e-mail
info.ptpl@tiscali.it

APPALTI
CONVEGNI
FORUM
G.U.R.I. - G.U.U.E. - B.U.R.L.
LINK
NEWS PUBBLICATE:
1-aggiornam. pregressi
2-Corte dei Conti
3-
dite la vostra ...
4-dottrina e contributi
5-funzione pubblica
6-giurisprudenza
7-modulistica
8-news
9-normativa
10-note, circolari e comunicati
11-quesiti & pareri
12-utilità
- - -
DOSSIER
:
13-
ABBAINO
14-
ABUSI EDILIZI
15-
AFFIDAMENTO IN HOUSE
16-AGIBILITA'
17-AMIANTO
18-ANAC (già AVCP)
19
-APPALTI
20-ARIA
21-ASCENSORE
22-ASL + ARPA
23-ATTI AMMINISTRATIVI
24-ATTI AMMINISTRATIVI (accesso esposto e/o permesso di costruire e/o atti di P.G.)
25-ATTI AMMINISTRATIVI (impugnazione-legittimazione)
26-ATTIVITA' COMMERCIALE IN LOCALI ABUSIVI
27-BARRIERE ARCHITETTONICHE
28-BOSCO
29-BOX
30-CAMBIO DESTINAZIONE D'USO (con o senza opere)
31-CANCELLO, BARRIERA, INFERRIATA, RINGHIERA in ferro - SBARRA/STANGA
32-CANNE FUMARIE e/o COMIGNOLI
33-CARTELLI STRADALI
34-CARTELLO DI CANTIERE - COMUNICAZIONE INIZIO LAVORI
35-CERTIFICATO DESTINAZIONE URBANISTICA
36-CERIFICAZIONE ENERGETICA e F.E.R.
37
-C.I.L. e C.I.L.A.
38
-COMPETENZE GESTIONALI
39
-COMPETENZE PROFESSIONALI - PROGETTUALI
40-CONDIZIONATORE D'ARIA
41-CONDOMINIO
42-CONSIGLIERI COMUNALI
43-CONTRIBUTO DI COSTRUZIONE
44-CONTRIBUTO DI COSTRUZIONE (gratuità per oo.pp. e/o private di interesse pubblico)
45-CONTRIBUTO DI COSTRUZIONE (prescrizione termine dare/avere e legittimazione alla restituzione)
46-CONTRIBUTO DI COSTRUZIONE (rateizzato e/o ritardato versamento)
47-DEBITI FUORI BILANCIO
48-DEFINIZIONI INTERVENTI EDILIZI
49-DIA e SCIA
50-DIAP
51-DISTANZA dagli ALLEVAMENTI ANIMALI
52-DISTANZA dai CONFINI
53-DISTANZA dai CORSI D'ACQUA - DEMANIO MARITTIMO/LACUALE
54-DISTANZA dalla FERROVIA

55-DISTANZA dalle PARETI FINESTRATE
56-DURC
57-EDICOLA FUNERARIA
58-EDIFICIO UNIFAMILIARE
59-ESPROPRIAZIONE
60-GESTIONE ASSOCIATA FUNZIONI COMUNALI
61-INCARICHI LEGALI e/o RESISTENZA IN GIUDIZIO
62-INCARICHI PROFESSIONALI E PROGETTUALI
63-INCENTIVO PROGETTAZIONE (ora INCENTIVO FUNZIONI TECNICHE)
64-INDUSTRIA INSALUBRE
65-L.R. 12/2005
66-L.R. 23/1997
67-L.R. 31/2014
68-LEGGE CASA LOMBARDIA
69-LICENZA EDILIZIA (necessità)
70-LOTTO EDIFICABILE - ASSERVIMENTO AREA - CESSIONE CUBATURA
71-LOTTO INTERCLUSO
72-MAPPE e/o SCHEDE CATASTALI (valore probatorio o meno)
73-MOBBING
74-MURO DI CINTA/RECINZIONE, DI CONTENIMENTO/SOSTEGNO, ECC.
75-OPERE PRECARIE
76-PARERE DI REGOLARITA' TECNICA, CONTABILE E DI LEGITTIMITA'
77-PATRIMONIO
78-PERGOLATO e/o GAZEBO e/o BERCEAU e/o DEHORS e/o POMPEIANA e/o PERGOTENDA e/o TETTOIA
79-PERMESSO DI COSTRUIRE (annullamento e/o impugnazione)
80-PERMESSO DI COSTRUIRE (decadenza)
81-PERMESSO DI COSTRUIRE (deroga)
82-PERMESSO DI COSTRUIRE (legittimazione richiesta titolo)
83-PERMESSO DI COSTRUIRE (parere commissione edilizia)
84-PERMESSO DI COSTRUIRE (prescrizioni)
85-PERMESSO DI COSTRUIRE (proroga)
86-PERMESSO DI COSTRUIRE (verifica in istruttoria dei limiti privatistici al rilascio)
87
-
PERMESSO DI COSTRUIRE (volturazione)
88-
PERTINENZE EDILIZIE ED URBANISTICHE
89-PIANI PIANIFICATORI ED ATTUATIVI
90-PIANI PIANIFICATORI ED ATTUATIVI (aree a standard)
91-PIF (Piano Indirizzo Forestale)
92-PISCINE
93-PUBBLICO IMPIEGO
94-PUBBLICO IMPIEGO (quota annuale iscrizione ordine professionale)
95-RIFIUTI E BONIFICHE
96-
RINNOVO/PROROGA CONTRATTI
97-RUDERI
98-
RUMORE
99-SAGOMA EDIFICIO
100-SANATORIA GIURISPRUDENZIALE E NON (abusi edilizi)
101-SCOMPUTO OO.UU.
102-SEGRETARI COMUNALI
103-SEMINTERRATI
104-SIC-ZSC-ZPS - VAS - VIA
105-SICUREZZA SUL LAVORO
106
-
SILOS
107-SINDACATI & ARAN
108-SOPPALCO
109-SOTTOTETTI
110-SUAP
111-SUE
112-STRADA PUBBLICA o PRIVATA o PRIVATA DI USO PUBBLICO
113-
TELEFONIA MOBILE
114-TENDE DA SOLE
115-TINTEGGIATURA FACCIATE ESTERNE
116-TRIBUTI LOCALI
117-VERANDA
118-VINCOLO CIMITERIALE
119-VINCOLO IDROGEOLOGICO
120-VINCOLO PAESAGGISTICO + ESAME IMPATTO PAESISTICO + VINCOLO MONUMENTALE
121-VINCOLO STRADALE
122-VOLUMI TECNICI / IMPIANTI TECNOLOGICI

123-ZONA AGRICOLA
124-ZONA SISMICA E CEMENTO ARMATO

NORMATIVA:
dt.finanze.it
entilocali.leggiditalia.it

leggiditaliaprofessionale.it

SITI REGIONALI
STAMPA
 
C.A.P.
Codice Avviamento Postale

link 1 - link 2
CONIUGATORE VERBI
COSTO DI COSTRUZIONE
(ag
g. indice istat):

link 1-BG - link 2-MI
link 3-CR
DIZIONARI
indici ISTAT:
link 1 - link 2-BG
link 3-MI

interessi legali:
link 1
MAPPE CITTA':
link 1 - link 2
METEO
1 - PAGINE bianche
2 - PAGINE gialle
PREZZI:
osservatorio prezzi e tariffe

prodotti petroliferi
link 1
- link 2
PUBBLICO IMPIEGO:
1 - il portale pubblico per il lavoro
2
- mobilità
 
 

DOSSIER

Alcuni files sono in formato Acrobat (pdf): se non riesci a leggerli, scarica gratuitamente il programma Acrobat Reader (clicca sull'icona a fianco riportata).  -      segnala un errore nei links                                                                                

dossier CONTRIBUTO DI COSTRUZIONE
[gratuità per opere pubbliche e/o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti - ex art. 17, comma 3, lett. c), DPR 380/2001 già art. 9, comma 1, lett. f), L. 10/1977]
anno 2020

EDILIZIA PRIVATAEsenzione dal contributo di costruzione per la sede di un’associazione sindacale.
---------------
  
Edilizia – Oneri di costruzione – Obbligo – Esenzione ex art. 17, comma 3, lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001 – Presupposto - Individuazione.
  
Sindacato - Rappresentatività - Organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative – Natura – Individuazione.
  
Edilizia – Oneri di costruzione – Obbligo – Esenzione ex art. 17, comma 3, lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001 – sede di associazione sindacale – Esclusione.
  
L’art. 17, comma 3, lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001, in forza del quale il contributo di costruzione non è dovuto «per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti», è una disposizione di stretta interpretazione, poiché introduce un’ipotesi derogatoria alla previsione generale di cui all’art. 16, comma 1, del medesimo d.P.R., che assoggetta a contributo tutte le opere che comportino trasformazione del territorio (1).
  
Le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sono associazioni private non riconosciute come persone giuridiche, che rappresentano e tutelano gli interessi delle categorie di lavoratori ad esse iscritti, senza tuttavia acquisire uno status e una qualifica pubblicistici, che presupporrebbero, quanto meno, l’attuazione, mai avvenuta, dell’art. 39, commi 2, 3 e 4, Cost. (2).
  
La sede di un’associazione sindacale non può essere qualificata come un’opera pubblica o d’interesse generale, ai fini dell’applicazione dell’esonero dal contributo di costruzione ai sensi dell’art. 17, comma 3, lett. c), primo alinea, d.P.R. n. 380 del 2001, ma soltanto come un bene strumentale, mediante il quale l’associazione persegue i propri compiti statutari (3).
---------------
   (1) Ha chiarito la Sezione che una disposizione di stretta interpretazione, poiché introduce un’ipotesi derogatoria alla previsione generale di cui all’art. 16, comma 1, del medesimo, che assoggetta a contributo tutte le opere che comportino trasformazione del territorio.
Ciò posto, va evidenziato che il requisito soggettivo consiste nell’esecuzione delle opere da parte di enti istituzionalmente competenti, ovverosia “da parte di soggetti ai quali la realizzazione dell’opera sia demandata in via istituzionale” (Cons. St., sez. V, 12.07.2005, n. 3774), cosicché, per conseguire il beneficio di cui all’art. 17, comma 3, lett. c), d.P.R. n. 380/2001, l’opera deve essere necessariamente realizzata “da un ente pubblico, non competendo la stessa ad opere eseguite da soggetti privati, quale che sia la rilevanza sociale dell’attività dagli stessi esercitata nella o con l’opera edilizia alla quale la concessione si riferisce” (Cons. St., sez. V, 15.12.2005, n. 7140).
   (2) Ad avviso della Sezione si applica l’orientamento secondo cui “ai fini dell’esenzione dal contributo di costruzione ex art. 9, lett. f), l. 28.01.1977, n. 10, occorre che l’opera da costruire sia pubblica o d’interesse pubblico e venga realizzata o da un ente pubblico, o da altro soggetto per conto di un ente pubblico, come nel caso di concessione di opera pubblica o di altre analoghe figure organizzatorie.
Pertanto, rettamente tale beneficio non viene concesso al risanamento conservativo di un edificio di proprietà privata condotto dall’associazione provinciale degli industriali, perché in detto intervento, pur reputato di pubblico interesse a causa dell’attività sindacale svolta da quella associazione, non si ravvisano i criteri oggettivo (opera pubblica, od opera destinata a soddisfare bisogni della collettività) e soggettivo (opera realizzata da una p.a. o da un concessionario, o, più in generale, da un soggetto che curi istituzionalmente la realizzazione di opere d’interesse generale per il perseguimento delle specifiche finalità cui le opere stesse sono destinate), su cui si fonda l’esenzione in argomento
” (Cons. St., sez. V, 07.09.1995, n. 1280).
   (3) Ad avviso della Sezione se è pur vero che all’interno di tale edificio possono svolgersi attività perseguenti scopi di utilità collettiva, è altrettanto vero che dette attività vengono compiute in virtù della destinazione concretamente impressa sull’edificio, o su una parte di esso, dal suo proprietario, e non per le caratteristiche intrinseche dell’opera, che non è geneticamente e strutturalmente destinata direttamente alla fruizione collettiva (Consiglio di Stato, Sez. II, sentenza 11.07.2020 n. 4471 - commento tratto da e link a www.giustizia-amministrativa.it).
---------------
SENTENZA
8. Il primo motivo d’impugnazione è infondato.
Non sussiste, invero, la lamentata violazione dell’articolo 17, comma 3, lettera c), primo alinea, del d.P.R. n. 380 del 2001, in forza del quale il contributo di costruzione non è dovuto «per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti».
Sul punto il Collegio sottolinea che manca nel caso di specie sia il requisito oggettivo dell’opera pubblica o di interesse generale sia il requisito soggettivo della realizzazione dell’intervento da parte di un ente istituzionalmente competente, sicché del tutto legittimamente l’amministrazione comunale il Tar hanno escluso l’applicazione dell’esonero dal contributo di costruzione.
Ad ogni modo, stante, ai fini del suddetto esonero, la necessaria compresenza, in ragione del chiaro dettato normativo, di ambedue i citati requisiti, oggettivo e soggettivo, l’assenza di uno solo di essi determina la mancata applicazione dell’agevolazione de qua (cfr. in tal senso Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 02.03.2011, n. 1332).
8.1. Con riferimento al requisito soggettivo, l’appellante ha sostenuto che non sarebbe più attuale la tesi della natura privata delle associazioni sindacali, le quali, anche rivestendo una forma giuridica di tipo privatistico (associazioni non riconosciute di cui agli articoli 36 e seguenti del codice civile), avrebbero una natura sostanziale pubblica in forza degli interessi pubblicistici da loro perseguiti.
In particolare, ad avviso dell’appellante, le organizzazioni sindacali curano interessi pubblici cosiddetti parziari, che, pur essendo propri di una limitata comunità di soggetti, avrebbero comunque un rango pubblicistico; il che sarebbe inferibile dalla circostanza che esse stipulano contratti collettivi con efficacia erga omnes.
Inoltre le organizzazioni sindacali realizzerebbero i seguenti interessi pubblici generali:
   a) la conclusione dei contratti collettivi nazionali;
   b) la stipulazione dei cosiddetti contratti di solidarietà, con cui esse accettano la compressione di un interesse categoriale (le spettanze economiche dei lavoratori) a favore di un interesse pubblico (l’interesse all’occupazione, proprio di tutti i cittadini);
   c) la concertazione, intesa come metodo di programmazione delle politiche pubbliche, nell’interesse di tutti i cittadini.
L’interessata ha peraltro evidenziato che numerose norme prevedono la partecipazione delle associazioni sindacali a svariati procedimenti amministrativi.
L’appellante ha altresì puntualizzato che le associazioni sindacali:
   a) esercitano poteri normativi e amministrativi di natura strettamente pubblicistica;
   b) designano i componenti di numerosi organi collegiali;
   c) hanno costituito enti aventi natura pubblicistica, quali i centri di assistenza fiscale e gli istituti di patronato e di assistenza sociale;
   d) ricevono e hanno ricevuto finanziamenti pubblici sotto forma di erogazioni in favore dei suddetti enti da loro costituiti e di altre loro strutture operative, di agevolazioni per la riscossione dei contributi associativi, di permessi retribuiti per i dirigenti sindacali, nonché attraverso l’attribuzione in loro favore del patrimonio delle disciolte organizzazioni nazionali fasciste.
8.2. In relazione al requisito oggettivo, l’appellante ha dedotto in sostanza che:
   a) l’intervento edilizio è localizzato in una zona destinata ad opere ed interventi di interesse generale;
   b) nella delibera consiliare n. 6/2007 il Comune di Vicenza ha osservato che sussistono ragioni di pubblico interesse alla realizzazione della nuova sede dell’odierna appellante;
   c) in base ad una convenzione, trascritta nei registri immobiliari e quindi opponibile a eventuali terzi acquirenti, tra l’associazione sindacale e il Comune di Vicenza l’edificio può essere utilizzato soltanto per le finalità sindacali.
8.3. Il Collegio, pur dando atto della pregevole ricostruzione sviluppata dall’appellante, non considera le riportate circostanze di fatto e di diritto quali sicuri indici della natura di ente istituzionale e sostanzialmente pubblica delle associazioni sindacali, tenuto peraltro conto che dell’articolo 17, comma 3, lett. c), del d.P.R. n. 380/2001 è una disposizione di stretta interpretazione, poiché introduce un’ipotesi derogatoria alla previsione generale di cui all’articolo 16, comma 1, del medesimo, che assoggetta a contributo tutte le opere che comportino trasformazione del territorio.
Ciò posto, va evidenziato che il requisito soggettivo consiste nell’esecuzione delle opere da parte di enti istituzionalmente competenti, ovverosia “da parte di soggetti ai quali la realizzazione dell’opera sia demandata in via istituzionale” (Consiglio di Stato, sezione V, decisione 12.07.2005, n. 3774), cosicché, per conseguire il beneficio di cui all’articolo 17, comma 3, lett. c), del d.P.R. n. 380/2001, l’opera deve essere necessariamente realizzata “da un ente pubblico, non competendo la stessa ad opere eseguite da soggetti privati, quale che sia la rilevanza sociale dell’attività dagli stessi esercitata nella o con l’opera edilizia alla quale la concessione si riferisce” (Consiglio di Stato, sezione V, decisione 15.12.2005, n. 7140).
Tanto premesso, seppur l’appellante rientra tra le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, essa è comunque un’associazione privata non riconosciuta come persona giuridica, che rappresenta e tutela gli interessi della categoria dei lavoratori ad essa iscritti, senza tuttavia acquisire uno status e una qualifica pubblicistici, che presupporrebbero, quanto meno, l’attuazione, mai avvenuta, dell’articolo 39, commi 2, 3 e 4, della Costituzione.
Sembra, quindi, al Collegio che manifesti attualità lo specifico, seppur datato, orientamento, secondo cui “ai fini dell’esenzione dal contributo di costruzione ex art. 9, lett. f), l. 28.01.1977 n. 10, occorre che l’opera da costruire sia pubblica o d’interesse pubblico e venga realizzata o da un ente pubblico, o da altro soggetto per conto di un ente pubblico, come nel caso di concessione di opera pubblica o di altre analoghe figure organizzatorie. Pertanto, rettamente tale beneficio non viene concesso al risanamento conservativo di un edificio di proprietà privata condotto dall’associazione provinciale degli industriali, perché in detto intervento, pur reputato di pubblico interesse a causa dell’attività sindacale svolta da quella associazione, non si ravvisano i criteri oggettivo (opera pubblica, od opera destinata a soddisfare bisogni della collettività) e soggettivo (opera realizzata da una p.a. o da un concessionario, o, più in generale, da un soggetto che curi istituzionalmente la realizzazione di opere d’interesse generale per il perseguimento delle specifiche finalità cui le opere stesse sono destinate), su cui si fonda l’esenzione in argomento” (Consiglio di Stato, sez. V, decisione 07.09.1995, n. 1280).
Ad ogni modo, anche ammettendo che l’appellante organizzazione sindacale abbia natura istituzionale (il che è da escludersi), essa non potrebbe essere qualificata nel caso di specie come ente istituzionalmente competente alla realizzazione di un’opera pubblica o di interesse generale, non essendo questa la sua specifica funzione; pertanto non sarebbe comunque integrata la fattispecie delineata dall’art. 17, comma 3, lett. c), primo alinea del d.P.R. n. 380/2001, che prevede l’esonero dal contributo di costruzione “per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti”.
8.4. Ciononostante, è opportuno per completezza rilevare l’infondatezza della tesi della sussistenza nel caso di specie del requisito oggettivo, attesa peraltro la sua particolare evidenza. Ed invero, il Collegio considera senza dubbio che la sede dell’associazione sindacale non può essere qualificata come un’opera pubblica o d’interesse generale, ma soltanto come un bene strumentale, mediante il quale l’associazione persegue i propri compiti statutari.
Inoltre, se è pur vero che all’interno di tale edificio possono svolgersi attività perseguenti scopi di utilità collettiva, è altrettanto vero che dette attività vengono compiute in virtù della destinazione concretamente impressa sull’edificio, o su una parte di esso, dal suo proprietario, e non per le caratteristiche intrinseche dell’opera, che non è geneticamente e strutturalmente destinata direttamente alla fruizione collettiva.
9. La seconda doglianza, svolta in via subordinata, è parimenti infondata.
Al riguardo si precisa che l’articolo 17, comma 3, lett. c), secondo alinea, del d.P.R. n. 380 del 2001 prevede l’esonero dal contributo di costruzione «per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici».
Orbene, ad avviso dell’appellante:
   a) gli edifici destinati a sedi di associazioni sono opere di urbanizzazione;
   b) la realizzazione della propria sede è prevista dal piano regolatore generale, a seguito delle delibere consiliari numeri 64/2002 e 6/2007.
In proposito il Collegio osserva che effettivamente il Comune di Vicenza ha variato la destinazione dell’area, consentendone l’attuale utilizzo, ma da siffatta variante non può discendere l’assimilazione dell’edificio sede dell’associazione ad un’opera d’urbanizzazione, primaria o secondaria, di cui rispettivamente ai commi 7 e 7-bis dell’art. 16 del d.P.R. n. 380/2001 (“strade residenziali, spazi di sosta o di parcheggio, fognature, rete idrica, rete di distribuzione dell’energia elettrica e del gas, pubblica illuminazione, spazi di verde attrezzato” e “i cavedi multiservizi e i cavidotti per il passaggio di reti di telecomunicazioni, salvo nelle aree individuate dai comuni sulla base dei criteri definiti dalle regioni”) e al comma 8 del medesimo articolo (“asili nido e scuole materne, scuole dell’obbligo nonché strutture e complessi per l’istruzione superiore all'obbligo, mercati di quartiere, delegazioni comunali, chiese e altri edifici religiosi, impianti sportivi di quartiere, aree verdi di quartiere, centri sociali e attrezzature culturali e sanitarie”).
Quanto esposto è già sufficiente ad escludere la fondatezza del secondo motivo di gravame; in ogni caso, si evidenzia che il piano regolatore generale –che comunque non potrebbe legittimamente ampliare la sfera dell’esenzione dal contributo prevista dal legislatore– non ha espressamente qualificato, pur prevedendolo, l’intervento oggetto di causa come opera d’urbanizzazione.
10. In conclusione l’appello deve essere respinto, con conseguente conferma la sentenza impugnata.

EDILIZIA PRIVATA: Sull'esonero dal versamento del contributo di costruzione.
La giurisprudenza costante considera l’art. 17, comma 3, una norma eccezionale di stretta interpretazione, posto che deroga al generale principio dell'onerosità dell'intervento edilizio di cui all’art. 16 del DPR 380/2001.
L’esenzione dal pagamento del contributo richiede il concorso di due condizioni: la prima di tipo oggettivo, ossia la natura di Ente pubblico (o di soggetto che agisce quale longa manus dell'amministrazione) dell'autore dell'opera, e la seconda di carattere oggettivo, ossia la natura pubblica o di interesse generale dell’intervento.
Invero, <<l'interprete non può allargare in via analogica il precetto espresso dalla lettera della norma, che, per concedere l'esonero, si riferisce ad opere eseguite dagli enti "istituzionalmente competenti". Il richiamo al concetto di competenza istituzionale, ovvero al fascio delle attribuzioni che la legge conferisce all'ente pubblico per il governo degli interessi pubblici cui è preposto, chiarisce che l'opera è esentabile non soltanto se realizzata da un soggetto pubblico o equiparato a vantaggio della collettività, ma anche alla condizione che la sua realizzazione abbia un rapporto di stretta strumentalità rispetto ai compiti istituzionali dell'ente>>.
La ratio della norma –è stato rilevato– è anzitutto quella di agevolare l'esecuzione di opere destinate al soddisfacimento di bisogni collettivi o dalle quali la comunità possa comunque trarre un’utilità, per cui il legislatore ha inteso evitare l'imposizione degli oneri concessori al soggetto che interviene per l'istituzionale attuazione del pubblico interesse, la quale sarebbe altrimenti intimamente contraddittoria, poiché verrebbe a gravare, sia pure indirettamente, sulla stessa comunità che dovrebbe avvantaggiarsi dal loro pagamento.
In merito, –con riferimento al requisito soggettivo– per “enti istituzionalmente competenti” debbono intendersi i soggetti pubblici, ovvero anche i soggetti privati purché l'opera sia realizzata per conto di un Ente pubblico e che “L'assenza di scopo di lucro è … una circostanza che attiene unicamente alla funzionalità interna della persona giuridica, la quale non potrà redistribuire gli eventuali utili derivanti dall'attività svolta. Si tratta, tuttavia, di un elemento che, in sé considerato, non è sufficiente a determinare la riferibilità dell'opera a un ente pubblico, che è quanto richiesto dalla norma al fine di rendere operativa l'esenzione”.
In buona sostanza, ai fini dell'esenzione occorre che l'opera sia pubblica o di interesse pubblico e sia realizzata da un Ente pubblico (e che quando non sia esso stesso Ente pubblico, il soggetto realizzatore abbia agito quale organo indiretto dell'amministrazione, come nella concessione o nella delega) non competendo, invece, alle opere eseguite da soggetti privati, quale che sia la rilevanza sociale dell'attività da essi esercitata nella o con l'opera edilizia cui la concessione si riferisce.
Altresì, <<l'esenzione dal pagamento del contributo di costruzione vale per la struttura che realizza o contribuisce con vincolo indissolubile all'erogazione diretta del servizio, come, a titolo meramente esemplificativo, nell'ipotesi di un impianto tecnico, ma non per un bene la cui strumentalità dipende da scelte discrezionali e, quindi, revocabili, della società, dovendosi dunque concludere che a rilevare non è la destinazione che soggettivamente s'intende dare alla struttura, bensì la sua natura oggettiva: solo laddove l'opera non possa, neppure in astratto, avere una destinazione diversa da quella pubblica si potrà dunque configurare il presupposto per l'esonero dal pagamento del contributo di costruzione>>.
---------------
  
Con riferimento a singole fattispecie, è stato affrontato il caso di un privato che aveva realizzato una struttura universitaria su incarico e per conto dell’Ateneo di Padova, attraverso lo strumento della vendita di cosa futura: pur riconoscendo la destinazione dell’opera (fin dall’origine) a finalità pubbliche, è stata acclarata la carenza del requisito soggettivo e cioè la realizzazione dello stesso da parte di un Ente istituzionale.
Infatti, se l’esenzione può essere riferita anche ad un’opera di interesse generale realizzata da un privato per conto di un Ente pubblico, essa tuttavia “spetta soltanto qualora (come avviene nella concessione di opera pubblica e in altre analoghe figure organizzatorie) lo strumento contrattuale utilizzato consenta formalmente di imputare la realizzazione del bene direttamente all’ente per conto del quale il privato abbia operato.
In altri termini, l’esenzione spetta solo se il privato abbia agito quale organo indiretto dell’amministrazione, come appunto nella concessione o nella delega”.
  
Con riferimento invece alla sede di un’associazione sindacale, è stato osservato che la stessa “… non può essere qualificata come un'opera pubblica, o d'interesse generale, ma soltanto come un bene strumentale, mediante il quale l'associazione persegue i propri compiti statutari. Ciò non esclude che all'interno di tale edificio possano svolgersi attività che realizzano scopi di utilità collettiva, ma ciò si realizza per la destinazione concretamente impressa sull'edificio -o parte di esso- dal suo proprietario, e non in relazione alle caratteristiche intrinseche dell'opera, che la destinano direttamente alla fruizione collettiva, come per una strada o un edificio pubblico”.
  
Con riguardo al restauro di immobili appartenenti a un Istituto religioso, si è affermato che perché un'opera rivesta la relativa qualifica ovvero di opera funzionalmente connessa alle pratiche religiose, è necessario che quella religiosa sia la destinazione principale dell'edificio.
Quindi “… mentre la realizzazione di chiese e di altri edifici religiosi rientra di per sé nell'ambito delle opere di urbanizzazione secondaria … La disposizione … non trova applicazione nel caso di realizzazione di un fabbricato ad uso istituto, in quanto non si tratta di opera di interesse generale, ma destinata alla fruizione di un numero determinato di persone, realizzata da un soggetto che non è di diritto pubblico …” (cfr. TAR Piemonte, sez. I – 15/06/2004 n. 1121, il quale ha soggiunto che “Nel caso di specie l'istituto da costruire è destinato a soddisfare gli interessi della comunità religiosa richiedente non ad un servizio della collettività”).
  
Nell’esaminare un caso analogo a quello di cui si controverte, questo TAR ha preliminarmente sostenuto che <<"trova campo elettivo d'applicazione, specie con riguardo alle norme che prevedono l'esonero e la riduzione del pagamento del contributo, il criterio interpretativo delle norme c.d. "a fattispecie esclusiva", proprio delle disposizioni tributarie. Ossia l'interprete, oltre a doversi attenere alla littera legis deve individuare il criterio in base al quale è stata disposto il beneficio che deroga all'ordinario regime paratributario, al fine di non estenderne l'applicazione oltre i casi espressamente preveduti">>.
Ha poi concluso per la mancanza di entrambi i requisiti previsti dalla pertinente disposizione regionale –uno di carattere oggettivo legato al tipo di opera; l'altro di carattere soggettivo relativo all'Ente che esegue le opere– “in quanto l'intervento di ampliamento consiste, in concreto, nella realizzazione di una nuova sala da adibirsi a cinema-teatro, di una cucina professionale e di ulteriori spazi di servizio accessori al già esistente edificio adibito a teatro parrocchiale.
Tali opere non risultano, all'evidenza, né inerenti l'attività di culto svolta dalla Parrocchia né esse possono considerarsi quali progettate o comunque destinate a soddisfare i bisogni della collettività, come richiesto espressamente dalla norma regionale”.
Anche il requisito soggettivo risultava mancante “avendo la Parrocchia richiesto il permesso di costruire per l'ampliamento dei propri edifici, al fine di soddisfare interessi di natura privatistica, senza evidenziare (e soprattutto senza fornire alcun elemento probatorio al riguardo) che detto intervento edilizio sia funzionale all'interesse pubblico”.
---------------
Circa
la tipologia di opera quale "centro parrocchiale" (sala polivalente con capienza inferiore a 200 posti e aule per catechismo), e l'invocata gratuità, non è in discussione il suo utilizzo da parte di una molteplicità di persone né la pubblica utilità dell’attività di aggregazione promossa dalla struttura religiosa, e tuttavia non è riscontrabile il requisito dell’apertura alla collettività indifferenziata: la preordinazione al soddisfacimento dell’interesse generale prelude infatti a una fruizione da parte dell’intera comunità territoriale.
Relativamente al profilo soggettivo, non sfugge al Tribunale che –a fronte di una giurisprudenza consolidata e uniforme sulla cogenza della riferibilità dell’opera all’Ente pubblico “istituzionalmente competente”– la normativa regionale valorizza anche le “organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS)”.
In disparte la questione –di tipo formale– della non perfetta sovrapposizione tra tale ampia categoria e le istituzioni religiose, il Collegio è dell’opinione che il criterio interpretativo restrittivo che deve accompagnare l’approccio alla disposizione induca a pretendere comunque l’instaurazione di un’intesa tra soggetto privato e Ente pubblico, affinché quest’ultimo sia assicurato sulla permanente destinazione dell’opera a favore dell’intera collettività.
Al di là della forma giuridica adoperata (concessione, delega di funzioni o altro), l’intervento deve sorgere –mantenendola nel tempo– con un’inequivoca “riferibilità” al soggetto pubblico, a garanzia dell’utilità che deve ritrarre la comunità indifferenziata.

---------------
Sempre con riferimento al "centro parrocchiale" e l'invocata esenzione dal versamento del contributo di costruzione giusta la normativa nazionale/regionale
che investe “le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici”, la tesi avanzata non è passibile di positivo scrutinio, in quanto l’unità immobiliare non risulta edificata in attuazione di una specifica previsione dello strumento urbanistico, come la legge richiede: per l'opera di urbanizzazione vi è l'esenzione solo se essa sia stata puntualmente contemplata e così espressamente qualificata dallo strumento urbanistico.
In altri termini, deve rilevarsi l’essenziale distinzione tra la conformità dell'opera alla destinazione di zona e l’attuazione di una destinazione specifica di piano.
Da tale distinzione “discende che la semplice riconduzione all'astratta tipologia di opera d'urbanizzazione secondaria non può considerarsi sufficiente ai fini dell'esenzione del contributo” e che “Sotto tale aspetto non è casuale che l'art. 17, comma 3, lett. c), del D.P.R. n. 380 del 2001 ponga su un piano di equivalenza, ai fini dell'esonero dal contributo, "gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti", e "le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici"”.
Invero, “L'equiparazione si giustifica proprio in funzione della circostanza che si tratta di specifiche opere urbanizzative individuate dallo strumento urbanistico, ancorché la loro realizzazione sia poi eseguita da privati, come accade ad esempio nel caso in cui nel quadro di una convenzione e a fronte di una iniziativa edificatoria il privato assuma l'onere di realizzare le specifiche opere urbanizzative previste …”.

---------------

... per l'annullamento:
   - DELLA DELIBERAZIONE GIUNTALE 11/03/2014 N. 53, CHE HA DISCIPLINATO LA MONETIZZAZIONE DELLO STANDARD A PARCHEGGIO E VERDE PUBBLICO PER L’INTERVENTO DELLA PARROCCHIA DI S. EGIDIO ABATE;
   - PER QUANTO OCCORRER POSSA, DEL REGOLAMENTO URBANISTICO EDILIZIO COMUNALE, APPROVATO CON DELIBERAZIONE CONSILIARE 06/11/2012 N. 80 (PREAMBOLO RECANTE LA CLASSIFICAZIONE DEI CARICHI URBANISTICI E ART. 118).
...
A. Il ricorrente Don Cl.Tu. ha realizzato un intervento in Gambettola, in area ubicata nel centro urbano, adiacente alla Chiesa e ad altri fabbricati già destinati a centro parrocchiale (cfr. “casa del ragazzo”). La destinazione urbanistica dell’area è F.3 “funzioni speciali – dotazioni di servizi” secondo la denominazione del RUE (regolamento urbanistico edilizio).
Nella relazione tecnico-illustrativa di progetto (doc. 9 produzione documentale Comune del 20/04/2020) si precisa la collocazione in zona F.3 “Attività di interesse comune di tipo religioso”.
Il proposito era quello di sostituire il vecchio teatro Fulgor (avente una superficie di 391,15 mq. e un volume di 2.222,30 mc.) con il nuovo centro parrocchiale che si sviluppa per 1.344,75 mq. e 7.224,54 mc., dedicato a sala polivalente con capienza inferiore a 200 posti e aule per catechismo, con servizi e spazi di collegamento.
B. Nell’istanza presentata è stata chiesta la cd. monetizzazione dello standard relativo a parcheggi e verde pubblico, quantificata nella deliberazione impugnata in € 220.688,78 (99.196,28 € per parcheggi e 121.502,50 € per verde pubblico).
Il provvedimento giustifica l’assenso all’operazione con l’impossibilità di utilizzare porzioni a ridosso della strada per realizzare dotazioni pubbliche, e statuisce che “il progetto prevede aree verdi e a parcheggio per le esigenze strettamente private del centro parrocchiale” e che la monetizzazione “… consente di determinare una trasformazione … più coerente ed adeguata nell’inserimento nel contesto del paese, al fine di valorizzare maggiormente il nuovo centro parrocchiale all’uso della collettività”.
C. Con gravame ritualmente notificato presso la Segreteria del TAR i ricorrenti impugnano gli atti in epigrafe, deducendo i seguenti motivi di diritto:
   a) Eccesso di potere per travisamento, difetto del presupposto e sviamento, in quanto:
      - la questione introdotta investe la natura dell’intervento, ossia se lo stesso sia classificabile come standard urbanistico, come tale esonerato dal contributo di costruzione ex art. 32 comma 1 lett. h) della L.r. 15/2013;
      - esso riveste un chiaro interesse generale (ed è realizzato da un Ente istituzionalmente competente e non lucrativo) e ha natura di opera di urbanizzazione secondaria;
      - trattandosi di standard non può generare altri standard secondo una catena illogica, e il RUE non può imporre prestazioni garantite dalla riserva di legge (art. 23 della Costituzione);
      - parcheggi e verde sono pertinenze utili all’utenza dell’opera di interesse collettivo, e partecipano della sua stessa natura.
   b) Violazione dell’art. 23 della Costituzione, eccesso di potere per illogicità, difetto dei presupposti e di motivazione, sviamento, visto che:
      - l’art. 118 del RUE è lacunoso, limitandosi a classificare i carichi urbanistici in alto (A) medio (M) e basso (B), mentre la tabella delle funzioni speciali – dotazioni di servizi (f) associa il valore (A) corrispondente al massimo;
      - così ragionando, il parcheggio genera un fabbisogno di parcheggio, attraverso un effetto moltiplicatore del tutto illogico;
      - in aggiunta, le funzioni abitative hanno un Cu basso mentre le strutture di vendita medio-grandi, le attività culturali, didattiche e ricreative hanno un Cu medio e solo i servizi (standard) hanno un Cu elevato, senza la minima motivazione sui criteri informatori;
      - in ogni caso, parcheggi e verde –seppur contemplati dal progetto– sono stati impropriamente qualificati come privati, mentre la prestazione imposta non è sorretta da una norma primaria.
   c) IN SUBORDINE Violazione dell’art. 23 della Costituzione, eccesso di potere per difetto di motivazione e lesione del principio di proporzionalità, poiché:
      - se anche fosse rintracciata la base legale (fonte primaria) manca una legge che detti i criteri generali per la determinazione della prestazione pecuniaria; inoltre, affiora un difetto assoluto di motivazione su importi e parametri utilizzati (in rapporto alle superfici, ai valori unitari, alle quote tabellari);
      - l’ammontare di 181 €/mq. è immotivato, sproporzionato e illogico, trattandosi di un tipico valore di edificabilità per aree destinate a servizi, concettualmente estranee a tale parametro;
      - mancano i criteri generali, e oltretutto in concreto non esiste un’analisi motivata del parametro utilizzato.
D. Si è costituita in giudizio l’amministrazione, formulando eccezioni in rito e chiedendo nel merito la reiezione del gravame. In punto di fatto ha chiarito che:
      - in relazione all’iniziativa edilizia per la realizzazione di un centro parrocchiale (richiesta di permesso di costruire del 13/09/2013) i ricorrenti hanno formulato istanza di monetizzazione degli standard, in luogo della cessione delle aree a parcheggi e verde;
      - la superficie prevista dal RUE per la destinazione a parcheggio pubblico è 537,63 mq. e quella a verde è 667 mq.;
      - dopo l’adozione della delibera impugnata gli esponenti hanno chiesto la rateizzazione.
...
1. La prima questione verte sull’inquadramento dell’opera, per verificare se sia possibile qualificarla come standard urbanistico non soggetto al contributo di costruzione.
1.1 Secondo quanto dispone l’art. 17, comma 3, lett. c), del DPR 380/2001, l’esonero dell’obbligazione pecuniaria investe “... gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché … le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici”.
L’art. 32, comma 1, lett. h), della L.r. 15/2013 descrive così la fattispecie: “per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti e dalle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici, e i parcheggi pertinenziali nella quota obbligatoria richiesta dalla legge”.
2. La giurisprudenza costante considera l’art. 17, comma 3, una norma eccezionale di stretta interpretazione, posto che deroga al generale principio dell'onerosità dell'intervento edilizio di cui all’art. 16 del DPR 380/2001 (TAR Basilicata – 27/02/2019 n. 205).
L’esenzione dal pagamento del contributo richiede il concorso di due condizioni: la prima di tipo oggettivo, ossia la natura di Ente pubblico (o di soggetto che agisce quale longa manus dell'amministrazione) dell'autore dell'opera, e la seconda di carattere oggettivo, ossia la natura pubblica o di interesse generale dell’intervento (cfr. TAR Liguria, sez. I – 28/03/2013 n. 552; TAR Lazio Roma, sez. II-quater – 10/03/2020 n. 3103, nella quale si precisa che <<l'interprete non può allargare in via analogica il precetto espresso dalla lettera della norma, che, per concedere l'esonero, si riferisce ad opere eseguite dagli enti "istituzionalmente competenti". Il richiamo al concetto di competenza istituzionale, ovvero al fascio delle attribuzioni che la legge conferisce all'ente pubblico per il governo degli interessi pubblici cui è preposto, chiarisce che l'opera è esentabile non soltanto se realizzata da un soggetto pubblico o equiparato a vantaggio della collettività, ma anche alla condizione che la sua realizzazione abbia un rapporto di stretta strumentalità rispetto ai compiti istituzionali dell'ente>>.
2.1 La ratio della norma –è stato rilevato– è anzitutto quella di agevolare l'esecuzione di opere destinate al soddisfacimento di bisogni collettivi o dalle quali la comunità possa comunque trarre un’utilità, per cui il legislatore ha inteso evitare l'imposizione degli oneri concessori al soggetto che interviene per l'istituzionale attuazione del pubblico interesse, la quale sarebbe altrimenti intimamente contraddittoria, poiché verrebbe a gravare, sia pure indirettamente, sulla stessa comunità che dovrebbe avvantaggiarsi dal loro pagamento (TAR Lombardia Milano, sez. II – 03/11/2016 n. 2011, che ha richiamato Consiglio di Stato, sez. V – 11/01/2006 n. 51, e che ha aggiunto –con riferimento al requisito soggettivo– che per “enti istituzionalmente competenti” debbono intendersi i soggetti pubblici, ovvero anche i soggetti privati purché l'opera sia realizzata per conto di un Ente pubblico e che “L'assenza di scopo di lucro è … una circostanza che attiene unicamente alla funzionalità interna della persona giuridica, la quale non potrà redistribuire gli eventuali utili derivanti dall'attività svolta. Si tratta, tuttavia, di un elemento che, in sé considerato, non è sufficiente a determinare la riferibilità dell'opera a un ente pubblico, che è quanto richiesto dalla norma al fine di rendere operativa l'esenzione”).
2.2 In buona sostanza, ai fini dell'esenzione occorre che l'opera sia pubblica o di interesse pubblico e sia realizzata da un Ente pubblico (e che quando non sia esso stesso Ente pubblico, il soggetto realizzatore abbia agito quale organo indiretto dell'amministrazione, come nella concessione o nella delega) non competendo, invece, alle opere eseguite da soggetti privati, quale che sia la rilevanza sociale dell'attività da essi esercitata nella o con l'opera edilizia cui la concessione si riferisce (Consiglio di Stato, sez. II – 23/07/2019 n. 5194, secondo il quale <<l'esenzione dal pagamento del contributo di costruzione vale per la struttura che realizza o contribuisce con vincolo indissolubile all'erogazione diretta del servizio, come, a titolo meramente esemplificativo, nell'ipotesi di un impianto tecnico, ma non per un bene la cui strumentalità dipende da scelte discrezionali e, quindi, revocabili, della società, dovendosi dunque concludere che a rilevare non è la destinazione che soggettivamente s'intende dare alla struttura, bensì la sua natura oggettiva: solo laddove l'opera non possa, neppure in astratto, avere una destinazione diversa da quella pubblica si potrà dunque configurare il presupposto per l'esonero dal pagamento del contributo di costruzione (C.d.S., sez. IV, 31.08.2016, n. 3750)>>.
3. Con riferimento a singole fattispecie, è stato affrontato il caso di un privato che aveva realizzato una struttura universitaria su incarico e per conto dell’Ateneo di Padova, attraverso lo strumento della vendita di cosa futura: pur riconoscendo la destinazione dell’opera (fin dall’origine) a finalità pubbliche, è stata acclarata la carenza del requisito soggettivo e cioè la realizzazione dello stesso da parte di un Ente istituzionale.
Infatti, se l’esenzione può essere riferita anche ad un’opera di interesse generale realizzata da un privato per conto di un Ente pubblico, essa tuttavia “spetta soltanto qualora (come avviene nella concessione di opera pubblica e in altre analoghe figure organizzatorie) lo strumento contrattuale utilizzato consenta formalmente di imputare la realizzazione del bene direttamente all’ente per conto del quale il privato abbia operato (cfr. ex multis V Sez. n. 536 del 1999 e n. 1901 del 2000).
In altri termini, l’esenzione spetta solo se il privato abbia agito quale organo indiretto dell’amministrazione, come appunto nella concessione o nella delega
” (Consiglio di Stato, sez. IV – 11/02/2016 n. 595, che ha riformato TAR Veneto, sez. II – 10/07/2014 n. 998).
3.1 Con riferimento invece alla sede di un’associazione sindacale, è stato osservato che la stessa “… non può essere qualificata come un'opera pubblica, o d'interesse generale, ma soltanto come un bene strumentale, mediante il quale l'associazione persegue i propri compiti statutari. Ciò non esclude che all'interno di tale edificio possano svolgersi attività che realizzano scopi di utilità collettiva, ma ciò si realizza per la destinazione concretamente impressa sull'edificio -o parte di esso- dal suo proprietario, e non in relazione alle caratteristiche intrinseche dell'opera, che la destinano direttamente alla fruizione collettiva, come per una strada o un edificio pubblico” (TAR Veneto, sez. II – 16/06/2011 n. 1047).
3.2 Con riguardo al restauro di immobili appartenenti a un Istituto religioso, si è affermato che perché un'opera rivesta la relativa qualifica ovvero di opera funzionalmente connessa alle pratiche religiose, è necessario che quella religiosa sia la destinazione principale dell'edificio. Quindi “… mentre la realizzazione di chiese e di altri edifici religiosi rientra di per sé nell'ambito delle opere di urbanizzazione secondaria … La disposizione … non trova applicazione nel caso di realizzazione di un fabbricato ad uso istituto, in quanto non si tratta di opera di interesse generale, ma destinata alla fruizione di un numero determinato di persone, realizzata da un soggetto che non è di diritto pubblico …” (cfr. TAR Piemonte, sez. I – 15/06/2004 n. 1121, il quale ha soggiunto che “Nel caso di specie l'istituto da costruire è destinato a soddisfare gli interessi della comunità religiosa richiedente non ad un servizio della collettività”).
4. Nell’esaminare un caso analogo a quello di cui si controverte, questo TAR (cfr. sez. I – 24/06/2019 n. 569) ha preliminarmente sostenuto che <<"trova campo elettivo d'applicazione, specie con riguardo alle norme che prevedono l'esonero e la riduzione del pagamento del contributo, il criterio interpretativo delle norme c.d. "a fattispecie esclusiva", proprio delle disposizioni tributarie. Ossia l'interprete, oltre a doversi attenere alla littera legis deve individuare il criterio in base al quale è stata disposto il beneficio che deroga all'ordinario regime paratributario, al fine di non estenderne l'applicazione oltre i casi espressamente preveduti">>.
Ha poi concluso per la mancanza di entrambi i requisiti previsti dalla pertinente disposizione regionale –uno di carattere oggettivo legato al tipo di opera; l'altro di carattere soggettivo relativo all'Ente che esegue le opere– “in quanto l'intervento di ampliamento consiste, in concreto, nella realizzazione di una nuova sala da adibirsi a cinema-teatro, di una cucina professionale e di ulteriori spazi di servizio accessori al già esistente edificio adibito a teatro parrocchiale. Tali opere non risultano, all'evidenza, né inerenti l'attività di culto svolta dalla Parrocchia né esse possono considerarsi quali progettate o comunque destinate a soddisfare i bisogni della collettività, come richiesto espressamente dalla norma regionale”.
Anche il requisito soggettivo risultava mancante “avendo la Parrocchia richiesto il permesso di costruire per l'ampliamento dei propri edifici, al fine di soddisfare interessi di natura privatistica, senza evidenziare (e soprattutto senza fornire alcun elemento probatorio al riguardo) che detto intervento edilizio sia funzionale all'interesse pubblico”.
5. Il Collegio ritiene di aderire alle conclusioni rassegnate nella pronuncia citata, con alcune puntualizzazioni.
Quanto alla tipologia di opera (sala polivalente con capienza inferiore a 200 posti e aule per catechismo) non è in discussione il suo utilizzo da parte di una molteplicità di persone né la pubblica utilità dell’attività di aggregazione promossa dalla struttura religiosa, e tuttavia non è riscontrabile il requisito dell’apertura alla collettività indifferenziata: la preordinazione al soddisfacimento dell’interesse generale prelude infatti a una fruizione da parte dell’intera comunità territoriale.
Relativamente al profilo soggettivo, non sfugge al Tribunale che –a fronte di una giurisprudenza consolidata e uniforme sulla cogenza della riferibilità dell’opera all’Ente pubblico “istituzionalmente competente”– la normativa regionale valorizza anche le “organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS)”.
In disparte la questione –di tipo formale– della non perfetta sovrapposizione tra tale ampia categoria e le istituzioni religiose, il Collegio è dell’opinione che il criterio interpretativo restrittivo che deve accompagnare l’approccio alla disposizione induca a pretendere comunque l’instaurazione di un’intesa tra soggetto privato e Ente pubblico, affinché quest’ultimo sia assicurato sulla permanente destinazione dell’opera a favore dell’intera collettività.
Al di là della forma giuridica adoperata (concessione, delega di funzioni o altro), l’intervento deve sorgere –mantenendola nel tempo– con un’inequivoca “riferibilità” al soggetto pubblico, a garanzia dell’utilità che deve ritrarre la comunità indifferenziata.
6. Parte ricorrente ha invocato anche la seconda parte delle disposizioni (nazionale e regionale) che dispongono l’esenzione, che investe “le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici”.
La tesi avanzata non è passibile di positivo scrutinio, in quanto l’unità immobiliare non risulta edificata in attuazione di una specifica previsione dello strumento urbanistico, come la legge richiede: per l'opera di urbanizzazione vi è l'esenzione solo se essa sia stata puntualmente contemplata e così espressamente qualificata dallo strumento urbanistico (Consiglio di Stato, sez. IV – 25/11/2019 n. 8002).
In altri termini, deve rilevarsi l’essenziale distinzione tra la conformità dell'opera alla destinazione di zona e l’attuazione di una destinazione specifica di piano.
Da tale distinzione “discende che la semplice riconduzione all'astratta tipologia di opera d'urbanizzazione secondaria non può considerarsi sufficiente ai fini dell'esenzione del contributo” e che “Sotto tale aspetto non è casuale che l'art. 17, comma 3, lett. c), del D.P.R. n. 380 del 2001 ponga su un piano di equivalenza, ai fini dell'esonero dal contributo, "gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti", e "le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici"” (Consiglio di Stato, sez. IV – 17/10/2018 n. 5942, secondo il quale “L'equiparazione si giustifica proprio in funzione della circostanza che si tratta di specifiche opere urbanizzative individuate dallo strumento urbanistico, ancorché la loro realizzazione sia poi eseguita da privati, come accade ad esempio nel caso in cui nel quadro di una convenzione e a fronte di una iniziativa edificatoria il privato assuma l'onere di realizzare le specifiche opere urbanizzative previste …”.
In conclusione, la prima doglianza non si rivela meritevole di positivo apprezzamento (TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. II, sentenza 29.06.2020 n. 444 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAEsenzione dai contributi concessori per opere edili a destinazione commerciale site nell’ambito di un interporto.
---------------
Edilizia – Oneri di costruzione – Esenzione - Opere edili a destinazione commerciale – In ambito di interporto – Frazionamento – Esclusione.
Al fine di escludere l’esenzione dal pagamento dei contributi concessori ex art. 17, d.P.R. 06.06.2001, n. 380 non è possibile operare un frazionamento dell’intervento tale da escludere la qualificazione giuridica di opere pubbliche per le strutture che ne rappresentano parte integrante e ne garantiscono la piena funzionalità, come i magazzini (1).
---------------
   (1) Ha chiarito la Sezione che la “privatizzazione” degli interporti, attuata con l’art. 6, comma 3, d.l. 01.04.1995, n. 98, convertito in l. 30.05.1995, n. 204, pur rilevante sul piano della gestione degli stessi, non ha inciso sulla struttura fisica degli interporti medesimi che è evidentemente funzionale a realizzare rilevanti interessi pubblici per la comunità, quali concentrare i flussi di merci e promuovere il trasporto multimodale con particolare riferimento alla modalità ferroviaria (con influssi benefici sull’ambiente), aumentare la competitività e l’efficienza delle imprese di trasporto/logistica e sviluppare reti logistiche nazionali ed internazionali, offrendo servizi migliori al sistema produttivo
Pertanto, anche dopo tale innovazione legislativa, non è possibile, ai fini di escludere l’esenzione dal pagamento dei contributi concessori ex art. 17, d.P.R. 06.06.2001, n. 380, operare un frazionamento dell’intervento tale da escludere la qualificazione giuridica di opere pubbliche per le strutture che ne rappresentano parte integrante e ne garantiscono la piena funzionalità, come i magazzini.
In tale ipotesi pertanto, oltre al requisito oggettivo richiesto dalla norma citata per il riconoscimento dell’esenzione, sussiste anche quello soggettivo, atteso che l’opera può essere ricondotta pacificamente all’ente istituzionalmente competente anche qualora sia realizzata da un soggetto privato, purché ciò avvenga per conto di un ente pubblico di cui ne rappresenti, in buona sostanza, la longa manus (nel caso esaminato, la concessione e gestione dei magazzini siti nell’ambito dell’interporto erano stati affidati a provati tramite project financing, operazione che, al pari della concessione di opera pubblica, è caratterizzata dal trasferimento, in tutto o in parte, al concessionario delle funzioni oggettivamente pubbliche proprie del concedente e necessarie per la realizzazione dell’opera) (Cass. civ., sez. I, 03.04.2003, n. 5123) (Consiglio di Stato, Sez. II, sentenza 12.03.2020 n. 1776 - commento tratto da e link a www.giustizia-amministrartiva.it).

EDILIZIA PRIVATALa possibilità di esonero dal pagamento del contributo di costruzione indicata dall'art. 17 dpr 380/2001 individua tra le varie ipotesi anche quella della esistenza di un “interesse generale” (comma 3, lettera c) che richiede la concorrenza di due requisiti:
   - uno di carattere oggettivo, attinente al carattere pubblico o di interesse generale delle opere da realizzare, e
   - uno di carattere soggettivo, in quanto le opere devono essere eseguite da un ente istituzionalmente competente o da privati che abbiano un legame istituzionale con l’azione dell’Amministrazione volti alla cura di interessi pubblici.
Non è dunque la sola destinazione che soggettivamente s’intende dare alla struttura sufficiente ai fini di beneficiare dell’esonero dal costo di costruzione, ma la circostanza che oggettivamente la stessa abbia natura di interesse generale, ipotesi che può rinvenirsi quando l’opera non possa, neppure in astratto, avere una destinazione diversa da quella pubblica.
L'esenzione prevista dal citato art. 17 necessita, infatti, che l'opera, per la quale si chiede l'esenzione del pagamento degli oneri di urbanizzazione, sia, per le sue oggettive caratteristiche, esclusivamente finalizzata ad un utilizzo a tempo indeterminato dell'intera collettività; ciò in quanto il pagamento degli oneri concessori, essendo finalizzato alla realizzazione delle opere di urbanizzazione necessarie al corretto assetto del territorio, costituisce un principio generale dell'ordinamento le cui eccezioni sono di stretta interpretazione.
---------------

13.5. La possibilità di esonero indicata dal successivo art. 17, che individua tra le varie ipotesi anche quella della esistenza di un “interesse generale” (comma 3, lettera c), richiede infatti la concorrenza di due requisiti: uno di carattere oggettivo, attinente al carattere pubblico o di interesse generale delle opere da realizzare, ed uno di carattere soggettivo, in quanto le opere devono essere eseguite da un ente istituzionalmente competente o da privati che abbiano un legame istituzionale con l’azione dell’Amministrazione volti alla cura di interessi pubblici (cfr. ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, n. 5942/2018).
13.6. Non è dunque la sola destinazione che soggettivamente s’intende dare alla struttura sufficiente ai fini di beneficiare dell’esonero dal costo di costruzione, ma la circostanza che oggettivamente la stessa abbia natura di interesse generale, ipotesi che può rinvenirsi quando l’opera non possa, neppure in astratto, avere una destinazione diversa da quella pubblica.
L'esenzione prevista dal citato art. 17 necessita infatti che l'opera, per la quale si chiede l'esenzione del pagamento degli oneri di urbanizzazione, sia, per le sue oggettive caratteristiche, esclusivamente finalizzata ad un utilizzo a tempo indeterminato dell'intera collettività; ciò in quanto il pagamento degli oneri concessori, essendo finalizzato alla realizzazione delle opere di urbanizzazione necessarie al corretto assetto del territorio, costituisce un principio generale dell'ordinamento le cui eccezioni sono di stretta interpretazione (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, n. 2394/2016) (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 02.01.2020 n. 3 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2019

EDILIZIA PRIVATA: Sul diritto, o meno, all’esenzione dal pagamento del contributo di concessione edilizia prevista dall’art. 9, lettera f), della legge 28.01.1977, n. 10, in base al quale “Il contributo di cui al precedente art. 3 non è dovuto: .... f) per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici".
Per consolidata giurisprudenza di questo Consiglio, la ragione della deroga prevista dalla prima parte dell’art. 9, comma 1, lett. f), l. 28.01.1977 n. 10 è, anzitutto, quella di agevolare l’esecuzione di opere destinate al soddisfacimento di interessi pubblici o dalle quali la collettività possa comunque trarne una utilità, quando l’esecuzione sia compiuta da un ente istituzionalmente competente tramite un concessionario di opera pubblica, in tal caso venendo giustificata la concessione di un beneficio economico che, non contribuendo alla formazione di un utile d’impresa, si riverbera a vantaggio di tutta la collettività che fruisce dell’opera una volta eseguita.
Ai fini dell’esenzione, pertanto, occorre che l’opera sia pubblica o di interesse pubblico e sia realizzata da un ente pubblico, non competendo, invece, alle opere eseguite da soggetti privati, quale che sia la rilevanza sociale dell’attività da essi esercitata nella o con l’opera edilizia cui la concessione si riferisce.
---------------
L’Istituto appellante non può dirsi “ente istituzionalmente competente” ai sensi della disposizione de qua, perché l’espressione adoperata dalla norma non può riferirsi che ad enti pubblici, ovvero a soggetti che agiscono per conto di essi, come confermato dal fatto che soltanto nella seconda parte della proposizione normativa, concernente le opere di urbanizzazione, la disposizione si riferisce ad opere “eseguite anche da privati”.
Occorre cioè, diversamente da quanto accaduto nel caso in esame, che, quando non sia esso stesso ente pubblico, il soggetto realizzatore abbia agito quale organo indiretto dell’amministrazione, come nella concessione o nella delega.
---------------
E’ per mera completezza, dunque, che può aggiungersi che la strumentalità rispetto all’esercizio di un servizio pubblico non è sufficiente ad integrare la nozione di “impianti, attrezzature, opere pubbliche o di interesse generale”, di cui all’art. 9, comma 1, lett. f), della l. n. 10 del 1977 (ora art. 17, comma 3, lett. c), del d.P.R. n. 380 del 2001), in quanto l’esenzione dal pagamento del contributo di costruzione vale per la struttura che realizza o contribuisce con vincolo indissolubile all’erogazione diretta del servizio, come, a titolo meramente esemplificativo, nell’ipotesi di un impianto tecnico, ma non per un bene la cui strumentalità dipende da scelte discrezionali e, quindi, revocabili, della società, dovendosi dunque concludere che a rilevare non è la destinazione che soggettivamente s’intende dare alla struttura, bensì la sua natura oggettiva: solo laddove l’opera non possa, neppure in astratto, avere una destinazione diversa da quella pubblica si potrà dunque configurare il presupposto per l’esonero dal pagamento del contributo di costruzione.
---------------
1. - In primo grado l’Istituto Diocesano Sostentamento del Clero di Caserta ha agito nei confronti del Comune di Caserta per l’accertamento negativo dell’obbligo di pagare il contributo concessorio e per il riconoscimento del diritto alla restituzione delle somme che avrebbe indebitamente versato per la realizzazione della struttura sportiva polivalente di sua proprietà sita in Caserta alla via Borsellino, sostenendo di aver diritto all’esenzione dal pagamento del contributo di concessione edilizia prevista dall’art. 9, lettera f), della legge 28.01.1977, n. 10, in base al quale “Il contributo di cui al precedente art. 3 non è dovuto: .... f) per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici".
Il TAR ha respinto il ricorso giudicando insussistenti i presupposti per il riconoscimento dell’esenzione in favore dell’opera in questione (riconducibile ad una struttura pubblica di quartiere e verde attrezzato e di proprietà di un ente ecclesiastico civilisticamente riconosciuto con Decreto del Ministero degli Interni ed iscritto nel registro delle persone giuridiche della Prefettura di Caserta) con riferimento ad ambedue le ipotesi della disposizione citata.
In particolare, in relazione alla fattispecie prevista dalla prima parte dell’articolo, ha rilevato la carenza sia del presupposto oggettivo (opera pubblica o destinata a soddisfare bisogni della collettività), sia di quello soggettivo (opera realizzata da un’amministrazione pubblica o da un soggetto privato per conto di una pubblica amministrazione), osservando che “è pacifico che l’ente proprietario dell’immobile è un soggetto a personalità giuridica privo di alcun collegamento con la pubblica amministrazione; tale circostanza è sufficiente per escludere il riconoscimento del beneficio, in considerazione anche della specifica tipologia di opera in questione (struttura sportiva poliva[len]te) e della sue concrete modalità di fruizione”.
In relazione alla seconda ipotesi, ha evidenziato che “per essere esente da contributo, l’opera di urbanizzazione deve essere specificatamente indicata come tale nello strumento urbanistico, anche attuativo (C.d.S. Sez. V, 21.01.1997 n. 69). Nel caso in esame la realizzazione dell’opera de qua è certamente conforme agli strumenti urbanistici vigenti; non è tuttavia espressamente contemplata come tale dagli strumenti urbanistici”.
...
8. – Nel merito, il Giudice di primo grado ha correttamente escluso che l’Istituto avesse titolo all’esenzione dal pagamento dei contributi concessori e, dunque, alla ripetizione di quanto versato.
9. – Per consolidata giurisprudenza di questo Consiglio, la ragione della deroga prevista dalla prima parte dell’art. 9, comma 1, lett. f), l. 28.01.1977 n. 10 è, anzitutto, quella di agevolare l’esecuzione di opere destinate al soddisfacimento di interessi pubblici o dalle quali la collettività possa comunque trarne una utilità, quando l’esecuzione sia compiuta da un ente istituzionalmente competente tramite un concessionario di opera pubblica, in tal caso venendo giustificata la concessione di un beneficio economico che, non contribuendo alla formazione di un utile d’impresa, si riverbera a vantaggio di tutta la collettività che fruisce dell’opera una volta eseguita (ex ceteris, C.d.S., Sez. VI, 11.04.2014, n. 1759).
Ai fini dell’esenzione, pertanto, occorre che l’opera sia pubblica o di interesse pubblico e sia realizzata da un ente pubblico, non competendo, invece, alle opere eseguite da soggetti privati, quale che sia la rilevanza sociale dell’attività da essi esercitata nella o con l’opera edilizia cui la concessione si riferisce (ex aliis, C.d.S., sez. V, 15.12.2005, n. 7140).
L’Istituto appellante non può dirsi “ente istituzionalmente competente” ai sensi della disposizione de qua, perché l’espressione adoperata dalla norma non può riferirsi che ad enti pubblici, ovvero a soggetti che agiscono per conto di essi, come confermato dal fatto che soltanto nella seconda parte della proposizione normativa, concernente le opere di urbanizzazione, la disposizione si riferisce ad opere “eseguite anche da privati” (C.d.S., sez. V, 11.01.2006, n. 51).
Occorre cioè, diversamente da quanto accaduto nel caso in esame, che, quando non sia esso stesso ente pubblico, il soggetto realizzatore abbia agito quale organo indiretto dell’amministrazione, come nella concessione o nella delega (C.d.S., sez. IV, 20.11.2017, n. 5356, Id., sez. IV, 30.08.2016, n. 3721, con riferimento alla previsione ora contenuta nell’art. 17, co. 3, lett. c), D.P.R. n. 380 del 2001).
E poiché non è gravato il capo della sentenza di primo grado che ha escluso che possa ricadersi, in alternativa, nell’ipotesi dell’esenzione dovuta, in forza della seconda parte della disposizione citata, per le opere di urbanizzazione eseguite anche da privati in attuazione di strumenti urbanistici, non vertendosi, nel caso di specie, di opere di urbanizzazione specificamente indicate come tali nello strumento urbanistico, tanto basta ad escludere che l’Istituto appellante abbia diritto all’esenzione dal versamento del contributo di concessione.
E’ per mera completezza, dunque, che può aggiungersi che la strumentalità rispetto all’esercizio di un servizio pubblico non è sufficiente ad integrare la nozione di “impianti, attrezzature, opere pubbliche o di interesse generale”, di cui all’art. 9, comma 1, lett. f), della l. n. 10 del 1977 (ora art. 17, comma 3, lett. c), del d.P.R. n. 380 del 2001), in quanto l’esenzione dal pagamento del contributo di costruzione vale per la struttura che realizza o contribuisce con vincolo indissolubile all’erogazione diretta del servizio, come, a titolo meramente esemplificativo, nell’ipotesi di un impianto tecnico, ma non per un bene la cui strumentalità dipende da scelte discrezionali e, quindi, revocabili, della società, dovendosi dunque concludere che a rilevare non è la destinazione che soggettivamente s’intende dare alla struttura, bensì la sua natura oggettiva: solo laddove l’opera non possa, neppure in astratto, avere una destinazione diversa da quella pubblica si potrà dunque configurare il presupposto per l’esonero dal pagamento del contributo di costruzione (C.d.S., sez. IV, 31.08.2016, n. 3750).
10. – Per queste ragioni, in conclusione, l’appello deve essere respinto (Consiglio di Stato, Sez. II, sentenza 23.07.2019 n. 5194 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAL’art. 17 del D.P.R., 08.06.2001, n. 380, comma 3, lettera c), prevede l’esenzione del contributo per “gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici".
In base al dato testuale della norma e alla sua costante interpretazione giurisprudenziale, la esenzione esige il concorso di due presupposti, e cioè, uno oggettivo, l’ascrivibilità del manufatto oggetto di concessione edilizia alla categoria delle opere pubbliche o di interesse generale, e l’altro soggettivo, l’esecuzione delle opere da parte di enti istituzionalmente competenti, vale a dire da parte di soggetti cui sia demandata in via istituzionale la realizzazione di opere di interesse generale (ovvero da parte di privati concessionari dell’ente pubblico, purché le opere siano inerenti all’esercizio del rapporto concessorio).
Pertanto, è necessario dimostrare che l’opera, per la quale si chiede l’esenzione del pagamento degli oneri urbanizzativi, sia, per le sue oggettive caratteristiche e peculiarità, esclusivamente finalizzata ad un utilizzo dell’intera collettività.
Se alla luce dell’evoluzione del concetto di pubblica amministrazione, inteso non più meramente in senso formalistico ma funzionalistico, possono ottenere lo sgravio edilizio de quo non esclusivamente le amministrazioni formalmente previste e riconosciute come tali dalla legge, ma anche soggetti privati (imprenditori individuali, società per azioni) che esercitino un’attività pubblicisticamente rilevante, ponendosi in una condizione di longamanus della p.a., tuttavia, in forza della seconda peculiarità, è necessario anche focalizzare l’attenzione sull’opera, in funzione della quale il titolo edilizio viene chiesto e rilasciato.
Su quest’ultimo punto, l’orientamento della giurisprudenza, dal quale il Collegio non ritiene di potersi discostare nel caso di specie, interpreta restrittivamente le fattispecie di esenzione, richiedendo che l’opera, per la quale si chiede l’esenzione del pagamento degli oneri di urbanizzazione, sia, per le sue oggettive caratteristiche, esclusivamente finalizzata ad un utilizzo dell’intera collettività; ciò in quanto il pagamento degli oneri concessori, essendo finalizzato alla realizzazione delle opere di urbanizzazione necessarie al corretto assetto del territorio, ai sensi dell’art. 9 della Costituzione, costituisce un principio generale dell’ordinamento le cui eccezioni sono di stretta interpretazione.
Sulla base di tali principi, viene, quindi, affermata la non sufficienza di un nesso di mera strumentalità dell’opera a un interesse generale, richiedendosi l’esclusiva finalizzazione alla realizzazione dell’interesse generale.
---------------

L’appello è infondato.
L’art. 17 del D.P.R., 08.06.2001, n. 380, comma 3, lettera c), prevede l’esenzione del contributo per “gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici".
In base al dato testuale della norma e alla sua costante interpretazione giurisprudenziale, la esenzione esige il concorso di due presupposti, e cioè, uno oggettivo, l’ascrivibilità del manufatto oggetto di concessione edilizia alla categoria delle opere pubbliche o di interesse generale, e l’altro soggettivo, l’esecuzione delle opere da parte di enti istituzionalmente competenti, vale a dire da parte di soggetti cui sia demandata in via istituzionale la realizzazione di opere di interesse generale (ovvero da parte di privati concessionari dell’ente pubblico, purché le opere siano inerenti all’esercizio del rapporto concessorio) (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 20.11.2017, n. 5356; sez. V, 07.05.2013, n. 2467; sez. IV, 02.03.2011, n. 1332).
Pertanto, è necessario dimostrare che l’opera, per la quale si chiede l’esenzione del pagamento degli oneri urbanizzativi, sia, per le sue oggettive caratteristiche e peculiarità, esclusivamente finalizzata ad un utilizzo dell’intera collettività.
Se alla luce dell’evoluzione del concetto di pubblica amministrazione, inteso non più meramente in senso formalistico ma funzionalistico, possono ottenere lo sgravio edilizio de quo non esclusivamente le amministrazioni formalmente previste e riconosciute come tali dalla legge, ma anche soggetti privati (imprenditori individuali, società per azioni) che esercitino un’attività pubblicisticamente rilevante, ponendosi in una condizione di longamanus della p.a., tuttavia, in forza della seconda peculiarità, è necessario anche focalizzare l’attenzione sull’opera, in funzione della quale il titolo edilizio viene chiesto e rilasciato.
Su quest’ultimo punto, l’orientamento della giurisprudenza, dal quale il Collegio non ritiene di potersi discostare nel caso di specie, interpreta restrittivamente le fattispecie di esenzione, richiedendo che l’opera, per la quale si chiede l’esenzione del pagamento degli oneri di urbanizzazione, sia, per le sue oggettive caratteristiche, esclusivamente finalizzata ad un utilizzo dell’intera collettività; ciò in quanto il pagamento degli oneri concessori, essendo finalizzato alla realizzazione delle opere di urbanizzazione necessarie al corretto assetto del territorio, ai sensi dell’art. 9 della Costituzione, costituisce un principio generale dell’ordinamento le cui eccezioni sono di stretta interpretazione.
Sulla base di tali principi, viene, quindi, affermata la non sufficienza di un nesso di mera strumentalità dell’opera a un interesse generale, richiedendosi l’esclusiva finalizzazione alla realizzazione dell’interesse generale (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 06.06.2016, n. 2394; 07.07.2014, n. 3421) (Consiglio di Stato, Sez. II, sentenza 13.05.2019 n. 3054 - link a www.giustizia-amministrartiva.it).

anno 2018

EDILIZIA PRIVATA: E' onerosa la realizzazione di un edificio da destinare a servizi sanitari-diagnostici-specialistici nonché e farmacia.
L’art. 17, comma 3, lett. c), del d.P.R. 06.06.2001, n. 380 esclude la corresponsione del contributo di costruzione “per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici”, riproponendo in modo testuale la lettera f) dell’art. 9, comma 1, della legge 28.01.1977, n. 10.
Univoco orientamento giurisprudenziale subordina il riconoscimento della gratuità del permesso di costruire, ossia l’esenzione dal contributo, ad un duplice requisito oggettivo e soggettivo: la destinazione funzionale dell’opera e la sua realizzazione a cura di soggetti pubblici, sia essa diretta o indiretta, e quindi, in questa seconda ipotesi, “…qualora (come avviene nella concessione di opera pubblica e in altre analoghe figure organizzatorie) lo strumento contrattuale utilizzato consenta formalmente di imputare la realizzazione del bene direttamente all’ente per conto del quale il privato abbia operato…(e in definitiva)…se il privato abbia agito quale organo indiretto dell’amministrazione, come appunto nella concessione o nella delega”.
Ed ancora:
   - “…solo laddove l’opera non possa, neppure in astratto, avere una destinazione diversa da quella pubblica si potrà dunque configurare il presupposto per l’esonero dal pagamento del contributo di costruzione”;
   - nella prospettiva dell’evoluzione della nozione di pubblica amministrazione può ammettersi l’ampliamento del requisito soggettivo soltanto per “…soggetti privati (imprenditori individuali, società per azioni) che esercitino un’attività pubblicisticamente rilevante, ponendosi in una condizione di longa manus della p.a.”.
E’ quindi evidente, nel caso di specie, il difetto del requisito soggettivo che non potrebbe essere “recuperato” -secondo la pur suggestiva prospettazione dell’appellante- perché l’immobile sia destinato (in parte) a ospitare uno studio radiologico accreditato con il servizio sanitario nazionale e a servizi farmaceutici.
---------------
Risulta infondata anche la subordinata prospettazione in ordine all’esenzione ai sensi dell’art. 19 del d.P.R. n. 380/2001, poiché alla nozione di attività industriale deve annettersi un significato specifico e ristretto (nel senso che “Il beneficio dell'esonero dalla corresponsione del contributo concessorio afferente ai costi di costruzione ed urbanizzazione, previsto per gli immobili nei quali si svolge attività industriale dall'art. 19 t.u. dell'edilizia, approvato con d.P.R. 06.06.2001 n 380, concerne strettamente i fabbricati complementari ed asserviti alle esigenze proprie di un impianto industriale e non già quegli edifici che non sono di per sé destinati alla produzione di beni industriali, ovvero le opere edilizie comunque suscettibili di essere utilizzate al servizio di qualsiasi attività economica; è pertanto da escludere l'applicabilità del trattamento contributivo di favore a magazzini per deposito e commercio, ove non siano collegati ad altro stabile adibito all'attività produttiva”).
---------------

... per la riforma della sentenza 26.07.2016 n. 1502 del TAR per la Lombardia, Sede di Milano, Sezione 2^, resa tra le parti, con cui è stato rigettato il ricorso in primo grado n.r. 2138/2015 proposto per l’annullamento della determinazione dirigenziale dell’11.08.2015 recante richiesta di corresponsione della somma di € 282,566,09 a titolo di contributo di costruzione, nonché per l’accertamento del diritto all’esenzione dal contributo di costruzione e in subordine per la sua rideterminazione, con condanna alla restituzione delle somme eventualmente eccedenti quelle dovute
...
1.) La società Ed. S.r.l., proprietaria di un suolo in Seregno alla via ..., identificato in catasto a fg. 42 mappale 533, in zona urbanistica tipizzata a standard per servizi pubblici, ha conseguito il rilascio del permesso di costruire n. 137 del 28.12.2012 per la realizzazione di un edificio composto da due piani fuori terra e un piano interrato, della complessiva superficie di mq. 2.600 circa, da alienare in parte allo Studio Radiologico B. S.r.l. e in parte a A. S.p.A., rispettivamente per destinazione a servizi sanitari-diagnostici-specialistici e farmacia.
In funzione di tale destinazione ha altresì sottoscritto (insieme allo Studio Radiologico) un atto unilaterale d’obbligo relativo alla cessione o alla locazione dell’immobile esclusivamente a soggetti pubblici o privati accreditati con ASL o muniti di autorizzazione sanitaria, ai sensi dell’art. 13 N.T.A. del previgente P.R.G. comunale.
La società ha altresì provveduto al versamento delle somme richieste a titolo di contributo di costruzione, nella misura di € 156.965,20 (di cui € 62.148,76 per oneri urbanizzativi primari e secondari ed € 94.816,44 per costo di costruzione).
In seguito la società ha presentato una d.i.a. in variante per l’ampliamento della struttura pari a circa 739 mq. e ha stipulato un ulteriore atto unilaterale d’obbligo inteso a vincolarla alla destinazione a farmacia gestita dalla A. S.p.A.
...
5.) L’appello in epigrafe è destituito di fondamento giuridico e deve essere rigettato, con la conferma della sentenza gravata.
5.1) L’art. 17, comma 3, lett. c), del d.P.R. 06.06.2001, n. 380 esclude la corresponsione del contributo di costruzione “per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici”, riproponendo in modo testuale la lettera f) dell’art. 9, comma 1, della legge 28.01.1977, n. 10.
5.2) Univoco orientamento giurisprudenziale subordina il riconoscimento della gratuità del permesso di costruire, ossia l’esenzione dal contributo, ad un duplice requisito oggettivo e soggettivo: la destinazione funzionale dell’opera e la sua realizzazione a cura di soggetti pubblici, sia essa diretta o indiretta, e quindi, in questa seconda ipotesi, “…qualora (come avviene nella concessione di opera pubblica e in altre analoghe figure organizzatorie) lo strumento contrattuale utilizzato consenta formalmente di imputare la realizzazione del bene direttamente all’ente per conto del quale il privato abbia operato…(e in definitiva)…se il privato abbia agito quale organo indiretto dell’amministrazione, come appunto nella concessione o nella delega” (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 11.02.2016, n. 595; nello stesso senso ancora più di recente Sez. IV, 20.11.2017, n. 5356; nel senso che “…solo laddove l’opera non possa, neppure in astratto, avere una destinazione diversa da quella pubblica si potrà dunque configurare il presupposto per l’esonero dal pagamento del contributo di costruzione” vedi Sez. IV, 30.08.2016, n. 3721; nella prospettiva dell’evoluzione della nozione di pubblica amministrazione può ammettersi l’ampliamento del requisito soggettivo soltanto per “…soggetti privati (imprenditori individuali, società per azioni) che esercitino un’attività pubblicisticamente rilevante, ponendosi in una condizione di longa manus della p.a.”: Sez. IV, 06.06.2016, n. 2394).
5.3) E’ quindi evidente, nel caso di specie, il difetto del requisito soggettivo, come esattamente rilevato dal giudice amministrativo meneghino, che non potrebbe essere “recuperato” -secondo la pur suggestiva prospettazione dell’appellante- perché l’immobile sia destinato (in parte) a ospitare uno studio radiologico accreditato con il servizio sanitario nazionale e a servizi farmaceutici.
5.4) Peraltro nemmeno persuasiva è l’alternativa prospettazione secondo la quale l’immobile debba qualificarsi come opera urbanizzativa secondaria realizzata da soggetto privato.
La disposizione richiede, infatti, che si tratti di opere realizzate “in attuazione di strumenti urbanistici”, ossia che vi sia una previsione specifica e puntuale di un’opera di urbanizzazione la cui realizzazione sia consentita anche a privati.
In altri termini, deve rilevarsi la essenziale distinzione tra la conformità dell’opera alla destinazione di zona, e attuazione di destinazione, e quindi di previsione, specifica di piano.
Il Collegio ritiene decisivo il rilievo di tale distinzione, dalla quale discende che la semplice riconduzione all’astratta tipologia di opera d’urbanizzazione secondaria non può considerarsi sufficiente ai fini dell’esenzione del contributo.
Sotto tale aspetto non è casuale che l’art. 17, comma 3, lett. c), del d.P.R. n. 380/2001 ponga su un piano di equivalenza, ai fini dell’esonero dal contributo, “gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti”, e “le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici”.
L’equiparazione si giustifica proprio in funzione della circostanza che si tratta di specifiche opere urbanizzative individuate dallo strumento urbanistico, ancorché la loro realizzazione sia poi eseguita da privati, come accade ad esempio nel caso in cui nel quadro di una convenzione e a fronte di una iniziativa edificatoria il privato assuma l’onere di realizzare le specifiche opere urbanizzative previste in quella maglia.
5.5) Ineccepibile è altresì il rilievo del TAR per la Lombardia in ordine alla carente allegazione e prova della genericamente invocata erroneità del computo del contributo di costruzione, risultando che il Comune ha assunto a fondamento del calcolo il computo metrico predisposto dalla stessa interessata e non essendo contestato il medesimo in modo specifico e puntuale.
5.6) Da ultimo risulta infondata anche la subordinata prospettazione in ordine all’esenzione ai sensi dell’art. 19 del d.P.R. n. 380/2001, poiché alla nozione di attività industriale deve annettersi un significato specifico e ristretto (nel senso che “Il beneficio dell'esonero dalla corresponsione del contributo concessorio afferente ai costi di costruzione ed urbanizzazione, previsto per gli immobili nei quali si svolge attività industriale dall'art. 19 t.u. dell'edilizia, approvato con d.P.R. 06.06.2001 n 380, concerne strettamente i fabbricati complementari ed asserviti alle esigenze proprie di un impianto industriale e non già quegli edifici che non sono di per sé destinati alla produzione di beni industriali, ovvero le opere edilizie comunque suscettibili di essere utilizzate al servizio di qualsiasi attività economica; è pertanto da escludere l'applicabilità del trattamento contributivo di favore a magazzini per deposito e commercio, ove non siano collegati ad altro stabile adibito all'attività produttiva” (vedi per tutte Cons. Stato, Sez. V, 23.04.2014, n. 2044).
6.) In conclusione l’appello in epigrafe deve essere rigettato, con la conferma della sentenza gravata (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 17.10.2018 n. 5942 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Oneri per installazione di uno spazio attrezzato per una struttura teatrale.
Premesso che la deroga alla onerosità della concessione edilizia (ora permesso di costruire) ricorre nelle sole ipotesi tassativamente indicate dalla legge, per l’inveramento della fattispecie di gratuità di cui alla richiamata lett. f) dell’art. 9 della legge n. 10 del 1977 è necessaria la contestuale presenza di due requisiti: uno soggettivo, per effetto del quale le opere devono essere eseguite da un ente istituzionalmente competenze; l’altro di carattere oggettivo, per effetto del quale la costruzione deve riguardare opere pubbliche o di interesse generale.
---------------

1. La Cooperativa ricorrente, odierna appellante, ha agito in giudizio per l’accertamento del diritto all’esenzione dal pagamento del costo di costruzione e degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria richiesti dal Comune di Bitritto con nota del 12.03.1993.
Gli elementi di fatto, come essenzialmente già contenuti nella pronuncia di primo grado, possono essere così sintetizzati:
   - il Comune di Bitritto, con delibera consiliare n. 99 del 1985, ha approvato il progetto per la realizzazione di uno spazio attrezzato per Teatro Tenda, provvedendo successivamente alla sistemazione e recinzione dell’area interessata, con ultimazione dei lavori alla data del 30.05.1987;
   - con successiva delibera consiliare n. 165 del 1987 ha affidato in concessione detta area alla Cooperativa S.C.A.L.S., con la quale, in data 16.06.1988, ha stipulato apposita convenzione;
   - con istanza del 26.01.1989, la Cooperativa, dovendo completare i lavori sull’area attrezzata per l’installazione del teatro tenda, ha chiesto, ai sensi dell’art. 12 della convenzione, l’autorizzazione per l’esecuzione di alcuni lavori e tali lavori sono stati autorizzati con provvedimento sindacale dell’11.02.1989;
   - il Comando di Polizia Municipale di Bitritto, con nota del 07.12.1992, ha rilevato l’abusiva realizzazione del teatro tenda con copertura con telone in PVC nonché di sei prefabbricati e di un corpo di fabbrica con muratura perimetrale in tufo e copertura con lamiere zincate;
   - l’amministrazione comunale, con atto del 01.02.1983, ha ordinato l’immediata sospensione dei lavori abusivamente eseguiti dalla Cooperativa;
   - in data 04.02.1993, l’odierna appellante ha proposto istanza di sanatoria anche per tali opere, sulla quale è intervenuto favorevole parere della C.E.;
   - il Comune di Bitritto, con atto del 12.03.1993, ha richiesto il pagamento di costi e oneri relativi alle opere eseguite.
Il TAR Puglia, Sede di Bari, Seconda Sezione, con sentenza n. 1729 del 2012, ha respinto il ricorso.
La Cooperativa SCALS ha proposto appello avverso la detta sentenza, articolando i seguenti motivi di impugnativa: ...
...
3. L’appello è infondato e va di conseguenza respinto.
Con convenzione stipulata in data 16.06.2018, il Comune di Bitritto ha affidato in concessione alla Cooperativa S.C.A.L.S. l’area attrezzata per teatro tenda per consentire alla detta Cooperativa di insediarvi una struttura teatrale, comprendente anche eventuali attrezzature accessorie. Il diritto di concessione, ai sensi dell’art. 8, comma 2, della convenzione è esteso oltre che all’area attrezzata, anche al mantenimento e godimento della predetta struttura nei limiti e con le modifiche indicate nella stessa convenzione.
La concessione, pertanto, ha ad oggetto l’area attrezzata nonché il mantenimento ed il godimento della struttura, ma non l’esercizio dell’attività teatrale, con la conseguenza che per la realizzazione del teatro è necessaria la concessione edilizia, onerosa per legge; onerosità, peraltro, non esclusa da alcuna clausola convenzionale.
Pertanto, non sussiste alcun motivo per escludere l’assoggettamento della realizzazione del Teatro Tenda dagli oneri di costruzione e di urbanizzazione primaria e secondaria da parte del costruttore, a prescindere dal soggetto che sarebbe rimasto in futuro proprietario delle strutture fisse.
L’art. 12 della convenzione, d’altra parte, autorizza la Cooperativa ad effettuare tutte le modifiche necessarie sull’area attrezzata del Comune per il montaggio ed il funzionamento della struttura teatrale, previo riscontro e nulla osta da parte dell’Ufficio Comunale.
Di talché, come condivisibilmente statuito nella pronuncia di primo grado, la clausola “si riferisce esclusivamente alle modifiche necessarie da effettuarsi sull’area attrezzata del Comune per il montaggio ed il funzionamento della struttura teatrale, opere meramente prodromiche e di modeste entità (così come del resto individuate dalla stessa ricorrente nella originaria istanza del 26.01.1989), non anche invece alle opere di costruzione del Teatro Tenda e di tutti gli altri manufatti edilizi realizzati in assenza di titolo, che integrano opere e lavori del tutto estranei a quelli relativi alla sistemazione e predisposizione dell’area”.
Né è possibile ritenere che la fattispecie rientri nell’ambito dell’art. 9, lett. f), della l. n. 10 del 1977, ratione temporis vigente, secondo cui il contributo di concessione non è dovuto “per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici”.
Infatti, premesso che la deroga alla onerosità della concessione edilizia (ora permesso di costruire) ricorre nelle sole ipotesi tassativamente indicate dalla legge, per l’inveramento della fattispecie di gratuità di cui alla richiamata lett. f) dell’art. 9 della legge n. 10 del 1977 è necessaria la contestuale presenza di due requisiti: uno soggettivo, per effetto del quale le opere devono essere eseguite da un ente istituzionalmente competenze; l’altro di carattere oggettivo, per effetto del quale la costruzione deve riguardare opere pubbliche o di interesse generale (ex multis: Cons. Stato, V, 07.05.2013, n. 2467; Cons. Stato, IV, 02.03.2011, n. 1332),
Nel caso di specie, difettano entrambi i requisiti atteso che la struttura è stata realizzata da un soggetto privato per la gestione in via autonoma (cfr. art. 4 della convenzione) a fini verosimilmente di lucro (cfr. anche art. 8 della convenzione sui proventi, riservati alla Cooperativa, rivenienti dall’affitto di spazi pubblicitari a terzi) e, quindi, per fini privati.
Va da sé, inoltre, che nella presente delibazione non può assumere rilievo la circostanza che il suolo è demaniale e risulta trasformato e urbanizzato dallo stesso Comune e ciò in quanto gli oneri in discorso sono posti a carico del costruttore a titolo di partecipazione ai costi delle opere di urbanizzazione in proporzione all’insieme dei benefici che la nuova costruzione ne ritrae.
La censura sull’incompetenza dell’Assessore ai Lavori Pubblici di Bitritto, il quale non sarebbe mai stato delegato al compimento di atti di determinazione del contributo de quo, infine, non può trovare ingresso nel presente giudizio nel quale, come detto, si controverte sull’accertamento del diritto della Cooperativa ad essere esentata dagli oneri concessori e non sulla determinazione del quantum degli stessi oneri ed in cui, quindi, la nota del 12.03.2013, si presenta ininfluente.
Ad ogni buon conto, occorre rilevare che il Sindaco pro tempore del Comune di Bitritto, in data 11.01.1991, aveva delegato all’Assessore il ramo dei servizi lavori pubblici, edilizia privata ed urbanistica, nel quale rientra la determinazione degli oneri di costruzione ed urbanizzazione (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 14.02.2018 n. 945 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2017

EDILIZIA PRIVATA: Perché possa ricorrere l’ipotesi di esenzione del contributo di costruzione di cui all’art. 17 DPR 380/2001, occorre che gli interventi da realizzare costituiscano attuazione di norme o di provvedimenti amministrativi che espressamente li prevedono (e non siano invece effetto di una scelta volontaria del soggetto, sia pure in conseguenza di provvedimenti emanati), e che siano stati adottati a seguito di eventi eccezionali, dannosi o pericolosi per la collettività, tali da richiedere l’esercizio di poteri straordinari.
---------------

4. Nel merito, il Collegio ritiene opportuno rilevare –anche al fine di meglio circoscrivere le ragioni per le quali l’appello deve essere accolto- che sia il motivo con il quale si censura la sentenza impugnata per non aver considerato applicabili, nel caso di specie, gli artt. 16, co. 1, e 17, co. 3, DPR n. 380/2001, recante quest’ultimo (lett. d) l’esenzione per la ricostruzione a seguito di “pubbliche calamità” (motivo sub lett. a) dell’esposizione in fatto), sia il motivo con il quale si censura la sentenza per non aver ricondotto le opere alla manutenzione straordinaria, anziché alla ristrutturazione edilizia (sub lett. b1) dell’esposizione in fatto), sono infondati e devono essere, pertanto, respinti.
4.1. Quanto al primo, occorre premettere che il permesso di costruire è provvedimento naturalmente oneroso (da ultimo, Corte Cost., 03.11.2016 n. 231), di modo che le norme di esenzione devono essere interpretate come “eccezioni” ad una regola generale (e da considerarsi, quindi, di stretta interpretazione), non essendo consentito alla stessa potestà legislativa concorrente di ampliare le ipotesi al di là delle indicazioni della legislazione statale, da ritenersi quali principi fondamentali in tema di governo del territorio (Corte Cost., n. 231/2016 cit.).
L’art. 17, co. 3, lett. d), DPR n. 380/2001 prevede la esenzione dal contributo di costruzione “per gli interventi da realizzare in attuazione di norme o di provvedimenti emanati a seguito di pubbliche calamità”.
Si tratta di due distinte ipotesi, ambedue sorrette dal presupposto della “pubblica calamità”. Quest’ultima deve essere intesa come un evento imprevisto e dannoso che, per caratteristiche, estensione, potenzialità offensiva sia tale da colpire e/o mettere in pericolo non solo una o più persone o beni determinati, bensì una intera ed indistinta collettività di persone ed una pluralità non definibile di beni, pubblici o privati.
Ciò che caratterizza, dunque, il carattere “pubblico” della calamità e la differenzia da altri eventi dannosi, pur gravi, è la riferibilità dell’evento (in termini di danno e di pericolo) a una comunità, ovvero ad una pluralità non definibile di persone e cose, laddove, negli altri casi, l’evento colpisce (ed è dunque circoscritto) a singoli, specifici soggetti o beni e, come tale, è affrontabile con ordinarie misure di intervento.
Se, dunque –come sostenuto dall’appellante– l’evento deve caratterizzarsi per straordinarietà, imprevedibilità e una portata tale da essere “anche solo potenzialmente pericoloso per la collettività”, ciò non è, tuttavia, sufficiente a qualificarlo quale “calamità pubblica”, posto che deve comunque trattarsi di un evento non afferente a beni determinati e non affrontabile e risolvibile con ordinari strumenti di intervento, sia sul piano concreto che su quello degli atti amministrativi.
In senso riconducibile al concetto ora espresso, gli artt. 2, co. 1, lett. c) e 5 l. 24.02.1992 n. 225, prevedono il conferimento di poteri straordinari di ordinanza per il caso di “calamità naturali” (e, come tali, “pubbliche”), e l’art. 54 DPR 08.08.2000 n. 267, conferisce al Sindaco, quale Ufficiale di Governo, il potere (delegabile nei limiti previsti dal medesimo articolo) di emanare ordinanze contingibili ed urgenti “al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana”; potere di ordinanza che va tenuto distinto da quello, di carattere “ordinario” e riferito al Sindaco quale rappresentante della comunità locale, previsto dall’art. 50 del medesimo Testo Unico degli Enti locali.
In conclusione, perché possa ricorrere l’ipotesi di esenzione di cui all’art. 17 cit., occorre che gli interventi da realizzare costituiscano attuazione di norme o di provvedimenti amministrativi che espressamente li prevedono (e non siano invece effetto di una scelta volontaria del soggetto, sia pure in conseguenza di provvedimenti emanati), e che siano stati adottati a seguito di eventi eccezionali, dannosi o pericolosi per la collettività, tali da richiedere l’esercizio di poteri straordinari.
Nel caso di specie, l’incendio che ha colpito l’immobile della società ricorrente, se pur grave e tale da poter divenire fonte di pericolo per la collettività, ove non tempestivamente circoscritto, tuttavia si caratterizza quale evento che ha colpito beni specifici e che, per dimensioni, caratteristiche ed intensità, è stato tale da non richiedere particolari interventi di contrasto o esercizio di poteri straordinari.
Ne consegue, quindi, la inapplicabilità dell’esenzione di cui all’art. 17, co. 3, lett. d), DPR n. 380/2001 (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 30.05.2017 n. 2567 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: I lavori di adeguamento su struttura socio-riabilitativa per portatori di disabilità, da parte di una IPAB, rientrano per definizione all’interno delle “… opere pubbliche o di interesse generale”, di cui all'art. 17, co. 3, lett. c) TUE. Trattasi infatti di struttura volta alla cura di persone con gravi disabilità, e mirante ad assicurare loro assistenza continuativa, anche dopo la morte dei relativi familiari.
Sicché, la fattispecie è esente dal versamento del contributo di costruzione ai sensi dell’art. 17, co. 3, lett. c), TUE. Invero, il contributo di costruzione, non è dovuto: “… per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici” ove “Per integrare la fattispecie normativa, è necessario il concorso di due requisiti, l'uno di carattere oggettivo e l'altro di carattere soggettivo. Per effetto del primo, la costruzione deve riguardare opere pubbliche o di interesse generale; per effetto del secondo, le opere devono essere eseguite da un ente istituzionalmente competente. La ratio della norma è innanzitutto quella di agevolare l'esecuzione di opere destinate al soddisfacimento di interessi pubblici o dalle quali la collettività possa comunque trarre una utilità. Il legislatore ha, quindi, inteso evitare l'imposizione di oneri concessori al soggetto che interviene per l'istituzionale attuazione del pubblico interesse; imposizione che sarebbe altrimenti intimamente contraddittoria, poiché verrebbe a gravare, sia pure indirettamente, sulla stessa comunità che dovrebbe avvantaggiarsi dal loro pagamento. In tale prospettiva, è stato chiarito dalla giurisprudenza -con riferimento al requisito soggettivo- che per “enti istituzionalmente competenti" debbano intendersi i soggetti pubblici, ovvero anche i soggetti privati, purché l'opera sia realizzata per conto di un ente pubblico”.

---------------
1. La ricorrente –iscritta nell’elenco delle IPAB operanti all’interno della Regione– ha ottenuto permesso di costruire al fine di eseguire lavori di adeguamento del proprio immobile a struttura socio-riabilitativa, versando il relativo contributo concessorio.
Avvedutasi della possibilità di fruire dell’esenzione stabilita dall’art. 17, co. 3, lett. c), d.P.R. n. 380/2001 (TUE), essa ha diffidato il Comune di Castro a trasformare il permesso di costruire da oneroso in gratuito, restituendo conseguentemente le somme indebitamente percepite dall’ente a titolo di oneri concessori.
Tale diffida è stata formalmente disattesa dal Comune con nota prot. n. 7141/15.
Avverso tale nota, e ai relativi provvedimenti presupposti, la ricorrente è insorta, deducendone l’illegittimità sulla base dei seguenti motivi di gravame: violazione dell’art. 17, co. 3, lett. c), d.P.R. n. 380/2001; eccesso di potere per errore.
All’udienza del 19.04.2017 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
...
4. Nel merito, con i vari motivi di gravame, deduce la ricorrente la violazione, ad opera del Comune, della previsione di cui all’art. 17, co. 3, lett. c), TUE, avuto riguardo sia alla sua soggettività di diritto pubblico, sia alla natura di interesse generale delle opere realizzate dalla ricorrente.
Gli assunti sono fondati.
4.2. Ai sensi dell’art. 17, co. 3, lett. c), TUE, il contributo di costruzione, non è dovuto: “… per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici”.
Così individuata la previsione normativa di riferimento, occorre ora indagarne la portata.
4.3. Sul punto, osserva il Collegio che, per condivisa giurisprudenza amministrativa, “Per integrare la fattispecie normativa, è necessario il concorso di due requisiti, l'uno di carattere oggettivo e l'altro di carattere soggettivo. Per effetto del primo, la costruzione deve riguardare opere pubbliche o di interesse generale; per effetto del secondo, le opere devono essere eseguite da un ente istituzionalmente competente. La ratio della norma è innanzitutto quella di agevolare l'esecuzione di opere destinate al soddisfacimento di interessi pubblici o dalle quali la collettività possa comunque trarre una utilità. Il legislatore ha, quindi, inteso evitare l'imposizione di oneri concessori al soggetto che interviene per l'istituzionale attuazione del pubblico interesse; imposizione che sarebbe altrimenti intimamente contraddittoria, poiché verrebbe a gravare, sia pure indirettamente, sulla stessa comunità che dovrebbe avvantaggiarsi dal loro pagamento. In tale prospettiva, è stato chiarito dalla giurisprudenza -con riferimento al requisito soggettivo- che per “enti istituzionalmente competenti" debbano intendersi i soggetti pubblici, ovvero anche i soggetti privati, purché l'opera sia realizzata per conto di un ente pubblico” (TAR Lombardia, II, 03.11.2016, n. 2011. Cfr. altresì la copiosa giurisprudenza ivi citata).
5. Ciò premesso, e venendo ora al caso in esame, rileva il Collegio che, per quel che attiene al requisito soggettivo, già la denominazione giuridica della ricorrente –i.e: Istituzione pubblica di assistenza e beneficenza (IPAB)– ne tradisce la sua natura pubblicistica, peraltro assai risalente nel tempo, essendo le IPAB originariamente disciplinate dalla legge 17.07.1890, n. 6972.
Inoltre, ai sensi dell’art. 1 d.lgs. n. 207/2001, si è previsto “il riordino delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza”, la qual cosa costituisce ulteriore indice della sua natura pubblicistica.
La natura pubblicistica della ricorrente è poi confermata dalla L.R. n. 15/2004, la quale in coerenza con la citata normativa statale ha dettato previsioni per il riordino delle IPAB già esistenti in ambito regionale, tra le quali risulta inclusa la ricorrente –il cui statuto è stato approvato in data 10.07.1923 (cfr. doc. n. 11 del fascicolo di parte ricorrente)– come da nota Regione Puglia n. 635/2013 (cfr. n. 35 del relativo Allegato contenente indicazione di tutte le IPAB regionali – Doc. n. 15).
Da ultimo, vi è in atti nota n. 32 del 18.02.2010 con la quale la Regione, visto il piano di risanamento elaborato dalla ricorrente, ha autorizzato quest’ultima a conservare la soggettività giuridica pubblica in atto, nelle more della sua trasformazione in Azienda pubblica di servizi alla persona (ASP), ai sensi del d.lgs. n. 207/2001.
Alla luce di tali elementi, è evidente la natura pubblicistica della ricorrente, e l’assenza del fine di lucro della stessa, sicché deve senz’altro ritenersi integrato il requisito soggettivo richiesto dalla cennata previsione di cui all’art. 1,7 co. 3, lett. c) TUE.
6. Per quel che attiene al requisito oggettivo, peraltro mai contestato dal Comune, rileva il Collegio che l’opera realizzata dalla ricorrente –realizzazione di una struttura socio-riabilitativa per portatori di disabilità– rientra per definizione all’interno delle “… opere pubbliche o di interesse generale”, di cui al cennato art. 17, co. 3, lett. c) TUE. Trattasi infatti di struttura volta alla cura di persone con gravi disabilità, e mirante ad assicurare loro assistenza continuativa, anche dopo la morte dei relativi familiari.
7. Per tali ragioni, reputa il Collegio la sussistenza di entrambi i requisiti normativamente previsti ai fini dell’esenzione del contributo in esame.
Ne consegue, in accoglimento del ricorso, la condanna del Comune di Castro alla restituzione, in favore della ricorrente, di tutte le somme versate da quest’ultima al Comune a titolo di oneri concessori relativi al p.d.c. 18.12.2012, n. 7274.
Trattandosi di indebito oggettivo, e in assenza di indici di mala fede da parte del Comune, il relativo importo andrà maggiorato di rivalutazione monetaria e interessi legali sulla somma via via rivalutata, dal 09.02.2016 –data di notifica del presente ricorso, e dies a quo di decorrenza della mora (art. 2033 c.c.)– al soddisfo (TAR Puglia-Lecce, Sez. I, sentenza 04.05.2017 n. 671 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAL’art. 9, lett. g), legge n. 10 del 1977 ha previsto la gratuità della concessione edilizia limitatamente alle opere realizzate in attuazione di norme o di provvedimenti emanati a seguito di pubbliche calamità e così l’art. 56, comma 6, legge n. 219 del 1981, che con specifico riferimento al terremoto del novembre 1980, ha disposto che per le opere eseguite in dipendenza del sisma nei Comuni di cui all’art. 1 non si applicano le disposizioni previste dall’art. 3 legge n. 10 del 1977.
Dette disposizioni, costituendo eccezione alla regola generale della onerosità della concessione edilizia, sono di stretta e rigorosa interpretazione e l’inciso secondo cui l’esenzione è applicabile per le opere eseguite “in dipendenza del sisma” evidenzia la necessità di un nesso causale rigoroso ed esclusivo, nel senso che le opere da realizzarsi devono trovare giustificazione nell’azione rovinosa del terremoto.
---------------
Le opere esenti dal contributo previsto dal citato art. 3 della legge n. 10/1977 sono soltanto quelle di riparazione o ricostruzione di preesistenti superfici danneggiate o distrutte dal terremoto e non anche quelle relative a nuovi interventi che non si siano resi necessari per conseguire l’adeguamento abitativo.
---------------

3. Con il secondo motivo di censura l’appellante lamenta, nel merito, la violazione dell’art. 9 della legge n. 122/1989 e dell’art. 3 e segg. della legge n. 10/1977.
Il Comune sostiene che il TAR avrebbe errato nel ritenere che l’Ente non avrebbe correttamente determinato gli oneri urbanistici, escludendo dal computo, a termini della legge n. 122/1989, il secondo piano interrato destinato a parcheggi pertinenziali delle unità abitative.
3b. Al riguardo, giova premettere che nell’originario ricorso il sig. Vi.Sa. sosteneva che essendo la ricostruzione avvenuta a seguito del sisma, alle opere realizzate, ai sensi dell’art. 56 della legge n. 219/1981 (ora art. 49 T.U. n. 76/1990) non si dovevano applicare le disposizioni di cui all’art. 3 della legge n. 10/1977 quanto ai costi di costruzione, ivi compresa la parte eccedente la mera ricostruzione, assentita in relazione al piano di recupero adottato dal Comune ai sensi dell’art. 28 della stessa legge n. 219/1981.
Tale pretesa, però, è stata correttamente disattesa dal TAR, nel presupposto che l’art. 9, lett. g), legge n. 10 del 1977 ha previsto la gratuità della concessione edilizia limitatamente alle opere realizzate in attuazione di norme o di provvedimenti emanati a seguito di pubbliche calamità e così l’art. 56, comma 6, legge n. 219 del 1981, che con specifico riferimento al terremoto del novembre 1980, ha disposto che per le opere eseguite in dipendenza del sisma nei Comuni di cui all’art. 1 non si applicano le disposizioni previste dall’art. 3 legge n. 10 del 1977.
Dette disposizioni, costituendo eccezione alla regola generale della onerosità della concessione edilizia, sono di stretta e rigorosa interpretazione e l’inciso secondo cui l’esenzione è applicabile per le opere eseguite “in dipendenza del sisma” evidenzia la necessità di un nesso causale rigoroso ed esclusivo, nel senso che le opere da realizzarsi devono trovare giustificazione nell’azione rovinosa del terremoto.
L’art. 49, comma 6, del d.lgs. 30.03.1990, n. 76, ha ribadito, poi, che non sono dovuti i contributi per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione per le opere eseguite in dipendenza degli eventi sismici del 1980/1981 (anche a norma dell’art. 9, lett. g), della legge n. 10 del 1977), anche quando la ristrutturazione o ricostruzione dell’edificio comporti la modifica strutturale dello stesso, ma nel dovuto rispetto del piano di recupero approvato in dipendenza del sisma e se tale modifica sia in toto ricollegabile alla calamità naturale.
Nel caso in trattazione, invece, l’immobile del quale è stata chiesta la ricostruzione, seppure danneggiato dal sisma, è stato edificato con volumi maggiori di quello demolito, con un intervento non ricollegabile pienamente alla calamità naturale e il comma 2 dell’art. 48 del d.lgs. 30.03.1990, n. 76, dispone che “sono esclusi dai benefici previsti dal presente testo unico gli immobili, quand’anche inclusi nei piani di recupero, la cui ristrutturazione o ricostruzione, in tutto o in parte, non sia ricollegabile con l’evento sismico”.
Come evidenziato dal TAR è da condividere, allora, che le opere esenti dal contributo previsto dal citato art. 3 della legge n. 10/1977 sono soltanto quelle di riparazione o ricostruzione di preesistenti superfici danneggiate o distrutte dal terremoto e non anche quelle relative a nuovi interventi che non si siano resi necessari per conseguire l’adeguamento abitativo (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 02.02.2017 n. 450 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2016

EDILIZIA PRIVATALa questione concernente la determinazione dell’an e del quantum del contributo di costruzione comporta l’esplicazione, da parte dell’Amministrazione, di un’attività priva di profili di discrezionalità e attinente a posizioni giuridiche di diritto soggettivo.
Conseguentemente, sono radicalmente inconfigurabili i vizi di difetto di istruttoria e di motivazione.
E ciò in quanto le operazioni di corretta quantificazione della misura del contributo “si esauriscono in una mera operazione materiale che, se errata, può comportare soltanto la violazione dei criteri fissati dalla normativa ovvero dall'amministrazione con norme di natura regolamentare e, quindi, la sussistenza del solo vizio di violazione di legge, potendo l'interessato, sulla base dei predetti criteri generali, contestare l'erroneità della quantificazione operata dall'amministrazione, evidenziando ad esempio l'erroneità dei calcoli ovvero dei presupposti di fatto o di diritto”.
---------------
Nell’ordinamento giuridico vige la regola generale dell’onerosità del permesso di costruire.
Si tratta di un principio introdotto dall’articolo 1 della legge 28.01.1977, n. 10 –in base al quale “Ogni attività comportante trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio comunale partecipa agli oneri ad essa relativi (...)”– e oggi sancito dall’articolo 11, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001, ove si conferma l’onerosità del permesso.
A fronte di tale regime generale, la disciplina primaria stabilisce una serie di ipotesi, indicate all’articolo 17 del d.P.R. n. 380 del 2001, di riduzione o di esonero dal contributo di costruzione. Tali ultime previsioni normative –secondo gli orientamenti espressi dalla giurisprudenza– sono tuttavia da ritenere “tassative e di stretta interpretazione”, proprio in quanto “derogatorie rispetto alla regola della normale onerosità del permesso” e, inoltre, perché qualificabili come esenzioni tributarie, come tali costituenti eccezioni al principio costituzionale di capacità contributiva.
Poste tali considerazioni, deve rilevarsi che –come sopra detto– l’articolo 17, comma 3, lett. c) del d.P.R. n. 380 del 2001, invocato dalla ricorrente, contempla anzitutto, quali trasformazioni edificatorie esonerate dal contributo di costruzione, “gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti”.
Al riguardo, la giurisprudenza ha chiarito che, per integrare la fattispecie normativa, è necessario il concorso di due requisiti, l’uno di carattere oggettivo e l’altro di carattere soggettivo.
Per effetto del primo, la costruzione deve riguardare opere pubbliche o di interesse generale; per effetto del secondo, le opere devono essere eseguite da un ente istituzionalmente competente.
La ratio della norma è anzitutto quella di agevolare l'esecuzione di opere destinate al soddisfacimento di interessi pubblici o dalle quali la collettività possa comunque trarre una utilità. Il legislatore ha quindi inteso evitare “l'imposizione degli oneri concessori al soggetto che interviene per l'istituzionale attuazione del pubblico interesse”; imposizione che “sarebbe altrimenti intimamente contraddittoria, poiché verrebbe a gravare, sia pure indirettamente, sulla stessa comunità che dovrebbe avvantaggiarsi dal loro pagamento”.
In tale prospettiva, la giurisprudenza ha altresì chiarito –con riferimento al requisito soggettivo– che per “enti istituzionalmente competenti” debbano intendersi i soggetti pubblici, ovvero anche i soggetti privati, purché l’opera sia realizzata per conto di un ente pubblico.
In particolare, con riferimento a questa seconda ipotesi, “l’esenzione spetta soltanto qualora (come avviene nella concessione di opera pubblica e in altre analoghe figure organizzatorie) lo strumento contrattuale utilizzato consenta formalmente di imputare la realizzazione del bene direttamente all’ente per conto del quale il privato abbia operato. In altri termini, l’esenzione spetta solo se il privato abbia agito quale organo indiretto dell’amministrazione, come appunto nella concessione o nella delega”.
E l’esattezza della soluzione in base alla quale si richiede che l’opera sia realizzata direttamente da enti pubblici ovvero da soggetti che agiscono per conto di enti pubblici è confermata non soltanto “dall'endiadi: "opere pubbliche o di interesse generale", che rinvia ad una figura soggettiva pubblica, ma dal fatto che nella sola seconda parte della proposizione normativa, concernente le opere di urbanizzazione, la disposizione reca la specifica indicazione: "eseguite anche da privati". Ne esce quindi caricata di ulteriore valore semantico la locuzione: "enti istituzionalmente competenti", che non può riferirsi che ad enti pubblici o a soggetti che agiscono per conto degli stessi”.
---------------
E’ indubitabile che l’intervento di ristrutturazione dell’Istituto di ricovero e cura costituisca un’opera di interesse generale. Non può, invece, ritenersi che l’Associazione ricorrente sia qualificabile quale “ente istituzionalmente competente”.
Si tratta, infatti, di un soggetto che non ha natura pubblica e che non ha agito per conto di una pubblica amministrazione. E la mera circostanza che l’Istituto operi in regime di accreditamento con il servizio sanitario nazionale non comporta, di per sé, l’esistenza di un rapporto organizzatorio con la pubblica amministrazione, tale da determinare la riferibilità dell’opera realizzata a un ente pubblico.
Sotto altro profilo, il Collegio ritiene altresì non dirimente, al fine di qualificare l’Associazione come “ente istituzionalmente competente”, la circostanza che si tratti di un soggetto privo di finalità lucrative.
L’assenza di scopo di lucro è, infatti, una circostanza che attiene unicamente alla funzionalità interna della persona giuridica, la quale non potrà redistribuire gli eventuali utili derivanti dall’attività svolta. Si tratta, tuttavia, di un elemento che, in sé considerato, non è sufficiente a determinare la riferibilità dell’opera a un ente pubblico, che è quanto richiesto dalla norma al fine di rendere operativa l’esenzione.
Tale conclusione trova conferma anche nella giurisprudenza del Consiglio di Stato, la quale ha evidenziato che la natura di ONLUS del soggetto che realizza l’intervento non soddisfa il prescritto requisito soggettivo, laddove –come avviene anche nel caso oggetto del presente giudizio– le opere sono destinate a rimanere nella disponibilità del privato, e non sono vincolate neppure a vedere conservata nel tempo la loro funzione.
---------------
Deve rilevarsi che la disposizione ex art. 17, comma 3, lett. c), del d.P.R. n. 380/2001 richiede, ai fini dell’esenzione dal versamento del contributo di costruzione, non soltanto che si sia in presenza di un’opera di urbanizzazione, ma che questa sia altresì realizzata in attuazione di strumenti urbanistici.
Nel caso oggetto del presente giudizio, l’Istituto di ricovero e cura gestito dalla ricorrente è bensì astrattamente riconducibile nel novero delle opere di urbanizzazione secondaria –ai sensi dell’articolo 16, comma 8, del d.P.R. n. 380 del 2001– in quanto rientrante tra le “attrezzature sanitarie”, ma non è stato realizzato in attuazione dello strumento urbanistico.
Invero, risulta agli atti del giudizio che l’opera ricade in Zona F2, destinata a ospitare “Servizi tecnologici e di interesse generale” e disciplinata dall’articolo 53 delle NTA del Piano delle Regole; zona ove sono localizzate “attrezzature pubbliche e/o private con funzioni di interesse generale”.
Al riguardo, la difesa comunale ha ben evidenziato che gli spazi per attrezzature pubbliche e collettive prescritti dall’articolo 9 della legge regionale n. 12 del 2005 sono classificati dallo strumento urbanistico non quale Zona F2, ma come “ZONA F1 (aree di servizi di uso pubblico e interesse comune)”, soggetta alla disciplina dell’articolo 52 delle NTA del Piano delle Regole. Solo tali spazi sono, quindi, specificamente destinati a standard urbanistici.
Al contrario, le aree classificate come Zona F2 non sono state prese in considerazione dallo strumento urbanistico al fine della verifica della dotazione di aree di uso pubblico a servizio di insediamenti residenziali e non danno luogo a standard urbanistici. Si tratta, infatti, di aree che comprendono compendi immobiliari aventi varia destinazione («Ambiti per servizi tecnologici», «Complesso socio-assistenziale, sanitario, ospedaliero “La Nostra Famiglia”», «Crossodromo Bodrone», «Villa Mira»), tutti caratterizzati dal soddisfacimento di finalità di interesse generale, ma non costituenti opere che il Comune ha reputato necessarie al fine dell’urbanizzazione dell’ambito entro il quale ricadono, tanto da non averle prese in considerazione ai fini del calcolo della relativa dotazione di standard.
Si tratta, in altri termini, di compendi immobiliari rispetto ai quali lo strumento urbanistico ha sostanzialmente operato una ricognizione, qualificandoli come attrezzature con funzioni di interesse generale, ma non quali opere indispensabili per assicurare i servizi necessari alla comunità insediata.
Da ciò derivano due considerazioni.
Sotto un primo profilo, poiché l’intervento oggetto del presente giudizio non è posto a servizio dell’urbanizzazione del territorio comunale, o di una porzione di questo, esso non dà luogo a un’opera di urbanizzazione, pur rientrando nelle categorie astrattamente indicate all’articolo 16, comma 8, del d.P.R. n. 380 del 2001.
E invero, perché un’opera sia qualificabile come opera di urbanizzazione secondaria è necessario che essa sia direttamente funzionale a un ben preciso insediamento urbano. E ciò in considerazione della circostanza che “le opere di urbanizzazione secondaria hanno tendenzialmente una dimensione comunale o infra-comunale, in quanto finalizzate a migliorare il grado di fruibilità di uno specifico e circoscritto insediamento urbano mediante la creazione da parte dell’ente locale di determinate strutture di supporto per servizi fruibili da quella comunità”.
Conseguentemente, un centro ospedaliero contemplato dallo strumento urbanistico quale attrezzatura con funzioni di interesse generale, ma non previsto quale dotazione di standard a servizio di un ambito territoriale, di per sé non è qualificabile come opera di urbanizzazione secondaria.
Sotto altro, concorrente, profilo, la circostanza che –come detto– il Piano di Governo del Territorio si sia limitato a riconoscere la presenza sul territorio e l’interesse generale di una congerie assai diversificata di opere esistenti, indicandole con una medesima classificazione, senza però prenderle in considerazione quali dotazioni di servizi necessarie alla collettività, implica che tali opere debbano bensì reputarsi conformi allo strumento urbanistico, ma non attuative delle relative previsioni. Si tratta infatti di opere che non devono, ma possono essere presenti sul territorio comunale, per cui, laddove le attività che in esse si svolgono dovessero essere dismesse dai privati, non insorgerebbe l’obbligo per l’Amministrazione di assicurare in altro modo la soddisfazione delle dotazioni di servizi in favore della comunità insediata.
La validità della predetta distinzione tra opere meramente conformi, o specificamente attuative, del piano è stata, del resto, anche di recente ribadita dalla giurisprudenza, la quale ha esplicitamente affermato che la semplice riconduzione all’astratta tipologia di opera di urbanizzazione secondaria non può considerarsi sufficiente ai fini dell’esenzione del contributo, essendo necessario altresì che l’intervento sia attuativo di una specifica previsione di piano.
E, in questo senso, non può ritenersi pertinente il richiamo, operato dalla ricorrente, alla sentenza della IV Sezione del Consiglio di Stato 12.05.2011, n. 2870, al fine di sostenere che qualunque opera rientrante astrattamente nel novero delle opere di urbanizzazione, e realizzata in conformità allo strumento urbanistico, debba beneficiare dell’esenzione. La fattispecie decisa dal Consiglio di Stato riguardava, infatti, la costruzione di un’opera che corrispondeva a una puntuale previsione dello strumento urbanistico, il quale destinava specificamente un’area a servizi ospedalieri e sanitari.
Come detto, nel caso oggetto del presente giudizio, l’opera ricade, invece, in una zona avente una destinazione generica ad attrezzature con funzioni di interesse generale, in relazione alla quale il Comune ha operato una ricognizione di strutture esistenti, pur classificandole come di interesse generale, assicurando, per questa via, la mera compatibilità delle stesse con lo strumento urbanistico, senza però sancirne la necessità in relazione alle esigenze attinenti alle dotazioni di servizi in favore della comunità insediata.
---------------

... per l'accertamento della non debenza del contributo di costruzione per l'esecuzione dell'intervento di ristrutturazione edilizia oggetto del permesso di costruire n. 39/2013 e per la conseguente condanna del Comune di Bosisio Parini alla restituzione delle somme versate a tale titolo dall’Associazione ricorrente, maggiorate degli interessi legali maturati dalla data della domanda giudiziale all'effettiva restituzione;
...
1. La ricorrente Associazione “La nostra famiglia” (di seguito anche: l’Associazione) è un ente ecclesiastico civilmente riconosciuto, avente carattere di organizzazione non lucrativa di utilità sociale (ONLUS), che gestisce, nel territorio del Comune di Bosisio Parini, l’Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico “Eugenio Medea” e un centro di riabilitazione, operando, per entrambe tali strutture, in regime di accreditamento con l’Azienda sanitaria della Provincia di Lecco.
2. L’Associazione ha chiesto al Comune il rilascio di un permesso di costruire per la ristrutturazione edilizia di un padiglione dell’Istituto “Eugenio Medea”.
In data 03.10.2013, l’Amministrazione ha comunicato l’emanazione del titolo edilizio, chiedendo tuttavia alla parte istante di produrre il calcolo analitico degli oneri dovuti per l’intervento, da corrispondersi prima del ritiro del permesso di costruire.
L’Associazione ha a questo punto prodotto le proprie controdeduzioni, ritenendo di non essere tenuta al versamento del contributo di costruzione.
A seguito di interlocuzioni tra le parti, la Giunta comunale, con deliberazione del 01.04.2015, n. 37, ha infine ribadito di ritenere dovuta la corresponsione degli oneri per il rilascio del titolo edilizio. L’Ufficio tecnico comunale ha quindi emesso la nota del 15.04.2015, con la quale è stato chiesto all’Associazione il versamento, a titolo di contributo di costruzione, dell’importo complessivo di euro 188.329,57; somma di cui la ricorrente ha chiesto e ottenuto la rateizzazione, riservandosi tuttavia di agire in giudizio per contestare la sussistenza dell’obbligazione.
3. L’Associazione ha quindi proposto il presente ricorso, con il quale ha chiesto a questo Giudice di accertare e dichiarare che nessun contributo è dovuto per la realizzazione dell’intervento di ristrutturazione, condannando conseguentemente il Comune alla restituzione delle somme già versate dalla ricorrente, maggiorate degli interessi legali dal giorno della domanda giudiziale, previo annullamento –occorrendo– degli atti comunali specificati in epigrafe.
...
7. Il ricorso è infondato, per le ragioni che si espongono di seguito.
8. L’Associazione sostiene di non essere tenuta al versamento degli oneri per la realizzazione dell’intervento di ristrutturazione edilizia, in base alle previsioni dell’articolo 17, comma 3, lett. c), del decreto del Presidente della Repubblica 06.06.2011, n. 380; disposizione, questa, per la quale il contributo di costruzione non è dovuto “per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici”.
La ricorrente ritiene l’intervento pienamente riconducibile entro il perimetro applicativo di entrambe fattispecie contemplate dalla previsione normativa ora richiamata. Le opere sarebbero, infatti, annoverabili tra “gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti” (primo motivo di ricorso) e, comunque, costituirebbero anche “opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici” (secondo motivo).
Sotto altro profilo, la parte allega la violazione dell’articolo 3 della legge n. 241 del 1990, nonché il vizio di eccesso di potere per carenza di istruttoria, carenza di motivazione e contraddittorietà, poiché l’Amministrazione non avrebbe illustrato le ragioni per le quali ha ritenuto di non aderire alle argomentazioni dell’Associazione in ordine al ricorrere di un’ipotesi di esonero dal versamento del contributo di costruzione (terzo motivo di ricorso).
9. Il Collegio ritiene, per ragioni di ordine logico, di dover prendere le mosse da quest’ultima censura.
9.1 La doglianza non può trovare accoglimento, per la ragione dirimente che la questione concernente la determinazione dell’an e del quantum del contributo di costruzione comporta l’esplicazione, da parte dell’Amministrazione, di un’attività priva di profili di discrezionalità (v., tra le ultime: Cons. Stato, Sez. IV, 18.05.2016, n. 2011) e attinente a posizioni giuridiche di diritto soggettivo (ex multis: Cons. Stato, Sez. IV, 21.08.2013, n. 4208). Conseguentemente, sono radicalmente inconfigurabili i vizi di difetto di istruttoria e di motivazione (Cons. Stato, Sez. IV, 10.03.2015, n. 1211).
E ciò in quanto le operazioni di corretta quantificazione della misura del contributo “si esauriscono in una mera operazione materiale che, se errata, può comportare soltanto la violazione dei criteri fissati dalla normativa ovvero dall'amministrazione con norme di natura regolamentare e, quindi, la sussistenza del solo vizio di violazione di legge, potendo l'interessato, sulla base dei predetti criteri generali, contestare l'erroneità della quantificazione operata dall'amministrazione, evidenziando ad esempio l'erroneità dei calcoli ovvero dei presupposti di fatto o di diritto” (Cons. Stato, Sez. V, 29.07. 2000, n. 4217; nello stesso senso: TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 08.09.2011, n. 2189).
9.2 Il terzo motivo di ricorso va quindi respinto.
10. Può passarsi, a questo punto, alla trattazione dei primi due mezzi, con i quali –come detto– l’Associazione allega di versare in entrambe le fattispecie contemplate dall’articolo 17, comma 3, lett. c), del d.P.R. n. 380 del 2001, e di aver pertanto diritto all’esenzione dal contributo di costruzione.
11. Al riguardo, mette conto anzitutto di ricordare che nell’ordinamento giuridico vige la regola generale dell’onerosità del permesso di costruire.
Si tratta di un principio introdotto dall’articolo 1 della legge 28.01.1977, n. 10 –in base al quale “Ogni attività comportante trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio comunale partecipa agli oneri ad essa relativi (...)”– e oggi sancito dall’articolo 11, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001, ove si conferma l’onerosità del permesso.
A fronte di tale regime generale, la disciplina primaria stabilisce una serie di ipotesi, indicate all’articolo 17 del d.P.R. n. 380 del 2001, di riduzione o di esonero dal contributo di costruzione. Tali ultime previsioni normative –secondo gli orientamenti espressi dalla giurisprudenza– sono tuttavia da ritenere “tassative e di stretta interpretazione”, proprio in quanto “derogatorie rispetto alla regola della normale onerosità del permesso” (Cons. Stato, Sez. IV, 11.02.2016, n. 595) e, inoltre, perché qualificabili come esenzioni tributarie, come tali costituenti eccezioni al principio costituzionale di capacità contributiva (TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, 23.10.2014, n. 1111).
12. Poste tali considerazioni, deve rilevarsi che –come sopra detto– l’articolo 17, comma 3, lett. c) del d.P.R. n. 380 del 2001, invocato dalla ricorrente, contempla anzitutto, quali trasformazioni edificatorie esonerate dal contributo di costruzione, “gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti”.
12.1 Al riguardo, la giurisprudenza ha chiarito che, per integrare la fattispecie normativa, è necessario il concorso di due requisiti, l’uno di carattere oggettivo e l’altro di carattere soggettivo.
Per effetto del primo, la costruzione deve riguardare opere pubbliche o di interesse generale; per effetto del secondo, le opere devono essere eseguite da un ente istituzionalmente competente (ex multis: Cons. Stato, Sez. V, 11.01.2006, n. 51; Id. 20.10.2004, n. 6818; Id., 10.07.2000, n. 3860).
La ratio della norma –è stato inoltre rilevato– è anzitutto quella di agevolare l'esecuzione di opere destinate al soddisfacimento di interessi pubblici o dalle quali la collettività possa comunque trarre una utilità (Cons. Stato, n. 51 del 2006, cit.). Il legislatore ha quindi inteso evitare “l'imposizione degli oneri concessori al soggetto che interviene per l'istituzionale attuazione del pubblico interesse”; imposizione che “sarebbe altrimenti intimamente contraddittoria, poiché verrebbe a gravare, sia pure indirettamente, sulla stessa comunità che dovrebbe avvantaggiarsi dal loro pagamento” (così ancora Cons. Stato, n. 51 del 2006, cit.).
12.2 In tale prospettiva, la giurisprudenza ha altresì chiarito –con riferimento al requisito soggettivo– che per “enti istituzionalmente competenti” debbano intendersi i soggetti pubblici, ovvero anche i soggetti privati, purché l’opera sia realizzata per conto di un ente pubblico.
In particolare, con riferimento a questa seconda ipotesi, “l’esenzione spetta soltanto qualora (come avviene nella concessione di opera pubblica e in altre analoghe figure organizzatorie) lo strumento contrattuale utilizzato consenta formalmente di imputare la realizzazione del bene direttamente all’ente per conto del quale il privato abbia operato. (cfr. ex multis V Sez. n. 536 del 1999 e n. 1901 del 2000). In altri termini, l’esenzione spetta solo se il privato abbia agito quale organo indiretto dell’amministrazione, come appunto nella concessione o nella delega” (Cons. Stato, n. 595 del 2016, cit.).
E –come pure rilevato dalla giurisprudenza– l’esattezza della soluzione in base alla quale si richiede che l’opera sia realizzata direttamente da enti pubblici ovvero da soggetti che agiscono per conto di enti pubblici è confermata non soltanto “dall'endiadi: "opere pubbliche o di interesse generale", che rinvia ad una figura soggettiva pubblica, ma dal fatto che nella sola seconda parte della proposizione normativa, concernente le opere di urbanizzazione, la disposizione reca la specifica indicazione: "eseguite anche da privati". Ne esce quindi caricata di ulteriore valore semantico la locuzione: "enti istituzionalmente competenti", che non può riferirsi che ad enti pubblici o a soggetti che agiscono per conto degli stessi” (Cons. Stato, n. 51 del 2006, cit.).
12.3 Poste tali coordinate ermeneutiche, deve ritenersi che, nel caso oggetto del presente giudizio, sia riscontrabile soltanto il requisito oggettivo richiesto dalla previsione normativa, ma non anche il requisito soggettivo.
E’ infatti indubitabile che l’intervento di ristrutturazione dell’Istituto di ricovero e cura costituisca un’opera di interesse generale (anche alla luce delle previsioni di piano, delle quali si tratterà nello scrutinare il secondo motivo di ricorso).
Non può, invece, ritenersi che l’Associazione “La nostra famiglia” sia qualificabile quale “ente istituzionalmente competente”.
Si tratta, infatti, di un soggetto che non ha natura pubblica e che non ha agito per conto di una pubblica amministrazione. E la mera circostanza che l’Istituto operi in regime di accreditamento con il servizio sanitario nazionale non comporta, di per sé, l’esistenza di un rapporto organizzatorio con la pubblica amministrazione, tale da determinare la riferibilità dell’opera realizzata a un ente pubblico.
Sotto altro profilo, il Collegio ritiene altresì non dirimente, al fine di qualificare l’Associazione come “ente istituzionalmente competente”, la circostanza che si tratti di un soggetto privo di finalità lucrative.
L’assenza di scopo di lucro è, infatti, una circostanza che attiene unicamente alla funzionalità interna della persona giuridica, la quale non potrà redistribuire gli eventuali utili derivanti dall’attività svolta. Si tratta, tuttavia, di un elemento che, in sé considerato, non è sufficiente a determinare la riferibilità dell’opera a un ente pubblico, che è quanto richiesto dalla norma al fine di rendere operativa l’esenzione.
Tale conclusione trova conferma anche nella giurisprudenza del Consiglio di Stato, la quale ha evidenziato che la natura di ONLUS del soggetto che realizza l’intervento non soddisfa il prescritto requisito soggettivo, laddove –come avviene anche nel caso oggetto del presente giudizio– le opere sono destinate a rimanere nella disponibilità del privato, e non sono vincolate neppure a vedere conservata nel tempo la loro funzione (Cons. Stato, n. 51 del 2006, cit.).
12.4 In definitiva, alla luce delle considerazioni sin qui esposte, il primo motivo di ricorso deve essere respinto.
13. E’ altresì infondato il secondo motivo, con il quale la ricorrente afferma che l’intervento rientrerebbe comunque nella seconda fattispecie contemplata dall’articolo 17, comma 3, lett. c), del d.P.R. n. 380 del 2001, in quanto annoverabile tra le “opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici”.
13.1 Al riguardo, deve rilevarsi che la disposizione normativa richiede, ai fini dell’esenzione, non soltanto che si sia in presenza di un’opera di urbanizzazione, ma che questa sia altresì realizzata in attuazione di strumenti urbanistici.
Nel caso oggetto del presente giudizio, l’Istituto di ricovero e cura gestito dalla ricorrente è bensì astrattamente riconducibile nel novero delle opere di urbanizzazione secondaria –ai sensi dell’articolo 16, comma 8, del d.P.R. n. 380 del 2001– in quanto rientrante tra le “attrezzature sanitarie”, ma non è stato realizzato in attuazione dello strumento urbanistico.
13.2 In particolare, risulta agli atti del giudizio che l’opera ricade in Zona F2, destinata a ospitare “Servizi tecnologici e di interesse generale” e disciplinata dall’articolo 53 delle NTA del Piano delle Regole; zona ove sono localizzate “attrezzature pubbliche e/o private con funzioni di interesse generale”.
Al riguardo, la difesa comunale ha ben evidenziato che gli spazi per attrezzature pubbliche e collettive prescritti dall’articolo 9 della legge regionale n. 12 del 2005 sono classificati dallo strumento urbanistico non quale Zona F2, ma come “ZONA F1 (aree di servizi di uso pubblico e interesse comune)”, soggetta alla disciplina dell’articolo 52 delle NTA del Piano delle Regole. Solo tali spazi sono, quindi, specificamente destinati a standard urbanistici.
Al contrario, le aree classificate come Zona F2 non sono state prese in considerazione dallo strumento urbanistico al fine della verifica della dotazione di aree di uso pubblico a servizio di insediamenti residenziali e non danno luogo a standard urbanistici. Si tratta, infatti, di aree che comprendono compendi immobiliari aventi varia destinazione («Ambiti per servizi tecnologici», «Complesso socio-assistenziale, sanitario, ospedaliero “La Nostra Famiglia”», «Crossodromo Bodrone», «Villa Mira»), tutti caratterizzati dal soddisfacimento di finalità di interesse generale, ma non costituenti opere che il Comune ha reputato necessarie al fine dell’urbanizzazione dell’ambito entro il quale ricadono, tanto da non averle prese in considerazione ai fini del calcolo della relativa dotazione di standard.
Si tratta, in altri termini, di compendi immobiliari rispetto ai quali lo strumento urbanistico ha sostanzialmente operato una ricognizione, qualificandoli come attrezzature con funzioni di interesse generale, ma non quali opere indispensabili per assicurare i servizi necessari alla comunità insediata.
Da ciò derivano due considerazioni.
13.3 Sotto un primo profilo, poiché l’intervento oggetto del presente giudizio non è posto a servizio dell’urbanizzazione del territorio comunale, o di una porzione di questo, esso non dà luogo a un’opera di urbanizzazione, pur rientrando nelle categorie astrattamente indicate all’articolo 16, comma 8, del d.P.R. n. 380 del 2001.
E invero, perché un’opera sia qualificabile come opera di urbanizzazione secondaria è necessario che essa sia direttamente funzionale a un ben preciso insediamento urbano. E ciò in considerazione della circostanza che “le opere di urbanizzazione secondaria hanno tendenzialmente una dimensione comunale o infra-comunale, in quanto finalizzate a migliorare il grado di fruibilità di uno specifico e circoscritto insediamento urbano mediante la creazione da parte dell’ente locale di determinate strutture di supporto per servizi fruibili da quella comunità” (Cons. Stato, n. 595 del 2016, cit.).
Conseguentemente, un centro ospedaliero contemplato dallo strumento urbanistico quale attrezzatura con funzioni di interesse generale, ma non previsto quale dotazione di standard a servizio di un ambito territoriale, di per sé non è qualificabile come opera di urbanizzazione secondaria.
13.4 Sotto altro, concorrente, profilo, la circostanza che –come detto– il Piano di Governo del Territorio si sia limitato a riconoscere la presenza sul territorio e l’interesse generale di una congerie assai diversificata di opere esistenti, indicandole con una medesima classificazione, senza però prenderle in considerazione quali dotazioni di servizi necessarie alla collettività, implica che tali opere debbano bensì reputarsi conformi allo strumento urbanistico, ma non attuative delle relative previsioni. Si tratta infatti di opere che non devono, ma possono essere presenti sul territorio comunale, per cui, laddove le attività che in esse si svolgono dovessero essere dismesse dai privati, non insorgerebbe l’obbligo per l’Amministrazione di assicurare in altro modo la soddisfazione delle dotazioni di servizi in favore della comunità insediata.
13.5 La validità della predetta distinzione tra opere meramente conformi, o specificamente attuative, del piano è stata, del resto, anche di recente ribadita dalla giurisprudenza, la quale ha esplicitamente affermato che la semplice riconduzione all’astratta tipologia di opera di urbanizzazione secondaria non può considerarsi sufficiente ai fini dell’esenzione del contributo, essendo necessario altresì che l’intervento sia attuativo di una specifica previsione di piano (Cons. Stato, Sez. IV, 18.05.2016, n. 2011; TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, 23.10.2014, n. 1111).
E, in questo senso, non può ritenersi pertinente il richiamo, operato dalla ricorrente, alla sentenza della IV Sezione del Consiglio di Stato 12.05.2011, n. 2870, al fine di sostenere che qualunque opera rientrante astrattamente nel novero delle opere di urbanizzazione, e realizzata in conformità allo strumento urbanistico, debba beneficiare dell’esenzione. La fattispecie decisa dal Consiglio di Stato riguardava, infatti, la costruzione di un’opera che corrispondeva a una puntuale previsione dello strumento urbanistico, il quale destinava specificamente un’area a servizi ospedalieri e sanitari.
Come detto, nel caso oggetto del presente giudizio, l’opera ricade, invece, in una zona avente una destinazione generica ad attrezzature con funzioni di interesse generale, in relazione alla quale il Comune ha operato una ricognizione di strutture esistenti, pur classificandole come di interesse generale, assicurando, per questa via, la mera compatibilità delle stesse con lo strumento urbanistico, senza però sancirne la necessità in relazione alle esigenze attinenti alle dotazioni di servizi in favore della comunità insediata.
13.6 Alla luce delle considerazioni sin qui esposte, si conferma quindi il rigetto anche del secondo motivo di impugnazione.
14. In conclusione, l’intero ricorso deve essere respinto (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 03.11.2016 n. 2011 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Deve essere respinta la censura proposta secondo cui si assume che la realizzazione di un centro di analisi e diagnosi, sanitario e medico-specialistico, quale opera di interesse generale destinata a soddisfare il fabbisogno di servizi collettivi di carattere sanitario sia da qualificare come urbanizzativa secondaria realizzata da privati e quindi, in quanto struttura sanitaria ai sensi di legge, non sia assoggettabile al pagamento del costo di costruzione.
L’art. 17, comma 3, lett. c), del D.P.R. n. 380 del 2001 prevede che il contributo di costruzione non è dovuto “per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici”.
La consolidata giurisprudenza ha posto l’accento sulla necessità di verificare, per ottenere l’esenzione, la sussistenza sia del requisito oggettivo che soggettivo: il primo ricorre allorquando si realizzano opere pubbliche o di interesse generale, mentre il secondo si configura laddove sia un ente pubblico a costruire l’opera. Nondimeno si è ritenuto possibile riconoscere l’esenzione anche alle opere di interesse generale realizzate da privati; tuttavia, detta esenzione spetta soltanto se lo strumento contrattuale utilizzato consenta formalmente di imputare la realizzazione del bene direttamente all’ente per conto del quale il privato abbia operato, ovvero solo se il privato abbia agito quale organo indiretto dell’amministrazione, come appunto nella concessione o nella delega.
Nel caso de quo è pacifico che il Centro sia stato realizzato da un privato e non vi sia stato alcun affidamento pubblico per realizzarlo, non essendo sufficiente tal fine l’impegno a sottoscrivere un contratto di locazione, restando l’opera attratta comunque all’ambito non pubblicistico.
In ogni caso, anche a voler applicare la seconda parte della disposizione di cui al citato art. 17, comma 3, lett. c), va evidenziato come, sebbene in astratto la realizzazione di un centro sanitario possa rientrare nel novero delle opere di urbanizzazione secondaria, ex art. 16, comma 8, del D.P.R. n. 380 del 2001 –ovvero nella categoria attrezzature sanitarie–, nel caso concreto ciò non si ritiene possibile in ragione della dimensione e rilevanza territoriali del Centro, che trascendono l’ambito locale, individuato dalla giurisprudenza quale elemento indefettibile per poter classificare un’opera come di urbanizzazione secondaria. Infatti, come evidenziato nell’atto d’obbligo della ricorrente, le rimanenti slp del primo piano dell’immobile verranno cedute a soggetti “esercenti attività mediche sia in accreditamento col SSN che NON al solo fine di rendere un servizio sanitario alla collettività tutta (residenti e non residenti nel comune) il più ampio possibile, alle migliori condizioni”.
Ciò appare in contrasto con la circostanza che “le opere di urbanizzazione secondaria hanno tendenzialmente una dimensione comunale o infra-comunale, in quanto finalizzate a migliorare il grado di fruibilità di uno specifico e circoscritto insediamento urbano mediante la creazione da parte dell’ente locale di determinate strutture di supporto per servizi fruibili da quella comunità”.
---------------
Il “calcolo degli importi dovuti in relazione all’obbligazione contributiva correlata al rilascio di titoli edilizi (oneri di urbanizzazione e costo di costruzione) costituisce attività vincolata che si esplica in virtù dell’applicazione delle disposizioni normative disciplinanti la materia senza che possano residuare margini di discrezionalità”.
---------------

... per l’annullamento:
   - con tutti gli atti preordinati, consequenziali e connessi, del provvedimento comunale prot. 39679/15 dell’11.08.2015 recante la richiesta di corresponsione della somma di € 282.566,09 a titolo di contributo di costruzione, relativamente ad opere oggetto di D.I.A. in variante a permesso di costruire per la realizzazione di un complesso per servizi sanitari su area standard;
   - per l’accertamento e la declaratoria della totale non debenza dei contributi di costruzione richiesti con il richiamato provvedimento dell’11.08.2015 e dei contributi già versati a fonte del rilascio del permesso di costruire n. 137 del 28.12.2012;
   - e per la conseguente condanna del Comune di Seregno a rimborsare alla ricorrente gli importi nel frattempo indebitamente percepiti o che saranno corrisposti a titolo di contributi di costruzione con riferimento alla suddetta pratica edilizia;
   - in via subordinata, per l’accertamento e la declaratoria dell’esatta quantificazione del contributo di costruzione eventualmente dovuto a seguito della pratica edilizia in questione, nella misura ritenuta di giustizia o da determinarsi all’esito dell’espletanda C.T.U.
...
1. Il ricorso non è meritevole di accoglimento.
2. Con la censura proposta in via principale si assume che il centro di analisi e diagnosi, sanitario e medico-specialistico, quale opera di interesse generale destinata a soddisfare il fabbisogno di servizi collettivi di carattere sanitario sia da qualificare come urbanizzativa secondaria realizzata da privati e quindi, in quanto struttura sanitaria ai sensi di legge, non sia assoggettabile al pagamento del costo di costruzione.
2.1. La doglianza è infondata.
L’art. 17, comma 3, lett. c), del D.P.R. n. 380 del 2001 prevede che il contributo di costruzione non è dovuto “per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici”.
La consolidata giurisprudenza ha posto l’accento sulla necessità di verificare, per ottenere l’esenzione, la sussistenza sia del requisito oggettivo che soggettivo: il primo ricorre allorquando si realizzano opere pubbliche o di interesse generale, mentre il secondo si configura laddove sia un ente pubblico a costruire l’opera. Nondimeno si è ritenuto possibile riconoscere l’esenzione anche alle opere di interesse generale realizzate da privati; tuttavia, detta esenzione spetta soltanto se lo strumento contrattuale utilizzato consenta formalmente di imputare la realizzazione del bene direttamente all’ente per conto del quale il privato abbia operato, ovvero solo se il privato abbia agito quale organo indiretto dell’amministrazione, come appunto nella concessione o nella delega (cfr., da ultimo, Consiglio di Stato, IV, 11.02.2016, n. 595).
Nel caso de quo è pacifico che il Centro sia stato realizzato da un privato e non vi sia stato alcun affidamento pubblico per realizzarlo, non essendo sufficiente tal fine l’impegno a sottoscrivere un contratto di locazione, restando l’opera attratta comunque all’ambito non pubblicistico (Consiglio di Stato, IV, 11.02.2016, n. 595; 07.07.2014, n. 3421).
2.2. In ogni caso, anche a voler applicare la seconda parte della disposizione di cui al citato art. 17, comma 3, lett. c), va evidenziato come, sebbene in astratto la realizzazione di un centro sanitario possa rientrare nel novero delle opere di urbanizzazione secondaria, ex art. 16, comma 8, del D.P.R. n. 380 del 2001 –ovvero nella categoria attrezzature sanitarie–, nel caso concreto ciò non si ritiene possibile in ragione della dimensione e rilevanza territoriali del Centro, che trascendono l’ambito locale, individuato dalla giurisprudenza quale elemento indefettibile per poter classificare un’opera come di urbanizzazione secondaria. Infatti, come evidenziato nell’atto d’obbligo della ricorrente del 02.10.2015 (all. depositato in giudizio il 03.11.2015, pag. 2), le rimanenti slp del primo piano dell’immobile verranno cedute a soggetti “esercenti attività mediche sia in accreditamento col SSN che NON al solo fine di rendere un servizio sanitario alla collettività tutta (residenti e non residenti a Seregno) il più ampio possibile, alle migliori condizioni”.
Ciò appare in contrasto con la circostanza che “le opere di urbanizzazione secondaria hanno tendenzialmente una dimensione comunale o infra-comunale, in quanto finalizzate a migliorare il grado di fruibilità di uno specifico e circoscritto insediamento urbano mediante la creazione da parte dell’ente locale di determinate strutture di supporto per servizi fruibili da quella comunità” (Consiglio di Stato, IV, 11.02.2016, n. 595).
2.3. Di conseguenza, la censura deve essere respinta.
3. In via subordinata, nel ricorso si eccepisce l’illegittima quantificazione del contributo di costruzione, avuto riguardo alla mancata evidenziazione dei criteri e delle modalità poste alla base del calcolo.
3.1. La doglianza è infondata.
Dall’esame della documentazione prodotta in giudizio emerge che il calcolo del contributo di costruzione è stato originariamente effettuato dalla stessa ricorrente (all. 4, 5 e 9 al ricorso; all. 5, 6 e 11 del Comune). Successivamente il Comune ha provveduto soltanto ad implementarne l’importo in ragione della mancata applicazione dell’esenzione.
In ogni caso la difesa della ricorrente non ha posto in dubbio la correttezza dei calcoli effettuati dal Comune, seppure a seguito della produzione in giudizio di ulteriore documentazione a supporto (che non può ritenersi alla stregua di una integrazione postuma della motivazione, per la natura vincolata e automatica della determinazione degli oneri concessori: cfr. Consiglio di Stato, IV, 02.03.2011, n. 1365), né ha smentito di aver concorso alla determinazione dell’importo degli stessi nella fase iniziale pur non concordando sulla loro debenza. Del resto, è necessario che si specifichino in modo chiaro gli elementi che inficerebbero la valutazione dell’Amministrazione, soprattutto nel caso in cui ci si trovi di fronte questioni di diritto soggettivo, non potendo la parte ricorrente rinviare all’esame della documentazione, “lasciando così al giudice l’onere di individuare gli aspetti controversi e verificare, in modo del tutto soggettivo, la legittimità dell’operato dell’Amministrazione” (TAR Lombardia, Milano, III, 13.11.2014, n. 2747).
Oltretutto, il “calcolo degli importi dovuti in relazione all’obbligazione contributiva correlata al rilascio di titoli edilizi (oneri di urbanizzazione e costo di costruzione) costituisce attività vincolata che si esplica in virtù dell’applicazione delle disposizioni normative disciplinanti la materia senza che possano residuare margini di discrezionalità” (Consiglio di Stato, IV, 10.03.2015, n. 1211; altresì, 02.03.2011, n. 1365).
3.2. Ciò determina il rigetto anche della predetta doglianza.
4. In conclusione, il ricorso deve essere respinto (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 26.07.2016 n. 1502 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Considerato che l'obbligazione contributiva per costo di costruzione è fondata sulla produzione di ricchezza connessa all'utilizzazione edificatoria del territorio ed alle potenzialità economiche che ne derivano e, pertanto, ha natura essenzialmente paratributaria, deve ritenersi che il legislatore, dettando una disposizione così chiara e tranchant come quella di cui all’art. 17, comma 4, DPR 380/2001, abbia inteso affermare che gli interventi da realizzare su immobili di proprietà dello Stato, proprio perché tali, non siano di per sé soli produttivi di ricchezza e dunque non debbano essere assoggettati al costo di costruzione.
---------------

... per l'accertamento del suo diritto alla restituzione della somma di € 9.088,44, indebitamente versata al Comune di Comacchio a titolo di costo di costruzione;
e per la condanna del Comune alla restituzione della suddetta somma oltre interessi.
...
5. Nel merito il ricorso è fondato e va accolto.
La norma di cui all’art. 17, comma 4, DPR 380/2001, invocata dalla ricorrente, afferma un principio che prescinde da qualunque distinzione, né viene circostanziata a seconda dei casi.
Le affermazioni del Comune in ordine alla presunta ratio della norma, innanzi riportate virgolettate, ricalcano principi che, in realtà, la giurisprudenza ha declinato in relazione alle diverse fattispecie contemplate, anche nel testo applicabile ratione temporis, al comma 3 della suddetta norma e, segnatamente, alla fattispecie di cui alla lett. c) del terzo comma (l’affermazione riportata dal Comune è testualmente rinvenibile in: TAR Campania, Napoli, sez. II, 27.06.2005, n. 8696).
Il comma 3 prevede(va), infatti, il totale esonero dal contributo di costruzione nei seguenti casi: “a) per gli interventi da realizzare nelle zone agricole, ivi comprese le residenze, in funzione della conduzione del fondo e delle esigenze dell'imprenditore agricolo a titolo principale, ai sensi dell'articolo 12 della legge 09.05.1975, n. 153;
b) per gli interventi di ristrutturazione e di ampliamento, in misura non superiore al 20%, di edifici unifamiliari;
c) per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici;
d) per gli interventi da realizzare in attuazione di norme o di provvedimenti emanati a seguito di pubbliche calamità;
e) per i nuovi impianti, lavori, opere, modifiche, installazioni, relativi alle fonti rinnovabili di energia, alla conservazione, al risparmio e all'uso razionale dell'energia, nel rispetto delle norme urbanistiche, di tutela artistico-storica e ambientale
”.
Viceversa il comma 4 stabiliva: “Per gli interventi da realizzare su immobili di proprietà dello Stato il contributo di costruzione è commisurato alla incidenza delle sole opere di urbanizzazione”.
Osserva il Collegio che, in assenza di specificazioni da parte del legislatore, viepiù considerato che la disposizione invocata dalla ricorrente segue quella del comma 3 in cui il legislatore ha contemplato diverse fattispecie per l’esonero dal contributo declinando, per ognuna di esse, i singoli requisiti (ubi voluit, dixit), deve ritenersi che la commisurazione del contributo di costruzione alla incidenza delle sole opere di urbanizzazione sia obbligatoria in tutti gli interventi da realizzare su immobili di proprietà dello Stato, senza ulteriori distinzioni e indipendentemente dal fatto che si tratti di opere stabili o precarie.
Il contenuto della disposizione in discorso è talmente chiaro da non prestarsi ad interpretazioni di sorta (in claris non fit interpretatio).
D’altra parte, l’ulteriore principio giurisprudenziale invocato dal Comune per giustificare la debenza, nel caso di specie, del costo di costruzione, depone in realtà in senso contrario a quello preteso dall’amministrazione.
Invero, considerato che l'obbligazione contributiva per costo di costruzione è fondata sulla produzione di ricchezza connessa all'utilizzazione edificatoria del territorio ed alle potenzialità economiche che ne derivano e, pertanto, ha natura essenzialmente paratributaria (TAR Liguria, sez. I, 28.03.2013, n. 552), deve ritenersi che il legislatore, dettando una disposizione così chiara e tranchant come quella di cui all’art. 17, comma 4, DPR 380/2001, abbia inteso affermare che gli interventi da realizzare su immobili di proprietà dello Stato, proprio perché tali, non siano di per sé soli produttivi di ricchezza e dunque non debbano essere assoggettati al costo di costruzione.
Per quanto precede, il ricorso deve essere accolto e, per l’effetto, deve dichiararsi il diritto della ricorrente alla restituzione della somma corrisposta a titolo di costo di costruzione, maggiorata degli interessi legali dalla data della domanda, trattandosi di somma indebitamente riscossa dal Comune di Comacchio (TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. II, sentenza 27.06.2016 n. 630 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATASecondo costante orientamento della giurisprudenza amministrativa, ai fini del regime premiale di cui all'art. 9, comma 1, lettera f), della legge nr. 10/1997 (ora art. 17, comma 3, lettera c), del d.P.R. 06.06.2001, nr. 380), è indispensabile accertare la sussistenza di due profili, uno di carattere soggettivo, l’altro oggettivo.
Sotto il primo aspetto, bisogna tenere conto delle specifiche qualità soggettive del richiedente il titolo abilitativo: alla luce, infatti, dell’evoluzione del concetto di pubblica amministrazione, inteso non più meramente in senso formalistico ma funzionalistico, possono ottenere lo sgravio edilizio de quo non esclusivamente le amministrazioni formalmente previste e riconosciute come tali dalla legge, ma anche soggetti privati (imprenditori individuali, società per azioni) che esercitino un’attività pubblicisticamente rilevante, ponendosi in una condizione di longa manus della p.a..
Tuttavia, in forza della seconda peculiarità, è necessario anche focalizzare l’attenzione sull’opera, in funzione della quale il titolo edilizio viene chiesto e rilasciato.
Su quest’ultimo punto, va registrato un orientamento restrittivo della giurisprudenza amministrativa, essendo necessario dimostrare che l’opera, per la quale si chiede l’esenzione del pagamento degli oneri urbanizzativi, sia, per le sue oggettive caratteristiche e peculiarità, esclusivamente finalizzata ad un utilizzo dell’intera collettività; non è sufficiente, quindi, che l’opera sia legata a un interesse generale da un nesso di mera strumentalità.
Tale accertamento, pertanto, non può essere fondato sulla base della sola destinazione che il titolare dell’opera intende soggettivamente imprimere sulla stessa, se non provocando un’evidente elusione del sistema normativo che prevede come regola generale, in un’ottica di corretto governo del territorio ex art. 9, comma 2, Cost., l’imposizione contributiva per l’ottenimento dei titoli edilizi, rispetto alla quale i casi di deroga sono di stretta interpretazione.
---------------

6. Fondato è invece il terzo motivo, col quale il Comune appellante si duole del fatto che il giudice di primo grado non abbia fatto buon governo della consolidata interpretazione della norma di cui al citato art. 9, comma 1, lettera f), della legge nr. 10/1997 (ora art. 17, comma 3, lettera c), del d.P.R. 06.06.2001, nr. 380) la quale prevede che: “…Il contributo di cui al precedente art. 3 non è dovuto (…)per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici”.
Ad avviso dell’appellante, in particolare, tenuto conto della specifica opera in costruzione (edificio destinato a ospitare le strutture tecnico-amministrative della società), non poteva ritenersi integrato il requisito oggettivo necessario per l’esenzione dal pagamento degli oneri di urbanizzazione.
Tale prospettazione merita condivisione in ragione delle seguenti considerazioni.
6.1. Va innanzi tutto premesso, che, secondo costante orientamento della giurisprudenza amministrativa, ai fini del regime premiale di cui alla norma citata, è indispensabile accertare la sussistenza di due profili, uno di carattere soggettivo, l’altro oggettivo.
Sotto il primo aspetto, bisogna tenere conto delle specifiche qualità soggettive del richiedente il titolo abilitativo: alla luce, infatti, dell’evoluzione del concetto di pubblica amministrazione, inteso non più meramente in senso formalistico ma funzionalistico, possono ottenere lo sgravio edilizio de quo non esclusivamente le amministrazioni formalmente previste e riconosciute come tali dalla legge, ma anche soggetti privati (imprenditori individuali, società per azioni) che esercitino un’attività pubblicisticamente rilevante, ponendosi in una condizione di longa manus della p.a..
Tuttavia, in forza della seconda peculiarità, è necessario anche focalizzare l’attenzione sull’opera, in funzione della quale il titolo edilizio viene chiesto e rilasciato.
Su quest’ultimo punto, va registrato un orientamento restrittivo della giurisprudenza amministrativa, essendo necessario dimostrare che l’opera, per la quale si chiede l’esenzione del pagamento degli oneri urbanizzativi, sia, per le sue oggettive caratteristiche e peculiarità, esclusivamente finalizzata ad un utilizzo dell’intera collettività; non è sufficiente, quindi, che l’opera sia legata a un interesse generale da un nesso di mera strumentalità (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 07.07.2014, nr. 3421; id., sez. V, 07.05.2013, nr. 2467; id., sez. IV, 02.03.2011, nr. 1332; id., sez. VI, 05.06.2007, nr. 2981).
Tale accertamento, pertanto, non può essere fondato sulla base della sola destinazione che il titolare dell’opera intende soggettivamente imprimere sulla stessa, se non provocando un’evidente elusione del sistema normativo che prevede come regola generale, in un’ottica di corretto governo del territorio ex art. 9, comma 2, Cost., l’imposizione contributiva per l’ottenimento dei titoli edilizi, rispetto alla quale i casi di deroga sono di stretta interpretazione.
6.2. Da tali considerazioni discende che, nel caso di specie, pur essendo pacifica la natura di affidataria di servizio pubblico della società richiedente il titolo edilizio (circostanza peraltro non contestata dal Comune), la stessa, con il titolo abilitativo richiesto, ha inteso realizzare una “struttura destinata ad ospitare le attività direzionali/amministrative”, la cui evidente polifunzionalità, anche alla luce della natura privatistica della società stessa, impedisce l’esclusiva funzionalizzazione della stessa a scopi unicamente pubblicistici.
A fronte di ciò, poco condivisibilmente il primo giudice ha giustificato la natura pubblicistica dell’opera sulla base della destinazione del suolo su cui la stessa doveva essere eretta (zona F4), laddove invece la verifica deve essere evidentemente condotta esclusivamente sulle caratteristiche intrinseche dell’opera, e non su elementi esteriori quale è la disciplina urbanistica (peraltro suscettibile di variazioni) del territorio su cui la stessa deve essere collocata.
7. L’accoglimento del motivo di appello testé esaminato, essendo ex se sufficiente a far concludere nel senso della fondatezza dell’impostazione del Comune, esonera il Collegio dall’esame della questione posta col quarto mezzo (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 06.06.2016 n. 2394 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2015

EDILIZIA PRIVATAPuò essere considerato destinato a servizi religiosi l’edificio destinato alla pratica religiosa, e quindi all’orazione, alla meditazione spirituale, alla celebrazione di cerimonie proprie di quella confessione ed altro, ovvero destinato a strutture strettamente connesse con le necessità del culto.
L’edificio di cui ora si tratta (
destinato a servizi religiosi e all’istruzione primaria) non è destinato a servizi religiosi, in quanto destinato a ospitare una scuola non statale.
E’ evidente che nell’istituto scolastico verrà impartito anche l’insegnamento religioso, presumibilmente con maggiore profondità di quanto non avvenga negli istituti gestiti dallo Stato o da organizzazioni diverse dalla Chiesa Cattolica, ma è evidente che tale circostanza non è sufficiente a qualificare l’edificio in questione come «dedicato al culto».
Sicché, non sussiste il requisito per avere diritto all’esenzione dal pagamento degli oneri di urbanizzazione ai sensi dell’art. 9, lett. f), della legge 28.01.1977, n. 10.
---------------
L’appellante sostiene di avere diritto anche sotto diverso titolo all’esenzione dal pagamento degli oneri di urbanizzazione, in quanto l’edificio in questione è destinato, appunto, a istruzione primaria.
Neanche questa argomentazione può essere condivisa.
Invero, l’esenzione di cui si tratta deve essere riconosciuta se la struttura realizzata soddisfa un bisogno della collettività, riconosciuto dall’Amministrazione in sede di programmazione o in altri modi.
Nel caso citato dall’appellante è stato riconosciuto il diritto all’esenzione dal pagamento degli oneri di urbanizzazione per la realizzazione di una clinica privata.
Il principio affermato in quella controversia non può essere applicato per risolvere quella sottoposta al Collegio, in quanto la previsione urbanistica in quel caso rilevante ha tenuto conto del fatto che la clinica pur privata è inserita nel servizio sanitario nazionale, partecipa agli scopi di questo e accetta i pazienti in condizioni di eguaglianza.
Tali particolarità non ricorrono nel caso di specie, nel quale l’istituto scolastico in questione viene realizzato del tutto al di fuori della programmazione pubblica, secondo una libera scelta imprenditoriale dell’appellante.
Inoltre, è noto che negli istituti non statali gli alunni pagano una retta, e nemmeno viene ipotizzato che l’istituto di cui ora si tratta accolga gli allievi secondo modalità differenti.
In base agli elementi appena riassunti, rileva il Collegio che la struttura in questione non costituisce opera di urbanizzazione secondaria.

----------------
Nel merito, l’appello è infondato.
L’odierna appellante ha ottenuto concessione edilizia per la trasformazione di un edificio di sua proprietà adibito a convitto in scuola primaria.
Essa sostiene di avere diritto all’esenzione dal pagamento degli oneri di urbanizzazione ai sensi dell’art. 9, lett. f), della legge 28.01.1977, n. 10, e della legge della Regione Lombardia 09.05.1992, n. 20, nonché degli artt. 16 e 44 delle norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale di Bergamo, in quanto l’edificio in questione è destinato a servizi religiosi e all’istruzione primaria.
Tali asserzioni sono erronee.
Può essere considerato destinato a servizi religiosi l’edificio destinato alla pratica religiosa, e quindi all’orazione, alla meditazione spirituale, alla celebrazione di cerimonie proprie di quella confessione ed altro, ovvero destinato a strutture strettamente connesse con le necessità del culto.
L’edificio di cui ora si tratta non è destinato a servizi religiosi, in quanto destinato a ospitare una scuola non statale.
E’ evidente che nell’istituto scolastico verrà impartito anche l’insegnamento religioso, presumibilmente con maggiore profondità di quanto non avvenga negli istituti gestiti dallo Stato o da organizzazioni diverse dalla Chiesa Cattolica, ma è evidente che tale circostanza non è sufficiente a qualificare l’edificio in questione come «dedicato al culto».
L’appellante sostiene di avere diritto anche sotto diverso titolo all’esenzione dal pagamento degli oneri di urbanizzazione, in quanto l’edificio in questione è destinato, appunto, a istruzione primaria.
Neanche questa argomentazione può essere condivisa.
Invero, l’esenzione di cui si tratta deve essere riconosciuta se la struttura realizzata soddisfa un bisogno della collettività, riconosciuto dall’Amministrazione in sede di programmazione o in altri modi.
Nel caso citato dall’appellante (C. di S., V, 12.05.2011, n. 2870) è stato riconosciuto il diritto all’esenzione dal pagamento degli oneri di urbanizzazione per la realizzazione di una clinica privata.
Il principio affermato in quella controversia non può essere applicato per risolvere quella sottoposta al Collegio, in quanto la previsione urbanistica in quel caso rilevante ha tenuto conto del fatto che la clinica pur privata è inserita nel servizio sanitario nazionale, partecipa agli scopi di questo e accetta i pazienti in condizioni di eguaglianza.
Tali particolarità non ricorrono nel caso di specie, nel quale l’istituto scolastico in questione viene realizzato del tutto al di fuori della programmazione pubblica, secondo una libera scelta imprenditoriale dell’appellante.
Inoltre, è noto che negli istituti non statali gli alunni pagano una retta, e nemmeno viene ipotizzato che l’istituto di cui ora si tratta accolga gli allievi secondo modalità differenti.
In base agli elementi appena riassunti, rileva il Collegio che la struttura in questione non costituisce opera di urbanizzazione secondaria.
L’appellante deduce in contrario senso, a sostegno della propria tesi, la legge della Regione Lombardia 09.05.1992, n. 20, la quale all’art. 2 stabilisce che: «1. Ai sensi e per gli effetti dell'art. 3, secondo comma, lett. b), del decreto del ministro dei lavori pubblici 02.04.1968, n. 1444, nonché di quanto previsto dall'art. 22 della L.R. 15.04.1975, n. 51, sono attrezzature di interesse comune per servizi religiosi:
a) gli immobili destinati al culto anche se articolati in più edifici;
b) gli immobili destinati all'abitazione dei ministri del culto, del personale di servizio, nonché quelli destinati ad attività di formazione religiosa;
c) nell'esercizio del ministero pastorale, gli immobili adibiti ad attività educative, culturali, sociali, ricreative e di ristoro, che non abbiano fini di lucro.
2. In relazione al disposto dell'art. 4 della legge 29.09.1964, n. 847 e successive modificazioni, le attrezzature di cui al precedente comma costituiscono opere di urbanizzazione secondaria ad ogni effetto
».
Osserva al riguardo il Collegio che la norma è chiaramente rivolta alla contrazione di mutui agevolati per la realizzazione delle opere ivi considerate, e che interpretandola nel senso proposto dall’appellante occorrerebbe interrogarsi sulla sua compatibilità con il complessivo sistema della legislazione urbanistica.
Peraltro, tale disamina si appalesa superflua, in quanto l’immobile in questione, destinato ad ospitare una scuola primaria non statale:
a) non è destinato al culto;
b) non è destinato ad abitazione dei ministri del culto o del personale di servizio e nemmeno ad attività di formazione religiosa;
c) non è destinato ad attività educative, culturali, sociali, ricreative e di ristoro pertinenti all’esercizio pastorale, ed è ben dubbio che manchi il fine di lucro.
Deve, in particolare, essere rilevato che la norma regionale in questione prende in considerazione le attività culturali in quanto pertinenti all’esercizio pastorale.
L’attività di una scuola, per quanto privata, non può essere considerata pertinente all’esercizio pastorale, essendo rivolta alla formazione complessiva dell’alunno, con insegnamenti che non possono che esulare dalla sfera religiosa.
Di conseguenza, la legge regionale invocata non sostiene le ragioni dell’appellante (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 11.12.2015 n. 5647 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2014

EDILIZIA PRIVATA: E' onerosa la costruzione di una R.S.A. da parte della parrocchia.
La RSA [residenza sanitario-assistenziale, vale a dire una Casa di Riposo, struttura residenziale per l’accoglienza di persone anziane normalmente non autosufficienti] non è puramente e semplicemente una struttura sanitaria, per cui non può annoverarsi fra le opere di urbanizzazione secondaria.
Infatti, la Casa di Riposo non ha carattere esclusivamente sanitario (al pari, ad esempio, di una azienda ospedaliera), ma appaiono invece centrali le attività assistenziali e ricettive, per cui non può essere considerata puramente e semplicemente una “attrezzatura sanitaria”, vale a dire un’opera di urbanizzazione secondaria la cui realizzazione non è soggetta a contributo di costruzione ai sensi del più volte citato art. 17 del Testo Unico dell’Edilizia.
-----------------
Inoltre, neppure sussiste l’ulteriore requisito al quale la lettera c) del menzionato art. 17 dpr 380/2001 subordina l’esenzione dal contributo di costruzione.
Tale requisito richiede il concorso di due presupposti, vale a dire l’ascrivibilità del manufatto alla categoria delle opere pubbliche o di interesse generale e l’esecuzione delle opere da parte di enti pubblici istituzionalmente competenti ovvero di privati concessionari dell’ente pubblico.
Nel caso di specie, anche a volere ammettere la natura di opera di interesse generale della RSA, manca però l’ulteriore condizione della realizzazione da parte dell’ente pubblico o di un soggetto legato al medesimo, quale ad esempio un concessionario di opera pubblica.
Infatti, il terreno sul quale insiste la RSA è di proprietà della Parrocchia (la quale, al di là del riconoscimento delle finalità meritorie svolte dalle Parrocchie, non è però ente pubblico), mentre la realizzazione è stata attribuita ad un operatore privato, avente natura di imprenditore commerciale ai sensi dell’art. 1 della legge fallimentare (prova ne è il fatto che è intervenuta a carico dell’operatore medesimo la dichiarazione di fallimento).

Nel primo mezzo di gravame, viene lamentata la violazione degli articoli 43 della legge regionale della Lombardia 12/2005 e dell’art. 17 del DPR 380/2001, in quanto, secondo parte ricorrente, l’opera di cui è causa non sarebbe soggetta ad alcun contributo di costruzione, rientrando nella fattispecie dell’art. 17, comma 3°, lettera c), del DPR 380/2001, in forza del quale non è dovuto il contributo di costruzione <<per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici>>.
La norma prevede due diverse condizioni di esenzione, vale a dire la qualificazione come opera di urbanizzazione secondaria oppure la realizzazione per finalità di interesse generale da parte di enti pubblici o soggetti equiparati.
L’esponente rileva come l’originaria concessione edilizia del 2001 (cfr. il doc. 13 del ricorrente), poi decaduta, fosse stata rilasciata senza pagamento di alcun contributo, vale a dire ai sensi dell’art. 9 della legge 10/1977 (il cui contenuto è stato poi sostanzialmente riproposto dall’art. 17 sopra citato).
Si rimarca, ancora, che l’opera risponde ad evidenti finalità di interesse generale e che, in ogni caso, dovrebbe essere reputata opera di urbanizzazione secondaria, stante la disciplina dell’art. 44 della legge regionale 12/2005, che annovera fra le urbanizzazioni secondarie, le <<attrezzature sanitarie>>.
La tesi di parte ricorrente, per quanto suggestiva e ben argomentata, non appare convincente.
La struttura di cui è causa costituisce una RSA (residenza sanitario-assistenziale), vale a dire una Casa di Riposo, struttura residenziale per l’accoglienza di persone anziane normalmente non autosufficienti, alle quali sono garantiti interventi socio-sanitari per migliorare i livelli di autonomia, promuoverne il benessere e curare le patologie da cui sono afflitte.
All’interno delle Case di Riposo, sono erogate sia prestazioni di carattere strettamente sanitario e di cura, sia prestazioni avente invece carattere assistenziale e financo alberghiero, per la soddisfazione dei quotidiani bisogni dell’anziano.
Si ricordi anche che la distinzione fra attività sanitaria, finalizzata alla tutela del diritto alla salute e attività assistenziale assume rilievo anche a livello costituzionale (cfr. gli articoli 32 e 38 della Costituzione).
Ciò premesso, la Casa di Riposo non ha carattere esclusivamente sanitario (al pari, ad esempio, di una azienda ospedaliera), ma appaiono invece centrali le attività assistenziali e ricettive, per cui non può essere considerata puramente e semplicemente una “attrezzatura sanitaria”, vale a dire un’opera di urbanizzazione secondaria la cui realizzazione non è soggetta a contributo di costruzione ai sensi del più volte citato art. 17 del Testo Unico dell’Edilizia (cfr. sul punto TAR Emilia Romagna, Bologna, sez. II, 03.07.2012, n. 466).
Sul punto occorre avere riguardo anche alle concrete caratteristiche costruttive dell’opera, nella quale prevalgono le camere con annesso bagno, trattandosi di struttura essenzialmente ricettiva, come desumibile dalle planimetrie catastali (cfr. il doc. 6 del resistente, nel quale a pag. 1 è indicata la categoria catastale B01, vale a dire “Collegi e convitti, educandati; ricoveri; orfanotrofi; ospizi; conventi”, mentre agli ospedali e case di cura è attribuita la categoria catastale B02).
In conclusione, la RSA non è puramente e semplicemente una struttura sanitaria, per cui non può annoverarsi fra le opere di urbanizzazione secondaria.
Inoltre, neppure sussiste l’ulteriore requisito al quale la lettera c) del menzionato art. 17 subordina l’esenzione dal contributo di costruzione.
Tale requisito richiede il concorso di due presupposti, vale a dire l’ascrivibilità del manufatto alla categoria delle opere pubbliche o di interesse generale e l’esecuzione delle opere da parte di enti pubblici istituzionalmente competenti ovvero di privati concessionari dell’ente pubblico (così, fra le tante, Consiglio di Stato, sez. V, 3.10.2005, n. 5246).
Nel caso di specie, anche a volere ammettere la natura di opera di interesse generale della RSA, manca però l’ulteriore condizione della realizzazione da parte dell’ente pubblico o di un soggetto legato al medesimo, quale ad esempio un concessionario di opera pubblica.
Infatti, il terreno sul quale insiste la RSA è di proprietà della Parrocchia di San Giorgio (la quale, al di là del riconoscimento delle finalità meritorie svolte dalle Parrocchie, non è però ente pubblico), mentre la realizzazione è stata attribuita ad un operatore privato, avente natura di imprenditore commerciale ai sensi dell’art. 1 della legge fallimentare (prova ne è il fatto che è intervenuta a carico dell’operatore medesimo la dichiarazione di fallimento).
Non muta la situazione, la circostanza dell’intervenuta sottoscrizione della convenzione del 18.10.2011 fra Comune, Parrocchia e ICOS Coop. Sociale a r.l. (cfr. il doc. 7 del ricorrente e del resistente).
La convenzione non ha –infatti– attribuito ad ICOS la natura di concessionario del Comune, visto che ICOS opera comunque in virtù della delega ricevuta dalla Parrocchia; nell’atto convenzionale sono posti invece a carico dell’operatore privato taluni obblighi verso il Comune (inserimento lavorativo di personale residente, priorità di ricovero degli anziani residenti ed erogazione di servizio mensa e fisioterapia a favore degli anziani residenti), ma tali obbligazioni attengono tutte ad una fase successiva a quella di esecuzione dell’opera, esecuzione effettuata a cura esclusiva del privato imprenditore su terreno di altro soggetto privato.
Quanto alla circostanza che la concessione edilizia del 2001 fu rilasciata senza pagamento di oneri concessori, si tratta tutt’al più di un errore degli uffici; in ogni caso tale concessione è scaduta, per cui –doverosamente, preme aggiungere– gli uffici comunali hanno valutato nuovamente la questione al momento di presentazione della DIA del 2008 (cfr. il doc. 2 del ricorrente).
Neppure assume rilevo la deroga allo strumento urbanistico per consentire una maggiore altezza della struttura, deroga disposta con deliberazione di Consiglio Comunale n. 2 del 2008 (cfr. il doc. 1 del ricorrente).
Infatti, il rilascio di un titolo edilizio in deroga, ai sensi dell’art. 40 della legge regionale 12/2005, non implica necessariamente –non essendovi alcuna norma al riguardo– che l’edificio o impianto in deroga non debba essere assoggettato a contributo concessorio.
In conclusione, deve respingersi il primo mezzo di ricorso (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 11.07.2014 n. 1827 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Circa l'interpretazione dell’art. 17, comma 3, lettera c), del D.P.R. 06.06.2001 n. 380, è stato, sul piano generale, chiarito come la norma in esame richiede la sussistenza di due requisiti che devono entrambi concorrere per fondare lo speciale regime di esonero dal contributo di costruzione, l’uno di carattere oggettivo e l’altro di carattere soggettivo. Per effetto del primo, la costruzione deve riguardare “opere pubbliche o d’interesse generale”; per effetto del secondo, le opere devono essere eseguite da “un ente istituzionalmente competente”.
Allo stesso modo si è avuto cura di specificare come:
- la decisione se applicare o meno l’esonero del pagamento degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione, con riferimento all’intervento edilizio indicato, attiene al merito dell’azione amministrativa e rientra, ovviamente, nella piena ed esclusiva discrezionalità e responsabilità dell’ente;
- rimane, altresì, alla valutazione dell’amministrazione comunale verificare in concreto (ovvero, alla luce dello statuto della società, dell’attività da essa svolta e della relativa compagine societaria) se la società interessata all’applicazione del regime derogatorio in esame possa o meno essere qualificato come “ente istituzionalmente competente” previsto all'art. 17 del d.p.r. n. 380/2001.

Nel porre in essere tali valutazioni,
l’Ente potrà orientare la sua decisione in base ai principi enucleati nei pareri sopra richiamati, ovvero:

- per quanto attiene al primo requisito richiesto dalla norma in esame, quello oggettivo (“opere pubbliche o d’interesse generale”),
l’opera da realizzare, quantunque non destinata direttamente a scopi propri della p.a., deve risultare idonea a soddisfare i bisogni della collettività, di per se stessa –poiché destinata ad uso pubblico o collettivo– o in quanto strumentale rispetto ad opere pubbliche o comunque perché immediatamente collegata con le funzioni di pubblico servizio espletate dall’ente;
- con riferimento al secondo requisito, quello soggettivo (“un ente istituzionalmente competente”),
esso deve essere letto in chiave evolutiva, non solo riconducendovi gli enti pubblici in senso proprio e i soggetti che agiscono per conto di enti pubblici (in via esemplificativa, i concessionari), ma anche, alla luce del costituzionalizzato principio di sussidiarietà orizzontale, i soggetti privati, cui sono affidati obiettivi di interesse pubblico, tenuto conto che «le funzioni pubbliche non necessariamente vengono esercitate mediante esplicazione di poteri autoritativi, ben potendo svolgersi attraverso forme e moduli procedimentali di tipo privatistico»;
- in relazione al requisito dell’attuazione dell’opera in coerenza con gli “strumenti urbanistici” (art. 17, comma 3, lett. c), del d.p.r. n. 380/2001), la giurisprudenza amministrativa consolidata ha affermato che detto ulteriore requisito di esonero dal contributo di costruzione ricorre quando l’opera non solo è conforme agli strumenti urbanistici, bensì è anche espressamente contemplata come tale nello strumento urbanistico medesimo poiché la norma, testualmente, utilizza l’espressione "opere di urbanizzazione eseguite in attuazione di strumenti urbanistici"; quindi, come anche di recente efficacemente ribadito, «affinché possa trovare applicazione la disposizione invocata non è sufficiente la generica sussumibilità degli interventi nell’ambito delle opere di urbanizzazione; infatti, non tutte le opere di urbanizzazione sono esenti dal contributo concessorio, ma solo quelle eseguite “in attuazione di strumenti urbanistici”, sulla base di una precisa indicazione dello stesso".
---------------
Come di recente ricordato, «la ratio della norma contenuta nell’art. 17 del d.p.r. n. 380/2001 è duplice: incentivare l’esecuzione di opere da cui la collettività possa trarre utilità; assicurare una ricaduta del beneficio dello sgravio a vantaggio della collettività, posto che l’esonero dal contributo si traduce in un abbattimento dei costi, a cui corrisponde, in definitiva, un minore aggravio di oneri per il contribuente. In altre parole, l'imposizione del contributo di costruzione ai soggetti che agiscono nell'istituzionale attuazione del pubblico interesse sarebbe altrimenti intimamente contraddittoria, poiché verrebbe a gravare, sia pure indirettamente, sulla stessa comunità che dovrebbe avvantaggiarsi del pagamento di esso».
Ne deriva che, a monte, solo il perseguimento, da parte del soggetto che fruirebbe dell’esonero del contributo de quo, di un interesse pubblico riferibile alla collettività, che si potrebbe avvantaggiare con la riscossione del suddetto contributo, appare giustificare l’applicabilità della norma derogatoria in esame. Alla cui applicazione, ove ne ricorrano i presupposti ora delineati, non appare ostare, in linea generale, la circostanza che l’esonero in esame venga a riferirsi ad una porzione dell’edificio in via di realizzazione, ove quest’ultima risulti stabilmente e strutturalmente destinata al solo perseguimento di un interesse pubblico riferibile alla collettività come sopra intesa.

--------------
Il Sindaco del Comune di Porto Mantovano, con nota prot. n. 7670 del 05.05.2014, dopo aver premesso che:
- la società Sviluppo Mantova srl, società partecipata di Confcommercio e accreditata presso la Regione Lombardia per lo svolgimento di Servizi Formativi, intende costruire un edificio, che dovrebbe ospitare sia la sede uffici amministrativi delle organizzazioni di Confcommercio Mantova sia locali destinati alla formazione, su un lotto di terreno individuato nel vigente P.G.T. come "Ambito di attività produttive consolidato", che la società medesima sta acquistando dal Comune di Porto Mantovano;
- la società Sviluppo Mantova srl ha chiesto l'esonero ex art. 17, comma 3, lettera c), del DPR 06.06.2001 n. 380 del contributo di costruzione dovuto per il rilascio del titolo abilitativo alla costruzione, limitatamente alla sola porzione di edificio destinata a Scuola di Formazione Professionale;
ha posto alla Sezione il seguente quesito principale: «se sia legittima l'applicazione dell' art. 17, comma 3, lettera c) del DPR 06.06.2001 n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), in materia di esonero dal contributo di costruzione, ad una fattispecie riguardante la società Sviluppo Mantova srl (partecipata di Confcommercio avente personalità giuridica di tipo privato), la quale chiede l'esonero del contributo di costruzione dovuto per il rilascio del titolo abilitativo alla costruzione, limitatamente alla sola porzione di edificio destinata a Scuola di Formazione Professionale».
Nella richiesta di parere si avanzano, altresì, gli ulteriori quesiti specifici di seguito richiamati:
«1) Sussistenza presupposto "oggettivo"
1.1) Se l'edificio in progetto, essendo solo parzialmente destinato a "luogo di formazione", possa essere ascrivibile alla categoria delle opere pubbliche o di interesse generale;
1.2) E ancora, se tale destinazione, quantunque non destinata direttamente a scopi propri della P.A., ma comunque diretta a soddisfare i bisogni di una collettività, possa essere considerato opera di interesse generale;
1.3) Se la più volte richiamata "collettività" sia da intendersi in senso generale ovvero possa essere considerata tale anche se rivolta a soddisfare le esigenze di una specialità di utenti (es. seminari e corsi di formazione per artigiani, commercianti, operatori turistici, alberghieri, ecc.) e, pertanto, se possa riconoscersi la ricaduta del beneficio dello sgravio a vantaggio della collettività medesima;
2) Sussistenza presupposto "soggettivo"
2.1) se la società Sviluppo Mantova srl, in quanto società accreditata da Regione Lombardia possa configurarsi come "ente istituzionalmente competente" e, come tale, ricadere nell'esonero del contributo di costruzione ai sensi dell'art. 17, co. 3, lett. c), del DPR 380/2001. A tale riguardo preme tuttavia precisare che detta società non ha instaurato alcun vincolo con la P.A. tramite attivazione di convenzione specifica per le attività di formazione che andrà ad esercitare.
3) Interpretazione normativa
3.1) Inoltre, considerato che l'esonero del contributo deve ritenersi di stretta interpretazione, in quanto deroga alla regola generale (art. 16 DPR 380/2001), si chiede se l'applicabilità dell'esonero, ancorché parziale, debba essere esclusa poiché la società in questione, esercita un'attività lucrativa (vedasi statuto allegato) anche se la stessa può in parte avere una rilevanza sociale (attività di formazione).
4) Corretta applicazione della normativa
4.1) Infine, considerato che l'esonero del contributo viene richiesto limitatamente alla sola porzione di edificio destinata a "luogo di formazione", si chiede se sia corretto individuare sull'intero edificio in progetto, una porzione a carattere "oneroso" (sede uffici amministrativi delle organizzazioni di Confcommercio Mantova) e una porzione a carattere "gratuito" (locali destinati alla formazione)».
...

Venendo ad affrontare nel merito i quesiti posti dal Comune di Porto Mantovano, essi vertono, come sopra visto, sulla possibilità di applicare l’esonero dal contributo di costruzione dovuto per il rilascio del titolo abilitativo alla costruzione, previsto dall’art. 17, comma 3, lettera c), del D.P.R. 06.06.2001 n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), limitatamente ad una porzione di un edificio –in via di progettazione ad opera della società Sviluppo Mantova srl, che dovrebbe acquisire il relativo terreno dal Comune istante- destinata a Scuola di Formazione Professionale.
Giova preliminarmente ricordare come la portata precettiva dell’art. 17, comma 3, lettera c), del D.P.R. 06.06.2001 n. 380 è stata già più volte scandagliata da questa Sezione (Sez. contr. Lombardia parere 18.01.2012 n. 5; Lombardia
parere 09.10.2009 n. 783; Lombardia parere 21.02.2011 n. 91; peraltro tutti richiamati nella richiesta di parere in esame), nonché più di recente da ulteriori pronunce di questa Corte (Sez. contr. Emilia Romagna parere 08.05.2014 n. 123; Ead. parere 08.05.2014 n. 122; Sez. contr. Marche parere 07.08.2013 n. 60).
In tali pronunce
è stato, sul piano generale, chiarito come la norma in esame richiede la sussistenza di due requisiti che devono entrambi concorrere per fondare lo speciale regime di esonero dal contributo di costruzione, l’uno di carattere oggettivo e l’altro di carattere soggettivo. Per effetto del primo, la costruzione deve riguardare “opere pubbliche o d’interesse generale”; per effetto del secondo, le opere devono essere eseguite da “un ente istituzionalmente competente”.
Allo stesso modo si è avuto cura di specificare come:
- la decisione se applicare o meno l’esonero del pagamento degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione, con riferimento all’intervento edilizio indicato, attiene al merito dell’azione amministrativa e rientra, ovviamente, nella piena ed esclusiva discrezionalità e responsabilità dell’ente;
- rimane, altresì, alla valutazione dell’amministrazione comunale verificare in concreto (ovvero, alla luce dello statuto della società, dell’attività da essa svolta e della relativa compagine societaria) se la società interessata all’applicazione del regime derogatorio in esame possa o meno essere qualificato come “ente istituzionalmente competente” previsto all'art. 17 del d.p.r. n. 380/2001.

Nel porre in essere tali valutazioni,
l’Ente potrà orientare la sua decisione in base ai principi enucleati nei pareri sopra richiamati, ovvero:
- per quanto attiene al primo requisito richiesto dalla norma in esame, quello oggettivo (“opere pubbliche o d’interesse generale”),
l’opera da realizzare, quantunque non destinata direttamente a scopi propri della p.a., deve risultare idonea a soddisfare i bisogni della collettività, di per se stessa –poiché destinata ad uso pubblico o collettivo– o in quanto strumentale rispetto ad opere pubbliche o comunque perché immediatamente collegata con le funzioni di pubblico servizio espletate dall’ente;
- con riferimento al secondo requisito, quello soggettivo (“un ente istituzionalmente competente”),
esso deve essere letto in chiave evolutiva, non solo riconducendovi gli enti pubblici in senso proprio e i soggetti che agiscono per conto di enti pubblici (in via esemplificativa, i concessionari), ma anche, alla luce del costituzionalizzato principio di sussidiarietà orizzontale, i soggetti privati, cui sono affidati obiettivi di interesse pubblico, tenuto conto che «le funzioni pubbliche non necessariamente vengono esercitate mediante esplicazione di poteri autoritativi, ben potendo svolgersi attraverso forme e moduli procedimentali di tipo privatistico»;
- in relazione al requisito dell’attuazione dell’opera in coerenza con gli “strumenti urbanistici (art. 17, comma 3, lett. c), del d.p.r. n. 380/2001), la giurisprudenza amministrativa consolidata ha affermato che detto ulteriore requisito di esonero dal contributo di costruzione ricorre quando l’opera non solo è conforme agli strumenti urbanistici, bensì è anche espressamente contemplata come tale nello strumento urbanistico medesimo poiché la norma, testualmente, utilizza l’espressione "opere di urbanizzazione eseguite in attuazione di strumenti urbanistici" (in tal senso Cons. Stato, sez. V, 10.05.1999, n. 536; Cons. Stato, sez. V, 21.01.1997, n. 69; Cons. Stato, sez. V, 01.06.1992, n. 489); quindi, come anche di recente efficacemente ribadito, «affinché possa trovare applicazione la disposizione invocata non è sufficiente la generica sussumibilità degli interventi nell’ambito delle opere di urbanizzazione; infatti, non tutte le opere di urbanizzazione sono esenti dal contributo concessorio, ma solo quelle eseguite “in attuazione di strumenti urbanistici”, sulla base di una precisa indicazione dello stesso (cfr. Tar Lombardia-Brescia - n. 163/2005)» (cfr. Sez. contr. Emilia Romagna parere 08.05.2014 n. 123).
Particolare attenzione, nel precipuo scrutinio del caso concreto, nel cui ambito risultano attratti i singoli quesiti posti dall’Ente istante e la cui risoluzione, come sopra visto, non può che essere ricondotta alla discrezionalità dell’Ente stesso, dovrà essere prestata alla ratio della disposizione in esame, che, se correttamente valorizzata, è in grado di orientare efficacemente le valutazioni spettanti all’Ente.
Come di recente ricordato, «
la ratio della norma contenuta nell’art. 17 del d.p.r. n. 380/2001 è duplice: incentivare l’esecuzione di opere da cui la collettività possa trarre utilità; assicurare una ricaduta del beneficio dello sgravio a vantaggio della collettività, posto che l’esonero dal contributo si traduce in un abbattimento dei costi, a cui corrisponde, in definitiva, un minore aggravio di oneri per il contribuente. In altre parole, l'imposizione del contributo di costruzione ai soggetti che agiscono nell'istituzionale attuazione del pubblico interesse sarebbe altrimenti intimamente contraddittoria, poiché verrebbe a gravare, sia pure indirettamente, sulla stessa comunità che dovrebbe avvantaggiarsi del pagamento di esso» (cfr. Sez. contr. Emilia Romagna parere 08.05.2014 n. 123).
Ne deriva che, a monte, solo il perseguimento, da parte del soggetto che fruirebbe dell’esonero del contributo de quo, di un interesse pubblico riferibile alla collettività, che si potrebbe avvantaggiare con la riscossione del suddetto contributo, appare giustificare l’applicabilità della norma derogatoria in esame. Alla cui applicazione, ove ne ricorrano i presupposti ora delineati, non appare ostare, in linea generale, la circostanza che l’esonero in esame venga a riferirsi ad una porzione dell’edificio in via di realizzazione, ove quest’ultima risulti stabilmente e strutturalmente destinata al solo perseguimento di un interesse pubblico riferibile alla collettività come sopra intesa (Corte dei Conti, Sez. controllo Lombardia, parere 28.05.2014 n. 189).

EDILIZIA PRIVATA: Come questa Corte dei conti ha già avuto modo di precisare, l’art. 17, comma 3, lett. c), del d.p.r. n. 380 del 2001 prescrive la sussistenza di due requisiti che devono entrambi concorrere per fondare lo speciale regime di esonero dal contributo di costruzione, l’uno di carattere oggettivo e l’altro di carattere soggettivo. Per effetto del primo la costruzione deve riguardare “opere pubbliche o d’interesse generale”; per effetto del secondo le opere devono essere eseguite da “un ente istituzionalmente competente”.
Tanto premesso, quanto al primo requisito, quello oggettivo (“opere pubbliche o d’interesse generale”),
occorre considerare che l’opera da realizzare, quantunque non destinata direttamente a scopi propri della p.a., deve risultare idonea a soddisfare i bisogni della collettività, di per se stessa –poiché destinata ad uso pubblico o collettivo– o in quanto strumentale rispetto ad opere pubbliche o comunque perché immediatamente collegata con le funzioni di pubblico servizio espletate dall’ente.
Con riferimento al requisito soggettivo (“un ente istituzionalmente competente”),
la giurisprudenza amministrativa ha più volte chiarito che la dizione deve riferirsi, oltre che agli enti pubblici in senso proprio, anche ai soggetti che agiscono per conto di enti pubblici, ricomprendendo, pertanto, “i concessionari di opere pubbliche o analoghe figure organizzatorie, caratterizzate da un vincolo tra il soggetto abilitato ad operare nell’interesse pubblico ed il materiale esecutore della costruzione, in modo tale che l’attività edilizia sia compiuta da un soggetto che curi istituzionalmente la realizzazione di opere d’interesse generale per il perseguimento delle specifiche finalità cui le opere stesse sono destinate”.
La ratio della norma contenuta nell’art. 17 del d.p.r. n. 380/2001 è duplice: incentivare l’esecuzione di opere da cui la collettività possa trarre utilità; assicurare una ricaduta del beneficio dello sgravio a vantaggio della collettività, posto che l’esonero dal contributo si traduce in un abbattimento dei costi, a cui corrisponde, in definitiva, un minore aggravio di oneri per il contribuente.
In altre parole, l'imposizione del contributo di costruzione ai soggetti che agiscono nell'istituzionale attuazione del pubblico interesse sarebbe altrimenti intimamente contraddittoria, poiché verrebbe a gravare, sia pure indirettamente, sulla stessa comunità che dovrebbe avvantaggiarsi del pagamento di esso.
Pertanto, alla luce di tale ratio della disposizione,
la giurisprudenza amministrativa ha generalmente accolto un’interpretazione che ricomprende, nell’ambito di applicabilità della norma, oltre agli enti pubblici in senso proprio, anche “quelle figure soggettive che non agiscono per esclusivo scopo lucrativo ovvero che accompagnano al lucro un collegamento giuridicamente rilevante con l'amministrazione, sì da rafforzare il legame istituzionale con l'azione del soggetto pubblico per la cura degli interessi della collettività”.
---------------
Orbene,
si è detto sopra dell’orientamento della giurisprudenza amministrativa che, da un lato, ha interpretato estensivamente la dizione “enti istituzionalmente competenti”, ricomprendendovi, oltre agli enti pubblici in senso proprio, anche altre “figure organizzatorie” che “curino istituzionalmente la realizzazione di opere d’interesse generale per il perseguimento delle specifiche finalità cui le opere stesse sono destinate”; dall’altro lato, ha ricondotto tale espressione prevalentemente alla figura del concessionario per sottolineare quell’immediato legame istituzionale con l’azione dell’Amministrazione per la cura degli interessi della collettività, che si ritiene presupposto indefettibile per l’applicazione dell’esonero contributivo.
Sicché, alla luce di un’interpretazione evolutiva e teleologicamente orientata del concetto di “ente istituzionalmente competente” previsto all'art. 17 del d.p.r. n. 380/2001 (anche al di là delle figure dei concessionari),
rimane alla valutazione dell’amministrazione comunale valutare in concreto (ovvero, alla luce dello statuto della fondazione, dell’attività da essa svolta e della contribuzione che riceve dalla Regione) se la citata fondazione possa o meno essere qualificato come “ente istituzionalmente competente” previsto all'art. 17 del d.p.r. n. 380/2001.
---------------
Con riferimento poi al requisito dell’attuazione dell’opera in coerenza con gli “strumenti urbanistici” (art. 17, comma 3, lett. c), del d.p.r. n. 380/2001), occorre ricordare che la giurisprudenza amministrativa consolidata ha affermato che detto ulteriore requisito di esonero dal contributo di costruzione ricorre quando l’opera non solo è conforme agli strumenti urbanistici, bensì è anche espressamente contemplata come tale nello strumento urbanistico medesimo poiché la norma, testualmente, utilizza l’espressione "opere di urbanizzazione eseguite in attuazione di strumenti urbanistici".
In altre parole,
affinché possa trovare applicazione la disposizione invocata non è sufficiente la generica sussumibilità degli interventi nell’ambito delle opere di urbanizzazione; infatti, non tutte le opere di urbanizzazione sono esenti dal contributo concessorio, ma solo quelle eseguite “in attuazione di strumenti urbanistici”, sulla base di una precisa indicazione dello stesso.
---------------
Il Sindaco del Comune di San Giovanni in Persiceto formula alla Sezione un quesito riguardante la sussistenza delle condizioni per applicare, in tutto o in parte, l’esenzione dai contributi di costruzione ai sensi dell’art. 17 del d.p.r. n. 380 del 2001 e dell’art. 32 della legge regionale n. 15 del 2013 nel caso della richiesta presentata al Comune medesimo in data 13.12.2013 da parte della Fondazione Opera Madonna del Lavoro (FOMAL) che intende procedere all’ampliamento dei locali destinati ad asilo nido per una superficie utile di 200,92 mq da destinarsi ad aule didattiche, uffici, sala riunioni e sevizi igienici, tenuto anche conto che detta opera rientra tra quelle da eseguire in attuazione degli strumenti urbanistici.
...

3.1. Il Comune di San Giovanni in Persiceto chiede di conoscere se ricorrano le condizioni per applicare, in tutto o in parte, l’esenzione dai contributi di costruzione ai sensi dell’art. 17 del d.p.r. n. 380 del 2001 e dell’art. 32 della legge regionale n. 15 del 2013 nel caso della richiesta presentata al Comune medesimo in data 13.12.2013 da parte della Fondazione Opera Madonna del Lavoro (FOMAL) che intende procedere all’ampliamento dei locali destinati ad asilo nido parrocchiale, per il quale è attualmente in essere una convenzione con il Comune, per una superficie utile di 200,92 mq da destinarsi ad aule didattiche, uffici, sala riunioni e sevizi igienici, tenuto anche conto che detta opera rientra tra quelle da eseguire in attuazione degli strumenti urbanistici.
3.2. In via preliminare la Sezione precisa che
la decisione se applicare o meno l’esonero del pagamento degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione, con riferimento all’intervento edilizio indicato, attiene al merito dell’azione amministrativa e rientra, ovviamente, nella piena ed esclusiva discrezionalità e responsabilità dell’ente che potrà orientare la sua decisione in base alle conclusioni contenute nel parere della Sezione.
3.3. Come questa Corte dei conti ha già avuto modo di precisare (Sez. contr. Lombardia parere 18.01.2012 n. 5; Lombardia
parere 09.10.2009 n. 783; Lombardia parere 21.02.2011 n. 91; Sez. contr. Marche parere 07.08.2013 n. 60), l’art. 17, comma 3, lett. c), del d.p.r. n. 380 del 2001 prescrive la sussistenza di due requisiti che devono entrambi concorrere per fondare lo speciale regime di esonero dal contributo di costruzione, l’uno di carattere oggettivo e l’altro di carattere soggettivo. Per effetto del primo la costruzione deve riguardare “opere pubbliche o d’interesse generale”; per effetto del secondo le opere devono essere eseguite da “un ente istituzionalmente competente”.
3.3.1. Tanto premesso, quanto al primo requisito, quello oggettivo (“opere pubbliche o d’interesse generale”),
occorre considerare che l’opera da realizzare, quantunque non destinata direttamente a scopi propri della p.a., deve risultare idonea a soddisfare i bisogni della collettività, di per se stessa –poiché destinata ad uso pubblico o collettivo– o in quanto strumentale rispetto ad opere pubbliche o comunque perché immediatamente collegata con le funzioni di pubblico servizio espletate dall’ente (cfr. in tal senso ex plurimis: Cons. Stato, sez. IV, 10.05.2005, n. 2226; Cons. Stato sez. V, 06.05.2003 n. 5315; Cons. Stato, sez. V, 25.06.2002, n. 6618).
3.3.2. Con riferimento al requisito soggettivo (“un ente istituzionalmente competente”),
la giurisprudenza amministrativa ha più volte chiarito che la dizione deve riferirsi, oltre che agli enti pubblici in senso proprio, anche ai soggetti che agiscono per conto di enti pubblici, ricomprendendo, pertanto, “i concessionari di opere pubbliche o analoghe figure organizzatorie, caratterizzate da un vincolo tra il soggetto abilitato ad operare nell’interesse pubblico ed il materiale esecutore della costruzione, in modo tale che l’attività edilizia sia compiuta da un soggetto che curi istituzionalmente la realizzazione di opere d’interesse generale per il perseguimento delle specifiche finalità cui le opere stesse sono destinate (in tal senso cfr. ex plurimis: Cons. Stato, sez. VI, 09.09.2008, n. 4296; sez. V, 11.01.2006, n. 51; sez. IV, 10.05.2005, n. 2226).
La ratio della norma contenuta nell’art. 17 del d.p.r. n. 380/2001 è duplice: incentivare l’esecuzione di opere da cui la collettività possa trarre utilità; assicurare una ricaduta del beneficio dello sgravio a vantaggio della collettività, posto che l’esonero dal contributo si traduce in un abbattimento dei costi, a cui corrisponde, in definitiva, un minore aggravio di oneri per il contribuente.
In altre parole, l'imposizione del contributo di costruzione ai soggetti che agiscono nell'istituzionale attuazione del pubblico interesse sarebbe altrimenti intimamente contraddittoria, poiché verrebbe a gravare, sia pure indirettamente, sulla stessa comunità che dovrebbe avvantaggiarsi del pagamento di esso.
3.3.3. Pertanto, alla luce di tale ratio della disposizione,
la giurisprudenza amministrativa ha generalmente accolto un’interpretazione che ricomprende, nell’ambito di applicabilità della norma, oltre agli enti pubblici in senso proprio, anche “quelle figure soggettive che non agiscono per esclusivo scopo lucrativo ovvero che accompagnano al lucro un collegamento giuridicamente rilevante con l'amministrazione, sì da rafforzare il legame istituzionale con l'azione del soggetto pubblico per la cura degli interessi della collettività (in tal senso ex plurimis: Cons. Stato, sez. V, 20.10.2004, n. 6818; Cons. Stato, sez. IV, 12.07.2005, n. 3744).
4. Nel quesito posto dall’Amministrazione comunale si precisa che la Fondazione Opera Madonna del Lavoro (FOMAL) ha chiesto al Comune di San Giovanni in Persiceto di procedere all’ampliamento dei locali destinati ad asilo nido parrocchiale, per il quale è attualmente in essere una convenzione con il Comune, per una superficie utile di 200,92 mq da destinarsi ad aule didattiche, uffici, sala riunioni e servizi igienici, tenuto anche conto che detta opera rientra tra quelle da eseguire in attuazione degli strumenti urbanistici.
Orbene,
si è detto sopra dell’orientamento della giurisprudenza amministrativa che, da un lato, ha interpretato estensivamente la dizione “enti istituzionalmente competenti”, ricomprendendovi, oltre agli enti pubblici in senso proprio, anche altre “figure organizzatorie” che “curino istituzionalmente la realizzazione di opere d’interesse generale per il perseguimento delle specifiche finalità cui le opere stesse sono destinate”; dall’altro lato, ha ricondotto tale espressione prevalentemente alla figura del concessionario per sottolineare quell’immediato legame istituzionale con l’azione dell’Amministrazione per la cura degli interessi della collettività, che si ritiene presupposto indefettibile per l’applicazione dell’esonero contributivo.
Sicché, alla luce di un’interpretazione evolutiva e teleologicamente orientata del concetto di “ente istituzionalmente competente” previsto all'art. 17 del d.p.r. n. 380/2001 (anche al di là delle figure dei concessionari),
rimane alla valutazione dell’amministrazione comunale valutare in concreto (ovvero, alla luce dello statuto della fondazione, dell’attività da essa svolta e della contribuzione che riceve dalla Regione) se la citata fondazione possa o meno essere qualificato come “ente istituzionalmente competente” previsto all'art. 17 del d.p.r. n. 380/2001.
5.
Con riferimento poi al requisito dell’attuazione dell’opera in coerenza con gli “strumenti urbanistici” (art. 17, comma 3, lett. c), del d.p.r. n. 380/2001), occorre ricordare che la giurisprudenza amministrativa consolidata ha affermato che detto ulteriore requisito di esonero dal contributo di costruzione ricorre quando l’opera non solo è conforme agli strumenti urbanistici, bensì è anche espressamente contemplata come tale nello strumento urbanistico medesimo poiché la norma, testualmente, utilizza l’espressione "opere di urbanizzazione eseguite in attuazione di strumenti urbanistici" (in tal senso Cons. Stato, sez. V, 10.05.1999, n. 536; Cons. Stato, sez. V, 21.01.1997, n. 69; Cons. Stato, sez. V, 01.06.1992, n. 489).
In altre parole,
affinché possa trovare applicazione la disposizione invocata non è sufficiente la generica sussumibilità degli interventi nell’ambito delle opere di urbanizzazione; infatti, non tutte le opere di urbanizzazione sono esenti dal contributo concessorio, ma solo quelle eseguite “in attuazione di strumenti urbanistici”, sulla base di una precisa indicazione dello stesso (cfr. Tar Lombardia-Brescia - n. 163/2005).
6. Chiariti i principi di carattere generale a cui l’interprete deve rifarsi in sede di applicazione della seconda fattispecie tipizzata dalla lettera c) dell’art. 17 del d.p.r. n. 380/2001, spetta all’amministrazione comunale compiere le valutazioni del caso concreto (Corte dei Conti, Sez. controllo Emilia Romagna, parere 08.05.2014 n. 123).

EDILIZIA PRIVATA: Come questa Corte dei conti ha già avuto modo di precisare, l’art. 17, comma 3, lett. c), del d.p.r. n. 380 del 2001 prescrive la sussistenza di due requisiti che devono entrambi concorrere per fondare lo speciale regime di esonero dal contributo di costruzione, l’uno di carattere oggettivo e l’altro di carattere soggettivo. Per effetto del primo la costruzione deve riguardare “opere pubbliche o d’interesse generale”; per effetto del secondo le opere devono essere eseguite da “un ente istituzionalmente competente”.
Tanto premesso, quanto al primo requisito, quello oggettivo (“opere pubbliche o d’interesse generale”),
occorre considerare che l’opera da realizzare, quantunque non destinata direttamente a scopi propri della p.a., deve risultare idonea a soddisfare i bisogni della collettività, di per se stessa –poiché destinate ad uso pubblico o collettivo– o in quanto strumentale rispetto ad opere pubbliche o comunque perché immediatamente collegata con le funzioni di pubblico servizio espletate dall’ente.
Con riferimento al requisito soggettivo (“un ente istituzionalmente competente”),
la giurisprudenza amministrativa ha più volte chiarito che la dizione deve riferirsi, oltre che agli enti pubblici in senso proprio, anche ai soggetti che agiscono per conto di enti pubblici, ricomprendendo, pertanto, “i concessionari di opere pubbliche o analoghe figure organizzatorie, caratterizzate da un vincolo tra il soggetto abilitato ad operare nell’interesse pubblico ed il materiale esecutore della costruzione, in modo tale che l’attività edilizia sia compiuta da un soggetto che curi istituzionalmente la realizzazione di opere d’interesse generale per il perseguimento delle specifiche finalità cui le opere stesse sono destinate”.
La ratio della norma contenuta nell’art. 17 del d.p.r. n. 380/2001 è duplice: incentivare l’esecuzione di opere da cui la collettività possa trarre utilità; assicurare una ricaduta del beneficio dello sgravio a vantaggio della collettività, posto che l’esonero dal contributo si traduce in un abbattimento dei costi, a cui corrisponde, in definitiva, un minore aggravio di oneri per il contribuente.
In altre parole, l'imposizione del contributo di costruzione ai soggetti che agiscono nell'istituzionale attuazione del pubblico interesse sarebbe altrimenti intimamente contraddittoria, poiché verrebbe a gravare, sia pure indirettamente, sulla stessa comunità che dovrebbe avvantaggiarsi del pagamento di esso.

Pertanto, alla luce di tale ratio della disposizione,
la giurisprudenza amministrativa ha generalmente accolto un’interpretazione che ricomprende, nell’ambito di applicabilità della norma, oltre agli enti pubblici in senso proprio, anche “quelle figure soggettive che non agiscono per esclusivo scopo lucrativo ovvero che accompagnano al lucro un collegamento giuridicamente rilevante con l'amministrazione, sì da rafforzare il legame istituzionale con l'azione del soggetto pubblico per la cura degli interessi della collettività”.
---------------
Orbene,
si è detto sopra dell’orientamento della giurisprudenza amministrativa che, da un lato, ha interpretato estensivamente la dizione “enti istituzionalmente competenti”, ricomprendendovi, oltre agli enti pubblici in senso proprio, anche altre “figure organizzatorie” che “curino istituzionalmente la realizzazione di opere d’interesse generale per il perseguimento delle specifiche finalità cui le opere stesse sono destinate”; dall’altro lato, ha ricondotto tale espressione prevalentemente alla figura del concessionario per sottolineare quell’immediato legame istituzionale con l’azione dell’Amministrazione per la cura degli interessi della collettività, che si ritiene presupposto indefettibile per l’applicazione dell’esonero contributivo.
Sicché,
alla luce di un’interpretazione evolutiva e teleologicamente orientata del concetto di “ente istituzionalmente competente” previsto all'art. 17 del d.p.r. n. 380/2001 (anche al di là delle figure dei concessionari), rimane alla valutazione dell’amministrazione comunale valutare in concreto (ovvero, alla luce dello statuto della predetta società in house) se la citata fondazione possa o meno essere qualificato come “ente istituzionalmente competente” previsto all'art. 17 del d.p.r. n. 380/2001.
---------------

Con riferimento poi al requisito dell’attuazione dell’opera in coerenza con gli “strumenti urbanistici” (art. 17, comma 3, lett. c), del d.p.r. n. 380/2001), occorre ricordare che la giurisprudenza amministrativa consolidata ha affermato che detto ulteriore requisito di esonero dal contributo di costruzione ricorre quando l’opera non solo è conforme agli strumenti urbanistici, bensì è anche espressamente contemplata come tale nello strumento urbanistico medesimo poiché la norma, testualmente, utilizza l’espressione "opere di urbanizzazione eseguite in attuazione di strumenti urbanistici".
In altre parole,
affinché possa trovare applicazione la disposizione invocata non è sufficiente la generica sussumibilità degli interventi nell’ambito delle opere di urbanizzazione; infatti, non tutte le opere di urbanizzazione sono esenti dal contributo concessorio, ma solo quelle eseguite “in attuazione di strumenti urbanistici”, sulla base di una precisa indicazione dello stesso.
---------------
Il Sindaco del Comune di Forlì formula alla Sezione un quesito riguardante la sussistenza delle condizioni per applicare l’esenzione dai contributi di costruzione ai sensi dell’art. 17 del d.p.r. n. 380 del 2001 e dell’art. 32 della legge regionale n. 15 del 2013 nel caso della realizzazione di una nuova sede multifunzionale da parte di una Società per azioni a capitale totalmente pubblico in rapporto di house providing con il Comune e deputata alla gestione di tutte le reti e degli impianti di captazione, di accumulo, potabilizzazione, sollevamento, adduzione primaria secondaria e distribuzione primaria di acqua potabile afferenti al Servizio idrico integrato nei comuni della Romagna.
...
3.1. Il Comune di Forlì chiede di conoscere se ricorrano le condizioni per applicare l’esenzione dai contributi di costruzione ai sensi dell’art. 17 del d.p.r. n. 380 del 2001 e dell’art. 32 della legge regionale n. 15 del 2013 nel caso della realizzazione di una nuova sede multifunzionale da parte di una Società per azioni a capitale totalmente pubblico in rapporto di house providing e deputata alla gestione di tutte le reti e degli impianti di captazione, di accumulo, potabilizzazione, sollevamento, adduzione primaria secondaria e distribuzione primaria di acqua potabile afferenti al Servizio idrico integrato nei comuni della Romagna.
3.2. In via preliminare la Sezione precisa che
la decisione se applicare o meno l’esonero del pagamento degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione, con riferimento all’intervento edilizio indicato, attiene al merito dell’azione amministrativa e rientra, ovviamente, nella piena ed esclusiva discrezionalità e responsabilità dell’ente che potrà orientare la sua decisione in base alle conclusioni contenute nel parere della Sezione.
3.3. Come questa Corte dei conti ha già avuto modo di precisare (Sez. contr. Lombardia parere 18.01.2012 n. 5; Lombardia
parere 09.10.2009 n. 783; Lombardia parere 21.02.2011 n. 91; Sez. contr. Marche parere 07.08.2013 n. 60), l’art. 17, comma 3, lett. c), del d.p.r. n. 380 del 2001 prescrive la sussistenza di due requisiti che devono entrambi concorrere per fondare lo speciale regime di esonero dal contributo di costruzione, l’uno di carattere oggettivo e l’altro di carattere soggettivo. Per effetto del primo la costruzione deve riguardare “opere pubbliche o d’interesse generale”; per effetto del secondo le opere devono essere eseguite da “un ente istituzionalmente competente”.
3.3.1. Tanto premesso, quanto al primo requisito, quello oggettivo (“opere pubbliche o d’interesse generale”),
occorre considerare che l’opera da realizzare, quantunque non destinata direttamente a scopi propri della p.a., deve risultare idonea a soddisfare i bisogni della collettività, di per se stessa –poiché destinate ad uso pubblico o collettivo– o in quanto strumentale rispetto ad opere pubbliche o comunque perché immediatamente collegata con le funzioni di pubblico servizio espletate dall’ente (cfr. in tal senso ex plurimis: Cons. Stato sez. IV, 10.05.2005, n. 2226; Cons. Stato, sez. V, 06.05.2003 n. 5315; Cons. Stato sez. V, 25.06.2002, n. 6618).
3.3.2. Con riferimento al requisito soggettivo (“un ente istituzionalmente competente”),
la giurisprudenza amministrativa ha più volte chiarito che la dizione deve riferirsi, oltre che agli enti pubblici in senso proprio, anche ai soggetti che agiscono per conto di enti pubblici, ricomprendendo, pertanto, “i concessionari di opere pubbliche o analoghe figure organizzatorie, caratterizzate da un vincolo tra il soggetto abilitato ad operare nell’interesse pubblico ed il materiale esecutore della costruzione, in modo tale che l’attività edilizia sia compiuta da un soggetto che curi istituzionalmente la realizzazione di opere d’interesse generale per il perseguimento delle specifiche finalità cui le opere stesse sono destinate (in tal senso cfr. ex plurimis: Cons. Stato, sez. VI, 09.09.2008, n. 4296; sez. V, 11.01.2006, n. 51; sez. IV, 10.05.2005, n. 2226).
La ratio della norma contenuta nell’art. 17 del d.p.r. n. 380/2001 è duplice: incentivare l’esecuzione di opere da cui la collettività possa trarre utilità; assicurare una ricaduta del beneficio dello sgravio a vantaggio della collettività, posto che l’esonero dal contributo si traduce in un abbattimento dei costi, a cui corrisponde, in definitiva, un minore aggravio di oneri per il contribuente.
In altre parole, l'imposizione del contributo di costruzione ai soggetti che agiscono nell'istituzionale attuazione del pubblico interesse sarebbe altrimenti intimamente contraddittoria, poiché verrebbe a gravare, sia pure indirettamente, sulla stessa comunità che dovrebbe avvantaggiarsi del pagamento di esso.
3.3.3. Pertanto, alla luce di tale ratio della disposizione,
la giurisprudenza amministrativa ha generalmente accolto un’interpretazione che ricomprende, nell’ambito di applicabilità della norma, oltre agli enti pubblici in senso proprio, anche “quelle figure soggettive che non agiscono per esclusivo scopo lucrativo ovvero che accompagnano al lucro un collegamento giuridicamente rilevante con l'amministrazione, sì da rafforzare il legame istituzionale con l'azione del soggetto pubblico per la cura degli interessi della collettività (in tal senso ex plurimis: Cons. Stato sez. V, 20.10.2004, n. 6818; Cons. Stato sez. IV, 12.07.2005, n. 3744).
4. Nel quesito posto dall’Amministrazione comunale si precisa che la Romagna Acque – Società delle Fonti s.p.a. società a capitale totalmente pubblico, costituita nel 1994, gestisce tutte le principali fonti di produzione di acqua potabile ed è principale fornitore all’ingrosso del Servizio idrico integrato del territorio romagnolo in virtù di una convenzione sottoscritta con le tre Autorità d’ambito territoriale ottimale della Romagna Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini (oggi confluite nell’unica Agenzia regionale, ATERSIR, l.r. 23.12.2011, n. 23) in data 30.12.2008 e con valenza fino al 31.12.2023.
Orbene,
si è detto sopra dell’orientamento della giurisprudenza amministrativa che, da un lato, ha interpretato estensivamente la dizione “enti istituzionalmente competenti”, ricomprendendovi, oltre agli enti pubblici in senso proprio, anche altre “figure organizzatorie” che “curino istituzionalmente la realizzazione di opere d’interesse generale per il perseguimento delle specifiche finalità cui le opere stesse sono destinate”; dall’altro lato, ha ricondotto tale espressione prevalentemente alla figura del concessionario per sottolineare quell’immediato legame istituzionale con l’azione dell’Amministrazione per la cura degli interessi della collettività, che si ritiene presupposto indefettibile per l’applicazione dell’esonero contributivo.
Sicché,
alla luce di un’interpretazione evolutiva e teleologicamente orientata del concetto di “ente istituzionalmente competente” previsto all'art. 17 del d.p.r. n. 380/2001 (anche al di là delle figure dei concessionari), rimane alla valutazione dell’amministrazione comunale valutare in concreto (ovvero, alla luce dello statuto della predetta società in house) se la citata fondazione possa o meno essere qualificato come “ente istituzionalmente competente” previsto all'art. 17 del d.p.r. n. 380/2001.
5.
Con riferimento poi al requisito dell’attuazione dell’opera in coerenza con gli “strumenti urbanistici” (art. 17, comma 3, lett. c), del d.p.r. n. 380/2001), occorre ricordare che la giurisprudenza amministrativa consolidata ha affermato che detto ulteriore requisito di esonero dal contributo di costruzione ricorre quando l’opera non solo è conforme agli strumenti urbanistici, bensì è anche espressamente contemplata come tale nello strumento urbanistico medesimo poiché la norma, testualmente, utilizza l’espressione "opere di urbanizzazione eseguite in attuazione di strumenti urbanistici" (in tal senso Cons. Stato sez. V, 10.05.1999, n. 536; Cons. Stato sez. V, 21.01.1997, n. 69; Cons. Stato, sez. V, 01.06.1992, n. 489).
In altre parole,
affinché possa trovare applicazione la disposizione invocata non è sufficiente la generica sussumibilità degli interventi nell’ambito delle opere di urbanizzazione; infatti, non tutte le opere di urbanizzazione sono esenti dal contributo concessorio, ma solo quelle eseguite “in attuazione di strumenti urbanistici”, sulla base di una precisa indicazione dello stesso (cfr. Tar Lombardia-Brescia - n. 163/2005).
Ora, nel caso di specie viene data assicurazione circa la programmata edificazione di un edificio multifunzionale destinato direttamente ed immediatamente ai fini istituzionali di Romagna Acque s.p.a. relativi alla gestione, alla manutenzione ed allo sviluppo della rete dell’Acquedotto della Romagna, delle nuove fonti e delle opere ad essa collegate, al fine dell’erogazione del Servizio idrico integrato è urbanisticamente localizzata (v. Regolamento urbanistico ed edilizio 2007 del Comune di Forlì) all’interno del Piano di recupero per l’area ex Orsi Mangelli e in particolare nell’area identificata come sotto unità lotto 1b da destinare a nuova costruzione in coerenza con gli usi ammessi per la sottozona Ac2 “Servizi della pubblica amministrazione di scala territoriale” (art. 129 RUE): U5, U6, U10, U17, U19, U20, U23, U29, U30.
L’Amministrazione comunale, segnala altresì che: un’eventuale futura alienazione dell’immobile da parte di Romagna Acque è condizionata all’approvazione di una variante di destinazione d’uso di carattere oneroso (caratterizzata dal pagamento del relativo contributo); l’edificio da realizzare è qualificabile come “opera pubblica o di pubblico interesse” ai fini dell’affidamento ed esecuzione della stessa che dovranno essere assoggettati alla disciplina del codice dei contratti pubblici e del relativo regolamento dio attuazione.
6. Chiariti i principi di carattere generale a cui l’interprete deve rifarsi in sede di applicazione della seconda fattispecie tipizzata dalla lettera c) dell’art. 17 del d.p.r. n. 380/2001, spetta all’Amministrazione comunale compiere le valutazioni del caso concreto
(Corte dei Conti, Sez. controllo Emilia Romagna, parere 08.05.2014 n. 122).

EDILIZIA PRIVATA: Sulla gratuità circa la costruzione di una chiesa.
Deve considerarsi “ente istituzionalmente competente” sia un ente pubblico che agisca nell'ambito delle proprie competenze istituzionali, sia un soggetto privato che operi per conto di un ente pubblico, come è nel caso di specie l'ente ecclesiastico, al quale certo non può essere disconosciuto lo svolgimento di una funzione di interesse generale o collettivo.
Tanto è vero che le chiese sono usualmente annoverate tra le opere di urbanizzazione secondaria (cfr. art. 3, comma 2, lett. b), del D.M. n. 1444/1968.
Sicché,
si evince la sussistenza nel caso di specie dei requisiti necessari per l'esonero dal contributo di costruzione, atteso il carattere pubblico dell'opera qualificata dalla legge regionale quale opera necessaria (di urbanizzazione) da ricondurre nell’ambito delle “attrezzature religiose”, realizzata da un soggetto privato in attuazione di strumenti urbanistici come previsto dal combinato disposto dall'art. 17, comma 3, lett. c), del d.P.R. 380/2001 e dell'art. 1, comma 1, della Legge Regionale della Campania n. 9 del 05.03.1990.
Sussistono, quindi, entrambe le condizioni per accordare l’esenzione del contributo di costruzione: sia sotto il profilo oggettivo, in quanto il complesso ecclesiastico, quale opera destinata alla fruizione collettiva, soddisfa un interesse generale; sia sotto il profilo soggettivo quale è quello secondo cui le opere devono essere eseguite da un “ente istituzionalmente competente”.

... per l'annullamento del permesso di costruire n. 63/2004 riguardante la realizzazione di un fabbricato destinato a chiesa in zona F – destinata ad attrezzature
...
Con il quarto dei motivi aggiunti si denuncia la presunta illegittimità del permesso di costruire in sanatoria n. 18 del 19.10.2010 sull’assunto del mancato pagamento degli oneri concessori di cui all'art. 16 e seguenti del d.P.R. 06.06.2001, n. 380.
Al fine di valutare la fondatezza della censura occorre richiamare il quadro normativo vigente.
In primo luogo l'art. 17, comma 3, lettera c), del d.P.R. 380/2001 dispone che “il contributo di costruzione non e' dovuto: …c) per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici”.
La legge Regionale della Campania n. 9 del 05.03.1990, avente ad oggetto la “riserva di standards urbanistici per attrezzature religiose” ha previsto all'art. 1, comma 1, che “i Comuni sono obbligati ad includere negli strumenti urbanistici generali ed attuativi le previsioni necessarie per la realizzazione di attrezzature religiose” chiarendo, altresì, al successivo comma 5 che “le dotazioni minime di aree di cui al presente articolo in ogni caso non possono essere inferiori a mq 5.000”.
Sulla base di quanto riportato si evince la sussistenza nel caso di specie dei requisiti necessari per l'esonero dal contributo di costruzione, atteso il carattere pubblico dell'opera qualificata dalla legge regionale quale opera necessaria (di urbanizzazione) da ricondurre nell’ambito delle “attrezzature religiose”, realizzata da un soggetto privato in attuazione di strumenti urbanistici come previsto dal combinato disposto dall'art. 17, comma 3, lett. c), del d.P.R. 380/2001 e dell'art. 1, comma 1, della Legge Regionale della Campania n. 9 del 05.03.1990.
Sussistono, quindi, entrambe le condizioni per accordare l’esenzione del contributo di costruzione: sia sotto il profilo oggettivo, in quanto il complesso ecclesiastico, quale opera destinata alla fruizione collettiva, soddisfa un interesse generale; sia sotto il profilo soggettivo quale è quello secondo cui le opere devono essere eseguite da un “ente istituzionalmente competente”.
Infatti secondo un’ormai consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa deve considerarsi “ente istituzionalmente competente” sia un ente pubblico che agisca nell'ambito delle proprie competenze istituzionali, sia un soggetto privato che operi per conto di un ente pubblico (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 09.09.2008, n. 4296; idem, Sez. IV, 10.05.2005, n. 2226), come è nel caso di specie l'ente ecclesiastico, al quale certo non può essere disconosciuto lo svolgimento di una funzione di interesse generale o collettivo.
Tanto è vero che le chiese sono usualmente annoverate tra le opere di urbanizzazione secondaria (cfr. art. 3, comma 2, lett. b), del D.M. n. 1444/1968.
Ad ogni modo il P.R.G. vigente presso il Comune conferma la caratteristica di opera di urbanizzazione del complesso ecclesiastico, in quanto per l'area interessata prevede la destinazione urbanistica “F4” corrispondente ad “attrezzature collettive — attrezzature religiose”, sicché la realizzazione dell’edificio parrocchiale deve ritenersi operata in attuazione dei vigenti strumenti urbanistici
(TAR Campania-Napoli, Sez. II, sentenza 06.02.2014 n. 769 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2013

EDILIZIA PRIVATA: M. T. D'Urso, La deroga alla onerosità della concessione edilizia ricorre solo nelle ipotesi tassativamente previste dalla legge. Oneri di urbanizzazione anche se l’impresa realizza un’opera pubblica (Diritto e Pratica Amministrativa n. 10/2013).

EDILIZIA PRIVATA: Esenzione contributo ex art. 3 legge 10/1977.
Il requisito c.d. soggettivo, necessario per accordare l’esenzione dal contributo di cui all’art. 3 della l. 10 del 1977, sussiste non solo nel caso in cui l’opera sia realizzata direttamente da un ente pubblico nell’esercizio delle proprie competenze istituzionali, ma anche nel caso in cui l’opus venga realizzato da un soggetto privato, purché per conto di un ente pubblico, come nel caso della concessione di opera pubblica o di altre analoghe figure organizzatorie, in cui l’opera sia realizzata da soggetti che non agiscano per scopo di lucro, o che accompagnino tale lucro ad un legame istituzionale con l’azione dell’amministrazione volta alla cura di interessi pubblici (massima tratta da www.lexambiente.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 18.09.2013 n. 2172 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Contributo per il rilascio del permesso di costruire, Poste Italiane SpA esenti.
Non è dovuto il pagamento del contributo per il rilascio del permesso di costruire per la realizzazione da parte di Poste Italiane S.p.A. dell’ampliamento di un edificio adibito a Centro Postale Meccanizzato. Ricorrono entrambi i requisiti previsti per la gratuità del permesso ovverosia che l'opera sia realizzata da un "ente istituzionalmente competente" (requisito soggettivo) e che gli impianti, le attrezzature e le opere siano "pubbliche o di interesse generale" (requisito oggettivo).
Nel caso in esame Poste Italiane S.p.A., proprietaria di edificio adibito a Centro Postale Meccanizzato, chiedeva un permesso di costruire per il suo ampliamento e il TAR milanese è chiamato a risolvere la questione se sia dovuto il pagamento del contributo per il rilascio del permesso edificatorio o se si ricada in una ipotesi di concessione gratuita.
L'art. 9, lett. f), della legge 28.01.977 n. 10 (“Norme per la edificabilità dei suoli”), dispone che il contributo per il rilascio della concessione edilizia non sia dovuto in presenza di due requisiti:
a) che l'opera sia realizzata da un "ente istituzionalmente competente" (requisito soggettivo);
b) che gli impianti, le attrezzature e le opere siano "pubbliche o di interesse generale" (requisito oggettivo).
L’organo giudicante ritiene che sussistano entrambi i presupposti per la gratuità.
Quanto al requisito soggettivo, Poste Italiane S.p.A., quale società a totale partecipazione dello Stato derivante dalla trasformazione dell'Ente Poste Italiane - conserva la connotazione propria della sua originaria natura pubblicistica e continua ad essere affidataria della cura di rilevanti interessi pubblici.
Poste Italiane S.p.A., è concessionaria del servizio postale che costituisce un servizio pubblico di preminente interesse generale (Cons. Stato, VI, sentenza 02.10.2009 n. 5987).
Secondo giurisprudenza il requisito c.d. soggettivo, necessario onde accordare l’esenzione dal contributo previsto dall’art. 3 della l. 10 del 1977, sussiste non solo nel caso in cui l’opera sia realizzata direttamente da un ente pubblico nell’esercizio delle proprie competenze istituzionali, ma anche nel caso in cui l’opus venga realizzato da un soggetto privato, purché per conto di un ente pubblico, come nel caso della concessione di opera pubblica o di altre analoghe figure organizzatorie, in cui l’opera sia realizzata da soggetti che non agiscano per scopo di lucro, o che accompagnino tale lucro ad un legame istituzionale con l’azione dell’amministrazione volta alla cura di interessi pubblici (Cons. Stato, Sez. VI, 09.09.2008 n. 4296; Cons. Stato, Sez. VI, 12.07.2005, n. 3744; Cons. Stato, Sez. VI, 10.05.2005, n. 2226; Cons. Stato, Sez. V, 02.12.2002, n. 6618; TAR Lombardia-Milano, sez. IV, 16.07.2013 n. 1872).
Quanto al requisito oggettivo, l’opera oggetto della concessione edilizia, cui inerisce il contributo in questione, si qualifica quale opera "necessaria" per l'espletamento del pubblico servizio, risultando direttamente collegata all’attività istituzionale di prestazione del servizio postale (il Centro Postale Meccanizzato, infatti, risulta progettato e costruito per ospitare l'attività di smistamento degli effetti postali, sicché esso assume un ruolo centrale e preminente nell'ambito dell'intera rete del servizio postale).
Si rientra pertanto nell’ipotesi di non debenza del contributo.
---------------
Esito
Accoglie il ricorso
Precedenti giurisprudenziali
Cons. Stato, Sez. VI, 09.09.2008 n. 4296; Cons. Stato, 12.07.2005, n. 3744; Cons. Stato Sez. IV, 10.05.2005, n. 2226; Cons. Stato, Sez. V, sent. 02.12.2002, n. 6618; TAR Lombardia-Milano, sez. IV, 16.07.2013 n. 1872
Riferimenti normativi

Artt. 3 e 9, lett. f), della legge 28.01.1977 n. 10
(commento tratto da www.ipsoa.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 18.09.2013 n. 2172 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa fattispecie di esonero dal contributo di costruzione ricorre quando l’opera non solo è conforme agli strumenti urbanistici bensì è anche espressamente contemplata come tale nello strumento urbanistico”.
Si annette efficacia dirimente ai fini dell’esenzione al nesso che deve intercorrere tra l’opera e lo strumento urbanistico atteso che “affinché possa trovare applicazione la disposizione invocata non è sufficiente la generica sussumibilità degli interventi nell’ambito delle opere di urbanizzazione” essendo esenti dal contributo, per espressa previsione normativa, solo quelle eseguite “in attuazione di strumenti urbanistici”. Ciò in quanto “la ratio della gratuità in termini di contributi di costruzione è quella di incentivare solo la dotazione di quelle infrastrutture che danno coerente attuazione alle previsioni urbanistiche espressamente previste dall’Autorità comunale”.
Ne consegue che “
affinché un intervento possa qualificarsi come opera di urbanizzazione eseguita in attuazione di strumenti urbanistici è necessario che, oltre a potersi qualificare opera di urbanizzazione, sia specificamente indicata nello strumento urbanistico corrispondendo ad una precisa indicazione dello stesso”.
Pertanto, è rimesso, se del caso mediante previa adozione di norme regolamentari, alla competenza ed alla discrezionalità dello stesso Ente –peraltro in possesso della necessaria conoscenza circa gli strumenti urbanistici vigenti– la verifica del se ed in che misura il singolo intervento sia ascrivibile al genu
s della opera di urbanizzazione e soddisfi compiutamente i presupposti rilevanti al fine dell’esenzione come dianzi ricostruiti.
Il Comune di Grottammare con nota a firma del suo Sindaco ha formulato, ai sensi dell’art. 7, comma 8, della L. 131/2003, una articolata richiesta di parere in ordine alla corretta individuazione dell’ambito di applicabilità del disposto di cui all’art. 17, comma 3, lett. c), D.P.R. 380/2001 a mente del quale “il contributo di costruzione non è dovuto per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici.
Evidenziate le due distinte ipotesi tratteggiate dalla norma e, richiamato l’orientamento pressoché pacifico della giurisprudenza in merito ai presupposti –oggettivo e soggettivo– in costanza dei quali possa ritenersi integrata la prima fattispecie (impianti, attrezzature, opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti), il Comune istante chiede di conoscere il motivato avviso della Sezione in relazione alla diversa categoria delle “opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici.
Prospetta, in particolare, un dubbio interpretativo circa la sussumibilità nella anzidetta categoria di opere “dimensionate per soddisfare bacini di utenza più ampi di quelli locali (grandi attrezzature culturali)” nonché in ordine alla necessità, ai fini dell’esenzione, che “dette strutture restino nella proprietà del privato esecutore pur con specifico vincolo di destinazione ad uso pubblico.
...
La questione prospettata dall’Ente istante evoca una problematica su cui la giurisprudenza, non solo contabile, si è, a più riprese e sotto diversi profili prospettici, pronunciata fissando principi che la Sezione ritiene di non disattendere.
Rileva, a tal riguardo, tra gli altri il
parere 18.01.2012 n. 5 con il quale la Sezione Regionale di controllo per la Lombardia –nell’operare una minuziosa ricostruzione ermeneutica del disposto di cui all’art. 17, comma 3, lett. c), D.P.R. 380/2001 nella sua duplice articolazione– con specifico riguardo alla ipotesi che ne occupa (quella relativa alle opere di urbanizzazione eseguite anche da privati in attuazione di strumenti urbanistici) ha evidenziato come “secondo giurisprudenza amministrativa consolidata la fattispecie di esonero dal contributo di costruzione ricorre quando l’opera non solo è conforme agli strumenti urbanistici bensì è anche espressamente contemplata come tale nello strumento urbanistico”.
Valorizzando il portato letterale della norma e le coordinate interpretative rese dalla giurisprudenza amministrativa
si annette, dunque, efficacia dirimente ai fini dell’esenzione al nesso che deve intercorrere tra l’opera e lo strumento urbanistico atteso che “affinché possa trovare applicazione la disposizione invocata non è sufficiente la generica sussumibilità degli interventi nell’ambito delle opere di urbanizzazione” essendo esenti dal contributo, per espressa previsione normativa, solo quelle eseguite “in attuazione di strumenti urbanistici”.
Ciò in quanto “la ratio della gratuità in termini di contributi di costruzione è quella di incentivare solo la dotazione di quelle infrastrutture che danno coerente attuazione alle previsioni urbanistiche espressamente previste dall’Autorità comunale (Tar Lombardia – Sez. Brescia, n. 163/2005).
Ne consegue che “
affinché un intervento possa qualificarsi come opera di urbanizzazione eseguita in attuazione di strumenti urbanistici è necessario che, oltre a potersi qualificare opera di urbanizzazione, sia specificamente indicata nello strumento urbanistico corrispondendo ad una precisa indicazione dello stesso” (Tar Lombardia – Sez. Brescia, citata).
Ciò premesso, venendo agli specifici quesiti posti dal Comune richiedente, appare di tutta evidenza che
è rimesso, se del caso mediante previa adozione di norme regolamentari, alla competenza ed alla discrezionalità dello stesso Ente –peraltro in possesso della necessaria conoscenza circa gli strumenti urbanistici vigenti– la verifica del se ed in che misura il singolo intervento sia ascrivibile al genus della opera di urbanizzazione e soddisfi compiutamente i presupposti rilevanti al fine dell’esenzione come dianzi ricostruiti (in tal senso cfr. anche Sezione Regionale di controllo per la Lombardia, 5/PAR/2012 cit.) (Corte dei Conti, Sez. controllo Marche, parere 07.08.2013 n. 60).

EDILIZIA PRIVATASconta l’esonero del versamento del contributo di costruzione, per la realizzazione di impianti ed attrezzature di interesse generale, con riferimento ad alcuni locali realizzati nella nuova stazione ferroviaria, ex art. 9, c. 1, lett. f), della L. n. 10/1977.
Invero, trattasi di locali di superfici modeste, e sono adibiti a deposito biciclette (mq 76,04 e 86,48), a bar (mq 74,48) ed ad officina di riparazione biciclette (mq 21,57) e poiché tutti i locali in questione hanno una destinazione che soddisfa l’interesse collettivo dei viaggiatori, fruitori del servizio pubblico di trasporto, ciò comporta l’applicazione dell’esenzione di cui al predetto art. 9, anche agli spazi in questione, in quanto integrati con la destinazione principale.
La natura commerciale dell’attività posta in essere nei predetti locali è infatti stemperata dalla sua strumentalità alle esigenze dei viaggiatori, dovendo considerarsi congiuntamente alla sua destinazione, unicamente a favore dell’utenza della stazione, ed al tipo di servizi offerti, notoriamente limitati alla vendita di bevande e generi di prima necessità, di cui altrimenti rimarrebbero privi, non essendovi altre strutture analoghe.
Anche il locale adibito a deposito biciclette è meramente funzionale all’interesse dei viaggiatori, spesso pendolari, che si recano alla stazione con tale mezzo e che possono parcheggiare i propri veicoli in un locale adeguato. La verificazione ha accertato che tali locali, ceduti al Comune in comodato e quindi a titolo gratuito, non sono mai stati utilizzati per attività commerciali.

Con il provvedimento impugnato il Comune resistente ha sostanzialmente negato l’applicazione dell’esonero del versamento del contributo di costruzione, per la realizzazione di impianti ed attrezzature di interesse generale, con riferimento ad alcuni locali realizzati nella nuova stazione ferroviaria, ex art. 9, c. 1, lett. f), della L. n. 10/1977.
Il Comune ha infatti differenziato le vere e proprie infrastrutture ferroviarie, per le quali opera il detto esonero, dai “negozi annessi al manufatto”, i quali andrebbero invece considerati spazi commerciali, sottoposti ad un regime differente.
La verificazione disposta in corso di causa ha accertato che i locali in questione hanno superfici modeste, e sono adibiti a deposito biciclette (mq 76,04 e 86,48), a bar (mq 74,48) ed ad officina di riparazione biciclette (mq 21,57).
Il ricorso è fondato, poiché tutti i locali in questione hanno una destinazione che soddisfa l’interesse collettivo dei viaggiatori, fruitori del servizio pubblico di trasporto, ciò che avrebbe dovuto comportare l’applicazione dell’esenzione di cui al predetto art. 9, anche agli spazi in questione, in quanto integrati con la destinazione principale.
La natura commerciale dell’attività posta in essere nei predetti locali è infatti stemperata dalla sua strumentalità alle esigenze dei viaggiatori, dovendo considerarsi congiuntamente alla sua destinazione, unicamente a favore dell’utenza della stazione, ed al tipo di servizi offerti, notoriamente limitati alla vendita di bevande e generi di prima necessità, di cui altrimenti rimarrebbero privi, non essendovi altre strutture analoghe.
Anche il locale adibito a deposito biciclette è meramente funzionale all’interesse dei viaggiatori, spesso pendolari, che si recano alla stazione con tale mezzo e che possono parcheggiare i propri veicoli in un locale adeguato. La verificazione ha accertato che tali locali, ceduti al Comune in comodato e quindi a titolo gratuito, non sono mai stati utilizzati per attività commerciali.
I precedenti giurisprudenziali invocati dalla difesa comunale, in realtà, offrono spunti per confermare l’illegittimità del provvedimento impugnato. Se infatti è vero che i negozi non sono strettamente indispensabili per il servizio di trasporto ferroviario, è tuttavia indubitabile che il nesso di strumentalità tra detto servizio e le attività insediate all’interno della stazione, è certamente più intenso di quello esistente nelle fattispecie citate, come nel caso della connessione che si assume esistente tra uno stabilimento di acque termali e le strutture alberghiere che ospitano gli utenti dello stesso, stante l’assoluta autonomia e prevalenza dell’attività commerciale esercitata in queste ultime.
Il ricorso va pertanto accolto, ed il Comune condannato alla restituzione delle somme versate dalla ricorrente, ed indebitamente riscosse, sulle quali spettano gli interessi legali, dalla data della domanda, ma non la rivalutazione monetaria, trattandosi di pagamento di indebito oggettivo, il quale genera la sola obbligazione di restituzione con gli interessi a norma dell'art. 2033 c.c. (TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, 02.11.2010 n. 4519) (TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 16.07.2013 n. 1872 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Deroga al contributo di costruzione, requisiti del titolare concessione e tipologia delle opere.
Un complesso immobiliare di circa 16.000 metri cubi da destinare a “residenze e servizi per anziani” della superficie di metri quadrati 22.710, articolata in 36 mono-alloggi e 36 camere multiple dotate di bagni e servizio autonomo di cucina, dal punto di vista strutturale evidenzia una prevalente configurazione di tipo ricettivo o residenziale, piuttosto che quella di una struttura sanitaria, essendo quest’ultima caratterizzata dalla prevalenza di spazi destinati alla prestazione di servizi propriamente sanitari, mentre, nel caso i servizi ambulatoriali raggiungono complessivamente i 300 metri quadri, a fronte dei servizi residenziali che coprono in tutto una superficie pari a 6.700 metri quadrati.
Inoltre, se il titolare della concessione edilizia non riveste lo status di soggetto pubblico o equiparato, essendo invece una società privata che svolge un’attività commerciale, dunque non sussistono i requisiti per la deroga alla onerosità della concessione.
Il contributo di costruzione è posto a carico del costruttore a titolo di partecipazione del concessionario ai costi delle opere di urbanizzazione in proporzione all'insieme dei benefici che la nuova costruzione ne ritrae, la deroga alla onerosità della concessione ricorre nelle ipotesi tassativamente previste dalla legge e, per quanto attiene in particolare l'art. 9, lettera f), della l. 28.01.1977, n. 10, se ricorrano due requisiti che devono entrambi concorrere per fondare lo speciale regime di gratuità della concessione, l'uno di tipo soggettivo, per effetto del quale le opere devono essere eseguite da un ente istituzionalmente competente e l'altro di carattere oggettivo per effetto del quale la costruzione deve riguardare opere pubbliche o di interesse generale (massima tratta da www.lexambiente.it - 
Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 07.05.2013 n. 2467 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: L’importo degli oneri di urbanizzazione per interventi su edifici preesistenti non deve essere necessariamente inferiore a quello previsto per le nuove costruzioni, poiché gli oneri sono correlati alla carico urbanistico derivante dalla trasformazione che interviene sulle preesistenze; tali conseguenze possono comportare anche variazione degli standard ed in determinati casi causano addirittura impatti superiori a quelli derivanti da nuove costruzioni, ciò soprattutto ove la nuova destinazione abbia un rilievo quantitativamente e qualitativamente del tutto differente.
---------------
La gratuità della concessione, ora contenuta negli artt. 6 e 17 d.P.R. n. 380/2001, è connessa all’interesse generale perseguito ed è evidente che una scuola per disabili inserita in zona destinata ad attrezzature pubbliche e sociali doveva beneficiare di quella esenzione dal contributo costo di costruzione e dagli oneri di urbanizzazione, ove poi fosse la stessa mano pubblica chiamata a realizzare l’opera, ponendo così a carico della fiscalità generale le spese per l’effettuazione di quelle opere di urbanizzazione accessorie alla nuova costruzione.

Come rilevato dallo stesso appellante, l’importo degli oneri di urbanizzazione per interventi su edifici preesistenti non deve essere necessariamente inferiore a quello previsto per le nuove costruzioni, poiché gli oneri sono correlati alla carico urbanistico derivante dalla trasformazione che interviene sulle preesistenze; tali conseguenze possono comportare anche variazione degli standard ed in determinati casi causano addirittura impatti superiori a quelli derivanti da nuove costruzioni, ciò soprattutto ove la nuova destinazione abbia un rilievo quantitativamente e qualitativamente del tutto differente, come nel caso di specie.
Infatti si è passati da un edificio destinato a scopi di istruzione per persone diversamente abili con una frequenza pari a poche decine di alunni, ad un immobile sede di uno dei tour operators tra i maggiori in Italia, con un numero di addetti che non può essere paragonato al numero di insegnanti e di scolari del passato -senza smentite si è insinuato un dato di alcune centinaia di unità- con la conseguente necessità della creazione di un parcheggio, elemento questo sufficientemente descrittivo delle modificazioni di carico urbanistico della zona adiacente.
Ma deve essere ancora aggiunto che per la scuola si era fatta applicazione del disposto di cui all’art. 9, lett. f), L. 10/1977, ossia dell’esenzione dai contributi concessori previsti per impianti, attrezzature ed opere pubbliche e di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti; la gratuità della concessione, ora contenuta negli artt. 6 e 17 d.P.R. n. 380/2001, è connessa all’interesse generale perseguito ed è evidente che una scuola per disabili inserita in zona destinata ad attrezzature pubbliche e sociali doveva beneficiare di quella esenzione dal contributo costo di costruzione e dagli oneri di urbanizzazione, ove poi fosse la stessa mano pubblica chiamata a realizzare l’opera, ponendo così a carico della fiscalità generale le spese per l’effettuazione di quelle opere di urbanizzazione accessorie alla nuova costruzione (Cons. Stato, V, 29.09.1997 n. 1067; id., 20.11.1989 n. 752).
L’attuale destinazione dell’edificio è invece volta a fini tipicamente imprenditoriali ed appare allora del tutto corretto che Alpitour Italia non possa ora giovarsi della gratuità di una concessione edilizia al tempo rilasciata per fini essenzialmente pubblici; è evidente che un abbattimento, sia pure parziale, degli oneri di urbanizzazione verrebbe a costituire una sorta di socializzazione indiretta dei costi derivanti da investimenti privati, la quale non trova copertura alcuna nella normativa urbanistica, sia vigente, sia abrogata (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 09.04.2013 n. 1918 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Un Ente ecclesiastico (che ha tra gli scopi statutari l’attività d’istruzione scolastica, è un ente senza fini di lucro ed ha ottenuto il riconoscimento di scuola paritaria) nel costruire una nuova scuola deve versare il contributo di costruzione.
L’azione di ripetizione degli oneri rientra nell’ambito del diritto soggettivo all’esatta quantificazione del contributo concessorio, e la controversia appartiene per legge alla giurisdizione del GA ed è soggetta a termini di prescrizione decennale.
---------------
Il contributo di costruzione rappresenta una compartecipazione comunale all'incremento di valore della proprietà immobiliare del costruttore a seguito della nuova edificazione.
Mentre il contributo per gli oneri di urbanizzazione ha funzione recuperatoria delle spese sostenute dalla collettività comunale riguardo alla trasformazione del territorio assentita al singolo, il contributo per costo di costruzione, che è rapportato alle caratteristiche e alla tipologia delle costruzioni e non è alternativo ad altro valore di genere diverso, afferisce alla mera attività costruttiva in sé valutata.
L'obbligazione contributiva per costo di costruzione, dunque, è fondata sulla produzione di ricchezza connessa all'utilizzazione edificatoria del territorio ed alle potenzialità economiche che ne derivano e, pertanto, ha natura essenzialmente paratributaria.
---------------
L'art. 9, lettera f), della legge n. 10/1977 subordina la gratuità della concessione ad un requisito oggettivo ed uno soggettivo: deve trattarsi di opere pubbliche o di interesse pubblico da cui la collettività possa trarre un utile ovvero la cui fruizione in via diretta o indiretta soddisfi interessi generali.
I destinatari del beneficio sono dunque certamente in prima battuta gli enti pubblici, per loro natura "istituzionalmente competenti", alla cura dell’interesse generale loro affidato, ma accanto a questi si rinvengono nell’ordinamento anche altri soggetti che agiscono per la cura dello stesso interesse generale.
Sul piano oggettivo è pacifico che l’opera in costruzione abbia la destinazione a scuola paritaria (doc. 6 ricorso) e che la legge n. 62/2000 ai sensi dell’art. 1, comma 3, afferma che “le scuole paritarie svolgono un servizio pubblico”.
Ulteriore elemento che corrobora l’elemento oggettivo è costituito dalla delibera comunale (doc. 2) che dichiara espressamente che l’opera in questione rientra nel nuovo Polo educativo per Albenga, accertando così definitivamente la destinazione a scuola dell’immobile.
Tuttavia, per riconoscere l’esonero dal contributo ai sensi della disciplina sul pagamento degli oneri di concessione occorre la contemporanea presenza anche del requisito soggettivo, cioè deve trattarsi di opera eseguita da un ente istituzionalmente competente.
La giurisprudenza è sempre stata molto attenta a distinguere le ipotesi in cui l’attività attuata portasse ad un'utilità pubblica alla collettività, da iniziative private che avessero invece un più o meno diretto scopo di lucro, talora mascherato da interesse generale.
Qualora, come nel caso di specie, la realizzazione dell’opera d’interesse pubblico non avvenga da parte degli enti istituzionalmente competenti, cioè da parte di soggetti cui sia demandata in via istituzionale la realizzazione di opere d’interesse generale, ma da parte di privati si è distinta in giurisprudenza l’ipotesi dei concessionari dell'ente pubblico, purché le opere fossero inerenti all'esercizio del rapporto concessorio.
Nel caso di realizzazione da parte di privati, deve dunque sussistere un ben preciso vincolo relazionale tra il soggetto abilitato a operare nell'interesse pubblico e il materiale esecutore della costruzione, e tale vincolo deve contrassegnare fin dall'inizio (cioè, fin dalla richiesta del titolo edilizio) la realizzazione dell'assentito intervento edificatorio, al fine di ottenere l'esenzione dal contributo di costruzione.
La correlazione indicata dalla norma tra gli elementi dell'"ente istituzionalmente competente" e della "realizzazione" dell’opera d’interesse generale non può essere infatti dilatata al punto da esporre l'amministrazione comunale a richieste di sgravio contributivo, in conformità a utilizzazioni intervenute e concordate in un secondo momento, frutto dell'attività imprenditoriale o commerciale dell'impresa costruttrice e comunque del tutto esulanti dagli specifici intenti realizzativi iniziali, e questo seppur l'intervento edilizio riguardi zone tendenzialmente destinate ad interventi edificatori di interesse generale. Non si può, in definitiva, recuperare ex post il legame tra soggetti realizzatori e finalità pubbliche che, seppur con moduli organizzatori non del tutto tipizzati, deve contraddistinguere l'intervento edilizio ab initio.
Nel caso di specie tuttavia siamo di fronte ad un Ente ecclesiastico che ha tra gli scopi statutari l’attività d’istruzione scolastica; è un ente senza fini di lucro ed ha ottenuto il riconoscimento di scuola paritaria.
Resta la vexata quaestio esistente tra scuola pubblica e privata nell’ambito del perimetro circoscritto dall’art. 33 della Costituzione.
Se infatti è pacifico il diritto di istituzione di scuole ed istituti d’istruzione privati, ciò deve avvenire senza oneri a carico dello Stato, laddove l’esenzione dei contributi di concessione costituirebbe un onere improprio per la collettività che non beneficerebbe delle somme così non incassate dal comune.
Inoltre la scuola privata, imponendo il pagamento di rette per la frequenza non sarebbe accessibile a tutti e, quindi, diversamente dalla scuola pubblica, avrebbe uno scopo di lucro che impedirebbe di beneficiare dell’esonero dai contributi, anche qualora, come nel caso di specie la ricorrente dimostri la mancanza di un fine speculativo o lucrativo nell’attività esercitata.
Secondo la giurisprudenza è indubbio che la disposizione invocata (art. 9 L. 10/1977) deve ritenersi di stretta interpretazione, in quanto introduce talune ipotesi di deroga alla previsione generale la quale assoggetta a contributo tutte le opere che comportino trasformazione del territorio.
Secondo il TAR Veneto, l'opera, per conseguire il beneficio, deve essere necessariamente realizzata da un Ente pubblico, non spettando lo stesso per le opere eseguite da soggetti privati, quale che sia la rilevanza sociale dell'attività esercitata nella o con l'opera edilizia alla quale la concessione si riferisce.
In ogni caso, ammettendo l'iniziativa di un privato, questo deve agire per conto di un Ente pubblico, come nell'istituto della concessione di opera pubblica o in altre analoghe figure organizzatorie ove l'intervento è realizzato da soggetti non animati dallo scopo di lucro o che accompagnano tale obiettivo con un legame istituzionale con l'azione dell'amministrazione per la cura degli interessi della collettività.
---------------
Per enti istituzionalmente competenti alla realizzazione di opere pubbliche o di interesse pubblico debbano intendersi enti pubblici ovvero altri soggetti che realizzino l'opera per conto di un ente pubblico come nel caso di concessionario di opera pubblica o altre analoghe figure organizzatorie (cfr. ad es. Cons. Stato sez. IV, 10.05.2005, n. 2226; ed sez. V, 12.07.2005, n. 3774; e, casi questi, in cui è stato escluso il diritto all'esenzione, anche sulla base del rilievo che l'opera non era rivolta alla collettività in senso generale, ma tendeva al soddisfacimento di interessi privatistici o comunque alle esigenze di un numero limitato di persone - v. sent. CdS V n. 3774/2005 ovvero che l'opera era destinata a rimanere nella piena disponibilità del privato esecutore, senza alcun vincolo atto a preservare la funzione nel tempo).

... per l'annullamento del provvedimento di richiesta pagamento contributi concessori per il ritiro del permesso di costruire.
...
Il ricorso non è fondato.
Preliminarmente va confermato che l’azione di ripetizione degli oneri rientra nell’ambito del diritto soggettivo all’esatta quantificazione del contributo concessorio, e la controversia appartiene per legge alla giurisdizione del GA (Tar Campania Na II n. 4356/2011) ed è soggetta a termini di prescrizione decennale (Tar Sicilia Pa II n. 1554/2011).
Nel caso di specie, comunque, il ricorso è tempestivo anche relativamente ai termini di decadenza decorrenti dal rilascio del titolo edilizio avvenuto il 07.04.2009.
La richiesta avanzata dalla parte riguarda l’esonero dal pagamento richiesto e in parte già incassato dal comune del contributo di costruzione, che rappresenta una compartecipazione comunale all'incremento di valore della proprietà immobiliare del costruttore a seguito della nuova edificazione (cfr. TAR Abruzzo Pescara - 18/10/2010 n. 1142).
Mentre il contributo per gli oneri di urbanizzazione ha funzione recuperatoria delle spese sostenute dalla collettività comunale riguardo alla trasformazione del territorio assentita al singolo, il contributo per costo di costruzione, unica voce qui in discussione, che è rapportato alle caratteristiche e alla tipologia delle costruzioni e non è alternativo ad altro valore di genere diverso, afferisce alla mera attività costruttiva in sé valutata.
L'obbligazione contributiva per costo di costruzione, dunque, è fondata sulla produzione di ricchezza connessa all'utilizzazione edificatoria del territorio ed alle potenzialità economiche che ne derivano e, pertanto, ha natura essenzialmente paratributaria (TAR Campania Salerno, sez. II - 11/06/2002 n. 459).
Tornando al merito della controversia, il Collegio è a conoscenza della giurisprudenza che si è formata sull'applicabilità in concreto della previsione di cui all'art. 9 , lettera f) richiamato.
Ma proprio la necessità di verificare, di volta in volta, l’esistenza delle condizioni stabilite dalla legge per consentire l’esonero dal pagamento degli oneri convince il Collegio della non fondatezza del ricorso nel caso di specie.
L'art. 9, lettera f), della legge n. 10/1977 subordina infatti la gratuità della concessione ad un requisito oggettivo ed uno soggettivo: deve trattarsi di opere pubbliche o di interesse pubblico da cui la collettività possa trarre un utile ovvero la cui fruizione in via diretta o indiretta soddisfi interessi generali.
I destinatari del beneficio sono dunque certamente in prima battuta gli enti pubblici, per loro natura "istituzionalmente competenti", alla cura dell’interesse generale loro affidato, ma accanto a questi si rinvengono nell’ordinamento anche altri soggetti che agiscono per la cura dello stesso interesse generale.
Sul piano oggettivo è pacifico che l’opera in costruzione abbia la destinazione a scuola paritaria (doc. 6 ricorso) e che la legge n. 62/2000 ai sensi dell’art. 1, comma 3, afferma che “le scuole paritarie svolgono un servizio pubblico”.
Ulteriore elemento che corrobora l’elemento oggettivo è costituito dalla delibera comunale (doc. 2) che dichiara espressamente che l’opera in questione rientra nel nuovo Polo educativo per Albenga, accertando così definitivamente la destinazione a scuola dell’immobile.
Tuttavia, per riconoscere l’esonero dal contributo ai sensi della disciplina sul pagamento degli oneri di concessione occorre la contemporanea presenza anche del requisito soggettivo, cioè deve trattarsi di opera eseguita da un ente istituzionalmente competente.
La giurisprudenza, anche di questo Tribunale (Tar Liguria, I sez. n. 3565 del 09.12.2009) è sempre stata molto attenta a distinguere le ipotesi in cui l’attività attuata portasse ad un'utilità pubblica alla collettività, da iniziative private che avessero invece un più o meno diretto scopo di lucro, talora mascherato da interesse generale.
Qualora, come nel caso di specie, la realizzazione dell’opera d’interesse pubblico non avvenga da parte degli enti istituzionalmente competenti, cioè da parte di soggetti cui sia demandata in via istituzionale la realizzazione di opere d’interesse generale, ma da parte di privati si è distinta in giurisprudenza l’ipotesi dei concessionari dell'ente pubblico, purché le opere fossero inerenti all'esercizio del rapporto concessorio.
Nel caso di realizzazione da parte di privati, deve dunque sussistere un ben preciso vincolo relazionale tra il soggetto abilitato a operare nell'interesse pubblico e il materiale esecutore della costruzione, e tale vincolo deve contrassegnare fin dall'inizio (cioè, fin dalla richiesta del titolo edilizio) la realizzazione dell'assentito intervento edificatorio, al fine di ottenere l'esenzione dal contributo di costruzione.
La correlazione indicata dalla norma tra gli elementi dell'"ente istituzionalmente competente" e della "realizzazione" dell’opera d’interesse generale non può essere infatti dilatata al punto da esporre l'amministrazione comunale a richieste di sgravio contributivo, in conformità a utilizzazioni intervenute e concordate in un secondo momento, frutto dell'attività imprenditoriale o commerciale dell'impresa costruttrice e comunque del tutto esulanti dagli specifici intenti realizzativi iniziali, e questo seppur l'intervento edilizio riguardi zone tendenzialmente destinate ad interventi edificatori di interesse generale. Non si può, in definitiva, recuperare ex post il legame tra soggetti realizzatori e finalità pubbliche che, seppur con moduli organizzatori non del tutto tipizzati, deve contraddistinguere l'intervento edilizio ab initio (così Cons. di St., V, 02.12.2002, n. 6618).
Nel caso di specie tuttavia siamo di fronte ad un Ente ecclesiastico che ha tra gli scopi statutari l’attività d’istruzione scolastica; è un ente senza fini di lucro ed ha ottenuto il riconoscimento di scuola paritaria.
Resta la vexata quaestio esistente tra scuola pubblica e privata nell’ambito del perimetro circoscritto dall’art. 33 della Costituzione.
Se infatti è pacifico il diritto di istituzione di scuole ed istituti d’istruzione privati, ciò deve avvenire senza oneri a carico dello Stato, laddove l’esenzione dei contributi di concessione costituirebbe un onere improprio per la collettività che non beneficerebbe delle somme così non incassate dal comune.
Inoltre la scuola privata, imponendo il pagamento di rette per la frequenza non sarebbe accessibile a tutti e, quindi, diversamente dalla scuola pubblica, avrebbe uno scopo di lucro che impedirebbe di beneficiare dell’esonero dai contributi (Tar Piemonte I 10.03.2007 n. 1164), anche qualora, come nel caso di specie la ricorrente dimostri la mancanza di un fine speculativo o lucrativo nell’attività esercitata.
Secondo la giurisprudenza è indubbio che la disposizione invocata (art. 9 L. 10/1977) deve ritenersi di stretta interpretazione, in quanto introduce talune ipotesi di deroga alla previsione generale la quale assoggetta a contributo tutte le opere che comportino trasformazione del territorio (cfr. TAR Puglia Bari, sez. III - 11/06/2010 n. 2420).
Secondo il TAR Veneto, (sez. II - 16/06/2011 n. 1047), l'opera, per conseguire il beneficio, deve essere necessariamente realizzata da un Ente pubblico, non spettando lo stesso per le opere eseguite da soggetti privati, quale che sia la rilevanza sociale dell'attività esercitata nella o con l'opera edilizia alla quale la concessione si riferisce (Consiglio di Stato, sez. V - 15/12/2005 n. 7140; TAR Lombardia Milano, sez. II - 17.09.2009 n. 4672).
In ogni caso, ammettendo l'iniziativa di un privato, questo deve agire per conto di un Ente pubblico, come nell'istituto della concessione di opera pubblica o in altre analoghe figure organizzatorie ove l'intervento è realizzato da soggetti non animati dallo scopo di lucro o che accompagnano tale obiettivo con un legame istituzionale con l'azione dell'amministrazione per la cura degli interessi della collettività (Consiglio di Stato, sez. IV - 10/05/2005 n. 2226).
Così circoscritta la vicenda, il Collegio è dell’avviso che il contributo debba essere pagato dall’ente ricorrente.
La giurisprudenza -espressasi con riferimento all'art. 9, l. n. 10/1977- ha affermato che per enti istituzionalmente competenti alla realizzazione di opere pubbliche o di interesse pubblico debbano intendersi enti pubblici ovvero altri soggetti che realizzino l'opera per conto di un ente pubblico come nel caso di concessionario di opera pubblica o altre analoghe figure organizzatorie (cfr. ad es. Cons. Stato sez. IV, 10.05.2005, n. 2226; ed sez. V, 12.07.2005, n. 3774; e, casi questi, in cui è stato escluso il diritto all'esenzione, anche sulla base del rilievo che l'opera non era rivolta alla collettività in senso generale, ma tendeva al soddisfacimento di interessi privatistici o comunque alle esigenze di un numero limitato di persone - v. sent. CdS V n. 3774/2005 ovvero che l'opera era destinata a rimanere nella piena disponibilità del privato esecutore, senza alcun vincolo atto a preservare la funzione nel tempo (CdS IV 11.01.2006, n. 51) (TAR Liguria, Sez. I, sentenza 28.03.2013 n. 552 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2012

EDILIZIA PRIVATALo speciale regime di gratuità di cui all'art. 9, comma 1, lett. f), della L. 10/1977 richiede il concorso di due requisiti, il primo dei quali di carattere soggettivo che si risolve nell'esecuzione delle opere da parte degli Enti istituzionalmente competenti: anche aderendo all’indirizzo che ammette l’iniziativa del privato, questo deve agire per conto di un Ente pubblico, come nell’istituto della concessione di opera pubblica o in altre analoghe figure organizzatorie ove l’intervento è realizzato da soggetti non animati dallo scopo di lucro o che accompagnano tale obiettivo con un legame istituzionale con l’azione dell’amministrazione per la cura degli interessi della collettività. Poiché è assente il titolo concessorio, la Società ricorrente è priva della qualità di Ente istituzionalmente competente.
---------------
Il quadro normativo prevede un’ipotesi di esenzione totale dal contributo di costruzione (art. 17, comma 3, lett. c), del D.P.R. 380/2001, che riproduce l’art. 9, comma 1, lett. f), di cui si controverte) “… Nell’ipotesi relativa all’esenzione totale il privato realizza un’opera espressamente qualificata di interesse pubblico nello strumento urbanistico generale o nei piani attuativi. Essendovi una tale previsione urbanistica l’utilità per l’amministrazione deriva direttamente dalla realizzazione dell’opera e pertanto l’esenzione è automatica. Non ricorre tuttavia questa fattispecie quando lo strumento urbanistico si limita ad autorizzare una destinazione d’uso implicante la realizzazione di opere astrattamente qualificabili come urbanizzazioni”.
Nella fattispecie è pacifico che il P.R.G. per tempo vigente prevede espressamente la realizzazione della Caserma dei Carabinieri sull’area ove l’opera è stata poi in concreto realizzata. Il punto controverso è la riconducibilità della struttura nel “genus” delle opere di urbanizzazione.
L’art. 4 della L. 348/1964 –nell’elencare le opere di urbanizzazione secondaria– individua esplicitamente:
a) asili nido e scuole materne;
b) scuole dell'obbligo nonché strutture e complessi per l'istruzione superiore all'obbligo;
c) mercati di quartiere;
d) delegazioni comunali;
e) chiese ed altri edifici religiosi;
f) impianti sportivi di quartiere;
g) centri sociali e attrezzature culturali e sanitarie;
h) aree verdi di quartiere.
In proposito il Collegio concorda con l’indirizzo espresso dal Consiglio di Stato secondo il quale l’elenco delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria non deve intendersi tassativo e vincolato, per cui debbono ritenersi rientrare nella nozione di opere di urbanizzazione previste dalla normativa anche quelle realizzazioni di specifica rilevanza pubblica e sociale, qual è certamente la costruzione di un immobile da adibirsi a caserma dei Vigili del fuoco.
In particolare si può puntualizzare che –se la disposizione rilevante in questa sede (art. 9 della L. 10/1977) è considerata dalla giurisprudenza di stretta interpretazione (in quanto introduce talune ipotesi di deroga alla previsione generale la quale assoggetta a contributo tutte le opere che comportino trasformazione del territorio)– la struttura in esame dà risposta in via immediata e diretta ad interessi collettivi di primario spessore, di tutela della salute e della sicurezza pubblica: per questo si può affermare la sua capacità di fare fronte a bisogni assimilabili a quelli soddisfatti da un impianto sportivo o da un Centro culturale (e correlati ai valori dello sviluppo del benessere e della personalità).
D’altronde la norma valorizza proprio la decisione dell’amministrazione di qualificare la pianificazione con l’indicazione specifica dell’opera da realizzare, sicché non si concorda con quell’orientamento che esclude l’assimilazione alle opere di urbanizzazione in ragione dell’aggravio del carico urbanistico e della permanenza della proprietà privata, trattandosi di requisiti di carattere negativo che il legislatore non prevede.

La Società ricorrente lamenta l’erronea esazione degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione da parte del Comune di Castiglione in sede di rilascio del titolo abilitativo per la costruzione della nuova Caserma dei Carabinieri.
Il Comune eccepisce l’inammissibilità del gravame per acquiescenza, poiché parte ricorrente (cfr. suo doc. 12) ha realizzato direttamente alcune opere di urbanizzazione concordando lo scomputo degli oneri dovuti per alcuni interventi edilizi, tra i quali figura la Caserma dei Carabinieri.
L’eccezione è infondata, poiché l'acquiescenza presuppone una condotta consapevole, da parte dell'avente titolo all'impugnazione, che sia libera e inequivocabilmente diretta ad accettare l'assetto di interessi definito dall'amministrazione attraverso gli atti oggetto di contestazione, ed inoltre occorre che sia posta in essere anteriormente all’iniziativa giurisdizionale, così da assumere il significato indiscutibile di rinuncia preventiva alla stessa (Consiglio Stato, sez. IV – 27/06/2008 n. 3255; 02/10/2006 n. 5743; TAR Campania Napoli, sez. IV – 03/08/2009 n. 4638, appellata).
Nel caso in esame difetta il requisito della condotta univoca, ed anzi dall’esame della documentazione versata in atti (doc. 3 e 3-bis di parte ricorrente) traspare una volontà di segno contrario poiché Rudiana Immobiliare ha accettato di pagare il contributo con riserva di ripetere quanto indebitamente versato; in secondo luogo la presente causa è stata instaurata ben prima che fosse avanzata la richiesta di scomputo invocata dall’amministrazione. Peraltro è stato persino evidenziato che, con riguardo agli oneri concessori, non ricorre il requisito dell’univoca manifestazione di volontà dell'interessato di rinunciare all'esperimento della tutela giurisdizionale anche nel caso in cui, al momento del ritiro della concessione edilizia, il richiedente non abbia avanzato riserva alcuna circa la debenza di detti oneri, in quanto tale comportamento risponde all’esigenza di dare avvio senza indugi all'opera edilizia (TAR Toscana Firenze, sez. III – 11/03/2004 n. 671).
Passando all’esame del merito, parte ricorrente denuncia la violazione dell’art. 9, comma 1, lett. f), della L. 10/1977, dato che il contributo non è dovuto per le opere di urbanizzazione eseguite –anche da privati– in esecuzione degli strumenti urbanistici, e il P.R.G. del Comune di Castiglione destina specificamente l’area in questione a Caserma dei Carabinieri (opera di urbanizzazione secondaria) e nessun’altra edificazione è consentita sul lotto.
La difesa comunale oppone la mancata classificazione della “Caserma dei Carabinieri” come opera di urbanizzazione secondaria: la zona è destinata a servizi pubblici in genere e la caserma non costituisce opera di urbanizzazione (non essendo contemplata nell’elenco di cui all’art. 4 della L. 29/09/1964 n. 847) ma servizio pubblico.
L’impostazione della ricorrente è condivisibile.
Non è suscettibile di applicazione la prima parte della lett. f), nella parte in cui prevede l’esenzione dal pagamento del contributo per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti. Come ha recentemente messo in luce questa Sezione (sentenza 24/08/2012 n. 1467) lo speciale regime di gratuità di cui alla lett. f) richiede il concorso di due requisiti, il primo dei quali di carattere soggettivo che si risolve nell'esecuzione delle opere da parte degli Enti istituzionalmente competenti: anche aderendo all’indirizzo che ammette l’iniziativa del privato, questo deve agire per conto di un Ente pubblico, come nell’istituto della concessione di opera pubblica o in altre analoghe figure organizzatorie ove l’intervento è realizzato da soggetti non animati dallo scopo di lucro o che accompagnano tale obiettivo con un legame istituzionale con l’azione dell’amministrazione per la cura degli interessi della collettività (Consiglio di Stato, sez. IV – 10/05/2005 n. 2226). Poiché è assente il titolo concessorio, la Società ricorrente è priva della qualità di Ente istituzionalmente competente.
La questione a questo punto da affrontare riguarda la seconda parte della disposizione. Il Collegio richiama il proprio precedente (TAR Brescia – 27/11/2008 n. 1704) ove si è osservato che il quadro normativo prevede un’ipotesi di esenzione totale dal contributo di costruzione (art. 17, comma 3, lett. c), del D.P.R. 380/2001, che riproduce l’art. 9, comma 1, lett. f), di cui si controverte) “… Nell’ipotesi relativa all’esenzione totale il privato realizza un’opera espressamente qualificata di interesse pubblico nello strumento urbanistico generale o nei piani attuativi. Essendovi una tale previsione urbanistica l’utilità per l’amministrazione deriva direttamente dalla realizzazione dell’opera e pertanto l’esenzione è automatica. Non ricorre tuttavia questa fattispecie quando lo strumento urbanistico si limita ad autorizzare una destinazione d’uso implicante la realizzazione di opere astrattamente qualificabili come urbanizzazioni”.
Nella fattispecie è pacifico che il P.R.G. per tempo vigente prevede espressamente la realizzazione della Caserma dei Carabinieri sull’area ove l’opera è stata poi in concreto realizzata. Il punto controverso è la riconducibilità della struttura nel “genus” delle opere di urbanizzazione.
L’art. 4 della L. 348/1964 –nell’elencare le opere di urbanizzazione secondaria– individua esplicitamente:
a) asili nido e scuole materne;
b) scuole dell'obbligo nonché strutture e complessi per l'istruzione superiore all'obbligo;
c) mercati di quartiere;
d) delegazioni comunali;
e) chiese ed altri edifici religiosi;
f) impianti sportivi di quartiere;
g) centri sociali e attrezzature culturali e sanitarie;
h) aree verdi di quartiere.
In proposito il Collegio concorda con l’indirizzo espresso dal Consiglio di Stato (sentenza sez. V – 18/09/2003 n. 5315), secondo il quale l’elenco delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria non deve intendersi tassativo e vincolato, per cui debbono ritenersi rientrare nella nozione di opere di urbanizzazione previste dalla normativa anche quelle realizzazioni di specifica rilevanza pubblica e sociale, qual è certamente la costruzione di un immobile da adibirsi a caserma dei Vigili del fuoco.
In particolare si può puntualizzare che –se la disposizione rilevante in questa sede (art. 9 della L. 10/1977) è considerata dalla giurisprudenza di stretta interpretazione (in quanto introduce talune ipotesi di deroga alla previsione generale la quale assoggetta a contributo tutte le opere che comportino trasformazione del territorio)– la struttura in esame dà risposta in via immediata e diretta ad interessi collettivi di primario spessore, di tutela della salute e della sicurezza pubblica: per questo si può affermare la sua capacità di fare fronte a bisogni assimilabili a quelli soddisfatti da un impianto sportivo o da un Centro culturale (e correlati ai valori dello sviluppo del benessere e della personalità).
D’altronde la norma valorizza proprio la decisione dell’amministrazione di qualificare la pianificazione con l’indicazione specifica dell’opera da realizzare, sicché non si concorda con l’orientamento (TAR Emilia Romagna Bologna, sez. II – 12/10/2010 n. 7956) che esclude l’assimilazione alle opere di urbanizzazione in ragione dell’aggravio del carico urbanistico e della permanenza della proprietà privata, trattandosi di requisiti di carattere negativo che il legislatore non prevede.

In conclusione la domanda è fondata e deve essere accolta (restando assorbito l’ulteriore profilo formale dedotto): il Comune ha erroneamente preteso il contributo di costruzione e gli oneri di urbanizzazione, che devono essere restituiti (TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 07.11.2012 n. 1772 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAE' indubbio che la disposizione invocata (art. 9 L. 10/1977) deve ritenersi di stretta interpretazione, in quanto introduce talune ipotesi di deroga alla previsione generale la quale assoggetta a contributo tutte le opere che comportino trasformazione del territorio.
Lo speciale regime di gratuità di cui alla lett. f) richiede peraltro il concorso di due requisiti, il primo dei quali di carattere soggettivo che si risolve nell'esecuzione delle opere da parte degli Enti istituzionalmente competenti: in effetti, secondo l’indirizzo più rigoroso l'opera, per conseguire il beneficio, deve essere necessariamente realizzata da un Ente pubblico, non spettando lo stesso per le opere eseguite da soggetti privati, quale che sia la rilevanza sociale dell'attività esercitata nella o con l'opera edilizia alla quale la concessione si riferisce; in ogni caso ammettendo l’iniziativa di un privato, questo deve agire per conto di un Ente pubblico, come nell’istituto della concessione di opera pubblica o in altre analoghe figure organizzatorie ove l’intervento è realizzato da soggetti non animati dallo scopo di lucro o che accompagnano tale obiettivo con un legame istituzionale con l’azione dell’amministrazione per la cura degli interessi della collettività.
---------------
Il quadro normativo … prevede un’ipotesi di esenzione totale dal contributo di costruzione [art. 17, comma 3, lett. c), del DPR 380/2001] e un’ipotesi di scomputo della quota del contributo di costruzione relativa agli oneri di urbanizzazione (art. 16, comma 2, del DPR 380/2001; art. 45 della LR 12/2005).
Nell’ipotesi relativa all’esenzione totale il privato realizza un’opera espressamente qualificata di interesse pubblico nello strumento urbanistico generale o nei piani attuativi. Essendovi una tale previsione urbanistica l’utilità per l’amministrazione deriva direttamente dalla realizzazione dell’opera e pertanto l’esenzione è automatica. Non ricorre tuttavia questa fattispecie quando lo strumento urbanistico si limita ad autorizzare una destinazione d’uso implicante la realizzazione di opere astrattamente qualificabili come urbanizzazioni.
L’ammissibilità di queste opere in una certa zona del territorio non equivale al riconoscimento del loro interesse pubblico ma è soltanto una regola che disciplina l’interesse economico dei privati. Il passaggio da opera di pertinenza privata a opera di urbanizzazione richiede l’inclusione tra gli standard urbanistici che definiscono la dotazione di servizi del territorio. Tale inclusione non deriva dalla semplice esistenza dell’opera ma presuppone che sulla stessa vi possa essere un controllo pubblico.
In proposito le direttive regionali sul piano dei servizi (DGR n. 7/7586 del 21.12.2001, parte III punto 2-e) specificano che i privati possono integrare gli standard urbanistici garantiti dall’ente pubblico purché l’attività dei privati sia regolata da un atto di asservimento o da un regolamento d'uso che assicurino lo svolgimento e il controllo delle funzioni di interesse generale.

Secondo la giurisprudenza è indubbio che la disposizione invocata (art. 9 L. 10/1977) deve ritenersi di stretta interpretazione, in quanto introduce talune ipotesi di deroga alla previsione generale la quale assoggetta a contributo tutte le opere che comportino trasformazione del territorio (cfr. TAR Puglia Bari, sez. III – 11/06/2010 n. 2420).
Lo speciale regime di gratuità di cui alla lett. f) richiede peraltro il concorso di due requisiti, il primo dei quali di carattere soggettivo che si risolve nell'esecuzione delle opere da parte degli Enti istituzionalmente competenti: in effetti, come precisato dal TAR Veneto, sez. II – 16/06/2011 n. 1047, secondo l’indirizzo più rigoroso l'opera, per conseguire il beneficio, deve essere necessariamente realizzata da un Ente pubblico, non spettando lo stesso per le opere eseguite da soggetti privati, quale che sia la rilevanza sociale dell'attività esercitata nella o con l'opera edilizia alla quale la concessione si riferisce (Consiglio di Stato, sez. V – 15/12/2005 n. 7140; TAR Lombardia Milano, sez. II – 17/09/2009 n. 4672); in ogni caso ammettendo l’iniziativa di un privato, questo deve agire per conto di un Ente pubblico, come nell’istituto della concessione di opera pubblica o in altre analoghe figure organizzatorie ove l’intervento è realizzato da soggetti non animati dallo scopo di lucro o che accompagnano tale obiettivo con un legame istituzionale con l’azione dell’amministrazione per la cura degli interessi della collettività (Consiglio di Stato, sez. IV – 10/05/2005 n. 2226).
La Fondazione ricorrente è priva della qualità di Ente istituzionalmente competente, poiché è legata agli Istituti scolastici (proprietari) da un semplice rapporto di locazione, ed è dunque assente il titolo concessorio.
Sulla profilata natura di “opera di urbanizzazione” della scuola il Collegio richiama il proprio precedente (TAR Brescia – 27/11/2008 n. 1704) ai sensi del quale “il quadro normativo … prevede, per quanto interessa il presente giudizio, un’ipotesi di esenzione totale dal contributo di costruzione [art. 17, comma 3, lett. c), del DPR 380/2001] e un’ipotesi di scomputo della quota del contributo di costruzione relativa agli oneri di urbanizzazione (art. 16, comma 2, del DPR 380/2001; art. 45 della LR 12/2005). … Nell’ipotesi relativa all’esenzione totale il privato realizza un’opera espressamente qualificata di interesse pubblico nello strumento urbanistico generale o nei piani attuativi. Essendovi una tale previsione urbanistica l’utilità per l’amministrazione deriva direttamente dalla realizzazione dell’opera e pertanto l’esenzione è automatica. Non ricorre tuttavia questa fattispecie quando lo strumento urbanistico si limita ad autorizzare una destinazione d’uso implicante la realizzazione di opere astrattamente qualificabili come urbanizzazioni. L’ammissibilità di queste opere in una certa zona del territorio non equivale al riconoscimento del loro interesse pubblico ma è soltanto una regola che disciplina l’interesse economico dei privati. Il passaggio da opera di pertinenza privata a opera di urbanizzazione richiede l’inclusione tra gli standard urbanistici che definiscono la dotazione di servizi del territorio. Tale inclusione non deriva dalla semplice esistenza dell’opera ma presuppone che sulla stessa vi possa essere un controllo pubblico. In proposito le direttive regionali sul piano dei servizi (DGR n. 7/7586 del 21.12.2001, parte III punto 2-e) specificano che i privati possono integrare gli standard urbanistici garantiti dall’ente pubblico purché l’attività dei privati sia regolata da un atto di asservimento o da un regolamento d'uso che assicurino lo svolgimento e il controllo delle funzioni di interesse generale”.
Nel caso in esame non è rinvenibile nessuno dei suddetti presupposti, in quanto da un lato la scuola non risulta direttamente prevista nello strumento urbanistico come opera di interesse pubblico (sul punto non è stata fornita indicazione alcuna) e dall’altro la gestione di tale struttura non è oggetto di convenzionamento con il Comune ma costituisce un’iniziativa economica di esclusivo interesse privato.
Neppure è possibile giovarsi delle disposizioni sullo scomputo parziale o totale degli oneri di urbanizzazione, afferenti ad opere che una volta realizzate non rimangono nella disponibilità dei privati ma vengono acquisite al patrimonio indisponibile del Comune: nel caso in esame questa circostanza non si verifica (TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 24.08.2012 n. 1467 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: OGGETTO: Esonero dal contributo di costruzione di cui all'art. 17, comma 3, del D.P.R. n. 380/2001 per la realizzazione di “Centro per strutture assistenziali e anziani”.
Il Comune chiede “se sia possibile procedere all'esonero del contributo di costruzione ai sensi dell'art. 17, comma 3, lett. c), del DPR 380/2001 per la realizzazione di un “Centro per strutture assistenziali e anziani” da parte di un Ente Morale giuridicamente riconosciuto con Decreto del Presidente della giunta regionale considerando anche il fatto che l'opera viene realizzata in forza di un piano attuativo nel quale però non ne è prevista la cessione al Comune (Regione Marche, parere 02.02.2012 n. 239/2012).

EDILIZIA PRIVATA... Se nella fattispecie che prevede la riduzione o esonero dal contributo di costruzione “per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti”, vi rientra anche l’intervento per la realizzazione di una scuola di formazione professionale posto in essere da una Fondazione di diritto privato.
... Se nella fattispecie che prevede la riduzione o esonero dal contributo di costruzione “per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici”, vi rientra anche un’opera anche quando questa non è stata prevista né negli strumenti di programmazione finanziaria, né negli strumenti urbanistici specificatamente quale opera di "urbanizzazione secondaria”.

Il Sindaco del Comune di Calcio ha posto alla Sezione un quesito concernente l’interpretazione dell’art. 17 del D.P.R. n. 380/2001 (T.U. Edilizia) che sotto la rubrica “riduzione o esonero dal contributo di costruzione”, al comma 3, lett. c), stabilisce che il contributo di costruzione non è dovuto <<per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici>>.
In particolare formula un duplice quesito.
Nel primo
si chiede se nella fattispecie che prevede la riduzione o esonero dal contributo di costruzione “per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti”, vi rientra anche l’intervento per la realizzazione di una scuola di formazione professionale posto in essere da una Fondazione di diritto privato.
Con il secondo quesito si chiede se nella fattispecie che prevede la riduzione o esonero dal contributo di costruzione “per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici”, vi rientra anche un’opera anche quando questa non è stata prevista né negli strumenti di programmazione finanziaria, né negli strumenti urbanistici specificatamente quale opera di "urbanizzazione secondaria”.
In via preliminare la Sezione precisa che la decisione se applicare o meno l’esonero del pagamento degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione, con riferimento all’intervento edilizio indicato, attiene al merito dell’azione amministrativa e rientra, ovviamente, nella piena ed esclusiva discrezionalità e responsabilità dell’ente che potrà orientare la sua decisione in base alle conclusioni contenute nel parere della Sezione.
Per una maggior comprensione della questione ermeneutica posta è opportuno ricordare che la norma richiamata disciplina due fattispecie di esonero dal contributo di costruzione: 1) “gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti” (fattispecie a cui è riconducibile il primo quesito); 2) “le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici” (fattispecie a cui è riconducibile il secondo quesito).
Principi a cui l’amministrazione comunale si deve attenere per la soluzione del 1° quesito.
Come ha già avuto modo di precisare questa Sezione (Lombardia/783/2009/PAR del 09.10.2009; Lombardia/91/PAR/2011 del 21.02.2011), con riferimento alla prima fattispecie, la norma prescrive la sussistenza di due requisiti che devono entrambi concorrere per fondare lo speciale regime di esonero dal contributo di costruzione, l’uno di carattere oggettivo e l’altro di carattere soggettivo. Per effetto del primo la costruzione deve riguardare “opere pubbliche o d’interesse generale”; per effetto del secondo le opere devono essere eseguite da “un ente istituzionalmente competente”.
In particolare, il primo requisito è stato esplicitato nel senso che deve trattarsi di opere che, quantunque non destinate direttamente a scopi propri della P.A., siano comunque idonee a soddisfare i bisogni della collettività, di per se stesse –poiché destinate ad uso pubblico o collettivo– o in quanto strumentali rispetto ad opere pubbliche o comunque perché immediatamente collegate con le funzioni di pubblico servizio espletate dall’ente (cfr. in tal senso ex plurimis: C.d.S., sez. IV, 10.05.2005, n. 2226; C.d.S., sez. V, 06.05.2003 n. 5315; C.d.S., sez. V, 25.06.2002, n. 6618).
Con riferimento all’altro requisito (soggettivo), la giurisprudenza amministrativa ha più volte chiarito che la dizione deve riferirsi, oltre che agli enti pubblici in senso proprio, anche ai soggetti che agiscono per conto di enti pubblici, ricomprendendo, pertanto, “i concessionari di opere pubbliche o analoghe figure organizzatorie, caratterizzate da un vincolo tra il soggetto abilitato ad operare nell’interesse pubblico ed il materiale esecutore della costruzione, in modo tale che l’attività edilizia sia compiuta da un soggetto che curi istituzionalmente la realizzazione di opere d’interesse generale per il perseguimento delle specifiche finalità cui le opere stesse sono destinate” (in tal senso cfr. ex plurimis: C.d.S. , sez. VI, 09.09.2008, n. 4296; sez. V, 11.01.2006, n. 51; sez. IV, 10.05.2005, n. 2226).
La ratio della norma contenuta nell’art. 17 del D.P.R. n. 380/2001 è duplice. Da un lato, è sicuramente quella d’incentivare l’esecuzione di opere da cui la collettività possa trarre utilità. Dall’altro lato, è anche quella di assicurare una ricaduta del beneficio dello sgravio a vantaggio della collettività, posto che l’esonero dal contributo si traduce in un abbattimento dei costi, a cui corrisponde, in definitiva, un minore aggravio di oneri per il contribuente. In altre parole, l'imposizione del contributo di costruzione ai soggetti che agiscono nell'istituzionale attuazione del pubblico interesse sarebbe altrimenti intimamente contraddittoria, poiché verrebbe a gravare, sia pure indirettamente, sulla stessa comunità che dovrebbe avvantaggiarsi del pagamento di esso.
Pertanto, alla luce di tale ratio della disposizione, la giurisprudenza amministrativa ha generalmente accolto un’interpretazione che ricomprende, nell’ambito di applicabilità della norma, oltre agli enti pubblici in senso proprio, anche “quelle figure soggettive che non agiscono per esclusivo scopo lucrativo ovvero che accompagnano al lucro un collegamento giuridicamente rilevante con l'amministrazione, sì da rafforzare il legame istituzionale con l'azione del soggetto pubblico per la cura degli interessi della collettività” (in tal senso ex plurimis: C.d.S., sez. V, 20.10.2004, n. 6818; C.d.S., sez. IV, 12.07.2005, n. 3744).
Nel quesito posto dall’Amministrazione comunale si precisa che la Fondazione Ikaros ha chiesto al Comune di Calcio permesso di costruire per la realizzazione di un nuovo edificio scolastico; tuttavia, detta Fondazione non realizza l’opera "per conto" del Comune (la fondazione, in realtà, godrà di un contributo regionale, ma esso determinerà un vincolo di destinazione dell’edificio limitato nel tempo a soli 10 anni).
Per contro, la Fondazione argomenta la propria richiesta di esonero dal pagamento del contributo di costruzione osservando che in ordine al requisito soggettivo la fondazione medesima <<beneficia per la realizzazione delle opere dell'erogazione di un contributo da parte della Regione Lombardia che vincola l'edificio in costruzione a sede del "polo formativo" per 10 anni>>, nonché è disponibile <<ad inserire in una convenzione una previsione che contempli, in caso di cambio di destinazione d'uso dopo la scadenza decennale del vincolo regionale o in caso di modifiche statuarie dell'oggetto sociale, il versamento dei contributi di costruzione al Comune>>.
Quanto alla sussistenza del presupposto oggettivo indicato dalla fattispecie normativa in esame, non può disconoscersi che l’opera di realizzazione di un nuovo edifico scolastico sia collegata senz’altro ad una finalità di interesse pubblico generale.
Con riferimento al requisito soggettivo, invece, appare opportuno richiamare le considerazioni più articolate già formulate da questa Sezione nei citati pareri (Lombardia/783/2009/PAR del 09.10.2009; Lombardia/91/PAR/2011 del 21.02.2011).
Si è detto sopra dell’orientamento della giurisprudenza amministrativa che, da un lato, ha interpretato estensivamente la dizione “enti istituzionalmente competenti”, ricomprendendovi, oltre agli enti pubblici in senso proprio, anche altre “figure organizzatorie” che “curino istituzionalmente la realizzazione di opere d’interesse generale per il perseguimento delle specifiche finalità cui le opere stesse sono destinate”; dall’altro lato, ha ricondotto tale espressione prevalentemente alla figura del concessionario. Ciò in ragione della considerazione che gli elementi che connotano l’instaurazione e lo svolgimento del rapporto di concessione sono in grado di garantire di per sé quell’immediato legame istituzionale con l’azione dell’Amministrazione per la cura degli interessi della collettività, che si ritiene presupposto indefettibile per l’applicazione dell’esonero contributivo.
In quest’ottica, è stata esclusa l’applicabilità della norma in questione a soggetti privati che esercitino un’attività lucrativa di impresa indipendentemente dalla rilevanza sociale dell’attività stessa (cfr. C.d.S., sez. V, 21.01.1997, n. 69); nonché a soggetti privati che, seppur non perseguenti fini di lucro, realizzino opere destinate a rimanere nella piena disponibilità del privati esecutori in quanto non vincolate in alcun modo al mantenimento della finalità pubblica (cfr. C.d.S., sez. V, 11.01.2006, n. 51).
Peraltro, questa Corte ritiene opportuno non tralasciare la considerazione dell’attuale sviluppo dell’ordinamento della Repubblica e delle modalità di svolgimento dell’azione amministrativa.
Infatti, da un lato, la riforma del Titolo V della Costituzione, operata con la Legge costituzionale 18.10.2001, n. 3, ha inserito espressamente il principio di sussidiarietà, cosiddetto “orizzontale”, nell’ambito delle regole di organizzazione e di esercizio delle funzioni pubbliche, prevedendo all’art. 118, ultimo comma, che “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”.
Dall’altro lato, anche a causa dell'influenza del diritto comunitario, sono sempre più frequenti le forme di collaborazione tra soggetto pubblico e soggetto privato, nonché i casi in cui al soggetto privato sono affidati obiettivi di interesse pubblico.
In sostanza si assiste al passaggio da una configurazione della distribuzione del potere pubblico essenzialmente in via gerarchica ed in via autoritativa ad una distribuzione per così dire “a rete”, estesa anche ad altri soggetti dell’ordinamento che non sono enti pubblici in senso proprio, con la conseguenza che le funzioni pubbliche non necessariamente vengono esercitate mediante esplicazione di poteri autoritativi, ben potendo svolgersi attraverso forme e moduli procedimentali di tipo privatistico.
In quest’ottica si rende opportuna, a parere di questa Corte, un’interpretazione evolutiva e teleologicamente orientata del concetto di “ente istituzionalmente competente” previsto all'art. 17 del D.P.R. n. 380/2001 (anche al di là delle figure dei concessionari).
Sulla scorta di queste affermazioni di principio, dunque, spetta all’amministrazione valutare in concreto (ovvero, alla luce dello statuto della fondazione, dell’attività da essa svolta e della contribuzione che riceve dalla Regione) se la fondazione Ikarus possa o meno essere qualificato come “ente istituzionalmente competente” previsto all'art. 17 del D.P.R. n. 380/2001.
Principi a cui l’amministrazione comunale si deve attenere per la soluzione del 2° quesito.
Nell’istanza di parere l’amministrazione comunale precisa che <<la Fondazione aveva presentato al Comune, durante il procedimento di approvazione del nuovo PGT, apposita richiesta finalizzata all'individuazione, per un' area di proprietà, della destinazione urbanistica "attrezzature per l'istruzione", con l'intento di realizzare l'intervento di che trattasi. Il Comune in sede di approvazione ha accolto tale richiesta, sicuramente per rispondere ad un interesse generale ma nei propri strumenti di programmazione tra cui il Programma delle Opere Pubbliche, la relazione previsionale e programmatica, le schede di cui al Piano dei Servizi del PGT non ha previsto la realizzazione di tale intervento, né in via diretta, né tramite concessione, né tramite figura organizzativa similare>>.
Anche con riferimento alla seconda fattispecie prevista dall’art. 17, comma 3, lett. c), del D.P.R. n. 380/2001, questa Sezione ha espresso le proprie considerazioni nei citati pareri Lombardia/783/2009/PAR del 09.10.2009 e, più recentemente, Lombardia/91/PAR/2011 del 21.02.2011. In particolare, è stato ricordato che secondo giurisprudenza amministrativa consolidata questa seconda fattispecie di esonero dal contributo di costruzione ricorre quando l’opera non solo è conforme agli strumenti urbanistici, bensì è anche espressamente contemplata come tale nello strumento urbanistico medesimo poiché la norma, testualmente, utilizza l’espressione "opere di urbanizzazione eseguite in attuazione di strumenti urbanistici" (in tal senso C.d.S., sez. V, 10.05.1999, n. 536; C.d.S., sez. V, 21.01.1997, n. 69; C.d.S., sez. V, 01.06.1992, n. 489).
In altre parole, affinché possa trovare applicazione la disposizione invocata non è sufficiente la generica sussumibilità degli interventi nell’ambito delle opere di urbanizzazione; infatti, non tutte le opere di urbanizzazione sono esenti dal contributo concessorio, ma solo quelle eseguite “in attuazione di strumenti urbanistici”. La ratio della “gratuità” in termini di contributi di costruzione è <<quella di incentivare solo la dotazione di quelle infrastrutture che danno ordinata e coerente attuazione alle previsioni urbanistiche espressamente previste dall’Autorità comunale. Pertanto affinché possa qualificarsi un intervento come “opera di urbanizzazione eseguita in attuazione di strumenti urbanistici” è necessario che, oltre a potersi qualificare opera di urbanizzazione, sia specificamente indicata nello strumento urbanistico, corrispondendo ad una precisa indicazione dello stesso>> (TAR LOMBARDIA - Sez. Brescia- n. 163/2005).
Chiariti i principi di carattere generale a cui l’interprete deve rifarsi in sede di applicazione della seconda fattispecie tipizzata dalla lettera c) dell’art. 17 del D.P.R. n. 380/2001, spetta all’amministrazione comunale compiere le valutazioni del caso concreto (Corte dei Conti. Sez. controllo Lombardia, parere 18.01.2012 n. 5).

EDILIZIA PRIVATA: In materia di applicabilità dell'esenzione dal contributo di costruzione prevista dall'art. 17, comma 3, lett. c) del D.P.R. 06/06/2001 n. 380 per la realizzazione di chiese da parte di parrocchie o enti ecclesiastici e delle eventuali pertinenze quali ostelli, oratori o campi da gioco.
Il Comune per poter addivenire all’esonero dal contributo di costruzione deve verificare, secondo i parametri forniti dalla giurisprudenza, la sussistenza di entrambi i requisiti soggettivo ed oggettivo indicati dall'art. 17, comma 3, lett. c), dpr 380/2001 considerando sia le finalità di interesse generale perseguite con la realizzazione di una chiesa e delle eventuali pertinenze sia la natura degli enti esecutori delle predette opere (parrocchia o enti ecclesiastici).
L’art. 17, comma 3, lett. c), del D.P.R. 06/06/2001 n. 380 recante il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, prevede che il contributo di costruzione non è dovuto per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici.
La prima parte della norma per consentire l’esonero dal contributo di costruzione richiede la contemporanea presenza di due requisiti: uno oggettivo attinente alla realizzazione di opere pubbliche o di interesse generale ed uno soggettivo poiché le opere devono essere realizzate da enti istituzionalmente competenti.
Il Consiglio di Stato, con sentenza del 10/05/2005 n. 2226, ha evidenziato che il fine dell'applicazione della norma, fondata dunque sul presupposto oggettivo della natura delle opere e su quello soggettivo della qualità dell'ente realizzatore, è chiaramente quello di assicurare una ricaduta del beneficio dello sgravio a vantaggio della collettività, nel senso che la gratuità della concessione si traduce in un abbattimento dei costi, a cui corrisponde, in definitiva, un minore aggravio di oneri per il contribuente. Le opere per cui può ipotizzarsi lo sgravio dagli oneri concessori devono, dunque, rivelare innanzitutto un carattere direttamente satisfattivo dell'interesse della collettività, di per se stesse -poiché destinate ad uso pubblico o collettivo- o in quanto strumentali rispetto ad opere del genere anzidetto, o comunque perché immediatamente collegate con le funzioni di pubblico servizio espletate dall'ente.
Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, il requisito c.d. soggettivo necessario per accordare l'esenzione dal contributo sussiste non solo nel caso in cui l'opera sia realizzata direttamente da un ente pubblico nell'esercizio delle proprie competenze istituzionali, ma anche nel caso in cui l'opus venga realizzato da un soggetto privato, purché per conto di un ente pubblico come nel caso della concessione di opera pubblica o in altre analoghe figure organizzatorie in cui l'opera sia realizzata da soggetti che non agiscano per scopo di lucro, o che accompagnino tale lucro ad un legame istituzionale con l'azione dell'Amministrazione volta alla cura di interessi pubblici (Cons. Stato 09/09/2008 n. 4296, 12/07/2005 n. 3744).
Nella nozione di ente istituzionalmente competente alla realizzazione di un’opera pubblica o di interesse generale devono ritenersi comprese anche le fondazioni che intendono costruire istituti di cura o di ricerca sanitaria (Cons. Stato 06/12/2007 n. 6237).
La Sezione Regionale di Controllo per la Lombardia, con
parere 09.10.2009 n. 783, accogliendo un’interpretazione evolutiva e teleologicamente orientata del concetto di “ente istituzionalmente competente” previsto all'art. 17 del D.P.R. n. 380/2001 (anche al di là delle figure dei concessionari), ha ritenuto che la realizzazione di opere di riqualificazione di una casa di riposo esistente sul territorio comunale gestita da una fondazione onlus rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 17, comma 3, lett. c), del D.P.R. n. 380/2001.
Peraltro, con la gratuità si è inteso incentivare solo la dotazione di quelle infrastrutture che danno ordinata e coerente attuazione alle previsioni urbanistiche espressamente previste dall'Autorità comunale; l'esenzione dal contributo concessorio sussiste anche in presenza di opere classificabili di urbanizzazione e realizzate anche da privati, ma a condizione che ciò sia avvenuto in attuazione di quanto previsto dallo strumento urbanistico (Cons. Stato 12/05/2011 n. 2870).
Pertanto, il Comune per poter addivenire all’esonero dal contributo di costruzione deve verificare, secondo i parametri forniti dalla giurisprudenza, la sussistenza di entrambi i requisiti soggettivo ed oggettivo indicati dalla norma considerando sia le finalità di interesse generale perseguite con la realizzazione di una chiesa e delle eventuali pertinenze sia la natura degli enti esecutori delle predette opere (parrocchia o enti ecclesiastici)
(Corte dei Conti, Sez. controllo Puglia, parere 16.01.2012 n. 3).

anno 2011

EDILIZIA PRIVATA1. Contributo per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione - Art. 133, comma 1, lett. f), D. Lgs. n. 104/2010 - Giurisdizione del G.A. - Sussiste.
2. Contributo per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione - Opere pubbliche - Art. 17, comma 3, lett. c), D.P.R. n. 380/2001 - Esonero - Legame tra soggetti realizzatori e finalità pubbliche - Deve sussistere ab initio.
3. Contributo per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione - Opere pubbliche - Art. 19, D.P.R. n. 380/2001 - Determinazione del contributo - Qualificabilità della destinazione a sede universitaria come industriale - Non sussiste.

1. Le controversie sull'an e/o sul quantum del contributo per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione, vertendo sull'accertamento della consistenza delle rispettive posizioni di credito (di natura, quindi, paritetica), sono riconducibili alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo come oggi descritta dall'art. 133, comma 1, lett. f), D.Lgs. n. 104/2010.
2. Ai fini dell'esonero dal pagamento del contributo di costruzione previsto dall'art. 17, comma 3, lett. c), T.U. dell'edilizia, in relazione agli impianti, attrezzature ed opere pubbliche o di interesse generale realizzate "dagli Enti istituzionalmente competenti" (in modo da assicurare che il vantaggio dell'esenzione sia riversato a favore della collettività), non è possibile recuperare ex post il legame tra soggetti realizzatori e finalità pubbliche, che deve contraddistinguere l'intervento edilizio ab initio.
3. Ai fini della determinazione del contributo di costruzione per opere o impianti non destinati alla residenza ex art. 19, D.P.R. n. 380/2001, la destinazione a sede universitaria non può essere catalogata come destinazione industriale ai sensi del comma 1 di detta norma, atteso che tale disposizione coniuga l'attività industriale volta alla prestazione di servizi a quella volta alla trasformazione di beni, impedendo una lettura della prima avulsa dalla seconda, onde in presenza di costruzioni o impianti destinati allo svolgimento di servizi, soccorre la previsione del comma 2 (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 06.10.2011 n. 2376 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALo speciale regime di gratuità della concessione edilizia richiede il concorso di due requisiti, l'uno di carattere soggettivo e l'altro di carattere oggettivo:
1. il primo consiste nell'esecuzione delle opere da parte di enti "istituzionalmente competenti", vale a dire da parte di soggetti ai quali la realizzazione dell'opera sia demandata in via istituzionale;
2. il secondo, dall'ascrivibilità del manufatto oggetto di concessione edilizia alla categoria delle opere pubbliche o di interesse generale.
Limitatamente al requisito sub 2) si è rilevato che, ferma la preliminare interpretazione in merito all'espressione “opere pubbliche o di interesse generale” sostanzialmente ed inequivocabilmente riconducibile al concetto di “opera pubblica”, quest’ultima deve essere realizzata, quindi, o da un soggetto pubblico o da un soggetto privato, purché per conto di un ente pubblico, come nella figura della concessione di opere pubbliche o in analoghe figure organizzatorie.
Le disposizioni in commento, contenendo ipotesi di deroghe alla legge generale, debbono ritenersi di stretta interpretazione e, quindi, non estensibili quanto a portata applicativa ad ipotesi simili in assenza di espresso riferimento normativo. D’altronde la ratio legis sottesa alla previsione di un contributo da corrispondere per la realizzazione di opere che trasformino il territorio ha portata applicativa talmente generale che immaginare ipotesi di esenzione ad ampio spettro non avrebbe alcuna logica e manifesterebbe, anzi, un approccio contraddittorio del legislatore in relazione agli oneri che la collettività, in dipendenza di esse, è chiamata a sopportare.
---------------
Al titolo abilitativo a costruire relativo ad un immobile destinato a casa di cura privata spetta la parziale esenzione dal contributo urbanistico, prevista legislativamente fin dall'articolo 10 della legge 28.01.1977 n. 10 per le concessioni relative a costruzioni o impianti destinati ad attività industriali o artigianali dirette alla trasformazione di beni ed alla prestazione di servizi, dal momento che l'attività imprenditoriale diretta alla prestazione di servizi sanitari è a pieno titolo un'attività industriale, giusta la definizione di "attività industriale" che si ricava dall'art. 2195 cod. civ..
È corretto, quindi, affermare che l'attività sanitaria, se svolta da soggetto non istituzionalmente competente, presenta i caratteri oggettivi dell'industrialità (pur non perseguendo, soggettivamente, una finalità di lucro in senso stretto) e, pertanto, deve essere assoggettata al relativo trattamento, più favorevole.

E’ condivisa dal Collegio l’interpretazione che sul punto è stata offerta in giurisprudenza in coincidenza con ipotesi analoghe a quella oggetto del presente giudizio. Sul punto si è, infatti, detto che lo speciale regime di gratuità della concessione edilizia richiede il concorso di due requisiti, l'uno di carattere soggettivo e l'altro di carattere oggettivo:
1. il primo consiste nell'esecuzione delle opere da parte di enti "istituzionalmente competenti", vale a dire da parte di soggetti ai quali la realizzazione dell'opera sia demandata in via istituzionale;
2. il secondo, dall'ascrivibilità del manufatto oggetto di concessione edilizia alla categoria delle opere pubbliche o di interesse generale.
Limitandoci al requisito sub 2) si è rilevato che, ferma la preliminare interpretazione in merito all'espressione “opere pubbliche o di interesse generale” sostanzialmente ed inequivocabilmente riconducibile al concetto di “opera pubblica”, quest’ultima deve essere realizzata, quindi, o da un soggetto pubblico o da un soggetto privato, purché per conto di un ente pubblico, come nella figura della concessione di opere pubbliche o in analoghe figure organizzatorie (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 12.07.2005 n. 3774 ed i precedenti giurisprudenziali dello stesso tenore ivi richiamati, cioè Cons. Stato, Sez. V, 02.12.2002 n. 6618; 10.07.2000 n. 3860; 06.12.1999 n. 2061; 10.05.1999 n. 536; 04.05.1998 n. 492; 29.09.1997 n. 1067; 07.09.1995 n. 1280; 10.12.1990 n. 857).
E’ altresì condivisibile l’ulteriore affermazione svolta dalla decisione del Consiglio di Stato suindicata (Sez. V, n. 3774 del 2005) in virtù della quale le disposizioni in commento, contenendo ipotesi di deroghe alla legge generale, debbono ritenersi di stretta interpretazione e, quindi, non estensibili quanto a portata applicativa ad ipotesi simili in assenza di espresso riferimento normativo. D’altronde la ratio legis sottesa alla previsione di un contributo da corrispondere per la realizzazione di opere che trasformino il territorio ha portata applicativa talmente generale che immaginare ipotesi di esenzione ad ampio spettro non avrebbe alcuna logica e manifesterebbe, anzi, un approccio contraddittorio del legislatore in relazione agli oneri che la collettività, in dipendenza di esse, è chiamata a sopportare.
Conseguentemente, atteso che le opere in questione (ndr: costruzione di una struttura socio-sanitaria) non sono state realizzate da un soggetto pubblico o da un soggetto privato destinatario di una concessione di opera pubblica o di analoga figura organizzatoria, l’ipotesi di esenzione dal contributo invocata non può trovare applicazione nel caso qui in esame.
Peraltro la normativa vigente stabilisce in proposito che il contributo è corrisposto in misura ridotta per la realizzazione di interventi relativi a costruzioni o impianti destinati ad attività industriali o artigianali dirette alla trasformazione di beni ed alla presentazione di servizi.
Sul punto, in giurisprudenza, si è chiarito che al titolo abilitativo a costruire relativo ad un immobile destinato a casa di cura privata spetta la parziale esenzione dal contributo urbanistico, prevista legislativamente fin dall'articolo 10 della legge 28.01.1977 n. 10 per le concessioni relative a costruzioni o impianti destinati ad attività industriali o artigianali dirette alla trasformazione di beni ed alla prestazione di servizi, dal momento che l'attività imprenditoriale diretta alla prestazione di servizi sanitari è a pieno titolo un'attività industriale, giusta la definizione di "attività industriale" che si ricava dall'art. 2195 cod. civ. (cfr., per tutte, Cons. Stato, Sez. V, 16.01.1992 n. 46).
È corretto, quindi, affermare che l'attività sanitaria, se svolta da soggetto non istituzionalmente competente, presenta i caratteri oggettivi dell'industrialità (pur non perseguendo, soggettivamente, una finalità di lucro in senso stretto) e, pertanto, deve essere assoggettata al relativo trattamento, più favorevole (cfr., sul punto TAR Abruzzo, L’Aquila, 24.05.2006 n. 383).
Conseguentemente nel caso di specie, mentre non è dovuta l'esenzione totale, correttamente il commissario ad acta ha ridotto il contributo con la citata delibera n. 2/2009, sussumendo la fattispecie nella ipotesi di costruzione a carattere industriale, sì che appare immune dai dedotti vizi il riferimento ai parametri previsti per le zone G (cfr. TAR Firenze sent. n. 466/2008) (TAR Campania-Napoli, Sez. II, sentenza 09.09.2011 n. 4356 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: La realizzazione della sede di un sindacato dei lavoratori non è esente dal versamento del contributo di costruzione (oo.uu. + costo di costruzione).
La sede sindacale palesemente non è riconducibile ad alcuno degli interventi elencati dall’art. 16, commi VII e VII-bis (urbanizzazione primaria: “strade residenziali, spazi di sosta o di parcheggio, fognature, rete idrica, rete di distribuzione dell'energia elettrica e del gas, pubblica illuminazione, spazi di verde attrezzato… cavedi multiservizi e i cavidotti per il passaggio di reti di telecomunicazioni") e VIII (urbanizzazione secondaria: “asili nido e scuole materne, scuole dell'obbligo nonché strutture e complessi per l'istruzione superiore all'obbligo, mercati di quartiere, delegazioni comunali, chiese e altri edifici religiosi, impianti sportivi di quartiere, aree verdi di quartiere, centri sociali e attrezzature culturali e sanitarie”).

Procedendo da alcune considerazioni generali, è da osservare come l'art. 17, III comma, lett. c), dpr 380/2001, disponga che il contributo di costruzione non è dovuto “per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici”; la norma riproduce il previgente art. 9, lett. f), della l. 28.01.1977 n. 10, cui, nelle successive citazioni giurisprudenziali, si farà parimenti riferimento.
Anzitutto, è indubbio che la disposizione deve ritenersi di stretta interpretazione, in quanto introduce ipotesi di deroga alla previsione generale, di cui all’art. 16, I comma, del d.lgs. 380/2001, la quale assoggetta a contributo tutte le opere che comportino trasformazione del territorio.
È poi evidente che lo speciale regime di gratuità richiede il concorso di due requisiti, l'uno di carattere soggettivo e l'altro di carattere oggettivo (così, da ultimo, C.d.S. IV, 02.03.2011, n. 1332).
Il primo di questi, per vero, consiste nell'esecuzione delle opere da parte di enti istituzionalmente competenti, vale a dire “da parte di soggetti ai quali la realizzazione dell'opera sia demandata in via istituzionale” (così, in motivazione, C.d.S., V, 12.07.2005, n. 3774).
Secondo un orientamento particolarmente rigoroso l’opera, per conseguire il beneficio, deve allora essere necessariamente realizzata “da un ente pubblico, non competendo la stessa ad opere eseguite da soggetti privati, quale che sia la rilevanza sociale dell'attività dagli stessi esercitata nella o con l'opera edilizia alla quale la concessione si riferisce” (C.d.S.. V, 15.12.2005, n. 7140).
In ogni caso, ammettendo possa trattarsi anche di un privato, questo deve operare “per conto di un ente pubblico (come nella figura della concessione di opera pubblica o in altre analoghe figure organizzatorie ove l'opera sia realizzata da soggetti che non agiscano per scopo di lucro o che accompagnino tale lucro ad un legame istituzionale con l'azione dell'amministrazione per la cura degli interessi della collettività)” (così C.d.S., IV, 10.05.2005, n. 2226).
Il secondo requisito, come detto, è rappresentato dalla riconduzione del manufatto alla categoria delle opere pubbliche o di interesse generale.
Orbene, nonostante parte ricorrente offra sul punto una ponderosa ricostruzione, è anzitutto da escludere che la C.I.S.L. sia qualificabile come un “ente istituzionalmente competente”,
Invero, non v’è dubbio che la ricorrente rientri tra le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, ma non per questo cessa di essere un’associazione privata non riconosciuta che, appunto, rappresenta e tutela, anche nelle sedi istituzionali, gli interessi categoriali dei lavoratori ad essa iscritti, senza per questo acquistare uno status ed una qualifica che presupporrebbe l’attuazione, mai operata, dell’art. 39 della Costituzione (ex multis, Cass. lav., 06.07.2000, n. 9043: “Le organizzazioni sindacali dei lavoratori e quelle dei datori di lavoro sono tradizionalmente inquadrate tra le associazioni non riconosciute, in considerazione della loro natura di gruppi -di lavoratori o datori di lavoro- organizzati in modo stabile e provvisti di strumenti finanziari e organizzativi adeguati per lo svolgimento di una attività comune di autotutela” ed “in assenza di una legislazione di attuazione dell'art. 39, parte II, cost. per la relativa disciplina occorre far riferimento alla normativa dettata dagli art. 36, 37 e 38 c.c.”).
La sede dell’associazione sindacale, a sua volta, non può essere qualificata come un’opera pubblica, o d’interesse generale, ma soltanto come un bene strumentale, mediante il quale l’associazione persegue i propri compiti statutari.
Ciò non esclude che all’interno di tale edificio possano svolgersi attività che realizzano scopi di utilità collettiva, ma ciò si realizza per la destinazione concretamente impressa sull’edificio –o parte di esso- dal suo proprietario, e non in relazione alle caratteristiche intrinseche dell’opera, che la destinano direttamente alla fruizione collettiva, come per una strada o un edificio pubblico.
Infine, va altresì escluso che una sede sindacale possa costituire un’opera di urbanizzazione eseguita da privato in attuazione di strumenti urbanistici, come pure la ricorrente in subordine sostiene.
È bensì vero che il Comune di Vicenza ha variato la destinazione dell’area, consentendone l’attuale destinazione, ma ciò non basta ad assimilare l’edificio costì realizzato ad un’opera d’urbanizzazione, primaria o secondaria.
Invero, la sede sindacale palesemente non è riconducibile ad alcuno degli interventi elencati dall’art. 16, commi VII e VII-bis (urbanizzazione primaria: “strade residenziali, spazi di sosta o di parcheggio, fognature, rete idrica, rete di distribuzione dell'energia elettrica e del gas, pubblica illuminazione, spazi di verde attrezzato… cavedi multiservizi e i cavidotti per il passaggio di reti di telecomunicazioni") e VIII (urbanizzazione secondaria: “asili nido e scuole materne, scuole dell'obbligo nonché strutture e complessi per l'istruzione superiore all'obbligo, mercati di quartiere, delegazioni comunali, chiese e altri edifici religiosi, impianti sportivi di quartiere, aree verdi di quartiere, centri sociali e attrezzature culturali e sanitarie”).
D’altra parte, lo strumento generale comunale non ha qualificato l’intervento de quo come opera d’urbanizzazione (cfr., per tale ipotesi, C.d.S.. V, 7140/2005 cit.), mentre la convenzione 30.03.2007 si riferisce genericamente ad “attrezzature d’interesse collettivo”, oltre a prevedere, giova nuovamente ricordarlo, che il sindacato è tenuto alla corresponsione degli “oneri dovuti relativamente all’intervento” (TAR Veneto, Sez. II, sentenza 16.06.2011 n. 1047 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATANon spetta la gratuità del contributo di costruzione, per la costruzione di una caserma dei carabinieri, alla società (richiedente il permesso di costruire) che è un soggetto privato che opera a fini di lucro e non ha alcun rapporto o collegamento di tipo pubblicistico con la Pubblica Amministrazione.
... per l'accertamento del diritto della ricorrente ad essere esonerata, nei confronti della del Comune di Vico del Gargano, dal pagamento degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, nonché del costo di costruzione, ai sensi dell’art. 17, co. 3, lett. c), del DPR 06.06.2001 n. 380, relativamente alle rilasciata concessione edilizia n. 19/1999 e successive varianti n.3421/2000 e 2033/2001, per la costruzione di un immobile da adibire a locale caserma dei Carabinieri;
...
Con il ricorso in esame la società ricorrente impugna i provvedimenti di cui in epigrafe e ne chiede l’annullamento, previo accertamento del proprio diritto ad essere esonerata dal pagamento del costo di costruzione e degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria per la costruzione di una Caserma dei Carabinieri richiesti dall’Amministrazione Comunale intimata. Occorre premettere che, alla stregua dell’accordo intervenuto tra il Ministero dell’Interno e la ditta esecutrice/autofinanziatrice (sig. Salcuni Damiano), con atto di impegno depositato presso la Prefettura di Foggia il 02.02.1998, la ditta esecutrice si è obbligata a realizzare l’opera di che trattasi entro 18 mesi dalla data di impegno, nonché a locare l’immobile per un periodo di anni 6 (rinnovabili) al Ministero dell’Interno, prevedendo un canone annuo di € 235.000,00 e la possibilità per l’Amministrazione locataria di procedere all’acquisto dello stesso.
...
Premessa in via generale l’onerosità (oneri di urbanizzazione e contributo sul costo di costruzione) del rilascio di permesso di costruire ex art. 16 D.P.R. 380/2001, il successivo articolo 17 contiene una elencazione tassativa delle ipotesi in cui il contributo di costruzione non è dovuto e, in particolare, al comma 3, lett. c), prevede l’esonero dal versamento del contributo di costruzione “per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti, nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici”.
Ciò premesso, appare quasi superfluo sottolineare che la società ricorrente, non potendo annoverarsi tra gli “enti istituzionalmente competenti”, difetta anzitutto del requisito soggettivo.
Non può condividersi in proposito l’assunto di parte ricorrente, che –sovrapponendo la prima e la seconda parte della norma citata– tende a prospettare una perfetta equivalenza degli enti istituzionalmente competenti con i soggetti privati.
L’esonero previsto dalla seconda parte della norma citata concerne invero i soggetti privati ma solo in relazione alla realizzazione di opere di urbanizzazione in attuazioni di strumenti urbanistici.
Né miglior sorte può avere la tesi della equiparazione cui parte ricorrente perviene attraverso una esclusiva attenzione all’elemento oggettivo consistente nella realizzazione di opere pubbliche o di interesse generale.
Ed invero, anche a prescindere dalla considerazione che siffatto argomentare porterebbe –in contrasto con il chiaro tenore della norma– ad un azzeramento del requisito soggettivo, deve altresì rilevarsi che la norma citata –proprio per la sua natura di norma eccezionale rispetto alla regola della onerosità del titolo– deve essere riguardata in termini restrittivi, non ponendosi neanche in tal caso un problema di interpretazione, attesa la chiarezza e univocità del dato testuale della norma (in claris non fit interpretatio).
Peraltro la società ricorrente, che è un soggetto privato che opera a fini di lucro, non ha alcun rapporto o collegamento di tipo pubblicistico con la Pubblica Amministrazione, a differenza di quanto si verifica con riferimento ai concessionari di opera pubblica (C.d.S. Sez. V 12.07.2005 n. 3774; Sez. V 18.09.2003 n. 5315) (TAR Puglia-Bari, Sez. III, sentenza 11.06.2010 n. 2420 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATASono riconducibili al novero delle urbanizzazioni secondarie le strutture sanitarie private. L'ampliamento di una clinica privata non soggiace al pagamento del contributo di costruzione.
L’ipotesi di esonero considerata nella seconda parte dell’art. 17, co 3, lett. c), D.P.R. 380/2001 è testualmente riferita ad opere di urbanizzazione eseguite anche da privati, coerentemente con l’intento di agevolare la realizzazione di opere di urbanizzazione e di evitare un illogico addebito al privato realizzatore di queste di contributi per opere di urbanizzazione che, in parte, egli stesso contribuisce a creare.

Il concretarsi dell’ipotesi di esenzione dal contributo concessorio ex art. 17, comma 3, lett. c), del D.P.R. n. 380 del 2001, ora considerata, si riscontra in presenza di opere classificabili come di urbanizzazione, purché esse siano realizzate, anche da privati, “in attuazione di strumenti urbanistici”. Rileva, dunque, ed è sufficiente, non ponendo la norma altre condizioni, che l’opera attui, ossia ponga in essere, quanto previsto dallo strumento, realizzando la configurazione di opere di urbanizzazione in esso contemplata.
Nella specie può considerarsi pacifico che il PRG prevedesse una destinazione a servizi e attrezzature di proprietà pubblica o privata ma di uso pubblico, nell’accezione specifica di “servizi ospedalieri e sanitari” (Sh), stabilendo i corrispondenti indici, all’interno dei quali l’ampliamento realizzato si colloca. Risulta, quindi, riduttivo parlare di sola conformità urbanistica dell’opera, atteso che essa comporta, oltre che, ovviamente, una trasformazione rispondente agli intendimenti della proprietà, anche, al contempo, la traduzione in opera di quanto previsto dallo strumento urbanistico in punto destinazione a strutture di urbanizzazione secondaria e relativo dimensionamento.
Sulla riconducibilità al novero delle urbanizzazioni secondarie delle strutture sanitarie private si concorda con la sentenza; del resto l’ipotesi di esonero considerata nella seconda parte dell’art. 17, co. 3, lett. c), D.P.R. cit. è testualmente riferita ad opere di urbanizzazione eseguite anche da privati, coerentemente con l’intento di agevolare la realizzazione di opere di urbanizzazione e di evitare un illogico addebito al privato realizzatore di queste di contributi per opere di urbanizzazione che, in parte, egli stesso contribuisce a creare.
Argomenti in contrario non si rinvengono nelle difese dell’amministrazione appellata, che si limita, sul punto, ad osservare che la conformità tra quanto edificato e le previsioni urbanistiche comporta la legittimità dell’intervento edilizio ma non rende qualificabili le attrezzature come opere pubbliche.
Non può, infine, considerarsi determinante la circostanza che non si tratti nella specie della costruzione di una nuova clinica ma della realizzazione di un ampliamento, medesima essendo la funzione ospedaliera.
Spettano, quindi, per la realizzazione della c.d. nuova piastra l’esenzione dal contributo e la restituzione del contributo già corrisposto
Quanto detto circa l’ampliamento ha influenza anche in relazione all’ulteriore aspetto della debenza di contributi relativi alle opere realizzate nella parte preesistente della struttura, che va esclusa.
Non viene contestato che si tratti di opere meramente interne, ossia che il preesistente edifico permanga, nello stato modificato di cui alle tre DIA, inalterato quanto a superficie, sagoma, prospetti, destinazione sanitaria, ma si sottolinea nelle difese del Comune ed è stato considerato dai primi giudici che dai progetti oggetto delle denunce di inizio attività risulta che tali opere sono il necessario completamento alle trasformazioni che hanno ridisegnato il complesso delle cliniche attraverso la realizzazione della nuova piastra; le opere, configuranti un insieme unitario, devono, quindi, secondo la sentenza, essere considerate congiuntamente per qualificare la tipologia dell’intervento, ai fini della valutazione della sua incidenza territoriale e del relativo regime contributivo.
La considerazione unitaria dei lavori che, come puntualizza la sentenza, sono stati realizzati “per stralci, con diversi titoli abilitativi richiesti a brevi intervalli di tempo (il permesso di costruire è della fine del 2001, mentre le tre denunce di inizio attività sono del 2002 e del 2003)”, non può, peraltro, contrariamente all’avviso del TAR, condurre a ritenere dovuti i contributi per le opere di cui alle DIA.
Il maggior carico urbanistico è indotto dall’ampliamento che ha consentito di introdurre nuove funzioni, tra cui il pronto soccorso, ed a questo va ricondotto, rimanendo indifferente la distribuzione interna delle varie funzioni tra il preesistente edifico e la nuova “piastra”, ossia la traslazione nel nuovo edificio di funzioni prima esercitate nelle preesistenti volumetrie, rifunzionalizzate per accogliere le nuove funzioni sanitarie, trattandosi di aspetto che attiene alla organizzazione dei lavori edili e della attività sanitaria, ma rimane indifferente sul piano urbanistico, essendo, sì, il carico complessivo aumentato ma, appunto, in dipendenza dell’aumento volumetrico generato dall’ampliamento.
Se, quindi, l’ampliamento, che determina il maggior carico urbanistico, non è soggetto, come detto in precedenza, a contributo, non può sostenersi che esso vada applicato alle opere interne nello stabile preesistente, senza incorrere in una duplicazione che non ha ragion d’essere; né può ipotizzarsi che il maggior carico urbanistico derivante dalle nuove funzioni sanitarie non comporti contributo ove esse siano allocate nella nuova piastra di ampliamento e lo imponga, invece, ove quelle stesse funzioni siano collocate nella parte preesistente del complesso, poiché la soluzione allocativa prescelta è neutra sotto il profilo urbanistico (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 12.05.2011 n. 2870 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Oneri di urbanizzazione. Esenzione ex art. 9, lett. f), della legge n. 10 del 1977 per gli edifici destinati al soddisfacimento di interessi pubblici. Applicabilità nel caso di opera destinata a fini di culto che deve essere realizzata da un ente religioso.
Ai fini dell'applicabilità della esenzione dal pagamento del contributo concessorio prevista dall'art. 9, lettera f), della legge n. 10 del 1977, sono necessari i due seguenti presupposti:
a) che si tratti dell'esecuzione di opere destinate al soddisfacimento di interessi pubblici da cui la collettività possa trarre una utilità;
b) che l'esecuzione dell'opera sia compiuta da un ente istituzionalmente competente; tali presupposti garantiscono il perseguimento di interessi di ordine generale e giustificano la concessione di un beneficio economico che, non contribuendo alla formazione di un utile di impresa, si riverbera a vantaggio di tutta la collettività che fruisce dell’opera una volta compiuta (Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 11.01.2006, n. 51).
E’ illegittimo il provvedimento di diniego di restituzione del contributo versato per il rilascio di una concessione edilizia per la realizzazione di un edificio da destinare al culto od attività similari (nella specie, si trattava di un "centro sociale della spiritualità", annesso ad una oasi francescana); in tal caso, infatti, deve essere applicata la esenzione prevista dall’art. 9, lett. f), della legge n. 10 del 1977, per la realizzazione di opere di interesse generale, tali dovendosi considerare tutti gli edifici direttamente destinati alla fruizione della collettività dei fedeli indipendentemente da ogni denominazione (V. in termini Cons. Stato, Sez. I, n. 62751/2001).
-------------
(v. tuttavia in senso diverso, TAR Marche, Sez. I, sentenza 08.07.2003 n. 899, riguardante una fattispecie di mutamento di destinazione d’uso di un immobile da magazzino a sede di una Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova) (massima tratta da www.regione.piemonte.it - TAR Puglia-Bari, Sez. II, sentenza 10.03.2011 n. 407 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAIn tema di esenzione dagli oneri contributivi relativi alla concessione edilizia, l’art. 9, comma 1, lettera f), della legge n. 10/1977 richiede due requisiti che devono entrambi concorrere per fondare lo speciale regime di gratuità della concessione: l’uno di tipo soggettivo, per effetto del quale le opere devono essere eseguite da un ente istituzionalmente competente, e l’altro di carattere oggettivo, per effetto del quale la costruzione deve riguardare opere pubbliche o di interesse generale.
Questa Sezione non può qui non ribadire i principi peraltro costantemente affermati dal questo Consesso (cfr. Sez. V 20.10.2004 n. 6818; Sez. VI 05.06.2007 n. 2981) e cioè che in tema di esenzione dagli oneri contributivi relativi alla concessione edilizia, l’art. 9, comma 1, lettera f), della legge n. 10/1977 richiede due requisiti che devono entrambi concorrere per fondare lo speciale regime di gratuità della concessione: l’uno di tipo soggettivo, per effetto del quale le opere devono essere eseguite da un ente istituzionalmente competente e l’altro di carattere oggettivo per effetto del quale la costruzione deve riguardare opere pubbliche o di interesse generale.
Ebbene, nella fattispecie difettano entrambe tali condiciones iuris dal momento che la Soc. ... non riveste certo lo status di un soggetto avente natura pubblicistica (trattasi di un società di diritto commerciale) ed inoltre l’intervento realizzato non costituisce espletamento di un’attività istituzionale o di interesse pubblico, essendo le opere edilizie in questione (un complesso turistico–alberghiero) palesemente finalizzate ad assecondare le finalità di lucro proprie di un soggetto di diritto privato
(Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 02.03.2011 n. 1332 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAEsonero, o meno, dal contributo di costruzione e di scomputo degli oneri di urbanizzazione secondaria per una residenza sanitaria per anziani e inabili.
Il caso in esame non rientra nell’ambito di applicazione della prima fattispecie prevista dall’art. 17, comma 3, lett. c) del D.P.R. n. 380/2001 (“gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti”), e, quindi, la progettata residenza sanitaria per anziani e inabili non può beneficiare dell’esonero dal contributo di costruzione e dello scomputo degli oneri di urbanizzazione secondaria previsti dalla legge.

L’art. 17, comma 3, lett. c), del D.P.R. n. 380/2001 dispone che “il contributo di costruzione non è dovuto per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici”.
Vengono, cioè, previste due fattispecie riguardanti rispettivamente: 1) “gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti”; 2) “le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici”.
Con riferimento alla prima ipotesi, la norma enuncia due requisiti che devono entrambi concorrere per fondare lo speciale regime di esonero dal contributo di costruzione, l’uno di carattere oggettivo e l’altro di carattere soggettivo. Per effetto del primo, la costruzione deve riguardare “opere pubbliche o d’interesse generale”. Per effetto del secondo, le opere devono essere eseguite da “un ente istituzionalmente competente”.
In particolare, il primo requisito è stato esplicitato nel senso che deve trattarsi di opere che, quantunque non destinate direttamente a scopi propri della P.A., siano comunque idonee a soddisfare i bisogni della collettività, di per se stesse –poiché destinate ad uso pubblico o collettivo– o in quanto strumentali rispetto ad opere pubbliche o comunque perché immediatamente collegate con le funzioni di pubblico servizio espletate dall’ente (cfr. in tal senso ex plurimis: C.d.S., sez. IV, 10.05.2005, n. 2226; C.d.S., sez. V, 06.05.2003 n. 5315; C.d.S., sez. V, 25.06.2002, n. 6618).
Con riferimento all’altro requisito (soggettivo), la giurisprudenza amministrativa ha più volte chiarito che la dizione deve riferirsi, oltre che agli enti pubblici in senso proprio, anche ai soggetti che agiscono per conto di enti pubblici, ricomprendendo, pertanto, “i concessionari di opere pubbliche o analoghe figure organizzatorie, caratterizzate da un vincolo tra il soggetto abilitato ad operare nell’interesse pubblico ed il materiale esecutore della costruzione, in modo tale che l’attività edilizia sia compiuta da un soggetto che curi istituzionalmente la realizzazione di opere d’interesse generale per il perseguimento delle specifiche finalità cui le opere stesse sono destinate” (in tal senso cfr. fra tutte C.d.S. , sez. VI, 09.09.2008, n. 4296; sez. V, 11.01.2006, n. 51; sez. IV, 10.05.2005, n. 2226).
La ratio della norma contenuta nell’art. 17 del D.P.R. n. 380/2001 è duplice. Da un lato, è sicuramente quella d’incentivare l’esecuzione di opere da cui la collettività possa trarre utilità. Dall’altro lato, è anche quella di assicurare una ricaduta dello sgravio a vantaggio della collettività, posto che l’esonero dal contributo si traduce in un abbattimento dei costi, cui corrisponde, in definitiva, un minore aggravio di oneri per il contribuente.
In altri termini, l'imposizione del contributo di costruzione ai soggetti che agiscono nell'istituzionale attuazione del pubblico interesse sarebbe altrimenti intimamente contraddittoria, poiché verrebbe a gravare, sia pure indirettamente, sulla stessa comunità che dovrebbe avvantaggiarsi del pagamento di esso.
Sotto tale profilo la giurisprudenza amministrativa ha generalmente accolto un’interpretazione che ricomprende, nell’ambito di applicabilità della norma, oltre agli enti pubblici in senso proprio, anche “quelle figure soggettive che non agiscono per esclusivo scopo lucrativo ovvero che accompagnano al lucro un collegamento giuridicamente rilevante con l'amministrazione, sì da rafforzare il legame istituzionale con l'azione del soggetto pubblico per la cura degli interessi della collettività” (si vedano ex plurimis: C.d.S., sez. V, 20.10.2004, n. 6818; C.d.S., sez. IV, 12.07.2005, n. 3744).
Con riguardo alla seconda fattispecie prevista dall’art. 17, comma 3, lett. c), del D.P.R. n. 380/2001, secondo cui l’esonero dal contributo di costruzione opera anche nei riguardi di "opere di urbanizzazione eseguite in attuazione di strumenti urbanistici", secondo una consolidata giurisprudenza amministrativa non è assolutamente sufficiente che l’opera sia solamente conforme agli strumenti urbanistici, ma essa deve essere espressamente contemplata come tale nello strumento urbanistico medesimo (in tal senso C.d.S., sez. V, 10.05.1999, n. 536; C.d.S., sez. V, 21.01.1997, n. 69; C.d.S., sez. V, 01.06.1992, n. 489).
In sostanza, la disposizione beneficia solo il privato che dia immediata esecuzione alla previsione di piano relativa ad una specifica opera di urbanizzazione. Solo in questo caso, infatti, sarebbe contraddittoria ed irragionevole la richiesta al privato del pagamento di un contributo commisurato anche alle "spese di urbanizzazione", che di regola sono sopportate dall'ente pubblico.
Venendo al quesito posto dal comune di Ghisalba, si tratta di verificare se la fattispecie riguardante la progettata casa di ricovero per anziani e inabili possa essere ricompresa nell’ambito di applicazione di almeno una delle due ipotesi di esonero da contributo di costruzione previste dall’art. 17, comma 3, lett. c) del D.P.R. n. 380/2001. In particolare, con riferimento alla prima fattispecie delineata dalla norma (impianti, attrezzature, opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti), va verificata, come si è detto, la sussistenza di entrambi i requisiti, oggettivo e soggettivo, sopra illustrati.
Quanto al requisito oggettivo, non può disconoscersi che l’opera di costruzione della casa di ricovero per anziani e inabili di riposo sia collegata senz’altro ad una finalità di interesse pubblico generale, stante la prevista convenzione con il comune circa la riserva dei posti letto con retta giornaliera a prezzo calmierato (21 posti per euro 95 al giorno), e stante la possibilità di ottenere l’accreditamento regionale quanto a erogazione di servizi socio-assistenziali.
Con riferimento al requisito soggettivo, invece, appare opportuno effettuare considerazioni più articolate. Si è detto sopra dell’orientamento della giurisprudenza amministrativa che, da un lato, ha interpretato estensivamente la dizione “enti istituzionalmente competenti”, ricomprendendovi, oltre agli enti pubblici in senso proprio, anche altre “figure organizzatorie” che “curino istituzionalmente la realizzazione di opere d’interesse generale per il perseguimento delle specifiche finalità cui le opere stesse sono destinate”; dall’altro lato, ha ricondotto tale espressione prevalentemente alla figura del concessionario. Ciò in ragione della considerazione che gli elementi che connotano l’instaurazione e lo svolgimento del rapporto di concessione sono in grado di garantire di per sé quell’immediato legame istituzionale con l’azione dell’amministrazione per la cura degli interessi della collettività, che si ritiene presupposto indefettibile per l’applicazione dell’esonero contributivo.
In quest’ottica, è stata esclusa l’applicabilità della norma in questione a soggetti privati che esercitino un’attività lucrativa di impresa indipendentemente dalla rilevanza sociale dell’attività stessa (cfr. C.d.S., sez. V, 21.01.1997, n. 69); nonché a soggetti privati che, seppur non perseguenti fini di lucro, realizzino opere destinate a rimanere nella piena disponibilità del privati esecutori in quanto non vincolate in alcun modo al mantenimento della finalità pubblica (cfr. C.d.S., sez. V, 11.01.2006, n. 51).
Peraltro, questa Corte ritiene opportuno non tralasciare la considerazione dell’attuale sviluppo dell’ordinamento della Repubblica e delle modalità di svolgimento dell’azione amministrativa.
Infatti, da un lato, la riforma del Titolo V della Costituzione, operata con la Legge costituzionale 18.10.2001, n. 3, ha inserito espressamente il principio di sussidiarietà, cosiddetto “orizzontale”, nell’ambito delle regole di organizzazione e di esercizio delle funzioni pubbliche, prevedendo all’art. 118, ultimo comma, che “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”.
Dall’altro lato, anche a causa dell'influenza del diritto comunitario, sono sempre più frequenti le forme di collaborazione tra soggetto pubblico e soggetto privato, nonché i casi in cui al soggetto privato sono affidati obiettivi di interesse pubblico.
In sostanza si assiste al passaggio da una configurazione della distribuzione del potere pubblico essenzialmente in via gerarchica ed in via autoritativa ad una distribuzione per così dire “a rete”, estesa anche ad altri soggetti dell’ordinamento che non sono enti pubblici in senso proprio, con la conseguenza che le funzioni pubbliche non necessariamente vengono esercitate mediante esplicazione di poteri autoritativi, ben potendo svolgersi attraverso forme e moduli procedimentali di tipo privatistico.
In quest’ottica si rende opportuna, a parere di questa Sezione, un’interpretazione evolutiva e teleologicamente orientata del concetto di “ente istituzionalmente competente” previsto all'art. 17 del D.P.R. n. 380/2001 (anche al di là delle figure dei concessionari), nell’ambito del quale è possibile ricomprendere anche il caso di specie.
Tuttavia, dal contesto del parere appare assai dubbia la persistenza del requisito soggettivo secondo il quale la progettata residenza per il ricovero di persone anziane o inabili sia stabilmente partecipe della funzione pubblica di assistenza socio-sanitaria. Innanzitutto, perché la stessa amministrazione comunale revoca in dubbio gli accordi già intercorsi con la società Palladio, preferendo alla residenza sanitaria la realizzazione di una nuova scuola dell’infanzia. In secondo luogo, poiché non è specificato, ad eccezione della riserva dei posti letto previsti a favore dei cittadini ghisalbesi, che la struttura sanitaria agisca per uno scopo non lucrativo. Né, infine, appare scrutinabile con quale assetto e forma giuridica verrà gestita la struttura di assistenza, ovvero se con essa s’intenda perseguire esclusivamente finalità di solidarietà sociale nel settore dell’assistenza socio-sanitaria.
Poste le superiori osservazioni, non si può attualmente riconoscere che la citata struttura socio-assistenziale presenti un collegamento giuridico stringente con l’amministrazione comunale, né che sia già programmato il necessario accreditamento regionale che la assimilerebbe sostanzialmente alle strutture pubbliche (in quanto il rapporto di accreditamento integra un rapporto di concessione di pubblico servizio C.d.S., sez. V, 23.07.2009, n. 4595; TAR Calabria, Catanzaro, sez. I, 28.05.2008, n. 582).
Alla luce delle considerazioni sopra esposte, deve ritenersi, a parere di questo Collegio, che il caso in esame non rientri nell’ambito di applicazione della prima fattispecie prevista dall’art. 17, comma 3, lett. c) del D.P.R. n. 380/2001 (“gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti”), e che, quindi, la progettata residenza sanitaria per anziani e inabili non possa beneficiare dell’esonero dal contributo di costruzione e dello scomputo degli oneri di urbanizzazione secondaria previsti dalla legge.
L’ipotesi formulata nel quesito non appare rientrare nemmeno nell’ambito della seconda fattispecie disciplinata dall’art. 17, comma 3, lett. c), del D.P.R. n. 380/2001 (opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati in attuazione di strumenti urbanistici), poiché nel contesto del parere non è dato alcun cenno circa l’inserimento dell’opera da realizzarsi in attuazione di un più ampio intervento urbanistico comunale.
Anche sotto quest’ultimo profilo, non si ritiene che la menzionata residenza sanitaria possa usufruire del regime di esonero dai contributi di costruzione e dagli oneri di urbanizzazione secondaria (Corte dei Conti, Sez. controllo Lombardia, parere 21.02.2011 n. 91).

EDILIZIA PRIVATASono onerose, e non gratuite, le opere realizzate da una casa di cura privata.
La regola generale è quella dell’onerosità dei titoli edilizi, che possono essere rilasciati a titolo gratuito solo in via eccezionale, in ipotesi tassativamente indicate dalla norma e di stretta interpretazione.
La giurisprudenza, per parte sua, ha interpretato le ricordate disposizioni nel senso che, per poter addivenire al rilascio di una concessione edilizia gratuita è necessario che coesistano due diversi presupposti o requisiti: uno di carattere oggettivo e uno di carattere soggettivo.
Il primo riguarda l’opera in sé considerata, e richiede che la stessa abbia natura di opera pubblica o di interesse generale.
Questo requisito, nel caso all’esame, sicuramente sussiste. Infatti una struttura sanitaria -ancorché privata, gestita in forma societaria e con fini di lucro- può ritenersi appartenente al “genus” delle opere di interesse pubblico e/o generale, allorché -attraverso la formula organizzatoria dell’accreditamento, che la inserisce nel novero dei soggetti che rendono prestazioni sanitarie e/o assistenziali che appartengono istituzionalmente all’Amministrazione- fornisca ai cittadini assistiti dal Servizio Sanitario Nazionale quelle prestazioni che l’Ente medesimo dovrebbe erogare direttamente.
Il requisito soggettivo, invece, richiede che le opere in esenzione, rientrino “nelle istituzionali competenze degli enti realizzatori”; cioè che siano realizzate da un “ente” e siano funzionali al perseguimento dei fini che gli sono propri, come determinati dalla legge.
In definitiva, la giurisprudenza ha, condivisibilmente, ritenuto (si vedano, ad esempio: C.S. n. 2226/2005; Tar Lazio, n. 1620/2009 e Tar Liguria n. 3565/2009) che l’esenzione dal contributo possa essere accorata quando l’opera sia realizzata direttamente da un Ente pubblico -ovvero da un privato dallo stesso “delegato” nei modi che la legge prevede, ad esempio con concessione- e l’opera stessa sia destinata alla cura dei pubblici interessi di cui il soggetto (pubblico) è attributario.
Non occorre spendere molte parole per rilevare come, nella specie, manchi proprio questo indefettibile requisito soggettivo: l’esecutore delle opere non è un ente pubblico, né un concessionario di questi, ma un soggetto privato, che le realizza per soddisfare un interesse proprio finalizzato -legittimamente- al profitto, e non per conseguire in via diretta un interesse pubblico suo proprio, che la legge gli abbia attribuito quale finalità istituzionale.
La circostanza che -nello svolgimento della sua attività imprenditoriale con fini di lucro– la struttura sanitaria ricorrente assolva anche, indirettamente, ad una funzione di interesse pubblico (peraltro regolarmente remunerata) non fa sì, perciò solo, che essa divenga un “ente realizzatore” che ha operato in attuazione delle proprie “istituzionali competenze”.
Il pur esistente rapporto tra la Casa di Cura privata e il Servizio Sanitario non ha caratteri tali da far ritenere che l’ampliamento della struttura privata medesima possa dirsi realizzato in nome, o per conto, della struttura pubblica o quale espressione delle “competenze istituzionali” della stessa (TAR Friuli Venezia Giulia, sentenza 13.01.2011 n. 9 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2010

EDILIZIA PRIVATA: Esonero dal contributo di costruzione. Art. 17, comma 3, lettera c), del TU Edilizia.
Viene chiesto parere al Servizio scrivente in ordine all'esonero dal contributo di
costruzione previsto dall’art. 17, comma 3, lett. c), T.U. Edilizia ”per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici” (Regione Piemonte, parere n. 33/2010 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATA: Ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f), legge 28.01.1977 n. 10, devono concorrere due requisiti per usufruire dello speciale regime di gratuità della concessione edilizia e, precisamente, un requisito di carattere oggettivo, attinente al carattere pubblico o comunque di interesse generale delle opere da realizzare, e un requisito di carattere soggettivo, in quanto le opere devono essere eseguite da un ente istituzionalmente competente ovvero da soggetti anche privati che non agiscano per scopo di lucro ovvero abbiano un legame istituzionale con l’azione dell’Amministrazione volta alla cura di interessi pubblici; detta situazione non ricorre nel caso di sottoscrizione di un apposito atto di vincolo di destinazione ad uso pubblico di un impianto sportivo con annessa piscina, trattandosi pur sempre di opere di proprietà privata di cui il realizzatore ha assunto l’impegno di assicurarne l’uso da parte del pubblico.
Un immobile destinato a casa di cura privata è equiparabile ad un’attività industriale ex art. 2195 codice civile, trattandosi di un’attività imprenditoriale diretta alla prestazione di servizi sanitari. Pertanto, sconta solamente il pagamento degli oo.uu. e non anche del costo di costruzione.

Ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f), legge n. 10/1977 (ora art. 17, comma 3, lett. c d.p.r. n. 380/2001) il contributo di costruzione non è dovuto per opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti.
Non ricorre nella presente fattispecie l’ipotesi dell’esonero totale di cui al citato art. 17, comma 3, lett. c), d.p.r. n. 380/2001 poiché la società ricorrente (soggetto privato), seppure abbia manifestato l’intenzione di realizzare un’opera di interesse pubblico (i.e. residenza sanitaria assistenziale per anziani e persone a mobilità ridotta, casa di riposo e residenza protetta), non risulta che agisca per conto della pubblica amministrazione, né che abbia un collegamento giuridicamente rilevante con la stessa P.A. (cfr. sul punto Cons. Stato, Sez. V, 10.07.2000, n. 3860), il che unicamente le consentirebbe di rientrare nell’ipotesi di esonero totale di cui all’art. 9, comma 1, lett. f), legge n. 10/1977 (ora art. 17, comma 3, lett. c), d.p.r. n. 380/2001).
Invero secondo quanto affermato di recente da Cons. Stato, Sez. IV, 29.05.2009, n. 3359 “Ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f), legge 28.01.1977 n. 10, devono concorrere due requisiti per usufruire dello speciale regime di gratuità della concessione edilizia e, precisamente, un requisito di carattere oggettivo, attinente al carattere pubblico o comunque di interesse generale delle opere da realizzare, e un requisito di carattere soggettivo, in quanto le opere devono essere eseguite da un ente istituzionalmente competente ovvero da soggetti anche privati che non agiscano per scopo di lucro ovvero abbiano un legame istituzionale con l’azione dell’Amministrazione volta alla cura di interessi pubblici; detta situazione non ricorre nel caso di sottoscrizione di un apposito atto di vincolo di destinazione ad uso pubblico di un impianto sportivo con annessa piscina, trattandosi pur sempre di opere di proprietà privata di cui il realizzatore ha assunto l’impegno di assicurarne l’uso da parte del pubblico.”.
La ricorrente non fornisce quindi alcuna prova in ordine alla concorrenza dei due requisiti predetti (oggettivo e soggettivo) pur essendo suo onere.
Ne consegue il rigetto del ricorso introduttivo e del ricorso per motivi aggiunti relativamente alla censura fondata sulla asserita violazione dell’art. 9, comma 1, lett. f legge n. 10/1977 (ora art. 17, comma 3, lett. c d.p.r. n. 380/2001).
Tuttavia sono integrati, nel caso di specie, gli estremi dell’ipotesi di cui all’art. 10, comma 1 legge n. 10/1977 (ora art. 19, comma 1 d.p.r. n. 380/2001) di parziale esenzione dal contributo urbanistico venendo in rilievo una concessione edilizia relativa ad un immobile destinato a casa di cura privata che, secondo quanto affermato da Cons. Stato n. 46/1992, è equiparabile ad un’attività industriale ex art. 2195 codice civile trattandosi di un’attività imprenditoriale diretta alla prestazione di servizi sanitari.
Invero ai sensi dell’art. 10, comma 1 legge n. 10/1977 “La concessione relativa a costruzioni o impianti destinati ad attività industriali o artigianali dirette alla trasformazione di beni ed alla prestazione di servizi comporta la corresponsione di un contributo pari all’incidenza delle opere di urbanizzazione, di quelle necessarie al trattamento e allo smaltimento dei rifiuti solidi, liquidi e gassosi e di quelle necessarie alla sistemazione dei luoghi ove ne siano alterate le caratteristiche. L’incidenza di tali opere è stabilita con deliberazione del consiglio comunale in base a parametri che la regione definisce con i criteri di cui alle lettere a) e b) del precedente art. 5, nonché in relazione ai tipi di attività produttiva.”.
Attualmente in base all’art. 19, comma 1 d.p.r. n. 380/2001 “Il permesso di costruire relativo a costruzioni o impianti destinati ad attività industriali o artigianali dirette alla trasformazione di beni ed alla prestazione di servizi comporta la corresponsione di un contributo pari alla incidenza delle opere di urbanizzazione, di quelle necessarie al trattamento e allo smaltimento dei rifiuti solidi, liquidi e gassosi e di quelle necessarie alla sistemazione dei luoghi ove ne siano alterate le caratteristiche. La incidenza di tali opere è stabilita con deliberazione del consiglio comunale in base a parametri che la regione definisce con i criteri di cui al comma 4, lettere a) e b) dell’articolo 16, nonché in relazione ai tipi di attività produttiva.”.
Cons. Stato, Sez. V, 16.01.1992, n. 46 ha affermato in una fattispecie analoga alla presente che “Alla concessione edilizia relativa ad un immobile destinato a casa di cura privata spetta la parziale esenzione dal contributo urbanistico, prevista dall’art. 10 legge 28.01.1977 n. 10 per le concessioni relative a costruzioni o impianti destinati ad attività industriali o artigianali dirette alla trasformazione di beni ed alla prestazione di servizi; dal momento che l’attività imprenditoriale diretta alla prestazione di servizi sanitari è a pieno titolo un’attività industriale, giusta la definizione di "attività industriale" che si ricava dall’art. 2195 c.c.” (TAR Puglia-Bari, Sez. II, sentenza 01.04.2010 n. 1246 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2009

EDILIZIA PRIVATA: Applicazione oneri di urbanizzazione e relativi costi da parte di una Parrocchia per un permesso di costruire.
È posto il quesito se sia dovuto il contributo di costruzione (Oneri di urbanizzazione e Costo di Costruzione) da parte di una Parrocchia che ha presentato ad un Comune richiesta di permesso di costruire per lavori di ristrutturazione edilizia della casa parrocchiale, per ricavare al secondo piano della stessa cinque locali da destinare ad uso foresteria, attualmente identificati come locali di sgombero (Regione Piemonte, parere n. 153/2009 - tratto da www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATALo sgravio contributivo di cui all'art. 17, comma 3, lett. c), D.P.R. n. 380/2001 per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale, realizzate dagli enti istituzionalmente competenti, richiede il concorso di due presupposti, ovvero:
- l'ascrivibilità del manufatto oggetto del permesso di costruire alla categoria delle opere pubbliche o di interesse generale, cioè comunque idonee a soddisfare i bisogni della collettività anche se realizzate e gestite da privati;
- l'esecuzione delle opere da parte degli enti istituzionalmente competenti, cioè da parte di soggetti cui sia demandata in via istituzionale la realizzazione di opere di interesse generale, ovvero da parte di privati concessionari dell'ente pubblico, purché le opere siano inerenti all'esercizio del rapporto concessorio.

E’ noto infatti che lo sgravio contributivo di cui all'art. 17, comma 3, lett. c), D.P.R. n. 380/2001 per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale, realizzate dagli enti istituzionalmente competenti, richiede il concorso di due presupposti, ovvero: l'ascrivibilità del manufatto oggetto del permesso di costruire alla categoria delle opere pubbliche o di interesse generale, cioè comunque idonee a soddisfare i bisogni della collettività anche se realizzate e gestite da privati; l'esecuzione delle opere da parte degli enti istituzionalmente competenti, cioè da parte di soggetti cui sia demandata in via istituzionale la realizzazione di opere di interesse generale, ovvero da parte di privati concessionari dell'ente pubblico, purché le opere siano inerenti all'esercizio del rapporto concessorio.
Nel caso di realizzazione da parte di privati, deve dunque sussistere un ben preciso vincolo relazionale tra il soggetto abilitato ad operare nell'interesse pubblico ed il materiale esecutore della costruzione, e tale vincolo deve contrassegnare fin dall'inizio (cioè, fin dalla richiesta del titolo edilizio) la realizzazione dell'assentito intervento edificatorio, al fine di ottenere l’esenzione dal contributo di costruzione.
Difatti, “la evidente connessione legislativa tra gli elementi dell'“ente istituzionalmente competente” e della “realizzazione” non può essere dilatata al punto da esporre l'amministrazione comunale a richieste di sgravio contributivo, e quindi per lo più ad istanze di rimborso di oneri già acquisiti al patrimonio comunale, sulla base di utilizzazioni intervenute e concordate in un secondo momento, frutto dell'attività imprenditoriale o commerciale dell'impresa costruttrice e comunque del tutto esulanti dagli specifici intenti realizzativi iniziali, e questo seppur l'intervento edilizio riguardi zone tendenzialmente destinate ad interventi edificatori di interesse generale. Non si può, in definitiva, recuperare ex post il legame tra soggetti realizzatori e finalità pubbliche che, seppur con moduli organizzatori non del tutto tipizzati, deve contraddistinguere l'intervento edilizio ab initio” (così Cons. di St., V, 02.12.2002, n. 6618)
(TAR Liguria, Sez. I, sentenza 09.12.2009 n. 3565 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Richiesta di parere dal Sindaco del Comune di Poggio Rusco (Mn) - "La realizzazione di opere di riqualificazione di una casa di riposo esistente sul territorio comunale gestita da una fondazione ONLUS (EX IPAB) rientra nell'ambito di applicazione dell'art. 17, comma 3, lett. C) del D.P.R. 06.06.2001, n. 380 in materia di esonero dal contributo di costruzione" (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Lombardia, parere 09.10.2009 n. 783 - link a www.corteconti.it).

EDILIZIA PRIVATA: L'esenzione dal pagamento dei contributi di costruzione, prevista dall'art. 9 comma 1, lett. f), l. 28.01.1977 n. 10, spetta solo con riferimento alle opere realizzate per il raggiungimento delle finalità istituzionali di una pubblica amministrazione e che pertanto, anche se eseguite da un soggetto privato in regime di concessione o altro istituto analogo, sono destinate a pervenire nel patrimonio dell'amministrazione stessa.
Come ha ben chiarito la giurisprudenza, ai fini dell'esenzione dal pagamento del contributo di costruzione occorre il concorso di due presupposti, e cioè l'ascrivibilità del manufatto oggetto di concessione edilizia alla categoria delle opere pubbliche o di interesse generale (nel senso che deve trattarsi di impianti o attrezzature che, quantunque non destinati direttamente a scopi dell'amministrazione, siano idonei a soddisfare bisogni della collettività anche se realizzati e gestiti da privati) e l'esecuzione delle opere da parte di enti istituzionalmente competenti, vale a dire da parte di soggetti cui sia demandata in via istituzionale la realizzazione di opere di interesse generale (TAR Toscana, III, 19.02.1999 n. 17; TAR Lombardia, Brescia, 18.03.1999 n. 217).
Il beneficio della gratuità della concessione edilizia può essere concesso anche ad un soggetto non pubblico, ma per conto di un ente pubblico, come nella figura della concessione di opera pubblica o in altre analoghe figure organizzatorie (TAR Piemonte, I, 17.12.1998 n. 746; Cons. St., V, 07.09.1995 n. 1280), ovvero nel caso di un ente istituzionalmente competente, cioè destinato, finalizzato e creato per il perseguimento di interessi generali, ricollegati a determinati bisogni della collettività o di determinati gruppi sociali (TAR Toscana, III, n. 17/1999, citata).
L'esenzione dai contributi presuppone che l'opera sia di pubblico interesse e sia realizzata da un ente pubblico, mentre non compete alle opere eseguite da soggetti privati, quale che sia la rilevanza sociale dell'attività da essi esercitata nella (o con la) opera edilizia alla quale la concessione edilizia si riferisce (TAR Toscana, citata); così, ad esempio, é stato escluso che la realizzazione di un edificio scolastico da parte di un privato possa fruire dell'esenzione dal contributo urbanistico (TAR Lombardia, Brescia, 20.06.2000 n. 554).
La corretta interpretazione dell’ambito di applicazione della norma è proprio stata data in una recente decisione dei Giudici di palazzo Spada, in cui si afferma che “L'esenzione dal pagamento dei contributi di costruzione, prevista dall'art. 9 comma 1, lett. f), l. 28.01.1977 n. 10, spetta solo con riferimento alle opere realizzate per il raggiungimento delle finalità istituzionali di una pubblica amministrazione e che pertanto, anche se eseguite da un soggetto privato in regime di concessione o altro istituto analogo, sono destinate a pervenire nel patrimonio dell'amministrazione stessa; di conseguenza, se invece una società, anche se costituita da un ente pubblico per il conseguimento di sue finalità, realizza una struttura al fine di utilizzarla nell'ambito della sua attività d'impresa, viene a mancare la stessa ratio della concessone dell'esenzione, che è quella di evitare una contribuzione a carico di un'opera destinata a soddisfare esclusivamente interessi generali” (Consiglio Stato , sez. V, 02.10.2008 , n. 4761).
La giurisprudenza ha ritenuto applicabile la riduzione del contributo nel caso di concessioni relative a strutture sanitarie, (TAR Abruzzo L'Aquila, 24.05.2006, n. 383) , precisando che l'attività imprenditoriale diretta alla prestazione di servizi sanitari è a pieno titolo un'attività industriale, giusta la definizione di "attività industriale" che si ricava dall'art. 2195 c.c. (Consiglio Stato, sez. V, 16.01.1992, n. 46).
Anche nel caso in esame quindi si deve riconoscere il diritto alla riduzione del contributo per le opere realizzate dalla casa di cura ricorrente, indipendentemente dalla questione dell’accreditamento, ma in base alla tipologia di attività svolta, cioè industriale finalizzata alla erogazione di servizi (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 17.09.2009 n. 4672 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATADebbono concorrere due requisiti per fondare lo speciale regime di gratuità della concessione edilizia e precisamente: un requisito di carattere oggettivo, attinente al carattere pubblico o comunque di interesse generale delle opere da realizzare; un requisito di carattere soggettivo, in quanto le opere debbono essere eseguite da un ente istituzionalmente competente, ovvero da soggetti anche privati che non agiscano per scopo di lucro ovvero abbiano un legame istituzionale con l'azione dell'Amministrazione volta alla cura di interessi pubblici.
La giurisprudenza di questo Consiglio ha ampiamente sottolineato che, ai sensi dell'art. 9, comma 1, lettera f), della legge 28.01.1977 n. 10, debbono concorrere due requisiti per fondare lo speciale regime di gratuità della concessione edilizia e precisamente: un requisito di carattere oggettivo, attinente al carattere pubblico o comunque di interesse generale delle opere da realizzare; un requisito di carattere soggettivo, in quanto le opere debbono essere eseguite da un ente istituzionalmente competente, ovvero da soggetti anche privati che non agiscano per scopo di lucro ovvero abbiano un legame istituzionale con l'azione dell'Amministrazione volta alla cura di interessi pubblici (cfr. tra le tante: Cons. Stato, Sez. V, 02.10.2008, n. 4761; 06.12.2007, n. 6237; 11.01.2006, 51; Sez. VI, 09.09.2008, n. 4296) (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 29.05.2009 n. 3359 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa sede della Associazione dei Testimoni di Geova non può certo qualificarsi quale luogo di culto o edificio religioso, ma ha prettamente una destinazione di carattere direzionale dal punto di vista urbanistico.
Pertanto, trattandosi nel caso in esame della costruzione di un edificio non destinato all’esercizio del culto, bensì destinato ad ospitare la sede di una associazione religiosa, non può ritenersi che tale opera rientri tra quelle qualificate come opere di urbanizzazione secondaria, per cui legittimamente il Comune ha assoggettato la sua realizzazione al pagamento degli oneri concessori.

... per l’annullamento della concessione edilizia, rilasciata dal Sindaco del Comune di Cerea il 16/05/1994, relativamente alla parte in cui determina il pagamento degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione per la realizzazione della sede dell’Ente Religioso Testimoni di Geova.
...
FATTO
Con atto notificato il 06.07.1994, depositato nei termini, l’Associazione Testimoni di Geova di Cerea – Casaleone – Sanguinetto, in persona del legale rappresentante pro tempore, ha chiesto l’annullamento della concessione edilizia, rilasciata dal Sindaco del Comune di Cerea il 16/05/1994, relativamente alla parte in cui determina il pagamento degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione per la realizzazione della sede dell’Ente Religioso Testimoni di Geova, oltre che per l’accertamento che la ricorrente nulla deve a titolo di oneri di urbanizzazione e costo di costruzione per il rilascio della concessione edilizia, con conseguente condanna del Comune di Cerea alla restituzione delle somme pagate a titolo di oneri di urbanizzazione e costo di costruzione, non dovute, con rivalutazione e interessi.
L’Associazione ricorrente fa presente di aver presentato al Sindaco del Comune di Cerea istanza di concessione edilizia per realizzare la sede religiosa della stessa Associazione ma ne contesta la onerosità.
A sostegno del gravame vene dedotta la seguente censura:
Violazione di legge: art. 9, lett. f), della legge 28.01.1977 n. 10; erronea applicazione dell’art. 3 della legge n. 10 del 1977 e dell’art. 81 della L.R. 26.06.1985 n. 61, eccesso di potere per difetto di presupposto.
Si sostiene che essendo classificata la costruzione de quo quale opera di urbanizzazione secondaria,la concessione edilizia non poteva essere soggetta al pagamento di alcun onere o contributo, e pertanto illegittimamente il Comune di Cerea ha previsto il pagamento degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata, la cui difesa contesta le ragioni dell’impugnativa ed insiste per il rigetto del ricorso siccome infondato.
Alla pubblica udienza del 22.01.2009 la causa è passata in decisione.
DIRITTO
L’oggetto della presente impugnativa è la concessione edilizia rilasciata dal Sindaco di Cerea in data 16.05.1994 per la realizzazione della sede dell’Associazione ricorrente, nella parte in cui dispone il pagamento degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione, con la conseguente restituzione delle somme pagate a tale titolo.
Il ricorso non si appalesa fondato.
Va premesso che l’art. 4, secondo comma, lettera e), della legge 29.09.1964 n. 847 individua come opere di urbanizzazione secondaria le “chiese ed altri edifici religiosi” per le quali la successiva legge n. 10 del 1977 prevede, secondo determinate condizioni, l’esonero dal pagamento dei contributi.
Occorre, pertanto, verificare se la costruzione della sede della Associazione ricorrente, oggetto della concessione edilizia impugnata in parte qua, possa rientrare tra quelle opere di carattere religioso, ossia destinate all’esercizio del culto, per le quali la norma prevede l’esenzione dal pagamento dei contributi concessori.
La risposta a tale quesito non può che essere negativa, solo se si consideri che la sede della Associazione dei Testimoni di Geova non può certo qualificarsi quale luogo di culto o edificio religioso, ma ha prettamente una destinazione di carattere direzionale dal punto di vista urbanistico.
Pertanto, trattandosi nel caso in esame della costruzione di un edificio non destinato all’esercizio del culto, bensì destinato ad ospitare la sede di una associazione religiosa, non può ritenersi che tale opera rientri tra quelle qualificate come opere di urbanizzazione secondaria, per cui legittimamente il Comune di Cerea ha assoggettato la sua realizzazione al pagamento degli oneri concessori (TAR Veneto, Sez. II, sentenza 22.01.2009 n. 985 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2008

EDILIZIA PRIVATAEsonero contributo di costruzione.
Viene chiesto al Servizio Regionale di consulenza agli Enti locali di esprimere parere in ordine alla applicabilità dell’articolo 17, comma 3, del D.P.R. 06.06.2001 n. 380, recante testo unico delle norme in materia edilizia, in tema di esonero dal contributo di costruzione.
In particolare, il caso concreto riguarda la pratica edilizia presentata da una Associazione ove la stessa ha richiesto il rilascio di permesso di costruire per la realizzazione di una nuova costruzione da adibire a sede sociale.
Il successivo 21.07.2008, la richiedente ha inoltrato domanda di esonero dal pagamento del contributo di costruzione, motivando l’istanza ai sensi dell’articolo 17, comma 3, del citato Testo Unico per l’Edilizia, riferendo di avere ottenuto il riconoscimento di associazione “Onlus” e di essere quindi legittimata all’applicazione della citata norma (Regione Piemonte, parere n. 123/2008 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATAOneri di costruzione - Asilo-nido - Opera di urbanizzazione secondaria - Esenzione - Non sussistenza.
Non appare condivisibile la tesi che valorizzando la qualificazione dell'asilo-nido come opera di urbanizzazione secondaria (art. 16, co. 8, DPR 380/2001; art. 44, co. 4, LR 12/2005) ne pretende l'esenzione totale dal contributo di costruzione (art. 17, co. 3, lett. c), DPR 380/2001) ovvero lo scomputo della quota del contributo di costruzione relativa agli oneri di urbanizzazione (art. 16, co. 2, DPR 380/2001; art. 45 LR 12/2005).
Nell'ipotesi relativa all'esenzione totale, infatti, il privato realizza un'opera espressamente qualificata di interesse pubblico nello strumento urbanistico generale o nei piani attuativi, l'utilità per l'amministrazione deriva direttamente dalla realizzazione dell'opera e pertanto l'esenzione è automatica. Non ricorre tuttavia questa fattispecie quando lo strumento urbanistico si limita ad autorizzare una destinazione d'uso implicante la realizzazione di opere astrattamente qualificabili come urbanizzazioni.
L'ammissibilità di queste opere in una certa zona del territorio non equivale al riconoscimento del loro interesse pubblico ma è soltanto una regola che disciplina l'interesse economico dei privati.
Quanto alle norme riguardanti lo scomputo parziale o totale degli oneri di urbanizzazione, se l'opera di urbanizzazione per cui si chiede lo scomputo è la stessa opera oggetto del permesso di costruire si ricade nella fattispecie di esenzione, mentre, normalmente, lo scomputo riguarda opere aggiuntive rispetto a quella di interesse dei privati. Si tratta però di opere che una volta realizzate non rimangono nella disponibilità dei privati ma vengono acquisite al patrimonio indisponibile del comune (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, sentenza 27.11.2008 n. 1704 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA1. Oneri di costruzione - Ripetizione - Ammissibilità - Riserva di ripetizione - Non necessità.
2. Oneri di costruzione - Asilo-nido - Qualificazione - Attività socio-assitenziale - Sussistenza.

1. Il semplice fatto di avere in origine corrisposto gli oneri richiesti senza riserva alcuna di ripetizione, come del resto è normale per qualunque cittadino, non vale implicita rinuncia a ripeterli ove non dovuti, per il noto principio secondo il quale una rinuncia al proprio diritto deve essere formulata in modo espresso e non si presume.
2. Ai fini della determinazione degli oneri di costruzione, l'asilo nido, anche se gestito da privati, va considerato una attività socio-assistenziale e non un'attività commerciale, a nulla rilevando il fatto che risulti avere dimensioni significative (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, sentenza 26.11.2008 n. 1698 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAL‘esenzione prevista dall’art. 9, comma 1, lett. f), della legge n. 10/1977 spetta solo con riferimento alle opere realizzate per il raggiungimento delle finalità istituzionali di una pubblica amministrazione e che, pertanto, anche se eseguite da un soggetto privato in regime di concessione o altro istituto analogo, sono destinate a pervenire nel patrimonio dell’amministrazione stessa.
La questione posta con l’appello in esame consiste nello stabilire se spetti all’appellante società Consepi s.p.a., con riferimento a talune concessioni edilizie rilasciate alla stessa dal Comune di Susa, l’esenzione dal pagamento dei contributi prevista dall’art. 9 primo comma lett. f) “per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti”.
L‘esenzione prevista dall’art. 9, comma 1, lett. f), della legge n. 10/1977 spetta solo con riferimento alle opere realizzate per il raggiungimento delle finalità istituzionali di una pubblica amministrazione e che, pertanto, anche se eseguite da un soggetto privato in regime di concessione o altro istituto analogo, sono destinate a pervenire nel patrimonio dell’amministrazione stessa.
Se invece una società, anche se costituita da un ente pubblico per il conseguimento di sue finalità, realizza una struttura al fine di utilizzarla nell’ambito della sua attività d’impresa, viene a mancare la stessa ratio della concessone dell’esenzione, che è quella di evitare una contribuzione a carico di un’opera destinata a soddisfare esclusivamente interessi generali.
Alla stregua delle predette considerazioni deve escludersi che nella fattispecie vi siano i presupposti per l’esenzione.
Ed invero, la struttura realizzata dalla Consepi è di sua proprietà ed è utilizzata per rendere un servizio dietro corrispettivo.
Ciò basta per escludere che possa concedersi l’esenzione, senza che possano assumere rilevanza le circostanze:
a) che l’attività della società corrisponda anche ad interessi della regione, tanto che alla stessa vengono concessi finanziamenti, dovendosi aver riguardo solo alla natura dell’opera realizzata;
b) che la società possa qualificarsi organismo di diritto pubblico o che possa beneficiare di affidamenti di servizi senza gara, giacché, anche a voler ammettere che si sia in presenza dei presupposti a tali fini necessari, tali evenienze rilevano ad altri scopi e non per l’esenzione.
Non può invocarsi infine a sostegno della tesi dell’appellante la circostanza che le opere siano state realizzate sulla base di un diritto di superficie concesso dal Comune di Susa, con la conseguenza che, alla scadenza di tale diritto, le opere stesse diverranno di proprietà del comune.
Infatti ciò non esclude che la struttura sia attualmente di proprietà della società e in ogni caso la struttura stessa potrà divenire di proprietà del comune e non della regione (che, nella prospettazione dell’appellante, sarebbe l’amministrazione di riferimento dell’opera in questione) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 02.10.2008 n. 4761 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAIl requisito c.d. soggettivo necessario onde accordare l’esenzione dal contributo di cui all’art. 3 della l. 10 del 1977 sussiste non solo nel caso in cui l’opera sia realizzata direttamente da un ente pubblico nell’esercizio delle proprie competenze istituzionali, ma anche nel caso in cui l’opus venga realizzato da un soggetto privato, purché per conto di un ente pubblico.
Il Collegio ritiene di prestare puntuale adesione (non rinvenendosi alcuna ragione onde discostarsene) al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui il requisito c.d. soggettivo necessario onde accordare l’esenzione dal contributo di cui all’art. 3 della l. 10 del 1977 sussiste non solo nel caso in cui l’opera sia realizzata direttamente da un ente pubblico nell’esercizio delle proprie competenze istituzionali, ma anche nel caso in cui l’opus venga realizzato da un soggetto privato, purché per conto di un ente pubblico (come nel caso, che qui ricorre, della concessione di opera pubblica o in altre analoghe figure organizzatorie in cui l’opera sia realizzata da soggetti che non agiscano per scopo di lucro, o che accompagnino tale lucro ad un legame istituzionale con l’azione dell’Amministrazione volta alla cura di interessi pubblici – in tal senso, ex plurimis: Cons. Stato, Sez. IV, sent. 12.07.2005, n. 3744; id, Sez. IV, sent. 10.05.2005, n. 2226; id., Sez. V, sent. 02.12.2002, n. 6618).
Ed infatti, dal momento che (secondo quanto pacificamente risulta agli atti) la soc. Interporto Campano S.p.A. è stata individuata sin dal 1989 quale soggetto concessionario della progettazione, costruzione e gestione della struttura interportuale nel suo complesso, ne consegue che (alla luce del richiamato, consolidato orientamento giurisprudenziale) non sia contestabile la sussistenza in capo alla medesima società del richiamato requisito soggettivo ai fini dell’esenzione dal pagamento del contributo di cui all’art. 3 della l. 10 del 1977 (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 09.09.2008 n. 4296 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2007

EDILIZIA PRIVATA: Per accordare l'esenzione dal pagamento degli oo.uu. necessità che concorrano sia il requisito oggettivo (il carattere di interesse generale delle opere realizzate) sia il presupposto soggettivo, concernente il riferimento dell’edificio all’ente istituzionalmente competente
La norma richiamata dall’appellante (art. 9, lettera f), della legge n. 10/1977) prevede che i contributi di urbanizzazione non sono dovuti per le “opere di interesse generale, realizzate dagli enti istituzionalmente competenti”.
La previsione normativa individua un requisito oggettivo (il carattere di interesse generale delle opere realizzate) e un presupposto soggettivo, concernente il riferimento dell’edificio all’ente istituzionalmente competente.
Nel caso di specie sussistono entrambi requisiti.
Infatti, l’opera assume indubbiamente carattere di interesse generale, considerando la sua connessione con le finalità terapeutiche e di ricerca, svolte in stretta coerenza con i piani sanitari pubblici.
Essa è realizzata da un ente istituzionalmente competente, in quanto l’Istituto è il soggetto attuatore di un complesso programma pubblico sanitario, risultante dalle convenzioni stipulate con la Regione, con l’Ordine Mauriziano, con l’Università di Torino e con il comune di Candiolo. È molto significativo, in tal senso, che l’Istituto sia qualificato espressamente come presidio sanitario dell’Ordine Mauriziano.
Non è esatto affermare che l’espressione utilizzata dalla norma presupponga, in modo inderogabile, il carattere formalmente pubblico del soggetto. Per ottenere l’esenzione totale, è sufficiente che l’ente privato sia collegato stabilmente con l’organizzazione pubblica dell’attività considerata (in questo caso sanitaria). Senza considerare, poi, che, nel caso di specie, la rilevanza pubblicistica della Fondazione e dell’Istituto derivano anche dall’espresso riconoscimento effettuato dalla Regione.
Del resto, non è seriamente dubitabile che la finalità istituzionale della Fondazione consista proprio nell’attività di studio e cura nel settore sanitario, senza altri scopi di natura imprenditoriale o lucrativa (salvo quanto si preciserà ai punti seguenti) (Consiglio di Stato, Sez. V. sentenza 06.12.2007 n. 6237 - link a www.giustizia-amministrativa.it).
-------------
(fattispecie relativa alla richiesta di concessione edilizia da parte della Fondazione Piemontese per la ricerca sul cancro – ONLUS per la realizzazione della propria sede).

EDILIZIA PRIVATAIstituzionalmente competenti alla realizzazione di strutture di carattere religioso non sono tanto enti pubblici o concessionari di questi quanto piuttosto, ordinariamente, enti religiosi, vale a dire enti privati il cui scopo assunto nell’atto costitutivo (istituzionale, appunto) è proprio quello di dedicarsi senza scopo di lucro a opere ed attività di carattere religioso.
Le strutture di carattere religioso sono, normalmente, di proprietà privata e titolare della concessione edilizia ad erigerle è l’ente religioso. Del resto, la stessa giurisprudenza invocata dal Comune non richiede la necessaria soggettività pubblica dell’ente realizzatore dell’intervento quanto piuttosto che esso curi istituzionalmente la realizzazione di opere di interesse generale per il perseguimento delle specifiche finalità cui le opere stesse sono destinate.
L’espressione “struttura di carattere religioso” utilizzata dal legislatore provinciale ha portata generale ed implica un riferimento a ipotesi più ampie dello specifico caso degli edifici di culto, quali possono essere, tradizionalmente, quelle delle scuole o degli ospedali.
Il requisito essenziale è dato dall’essere “destinate a uso pubblico”, vale a dire preordinate al servizio della collettività indistinta (salvi gli eventuali limiti intrinseci al tipo d’opera, quali ad esempio, l’età per le scuole o l’esigenza di cure per gli ospedali).
La finalità dell’esenzione dal contributo di concessione è quella di agevolare l’esecuzione di opere destinate al soddisfacimento di interessi pubblici o dalle quali la collettività possa comunque trarre un’utilità.
Non osta all’esenzione l’eventualità che l’accesso della collettività sia subordinato al pagamento di una retta (di frequenza o di degenza, per tornare agli esempi delle scuole e degli ospedali), purché sia escluso lo scopo di lucro. L’esistenza di un qualche risvolto economico non è considerato ostativo neppure dalla giurisprudenza invocata dal Comune, la quale riconosce l’esenzione anche per opere d’interesse generale realizzate da un concessionario della pubblica amministrazione, vale a dire da un’impresa il cui scopo è il conseguimento di un profitto.
Rileva detta giurisprudenza che la logica dell’esenzione sta anche nell’evitare una contribuzione intimamente contraddittoria, quale sarebbe quella per opere costruite a carico della collettività. Non contraddice tale ratio l’ammettere all’esenzione opere destinate a uso pubblico realizzate a carico di privati istituzionalmente dediti, senza scopo di lucro, a opere di interesse generale (eventualmente con contributo pubblico, come nella specie: la provincia ha concesso contributi ai sensi dell’art. 2, co. 1, lett. b), l.r. 05.11.1968, n. 40, disposizione relativa ad opere eseguite da “istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, società cooperativa e altri enti, associazioni e comitati aventi finalità di pubblica utilità”).
Nel caso di specie la ricorrente, come si rileva dallo Statuto, è un ente ecclesiastico concordatario civilmente riconosciuto, senza scopi di lucro, istituzionalmente dedito ad attività ospedaliera e di educazione ed istruzione.
L’opera concessionata ha carattere scolastico (come riconosciuto dal Comune; per l’attività scolastica l’Istituto religioso ha stipulato una convenzione con la cooperativa Gardascuole, quale ente gestore delle attività scolastiche, prevedendo la partecipazione di propri religiosi all’attività didattica; con dichiarazione del 14.10.2005 –dimessa in udienza– l’ente ecclesiastico si è impegnato a non alienare la proprietà dell’edificio in questione per un periodo di venticinque anni).
Sussistono, pertanto, i presupposti soggettivo ed oggettivo per il riconoscimento dell’esenzione del contributo di concessione delineato dall’art. 111, co. 1, lett. e), l.p. 22/1991.

Si controverte in tema di diritti soggettivi (onde non sono pertinenti le censure di carattere formale dedotte col primo motivo avverso un atto privo di efficacia provvedimentale) e più precisamente della spettanza all’Ente ecclesiastico ricorrente dell’esonero dal contributo di concessione previsto dall’art. 111, lett. e), l.p. 22/1991 in relazione al concessionato edificio polifunzionale, ospitante una palestra, aule, mensa scolastica, a servizio dell’Istituto Padre Monti (ove, come riferisce la ricorrente e non viene contestato, sono attivi l’Istituto Tecnico per il Turismo ed un corso di scuola media inferiore paritaria, in compresenza con la scuola media statale).
L’art. 111, comma 1, lett. e), della legge provinciale n. 22/1991 dispone che il contributo di concessione non è dovuto “... per le opere pubbliche o di interesse generale, ivi comprese le strutture di carattere religioso destinate ad uso pubblico e gli interventi di edilizia abitativa pubblica, realizzate dagli enti istituzionalmente competenti...”.
Detta disposizione ricalca, in parte, la previsione dell’art. 9, lett. f), l. 28.1.1997, n. 10 che stabilisce la gratuità della concessione “per ... le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti ....”.
La formulazione dell’art. 111 cit. viene peraltro arricchita (in materia ascritta alla potestà legislativa primaria della Provincia) dall’inciso “ivi comprese le strutture di carattere religioso destinate ad uso pubblico e gli interventi di edilizia abitativa pubblica” che, nella specie, assume, ad avviso del collegio, valenza chiarificatrice e dirimente.
L’applicazione del beneficio dell’esenzione richiede –ai sensi dell’art. 9, l. 10/1977 come pure ai sensi dell’art. 111, l.p. 22/1991– la sussistenza di due presupposti, uno oggettivo e l’altro soggettivo.
Il requisito oggettivo implica che il manufatto oggetto di concessione edilizia sia ascrivibile alla categoria delle opere pubbliche o di interesse generale e dunque idonee a soddisfare esigenze della collettività; il legislatore provinciale annovera espressamente tra esse anche le strutture di carattere religioso.
Il ricorso di tale presupposto non è in contestazione, in quanto riconosciuto dal Comune il quale, nella nota 29.12.2005 di preavviso di diniego, scrive: “pur non potendo negare il rilievo pubblico esplicato dalla realizzazione di un edificio da adibirsi a scuola privata...”, aggiungendo che, però, “difetta, nel caso di specie, il requisito soggettivo”.
Il tema del contendere è pertanto circoscritto all’individuazione del ricorso o meno del requisito soggettivo, il quale implica che le opere di interesse pubblico siano realizzate da parte degli “enti istituzionalmente competenti”.
Il Comune, nell’esprimere il proprio rifiuto di restituzione del contributo di concessione e, successivamente, nelle proprie difese oppone alla pretesa dell’ente ecclesiastico il rilievo che la giurisprudenza –espressasi con riferimento all’art. 9, l. n. 10/1977– ha affermato che per enti istituzionalmente competenti alla realizzazione di opere pubbliche o di interesse pubblico debbano intendersi enti pubblici ovvero altri soggetti che realizzino l’opera per conto di un ente pubblico come nel caso di concessionario di opera pubblica o altre analoghe figure organizzatorie (cfr. ad es. Cons. Stato sez. IV, 10.05.2005, n. 2226; ed sez. V, 12.07.2005, n. 3774; ed 11.01.2006, n. 51, casi, questi, in cui è stato escluso il diritto all’esenzione, anche, però, sulla base del rilievo che l’opera non era rivolta alla collettività in senso generale, ma tendeva al soddisfacimento di interessi privatistici o comunque alle esigenze di un numero limitato di persone –v. sent. 3774/2005 cit. pronunciata nei confronti della Fondazione Collegio Ghisleri– ovvero che l’opera era destinata a rimanere nella piena disponibilità del privato esecutore, senza alcun vincolo atto a preservare la funzione nel tempo –caso di realizzazione di una residenza per anziani da parte di una ONLUS, v. sent. 51/2006 cit.).
La tesi del resistente non sembra tenere adeguatamente conto della formulazione dell’art. 111, co. 1, lett. e), della l.p. 22/1991, la quale espressamente menziona come agevolabili le “strutture di carattere religioso destinate a uso pubblico”.
Orbene, istituzionalmente competenti alla realizzazione di strutture di carattere religioso non sono tanto enti pubblici o concessionari di questi quanto piuttosto, ordinariamente, enti religiosi, vale a dire enti privati il cui scopo assunto nell’atto costitutivo (istituzionale, appunto) è proprio quello di dedicarsi senza scopo di lucro a opere ed attività di carattere religioso. Le strutture di carattere religioso sono, normalmente, di proprietà privata e titolare della concessione edilizia ad erigerle è l’ente religioso. Del resto, la stessa giurisprudenza invocata dal Comune non richiede la necessaria soggettività pubblica dell’ente realizzatore dell’intervento quanto piuttosto che esso curi istituzionalmente la realizzazione di opere di interesse generale per il perseguimento delle specifiche finalità cui le opere stesse sono destinate.
L’espressione “struttura di carattere religioso” utilizzata dal legislatore provinciale ha portata generale ed implica un riferimento a ipotesi più ampie dello specifico caso degli edifici di culto, quali possono essere, tradizionalmente, quelle delle scuole o degli ospedali.
Il requisito essenziale è dato dall’essere “destinate a uso pubblico”, vale a dire preordinate al servizio della collettività indistinta (salvi gli eventuali limiti intrinseci al tipo d’opera, quali ad esempio, l’età per le scuole o l’esigenza di cure per gli ospedali).
La finalità dell’esenzione dal contributo di concessione è quella di agevolare l’esecuzione di opere destinate al soddisfacimento di interessi pubblici o dalle quali la collettività possa comunque trarre un’utilità.
Non osta all’esenzione l’eventualità che l’accesso della collettività sia subordinato al pagamento di una retta (di frequenza o di degenza, per tornare agli esempi delle scuole e degli ospedali), purché sia escluso lo scopo di lucro. L’esistenza di un qualche risvolto economico non è considerato ostativo neppure dalla giurisprudenza invocata dal Comune, la quale riconosce l’esenzione anche per opere d’interesse generale realizzate da un concessionario della pubblica amministrazione, vale a dire da un’impresa il cui scopo è il conseguimento di un profitto. Rileva detta giurisprudenza che la logica dell’esenzione sta anche nell’evitare una contribuzione intimamente contraddittoria, quale sarebbe quella per opere costruite a carico della collettività. Non contraddice tale ratio l’ammettere all’esenzione opere destinate a uso pubblico realizzate a carico di privati istituzionalmente dediti, senza scopo di lucro, a opere di interesse generale (eventualmente con contributo pubblico, come nella specie: la provincia ha concesso con determinazione 03.11.2005, n. 60 –dimessa in udienza– contributi ai sensi dell’art. 2, co. 1, lett. b), l.r. 05.11.1968, n. 40, disposizione relativa ad opere eseguite da “istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, società cooperativa e altri enti, associazioni e comitati aventi finalità di pubblica utilità”).
Nel caso di specie la ricorrente, come si rileva dallo Statuto, è un ente ecclesiastico concordatario civilmente riconosciuto, senza scopi di lucro, istituzionalmente dedito ad attività ospedaliera e di educazione ed istruzione.
L’opera concessionata ha carattere scolastico (come riconosciuto dal Comune; per l’attività scolastica l’Istituto religioso ha stipulato una convenzione con la cooperativa Gardascuole, quale ente gestore delle attività scolastiche, prevedendo la partecipazione di propri religiosi all’attività didattica; con dichiarazione del 14.10.2005 –dimessa in udienza– l’ente ecclesiastico si è impegnato a non alienare la proprietà dell’edificio in questione per un periodo di venticinque anni).
Sussistono, pertanto, i presupposti soggettivo ed oggettivo per il riconoscimento dell’esenzione del contributo di concessione delineato dall’art. 111, co. 1, lett. e), l.p. 22/1991.
Il ricorso va dunque accolto con declaratoria che all’ente ricorrente spetta il rimborso del contributo versato con interessi dal giorno del versamento (TRGA Trentino Alto Adige-Trento, sentenza 06.09.2007 n. 153 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa gratuità del permesso (al pari di quanto accadeva nel precedente regime concessorio) è subordinata a due condizioni, l’una di carattere oggettivo (l’essere il manufatto destinato a servire un interesse generale), l’altra di natura soggettiva (il manufatto deve essere realizzato da un soggetto pubblico o istituzionalmente competente a realizzare opere pubbliche).
In linea generale l’esonero dal pagamento dei contributi di costruzione è finalizzato ad agevolare l’esecuzione di opere dalle quali la collettività possa trarre utilità e ad evitare che il soggetto che interviene per l’istituzionale attuazione del pubblico interesse corrisponda un contributo che verrebbe a gravare, sia pure indirettamente, sulla stessa comunità che dovrebbe avvantaggiarsi del pagamento.
Perché si possa configurare il presupposto soggettivo occorre che tra il soggetto abilitato ad intervenire nell’interesse pubblico e il materiale esecutore della costruzione sussista un vincolo diretto alla realizzazione del fine pubblicistico dell’amministrazione così da configurare quest’ultimo come “ente istituzionalmente competente”; occorre dunque un mandato espresso conferito da una pubblica amministrazione istituzionalmente competente alla realizzazione di opere di interesse generale.
Sotto tale angolazione si è ammesso a fruire del beneficio dell’esenzione il concessionario di opera pubblica ma a condizione che tale speciale modulo organizzatorio sia effettivamente esistente; si è così esclusa la ricorrenza di tale figura nel caso di privato che aveva realizzato un fabbricato destinato ad essere locato per ospitare una scuola elementare; ovvero di opera realizzata da un imprenditore per l’esercizio in via immediata e diretta della propria attività d’impresa; ovvero in vista di un fine genericamente egoistico (laddove è stato negato il beneficio in favore di azienda agrituristica), o limitato ad una cerchia ristretta di persone (laddove è stato negato il beneficio ad una fondazione nel presupposto che si tratti di persona giuridica di diritto privato che tende al soddisfacimento di interessi privatistici e comunque di esigenze di un numero limitato di persone).
Il carattere pubblico dell’iniziativa, onde conseguire il beneficio di cui all’art. 17 cit., non può neppure essere desunto dalla qualificazione delle strutture alberghiere quali impianti destinati a finalità di carattere generale, ai fini del rilascio dei titoli edilizi, trattandosi di argomento che la giurisprudenza di questo Consiglio, ha utilizzato in un ambito diverso da quello relativo all’individuazione delle condizioni soggettive ed oggettive indispensabili per consentire l’esenzione totale dal pagamento dei contributi.

L’art. 17, comma 3, lett. c), t.u. edilizia sancisce l’esonero dal pagamento del contributo di costruzione <<per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici>>.
Sulla scorta del dato positivo, la gratuità del permesso (al pari di quanto accadeva nel precedente regime concessorio) è quindi subordinata a due condizioni, l’una di carattere oggettivo (l’essere il manufatto destinato a servire un interesse generale), l’altra di natura soggettiva (il manufatto deve essere realizzato da un soggetto pubblico o istituzionalmente competente a realizzare opere pubbliche).
In linea generale l’esonero dal pagamento dei contributi di costruzione è finalizzato ad agevolare l’esecuzione di opere dalle quali la collettività possa trarre utilità e ad evitare che il soggetto che interviene per l’istituzionale attuazione del pubblico interesse corrisponda un contributo che verrebbe a gravare, sia pure indirettamente, sulla stessa comunità che dovrebbe avvantaggiarsi del pagamento (cfr. Cons. giust. amm., 27.12.2006, n. 792; Cons. Stato, sez. IV, 12.07.2005, n. 3744).
Perché si possa configurare il presupposto soggettivo occorre che tra il soggetto abilitato ad intervenire nell’interesse pubblico e il materiale esecutore della costruzione sussista un vincolo diretto alla realizzazione del fine pubblicistico dell’amministrazione così da configurare quest’ultimo come “ente istituzionalmente competente”; occorre dunque un mandato espresso conferito da una pubblica amministrazione istituzionalmente competente alla realizzazione di opere di interesse generale (cfr. Cons. giust. amm., n. 792 del 2006 cit.; Corte giust. CE, sez. VI, 12.07.2001, n. 399).
Sotto tale angolazione si è ammesso a fruire del beneficio dell’esenzione il concessionario di opera pubblica ma a condizione che tale speciale modulo organizzatorio sia effettivamente esistente; si è così esclusa la ricorrenza di tale figura nel caso di privato che aveva realizzato un fabbricato destinato ad essere locato per ospitare una scuola elementare (cfr. Cons. giust. amm., n. 792 del 2006); ovvero di opera realizzata da un imprenditore per l’esercizio in via immediata e diretta della propria attività d’impresa –come si verifica nel caso di specie- (cfr. Cons. Stato, sez. V, 20.10.2004, n. 6818); ovvero in vista di un fine genericamente egoistico (Cons. giust. amm., 12.02.2004, n. 26; 18.04.2006, n. 159 che ha negato il beneficio in favore di azienda agrituristica), o limitato ad una cerchia ristretta di persone (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 3774 del 2005 cit. che ha negato il beneficio ad una fondazione nel presupposto che si tratti di persona giuridica di diritto privato che tende al soddisfacimento di interessi privatistici e comunque di esigenze di un numero limitato di persone).
Il carattere pubblico dell’iniziativa, onde conseguire il beneficio di cui all’art. 17 cit., non può neppure essere desunto dalla qualificazione delle strutture alberghiere quali impianti destinati a finalità di carattere generale, ai fini del rilascio dei titoli edilizi, trattandosi di argomento che la giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. sez. IV, 21.04.1997, n. 424 ampiamente commentata dalla difesa appellante), ha utilizzato in un ambito diverso da quello relativo all’individuazione delle condizioni soggettive ed oggettive indispensabili per consentire l’esenzione totale dal pagamento dei contributi (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 11.05.2007 n. 2327 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: OGGETTO: Pagamento del contributo di costruzione, ai sensi dell’art. 16 del D.P.R. n. 380/2001, per il recupero di un edificio da destinare a residenza protetta e casa di riposo per anziani.
Il Comune chiede se “è necessario il pagamento del contributo di costruzione stabilito dall’art. 16 del D.P.R. 380/2001, per il recupero di un fabbricato esistente costruito come colonia climatica e da destinare a residenza protetta e casa di riposo per anziani, individuate nella L.R. 20/2002”.
A tal fine fa presente che il fabbricato “è stato costruito con regolare licenza edilizia in data 26.07.1964, come colonia climatica”, che è ad oggi inutilizzato e “ricade in una zona classificata dal vigente P.R.G. come “T” Turistica, le cui N.T.A. prevedono le destinazioni a carattere prevalentemente turistiche e ricettive” e che “il progetto presentato prevede il recupero del fabbricato esistente mediante l’esecuzione di opere interne, con modifica degli ambienti, rifacimento degli impianti tecnologici, nuovi ascensori per lettighe ed altre opere di finitura interne ed esterne al fine di utilizzare il fabbricato con le destinazioni sociali sopra riportate”.
Il Comune afferma infine che la richiesta di parere è motivata “dal fatto che ci sono dubbi se la diversa destinazione dei fabbricato prevista in progetto possa rientrare o meno, fra gli interventi di mutamento d’uso, con aumento degli standards, di cui alla L.R. 14/1986” (Regione Marche, parere 08.05.2007 n. 46/2007).

EDILIZIA PRIVATALa "Casa religiosa di accoglienza" -assentita dallo Sportello unico della Comunità montana– risulta strutturalmente destinata ad ospitare i pellegrini che si recano all'annesso Santuario "Maria SS. Immacolata di Lourdes" ed è, dunque, riconducibile, anche avuto riguardo alle sue caratteristiche in concreto, alla categoria degli "immobili adibiti nell'esercizio del ministero pastorale, ad attività educative, culturali, sociali, ricreative, di accoglienza e di ristoro che non abbiano fini di lucro", prevista dal sopra riportato art. 4 della legge reg. cal. n. 21/1990.
Ne discende che essa costituisce, per espressa previsione di legge (comma 3 dell'art. 4, cit.), un'opera di urbanizzazione secondaria.
Pertanto, non sussiste la debenza, ai sensi dell'art. 17, comma 3, del D.P.R. n. 380/2001, del contributo di costruzione per la realizzazione della Casa di ospitalità in parola.

Ai sensi dell'art. 17, comma 3, del D.P.R. n. 380/2001, "il contributo di costruzione non è dovuto: … c) per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici".
La legge della Regione Calabria n. 21/1990 (recante "Norme in materia di edilizia di culto e disciplina urbanistica dei servizi religiosi") puntualizza all'art. 4 che "ai sensi e per gli effetti dell'art. 3, secondo comma, lettera B, del decreto del Ministro dei Lavori Pubblici 02.04.1968 e ai fini dell'applicazione della presente legge sono attrezzature di interesse comune per servizi religiosi: … c) gli immobili adibiti, nell'esercizio del ministero pastorale, ad attività educative, culturali, sociali, ricreative, di accoglienza e di ristoro che non abbiano fini di lucro (comma 1)". Lo stesso articolo 4 della citata legge regionale specifica pure (comma 3) che "in relazione al disposto dell'art. 4 della legge 29.09.1964, n. 847 e successive modificazioni, le attrezzature di cui al precedente primo comma costituiscono opere di urbanizzazione secondaria".
Ciò posto, il collegio osserva che la "Casa religiosa di accoglienza" -assentita dallo Sportello unico della Comunità montana del versante tirrenico settentrionale con permesso di costruire n. 387 del 02.02.2006– risulta strutturalmente destinata ad ospitare i pellegrini che si recano all'annesso Santuario "Maria SS. Immacolata di Lourdes" ed è, dunque, riconducibile, anche avuto riguardo alle sue caratteristiche in concreto, alla categoria degli "immobili adibiti nell'esercizio del ministero pastorale, ad attività educative, culturali, sociali, ricreative, di accoglienza e di ristoro che non abbiano fini di lucro", prevista dal sopra riportato art. 4 della legge reg. cal. n. 21/1990.
Ne discende che essa costituisce, per espressa previsione di legge (comma 3 dell'art. 4, cit.), un'opera di urbanizzazione secondaria.
Inoltre, il Programma di fabbricazione vigente presso il Comune di Molochio, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa delle amministrazioni resistenti, conferma tale caratteristica, in quanto prevede –giusta variante approvata con D.P.G.R. n. 11688 dell'11.08.2003- per l'area interessata la destinazione urbanistica F2, corrispondente ad "attrezzature pubbliche di interesse comune", sicché la realizzazione della Casa di accoglienza in questione deve ritenersi operata "in attuazione di strumenti urbanistici".
In relazione a tutto quanto precede il ricorso in esame si appalesa fondato e va quindi accolto, rimanendo assorbite le censure non affrontate, con conseguente annullamento, per quanto di ragione, del provvedimento impugnato e declaratoria della non dovutezza, ai sensi dell'art. 17, comma 3, del D.P.R. n. 380/2001, del contributo di costruzione per la realizzazione della Casa di ospitalità in parola (TAR Calabria-Reggio Calabria, sentenza 08.02.2007 n. 141 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2006
EDILIZIA PRIVATAConcessione edilizia - Ipotesi di gratuità - Non sussiste.
Seppure il garage per il quale è stata presentata istanza per a concessione edilizia sarà adibito a ricovero per gli autobus del servizio di trasporto urbano non vi sono i presupposti per l'applicazione dell'art. 9, lett. f), della l. n.  10 del 1977 che prevede la gratuità della concessione edilizia: il beneficio del garage in quanto destinato ad uso pubblico o collettivo è un beneficio temporalmente limitato, che verrà comunque meno alla scadenza del termine ventennale del vincolo di destinazione pubblicistica del bene; una volta scaduto tale vincolo il garage resterà liberamente fruibile dai privati.
Va aggiunto che il fine dell'esenzione non è quello di esonerare l'imprenditore dai costi dell'impresa, ma di evitare la contribuzione quando questa sarebbe contraddittoria. Ed infatti, i contributi di urbanizzazione si giustificano per gli oneri che la collettività sopporta a vantaggio del soggetto che costruisce, sicché non avrebbe senso per le opere costruite a carico della collettività stessa (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 19.12.2006 n. 3009 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: OGGETTO: Realizzazione postazione di emergenza “118” e nuovo complesso da adibire a sede operativa della pubblica assistenza “AVIS” del Comune, Classificazione dell’intervento ai sensi dell’art. 16, comma 8, del DPR n. 380/2001.
Il Comune fa presente che “l’associazione pubblica assistenza AVIS del Comune” ha richiesto il rilascio del permesso di costruire per la “costruzione di un edificio destinato alla postazione di emergenza 118 e alla sede operativa della associazione”, nel quale sono previsti “sia il deposito dei mezzi a disposizione dell’associazione (autoambulanze, macchine, ecc,) sia sale per i corsi con relativi servizi igienici e camera da letto per gli operatori che svolgono il servizio 118”.
A tal proposito fa notare che “l’associazione è iscritta nel Registro regionale del volontariato, ai sensi dell’art. 6 della L. 266/1991 nel settore sanità e a seguito del decreto di riforma di cui al D.lgs. 460/1997, che ha istituito la figura delle ONLUS, è considerata ex lege una ONLUS di diritto (art. 10, comma 8)”. Precisa infine che “l’attività istituzionale dell’associazione è configurata nel trasporto infermi, ammalati e feriti con mezzi sanitari (autoambulanze) in centri specializzati per cure e terapie (dialisi, chemioterapia, ecc.) integrazione del carente servizio effettuato dalla ASL di competenza per territorio (compreso il servizio 118)”.
Il Comune rileva che “il progetto presentato è funzionale alle attività svolte dall’associazione” e ritiene pertanto che “l’intervento può essere classificato come opera di urbanizzazione secondaria in quanto attrezzatura sanitaria ai sensi dell’art. 16, comma 8, del D.P.R. 380/2001”, Chiede quindi se tale valutazione “può considerarsi corretta ai fini del rilascio del permesso di costruire” (Regione Marche, parere 21.08.2006 n. 7/2006).

EDILIZIA PRIVATADue requisiti devono concorrere per fondare lo speciale regime di gratuità della concessione: l'uno di carattere oggettivo e l'altro di carattere soggettivo. Per effetto del primo la costruzione deve riguardare opere pubbliche o di interesse generale; per effetto del secondo le opere devono essere eseguite da un ente istituzionalmente competente.
La gratuità del titolo concessorio opera anche nei riguardi di “opere di urbanizzazione eseguite in attuazione di strumenti urbanistici”. Perché la costruzione possa fruire del beneficio è necessario che essa sia specificamente indicata come tale nello strumento urbanistico medesimo.

La questione controversa concerne l'applicabilità dell'art. 9, lettera f), della legge n. 10 del 1977 al complesso edilizio realizzato dalla società appellante ed il relativo riconoscimento del diritto all'esenzione dal pagamento del contributo di concessione di cui all'art. 3 della legge n. 10 del 1977.
Prevede tale norma che “il contributo di cui al precedente articolo 3 non è dovuto: ……f) per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici”.
La disposizione in oggetto viene richiamata per due distinti profili, ciascuno dei quali idoneo, in linea di ipotesi, a giustificare l'esenzione.
Il primo è quello per cui il contributo concessorio non è dovuto quando si tratta della realizzazione di opere pubbliche o di interesse generale da parte di enti istituzionalmente competenti.
La norma enuncia due requisiti che devono entrambi concorrere per fondare lo speciale regime di gratuità della concessione, l'uno di carattere oggettivo e l'altro di carattere soggettivo.
Per effetto del primo la costruzione deve riguardare opere pubbliche o di interesse generale; per effetto del secondo le opere devono essere eseguite da un ente istituzionalmente competente (v., ex plurimis, le decisioni della sezione 20.10.2004, n. 6818; 10.07.2000, n. 3860; 20.07.1999, n. 849; 29.09.1997, n. 1067).
La ratio della norma è anzitutto quella di agevolare l'esecuzione di opere destinate al soddisfacimento di interessi pubblici o dalle quali la collettività possa comunque trarre una utilità.
L'esecuzione di un'opera pubblica, inoltre, quando è compiuta da un "ente istituzionalmente competente", garantisce il perseguimento di interessi di ordine generale e giustifica la concessione di un beneficio economico che, non contribuendo alla formazione di un utile di impresa, si riverbera a vantaggio di tutta la collettività che fruisce dell'opera una volta compiuta.
L'imposizione degli oneri concessori al soggetto che interviene per l'istituzionale attuazione del pubblico interesse sarebbe altrimenti intimamente contraddittoria, poiché verrebbe a gravare, sia pure indirettamente, sulla stessa comunità che dovrebbe avvantaggiarsi dal loro pagamento.
In questo senso, la disposizione agevolativa è stata estesa, dunque, oltre che agli enti pubblici, anche a quelle figure soggettive che non agiscono per esclusivo scopo lucrativo ovvero che accompagnano al lucro un collegamento giuridicamente rilevante con l'amministrazione, sì da rafforzare il legame istituzionale con l'azione del soggetto pubblico per la cura degli interessi della collettività.
Tale raccordo, peraltro, deve essere idoneo ad assicurare, grazie alla presenza del soggetto pubblico, un contemperamento dell'obiettivo privatistico dell'esecutore dell'opera con il fine pubblicistico realizzato, come ad esempio nel caso del concessionario di opera pubblica, il quale, pur mirando al conseguimento di un lucro d'impresa, è parificabile a pieno titolo al soggetto che cura istituzionalmente l'esecuzione di opere di interesse generale (cfr. la decisone di questa Sezione n. 1280 del 07.09.1995).
Occorre, cioè, un ben preciso vincolo tra il soggetto abilitato ad operare nell'interesse pubblico ed il materiale esecutore della costruzione; vincolo che, in linea di massima, è stato identificato nella concessione di opera pubblica o analoghe figure organizzatorie in modo tale che l'attività edilizia sia compiuta da un soggetto che curi istituzionalmente la realizzazione di opere di interesse generale per il perseguimento delle specifiche finalità cui le opere stesse sono destinate, per cui non può usufruire dell'esenzione dal contributo l'opera costruita da un imprenditore per la propria attività d'impresa (cfr. la decisione di questa Sezione n. 6618 del 02.12.2002).
La Sezione ha anche avuto modo di rilevare (cfr. la citata decisione 06.10.2003, n. 5323) che la fattispecie normativa, elevando ad oggetto della qualificazione "le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti" ha inteso, in effetti, riferirsi agli enti pubblici, o comunque agli enti che agiscono per conto di enti pubblici (come ad esempio, i concessionari pubblici): in tal senso, la giurisprudenza del Consiglio di Stato è costante.
L'esattezza di tale soluzione è confermata, del resto, non soltanto dall'endiadi: "opere pubbliche o di interesse generale", che rinvia ad una figura soggettiva pubblica, ma dal fatto che nella sola seconda parte della proposizione normativa, concernente le opere di urbanizzazione, la disposizione reca la specifica indicazione: "eseguite anche da privati".
Ne esce quindi caricata di ulteriore valore semantico la locuzione: "enti istituzionalmente competenti", che non può riferirsi che ad enti pubblici o a soggetti che agiscono per conto degli stessi.
È da escludere, poi, che nella specie possa trovare applicazione anche la citata seconda parte dell’art. 9, lettera f), della legge n. 10/1977, secondo cui la gratuità del titolo concessorio opera anche nei riguardi di “opere di urbanizzazione eseguite in attuazione di strumenti urbanistici”. Perché la costruzione possa fruire del beneficio correlato a tale norma è, invero, necessario che essa sia specificamente indicata come tale nello strumento urbanistico medesimo. Sennonché, le opere di cui qui si discute non sono mai state qualificate come opere di urbanizzazione nelle locale pianificazione urbanistica, sicché l’esenzione dal contributo di concessione non può essere riconosciuta (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 11.01.2006 n. 51 - link a www.giustizia-amministrativa.it).
---------------
(fattispecie relativa ad una ONLUS che ha richiesto la concessione edilizia per la costruzione di una residenza per anziani).

anno 2005

EDILIZIA PRIVATA: Ai fini dell’esenzione del contributo ex art. 9 della L. n. 10/1977, lett. f), occorre che l’opera sia pubblica o di interesse pubblico e sia realizzata da un ente pubblico, non competendo essa alle opere eseguite da soggetti privati, quale che sia la rilevanza sociale dell’attività da essi esercitata nella (o con la) opera edilizia alla quale la concessione si riferisce.
Quanto, invece, all’esenzione dovuta (sempre ai sensi della citata lett. f) per le <<opere di urbanizzazione eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici>>, occorre che si tratti di opera di urbanizzazione specificamente indicata come tale nello strumento urbanistico, anche attuativo.

Quanto al richiamo, contenuto nell’appello in esame, all’art. 9 della L. n. 10/1977 cit., riguardante i casi di concessione gratuita, e, segnatamente, alla lett. f), deve dirsi che -a prescindere dalla fondatezza o meno dell’eccezione, sollevata dall’appellato Comune, relativa alla novità della questione (in quanto il vizio non è stato formulato nel giudizio di primo grado)- tale norma non è applicabile al caso di specie, in quanto la concessione edilizia è stata rilasciata alla Promingros S.r.l., mentre, ai fini dell’esenzione de qua occorre che l’opera sia pubblica o di interesse pubblico e sia realizzata da un ente pubblico, non competendo essa alle opere eseguite da soggetti privati, quale che sia la rilevanza sociale dell’attività da essi esercitata nella (o con la) opera edilizia alla quale la concessione si riferisce (cfr. Cons. St., sez. V, 21.01.1997, n. 69; Cons. St., sez. V, 19.09.1995, n. 1313; C.G.A.R.S., 20.07.1999, n. 369); quanto, invece, all’esenzione dovuta (sempre ai sensi della citata lett. f) per le <<opere di urbanizzazione eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici>>, occorre che si tratti di opera di urbanizzazione specificamente indicata come tale nello strumento urbanistico, anche attuativo (cfr. Cons. St., sez. V, 21.01.1997, n. 69; Cons. St., sez. V, 01.06.1992, n. 489) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 15.12.2005 n. 7140 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAIl requisito soggettivo previsto dall’art. 9, comma 1, lett. f), legge n. 10 del 1977 (esenzione dal pagamento degli oo.uu.) sussiste quando tra il soggetto abilitato ad operare nell’interesse pubblico ed il materiale esecutore della costruzione vi sia un ben preciso vincolo, in modo tale che l’attività edilizia sia compiuta da un soggetto che curi istituzionalmente la realizzazione di opere di interesse generale, ma tale requisito postula, ovviamente, che la realizzazione dell’opera ricada nell’ambito delle competenze istituzionali dell’ente pubblico, e di quelle attribuite (per concessione od altro, analogo, modello organizzatorio) al soggetto attuatore.
La giurisprudenza è concorde nel ritenere che l’espressione “opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti” usata dalla norma in discorso (art. 9 l. n. 10/1977) coincide in sostanza con quella di opera pubblica, che è appunto l’opera di interesse generale realizzata da un ente pubblico, nell’ambito delle proprie competenze istituzionali; essa pertanto può anche essere realizzata da un soggetto privato, purché per conto di un ente pubblico, come nella figura della concessione di opera pubblica o in altre analoghe figure organizzatorie, e tale non può certo dirsi quella per la cui utilizzazione l’ente pubblico (nella specie, la regione), stabilisce di pagare un corrispettivo.
Il fine dell’esenzione è, infatti, quello di evitare una contribuzione intimamente contraddittoria, quale sarebbe quella per opere costruite a carico della collettività, e non quella di esonerare gli imprenditori dai costi di impresa (così Cons. Stato, sez. V, 10.12.1990, n. 857). Inoltre l’opera, per godere dell’esenzione, deve essere imputabile in capo all’ente pubblico, in maniera diretta ed iniziale (Tar Umbria, 10.11.1993, n. 463; Cons. Stato, sez. V, 02.12.2002, n. 6618); deve essere, in altre parole, riferibile all’ente pubblico e all’ambito delle sue competenze istituzionali, anche se sia materialmente realizzata da un soggetto diverso, pure privato.
Tale requisito difetta nella fattispecie in esame, nella quale la realizzazione dell’impianto è stato progettato e concretizzato da Consepi s.p.a. nell’ambito della propria attività di impresa, relativamente alla quale ricava un compenso, anche a carico, come detto, della stessa regione: è quindi evidente che le opere stesse non possono essere qualificate di interesse generale (e tanto meno pubbliche), se non in senso generico (alla pari, ad esempio, degli edifici destinati a soddisfare le esigenze abitative, esse pure, in questo senso, di interesse generale e assoggettate pacificamente al pagamento degli oneri).
Come si è detto, il requisito soggettivo previsto dall’art. 9, comma 1, lett. f), legge n. 10 del 1977 sussiste quando tra il soggetto abilitato ad operare nell’interesse pubblico ed il materiale esecutore della costruzione vi sia un ben preciso vincolo, in modo tale che l’attività edilizia sia compiuta da un soggetto che curi istituzionalmente la realizzazione di opere di interesse generale (Cons. stato, sez. V, 20.10.2004, n. 6818), ma tale requisito postula, ovviamente, che la realizzazione dell’opera ricada nell’ambito delle competenze istituzionali dell’ente pubblico, e di quelle attribuite (per concessione od altro, analogo, modello organizzatorio) al soggetto attuatore.
Nella specie, la società ricorrente è stata costituita dalla regione Piemonte, utilizzando lo strumento di cui all’art. 4 legge reg. n. 11 del 1980, per la realizzazione di opere di pubblica utilità relative alle “infrastrutture per il trattamento delle merci e per l’interscambio fra sistemi di trasporto”: non è dunque una società con capacità generica, per quanto riguarda il rapporto con la regione, né un ente strumentale indifferenziato, ma una società orientata ad un ben preciso obiettivo, quello appunto di realizzare e gestire l’autoporto o altre simili infrastrutture per il trattamento delle merci e l’interscambio. Del pari, non è solo la regione che può affidarle la realizzazione di programmi di intervento, ma, a norma di statuto, anche società (private).
L’opera di cui ora si discute riguarda la realizzazione di un intervento per la sicurezza stradale, che è cosa evidentemente diversa da quella per la quale la regione ha provveduto a strutturare la società; questa considerazione, e la capacità di impegnarsi anche a favore di privati esclude che la Consepi possa definirsi ente strumentale della regione, essendo, invece, definibile a tutti gli effetti come imprenditore, che esplica la propria attività di impresa anche nei confronti della regione (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 31.10.2005 n. 3316 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Lo speciale regime di gratuità della concessione edilizia -ex art. 9 l. n. 10/1977- richiede il concorso di due requisiti: l’uno di carattere soggettivo e l’altro di carattere oggettivo.
Il primo consiste nell'esecuzione delle opere da parte di enti “istituzionalmente competenti”, vale a dire da parte di soggetti ai quali la realizzazione dell’opera sia demandata in via istituzionale; il secondo, dall’ascrivibilità del manufatto oggetto di concessione edilizia alla categoria delle opere pubbliche o di interesse generale.

Dispone l'art. 9 della l. n. 10/1977: “Il contributo (per il rilascio della concessione) … non è dovuto: … f) per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici”.
Secondo giurisprudenza ormai pacifica, nell’ipotesi considerata da questa disposizione, lo speciale regime di gratuità della concessione edilizia richiede il concorso di due requisiti, l’uno di carattere soggettivo e l’altro di carattere oggettivo.
Il primo consiste nell'esecuzione delle opere da parte di enti “istituzionalmente competenti”, vale a dire da parte di soggetti ai quali la realizzazione dell’opera sia demandata in via istituzionale; il secondo, dall’ascrivibilità del manufatto oggetto di concessione edilizia alla categoria delle opere pubbliche o di interesse generale.
Si è rilevato, infatti, che l’espressione «opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti» rende in sostanza il concetto di «opera pubblica», che è appunto opera di interesse generale realizzata da un ente pubblico nell'ambito delle proprie competenze istituzionali. Essa, pertanto, è stata riferita anche ad un’opera realizzata da un soggetto privato, purché per conto di un ente pubblico, come nella figura della concessione di opere pubbliche o in analoghe figure organizzatorie (cfr., su tutta la materia, Cons. Stato, Sez. V, 02.12.2002 n. 6618; 10.07.2000 n. 3860; id. 06.12.1999 n. 2061; id. 10.05.1999 n. 536; id. 04.05.1998 n. 492; id. 29.09.1997 n. 1067; id. 07.09.1995 n. 1280; id. 10.12.1990 n. 857).
La disposizione sopra riportata, inoltre, deve ritenersi di stretta interpretazione, in quanto introduce ipotesi di deroga alla regola generale (art. 1 L. 28.01.1977 n. 10) che assoggetta a contributo tutte le opere che comportino trasformazione del territorio, in relazione agli oneri che la collettività, in dipendenza di esse, è chiamata a sopportare (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 12.07.2005 n. 3774 - link a www.giustizia-amministrativa.it).
--------------
(fattispecie relativa alla concessione edilizia rilasciata ad una fondazione per l’esecuzione di lavori di recupero e riuso di un castello al fine di realizzarvi una residenza studentesca ed un centro congressi).

EDILIZIA PRIVATA: Lo sgravio contributivo esige il concorso di due presupposti, e cioè uno oggettivo, ovvero l’ascrivibilità del manufatto oggetto di concessione edilizia alla categoria delle opere pubbliche o di interesse generale e l’altro soggettivo, ovvero l’esecuzione delle opere da parte di enti istituzionalmente competenti, vale a dire da parte di soggetti cui sia demandata in via istituzionale la realizzazione di opere di interesse generale ovvero da parte di privati concessionari dell’ente pubblico purché le opere siano inerenti all’esercizio del rapporto concessorio.
Le opere –ammesse allo sgravio contributivo- devono essere realizzate dagli enti istituzionalmente competenti, con la conseguente necessità che deve sussistere un ben preciso vincolo relazionale tra il soggetto abilitato ad operare nell’interesse pubblico ed il materiale esecutore della costruzione: la giurisprudenza prevalente ha identificato tale vincolo nella concessione di costruzione di opera pubblica o in altre analoghe figure organizzatorie.
Viene in discussione la tematica dell’esenzione dal pagamento dei contributi di concessione per le opere pubbliche o di interesse generale, realizzate dagli enti istituzionalmente competenti, ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f), legge n. 10/1977.
Lo sgravio contributivo in esame esige il concorso di due presupposti, e cioè uno oggettivo, ovvero l’ascrivibilità del manufatto oggetto di concessione edilizia (nella specie, una ristrutturazione) alla categoria delle opere pubbliche o di interesse generale (nel senso che deve trattarsi di opere che, quantunque non destinate direttamente a scopi propri della p.a., siano comunque idonee a soddisfare i bisogni della collettività, anche se realizzate e gestite da privati), e l’altro soggettivo, ovvero l’esecuzione delle opere da parte di enti istituzionalmente competenti, vale a dire da parte di soggetti cui sia demandata in via istituzionale la realizzazione di opere di interesse generale (cfr. C.G.A.R.S. 20.07.1999 n. 369; Cons. Stato, V, 06.12.1999 n. 2061), ovvero da parte di privati concessionari dell’ente pubblico (cfr. Cons. Stato, V, 07.09.1995 n. 1280), purché le opere siano inerenti all’esercizio del rapporto concessorio.
Il Comune è, peraltro, tenuto ad accertare d’ufficio tali presupposti indipendentemente dalla richiesta del privato, non prevista dalla legge.
Il fine dell’applicazione della norma, fondata dunque sul presupposto oggettivo della natura delle opere e su quello soggettivo della qualità dell’ente realizzatore, è chiaramente quello di assicurare una ricaduta del beneficio dello sgravio a vantaggio della collettività, nel senso che la gratuità della concessione si traduce in un abbattimento dei costi, a cui corrisponde, in definitiva, un minore aggravio di oneri per il contribuente.
Le opere per cui può ipotizzarsi lo sgravio dagli oneri concessori devono, dunque, rivelare innanzitutto un carattere direttamente satisfattivo dell’interesse della collettività, di per se stesse –poiché destinate ad uso pubblico o collettivo– o in quanto strumentali rispetto ad opere del genere anzidetto, o comunque perché immediatamente collegate con le funzioni di pubblico servizio espletate dall’ente (cfr. Cons. Stato, V, 08.06.1998 n. 777).
Il beneficio della gratuità della concessione richiede poi che l'opera avente le suddette caratteristiche sia realizzata da un soggetto istituzionalmente competente, sia cioè realizzato dall'ente per il perseguimento dei suoi fini istituzionali, e cioè per la cura di quegli interessi a lui affidati e che ne rappresentano la ragion d'essere (cfr. Cons. Stato, V, 20.07.1999 n. 849).
Esso non spetta, pertanto, a soggetti privati per gli immobili ove esercitino una mera attività (lucrativa o non) di impresa, indipendentemente dalla rilevanza sociale dell’attività stessa (cfr. Cons. Stato, V, 21.01.1997 n. 69).
Al fine dell’individuazione dell’anzidetto requisito di ordine soggettivo, la giurisprudenza richiede, di norma, quanto meno il possesso della qualità di concessionario, operante per conto di un ente pubblico (Cons. Stato, V, 07.09.1995 n. 1280, cit.).
Nel recente panorama giurisprudenziale, il beneficio è stato conseguentemente negato:
- ad una società per azioni relativamente alla concessione di ampliamento della clinica gestita dalla stessa (Cons. Stato, V, 16.01.1992 n. 46);
- all’impresa che, senza alcun collegamento riconducibile ad una concessione da parte di un ente pubblico, svolga un’attività assistenziale, in quanto l’agevolazione in parola implica, come accennato, il possesso del requisito non solo oggettivo (impianti, attrezzature, opere pubbliche o di interesse generale), ma pure soggettivo (ente pubblico o soggetto concessionario di pubblico servizio o di opere pubbliche : cfr. Cons. Stato, V, 10.05.1999 n. 536);
- alle cooperative edilizie, in quanto curano in primo luogo l’interesse dei soci;
- al privato che realizzi impianti sportivi, anche se la loro utilizzazione sia oggetto di convenzione con il Comune;
- per la realizzazione di uffici direzionali di un’azienda creditizia;
- per la costruzione di scuole non previste tra le opere di urbanizzazione dallo strumento urbanistico;
- alla società concessionaria del servizio distributivo del gas, per la costruzione di una nuova sede;
- per le opere realizzate da un privato, su proprietà e con capitali privati, pur se in vista di un contratto di locazione con la p.a..
E’ stato peraltro precisato che per realizzatore dell’opera deve intendersi non soltanto chi provveda materialmente all’edificazione, ma anche il soggetto cui l’opera sia riferibile dal punto di vista sia progettuale che della destinazione finale (Cons. Stato, V, 08.06.1998 n. 777, cit.).
E’, dunque, la carenza dell’elemento soggettivo ad assumere rilevanza decisiva nella fattispecie in esame, in cui esso non appare sufficientemente integrato.
Il legislatore richiede che le opere –ammesse allo sgravio contributivo- siano realizzate dagli enti istituzionalmente competenti, con la conseguente necessità che sussista un ben preciso vincolo relazionale tra il soggetto abilitato ad operare nell’interesse pubblico ed il materiale esecutore della costruzione: la giurisprudenza prevalente ha identificato tale vincolo nella concessione di costruzione di opera pubblica o in altre analoghe figure organizzatorie (Cons. Stato, V, 19.05.1998, n. 617; 07.09.1995, n. 1280; 13.12.1993, n. 1280; 20.11.1989, n. 752).
Deve cioè trattarsi di attività compiuta da un concessionario, o più in generale da un soggetto che curi istituzionalmente (è, quindi, questo l’elemento chiave) la realizzazione di attività d'interesse generale per il perseguimento delle specifiche finalità cui le stesse siano destinate: nell’ordinamento italiano le attività di natura socio-assistenziali competono istituzionalmente al Servizio sanitario nazionale, mentre l’erogazione dei servizi attinenti alla pubblica istruzione spetta allo Stato o alle Regioni o alle Province, prestazioni rispetto alle quali l’Associazione appellata non può vantare alcuna istituzionale competenza, nonostante l’assenza del fine di lucro, di per se stessa non sufficiente ad integrare i necessari presupposti in precedenza messi in luce (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 10.05.2005 n. 2226 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa costruzione di una cappella privata, all'interno del cimitero comunale, sconta il pagamento degli oneri di urbanizzazione.
I due ricorsi si fondano sul postulato che in virtù dell’art. 9, lettera f, della L. n. 10/1977, per la costruzione di una Cappella Cimiteriale non sarebbe dovuto il pagamento dei predetti oneri atteso che le Confraternite è un Ente Ecclesiale non avente scopo di lucro,ma caratteristiche mutualistiche ed assistenziali.
Le Cappelle, secondo l’assunto di parte ricorrente, anche se non destinate a scopi propri dell’Amministrazione, soddisfano bisogni della collettività, anche se la gestione del manufatto Cimiteriale è svolta da privati.
L’iter logico giuridico seguito dalla ricorrente non è condivisibile.
Invero, l’art. 9 della L. n. 10/1977, alla lettera f), disposizione invocata dalla ricorrente per postulare l’esonero dai contributi e pretendere la restituzione del asseritamene indebito, statuisce che non sono dovuti gli oneri di urbanizzazione per: gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici.
Nel caso all’esame del Collegio la Cappella non è sussumibile in nessuna delle fattispecie elencate nella norma surriportata.
Infatti, essa non può essere considerata opera pubblica realizzata da un Ente pubblico istituzionalmente competente, né opera di urbanizzazione realizzata da un privato in attuazione di uno strumento urbanistico, atteso che non risulta che il manufatto de quo sia previsto da alcun strumento urbanistico e neppure che la Confraternita lo abbia realizzato nel quadro di interventi, sia pure a cura di privati, di attuazione delle previsioni di uno strumento urbanistico.
Né dai ricorso o dalle allegazioni processuali è dato dedurre che la Cappella sia stata costruita dalla Confraternita in attuazione di un accordo ex L. n. 241/1990.
Né, ad avviso del Collegio, hanno pregio le considerazioni della ricorrente relative ad una rilevanza della natura non profit della Confraternita, né il presunto fine di interesse generale perseguito dal sodalizio nella realizzazione della Cappella.
Infatti il testo della lettera f) dell’art. 9 della L. n. 10/1977 esclude, per la sua stessa natura di norma di privilegio comportante un esenzione dall’obbligo di versare somme dovute ad un ente pubblico, qualunque interpretazione estensiva od analogica.
Né pur ricorrendo alle predette tipologie intepretative si potrebbe comunque pervenire all’esito intepretativo indicato dalla ricorrente, atteso che la Confraternita pur essendo un sodalizio che non persegue fini di lucro non realizza interessi generali, come ritiene la ricorrente, ma soddisfa un interesse dei confrati (TAR Sicilia-Catania, Sez. I, sentenza 03.05.2005 n. 788 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2004

EDILIZIA PRIVATA: Come è noto, l’art. 9, comma 1, lett. f), L. n. 10/1977 richiede due requisiti che devono entrambi concorrere per fondare lo speciale regime di gratuità della concessione, l'uno di carattere oggettivo e l'altro di carattere soggettivo.
Per effetto del primo, la costruzione deve riguardare opere pubbliche o di interesse generale; mentre, per effetto del secondo, esse devono essere eseguite da un ente istituzionalmente competente.
---------------
E’ stato chiarito che la ratio dell’esenzione in argomento è finalizzata da un lato ad agevolare l'esecuzione di opere dalle quali la collettività possa trarne utilità e dall’altro ad evitare che il soggetto che interviene per l'istituzionale attuazione del pubblico interesse corrisponda un contributo che verrebbe a gravare, sia pure indirettamente, sulla stessa Comunità che dovrebbe avvantaggiarsi dal loro pagamento.
In questo senso, la disposizione agevolativa è stata estesa, oltre che agli enti pubblici, anche a quelle figure soggettive che non agiscono per esclusivo scopo lucrativo ovvero che accompagnano al lucro un collegamento giuridicamente rilevante con l'amministrazione, sì da rafforzare il legame istituzionale con l'azione del soggetto pubblico per la cura degli interessi della collettività. Tale raccordo, peraltro, deve essere idoneo ad assicurare, grazie alla presenza del soggetto pubblico, un contemperamento dell'obiettivo privatistico dell'esecutore dell'opera con il fine pubblicistico realizzato, come ad esempio nel caso del concessionario di opera pubblica, il quale, pur mirando al conseguimento di un lucro d'impresa, è parificabile a pieno titolo al soggetto che cura istituzionalmente l'esecuzione di opere di interesse generale.
Occorre cioè un ben preciso vincolo tra il soggetto abilitato ad operare nell’interesse pubblico ed il materiale esecutore della costruzione, vincolo che in linea di massima è stato identificato nella concessione di opera pubblica o analoghe figure organizzatorie in modo tale che l’attività edilizia sia compiuta da un soggetto che curi istituzionalmente la realizzazione di opere di interesse generale per il perseguimento delle specifiche finalità cui le opere stesse sono destinate, per cui non può usufruire dell’esenzione dal contributo l’opera costruita da un imprenditore per la propria attività d’impresa.

Con sentenza TAR Toscana, Sezione III, n. 450 del 22.09.1999 è stato accolto il ricorso proposto dalla Società Carrani costruzioni avverso il Comune di Empoli che le aveva negato l’esenzione dagli oneri contributivi relativi alla concessione edilizia rilasciata il 07.10.1992 e successive varianti.
In particolare, il TAR ha ritenuto che la Società, esercitando un’attività edilizia riguardante un immobile destinato a sede INAIL, venisse a rivestire una posizione assimilabile a quella degli “Enti istituzionalmente competenti” e perciò avesse titolo ad usufruire dell’esenzione di cui all’art. 9, comma 1, lett. f.), L. 28.01.1997 n. 10.
Avverso detta sentenza ha proposto appello il Comune, sostenendo in sostanza che la Società non aveva agito quale commissionario di soggetto pubblico istituzionalmente competente ma in proprio, realizzando la ristrutturazione di un immobile di sua proprietà.
L’appello è fondato.
Come è noto, l’art. 9, comma 1, lett. f), L. n. 10/1977 richiede due requisiti che devono entrambi concorrere per fondare lo speciale regime di gratuità della concessione, l'uno di carattere oggettivo e l'altro di carattere soggettivo (cfr. la decisone di questa Sezione n. 3860 del 10.07.2000).
Per effetto del primo, la costruzione deve riguardare opere pubbliche o di interesse generale; mentre, per effetto del secondo, esse devono essere eseguite da un ente istituzionalmente competente.
Si può prescindere dal primo aspetto di carattere oggettivo, atteso che nella specie difetta senz’altro il secondo aspetto.
E’ stato chiarito che la ratio dell’esenzione in argomento è finalizzata da un lato ad agevolare l'esecuzione di opere dalle quali la collettività possa trarne utilità e dall’altro ad evitare che il soggetto che interviene per l'istituzionale attuazione del pubblico interesse corrisponda un contributo che verrebbe a gravare, sia pure indirettamente, sulla stessa Comunità che dovrebbe avvantaggiarsi dal loro pagamento.
In questo senso, la disposizione agevolativa è stata estesa, oltre che agli enti pubblici, anche a quelle figure soggettive che non agiscono per esclusivo scopo lucrativo ovvero che accompagnano al lucro un collegamento giuridicamente rilevante con l'amministrazione, sì da rafforzare il legame istituzionale con l'azione del soggetto pubblico per la cura degli interessi della collettività. Tale raccordo, peraltro, deve essere idoneo ad assicurare, grazie alla presenza del soggetto pubblico, un contemperamento dell'obiettivo privatistico dell'esecutore dell'opera con il fine pubblicistico realizzato, come ad esempio nel caso del concessionario di opera pubblica, il quale, pur mirando al conseguimento di un lucro d'impresa, è parificabile a pieno titolo al soggetto che cura istituzionalmente l'esecuzione di opere di interesse generale (cfr. la decisone di questa Sezione n. 1280 del 07.09.1995).
Occorre cioè un ben preciso vincolo tra il soggetto abilitato ad operare nell’interesse pubblico ed il materiale esecutore della costruzione, vincolo che in linea di massima è stato identificato nella concessione di opera pubblica o analoghe figure organizzatorie in modo tale che l’attività edilizia sia compiuta da un soggetto che curi istituzionalmente la realizzazione di opere di interesse generale per il perseguimento delle specifiche finalità cui le opere stesse sono destinate, per cui non può usufruire dell’esenzione dal contributo l’opera costruita da un imprenditore per la propria attività d’impresa (cfr. la decisione di questa Sezione n. 6618 del 2.12.2002) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 20.10.2004 n. 6818 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: E' gratuita la concessione edilizia da rilasciarsi all'ENEL SPA in merito alla ristrutturazione ad uso ufficio di un edificio di proprietà onde utilizzarlo quale sede operativa della sezione teletrasmissioni.
Secondo la giurisprudenza, l’esenzione dai contributi dovuti per il rilascio della concessione edilizia, ai sensi dell’art. 9, lett. f), della legge n. 10 del 1977, si applica all’opera realizzata da una pubblica amministrazione o da un concessionario o, più in generale, da un soggetto che curi istituzionalmente la realizzazione di opere di interesse generale per il perseguimento delle specifiche finalità cui le opere stesse sono destinate (Cons. St., Sez. V, 20.07.1999 n. 849) e può essere applicata anche ad un’opera realizzata da un soggetto privato per conto di un Ente pubblico purché si tratti di opera pubblica e/o di un’opera di interesse generale (Cons. St., Sez. V, 18.09.2003 n. 5315).
Orbene, non v’è dubbio che nel caso in esame i lavori assentiti con la concessione edilizia impugnata riguardano la ristrutturazione di un edificio da adibire al perseguimento delle specifiche finalità del servizio pubblico di fornitura dell’energia elettrica e che i lavori stessi sono eseguiti da un soggetto che, comunque lo si guardi, è istituzionalmente, in virtù del rapporto di concessione, preposto al servizio pubblico in discorso (TAR Abruzzo-Pescara, Sez. I, sentenza 07.09.2004 n. 800 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAIl concetto di edificio destinato all’esercizio pubblico del culto cattolico risulta suscettibile di estendersi anche alle pertinenze, per la cui configurazione non appare decisiva la materiale unicità della costruzione dei locali, bensì il legame funzionale derivante dalla loro destinazione al servizio dell’edificio principale al fine di permettere l’esercizio dell’attività di culto.
Il concetto di edificio destinato all’esercizio pubblico del culto cattolico risulta suscettibile di estendersi anche alle pertinenze, per la cui configurazione non appare decisiva la materiale unicità della costruzione dei locali, bensì il legame funzionale derivante dalla loro destinazione al servizio dell’edificio principale al fine di permettere l’esercizio dell’attività di culto (TAR Campania-Salerno, Sez. I, sentenza 10.03.2004 n. 133 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: L'esenzione dal versamento degli oo.uu. e del costo di costruzione, ex art. 9 L. n. 10/1977, non si applica alle opere pubbliche realizzate da un soggetto non rientri nella nozione di ente istituzionalmente competente.
L'art. 9, comma 1, lett. f), della legge 28.01.1977, n. 10 enuncia due requisiti che devono entrambi concorrere per fondare lo speciale regime di gratuità della concessione, l'uno di carattere oggettivo e l'altro di carattere soggettivo.
Per effetto del primo la costruzione deve riguardare opere pubbliche o di interesse generale mentre, per effetto del secondo, devono essere eseguite da un ente istituzionalmente competente.
In merito al primo aspetto, non vi è dubbio che il caso di specie (ndr: uffici ed ambulatori nuova sede INAIL) rientri nella previsione normativa e ciò è provato dall’espresso contenuto della concessione edilizia rilasciata dal Comune.
Difficoltà di ordine interpretativo nascono in ordine al possesso in capo alla impresa COGECAR s.r.l. del requisito soggettivo di “ente istituzionalmente competente”.
In questo senso, è necessario individuare la ratio dell’esenzione in argomento che è finalizzata sì ad agevolare l'esecuzione di opere dalle quali la collettività possa trarne una utilità ma anche ad evitare che il soggetto che interviene per l'istituzionale attuazione del pubblico interesse corrisponda un contributo che verrebbe a gravare, sia pure indirettamente, sulla stessa comunità che dovrebbe avvantaggiarsi dal loro pagamento.
In questo senso, la disposizione si rivolge, oltre che agli enti pubblici, a quelle figure soggettive che non agiscono per esclusivo scopo lucrativo ovvero che accompagnano al lucro un collegamento giuridicamente rilevante con l'amministrazione, sì da rafforzare il legame istituzionale con l'azione del soggetto pubblico per la cura degli interessi della collettività.
Tale raccordo, peraltro, deve essere idoneo ad assicurare, grazie alla presenza del soggetto pubblico, un contemperamento dell'obiettivo privatistico dell'esecutore dell'opera con il fine pubblicistico realizzato, come ad esempio nel caso del concessionario di opera pubblica, il quale, pur mirando al conseguimento di un lucro d'impresa, è parificabile a pieno titolo al soggetto che cura istituzionalmente l'esecuzione di opere di interesse generale.
Ciò premesso, nella fattispecie controversa non è dato apprezzare il requisito soggettivo, poiché l’impresa ricorrente non può essere ricompressa nella nozione di ente istituzionalmente competente.
A questo fine, il fatto che l’immobile fosse destinato ad ospitare la nuova sede dell’INAIL non porta conseguentemente a ritenere sussistente l’elemento soggettivo che, al contrario, deve essere verificato sulla base di altri fattori di collegamento.
In questo quadro, la circostanza di aver partecipato ad una gara indetta dall’INAIL per l’acquisto di un immobile, da costruire e da destinare al predetto istituto (con successiva stipula del contratto di compravendita di cosa futura), non esclude il fatto che la COGECAR S.r.l. abbia comunque operato e programmato l'intervento edilizio in qualità di soggetto privato e che la valutazione dei costi dell'opera e dei margini di lucro sia stata eseguita nell'ambito delle specifiche competenze dell'impresa.
La COGECAR s.r.l. ha conservato, nel caso di specie, la sua veste di operatore economico privato ed ha quindi conseguito un utile in posizione comune a quella di ogni altro libero operatore nel mercato, segnando così un netto distacco rispetto all'ipotesi in cui l'opera viene costruita dall'ente istituzionalmente competente.

... per l'annullamento, con tutti gli atti preordinati, consequenziali e connessi, della concessione edilizia n. 14 del 25.01.1999 e relativo avviso di rilascio del Comune di Monza, avente ad oggetto la costruzione di un edificio direzionale (uffici ed ambulatori nuova sede INAIL), nella parte in cui impone il versamento del contributo commisurato al costo di costruzione, stabilito in £. 572.637.084, e degli oneri di urbanizzazione, stabiliti in £. 294.584.085, ovvero per la declaratoria del diritto della ricorrente alla esenzione dal pagamento di oneri concessori e la conseguente condanna del Comune di Monza alla restituzione della somma di £. 845.751.170 oltre interessi e rivalutazione.
...
La censura avanzata dalla ricorrente non appare fondata condividendo il Collegio l’interpretazione dell’art. 9, comma 1, lett. f), della legge 28.01.1977, n. 10 fornita dalla prevalente giurisprudenza amministrativa (per tutte, Cons. St., sez. V, 20.07.2000, n. 3860).
La norma enuncia, infatti, due requisiti che devono entrambi concorrere per fondare lo speciale regime di gratuità della concessione, l'uno di carattere oggettivo e l'altro di carattere soggettivo.
Per effetto del primo la costruzione deve riguardare opere pubbliche o di interesse generale mentre, per effetto del secondo, devono essere eseguite da un ente istituzionalmente competente.
In merito al primo aspetto, non vi è dubbio che il caso di specie rientri nella previsione normativa e ciò è provato dall’espresso contenuto della concessione edilizia rilasciata dal Comune.
Difficoltà di ordine interpretativo nascono in ordine al possesso in capo alla impresa COGECAR s.r.l. del requisito soggettivo di “ente istituzionalmente competente”.
In questo senso, è necessario individuare la ratio dell’esenzione in argomento che è finalizzata sì ad agevolare l'esecuzione di opere dalle quali la collettività possa trarne una utilità ma anche ad evitare che il soggetto che interviene per l'istituzionale attuazione del pubblico interesse corrisponda un contributo che verrebbe a gravare, sia pure indirettamente, sulla stessa comunità che dovrebbe avvantaggiarsi dal loro pagamento.
In questo senso, la disposizione si rivolge, oltre che agli enti pubblici, a quelle figure soggettive che non agiscono per esclusivo scopo lucrativo ovvero che accompagnano al lucro un collegamento giuridicamente rilevante con l'amministrazione, sì da rafforzare il legame istituzionale con l'azione del soggetto pubblico per la cura degli interessi della collettività.
Tale raccordo, peraltro, deve essere idoneo ad assicurare, grazie alla presenza del soggetto pubblico, un contemperamento dell'obiettivo privatistico dell'esecutore dell'opera con il fine pubblicistico realizzato, come ad esempio nel caso del concessionario di opera pubblica, il quale, pur mirando al conseguimento di un lucro d'impresa, è parificabile a pieno titolo al soggetto che cura istituzionalmente l'esecuzione di opere di interesse generale.
Ciò premesso, nella fattispecie controversa non è dato apprezzare il requisito soggettivo, poiché l’impresa ricorrente non può essere ricompressa nella nozione di ente istituzionalmente competente.
A questo fine, il fatto che l’immobile fosse destinato ad ospitare la nuova sede dell’INAIL non porta conseguentemente a ritenere sussistente l’elemento soggettivo che, al contrario, deve essere verificato sulla base di altri fattori di collegamento.
In questo quadro, la circostanza di aver partecipato ad una gara indetta dall’INAIL per l’acquisto di un immobile, da costruire e da destinare al predetto istituto (con successiva stipula del contratto di compravendita di cosa futura), non esclude il fatto che la COGECAR S.r.l. abbia comunque operato e programmato l'intervento edilizio in qualità di soggetto privato e che la valutazione dei costi dell'opera e dei margini di lucro sia stata eseguita nell'ambito delle specifiche competenze dell'impresa.
La COGECAR s.r.l. ha conservato, nel caso di specie, la sua veste di operatore economico privato ed ha quindi conseguito un utile in posizione comune a quella di ogni altro libero operatore nel mercato, segnando così un netto distacco rispetto all'ipotesi in cui l'opera viene costruita dall'ente istituzionalmente competente.
In conclusione, il ricorso deve essere respinto (TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 09.02.2004 n. 653).

anno 2003

EDILIZIA PRIVATARitiene il Collegio che nella fattispecie coesistono i requisiti soggettivi ed oggettivi previsti dalla più volte richiamata norma di cui all’art. 9, primo comma, lettera f), prima parte, della L. n. 10/1977, secondo cui il contributo afferente il rilascio della concessione edilizia non è dovuto per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti.
Circa il requisito soggettivo ritiene infatti il Collegio di dover condividere quell’ampia e qualificata giurisprudenza per cui ai fini dell’individuazione dell’“ente istituzionalmente competente” non è necessariamente rilevante la natura pubblica immediata dell’ente realizzatore quanto piuttosto quella oggettiva relativa alla realizzazione dell’opera; in tale ambito questa Sezione ha avuto modo di precisare che ai fini dell’esecuzione del contributo di costruzione la norma può venire riferita anche ad un’opera realizzata ad un soggetto privato perché per conto di un ente pubblico; mentre sotto il profilo oggettivo è indubbio che la realizzazione dell’opera in questione –caserma dei Vigili del Fuoco– risponde sicuramente alle caratteristiche di un’opera pubblica e/o di un’opera di interesse generale.
---------------
L’elenco delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria non deve intendersi tassativo e vincolato perché, come esattamente ritenuto dalla giurisprudenza condivisa dalla Sezione, debbono ritenersi rientrare nella nozione di opere di urbanizzazione previste dalla normativa anche quelle realizzazioni di specifica rilevanza pubblica e sociale, qual è certamente la costruzione di un immobile da adibirsi a caserma dei VV.FF..
Inoltre, è errato escludere il carattere di urbanizzazione della Caserma de qua perché la stessa sarebbe al servizio di utenti appartenenti a più centri abitativi.
Invero, come esattamente dedotto dall’appellante, il requisito del dimensionamento di quartiere risulta previsto solo per i mercati, gli impianti sportivi e le aree vedi (cfr. art. 4, 2° comma, della legge n. 847/1964), con la conseguenza che le altre opere di urbanizzazione secondaria ben possono essere dimensionate su scala diversa e superiore.

In punto di fatto va rammentato che la realizzazione in oggetto riguardava la costruzione di un fabbricato da adibirsi a Caserma dei Vigili del Fuoco, realizzazione per la quale il Comune di Prato con i provvedimenti originariamente impugnati negava l’esenzione dal pagamento per gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria.
Ritiene al riguardo il Collegio che nella fattispecie coesistono i requisiti soggettivi ed oggettivi previsti dalla più volte richiamata norma di cui all’art. 9, primo comma, lettera f), prima parte, della L. n. 10/1977, secondo cui il contributo afferente il rilascio della concessione edilizia non è dovuto per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti.
Circa il requisito soggettivo ritiene infatti il Collegio di dover condividere quell’ampia e qualificata giurisprudenza per cui ai fini dell’individuazione dell’“ente istituzionalmente competente” non è necessariamente rilevante la natura pubblica immediata dell’ente realizzatore quanto piuttosto quella oggettiva relativa alla realizzazione dell’opera; in tale ambito questa Sezione ha avuto modo di precisare che ai fini dell’esecuzione del contributo di costruzione la norma può venire riferita anche ad un’opera realizzata ad un soggetto privato perché per conto di un ente pubblico (cfr. C.S. Sezione V n. 206/1999); mentre sotto il profilo oggettivo è indubbio che la realizzazione dell’opera in questione –caserma dei Vigili del Fuoco– risponde sicuramente alle caratteristiche di un’opera pubblica e/o di un’opera di interesse generale.
Fondate sono anche le censure contenute nel secondo motivo di appello perché ritiene il Collegio che al contrario di quanto dedotto dal Tribunale l’elenco delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria non debba intendersi tassativo e vincolato perché, come esattamente ritenuto dalla giurisprudenza condivisa dalla Sezione, debbono ritenersi rientrare nella nozione di opere di urbanizzazione previste dalla normativa anche quelle realizzazioni di specifica rilevanza pubblica e sociale, qual è certamente la costruzione di un immobile da adibirsi a caserma dei VV.FF..
Inoltre, la decisione appare errata nella parte in cui è stato escluso il carattere di urbanizzazione della Caserma de qua perché la stessa sarebbe al servizio di utenti appartenenti a più centri abitativi.
Invero, come esattamente dedotto dall’appellante, il requisito del dimensionamento di quartiere risulta previsto solo per i mercati, gli impianti sportivi e le aree vedi (cfr. art. 4, 2° comma, della legge n. 847/1964), con la conseguenza che le altre opere di urbanizzazione secondaria ben possono essere dimensionate su scala diversa e superiore.
Conclusivamente pertanto il ricorso deve essere accolto e, in riforma dell’impugnata sentenza va annullata la determinazione comunale di non concedere la gratuità della concessione edilizia n. 2643 del 16.12.1995 (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 18.09.2003 n. 5315 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa costruzione di una caserma dei VV.F. non è soggetta al versamento del contributo di costruzione.
La realizzazione in oggetto riguardava la costruzione di un fabbricato da adibirsi a Caserma dei Vigili del Fuoco, realizzazione per la quale il Comune di Prato con i provvedimenti originariamente impugnati negava l’esenzione dal pagamento per gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria.
Ritiene al riguardo il Collegio che nella fattispecie coesistono i requisiti soggettivi ed oggettivi previsti dalla più volte richiamata norma di cui all’art. 9, primo comma, lettera f), prima parte, della L. n. 10/1977, secondo cui il contributo afferente il rilascio della concessione edilizia non è dovuto per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti.
Circa il requisito soggettivo ritiene infatti il Collegio di dover condividere quell’ampia e qualificata giurisprudenza per cui ai fini dell’individuazione dell'"ente istituzionalmente competente” non è necessariamente rilevante la natura pubblica immediata dell’ente realizzatore quanto piuttosto quella oggettiva relativa alla realizzazione dell’opera; in tale ambito questa Sezione ha avuto modo di precisare che ai fini dell’esecuzione del contributo di costruzione la norma può venire riferita anche ad un’opera realizzata ad un soggetto privato perché per conto di un ente pubblico (cfr. C.S. Sezione V n. 206/1999); mentre sotto il profilo oggettivo è indubbio che la realizzazione dell’opera in questione –caserma dei Vigili del Fuoco– risponde sicuramente alle caratteristiche di un’opera pubblica e/o di un’opera di interesse generale.
Fondate sono anche le censure contenute nel secondo motivo di appello perché ritiene il Collegio che, al contrario di quanto dedotto dal Tribunale, l’elenco delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria non debba intendersi tassativo e vincolato perché, come esattamente ritenuto dalla giurisprudenza condivisa dalla Sezione, debbono ritenersi rientrare nella nozione di opere di urbanizzazione previste dalla normativa anche quelle realizzazioni di specifica rilevanza pubblica e sociale, qual è certamente la costruzione di un immobile da adibirsi a caserma dei VV.F..
Inoltre, la decisione appare errata nella parte in cui è stato escluso il carattere di urbanizzazione della Caserma de qua perché la stessa sarebbe al servizio di utenti appartenenti a più centri abitativi.
Invero, come esattamente dedotto dall’appellante, il requisito del dimensionamento di quartiere risulta previsto solo per i mercati, gli impianti sportivi e le aree vedi (cfr. art. 4, 2° comma, della legge n. 847/1964), con la conseguenza che le altre opere di urbanizzazione secondaria ben possono essere dimensionate su scala diversa e superiore (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 18.09.2003 n. 5315 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2002

EDILIZIA PRIVATAI moderni sistemi aereportuali si presentano come una struttura polifunzionale integrata, nella quale le funzioni tecniche di assistenza al volo ed ai passeggeri e quelle commerciali fanno parte di un insieme difficilmente scindibile, soprattutto ove il legislatore abbia esplicitamente fatto la scelta di assegnare unitariamente tali funzioni ad un unico gestore, proprio per creare le condizioni più favorevoli al raggiungimento di una posizione di equilibrio e di autosufficienza finanziaria, senza oneri correnti a carico del bilancio pubblico.
In questo contesto, il legislatore ha esplicitamente espunto dai costi di esercizio della società che gestisce il servizio in via esclusiva gli oneri di urbanizzazione, collocandoli in un regime del tutto diverso, nel quale sono lo Stato e la Regione ad assumere il ruolo di soggetti che assorbono nei relativi bilanci il peso dei costi che rimangono a carico della collettività.
E comunque eventuali oneri a carico degli enti locali minori sono regolabili nei rapporti con la Regione e con lo Stato, ma mai attraverso la configurazione di oneri diretti a carico della società che gestisce il sistema aeroportuale. E ciò in ragione di una specifica scelta del legislatore statale, confermata da quello regionale.

2. La tesi dell’appellante non è fondata. Il sinallagma che si instaura tra le attività tecniche di gestione, controllo e coordinamento del traffico aereo in una grande e complessa struttura aeroportuale ed i proventi delle attività commerciali che si svolgono in una tale infrastruttura, costituisce una delle caratteristiche funzionali del rapporto di concessione che articola obblighi e diritti del concedente e del concessionario.
Per affrontare la questione al nostro esame, occorre ricordare che tutte le opere oggetto della controversia sono inserite in un unico progetto, al cui interno si integrano linee di intervento che attengono all’ampliamento e all’ammodernamento della aerostazione ed interventi sugli spazi ad uso commerciale e direzionale. La SEA spa –che rimane un soggetto sociale a quasi totale partecipazione pubblica- sulla base delle legge n. 449 del 1985 gestirà fino al 2022, in regime di concessione e gestione esclusiva il sistema aeroportuale di Milano (Linate e Malpensa).
La SEA sulla base della Convenzione n. 4014 del 16.12.1986, è stata delegata a realizzare tutte le opere di ampliamento ed ammodernamento del nuovo sistema aeroportuale milanese: tale sistema è descritto, nelle sue linee e negli obiettivi (interventi in termini di transiti di aeromobili e passeggeri e di volumi commerciali intermediati) nel Piano Regolatore Aeroportuale “Malpensa-2000”, approvato con decreti del Ministero dei trasporti n. 903 del 13.2.1987 e n. 1299 del 14.04.1993.
3. La SEA è una società per azioni destinata, nell’arco di vigenza della convenzione, cioè comunque entro il 2022, ad essere privatizzata e quotata in borsa. Il punto di equilibrio della sua gestione si costruisce all’incrocio pluriennale di due flussi di costi e ricavi: quelli relativi al traffico degli aeromobili; quello relativo alle attività commerciali.
In questo equilibrio, i costi di ammortamento degli oneri finanziari delle opere di ampliamento della struttura rimangano in larga misura a carico dello Stato, secondo quanto stabilito con l’art. 14 della legge finanziaria n. 67 dell’11.03.1988. Dunque il bilancio dello Stato, e quindi la collettività nazionale, contribuisce direttamente allo sforzo finanziario dell’ampliamento della struttura, accollandosi, tra l’altro,gli oneri del piano di ammortamento dei mutui; ed il piano degli interventi, come rappresentato nella convenzione e come, ed il punto è decisivo, articolato nel Piano Regolatore Aeroportuale, descrive in modo puntuale tutte le opere di collegamento urbanistico e di viabilità che servono ad innervare il nuovo sistema aeroportuale nel tessuto urbanistico circostante.
Non è certamente casuale se la legge finanziaria del 1988, mentre finanzia le opere a carico del bilancio statale, stabilisce che il parere espresso dalla Regione e dagli enti locali, con la procedura prevista dall’art. 81 del DPR n. 616 del 1977 sui piani regolatori aeroportuali ( di Malpensa e Fiumicino) comprende ed assorbe a tutti gli effetti la verifica di conformità urbanistica delle singole opere inserite negli stessi piani regolatori.
4. Il raggiungimento dell’intesa tra lo Stato, la Regione Lombardia e gli enti locali territoriali interessati, ai sensi e per gli effetti dell’art. 81 del DPR prima richiamato, sottrae gli interventi de quo al regime concessorio ed autorizzativo, previsto dalla vigente disciplina urbanistica ed edilizia; sul punto la legge regionale n. 10 del 1999 è molto chiara e conferma il quadro della legislazione statale. In sostanza, la SEA spa non deve chiedere alcuna concessione urbanistica e non deve pagare alcun contributo in ragione di una disciplina speciale, di fonte statale e regionale, che in forza del preminente interesse nazionale dell’intervento, e del correlativo impegno diretto del bilancio dello Stato, sottrae tale intervento alla disciplina di ordine generale e disegna per esso un percorso di concertazione istituzionale tra enti territoriali che mette capo all’intesa prima richiamata.
Tale disciplina derogatoria trae la propria ragione di essere dal carattere unitario e complesso della struttura aeroportuale, nella quale aspetti tecnici e commerciali vanno ad integrare un’unica gestione, finanziaria e patrimoniale, il cui punto di equilibrio è stato costruito, grazie anche alle previsioni contenute nel Piano Regolatore Aeroportuale “Malpensa 2000”, considerando: a) una gestione esclusiva dell’aerostazione fino all’anno 2022; b) l’accollo degli oneri finanziari dei mutui, a carico del bilancio dello Stato; c) la realizzazione di tutti gli interventi di ammodernamento a carico della concessionaria d) la concessione alla SEA della gestione di tutti i punti commerciali; e) il non intervento dello Stato a sollievo di alcun profilo di ripiano della gestione corrente.
In questo contesto, gli oneri connessi alla realizzazione della rete di collegamento della struttura aeroportuale alla restante area, già in parte urbanizzata, sono tutti considerati, anche nei relativi profili finanziari, nel Piano Regolatore: e vedono in primo piano l’impegno finanziario dello Stato e della Regione Lombardia. In questa cornice, la ragione di ordine generale che è alla base dell’esonero dagli oneri di urbanizzazione stabilito, per le opere di interesse generale, dall’art. 9, lett. f), della legge n. 10 del 1977, trova una ulteriore e più puntuale disciplina, a carattere speciale, nella cornice che regola ad hoc gli interventi per il sistema aeroportuale di Roma e di Milano, prima richiamata; ed il carattere speciale sta proprio nella radicale eliminazione della fase di conformità urbanistica,fase che viene totalmente assorbita dalla procedura dell’intesa, ai sensi dell’art.81 del DPR n. 616 del 1977.
La natura “oggettiva” dell’opera non solo esonera la stessa dalla concessione edilizia comunale, ma ne impone la sua riconduzione all’ambito di operatività delle norme, statali e regionali, che specificamente regolano i profili finanziari e urbanistici della sua realizzazione. Ora si tratta di un’opera la cui gestione viene affidata, per un lungo tratto di tempo, ad una società a prevalente capitale pubblico, proprio per consentire un graduale ma stabile passaggio della sua gestione ad una situazione di equilibrio, con prospettive di profitto commerciale, che renda possibile una vera privatizzazione della stessa società.
L’esonero dai contributi di urbanizzazione non risponde al fine, che sarebbe del tutto non giustificato, di escludere l’impresa da costi che deve subire poi la collettività: risponde invece alla scelta di caricare sui bilanci dello Stato e della regione oneri finanziari che rispondono ad un quadro di interessi generali , oneri che non vengono invece caricati sulle comunità locali, solo parzialmente interessate da fenomeni di urbanizzazione; si tratta infatti, di fenomeni che vanno valutati e finanziati a scala nazionale e regionale; e in questo contesto, la progressiva gestione in equilibrio delle società aeroportuali, con tassativa esclusione di interventi correnti pubblici a riequilibrio della gestione, e con la creazione delle premesse di redditività che possono consentire la privatizzazione delle società stesse, con recuperi di efficienza anche a favore dell’utenza, sono tutti elementi che entrano a comporre un quadro di riferimento, di natura legislativa e convenzionale, che tiene conto della scelta di sottrarre la società concessionaria dall’obbligo dei contributi di urbanizzazione e di sottoporla invece ad obblighi di servizio e di equilibrio corrente del bilancio che sono decisivi per rendere plausibile il percorso di privatizzazione e di redditività effettiva.
5. In questa cornice, la pretesa del Comune di applicare rilevanti oneri di urbanizzazione alle aree commerciali e direzionali non trova alcuna giustificazione nel sistema delle leggi in vigore. Se tale pretesa fosse accolta, tutto l’equilibrio finanziario che è sotteso alle concessioni esclusive alle società di gestione dei servizi aeroportuali, per come è stato disciplinato dal legislatore nazionale e regionale, risulterebbe compromesso. In ogni caso, per restare sul filo delle argomentazioni svolte dall’appellante, nel caso in esame non si configura alcun debito contributivo a carico della SEA in quanto l’attività di trasformazione del territorio, connessa alla realizzazione del progetto aeroportuale, rimane largamente a carico dello Stato e della Regione proprio in ragione delle caratteristiche dell’opera, unitaria, complessa ed integrata, e soprattutto di preminente interesse generale.
E tale attività è stata in conseguenza disciplinata dal legislatore,statale e regionale, in modo da escludere del tutto l’intervento della concessione edilizia comunale: il presupposto del debito contributivo dunque non esiste sia in senso formale (l’ordinamento non attribuisce nel caso in esame il relativo potere e quindi manca l’atto concessorio), sia in senso sostanziale (l’attività di trasformazione del territorio è presa in carico da un livello superiore di cura degli interessi pubblici). In definitiva dove non c’è concessione non c’è contributo; ed in questo caso la legge, statale e regionale, si incarica di disciplinare un sistema speciale per la concertazione degli interessi delle comunità locali interessate ed un quadro gestionale al cui interno, anche in ragione della durata della concessione, trovano un punto di sintesi gli interessi pubblici generali e quelli ad una gestione finanziariamente equilibrata.
6. Il preminente interesse generale giustifica la scelta del legislatore statale e di quello regionale di sottrarre gli interventi alla ordinaria disciplina urbanistica, per sottoporli ad una procedura speciale che fa centro sull’intesa, di cui al richiamato art. 81 del DPR n. 616 del 1977, intesa che assorbe e sostituisce tutti gli altri atti concessori ed autorizzativi: in questa ottica, appare chiaro che il parere espresso dalla Regione a dagli altri enti locali territorialmente interessati investe tutte le opere inserite nei Piani regolatori aeroportuali di Malpensa e di Fiumicino.
7. I moderni sistemi aereportuali si presentano come una struttura polifunzionale integrata, nella quale le funzioni tecniche di assistenza al volo ed ai passeggeri e quelle commerciali fanno parte di un insieme difficilmente scindibile, soprattutto ove il legislatore abbia esplicitamente fatto la scelta di assegnare unitariamente tali funzioni ad un unico gestore, proprio per creare le condizioni più favorevoli al raggiungimento di una posizione di equilibrio e di autosufficienza finanziaria, senza oneri correnti a carico del bilancio pubblico.
In questo contesto, il legislatore ha esplicitamente espunto dai costi di esercizio della società che gestisce il servizio in via esclusiva gli oneri di urbanizzazione, collocandoli in un regime del tutto diverso, nel quale sono lo Stato e la Regione ad assumere il ruolo di soggetti che assorbono nei relativi bilanci il peso dei costi che rimangono a carico della collettività. E comunque eventuali oneri a carico degli enti locali minori sono regolabili nei rapporti con la Regione e con lo Stato, ma mai attraverso la configurazione di oneri diretti a carico della società che gestisce il sistema aeroportuale. E ciò in ragione di una specifica scelta del legislatore statale, confermata da quello regionale (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 18.12.2002 n. 7043 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Sullo scomputo delle opere di urbanizzazione 1^.
Come più volte evidenziato dalla dottrina e della giurisprudenza, lo sgravio contributivo di cui trattasi pretende il concorso di due presupposti, e cioè uno oggettivo, ovvero l’ascrivibilità del manufatto oggetto di concessione edilizia alla categoria delle opere pubbliche o di interesse generale (nel senso che deve trattarsi di opere che, quantunque non destinate direttamente a scopi propri della P.A., siano comunque idonee a soddisfare i bisogni della collettività, anche se realizzate e gestite da privati), e l’altro soggettivo, ovvero l’esecuzione delle opere da parte di Enti istituzionalmente competenti, vale a dire da parte di soggetti cui sia demandata in via istituzionale la realizzazione di opere di interesse generale (cfr. C.G.A.R.S. 20.07.1999, n. 369; Cons. Stato, V, 06.12.1999, n. 2061), ovvero da parte di privati concessionari dell’Ente pubblico (cfr. Cons. Stato, V, 07.09.1995, n. 1280), purché le opere siano inerenti all’esercizio del rapporto concessorio.
Il Comune è, peraltro, tenuto ad accertare d’ufficio tali presupposti indipendentemente dalla domanda del privato, non prevista dalla legge. Il fine dell’applicazione della norma, fondata dunque sul presupposto oggettivo della natura delle opere e su quello soggettivo della qualità dell’ente realizzatore, è chiaramente quello di assicurare una “ricaduta” del beneficio dello sgravio a vantaggio della collettività: nel senso che la gratuità della concessione si traduce in un abbattimento dei costi, a cui corrisponde, in definitiva, un minore aggravio di oneri per il contribuente. E’ stato chiarito che le opere per cui può ipotizzarsi lo sgravio dagli oneri concessori devono avere carattere direttamente satisfattivo dell’interesse della collettività, di per sé –poiché destinate ad uso pubblico o collettivo– o in quanto strumentali rispetto ad opere del genere anzidetto, o comunque perché immediatamente collegate con le funzioni di pubblico servizio espletate dall’Ente (cfr. Cons. Stato, V, 08.06.1998, n. 777).
Il beneficio della gratuità della concessione deriva non tanto dalla natura pubblica o privata dell’Ente che ha realizzato l’opera, quanto piuttosto dall’interesse perseguito, ponendosi l’accento sul connotato “generale” di tale interesse; quindi, il beneficiario può essere anche un soggetto non pubblico, purché però sia un “ente istituzionalmente competente” (cfr. Cons. Stato, V, 20.07.1999, n. 849). Esso non spetta, pertanto, a soggetti privati per gli immobili ove esercitino una mera attività lucrativa di impresa, indipendentemente dalla rilevanza sociale dell’attività stessa (cfr. Cons. Stato, V, 21.01.1997, n. 69). Al fine dell’individuazione dell’anzidetto requisito di ordine soggettivo, la giurisprudenza richiede, di norma, quanto meno il possesso della qualità di concessionario, operante per conto di un Ente pubblico (Cons. Stato, V, 07.09.1995, n. 1280, cit.). 
Nel recente panorama giurisprudenziale, il beneficio è stato negato:
- ad una società per azioni relativamente alla concessione di ampliamento della clinica gestita dalla stessa (Cons. stato, V, 16.01.1992, n. 46);
- all’impresa che, senza alcun collegamento di concessione da parte di un ente pubblico, svolga un’attività assistenziale, in quanto l’agevolazione in parola implica, come accennato, il possesso del requisito non solo oggettivo (impianti, attrezzature, opere pubbliche o di interesse generale), ma pure soggettivo (ente pubblico o soggetto concessionario di pubblico servizio o di opere pubbliche : cfr. Cons Stato, V, 10.05.1999, n. 536);
- alle cooperative edilizie, in quanto curano in primo luogo l’interesse dei soci;
- al privato che realizza impianti sportivi, anche se la loro utilizzazione è oggetto di convenzione con il Comune;
- per la realizzazione di uffici direzionali di un’azienda creditizia;
- per la costruzione di scuole non previste tra le opere di urbanizzazione dallo strumento urbanistico;
- alla società concessionaria del servizio distributivo del gas, per la costruzione di una nuova sede (cfr. TAR Lombardia, Brescia, 18.03.1999, n. 217);
- (caso particolarmente interessante e conferente) per le opere realizzate da un privato, su proprietà e con capitali privati, pur se in vista di un contratto di locazione con la P.A. (cfr. TAR Lombardia, II, 01.07.1997, n. 1074; TAR Puglia, I, 01.09.1999, n. 1018).
E’ stato però d’altra parte precisato che “realizzatore” dell’opera deve intendersi non soltanto chi provvede materialmente all’edificazione, ma anche il soggetto cui l’opera è riferibile dal punto di vista sia progettuale che della destinazione finale (Cons. Stato, V, 08.06.1998, n. 777, cit.).
Il legislatore richiede che le opere –ammesse allo sgravio contributivo- siano “realizzate” dagli enti istituzionalmente competenti, con conseguente necessità che sussista un ben preciso vincolo relazionale tra il soggetto abilitato ad operare nell’interesse pubblico ed il materiale esecutore della costruzione: la giurisprudenza prevalente ha identificato tale vincolo nella concessione di costruzione di opera pubblica o in altre analoghe figure organizzatorie (Cons. Stato, V, 19.05.1998, n. 617; 07.09.1995, n. 1280; 13.12.1993, n. 1280; 20.11.1989, n. 752). Deve cioè trattarsi di attività compiuta da un concessionario, o più in generale da un soggetto che curi istituzionalmente (è dunque questo l’elemento chiave) la realizzazione di opere d'interesse generale per il perseguimento delle specifiche finalità cui le opere stesse sono destinate; in tal senso non ricade nell'esenzione dal contributo l'opera costruita da un imprenditore per la propria attività d'impresa, considerato che il fine dell'esenzione è quello di evitare una contribuzione intimamente contraddittoria (quale sarebbe quella per opere costruite a carico della collettività) e non quella di esonerare gli imprenditori dai costi d'impresa (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 02.12.2002 n. 6618 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAL'esenzione dal pagamento degli oo.uu. (art. 9 l. n. 10/1977) pretende il concorso di due presupposti: uno oggettivo ovvero l’ascrivibilità del manufatto oggetto di concessione edilizia alla categoria delle opere pubbliche o di interesse generale; l’altro soggettivo ovvero l’esecuzione delle opere da parte di Enti istituzionalmente competenti, vale a dire da parte di soggetti cui sia demandata in via istituzionale la realizzazione di opere di interesse generale ovvero da parte di privati concessionari dell’Ente pubblico purché le opere siano inerenti all’esercizio del rapporto concessorio.
Come più volte evidenziato dalla dottrina e della giurisprudenza, lo sgravio contributivo di cui trattasi (art. 9 l. n. 10/1977) pretende il concorso di due presupposti, e cioè uno oggettivo, ovvero l’ascrivibilità del manufatto oggetto di concessione edilizia alla categoria delle opere pubbliche o di interesse generale (nel senso che deve trattarsi di opere che, quantunque non destinate direttamente a scopi propri della P.A., siano comunque idonee a soddisfare i bisogni della collettività, anche se realizzate e gestite da privati), e l’altro soggettivo, ovvero l’esecuzione delle opere da parte di Enti istituzionalmente competenti, vale a dire da parte di soggetti cui sia demandata in via istituzionale la realizzazione di opere di interesse generale (cfr. C.G.A.R.S. 20.07.1999, n. 369; Cons. Stato, V, 06.12.1999, n. 2061), ovvero da parte di privati concessionari dell’Ente pubblico (cfr. Cons. Stato, V, 07.09.1995, n. 1280), purché le opere siano inerenti all’esercizio del rapporto concessorio.
Il Comune è, peraltro, tenuto ad accertare d’ufficio tali presupposti indipendentemente dalla domanda del privato, non prevista dalla legge.
Il fine dell’applicazione della norma, fondata dunque sul presupposto oggettivo della natura delle opere e su quello soggettivo della qualità dell’ente realizzatore, è chiaramente quello di assicurare una “ricaduta” del beneficio dello sgravio a vantaggio della collettività: nel senso che la gratuità della concessione si traduce in un abbattimento dei costi, a cui corrisponde, in definitiva, un minore aggravio di oneri per il contribuente.
E’ stato chiarito che le opere per cui può ipotizzarsi lo sgravio dagli oneri concessori devono avere carattere direttamente satisfattivo dell’interesse della collettività, di per sé –poiché destinate ad uso pubblico o collettivo– o in quanto strumentali rispetto ad opere del genere anzidetto, o comunque perché immediatamente collegate con le funzioni di pubblico servizio espletate dall’Ente (cfr. Cons. Stato, V, 08.06.1998, n. 777).
Il beneficio della gratuità della concessione deriva non tanto dalla natura pubblica o privata dell’Ente che ha realizzato l’opera, quanto piuttosto dall’interesse perseguito, ponendosi l’accento sul connotato “generale” di tale interesse; quindi, il beneficiario può essere anche un soggetto non pubblico, purché però sia un “ente istituzionalmente competente” (cfr. Cons. Stato, V, 20.07.1999, n. 849).
Esso non spetta, pertanto, a soggetti privati per gli immobili ove esercitino una mera attività lucrativa di impresa, indipendentemente dalla rilevanza sociale dell’attività stessa (cfr. Cons. Stato, V, 21.01.1997, n. 69). Al fine dell’individuazione dell’anzidetto requisito di ordine soggettivo, la giurisprudenza richiede, di norma, quanto meno il possesso della qualità di concessionario, operante per conto di un Ente pubblico (Cons. Stato, V, 07.09.1995, n. 1280, cit.).
Nel recente panorama giurisprudenziale, il beneficio è stato negato:
- ad una società per azioni relativamente alla concessione di ampliamento della clinica gestita dalla stessa (Cons. stato, V, 16.01.1992, n. 46);
- all’impresa che, senza alcun collegamento di concessione da parte di un ente pubblico, svolga un’attività assistenziale, in quanto l’agevolazione in parola implica, come accennato, il possesso del requisito non solo oggettivo (impianti, attrezzature, opere pubbliche o di interesse generale), ma pure soggettivo (ente pubblico o soggetto concessionario di pubblico servizio o di opere pubbliche: cfr. Cons Stato, V, 10.05.1999, n. 536);
- alle cooperative edilizie, in quanto curano in primo luogo l’interesse dei soci;
- al privato che realizza impianti sportivi, anche se la loro utilizzazione è oggetto di convenzione con il Comune;
- per la realizzazione di uffici direzionali di un’azienda creditizia;
- per la costruzione di scuole non previste tra le opere di urbanizzazione dallo strumento urbanistico;
- alla società concessionaria del servizio distributivo del gas, per la costruzione di una nuova sede (cfr. TAR Lombardia, Brescia, 18.03.1999, n. 217);
- (caso particolarmente interessante e conferente) per le opere realizzate da un privato, su proprietà e con capitali privati, pur se in vista di un contratto di locazione con la P.A. (cfr. TAR Lombardia, II, 01.07.1997, n. 1074; TAR Puglia, I, 01.09.1999, n. 1018).
E’ stato però d’altra parte precisato che “realizzatore” dell’opera deve intendersi non soltanto chi provvede materialmente all’edificazione, ma anche il soggetto cui l’opera è riferibile dal punto di vista sia progettuale che della destinazione finale (Cons. Stato, V, 08.06.1998, n. 777, cit.).
Il legislatore richiede che le opere –ammesse allo sgravio contributivo- siano “realizzate” dagli enti istituzionalmente competenti, con conseguente necessità che sussista un ben preciso vincolo relazionale tra il soggetto abilitato ad operare nell’interesse pubblico ed il materiale esecutore della costruzione: la giurisprudenza prevalente ha identificato tale vincolo nella concessione di costruzione di opera pubblica o in altre analoghe figure organizzatorie (Cons. Stato, V, 19.05.1998, n. 617; 07.09.1995, n. 1280; 13.12.1993, n. 1280; 20.11.1989, n. 752).
Deve cioè trattarsi di attività compiuta da un concessionario, o più in generale da un soggetto che curi istituzionalmente (è dunque questo l’elemento chiave) la realizzazione di opere d'interesse generale per il perseguimento delle specifiche finalità cui le opere stesse sono destinate; in tal senso non ricade nell'esenzione dal contributo l'opera costruita da un imprenditore per la propria attività d'impresa, considerato che il fine dell'esenzione è quello di evitare una contribuzione intimamente contraddittoria (quale sarebbe quella per opere costruite a carico della collettività) e non quella di esonerare gli imprenditori dai costi d'impresa
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 02.12.2002 n. 6618 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1.- Concessione - Contributo di urbanizzazione - Esenzione ex art. 9, lett. f, L. 10/1977 - Presupposti.
2. - Concessione - Contributo di urbanizzazione - Esenzione ex art. 9, lett. f, L. 10/1977 - Opere riguardanti un teatro eseguite da una società titolare di concessione per lo sfruttamento di acque minerali e termali - Inapplicabilità.

1. - Per conseguire il beneficio di cui all'art. 9 lett. f, L. 10/1977, e cioè l'esenzione dal contributo previsto dall'art. 3 della stessa legge, è necessaria la sussistenza di un duplice requisito, uno oggettivo, consistente nel fatto che deve trattarsi di un'opera pubblica o destinata a soddisfare i bisogni della collettività, ed uno soggettivo, nel senso che l'opera deve essere realizzata da un ente pubblico o da un concessionario.
2. - Non trova applicazione, per difetto del requisito soggettivo, l'esenzione dal pagamento dei contributi concessori relativi ad una domanda di sanatoria edilizia presentata da una società titolare di una concessione per lo sfruttamento di acque minerali e termali, per opere abusive riguardanti un teatro, non potendo le stesse essere considerate come opere realizzate per finalità di sfruttamento delle acque termali (per le quali la S.p.A. ricorrente risulta istituzionalmente competente), ma come mere opere rivolte ad aumentare gli utili di impresa; pertanto come qualunque altra opera eseguita da un operatore privato, le stesse devono sottostare all'ordinaria disciplina prevista per il pagamento dei contributi concessori (TAR Toscana, Sez. III, sentenza 26.02.2002 n. 400 - link a www.giurisprudenzaamministrativa.it).

anno 2001

EDILIZIA PRIVATA: Ai fini dell'esenzione dal pagamento del contributo di costruzione, prevista dall'art. 9, lett. f), L. 10/1977, occorre il concorso di due presupposti, e cioè l'ascrivibilità del manufatto oggetto di concessione edilizia alla categoria delle opere pubbliche o di interesse generale e l'esecuzione delle opere da parte di enti istituzionalmente competenti, vale a dire da parte di soggetti cui sia demandata in via istituzionale la realizzazione di opere di interesse generale.
Il beneficio della gratuità della concessione edilizia previsto dall'art. 9, lett. f), può essere concesso anche ad un soggetto non pubblico, ma per conto di un ente pubblico, come nella figura della concessione di opera pubblica o in altre analoghe figure organizzatorie ovvero nel caso di un ente istituzionalmente competente, cioè destinato, finalizzato e creato per il perseguimento di interessi generali, ricollegati a determinati bisogni della collettività o di determinati gruppi sociali.
Nell'ambito delle opere di urbanizzazione secondaria consistenti in attrezzature sanitarie non vi possono rientrare gli edifici di proprietà privata sol perché essi, poi, siano utilizzati per finalità simili a quella propria degli edifici pubblici; pertanto, non ricade nell'esenzione dal contributo l'opera costruita dall'imprenditore per la propria attività d'impresa.

Passando all'esame del contenuto dell'ipotesi di esenzione prevista dall'art. 9, lett. f), L. n. 10/1977, si osserva in particolare che le opere di urbanizzazione, ivi previste, sono unicamente quelle che, in carenza di intervento del privato, dovrebbero essere realizzate dall'amministrazione comunale.
Anzi, di norma tali opere sono realizzate dal soggetto pubblico; solo in alternativa, ove un soggetto privato s'impegni ad eseguirle, questi non viene gravato dal pagamento del relativo contributo concessorio.
Solo tali opere, per come sono configurate, sono anche conteggiate ai fini della verifica degli standards urbanistici di cui all'art. 3 del D.M. n. 1444/1968, trattandosi a tutti gli effetti di attrezzature pubbliche.
Conformemente a tale natura, le suddette opere sono di proprietà pubblica ab origine, oppure lo diventano mediante provvedimenti preordinati al loro acquisto, anche mediante esproprio da parte della stessa pubblica amministrazione.
In generale, tutte le opere di urbanizzazione devono ritenersi escluse dal contributo relativo al costo di costruzione (TAR Lombardia, Milano, 11.11.1999 n. 3671).
Peraltro, come ha ben chiarito la giurisprudenza, ai fini dell'esenzione dal pagamento del contributo di costruzione, prevista dall'art. 9, lett. f), L. 10/1977, occorre il concorso di due presupposti, e cioè l'ascrivibilità del manufatto oggetto di concessione edilizia alla categoria delle opere pubbliche o di interesse generale (nel senso che deve trattarsi di impianti o attrezzature che, quantunque non destinati direttamente a scopi dell'amministrazione, siano idonei a soddisfare bisogni della collettività anche se realizzati e gestiti da privati) e l'esecuzione delle opere da parte di enti istituzionalmente competenti, vale a dire da parte di soggetti cui sia demandata in via istituzionale la realizzazione di opere di interesse generale (TAR Toscana, III, 19.02.1999 n. 17; TAR Lombardia, Brescia, 18.03.1999 n. 217).
Il beneficio della gratuità della concessione edilizia previsto dall'art. 9, lett. f), può essere concesso anche ad un soggetto non pubblico, ma per conto di un ente pubblico, come nella figura della concessione di opera pubblica o in altre analoghe figure organizzatorie (TAR Piemonte, I, 17.12.1998 n. 746; Cons. St., V, 07.09.1995 n. 1280), ovvero nel caso di un ente istituzionalmente competente, cioè destinato, finalizzato e creato per il perseguimento di interessi generali, ricollegati a determinati bisogni della collettività o di determinati gruppi sociali (TAR Toscana, III, n. 17/1999, citata).
L'esenzione dai contributi presuppone che l'opera sia di pubblico interesse e sia realizzata da un ente pubblico, mentre non compete alle opere eseguite da soggetti privati, quale che sia la rilevanza sociale dell'attività da essi esercitata nella (o con la) opera edilizia alla quale la concessione edilizia si riferisce (TAR Toscana, citata); così, ad es., é stato escluso che la realizzazione di un edificio scolastico da parte di un privato possa fruire dell'esenzione dal contributo urbanistico (TAR Lombardia, Brescia, 20.06.2000 n. 554).
E' stato, invece, riconosciuto il diritto all'esenzione per un soggetto concessionario di servizi aeroportuali per la realizzazione di strutture da adibire ad uffici per gli spedizionieri in quanto opere di interesse generale realizzate da ente istituzionalmente competente, nella considerazione che le predette strutture, realizzate su aree demaniali, sarebbero diventate, al termine della concessione, di proprietà dello Stato (Cons. St., V, 04.05.1998 n. 492).
La giurisprudenza ha già affermato che, nell'ambito delle opere di urbanizzazione secondaria consistenti in attrezzature sanitarie, non vi possono rientrare gli edifici di proprietà privata sol perché essi, poi, siano utilizzati per finalità simili a quella propria degli edifici pubblici; pertanto, non ricade nell'esenzione dal contributo l'opera costruita dall'imprenditore per la propria attività d'impresa, considerato che il fine dell'esenzione é quello di evitare una contribuzione intimamente contraddittoria (quale sarebbe quella per opere costruite a carico della collettività) e non quella di esonerare gli imprenditori dai costi d'impresa (Cons. St., V, 19.05.1998 n. 617).
Ne consegue che le attrezzature sanitarie, ancorché rientranti nel tassativo elenco previsto dalla L. n. 847/1964, qualora siano di proprietà privata, non possono comunque essere annoverate tra le opere di urbanizzazione secondaria.
In ogni caso, come esattamente osservato dalla difesa dell'amministrazione, l'opera di urbanizzazione, ai fini dell'applicazione dell'esonero dal contributo concessorio, deve essere qualificata come tale nello strumento urbanistico dell'ente locale, anche attuativo (Cons. St., V, 21.01.1997 n. 69); al contrario, nella fattispecie, lo strumento urbanistico comunale destina l'area a "servizi privati e pertinenze", consentendo la realizzazione di strutture private e non di opere di urbanizzazione (TAR Toscana, Sez. III, sentenza 06.12.2001 n. 1819 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA1. Concessione - Contributo di urbanizzazione - Esenzione ex art. 9, lett. f, L. 10/1977 - Presupposti.
2. Concessione - Convenzione - Connotazione soggettiva della società istante - Irrilevanza.
3. Concessione - Contributo di urbanizzazione - Esenzione ex art. 9, lett. f, L. 10/1977 - Edifici di proprietà privata - Inapplicabilità.
4. Concessione - Contributo di costruzione - Esenzione ex art. 10, comma 1, L. 10/1977 - Immobile destinato a residenza per anziani - Inapplicabilità.

1. Ai fini dell'esenzione dal pagamento del contributo di costruzione, prevista dall'art. 9, lett. f, L. 10/1977, occorre il concorso di due presupposti, e cioè l'ascrivibilità del manufatto oggetto di concessione edilizia alla categoria delle opere pubbliche o di interesse generale (nel senso che deve trattarsi di impianti o attrezzature che, quantunque non destinati direttamente a scopi dell'amministrazione, siano idonei a soddisfare bisogni della collettività anche se realizzati e gestiti da privati) e l'esecuzione delle opere da parte di enti istituzionalmente competenti, vale a dire da parte di soggetti cui sia demandata in via istituzionale la realizzazione di opere di interesse generale, come nel caso di concessione di opera pubblica o di altre analoghe figure organizzatorie.
2. Lo schema di convenzione, presentato dalla società concessionaria ed approvato dal Consiglio Comunale, contenente la disciplina dei servizi che dovranno essere prestati agli utenti di una residenza per anziani, non riguarda la connotazione soggettiva della società proprietaria dell'immobile e gerente della medesima struttura, che rimane, a tutti gli effetti, una società di diritto privato; pertanto, deve escludersi che la società chiamata a gestire l'immobile secondo gli indirizzi della convenzione, assuma la veste di concessionaria di un pubblico servizio alla quale possa applicarsi l'ipotesi di esenzione prevista dall'art. 9, lett. f, L. 10/1977.
3. Per quanto riguarda la seconda ipotesi di esenzione prevista dall'art. 9, lett. f, L. 10/1977 che riguarda "le opere di urbanizzazione eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici", si osserva che le attrezzature sanitarie, ancorché rientranti nel tassativo elenco previsto dalla L. 847/1964, qualora siano di proprietà privata non possono comunque essere annoverate tra le opere di urbanizzazione secondaria, difatti in esse non possono rientrare edifici di proprietà privata sol perché utilizzati per finalità simili a quella propria degli edifici pubblici, considerato che il fine dell'esenzione è quello di evitare una contribuzione intimamente contraddittoria (quale sarebbe quella per opere costruite a carico della collettività) e non quella di esonerare gli imprenditori dai costi di impresa; in ogni caso l'opera di urbanizzazione, ai fini dell'applicazione dell'esonero del contributo concessorio, deve essere qualificata come tale nello strumento urbanistico dell'ente locale, anche attuativo.
4. L'immobile adibito a residenza per anziani, con destinazione di tipo prevalentemente ricettivo, sia pure in parte con funzioni sanitarie che non costituiscono la connotazione principale dell'attività svolta nella struttura, non può essere assimilato ad un insediamento di tipo industriale-artigianale per il quale l'art. 10, comma 1, prevede che non sia da corrispondere il contributo connesso al costo di costruzione.
_______________________
1. In questa rassegna: Tar Toscana, sez. II, 18.04.2001 n. 757; inoltre confronta: Cons. Stato, sez. V, 17.10.2000 n. 5558; Cons. Stato, sez. V, 06.12.1999 n. 2061; Cons. Stato, sez. V, 10.05.1999 n. 536; Cons. Stato, sez. V, 19.05.1998 n. 617; Cons. Stato, sez. V, 04.05.1998 n. 492; Cons. Stato, sez. V, 07.09.1995, n. 1280; Cons. Stato, sez. V, 10.12.1990 n. 857; Tar Toscana, sez. III, 09.06.2000 n. 1149; Tar Lombardia - Brescia, 20.06.2000 n. 554; Tar Lombardia-Brescia, 18.03.1999 n. 217; Tar Toscana, sez. III, 19.02.1999 n. 17; Tar Piemonte, sez. I, 17.12.1998 n. 746; Tar Piemonte, sez. I, 10.04.1997 n. 206.
3. Cons. Stato, sez. V, 19.05.1998 n. 617; Cons. Stato, sez. V, 21.01.1997 n. 69
(massima tratta da www.sentenzetoscane.it - TAR Toscana, Sez. III, sentenza 06.12.2001 n. 1819 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA1. Concessione - Contributi - Esenzione ex art. 9, lett. f, L. 10/1977 - Presupposti.
2. Concessione - Contributi - Esenzione ex art. 9, lett. f, L. 10/1977 - Opere finalizzate all'espletamento dell'attività istituzionale dell'E.N.E.L. - Spetta.
3. Concessione - Contributo urbanizzazione ex art. 15 L. 393/1975 - Centrale geotermoelettrica - Non è dovuto.
4. Concessione - Contributi - Determinazione - Procedimento.

1. Ai fini dell'esenzione dal contributo di urbanizzazione, previsto dall'art. 9, lett. f, L. n. 10 del 28.01.1977, occorre un duplice requisito e cioè che l'opera rivesta interesse di carattere generale e che essa sia realizzata da un ente pubblico, ovvero da un soggetto privato che agisca per conto dell'ente pubblico, come nel caso di concessione di opera pubblica o di altre analoghe figure organizzatorie; peraltro, non ricade nell'esenzione l'opera costruita da un imprenditore per la propria attività di impresa considerato altresì che il fine dell'esenzione è quello di evitare una contribuzione intimamente contradditoria (quale sarebbe quella per opere costruite a carico della collettività) e non quella di esonerare gli imprenditori dai costi di impresa.
2. L'esenzione, prevista dall'art. 9, lett. f, L. n. 10 del 28.01.1977, dal pagamento del contributo per oneri di urbanizzazione è applicabile alle opere edilizie, impianti ed attrezzature progettate dall'E.N.E.L. in quanto dirette al raggiungimento dei suoi fini istituzionali e strettamente collegate all'indefettibile esigenza di assicurare e garantire, in ogni tempo, la continuità e la regolarità del servizio di erogazione dell'energia elettrica.
3. L'E.N.E.L. non è tenuta alla corresponsione del contributo previsto dall'art. 15 della L. 02.08.1975 n. 393, sostitutivo degli obblighi previsti dalla L. 17.08.1942 n. 1150 e successive modificazioni, allorché abbia realizzato una "centrale geotermoelettrica", in quanto la norma ex art. 15 citata si riferisce alle sole opere di urbanizzazione secondaria eseguite dal Comune con riferimento alla realizzazione di "centrali termiche di qualsiasi tipo" ed alle "centrali elettriche di accumulazione mediante pompaggio".
4. Ai fini dell'incidenza degli oneri di urbanizzazione, l'art. 5 della L. n. 10 del 28.01.1977 fissa una procedura nella quale devono necessariamente intervenire, con diverse finalità e con diverso ambito di autonomia e discrezionalità, atti normativi della Regione e dei Comuni, pertanto solo con l'adozione degli atti di competenza dei Comuni si realizza la concerta determinazione e quantificazione degli oneri di urbanizzazione; deve quindi ritenersi che la diretta individuazione dell'obbligo di corresponsione degli oneri di urbanizzazione esuli dalle attribuzioni legittimamente esercitabili dall'Amministrazioni regionale, atteso che le competenze ad essa in subiecta materia rimesse si limitano all'individuazione dei relativi parametri di riferimento, e non già alla successiva individuazione dell'obbligazione avente ad oggetto il contributo di che trattasi.
_______________________
1. Cons. Stato, sez. V, 17.10.2000 n. 5558; Cons. Stato, sez. V, 06.12.1999 n. 2061; Cons. Stato, sez. V, 10.05.1999 n. 536; Cons. Stato, sez. V, 19.05.1998 n. 617; Cons. Stato, sez. V, 07.09.1995 n. 1280; Cons. Stato, sez. V, 10.12.1990 n. 857; TAR Toscana, sez. III, 09.06.2000 n. 1149; TAR Lombardia-Brescia, 20.06.2000 n. 554; TAR Toscana, sez. III, 19.02.1999 n. 17; TAR Piemonte, sez. I, 10.04.1997 n. 206.
2. TAR Lazio, sez. II-bis, 26.10.2000 n. 8678; TAR Lombardia-Milano, 23.11.1979 n. 374.
4. TAR Lazio, sez. II, 13.02.1995 n. 165; TAR Toscana, 06.11.1987 n. 1338
(massima tratta da www.sentenzetoscane.it - TAR Toscana, Sez. II, sentenza 18.04.2001 n. 757 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2000

EDILIZIA PRIVATA: Ai fini dell'esenzione dal contributo di costruzione ex art. 9, lett. f), l. 28.01.1977 n. 10, occorre che l'opera da costruire sia pubblica o d'interesse pubblico e venga realizzata o da un ente pubblico, o da altro soggetto per conto di un ente pubblico, come nel caso di concessione di opera pubblica o di altre analoghe figure organizzatorie.
Seppure è stata esclusa, talvolta, la necessaria soggettività pubblica dell'ente realizzatore dell'intervento, si è sempre affermato che deve trattarsi di attività compiuta da un concessionario o, più in generale, da un soggetto che curi istituzionalmente la realizzazione di opere d'interesse generale per il perseguimento delle specifiche finalità cui le opere stesse sono destinate.
In questa prospettiva si è anche chiarito che non ricade nell'esenzione l'opera costruita da un imprenditore per la propria attività d'impresa, considerato altresì che il fine dell'esenzione è quello di evitare una contribuzione intimamente contraddittoria (quale sarebbe quella per opere costruite a carico della collettività) e non quella di esonerare gli imprenditori dai costi d'impresa.

Con un secondo gruppo di censure, l’appellante sostiene che l'opera in questione non è soggetta a contribuzione, rientrando nel raggio di azione dell’articolo 9, lettera f), della legge n. 10/1997.
La censura è infondata.
La norma richiamata dall'appellante prevede l'esonero dal pagamento degli oneri di urbanizzazione "per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzati dagli enti istituzionalmente competenti".
La gratuità della concessione è quindi subordinata a due condizioni, l'una di carattere oggettivo e l'altra di natura soggettiva.
Con riguardo al primo profilo, si potrebbe anche convenire con l'appellante che il manufatto in questione costituisce un'opera di interesse generale, considerando il collegamento con il pubblico servizio esercitato dalla SIP.
Ma, con riguardo all'altro necessario presupposto, di carattere soggettivo, non può dubitarsi che il titolare della concessione è un imprenditore privato e non un "ente istituzionalmente competente" alla realizzazione dell'opera.
La Sezione ha ripetutamente chiarito, al riguardo, che, ai fini dell'esenzione dal contributo di costruzione ex art. 9, lett. f), l. 28.01.1977 n. 10, occorre che l'opera da costruire sia pubblica o d'interesse pubblico e venga realizzata o da un ente pubblico, o da altro soggetto per conto di un ente pubblico, come nel caso di concessione di opera pubblica o di altre analoghe figure organizzatorie (Consiglio Stato sez. V, 07.09.1995, n. 1280; 13.12.1993, n. 1280; 04.01.1993, n. 11; 31.10.1992, n. 1145; 16.01.1992 n. 46).
Seppure è stata esclusa, talvolta, la necessaria soggettività pubblica dell'ente realizzatore dell'intervento, si è sempre affermato che deve trattarsi di attività compiuta da un concessionario o, più in generale, da un soggetto che curi istituzionalmente la realizzazione di opere d'interesse generale per il perseguimento delle specifiche finalità cui le opere stesse sono destinate.
In questa prospettiva si è anche chiarito che non ricade nell'esenzione l'opera costruita da un imprenditore per la propria attività d'impresa, considerato altresì che il fine dell'esenzione è quello di evitare una contribuzione intimamente contraddittoria (quale sarebbe quella per opere costruite a carico della collettività) e non quella di esonerare gli imprenditori dai costi d'impresa (Consiglio Stato, Sez. V 10.12.1990 n. 857; sez. V, 20.11.1989 n. 752) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 17.10.2000 n. 5558 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAUn impianto destinato ad essiccazione e conservazione di cereali realizzato da un consorzio agrario costituito nella forma di società di capitali privata non costituisce opera pubblica in senso stretto perché esso rappresenta un edificio d'interesse sì collettivo, ma dei soli soci del consorzio stesso e solo indirettamente degli altri agricoltori: pertanto, non è esente dal versamento del contributo di urbanizzazione e costruzione.
L'esenzione dal contributo di urbanizzazione e costruzione, di cui all'art. 9, lett. f), l. 28.01.1977 n. 10, spetta esclusivamente alle opere pubbliche, ossia alle opere di pubblico interesse realizzate da enti pubblici, mentre non compete alle opere realizzate da soggetti privati, quale che sia la rilevanza sociale dell'attività dagli stessi esercitata nella o con l'opera cui la concessione edilizia si riferisce; pertanto, un impianto destinato ad essiccazione e conservazione di cereali realizzato da un consorzio agrario costituito nella forma di società di capitali privata, non costituisce opera pubblica in senso stretto, perché esso rappresenta un edificio d'interesse sì collettivo, ma dei soli soci del consorzio stesso e solo indirettamente degli altri agricoltori, fermo restando che detto consorzio non ha per scopo essenziale la costruzione di opere pubbliche (sez. V, 19.09.1995, n. 1313).
Tale indirizzo, a confutazione del quale non sono stati addotti argomenti persuasivi, merita di essere confermato.
Il paradigma normativo dell’art. 9, lett. f), della l. n. 10/1977, invero, prevede la gratuità della concessione edilizia per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici.
La prospettazione della parte ricorrente in primo grado si fonda essenzialmente sulla locuzione “opere…di interesse generale”, in relazione alle finalità di interesse pubblico perseguite dai consorzi agrari.
Il fatto, però, è che la fattispecie normativa, elevando ad oggetto della qualificazione “le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti” ha inteso riferirsi agli enti pubblici, o comunque agli enti che agiscono per conto di enti pubblici (come ad esempio, i concessionari pubblici): in tal senso, la giurisprudenza del Consiglio di Stato è costante.
L’esattezza di tale soluzione è confermata, del resto, non soltanto dall’endiadi: “opere pubbliche o di interesse generale”, che rinvia ad una figura soggettiva pubblica, ma dal fatto che nella sola seconda parte della proposizione normativa, concernente le opere di urbanizzazione, la disposizione specifica: "eseguite anche da privati".
Ne esce quindi caricata di ulteriore valore semantico la locuzione: “enti istituzionalmente competenti”, che non può riferirsi che ad enti pubblici o a soggetti che agiscono per conto degli stessi.
Circa la natura dei consorzi agrari, che attualmente hanno personalità giuridica di diritto privato, può convenirsi sul fatto che essi concorrono al conseguimento di determinate finalità di pubblico interesse, ma ciò è comune a tutta la categoria dottrinale degli enti privati di interesse pubblico, caratterizzata dal fatto di essere sottoposti a vigilanza particolarmente penetrante o di essere inseriti in ordinamenti settoriali cui sono preposti amministrazioni o enti pubblici.
Resta però il fatto che nell’ordinamento giuridico vigente non esiste una categoria intermedia tra gli enti pubblici e quelli privati, in quanto gli enti qualificabili come enti privati di interesse pubblico rimangono pur sempre soggetti privati.
Tale rilievo è assorbente ai fini della decisione della presente controversia.
Il Consorzio agrario provinciale di Mantova, in quanto soggetto privato, non aveva titolo alla gratuità della concessione edilizia per l’impianto di stoccaggio di cereali, ai sensi dell’art. 9, lett. f), l. n. 10/1977 (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 06.10.2000 n. 5323 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAIl contributo concessorio non è dovuto quando si tratta della realizzazione di opere pubbliche o di interesse generale da parte di enti istituzionalmente competenti.
La norma (art. 9, lettera f), legge n. 10 del 1977) enuncia due requisiti che devono entrambi concorrere per fondare lo speciale regime di gratuità della concessione, l’uno di carattere oggettivo e l’altro di carattere soggettivo. Per effetto del primo la costruzione deve riguardare opere pubbliche o di interesse generale; per effetto del secondo le opere devono essere eseguite da un ente istituzionalmente competente.
La ratio della norma è anzitutto quella di agevolare l’esecuzione di opere destinate al soddisfacimento di interessi pubblici o dalle quali la collettività possa comunque trarre una utilità.
L’esecuzione di un’opera pubblica, inoltre, quando è compiuta da un “ente istituzionalmente competente”, garantisce il perseguimento di interessi di ordine generale e giustifica la concessione di un beneficio economico che, non contribuendo alla formazione di un utile di impresa, si riverbera a vantaggio di tutta la collettività che fruisce dell’opera una volta compiuta.
L’imposizione degli oneri concessori al soggetto che interviene per l’istituzionale attuazione del pubblico interesse sarebbe altrimenti intimamente contraddittoria, poiché verrebbe a gravare, sia pure indirettamente, sulla stessa comunità che dovrebbe avvantaggiarsi dal loro pagamento.
La disposizione, dunque, ha un ambito applicativo limitato in duplice senso: essa si rivolge in primo luogo a chi intende realizzare opere la cui fruizione (in via diretta od indiretta) soddisfa interessi generali; in secondo luogo si rivolge, oltre che agli enti pubblici, a quelle figure soggettive che non agiscono per esclusivo scopo lucrativo o che accompagnano al lucro soggettivo un collegamento giuridicamente rilevante con l’amministrazione, sì da rafforzare il legame istituzionale con l’azione del soggetto pubblico per la cura degli interessi della collettività. Tale raccordo, peraltro, dev’essere idoneo ad assicurare, grazie alla presenza del soggetto pubblico, un contemperamento dell’obiettivo privatistico dell’esecutore dell’opera col fine pubblicistico realizzato.
Questo raccordo, secondo la giurisprudenza, è ravvisabile in concreto anche nei casi che registrano l’intervento del concessionario di opera pubblica, il quale, pur mirando al conseguimento di un lucro d’impresa, è parificabile a pieno titolo al soggetto che cura istituzionalmente l’esecuzione di opere di interesse generale.

La questione controversa concerne l’applicabilità dell’art. 9, lettera f), legge n. 10 del 1977, al complesso polifunzionale della Polizia di Stato costruito dalla società appellata, ed il relativo riconoscimento del diritto all’esenzione dal pagamento del contributo di concessione di cui all’art. 3 della legge n. 10 del 1977.
La disposizione in oggetto viene richiamata per due distinti profili, ciascuno dei quali idoneo, in linea di ipotesi, a giustificare l’esenzione.
Il primo è quello per cui il contributo concessorio non è dovuto quando si tratta della realizzazione di opere pubbliche o di interesse generale da parte di enti istituzionalmente competenti.
La norma enuncia due requisiti che devono entrambi concorrere per fondare lo speciale regime di gratuità della concessione, l’uno di carattere oggettivo e l’altro di carattere soggettivo. Per effetto del primo la costruzione deve riguardare opere pubbliche o di interesse generale; per effetto del secondo le opere devono essere eseguite da un ente istituzionalmente competente (v., ex plurimis, Cons. Stato, sez. V, 20.07.1999, n. 849; id., 29.09.1997, n. 1067).
La ratio della norma è anzitutto quella di agevolare l’esecuzione di opere destinate al soddisfacimento di interessi pubblici o dalle quali la collettività possa comunque trarre una utilità.
L’esecuzione di un’opera pubblica, inoltre, quando è compiuta da un “ente istituzionalmente competente”, garantisce il perseguimento di interessi di ordine generale e giustifica la concessione di un beneficio economico che, non contribuendo alla formazione di un utile di impresa, si riverbera a vantaggio di tutta la collettività che fruisce dell’opera una volta compiuta.
L’imposizione degli oneri concessori al soggetto che interviene per l’istituzionale attuazione del pubblico interesse sarebbe altrimenti intimamente contraddittoria, poiché verrebbe a gravare, sia pure indirettamente, sulla stessa comunità che dovrebbe avvantaggiarsi dal loro pagamento.
La disposizione, dunque, ha un ambito applicativo limitato in duplice senso: essa si rivolge in primo luogo a chi intende realizzare opere la cui fruizione (in via diretta od indiretta) soddisfa interessi generali; in secondo luogo si rivolge, oltre che agli enti pubblici, a quelle figure soggettive che non agiscono per esclusivo scopo lucrativo o che accompagnano al lucro soggettivo un collegamento giuridicamente rilevante con l’amministrazione, sì da rafforzare il legame istituzionale con l’azione del soggetto pubblico per la cura degli interessi della collettività. Tale raccordo, peraltro, dev’essere idoneo ad assicurare, grazie alla presenza del soggetto pubblico, un contemperamento dell’obiettivo privatistico dell’esecutore dell’opera col fine pubblicistico realizzato.
Questo raccordo, secondo la giurisprudenza, è ravvisabile in concreto anche nei casi che registrano l’intervento del concessionario di opera pubblica, il quale, pur mirando al conseguimento di un lucro d’impresa, è parificabile a pieno titolo al soggetto che cura istituzionalmente l’esecuzione di opere di interesse generale (v., ex plurimis, Consiglio Stato sez. V, 07.09.1995, n. 1280)
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 10.07.2000 n. 3860 - link a www.giustizia-amministrativa.it).