemente, nel caso in esame, appare
compatibile con l’interesse pubblico
azionato, con il tenore della norma e con i
principi costituzionali di buona fede che
ispirano i rapporti tra cittadino e P.A. la
riscossione della sanzione soltanto nella
limitata misura di cui alla lett. a), mentre
le maggiori sanzioni sono da ritenersi
illegittime, poiché verosimilmente,
escutendo la fideiussione, il Comune avrebbe
ottenuto la somma e non avrebbe potuto
quindi applicare alcuna ulteriore
sanzione...” (TAR Sardegna, Sez. II,
sentenza 11.12.2014 n. 1074 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Secondo il
maggioritario orientamento seguito da
questo Consiglio, l'esistenza di una
garanzia fideiussoria non comporta per
l'Amministrazione comunale il dovere di
chiedere l'adempimento al fideiussore prima
di poter irrogare le sanzioni per omesso o
ritardato pagamento dei contributi
concessori; tale dovere non può farsi
discendere neanche dal richiamo all'art.
1227 c.c., che è disposizione riferibile
alle sole obbligazioni di natura
risarcitoria, e non anche a quelle (anche di
contenuto pecuniario) di natura
sanzionatoria, come è quella in esame.
Peraltro, il Collegio osserva che sussiste
tuttora un
diverso orientamento, seguito dai TAR e da una parte
di questo Consiglio, secondo cui le
previsioni legislative di sanzioni per il
ritardato pagamento degli oneri concessori
si giustificano con la necessità, per l'ente
locale, di disporre tempestivamente delle
somme spettanti, atteso l'interesse pubblico
alla celere realizzazione e completamento
delle opere di urbanizzazione; la scelta del
Comune di non incamerare la fideiussione
tempestivamente si pone, pertanto, in
contrasto con l'esigenza di una celere
acquisizione della disponibilità delle somme
e determina nel contempo un ingiustificato
aggravamento della posizione del debitore.
Per questo secondo orientamento, tale
scelta del Comune finirebbe per ledere il
principio di correttezza e buona fede,
tenuto conto che al privato è stato imposto
un onere finanziario (costo della polizza)
per una finalità (certezza di tempi nella
disponibilità della somma) che l'Ente
pubblico, per scelta non aderente alla
funzione della disposizione normativa,
abbandona per perseguire, nella sostanza,
una finalità secondaria (ottenere una
consistente maggior somma) a danno del
privato, il quale presumibilmente non
adempie nei termini per temporanei problemi
di liquidità, tenuto conto che
l'obbligazione di pagamento non viene meno,
ma cambia soltanto il soggetto creditore (da
Comune ad assicurazione), con l'aggravio del
pagamento degli interessi convenuti in
polizza.
Pertanto, la sanzione scaturente dalla
applicazione dell'art. 3, l. n. 47 del 1985,
è regolata da tutte le disposizioni di
principio in materia di obbligazioni e in
particolare dal principio secondo il quale
il creditore ha il dovere di cooperare con
il debitore per il puntuale adempimento
dell'obbligazione.
Rileva il Collegio che, secondo il
maggioritario orientamento seguito da
questo Consiglio, l'esistenza di una
garanzia fideiussoria non comporta per
l'Amministrazione comunale il dovere di
chiedere l'adempimento al fideiussore prima
di poter irrogare le sanzioni per omesso o
ritardato pagamento dei contributi
concessori; tale dovere non può farsi
discendere neanche dal richiamo all'art.
1227 c.c., che è disposizione riferibile
alle sole obbligazioni di natura
risarcitoria, e non anche a quelle (anche di
contenuto pecuniario) di natura
sanzionatoria, come è quella in esame (cfr.
Consiglio di Stato, sez. IV, 19.11.2012, n.
5818; Consiglio di Stato, sez. IV,
30.07.2012, n. 4320; Consiglio di Stato,
sez. V, 24.03.2005, n. 1250; Consiglio di
Stato, sez. V, 11.11.2005, n. 6345;
Consiglio di Stato, sez. V, 16.07.2007, n.
4025).
Peraltro, il Collegio osserva che sussiste
tuttora un
diverso orientamento, seguito dai TAR e da una parte
di questo Consiglio, secondo cui le
previsioni legislative di sanzioni per il
ritardato pagamento degli oneri concessori
si giustificano con la necessità, per l'ente
locale, di disporre tempestivamente delle
somme spettanti, atteso l'interesse pubblico
alla celere realizzazione e completamento
delle opere di urbanizzazione; la scelta del
Comune di non incamerare la fideiussione
tempestivamente si pone, pertanto, in
contrasto con l'esigenza di una celere
acquisizione della disponibilità delle somme
e determina nel contempo un ingiustificato
aggravamento della posizione del debitore.
Per questo secondo orientamento, tale
scelta del Comune finirebbe per ledere il
principio di correttezza e buona fede,
tenuto conto che al privato è stato imposto
un onere finanziario (costo della polizza)
per una finalità (certezza di tempi nella
disponibilità della somma) che l'Ente
pubblico, per scelta non aderente alla
funzione della disposizione normativa,
abbandona per perseguire, nella sostanza,
una finalità secondaria (ottenere una
consistente maggior somma) a danno del
privato, il quale presumibilmente non
adempie nei termini per temporanei problemi
di liquidità, tenuto conto che
l'obbligazione di pagamento non viene meno,
ma cambia soltanto il soggetto creditore (da
Comune ad assicurazione), con l'aggravio del
pagamento degli interessi convenuti in
polizza (cfr. Consiglio di Stato, sez. V,
10.01.2003, n. 32).
Pertanto, la sanzione scaturente dalla
applicazione dell'art. 3, l. n. 47 del 1985,
è regolata da tutte le disposizioni di
principio in materia di obbligazioni e in
particolare dal principio secondo il quale
il creditore ha il dovere di cooperare con
il debitore per il puntuale adempimento
dell'obbligazione (cfr., cit. Consiglio di
Stato, sez. V, 10.01.2003, n. 32 e Consiglio
di Stato, sez. I, 17.05.2013, n. 11663).
Nel caso di specie, alla data
dell’emanazione del provvedimento impugnato
del Comune di Collegno (26.04.1993), la
quarta rata risultava scaduta da oltre 420
giorni; con detto provvedimento del
26.04.1993, dunque ad oltre un anno dalla
scadenza della quarta rata, il Comune di
Collegno ha intimato alla concessionaria il
pagamento della somma complessiva di L.
496.620.000 a titolo di penale per il
ritardo nel versamento della seconda, terza
e quarta rata; peraltro, la seconda e terza
rata sono state versate in data 14.02.1992,
con un ritardo di circa un anno rispetto
alle scadenze predeterminate.
Alla scadenza dei singoli termini previsti
per il versamento dei ratei dovuti (seconda
e terza rata pagati in ritardo), non era
seguita alcuna iniziativa da parte del
Comune appellante né nei confronti della
Reale Mutua Assicurazioni, che aveva
rilasciato la polizza fideiussoria n. 1013,
in favore dell’odierno appellato, in data
12.07.1988, né nei confronti dell’odierna
appellata.
Rileva il Collegio, che nel caso di specie
si deve applicare la sanzione di cui
all’art. 3 della l. 28.02.1985, n. 47, la
quale prevede che “Il mancato versamento,
nei termini di legge (…) comporta: a)
l'aumento del contributo in misura pari al
20 per cento qualora il versamento del
contributo sia effettuato nei successivi
centoventi giorni; b) l'aumento del
contributo in misura pari al 50 per cento
quando, superato il termine di cui alla
lettera a), il ritardo si protrae non oltre
i successivi sessanta giorni; c) l'aumento
del contributo in misura pari al 100 per
cento quando, superato il termine di cui
alla lettera b), il ritardo si protrae non
oltre i successivi sessanta giorni”.
Pertanto, è evidente, da un lato, che la
sanzione di cui all’art. 3 della l.
28.02.1985, n. 47 costituisce conseguenza
automatica del ritardato pagamento.
Tuttavia, dall’altro, e in specifico nel
caso in esame, valorizzando il principio di
leale collaborazione tra cittadino e Comune,
che ha valenza pubblicistica e rientra
nell’ambito dei principi di imparzialità di
cui all’art. 97 Cost., è evidente che il
Comune avrebbe dovuto comunque attivarsi
prontamente per escutere il fideiussore,
atteso che la fideiussione conteneva anche
un obbligo di reintegrare la stessa, qualora
essa fosse stata utilizzata in tutto o in
parte a seguito di eventuali inadempienze e
sanzioni (art. 5 della polizza) e atteso che
la stessa non condizionava affatto il
pagamento del debito garantito alla previa
escussione del contraente.
Infatti, in relazione alla particolarità
della fattispecie, si ritiene contrario al
dovere di correttezza (che civilisticamente
è riconducibile nella fattispecie normativa
di cui all'art. 1175 c.c. e
pubblicisticamente rientra nell’ambito del
principio onnicomprensivo di imparzialità di
cui al citato art. 97 Cost.) il
comportamento dell'Amministrazione comunale
che si sia avvalsa del disposto dell'art. 3
l. n. 47/191985, pur in presenza di polizza
fideiussoria prodotta dal titolare all'atto
del rilascio della concessione edilizia e
agendo con notevole ritardo per ottenere il
pagamento della sanzione per l’intero (lett.
c) dell’art. 3 l. 47/1985 cit.).
Tanto più, come già detto, che le previsioni
legislative di sanzioni per il ritardato
pagamento degli oneri concessori si
giustificano con la necessità, per l'ente
locale, di disporre tempestivamente delle
somme spettanti, atteso l'interesse pubblico
alla celere realizzazione e completamento
delle opere di urbanizzazione.
Il ritardo con cui il Comune ha proceduto
alla richiesta di pagamento e l’assenza di
qualsivoglia tentativo di escussione della
fideiussione, comportano, all’evidenza, una
violazione del dovere di correttezza che
avrebbe dovuto improntare il comportamento
dell'Amministrazione comunale, in
considerazione del fatto che
l’Amministrazione non è un soggetto che
agisce per massimizzare il suo profitto (il
che potrebbe giustificare l’opzione di
applicare soltanto le sanzioni per
massimizzare gli introiti), ma è un soggetto
che agisce per realizzare nel modo migliore
possibile un interesse pubblico che le è
stato affidato dalla legge e che consiste,
appunto, nella celere realizzazione delle
opere di urbanizzazione (e, quindi, nella
pronta disponibilità delle somme ad esse
relative).
Pertanto, in presenza di una fideiussione,
come quella descritta, il rilevante ritardo
(come quello di specie) con cui il Comune
agisce per riscuotere le somme a titolo di
oneri di urbanizzazione dovuti, se non può
impedire del tutto l’applicazione delle
sanzioni, atteso il loro carattere
automatico, scaturente dal disposto di cui
all’art. 3 l. 47/1985 cit., impedisce
tuttavia l’applicazione delle sanzioni
massime (lett. b e c dell’anzidetto art. 3).
Conseguentemente, nel caso in esame, appare
compatibile con l’interesse pubblico
azionato, con il tenore della norma e con i
principi costituzionali di buona fede che
ispirano i rapporti tra cittadino e P.A. la
riscossione della sanzione soltanto nella
limitata misura di cui alla lett. a), mentre
le maggiori sanzioni sono da ritenersi
illegittime, poiché verosimilmente,
escutendo la fideiussione, il Comune avrebbe
ottenuto la somma e non avrebbe potuto
quindi applicare alcuna ulteriore sanzione.
Conclusivamente, alla luce delle predette
argomentazioni, l’appello può essere accolto
soltanto in parte, nei sensi sopra precisati
e, per l’effetto, in riforma della sentenza
impugnata deve ritenersi che la sanzione sia
escutibile soltanto nel minimo, indicato
dalla lett. a) dell’art. 3 l. 47/1985
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 21.11.2014 n. 5734 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Ritiene il Collegio di
condividere l’indirizzo maggioritario della
giurisprudenza secondo cui, per le sanzioni
per ritardato pagamento degli
oneri concessori, trova applicazione l'art. 28, L. n.
689/1981 che fissa in cinque anni il termine
di prescrizione del diritto a riscuotere le
somme di denaro dovute a tale titolo volte a
colpire l'inesatta osservanza di un obbligo
contributivo posto a carico del
concessionario e non correlate in via
immediata alla protezione di un interesse
urbanistico ambientale.
Non a caso la Corte dei Conti ha chiarito
che in ipotesi di ritardata riscossione dei
contributi in questione non è configurabile
un danno per mancata esazione di interessi e
rivalutazione monetaria sui contributi
stessi, proprio perché la conseguenza del
ritardo è sanzionata dalle specifiche
sanzioni amministrative pecuniarie di cui al
citato art. 3 l. 47/1985.
Ed invero, il suddetto art. 28, che fissa in
cinque anni il termine di prescrizione del
diritto a riscuotere le somme dovute, in
virtù della disposta estensione prevista
dall'art. 12 della stessa legge, si applica
a tutte le sanzioni amministrative di tipo
afflittivo, tra le quali deve essere
ricompresa anche quella conseguente al
ritardato od omesso versamento dei
contributi afferenti la concessione edilizia
(oggi, permesso di costruire), atteso che
l'irrogazione della stessa, essendo volta a
sanzionare la non puntuale osservanza
dell'obbligo contributivo, presenta di certo
carattere afflittivo, e ciò la prefigura
svincolata da ogni forma di protezione
diretta dell'interesse di natura
urbanistica.
Pertanto, a norma dell’art. 28 della legge
n. 689 cit. il "...diritto a riscuotere le
somme dovute per le violazioni indicate
dalla presente legge si prescrive nel
termine di cinque anni dal giorno in cui è
stata commessa la violazione".
L’eccezione è fondata
limitatamente all’intervenuta prescrizione
estintiva del credito relativo al pagamento
della sanzione amministrativa pari al 100%
della somma ingiunta per il ritardato
pagamento irrogata ai sensi dell’art. 42 del
d.p.r. n. 380/2001.
Con riferimento al termine di prescrizione
applicabile, non v’è dubbio che la misura
rivesta natura sanzionatoria tenuto conto
dell’afflittività della medesima nonché
della progressività percentuale stabilita
dalla legge in misura decisamente esuberante
rispetto al tasso degli interessi moratori,
e direttamente proporzionale al ritardo
accumulato dal debitore, fino al limite
massimo del 100% del contributo di
costruzione nella versione di cui all’art. 3
della legge n. 47/1985, ridotta al 40% nella
formulazione di cui all’art. 42 del d.p.r.
n. 380/2001.
Stante la natura sanzionatoria della misura
in questione ritiene il Collegio di
condividere l’indirizzo maggioritario della
giurisprudenza secondo cui, per le sanzioni
per ritardato pagamento degli oneri
concessori, trova applicazione l'art.
28, L. n. 689/1981 che fissa in cinque anni
il termine di prescrizione del diritto a
riscuotere le somme di denaro dovute a tale
titolo volte a colpire l'inesatta osservanza
di un obbligo contributivo posto a carico
del concessionario e non correlate in via
immediata alla protezione di un interesse
urbanistico ambientale. Non a caso la Corte
dei Conti ha chiarito che in ipotesi di
ritardata riscossione dei contributi in
questione non è configurabile un danno per
mancata esazione di interessi e
rivalutazione monetaria sui contributi
stessi, proprio perché la conseguenza del
ritardo è sanzionata dalle specifiche
sanzioni amministrative pecuniarie di cui al
citato art. 3 l. 47/1985 (Corte conti, Sez.
giur. Calabria, 14.05.1993, n. 20).
Ed invero, il suddetto art. 28, che fissa in
cinque anni il termine di prescrizione del
diritto a riscuotere le somme dovute, in
virtù della disposta estensione prevista
dall'art. 12 della stessa legge, si applica
a tutte le sanzioni amministrative di tipo
afflittivo, tra le quali deve essere
ricompresa anche quella conseguente al
ritardato od omesso versamento dei
contributi afferenti la concessione edilizia
(oggi, permesso di costruire), atteso che
l'irrogazione della stessa, essendo volta a
sanzionare la non puntuale osservanza
dell'obbligo contributivo, presenta di certo
carattere afflittivo, e ciò la prefigura
svincolata da ogni forma di protezione
diretta dell'interesse di natura urbanistica
(cfr. Tar Napoli sez. I n. 2394 del
25.03.2009; Tar Campania Salerno, II, n. 552
del 16.01.2014; Tar Campania Salerno
22.04.2005, n. 647; TAR Lombardia-Milano n.
7719 del 12.12.2000; TAR Abruzzo-L’Aquila n.
159 del 10.04.2000; TAR Puglia-Bari n. 680
del 24.06.1999; TAR Puglia-Bari n. 634 del
09.10.1996; TAR Puglia-Lecce n. 670 del
07.11.1991 Tar Calabria Catanzaro, sez. I,
14.04.2011, n. 522; Cass. Civ. sez. I
06.11.2006 n. 23633; Tar Lombardia-Milano,
Sez. II, sentenza 13.07.2012 n. 2002; TAR
Liguria, Sez. I, sentenza 01.02.2012 n. 237;
TAR Cagliari, sent. n. 70/2008; TAR
Catanzaro, sent. n. 1514/2001; TAR Catania,
sent. n. 701/2006).
Pertanto, a norma dell’art. 28 della legge
n. 689 cit. il "...diritto a riscuotere
le somme dovute per le violazioni indicate
dalla presente legge si prescrive nel
termine di cinque anni dal giorno in cui è
stata commessa la violazione" (cfr., in
proposito, C.d.S., VI, 15.11.2004, n. 7405;
C.d.S., IV, 04.02.2004, n. 395; e C.d.S., IV,
06.10.2003, n. 5875).
Sicché, la violazione in esame viene a
coincidere con l’inadempimento all’obbligo
di corrispondere il pagamento del contributo
di costruzione in argomento, che, secondo le
previsioni di cui all’art. 3 della legge n.
47/1985 applicata ratione temporis,
presuppone un ritardo superiore a 240 giorni
per il caso di sanzione applicata nella
misura del 100% dell’importo dovuto.
A sua volta l’art. 11, comma 2, della legge
n. 10/1977 (poi riprodotto dall’art. 16,
comma 3, del d.p.r. n. 380/2001) stabilisce
che la quota di contributo di cui al
precedente articolo 6, ossia quella relativa
al costo di costruzione, è determinata
all'atto del rilascio della concessione ed è
corrisposta in corso d'opera con le modalità
e le garanzie stabilite dal comune e,
comunque, non oltre sessanta giorni dalla
ultimazione delle opere.
Nella specie si è innanzi chiarito che
all’atto del rilascio della concessione
edilizia il Comune si è riservato di
quantificare in un momento successivo
l’ammontare del costo di costruzione e,
dagli atti risulta che, con la richiesta di
pagamento notificata alla società ricorrente
in data 11.02.1997 il Comune ha richiesto il
pagamento dell’importo del contributo
commisurato all’incidenza del costo di
costruzione dell’intervento, stabilendo che
l’importo doveva essere quantificato tenendo
conto delle tabelle di cui al d.m.
10.05.1977 e della delibera di Giunta
Municipale n. 475 del 23.11.1995, e che
l’importo poteva essere rateizzato in sei
rate semestrali pagando la prima rata entro
60 giorni dal ricevimento della intimazione
medesima
(TAR Campania-Napoli, Sez. VIII,
sentenza 16.04.2014 n. 2170 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: L'applicazione
della sanzione pecuniaria di cui all'art. 3,
comma 2, lett. a), L. n. 47/1985, nel caso
di ritardato pagamento degli oneri di
urbanizzazione, non deve essere preceduta
dalla comunicazione di avvio del relativo
procedimento, trattandosi dell'applicazione
ex lege di una sanzione pecuniaria connessa
al ritardato pagamento del contributo dovuto
per il rilascio di una concessione edilizia.
--------------
Ai fini dell’insorgenza dell’obbligo di
pagamento di una sanzione pecuniaria (e, più
in generale, di una somma di denaro della
quale si è debitori nei confronti della P.A.,
quali i contributi concessori dovuti), non è
necessaria la previa notificazione della
sentenza che conclude il giudizio in cui si
controverte della legittimità degli atti
relativi alla determinazione delle
obbligazioni del privato.
Infatti, in tale giudizio è l’atto
amministrativo, assistito da presunzione di
legittimità, ad essere oggetto di
impugnazione, con la conseguenza che il
giudizio che si conclude con la reiezione
del ricorso proposto avverso tale atto (la
cui efficacia è stata eventualmente sospesa
in corso di causa con l’adozione di misure
cautelari), costituisce presupposto per la
piena riespansione dell’efficacia dell’atto,
oltre che di esclusione (nei limiti dei
motivi di impugnazione proposti e rigettati)
di profili di illegittimità del medesimo.
In definitiva, l’obbligo di pagamento
previsto ex lege, consegue alla emanazione e
notificazione dell’atto di determinazione
del contributo (e la somma dovuta a titolo
di sanzione pecuniaria all’inutile decorso
del termine previsto per detto pagamento),
non già alla conclusione del giudizio di
impugnazione di detto atto. Ciò rende,
dunque, del tutto irrilevante la intervenuta
(o meno) conoscenza della sentenza (peraltro
passata in giudicato per decorso del termine
annuale, al momento di emanazione dell’atto
di irrogazione della sanzione), né tali
aspetti determinano un particolare obbligo
di invio di comunicazione di avvio del
procedimento sanzionatorio.
---------------
In materia di obbligazioni pecuniarie, il
creditore è soltanto facultato ad attivare
la solidale responsabilità del fideiussore,
senza che possa invece ritenersi tenuto ad
escutere il coobbligato piuttosto che
attendere il pagamento, ancorché tardivo
(salva l'esistenza di apposita clausola in
tal senso).
Ne consegue che legittimamente
l’amministrazione, nell'applicare la
sanzione prevista dall'art. 3, comma 2,
lett. a), L. n. 47/1985, per ritardato
pagamento degli oneri di urbanizzazione, non
ha proceduto, prima dell'applicazione delle
sanzioni, alla preventiva richiesta alla
banca garante, obbligatasi a pagare quanto
dovuto dietro semplice richiesta scritta.
... per la riforma della sentenza del TAR
LOMBARDIA-MILANO: SEZIONE II n. 1006/2005,
resa tra le parti, concernente sanzione
amministrativa per tardivo versamento oneri
concess. per opere edilizie
...
L’appello del Comune di Milano è fondato e
deve essere, pertanto, accolto, con
conseguente riforma della sentenza
impugnata.
Come riportato nella esposizione in fatto,
il primo giudice ha accolto il ricorso
proposto avverso l’atto di irrogazione di
sanzione amministrativa pecuniaria per un
triplice ordine di ragioni:
- in primo luogo, perché il Comune,
emettendo due atti nei confronti del
medesimo destinatario, avrebbe indotto
comunque quest’ultimo in errore, palesando
una evidente contraddittorietà dell’agire
amministrativo;
- in secondo luogo, perché il Comune
avrebbe dovuto rendere partecipe il privato
dell’avvio del procedimento di
determinazione ed irrogazione della sanzione
ex art. 3 l. n. 47/1985, e ciò a maggior
ragione perché ciò avveniva all’esito di un
annoso giudizio e il Comune non aveva
provveduto alla notifica della sentenza di
definizione del medesimo;
- in terzo luogo, perché il Comune
avrebbe dovuto attivarsi per tempo a
richiedere al garante il pagamento delle
somme dovute per effetto della garanzia
prestata con polizza fideiussoria.
Questo Consiglio di Stato, sia pure nei
limiti di delibazione propri della fase
cautelare, ha già avuto modo di esaminare,
in senso sostanzialmente negativo quanto
alla loro fondatezza, i motivi di ricorso
proposti in I grado, con ordinanza
29.07.2003 n. 3179.
L’art. 3 l. n. 47/1985 (successivamente
abrogato dall’art. 136 d.lgs. n. 376/2001),
prevede, con riguardo al “ritardato od
omesso versamento del contributo afferente
alla concessione”: “Le regioni
determinano le sanzioni per il ritardato o
mancato versamento del contributo di
concessione in misura non inferiore a quanto
previsto nel presente articolo e non
superiore al doppio.
Il mancato versamento, nei termini di legge,
del contributo di concessione di cui agli
articoli 3, 5, 6 e 10, L. 28.01.1977, n. 10,
comporta:
a) l'aumento del contributo in misura pari
al 20 per cento qualora il versamento del
contributo sia effettuato nei successivi
centoventi giorni;
b) l'aumento del contributo in misura pari
al 50 per cento quando, superato il termine
di cui alla lettera a), il ritardo si
protrae non oltre i successivi sessanta
giorni;
c) l'aumento del contributo in misura pari
al 100 per cento quando, superato il termine
di cui alla lettera b), il ritardo si
protrae non oltre i successivi sessanta
giorni.
Le misure di cui alle lettere precedenti non
si cumulano.
Nel caso di pagamento rateizzato le norme di
cui al secondo comma si applicano ai ritardi
nei pagamenti delle singole rate.
Decorso inutilmente il termine di cui alla
lettera c) del secondo comma il comune
provvede alla riscossione coattiva del
complessivo credito nei modi previsti
dall'art. 16 della presente legge.
Fino all'entrata in vigore delle leggi
regionali che determineranno la misura delle
sanzioni di cui al presente articolo, queste
saranno applicate nelle misure indicate nel
secondo comma”.
L’ipotesi di cui al secondo comma, lett. c)
è quella che ricorre, alla luce dell’atto
impugnato, nel caso di specie.
La giurisprudenza amministrativa, che questo
Collegio ritiene di condividere –peraltro
richiamata anche nella sentenza impugnata–
afferma che l'applicazione della sanzione
pecuniaria di cui all'art. 3, comma 2, lett.
a), L. n. 47/1985, nel caso di ritardato
pagamento degli oneri di urbanizzazione, non
deve essere preceduta dalla comunicazione di
avvio del relativo procedimento, trattandosi
dell'applicazione ex lege di una
sanzione pecuniaria connessa al ritardato
pagamento del contributo dovuto per il
rilascio di una concessione edilizia (Cons.
Stato, sez. V, 16.07.2007 n. 4025).
Nel caso di specie, non rileva, al fine di
giungere a conclusioni contrarie, né che la
applicazione della sanzione pecuniaria
intervenga all’esito di un annoso giudizio,
né che il Comune non abbia provveduto a
notificare la sentenza di definizione del
citato giudizio.
Ed infatti, per un verso –come osservato dal
Comune di Milano– “l’obbligo di pagamento
degli oneri concessori entro i termini di
legge era noto alla società ricorrente fin
dal 1993”, posto che proprio gli atti
con i quali era stato ingiunto il pagamento
avevano formato oggetto di impugnazione; per
altro verso, la società appellata era
costituita nel giudizio conclusosi con la
sentenza non notificata dal Comune di
Milano.
Per altro verso ancora, e conclusivamente,
occorre affermare che, ai fini
dell’insorgenza dell’obbligo di pagamento di
una sanzione pecuniaria (e, più in generale,
di una somma di denaro della quale si è
debitori nei confronti della P.A., quali i
contributi concessori dovuti), non è
necessaria la previa notificazione della
sentenza che conclude il giudizio in cui si
controverte della legittimità degli atti
relativi alla determinazione delle
obbligazioni del privato.
Infatti, in tale giudizio è l’atto
amministrativo, assistito da presunzione di
legittimità, ad essere oggetto di
impugnazione, con la conseguenza che il
giudizio che si conclude con la reiezione
del ricorso proposto avverso tale atto (la
cui efficacia è stata eventualmente sospesa
in corso di causa con l’adozione di misure
cautelari), costituisce presupposto per la
piena riespansione dell’efficacia dell’atto,
oltre che di esclusione (nei limiti dei
motivi di impugnazione proposti e rigettati)
di profili di illegittimità del medesimo.
In definitiva, l’obbligo di pagamento
previsto ex lege, consegue alla
emanazione e notificazione dell’atto di
determinazione del contributo (e la somma
dovuta a titolo di sanzione pecuniaria
all’inutile decorso del termine previsto per
detto pagamento), non già alla conclusione
del giudizio di impugnazione di detto atto.
Ciò rende, dunque, del tutto irrilevante la
intervenuta (o meno) conoscenza della
sentenza (peraltro passata in giudicato per
decorso del termine annuale, al momento di
emanazione dell’atto di irrogazione della
sanzione), né tali aspetti determinano un
particolare obbligo di invio di
comunicazione di avvio del procedimento
sanzionatorio.
Da quanto esposto, consegue l’accoglimento
del secondo motivo di appello (sub b)
dell’esposizione in fatto).
---------------
Altrettanto fondato è il terzo motivo di
appello (sub c) dell’esposizione in fatto),
con il quale si censura la statuizione
secondo la quale il Comune avrebbe dovuto
attivarsi per tempo a richiedere al garante
il pagamento delle somme dovute per effetto
della garanzia prestata con polizza
fideiussoria.
La giurisprudenza di questo Consiglio di
Stato –cui il Collegio ritiene di aderire–
ha già avuto modo di affermare che, in
materia di obbligazioni pecuniarie, il
creditore è soltanto facultato ad attivare
la solidale responsabilità del fideiussore,
senza che possa invece ritenersi tenuto ad
escutere il coobbligato piuttosto che
attendere il pagamento, ancorché tardivo
(salva l'esistenza di apposita clausola in
tal senso). Ne consegue che legittimamente
l’amministrazione, nell'applicare la
sanzione prevista dall'art. 3, comma 2,
lett. a), L. n. 47/1985, per ritardato
pagamento degli oneri di urbanizzazione, non
ha proceduto, prima dell'applicazione delle
sanzioni, alla preventiva richiesta alla
banca garante, obbligatasi a pagare quanto
dovuto dietro semplice richiesta scritta (Cons.
Stato, sez. V, 16.07.2007 n. 4025; sez. IV,
10.08.2007 n. 4419).
D’altra parte, nel caso di specie si tratta
di garanzia fideiussoria prestata in corso
di giudizio a seguito di provvedimento
cautelare del giudice, non già di
fideiussione prestata ante causam a
garanzia dell’adempimento della propria
obbligazione pecuniaria.
Per tutte le ragioni sin qui esposte
–escludendosi la necessità/opportunità di
disporre la richiesta rimessione della causa
all’Adunanza Plenaria– l’appello deve essere
accolto, con conseguente riforma della
sentenza impugnata e rigetto del ricorso
instaurativo del giudizio di I grado
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 17.02.2014 n. 731 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
In materia di contributi
derivanti dal rilascio di concessione
edilizia sussiste la giurisdizione esclusiva
del giudice amministrativo e tale
giurisdizione sussiste anche quando attiene
alla richiesta, mediante cartella
esattoriale, di pagamento del contributo per
gli oneri di urbanizzazione e conseguenti
sanzioni; sebbene, infatti, l'art. 16 della
l. 28.01.1977 n. 10 sia stato abrogato
dall'art. 136, comma 2, d.P.R. 06.06.2001,
n. 380, a decorrere dal 30.06.2003, ai sensi
dell'art. 3, d.l. 20.06.2002, n. 122, conv.,
con modificazioni, in l. 01.08.2002, n. 185,
le controversie in materia di oneri di
urbanizzazione devono ritenersi tuttora
attribuite alla giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo in materia di
urbanistica e di edilizia ai sensi dell'art.
34 d.lgs. n. 80 del 1998, non avendo tra
l'altro detti oneri natura tributaria, bensì
natura di corrispettivo di diritto pubblico
avente la funzione di partecipazione ai
costi delle opere di urbanizzazione.
Invero, atteso che le controversie che hanno
ad oggetto la legittimità o meno del
contributo relativo a concessione edilizia
vertono sull'esistenza o sulla misura di una
obbligazione direttamente stabilita dalla
legge, l'atto con cui l'Amministrazione
comunale provvede in merito alla
determinazione del contributo concessorio
non ha natura autoritativa e la posizione
del soggetto nei cui confronti è richiesto
il pagamento, è di diritto soggettivo e non
di interesse legittimo;ì.
Conseguentemente la giurisdizione del
giudice amministrativo in materia ha per
oggetto tutte le controversie inerenti all'an
e al quantum della pretesa contributiva del
comune, (mentre la competenza dell'a.g.o. è
limitata alle sole questioni inerenti all'esperibilità
del recupero in executivis del credito
contributivo); con l'ulteriore precisazione
che oggi, dopo l'entrata in vigore dell'art.
7 della L. 21.07.2000, n. 207, tale
giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo comprende anche i giudizi
avverso l'ordinanza-ingiunzione emessa dal
Comune ai sensi dell'art. 2 del r.d.
14.04.1910, n. 639.
---------------
L'Amministrazione non ha l'obbligo, a fronte
del ritardato pagamento degli oneri
concessori, di escutere la fideiussione,
evitando in tal modo di applicare la
sanzione.
Infatti la fideiussione che accompagna la
rateizzazione del pagamento degli oneri di
urbanizzazione non ha la finalità di
agevolare l'adempimento del soggetto
obbligato al pagamento, bensì costituisce
una garanzia personale prestata unicamente
nell'interesse dell'amministrazione, sulla
quale non incombe alcun obbligo di
preventiva escussione del fideiussore.
Invero, la garanzia sussidiaria serve a
scongiurare che il Comune possa
irrimediabilmente perdere una entrata di
diritto pubblico, ma non alleggerisce
affatto la posizione del soggetto tenuto al
pagamento, né attenua i doveri di diligenza
sullo stesso incombenti, né estingue di per
sé l'obbligazione principale.
L’eccezione è infondata.
Va chiarito che in materia di contributi
derivanti dal rilascio di concessione
edilizia sussiste la giurisdizione esclusiva
del giudice amministrativo e tale
giurisdizione sussiste anche quando attiene
alla richiesta, mediante cartella
esattoriale, di pagamento del contributo per
gli oneri di urbanizzazione e conseguenti
sanzioni; sebbene, infatti, l'art. 16 della
l. 28.01.1977 n. 10 sia stato abrogato
dall'art. 136, comma 2, d.P.R. 06.06.2001,
n. 380, a decorrere dal 30.06.2003, ai sensi
dell'art. 3, d.l. 20.06.2002, n. 122, conv.,
con modificazioni, in l. 01.08.2002, n. 185,
le controversie in materia di oneri di
urbanizzazione devono ritenersi tuttora
attribuite alla giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo in materia di
urbanistica e di edilizia ai sensi dell'art.
34 d.lgs. n. 80 del 1998, non avendo tra
l'altro detti oneri natura tributaria, bensì
natura di corrispettivo di diritto pubblico
avente la funzione di partecipazione ai
costi delle opere di urbanizzazione; invero,
atteso che le controversie che hanno ad
oggetto la legittimità o meno del contributo
relativo a concessione edilizia vertono
sull'esistenza o sulla misura di una
obbligazione direttamente stabilita dalla
legge, l'atto con cui l'Amministrazione
comunale provvede in merito alla
determinazione del contributo concessorio
non ha natura autoritativa e la posizione
del soggetto nei cui confronti è richiesto
il pagamento, è di diritto soggettivo e non
di interesse legittimo; conseguentemente la
giurisdizione del giudice amministrativo in
materia ha per oggetto tutte le controversie
inerenti all'an e al quantum
della pretesa contributiva del comune,
(mentre la competenza dell'a.g.o. è limitata
alle sole questioni inerenti all'esperibilità
del recupero in executivis del
credito contributivo); con l'ulteriore
precisazione che oggi, dopo l'entrata in
vigore dell'art. 7 della L. 21.07.2000, n.
207, tale giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo comprende anche i
giudizi avverso l'ordinanza-ingiunzione
emessa dal Comune ai sensi dell'art. 2 del
r.d. 14.04.1910, n. 639 (cfr., TAR Napoli
(Campania) sez. II, 18/11/2008, 19792).
Il presente giudizio ha, quindi, ad oggetto
anche diritti soggettivi e si traduce
nell’accertamento in concreto della
doverosità della corresponsione dei
contributi concessori e dell’esatta
quantificazione degli stessi.
Ne deriva che non ha alcuna incidenza su
tale aspetto l’omessa impugnazione del
decreto di ingiunzione di pagamento.
---------------
Il Collegio ritiene
che il ricorso sia infondato.
La L. 108/1996 non ha, infatti, abrogato
l’art. 3 L. 47/1985, ma si è limitata a
definire gli interessi abnormi risultanti da
liberi accordi o convenzioni tra privati,
non anche quelli definiti dalla legge, come
è avvenuto nel caso di specie. Nessuna
violazione della norma in parola emerge,
anche perché l’amministrazione si è
limitata, nella determinazione degli
interessi applicati in sede di
determinazione delle rate di pagamento, ad
applicare gli interessi al tasso legale in
vigore al momento del rilascio della
concessione edilizia.
Le somme dovute poi ai sensi dell’art. 3 L.
47/1985 non costituiscono, peraltro,
interessi, ma sono qualificati espressamente
come sanzioni, corrispondenti a percentuali
di aumento del contributo concessorio, in
relazione ai giorni di ritardo.
La società ricorrente ha, peraltro, dedotto
che l’amministrazione, in omaggio ai
principi di buona fede e correttezza,
avrebbe dovuto prima escutere la polizza
fideiussoria e poi emettere il provvedimento
sanzionatorio.
L’assunto è infondato, in quanto questo Tar
ha già chiarito che l'Amministrazione non ha
l'obbligo, a fronte del ritardato pagamento
degli oneri concessori, di escutere la
fideiussione, evitando in tal modo di
applicare la sanzione. Infatti la
fideiussione che accompagna la rateizzazione
del pagamento degli oneri di urbanizzazione
non ha la finalità di agevolare
l'adempimento del soggetto obbligato al
pagamento, bensì costituisce una garanzia
personale prestata unicamente nell'interesse
dell'amministrazione, sulla quale non
incombe alcun obbligo di preventiva
escussione del fideiussore; invero, la
garanzia sussidiaria serve a scongiurare che
il Comune possa irrimediabilmente perdere
una entrata di diritto pubblico, ma non
alleggerisce affatto la posizione del
soggetto tenuto al pagamento, né attenua i
doveri di diligenza sullo stesso incombenti,
né estingue di per sé l'obbligazione
principale (cfr., TAR Milano (Lombardia)
sez. II, 21/07/2009, n. 4405)
(TAR Lombardia-Milano, Sez. IV,
sentenza 06.02.2014 n. 389 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2013 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
In materia di sanzione per ritardato
versamento oo.uu. avendo scelto la formula
della rateizzazione.
In materia di
obbligazioni pecuniarie, il creditore è
soltanto facultato ad attivare la solidale
responsabilità del fideiussore, senza che
possa invece ritenersi tenuto ad escutere il
coobbligato piuttosto che attendere il
pagamento, ancorché tardivo (salva
l'esistenza di apposita clausola in tal
senso).
Si deve, quindi, ritenere che abbia agito
correttamente il Comune che, nell'applicare
ad una società, la sanzione prevista
dall'art. 3, comma 2, lett. a), L. n.
47/1985, per ritardato pagamento degli oneri
di urbanizzazione, non ha proceduto, prima
dell'applicazione delle sanzioni, alla
preventiva richiesta alla banca garante,
obbligatasi, con la società, a pagare quanto
dovuto dietro semplice richiesta scritta.
---------------
Nel caso di mancato pagamento delle rate di
contributi di concessione, non può
considerarsi rilevante la circostanza che il
Comune non si sia attivato per la
riscossione nei confronti del fideiussore
che ha concluso il contratto di garanzia a
prima richiesta.
Il contratto di garanzia a prima richiesta,
infatti, ha aggiunto una posizione debitoria
a quella dei debitori principali, i quali, a
seguito del loro inadempimento, sono
risultati tenuti a pagare senz'altro le
differenze dovute ai sensi dell'art. 3 L. n.
47/1985, senza che questo, però, comporti la
doverosità della contestazione della pretesa
preventivamente nei confronti del garante.
Non sussiste, infine, la violazione dei
principi di buona fede e di diligenza ex
artt. 1175, 1375, 1227 c.c., risultando
chiara l’erronea impostazione
dell’appellante che confonde l’obbligo
gravante sul garante che ha ad oggetto il
mancato adempimento dell’obbligo pecuniario
convenuto con il Comune, con il profilo
sanzionatorio e, più in generale, l’obbligo
di pagamento con la sanzione amministrativa
allo stesso collegata.
Si tratta di profili, invece, del tutto
distinti e già scandagliati dalla
giurisprudenza di questo Consiglio che ha
accertato come “in materia di
obbligazioni pecuniarie, il creditore è
soltanto facultato ad attivare la solidale
responsabilità del fideiussore, senza che
possa invece ritenersi tenuto ad escutere il
coobbligato piuttosto che attendere il
pagamento, ancorché tardivo (salva
l'esistenza di apposita clausola in tal
senso). Si deve, quindi, ritenere che abbia
agito correttamente il Comune che,
nell'applicare ad una società, la sanzione
prevista dall'art. 3, comma 2, lett. a), L.
n. 47/1985, per ritardato pagamento degli
oneri di urbanizzazione, non ha proceduto,
prima dell'applicazione delle sanzioni, alla
preventiva richiesta alla banca garante,
obbligatasi, con la società, a pagare quanto
dovuto dietro semplice richiesta scritta”
(Cons. St., Sez. V, 16.07.2007, n. 4025).
Nello stesso senso anche Cons. St., Sez. IV,
10.08.2007, n. 4419 secondo la quale: “Nel
caso di mancato pagamento delle rate di
contributi di concessione, non può
considerarsi rilevante la circostanza che il
Comune non si sia attivato per la
riscossione nei confronti del fideiussore
che ha concluso il contratto di garanzia a
prima richiesta. Il contratto di garanzia a
prima richiesta, infatti, ha aggiunto una
posizione debitoria a quella dei debitori
principali, i quali, a seguito del loro
inadempimento, sono risultati tenuti a
pagare senz'altro le differenze dovute ai
sensi dell'art. 3 L. n. 47/1985, senza che
questo, però, comporti la doverosità della
contestazione della pretesa preventivamente
nei confronti del garante” (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 09.12.2013 n. 5880 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
tesi della ricorrente, che peraltro trova
supporto in talune pronunce risalenti dei
giudici amministrativi, ritiene che la
mancata immediata escussione del fideiussore
da parte del Comune integri la fattispecie
di sottrazione del creditore all'obbligo di
cui all'art. 1227 Cod. Civ., che impone a
questa parte contrattuale di non aggravare
la posizione debitoria della controparte.
Secondo tale tesi, quindi, il Comune non può
irrogare le sanzioni ex art. 3 della L. n.
47 del 1985, senza prima avere prontamente
esercitato -relativamente a ciascun
versamento di contributi non effettuato nel
termine previsto- la relativa garanzia
fideiussoria, in modo da limitare il danno
per il titolare del permesso di costruire e
soprattutto consentire all'amministrazione
comunale procedente il pronto
soddisfacimento del proprio credito mediante
l'immediata attivazione della fideiussione
"a prima richiesta".
Al suddetto orientamento giurisprudenziale
si oppone, però, un contrapposto e
altrettanto consistente indirizzo, che si è
ormai consolidato, a cui il Collegio
aderisce, ritenendolo logicamente e
giuridicamente più persuasivo e, quindi,
maggiormente condivisibile, secondo il quale
l'obbligo di collaborazione di cui all'art.
1227 Cod. Civ. deve ritenersi estraneo
all'ambito sanzionatorio amministrativo, con
la conseguenza che anche la prestazione di
garanzia "a prima richiesta", da parte del
debitore principale, oltre a non vincolare
in alcun modo l'amministrazione comunale ad
escutere immediatamente dal fideiussore il
credito o la singola rata appena dopo la
scadenza, tanto meno esime il debitore dal
tenere un comportamento contrattuale
diligente nell'estinguere tempestivamente il
proprio debito "portabile" presso il
domicilio del creditore, senza che il
medesimo possa pertanto giovarsi del mero
comportamento inerte tenuto
dall'amministrazione. Sotto altro profilo
della stessa questione, si deve rilevare che
detto dovere di diligenza non risulta in
alcun modo attenuato dalla prestazione della
fideiussione, in quanto tale strumento
giuridico non è oggettivamente diretto ad
agevolare l'adempimento del debitore, bensì
a costituire un'ulteriore garanzia personale
in favore e nell'esclusivo interesse del
creditore.
Tale orientamento è ormai condiviso anche
dal Consiglio di Stato il quale ha
sottolineato che tale dovere non può farsi
discendere dal richiamo all'art. 1227 cod.
civ., che è disposizione riferibile alle
sole obbligazioni di natura risarcitoria, e
non anche a quelle (anche di contenuto
pecuniario) di natura sanzionatoria.
La società ricorrente riferisce di essere
proprietaria di un’antica stazione di posta
e di aver chiesto una concessione edilizia
per il restauro conservativo e per il
risanamento del fabbricato effettuando il
versamento del 50% degli oneri concessori
pretesi e garantendo il pagamento del
residuo con un’apposita fideiussione.
Nel corso dell’intervento veniva richiesta
una variante in relazione alla quale
venivano determinati i nuovi oneri
concessori e venivano pagati nella misura
del 50% garantendo anche in questo caso il
pagamento del residuo con un’apposita
fideiussione bancaria.
La società omise il versamento del 50% degli
oneri concessori garantiti con la
fideiussione ed il comune con il
provvedimento in epigrafe indicato ne ha
preteso il pagamento nonché l’applicazione
delle sanzioni di cui all’articolo 3 della
legge numero 47 del 1985, comportante
raddoppio del dovuto.
La società ricorrente ha adito il Tar
impugnando il provvedimento in epigrafe
indicato e contestando l’applicazione delle
sanzioni.
L’amministrazione intimata non si è
costituita in giudizio.
Il ricorrente ha sviluppato le proprie
difese con separata memoria e la causa è
stata trattenuta in decisione all’odierna
udienza.
Il ricorso è infondato.
La tesi della ricorrente, che peraltro trova
supporto in talune pronunce risalenti dei
giudici amministrativi, ritiene che la
mancata immediata escussione del fideiussore
da parte del Comune integri la fattispecie
di sottrazione del creditore all'obbligo di
cui all'art. 1227 Cod. Civ., che impone a
questa parte contrattuale di non aggravare
la posizione debitoria della controparte.
Secondo tale tesi, quindi, il Comune non può
irrogare le sanzioni ex art. 3 della L. n.
47 del 1985, senza prima avere prontamente
esercitato -relativamente a ciascun
versamento di contributi non effettuato nel
termine previsto- la relativa garanzia
fideiussoria, in modo da limitare il danno
per il titolare del permesso di costruire e
soprattutto consentire all'amministrazione
comunale procedente il pronto
soddisfacimento del proprio credito mediante
l'immediata attivazione della fideiussione "a
prima richiesta" (v. in termini: Cons.
Stato., sez. V, 03/07/1995 n. 1001).
Al suddetto orientamento giurisprudenziale
si oppone, però, un contrapposto e
altrettanto consistente indirizzo, che si è
ormai consolidato, a cui il Collegio
aderisce (TAR Bologna Emilia Romagna sez. II,
26.02.2010, n. 1666), ritenendolo
logicamente e giuridicamente più persuasivo
e, quindi, maggiormente condivisibile,
secondo il quale l'obbligo di collaborazione
di cui all'art. 1227 Cod. Civ. deve
ritenersi estraneo all'ambito sanzionatorio
amministrativo, con la conseguenza che anche
la prestazione di garanzia "a prima
richiesta", da parte del debitore
principale, oltre a non vincolare in alcun
modo l'amministrazione comunale ad escutere
immediatamente dal fideiussore il credito o
la singola rata appena dopo la scadenza,
tanto meno esime il debitore dal tenere un
comportamento contrattuale diligente
nell'estinguere tempestivamente il proprio
debito "portabile" presso il
domicilio del creditore, senza che il
medesimo possa pertanto giovarsi del mero
comportamento inerte tenuto
dall'amministrazione. Sotto altro profilo
della stessa questione, si deve rilevare che
detto dovere di diligenza non risulta in
alcun modo attenuato dalla prestazione della
fideiussione, in quanto tale strumento
giuridico non è oggettivamente diretto ad
agevolare l'adempimento del debitore, bensì
a costituire un'ulteriore garanzia personale
in favore e nell'esclusivo interesse del
creditore (Cons. Stato, sez. V, 16/07/2007,
n. 4025; sez. V, 24/03/2005 n. 1250; TAR
Lombardia -BS- 11/09/2009 n. 1688; TAR
Campania -SA- sez. II, 14/04/2008 n. 721;
TAR Emilia Romagna -BO- Sez. II, 12/05/2004
n. 645; TAR Abruzzo -PE- 19/06/2003 n. 586).
Tale orientamento è ormai condiviso anche
dal Consiglio di Stato il quale ha
sottolineato che tale dovere non può farsi
discendere dal richiamo all'art. 1227 cod.
civ., che è disposizione riferibile alle
sole obbligazioni di natura risarcitoria, e
non anche a quelle (anche di contenuto
pecuniario) di natura sanzionatoria, come è
quella in esame (cfr. Cons. Stato, sez. IV,
30.07.2012, nr. 4320; Cons. Stato, sez. V,
24.03.2005, nr. 1250; id., 11.11.2005, nr.
6345; id., 16.07.2007, nr. 4025, Consiglio
di Stato sez. IV, 19.11.2012, n. 5818) (TAR
Emilia Romagna-Bologna, Sez. I,
sentenza 06.09.2013 n. 598 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: 1.
La p.a. creditrice di oneri concessori ha il dovere, in
ossequio ai principi di correttezza e buona
fede operanti nei rapporti paritetici, di
preventiva escussione della polizza
fideiussoria posta a garanzia del credito
dal soggetto titolare della concessione
edilizia.
1.1. Nell’ipotesi in cui
il soggetto titolare di una concessione
edilizia che ha rilasciato al Comune
richiedente una polizza assicurativa, a
garanzia degli oneri concessori collegati al
rilascio del titolo, effettui in ritardo il
versamento di detti oneri, sussiste in capo
all’Amministrazione creditrice il dovere (e
non la mera facoltà) di preventiva
escussione dell'istituto garante, anche ove
si tratti di polizza “a prima richiesta” e
priva del beneficio di preventiva
escussione.
1.2. Il principio di salvaguardia
dell’effetto utile impone un’applicazione e
un’interpretazione di tale fideiussione,
quale atto di regolamentazione in rapporto
di strumentalità alla riscossione del
credito, che sia funzionale al
raggiungimento della sua finalità e
dell’obiettivo di garanzia da essa
prefissato. Infatti, a mente del combinato
disposto degli artt. 1362 e 1367 del codice
civile, tra le possibili interpretazioni del
contratto, deve tenersi conto degli
inconvenienti cui può portare una soluzione
che lo renda improduttivo di effetti.
1.3. Alla luce dei più recenti approdi
giurisprudenziali, i principi di correttezza
(art. 1175 c.c.) e di buona fede (art. 1375
c.c.) incombono anche sulla Pubblica
Amministrazione la quale, ove (come nel caso
in esame) si verta in ambito del tutto
paritetico e non provvedimentale, non può al
riguardo vantare alcuno statuto speciale,
perché non si deve avere riguardo alla
legittimità dell’esercizio della funzione
pubblica cristallizzato nel provvedimento
amministrativo, bensì alla correttezza del
comportamento complessivamente tenuto
dall’amministrazione.
1.4. I sopra richiamati principi generali
funzionano in chiave di reciprocità
nell’ambito dei rapporti comportamentali e
costituiscono rivelazione dei precetti
costituzionali di solidarietà sociale (art.
2) e di buon andamento (art. 97) nei termini
declinati dalla legge 07.08.1990, n. 241,
che si estrinseca nell’imporre, a ciascuna
delle parti del rapporto paritetico o
autoritativo, il dovere di agire in leale
collaborazione tale da preservare il giusto
interesse dell’altra, a prescindere
dall’esistenza di specifici obblighi
contrattuali o di quanto espressamente
stabilito da singole norme di legge.
1.5. La correttezza, quale regola di
condotta, si concreta dunque nella c.d.
buona fede oggettiva, rispettosa degli
altrui interessi che non può assumere i
connotati della libera discrezionalità con
abuso del diritto e non affranca perciò
l’Amministrazione per comportamenti
superficiali o negligenti, perché
diversamente verrebbe ad essere inutile nel
sinallagma l’onere imposto della
fideiussione e la funzione propria della
garanzia, come accade nel caso in cui non
venga attivata prontamente l’escussione e
recuperato tempestivamente il credito della
p.a., facendo lievitare invece sanzioni e
interessi con consistente aggravio alla
posizione della debitrice.
---------------
2. Dal ritardo nel pagamento degli oneri
concessori non deriva automaticamente
l’applicazione della sanzione prevista
dall'art. 42 del D.P.R. n. 380/2001.
2.1. Nella giurisprudenza
amministrativa, con riferimento
all’applicabilità della sanzione di cui
all’art. 42 D.P.R. n. 380/2001, si sono
formati due opposti orientamenti. Secondo un
primo orientamento, che fa leva su una una
interpretazione di senso della disposizione,
“in forza degli artt. 1175, 1375 e 1227 c.c.
comma 2, le sanzioni previste per il ritardo
nel versamento del contributo edilizio, non
sono dovute in tutti quei casi in cui il
creditore, restando inerte e non richiedendo
quanto dovutogli al garante, avrebbe potuto
evitare con una condotta attiva la
causazione dell’evento dannoso attraverso
l’uso dell’ordinaria diligenza”; secondo un
diverso orientamento, invece, si deve
ricorrere ad una applicazione letterale
della norma in termini di “automatico
obbligo sanzionatorio governato dalla
disciplina pubblicistica di riferimento, con
esclusione della configurabilità di ogni
onere di previa escussione ai fini
dell’adempimento puntuale non tempestivo”.
2.2. Nell’attuale panorama
giurisprudenziale, appare opportuno seguire,
in quanto aderente alle attuali sensibilità
in tema di cooperazione nel rapporto
amministrazione-amministrati, il
condivisibile convincimento secondo il quale
“Nell'ipotesi in cui il soggetto titolare di
una concessione edilizia abbia stipulato, a
garanzia del versamento dei contributi
concessori, polizza fideiussoria priva del
beneficio di preventiva escussione
dell'obbligato principale, in virtù di
quanto disposto dall'art. 1227, comma 2 c.c.,
che pone a carico del creditore i danni che
questi avrebbe potuto evitare usando
l'ordinaria diligenza, non può farsi luogo
all'applicazione delle sanzioni previste
dall'art. 3 della l. 28.02.1985 n. 47 che
puniscono l'omesso o ritardato versamento
dei contributi concessori, ove
l'amministrazione creditrice, in violazione
dei doveri di correttezza e buona fede, non
si sia attivata per tempo nel richiedere
all'istituto garante il pagamento delle
somme dovutele”.
2.3. La circostanza che la società abbia
effettuato in ritardo il pagamento
rateizzato degli oneri di urbanizzazione non
può dunque comportare l’applicazione
automatica della sanzione prevista dall'art.
3 della legge 28.02.1985, n. 47 (ora art. 42
del d.P.R. n. 380 del 2001), per il
ritardato o mancato pagamento degli oneri
concessori.
2.4. Invero, il principio dell’affidamento
costituisce valore guida dell’intero
ordinamento ed è espressione di principi
generali immanenti nel diritto (in
particolare, correttezza e buona fede),
anche di rango costituzionale (artt. 2, 3 e
97), sicché esso vincola l’interprete, in
forza del canone ermeneutico
dell’interpretazione conforme a
Costituzione, essendo regola deputata a
disciplinare una serie indeterminata di casi
concreti.
2.5. Dai principi sopra richiamati discende
la sussistenza di un obbligo (e non di una
mera facoltà), per l'Amministrazione
creditrice, di escutere il garante nel caso
di ritardato versamento dei contributi
concessori e, correlativamente, la sua colpa
oggettiva per l’inerzia causativa della
mancata tempestiva percezione e
corresponsione degli oneri concessori. Né,
in contrario, si può far leva sulla natura
sanzionatoria e non risarcitoria della
pretesa irrogata, perché essa, a
salvaguardia degli interessi pubblici di
specifica attribuzione nella materia
urbanistico-edilizia, costituisce evento
posteriore rispetto alla stabilita e
interposta “obbligazione patrimoniale”(fideiussoria)
finalizzata al programmato puntuale
incameramento degli oneri concessori
dilazionati.
2.6. Infatti, l’effetto dissuasivo di legge
finalizzato al regolare versamento degli
oneri concessori trova copertura proprio
nella procedimentalizzata fideiussione a
prima richiesta, che è strumento non
disciplinato dall’art. 3 della legge n. 47
del 1985, ma applicazione amministrativa per
l’appunto a garanzia del tempestivo
contributo afferente alla concessione, il
cui introito, in applicazione del principio
di buon andamento, non può essere
dall’Amministrazione differito a piacimento
ad un tempo futuro e indeterminato quando ha
pronta la soluzione dell’immediato incasso
tramite l’escussione della polizza
fideiussoria richiesta per la rateizzazione.
---------------
Considerato:
- la società ricorrente ha effettuato in
ritardo il pagamento rateizzato degli oneri
di urbanizzazione e per costo di costruzione
connessi alla concessione edilizia assentita
(la rata del 2009 dopo 902 giorni, quella
del 2010 dopo 537 gg., quella del 2011 dopo
172 gg.);
- a garanzia degli oneri concessori
collegati al rilascio di titolo edilizio, la
società deducente aveva rilasciato al Comune
resistente polizza assicurativa che nello
specifico prevedeva (clausola 2.5) “Il
pagamento delle somme dovute in base alla
presente polizza sarà effettuato dalla
Società entro il termine di 30 giorni dal
ricevimento della richiesta scritta
dell'Ente Garantito, restando inteso che, ai
semi dell'art. 1944 del Codice Civile, la
Società non godrà del beneficio della
preventiva escussione del Contraente. La
Società rinuncia inoltre ad avvalersi del
disposto di cui all'art. 1957 del Codice
Civile. Il pagamento avverrà dopo un
semplice avviso al Contraente senza bisogno
di preventivo consenso da parte di quest'ultimo,
che nulla potrà eccepire alla Società in
merito al pagamento stesso”;
- in presenza di tale apposita polizza
assicurativa a prima richiesta e priva del
beneficio di preventiva escussione, non
merita condivisione la tesi del Comune
resistente che contesta la sussistenza di un
onere normativo di collaborazione in capo
all'Amministrazione creditrice e, quindi,
nega ogni dovere di preventiva escussione
dell'istituto garante, all’opposto
sostenendo l'automatismo nell'applicazione
della sanzione indicata dall'art. 3 della
legge 28.02.1985, n. 47 (ora art. 42 del
d.P.R. n. 380 del 2001), per il ritardato o
mancato pagamento degli oneri concessori;
- innanzitutto, sul piano prettamente
generale, merita osservare come il principio
di salvaguardia dell’effetto utile imponga
un’applicazione e un’interpretazione di tale
fideiussione, quale atto di regolamentazione
in rapporto di strumentalità alla
riscossione del credito, che sia funzionale
al raggiungimento della sua finalità e
dell’obiettivo di garanzia da essa
prefissato. Infatti, a mente del combinato
disposto degli artt. 1362 e 1367 del codice
civile, tra le possibili interpretazioni del
contratto, deve tenersi conto degli
inconvenienti cui può portare una soluzione
che lo renda improduttivo di effetti (Cass.
Civ., Sez. II, 27.03.2013, n. 7791);
- inoltre, alla luce dei più recenti approdi
giurisprudenziali, i principi di correttezza
(art. 1175 c.c.) e di buona fede (art. 1375
c.c.) incombono anche sulla Pubblica
Amministrazione la quale, vertendosi nella
specie in ambito del tutto paritetico e non
provvedimentale, non può al riguardo vantare
alcuno statuto speciale, perché non si deve
avere riguardo alla legittimità
dell’esercizio della funzione pubblica
cristallizzato nel provvedimento
amministrativo, bensì alla correttezza del
comportamento complessivamente tenuto
dall’amministrazione (Cons. St., Sez. IV,
07.03.2005, n. 920);
- oltre a ciò, questi principi generali
funzionano in chiave di reciprocità
nell’ambito dei rapporti comportamentali e
costituiscono rivelazione dei precetti
costituzionali di solidarietà sociale (art.
2) e di buon andamento (art. 97) nei termini
declinati dalla legge 07.08.1990, n. 241,
che si estrinseca nell’imporre, a ciascuna
delle parti del rapporto paritetico o
autoritativo, il dovere di agire in leale
collaborazione tale da preservare il giusto
interesse dell’altra, a prescindere
dall’esistenza di specifici obblighi
contrattuali o di quanto espressamente
stabilito da singole norme di legge (Cons.
St., Sez. VI, 12.07.2011, n. 4196);
- la correttezza, quale regola di condotta,
si concreta dunque nella c.d. buona fede
oggettiva, rispettosa degli altrui interessi
che non può assumere i connotati della
libera discrezionalità con abuso del diritto
e non affranca perciò l’Amministrazione per
comportamenti superficiali o negligenti
perché diversamente verrebbe ad essere
inutile nel sinallagma l’onere imposto della
fideiussione e la funzione propria della
garanzia, come accaduto nel caso di specie
in cui non si è attivata prontamente
l’escussione e recuperato tempestivamente il
credito comunale, facendo lievitare invece
sanzioni e interessi con consistente
aggravio alla posizione della debitrice;
- entrando così nel merito della
controversia, alla Sezione sono ben note le
contrastanti posizioni che si registrano
nella giurisprudenza amministrativa di primo
e secondo grado, le quali possono essere
indicativamente sintetizzate negli opposti
orientamenti, ma in prevalenza per una
interpretazione di senso, secondo cui “in
forza degli artt. 1175, 1375 e 1227 c.c.
comma 2, le sanzioni previste per il ritardo
nel versamento del contributo edilizio, non
sono dovute in tutti quei casi in cui il
creditore, restando inerte e non richiedendo
quanto dovutogli al garante, avrebbe potuto
evitare con una condotta attiva la
causazione dell’evento dannoso attraverso
l’uso dell’ordinaria diligenza” (Cons.
St., Sez. IV, 02.03.2011, n. 1357 e
17.12.1990, n. 880; Sez. V, 05.02.2003, n.
585; 10.01.2003, n. 32; 03.07.1995, n. 1001)
rispetto a quella piuttosto orientata ad una
applicazione letterale della norma in
termini di “automatico obbligo
sanzionatorio governato dalla disciplina
pubblicistica di riferimento, con esclusione
della configurabilità di ogni onere di
previa escussione ai fini dell’adempimento
puntuale non tempestivo” (Cons. St.,
Sez. IV, 13.03.2008, n. 1084 e 10.08.2007,
n. 4419; Sez. V, 16.07.2007, n. 4025 e
11.11.2005, n. 6345);
- ad avviso della Sezione, nell’attuale
panorama giurisprudenziale per le
considerazioni tutte prima illustrate, è da
seguire perché aderente alle attuali
sensibilità in tema di cooperazione nel
rapporto amministrazione-amministrati il
condivisibile convincimento secondo il quale
“Nell'ipotesi in cui il soggetto titolare
di una concessione edilizia abbia stipulato,
a garanzia del versamento dei contributi
concessori, polizza fideiussoria priva del
beneficio di preventiva escussione
dell'obbligato principale, in virtù di
quanto disposto dall'art. 1227 comma 2, c.c.,
che pone a carico del creditore i danni che
questi avrebbe potuto evitare usando
l'ordinaria diligenza, non può farsi luogo
all'applicazione delle sanzioni previste
dall'art. 3 della l. 28.02.1985 n. 47 che
puniscono l'omesso o ritardato versamento
dei contributi concessori, ove
l'amministrazione creditrice, in violazione
dei doveri di correttezza e buona fede, non
si sia attivata per tempo nel richiedere
all'istituto garante il pagamento delle
somme dovutele” (per tutte, Cons. St.,
Sez. V, 05.02.2003, n. 585);
- invero, il principio dell’affidamento
costituisce valore guida dell’intero
ordinamento ed è espressione di principi
generali immanenti nel diritto (in
particolare, correttezza e buona fede),
anche di rango costituzionale (artt. 2, 3 e
97), sicché esso vincola l’interprete, in
forza del canone ermeneutico
dell’interpretazione conforme a
Costituzione, essendo regola deputata a
disciplinare una serie indeterminata di casi
concreti,
- dai principi innanzi riportati discende
nel caso in esame la sussistenza di un
obbligo (e non di una mera facoltà), per
l'Amministrazione creditrice, di escutere il
garante nel caso di ritardato versamento dei
contributi concessori e, correlativamente,
la sua colpa oggettiva per l’inerzia
causativa della mancata tempestiva
percezione e corresponsione degli oneri
concessori, ove si consideri il ritardo
tollerato di quasi tre anni che ha aggravato
la posizione debitoria con le sanzioni
accessorie applicate e che si sono intese
ora recuperare con l’impugnato atto di
intempestiva verifica contabile;
- né, in contrario, si può far leva sulla
natura sanzionatoria e non risarcitoria
della pretesa irrogata, perché essa, a
salvaguardia degli interessi pubblici di
specifica attribuzione nella materia
urbanistico-edilizia, costituisce evento
posteriore rispetto alla stabilita e
interposta “obbligazione patrimoniale”
(fideiussoria) finalizzata al programmato
puntuale incameramento degli oneri
concessori dilazionati (Cons. St., Sez. IV,
17.12.1990, n. 880);
- infatti, l’effetto dissuasivo di legge
finalizzato al regolare versamento degli
oneri concessori trova copertura proprio
nella procedimentalizzata fideiussione a
prima richiesta, che è strumento non
disciplinato dall’art. 3 della legge n. 47
del 1985, ma applicazione amministrativa per
l’appunto a garanzia del tempestivo
contributo afferente alla concessione, il
cui introito, in applicazione del principio
di buon andamento, non può essere
dall’Amministrazione differito a piacimento
ad un tempo futuro e indeterminato quando ha
pronta la soluzione dell’immediato incasso
tramite l’escussione della polizza
fideiussoria richiesta per la rateizzazione;
- il ricorso va pertanto accolto nei sensi
che precedono, dovendo trovare applicazione
le disposizioni generali in materia di
obbligazioni in quanto, pur potendo essere i
singoli pagamenti prontamente riscossi con
l’escussione, si è invece preferito nella
sostanza lasciare montare e raddoppiare il
credito contributivo con la maturazione dei
consistenti aumenti sanzionatori;
P.Q.M.
Esprime l’avviso che il ricorso
straordinario in esame debba essere accolto
(massima tratta da
www.ricerca-amministrativa.it - Consiglio di
Stato, Sez. I,
parere 17.05.2013 n. 2366 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
garanzia fideiussoria, se vale certamente a
rafforzare la posizione della Pubblica
Amministrazione, quale creditore pecuniario,
non impone però a quest’ultima la preventiva
escussione del fideiussore né esclude
un’attenuazione dell’obbligo del debitore
principale, senza neppure trasformare
l’obbligazione di quest’ultimo in una sorta
di obbligazione sussidiaria rispetto a
quella del fideiussore.
Questa Sezione ha peraltro già avuto modo di
esaminare la questione, con dovizia di
argomenti, nella propria pronuncia del
21.07.2009, n. 4405, nella quale ha preso
motivatamente posizione a favore della
soluzione interpretativa più rigorosa,
escludendo che si possa <<configurare un
obbligo dell’Amministrazione di escutere la
fideiussione allo scadere del termine di
pagamento>>.
Tale interpretazione appare, del resto,
maggiormente rispettosa dei generali
principi in materia di obbligazioni solidali
(essendo tali l’obbligazione del fideiussore
e quella del debitore principale, cfr.
l’art. 1944, comma 1°, del codice civile),
in forza dei quali il creditore può
indifferentemente rivolgersi a qualsiasi
degli obbligati in solido (cfr. art. 1292
del codice civile, per il quale, in caso di
solidarietà fra debitori, <<ciascuno può
essere costretto all’adempimento per la
totalità>>).
Neppure potrebbe trovare applicazione, nella
presente fattispecie, l’art. 1957 del codice
civile, invocato anch’esso nel primo mezzo
di gravame: infatti, il credito del Comune
per il pagamento degli oneri concessori è
soggetto a prescrizione ordinaria decennale
ex art. 2946 del codice civile; mentre il
credito per la riscossione delle somme di
cui alla sanzione pecuniaria ex art. 42 del
DPR 380/2001 si prescrive nel termine di
cinque anni di cui all’art. 28 della legge
689/1981, senza contare che –in ogni caso-
il contratto di fideiussione di cui è causa
contiene l’espressa previsione della
rinuncia ad avvalersi della facoltà di cui
al citato art. 1957.
Nel primo motivo di ricorso si denuncia
l’illegittimità della pretesa creditoria del
Comune, in quanto quest’ultimo non avrebbe
preventivamente avvisato il fideiussore
dell’esistenza del debito del soggetto
garantito (cioè Amimmobiliare Srl), mentre
nel caso di specie la società garante
avrebbe avuto notizia del debito soltanto
attraverso le ingiunzioni impugnate,
notificate direttamente sia al debitore
principale sia al suo fideiussore.
La censura è infondata.
Per effetto del rilascio della fideiussione
a garanzia del pagamento degli oneri
concessori –e segnatamente del costo di
costruzione– le società esponenti sono
obbligate in solido al pagamento della somma
garantita, senza che sussista alcun obbligo
legale del Comune di avvisare o di escutere
preventivamente il fideiussore; d’altronde
la fideiussione vale a rafforzare la
posizione del creditore (nel caso di specie
il Comune), e non certo ad indebolirla.
Tale conclusione appare condivisa dalla
giurisprudenza maggioritaria, alla quale
aderisce anche lo scrivente Collegio, che
tende a negare validità all’interpretazione
propugnata dalle ricorrenti, affermando che
la garanzia fideiussoria, se vale certamente
a rafforzare la posizione della Pubblica
Amministrazione, quale creditore pecuniario,
non impone però a quest’ultima la preventiva
escussione del fideiussore né esclude
un’attenuazione dell’obbligo del debitore
principale, senza neppure trasformare
l’obbligazione di quest’ultimo in una sorta
di obbligazione sussidiaria rispetto a
quella del fideiussore (si vedano, in tal
senso, Consiglio di Stato, sez. IV,
30.07.2012, n. 4320; 24.04.2009, n. 2581 e
10.08.2007, n. 4419; oltre a TAR Valle
d’Aosta, 02.11.2011, n. 71).
Questa Sezione ha peraltro già avuto modo di
esaminare la questione, con dovizia di
argomenti, nella propria pronuncia del
21.07.2009, n. 4405, nella quale ha preso
motivatamente posizione a favore della
soluzione interpretativa più rigorosa,
escludendo che si possa <<configurare un
obbligo dell’Amministrazione di escutere la
fideiussione allo scadere del termine di
pagamento>> (cfr. la citata sentenza n.
4405/2009 con la giurisprudenza ivi
richiamata ed anche le ulteriori sentenze di
questa Sezione II, 06.07.2010, n. 2777 e
22.11.2010, n. 7308, costituenti entrambi
precedenti specifici ai quali si rinvia).
Tale interpretazione appare, del resto,
maggiormente rispettosa dei generali
principi in materia di obbligazioni solidali
(essendo tali l’obbligazione del fideiussore
e quella del debitore principale, cfr.
l’art. 1944, comma 1°, del codice civile),
in forza dei quali il creditore può
indifferentemente rivolgersi a qualsiasi
degli obbligati in solido (cfr. art. 1292
del codice civile, per il quale, in caso di
solidarietà fra debitori, <<ciascuno può
essere costretto all’adempimento per la
totalità>>).
Neppure potrebbe trovare applicazione, nella
presente fattispecie, l’art. 1957 del codice
civile, invocato anch’esso nel primo mezzo
di gravame: infatti, il credito del Comune
per il pagamento degli oneri concessori è
soggetto a prescrizione ordinaria decennale
ex art. 2946 del codice civile (cfr.
Consiglio di Stato, sez. IV, 28.11.2012, n.
6033); mentre il credito per la riscossione
delle somme di cui alla sanzione pecuniaria
ex art. 42 del DPR 380/2001 si prescrive nel
termine di cinque anni di cui all’art. 28
della legge 689/1981 (cfr. TAR Lombardia,
Milano, sez. II, 29.12.2009, n. 6265), senza
contare che –in ogni caso- il contratto di
fideiussione di cui è causa contiene
l’espressa previsione della rinuncia ad
avvalersi della facoltà di cui al citato
art. 1957 (cfr. il doc. 18 dei ricorrenti,
ultima pagina) (TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 19.03.2013 n. 720 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
G. Fontana,
Il comune è tenuto a valersi della fideiussione
prima di applicare al debitore principale le
sanzioni per il ritardato pagamento degli oneri di
urbanizzazione? (18.02.2013 - link a
http://venetoius.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
In assenza di
inadempimenti imputabili all'Amministrazione idonei
a configurare a suo carico una responsabilità "da
contatto" oppure di natura precontrattuale, non può
farsi riferimento all'art. 1227 c.c. essendo tale
disposizione riferibile solo alle obbligazioni di
carattere risarcitorio e non a quelle (anche di
contenuto pecuniario) di natura sanzionatoria, come
nel caso in esame. Quest'ultima conclusione deve
essere confermata.
Invero, pur in presenza di un contratto di garanzia
cosiddetta autonoma, con il quale il garante si
obbliga ad eseguire la prestazione oggetto della
garanzia "a semplice richiesta" del creditore
garantito, senza opporre eccezioni attinenti alla
validità, all'efficacia ed alla vicenda del rapporto
principale, anche in questa ipotesi il meccanismo
dell'adempimento del garante "a prima richiesta"
scatta a seguito dell'inadempimento
dell'obbligazione principale, ancorché resti vietato
al garante di chiedere la preventiva escussione del
debitore principale.
D'altronde, neppure con riguardo al regime ordinario
delle obbligazioni tra privati sarebbe pertinente il
richiamo all'art. 1227 cod. civ. Infatti, l'onere di
diligenza che questa norma fa gravare sul creditore
non si estende alla sollecitudine nell'agire a
tutela del proprio credito onde evitare maggiori
danni, i quali viceversa sono da imputare
esclusivamente alla condotta del debitore, tenuto al
tempestivo adempimento della sua obbligazione.
Inoltre, non è dato ravvisare nel sistema di cui
agli artt. 1936 ss. cod. civ. alcun principio di
preventiva doverosa escussione del fideiussore alla
scadenza del termine fissato per l'adempimento
dell'obbligazione garantita, che peraltro
colliderebbe con le finalità dell'istituto, inteso a
rafforzare la garanzia del credito in funzione di un
interesse proprio e specifico del creditore.
In altri termini, ed in materia di obbligazioni "portable"
quali quelle pecuniarie, e con termine di
adempimento che esonera dalla costituzione in mora
del debitore, il creditore è soltanto facultato ad
attivare la solidale responsabilità del fideiussore,
senza che possa invece ritenersi tenuto ad escutere
il coobbligato piuttosto che attendere il pagamento,
ancorché tardivo, salva l'esistenza di apposita
clausola in tal senso (che dovrebbe essere accettata
dall'Amministrazione).
A prescindere infatti dalle difficoltà incontrate
dal Comune nell'escutere il fideiussore (in ragione
delle opposizioni dallo stesso formulate e dal
continuo cambio di sede, che ha impedito la
notificazione delle richieste di pagamento, come si
evince dalla memoria difensiva comunale e dalla
documentazione alla stessa allegata), deve rilevarsi
che il giudice di appello, con recente pronuncia (cfr.
Consiglio di Stato, Sez. V, n. 5395 del 28.09.2011),
ha così statuito: "con decisioni C.S. n.
1250/2005, n. 6345/2005, n. 4025/2007 è stato
precisato che in assenza di inadempimenti imputabili
all'Amministrazione idonei a configurare a suo
carico una responsabilità "da contatto" oppure di
natura precontrattuale, non può farsi riferimento
all'art. 1227 c.c. essendo tale disposizione
riferibile solo alle obbligazioni di carattere
risarcitorio e non a quelle (anche di contenuto
pecuniario) di natura sanzionatoria, come nel caso
in esame. Quest'ultima conclusione deve essere
confermata.
Invero, pur in presenza di un contratto di garanzia
cosiddetta autonoma, con il quale il garante si
obbliga ad eseguire la prestazione oggetto della
garanzia "a semplice richiesta" del creditore
garantito, senza opporre eccezioni attinenti alla
validità, all'efficacia ed alla vicenda del rapporto
principale, anche in questa ipotesi il meccanismo
dell'adempimento del garante "a prima richiesta"
scatta a seguito dell'inadempimento
dell'obbligazione principale, ancorché resti vietato
al garante di chiedere la preventiva escussione del
debitore principale (Cass. 18.11.1992 n. 12341,
03.11.1993 n. 10850, 17.05.2001 n. 6757).
D'altronde, neppure con riguardo al regime ordinario
delle obbligazioni tra privati sarebbe pertinente il
richiamo all'art. 1227 cod. civ. Infatti, l'onere di
diligenza che questa norma fa gravare sul creditore
non si estende alla sollecitudine nell'agire a
tutela del proprio credito onde evitare maggiori
danni, i quali viceversa sono da imputare
esclusivamente alla condotta del debitore, tenuto al
tempestivo adempimento della sua obbligazione (V.
Corte cost. n. 308 del 14.07.1999).
Inoltre, non è dato ravvisare nel sistema di cui
agli artt. 1936 ss. cod. civ. alcun principio di
preventiva doverosa escussione del fideiussore alla
scadenza del termine fissato per l'adempimento
dell'obbligazione garantita, che peraltro
colliderebbe con le finalità dell'istituto, inteso a
rafforzare la garanzia del credito in funzione di un
interesse proprio e specifico del creditore.
In altri termini, ed in materia di obbligazioni "portable"
quali quelle pecuniarie, e con termine di
adempimento che esonera dalla costituzione in mora
del debitore, il creditore è soltanto facultato ad
attivare la solidale responsabilità del fideiussore,
senza che possa invece ritenersi tenuto ad escutere
il coobbligato piuttosto che attendere il pagamento,
ancorché tardivo, salva l'esistenza di apposita
clausola in tal senso (che dovrebbe essere accettata
dall'Amministrazione), nella specie non prevista"
(TAR Campania-Salerno, Sez. I,
sentenza 31.01.2013 n. 305 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2012 |
|
EDILIZIA
PRIVATA:
L’esistenza di una
garanzia fideiussoria non comporta in alcun
modo per l’Amministrazione comunale il
dovere di chiedere l’adempimento al
fideiussore prima di poter irrogare le
sanzioni per omesso o ritardato pagamento
dei contributi concessori; tale dovere non
può farsi discendere neanche dal richiamo
all’art. 1227 cod. civ., che è disposizione
riferibile alle sole obbligazioni di natura
risarcitoria, e non anche a quelle (anche di
contenuto pecuniario) di natura
sanzionatoria, come è quella in esame.
Infondato è anche il terzo
mezzo, col quale la appellante assume
l’erroneità della reiezione della doglianza
con la quale si denunciava l’illegittimo
esercizio del potere sanzionatorio, non
avendo il Comune previamente escusso la
polizza fideiussoria che garantiva
l’obbligazione del concessionario in
relazione ai costi di costruzione.
Al riguardo, la Sezione ritiene di non
doversi discostare dal consolidato indirizzo
secondo cui l’esistenza di una garanzia
fideiussoria non comporta in alcun modo per
l’Amministrazione comunale il dovere di
chiedere l’adempimento al fideiussore prima
di poter irrogare le sanzioni per omesso o
ritardato pagamento dei contributi
concessori; tale dovere non può farsi
discendere neanche dal richiamo all’art.
1227 cod. civ., che è disposizione
riferibile alle sole obbligazioni di natura
risarcitoria, e non anche a quelle (anche di
contenuto pecuniario) di natura
sanzionatoria, come è quella in esame (cfr.
Cons. Stato, sez. IV, 30.07.2012, nr. 4320;
Cons. Stato, sez. V, 24.03.2005, nr. 1250;
id., 11.11.2005, nr. 6345; id., 16.07.2007,
nr. 4025).
A diverse conclusioni potrebbe forse
pervenirsi in presenza di inadempimenti a
loro volta imputabili al Comune, idonei a
configurare a carico di esso una
responsabilità da “contatto sociale
qualificato” ovvero di natura
precontrattuale: ma trattasi di evenienza
nemmeno prospettata dall’odierna appellante,
e che pertanto non è necessario qui
approfondire
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 19.11.2012 n. 5818 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI - EDILIZIA PRIVATA:
La proroga della scadenza di un termine che cade
in un giorno festivo al successivo giorno
non festivo rappresenta un principio di
carattere generale, disciplinato dalla
vigente legislazione.
Infatti, la previsione, d’ordine generale,
della suesposta proroga è contenuta nel
secondo e terzo comma dell’art. 2963 del
codice civile che stabilisce, con
riferimento alle modalità di computo del
termine di prescrizione, che: “non si
computa il giorno nel corso del quale cade
il momento iniziale del termine e la
prescrizione si verifica con lo spirare
dell’ultimo istante del giorno finale. Se il
termine scade in un giorno festivo, è
prorogato di diritto al giorno seguente non
festivo”.
Il principio della posticipazione ipso iure
al primo giorno seguente non festivo è,
altresì, evidenziato dall’art. 1187 del
codice civile, in tema di obbligazioni, che
sancisce, al secondo comma, che “la
disposizione relativa alla proroga del
termine che scade in giorno festivo si
osserva se non vi sono usi diversi” e
dall’art. 155, commi terzo e quarto, del
c.p.c. secondo cui “i giorni festivi si
computano nel termine. Se il giorno di
scadenza è festivo, la scadenza è prorogata
di diritto al primo giorno seguente non
festivo”.
La vigente normativa, infine, disciplina
anche le eccezioni al suddetto principio:
l’articolo 2964 del codice civile, infatti,
stabilisce i casi in cui la regola generale
sopra riportata non si applica e cioè i casi
di norme aventi ad oggetto l’interruzione e
la sospensione della prescrizione.
Quanto sopra risulta anche confermato da
consolidati orientamenti giurisprudenziali
secondo cui “il principio fissato dall’art.
2963, terzo comma, del codice civile,
secondo il quale se il termine scade in un
giorno festivo, è prorogato di diritto al
giorno seguente non festivo, configura un
principio generale, applicabile, in assenza
di diversa previsione anche in materia di
decadenza, atteso che l’art. 2964 dichiara
inapplicabili alla decadenza soltanto le
norme relative alla interruzione e alla
sospensione della prescrizione”.
In conclusione, in relazione a quanto sin
qui detto non sembra esservi dubbio che il
principio della posticipazione ipso iure al
primo giorno non festivo del termine che
cade in un giorno festivo sia applicabile
anche alla fattispecie de qua, atteso che il
disposto dell’art. 155, comma 4, del c.p.c.
e dell’art. 2963 del c.c. trovano
applicazione anche nel procedimento di
controllo, essendo espressione di un
principio di carattere generale e che
l’esercizio del potere di controllo di
legittimità sulle autorizzazioni
paesaggistiche attribuito
all’Amministrazione statale, ai sensi
dell’art. 159 del D.Lgs. n. 42 del 2004, è
sottoposto al termine decadenziale di
sessanta giorni decorrente dalla ricezione
della documentazione completa.
---------------
6. Nel merito il Collegio osserva che,
contrariamente a quanto sostenuto dal
giudice di primo grado, la proroga della
scadenza di un termine che cade in un giorno
festivo al successivo giorno non festivo
rappresenta un principio di carattere
generale, disciplinato dalla vigente
legislazione.
Infatti, la previsione, d’ordine generale,
della suesposta proroga è contenuta nel
secondo e terzo comma dell’art. 2963 del
codice civile che stabilisce, con
riferimento alle modalità di computo del
termine di prescrizione, che: “non si
computa il giorno nel corso del quale cade
il momento iniziale del termine e la
prescrizione si verifica con lo spirare
dell’ultimo istante del giorno finale. Se il
termine scade in un giorno festivo, è
prorogato di diritto al giorno seguente non
festivo”.
Il principio della posticipazione ipso
iure al primo giorno seguente non
festivo è, altresì, evidenziato dall’art.
1187 del codice civile, in tema di
obbligazioni, che sancisce, al secondo
comma, che “la disposizione relativa alla
proroga del termine che scade in giorno
festivo si osserva se non vi sono usi
diversi” e dall’art. 155, commi terzo e
quarto, del c.p.c. secondo cui “i giorni
festivi si computano nel termine. Se il
giorno di scadenza è festivo, la scadenza è
prorogata di diritto al primo giorno
seguente non festivo”.
La vigente normativa, infine, disciplina
anche le eccezioni al suddetto principio:
l’articolo 2964 del codice civile, infatti,
stabilisce i casi in cui la regola generale
sopra riportata non si applica e cioè i casi
di norme aventi ad oggetto l’interruzione e
la sospensione della prescrizione.
Quanto sopra risulta anche confermato da
consolidati orientamenti giurisprudenziali
secondo cui “il principio fissato
dall’art. 2963, terzo comma, del codice
civile, secondo il quale se il termine scade
in un giorno festivo, è prorogato di diritto
al giorno seguente non festivo, configura un
principio generale, applicabile, in assenza
di diversa previsione anche in materia di
decadenza, atteso che l’art. 2964 dichiara
inapplicabili alla decadenza soltanto le
norme relative alla interruzione e alla
sospensione della prescrizione”
(Cassazione Civile, Sez. V, sent. n. 15832
del 13.08.2004).
In conclusione, in relazione a quanto sin
qui detto non sembra esservi dubbio che il
principio della posticipazione
ipso iure al primo giorno non festivo del termine che
cade in un giorno festivo sia applicabile
anche alla fattispecie de qua, atteso che il
disposto dell’art. 155, comma 4, del c.p.c.
e dell’art. 2963 del c.c. trovano
applicazione anche nel procedimento di
controllo, essendo espressione di un
principio di carattere generale (Cons. di
Stato, Sez. VI, 18.03.2011, n. 1661; Cass.
Civ., Sez. II, 01.12.2010, n. 24375) e che
l’esercizio del potere di controllo di
legittimità sulle autorizzazioni
paesaggistiche attribuito
all’Amministrazione statale, ai sensi
dell’art. 159 del D.Lgs. n. 42 del 2004, è
sottoposto al termine decadenziale di
sessanta giorni decorrente dalla ricezione
della documentazione completa.
7. Per quanto sin qui esposto l’appello è da
ritenersi fondato e va, pertanto, accolto e,
per l’effetto, in riforma della sentenza di
primo grado va respinto il ricorso di primo
grado (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 07.09.2012 n. 4752) -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Gli
obblighi concernenti il pagamento di oneri
di urbanizzazione, la sopratassa per il
pagamento ritardato degli stessi e gli
interessi legali relativi, sono
qualificabili come obbligazioni di fonte
legale e quindi sono soggetti alla relativa
disciplina civilistica, in quanto non
derogata da norme speciali.
Con il quarto motivo, la ricorrente contesta
l’immotivata richiesta di interessi avanzata
dal Comune con lettera 11.03.1993 prot. n.
3941 in relazione ai versamenti indicati
nella precedente nota prot. n. 1617 del
02.02.1993.
Nella censura si lamenta l’assenza di
chiarezza del conteggio ivi riportato,
nonché l’illegittimità in sé della
richiesta, in difetto di inadempimento
colpevole imputabile alla parte ricorrente,
essendo la stessa rimasta in attesa delle
definitive determinazioni comunali.
Sul punto occorre premettere che gli
obblighi concernenti il pagamento di oneri
di urbanizzazione, la sopratassa per il
pagamento ritardato degli stessi e gli
interessi legali relativi, sono
qualificabili come obbligazioni di fonte
legale e quindi sono soggetti alla relativa
disciplina civilistica, in quanto non
derogata da norme speciali (TAR Lombardia,
Brescia Sez. I Sent. 14-12-2007, n. 1333).
La censura è parzialmente fondata, peraltro,
in ragione dell’accoglimento delle censure
sin qui esaminate, che comportano una
rideterminazione degli importi dovuti
costituenti la base di calcolo degli
interessi. L’amministrazione dovrà infatti
procedere ad una rideterminazione degli
stessi che tenga conto delle deduzioni degli
importi già versati.
Quanto alla loro decorrenza, gli interessi
legali di mora dovranno essere calcolati
dalla data di comunicazione dell’atto di
determinazione degli oneri dovuti, oltre che
dalla scadenza del termine assegnato per
l'adempimento (cfr. Cons. Giust. Amm. Sic.
Sez. giurisdiz., 05-05-1993) (TAR Piemonte,
Sez. I,
sentenza 03.08.2012 n. 971 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
fideiussione prestata per il pagamento degli
oneri di urbanizzazione conseguenti al
rilascio della concessione edilizia non si
estende, ai sensi dell'art. 1942 c.c., al
pagamento della sanzione amministrativa
posta dall'art. 3 l. 28.02.1985 n. 47,
direttamente a carico del concessionario in
caso di ritardato od omesso versamento del
contributo afferente alla concessione,
stante il difetto di accessorietà della
seconda rispetto ai primi.
A conferma di ciò, giova osservare come la
stessa decisione della Corte di Cassazione
civile, sez. I, 12.06.2001, n. 7885,
richiamata nel ricorso (per cui: <<La
fideiussione prestata per il pagamento degli
oneri di urbanizzazione conseguenti al
rilascio della concessione edilizia non si
estende, ai sensi dell'art. 1942 c.c., al
pagamento della sanzione amministrativa
posta dall'art. 3 l. 28.02.1985 n. 47,
direttamente a carico del concessionario in
caso di ritardato od omesso versamento del
contributo afferente alla concessione,
stante il difetto di accessorietà della
seconda rispetto ai primi>>), è stata
resa proprio nell’ambito dello stesso
giudizio civile intercorso fra il Comune di
Porto San Giorgio e la Zurich International
Italia SpA nel quale è intervenuta la
pronuncia delle S.U. sulla giurisdizione
sopra citata (ovvero, avverso la sentenza n.
41-98 della Corte d'Appello di Ancona, di
riforma della sentenza del Tribunale di
Fermo del 19.11.1996), e non in un giudizio
amministrativo.
E, del resto, ad ulteriore riprova di quanto
assunto, giova osservare come proprio in
sede civile, nella causa che ha avuto il suo
epilogo nella sentenza versata in atti da
parte ricorrente (Tribunale di Milano
03.09.2005 n. 9824), è stato accertato il
carattere “autonomo” della garanzia
prestata dalla Zurigo a favore del Comune di
Limbiate (polizza n.109E7619 del 9.3.1994),
destinata a coprire soltanto l’adempimento
delle obbligazioni assunte dalla Coop. in
dipendenza della c.e. datata 16.02.1994 per
il pagamento degli oneri di urbanizzazione
primaria e secondaria (con conseguente
estraneità all’oggetto di tale polizza della
somma, pretesa dal Comune con l’ingiunzione
in epigrafe specificata, a titolo di
sanzione ex art. 3 L.n. 47/1985 e interessi
per ritardato pagamento della II^ rata degli
oneri di urbanizzazione) (TAR
Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 20.07.2012 n. 2043 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Le
sanzioni amministrative pecuniarie previste
dall’art. 42 d.P.R. 380/2001, per i casi
(tra l’altro) di ritardato versamento del
contributo di costruzione, sono soggette, in
mancanza di una diversa disciplina legale,
al termine di prescrizione di cinque anni,
stabilito dall'art. 28 della legge
24.11.1981, n. 689 e decorrente, in
relazione a ciascuna fattispecie di ritardo,
dal giorno dell'intervenuto pagamento del
contributo.
Le sanzioni amministrative pecuniarie
previste, dapprima, dall'art. 3 della legge
28.02.1985, n.47 (abrogato a decorrere dal
30.06.2002 dall'art. 136, comma 2, lett. f),
del d.P.R. 06.06.2001, n. 380), ora
dall’art. 42 d.P.R. cit., per i casi (tra
l’altro) di ritardato versamento del
contributo di costruzione, sono soggette, in
mancanza di una diversa disciplina legale,
al termine di prescrizione di cinque anni,
stabilito dall'art. 28 della legge
24.11.1981, n. 689 e decorrente, in
relazione a ciascuna fattispecie di ritardo,
dal giorno dell'intervenuto pagamento del
contributo (così, Cassazione Sez. I, sent.
n. 23633 del 06-11-2006; TAR Lombardia,
Milano, II, 08.09.2011 n. 2189) (TAR
Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 13.07.2012 n. 2002 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: In
merito al versamento rateizzato degli oo.uu.
e del costo di costruzione, le espressioni
“a dodici mesi dal rilascio della
concessione edilizia” ovvero, per la terza
rata, “a diciotto mesi”, contenute nel
titolo edilizio, vanno interpretate, ad
avviso del Collegio, come recanti un termine
iniziale decorrente dalla consegna del
documento al destinatario dello stesso.
Militano in tal senso le seguenti ragioni:
a) la valenza lessicale ed eziologica del
termine “rilascio”, che esprime
dinamicamente una azione di passaggio e di
trasmissione;
b) ovvie esigenze di certezza rinvenibili
nell’elemento oggettivo dell’attestazione,
congiunta, della data di trasmissione del
documento all’obbligato, ben potendo, per le
più svariate ragioni, l’atto de quo essere
portato nella sfera di conoscibilità del
destinatario –obbligato al pagamento- ben
oltre la data della sua
adozione–sottoscrizione da parte del
Dirigente competente (cfr., in tema di
decadenza della C.E. per omesso tempestivo
inizio dei lavori, TAR Salerno, II,
05.04.2006 n. 435 e l’orientamento
giurisprudenziale ivi richiamato, secondo il
quale il relativo termine inizia a decorrere
soltanto dal momento in cui il titolo
abilitativo edilizio viene comunicato al
destinatario);
c) in ogni caso, la detta clausola di cui ai
punti 19 e 20 della C.E., ove si potesse
ritenere di dubbio significato, andrebbe,
secondo i principi desumibili dagli artt.
1369, 1370 e 1371 c.c., interpretata nel
senso suindicato, sia perché
discrezionalmente, in tale formulazione
sintetica, predisposta ed inserita
unilateralmente dall’Amministrazione e sia
perché la normativa di settore prevede già,
concretando un contemperamento delle
esigenze delle parti, un notevole ristoro
economico sotto forma di “penale”, in caso
di consistente ritardo nel pagamento dei
contributi afferenti al rilascio della
concessione edilizia.
... per l'accertamento della non debenza
delle sanzioni di € 3.340,30 e di €
22.268,61, menzionate nella nota del
Dirigente dell’UTC –Area IV- Comune di
Giarre- del 18.04.2008 prot. 2591 per il
ritardato pagamento, rispettivamente della
seconda e terza rata, afferente agli oneri
di urbanizzazione e al costo di costruzione
relativi alla concessione edilizia n. 2435
del 04.08.2006, cointestata ai ricorrenti, e
per l’annullamento dei relativi
provvedimenti e degli atti presupposti tra
cui la citata nota del 18.04.2008 e quella
del 17.01.2008, prot. 7256 del medesimo
Dirigente dell’UTC - Area IV°;
...
Eccesso di potere per travisamento di fatto
in ordine al dies a quo per il
computo del termine di pagamento, con
conseguente insussistenza di ritardo del
pagamento della seconda rata e di un ritardo
di soli giorni venti nel pagamento della
terza, che avrebbe comportato la minore
sanzione del doppio degli interessi legali
di cui alla lett. b) dell’art. 50 L.R. n.
71/1978.
...
Quarta censura
–subordinatamente proposta-
Le espressioni “a dodici mesi dal
rilascio della concessione edilizia”
ovvero, per la terza rata, “a diciotto
mesi”, contenute nel titolo edilizio,
vanno interpretate, ad avviso del Collegio,
come recanti un termine iniziale decorrente
dalla consegna del documento al destinatario
dello stesso.
Militano in tal senso le seguenti ragioni:
a) la valenza lessicale ed eziologica del
termine “rilascio”, che esprime
dinamicamente una azione di passaggio e di
trasmissione;
b) ovvie esigenze di certezza rinvenibili
nell’elemento oggettivo dell’attestazione,
congiunta, della data di trasmissione del
documento all’obbligato, ben potendo, per le
più svariate ragioni, l’atto de quo
essere portato nella sfera di conoscibilità
del destinatario –obbligato al pagamento-
ben oltre la data della sua
adozione–sottoscrizione da parte del
Dirigente competente (cfr., in tema di
decadenza della C.E. per omesso tempestivo
inizio dei lavori, TAR Salerno, II,
05.04.2006 n. 435 e l’orientamento
giurisprudenziale ivi richiamato, secondo il
quale il relativo termine inizia a decorrere
soltanto dal momento in cui il titolo
abilitativo edilizio viene comunicato al
destinatario);
c) in ogni caso, la detta clausola di cui ai
punti 19 e 20 della C.E., ove si potesse
ritenere di dubbio significato, andrebbe,
secondo i principi desumibili dagli artt.
1369, 1370 e 1371 c.c., interpretata nel
senso suindicato, sia perché
discrezionalmente, in tale formulazione
sintetica, predisposta ed inserita
unilateralmente dall’Amministrazione e sia
perché la normativa di settore prevede già,
concretando un contemperamento delle
esigenze delle parti, un notevole ristoro
economico sotto forma di “penale”, in
caso di consistente ritardo nel pagamento
dei contributi afferenti al rilascio della
concessione edilizia.
Ne segue che la data di rilascio della
concessione nella fattispecie deve
individuarsi in quella del 24.08.2006,
quando cioè il documento è stato consegnato
al soggetto incaricato dal destinatario
dello stesso. Ciò determina la conseguenza
che il pagamento della seconda rata risulta,
in ogni caso, tempestivo, mentre per la
terza andrebbe applicata la sanzione di cui
alla lettera b) dell’art. 50 L.R. n. 71/1978
e non quella prevista dalla successiva
lettera c) del medesimo articolo 50
(TAR Sicilia-Catania, Sez. I,
sentenza 24.04.2012 n. 1115 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Le sanzioni amministrative
pecuniarie previste dall'art. 3 l.
28.02.1985 n. 47 per i casi di ritardo del
versamento del contributo di concessione
edilizia, che si distinguono,
nell'ammontare, a seconda che il ritardo
superi 120, 180 o 240 giorni dal termine
legale di adempimento, sono soggette, in
mancanza di una diversa disciplina legale,
al termine di prescrizione di cinque anni
stabilito dall'art. 28 l. 24.11.1981 n. 689,
decorrente, in relazione a ciascuna
fattispecie di ritardo, dal giorno
dell'intervenuto pagamento del contributo.
Le sanzioni amministrative pecuniarie
previste dall'art. 3 l. 28.02.1985 n. 47
-abrogato a decorrere dal 30.06.2002
dall'art. 136, comma 2, lett. f, d.P.R.
06.06.2001 n. 380- per i casi di ritardo del
versamento del contributo di concessione
edilizia, che si distinguono,
nell'ammontare, a seconda che il ritardo
superi 120, 180 o 240 giorni dal termine
legale di adempimento, sono soggette, in
mancanza di una diversa disciplina legale,
al termine di prescrizione di cinque anni
stabilito dall'art. 28 l. 24.11.1981 n. 689,
decorrente, in relazione a ciascuna
fattispecie di ritardo, dal giorno
dell'intervenuto pagamento del contributo
(Cassazione civile, sez. I, 06.11.2006, n.
23633) (TAR Liguria, Sez. I,
sentenza 01.02.2012 n. 237 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2011 |
|
EDILIZIA PRIVATA: Le
norme sul versamento degli oneri concessori
non prevedono, a carico del Comune, l'onere
di escutere previamente il garante prima di
applicare le sanzioni per il ritardato
pagamento del contributo.
L'obbligo di collaborazione ex art. 1227 cc.
è estraneo all'ambito sanzionatorio e dunque
non vincolante per l'amministrazione. In
questa diversa prospettiva la diligenza è
richiesta al privato, il quale è tenuto a
estinguere spontaneamente le obbligazioni
assunte senza potersi giovare dell'inerzia
dell'amministrazione. L'affidamento del
privato non potrebbe d'altra parte derivare
dalla mera inerzia dell'ente pubblico ma
solo da un eventuale comportamento positivo
di quest'ultimo tale da configurare una
qualche responsabilità da contatto.
Il dovere di diligenza a carico del privato
non è attenuato dalla presenza della
fideiussione, la quale non ha la finalità di
agevolare l'adempimento ma costituisce una
garanzia personale prestata unicamente
nell'interesse dell'amministrazione.
La natura sanzionatoria delle misure ex art.
3 della legge 47/1985 impone che l'ente
pubblico stabilisca in modo chiaro le
obbligazioni del privato e che quest'ultimo
sia messo in condizione di adempiere. Non è
necessario invece che il privato sia
sollecitato ad adempiere o agevolato in
altro modo. Pertanto se il rapporto con
l'amministrazione è trasparente e il privato
è puntualmente informato delle scadenze
delle rate degli oneri concessori non
servono ulteriori atti di impulso diretti a
provocare l'adempimento. Parimenti non è
necessaria la preventiva escussione del
fideiussore, a meno che un obbligo in questo
senso non sia stato espressamente assunto
dall'amministrazione.
L'Amministrazione non ha l'obbligo, a fronte
del ritardato pagamento degli oneri
concessori, di escutere la fideiussione,
evitando in tal modo di applicare la
sanzione. Infatti la fideiussione che
accompagna la rateizzazione del pagamento
degli oneri di urbanizzazione non ha la
finalità di agevolare l'adempimento del
soggetto obbligato al pagamento, bensì
costituisce una garanzia personale prestata
unicamente nell'interesse
dell'amministrazione, sulla quale non
incombe alcun obbligo di preventiva
escussione del fideiussore; invero, la
garanzia sussidiaria serve a scongiurare che
il Comune possa irrimediabilmente perdere
una entrata di diritto pubblico, ma non
alleggerisce affatto la posizione del
soggetto tenuto al pagamento, né attenua i
doveri di diligenza sullo stesso incombenti,
né estingue di per sé l'obbligazione
principale.
Con il quarto
motivo di ricorso parte ricorrente contesta
la debenza delle sanzioni applicate per il
ritardato pagamento degli oneri concessori,
assumendo che il Comune ben avrebbe potuto
escutere la garanzia fideiussoria, in
relazione alla quale non era contemplato il
beneficium excussionis, prima di far
maturare i termini previsti per
l’irrogazione delle sanzioni nella misura
massima; pertanto il comportamento del
Comune, oltre ad essere viziato per eccesso
di potere si rileverebbe, nella prospettiva
di parte ricorrente, anche irrispettoso del
principio di buona fede di cui all’art. 1175
c.c., al quale deve essere improntato
l’operato dell’Amministrazione nei rapporti
con il cittadino.
Il Collegio non ignora che in ordine a tale
problematica sussistano diversi orientamenti
giurisprudenziali; sulla specifica questione
sia l'orientamento del Consiglio di Stato
che dei TAR non può dirsi univoco, essendosi
talvolta affermato in materia il dovere
dell'Amministrazione di non aggravare la
posizione del debitore ai sensi dell'art.
1227 c.c. (V. la decisione del Consiglio di
Stato Sezione V. n. 1001 del 03.07.1995 e
TAR Veneto n. 342 del 09.02.2000), mentre in
altre occasioni si è ritenuto che specifiche
clausole in tema di fideiussione (quali
l'obbligo del garante di pagare a seguito di
semplice richiesta scritta del creditore e
con rinuncia alla preventiva escussione)
possono valere solo a rendere il rapporto
fideiussorio autonomo rispetto al rapporto
obbligatorio principale, senza comportare il
dovere dell'Amministrazione di chiedere
prima l'adempimento per poter poi applicare
le relative sanzioni pecuniarie (V. la
decisione del Consiglio di Stato Sezione V.
2072 del 10.12.1999, TAR Lombardia, Milano,
sez. 2°, n. 1192 del 17.04.1999, TAR Puglia
Lecce, sez. I, 06.11.2000, n. 3494, secondo
cui “In materia edilizia ed urbanistica,
le norme sul versamento degli oneri
concessori non prevedono a carico del comune
l'onere di escutere previamente l'istituto
garante prima di applicare le sanzioni per
il ritardato pagamento del contributo. La
prestazione di garanzie reali o personali,
infatti, in caso di rateizzazione del
contributo di concessione, è
obbligatoriamente richiesta dalla legge
(art. 47 l. n. 457 del 1978) e si colloca
nell'interesse esclusivo
dell'amministrazione. Trovano, perciò, piena
applicazione i principi civilistici in
materia di fidejussione e cioè solidarietà
ai sensi dell'art. 1944 c.c., autonomia
delle azioni verso i vari coobbligati e
responsabilità principale del soggetto
garantito rispetto a quella accessoria del
garante (c.d. solidarietà diseguale)”
TAR Veneto Venezia, sez. II, 21.10.2005, n.
3727 ).
Peraltro più di recente il Consiglio di
Stato Sezione V, con le decisioni n. 1250
del 24.03.2005 e n. 6345 dell'11.11.2005 e
n. 4025 del 16.07.2007, ha precisato che, in
assenza di inadempimenti imputabili
all'Amministrazione idonei a configurare a
suo carico una responsabilità "da
contatto" oppure di natura
precontrattuale, il richiamo all'art. 1227
c.c. è del tutto inconferente, essendo tale
disposizione riferibile solo alle
obbligazioni di carattere risarcitorio e non
a quelle (anche di contenuto pecuniario) di
natura sanzionatoria, come nel caso in
esame.
"Invero, pur in presenza di un contratto
di garanzia cosiddetta autonoma, con il
quale il garante si obbliga ad eseguire la
prestazione oggetto della garanzia "a
semplice richiesta" del creditore garantito,
senza opporre eccezioni attinenti alla
validità, all'efficacia ed alla vicenda del
rapporto principale, anche in questa ipotesi
il meccanismo dell'adempimento del garante
"a prima richiesta" scatta a seguito
dell'inadempimento dell'obbligazione
principale, ancorché resti vietato al
garante di chiedere la preventiva escussione
del debitore principale (Cass. 18.11.1992 n.
12341, 03.11.1993 n. 10850, 17.05.2001 n.
6757) .
D'altronde, neppure con riguardo al regime
ordinario delle obbligazioni tra privati
sarebbe pertinente il richiamo all'art. 1227
cod. civ. Infatti, l'onere di diligenza che
questa norma fa gravare sul creditore non si
estende alla sollecitudine nell'agire a
tutela del proprio credito onde evitare
maggiori danni, i quali viceversa sono da
imputare esclusivamente alla condotta del
debitore, tenuto al tempestivo adempimento
della sua obbligazione (V. Corte cost. n.
308 del 14.07.1999).
Inoltre, non è dato ravvisare nel sistema di
cui agli artt. 1936 ss. cod. civ. alcun
principio di preventiva doverosa escussione
del fideiussore alla scadenza del termine
fissato per l'adempimento dell'obbligazione
garantita, che peraltro colliderebbe con le
finalità dell'istituto, inteso a rafforzare
la garanzia del credito in funzione di un
interesse proprio e specifico del creditore.
In altri termini, ed in materia di
obbligazioni "portable" quali quelle
pecuniarie, e con termine di adempimento che
esonera dalla costituzione in mora del
debitore, il creditore è soltanto facultato
ad attivare la solidale responsabilità del
fideiussore, senza che possa invece
ritenersi tenuto ad escutere il coobbligato
piuttosto che attendere il pagamento,
ancorché tardivo, salva l'esistenza di
apposita clausola in tal senso (che dovrebbe
essere accettata dall'Amministrazione),
nella specie non prevista” (Consiglio di
stato, sez. V, 16.07.2007, n. 4025).
A tale orientamento ha aderito anche la IV
sezione del Consiglio di Stato con la
sentenza n. 4419 del 10.08.2007, secondo cui
“Le norme sul versamento degli oneri
concessori non prevedono, a carico del
Comune, l'onere di escutere previamente il
garante prima di applicare le sanzioni per
il ritardato pagamento del contributo”.
Il Collegio aderisce a tale ultimo
orientamento, atteso che l'obbligo di
collaborazione ex art. 1227 cc. è estraneo
all'ambito sanzionatorio e dunque non
vincolante per l'amministrazione. In questa
diversa prospettiva la diligenza è richiesta
al privato, il quale è tenuto a estinguere
spontaneamente le obbligazioni assunte senza
potersi giovare dell'inerzia
dell'amministrazione. L'affidamento del
privato non potrebbe d'altra parte derivare
dalla mera inerzia dell'ente pubblico ma
solo da un eventuale comportamento positivo
di quest'ultimo tale da configurare una
qualche responsabilità da contatto.
Il dovere di diligenza a carico del privato
non è attenuato dalla presenza della
fideiussione, la quale non ha la finalità di
agevolare l'adempimento ma costituisce una
garanzia personale prestata unicamente
nell'interesse dell'amministrazione (in
questo senso cfr. di recente TAR Lombardia
Brescia Sez. I, Sent., 11.09.2009, n. 1688
secondo cui “la natura sanzionatoria
delle misure ex art. 3 della legge 47/1985
impone che l'ente pubblico stabilisca in
modo chiaro le obbligazioni del privato e
che quest'ultimo sia messo in condizione di
adempiere. Non è necessario invece che il
privato sia sollecitato ad adempiere o
agevolato in altro modo. Pertanto se il
rapporto con l'amministrazione è trasparente
e il privato è puntualmente informato delle
scadenze delle rate degli oneri concessori
non servono ulteriori atti di impulso
diretti a provocare l'adempimento. Parimenti
non è necessaria la preventiva escussione
del fideiussore, a meno che un obbligo in
questo senso non sia stato espressamente
assunto dall'amministrazione”; TAR
Lombardia Milano, sez. II, 21.07.2009, n.
4405 “L'Amministrazione non ha l'obbligo,
a fronte del ritardato pagamento degli oneri
concessori, di escutere la fideiussione,
evitando in tal modo di applicare la
sanzione. Infatti la fideiussione che
accompagna la rateizzazione del pagamento
degli oneri di urbanizzazione non ha la
finalità di agevolare l'adempimento del
soggetto obbligato al pagamento, bensì
costituisce una garanzia personale prestata
unicamente nell'interesse
dell'amministrazione, sulla quale non
incombe alcun obbligo di preventiva
escussione del fideiussore; invero, la
garanzia sussidiaria serve a scongiurare che
il Comune possa irrimediabilmente perdere
una entrata di diritto pubblico, ma non
alleggerisce affatto la posizione del
soggetto tenuto al pagamento, né attenua i
doveri di diligenza sullo stesso incombenti,
né estingue di per sé l'obbligazione
principale”)
(TAR Valle d'Aosta,
sentenza 02.11.2011 n. 71 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Per
il ritardato pagamento degli oneri di una
concessione edilizia non si può invocare la
preventiva escussione del fideiussore.
Con l’appello in esame, il ricorrente aveva
chiesto la riforma di una sentenza del Tar
che aveva respinto un ricorso proposto
contro un comune, dal quale era stato
sanzionato per il ritardato pagamento degli
oneri relativi al rilascio di una
concessione edilizia.
I giudici del Consiglio di Stato hanno
respinto la tesi difensiva del ricorrente
ricordando che su questo punto è ormai
consolidato l'orientamento della quinta
sezione: con decisioni C.S. n. 1250/2005, n.
6345/2005, n. 4025/2007 è stato, infatti,
precisato che in assenza di inadempimenti
imputabili all'Amministrazione idonei a
configurare a suo carico una responsabilità
"da contatto" oppure di natura
precontrattuale, non può farsi riferimento
all'art. 1227 c.c. essendo tale disposizione
riferibile solo alle obbligazioni di
carattere risarcitorio e non a quelle (anche
di contenuto pecuniario) di natura
sanzionatoria, come nel caso in esame.
“Quest'ultima conclusione deve essere
confermata. Invero, pur in presenza di un
contratto di garanzia cosiddetta autonoma,
con il quale il garante si obbliga ad
eseguire la prestazione oggetto della
garanzia "a semplice richiesta" del
creditore garantito, senza opporre eccezioni
attinenti alla validità, all'efficacia ed
alla vicenda del rapporto principale, anche
in questa ipotesi il meccanismo
dell'adempimento del garante "a prima
richiesta" scatta a seguito
dell'inadempimento dell'obbligazione
principale, ancorché resti vietato al
garante di chiedere la preventiva escussione
del debitore principale (Cass. 18.11.1992 n.
12341, 03.11.1993 n. 10850, 17.05.2001 n.
6757).
D'altronde, neppure con riguardo al regime
ordinario delle obbligazioni tra privati
sarebbe pertinente il richiamo all'art. 1227
cod. civ. Infatti, l'onere di diligenza che
questa norma fa gravare sul creditore non si
estende alla sollecitudine nell'agire a
tutela del proprio credito onde evitare
maggiori danni, i quali viceversa sono da
imputare esclusivamente alla condotta del
debitore, tenuto al tempestivo adempimento
della sua obbligazione (V. Corte cost. n.
308 del 14.07.1999).
Inoltre, non è dato ravvisare nel sistema di
cui agli artt. 1936 ss. cod. civ. alcun
principio di preventiva doverosa escussione
del fideiussore alla scadenza del termine
fissato per l'adempimento dell'obbligazione
garantita, che peraltro colliderebbe con le
finalità dell'istituto, inteso a rafforzare
la garanzia del credito in funzione di un
interesse proprio e specifico del creditore.
In altri termini, ed in materia di
obbligazioni "portable" quali quelle
pecuniarie, e con termine di adempimento che
esonera dalla costituzione in mora del
debitore, il creditore è soltanto facultato
ad attivare la solidale responsabilità del
fideiussore, senza che possa invece
ritenersi tenuto ad escutere il coobbligato
piuttosto che attendere il pagamento,
ancorché tardivo, salva l'esistenza di
apposita clausola in tal senso (che dovrebbe
essere accettata dall'Amministrazione),
nella specie non prevista” (commento
tratto da www.documentazione.ancitel.it -
Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 28.09.2011 n. 5395 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: L’art.
3 della legge n. 47 del 1985 delinea, del
resto, un sistema autosufficiente di
sanzioni amministrative pecuniarie (abrogato
e riassorbito, a decorrere dal 30.06.2002,
dal T.U. di cui al DPR 380/2001) per i casi
di ritardo del versamento del contributo di
concessione edilizia, che si distinguono a
seconda dell’entità del ritardo.
Non a caso la Corte dei Conti ha chiarito
che in ipotesi di ritardata riscossione dei
contributi in questione non è configurabile
un danno per mancata esazione di interessi e
rivalutazione monetaria sui contributi
stessi, proprio perché la conseguenza del
ritardo è sanzionata (omnicomprensivamente)
dalle specifiche sanzioni amministrative
pecuniarie di cui al citato art. 3 l.
47/1985.
In questo modo, vengono a trovare
applicazione, peraltro, principi non
dissimili a quelli vigenti in materia di
sanzioni amministrative per violazioni
tributarie (si veda, in particolare l’art.
2, comma 3, del d.lgs. 472/1997, secondo cui
la sanzione irrogata a titolo di sanzione
amministrativa non produce comunque
interessi).
Non può dimenticarsi, anzitutto, che il
legislatore ha in effetti puntualmente
disciplinato le conseguenze per il mancato o
tardivo pagamento degli oneri concessori, di
cui agli artt. 5 e 6 della legge n. 10 del
1977, prevedendo, a seconda del ritardo
accumulato:
a) la corresponsione degli interessi legali
di mora se il versamento avviene nei
successivi trenta giorni;
b) la corresponsione di un penale pari al
doppio degli interessi legali qualora il
versamento avvenga negli ulteriori trenta
giorni;
c) l’aumento, infine, di un terzo del
contributo dovuto, quando il ritardo si
protragga oltre il termine di cui alla
precedente lettera b).
Orbene, va dato anzitutto rilievo al fatto
che la legge non prevede esplicitamente, nel
caso della richiamata lettera c),
l’applicazione di alcuna ulteriore penalità
o l’addebito di interessi, ancorché
corrispettivi e nella sola misura legale, in
favore dell’Amministrazione.
Risulta, peraltro, che quest’ultima alla
scadenza dei termini di pagamento è rimasta
inerte, senza attivarsi per la riscossione
né avvalersi delle polizze fideiussorie
depositate a garanzia dell’adempimento.
La società ricorrente richiama, poi, un
orientamento giurisprudenziale di primo
grado, ad avviso del quale la maggiorazione
del contributo concessorio, prevista
dall’art. 3 della legge 28.02.1985 n. 47,
non ha carattere sanzionatorio ma è una
penale convenzionale ex art. 1382 c.c., con
la conseguenza che essa rappresenta una
liquidazione anticipata e forfettaria del
danno derivante dal ritardo nel pagamento
degli oneri concessori ed assorbe perciò sia
gli interessi sia l’eventuale danno
ulteriore (ma ciò solo fino al giorno della
maturazione della maggiorazione, atteso che
l’eventuale prolungamento del ritardo
comporta che, a partire da quel giorno,
maturano gli interessi sull’intero credito:
cfr. TAR Umbria 24.10.2002, n. 752).
In realtà, non pare necessario scomodare
l’istituto della clausola penale, di cui al
citato art. 1382 c.c., con la quale si
conviene che, in caso di inadempimento o di
ritardo nell’adempimento, uno dei contraenti
è tenuto ad una determinata prestazione.
Detta clausola, come è noto, ha l’effetto di
limitare il risarcimento del danno derivante
dall’inadempimento (art. 1218 c.c.) alla
prestazione promessa, se non è stata
convenuta la risarcibilità del danno
ulteriore, e svolge dunque la funzione di
liquidazione preventiva del danno,
essenzialmente facendo risparmiare al
contraente-creditore, che chieda il
risarcimento alla controparte, debitore
inadempiente, la prova dell’ammontare del
danno stesso.
Non solo, la clausola esonera addirittura
dalla prova sull’esistenza del danno, poiché
il comma 2 dello stesso art. 1382 afferma
che essa opera indipendentemente da detta
prova. La clausola dunque opera a favore del
contraente creditore, che può pretendere la
determinata prestazione anche se
dall’inadempimento sia derivato un danno di
valore inferiore o addirittura se non sia
derivato alcun danno; ma, se non sia stata
convenuta la risarcibilità del danno
ulteriore, può risolversi in favore della
parte inadempiente giacché il danno
effettivo può essere superiore alla
prestazione convenuta (analoghe funzioni
caratterizzano la caparra confirmatoria,
prevista nell’art. 1385 c.c., la quale però
esercita maggiormente il ruolo di stimolo
all’adempimento, atteso che il contraente
non inadempiente, anziché ritenere la
caparra ricevuta o pretendere il doppio
della caparra data, può pretendere
l’esecuzione o la risoluzione del contratto,
ed in tal caso il risarcimento del danno è
regolato dalle norme generali, ossia dagli
artt. 1223 ss. c.c.).
In verità, nella fattispecie, non sembra
dover trovare applicazione l’istituto della
penale civilistica su base convenzionale,
assistendosi, invece, all’applicazione di
penali di tipo pubblicistico, i cui
contenuti prestazionali, nel rispetto dei
principi di matrice costituzionale, sono
fissati dalla legge stessa e pertanto, a
tutela del soggetto inciso, sono assorbenti
e non ammettono deroghe in senso aggiuntivo,
anche se relativamente alla mera
corresponsione di interessi corrispettivi
connessi alla liquidità ed esigibilità del
credito.
L’art. 3 della legge n. 47 del 1985 delinea,
del resto, un sistema autosufficiente di
sanzioni amministrative pecuniarie (abrogato
e riassorbito, a decorrere dal 30.06.2002,
dal T.U. di cui al DPR 380/2001) per i casi
di ritardo del versamento del contributo di
concessione edilizia, che si distinguono a
seconda dell’entità del ritardo (cfr. Cass.
civ., I, 06.11.2006, n. 23633).
Non a caso la Corte dei Conti ha chiarito
che in ipotesi di ritardata riscossione dei
contributi in questione non è configurabile
un danno per mancata esazione di interessi e
rivalutazione monetaria sui contributi
stessi, proprio perché la conseguenza del
ritardo è sanzionata (omnicomprensivamente)
dalle specifiche sanzioni amministrative
pecuniarie di cui al citato art. 3 l.
47/1985 (Corte conti, Sez. giur. Calabria,
14.05.1993, n. 20).
In questo modo, vengono a trovare
applicazione, peraltro, principi non
dissimili a quelli vigenti in materia di
sanzioni amministrative per violazioni
tributarie (si veda, in particolare l’art.
2, comma 3, del d.lgs. 472/1997, secondo cui
la sanzione irrogata a titolo di sanzione
amministrativa non produce comunque
interessi) (C.G.A.R.S.,
sentenza 15.09.2011 n. 557 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Quantificazione oneri
concessori - Possibilità del privato di
versare la maggiore somma da lui
quantificata - Sussiste - Possibilità di
revisione dell'importo per volontà
unilaterale del privato - Non sussiste -
Ratio.
2. Concessione di costruzione - Contributi -
Pagamento - Ritardo - Escussione
fideiussione - Obbligo della P.A. - Non
sussiste - Ratio.
3. Concessione di costruzione - Contributi -
Diritto di credito della P.A. - Termine di
prescrizione decennale.
4. Concessione di costruzione - Contributi -
Pagamento - Ritardo o omissione - Sanzioni
pecuniarie - Termine di prescrizione
quinquennale.
5. Concessione di costruzione - Contributi -
Pagamento - Omissione - Sanzioni pecuniarie
- Termine di prescrizione quinquennale -
Dies a quo.
6. Oblazione e oneri concessori -
Controversie in tema di corretta
quantificazione - Attengono a diritti
soggettivi delle parti - Configurabilità del
vizio di difetto di motivazione - Non
sussiste - Ratio.
1. Qualora si verta in tema di diritti
disponibili, la parte promittente può
liberamente assumere impegni patrimoniali a
prescindere da un obbligo normativo o,
comunque, più onerosi rispetto a quelli
astrattamente previsti dalla legge (cfr.
Cons. di Stato, sent. n. 4015/2005, n.
1209/1999; TAR Milano, sent. n. 196/2010):
in particolare, a fronte di un atto con cui
il privato ha quantificato l'ammontare del
contributo dovuto per il rilascio di un
permesso di costruire ed ha assunto con la
P.A. l'impegno a versare la somma così
quantificata, non è, quindi, consentito alla
parte promittente porre unilateralmente in
discussione, in un momento successivo,
quanto da essa stessa dichiarato e sottrarsi
ad obblighi liberamente assunti, a meno che
faccia valere una causa di invalidità o un
motivo di risoluzione dell'accordo.
2. A fronte del ritardato pagamento degli
oneri concessori, la P.A. non ha un obbligo
di attivarsi nei confronti del garante per
il recupero di quanto dovuto (cfr. TAR,
Milano, sent. n. 4405/2009, n. 4306/2009;
Cons. di Stato, sent. n. 4419/2007, n.
6345/2005; TAR Salerno, sent.n. 1936/2008).
Infatti, la fideiussione che accompagna la
rateizzazione del pagamento degli oneri di
urbanizzazione non ha la finalità di
agevolare l'adempimento del soggetto
obbligato al pagamento, bensì costituisce
una garanzia personale prestata unicamente
nell'interesse della P.A., sulla quale non
incombe, quindi, alcun obbligo di preventiva
escussione del fideiussore; la garanzia
sussidiaria serve a scongiurare che il
Comune possa irrimediabilmente perdere una
entrata di diritto pubblico, ma non
alleggerisce affatto la posizione del
soggetto tenuto al pagamento, né attenua i
doveri di diligenza sullo stesso incombenti,
né estingue di per sé l'obbligazione
principale (cfr. Cons. di Stato, sent. n.
6345/2005).
3. Il diritto di credito della P.A. comunale
avente ad oggetto il pagamento del
contributo dovuto per il rilascio della
concessione edilizia è soggetto
all'ordinario termine decennale di
prescrizione, decorrente dalla data di
rilascio della concessione edilizia (cfr.
Cons. di Stato, sent. n. 2686/2008, n.
4302/2000).
4. Le sanzioni pecuniarie previste all'art.
42, D.P.R. n. 380/2001 per i casi di
ritardato o omesso versamento del contributo
di costruzione sono soggette -in mancanza di
una diversa disciplina legale- al termine di
prescrizione di cinque anni stabilito
dall'art. 28, Legge n. 689/1981 (cfr. Cass.
Civ., sent. n. 23633/2006; TAR Cagliari,
sent. n. 70/2008; TAR, Salerno, sent. n.
647/2005; TAR Catanzaro, sent. n. 1514/2001;
TAR Catania, sent. n. 701/2006).
5. In caso di omesso pagamento del
contributo, il dies a quo del termine
di prescrizione quinquennale va individuato
nella scadenza del termine di 240 giorni
successivi alla data prevista per il
pagamento del contributo (cfr. TAR Potenza,
sent. n. 141/2008).
6. Le controversie relative all'an ed
al quantum delle somme dovute a
titolo di oblazione e di oneri concessori,
riservate dalla legge alla giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo,
riguardano diritti soggettivi delle parti,
rispetto alle quali non è configurabile il
vizio di difetto di motivazione: infatti, le
operazioni di corretta quantificazione
dell'oblazione e degli atti concessori si
esauriscono in una mera operazione materiale
che, se errata, può comportare soltanto la
violazione dei criteri fissati dalla
normativa ovvero dalla P.A. con norme di
natura regolamentare e, quindi, la
sussistenza del solo vizio di violazione di
legge, potendo l'interessato, sulla base dei
predetti criteri generali, contestare
l'erroneità della quantificazione operata
dalla P.A., evidenziando ad esempio
l'erroneità dei calcoli ovvero dei
presupposti di fatto o di diritto (cfr.
Cons. di Stato, sent. n. 4217/2000; TAR
Milano, sent. n. 97/2011 e n. 4455/2009)
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 08.09.2011 n. 2189 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: L'amministrazione
comunale non ha un obbligo, a fronte del
ritardato pagamento degli oneri concessori,
di attivarsi nei confronti del garante per
il recupero di quanto dovuto.
La fideiussione che accompagna la
rateizzazione del pagamento degli oneri di
urbanizzazione non ha, difatti, la finalità
di agevolare l'adempimento del soggetto
obbligato al pagamento, bensì costituisce
una garanzia personale prestata unicamente
nell'interesse dell'amministrazione, sulla
quale non incombe, quindi, alcun obbligo di
preventiva escussione del fideiussore; la
garanzia sussidiaria serve a scongiurare che
il Comune possa irrimediabilmente perdere
una entrata di diritto pubblico, ma non
alleggerisce affatto la posizione del
soggetto tenuto al pagamento, né attenua i
doveri di diligenza sullo stesso incombenti,
né estingue di per sé l'obbligazione
principale.
---------------
Il diritto di credito dell'amministrazione
comunale avente ad oggetto il pagamento del
contributo dovuto per il rilascio della
concessione edilizia èa soggetto
all'ordinario termine decennale di
prescrizione, decorrente dalla data di
rilascio della concessione edilizia. Il "dies
a quo" per la prescrizione dell'obbligo
giuridico relativo al pagamento del costo di
costruzione e degli oneri di urbanizzazione
decorre dal giorno del rilascio del titolo
edilizio.
Le sanzioni pecuniarie previste all’art. 42,
d.P.R. n. 380/2001 per i casi di ritardato o
omesso versamento del contributo di
costruzione sono, invece, soggette -in
mancanza di una diversa disciplina legale-
al termine di prescrizione di 5 anni
stabilito dall'art. 28 della legge
24.11.1981, n. 689. In caso di omesso
pagamento del contributo, il dies a quo del
termine di prescrizione quinquennale va
individuato nella scadenza del termine di
240 giorni successivi alla data prevista per
il pagamento del contributo.
--------------
A norma dell’art. 42 del D.P.R. n. 380 del
2001, la sanzione massima, pari al 40% del
contributo dovuto, trova applicazione quando
l'omissione del pagamento del contributo si
protrae fino a 240 giorni dalla scadenza.
Decorso inutilmente tale termine il Comune
può provvedere alla riscossione coattiva del
complessivo credito.
Il termine di prescrizione inizia, dunque, a
decorrere dal 241° giorno successivo alla
scadenza prevista per il pagamento poiché,
in caso di omesso versamento del contributo,
il diritto alla riscossione della sanzione
del 40% può essere fatto valere dal Comune
solo da tale momento.
Nel caso in cui il privato abbia ottenuto la
rateizzazione del pagamento e non abbia
corrisposto l’intero contributo -e dunque
non solo una singola rata- va preso a
riferimento -quale termine di scadenza del
pagamento- il termine di scadenza
dell’ultima rata (e dunque non il termine di
scadenza delle singole rate).
In tale ipotesi, invero, non viene applicata
una sanzione su singole rate ma sull’intero
contributo ed è solo con lo scadere del
termine di pagamento dell’ultima rata che
matura la sanzione sull’intero contributo.
Sono infondate le censure rivolte avverso il
comportamento tenuto dal Comune di
violazione dei doveri di correttezza,
diligenza e buona fede, per avere omesso di
rivolgersi al fideiussore al fine di esigere
il pagamento delle rate del contributo non
pagate, evitando così il maturare degli
interessi e l’irrogazione delle sanzioni.
Il Collegio aderisce all’orientamento, già
accolto in alcuni precedenti della Sezione,
secondo cui l'amministrazione non ha un
obbligo, a fronte del ritardato pagamento
degli oneri concessori, di attivarsi nei
confronti del garante per il recupero di
quanto dovuto (TAR Lombardia, Milano, sez.
II, 21.07.2009, n. 4405; n. 4306/2009;
Consiglio Stato, sez. IV, 10.08.2007, n.
4419; sez. V, 11.11.2005, n. 6345;
16.07.2007 n. 4025; sez. IV 13.03.2008 n.
1084; sez. II, 24.05.2006 n. 7683/2004; TAR
Campania Salerno, sez. II, 16.06.2008, n.
1936).
La fideiussione che accompagna la
rateizzazione del pagamento degli oneri di
urbanizzazione non ha, difatti, la finalità
di agevolare l'adempimento del soggetto
obbligato al pagamento, bensì costituisce
una garanzia personale prestata unicamente
nell'interesse dell'amministrazione, sulla
quale non incombe, quindi, alcun obbligo di
preventiva escussione del fideiussore; la
garanzia sussidiaria serve a scongiurare che
il Comune possa irrimediabilmente perdere
una entrata di diritto pubblico, ma non
alleggerisce affatto la posizione del
soggetto tenuto al pagamento, né attenua i
doveri di diligenza sullo stesso incombenti,
né estingue di per sé l'obbligazione
principale (Cons. Stato, sez. V, 11.11.2005,
n. 6345).
---------------
La società ricorrente contesta, poi,
l’intervenuta prescrizione della pretesa del
pagamento del contributo e delle relative
sanzioni.
Anche questa censura è infondata.
La giurisprudenza è concorde nel ritenere
che il diritto di credito
dell'amministrazione comunale avente ad
oggetto il pagamento del contributo dovuto
per il rilascio della concessione edilizia
sia soggetto all'ordinario termine decennale
di prescrizione, decorrente dalla data di
rilascio della concessione edilizia
(Consiglio Stato, sez. IV, 06.06.2008, n.
2686; sez. V, 04.08.2000, n. 4302).
Nel caso di specie, il "dies a quo"
per la prescrizione dell'obbligo giuridico
relativo al pagamento del costo di
costruzione e degli oneri di urbanizzazione
decorre dal 18.04.2002, giorno del rilascio
del titolo edilizio.
L'impugnata ingiunzione di pagamento è stata
adottata il 10.02.2009, quando il diritto di
credito del Comune non era, dunque,
prescritto.
Le sanzioni pecuniarie previste all’art. 42,
d.P.R. n. 380/2001 per i casi di ritardato o
omesso versamento del contributo di
costruzione sono, invece, soggette -in
mancanza di una diversa disciplina legale-
al termine di prescrizione di cinque anni
stabilito dall'art. 28 della legge
24.11.1981, n. 689 (Cass., Sez. I, sent. n.
23633 del 06-11-2006; TAR Sardegna Cagliari,
sez. II, 30.01.2008, n. 70; TAR Campania,
Salerno, Sez. II, 22.04.2005 n. 647; TAR
Calabria, Catanzaro, Sez. II, 08.10.2001 n.
1514; TAR Sicilia, Catania, Sez. I,
08.05.2006 n. 701).
In caso di omesso pagamento del contributo,
il dies a quo del termine di
prescrizione quinquennale va individuato
nella scadenza del termine di 240 giorni
successivi alla data prevista per il
pagamento del contributo (cfr. TAR
Basilicata Potenza, sez. I, 30.04.2008, n.
141).
---------------
A norma dell’art. 42 del D.P.R. n. 380 del
2001, invero, la sanzione massima, pari al
40% del contributo dovuto trova applicazione
quando l'omissione del pagamento del
contributo si protrae fino a 240 giorni
dalla scadenza. Decorso inutilmente tale
termine il Comune può provvedere alla
riscossione coattiva del complessivo
credito.
Il termine di prescrizione inizia, dunque, a
decorrere dal 241° giorno successivo alla
scadenza prevista per il pagamento poiché,
in caso di omesso versamento del contributo,
il diritto alla riscossione della sanzione
del 40% può essere fatto valere dal Comune
solo da tale momento.
Nel caso in cui il privato abbia ottenuto la
rateizzazione del pagamento e non abbia
corrisposto l’intero contributo -e dunque
non solo una singola rata- (come accade
nella fattispecie oggetto del presente
giudizio in cui la prima rata ha un importo
pari a zero e le altre tre rate non sono
state pagate) va preso a riferimento -quale
termine di scadenza del pagamento- il
termine di scadenza dell’ultima rata (e
dunque non il termine di scadenza delle
singole rate).
In tale ipotesi, invero, non viene applicata
una sanzione su singole rate ma sull’intero
contributo ed è solo con lo scadere del
termine di pagamento dell’ultima rata che
matura la sanzione sull’intero contributo.
Nel caso di specie, il termine di 240 giorni
successivi alla data di scadenza del
pagamento dell’ultima rata (18.10.2003) è il
14.06.2004: poiché l’ingiunzione di
pagamento è del 10.02.2009, anche il diritto
al pagamento delle sanzioni pecuniarie non
si è prescritto
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 08.09.2011 n. 2189 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: 1.
Contributi concessori - Omesso o ritardato
pagamento - Escussione fideiussione -
Obbligo - Non sussiste - Ratio.
2. Giustizia amministrativa - Restituzione
di somme indebitamente riscosse da parte
della P.A. - Diritto del privato agli
interessi legali - Sussiste - Dies a quo -
Proposizione della domanda.
3. Concessione edilizia - Contributo di
concessione - Provvedimento di liquidazione
- Particolare motivazione - Non necessita -
Ratio.
1.
La P.A. non ha l'obbligo, a fronte del
ritardato pagamento degli oneri concessori,
di escutere la fideiussione, evitando in tal
modo di applicare la sanzione: infatti, la
fideiussione che accompagna la rateizzazione
del pagamento degli oneri di urbanizzazione
non ha la finalità di agevolare
l'adempimento del soggetto obbligato al
pagamento, bensì costituisce una garanzia
personale prestata unicamente nell'interesse
dell'amministrazione, sulla quale non
incombe alcun obbligo di preventiva
escussione del fideiussore (TAR Milano, sent.
n. 7308/2010, n. 4405/2009).
2.
Sulle somme indebitamente riscosse dal
Comune relativamente al contributo
concessorio spettano gli interessi legali
dalla data della domanda, dovendosi
presumere la buona fede della P.A.
percipiente e trattandosi di pagamento di
indebito oggettivo, il quale genera la sola
obbligazione di restituzione con gli
interessi a norma dell'art. 2033 c.c. (cfr.
TAR Milano, sent. n. 1463/2004).
3.
Ogni procedura amministrativa volta alla
liquidazione ed al pagamento di oneri
edilizi in senso lato attiene ad attività
non autoritativa e si fonda
sull'applicazione automatica di regole di
calcolo previste da fonte normativa, senza
alcun contenuto di discrezionalità per la
P.A.: pertanto, non è necessaria una
specifica motivazione, dal momento che i
conteggi sono la risultante di un'operazione
di calcolo matematico, effettuata sulla base
di taluni parametri fissati da norme
legislative e sub-legislative (cfr. TAR
Brescia, sent. n. 2382/2009; TAR Parma, sent.
n. 351/2010, TAR Milano, sent. n. 165/2006)
(tratto da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 22.06.2011 n. 1627 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: L'Amministrazione
non ha l'obbligo, a fronte del ritardato
pagamento degli oneri concessori, di
escutere la fideiussione, evitando in tal
modo di applicare la sanzione.
Infatti, la fideiussione che accompagna la
rateizzazione del pagamento degli oneri di
urbanizzazione non ha la finalità di
agevolare l'adempimento del soggetto
obbligato al pagamento, bensì costituisce
una garanzia personale prestata unicamente
nell'interesse dell'amministrazione, sulla
quale non incombe alcun obbligo di
preventiva escussione del fideiussore
Sul punto si
richiama l’orientamento di questa sezione,
secondo cui l'Amministrazione non ha
l'obbligo, a fronte del ritardato pagamento
degli oneri concessori, di escutere la
fideiussione, evitando in tal modo di
applicare la sanzione.
Infatti, la fideiussione che accompagna la
rateizzazione del pagamento degli oneri di
urbanizzazione non ha la finalità di
agevolare l'adempimento del soggetto
obbligato al pagamento, bensì costituisce
una garanzia personale prestata unicamente
nell'interesse dell'amministrazione, sulla
quale non incombe alcun obbligo di
preventiva escussione del fideiussore (ex
multis TAR Lombardia Milano, sez. II,
21.07.2009, n. 4405)
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 22.06.2011 n. 1627 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI
AMMINISTRATIVI -
EDILIZIA PRIVATA:
●
GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA – TERMINI
PROCESSUALI – EQUIPARAZIONE DEL SABATO AI
GIORNI FESTIVI – ESTENSIONE AI TERMINI
COMPUTABILI A RITROSO – ESCLUSIONE – art. 52
c.p.a.
●
GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA – DEPOSITO DI
MEMORIE E DOCUMENTI AI FINI DELL’UDIENZA DI
DISCUSSIONE – PERENTORIETÀ DEI TERMINI –
art. 54 c.p.a.
●
GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA – REVOCAZIONE – RICORSO – OMESSA
INDICAZIONE DEI VIZI – INAMMISSIBILITÀ –
art. 395 c.p.c.; art. 106 c.p.a.
●
GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA – DECISIONE FONDATA
SU RAGIONI MANIFESTE O SU ORIENTAMENTI
GIURISPRUDENZIALI CONSOLIDATI – CONDANNA
DELLA PARTE SOCCOMBENTE A UNA SOMMA DI
DENARO – art. 26 c.p.a.
●
Il sabato è equiparato ai giorni festivi ai
soli fini del compimento degli atti
processuali svolti fuori dell’udienza che
scadono in tale giornata, come la notifica e
il deposito di atti processuali; ai sensi
dell’art. 52, 5° comma, cod. proc. amm.
l’equiparazione non vale però per i termini
che si computano a ritroso (quali il termine
per il deposito dei documenti o delle
memorie, in vista dell’udienza di
discussione).
●
I termini per il deposito delle memorie o
dei documenti, ai sensi dell’art. 54 cod.
proc. amm. sono perentori, perché stabiliti
a garanzia del contraddittorio e della
corretta organizzazione del lavoro del
giudice.
●
È inammissibile il ricorso per revocazione
nel quale non sia indicata alcuna delle
cause di revocazione previste dall’art. 395
c.p.c..
●
Ai sensi dell’art. 26 cod. proc. amm., la parte
soccombente, quando la decisione sia fondata
su ragioni manifeste o su orientamenti
giurisprudenziali consolidati, può essere
condannata al pagamento in favore dell’altra
parte di una somma di denaro equitativamente
determinata, a titolo di indennizzo per il
danno lecito da processo (nella specie, il
collegio, in assenza di elementi contrari,
ha condannato la parte ricorrente ad una
somma pari a quella liquidata per spese di
giudizio).
---------------
●
GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA – RICORSO
GIURISDIZIONALE – TERMINE – COMPUTO –
CRITERIO – INDIVIDUAZIONE
●
GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA – RICORSO
GIURISDIZIONALE – TERMINE – SABATO –
EQUIPARAZIONE AI GIORNI FESTIVI – LIMITE
●
GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA – RICORSO
GIURISDIZIONALE – TERMINE – SABATO –
EQUIPARAZIONE AI GIORNI FESTIVI –
APPLICABILITÀ SOLO AI TERMINI CHE SI
CALCOLANO IN AVANTI, E NON ANCHE A QUELLI A
RITROSO
●
GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA – RICORSO GIURISDIZIONALE –
TERMINE – PER IL DEPOSITO DI DOCUMENTI,
MEMORIE E REPLICHE – INDIVIDUAZIONE
●
Nel caso in cui la legge indica un termine
processuale riferendosi ad un certo numero
di giorni liberi, il suddetto numero di
giorni esclude tanto il dies a quo quanto il
dies ad quem.
●
Ai sensi dell’art. 155, comma 5, c.p.c.,
aggiunto dall’art. 2 comma 1, l. 28.12.2005
n. 263 ed applicabile anche al processo
amministrativo, il sabato è da considerarsi
equiparato ai giorni festivi, ma
limitatamente agli atti processuali scadenti
di sabato e da compiersi fuori dell’udienza,
mentre resta giorno lavorativo per
l’attività degli ufficiali giudiziari e per
gli addetti all’ufficio ricorsi.
●
Nel processo amministrativo la regola
fissata dall’art. 155, comma 5, c.p.c. in
ordine all’equiparazione del sabato ai
giorni festivi, vale solo per i termini che
si calcolano in avanti, e non anche per
quelli che si calcolano a ritroso, atteso
che l’art. 52, comma 5, c.p.a. estende al
sabato solo la proroga dei termini che
scadono di giorno festivo, con la
conseguenza che un termine a ritroso, che
scada di sabato, non va anticipato al
venerdì e, ove scada di domenica, va
anticipato al sabato, e non al venerdì.
●
Ai sensi dell’art. 73, comma 1°, c.p.a. le
parti possono produrre documenti nel termine
perentorio di quaranta giorni liberi prima
dell’udienza, di trenta giorni liberi per le
memorie e di venti giorni liberi per le
repliche, ma se l’ultimo giorno libero cade
in un giorno festivo il deposito va
anticipato a pena di esclusione al giorno
precedente; peraltro, ai sensi del
precedente art. 52, comma 4°, c.p.a., detta
regola non si applica per i termini a
ritroso che scadono di sabato
(massima tratta da www.scuolagiuridica.it).
---------------
6. Preliminare la sezione deve esaminare
l’eccezione, sollevata dalla difesa del
comune, di tardività della memoria difensiva
depositata dalla parte ricorrente il giorno
lunedì 18.04.2011.
6.1. L’eccezione è fondata.
6.2. In ordine alla individuazione dei
termini del processo amministrativo ed ai
criteri di computo degli stessi, in virtù
del rinvio operato dall’art. 39, co. 1,
c.p.a. trova applicazione la disciplina
dettata dal codice di procedura civile salve
le deroghe tipizzate dal c.p.a..
Ai fini del computo dei termini si estende
al processo amministrativo la disciplina
dettata dall’art. 155 c.p.c.; il c.p.a.
aggiunge a tale disciplina alcune
precisazioni in tema di giorno festivo e di
sabato.
Quanto al caso in cui il giorno di scadenza
sia festivo, la proroga di diritto al primo
giorno seguente non festivo opera non solo
per i termini legali, ma anche per quelli
fissati dal giudice (art. 52, co. 3, c.p.a.);
inoltre, nel caso di termini che si
computano a ritroso (come per i giorni
liberi prima dell’udienza), la scadenza
viene anticipata al giorno antecedente non
festivo (art. 52, co. 4, c.p.a. che
recepisce un consolidato indirizzo della
giurisprudenza, cfr. Cass., 12.12.2003, n.
19041); è altresì pacifico che quando la
legge indica il termine riferendosi ad un
certo numero di giorni liberi, il suddetto
numero di giorni esclude tanto il dies a
quo quanto il dies ad quem (cfr.,
fra le tante, Cass., 12.12.2003, n. 19041
cit.; 20.05.2002, n. 7331).
Il sabato è stato equiparato ai festivi (in
virtù della novella di cui all’art. 2, co.
11, d.l. n. 263 del 2005, in vigore dal
01.03.2006); l’equiparazione opera però al
solo fine del compimento degli atti
processuali svolti fuori dell’udienza che
scadono di sabato, onde consentire agli
avvocati di procedere ai relativi
adempimenti, concernenti i termini di
notifica e deposito che scadono di sabato,
il successivo lunedì; a tutti gli altri
effetti il sabato è considerato giorno
lavorativo, anche per quanto attiene,
dunque, alle attività di ufficiali
giudiziari e di addetti agli uffici ricorsi,
come dispone espressamente l’art. 155 c.p.c.
(tanto emerge implicitamente dal decreto del
presidente del Consiglio di Stato n. 83 del
2010 che ha disciplinato, con decorrenza
01.10.2010, gli orari di apertura al
pubblico dell’ufficio ricevimento ricorsi e
delle segreterie delle sezioni
giurisdizionali del Consiglio di Stato).
Il c.p.a. esplicita l’applicabilità della
disciplina sul sabato anche al processo
amministrativo (art. 52, co. 5, c.p.a., in
tal senso si era già espressa la preferibile
giurisprudenza, cfr. Cons. St., sez. IV,
18.02.2008, n. 446).
Questa regola, però, vale solo per i termini
che si calcolano in avanti, e non anche per
i termini che si calcolano a ritroso;
infatti l’art. 52, co. 5, c.p.a. estende al
sabato solo la <<proroga di cui al comma
3>>, ossia la proroga dei giorni che
scadono di giorno festivo, e dunque non
anche il meccanismo di anticipazione di cui
al co. 4; ne consegue che se un termine a
ritroso scade di sabato, esso non va
anticipato al venerdì, così come se il
termine a ritroso scade di domenica, va
anticipato al sabato e non al venerdì.
6.3. Le parti possono presentare memorie e
repliche in vista dell’udienza di
discussione; prima del codice le parti
potevano produrre documenti fino a venti
giorni liberi anteriori al giorno fissato
per l’udienza e presentare memorie fino a
dieci giorni liberi (art. 23, co. 4, l. Tar).
6.3.1. Il nuovo codice ha allungato tali
termini, per meglio garantire lo studio
degli atti processuali ad opera del giudice
e delle parti ed ha aggiunto l’istituto
delle repliche (ammesso dalla precedente
prassi); pertanto le parti possono produrre
documenti fino a quaranta giorni liberi
prima dell’udienza, memorie fino a trenta
giorni liberi e repliche fino a venti giorni
liberi (art. 73, co. 1, c.p.a.); lo scopo
della previsione è quello di consentire alla
controparte di disporre dei termini ivi
previsti per visionare altrui documenti e
memorie.
Stante la su enucleata ratio legis,
prima del codice si è affermato che se
l’ultimo giorno libero cade in giorno
festivo, il deposito va anticipato al giorno
precedente pena la tardività della
produzione (cfr. Cons. giust. amm.
30.03.2009, n. 215); tanto è ora sancito
espressamente dal c.p.a. secondo cui per i
termini computati a ritroso, quali quelli in
esame, la scadenza è anticipata al giorno
antecedente non festivo, ma la regola, come
già visto, non si applica per i termini a
ritroso che scadono di sabato (art. 52, co.
4, c.p.a.).
6.3.2. Prima del codice era disputata la
natura perentoria o meno dei termini per il
deposito di documenti e memorie prevalendo
da ultimo la tesi che, quantomeno avuto
riguardo al termine per le memorie, questo
fosse perentorio integrando un precetto di
ordine pubblico processuale a garanzia
dell’interesse del giudice a conoscere in
tempo utile gli atti processuali (cfr., da
ultimo, Cons. St., sez. V, n. 5245 del 2009;
sez. VI, n. 4699 del 2008).
La questione ha trovato espressa soluzione
nel c.p.a. a tenore del quale la
presentazione tardiva di memorie o documenti
può essere eccezionalmente autorizzata dal
collegio, su richiesta di parte, quando la
produzione nel termine di legge risulta
estremamente difficile; in ogni caso va
assicurato il pieno rispetto del diritto
delle controparti al contraddittorio sugli
atti tardivamente depositati (art. 54, co.
1, c.p.a.).
Se ne desume che:
a) i termini di deposito di documenti, memorie e repliche sono
imposti a pena di decadenza;
b) il deposito tardivo è possibile solo se c’è un autorizzazione
del collegio che si atteggia a rimessione in
termini per errore scusabile, come ipotesi
speciale di essa, di cui condivide i
presupposti;
c) va comunque garantito il contraddittorio.
La giurisprudenza successiva all’entrata in
vigore del codice ha ribadito che tali
termini sono perentori a garanzia del
contraddittorio e della corretta
organizzazione del lavoro del giudice (cfr.
Cons. St., sez. V, 01.04.2011, n. 2032; sez.
V, 29.03.2011, n. 1910; sez. VI, 16.02.2011,
n. 984).
6.4. Facendo applicazione dei su esposti
principi al caso di specie, risulta evidente
che il deposito della memoria difensiva
della società ricorrente, avvenuto lunedì
18.04.2011 in vista dell’udienza di
discussione della presente controversia
fissata per il giorno 17.03.2011, è tardivo
perché effettuato oltre il termine ultimo
per legge individuato nel giorno sabato
16.04.2011.
6.5. Dall’assodata tardività della memoria
depositata dalla società ricorrente, dalla
insussistenza dei presupposti per la
concessione dell’errore scusabile (alla luce
dei rigorosi principi da ultimo enucleati
dall’adunanza plenaria di questo Consiglio
n. 3 del 2010), nonché dalla natura
meramente illustrativa delle comparse
conclusionali, discende l’inutilizzabilità
processuale della memoria depositata il
18.04.2011, in ordine all’integrazione o
specificazione di fatti costitutivi di
domande ed eccezioni non ritualmente
proposte, con tutte le ulteriori conseguenze
connesse all’applicazione dell’art. 26
c.p.a. (cfr. Cons. St., sez. V, 01.04.2011,
n. 2032; 29.03.2011, n. 1926) (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 31.05.2011 n. 3252 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Ritardato pagamento costo di
costruzione - Sanzione pecuniaria ex art. 42
D.P.R. n. 380/2001 - Sospensione pagamento
oneri di urbanizzazione - Diversa disciplina
del costo di costruzione - Legittimità.
2. Ritardato pagamento costo di costruzione
- Sanzione pecuniaria ex art. 42 D.P.R. n.
380/2001 - Fideiussione per pagamento oneri
e costo di costruzione - Irrilevanza -
Legittimità.
1.
Gli oneri di urbanizzazione ed il costo di
costruzione differiscono, oltre che per
finalità, risultando dovuti i primi per
compensare l'aggravio del carico urbanistico
ed i secondi per l'aumentata capacità
contributiva del titolare, per la disciplina
-di cui agli artt. 45 e 46 L.R. n. 12/2005 e
art. 16 D.P.R. n. 380/2001- in forza della
quale la realizzazione di opere a scomputo o
la monetizzazione possono riguardare
soltanto gli oneri di urbanizzazione e non
certo il costo di costruzione per il quale è
previsto dalla legge soltanto il versamento
a favore del Comune, senza modalità
alternative di assolvimento dell'obbligo di
pagamento.
Di conseguenza la sospensione del pagamento
degli oneri di urbanizzazione, non
giustifica il differimento del versamento
del costo di costruzione, risultando
legittima l'applicazione della sanzione ex
art. 42 D.P.R. n. 380/2001 per ritardato
pagamento impugnata.
2.
Ai fini del differimento del pagamento del
costo di costruzione, nessuna rilevanza
assume la presentazione da parte della
ricorrente di una polizza fideiussoria a
garanzia del pagamento degli oneri di
urbanizzazione sospesi ed anche della quota
pari al costo di costruzione, visto che tale
fideiussione costituisce garanzia di
adempimento ma non può assurgere a
giustificazione del ritardo visto che
l'Amministrazione garantita, in caso di
inadempimento, non ha alcun onere di
escutere il fideiussore prima del debitore
principale
(massima
tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 14.03.2011 n. 731 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: In
merito al ritardo del Comune nell'escutere
la fideiussione a garanzia del versamento
degli oo.uu. e, conseguentemente, sugli
effetti circa gli interessi per il mancato
pagamento.
Come affermato da questo Consiglio in caso
consimile (sez. V, 05.02.2003, n. 571), “ove
una società, per il rilascio di una
concessione edilizia per la realizzazione di
un impianto industriale abbia corrisposto la
metà del contributo dovuto per oneri di
urbanizzazione, mentre la parte residua sia
stata rateizzata in due anni e sia stata
consegnata al comune una fideiussione con
espressa rinuncia al "beneficium excussionis"
e l'obbligo del fideiussore di versare
quanto richiesto in termini brevi previo
semplice avviso, sussiste una obbligazione
di garanzia del tutto autonoma rispetto al
rapporto creditore-debitore principale;
pertanto, è sufficiente la semplice
richiesta dal comune al fideiussore per
ottenere il pagamento, con la conseguenza
che l'inerzia del comune va interpretata, in
caso di controversia sul punto
dell'applicabilità dell'art. 3 legge n. 47
del 1985, quale volontà da parte del comune
di rinunziare alla clausola predetta e la
successiva pretesa da parte
dell'amministrazione degli interessi per
ritardato pagamento costituisce violazione
dei doveri di correttezza cui è tenuto il
creditore per rendere meno gravosa la
posizione del debitore nell'adempiere ad
un'obbligazione” (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 02.03.2011 n. 1357 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2010 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
Oneri di urbanizzazione
- Pattuizione negoziale tra P.A. e privato -
Ritardato pagamento rate - Sanzione legale -
Inapplicabilità.
A fronte di una pattuizione negoziale tra
P.A. e privato in materia di oneri di
urbanizzazione, pattuizione che ha
introdotto una disciplina diversa rispetto a
quella legale, non può applicarsi la norma
che introduce il regime sanzionatorio per
violazione di scadenze previste dalla legge,
in quanto la sanzione è legata al termine
legale (massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 10.12.2010 n. 7504 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Nel caso di pattuizione di
pagamento rateizzato degli oo.uu. e costo di
costruzione con scadenze diverse da quelle
previste dalla legge, non può ad una
pattuizione negoziale essere applicata una
sanzione che presuppone l’applicazione dei
termini di adempimento legali, in quanto la
sanzione è legata al termine legale.
L’agire dell’Amministrazione rischia di
violare altresì il principio di legalità in
tema di sanzioni amministrative di cui
all’art. 1 l. 24.11.1981 n. 689, in quanto
verrebbe estesa la sanzione ad una
violazione non prevista dalla legge.
La sanzione comminata per ritardato
pagamento deve essere annullata, mentre sono
stati correttamente applicati gli interessi
legali, calcolati sui 55 giorni di ritardo.
La società ricorrente ha impugnato l’atto di
inflizione della sanzione per ritardato
pagamento della seconda rata degli oneri
dovuti a titolo di urbanizzazione primaria,
secondaria e il costo di costruzione.
Come emerge dalla ricostruzione in fatto,
tra le parti era intervenuto un accordo in
forza del quale il versamento di detta somma
era stata ripartita in due rate, la prima al
ritiro del titolo e la seconda entro il
31.03.2010. Poiché la seconda rata veniva
invece versata in data 27.05.2010,
l’Amministrazione ha applicato la sanzione
per il ritardato pagamento, in forza
dell’art. 42, comma 2, DPR 380/2001, nonché
gli interessi di mora.
Il ricorso è fondato e va accolto.
Il quadro normativo di riferimento è
rappresentato dagli artt. 16 e 42 del DPR
380/2001.
L’art. 16 prevede che il contributo dovuto a
titolo di urbanizzazione e di costo di
costruzione possa essere rateizzato: infatti
il comma secondo stabilisce testualmente che
la quota di contributo relativa agli oneri
di urbanizzazione è corrisposta al comune
all'atto del rilascio del permesso di
costruire e, su richiesta dell'interessato,
può essere rateizzata.
Il successivo comma quarto prevede invece
che la quota di contributo relativa al costo
di costruzione venga determinata all'atto
del rilascio e corrisposta in corso d'opera,
con le modalità e le garanzie stabilite dal
comune, non oltre sessanta giorni dalla
ultimazione della costruzione.
L’art. 42, comma 2, del suddetto T.U.,
contiene il regime sanzionatorio, stabilendo
che, il mancato versamento, nei termini
stabiliti, del contributo di costruzione
comporta:
a) l'aumento del contributo in misura pari
al 10 per cento qualora il versamento del
contributo sia effettuato nei successivi
centoventi giorni;
b) l'aumento del contributo in misura pari
al 20 per cento quando, superato il termine
di cui alla lettera a), il ritardo si
protrae non oltre i successivi sessanta
giorni;
c) l'aumento del contributo in misura pari
al 40 per cento quando, superato il termine
di cui alla lettera b), il ritardo si
protrae non oltre i successivi sessanta
giorni.
Il successivo IV comma statuisce che nel
caso di pagamento rateizzato le norme di cui
al secondo comma si applicano ai ritardi nei
pagamenti delle singole rate.
L’Amministrazione Comunale di Peschiera
Borromeo ha approvato, con delibera della
G.C. n. 99 del 1994, una disciplina generale
di rateizzazione del versamento del
contributo di urbanizzazione e di
costruzione, prevedendo tre rate: la prima
al momento del ritiro del titolo edilizio,
la seconda a 6 mesi dal rilascio dello
stesso e l’ultima entro un anno.
Nel caso di specie tuttavia
l’Amministrazione ha approvato una
rateizzazione differente, in accordo con il
titolare del permesso di costruire, dando
espressamente atto che la rateizzazione era
maggiormente favorevole all’Amministrazione
Comunale, “in quanto prevede l’incasso in
tempi più brevi rispetto a quelli previsti
nella deliberazione di G.C. n. 99/1994”.
Vale fin da ora un raffronto: se le parti
avessero applicato la regola generale di
rateizzazione in tre scaglioni, la società
Ametista avrebbe dovuto versare il 50% al
momento del ritiro del titolo (cioè il
29.12.2009), la seconda rata del 25% entro
il 29.06.2010 e l’ultima rata al 29.12.2010.
Di fatto la società ha invece versato il 50
% al momento del ritiro del titolo e il
residuo il 27.5.2010, quindi in ogni caso
prima della scadenza sia della seconda sia
della terza rata previste dalla disciplina
generale.
Il provvedimento nella parte in cui applica
la sanzione è illegittimo.
Infatti la fonte dell’obbligazione è la
norma di legge, ma i termini di adempimento
dell’obbligazione pecuniaria sono stati
stabiliti in base all’accordo tra le parti.
Alla pattuizione negoziale, che ha
introdotto una disciplina diversa rispetto a
quella legale, ad avviso del Collegio, non
può applicarsi la norma che introduce il
regime sanzionatorio per violazione di
scadenze previste dalla legge.
In altri termini non può ad una pattuizione
negoziale essere applicata una sanzione che
presuppone l’applicazione dei termini di
adempimento legali, in quanto la sanzione è
legata al termine legale.
Qui è stato violato il termine
convenzionale: il ritardo nel versamento del
conguaglio si è infatti verificato rispetto
ad una scadenza negoziale, non a quella
legale.
L’agire dell’Amministrazione rischia di
violare altresì il principio di legalità in
tema di sanzioni amministrative di cui
all’art. 1 l. 24.11.1981 n. 689, in quanto
verrebbe estesa la sanzione ad una
violazione non prevista dalla legge.
Pertanto la sanzione deve essere annullata,
mentre sono stati correttamente applicati
gli interessi legali, calcolati sui 55
giorni di ritardo (TAR Lombardia-Brescia,
Sez. II,
sentenza 10.12.2010 n. 7504 -
link a www.giustizia-mministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Contributi concessori - Omesso
o ritardato pagamento - Procedimento
sanzionatorio - Comunicazione di avvio del
procedimento - Necessità - Non sussiste -
Ratio.
2. Contributi concessori - Omesso o
ritardato pagamento - Escussione
fideiussione - Obbligo - Non sussiste.
3. Abusi edilizi - Sanzioni pecuniarie -
Produzione di interessi legali - Legittimità
- Ratio.
1.
Nei procedimenti sanzionatori per omesso o
ritardato pagamento dei contributi
concessori, non è dovuta comunicazione di
avvio del procedimento, attesa la natura
vincolata dei provvedimenti afflittivi e
l'automatica messa in mora del debitore per
effetto del mancato pagamento alla scadenza,
per cui nessun avviso di avvio del
procedimento è dovuto al debitore stesso (cfr.
TAR Sardegna, sent. n. 70/2008 e Cons. di
Stato, sent. n. 4419/2007).
2.
Nei procedimenti sanzionatori per omesso o
ritardato pagamento dei contributi
concessori, la garanzia fideiussoria, se da
un lato vale certamente a rafforzare la
posizione della P.A. quale creditore
pecuniario, dall'altro non impone però a
quest'ultima la preventiva escussione del
fideiussore né esclude un'attenuazione
dell'obbligo del debitore principale e
neppure vale a trasformare l'obbligazione di
quest'ultimo in una sorta di obbligazione
sussidiaria rispetto a quella del
fideiussore (cfr. Cons. di Stato, sent. n.
2581/2009 e n. 4419/2007; TAR Brescia, sent.
519/2010; TAR Milano, sent. n. 4405/2009 e
n. 4306/2009).
3.
E' legittima la produzione di interessi
legali sulle sanzioni, considerato che il
credito per queste ultime è comunque un
credito liquido ed esigibile, produttivo
come tale di interessi legali secondo la
generale previsione dell'art. 1282 c.c.,
senza contare che, in mancanza del pagamento
degli interessi, il ritardo nel versamento
delle sanzioni andrebbe soltanto a danno
della P.A. (cfr. Cons. di Stato, sent. n.
8345/2003) (massima tratta da www.solom.it -
TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 22.11.2010 n. 7308 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Contributo di concessione -
Ritardato od omesso versamento -
Fideiussione - Legittimazione della P.A. ad
escutere la fideiussione - Sussiste quando,
per il ritardo maturato, è già insorto in
capo al privato l'obbligo di pagare la
sanzione nella misura massima prevista.
2. Contributo di concessione - Ritardato
versamento - Fideiussione - Obbligo (o
onere) del Comune di attivare la garanzia
fideiussoria - Non sussiste prima del
verificarsi di un inadempimento tale da
determinare la riscossione coattiva del
credito complessivo - Inapplicabilità della
sanzione pecuniaria nella misura massima in
presenza di fideiussione - Non sussiste.
1.
In caso di ritardato od omesso versamento
del contributo di concessione (o delle
singole rate di esso), l'Amministrazione può
escutere la fideiussione solamente nel
momento in cui, per il ritardo maturato, è
già insorto in capo al privato l'obbligo di
pagare la sanzione nella misura massima
prevista.
Infatti, il limite temporale (termine
dilatorio) posto alla riscossione coattiva
dall'art. 3, quinto comma, della legge
28.02.1985 n. 47 (oggi trasfuso nell'art. 42
del d.p.r. 06.06.2001 n. 380), è riferibile
ad ogni forma di recupero della somma
dovuta, e quindi anche all'escussione della
garanzia prestata.
2.
È da escludersi l'obbligo (o l'onere) del
Comune di attivare la garanzia fideiussoria
in presenza di un mero ritardo nel
versamento del contributo di concessione (o
delle singole rate di esso), prima del
verificarsi di un inadempimento tale da
determinare la riscossione coattiva del
credito complessivo e, conseguentemente, che
la garanzia fideiussoria renda illegittima
l'applicazione della sanzione pecuniaria
nella misura massima (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 06.07.2010 n. 2777 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Sull'onere o meno del Comune di
escutere la polizza fidejussoria a garanzia
del versamento del contributo di costruzione
scaduti i termini di legge.
Non può rimproverarsi alla p.a. resistente
di avere aggravato la posizione del debitore
principale, non potendo pretendersi che la
stessa, per il fatto che è stata prestata un
fideiussione “a prima richiesta”,
debba subito attivarsi, scaduti i termini di
legge, per l’escussione della polizza.
Deve, invero, ritenersi che
l’amministrazione sia libera di scegliere il
momento in cui agire, e che il maturare
delle maggiorazioni ex art. 81 –legate al
decorso del termine, per fasce temporali o
classi di ritardo nell’assolvimento
dell’obbligazione di pagamento- non possa
che farsi risalire al comportamento del
debitore, affatto libero di effettuare i
versamenti con il maturare delle rate e dei
termini cui sono legate le maggiorazioni per
ritardato pagamento.
Lo stesso non può che dirsi, seguendo il
medesimo filo logico, anche per quanto
concerne il maturare degli interessi legali,
pacificamente legati al decorso del tempo.
Né può seriamente sostenersi che, in forza
dell’art. 1220 c.c., sia stata effettuata
un’offerta reale con gli effetti che ne
conseguono, in detta previsione normativa,
sulla base dei solleciti o pressioni
esercitati sull’amministrazione affinché
accettasse i pagamenti.
Come eccepito dalla p.a. resistente,
infatti, non è stata formalizzata alcuna
offerta reale, e a ciò non ha replicato in
alcun modo la difesa della ricorrente, che
non aveva addotto, a conforto delle sua
affermazioni, riscontri documentali (TAR
Veneto, Sez. II,
sentenza 21.05.2010 n. 2133 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Oneri di urbanizzazione -
ritardato pagamento - sanzioni - art. 3, co.
2, lett. c, L. 47/1985 - garanzia
fideiussoria - obbligo di acquisizione - non
sussiste.
2. Oneri di urbanizzazione - ritardato
pagamento - sanzioni - art. 3, co. 2, lett.
c, L. 47/1985 - garanzia fideiussoria -
determinazione della sanzione in caso di
mancata attivazione di detta garanzia
3. Sanzione amministrativa - natura di
credito portable - Interessi.
1.
In relazione al pagamento degli oneri di
urbanizzazione, non esiste un obbligo del
Comune di acquisire la garanzia fideiussoria,
e, pertanto, qualora esso si attivi, non
esiste neanche l'obbligo di farlo
immediatamente alla scadenza del termine per
il pagamento onde evitare che l'ammontare
delle sanzioni cresca con il decorso del
tempo (in materia di obbligazioni
portable da adempiere nel domicilio del
creditore quali quelle pecuniarie, e con
termine di adempimento che esonera dalla
costituzione in mora del debitore, il
creditore è soltanto facultato ad attivare
la solidale responsabilità del fideiussore,
e non è tenuto ad escutere il coobligato
piuttosto che attendere il pagamento,
ancorché tardivo, salva l'esistenza di
apposita clausola in tal senso).
2.
In tema di oneri concessori, la fideiussione
non ha lo scopo di agevolare l'adempimento
da parte del soggetto obbligato al
pagamento, configurandosi piuttosto come una
garanzia personale nell'interesse
dell'Amministrazione, finalizzata a
rafforzare la generica garanzia del credito
rappresentata dal patrimonio
dell'interessato; pertanto, non spetta al
soggetto tenuto al pagamento determinare le
modalità di esercizio da parte
dell'Amministrazione della facoltà di
attivazione della garanzia, non sussistendo
alcun obbligo di preventiva escussione del
fideiussore e non comportando la mancata
escussione del garante la liberazione del
garantito).
Pertanto, anche in presenza di un
fideiussore, l'inadempimento rimane tale e
le sanzioni sono senz'altro dovute ma -a
meno che non sia previsto un beneficio di
escussione in favore del fideiussore- sono
dovute nella misura del 20%, che è la misura
prevista per il ritardo nel pagamento del
saldo degli oneri anche per un solo giorno.
3.
Il credito al pagamento della sanzione
amministrativa è un credito liquido ed
esigibile, che, in quanto tale, produce
naturaliter interessi, posto che il
credito liquido è quello determinato nel suo
ammontare o determinabile con mere
operazioni matematiche, ed il credito
esigibile è quello non sottoposto a termine,
né a condizione sospensiva: la norma
generale dell'art. 1282 c.c. non viene
derogata da previsioni speciali nella
materia in esame e d'altronde essa è
applicabile alle sanzioni amministrative
pecuniarie una volta sorta l'obbligazione
ex lege di pagare, altrimenti
l'ulteriore ritardo nel pagamento della
sanzione pecuniaria andrebbe a danneggiare
unicamente la pubblica amministrazione
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 02.02.2010 n. 519 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2009 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
1. Ritardato pagamento rata costo
di costruzione.
2. Sanzioni amministrative - fideiussione
con rinuncia al beneficio di preventiva
escussione.
1.
L'atto con il quale l'Amministrazione
comunale liquida - con riferimento ad una
determinata concessione edilizia- i
contributi urbanistici, in applicazione di
determinazioni generali, ha carattere
ricognitivo e contabile, non presentando
alcun margine di discrezionalità. e le
controversie sui contributi di concessione
edilizia, ivi comprese quelle che irrogano
le sanzioni per mancato pagamento, sono
devolute alla giurisdizione del giudice
amministrativo, a partire dall'art. 16 della
l. 28.01.1977 n. 10 ed ora in forza
dell'art. 7 della L. n. 205 del 21.07.2000.
2.
E' illegittima l'applicazione delle sanzioni
per il ritardo nel versamento nel caso in
cui il titolare della concessione, a
garanzia del pagamento dei contributi
concessori, abbia stipulato fideiussione
contenente rinuncia al beneficio di
preventiva escussione.
Il Comune ha infatti uno specifico dovere,
fondato sugli articoli 1175, 1375 e 1227,
comma 2, del cod. civ., di richiedere quanto
dovutogli al garante, con la conseguenza che
-se esso viene meno a tale dovere e resta
inerte- viola l'obbligo gravante sul
creditore di attivarsi per non aggravare la
posizione del debitore (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez.
II,
sentenza 22.10.2009 n. 1760 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Il
Collegio condivide l’orientamento -già
espresso in sede cautelare- che ritiene
illegittima l'applicazione delle sanzioni
per il ritardo nel versamento nel caso in
cui il titolare della concessione, a
garanzia del pagamento dei contributi
concessori, abbia stipulato fideiussione
contenete rinuncia al beneficio di
preventiva escussione.
Finché il termine per il pagamento non è
spirato, l'obbligato principale non può
essere ritenuto in ritardo o inadempiente,
né il Comune potrebbe agire nei suoi
confronti o nei confronti del garante; solo
allorché il termine sia scaduto ed il
ritardo nell'adempimento si sia così
concretizzato, l'Amministrazione ha
l'obbligo -radicato sui principi sopra
richiamati e finalizzato ad evitare che il
persistente ritardo possa comportare
l'assoggettamento del debitore a più gravi
sanzioni- di pretendere il dovuto dal
garante.
L’art. 3 della L. n. 47/1985 (vigente
all’epoca ed ora trasfuso nell’art. 42 del
T.U. n. 380/2001) dispone che “…Il
mancato versamento, nei termini di legge,
del contributo di concessione di cui agli
articoli 3, 5, 6 e 10, L. 28.01.1977, n. 10
, comporta:
a) l'aumento del contributo in misura pari
al 20 per cento qualora il versamento del
contributo sia effettuato nei successivi
centoventi giorni;
b) l'aumento del contributo in misura pari
al 50 per cento quando, superato il termine
di cui alla lettera a), il ritardo si
protrae non oltre i successivi sessanta
giorni;
c) l'aumento del contributo in misura pari
al 100 per cento quando, superato il termine
di cui alla lettera b), il ritardo si
protrae non oltre i successivi sessanta
giorni. …”
Pur dando atto della presenza di
contrastanti indirizzi giurisprudenziali al
riguardo, il Collegio condivide
l’orientamento -già espresso in sede
cautelare- che ritiene illegittima
l'applicazione delle sanzioni per il ritardo
nel versamento nel caso in cui il titolare
della concessione, a garanzia del pagamento
dei contributi concessori, abbia stipulato
fideiussione contenete rinuncia al beneficio
di preventiva escussione.
E’ stato infatti rilevato che il Comune ha
uno specifico dovere, fondato sugli articoli
1175, 1375 e 1227, comma 2, del cod. civ.,
di richiedere quanto dovutogli al garante,
con la conseguenza che -se esso viene meno a
tale dovere e resta inerte- viola l'obbligo
gravante sul creditore di attivarsi per non
aggravare la posizione del debitore (cfr.
TAR Napoli Sez. II 21.05.2008 n. 4856, TAR
Basilicata 23.01.2006 n. 4; Cons. St., Sez.
V, 05.02.2003, n. 585, 10.01.2003 n. 32).
Va peraltro soggiunto che dalle
considerazioni che precedono non può però
farsi derivare la conseguenza che non possa
applicarsi alcuna sanzione. Invero,
condivisibile giurisprudenza (cfr. TAR
Napoli Sez. II 21.05.2008 n. 4856, TAR
Basilicata 23.01.2006 n. 4 e TAR Lazio
Latina, 13.11.2006, n. 1660) ha posto in
luce che l'obbligo del Comune di attivarsi
per recuperare il dovuto dal garante sorge
soltanto allorché sia spirato il termine per
il pagamento e il debitore principale sia
rimasto inadempiente.
E’ stato quindi chiarito che fino alla
scadenza il Comune non è tenuto ad alcun
adempimento, perché trattandosi di
obbligazione portable, che doveva
essere adempiuta al domicilio del creditore
(art. 1182 del codice civile), per tali
obbligazioni non è necessaria la
costituzione in mora del debitore quando,
essendo stabilito un termine, lo stesso è
scaduto inutilmente (art. 1219 del codice
civile).
In altri termini, finché il termine per il
pagamento non è spirato, l'obbligato
principale non può essere ritenuto in
ritardo o inadempiente, né il Comune
potrebbe agire nei suoi confronti o nei
confronti del garante; solo allorché il
termine sia scaduto ed il ritardo
nell'adempimento si sia così concretizzato,
l'Amministrazione ha l'obbligo -radicato sui
principi sopra richiamati e finalizzato ad
evitare che il persistente ritardo possa
comportare l'assoggettamento del debitore a
più gravi sanzioni- di pretendere il dovuto
dal garante.
Quanto sopra porta evidentemente a ritenere
che un sia pur limitato ritardo nella
riscossione, ove il debitore principale non
rispetti il termine previsto per il
pagamento, è inevitabile anche se il Comune
chieda immediatamente l'adempimento al
garante (e questo provveda); ciò implica
quindi l'applicazione della sanzione
prevista per il ritardo nell'adempimento
protratto per i primi 120 giorni.
È chiaro però che -ove il Comune resti del
tutto inerte e il pagamento avvenga con
ritardo superiore a 120 giorni- esso non
potrà pretendere di applicare le
maggiorazioni della sanzione previste,
perché il maggior ritardo avrebbe potuto
essere evitato (e la posizione del debitore
non aggravata) se esso avesse esercitato
correttamente e diligentemente i propri
diritti (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 22.10.2009 n. 1760 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Pagamento a favore di un ente
pubblico - reversale di incasso -
predisposizione anticipata - non necessaria.
2. Sanzioni ex art. 3 L. 47/1985 -
sollecitazione ad adempiere - non
necessaria.
1.
Per effettuare un pagamento a favore di un
ente pubblico non è necessaria alcuna
reversale di incasso predisposta dagli
uffici.
In base al principio contenuto ancora
nell'art. 197, comma 2, del RD 12.02.1911 n.
297 (in seguito nuovamente codificato
nell'art. 24, comma 4, del Dlgs. 25.02.1995
n. 77 e ora nell'art. 180, comma 4, del Dlgs.
18.08.2000 n. 267) il tesoriere deve
accettare la riscossione di ogni somma
versata in favore dell'ente, anche senza la
preventiva emissione di un ordinativo di
incasso (è poi compito del tesoriere dare
immediata comunicazione all'ente
dell'avvenuto pagamento richiedendo la
conferma o la regolarizzazione).
La mancata predisposizione in via anticipata
delle reversali di incasso da parte degli
uffici comunali non costituisce rifiuto
illegittimo di ricevere il pagamento ai
sensi degli art. 1206-1207 cc.
2.
La natura sanzionatoria delle misure ex art.
3 della legge 47/1985 impone che l'ente
pubblico stabilisca in modo chiaro le
obbligazioni del privato e che quest'ultimo
sia messo in condizione di adempiere. Non è
necessario invece che il privato sia
sollecitato ad adempiere o agevolato in
altro modo.
Pertanto, se il rapporto con
l'amministrazione è trasparente e il privato
è puntualmente informato delle scadenze
delle rate degli oneri concessori non
servono ulteriori atti di impulso diretti a
provocare l'adempimento.
Parimenti non è necessaria la preventiva
escussione del fideiussore, a meno che un
obbligo in questo senso non sia stato
espressamente assunto dall'amministrazione
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 11.09.2009 n. 1688 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Sul
ritardato pagamento del contributo di
costruzione in forma rateizzata.
La natura sanzionatoria delle misure ex art.
3 della legge 47/1985 impone che l’ente
pubblico stabilisca in modo chiaro le
obbligazioni del privato e che quest’ultimo
sia messo in condizione di adempiere. Non è
necessario invece che il privato sia
sollecitato ad adempiere o agevolato in
altro modo.
Pertanto, se il rapporto con
l’amministrazione è trasparente e il privato
è puntualmente informato delle scadenze
delle rate degli oneri concessori non
servono ulteriori atti di impulso diretti a
provocare l’adempimento.
Parimenti non è necessaria la preventiva
escussione del fideiussore, a meno che un
obbligo in questo senso non sia stato
espressamente assunto dall’amministrazione
(TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 11.09.2009 n. 1688 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Facoltà dell'Amministrazione di
escutere la fideiussione a garanzia del
pagamento degli oneri concessori - Mancato
pagamento degli oneri concessori maggiorati
nella misura massima di cui all'art. 42
D.P.R. n. 380/2001 - Sussistenza.
La facoltà dell'Amministrazione di escutere
la fideiussione a garanzia del pagamento
delle rate di debito degli oneri concessori
sorge solo quando, per il ritardo maturato,
è già insorto in capo al privato l'obbligo
di pagare la sanzione nella misura massima
prevista dall'art. 42 D.P.R. n. 380/2001; la
fideiussione non ha la finalità di agevolare
l'adempimento del soggetto obbligato al
pagamento, ma costituisce la garanzia
personale prestata nell'interesse
dell'Amministrazione (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 21.07.2009 n. 4405 -
link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
riscossione coattiva degli oo.uu. rateizzati
si configura come la conseguenza per
l’ipotesi in cui il ritardo si protragga
oltre il 240° giorno (che va ad aggiungersi
alla sanzione dell’aumento del contributo
nella misura pari al 40%).
La facoltà di escutere la fideiussione sorge
solo quando, per il ritardo maturato, è già
insorto in capo al privato l’obbligo di
pagare la sanzione nella misura massima
prevista (40%).
In
merito all'applicazione della sanzione per
ritardato pagamento degli oneri di
urbanizzazione
si sono registrate due posizioni in
giurisprudenza: secondo il primo
orientamento, richiamato da parte
ricorrente, cui aveva in passato anche
aderito questo Tribunale, in presenza di una
fideiussione a garanzia del pagamento delle
rate di debito degli oneri concessori è
illegittima l'ingiunzione di corrispondere
in misura doppia gli oneri concessori
scaduti, senza escutere la garanzia, per
violazione del generale dovere di
correttezza di cui all'art. 1175 c.c. e del
principio di cui all'art. 1227 c.c., che
impone al creditore di non aggravare la
posizione del debitore.
In presenza di una fideiussione bancaria “a
semplice richiesta” a garanzia
dell’importo da versare per il contributo a
titolo di oneri urbanistici, una volta
verificato che l'interessato ha omesso di
corrispondere i ratei alle scadenze
previste, è illegittima l'emanazione di
un'ordinanza per il pagamento di una somma
comprendente (oltre alle rate non pagate) le
sanzioni, ciò in quanto sarebbe stata
sufficiente la semplice richiesta al
fideiussore (iniziativa non gravosa né
esposta a rischi di sorta) per evitare un
consistente aggravamento della posizione
debitoria del privato e per conseguire
tempestivamente il credito (Cons. Stato,
sez. V 03.07.1995 n. 1001; Cons. Stato, sez.
V 05.02.2003 n. 585 e 10.01.2003 n. 32 ; TAR
Veneto, sez. II, 09.02.2006, n. 342; TAR
Sardegna, sez. II, 07.08.2006 , n. 1595; Tar
Lombardia, Milano, sez. II, 07.10.2003, n.
4505)
Va però puntualizzato che nel precedente di
questa Sezione vi è era anche un espresso
impegno dell’Amministrazione ad utilizzare
la predetta garanzia per il caso di inutile
decorso dei termini di scadenza delle rate (
sez. II, 07.10.2003, n. 4505).
Diverso orientamento afferma che la
fideiussione che accompagna la rateizzazione
del pagamento degli oneri di urbanizzazione
non ha la finalità di agevolare
l'adempimento del soggetto obbligato al
pagamento, bensì costituisce una garanzia
personale prestata unicamente nell'interesse
dell'amministrazione, sulla quale non
incombe alcun obbligo di preventiva
escussione del fideiussore; invero, la
garanzia sussidiaria serve a scongiurare che
il Comune possa irrimediabilmente perdere
una entrata di diritto pubblico, ma non
alleggerisce affatto la posizione del
soggetto tenuto al pagamento, né attenua i
doveri di diligenza sullo stesso incombenti,
né estingue di per sé l'obbligazione
principale (TAR Campania Salerno, sez. II,
16.06.2008, n. 1936).
E’ stato puntualmente precisato dal
Consiglio di Stato, nella decisione n.
6345/2005, che l'art. 1227 c.c. “esula
del tutto dall'ambito sanzionatorio, in cui
l'ente investito della potestà punitiva non
può certamente equipararsi al creditore di
un'obbligazione risarcitoria, tanto più
allorquando la progressione illecita del
trasgressore -puntualmente scandita da
graduati e ragionevoli aggravamenti delle
sanzioni in corrispondenza del protrarsi del
ritardo nel pagamento- non abbia ancora
esaurito tutta l'antigiuridicità presa in
considerazione dalla singola previsione
applicata […]" (Cons. Stato, sez. V,
11.11.2005, n. 6345; Cons. Stato, sez. IV
13.03.2008 n. 1084; Cons. Stato, sez. V
16.07.2007 n. 4025; Cons. Stato, sez. II,
24.05.2006 n. 7683/2004; TAR Mi II,
02.02.1998 n. 136; TAR Campania Salerno,
sez. II, 16.062008, n. 1936).
Recentemente la Sezione nella sentenza n.
4306/2009, ha ritenuto di seguire questo
orientamento, esaminando il procedimento
dell’art. 42, d.P.R. n. 380/2001, che
configura la riscossione coattiva come la
conseguenza per l’ipotesi in cui il ritardo
si protragga oltre il 240° giorno (che va ad
aggiungersi alla sanzione dell’aumento del
contributo nella misura pari al 40%).
Con tale norma viene posta indirettamente
una tutela nei confronti del privato, estesa
ad ogni forma di recupero della somma dovuta
e quindi anche alla escussione della
garanzia prestata: “sarebbe illogico che
il debitore non possa subire, prima dello
scadere del 240° giorno, la riscossione
coattiva del credito da parte della p.a. ma
sia esposto all’azione di regresso del
fideiussore.”
La facoltà di escutere la fideiussione sorge
solo quando, per il ritardo maturato, è già
insorto in capo al privato l’obbligo di
pagare la sanzione nella misura massima
prevista.
In applicazione a tale principio, nel caso
di specie l’operato dell’Amministrazione
risulta scevro da ogni profilo di
illegittimità, in quanto non si può
configurare un obbligo dell’Amministrazione
di escutere la fideiussione allo scadere del
termine di pagamento (TAR Lombardia-Milano,
Sez. II,
sentenza 21.07.2009 n. 4405 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: In
caso di pagamento rateizzato degli oneri di
urbanizzazione, la polizza fidejussoria di
garanzia è pari alla somma garantita (più
interessi legali) senza aggiungervi
l'importo corrispondente alla sanzione
massima per l'eventuale ritardato pagamento
(40%).
Ai sensi del comma 5
dell'art. 42 del DPR n. 380/2001,
l'amministrazione può procedere alla
riscossione coattiva del complessivo credito
solo una volta decorso inutilmente il
termine di cui alla lett. c) del comma 2
(termine scaduto il quale scatta la sanzione
massima, pari all'aumento del contributo in
misura del 40%).
In merito all'applicazione della sanzione
per ritardato pagamento degli oneri di
urbanizzazione la giurisprudenza non ha una
posizione unitaria.
Un orientamento è dell'avviso che allorché
l'amministrazione abbia ottenuto dal privato
una fidejussione bancaria "a semplice
richiesta" a garanzia dell'importo da
versare per il contributo a titolo di oneri
urbanistici e, successivamente, verifichi
che l'interessato ha omesso di corrispondere
i ratei alle scadenze previste, è
illegittima l'emanazione di un'ordinanza per
il pagamento di una somma comprendente
(oltre alle rate non pagate) le sanzioni,
ciò in quanto sarebbe stata sufficiente la
semplice richiesta al fidejussore
(iniziativa non gravosa né esposta a rischi
di sorta) per evitare un consistente
aggravamento della posizione debitoria del
privato (ai sensi dell'art. 1227, comma 2,
c.c.) e per conseguire tempestivamente il
credito (Cons. Stato, sez. V 03.07.1995 n.
1001; Cons. Stato sez. V 05.02.2003 n. 585 e
10.01.2003 n. 32; TAR Veneto, sez. II,
09.02.2006, n. 342; TAR Sardegna, sez. II,
07.08.2006, n. 1595; TAR Lombardia-Milano,
sez. II, 07.10.2003, n. 4505).
Altro orientamento sostiene, invece, che non
sussista in capo alla p.a. un obbligo di
previa escussione del fidejussore. Il
Consiglio di Stato con la sentenza n.
6345/2005 ha affermato che l'art. 1227 c.c.
"esula del tutto dall'ambito
sanzionatorio, in cui l'ente investito della
potestà punitiva non può certamente
equipararsi al creditore di un'obbligazione
risarcitoria, tanto più allorquando la
progressione illecita del trasgressore
-puntualmente scandita da graduati e
ragionevoli aggravamenti delle sanzioni in
corrispondenza del protrarsi del ritardo nel
pagamento- non abbia ancora esaurito tutta
l'antigiuridicità presa in considerazione
dalla singola previsione applicata (...) La
fidejussione che accompagna la rateizzazione
del pagamento degli oneri di urbanizzazione
non ha la finalità di agevolare
l'adempimento del soggetto obbligato al
pagamento, bensì costituisce una garanzia
personale prestata unicamente nell'interesse
dell'amministrazione, sulla quale non
incombe alcun obbligo di preventiva
escussione del fidejussore; invero, la
garanzia sussidiaria serve a scongiurare che
il Comune possa irrimediabilmente perdere
una entrata di diritto pubblico, ma non
alleggerisce affatto la posizione del
soggetto tenuto al pagamento, né attenua i
doveri di diligenza sullo stesso incombenti,
né estingue di per sé l'obbligazione
principale" (Cons. Stato, sez. V,
11.11.2005, n. 6345; Cons. Stato, sez. IV,
13.03.2008 n. 1084; Cons. Stato, sez. V,
16.07.2007 n. 4025; Cons. Stato, sez. II,
24.05.2006 n. 7683; TAR Milano, sez. II,
02.02.1998 n. 136; TAR Campania-Salerno,
sez. II, 16.06.2008 n. 1936).
Il collegio ritiene corretta la conclusione
cui perviene quest'ultimo orientamento per
le seguenti, ulteriori, ragioni.
Ai sensi del comma 5 dell'art. 42 del DPR n.
380/2001, l'amministrazione può procedere
alla riscossione coattiva del complessivo
credito solo una volta decorso inutilmente
il termine di cui alla lett. c) del comma 2
(termine scaduto il quale scatta la sanzione
massima, pari all'aumento del contributo in
misura del 40%).
La riscossione coattiva è, dunque, la
conseguenza più grave prevista dalla legge
per l'ipotesi in cui il ritardo si protragga
oltre il 240° giorno (che va ad aggiungersi
alla sanzione dell'aumento del contributo
nella misura pari al 40%).
La p.a. può, pertanto, escutere la
fidejussione solamente in un momento in cui,
per il ritardo maturato, è già insorto in
capo al privato l'obbligo di pagare la
sanzione nella misura massima prevista.
Poiché ai sensi del comma 4 dell'art. 42 del
DPR n. 380/2001, in caso di pagamento
rateizzato, le norme di cui al secondo comma
si applicano ai ritardi nei pagamenti delle
singole rate, anche con riferimento a tali
ipotesi, l'escussione del fidejussore potrà
intervenire solamente allo scadere del 240°
giorno di ritardo, allorché, dunque, è già
scattato l'aumento del contributo nella
misura del 40% (TAR Lombardia-Milano Sez. II,
sentenza 06.07.2009 n. 4306). |
EDILIZIA PRIVATA:
Concessione di costruzione -
Contributi - Pagamento - Ritardo -
Escussione fideiussione - Obbligo - Non
sussiste.
E' legittima l'ordinanza con la quale il
Comune irroga la sanzione pecuniaria per
ritardato od omesso versamento del
contributo afferente alla concessione senza
preventiva escussione della fideiussione:
non sussiste, infatti in capo alla p.a. un
obbligo di previa escussione del
fideiussore, atteso che la fideiussione che
accompagna la rateizzazione del pagamento
degli oneri di urbanizzazione non ha la
finalità di agevolare l'adempimento del
soggetto obbligato al pagamento, bensì
costituisce una garanzia personale prestata
unicamente nell'interesse
dell'amministrazione, sulla quale non
incombe alcun obbligo di preventiva
escussione del fideiussore (cfr. Cons. di
Stato, sent. nn. 6345/2005; n. 1084/2008;
4025/2007; TAR Milano sent. n. 136/1998; TAR
Salerno, sent. n. 1936/2008) (massima tratta
da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 06.07.2009 n. 4306). |
EDILIZIA PRIVATA:
Il termine di prescrizione della
sanzione irrogata per ritardato pagamento
del contributo dovuto per gli oneri di
urbanizzazione e per il costo di costruzione
è di 5 anni.
Giova richiamare il consolidato e persuasivo
orientamento della giurisprudenza
amministrativa (cfr., tra le altre, TAR
Basilicata, 30.04.2008 n. 141; TAR Campania,
Salerno, Sez, II, 22.04.2005 n. 647; TAR
Calabria, Catanzaro, Sez. II, 08.10.2001 n.
1514; TAR Sicilia, Catania, Sez. I,
08.05.2006 n. 701) secondo cui il termine di
prescrizione della sanzione irrogata per
ritardato pagamento del contributo dovuto
per gli oneri di urbanizzazione e per il
costo di costruzione è di 5 anni in
applicazione della normativa dettata
dall’art. 28 della legge n. 689 del 1981, la
quale è estesa dall’art. 12 della stessa
legge a “tutte le violazioni per le quali
è prevista la sanzione amministrativa del
pagamento di una somma di denaro, anche
quando questa sanzione non è prevista in
sostituzione di una sanzione penale”.
Ed invero, il suddetto art. 28, che fissa in
5 anni il termine di prescrizione del
diritto a riscuotere le somme dovute, in
virtù della disposta estensione prevista
dall’art. 12 della stessa legge, si applica
a tutte le sanzioni amministrative di tipo
afflittivo, tra le quali deve essere
ricompresa quella conseguente al ritardato
od omesso versamento dei contributi
afferenti la concessione edilizia (oggi,
permesso di costruire), atteso che
l’irrogazione della stessa, essendo volta a
sanzionare la non puntuale osservanza
dell’obbligo contributivo, presenta di certo
carattere afflittivo, e ciò la prefigura
svincolata da ogni forma di protezione
diretta dell’interesse di natura
urbanistica.
Sempre a norma del citato art. 28, il “..diritto
a riscuotere le somme dovute per le
violazioni indicate dalla presente legge si
prescrive nel termine di cinque anni dal
giorno in cui è stata commessa la
violazione…”.
Nel caso di specie, il “dies a quo”
del termine di prescrizione quinquennale va
individuato nella scadenza del termine di
240 giorni successivi alla data prevista per
il pagamento della 1^ e della 2^ rata
relative al contributo dovuto per il costo
di costruzione (cfr. art. 42, secondo comma
lett. c, del D.P.R. n. 380 del 2001, come
sostituita dall’art. 27, comma 17, L. n. 448
del 2001).
Infatti, a norma del citato art. 42, secondo
comma lett. c), del D.P.R. n. 380 del 2001,
quando l’omissione del pagamento del
contributo si protrae fino a 240 giorni
dalla scadenza prevista va applicata una
sanzione pecuniaria pari al 40% del
contributo dovuto.
A norma del successivo comma 5 dello stesso
articolo, decorso inutilmente il predetto
termine di 240 giorni, il comune provvede
alla riscossione coattiva del complessivo
credito (sia di quello relativo al
contributo non versato, sia della sanzione
da irrogare per l’omesso versamento).
Il momento in cui si consuma la violazione
va, quindi, individuato nella inutile
scadenza del termine di 240 giorni, decorso
il quale la sanzione correlata al mancato
versamento del contributo dovuto (o di una o
più rate dello stesso) era ovviamente
riscuotibile (in questa sede non è
controversa la misura della sanzione
concretamente applicata dal Comune, non
avendo il ricorrente formulato alcuna
censura in proposito), insieme con la 1^ e
la 2^ rata del contributo (TAR Basilicata,
sentenza 22.04.2009 n. 138 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
La liquidazione degli oneri di
urbanizzazione non necessita di alcuna
specifica motivazione, poiché essa consiste
nell'applicazione rigida di parametri
determinati da norme legislative o
regolamentari.
L’obbligo di pagamento delle sanzioni per il
ritardato versamento del contributo discende
direttamente dall’art. 3 della legge n.
47/1985, e non necessita di alcuna
iniziativa dell’amministrazione comunale,
cui la norma demanda unicamente l’onere di
provvedere alla riscossione coattiva del
credito complessivo, costituito dal
contributo aumentato della sanzione.
Per giurisprudenza oramai assolutamente
costante il contributo relativo agli oneri
di urbanizzazione costituisce un
corrispettivo di diritto pubblico posto a
carico del costruttore, connesso al rilascio
della concessione edilizia, a titolo di
partecipazione del concessionario ai costi
delle opere di urbanizzazione in proporzione
all'insieme dei benefici che la nuova
costruzione ne ritrae. Esso ha carattere
generale e prescinde totalmente
dall'esistenza, o meno, delle singole opere
di urbanizzazione, nel senso che viene
determinato indipendentemente sia
dall'utilità che il concessionario ritrae
dal titolo edificatorio sia dalle spese
effettivamente occorrenti per realizzare
dette opere (fra le molte, cfr. Cons. Stato,
sez. V, 15.12.2005, n. 7140).
La liquidazione degli oneri di
urbanizzazione non necessita di alcuna
specifica motivazione, poiché essa consiste
nell'applicazione rigida di parametri
determinati da norme legislative o
regolamentari, quantomeno conoscibili
all'onerato (giurisprudenza pacifica, cfr.
Cons. Stato, sez. V, 09.02.2001, n. 584).
In via generale, l’obbligo di pagamento
delle sanzioni per il ritardato versamento
del contributo discende direttamente
dall’art. 3 della legge n. 47/1985, e non
necessita di alcuna iniziativa
dell’amministrazione comunale, cui la norma
demanda unicamente l’onere di provvedere
alla riscossione coattiva del credito
complessivo, costituito dal contributo
aumentato della sanzione (TAR Toscana, Sez.
II,
sentenza 03.04.2009 n. 562 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Concessione edilizia - Proroga -
Conseguenze - Proroga termine pagamento
oneri - Sanzione per ritardato pagamento -
Illegittimità.
La proroga della concessione edilizia alle
stesse condizioni, prescrizioni e norme
contenute nella concessione stessa, comporta
anche lo spostamento del termine di
pagamento dell'obbligazione patrimoniale
accessoria determinata con riferimento alla
conclusione dei lavori: infatti, una volta
concessa la proroga della validità della
concessione alle stesse condizioni, anche il
termine di pagamento, legato alla
circostanza di fatto della conclusione dei
lavori, viene necessariamente posticipato.
E' pertanto illegittima la sanzione per
ritardato pagamento che faccia riferimento
al primo termine antecedente alla proroga
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 20.03.2009 n. 1947 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Lombardia,
l'interpretazione autentica della l.r. n.
12/2005 circa il versamento degli oneri di
urbanizzazione sia nel caso di permesso di
costruire sia nel caso di d.i.a.
(Regione Lombardia, Direzione Generale
Territorio e Urbanistica,
nota 29.01.2009 n. 1983 di prot.). |
anno 2008 |
|
EDILIZIA PRIVATA: Metodo
di calcolo contributo di costruzione.
Il sindaco del Comune di XXX, chiede quale
sia il metodo di calcolo corretto per il
contributo di costruzione, nel caso di
rinnovazione del titolo abilitativo, a causa
del mancato completamento delle opere nel
termine di legge (Regione Piemonte,
parere n. 174/2008 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Sulla
riscossione coattiva degli oneri concessori.
Con riguardo alle modalità di riscossione
degli oneri concessori, a seguito delle
innovazioni normative succedutesi alla legge
n. 10/1977, gli enti interessati sono liberi
di decidere se procedere direttamente
mediante ingiunzione vidimata ai sensi del
R.D. n. 639/1910, oppure avvalersi della
normativa di modifica sulla riscossione
coattiva (d.p.r. 28.01.1988 n. 43 di
istituzione del servizio di riscossione dei
tributi e di altre entrate dello Stato e di
altri enti pubblici), senza che il ricorso
all’uno o all’altro dei meccanismi
procedimentali di riscossione possa
ritenersi di per sé lesivo delle garanzie di
effettività della tutela giurisdizionale
assicurate dalla Carta Costituzionale, come
del resto chiaramente dimostrato dalla
stessa proposizione del ricorso in esame (cfr.
in termini: TAR Lombardia, Milano, Sez. II,
20.10.2006 n. 2061) (TAR Sardegna, Sez. II,
sentenza 17.06.2008 n. 1212 -
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EDILIZIA PRIVATA:
La fideiussione che accompagna la
rateizzazione del pagamento degli oneri di
urbanizzazione non ha la finalità di
agevolare l’adempimento del soggetto
obbligato al pagamento, bensì costituisce
una garanzia personale prestata unicamente
nell’interesse dell’Amministrazione, sulla
quale non incombe alcun obbligo di
preventiva escussione del fideiussore.
La questione portata all’esame del Collegio
concerne la legittimità della ingiunzione,
disposta dal Comune, di pagamento della
sanzione prevista dall’art. 3, comma 2,
della legge n. 47/1985 per il ritardato
pagamento delle somme dovute a titolo di
oneri di urbanizzazione e costo di
costruzione, nel caso in cui il privato, a
garanzia delle obbligazioni assunte, abbia
stipulato polizza fideiussoria.
Si discute, in particolare, se l’esistenza
di una garanzia fideiussoria, con esclusione
per la compagnia di assicurazione del
beneficio della preventiva escussione del
contraente, obblighi il Comune ad una
tempestiva richiesta al garante delle somme
dovute, in tal modo evitando l’applicazione
delle sanzioni di legge per ritardato
pagamento a carico del privato.
Al predetto quesito ritiene il Tribunale
debba offrirsi risposta negativa, in
adesione al condivisibile orientamento
giurisprudenziale espresso dal Consiglio di
Stato, sez. V, con la sentenza n. 6345
dell’11.11.2005.
Il Supremo Consesso ha, invero, stabilito
che la fideiussione che accompagna la
rateizzazione del pagamento degli oneri di
urbanizzazione non ha la finalità di
agevolare l’adempimento del soggetto
obbligato al pagamento, bensì costituisce
una garanzia personale prestata unicamente
nell’interesse dell’Amministrazione, sulla
quale non incombe alcun obbligo di
preventiva escussione del fideiussore.
Invero, la garanzia sussidiaria serve a
scongiurare che il Comune possa
irrimediabilmente perdere un’entrata di
diritto pubblico, ma non alleggerisce
affatto la posizione del soggetto tenuto al
pagamento, né attenua i doveri di diligenza
sullo stesso incombenti, né ancora estingue
di per sé l’obbligazione principale.
Sotto altro profilo (e con ciò confutandosi
altra specifica censura), ritiene il
Tribunale che non sussista un obbligo del
Comune di “preavvisare” del pagamento
della sanzione ovvero di “avvertire"
delle conseguenze del ritardato pagamento,
così da non aggravare la posizione debitoria
ai sensi dell’art. 1227, comma 2, cod. civ.
Invero, l’obbligazione ha ad oggetto una
prestazione generica, da eseguirsi, secondo
le regole comuni, al domicilio del
creditore.
Secondo la normativa civilistica, dunque,
alla scadenza del termine di adempimento il
debitore è costituito in mora
automaticamente, senza che sul creditore
gravi alcun onere di sollecitazione.
Né risulta invocabile la disciplina
contenuta nel richiamato art. 1227 cod. civ.,
atteso che essa si riferisce unicamente ad
obbligazioni di carattere e contenuto
risarcitorio e non a quelle, come a quella
oggetto del presente giudizio, di carattere
sanzionatorio (TAR Campania-Salerno, Sez. II,
sentenza 16.06.2008 n. 1936 -
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EDILIZIA PRIVATA:
In materia di pagamento
rateizzato degli oo.uu., l’inadempimento che
l’art. 42 (DPR 380/2001) sanziona è una
condotta omissiva puntuale, verificabile ad
un momento certo, restando irrilevante un
eventuale adempimento tardivo
dell'obbligazione, seppure ricondotto
retroattivamente alla scadenza del termine
di pagamento attraverso il meccanismo
dell'accreditamento con valuta retroattiva.
Con il primo motivo l’appellante deduce che
l’amministrazione, a fronte dell’omesso
tempestivo pagamento della rata del
contributo per oneri di urbanizzazione, è
obbligata ad applicare a titolo
sanzionatorio l’aumento (del 10%) previsto
dall’art. 42, comma 2, del T.U. n. 380 del
2001.
Erra dunque la sentenza di primo grado
allorché afferma che l’irrogazione della
predetta sanzione –in presenza di garanzia a
prima richiesta non escussa– comporti un
indebito aggravamento della posizione del
debitore ai sensi dell’art. 1227 cod. civ..
Il mezzo è fondato, in quanto la
giurisprudenza di questo Consiglio di Stato
ha da tempo chiarito (cfr. V Sez. nn. 1250 e
6345 del 2005 nonché n. 4025 del 2007) che,
in assenza di inadempimenti imputabili
all’Amministrazione idonei a configurare a
suo carico una responsabilità “da
contatto” oppure di natura
precontrattuale, il richiamo all’art. 1227
c.c. è del tutto inconferente, essendo tale
disposizione riferibile solo alle
obbligazioni di carattere risarcitorio e non
a quelle (anche di contenuto pecuniario) di
natura sanzionatoria, che restano governate
dalla disciplina pubblicistica di
riferimento.
D'altronde –come si evidenzia nelle citate
decisioni- neppure con riguardo al regime
ordinario delle obbligazioni tra privati
sarebbe pertinente il richiamo all’art. 1227
cod. civ.
Infatti, l'onere di diligenza che questa
norma fa gravare sul creditore non si
estende alla sollecitudine nell'agire a
tutela del proprio credito onde evitare
maggiori danni, i quali viceversa sono da
imputare esclusivamente alla condotta del
debitore, tenuto al tempestivo adempimento
della sua obbligazione.
Del resto, in materia di obbligazioni “portable”
quali quelle pecuniarie, e con termine di
adempimento che esonera dalla costituzione
in mora del debitore, il creditore è
soltanto facultato ad attivare la solidale
responsabilità del fideiussore, senza che
possa invece ritenersi tenuto ad escutere il
coobbligato piuttosto che attendere il
pagamento, ancorché tardivo, salva
l'esistenza di apposita clausola in tal
senso, nella specie assolutamente non
stipulata.
Con il secondo motivo l’appellante deduce
l’irrilevanza del fatto che il tardivo
pagamento sia stato effettuato con valuta
retrodatata al giorno di scadenza
dell’obbligazione.
Anche questo mezzo è fondato, in primo luogo
perché, essendo il comune di Venezia
soggetto al regime di Tesoreria Unica, i
pagamenti effettuati a mezzo bonifico
bancario a favore dell’Ente vengono
registrati sul conto solo nel giorno di
incasso.
In ogni caso, a prescindere da tale aspetto
fattuale, l’inadempimento che l’art. 42
sanziona è una condotta omissiva puntuale,
verificabile ad un momento certo, restando
irrilevante un eventuale adempimento tardivo
dell'obbligazione, seppure ricondotto
retroattivamente alla scadenza del termine
di pagamento attraverso il meccanismo
dell'accreditamento con valuta retroattiva (cfr.
IV Sez. n. 8215 del 2004) (Consiglio di
Stato, Sez. IV,
sentenza 13.03.2008 n. 1084 -
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anno 2007 |
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EDILIZIA PRIVATA: Il
ritardato pagamento del contributo di costruzione comporta l’immediata
irrogazione delle sanzioni pecuniarie anche in presenza di garanzia
fideiussoria.
E’ pur vero che sulla specifica questione sia l’orientamento di questo
Consiglio che dei TAR non può dirsi univoco, essendosi talvolta
affermato in materia il dovere dell’Amministrazione di non aggravare la
posizione del debitore ai sensi dell’art. 1227 c.c. (V. la decisione di
questa Sezione n. 1001 del 03.07.1995 e TAR Veneto n. 342 del
09.02.2000), mentre in altre occasioni si è ritenuto che specifiche
clausole in tema di fideiussione (quali l’obbligo del garante di pagare
a seguito di semplice richiesta scritta del creditore e con rinuncia
alla preventiva escussione) possono valere solo a rendere il rapporto
fideiussorio autonomo rispetto al rapporto obbligatorio principale,
senza comportare il dovere dell’Amministrazione di chiedere prima
l’adempimento per poter poi applicare le relative sanzioni pecuniarie
(V. la decisione di questa Sezione n. 2072 del 10.12.1999 e TAR
Lombardia, Milano, sez. 2°, n. 1192 del 17.04.1999).
Ma recentemente, questa Sezione con le decisioni n. 1250 del 24.03.2005
e n. 6345 dell’11.11.2005 ha precisato che, in assenza di inadempimenti
imputabili all’Amministrazione idonei a configurare a suo carico una
responsabilità “da contatto” oppure di natura precontrattuale, il
richiamo all’art. 1227 c.c. è del tutto inconferente, essendo tale
disposizione riferibile solo alle obbligazioni di carattere risarcitorio
e non a quelle (anche di contenuto pecuniario) di natura sanzionatoria,
come nel caso in esame.
Quest’ultima conclusione deve essere confermata.
Invero, pur in presenza di un contratto di garanzia cosiddetta autonoma,
con il quale il garante si obbliga ad eseguire la prestazione oggetto
della garanzia "a semplice richiesta" del creditore garantito, senza
opporre eccezioni attinenti alla validità, all'efficacia ed alla vicenda
del rapporto principale, anche in questa ipotesi il meccanismo
dell'adempimento del garante "a prima richiesta" scatta a seguito
dell'inadempimento dell'obbligazione principale, ancorché resti vietato
al garante di chiedere la preventiva escussione del debitore principale
(Cass. 18.11.1992 n. 12341, 03.11.1993 n. 10850, 17.05.2001 n. 6757) .
D'altronde, neppure con riguardo al regime ordinario delle obbligazioni
tra privati sarebbe pertinente il richiamo all’art. 1227 cod. civ.
Infatti, l'onere di diligenza che questa norma fa gravare sul creditore
non si estende alla sollecitudine nell'agire a tutela del proprio
credito onde evitare maggiori danni, i quali viceversa sono da imputare
esclusivamente alla condotta del debitore, tenuto al tempestivo
adempimento della sua obbligazione (V. Corte cost. n. 308 del
14.07.1999).
Inoltre, non è dato ravvisare nel sistema di cui agli artt. 1936 ss.
cod. civ. alcun principio di preventiva doverosa escussione del
fideiussore alla scadenza del termine fissato per l'adempimento
dell'obbligazione garantita, che peraltro colliderebbe con le finalità
dell'istituto, inteso a rafforzare la garanzia del credito in funzione
di un interesse proprio e specifico del creditore.
In altri termini, ed in materia di obbligazioni “portable” quali quelle
pecuniarie, e con termine di adempimento che esonera dalla costituzione
in mora del debitore, il creditore è soltanto facultato ad attivare la
solidale responsabilità del fideiussore, senza che possa invece
ritenersi tenuto ad escutere il coobbligato piuttosto che attendere il
pagamento, ancorché tardivo, salva l'esistenza di apposita clausola in
tal senso (che dovrebbe essere accettata dall’Amministrazione), nella
specie non prevista.
Detto orientamento poi non è in contrasto con quanto ritenuto nelle
decisioni di questa Sezione n. 32 e n. 585 del 2003, in quanto queste si
riferiscono ad ipotesi di incertezza da parte dello stessa
Amministrazione in ordine all’an o al quantum del contributo, nella
specie insussistente.
L’applicazione della sanzione pecuniaria, per ritardato pagamento,
non deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio del relativo
procedimento, trattandosi dell’applicazione ex lege di una sanzione
pecuniaria connessa al ritardato pagamento del contributo dovuto per il
rilascio della concessione edilizia (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 16.07.2007 n. 4025 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Non è dato ravvisare nel sistema
di cui agli artt. 1936 ss. cod. civ. alcun
principio di preventiva doverosa escussione
del fideiussore alla scadenza del termine
fissato per l'adempimento dell'obbligazione
garantita (ndr: pagamento rateizzato degli
oo.uu.), che peraltro colliderebbe con le
finalità dell'istituto, inteso a rafforzare
la garanzia del credito in funzione di un
interesse proprio e specifico del creditore.
L’applicazione della sanzione pecuniaria
(per ritardato pagamento rateizzato degli
oo.uu.) non deve essere preceduta dalla
comunicazione di avvio del relativo
procedimento, trattandosi dell’applicazione
ex lege di una sanzione pecuniaria connessa
al ritardato pagamento del contributo dovuto
per il rilascio della concessione edilizia.
Pur in presenza di un contratto di garanzia
cosiddetta autonoma, con il quale il garante
si obbliga ad eseguire la prestazione
oggetto della garanzia "a semplice
richiesta" del creditore garantito,
senza opporre eccezioni attinenti alla
validità, all'efficacia ed alla vicenda del
rapporto principale, anche in questa ipotesi
il meccanismo dell'adempimento del garante "a
prima richiesta" scatta a seguito
dell'inadempimento dell'obbligazione
principale, ancorché resti vietato al
garante di chiedere la preventiva escussione
del debitore principale (Cass. 18.11.1992 n.
12341, 03.11.1993 n. 10850, 17.05.2001 n.
6757) .
D'altronde, neppure con riguardo al regime
ordinario delle obbligazioni tra privati
sarebbe pertinente il richiamo all’art. 1227
cod. civ.. Infatti, l'onere di diligenza che
questa norma fa gravare sul creditore non si
estende alla sollecitudine nell'agire a
tutela del proprio credito onde evitare
maggiori danni, i quali viceversa sono da
imputare esclusivamente alla condotta del
debitore, tenuto al tempestivo adempimento
della sua obbligazione (V. Corte cost. n.
308 del 14.07.1999).
Inoltre, non è dato ravvisare nel sistema di
cui agli artt. 1936 ss. cod. civ. alcun
principio di preventiva doverosa escussione
del fideiussore alla scadenza del termine
fissato per l'adempimento dell'obbligazione
garantita, che peraltro colliderebbe con le
finalità dell'istituto, inteso a rafforzare
la garanzia del credito in funzione di un
interesse proprio e specifico del creditore.
In altri termini, ed in materia di
obbligazioni “portable” quali quelle
pecuniarie, e con termine di adempimento che
esonera dalla costituzione in mora del
debitore, il creditore è soltanto facultato
ad attivare la solidale responsabilità del
fideiussore, senza che possa invece
ritenersi tenuto ad escutere il coobbligato
piuttosto che attendere il pagamento,
ancorché tardivo, salva l'esistenza di
apposita clausola in tal senso (che dovrebbe
essere accettata dall’Amministrazione),
nella specie non prevista.
Detto orientamento poi non è in contrasto
con quanto ritenuto nelle decisioni di
questa Sezione n. 32 e n. 585 del 2003, in
quanto queste si riferiscono ad ipotesi di
incertezza da parte dello stessa
Amministrazione in ordine all’an o al
quantum del contributo, nella specie
insussistente.
L’applicazione della sanzione pecuniaria non
deve essere preceduta dalla comunicazione di
avvio del relativo procedimento, trattandosi
dell’applicazione ex lege di una
sanzione pecuniaria connessa al ritardato
pagamento del contributo dovuto per il
rilascio della concessione edilizia
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 16.07.2007 n. 4025 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 1992 |
|
EDILIZIA PRIVATA: Lombardia,
chiariti i termini di applicazione dell'art.
3 della L. n. 47/1985 (oggi art. 42 D.P.R.
n. 380/2001) in materia di sanzioni per
mancato o ritardato versamento degli oo.uu.
e del costo di costruzione (Regione
Lombardia,
nota 21.10.1992 n. 42387 di prot.).
---------------
Il quesito e relativa risposta, ancorché
datati, risultano ancora oggi attuali e non
in contrasto con la vigente normativa in
materia, tenuto conto che -ancora oggi- non
tutte le amministrazioni comunali lombarde
si comportano uniformemente con
ripercussioni negative nei confronti dei
Cittadini.
25.10.2010 - LA SEGRETERIA PTPL |
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