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62-INCARICHI PROFESSIONALI E PROGETTUALI
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66-L.R. 23/1997
67-L.R. 31/2014
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69-LICENZA EDILIZIA (necessità)
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71-LOTTO INTERCLUSO
72-MAPPE e/o SCHEDE CATASTALI (valore probatorio o meno)
73-MOBBING
74-MURO DI CINTA/RECINZIONE, DI CONTENIMENTO/SOSTEGNO, ECC.
75-OPERE PRECARIE
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77-PATRIMONIO
78-PERGOLATO e/o GAZEBO e/o BERCEAU e/o DEHORS e/o POMPEIANA e/o PERGOTENDA e/o TETTOIA
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81-PERMESSO DI COSTRUIRE (deroga)
82-PERMESSO DI COSTRUIRE (legittimazione richiesta titolo)
83-PERMESSO DI COSTRUIRE (parere commissione edilizia)
84-PERMESSO DI COSTRUIRE (prescrizioni)
85-PERMESSO DI COSTRUIRE (proroga)
86-PERMESSO DI COSTRUIRE (verifica in istruttoria dei limiti privatistici al rilascio)
87
-
PERMESSO DI COSTRUIRE (volturazione)
88-
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90-PIANI PIANIFICATORI ED ATTUATIVI (aree a standard)
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92-PISCINE
93-PUBBLICO IMPIEGO
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96-
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dossier PUBBLICO IMPIEGO (quota annuale di iscrizione all'ordine professionale)
anno 2022

ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO: Nessun obbligo di rimborso a carico della Pa per la tassa di iscrizione all'albo professionale di architetti e ingegneri.
È quanto chiarito dal Dipartimento della Funzione pubblica, con un parere reso al Maeci e al Mef.
Impossibilità per architetti e ingegneri di chiedere alla Pubblica amministrazione con la quale intrattengono un rapporto di lavoro il rimborso dell'onere sostenuto per il versamento della tassa d'iscrizione al relativo albo professionale.
È quanto chiarito dal Dipartimento della Funzione pubblica, col parere 24.11.2021 n. 48721 di prot.  reso al Maeci e al Mef, nel presupposto che tale versamento sia da considerarsi di carattere strettamente personale anche quando l'iscrizione risulti necessaria per lo svolgimento dell'attività nei confronti dell'Amministrazione di dipendenza.
L'iscrizione all'albo, infatti, è prevista dalle leggi professionali in via generale e astratta, quale condizione per l'esercizio di attività professionali regolamentate dalla legge cui il professionista aderisce in virtù di una scelta individuale, per garantirsi la possibilità di svolgere professionalmente un'attività lavorativa di tipo intellettuale anche nei confronti della pubblica amministrazione.
Si chiude, almeno per ora, la querelle sorta per effetto di diverse interpretazioni nel tempo formatesi riguardo il soggetto tenuto a farsi carico del costo.
A iniziare con la Corte di Cassazione (Sez. Lavoro, sentenza 20.02.2007 n. 3928) che in relazione alla vertenza instaurata da un avvocato dipendente di un ente pubblico, ha ritenuto che rientrino nell'interesse del privato le spese relative agli studi universitari e all'acquisizione dell'abilitazione all'esercizio della professione forense, mentre quelle relative al mantenimento dei requisiti per l'espletamento della professione siano a carico del datore essendo lo svolgimento della stessa effettuato nell'interesse esclusivo del datore di lavoro.
Di contro, la Corte dei conti, Sezione Regionale di Controllo per la Puglia, che con il parere 01.10.2008 n. 29 ha stabilito che il medesimo versamento sia da considerarsi esclusivamente nell'interesse dell'avvocato che ne chiede il rimborso, posto che in mancanza dell'annuale versamento (cui consegue la cancellazione) egli non sarebbe più posto in condizione di svolgere l'attività professionale dedotta nel contratto di lavoro con l'ente pubblico.
Il parere della Funzione Pubblica trae inoltre spunto dalla considerazione che per le professioni in esame non è neanche prevista una disciplina dell'esclusività della prestazione professionale, analoga a quella prevista per gli avvocati iscritti all'elenco speciale, non potendo ritenersi esclusa in astratto la possibilità dello svolgimento di attività professionale in regime di part-time al 50% ovvero previa autorizzazione resa in osservanza della disciplina stabilita dall'articolo 53 del Dlgs n. 165/2001.
Conclude il parere ribadendo che osta al riconoscimento dell'onere di rimborso della tassa di iscrizione l'articolo 2, comma 3, del Dlgs 165/2001, salvo specifiche eccezioni/deroghe previste dagli stessi contratti collettivi.
Sovviene, ad esempio, l'articolo 84 del contratto Area Funzioni Centrali 09.03.2018 triennio 2016-2018 che nel disciplinare le materie oggetto di contrattazione integrativa, individua, tra l'altro, i criteri generali per la destinazione di risorse stabili del fondo per il trattamento accessorio dei professionisti al rimborso della quota annuale di iscrizione agli albi professionali, secondo la disciplina del successivo articolo 106 (Iscrizione agli albi professionali) e ai sensi del quale, nei casi in cui l'iscrizione negli elenchi speciali di determinati albi professionali sia richiesta come requisito per l'esercizio delle attività del professionista, questi cura tutti gli adempimenti necessari per il periodico rinnovo dell'iscrizione stessa, assumendosi anche il pagamento della quota annuale a tal fine prevista.
In tali situazione, continua l'articolo 106, la contrattazione integrativa può prevedere la rimborsabilità della quota annuale di iscrizione agli albi professionali con oneri a carico delle risorse del fondo per il trattamento accessorio dei professionisti (articolo NT+Enti Locali & Edilizia del 01.12.2021).
---------------
Dipartimento della Funzione Pubblica, parere 24.11.2021 n. 48721 di prot..
...
   Si fa seguito alla propria nota n. 7509 del 07.02.2020, inviata al Ministero dell’economia e delle finanze e per conoscenza a codesto Ministero, per illustrare la posizione sul tema oggetto di quesito condivisa con il Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato all’esito dell’incontro tecnico del 3 novembre u.s. presso questo Dipartimento.
   Preliminarmente, pare utile ribadire che il dovere di esclusività della prestazione di lavoro dei dipendenti pubblici, sancito dall’articolo 60 del d.P.R. n. 3 del 1957, costituisce un principio cardine del lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione e, pertanto, l’obbligata cornice entro cui svolgere le presenti considerazioni.
   È, quindi, necessario che le particolari previsioni degli ordinamenti professionali di provenienza in materia di iscrizione ai relativi albi debbano trovare esplicazione, nella disciplina del rapporto di lavoro dei professionisti della pubblica amministrazione, compatibilmente con l’osservanza del sopra richiamato dovere di esclusività e del conseguente divieto di esercizio dell’attività professionale posto dal citato art. 60 del d.P.R. n. 3 del 1957, fatte salve le deroghe espresse previste dall’art. 53 del decreto legislativo 30.03.2001, n. 165 e dalla legge in materia di lavoro a tempo parziale di cui all’articolo 1, comma 56 e seguenti, della legge n. 662 del 1996.
   In buona sostanza, la circostanza che la prestazione lavorativa di natura professionale -per il cui svolgimento la legge professionale richiede l’iscrizione all’albo- sia svolta in regime di lavoro subordinato con la pubblica amministrazione deve comportare per il professionista dipendente l’osservanza del citato dovere di esclusività, fatte salve le eccezioni legislativamente previste.
   Con particolare riguardo alla professione di avvocato, tali profili sono affrontati, come noto, nella sentenza 16.04.2015 n. 7776 della Corte di Cassazione, le cui conclusioni sono da riferire alla peculiare disciplina professionale degli avvocati dell’INPS iscritti all’elenco speciale annesso all’albo, fermo restando il divieto di estensione del giudicato.
   Ciò premesso, per ragionare in un’ottica di sistema, occorre evidenziare che l’iscrizione all’albo è prevista dalle leggi professionali in via generale ed astratta, quale condizione per l’esercizio di attività professionali regolamentate dalla legge cui il professionista aderisce in virtù di una scelta individuale, per garantirsi la possibilità di svolgere professionalmente un’attività lavorativa di tipo intellettuale.
   Tale condizione sussiste anche quando la prestazione di natura professionale sia richiesta in regime di lavoro subordinato con la pubblica amministrazione configurandosi, come nel caso di specie, quale requisito di accesso al lavoro alle dipendenze del datore di lavoro pubblico. Conseguentemente, come osservato dalla magistratura contabile
[1], la tassa di iscrizione all’albo professionale assicura anche in tal caso -non diversamente dallo svolgimento in autonomia- benefici diretti nella sfera dell’iscritto che, pertanto, sarebbe comunque tenuto a sopportarne il costo.
   In linea con tale chiave di lettura, si ritiene, pertanto, che il versamento della tassa d’iscrizione all’albo professionale degli architetti o ingegneri sia da considerare di carattere strettamente personale anche quando tale iscrizione risulti necessaria per lo svolgimento dell’attività nei confronti dell’amministrazione. Tale conclusione pare avvalorata laddove si consideri che per le professioni in esame non è neanche prevista una disciplina dell’esclusività della prestazione professionale, analoga a quella prevista per gli avvocati iscritti all’elenco speciale, non potendo, pertanto, ritenersi esclusa in astratto la possibilità 3 AM/cc dello svolgimento di attività professionale in regime di part-time al 50 per cento ovvero previa autorizzazione resa in osservanza della disciplina di cui al citato art. 53 del d.lgs. n. 165 del 2001.
   In ogni caso, corre l’obbligo di rammentare che, secondo quanto previsto dall’articolo 2, comma 3, del decreto legislativo 30.03.2001, n. 165, l’attribuzione di trattamenti economici può avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi e, alle condizioni previste, mediante contratto individuale: di conseguenza, in assenza di previsioni che riconoscano ai professionisti dipendenti della pubblica amministrazione -e quindi anche ai funzionari architetti e ingegneri dipendenti del Maeci- il diritto al rimborso della tassa d’iscrizione all’albo, non pare vi siano margini per riconoscere il beneficio in parola, non potendosi dar corso alla corresponsione di emolumenti in via interpretativa. Appare significativo, a tal proposito, il fatto che gli strumenti di contrattazione collettiva -fatte salve isolate eccezioni
[2]
- non abbiano previsto alcun specifico onere a carico dell’amministrazione.
   Ciò posto, tenuto conto che la materia in argomento rinviene deve tenere conto anche della disciplina primaria rimessa all’autonomia regolamentare degli ordini, come espressa attraverso le rispettive leggi professionali, eventuali previsioni da parte della contrattazione collettiva non possono che inscriversi nella cornice dei contratti nazionali o di comparto, con contestuale onere, a carico degli stessi, di reperire le relative risorse, nell'ambito di quelle deputate a finanziare i trattamenti accessori, per lo svolgimento di prestazioni connotate da particolare qualificazione professionale.
---------------
   [1] Secondo Corte Conti, sez. reg. Puglia,
parere 01.10.2008 n. 29 “..nell’ipotesi in cui l’iscrizione all’Albo si ponga per il dipendente pubblico come facoltativa, nulla quaestio nel sostenere che l’iscrizione medesima, costituendo scelta individuale, non possa che ricadere sul professionista; nel caso in cui invece un dipendente risulti obbligatoriamente iscritto ad un Albo quale ineludibile requisito per svolgere la propria attività, si ritiene comunque che debba essere cura del soggetto assunto nella compagine dell’ente pubblico per svolgere quella determinata professione farsi carico degli adempimenti necessari per assicurare nel tempo la sussistenza del requisito che ha costituito (o è divenuto in seguito) condicio sine qua non della sua assunzione o dello svolgimento della relativa professione”.
   [2] V. art. 84 e 106 CCNL Area Funzioni Centrali 09.03.2018 triennio 2016-2018 e art. 13 CCNL Area VI 21.07.2010-biennio economico 2008-2009.

anno 2019

PUBBLICO IMPIEGOPer il professionista dipendente della Pa l’Albo non è un costo.
La ripartizione degli oneri. I tribunali tracciano la rotta: in caso di esclusiva l’ente pubblico rimborsa l’iscrizione così come i corsi di formazione e la polizza assicurativa per attività tecniche.

I professionisti dipendenti pubblici possono ribaltare sul datore di lavoro il costo dell’iscrizione all’Albo professionale. E ciò, in particolare, se l’attività pubblica viene esercitata in regime di esclusiva. Le spese di iscrizione all’Albo riguardano non solo avvocati e ingegneri, ma tutti coloro che da un lato “firmano”, quali professionisti abilitati, atti della pubblica amministrazione e dall’altro abbiano un vincolo che impedisca l’attività esterna a favore di terzi.
Il caso più recente è quello deciso dal Tribunale di Pordenone (sentenza 06.09.2019 n. 116) e si riferisce ad alcuni infermieri professionali, legati da obbligo di esclusività con una Ausl. In tal caso l’iscrizione all’Albo è stata riconosciuta a carico dell’ente pubblico in quanto è stata ritenuta un requisito indispensabile per lo svolgimento dell’attività.
Nel caso, invece, l’iscrizione all’Albo non sia necessaria, ma sia sufficiente aver conseguito l’abilitazione (superando l’esame di Stato), non vi è alcun problema di oneri a carico della Pa. Ciò accade ad esempio per gli avvocati dello Stato, che non sono iscritti ad alcun Albo, o per alcuni medici del ministero della Salute; e questa è anche l’opinione del Consiglio nazionale degli ingegneri
(circolare 21.10.2015 n. 615), che distingue tra professionisti abilitati e iscritti all’Albo.
Ai fini del rimborso, occorre distinguere tra i titoli acquisiti per accedere e mantenere una posizione lavorativa (qual è, appunto, l’iscrizione a un Albo professionale) e i titoli che, una volta acquisiti, diventano dote specifica del dipendente. Per esempio, la laurea, di cui il lavoratore beneficia sotto vari aspetti, non solo lavorativi: il costo per conseguirla non può, perciò, essere ribaltato sul datore di lavoro (
Corte conti Puglia, parere 01.10.2008 n. 29).
Stesso ragionamento per i titoli di qualificazione non indispensabili alla carriera (specializzazioni, master, ecc.) ma utili solo ai fini di punteggi o avanzamenti: non essendo obbligatori, quei titoli non possono essere a carico dell’ente.
I primi professionisti che hanno battagliato per ribaltare sul datore di lavoro gli oneri di iscrizione all’Albo sono stati gli avvocati dell’Inps e dell’Inail (Cassazione,
sentenza 16.04.2015 n. 7776 e sentenza 20.02.2007 n. 3928), seguiti dagli avvocati interni dei Comuni (Consiglio di Stato, parere 15.03.2011 n. 1081).
Un’importante estensione del principio riguarda i ruoli tecnici e di progettazione di opere pubbliche, in quanto il dipendente iscritto all’Albo e con un rapporto esclusivo con la Pa, fruisce a spese dell’ente di una copertura assicurativa sui rischi progettuali di natura professionale (articolo 24, comma 4, del Dlgs 50/2016, testo unico sugli appalti).
Ragionamento che si può fare anche per i corsi di formazione obbligatori: se il dipendente non si può giovare di tali corsi in rapporti esterni (ad esempio, nella libera professione autorizzata) a causa di un vincolo di esclusività con la Pa, i relativi costi sono a carico di quest’ultima. L’iscrizione dei dipendenti ad Albi pone al datore di lavoro pubblico problemi contabili per il pagamento dell’Irap: secondo l’articolo 3 del Dlgs 446/1977 tale imposta è a carico del datore di lavoro e ciò innesca un meccanismo di rivalsa verso i terzi quando, ad esempio, una lite si conclude con una sentenza che riconosca il rimborso delle “spese di lite” a favore dell’ente pubblico. Insieme all’importo quantificato dal giudice, l’ente pubblico può chiedere anche una somma a titolo di Irap (circa il 20%) come onere accessorio riflesso (Consiglio di Stato, decisione n. 3738/2018 e Cassazione,
sentenza 14.11.2018 n. 29375).
Ciò sempre in forza del principio che ritiene accessoria e separata, rispetto alla retribuzione, ogni somma indispensabile e attinente alla professione. Come accadeva per l’indennità di “cavalcatura” di medici e veterinari condotti che dovevano per raggiungere gli assistiti.
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LA PAROLA DEI GIUDICI E DEL MEF
   1 - L'infermiera
L’esclusiva non è vincolante
Il tribunale di Milano ha respinto la domanda di rimborso della quota di iscrizione al Collegio di categoria di un’infermiera dipendente di una struttura pubblica. I giudici hanno, infatti, ritenuto che per gli infermieri che lavorano in una struttura pubblica non esiste un divieto assoluto di svolgere attività in favore di terzi (come invece esiste per gli avvocati). Infatti, gli infermieri, anche dipendenti pubblici a tempo pieno, possono svolgere attività professionale esterna,previa autorizzazione dell’ente di appartenenza, subordinata all’assenza di conflitto di interessi (Tribunale di Milano, sentenza n. 1161 dell’11.05.2016).
...
   2 - L'avvocato
Non può lavorare per terzi
Secondo i giudici della Suprema corte l’ente datore di lavoro deve rimborsare all’avvocato che lavora nella pubblica amministrazione i costi di iscrizione all’elenco speciale dell’Albo degli avvocati riservato ai legali che esercitano la professione nell’interesse esclusivo del datore di lavoro. Ciò in quanto la professione forense, per normativa specifica (legge 339 del 2003) è inibita al pubblico dipendente, anche assunto a tempo parziale, a tutela sia dell’imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione, sia dell'indipendenza della professione forense (Corte di Cassazione, sentenze n. 11833/20013 e n. 775/2014). 
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   3 - L'assistente sociale
Il no del ministero dell’Economia
Il ministero dell’Economia ha escluso, con una nota inviata al Consiglio nazionale dell’Ordine degli assistenti sociali, la sussistenza di un diritto al rimborso della quota di iscrizione all’Albo per gli assistenti sociali dipendenti di un ente pubblico. Ciò perché l’iscrizione all’Ordine non avviene in un elenco speciale come quello cui appartengono gli avvocati degli enti pubblici.
Mancando tale presupposto, verrebbe meno anche l’applicazione analogica del diritto al rimborso sancito dalle pronunce della Cassazione in materia di oneri del datore di lavoro (nota del ministero dell’Economia, prot. n. 45685 del 26.05.2016).
...
   4 - Gli altri orientamenti
Spese di viaggio e telefoniche
Al di fuori delle attività professionali, vi sono precisi orientamenti: costituisce rimborso spese il rimborso del costo di uno specifico viaggio di trasferta (Corte di Cassazione, sentenza n. 2385/1966); così è retribuzione sia il pagamento delle spese di vestiario comune, sia quello per tute in specifiche condizioni di lavoro (Corte di Cassazione, sentenza n. 11139/1998, relativa ad aziende di igiene pubblica).
È rimborso anche il pagamento di spese telefoniche per reperibilità (Corte di Cassazione, sentenza n. 10367/2004), mentre se la spesa nell’interesse del datore di lavoro copre parzialmente una spesa propria del lavoratore, vi può esser un concorso (Corte di Cassazione, sentenza n. 17639/2003, in tema di uniforme obbligatoria per autisti).
Solo a carico del datore di lavoro sono, invece, i costi per obblighi di sicurezza (Corte di Cassazione, sentenza n. 11139/1998), perché necessari all’espletamento del lavoro.
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Nuove attività. Niente pretese se non c’è un Ordine o un Collegio.
Le nuove professioni, che non hanno Ordini o Collegi, restano fuori dal meccanismo di rimborso delle spese di adesione.
Ad esempio gli oneri di iscrizione a una categoria, che il dipendente in regime di esclusiva affronti quale responsabile della protezione dati (Rdp), non sono ribaltabili sul datore di lavoro. Ciò perché si tratta di una professione “non collegiata”, riconosciuta ma non obbligatoria (nel senso che per esercitare le relative attività non è indispensabile l’iscrizione a un Albo) che non può, allo stato, generare problemi di oneri economici.
Infatti le professioni non collegiate sono attività auto-organizzate a norma della legge 4/2013, che non assicurano alcuna esclusiva e quindi non generano costi detraibili per il datore di lavoro.
Oltretutto, la legge 4/2013, nell’ampliare le categorie professionali, esclude che dal nuovo regime delle professioni possano derivare «nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato», con un divieto che si attaglia all’iscrizione a un organismo di categoria libero o volontario.
Un’iscrizione volontaria a un’associazione o Albo previsto dalla legge 4/2013 può, quindi, dare garanzie di affidabilità, ma non è indispensabile per svolgere la prestazione lavorativa.
In conseguenza, il costo dell’iscrizione all’Albo resta a carico del dipendente, senza poter essere traslata sul datore di lavoro. L’iscrizione a una professione regolamentata (il cui elenco è gestito dal ministero per lo Sviluppo economico) è quindi soprattutto sintomo di qualificazione professionale, utilizzabile come attestato di qualità dei servizi offerti, ad esempio per talune garanzie che si forniscono al cliente, quali il codice deontologico di condotta (articolo Il Sole 24 Ore del 28.10.2019).

PUBBLICO IMPIEGOIl pubblico paga l’ordine. Dall’ente la quota dei professionisti dipendenti. Una sentenza del tribunale di Pordenone interviene sui costi di iscrizione.
La Pubblica amministrazione deve pagare le quote di iscrizione agli ordini dei professionisti. Nel caso in cui il lavoratore autonomo sia dipendente pubblico e lo stesso abbia un vincolo di esclusività, l'ente dovrà provvedere al versamento della quota di iscrizione.
E' la conclusione a cui è giunto il TRIBUNALE di Pordenone, Sez. lavoro, nella sentenza 06.09.2019 n. 116.
Il tribunale ha accolto il ricorso presentato da 214 infermieri, ma la valutazione è estendibile a tutti i liberi professionisti. Infatti, la decisione presa dal giudice riprende una sentenza della Corte di cassazione (
sentenza 16.04.2015 n. 7776) che trattava il caso di avvocati dipendenti della Pa.
Il tribunale, innanzitutto, ha ricordato come l'iscrizione all'albo professionale è obbligatoria anche per i pubblici dipendenti ed è subordinata al conseguimento del titolo universitario abilitante. Il pagamento della quota di iscrizione, tuttavia, non deve ricadere sulle spalle del professionista se questo lavora per un ente pubblico.
Nel stabilire questo concetto, il tribunale riporta l'inciso della
sentenza 16.04.2015 n. 7776 della Cassazione secondo cui: «quando sussiste il vincolo di esclusività, l'iscrizione all'albo è funzionale allo svolgimento di un'attività professionale svolta nell'ambito di una prestazione di lavoro dipendente, pertanto la relativa tassa rientra tra i costi per lo svolgimento di dette attività che dovrebbero, in via normale, gravare sull'ente che beneficia in via esclusiva dei risultati di detta attività».
L'infermiere dipendente di azienda pubblica, secondo il tribunale, riveste una posizione del tutto analoga a quella dell'avvocato al servizio di un ente pubblico, in quanto «tenuto a prestare la propria attività lavorativa alle dipendenze della Pa con obbligo di esclusività nei confronti di quest'ultima non potendo esercitare in altri contesti libero professionali». Inoltre: «non vi è motivo di ritenere una qualche supremazia della professione forense rispetto alle altre che legittimi una diversità di trattamento. Nella richiamata sentenza della Suprema Corte si afferma un principio generale valido per tutti i professionisti dipendenti e non certo solo per i legali».
Il principio ricordato dal tribunale fa riferimento al fatto che nel lavoro dipendente si riscontra l'assunzione a compiere un'attività per conto e nell'interesse altrui, pertanto la soluzione di far cadere la quota in capo all'ente risponde ad un principio generale secondo cui il mandante è obbligato a tenere indenne il mandatario da ogni diminuzione patrimoniale che lo stesso abbia subito in conseguenza dell'incarico, fornendogli i mezzi patrimoniali necessari. Visto che l'infermiere dipendente pubblico svolge la professione per incarico di un'azienda sanitaria, la stessa è obbligata a tenerlo indenne da ogni spesa necessaria all'espletamento dell'incarico professionale assunto come dipendente.
Quindi, «sicché ogni qualvolta venga esercitata da quest'ultima attività professionale in regime di esclusività, va riconosciuto in via generale il dovere giuridico del soggetto datoriale di rimborsare al lavoratore i costi per l'esercizio dell'attività, fra cui quello dell'iscrizione all'albo»
(articolo ItaliaOggi del 14.09.2019).

anno 2015

PUBBLICO IMPIEGO: Dipendenti comunali: il rimborso dell'iscrizione all'Albo non si estende a tutti i professionisti.
Le Sezioni Riunite della Corte dei Conti con deliberazione n. 1/2011 e successivamente la Corte dei Conti Toscana con deliberazione 162/2015, chiamate a pronunciarsi sulla questione concernente l'individuazione del soggetto (professionista dipendente di amministrazione locale o amministrazione locale) sul quale dovessero gravare le spese per l'iscrizione all'albo (nel caso specifico degli avvocati) ha emesso pronuncia di inammissibilità oggettiva perché la questione presuppone la risoluzione di una questione di stretta interpretazione normativa e solo indirettamente potrebbe ricondursi alla materia della contabilità pubblica.
La Cassazione Civ. Sez. lavoro con
sentenza 16.04.2015 n. 7776 ha stabilito che le spese sostenute da lavoratore nell'esclusivo interesse del datore di lavoro devono essere rimborsate al dipendente.
Ciò premesso il Comune pone su questo argomento diversi quesiti:
Il dipendente di un ente locale, che è stato assunto nel profilo professionale di architetto o ingegnere e che è impiegato nel settore delle opere pubbliche è obbligato ad essere iscritto all'albo?

Ed il dipendente inquadrato nel medesimo profilo e che si occupa di urbanistica nell'ente locale è obbligato all'iscrizione all'albo?
Nel caso in cui non sussista l'obbligo di iscrizione all'albo, ma nel bando di concorso espletato dall'ente per ricoprire il posto era stata richiesta tra i requisiti per l'ammissione alla selezione anche l'iscrizione all'albo, è legittimo da parte dell'Ente locale comunicare al lavoratore che ai fini della legittima sussistenza del rapporto di lavoro il requisito dell'iscrizione all'albo non è più necessario e quindi che l'obbligo di iscrizione è venuto meno?
Nel caso in cui sussista l'obbligo d'iscrizione all'albo, l'onere è a carico dell'Ente e da quando?
In risposta a tali interrogativi la redazione ANCI Risponde ricorda che la questione per la quale la pubblica amministrazione (compresi gli enti locali) sia tenuta o meno, a rimborsare al proprio dipendente la tassa d'iscrizione al rispettivo Albo professionale, è destinata a riproporsi ogni qualvolta nella materia di nostro interesse, sopraggiunge una autorevole pronuncia giurisprudenziale che sembra schiudere alla possibilità di un nuovo orientamento interpretativo sul delicato tema.
E' questo il caso della recente sentenza 16.04.2015 n. 7776 della Corte di Cassazione –Sezione lavoro- che rigetta il ricorso proposto dal I.N.P.S. avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli n. 4864/2011 depositata il 08/07/2011.
La citata sentenza è formulata in senso favorevole al dipendente pubblico, avvocato, disponendo che a favore di questo ultimo fossero rimborsate tutte le tasse versate da quando era impiegato all'ufficio legale del INPS.
Come è facile notare, lo specifico caso sottoposto al vaglio del Giudice di Cassazione, riguardava un avvocato dipendente dell'INPS, con inserimento nel ruolo legale, regolarmente iscritto nell'elenco speciale annesso all'Albo di appartenenza e riguardante gli avvocati degli enti pubblici. Nel caso di specie il professionista interessato aveva invano richiesto all'Istituto, proprio datore di lavoro, il rimborso di quanto versato al Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Napoli, come tassa di iscrizione per numerosi anni pregressi (dal 1989 al 2002).
Il provvedimento della Cassazione, fonda essenzialmente il suo assunto sulla constatazione che il rapporto avvocato/pubblica amministrazione va considerato alla stregua del contratto di mandato così come previsto dall'articolo 1719 del vigente codice civile. La citata norma civilistica prevede espressamente che il mandante (in questo caso l'ente pubblico), sia tenuto a mantenere indenne il mandatario (il legale), da ogni diminuzione patrimoniale che questi abbia subito in conseguenza dell'incarico, fornendogli i mezzi patrimoniali necessari per espletare la professione.
All'indomani della pronuncia giudiziaria, sono stati in molti a ritenere che i principi giuridici contenuti nella sentenza, si presentino estensibili in maniera indiscriminata anche alle altre categorie professionali di pubblici dipendenti potenzialmente destinatarie (ingegneri, architetti, sanitari, assistenti sociali, ecc.), distinte da quella forense.
In proposito non si può non fare osservare che il dictum giudiziale di nostro interesse è, da una parte, per sua intrinseca natura, destinato a fare stato soltanto tra i soggetti che sono stati parte nella causa, ma soprattutto che esso riguarda espressamente la professione forense e le peculiari modalità che regolano lo status dell'avvocato pubblico dipendente (iscrizione nell'elenco speciale annesso all'Albo di appartenenza).
Nel merito la sentenza della Cassazione in disamina, ricollegandosi al parere 15.03.2011 n. 1081 del Consiglio di Stato (reso nell'affare n. 678/2010), ha affermato (rectius: ribadito), che quando sussista il vincolo di esclusività, l'iscrizione all'Albo è funzionale allo svolgimento di un'attività professionale svolta nell'ambito di una prestazione di lavoro dipendente, pertanto la relativa tassa rientra tra i costi per lo svolgimento di detta attività, che dovrebbero, in via normale, al di fuori dei casi in cui è permesso svolgere altre attività lavorative, gravare sull'Ente che beneficia in via esclusiva dei risultati di detta attività.
Il principio per come è formulato, si attaglia perfettamente, ma anche in maniera del tutto peculiare, al dipendente pubblico professionista-avvocato, attesa la sussistenza del vincolo di esclusività e della funzionalità dell'iscrizione allo svolgimento dell'attività professionale, nell'ambito della propria prestazione di lavoro dipendente e, l'oggettiva circostanza, per la quale l'ente locale datore di lavoro, rappresenta l'unico beneficiario dell'attività professionale svolta dal proprio dipendente, diventando perciò il soggetto obbligato a sostenere gli oneri della tassa di iscrizione.
L'iscrizione nell'elenco speciale, infatti, fa si che l'avvocato dipendente pubblico potrà svolgere solo ed esclusivamente la professione legale in nome, per conto e nell'interesse dell'ente di appartenenza.
Analoga cosa non si può affermare per tutti gli altri professionisti dipendenti pubblici, i quali con l'iscrizione al proprio Albo professionale, non vengono confinati in alcuna sezione speciale, potendo teoricamente, se pure nel rispetto delle norme concernenti la esclusività del rapporto di pubblico impiego, godere di specifiche disposizioni normative derogatorie del vincolo (collaudi di opere pubbliche, direzione lavori, attività professionali rese a favore di terzi a titolo gratuito etc.), salvo il rispetto della vigente disciplina locale in materia di autorizzazioni ad incarichi extraistituzionali (ex art. 53 del D.Lgs. 165/2001 e s.m.i.).
Senza contare che con l'entrata in vigore del D.P.R. 07.08.2012, n. 137 -Regolamento recante riforma degli ordinamenti professionali, a norma dell'articolo 3, comma 5, del decreto-legge 13.08.2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14.09.2011, n. 148– il divieto di iscrizione per il pubblico dipendente è praticamente caduto, anche se deve essere chiaro che a seguito dell'eventuale iscrizione non si costituisce un diritto incondizionato all'esercizio della libera professione.
Per gli stessi dipendenti comunali ingegneri ed architetti, infine, sembra opportuno evidenziare che
per poter idoneamente svolgere il proprio rapporto di lavoro con l'ente datore, è sufficiente la sola abilitazione, legata all'accertamento dei requisiti tecnico-professionali (l'art. 90 del Codice dei Contratti precisa che nelle amministrazioni pubbliche i progetti sono firmati da dipendenti abilitati all'esercizio della professione e quindi non è richiesta per tali figure alcuna iscrizione all'albo.
Anche per quanto riguarda l'attività di collaudo, a termini dell'art. 120 del codice non è richiesta alcuna iscrizione).

In conseguenza di quanto argomentato,
dal momento che per tali categorie professionali, l'iscrizione al proprio ordine professionale non costituisce un requisito professionale necessario per svolgere il rapporto di lavoro con l'ente di appartenenza, ad essi non spetta alcun rimborso della quota di iscrizione annuale.
Le risposte alle singole questioni generali poste dal quesito sono rilevabili dal contenuto dei chiarimenti sopra svolti. Si segnala in proposito anche la recente
nota 19.10.2015 n. 79309 di prot. del MEF.
Per quanto attiene al secondo specifico punto del quesito,
parrebbe utile che l'ente locale che -in sede di bando di concorso avesse espressamente richiesto, tra i requisiti di ammissione anche l'iscrizione al rispettivo Ordine professionale– comunicasse ai lavoratori in questione che il proprio rinnovo della iscrizione all'Albo, resta una formalità riconducibile esclusivamente all'interesse professionale personale di ciascuno di loro (10.11.2015 - link a www.centrodocumentazionecomuni.it).

PUBBLICO IMPIEGOIl legale non paga per l’Albo. Dipendenti pubblici. Due le condizioni: elenco speciale e rapporto subordinato.
La Ragioneria generale dello Stato ha emesso un parere sulla competenza a pagare l'iscrizione dei dipendenti pubblici agli albi professionali.
Dopo la sentenza della Corte di Cassazione 7776/2015, e dopo che alcune sezioni regionali della Corte dei conti hanno ritenuto di non entrare nel merito, con la nota 19.10.2015 n. 79309 di prot. in risposta a una specifica richiesta di un comune, vengono forniti i chiarimenti operativi per gli enti locali.
Affinché i costi della tassa di iscrizione all'albo degli avvocati possano gravare sull'ente pubblico (e quindi essere rimborsati costituendo peraltro spese di personale), sono necessarie due contemporanee condizioni. Innanzitutto deve esistere carattere obbligatorio dell'iscrizione nell'elenco speciale annesso all'albo ai fini dell'espletamento dell'attività del professionista.
In secondo luogo vi deve essere il carattere esclusivo dell'esercizio dell'attività professionale in regime di subordinazione, in cui l'ente locale è l'unico soggetto beneficiario dei risultati di detta attività.
Il parere si occupa anche di altre categorie di dipendenti: ingegneri, architetti, geometri, assistenti sociali. In questi casi l'iscrizione al relativo albo professionale non assume, in via generale, carattere obbligatorio ai fini dell'espletamento delle attività cui soni preposti i lavoratori, né sussistono, elenchi speciali sul modello dell'albo degli avvocati. Quindi, viene a mancare la prima condizione sopra elencata e l'ente locale non può rimborsare la tassa di iscrizione all'albo professionale.
La Rgs, spiega, altresì che per i responsabili degli uffici tecnici non è richiesta l'iscrizione all'albo per la redazione di progetti a favore dell'amministrazione da cui dipendono e questo in virtù dell'articolo 90, comma 1, lett. a), del decreto legislativo 163/2006, in quanto è sufficiente il rapporto di servizio esistente e la conseguente incardinazione nella struttura dell'ente
(articolo Il Sole 24 Ore del 28.10.2015 - tratto da www.centrostudicni.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Ingegneri, niente albo se lavorano per la p.a..
Non è automatico il diritto al rimborso della tassa di iscrizione all'albo per gli ingegneri dipendenti per cui è previsto il solo obbligo di abilitazione professionale. Gli ingegneri dipendenti pubblici e appartenenti agli uffici tecnici delle stazioni appaltanti possono espletare attività di progettazione per conto della p.a. con il requisito della (mera) abilitazione, senza necessità di iscrizione all'albo.
Perciò in questo caso, a differenza degli avvocati, non si può affermare che l'iscrizione all'albo è presupposto indispensabile per svolgere l'attività a favore dell'ente di appartenenza.

Questa è quanto si legge nella circolare 21.10.2015 n. 615 del Consiglio nazionale ingegneri in merito alla sentenza n. 7776 del 2015 con cui la Corte di cassazione (in una vertenza tra l'Inps ed un avvocato dipendente pubblico) ha stabilito che il rimborso della tassa annuale di iscrizione all'albo degli avvocati dovesse essere corrisposto dall'ente pubblico datore di lavoro.
Ne deriva che viene meno la condizione per esigere il rimborso della quota di iscrizione eventualmente pagata dall'interessato. Inoltre, a parere del Consiglio nazionale degli ingegneri, «qualora la normativa preveda l'obbligatorietà dell'iscrizione all'albo per il dipendente ingegnere, il pagamento della relativa tassa annuale di iscrizione (facendo applicazione dei principi fissati dalla giurisprudenza del Consiglio di stato e della Corte di cassazione) sarà a carico dell'ente datore di lavoro e, se il versamento è stato anticipato dal dipendente, deve essergli rimborsato».
Concludendo il Consiglio nazionale sottolinea «il carattere eccezionale della previsione dettata dalla normativa sugli appalti pubblici, ovvero la sussistenza di una disposizione espressa che richiede la sola abilitazione per svolgere attività professionale. Tale disposizione va intesa come eccezione alla regola generale della necessaria iscrizione all'albo e non può quindi trovare applicazione al di fuori dei casi legislativamente previsti (articolo 90, dlgs n. 163/2006, e articolo 9, dpr n. 207/2010), nemmeno per effetto di una interpretazione estensiva o analogica» (articolo ItaliaOggi del 27.10.2015 - tratto da www.centrostudicni.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Oggetto: DIPENDENTI PUBBLICI ISCRITTI ALL’ALBO – QUOTA ANNUALE DI ISCRIZIONE - SENTENZA CASSAZIONE CIVILE, SEZIONE LAVORO, 16.04.2015 N. 7776 – APPLICABILITÀ AI DIPENDENTI INGEGNERI – LIMITI - CONSIDERAZIONI (Consiglio Nazionale degli Ingegneri, circolare 21.10.2015 n. 615).

PUBBLICO IMPIEGOChiedere un parere alla Corte dei Conti:
   1) in merito alla necessità, o meno, dell’iscrizione all’albo professionale del dipendente comunale tecnico per l'espletamento di attività progettuali di cui all'art. 90 del decreto legislativo 12.04.2006, n. 163,
il quesito non contiene profili contabili e, come tale, è inammissibile.
Invero,
le Sezioni regionali della Corte dei conti non svolgono una funzione consultiva a carattere generale in favore degli enti locali, ma le attribuzioni consultive si connotano sulle funzioni sostanziali di controllo collaborativo conferite dalla legislazione.
Si è precisato che
la funzione consultiva non può intendersi come consulenza generale agli enti, ma ristretta esclusivamente alla materia contabile pubblica, quindi ai bilanci pubblici, alle norme e principi che disciplinano la gestione finanziaria e del patrimonio o comunque a temi di carattere generale nella materia contabile.
Le Sezioni riunite della Corte dei conti hanno delineato una
nozione di contabilità pubblica incentrata sul “sistema di principi e di norme che regolano l’attività finanziaria e patrimoniale dello Stato e degli enti pubblici”, da intendersi in senso dinamico anche in relazione alle materie che incidono sulla gestione del bilancio e sui suoi equilibri.
In particolare, si è affermato che
l’espressione “in materia di contabilità pubblica” non può comportare una estensione dell’attività consultiva “a tutti i settori dell’azione amministrativa”, ma va delimitata ai profili che “risultino connessi alle modalità di utilizzo delle risorse pubbliche, nel quadro di specifici obiettivi di contenimento della spesa sanciti dai principi di coordinamento della finanza pubblica […] in grado di ripercuotersi direttamente sulla sana gestione finanziaria dell’ente e sui pertinenti equilibri di bilancio”.
   2) ed in merito all’individuazione del soggetto, Comune o dipendente interessato, sul quale graverebbero i connessi oneri economici,
la questione è ugualmente inammissibile per carenza delle caratteristiche indicate nella deliberazione n. 54/2010 delle Sezioni riunite della Corte dei conti, in quanto la questione prospettata –concernente l’individuazione del soggetto sul quale dovrebbero gravare le spese per l’iscrizione all’albo professionale– “solo indirettamente potrebbe ricondursi alla materia della “contabilità pubblica”, presupponendo la risoluzione di una questione di stretta interpretazione normativa, che esorbita, per le ragioni sopra dette, dal perimetro che delinea l’ambito della competenza consultiva della Sezione”.
----------------
Il Sindaco del Comune di Bellusco (MI) ha formulato una richiesta di parere in merito alla necessità, o meno, dell’iscrizione all’albo professionale per l'espletamento di attività progettuali di cui all'art. 90 del decreto legislativo 12.04.2006, n. 163 e all’individuazione del soggetto, Comune o dipendente interessato, sul quale graverebbero i connessi oneri economici.
...
Con riferimento alla verifica del profilo oggettivo, occorre precisare che, come previsto dall’art. 7 della legge n. 131/2003,
le Sezioni regionali della Corte dei conti non svolgono una funzione consultiva a carattere generale in favore degli enti locali, ma le attribuzioni consultive si connotano sulle funzioni sostanziali di controllo collaborativo conferite dalla legislazione.
La Sezione delle Autonomie, nell’adunanza del 27.04.2004, ha fissato principi e modalità per l’esercizio dell’attività consultiva, modificati ed integrati con le successive delibere n. 5/AUT/2006 e n. 9/SEZAUT/2009.
Si è precisato che
la funzione consultiva non può intendersi come consulenza generale agli enti, ma ristretta esclusivamente alla materia contabile pubblica, quindi ai bilanci pubblici, alle norme e principi che disciplinano la gestione finanziaria e del patrimonio o comunque a temi di carattere generale nella materia contabile.
Le Sezioni riunite della Corte dei conti, intervenendo con una pronuncia in sede di coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell’art. 17, comma 31, del d.l. n. 78/2009, convertito, con modificazioni, con legge n. 102/2009, hanno delineato una
nozione di contabilità pubblica incentrata sul “sistema di principi e di norme che regolano l’attività finanziaria e patrimoniale dello Stato e degli enti pubblici”, da intendersi in senso dinamico anche in relazione alle materie che incidono sulla gestione del bilancio e sui suoi equilibri (delibera n. 54 del 17.11.2010).
In particolare, nella citata pronuncia, si è affermato che
l’espressione “in materia di contabilità pubblica” non può comportare una estensione dell’attività consultiva “a tutti i settori dell’azione amministrativa”, ma va delimitata ai profili che “risultino connessi alle modalità di utilizzo delle risorse pubbliche, nel quadro di specifici obiettivi di contenimento della spesa sanciti dai principi di coordinamento della finanza pubblica […] in grado di ripercuotersi direttamente sulla sana gestione finanziaria dell’ente e sui pertinenti equilibri di bilancio”.
Sulla base di questa premessa
si ritengono inammissibili entrambi i quesiti proposti.
Il primo quesito, relativo alla necessità, o meno, dell’iscrizione all’albo professionale per l'espletamento di attività progettuali di cui all'art. 90 del decreto legislativo 12.04.2006, n. 163, non contiene, infatti, profili contabili.
Con riferimento al secondo quesito, riguardante l’individuazione del soggetto, Comune o dipendente interessato, sul quale graverebbero i connessi oneri economici, le Sezioni Riunite in sede di controllo hanno ritenuto, con deliberazione n. 1/CONTR/11, che la questione sia inammissibile per carenza delle caratteristiche indicate nella citata deliberazione n. 54/2010, in quanto la questione prospettata –concernente l’individuazione del soggetto sul quale dovrebbero gravare le spese per l’iscrizione all’albo professionale– “solo indirettamente potrebbe ricondursi alla materia della “contabilità pubblica”, presupponendo la risoluzione di una questione di stretta interpretazione normativa, che esorbita, per le ragioni sopra dette, dal perimetro che delinea l’ambito della competenza consultiva della Sezione”.
P.Q.M.
la Sezione
dichiara oggettivamente inammissibile la richiesta di parere (Corte dei Conti, Sez. controllo Lombardia, parere 21.09.2015 n. 293).

PUBBLICO IMPIEGOE' inammissibile porre un quesito alla Corte dei Conti per conoscere:
1. quando ed in quali termini una professione deve intendersi esercitata nell'interesse esclusivo dell'Ente datore di lavoro;
2. se è da ritenersi dovuto da parte dell'Ente d'appartenenza il pagamento/rimborso del contributo annuale di iscrizione all'Albo/Ordine degli Architetti ed Ingegneri in favore dei dipendenti che espletano le attività tecniche più sopra indicate e che ne facciano richiesta;
3. nel caso di risposta affermativa, da quale anno è consentito provvedere al rimborso del contributo annuale di iscrizione al rispettivo Albo o Ordine,
poiché
lo stesso non contiene profili contabili e, nel contempo, risulta carente delle caratteristiche indicate nella deliberazione n. 54/2010 delle Sezioni riunite della Corte dei conti, in quanto la questione prospettata “solo indirettamente potrebbe ricondursi alla materia della “contabilità pubblica”, presupponendo la risoluzione di una questione di stretta interpretazione normativa, che esorbita, per le ragioni sopra dette, dal perimetro che delinea l’ambito della competenza consultiva della Sezione”.
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Il Sindaco del Comune di Cologno al Serio (BG) ha formulato una richiesta di parere in merito alla rimborsabilità ai dipendenti pubblici del contributo annuale di iscrizione all’albo professionale.
In particolare si chiede:
"1. quando ed in quali termini una professione deve intendersi esercitata nell'interesse esclusivo dell'Ente datore di lavoro;
2. se è da ritenersi dovuto da parte dell'Ente d'appartenenza il pagamento/rimborso del contributo annuale di iscrizione all'Albo/Ordine degli Architetti ed Ingegneri in favore dei dipendenti che espletano le attività tecniche più sopra indicate e che ne facciano richiesta;
3. nel caso di risposta affermativa, da quale anno è consentito provvedere al rimborso del contributo annuale di iscrizione al rispettivo Albo o Ordine
”.
...
Con riferimento alla verifica del profilo oggettivo, occorre precisare che, come previsto dall’art. 7 della legge n. 131/2003,
le Sezioni regionali della Corte dei conti non svolgono una funzione consultiva a carattere generale in favore degli enti locali, ma le attribuzioni consultive si connotano sulle funzioni sostanziali di controllo collaborativo conferite dalla legislazione.
La Sezione delle Autonomie, nell’adunanza del 27.04.2004, ha fissato principi e modalità per l’esercizio dell’attività consultiva, modificati ed integrati con le successive delibere n. 5/AUT/2006 e n. 9/SEZAUT/2009.
Si è precisato che
la funzione consultiva non può intendersi come consulenza generale agli enti, ma ristretta esclusivamente alla materia contabile pubblica, quindi ai bilanci pubblici, alle norme e principi che disciplinano la gestione finanziaria e del patrimonio o comunque a temi di carattere generale nella materia contabile.
Le Sezioni riunite della Corte dei conti, intervenendo con una pronuncia in sede di coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell’art. 17, comma 31, del d.l. n. 78/2009, convertito, con modificazioni, con legge n. 102/2009, hanno delineato una
nozione di contabilità pubblica incentrata sul “sistema di principi e di norme che regolano l’attività finanziaria e patrimoniale dello Stato e degli enti pubblici”, da intendersi in senso dinamico anche in relazione alle materie che incidono sulla gestione del bilancio e sui suoi equilibri (delibera n. 54 del 17.11.2010).
In particolare, nella citata pronuncia, si è affermato che
l’espressione “in materia di contabilità pubblica” non può comportare una estensione dell’attività consultiva “a tutti i settori dell’azione amministrativa”, ma va delimitata ai profili che “risultino connessi alle modalità di utilizzo delle risorse pubbliche, nel quadro di specifici obiettivi di contenimento della spesa sanciti dai principi di coordinamento della finanza pubblica […] in grado di ripercuotersi direttamente sulla sana gestione finanziaria dell’ente e sui pertinenti equilibri di bilancio”.
Sulla base di questa premessa
si ritengono inammissibili tutti e tre i quesiti proposti.
Il primo quesito, relativo alla nozione di professione esercitata nell'interesse esclusivo dell'Ente datore di lavoro, non contiene, infatti, profili contabili.
Con riferimento al secondo e al terzo quesito, riguardanti la rimborsabilità ai dipendenti pubblici del contributo annuale di iscrizione all’albo professionale, con la connessa problematica relativa alla decorrenza temporale di tale onere, le Sezioni Riunite in sede di controllo hanno ritenuto, con deliberazione n. 1/CONTR/11, che la questione sia inammissibile per carenza delle caratteristiche indicate nella citata deliberazione n. 54/2010, in quanto la questione prospettata –concernente l’individuazione del soggetto sul quale dovrebbero gravare le spese per l’iscrizione all’albo professionale– “solo indirettamente potrebbe ricondursi alla materia della “contabilità pubblica”, presupponendo la risoluzione di una questione di stretta interpretazione normativa, che esorbita, per le ragioni sopra dette, dal perimetro che delinea l’ambito della competenza consultiva della Sezione”.
P.Q.M.
la Sezione
dichiara oggettivamente inammissibile la richiesta di parere (Corte dei Conti, Sez. controllo Lombardia, parere 21.09.2015 n. 291).

PUBBLICO IMPIEGO: Sulla possibilità o meno, per un comune, di rimborsare a propri dipendenti la tassa di iscrizione agli albi professionali, in particolare all’ordine degli architetti ed all’ordine degli assistenti sociali.
La richiesta di parere dev’essere giudicata inammissibile sul piano oggettivo, in quanto la materia de qua esula dal concetto di contabilità pubblica come sopra delineato.
Si tratta di una fattispecie in cui i profili contabili non sono preminenti rispetto ad altre problematiche di ordine giuridico, che più propriamente devono essere risolte in diversa sede.
Infatti, non si rinvengono i caratteri di specializzazione funzionale che caratterizzano la Corte dei conti in sede consultiva e che giustificano la relativa attribuzione da parte del legislatore.

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Il Sindaco del Comune di Ponte dell’Olio (PC) ha inoltrato a questa Sezione una richiesta di parere avente ad oggetto la possibilità, per un comune, di rimborsare a propri dipendenti la tassa di iscrizione agli albi professionali, in particolare all’ordine degli architetti ed all’ordine degli assistenti sociali.
...
1.3 Con riferimento alla verifica del profilo oggettivo, occorre anzitutto evidenziare che la disposizione contenuta nel comma 8 dell’art. 7 della legge 131 del 2003, deve essere raccordata con il precedente comma 7, norma che attribuisce alla Corte dei conti la funzione di verificare il rispetto degli equilibri di bilancio, il perseguimento degli obiettivi posti da leggi statali e regionali di principio e di programma, la sana gestione finanziaria degli enti locali.
Il raccordo tra le due disposizioni opera nel senso che il comma 8 prevede forme di collaborazione ulteriori rispetto a quelle del precedente comma rese esplicite, in particolare, con l’attribuzione agli enti della facoltà di chiedere pareri in materia di contabilità pubblica.
Sull’esatta individuazione di tale locuzione e, dunque, sull’ambito di estensione della funzione consultiva intestata alle Sezioni di regionali di controllo della Corte dei conti,
che non può essere intesa quale una funzione di carattere generale, sono intervenute sia le Sezioni riunite sia la Sezione delle autonomie con pronunce di orientamento generale, rispettivamente, ai sensi dell’articolo 17, comma 31, d.l. n. 78/2009 e dell’articolo 6, comma 4, d.l. n. 174/2012.
Con deliberazione 17.11.2010, n. 54, le Sezioni riunite hanno chiarito che
la nozione di contabilità pubblica comprende, oltre alle questioni tradizionalmente ad essa riconducibili (sistema di principi e norme che regolano l’attività finanziaria e patrimoniale dello Stato e degli enti pubblici), anche i “quesiti che risultino connessi alle modalità di utilizzo delle risorse pubbliche nel quadro di specifici obiettivi di contenimento della spesa sanciti da principi di coordinamento della finanza pubblica (….), contenuti nelle leggi finanziarie, in grado di ripercuotersi direttamente sulla sana gestione finanziaria dell’Ente e sui pertinenti equilibri di bilancio”.
Di recente, la Sezione delle autonomie, con la deliberazione n. 3/2014/SEZAUT, ha operato ulteriori ed importanti precisazioni rilevando come, pur costituendo la materia della contabilità pubblica una categoria concettuale estremamente ampia,
i criteri utilizzabili per valutare oggettivamente ammissibile una richiesta di parere possono essere, oltre “all’eventuale riflesso finanziario di un atto sul bilancio dell’ente” (criterio in sé riduttivo ed insufficiente), anche l’attinenza del quesito proposto ad “una competenza tipica della Corte dei conti in sede di controllo sulle autonomie territoriali”.
E’ stato, altresì, ribadito come “
materie estranee, nel loro nucleo originario alla contabilità pubblica –in una visione dinamica dell’accezione che sposta l’angolo visuale dal tradizionale contesto della gestione del bilancio a quello inerente ai relativi equilibri– possono ritenersi ad essa riconducibili, per effetto della particolare considerazione riservata dal Legislatore, nell’ambito della funzione di coordinamento della finanza pubblica”: solo in tale particolare evenienza, una materia comunemente afferente alla gestione amministrativa può venire in rilievo sotto il profilo della contabilità pubblica.
Al contrario, la presenza di pronunce di organi giurisdizionali di diversi ordini, la possibile interferenza con funzioni requirenti e giurisdizionali delle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti o di altra magistratura, nonché il rischio di un inserimento nei processi decisionali degli enti territoriali,
precludono alle sezioni regionali di controllo la possibilità di pronunciarsi nel merito.
1.2.2 Sulla base di quanto evidenziato,
la richiesta di parere dev’essere giudicata inammissibile sul piano oggettivo, in quanto la materia de qua esula dal concetto di contabilità pubblica come sopra delineato. Si tratta di una fattispecie in cui i profili contabili non sono preminenti rispetto ad altre problematiche di ordine giuridico, che più propriamente devono essere risolte in diversa sede. Infatti, non si rinvengono i caratteri di specializzazione funzionale che caratterizzano la Corte dei conti in sede consultiva e che giustificano la relativa attribuzione da parte del legislatore.
La valutazione nel senso dell’inammissibilità della richiesta, peraltro, è conforme al contenuto della delibera della Sezione delle autonomie, n. 1/CONTR/11 del 13.01.2011, nonché a pronunce di altre sezioni regionali di controllo (da ultimo, della Sezione regionale di controllo per la Toscana, n. 162/2015/PAR, dell’08.06.2015).
Dalle considerazioni che precedono, consegue che
il quesito deve essere considerato inammissibile; pertanto, il Collegio non può esaminarlo nel merito (Corte dei Conti, Sez. controllo Emilia Romagna, parere 16.09.2015 n. 129).

PUBBLICO IMPIEGO: Sulla questione del rimborso a propri dipendenti della quota di iscrizione ad albi professionali.
Il quesito posto dal comune deve ritenersi inammissibile, in quanto i dubbi proposti non afferiscono alla materia della contabilità pubblica, come delimitata dalle Sezioni Riunite della Corte dei conti, al cui principio di diritto la scrivente Sezione regionale deve conformarsi in aderenza al dettato normativo.
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Il Sindaco del Comune di Buccinasco (MI), con nota del 04.06.2015, ha formulato una richiesta di parere avente ad oggetto il rimborso a propri dipendenti della quota di iscrizione ad albi professionali. Il Comune, infatti, aderendo agli orientamenti espressi da diverse Sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti, non ha riconosciuto a propri dipendenti (architetti, ingegneri e assistenti sociali) il ridetto rimborso.
A seguito della recente sentenza della Corte di Cassazione n. 7776 del 16.04.2015, un dipendente, funzionario tecnico, iscritto all'albo degli architetti della Provincia di Milano, ha chiesto al Comune il rimborso della tassa di iscrizione al predetto albo, in relazione a tutto il periodo 2010-2015.
Esposta tale premessa, il Sindaco chiede se l'Ente sia tenuto ad accogliere la summenzionata richiesta di rimborso formulata dal dipendente.
Chiede, altresì, se il rimborso della tassa di iscrizione all'albo professionale sia dovuto anche nel caso in cui il dipendente istante non sia stato più adibito allo svolgimento di attività di progettazione e di direzione lavori per conto dell’ente locale.
...
La funzione consultiva delle Sezioni regionali è inserita nel quadro delle competenze che la legge n. 131 del 2003, recante adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18.10.2001, n. 3, ha attribuito alla Corte dei conti.
In relazione allo specifico quesito formulato dal Sindaco del Comune di Buccinasco (MI), il primo punto da esaminare concerne la verifica in ordine alla circostanza se la richiesta rientri nell’ambito delle funzioni attribuite alle Sezioni regionali della Corte dei conti dall’art. 7, comma 8, della legge 06.06.2003, n. 131, norma in forza della quale Regioni, Province e Comuni possono chiedere a dette Sezioni pareri in materia di contabilità pubblica, nonché ulteriori forme di collaborazione, ai fini della regolare gestione finanziaria e dell’efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa.
I pareri e le altre forme di collaborazione si inseriscono nei procedimenti amministrativi degli enti territoriali consentendo, nelle tematiche in relazione alle quali la collaborazione viene esercitata, scelte adeguate e ponderate nello svolgimento dei poteri che appartengono agli amministratori pubblici, restando peraltro esclusa qualsiasi forma di cogestione o co-amministrazione con l’organo di controllo esterno (si rinvia, per tutte, alla delibera della Sezione dell’11.02.2009, n. 36).
Infatti, deve essere messo in luce che
il parere della Sezione attiene a profili di carattere generale anche se, ovviamente, la richiesta proveniente dall'ente pubblico è motivata, generalmente, dalla necessità di assumere specifiche decisioni in relazione ad una particolare situazione. L'esame e l'analisi svolta nel parere è limitata ad individuare l'interpretazione di disposizioni di legge e di principi generali dell'ordinamento in relazione alla materia prospettata dal richiedente, spettando, ovviamente, a quest'ultimo la decisione in ordine alle modalità applicative in relazione alla situazione che ha originato la domanda.
Con specifico riferimento all’ambito di legittimazione soggettiva per l'attivazione di questa particolare forma di collaborazione, è ormai consolidato l'orientamento che vede, nel caso del comune, il Sindaco quale organo istituzionalmente legittimato a richiedere il parere, in quanto riveste il ruolo di rappresentante dell’Ente.
Il presente presupposto soggettivo sussiste nel quesito richiesto dal Sindaco del Comune di Buccinasco, con nota del 04.06.2015.
Con riferimento alla verifica del profilo oggettivo, occorre rilevare come la disposizione, contenuta nel comma 8 dell’art. 7 della legge 131, deve essere raccordata con il precedente comma 7, norma che attribuisce alla Corte dei conti la funzione di verificare il rispetto degli equilibri di bilancio, il perseguimento degli obiettivi posti da leggi statali e regionali di principio e di programma, la sana gestione finanziaria degli enti locali. Lo svolgimento della funzione è qualificato dallo stesso legislatore come una forma di controllo collaborativo.
Il raccordo tra le due disposizioni opera nel senso che il comma 8 prevede forme di collaborazione ulteriori rispetto a quelle del precedente comma, rese esplicite in particolare con l’attribuzione agli enti della facoltà di chiedere pareri in materia di contabilità pubblica.
Appare conseguentemente chiaro che
le Sezioni regionali della Corte dei conti non svolgono una funzione consultiva a carattere generale in favore degli enti locali, ma che, anzi, le attribuzioni consultive si connotano sulle funzioni sostanziali di controllo collaborativo ad esse conferite dalla legislazione positiva.
La Sezione delle Autonomie, nell’adunanza del 27.04.2004, ha fissato principi e modalità per l’esercizio dell’attività consultiva, modificati ed integrati con le successive delibere n. 5/AUT/2006 e n. 9/SEZAUT/2009. Si è precisato che
la funzione consultiva non può intendersi come consulenza generale agli enti, ma ristretta esclusivamente alla materia della contabilità pubblica, quindi ai bilanci pubblici, alle norme e principi che disciplinano la gestione finanziaria e del patrimonio o comunque a temi di carattere generale nella materia contabile.
In seguito, le Sezioni riunite della Corte dei conti, con pronuncia di coordinamento, emanata ai sensi dell’art. 17, comma 31, del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009, hanno delineato una
nozione di contabilità pubblica incentrata sul “sistema di principi e di norme che regolano l’attività finanziaria e patrimoniale dello Stato e degli enti pubblici”, da intendersi in senso dinamico anche in relazione alle materie che incidono sulla gestione del bilancio e sui suoi equilibri (Delibera n. 54 del 17.11.2010). Il limite della funzione consultiva, come sopra delineato, fa escludere comunque qualsiasi possibilità di intervento della Corte dei conti nella concreta attività gestionale o nei casi di interferenza, in concreto, con competenze di altri organi giurisdizionali.
Tanto premesso,
il quesito posto dal comune di Buccinasco deve ritenersi inammissibile, in quanto i dubbi proposti non afferiscono alla materia della contabilità pubblica, come delimitata dalle Sezioni Riunite della Corte dei conti, al cui principio di diritto la scrivente Sezione regionale deve conformarsi in aderenza al dettato normativo.
Infatti, oltre ai criteri generali esposti nella deliberazione n. 54/2010 sopra richiamata, le stesse Sezioni Riunite della Corte dei conti sono intervenute sulla questione specifica proposta dal Comune di Buccinasco con la deliberazione n. 1/CONTR/2011 del 13.01.2011, sempre assunta in funzione nomofilattica ai sensi della normativa prima esposta.
Con deliberazione n. 722/PAR del 26.10.2010, la Sezione regionale di controllo per le Marche aveva deferito una questione di massima tesa a conoscere se rientrasse nel concetto di contabilità pubblica di cui all’art. 7, comma 8, della legge 05.06.2003, n. 131, e quindi se fosse ammissibile, la richiesta di parere concernente il rimborso delle spese per l’iscrizione all’albo degli avvocati.
Le Sezioni Riunite hanno ritenuto che solo indirettamente la questione potrebbe ricondursi alla materia della “contabilità pubblica”, presupponendo la risoluzione di una questione di stretta interpretazione normativa, che esorbita, per le ragioni sopra dette, dal perimetro che delinea l’ambito della competenza consultiva della Sezione.
P.Q.M.
dichiara non ammissibile l’istanza di parere (Corte dei Conti, Sez. controllo Lombardia, parere 11.09.2015 n. 274).

PUBBLICO IMPIEGO: Costi degli Ordini e dei Collegi a carico del datore di lavoro? (CGIL-FP di Bergamo, nota 30.07.2015).

PUBBLICO IMPIEGO: Oggetto: Dipendenti pubblici iscritti agli albi - Contributo annuale iscrizione a carico della P.A. - Chiarimenti (Consiglio Nazionale degli Architetti Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, circolare 23.07.2015 n. 98).

PUBBLICO IMPIEGOSulla questione circa  la rimborsabilità, a carico dell’amministrazione comunale, delle spese relative al contributo di iscrizione all’albo professionale del dipendente professionista, la richiesta va dichiara inammissibile poiché  “la questione prospettata –concernente l’individuazione del soggetto (avvocato o amministrazione locale) sul quale dovrebbero gravare le spese per l’iscrizione all’albo degli avvocati (art. 3 del r.d.l. 27.11.1933, n. 1578)– solo indirettamente potrebbe ricondursi alla materia della contabilità pubblica, presupponendo la risoluzione di una questione di stretta interpretazione normativa, che esorbita (…) dal perimetro che delinea l’ambito della competenza consultiva della Sezione”.
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La questione proposta dal Comune di Massa e Cozzile concerne la rimborsabilità, a carico dell’amministrazione comunale, delle spese relative al contributo di iscrizione all’albo professionale del dipendente professionista.
L’ente evidenzia, nella richiesta, un contrasto interpretativo tra questa Sezione (
parere 22.04.2008 n. 11), sfavorevole ad un’imputazione all’ente pubblico della spesa di cui si discute, e una recente sentenza della Cass., Sez. lavoro, n. 7776/2015, che impone all’ente pubblico il pagamento degli oneri di iscrizione agli albi professionali.
...
Il punto va risolto facendo riferimento alla deliberazione 13.01.2011 n. 1 delle Sezioni Riunite -in sede di controllo- della Corte dei Conti  che, pronunciandosi su questione di massima in ordine ad un quesito analogo a quello sottoposto all’odierno esame, ha affermato: “
la questione prospettata –concernente l’individuazione del soggetto (avvocato o amministrazione locale) sul quale dovrebbero gravare le spese per l’iscrizione all’albo degli avvocati (art. 3 del r.d.l. 27.11.1933, n. 1578)– solo indirettamente potrebbe ricondursi alla materia della contabilità pubblica, presupponendo la risoluzione di una questione di stretta interpretazione normativa, che esorbita (…) dal perimetro che delinea l’ambito della competenza consultiva della Sezione”.
Ne è conseguita una pronuncia di inammissibilità oggettiva che, pur riferita alla sola rimborsabilità dell’iscrizione all’albo del dipendente avvocato, esprime un principio di diritto valevole per tutte le fattispecie analoghe.
A tale principio si è già successivamente uniformata questa Sezione con parere 26.05.2011 n. 98, (così superando il proprio precedente
parere 22.04.2008 n. 11, richiamata dal richiedente, che pronunciava invece nel merito, avendo risolto positivamente la questione preliminare dell’ammissibilità), nonché altre Sezioni regionali di controllo, tra cui Puglia (delib. nn. 14/2013 e 91/2012), Veneto (delib. n. 181/2013) e Lombardia (parere 23.10.2012 n. 442 e parere 12.01.2012 n. 2).
La Sezione conclude pertanto nel senso della inammissibilità della richiesta in esame (Corte dei Conti, Sez. controllo Toscana, parere 08.06.2015 n. 162).

PUBBLICO IMPIEGO: OGGETTO: Dipendenti pubblici iscritti agli albi - Contributo annuale iscrizione a carico della P.A. (Consiglio Nazionale degli Architetti Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, circolare 22.04.2015 n. 49).
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Riferimenti menzionati:
- Corte di Cassazione, Sez. lavoro, sentenza 16.04.2015 n. 7776
- Consiglio di Stato, Sez. I, parere parere 15.03.2011 n. 1081

PUBBLICO IMPIEGODipendenti iscritti in albi. La tassa la paga la p.a.. Sentenza della sezione lavoro della Corte di cassazione.
Avvocato rimborsato. È l'amministrazione che deve pagare al dipendente inserito nel ruolo professionale legale la tassa annuale di iscrizione all'elenco speciale annesso all'albo forense per l'esercizio della professione nell'interesse esclusivo dell'ente datore. E ciò perché opera lo schema ex articolo 1719 c.c.: il mandante deve tenere il mandatario indenne da tutte le diminuzioni patrimoniali che scaturiscono dall'incarico svolto. Se dunque il lavoratore ha anticipato di tasca propria, deve essere reintegrato dell'esborso perché il pagamento della quota all'Ordine non può ritenersi coperto dall'indennità di toga né inerente ai rimborsi spese.

È quanto emerge dalla sentenza 16.04.2015 n. 7776 della Sez. lavoro della Corte di Cassazione.
Decisiva l'esclusiva
Niente da fare per l'Inps: dovrà rassegnarsi a restituire all'ex dipendente tutte le tasse versate dal lavoratore quando era impiegato all'ufficio legale dell'istituto. La Suprema corte dà seguito al parere pronunciato dal Consiglio di stato nell'affare 678/2010: non convince l'interpretazione della Corte dei conti secondo cui la tassa dovrebbe ritenersi «strettamente personale» perché legata all'integrazione del requisito professionale previsto per svolgere il rapporto con l'ente.
Decisiva è invece l'esclusività del rapporto che lega l'avvocato all'amministrazione: l'opera professionale risulta garantita nell'ambito della subordinazione, la tassa annuale da pagare all'Ordine rientra fra i costi per lo svolgimento dell'attività e deve dunque gravare sull'ente datore, che è l'unico beneficiario delle prestazioni.
L'amministrazione deve rimborsare perché la quota annuale per l'iscrizione all'elenco speciale dell'albo non può ritenersi riconducibile alla retribuzione e ha un regime tributario incompatibile con le spese sostenute nell'interesse della persona, come quelle affrontate per gli studi universitari e per l'acquisizione dell'abilitazione professionale.
L'analogia con il contratto di mandato, poi, è rilevata laddove nel lavoro dipendente si configura l'assunzione a compiere l'attività per conto e nell'interesse altrui: così è il datore che deve fornire i mezzi necessari al dipendente come il mandante al mandatario (articolo ItaliaOggi del 17.04.2015 - tratto da www.centrostudicni.it).

PUBBLICO IMPIEGOIl pagamento della tassa annuale di iscrizione all'Elenco speciale annesso all'Albo degli avvocati, per l'esercizio della professione forense nell'interesse esclusivo dell'Ente datore di lavoro, rientra tra i costi per lo svolgimento di detta attività, che, in via normale, devono gravare sull'Ente stesso.
Quindi, se tale pagamento viene anticipato dall'avvocato-dipendente deve essere rimborsato dall'Ente medesimo, in base al principio generale applicabile anche nell'esecuzione del contratto di mandato, ai sensi dell'art. 1719 cod. civ. secondo cui il mandante è obbligato a tenere indenne il mandatario da ogni diminuzione patrimoniale che questi abbia subito in conseguenza dell'incarico, fornendogli i mezzi patrimoniali necessari.

5.- Lo stesso difetto di impostazione si rinviene anche con riguardo al primo e al terzo motivo di ricorso, essendo le censure con essi proposte incentrate su argomenti già spesi nel giudizio di appello ed espressamente ritenuti infondati dalla Corte, senza invece lambire le ragioni su cui si basa la sentenza impugnata e, in particolare, senza contestare il riferimento, in essa contenuto, alla disciplina del mandato.
6.- A tale ultimo riguardo deve essere, peraltro, precisato che la questione che ha dato origine alla presente controversia, è stata a lungo dibattuta, anche con riguardo agli avvocati dipendenti di Enti locali, dinanzi alla Corte dei Conti (specialmente in sede di controllo) e al Giudice amministrativo.
Tale questione ha finalmente trovato una soluzione definitiva —recepita anche dalla contrattazione collettiva— dopo che il Consiglio di Stato, con parere reso il 15.03.2011 nell'affare n. 678/2010 (di molto antecedente il presente ricorso) ha affermato che, quando sussista il vincolo di esclusività, l'iscrizione all'Albo è funzionale allo svolgimento di un'attività professionale svolta nell'ambito di una prestazione di lavoro dipendente, pertanto la relativa tassa rientra tra i costi per lo svolgimento di detta attività, che dovrebbero, in via normale, al di fuori dei casi in cui è permesso svolgere altre attività lavorative, gravare sull'Ente che beneficia in via esclusiva dei risultati di detta attività.
Il Consiglio di Stato, per giungere a tale soluzione, ha fatto espresso riferimento all'indirizzo espresso da questa Corte nella
sentenza 20.02.2007 n. 3928 —che viene contestata dall'attuale ricorrente— ricordando che, in tale sentenza è stato affermato che il pagamento della quota annuale di iscrizione all'Elenco speciale annesso all'Albo degli avvocati per l'esercizio della professione forense nell'interesse esclusivo del datore di lavoro è rimborsabile dal datore di lavoro, non rientrando né nella disciplina positiva dell'indennità di toga (art. 14, comma 17, d.P.R. n. 43 del 1990) a carattere retributivo, con funzione non restitutoria e un regime tributario incompatibile con il rimborso spese, né attenendo a spese nell'interesse della persona, quali quelle sostenute per gli studi universitari e per l'acquisizione dell'abilitazione alla professione forense.
D'altra parte, il Consiglio di Stato ha espressamente affermato di non condividere la le decisioni prese dalla Corte dei conti in sede di controllo, nelle quali è stato qualificato l'obbligo di corresponsione della tassa per l'iscrizione come strettamente personale, essendo legato all'integrazione del requisito professionale necessario per svolgere il rapporto con l'ente pubblico, mentre a tale giurisprudenza fa espressamente riferimento l'attuale ricorrente.
È stato anche precisato che nel lavoro dipendente si riscontra l'assunzione, analoga a quella che sussiste nel mandato, a compiere un'attività per conto e nell'interesse altrui, pertanto la soluzione adottata risponde ad un principio generale ravvisabile anche nell'esecuzione del contratto di mandato, ai sensi dell'art. 1719 cod. civ. secondo cui il mandante è obbligato a tenere indenne il mandatario da ogni diminuzione patrimoniale che questi abbia subito in conseguenza dell'incarico, fornendogli i mezzi patrimoniali necessari.
7.- Ne consegue che, anche tenendo conto di tale evoluzione del quadro giurisprudenziale, la sentenza impugnata va esente da qualsiasi censura, trattandosi di una pronuncia che, con congrua e logica motivazione, muovendo dalla condivisione di quanto affermato da Cass.
sentenza 20.02.2007 n. 3928, è pervenuta ad affermare la sussistenza del diritto al rimborso in oggetto facendo riferimento alle norme relative all'esecuzione del contratto di mandato (e, in particolare, all'art. 1719 cod. civ.), analogamente a quanto stabilito, quasi contemporaneamente, dal Consiglio di Stato, nel suindicato parere.
IV — Conclusioni
8.- In sintesi, il ricorso deve essere respinto. Le spese del presente giudizio di cassazione —liquidate nella misura indicata in dispositivo— seguono la soccombenza.
9.- Ai sensi dell'art. 384, primo comma, cod. proc. civ. si ritiene opportuno enunciare il seguente principio di diritto: "
Il pagamento della tassa annuale di iscrizione all'Elenco speciale annesso all'Albo degli avvocati, per l'esercizio della professione forense nell'interesse esclusivo dell'Ente datore di lavoro, rientra tra i costi per lo svolgimento di detta attività, che, in via normale, devono gravare sull'Ente stesso. Quindi, se tale pagamento viene anticipato dall'avvocato-dipendente deve essere rimborsato dall'Ente medesimo, in base al principio generale applicabile anche nell'esecuzione del contratto di mandato, ai sensi dell'art. 1719 cod. civ. secondo cui il mandante è obbligato a tenere indenne il mandatario da ogni diminuzione patrimoniale che questi abbia subito in conseguenza dell'incarico, fornendogli i mezzi patrimoniali necessari" (Corte di Cassazione, Sez. lavoro, sentenza 16.04.2015 n. 7776).
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Dello stesso tenore si legga anche Corte di Cassazione, Sez. lavoro, sentenza 03.04.2015 n. 6878.

anno 2014

PUBBLICO IMPIEGO: Spetta al comune il pagamento della quota annuale di iscrizione nell’elenco speciale annesso all'albo degli avvocati per l’esercizio della professione forense nell'interesse del datore di lavoro.
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dall’avvocato Lu.So., contro il Comune di Bitonto, avverso la richiesta di pagamento della quota annuale di iscrizione nell’elenco speciale annesso all'albo degli avvocati per l’esercizio della professione forense nell'interesse del datore di lavoro;
...
Il ricorso deve essere accolto.
Analoga questione è stata oggetto del parere di questa Sezione n. 678/2010, le cui motivazioni di accoglimento, essendo strettamente attinenti ai motivi proposti con il presente ricorso, possono qui richiamarsi: “Ritiene la Sezione di non condividere la giurisprudenza contabile che ha qualificato l’obbligo di corresponsione della tassa per l’iscrizione come strettamente personale, essendo legato all’integrazione del requisito professionale necessario per svolgere il rapporto con l’ente pubblico (ex plurimis: Corte Conti, sez. controllo Toscana, n. 11 del 2008; Corte Conti, sez. controllo Puglia, n. 29 del 2008; Corte Conti, sez. controllo Veneto, n. 128 del 2008).
Secondo tale orientamento a nulla rileva l’esclusività del rapporto di lavoro dipendente dell’avvocato comunale, non potendosi, in difetto di un’espressa previsione di legge o contrattuale, accollare al comune oneri finanziari che spettano, per loro natura, al dipendente essendo il presupposto per la valida assunzione.
La Sezione, in difformità dall’orientamento della giurisprudenza contabile sopra richiamata, ritiene irragionevole e viziata da eccesso di potere la decisione impugnata.
Con essa l’amministrazione ha ignorato la circostanza fattuale secondo la quale, dopo l’assunzione, il rapporto si configura come un rapporto di durata nel quale la prestazione professionale del componente dell’avvocatura civica è resa continuativamente, anno dopo anno, nell’interesse dell’ente di appartenenza in via esclusiva, dovendo gli interessati, per patrocinare innanzi le varie Autorità giudiziarie, essere iscritti al relativo Ordine professionale.
Pertanto, l’iscrizione è funzionale allo svolgimento di un’attività professionale svolta quando sussista il vincolo di esclusività, nell’ambito di una prestazione di lavoro dipendente.
Ne consegue che i costi per lo svolgimento di detta attività dovrebbero, in via normale, al di fuori dei casi in cui è permesso svolgere altre attività lavorative, gravare sull’amministrazione che beneficia in via esclusiva dei risultati di detta attività.
Ciò risponde ad un principio generale ravvisabile anche nell’esecuzione del contratto di mandato, ai sensi dell’art. 1719 cod. civ. secondo cui il mandante è obbligato a tenere indenne il mandatario da ogni diminuzione patrimoniale che questi abbia subito in conseguenza dell’incarico, fornendogli i mezzi patrimoniali necessari.
Nel lavoro dipendente si riscontra comunque l’assunzione, analoga a quella che sussiste nel mandato, a compiere un’attività per conto e nell’interesse altrui.
In senso analogo a quello ritenuto dalla Sezione è la giurisprudenza della Corte di Cassazione, secondo la quale il pagamento della quota annuale di iscrizione all'elenco speciale annesso all'albo degli avvocati per l'esercizio della professione forense nell'interesse esclusivo del datore di lavoro è rimborsabile dal datore di lavoro, non rientrando né nella disciplina positiva dell'indennità di toga (art. 14, comma 17, d.P.R. n. 43 del 1990) a carattere retributivo, con funzione non restitutoria e un regime tributario incompatibile con il rimborso spese, né attenendo a spese nell'interesse della persona, quali quelle sostenute per gli studi universitari e per l'acquisizione dell'abilitazione alla professione forense (principio affermato in controversia proposta da un avvocato dipendente dell'Inail, ruolo legale; Cassazione civile, sez. lav.,
sentenza 20.02.2007 n. 3928).
Non va poi dimenticato che l’Avvocatura dello Stato fruisce di un’apposita previsione che consente di patrocinare all’avvocato dell’erario anche in assenza dell’iscrizione all’Ordine; circostanza che depone nel senso che l’onere dell’iscrizione non debba, quando l’iscrizione sia necessaria, sia pure solo limitatamente all’albo speciale, gravare sul professionista dipendente dell’Avvocatura civica
" (Consiglio di Stato, Sez. I, parere 26.11.2014 n. 3673  - link a www.giustizia-amministrativa.it).

INCARICHI PROGETTUALI - PUBBLICO IMPIEGO: Progettazione interna. Oneri per l'iscrizione del dipendente all'albo/collegio e per l'aggiornamento professionale.
Ai sensi dell'art. 90, c. 4, del D.Lgs. 163/2006, per provvedere alla progettazione di opere e lavori pubblici, i dipendenti delle pubbliche amministrazioni devono essere 'abilitati all'esercizio della professione' (fatta salva l'ipotesi disciplinata dall'art. 253, comma 16, dello stesso decreto), senza che sia necessaria l'iscrizione all'albo o al collegio professionale.
Il Comune, atteso che l'art. 90 del decreto legislativo 12.04.2006, n. 163 [1], prevede che le prestazioni concernenti la redazione dei progetti per la realizzazione di opere e di lavori pubblici sono espletate, in via prioritaria, dagli uffici tecnici delle stazioni appaltanti (comma 1, lett. a) [2]) e che, in tale ipotesi [3], i progetti medesimi sono firmati da dipendenti delle amministrazioni «abilitati all'esercizio della professione» (comma 4, primo periodo [4]) [5], afferma che parrebbe potersi dedurre che, per svolgere il predetto incarico, il dipendente pubblico 'debba essere annualmente in regola con il pagamento dell'iscrizione all'albo/collegio di appartenenza'.
Anzitutto, appare necessario rilevare che la richiamata previsione del Codice dei contratti pubblici, ai sensi della quale i progetti redatti all'interno delle pubbliche amministrazioni sono firmati da dipendenti 'abilitati all'esercizio della professione', ripropone la norma già contenuta nell'art. 17, comma 2, primo periodo [6], della legge 11.02.1994, n. 109, come sostituito dall'art. 6, comma 2, della legge 18.11.1998, n. 415.
La Corte dei conti -Sezione del controllo per la Regione Sardegna [7], chiamata ad esprimersi sulla legittimità dell'assunzione, a carico del bilancio comunale, della tassa annuale di iscrizione all'albo professionale di un dipendente a tempo indeterminato, osserva che occorre, preliminarmente, stabilire se la predetta iscrizione costituisca requisito per lo svolgimento dell'attività lavorativa.
Il Giudice contabile afferma che «Così non è più nella materia dei lavori pubblici, in quanto la disciplina di cui all'articolo 17 della legge 109 del 1994 è stata modificata dalla legge n. 415 del 1998 nel senso che non è richiesta l'iscrizione all'albo professionale per i dipendenti pubblici che firmino i progetti, ma è sufficiente il possesso dell'abilitazione professionale».
Su analoga questione, la Corte dei conti -Sezione regionale di controllo per le Marche [8], precisa che «occorre tener conto che l'abilitazione -intesa quale accertamento dei requisiti tecnico-professionali- si distingue dall'iscrizione all'albo professionale e risulta esserne presupposto».
«La vigente disciplina» -prosegue il Collegio- «accoglie pienamente questo principio, distinguendo la redazione di progetti da parte dei dipendenti abilitati all'esercizio della professione (senza necessità di iscrizione all'albo: art. 90 quarto comma d.lgs. 163/2006) dalla redazione di progetti da parte di professionisti esterni iscritti negli appositi albi (art. 90 settimo comma d.lgs. 163/2006)». [9]
Anche l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (Avcp) [10] rileva che l'art. 90 del Codice dei contratti pubblici, nell'individuare i soggetti deputati ad espletare le prestazioni relative alla progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva, nonché alla direzione dei lavori e agli incarichi di supporto tecnico-amministrativo, distingue tra progettazione interna ed esterna, prevedendo che i progetti redatti dai soggetti interni all'amministrazione sono firmati da dipendenti abilitati all'esercizio della professione.
L'Avcp ricorda che la disposizione ricalca quella introdotta, nella normativa previgente, con un intervento normativo del 1998, epoca alla quale risale la scelta del legislatore di distinguere i requisiti richiesti ai soggetti cui affidare la progettazione interna ed esterna, «esonerando i dipendenti delle amministrazioni dall'obbligo di iscrizione all'albo professionale».
L'Avcp richiama, poi, la rilevante osservazione svolta dall'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici [11], secondo la quale «La circostanza che le prestazioni relative alla progettazione attengono ad un'attività umana prettamente intellettiva e di contenuto corrispondente a quello proprio di una professione liberale, individualmente esercitata, non è idonea a far ritenere che, nel nostro ordinamento, i tecnici appartenenti ad ufficio pubblico svolgano un'attività di libera professione in quanto autori delle medesime elaborazioni intellettive proprie delle professioni liberali. Quel che, invece, è vero, è che l'attività di progettazione svolta da funzionari pubblici è attività professionalmente qualificata, ma non di libera professione».
Si ritiene utile segnalare che -nel medesimo atto- la predetta Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici chiarisce, inoltre, che «Questa qualificazione professionale è garantita dalla legge quadro col prevedere che gli addetti ai competenti uffici (art. 17, comma 2), oltre alla garanzia data dalla selezione per l'accesso all'impiego, debbano possedere per poter firmare il progetto l'abilitazione all'esercizio della professione, ovvero, per i tecnici diplomati, il pregresso esercizio di analoghi incarichi, ritenuto equipollente. È significativo che in tali sensi si sia modificato il testo originario della norma, come introdotta dalla legge n. 216/1995 [...] e che prevedeva anche la necessità di iscrizione al competente albo professionale, in quanto tale modifica sta a comprovare il carattere non decisivo, ai fini dell'oggettiva affidabilità della prestazione, di detta iscrizione».
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[1] «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE».
[2] «1. Le prestazioni relative alla progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva di lavori, nonché alla direzione dei lavori e agli incarichi di supporto tecnico-amministrativo alle attività del responsabile del procedimento e del dirigente competente alla formazione del programma triennale dei lavori pubblici sono espletate:
a) dagli uffici tecnici delle stazioni appaltanti;
[...]».
[3] Nonché quando le prestazioni di cui trattasi sono espletate:
- dagli uffici consortili di progettazione e di direzione dei lavori costituiti dai comuni, dai rispettivi consorzi ed unioni, dalle comunità montane, dalle aziende per i servizi sanitari, dai consorzi, dagli enti di industrializzazione e dagli enti di bonifica [lett. b)];
- dagli organismi di altre pubbliche amministrazioni, di cui le singole stazioni appaltanti possono avvalersi per legge (lett. c)).
[4] «4. I progetti redatti dai soggetti di cui al comma 1, lettere a), b) e c), sono firmati da dipendenti delle amministrazioni abilitati all'esercizio della professione. [...]».
[5] Disposizioni analoghe sono contenute nell'art. 9, commi 1 e 2, della legge regionale 31.05.2002, n. 14, i quali prevedono che: «1. Le prestazioni finalizzate alla realizzazione di lavori pubblici e in particolare quelle relative alla progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva, nonché alla direzione dei lavori sono espletate:
a) dagli uffici tecnici delle stazioni appaltanti;
[...].
2. I progetti redatti dai soggetti di cui al comma 1, lettere a), b) e c), sono firmati da dipendenti in possesso del titolo di abilitazione o equipollente ai sensi della normativa vigente in materia.».
[6] «2. I progetti redatti dai soggetti di cui al comma 1, lettere a), b) e c), sono firmati da dipendenti delle amministrazioni abilitati all'esercizio della professione. [...]».
[7] Parere n. 1/2007 del 19.01.2007.
[8] Deliberazione n. 9/2008/Par. del 03.06.2008, che richiama il già citato parere della Sezione regionale di controllo per la Sardegna n. 1/2007 e quello della Sezione regionale di controllo per la Toscana, reso con deliberazione n. 11P/2008 del 22.04.2008.
[9] La Corte dei conti rammenta, per completezza, che l'art. 253, comma 16, del D.Lgs. 163/2006 (il cui contenuto è sostanzialmente identico a quello recato dall'art. 17, comma 2, secondo periodo, della L. 109/1994, come sostituito dall'art. 6, comma 2, della L. 415/1998 ed integrato dalla previsione introdotta dal comma 9 dello stesso art. 6) consente, a certe condizioni, lo svolgimento di attività tecnico-professionale a personale dipendente munito di titolo di studio, ma non abilitato.
Il testo della disposizione è il seguente: «16. I tecnici diplomati che siano in servizio presso l'amministrazione aggiudicatrice alla data di entrata in vigore della legge 18.11.1998, n. 415, in assenza dell'abilitazione, possono firmare i progetti, nei limiti previsti dagli ordinamenti professionali, qualora siano in servizio presso l'amministrazione aggiudicatrice ovvero abbiano ricoperto analogo incarico presso un'altra amministrazione aggiudicatrice, da almeno cinque anni e risultino inquadrati in un profilo professionale tecnico e abbiano svolto o collaborato ad attività di progettazione.».
[10] Parere AG 6/2012 del 12.06.2012.
[11] Atto di regolazione 04.11.1999, n. 6
(17.02.2014 - link a www.regione.fvg.it).
anno 2012

PUBBLICO IMPIEGOLa richiesta di parere (in merito all’ammissibilità o meno del pagamento, da parte del Comune, della quota annuale di iscrizione all’elenco speciale annesso all’albo degli avvocati per il proprio dipendente incaricato dell’avvocatura comunale) deve essere dichiarata inammissibile in quanto la questione prospettata solo indirettamente potrebbe ricondursi alla materia della “contabilità pubblica”, presupponendo la risoluzione di una questione di stretta interpretazione normativa, che esorbita, per le ragioni sopra dette, dal perimetro che delinea l’ambito della competenza consultiva della Sezione.
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Con la nota indicata in epigrafe il Sindaco del Comune di Suzzara (MN) ha chiesto alla Sezione un parere in merito all’ammissibilità o meno del pagamento, da parte del Comune, della quota annuale di iscrizione all’elenco speciale annesso all’albo degli avvocati per il proprio dipendente incaricato dell’avvocatura comunale.
Nel formulare i predetto quesito, il Sindaco afferma che l’ente ha preso visione del precedente parere su identica questione già rilasciato da questa Sezione con deliberazione n. 655/2009/PAR e chiede conferma di tale orientamento anche a seguito di diverso avviso espresso da altri plessi giurisdizionali (Consiglio di Stato e Tribunale di Potenza).
...
Con specifico riferimento alla richiesta oggetto della presente pronuncia, la Sezione osserva che la stessa è inammissibile sul piano oggettivo.
La questione risulta essere stata affrontata in più occasioni dalla Corte dei conti, sia da parte delle Sezioni regionali di controllo nell’esercizio della funzione consultiva (Sez. Emilia-Romagna,
parere 28.04.2009 n. 10; Sez. Toscana, parere 22.04.2008 n. 11; Sez. Basilicata, deliberazione 15.06.2007 n. 12; Sez. Piemonte, parere 29.03.2007 n. 2; Sez. Sardegna, parere 19.01.2007 n. 1), sia da parte della Sezione Autonomie in sede di coordinamento (nota n. 6935/C21 del 07.06.2007).
Tali pronunce sono state univoche nell’escludere che della spesa della quota d’iscrizione all’albo professionale del dipendente possa essere gravato l’ente di appartenenza.
Questo Collegio, con il richiamato parere 22.09.2009 n. 655, ha ritenuto in precedenza di condividere tale orientamento ed
ha concluso che, con riferimento specifico al quesito posto, si dovesse ritenere esclusa per l’ente locale la possibilità “di procedere, per i propri dipendenti avvocati, al pagamento (o al rimborso) della quota annuale d’iscrizione nell’elenco speciale annesso all’albo degli avvocati, nonché delle tasse d’iscrizione all’albo speciale degli avvocati ammessi al patrocinio avanti alla Corte Suprema di Cassazione e alle altre Giurisdizioni Superiori”.
Successivamente a tale pronuncia, con deliberazione 26.10.2010 n. 722/2010/PAR, la Sezione regionale di controllo per le Marche, in occasione dell’esame di un parere sulla medesima questione, ha sospeso la pronuncia e ha rimesso gli atti al Presidente della Corte dei conti per le determinazioni di competenza ai sensi dell’art. 17, comma 31, del decreto-legge 01.07.2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, il quale, a sua volta ha deferito alle Sezioni riunite una questione di massima di particolare rilevanza del seguente tenore:
   a) se rientri nel concetto di contabilità pubblica di cui all’art. 7, comma 8, della legge 05.06.2003, n. 131 e quindi se sia ammissibile la richiesta di parere concernente il quesito relativo alle spese per l’iscrizione all’albo degli avvocati (art. 3, r.d.l. 27.11.1933, n. 1578);
   b) se rientri, ex art. 7, comma 8, della legge citata n. 131 del 2003, nella competenza della Sezione regionale di controllo esprimere avviso in merito a quesiti riferiti a casi concreti limitatamente ai profili di stretta interpretazione normativa;
   c) se, in caso di ammissibilità del quesito, le spese relative all’iscrizione alla sezione speciale dell’albo degli avvocati, finalizzate all’esclusivo patrocinio a vantaggio dell’amministrazione, debbano essere poste a carico del privato oppure, secondo quanto ritenuto dalla Corte di cassazione (Cass. Lavoro
sentenza 20.02.2007 n. 3928), delle amministrazioni locali.
Con deliberazione 13.01.2011 n. 1/CONTR/11 le Sezioni Riunite della Corte dei conti hanno affermato al riguardo che: “La questione è agevolmente risolvibile alla luce della recente pronuncia di queste stesse Sezioni riunite n. 54/CONTR/10 del 17.11.2010, che ha chiarito l’ambito oggettivo delle pronunce di orientamento generale di competenza di questa Corte relative al coordinamento della finanza pubblica, laddove vengano prospettate, in sede di richiesta di parere delle Sezioni regionali di controllo, questioni in materia di contabilità pubblica".
Al riguardo, nella citata pronuncia, si è affermato che l’espressione “in materia di contabilità pubblica” non può comportare una estensione dell’attività consultiva “a tutti i settori dell’azione amministrativa”, ma va delimitata ai profili che “risultino connessi alle modalità di utilizzo delle risorse pubbliche, nel quadro di specifici obiettivi di contenimento della spesa sanciti dai principi di coordinamento della finanza pubblica […] in grado di ripercuotersi direttamente sulla sana gestione finanziaria dell’ente e sui pertinenti equilibri di bilancio”.
Sulla base di questa premessa affermata nella deliberazione n. 54/CONTR/10 del 17.11.2010, che attiene alle condizioni di ammissibilità dei quesiti –intervenuta peraltro successivamente all’avvenuto deferimento della questione da parte della Sezione di controllo remittente–,
deve ritenersi che la questione sia inammissibile per carenza delle caratteristiche indicate nella citata deliberazione, in quanto, come d’altro canto la stessa Sezione riconosce (pag. 6), la questione prospettata –concernente l’individuazione del soggetto (avvocato o amministrazione locale) sul quale dovrebbero gravare le spese per l’iscrizione all’albo degli avvocati (art. 3 del r.d.l. 27.11.1933, n. 1578)– solo indirettamente potrebbe ricondursi alla materia della “contabilità pubblica”, presupponendo la risoluzione di una questione di stretta interpretazione normativa, che esorbita, per le ragioni sopra dette, dal perimetro che delinea l’ambito della competenza consultiva della Sezione.
Se ne deve concludere che la questione sottoposta all’esame di queste Sezioni riunite è inammissibile e, pertanto, gli atti vanno restituiti alla Sezione di controllo remittente.
Pertanto, in osservanza al disposto dell’art. 17, comma 31, secondo periodo, del decreto-legge 01.07.2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 03.08.2009, n. 102, a mente del quale “Tutte le sezioni regionali di controllo si conformano alle pronunce di orientamento generale adottate dalle Sezioni Riunite”, e recependo le conclusioni della sopra riportata deliberazione SSRR n. 1/CONTR/11 del 13.01.2011,
la richiesta di parere proveniente dal Sindaco del Comune di Suzzara (MN) deve essere dichiarata inammissibile (Corte dei Conti, Sez. controllo Lombardia, parere 12.01.2012 n. 2).

anno 2011

PUBBLICO IMPIEGODeve ritenersi che la questione sia inammissibile (…) in quanto la questione prospettata –concernente l’individuazione del soggetto sul quale dovrebbero gravare le spese per l’iscrizione all’albo– solo indirettamente potrebbe ricondursi alla materia della contabilità pubblica, presupponendo la risoluzione di una questione di stretta interpretazione normativa, che esorbita, per le ragioni sopra dette, dal perimetro che delinea l’ambito delle competenze consultive della Sezione.
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Il Consiglio delle autonomie locali ha inoltrato alla Sezione, con nota in data 13.05.2011 prot. n. 8243/1.13.9, una richiesta di parere formulata dal Sindaco del comune di Campi Bisenzio, in cui l’ente chiede se sia legittimo accogliere la domanda di alcuni dipendenti tesa ad ottenere il rimborso della spesa sostenuta per l’iscrizione all’albo professionale, nonché la domanda tesa ad ottenere il rimborso della spesa sostenuta per ottenere il rilascio della carta di qualificazione del conducente (CQC).
...
In merito alla richiesta di legittimità del rimborso di quanto versato per l’iscrizione all’albo professionale, questa (deliberazione n. 11/2008) ed altre sezioni (Emilia Romagna 10/2009, Basilicata 14/2009, Campania 97/2010, Lombardia 673/2010) si sono espresse con esiti diversi in tema di ammissibilità oggettiva della domanda.
A dirimere la questione sono intervenute le Sezioni Riunite della Corte dei conti, coinvolte con una richiesta di pronunciarsi su questione di massima ai sensi dell’art. 17, comma 31, della L. 102/2009, di conversione del D.L. 78/2009.
La deliberazione 13.01.2011 n. 1, in risposta ad un quesito proposto sulla medesima questione oggetto del parere in argomento, recita <<l’espressione “in materia di contabilità pubblica” non può comportare un’estensione dell’attività consultiva a tutti i settori dell’azione amministrativa, ma va delimitata ai profili che risultino connessi alle modalità di utilizzo delle risorse pubbliche, nel quadro di specifici obiettivi di contenimento della spesa sanciti dai principi di coordinamento della finanza pubblica –espressione della potestà legislativa concorrente di cui all’art. 117, comma 3, della Costituzione– contenuti nelle leggi finanziarie, in grado di ripercuotersi direttamente sulla sana gestione finanziaria dell’Ente e sui pertinenti equilibri di bilancio.
Sulla base di questa premessa (…), deve ritenersi che la questione sia inammissibile (…) in quanto la questione prospettata –concernente l’individuazione del soggetto sul quale dovrebbero gravare le spese per l’iscrizione all’albo– solo indirettamente potrebbe ricondursi alla materia della contabilità pubblica, presupponendo la risoluzione di una questione di stretta interpretazione normativa, che esorbita, per le ragioni sopra dette, dal perimetro che delinea l’ambito delle competenze consultive della Sezione
>>.
Per le esposte ragioni,
la richiesta deve ritenersi inammissibile da un punto di vista oggettivo (Corte dei Conti, Sez. controllo Toscana, parere 26.05.2011 n. 98).

anno 2009

PUBBLICO IMPIEGOSi deve ritenere esclusa la “possibilità per la Provincia di procedere, per i propri dipendenti avvocati, al pagamento (o al rimborso) della quota annuale d’iscrizione nell’elenco speciale annesso all’albo degli avvocati, nonché delle tasse d’iscrizione all’albo speciale degli avvocati ammessi al patrocinio avanti alla Corte Suprema di Cassazione e alle altre Giurisdizioni Superiori”.
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Con la nota indicata in epigrafe il Presidente della Provincia di Mantova ha chiesto alla Sezione di rendere apposito parere in ordine “alla possibilità per la Provincia di procedere, per i propri dipendenti avvocati, al pagamento (o al rimborso) della quota annuale d’iscrizione nell’elenco speciale annesso all’albo degli avvocati, nonché delle tasse d’iscrizione all’albo speciale degli avvocati ammessi al patrocinio avanti alla Corte Suprema di Cassazione e alle altre Giurisdizioni Superiori
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La questione risulta essere stata affrontata in più occasioni dalla Corte dei conti, sia da parte delle Sezioni regionali di controllo nell’esercizio della funzione consultiva (Sez. Emilia-Romagna,
parere 28.04.2009 n. 10; Sez. Toscana, parere 22.04.2008 n. 11; Sez. Basilicata, deliberazione 15.06.2007 n. 12; Sez. Piemonte, parere 29.03.2007 n. 2; Sez. Sardegna, parere 19.01.2007 n. 1), sia da parte della Sezione Autonomie in sede di coordinamento (nota n. 6935/C21 del 07.06.2007).
Tali pronunce sono state univoche nell’escludere che della spesa della quota d’iscrizione all’albo professionale del dipendente possa essere gravato l’ente di appartenenza.
Questo Collegio ritiene di condividere tale orientamento e di poter esprimere al riguardo le seguenti considerazioni.

In primo luogo va precisato che
la questione acquista rilievo solo nella misura in cui l’iscrizione all’albo professionale (in questo caso l’albo degli avvocati) costituisca requisito necessario per lo svolgimento dell’attività del dipendente. Ove l’iscrizione, se mai consentita dalle diverse normative vigenti, fosse da imputarsi alla libera scelta del dipendente, dovrebbe ritenersi ovviamente a suo carico il pagamento della relativa tassa d’iscrizione.
Rientrano in tale ipotesi anche i casi in cui l’accesso al rapporto di pubblico impiego abbia presupposto, quale titolo, il conseguimento dell’abilitazione all’esercizio della professione, non risultando poi necessaria l’iscrizione al relativo albo per lo svolgimento dell’attività del dipendente.
La questione si pone, dunque, per le fattispecie in cui i dipendenti debbano essere iscritti all’albo avvocati, in quanto requisito necessario per l’esercizio delle funzioni (di consulenza, rappresentanza e patrocinio legale) che svolgono per l’ente.
In questi casi,
deve ritenersi che l’iscrizione all’albo professionale, anche se necessaria per lo svolgimento dell’attività svolta dal dipendente per l’ente, non sia effettuata nell’esclusivo interesse dell’ente stesso-datore di lavoro.
Da un lato, infatti, è vero che il rapporto che s’instaura tra il dipendente avvocato e l’ente di appartenenza è di tipo esclusivo, nel senso che il dipendente svolge la propria attività professionale solo in rappresentanza e in favore dell’ente; ciò potrebbe indurre a ritenere che conseguentemente spetti all’ente sostenere la spesa della quota d’iscrizione all’albo professionale del dipendente, proprio perché presupposto di un’attività di quest’ultimo che va ad esclusivo vantaggio dell’ente stesso.
Dall’altro lato, tuttavia, v’è da considerare che il rapporto di lavoro in questione è caratterizzato da un’attività di alta specializzazione e professionalità, che, a differenza di altri rapporti di lavoro pubblico, è remunerata al dipendente avvocato, oltre che con la retribuzione base, anche tramite la corresponsione delle cosiddette “propine”. In quest’ottica, il mantenimento dell’iscrizione del dipendente all’ordine professionale deve ritenersi rimesso alla sua responsabilità, comportando esso vari obblighi, tra cui anche quello di provvedere agli adempimenti legati al pagamento della quota annuale d’iscrizione al proprio albo professionale, adempimenti che, appunto in quanto attengono a profili strettamente connessi con la professionalità del soggetto iscritto, arrecano benefici diretti nella sua sfera d’interessi.

Alle suesposte considerazioni si aggiunge anche la constatazione che
gli strumenti di contrattazione collettiva non prevedono alcun onere specifico in tal senso a carico dell’amministrazione.
Pertanto,
deve ritenersi che, in assenza di espresse disposizioni normative sul punto, debba prevalere la scrupolosa osservanza dei vigenti criteri di contenimento della spesa complessiva per il personale, diretta e indiretta, entro i vincoli di finanza pubblica (art. 1, comma 1, lett. b, del D.Lgs. 30.03.2001, n. 165), ed il principio in base al quale “l’attribuzione di trattamenti economici può avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi e, alle condizioni previste, mediante contratti individuali (art. 2, comma 3, del D.Lgs. 30.03.2001, n. 165).
Conclusivamente, con riferimento specifico al quesito posto,
si deve ritenere esclusa la “possibilità per la Provincia di procedere, per i propri dipendenti avvocati, al pagamento (o al rimborso) della quota annuale d’iscrizione nell’elenco speciale annesso all’albo degli avvocati, nonché delle tasse d’iscrizione all’albo speciale degli avvocati ammessi al patrocinio avanti alla Corte Suprema di Cassazione e alle altre Giurisdizioni Superiori (Corte dei Conti, Sez. controllo Lombardia, parere 22.09.2009 n. 655).

PUBBLICO IMPIEGO: Parere richiesto dal Sindaco del Comune di Bologna riguardante la legittimità del rimborso, ad alcune categorie di dipendenti, delle quote di iscrizione agli albi professionali (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Emilia Romagna, parere 28.04.2009 n. 10).
Va detto che sul punto viene riscontrata una diversa posizione assunta, da un lato, dalla Corte di Cassazione (
sentenza 20.02.2007 n. 3928) e dall’altro dalla Corte dei conti in sede di controllo (vari pareri: Sez. contr. Sardegna  parere 19.01.2007 n. 1; Sez. contr. Piemonte parere 29.03.2007 n. 2; Sez. contr. Toscana parere 22.04.2008 n. 11) e dal Ministero dell’Interno (parere del 12.09.2008).
Nella pronunzia della Corte di Cassazione si afferma che le spese necessarie per l’esercizio della professione, comprese quelle per l’iscrizione all’albo professionale, siano sostenute esclusivamente nell’interesse del datore di lavoro e debbano, quindi, essere poste a suo carico.
In quelle della Corte dei conti in sede di controllo si rileva come l’iscrizione all’albo rappresenti un imprescindibile requisito per lo svolgimento dell’attività professionale del dipendente, che deve pertanto essere da lui garantito con il pagamento della tassa annuale di iscrizione. In alcune pronunzie si richiamano pure i forti vincoli legislativi sempre presenti in materia di spesa complessiva per il personale delle pubbliche amministrazioni e si manifesta l’avviso che, per il caso all’esame, sussista comunque il generale divieto di porre a carico degli enti pubblici oneri non previsti dalla contrattazione collettiva e da quella individuale.
Analoghe affermazioni compaiono nel parere del Ministero dell’Interno, in cui viene evidenziata come, in assenza di disposizioni di legge o negoziali non possa riconoscersi un obbligo dell’Amministrazione a sostenere gli oneri in questione.
Ritiene il Collegio che agli orientamenti appena richiamati, e che appaiono condivisibili, si pervenga attraverso una preliminare, attenta valutazione della peculiarità del rapporto di lavoro all’esame. Esso è infatti caratterizzato, a differenza di altri rapporti di lavoro pubblico, da una attività di alta specializzazione che può essere svolta solo in presenza del requisito, imprescindibile e permanente, della iscrizione dell’interessato ad un ordine professionale. Il mantenimento di tale requisito, che resta affidato alla sua responsabilità, comporta vari obblighi, tra cui anche quello di provvedere agli adempimenti connessi alla corresponsione della quota annuale di iscrizione al proprio albo professionale, che non possono riguardare in alcun modo l’ente datore di lavoro.
Appare significativo a tal proposito, il fatto che gli strumenti di contrattazione collettiva, non abbiano mai previsto, alcun specifico onere a carico dell’amministrazione.
A ciò va aggiunta la considerazione che, in assenza di espresse disposizioni di legge sul punto, debba prevalere la scrupolosa osservanza dei vigenti criteri di contenimento degli oneri in materia di spesa del personale.
Quanto al quesito se il rimborso di cui trattasi possa ammettersi nell’ambito del tirocinio gratuito offerto dal Comune di Bologna ai praticanti Avvocati, si ritiene che, trattandosi di rimborso previsto ad altro titolo, esso possa considerarsi ammissibile.
anno 2008
PUBBLICO IMPIEGO: C. Montanari, Le spese per l’iscrizione dei dipendenti all’albo professionale (Azienditalia -  il Personale n. 11/2008).

PUBBLICO IMPIEGOIn mancanza di una espressa previsione di legge e/o contrattuale, non possono essere accollati ad un comune oneri che derivano da un obbligo di natura strettamente di carattere personale quale quello del pagamento della tassa annuale di iscrizione all’albo degli avvocati da parte di un dipendente.
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Il Sindaco del Comune di Treviso, con la nota sopra indicata, ha formulato a questa Sezione, ai sensi dell’art. 7, comma 8, della legge n. 131/2003, richiesta di parere in merito al pagamento della tassa annuale di iscrizione all’albo professionale di un dipendente (in particolare all’elenco speciale annesso all’albo degli avvocati) e cioè se essa debba essere a carico del singolo dipendente ovvero la relativa spesa debba essere posta a carico del comune datore di lavoro.
La richiesta viene formulata ritenendo trattarsi di spesa che potrebbe gravare in via ordinaria e generalizzata sui comuni e sulla cui imputabilità sono emersi pareri discordanti.
...
Nel merito, la richiesta del Comune di Treviso propone negli stessi esatti termini una problematica già sottoposta ad altre Sezioni di controllo della Corte (vedasi per tutte il
parere 19.01.2007 n. 1 della Sezione Sardegna). Essa è intesa a conoscere il parere di questa Sezione su chi ricada l’onere del pagamento della tassa annuale di iscrizione all’albo professionale (elenco speciale annesso all’albo degli avvocati), ovvero se la relativa spesa debba essere a carico del singolo dipendente o a carico del comune, datore di lavoro.
Preliminarmente va evidenziato che,
sul piano normativo, per l’esercizio dell’attività di avvocato l’iscrizione all’albo, ai sensi dell’art. 1 del RDL 27.11.1933, n. 1578, costituisce requisito imprescindibile che si caratterizza per la sua natura strettamente personale. Esso è richiesto anche per coloro, come nel caso all’esame, che intraprendano e che svolgano tale attività alle dipendenze di un comune i quali vengono iscritti in un elenco speciale annesso all’albo stesso. Il vincolo di iscrizione, pertanto, deve sussistere non solo all’atto dell’assunzione del soggetto per lo svolgimento dell’incarico specifico ma deve permanere per tutta la durata dell’ incarico stesso alle dipendenze dell’amministrazione interessata.
Sembra quindi potersi ritenere che ricada sul soggetto che ricopre un ruolo per il quale è richiesto il requisito dell’iscrizione all’albo l’onere di assicurarne nel tempo la sussistenza anche attraverso il pagamento della quota annuale prevista. Ne consegue che l’amministrazione pubblica interessata risulta del tutto estranea al rapporto che si instaura e continua nel tempo tra un proprio dipendente e l’ordine professionale.
Per contro,
non esiste una norma che ponga a carico di soggetti diversi (nel caso specifico il comune) dal personale interessato l’obbligo di sostenere l’onere del pagamento della tassa annuale.
Peraltro, volendo ricercare comunque una soluzione in tale direzione,
non possono essere ignorati i principi che vietano di porre a carico degli enti pubblici oneri non previsti e che possano incidere sulla situazione finanziaria degli enti stessi. Tra questi, in particolare, quelli del contenimento della spesa complessiva del personale entro i vincoli della finanza pubblica (art. 1, comma 1, lettera b, del D.Lgs. 30.03.2001, n. 165) e quello che rimanda ai contratti collettivi o individuali l’attribuzione di trattamenti economici (art. 2, comma 3, del citato D.Lgs. 165/2001), oltre le disposizioni delle varie leggi finanziarie quale ad esempio quella recata dal comma 557 dell’articolato unico della legge 296/2006.
Per tali motivi
non può essere condivisa la opposta soluzione di attribuire all’ente datore di lavoro l’onere del pagamento della tassa annuale in argomento.
Conclusivamente, anche alla luce degli orientamenti giurisprudenziali finora emersi, si ritiene che,
in mancanza di una espressa previsione di legge e/o contrattuale, non possano essere accollati ad un comune oneri che derivano da un obbligo di natura strettamente di carattere personale quale quello del pagamento della tassa annuale di iscrizione all’albo degli avvocati da parte di un dipendente (Corte dei Conti, Sez. controllo Veneto, parere 24.10.2008 n. 128).

PUBBLICO IMPIEGO: Se la quota annuale di iscrizione all'ordine professionale del pubblico dipendente dell'UTC spetti allo stesso oppure all'ente di appartenenza.
Il quesito che prima di ogni altro occorre porsi per ciascuna professionalità è se l’iscrizione all’albo costituisca o meno requisito necessario per lo svolgimento dell’attività professionale del dipendente.
L’art. 2229 primo comma del codice civile dispone in proposito che “La legge determina le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi o elenchi”. L’iscrizione all’Albo professionale non solo consente dunque in tali casi l’esercizio della professione, ma ha carattere di accertamento costitutivo in quanto lo status professionale si acquista non per effetto del semplice possesso dei requisiti necessari, né con la semplice domanda, ma proprio con l’effettuazione dell’iscrizione.
Salvi i casi di espressa indicazione di legge, dunque, l’iscrizione si pone come facoltativa e dunque non sorgono dubbi sul fatto che l’onere di pagamento della relativa tassa annuale sia da considerarsi ad esclusivo carico del professionista, anche se dipendente pubblico.

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Per quanto poi riguarda l’ipotesi di ingegnere o architetto, ai sensi dell’art. 5 del R.D. n. 2537/1925 (Regolamento per le professioni d'ingegnere e di architetto modificato dalla legge 109/1994), per svolgere la professione di ingegnere o architetto “...è necessario avere superato l’esame di stato...”, mentre lo specifico requisito dell’iscrizione all’albo era richiesto dalla legge n. 1395/1923, art. 4, II comma, solo per i liberi professionisti (“Le pubbliche amministrazioni, quando debbano valersi dell'opera di Ingegneri o di Architetti esercenti la professione libera, affideranno gli incarichi agli iscritti nell'Albo”), risultando l’iscrizione all’Albo dunque requisito indispensabile solo quando la PA “debba valersi dell'opera di ingegneri o architetti esercenti la professione libera”, ed implicitamente escludendosi tale obbligatorietà nei casi di opera svolta da propri dipendenti.
La distinzione tra abilitazione all’esercizio della professione, che si consegue mediante il superamento dell’esame di stato, ed iscrizione all’albo professionale, necessaria per lo svolgimento di determinati incarichi da parte dei professionisti abilitati, ha invero nel tempo perduto rilevanza da quando l’art. 1 della legge n. 897/1938, ha imposto l’iscrizione all’albo quale requisito-base per lo svolgimento di alcune professioni, tra cui quelle di ingegnere o architetto; valgono dunque a tale proposito le considerazioni già svolte con riferimento agli avvocati (in senso conforme, anche Friuli Venezia Giulia, 29.04.2008 n. 74).
La differenziazione tra professionisti abilitati e professionisti iscritti all’Albo è peraltro stata invece recentemente ripresa dal legislatore all’art. 90, comma 3, del d.lgs. n. 163/2006 (cd. Codice dei contratti pubblici) in cui, in relazione all’attività di progettazione interna ed esterna di opere pubbliche, si dispone che solo con riguardo ai liberi professionisti che ricevono incarichi dalle PA l’attività debba essere espletata “da professionisti iscritti negli appositi albi”, mentre -con riferimento ai dipendenti da PA– è sufficiente che i progetti siano firmati da soggetti semplicemente “abilitati all'esercizio della professione”.
In tale ultima ipotesi, dunque, trattandosi di iscrizione solo facoltativa, come già sopra argomentato, nessun obbligo di rimborso potrà configurarsi a carico delle PA locali cui i professionisti siano legati da rapporto di lavoro per quanto attiene alle quote annuali d’iscrizione agli Albi professionali.
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Riassumendo:
nell’ipotesi in cui l’iscrizione all’Albo si ponga per il dipendente pubblico come facoltativa, nulla quaestio nel sostenere che l’iscrizione medesima, costituendo scelta individuale, non possa che ricadere sul professionista;
nel caso in cui invece un dipendente risulti obbligatoriamente iscritto ad un Albo quale ineludibile requisito per svolgere la propria attività, si ritiene comunque che debba essere cura del soggetto assunto nella compagine dell’ente pubblico per svolgere quella determinata professione farsi carico degli adempimenti necessari per assicurare nel tempo la sussistenza del requisito che ha costituito (o è divenuto in seguito) condicio sine qua non della sua assunzione o dello svolgimento della relativa professione.
Può dunque concludersi che, risultando ad esclusivo carico del dipendente l’incombenza relativa al pagamento del contributo annuale d’iscrizione all’Albo, l’eventuale rimborso da parte del Comune nei confronti del privato si tradurrebbe in un onere finanziario ingiustificato, privo di fondamento normativo e perciò tale da integrare possibile danno al patrimonio dell’Ente stesso.

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Il Comune di Ceglie Messapica (BR), con nota del Sindaco del 29.08.2008, chiede di conoscere il parere di questa Sezione in ordine all’obbligo (o meno) per il Comune di procedere al pagamento del contributo per l’iscrizione agli Albi Professionali per alcuni dipendenti assunti a tempo indeterminato con titolo di ingegnere, architetto, assistente sociale, avvocato, nonché sulla possibilità, se del caso, di recuperare dai dipendenti stessi somme già erogate ed imputate in bilancio a tale titolo a far data dagli anni 1998-1999.
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Ad avviso di questa Sezione, trattandosi di lavoratori appartenenti ad ambiti diversi, il quesito che prima di ogni altro occorre porsi per ciascuna professionalità è se l’iscrizione all’albo costituisca o meno requisito necessario per lo svolgimento dell’attività professionale del dipendente.
L’art. 2229 primo comma del codice civile dispone in proposito che “La legge determina le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi o elenchi”. L’iscrizione all’Albo professionale non solo consente dunque in tali casi l’esercizio della professione, ma ha carattere di accertamento costitutivo in quanto lo status professionale si acquista non per effetto del semplice possesso dei requisiti necessari, né con la semplice domanda, ma proprio con l’effettuazione dell’iscrizione.
Salvi i casi di espressa indicazione di legge, dunque, l’iscrizione si pone come facoltativa e dunque non sorgono dubbi sul fatto che l’onere di pagamento della relativa tassa annuale sia da considerarsi ad esclusivo carico del professionista, anche se dipendente pubblico.

La questione si pone in termini apparentemente più problematici nel caso di pubblici dipendenti per i quali il pagamento annuale del contributo d’iscrizione all’Albo di appartenenza sia requisito necessario per lo svolgimento proprio delle funzioni espletate presso/a favore dell’Ente di appartenenza. Occorre dunque distinguere diverse ipotesi:
nel caso in cui -come nell’ipotesi della professione di avvocato- non il mero titolo conseguente al superamento dell’esame di stato, ma proprio l’iscrizione all’Albo sia richiesta quale presupposto per l’assunzione a pubblico impiego -cioè per l’accesso al posto  è onere del dipendente far sì che sia mantenuto, per tutta la durata del rapporto di lavoro intercorrente con il soggetto pubblico, il requisito in base al quale tale rapporto ebbe inizio, anche quando ciò riguardi il pagamento di una tassa annuale, configurandosi in tale ipotesi l’iscrizione all’Albo come requisito di natura strettamente personale richiesto sin dalla partecipazione alle prove concorsuali bandite dall’Ente, quale condicio sine qua non per l’assunzione e lo svolgimento del rapporto lavorativo;
lo stesso è a dirsi nel caso in cui l’iscrizione all’Albo divenga obbligatoria per lo svolgimento della funzione nel corso del rapporto lavorativo già iniziato, configurandosi in tal caso come requisito necessario non per l’instaurazione, ma per la valida prosecuzione del rapporto stesso.
In questi termini si pone la fattispecie in cui il dipendente sia obbligatoriamente iscritto ad un Albo esclusivo del pubblico impiego (qual è il caso degli avvocati comunali), in cui l’iscrizione all’albo costituisce uno dei presupposti richiesti per l’assunzione nonché per lo svolgimento del rapporto, trattandosi di requisito indispensabile per l’espletamento dell’attività giudiziaria propria dell’avvocato (in senso conforme, Sez. Piemonte, 29.03.2007 n. 2).
Questa Sezione è a conoscenza della recente pronuncia della Corte di Cassazione (Sez. lavoro,
sentenza 20.02.2007 n. 3928) giunta all’esito della vertenza instaurata da un avvocato dipendente di un ente pubblico il quale aveva chiesto al Tribunale di Torino di dichiarare che il pagamento della quota annuale di iscrizione all’elenco speciale annesso all’albo degli avvocati costituisse spesa sostenuta nell’interesse del datore di lavoro, e come tale dovesse dallo stesso essere sostenuta.
La Suprema Corte ha sostanzialmente confermato la ratio decidendi del giudice di prime cure, che aveva accolto la domanda del dipendente ritenendo che siano nell’interesse del privato le spese relative agli studi universitari ed all’acquisizione dell’abilitazione all’esercizio della professione forense, mentre quelle relative al mantenimento dei requisiti per l’espletamento della professione siano a carico del datore essendo lo svolgimento della stessa effettuato nell’interesse esclusivo del datore di lavoro.
Invero, questa Sezione non può che dissentire dalle esposte considerazioni, ritenendo al contrario che il versamento delle somme di cui l’avvocato chiede il rimborso sia stato effettuato nell’interesse dello stesso lavoratore, poiché in mancanza dell’annuale versamento (cui consegue la cancellazione) egli non sarebbe più posto in condizione di svolgere l’attività professionale dedotta nel contratto di lavoro con l’ente pubblico.
In termini apparentemente diversi –ma con conseguenze non dissimili- si pone il caso degli assistenti sociali (cfr. anche sezione Puglia parere 11.04.2007 n. 5). Se infatti, normalmente, i contratti collettivi del comparto Regioni e Autonomie Locali si limitano a prevedere eventuali indennità di posizione o di risultato per attività con contenuti di alta professionalità, quali quelle correlate all’iscrizione ad Albi professionali, nulla precisando in più, talvolta tale ulteriore requisito –l’iscrizione, appunto– è espressamente richiesto da puntuali norme di legge per categorie di dipendenti assoggettate, oltre che al CCNL indicato, anche a prescrizioni specifiche relative alla singola categoria professionale; è quanto avviene per gli assistenti sociali con la legge 23.03.1993 n. 84 (Art. 2 Requisiti per l'esercizio della professione:. “Per esercitare la professione di assistente sociale è necessario essere in possesso del diploma universitario …, avere conseguito l'abilitazione mediante l'esame di Stato ed essere iscritti all'albo professionale istituito ai sensi dell'articolo 3 della presente legge”. A maggior ragione in tali casi, ad avviso di questa Sezione, la Pubblica Amministrazione resta estranea al rapporto che s’instaura tra il proprio dipendente ed il relativo ordine professionale.
Valgono dunque con maggior forza le considerazioni svolte secondo cui il versamento delle quote annuali costituisce adempimento del dipendente, in quanto rispondente ad un proprio esclusivo interesse alla prosecuzione di un valido rapporto di lavoro.
Per quanto poi riguarda l’ipotesi di ingegnere o architetto, ai sensi dell’art. 5 del R.D. n. 2537/1925 (Regolamento per le professioni d'ingegnere e di architetto modificato dalla legge 109/1994), per svolgere la professione di ingegnere o architetto “...è necessario avere superato l’esame di stato...”, mentre lo specifico requisito dell’iscrizione all’albo era richiesto dalla legge n. 1395/1923, art. 4, II comma, solo per i liberi professionisti (“Le pubbliche amministrazioni, quando debbano valersi dell'opera di Ingegneri o di Architetti esercenti la professione libera, affideranno gli incarichi agli iscritti nell'Albo”), risultando l’iscrizione all’Albo dunque requisito indispensabile solo quando la PA “debba valersi dell'opera di ingegneri o architetti esercenti la professione libera”, ed implicitamente escludendosi tale obbligatorietà nei casi di opera svolta da propri dipendenti.
La distinzione tra abilitazione all’esercizio della professione, che si consegue mediante il superamento dell’esame di stato, ed iscrizione all’albo professionale, necessaria per lo svolgimento di determinati incarichi da parte dei professionisti abilitati, ha invero nel tempo perduto rilevanza da quando l’art. 1 della legge n. 897/1938, ha imposto l’iscrizione all’albo quale requisito-base per lo svolgimento di alcune professioni, tra cui quelle di ingegnere o architetto; valgono dunque a tale proposito le considerazioni già svolte con riferimento agli avvocati (in senso conforme, anche Friuli Venezia Giulia, 29.04.2008 n. 74).
La differenziazione tra professionisti abilitati e professionisti iscritti all’Albo è peraltro stata invece recentemente ripresa dal legislatore all’art. 90, comma 3, del d.lgs. n. 163/2006 (cd. Codice dei contratti pubblici) in cui, in relazione all’attività di progettazione interna ed esterna di opere pubbliche, si dispone che solo con riguardo ai liberi professionisti che ricevono incarichi dalle PA l’attività debba essere espletata “da professionisti iscritti negli appositi albi”, mentre -con riferimento ai dipendenti da PA– è sufficiente che i progetti siano firmati da soggetti semplicemente “abilitati all'esercizio della professione”.
In tale ultima ipotesi, dunque, trattandosi di iscrizione solo facoltativa, come già sopra argomentato, nessun obbligo di rimborso potrà configurarsi a carico delle PA locali cui i professionisti siano legati da rapporto di lavoro per quanto attiene alle quote annuali d’iscrizione agli Albi professionali.
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Riassumendo, nell’ipotesi in cui l’iscrizione all’Albo si ponga per il dipendente pubblico come facoltativa, nulla quaestio nel sostenere che l’iscrizione medesima, costituendo scelta individuale, non possa che ricadere sul professionista; nel caso in cui invece un dipendente risulti obbligatoriamente iscritto ad un Albo quale ineludibile requisito per svolgere la propria attività, si ritiene comunque che debba essere cura del soggetto assunto nella compagine dell’ente pubblico per svolgere quella determinata professione farsi carico degli adempimenti necessari per assicurare nel tempo la sussistenza del requisito che ha costituito (o è divenuto in seguito) condicio sine qua non della sua assunzione o dello svolgimento della relativa professione (in senso conforme, Sezione Sardegna
parere 19.01.2007 n. 1).
Può dunque concludersi che, risultando ad esclusivo carico del dipendente l’incombenza relativa al pagamento del contributo annuale d’iscrizione all’Albo (come pure ogni altra attinente qualsiasi ulteriore onere di analoga natura, come nel caso di abilitazione dell’avvocato comunale per la difesa presso magistrature superiori), l’eventuale rimborso da parte del Comune nei confronti del privato si tradurrebbe in un onere finanziario ingiustificato, privo di fondamento normativo e perciò tale da integrare possibile danno al patrimonio dell’Ente stesso.
Numerosi sono gli indici normativi a suffragio dell’esposta tesi:
- il principio generale del contenimento della spesa pubblica per il personale, diretta ed indiretta, entro i vincoli di finanza pubblica, espresso all’art. 1 comma 1, lett. b), del decreto legislativo n. 165 del 30.03.2001;
- il principio in base al quale l’attribuzione di trattamenti economici può avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi ed, alle condizioni previste, mediante contratti individuali (art. 2, comma 3, dello stesso decreto);
- il principio per cui la concessione di qualunque sovvenzione, contributo, sussidio o ausilio finanziario e l’attribuzione di vantaggi economici sono subordinate a predeterminazione e pubblicazione da parte delle amministrazioni procedenti dei criteri e modalità cui le stesse devono attenersi (art. 12 legge n. 241/1990 come modificata dalla legge n. 15/2005).
Il generale orientamento legislativo espresso anche dalle più recenti finanziarie nel senso dell’obbligatorietà del contenimento della spesa pubblica (tra gli altri, cfr. art. 1, comma 557, legge n. 296/2006, finanziaria per il 2007; art. 2 commi 615-626 legge n. 244/2007, finanziaria per il 2008) vale quale ulteriore conferma della tesi appena illustrata.
Ne consegue che, con riferimento ad eventuali somme già erogate a titolo di contributo per il pagamento dell’iscrizione all’albo di propri dipendenti, l’amministrazione sarà tenuta al relativo recupero tenendo conto del fatto che, trattandosi di obbligazioni derivanti da rapporto di servizio, il termine di prescrizione è quello quinquennale (Corte dei Conti, Sez. controllo Puglia,
parere 01.10.2008 n. 29).
PUBBLICO IMPIEGOLa richiesta di parere [circa la possibilità per l’ente locale di sostenere legittimamente gli oneri per l’iscrizione all’albo professionale dei propri dipendenti per lo svolgimento di attività specialistiche, disciplinate da normative di settore in materia di sicurezza degli impianti (DM n. 37 del 22/01/2008) e di sicurezza antincendio (legge n. 818/1984)] va dichiarata inammissibile sotto il profilo oggettivo.
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La richiesta di parere del comune di Vigonza (PD) riguarda la possibilità per l’ente locale di sostenere legittimamente gli oneri per l’iscrizione all’albo professionale dei propri dipendenti per lo svolgimento di attività specialistiche, disciplinate da normative di settore in materia di sicurezza degli impianti (DM n. 37 del 22/01/2008) e di sicurezza antincendio (legge n. 818/1984).
Tali attività (progettazione di impianti di cui al DM 37 del 22/01/2008 e relative dichiarazioni di conformità, certificazioni in materia di prevenzioni incendi, ecc.) sarebbero propedeutiche alla progettazione di opere previste dal piano triennale delle opere pubbliche, ma richiedono ex lege la firma di tecnici iscritti all’albo professionale.
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In merito alla sussistenza del presupposto oggettivo, la questione sottoposta alla Corte dei conti deve riguardare la contabilità pubblica, in base all’art. 7, comma 8, della legge 131/2003.
Qualsiasi attività amministrativa può avere riflessi finanziari sulla gestione di bilancio dell’ente, e, quindi, ove non si adottasse una nozione tecnica del concetto di contabilità pubblica, s’incorrerebbe in una dilatazione  dell’ambito oggettivo della funzione consultiva rendendo la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti organo di consulenza generale dell’amministrazione pubblica.
Sul punto, vengono in ausilio gli indirizzi ed i criteri generali della Sezione delle Autonomie, approvati il 27.04.2004 e la delibera 5/AUT/2006 del 10.03.2006, che restringono l’ambito oggettivo alla normativa e ai relativi atti applicativi che disciplinano, in generale, l’attività finanziaria che precede o che segue i distinti interventi di settore, compresi, in particolare, la disciplina dei bilanci e i relativi equilibri, l’acquisizione delle entrate, l’organizzazione finanziaria-contabile, la disciplina del patrimonio, la gestione delle spese, l’indebitamento, la rendicontazione e i relativi controlli.
Nel caso di specie, il quesito verte sulla legittimità o meno di una spesa, che non è in alcun modo sussumibile all’interno di una delle sopra citate categorie.
Poiché la fattispecie in esame non è in alcun modo riconducibile al concetto di contabilità pubblica, la richiesta di parere va dichiarata inammissibile sotto il profilo oggettivo, peraltro coerentemente con l’indirizzo espresso su casi analoghi da parte di questa Sezione (cfr. deliberazioni n. 15/2008/Cons. e 6/2007/Cons.)
(Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Veneto, parere 06.08.2008 n. 61).
PUBBLICO IMPIEGO: Richiesta di parere d parte del Presidente della Provincia di Pesaro e Urbino in ordine alla sussistenza o meno di un obbligo per l'ente di rimborsare le spese sostenute dai tecnici dipendenti per l'iscrizione all'albo professionale
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1. L’amministrazione provinciale di Pesaro e Urbino, con nota a firma del Presidente prot. 30420 del 07.04.2008, pervenuta a questa Sezione l’11 successivo, ha formulato richiesta di parere concernente la sussistenza o meno di un obbligo per l’ente di rimborsare le spese sostenute dai tecnici dipendenti per l’iscrizione all’albo professionale.
Partendo dalla formulazione originaria dell’art. 17, terzo comma (ultima parte), della legge 109/1994 (“L’onere dell’iscrizione all’albo compete all’amministrazione”), la Provincia, in esito alla intervenuta abrogazione di tale inciso per effetto delle successive modifiche della disciplina in materia (art. 6 legge 415/1998, art. 7 legge 166/2002 e art. 90 d.lgs. 163/2006), ha ritenuto essere venuto meno l’obbligo di rimborsare ai propri tecnici dipendenti le spese sostenute per l’iscrizione all’albo professionale.
In senso avverso deporrebbero –così come sostengono i tecnici dipendenti, che hanno sottoposto la relativa questione all’amministrazione– sia l’interpretazione data dalla sentenza della Sezione Calabria n. 801 del 28.09.2007, sia la competenza attribuita ai tecnici chiamati a redigere i certificati di collaudo statico, i quali debbono essere iscritti all’albo professionale da almeno dieci anni (art. 7, legge 1086/1971 modificata dal d.P.R. 380/2001).
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3. Nel merito la Sezione osserva quanto segue.
La prima modifica del testo originario dell’art. 17 legge 109/1994 è avvenuta per effetto dell’art. 6, secondo comma, della legge 415/1998.
Già in questa sede le interpolazioni introdotte ai commi 2-3 dell’art. 17 avevano espunto qualsiasi riferimento all’onere di rimborso di che trattasi. Le successive modifiche della disciplina in materia (art. 7 legge 166/2002 e art. 90 d.lgs. 163/2006) nulla hanno disposto in materia di oneri per iscrizione all’albo professionale.
Ciò posto, osserva il Collegio che sul piano strettamente normativo la questione si caratterizza per l’assenza di una norma positiva che ponga un obbligo, a carico dell’ente, di pagare o rimborsare gli oneri per l’iscrizione all’albo professionale dei tecnici dipendenti.
4. Neanche una interpretazione sistematica, peraltro, consente di far ritenere la sussistenza di un tale obbligo.
La sentenza 801/2007 della Sezione Calabria è stata resa all’esito di un giudizio di responsabilità: le decisioni assunte in tale sentenza, purché passata in giudicato, sono vincolanti soltanto per le parti del giudizio (art. 2909 c.c.). Le interpretazioni contenute in una sentenza costituiscono di regola un precedente non vincolante, mancando nel nostro ordinamento il principio dello stare decisis operante in altri sistemi giuridici. In secondo luogo occorre osservare che la soluzione adottata nella sentenza non può avere valenza generale, in quanto accoglie espressamente, per farne causa esimente, il concetto di “vantaggio economico” (art. 1, comma 1-bis, legge 20/1994) che costituisce criterio derogatorio la cui applicazione in concreto è demandata esclusivamente al giudice contabile in sede di responsabilità.
5. Nello specifico della materia, occorre tener conto che l’abilitazione –intesa quale accertamento dei requisiti tecnico-professionali– si distingue dall’iscrizione all’albo professionale e risulta esserne presupposto.
La vigente disciplina accoglie pienamente questo principio, distinguendo la redazione di progetti da parte dei dipendenti abilitati all’esercizio della professione (senza necessità di iscrizione all’albo: art. 90 quarto comma d.lgs. 163/2006) dalla redazione di progetti da parte di professionisti esterni iscritti negli appositi albi (art. 90 settimo comma d.lgs. 163/2006).
Si può aggiungere, per completezza, che l’art. 253 sedicesimo comma del d.lgs. 163/2006 consente anche, a certe condizioni, lo svolgimento di attività tecnico-professionale a personale dipendente munito di titolo di studio, ma non abilitato.

6. Per quanto riguarda l’attività di collaudo, il Collegio è dell’avviso che le disposizioni di cui alla legge 1086/1971, poi trasfuse nella seconda parte del d.P.R. 380/2001 (art. 67), laddove si prevede la necessità di attività svolte da tecnici iscritti all’albo, debbono essere valutate alla luce del principio che nega la possibilità di concentrare in un unico soggetto le attività di progettazione, direzione lavori, esecuzione e collaudo.
L’art. 141 del d.lgs. 163/2006 rinvia ad un regolamento attuativo la determinazione dei requisiti professionali dei collaudatori e prevede comunque che i tecnici sono nominati dalle amministrazioni nell’ambito delle proprie strutture. Per l’iscrizione all’albo dei tecnici dipendenti, che debbono possedere i requisiti professionali previsti dal citato art. 67 del d.P.R. 380/2001, la Sezione è del parere che, in mancanza di una espressa previsione di legge, non possano essere posti oneri finanziari a carico dell’ente, il quale resta estraneo ai rapporto tra dipendente e relativo ordine professionale (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Marche,
parere 03.06.2008 n. 9
).
PUBBLICO IMPIEGOLa richiesta di parere sulla corretta individuazione del soggetto tenuto al versamento della tassa annuale di iscrizione all’albo degli avvocati nel caso di legali dipendenti dell’Ente Locale ed iscritti nell’albo speciale si palesa inammissibile.
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Il Sindaco del Comune di Bari, con la nota indicata in epigrafe, richiede il parere della Sezione sulla corretta individuazione del soggetto tenuto al versamento della tassa annuale di iscrizione all’albo degli avvocati nel caso di legali dipendenti dell’Ente Locale ed iscritti nell’albo speciale.
Il Sindaco precisa che gli avvocati dipendenti dell’Ente, successivamente al diniego del visto contabile sulla determinazione del rimborso della tassa di iscrizione da loro anticipata, hanno presentato istanza di conciliazione ai sensi degli artt. 65 e 66 del D. Lgs. 30/03/2001 n. 165.
Il quesito riporta, inoltre, l’ampia ed articolata casistica giurisprudenziale formatasi sia dinanzi al Giudice ordinario che nell’esercizio dell’attività consultiva assegnata alla Corte dei conti richiamando anche la deliberazione n. 5/2007 di questa Sezione e rilevata la contraddittorietà delle pronunce evidenzia la necessità di far pervenire all’Amministrazione un parere in merito alla specifica questione relativa alla competenza degli oneri per l’iscrizione all’Elenco speciale annesso all’albo professionale degli avvocati.
...
Come noto, la Corte dei Conti, secondo il disposto dell’art. 7, comma 8, della L. n. 131/2003, può rendere pareri in materia di “contabilità pubblica”.
Il Collegio evidenzia che, pur essendosi la Sezione già espressa in sede di attività consultiva su un quesito, inerente i rimborsi di quote di iscrizione versate da un dipendente comunale iscritto all’albo professionale degli assistenti sociali, (deliberazione n. 5/PAR/2007) la fattispecie oggetto dell’attuale richiesta di parere presenta profili di inammissibilità atteso che, come specificato dal Sindaco, il difensore dei legali del Comune ha avviato la procedura atta ad esperire il tentativo obbligatorio di conciliazione previsto dagli artt. 65 e 66 del D.Lgs. 30/03/2001 n. 165 e che costituisce, come noto, condizione di procedibilità della domanda dinanzi al Giudice del lavoro.
Per consolidato orientamento delle Sezioni Regionali di Controllo, fatto proprio anche da questa Sezione, l’attività consultiva non può riguardare questioni pendenti o questioni che possono sfociare in contenziosi dinanzi ad altri Organi Magistratuali (Sezione Puglia deliberazioni n. 2/PAR/2005, n. 3/PAR/2005, n. 1/PAR/2006, n. 7/PAR/2007, n. 13/PAR/2007, n. 15/PAR/2007, n. 5/PAR/2008, e Sezione Basilicata, deliberazione n. 12/2007).
PQM
La richiesta di parere si palesa, quindi, inammissibile
(Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Puglia, parere 28.05.2008 n. 12).

PUBBLICO IMPIEGO: Richiesta di parere formulata dal Sindaco del Comune di Bibbiena (Arezzo) in ordine all’obbligo per il Comune di procedere al pagamento dell’iscrizione all’albo professionale (ordine degli architetti e ingegneri, degli avvocati) per i dipendenti assunti a tempo indeterminato.
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1. Il Presidente del Consiglio delle autonomie locali della Toscana ha formulato a questa Sezione, con nota n. 29 del 09.04.2008, una richiesta di parere proposta dal Sindaco del Comune di Bibbiena (Arezzo) in ordine all’obbligo per il Comune di procedere al pagamento dell’iscrizione all’albo professionale per i seguenti dipendenti assunti a tempo indeterminato:
 1) funzionario tecnico, categoria D3, responsabile Servizio Lavori pubblici, ingegnere, cui vengono affidati i collaudi delle opere;
 2) funzionario architetto tecnico comunale, responsabile del servizio di urbanistica;
 3) avvocato, responsabile dell’Ufficio legale (ufficio in corso di costituzione).
 Il quesito riguarda anche un architetto, responsabile della progettazione, assunto con contratto a tempo determinato ai sensi dell’art. 110 TUEELL.
 ...
 4. Nel merito si espone quanto segue.
 Preliminarmente occorre chiarire che l’iscrizione ad albo professionale non è necessariamente elemento imprescindibile per l’esercizio della relativa attività lavorativa.
 Ad esempio, non è necessaria per ciò che riguarda il settore dei lavori pubblici ove, ai sensi dell’art. 90 comma 4 del d.lgs 163/2006, “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi, fornitura”, i progetti redatti dalle amministrazioni debbono essere firmati da un dipendente abilitato all’esercizio della professione per il quale non è richiesta la relativa iscrizione all’albo. Lo stesso può dirsi per l’attività di collaudo che, ai sensi del DPR 554/1999, art. 188, può essere affidata a dipendenti dell’amministrazione con comprovati requisiti di professionalità, eventualmente abilitati all’esercizio della professione, ma per i quali è espressamente previsto che non debbano essere iscritti ai relativi albi professionali.
 Ne consegue che per i casi descritti ai punti 1 e 2 delle premesse (funzionario tecnico ingegnere e funzionario tecnico architetto) non essendo necessaria l’iscrizione all’albo professionale per l’esercizio dell’attività specificamente descritta, i relativi oneri non possono essere posti a carico dell’ente locale.

 Per quanto riguarda il professionista assunto con contratto a tempo indeterminato per la progettazione di opere per l’ente pubblico, in questo caso l’iscrizione all’albo è obbligatoria ai sensi dell’art. 90, comma 7, del Codice dei contratti ed, essendo requisito necessario per la costituzione del rapporto giuridico, resta ovviamente a carico del soggetto prescelto.
 La fattispecie riguardante il professionista legale risulta, in parte, assimilabile a tale ultima ipotesi. In questo caso, infatti, l’iscrizione all’albo, nel cosiddetto “elenco speciale”, deve ritenersi necessaria per lo svolgimento dell’attività di patrocinio forense dell’ente, ai sensi del RDL 1578/1933, art. 3, ed è possibile purché la stessa attività sia svolta nell’esclusivo interesse dell’ente stesso. Anche in questo caso, può ritenersi che l’iscrizione all’albo attenga al profilo professionale del soggetto, che solo in quanto avvocato iscritto può essere assunto per le funzioni descritte, come presumibilmente dovrà prevedere anche il bando del relativo concorso. Ne consegue, che l’iscrizione, ed il mantenimento della stessa, con i relativi oneri economici, sono da ritenersi ad esclusivo carico del dipendente e costituiscono un requisito fondamentale per lo svolgimento dell’ufficio affidato.
 Tale interpretazione è avvalorata dal fatto che i contratti collettivi del comparto regioni e autonomie locali si limitano a prevedere un’indennità di posizione e di risultato per il personale che svolge attività di alta specializzazione correlata all’iscrizione ad albi professionali, nulla stabilendo circa altri oneri. Pertanto, ai sensi del disposto dell’art. 2, comma 3 del d.lgs.165/2001, non potendosi attribuire al dipendente trattamenti economici diversi da quelli previsti in sede di contrattazione collettiva o individuale, si deve ritenere esclusa la possibilità per l’ente di sostenere la spesa di iscrizione all’albo professionale dei propri dipendenti
(Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Toscana,
parere 22.04.2008 n. 11).

PUBBLICO IMPIEGOPoiché la fattispecie in esame non è in alcun modo riconducibile al concetto di contabilità pubblica, la richiesta di parere  (circa la possibilità per l’ente locale di sostenere legittimamente gli oneri per l’iscrizione all’albo professionale dei propri dipendenti incaricati di redigere progetti di opere pubbliche o atti di pianificazione urbanistica) va dichiarata inammissibile sotto il profilo oggettivo.
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La richiesta di parere del comune di Camposampiero (PD) riguarda la possibilità per l’ente locale di sostenere legittimamente gli oneri per l’iscrizione all’albo professionale dei propri dipendenti incaricati di redigere progetti di opere pubbliche o atti di pianificazione urbanistica.
A sostegno della tesi affermativa, l’ente richiama l’art. 90, comma 4, del D.Lgs. n. 163/2006, che per la firma dei progetti richiede anche per i progettisti interni all’ente il necessario possesso dell’abilitazione professionale.      
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In merito alla sussistenza del presupposto oggettivo, la questione sottoposta alla Corte dei conti deve riguardare la contabilità pubblica, in base all’art. 7, comma 8, della legge 131/2003. Qualsiasi attività amministrativa può avere riflessi finanziari sulla gestione di bilancio dell’ente, e, quindi, ove non si adottasse una nozione tecnica del concetto di contabilità pubblica, si incorrerebbe in una dilatazione dell’ambito oggettivo della funzione consultiva rendendo la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti organo di consulenza generale dell’amministrazione pubblica.
Sul punto, vengono in ausilio gli indirizzi ed i criteri generali della Sezione delle Autonomie, approvati il 27.04.2004 e la delibera 5/AUT/2006 del 10.03.2006, che restringono l’ambito oggettivo alla normativa e ai relativi atti applicativi che disciplinano, in generale, l’attività finanziaria che precede o che segue i distinti interventi di settore, compresi, in particolare, la disciplina dei bilanci e i relativi equilibri, l’acquisizione delle entrate, l’organizzazione finanziaria-contabile, la disciplina del patrimonio, la gestione delle spese, l’indebitamento, la rendicontazione e i relativi controlli.
Nel caso di specie, il quesito verte sulla legittimità o meno di una spesa, che non è in alcun modo sussumibile all’interno di una delle sopra citate categorie.
Su analoga questione, peraltro, questa Sezione si era pronunciata con deliberazione n. 6/2007/Cons. Poiché la fattispecie in esame non è in alcun modo riconducibile al concetto di contabilità pubblica, la richiesta di parere  va dichiarata inammissibile sotto il profilo oggettivo
 (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Veneto, parere 18.04.2008 n. 15).
anno 2007
PUBBLICO IMPIEGO: L’abilitazione all’esercizio della professione del tecnico-dipendente, subordinata all’iscrizione del professionista al relativo albo, si è rivolta a esclusivo vantaggio dell’ente, che appunto ha potuto utilizzare lo stesso per l’attività di progettazione e direzione dei lavori pubblici; a ciò si aggiunga che lo stesso architetto, sin dal 1997, era stato assunto a tempo indeterminato con la conseguente impossibilità di svolgere attività professionale a favore di terzi.
In quest’ottica, la Corte dei Conti-Calabria ritiene che la quota d’iscrizione all’albo professionale sia stata giustamente pagata dall’ente comunale e che, pertanto, nessun danno è ipotizzabile a carico dell’ente medesimo a causa della determinazione dirigenziale con la quale si procedeva al pagamento di lire 370.000 per la quota d’iscrizione all’albo degli architetti.

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... Per esaustività nella trattazione, tuttavia, non si può tralasciare di ricordare una delle  are sentenze che affrontano il tema in argomento, anche se le sue conclusioni, pure del giudice contabile, sono di avviso diametralmente opposto a quanto innanzi affermato. 
La Corte dei Conti-Calabria, infatti, nella propria
sentenza 28.09.2007 n. 801, affrontando un’ipotesi di danno erariale in cui, tra le altre e marginalmente, veniva mossa a un dipendente comunale-convenuto una contestazione per l’autoliquidazione della quota d’iscrizione all’albo speciale degli architetti, si esprime nel senso che tale spesa dev’essere legittimamente posta a carico del bilancio dell’ente di appartenenza.
In particolare il magistrato, dopo aver ripercorso sinteticamente la disciplina introdotta in materia di appalti pubblici dalla legge n. 109/1994, con riferimento all’effettuazione delle attività di progettazione, direzione dei lavori e accessorie, evidenzia che il legislatore, all’art. 17, c. 1, nel formulare un elenco puntuale dei soggetti cui possono essere demandate le prestazioni relative alla progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva (nonché alla direzione) dei lavori pubblici, colloca al primo posto gli uffici tecnici della stazione appaltante, non escludendo con ciò la possibilità di affidare, in presenza di valide motivazioni, l’incarico a soggetti estranei all’amministrazione stessa.
Alla Sezione appare evidente che tale scelta normativa scaturisca dalla necessità di rendere l’azione amministrativa economica ed efficiente, tanto che il vantaggio economico che ne deriva è immediatamente percepibile ove si consideri che il legislatore, all’art. 18, prevede un compenso massimo pari all’1,5% (ora 2%) dell’importo dei lavori per tutti tecnici affidatari dell’appalto.
Considerato, poi, che al c. 2 dell’art. 17 il legislatore stabilisce che i progetti redatti dagli Uffici tecnici delle amministrazioni devono essere firmati da dipendenti delle amministrazioni abilitati all’esercizio della professione, il collegio ritiene che l’abilitazione all’esercizio della professione del tecnico-dipendente, subordinata all’iscrizione del professionista al relativo albo, si sia rivolta a esclusivo vantaggio dell’ente, che appunto ha potuto utilizzare lo stesso per l’attività di progettazione e direzione dei lavori pubblici; a ciò si aggiunga che lo stesso architetto, sin dal 1997, era stato assunto a tempo indeterminato con la conseguente impossibilità di svolgere attività professionale a favore di terzi.
In quest’ottica, la Corte dei Conti-Calabria ritiene che la quota d’iscrizione all’albo professionale sia stata giustamente pagata dall’ente comunale e che, pertanto, nessun danno è ipotizzabile a carico dell’ente medesimo a causa della determinazione dirigenziale con la quale si procedeva al pagamento di lire 370.000 per la quota d’iscrizione all’albo degli architetti.

Tale sentenza non è ovviamente passata inosservata, tanto che le sue conclusioni sono state nuovamente sottoposte alla Corte dei Conti-Marche, per un orientamento interpretativo (
parere 03.06.2008 n. 9): il giudice adito ha riaffermato le identiche conclusioni delle precedenti sezioni di controllo, precisando, in relazione al discordante pronunciamento giurisdizionale calabrese, che:
— la
sentenza 28.09.2007 n. 801 della Sezione Calabria è stata resa all’esito di un giudizio di responsabilità, e le decisioni ivi assunte sono vincolanti soltanto per le parti del giudizio;
le interpretazioni contenute in una sentenza costituiscono di regola un precedente non vincolante, mancando nel nostro ordinamento il principio dello stare decisis operante in altri sistemi giuridici;
la soluzione adottata nella sentenza non può avere valenza generale, in quanto accoglie espressamente, per farne causa esimente, il concetto di «vantaggio economico» (art. 1, c. 1-bis, legge n. 20/1994), che costituisce criterio derogatorio la cui applicazione in concreto è demandata esclusivamente al giudice contabile in sede di responsabilità
(commento tratto da Azienditalia - il Personale n. 11/2008).
PUBBLICO IMPIEGOEssendo l’iscrizione all’albo un requisito imprescindibile per alcune figure professionali, in mancanza del quale non è consentito l’esercizio dell’attività, essa costituisce uno dei presupposti richiesti per l’assunzione e deve perdurare per tutta la durata del lavoro alle dipendenze del comune.
Si ritiene, pertanto, che “debba essere cura del soggetto, assunto per ricoprire all’interno dell’ente un ruolo che richiede la citata iscrizione, farsi carico degli adempimenti necessari per assicurare nel tempo la sussistenza del requisito che ha costituito la condicio sine qua non della sua assunzione, tra i quali rientra quello della tassa annuale”
.
Va altresì richiamata l’esistenza, nell’ordinamento, di un principio generale che vieta di porre a carico degli enti pubblici oneri non previsti che possano contribuire ad aggravare la situazione finanziaria degli enti stessi. Fra tali oneri sembra poter rientrare anche la tassa di iscrizione ad un albo professionale.

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... con la richiesta di parere di cui trattasi il Sindaco di Potenza ha chiesto “(…) se il pagamento della tassa annuale di iscrizione all’albo professionale degli avvocati dell’Ente debba essere comunque a carico del singolo dipendente ovvero la relativa spesa debba essere posta a carico del Comune datore di lavoro.
La richiesta è stata formulata in relazione ad un precedente parere (n. 1/2007) reso dalla Sezione regionale di controllo per la Sardegna, “(…) che stabilisce, tra l’altro, che il pagamento della tassa di iscrizione per l’esercizio della professione forense è a carico degli avvocati dipendenti pubblici e non dell’Ente datore di lavoro”, e a seguito del quale il direttore generale del Comune “(…) ritenendo di doversi attenere scrupolosamente al citato parere, ha emanato opportune disposizioni in merito”.
Successivamente l’avvocatura dell’ente ha chiesto che le predette disposizioni “(…) vengano rivisitate”, anche alla luce dei principi affermati in “una recentissima sentenza della Suprema Corte di Cassazione -Sezione Lavoro– (
sentenza 20.02.2007 n. 3928), confermativa della sentenza della Corte di appello di Torino n. 338/2003 e della sentenza del Tribunale di Torino n. 4549/2001”; 
...
RITENUTO, alla luce delle considerazioni e dei principi sopra esposti, che, nel caso di specie, la richiesta sia:
- ammissibile sotto il profilo soggettivo;
- sotto il profilo oggettivo, invece, il quesito prospettato risulta inammissibile. In primo luogo, considerato che la direzione generale del comune ha già emanato “opportune disposizioni in merito”, il parere eventualmente reso dalla Corte non sarebbe altro che una verifica postuma di legittimità dell’atto emesso dall’ente; si verrebbe, così, a incidere sulla stessa struttura ontologica della funzione consultiva che, per sua natura, deve, invece, essere volta ad illuminare preventivamente la scelta discrezionale dell’organo di amministrazione attiva.
Inoltre, considerata la manifesta specificità del caso, una valutazione nel merito in questa sede determinerebbe una sicura ingerenza nella concreta attività gestionale dell’ente e potrebbe, peraltro, comportare un’interferenza con le funzioni requirente e giudicante in materia di responsabilità assegnate alla stessa Corte dei conti.
Si ritiene, tuttavia, opportuno riportare –a puro titolo di prospettazione- alcune valutazioni di merito sulla presente fattispecie espresse dal Coordinamento delle Sezioni regionali di controllo della Sezione delle Autonomie della Corte dei conti con la nota innanzi citata (n. 6935/C21 del 07.06.2007), in virtù del fatto che la questione in predicato <<(…) seppur relativa ad un caso specifico, può essere fatta rientrare in una fattispecie astratta e generale in materia di contabilità pubblica, trattandosi di una tipologia di spesa che potrebbe gravare in via ordinaria e generalizzata sui comuni>>.
Orbene, si legge nella nota suddetta, <<Alla luce degli orientamenti giurisprudenziali emersi (Corte di Cassazione,
sentenza 20.02.2007 n. 3928, Sez. reg. contr. Sardegna, parere 19.01.2007 n. 1 e Sez. reg. contr. Piemonte, parere 29.03.2007 n. 2), questo Coordinamento è dell’avviso che, essendo l’iscrizione all’albo un requisito imprescindibile per alcune figure professionali, in mancanza del quale non è consentito l’esercizio dell’attività, essa costituisce uno dei presupposti richiesti per l’assunzione e deve perdurare per tutta la durata del lavoro alle dipendenze del comune. Si ritiene, pertanto, che “debba essere cura del soggetto, assunto per ricoprire all’interno dell’ente un ruolo che richiede la citata iscrizione, farsi carico degli adempimenti necessari per assicurare nel tempo la sussistenza del requisito che ha costituito la condicio sine qua non della sua assunzione, tra i quali rientra quello della tassa annuale” (in tal senso, Sez. Sardegna, parere cit.). Va altresì richiamata l’esistenza, nell’ordinamento, di un principio generale che vieta di porre a carico degli enti pubblici oneri non previsti che possano contribuire ad aggravare la situazione finanziaria degli enti stessi. Fra tali oneri sembra poter rientrare anche la tassa di iscrizione ad un albo professionale>>.
Il citato parere n. 2/2007 della Sezione regionale di controllo per il Piemonte, peraltro, ha ritenuto non applicabile alla fattispecie, nella situazione prospettata (analoga a quella di cui, in questa sede, ci si occupa), il principio affermato nella citata sentenza della Corte di Appello di Torino n. 338/2003, confermato dalla sentenza della Suprema Corte di Cassazione (Sezione Lavoro n. 3928 del 20.02.2007), (…) che, in merito ad una fattispecie riguardante un dipendente statale, stabilisce che le spese sostenute dal dipendente nell’esclusivo interesse del proprio datore di lavoro devono essere a carico di quest’ultimo (…)”.
Infatti, ad avviso della Sezione regionale di controllo per il Piemonte, “(…) il richiamato principio non può trovare piena applicazione al caso di specie, in quanto l’iscrizione ad un albo professionale, anche laddove necessaria per lo svolgimento dell’attività svolta dal dipendente per l’ente, non può ritenersi effettuata nell’esclusivo interesse del datore di lavoro. Essa attiene, infatti, a profili strettamente connessi con la professionalità del soggetto iscritto, arrecando benefici diretti nella sua sfera di interessi.
Come tale, l’iscrizione all’albo è richiesta, per alcune figure professionali, quale presupposto per l’assunzione. In tali ipotesi il dipendente deve ritenersi obbligato a mantenere, per tutta la durata del rapporto, anche attraverso il pagamento della tassa annuale, il requisito per il quale è stato assunto
”.
P.Q.M.
La Corte di Conti, Sezione regionale di controllo per la Basilicata, dichiara inammissibile la richiesta formulata dal Sindaco del comune di Potenza con nota n. 120/Gab del 28.05.2007
(Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Basilicata, deliberazione 15.06.2007 n. 12).
PUBBLICO IMPIEGONel caso di specie (richiesta di parere riguardante la rimborsabilità delle quote annuali di iscrizione all’albo professionale a favore di un dipendente, nella fattispecie abilitato e iscritto all’ordine degli architetti, che svolga attività di progettazione di opere pubbliche) si verte su una questione riguardante la legittimità o meno di una spesa con la possibilità che il parere reso interferisca con un eventuale giudizio di responsabilità per elidere o attenuare posizioni di responsabilità su fatti già compiuti.
Per i motivi enunciati si dichiara l’inammissibilità della richiesta di parere in epigrafe.

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Il Sindaco del Comune di Creazzo (VI) ha avanzato richiesta di parere riguardante la rimborsabilità delle quote annuali di iscrizione all’albo professionale a favore di un dipendente, nella fattispecie abilitato e iscritto all’ordine degli architetti, che svolga attività di progettazione di opere pubbliche.
L’ente sostiene in particolare che la legge 109/1994 (ora art. 90, comma 4, del D.Lgs. 163/2006) prevede che tali dipendenti possano firmare i progetti di opere pubbliche anche se non sono iscritti agli albi professionali. L’iscrizione diventerebbe, quindi, condizione utile al dipendente professionista e non all’Ente, a differenza di altre categorie professionali (es. avvocati, medici, ecc.).
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Occorre, a questo punto, valutare anche la sussistenza del presupposto oggettivo, ovvero l’aderenza della questione al concetto di contabilità pubblica in base alla norma istitutiva della funzione consultiva di cui alla legge 131/2003 (anche alla luce degli indirizzi e criteri generali della Sezione delle Autonomie, approvati il 27.04.2004 e della delibera 5/AUT/2006 del 10.03.2006, nonché dell’orientamento delle altre Sezioni).
E’ indubbio che qualsiasi attività amministrativa può avere riflessi finanziari e, quindi, ove non si adottasse una nozione tecnica del concetto di contabilità pubblica, si incorrerebbe in una dilatazione dell’ambito oggettivo della funzione consultiva rendendo la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti organo di consulenza generale dell’amministrazione pubblica.
Conformemente alle opzioni ermeneutiche generalmente adottate dalla Sezione delle Autonomie e dalle altre Sezioni regionali della Corte dei conti, va, pertanto, ristretto l’ambito oggettivo alla normativa e ai relativi atti applicativi che disciplinano, in generale, l’attività finanziaria che precede o che segue i distinti interventi di settore, compresi, in particolare, la disciplina dei bilanci e i relativi equilibri, l’acquisizione delle entrate, l’organizzazione finanziaria-contabile, la disciplina del patrimonio, la gestione delle spese, l’indebitamento, la rendicontazione e i relativi controlli.
Nel caso di specie non ricorre alcuna delle ipotesi da ultimo menzionate. Difatti si verte su una questione riguardante la legittimità o meno di una spesa con la possibilità che il parere reso interferisca con un eventuale giudizio di responsabilità per elidere o attenuare posizioni di responsabilità su fatti già compiuti.
Per i motivi enunciati si dichiara l’inammissibilità della richiesta di parere in epigrafe
(Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Veneto, parere 31.05.2007 n. 6).
PUBBLICO IMPIEGOL’iscrizione agli ordini professionali, quando prevista, costituisce un vincolo imposto dalla legge ed è inoltre, condizione per poter esigere il compenso rilevato che, ai sensi dell’art. 2231 del codice civile, la prestazione eseguita da chi non è iscritto non gli dà azione per il pagamento della retribuzione.
L’iscrizione all’albo professionale configura, quindi, un atto amministrativo di accertamento dello status del professionista e determina conseguenti diritti e doveri.
Il vincolo dell’iscrizione all’albo professionale può essere richiesto dalla legge anche nel caso di dipendenti di enti pubblici ai quali sarà applicabile oltre alla disciplina prevista dal contratto collettivo del relativo comparto anche quella specifica prevista per la categoria professionale di appartenenza.
Ne consegue che l’Amministrazione Pubblica resta estranea al rapporto che si instaura tra un proprio dipendente ed il relativo ordine professionale.
Infatti, l’iscrizione al relativo albo professionale è requisito di natura strettamente personale richiesto sin dalla partecipazione alle prove concorsuali bandite dall’Ente e che conseguentemente costituisce un presupposto per l’assunzione e lo svolgimento del rapporto lavorativo del dipendente.
Qualora la normativa che impone l’iscrizione all’albo sopravvenga nel corso del rapporto lavorativo l’iscrizione all’albo professionale integra un requisito imprescindibile per la stessa prosecuzione del rapporto lavorativo alle dipendenze del Comune.
Pertanto, la Sezione ritiene che il versamento delle quote annuali effettuato dal dipendente comunale iscritto al proprio albo professionale costituisce un preciso adempimento eseguito nel proprio interesse alla prosecuzione di un valido rapporto lavorativo.
Deve, quindi, escludersi che l’Ente sia tenuto ad effettuare il rimborso delle quote di iscrizione all’albo versate dal proprio dipendente. Infatti, il rimborso della quota di iscrizione all’albo si tradurrebbe in un ingiustificato onere finanziario a carico dell’Ente.
Occorre, inoltre, evidenziare che l’eventuale versamento o rimborso delle quote di iscrizione all’albo da parte dell’Ente, non sorretto da specifico supporto normativo, si porrebbe in difformità con l’attuale orientamento legislativo diretto al contenimento della spesa del personale ribadito anche recentemente dal comma 557 dell’art. 1 della L. 27/12/2006 n. 296, legge finanziaria per il 2007.

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Il Sindaco del Comune di Troia (FG), con la nota in epigrafe, richiede il parere della Sezione sulla possibilità per l’Amministrazione Comunale di provvedere al rimborso in favore di un assistente sociale, dipendente dell’ente sin dal 01/06/1985, della tassa annuale di iscrizione all’albo tenuto dall’Ordine degli Assistenti Sociali istituito presso il Consiglio Regionale della Puglia.
All’uopo, il Sindaco precisa, come emerge dalla documentazione successivamente trasmessa, che con la legge n. 84 del 23/03/1993 è stato disciplinato l’ordinamento della professione di assistente sociale ed è stato istituito il relativo albo professionale.
L’Ordine degli Assistenti Sociali, con nota del 30/07/2003, comunicava al Sindaco di aver inoltrato denuncia nei confronti della dipendente per esercizio abusivo della professione e diffidato l’Amministrazione Comunale, ritenuta corresponsabile del comportamento, a prendere opportuni provvedimenti.
L’assistente sociale provvedeva quindi all’iscrizione all’albo professionale degli assistenti sociali tenuto presso il Consiglio Regionale della Puglia ed il GIP del Tribunale di Lucera disponeva l’archiviazione, per assenza di dolo, rilevato che la Legge n. 84/1993 era entrata in vigore successivamente all’assunzione della dipendente.
Successivamente la dipendente richiedeva all’Ente il rimborso delle quote di iscrizione all’Ordine degli Assistenti Sociali per le annualità dal 2003 al 2007.
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Come noto, la Corte dei Conti, secondo il disposto dell’art. 7 comma 8, della L. n. 131 del 05.06.2003, può rendere pareri in materia di “contabilità pubblica”.
La Sezione rileva che la richiesta di parere in oggetto si possa ritenere inquadrabile nell’alveo della contabilità pubblica e che il quesito abbia rilevanza generale atteso che il rimborso delle quote di iscrizione versate da dipendenti comunali agli albi professionali si concreta in un onere finanziario gravante sull’Ente.
Deve, inoltre, rilevarsi, che su analoga questione si già pronunciata la Sezione Regionale di Controllo per la Sardegna con il
parere 19.01.2007 n. 1 peraltro citato nella richiesta avanzata dal Sindaco del Comune di Troia.
Pertanto, alla luce dei principi su enunciati la richiesta di parere si palesa ammissibile.
La Sezione ritiene opportuno sottolineare che l’iscrizione agli ordini professionali, quando prevista, costituisce un vincolo imposto dalla legge ed è inoltre, condizione per poter esigere il compenso rilevato che, ai sensi dell’art. 2231 del codice civile, la prestazione eseguita da chi non è iscritto non gli dà azione per il pagamento della retribuzione.
Tuttavia, come statuito dalla Corte di Cassazione (sent. n. 3646/1978, n. 2890/1990) nel caso di professionista inquadrato in un rapporto di lavoro subordinato le conseguenze derivanti dalla nullità del rapporto sono quelle previste dall’art. 2126 del codice civile secondo il quale la nullità o l’annullamento del contratto di lavoro non produce effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione.
L’iscrizione all’albo professionale configura, quindi, un atto amministrativo di accertamento dello status del professionista e determina conseguenti diritti e doveri.
Il vincolo dell’iscrizione all’albo professionale può essere richiesto dalla legge anche nel caso di dipendenti di enti pubblici ai quali sarà applicabile oltre alla disciplina prevista dal contratto collettivo del relativo comparto anche quella specifica prevista per la categoria professionale di appartenenza che, nel caso in esame, è contenuta nella Legge 23.03.1993 n. 84 recante la disciplina dell’ordinamento della professione di assistente sociale.
Ne consegue, ad avviso della Sezione, che l’Amministrazione Pubblica resta estranea al rapporto che si instaura tra un proprio dipendente ed il relativo ordine professionale.
Infatti, l’iscrizione al relativo albo professionale è requisito di natura strettamente personale richiesto sin dalla partecipazione alle prove concorsuali bandite dall’Ente e che conseguentemente costituisce un presupposto per l’assunzione e lo svolgimento del rapporto lavorativo del dipendente.
Qualora la normativa che impone l’iscrizione all’albo sopravvenga nel corso del rapporto lavorativo, come avvenuto nel caso delineato nella richiesta di parere, l’iscrizione all’albo professionale integra un requisito imprescindibile per la stessa prosecuzione del rapporto lavorativo alle dipendenze del Comune.
Pertanto, la Sezione ritiene che il versamento delle quote annuali effettuato dal dipendente comunale iscritto al proprio albo professionale costituisce un preciso adempimento eseguito nel proprio interesse alla prosecuzione di un valido rapporto lavorativo.
Deve, quindi, escludersi che l’Ente sia tenuto ad effettuare il rimborso delle quote di iscrizione all’albo versate dal proprio dipendente. Infatti, il rimborso della quota di iscrizione all’albo si tradurrebbe in un ingiustificato onere finanziario a carico dell’Ente.
Occorre, inoltre, evidenziare che l’eventuale versamento o rimborso delle quote di iscrizione all’albo da parte dell’Ente, non sorretto da specifico supporto normativo, si porrebbe in difformità con l’attuale orientamento legislativo diretto al contenimento della spesa del personale ribadito anche recentemente dal comma 557 dell’art. 1 della L. 27/12/2006 n. 296, legge finanziaria per il 2007
(Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Puglia, parere 02.05.2007 n. 5).
PUBBLICO IMPIEGO: La questione acquista rilievo solo nella misura in cui l’iscrizione ad un albo costituisca requisito necessario per lo svolgimento dell’attività del dipendente.
Ove l’iscrizione ad un albo professionale, se mai consentita dalle diverse normative vigenti, fosse da imputarsi alla libera scelta del dipendente, dovrebbe ritenersi inequivocabilmente a suo carico il pagamento della relativa tassa di iscrizione. Rientrano in tale ipotesi anche i casi in cui l’accesso al rapporto di pubblico impiego abbia presupposto, quale titolo, il conseguimento dell’abilitazione all’esercizio di una professione, non risultando poi necessaria l’iscrizione al relativo albo per lo svolgimento dell’attività del dipendente
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La questione si pone, dunque, per le fattispecie in cui i dipendenti risultino iscritti a un albo, in quanto requisito necessario per l’esercizio delle funzioni svolte presso l’Ente.
L’iscrizione ad un albo professionale, anche laddove necessaria per lo svolgimento dell’attività svolta dal dipendente per l’ente, non può ritenersi effettuata nell’esclusivo interesse del datore di lavoro. Essa attiene, infatti, a profili strettamente connessi con la professionalità del soggetto iscritto, arrecando benefici diretti nella sua sfera di interessi. Come tale, l’iscrizione all’albo è richiesta, per alcune figure professionali, quale presupposto per l’assunzione. In tali ipotesi il dipendente deve ritenersi obbligato a mantenere, per tutta la durata del rapporto, anche attraverso il pagamento della tassa annuale, il requisito per il quale è stato assunto.
Può pertanto ritenersi che il generale divieto di porre a carico degli enti pubblici oneri non previsti dalla contrattazione collettiva e individuale riguardi anche il pagamento della tassa di iscrizione a un albo professionale.

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Il Comune di Rivoli, con nota a firma del Sindaco del 06.03.2007, ha chiesto di conoscere il parere di questa Sezione in ordine alla richiesta di pagamento della tassa di iscrizione all’ordine degli avvocati, formulata da un funzionario dell’ente.
Al riguardo, con nota prot. 9/par/07 dell’08.03.2007, questa Sezione, precisato che la funzione consultiva ex articolo 7, comma 8, della legge n. 131 del 2003, viene esercitata solo su quesiti di natura astratta e generale e non con riferimento a casi specifici, e che pertanto le richieste, per quanto relative a casi concreti, devono poter essere ricondotte a fattispecie generali, ha invitato il Comune richiedente a riformulare la sua richiesta, fornendo ulteriori necessari elementi informativi.
Con nota del 21.03.2007, sempre a firma del Sindaco, il Comune di Rivoli si è limitato a precisare che il funzionario interessato, inquadrato nella categoria D3, svolge mansioni di legale dell’Ente, e che il bando per l’assunzione prevedeva, quali requisiti, la laurea in giurisprudenza e l’abilitazione all’esercizio della professione di avvocato.
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3) Merito:
Oggetto della richiesta di parere è dunque il pagamento della tassa di iscrizione ad un ordine professionale, da parte del Comune, per conto di un proprio funzionario.
In primo luogo va precisato che la questione acquista rilievo solo nella misura in cui l’iscrizione ad un albo costituisca requisito necessario per lo svolgimento dell’attività del dipendente. Ove l’iscrizione ad un albo professionale, se mai consentita dalle diverse normative vigenti, fosse da imputarsi alla libera scelta del dipendente, dovrebbe ritenersi inequivocabilmente a suo carico il pagamento della relativa tassa di iscrizione. Rientrano in tale ipotesi anche i casi in cui l’accesso al rapporto di pubblico impiego abbia presupposto, quale titolo, il conseguimento dell’abilitazione all’esercizio di una professione, non risultando poi necessaria l’iscrizione al relativo albo per lo svolgimento dell’attività del dipendente.
La questione si pone, dunque, per le fattispecie in cui i dipendenti risultino iscritti a un albo, in quanto requisito necessario per l’esercizio delle funzioni svolte presso l’Ente.
Il Comune richiedente richiama una pronuncia della Corte di appello di Torino che, in merito ad una fattispecie riguardante un dipendente statale, stabilisce che le spese sostenute dal dipendente nell’esclusivo interesse del proprio datore di lavoro devono essere a carico di quest’ultimo (sentenza n. 338 del 2003).
A parere di questa Sezione, il richiamato principio non può trovare piena applicazione al caso di specie, in quanto l’iscrizione ad un albo professionale, anche laddove necessaria per lo svolgimento dell’attività svolta dal dipendente per l’ente, non può ritenersi effettuata nell’esclusivo interesse del datore di lavoro. Essa attiene, infatti, a profili strettamente connessi con la professionalità del soggetto iscritto, arrecando benefici diretti nella sua sfera di interessi. Come tale, l’iscrizione all’albo è richiesta, per alcune figure professionali, quale presupposto per l’assunzione. In tali ipotesi il dipendente deve ritenersi obbligato a mantenere, per tutta la durata del rapporto, anche attraverso il pagamento della tassa annuale, il requisito per il quale è stato assunto.
Vengono pertanto in rilievo altri principi, quali quello del contenimento della spesa complessiva per il personale, diretta e indiretta, entro i vincoli di finanza pubblica (art. 1, comma 1, lett. b) del D. Lgs.vo 30.03.2001, n. 165), ed il principio in base al quale l’attribuzione di trattamenti economici può avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi e, alle condizioni previste, mediante contratti individuali (art. 2, comma 3 del D.Lgs.vo 30.03.2001, n. 165).
Può pertanto ritenersi che il generale divieto di porre a carico degli enti pubblici oneri non previsti dalla contrattazione collettiva e individuale riguardi anche il pagamento della tassa di iscrizione a un albo professionale
(Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Piemonte, parere 29.03.2007 n. 2).
PUBBLICO IMPIEGO: In caso di assunzione a tempo indeterminato full-time di Architetti può permanere l’iscrizione al relativo Albo che non prevede una sezione speciale per i dipendenti pubblici? L’eventuale onere è a carico dell’Ente?
Nel caso, invece, di assunzione con contratto a tempo determinato full-time di Architetti, questi devono provvedere alla segnalazione all’Ordine dell’assunzione presso la Pubblica Amm.ne? Tale assunzione determina la sospensione dell’iscrizione all’Albo e del pagamento del relativo onere?
In caso non avvenga tale segnalazione, il dipendente può rimanerVi iscritto ed a quale condizioni?

In ordine all’assunzione a tempo determinato full-time di Ingegneri, Geologi, Geometri la normativa prevede che a richiesta possono essere iscritti nell’elenco speciale dei relativi albi.
Tale richiesta deve essere effettuata dall’Amministrazione o dal dipendente ed il relativo onere è posto a carico dell’Amministrazione?
Nel caso non venga richiesta tale iscrizione nell’elenco speciale il dipendente può rimanere iscritto all’albo ed a quali condizioni?

Risposta
E’ incompatibile con la qualità di dipendente comunale con rapporto orario superiore al 50% dell’orario di lavoro a tempo pieno, l’iscrizione ad albi professionali, qualora le specifiche disposizioni di legge richiedano quale presupposto all’iscrizione, l’esercizio di attività libero professionale.
Può accadere che (caso del quesito) la relativa legge professionale consenta comunque al pubblico dipendente l’iscrizione in speciali elenchi (es. Avvocati impiegati presso i Servizi legali), in albi professionali (es. Ingegneri Architetti Geometri ecc.) o qualora l’iscrizione rientri in un interesse specifico dell’Amministrazione, ma resta fermo il divieto di esercitare attività libero professionale (fatti salvi i casi di specifica autorizzazione dell’ente di appartenenza).
La stragrande maggioranza dei Consigli degli Ordini territorialmente competenti ha già da tempo approvato apposite norme del tipo: “I Colleghi che svolgono funzione di Tecnico Comunale con contratti di tipo professionale sono tenuti: a) a segnalare all'Ordine di appartenenza, entro 30 giorni, l'avvenuto conferimento dell'incarico, e contestualmente l'eventuale quantità di incarichi in corso presso il Comune stesso, con elenco dettagliato; b) a non assumere per tutta la durata del contratto alcun tipo di incarico professionale da privati nell'ambito del territorio Comunale; c) a rispettare le compatibilità che contraddistinguono il medesimo ruolo come pubblico dipendente” (Ordine degli Architetti di Milano).
In ordine alla seconda domanda:
per il dipendente con contratto di lavoro part-time, trattandosi di eventualità di usufruire dell’iscrizione all’albo per svolgere attività libero professionale, e quindi a favore di soggetti diversi dall’ente pubblico datore di lavoro, è consentito affermare che il relativo costo non possa gravare su questo ultimo.
Per il dipendente con contratto a tempo pieno, la risposta in termini pressoché analoghi alla precedente, richiede una maggiore articolazione.
In primis, se lo svolgimento delle mansioni a favore dell'Ente pubblico non richiede l’obbligo di iscrizione all'Albo, il dipendente che decida di farlo in base ad autonome valutazioni, è tenuto ad assumere interamente l'onere del versamento della quota di iscrizione, senza che l’ente di appartenenza, datore di lavoro, possa considerarsi in dovere di sostituirsi al primo.
E’ da considerare una eccezione il caso del dipendente avvocato iscritto nell’albo speciale annesso all’albo degli avvocati, relativamente al quale la giurisprudenza ha affermato che: “in mancanza di una norma che disciplini la materia, e facendo ricorso ai principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato, che le spese sostenute dal dipendente nell’esclusivo interesse del proprio datore di lavoro devono essere sopportate dal datore” (Vedi Corte d’appello di Torino, Sentenza n. 338/2003)
Il nostro ordinamento (compresi i CCNL di categoria), infatti, appare pervaso da un principio generale che vieta di porre a carico degli enti pubblici oneri non previsti e che possono contribuire ad aggravare la situazione finanziaria degli stessi enti. Tra tali oneri deve essere compresa la tassa di iscrizione a un albo professionale.
Anche la Corte dei Conti (alcuni recentissimi pareri extragiudiziari) è partita dal principio che debba essere cura del soggetto, assunto per ricoprire all’interno dell’ente un ruolo che richiede la suddetta iscrizione, farsi carico degli adempimenti necessari per assicurare nel tempo la sussistenza del requisito che ha costituito condicio sine qua non della sua assunzione, tra i quali rientra sicuramente il pagamento della tassa annuale.
In vero c’è da dire che a sostegno di tali tesi, concorrono anche i principi generali contenuti nel D.Lgs. n. 165/2001 (vedasi l’art. 1, la dove sancisce che: “si deve contenere la spesa complessiva per il personale, diretta e indiretta, entro i vincoli di finanza pubblica”, ed anche l’art. 2 che: “l’attribuzione di trattamenti economici può avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi e, alle condizioni previste, mediante contratti individuali”).
Qualcuno ha ritenuto addirittura di invocare l’art. 12 della legge 241 del 1990, secondo il quale: “la concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari e l’attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati sono subordinate alla predeterminazione ad alla pubblicazione da parte delle amministrazioni procedenti, nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, dei criteri e delle modalità cui le amministrazioni stesse devono attenersi”.
Un esame completo dello scenario presente, ci porta anche a registrare che molti enti, in sede di regolamentazione comunale (o provinciale) sulla “Ripartizione del fondo destinato agli incentivi di cui all’art. 18 della Legge Merloni e s.m.i.", hanno creduto di poter inserire in tale fonte normativa locale, delle norme del tipo: ”In caso di avvenuto espletamento di prestazioni contemplate nel presente regolamento che richiedano l’iscrizione ad un dato Albo Professionale, il relativo onere di iscrizione compete all’Amministrazione Comunale, che provvederà a rimborsarlo ai dipendenti che hanno sostenuto la spesa, previa presentazione della ricevuta di versamento”.
Va segnalato, infine, che i tecnici dipendenti pubblici non potranno, però, svolgere prestazioni professionali all'esterno della propria amministrazione, pur se autorizzati (art. 53 del D.Lgs. n. 165/2001), se non iscritti agli albi professionali.
L’iscrizione all’Albo è infatti obbligatoria per l’esercizio della libera professione (Legge n. 897 del 25/04/1938) e, per l’apertura della Partita Iva viene rilasciato il numero di iscrizione che compare sul timbro necessario alla firma dei progetti.
In tale quadro l’iscrizione costituisce una scelta del dipendente, facendone discendere conseguentemente che il relativo pagamento è sicuramente a suo carico (29.01.2007 - tratto da www.ancirisponde.ancitel.it).
PUBBLICO IMPIEGO: I contratti collettivi del comparto regioni e autonomie locali si limitano a prevedere l’indennità di posizione e di risultato per il personale che svolge attività con contenuti di alta professionalità e specializzazione correlata all’iscrizione ad albi professionali, mentre nulla precisano in relazione all’argomento in discussione.
Nel merito, occorre considerare preliminarmente se l’iscrizione a un albo professionale costituisca requisito per lo svolgimento dell’attività per il dipendente.
Così non è più nella materia dei lavori pubblici, in quanto la disciplina di cui all’articolo 17 della legge 109 del 1994 è stata modificata dalla legge n. 415 del 1998 nel senso che non è richiesta l’iscrizione all’albo professionale per i dipendenti pubblici che firmino i progetti, ma è sufficiente il possesso dell’abilitazione professionale; in questo caso l’iscrizione costituisce una scelta del dipendente e pertanto il relativo pagamento è sicuramente a suo carico.

7. Una diversa ipotesi si ha qualora il dipendente possa essere autorizzato a svolgere il lavoro part-time. L’eventualità di usufruire dell’iscrizione all’albo per svolgere attività libero professionale, e quindi a favore di soggetti diversi dall’ente pubblico datore di lavoro, consente di affermare che il relativo costo non possa gravare su quest’ultimo.
8. Più complessa è la fattispecie di un dipendente obbligatoriamente iscritto a un albo esclusivo del pubblico impiego, quale ad esempio l’elenco speciale annesso all’albo degli avvocati.
A tale ipotesi ha fornito una soluzione la Corte d’appello di Torino, nella sentenza n. 338/2003, peraltro relativa a un dipendente di un ente statale, nella quale si afferma, in mancanza di una norma che disciplini la materia, e facendo ricorso ai principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato, che le spese sostenute dal dipendente nell’esclusivo interesse del proprio datore di lavoro devono essere sopportate dal datore.
La ricostruzione sopra riportata non appare condivisibile, in quanto per alcune figure professionali l’iscrizione a un albo è un requisito imprescindibile, in mancanza del quale non è consentito l’esercizio dell’attività. Tale iscrizione costituisce uno dei presupposti richiesti per l’assunzione e deve perdurare per tutta la durata del lavoro alle dipendenze del comune.
Si ritiene, pertanto, che debba essere cura del soggetto, assunto per ricoprire al’interno dell’ente un ruolo che richiede la suddetta iscrizione, farsi carico degli adempimenti necessari per assicurare nel tempo la sussistenza del requisito che ha costituito condicio sine qua non della sua assunzione, tra i quali rientra sicuramente il pagamento della tassa annuale.
Ad ulteriore sostegno di quanto sopra affermato vi è la considerazione che
tra i principi generali a cui fare riferimento vi sono certamente quelli contenuti nel decreto legislativo n. 165 del 2001, che all’art. 1 dispone che “si deve contenere la spesa complessiva per il personale, diretta e indiretta , entro i vincoli di finanza pubblica”, e all’art. 2 che “l’attribuzione di trattamenti economici può avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi e, alle condizioni previste, mediante contratti individuali”.
Si può pertanto ritenere esistente nell’ordinamento un principio generale che vieta di porre a carico degli enti pubblici oneri non previsti e che possono contribuire ad aggravare la situazione finanziaria degli stessi enti. Tra tali oneri deve essere compresa la tassa di iscrizione a un albo professionale.

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Con la nota protocollo n. 10223 del 23.10.2006 il Segretario comunale del comune di Siliqua ha chiesto un parere in relazione ad una fattispecie attinente all’assunzione a carico del Comune della tassa annuale di iscrizione di un dipendente a tempo indeterminato all’albo professionale.
1. La richiesta di parere è stata inoltrata tramite il Consiglio delle autonomie locali, istituito con la legge regionale 17.01.2005 n. 1, che nella nota di trasmissione fa espresso riferimento all’articolo 7 della legge 05.06.2003, n. 131, disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18.10.2001 n. 3.
2. La richiesta di parere è sottoscritta dal Segretario comunale del comune di Siliqua, ed in tal senso dovrebbe essere dichiarata inammissibile sotto il profilo soggettivo alla luce del consolidato orientamento assunto dalla Corte dei conti, secondo il quale all’interno dell’ente locale i quesiti debbono promanare dal Sindaco o dal Presidente della Provincia nella loro qualità di rappresentanti legali dell’ente locale, ovvero dagli organi deliberativi dell’ente medesimo nel caso di pareri su atti di normazione.
L’inoltro della richiesta a questa Corte da parte del Presidente del Consiglio delle autonomie locali consente però di superare tale impostazione, in quanto si deve ritenere che la richiesta sia stata fatta propria da quest’ultimo organo istituzionale, al quale espressamente la legge su richiamata riconosce tale funzione. La richiesta è pertanto ammissibile sotto il profilo soggettivo.
3. Per quanto riguarda l’ammissibilità della richiesta in esame nel merito, l’art. 7, comma 8, della legge n. 131/2003, circoscrive i pareri che le Sezioni regionali della Corte possono esprimere alla materia di contabilità pubblica.
Possono pertanto rientrare nella funzione consultiva della Corte dei conti le sole richieste concernenti la materia della contabilità pubblica, intesa come sistema normativo che regola la gestione finanziaria ed economico-patrimoniale dello Stato e degli altri enti pubblici, che richiedano un esame da un punto di vista astratto e su temi di carattere generale.
Sono quindi inammissibili le richieste di parere che comportino valutazioni di casi o atti gestionali specifici, che determinerebbero un’ingerenza della Corte dei conti nella concreta attività gestionale dell’Ente, nonché tali da poter formare oggetto di eventuali iniziative giudiziarie da parte della Procura regionale della stessa Corte dei conti.
4. Nel caso di specie la richiesta, pur relativa ad un caso specifico, può essere fatta rientrare in una fattispecie astratta e generale, in quanto il caso prospettato riguarda l’obbligo per un ente locale di farsi carico del pagamento della tassa annuale di iscrizione di un dipendente ad un albo professionale.
Trattandosi inoltre di identificare una tipologia di spesa che potrebbe gravare in via ordinaria e generalizzata sui comuni si ritiene che la richiesta rientri nella materia della contabilità pubblica. La richiesta è pertanto ammissibile sotto il profilo oggettivo.
5. Si deve rilevare che i contratti collettivi del comparto regioni e autonomie locali si limitano a prevedere l’indennità di posizione e di risultato per il personale che svolge attività con contenuti di alta professionalità e specializzazione correlata all’iscrizione ad albi professionali, mentre nulla precisano in relazione all’argomento in discussione.
6. Nel merito, occorre considerare preliminarmente se l’iscrizione a un albo professionale costituisca requisito per lo svolgimento dell’attività per il dipendente.
Così non è più nella materia dei lavori pubblici, in quanto la disciplina di cui all’articolo 17 della legge 109 del 1994 è stata modificata dalla legge n. 415 del 1998 nel senso che non è richiesta l’iscrizione all’albo professionale per i dipendenti pubblici che firmino i progetti, ma è sufficiente il possesso dell’abilitazione professionale; in questo caso l’iscrizione costituisce una scelta del dipendente e pertanto il relativo pagamento è sicuramente a suo carico.

7. Una diversa ipotesi si ha qualora il dipendente possa essere autorizzato a svolgere il lavoro part-time. L’eventualità di usufruire dell’iscrizione all’albo per svolgere attività libero professionale, e quindi a favore di soggetti diversi dall’ente pubblico datore di lavoro, consente di affermare che il relativo costo non possa gravare su quest’ultimo.
8. Più complessa è la fattispecie di un dipendente obbligatoriamente iscritto a un albo esclusivo del pubblico impiego, quale ad esempio l’elenco speciale annesso all’albo degli avvocati.
A tale ipotesi ha fornito una soluzione la Corte d’appello di Torino, nella sentenza n. 338/2003, peraltro relativa a un dipendente di un ente statale, nella quale si afferma, in mancanza di una norma che disciplini la materia, e facendo ricorso ai principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato, che le spese sostenute dal dipendente nell’esclusivo interesse del proprio datore di lavoro devono essere sopportate dal datore.
9. La ricostruzione sopra riportata non appare condivisibile, in quanto per alcune figure professionali l’iscrizione a un albo è un requisito imprescindibile, in mancanza del quale non è consentito l’esercizio dell’attività. Tale iscrizione costituisce uno dei presupposti richiesti per l’assunzione e deve perdurare per tutta la durata del lavoro alle dipendenze del comune.
Si ritiene, pertanto, che debba essere cura del soggetto, assunto per ricoprire al’interno dell’ente un ruolo che richiede la suddetta iscrizione, farsi carico degli adempimenti necessari per assicurare nel tempo la sussistenza del requisito che ha costituito condicio sine qua non della sua assunzione, tra i quali rientra sicuramente il pagamento della tassa annuale.
10. In tal senso è l’articolo 47 della legge regionale sarda n. 31 del 13.11.1998, relativo all’esercizio delle attività professionali, che dispone al 3° comma che “per l’accesso ai posti in pianta organica il cui compito principale o esclusivo è l’esercizio di attività professionali sono necessari l’iscrizione all’albo e l’esercizio effettivo dell’attività professionale per almeno tre anni”; e che al comma successivo prevede che “la cancellazione dall’albo comporta la risoluzione del rapporto d’impiego”. Tali norme consentono agevolmente di ritenere che debba essere a cura del dipendente regionale anche il pagamento della tassa annuale di iscrizione, in quanto elemento necessario per il perdurare dell’iscrizione stessa.
11. Ad ulteriore sostegno di quanto sopra affermato vi è la considerazione che tra i principi generali a cui fare riferimento vi sono certamente quelli contenuti nel decreto legislativo n. 165 del 2001, che all’art. 1 dispone che “si deve contenere la spesa complessiva per il personale, diretta e indiretta , entro i vincoli di finanza pubblica”, e all’art. 2 che “l’attribuzione di trattamenti economici può avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi e, alle condizioni previste, mediante contratti individuali”.
La necessità di una previsione espressa si ritrova anche nell’art. 12 della legge 241 del 1990, secondo il quale “la concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari e l’attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati sono subordinate alla predeterminazione ad alla pubblicazione da parte delle amministrazioni procedenti, nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, dei criteri e delle modalità cui le amministrazioni stesse devono attenersi".
12. Si può pertanto ritenere esistente nell’ordinamento un principio generale che vieta di porre a carico degli enti pubblici oneri non previsti e che possono contribuire ad aggravare la situazione finanziaria degli stessi enti. Tra tali oneri deve essere compresa la tassa di iscrizione a un albo professionale
(Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Sardegna, parere 19.01.2007 n. 1).