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CONTRIBUTO DI COSTRUZIONE
[gratuità per opere pubbliche e/o di interesse generale realizzate dagli
enti istituzionalmente competenti - ex
art. 17, comma 3, lett. c), DPR
380/2001 già art. 9, comma 1, lett. f), L. 10/1977] |
anno 2020 |
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EDILIZIA PRIVATA: Esenzione
dal contributo di costruzione per la sede di un’associazione sindacale.
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Edilizia – Oneri di costruzione – Obbligo – Esenzione ex art. 17, comma 3,
lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001 – Presupposto - Individuazione.
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Sindacato - Rappresentatività - Organizzazioni sindacali maggiormente
rappresentative – Natura – Individuazione.
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Edilizia – Oneri di costruzione – Obbligo – Esenzione ex art. 17, comma 3,
lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001 – sede di associazione sindacale –
Esclusione.
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L’art. 17, comma 3, lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001, in forza del quale il
contributo di costruzione non è dovuto «per gli impianti, le attrezzature,
le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti
istituzionalmente competenti», è una disposizione di stretta
interpretazione, poiché introduce un’ipotesi derogatoria alla previsione
generale di cui all’art. 16, comma 1, del medesimo d.P.R., che assoggetta a
contributo tutte le opere che comportino trasformazione del territorio (1).
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Le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sono associazioni
private non riconosciute come persone giuridiche, che rappresentano e
tutelano gli interessi delle categorie di lavoratori ad esse iscritti, senza
tuttavia acquisire uno status e una qualifica pubblicistici, che
presupporrebbero, quanto meno, l’attuazione, mai avvenuta, dell’art. 39,
commi 2, 3 e 4, Cost. (2).
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La sede di un’associazione sindacale non può essere qualificata
come un’opera pubblica o d’interesse generale, ai fini dell’applicazione
dell’esonero dal contributo di costruzione ai sensi dell’art. 17, comma 3,
lett. c), primo alinea, d.P.R. n. 380 del 2001, ma soltanto come un bene
strumentale, mediante il quale l’associazione persegue i propri compiti
statutari (3).
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(1) Ha chiarito la Sezione che una disposizione di stretta
interpretazione, poiché introduce un’ipotesi derogatoria alla previsione
generale di cui all’art. 16, comma 1, del medesimo, che assoggetta a
contributo tutte le opere che comportino trasformazione del territorio.
Ciò posto, va evidenziato che il requisito soggettivo consiste
nell’esecuzione delle opere da parte di enti istituzionalmente competenti,
ovverosia “da parte di soggetti ai quali la realizzazione dell’opera sia
demandata in via istituzionale” (Cons.
St., sez. V, 12.07.2005, n. 3774), cosicché, per conseguire il
beneficio di cui all’art. 17, comma 3, lett. c), d.P.R. n. 380/2001, l’opera
deve essere necessariamente realizzata “da un ente pubblico, non
competendo la stessa ad opere eseguite da soggetti privati, quale che sia la
rilevanza sociale dell’attività dagli stessi esercitata nella o con l’opera
edilizia alla quale la concessione si riferisce” (Cons.
St., sez. V, 15.12.2005, n. 7140).
(2) Ad avviso della Sezione si applica l’orientamento secondo cui “ai
fini dell’esenzione dal contributo di costruzione ex art. 9, lett. f), l.
28.01.1977, n. 10, occorre che l’opera da costruire sia pubblica o
d’interesse pubblico e venga realizzata o da un ente pubblico, o da altro
soggetto per conto di un ente pubblico, come nel caso di concessione di
opera pubblica o di altre analoghe figure organizzatorie.
Pertanto, rettamente tale beneficio non viene concesso al risanamento
conservativo di un edificio di proprietà privata condotto dall’associazione
provinciale degli industriali, perché in detto intervento, pur reputato di
pubblico interesse a causa dell’attività sindacale svolta da quella
associazione, non si ravvisano i criteri oggettivo (opera pubblica, od opera
destinata a soddisfare bisogni della collettività) e soggettivo (opera
realizzata da una p.a. o da un concessionario, o, più in generale, da un
soggetto che curi istituzionalmente la realizzazione di opere d’interesse
generale per il perseguimento delle specifiche finalità cui le opere stesse
sono destinate), su cui si fonda l’esenzione in argomento” (Cons. St.,
sez. V, 07.09.1995, n. 1280).
(3) Ad avviso della Sezione se è pur vero che all’interno di tale
edificio possono svolgersi attività perseguenti scopi di utilità collettiva,
è altrettanto vero che dette attività vengono compiute in virtù della
destinazione concretamente impressa sull’edificio, o su una parte di esso,
dal suo proprietario, e non per le caratteristiche intrinseche dell’opera,
che non è geneticamente e strutturalmente destinata direttamente alla
fruizione collettiva (Consiglio di
Stato, Sez. II,
sentenza 11.07.2020 n. 4471 -
commento tratto da e link a
www.giustizia-amministrativa.it).
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SENTENZA
8. Il primo motivo d’impugnazione è infondato.
Non sussiste, invero, la lamentata violazione dell’articolo 17, comma 3,
lettera c), primo alinea, del d.P.R. n. 380 del 2001, in forza del quale il
contributo di costruzione non è dovuto «per gli impianti, le
attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli
enti istituzionalmente competenti».
Sul punto il Collegio sottolinea che manca nel caso di specie sia il
requisito oggettivo dell’opera pubblica o di interesse generale sia il
requisito soggettivo della realizzazione dell’intervento da parte di un ente
istituzionalmente competente, sicché del tutto legittimamente
l’amministrazione comunale il Tar hanno escluso l’applicazione dell’esonero
dal contributo di costruzione.
Ad ogni modo, stante, ai fini del suddetto esonero, la necessaria
compresenza, in ragione del chiaro dettato normativo, di ambedue i citati
requisiti, oggettivo e soggettivo, l’assenza di uno solo di essi determina
la mancata applicazione dell’agevolazione de qua (cfr. in tal senso
Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 02.03.2011, n. 1332).
8.1. Con riferimento al requisito soggettivo, l’appellante ha sostenuto che
non sarebbe più attuale la tesi della natura privata delle associazioni
sindacali, le quali, anche rivestendo una forma giuridica di tipo
privatistico (associazioni non riconosciute di cui agli articoli 36 e
seguenti del codice civile), avrebbero una natura sostanziale pubblica in
forza degli interessi pubblicistici da loro perseguiti.
In particolare, ad avviso dell’appellante, le organizzazioni sindacali
curano interessi pubblici cosiddetti parziari, che, pur essendo propri di
una limitata comunità di soggetti, avrebbero comunque un rango
pubblicistico; il che sarebbe inferibile dalla circostanza che esse
stipulano contratti collettivi con efficacia erga omnes.
Inoltre le organizzazioni sindacali realizzerebbero i seguenti interessi
pubblici generali:
a) la conclusione dei contratti collettivi nazionali;
b) la stipulazione dei cosiddetti contratti di solidarietà, con cui
esse accettano la compressione di un interesse categoriale (le spettanze
economiche dei lavoratori) a favore di un interesse pubblico (l’interesse
all’occupazione, proprio di tutti i cittadini);
c) la concertazione, intesa come metodo di programmazione delle
politiche pubbliche, nell’interesse di tutti i cittadini.
L’interessata ha peraltro evidenziato che numerose norme prevedono la
partecipazione delle associazioni sindacali a svariati procedimenti
amministrativi.
L’appellante ha altresì puntualizzato che le associazioni sindacali:
a) esercitano poteri normativi e amministrativi di natura
strettamente pubblicistica;
b) designano i componenti di numerosi organi collegiali;
c) hanno costituito enti aventi natura pubblicistica, quali i
centri di assistenza fiscale e gli istituti di patronato e di assistenza
sociale;
d) ricevono e hanno ricevuto finanziamenti pubblici sotto forma di
erogazioni in favore dei suddetti enti da loro costituiti e di altre loro
strutture operative, di agevolazioni per la riscossione dei contributi
associativi, di permessi retribuiti per i dirigenti sindacali, nonché
attraverso l’attribuzione in loro favore del patrimonio delle disciolte
organizzazioni nazionali fasciste.
8.2. In relazione al requisito oggettivo, l’appellante ha dedotto in
sostanza che:
a) l’intervento edilizio è localizzato in una zona destinata ad
opere ed interventi di interesse generale;
b) nella delibera consiliare n. 6/2007 il Comune di Vicenza ha
osservato che sussistono ragioni di pubblico interesse alla realizzazione
della nuova sede dell’odierna appellante;
c) in base ad una convenzione, trascritta nei registri immobiliari
e quindi opponibile a eventuali terzi acquirenti, tra l’associazione
sindacale e il Comune di Vicenza l’edificio può essere utilizzato soltanto
per le finalità sindacali.
8.3. Il Collegio, pur dando atto della pregevole ricostruzione sviluppata
dall’appellante, non considera le riportate circostanze di fatto e di
diritto quali sicuri indici della natura di ente istituzionale e
sostanzialmente pubblica delle associazioni sindacali, tenuto peraltro conto
che dell’articolo 17, comma 3, lett. c), del d.P.R. n. 380/2001 è una
disposizione di stretta interpretazione, poiché introduce un’ipotesi
derogatoria alla previsione generale di cui all’articolo 16, comma 1, del
medesimo, che assoggetta a contributo tutte le opere che comportino
trasformazione del territorio.
Ciò posto, va evidenziato che il requisito soggettivo consiste
nell’esecuzione delle opere da parte di enti istituzionalmente competenti,
ovverosia “da parte di soggetti ai quali la realizzazione dell’opera sia
demandata in via istituzionale” (Consiglio di Stato, sezione V,
decisione 12.07.2005, n. 3774), cosicché, per conseguire il beneficio di cui
all’articolo 17, comma 3, lett. c), del d.P.R. n. 380/2001, l’opera deve
essere necessariamente realizzata “da un ente pubblico, non competendo la
stessa ad opere eseguite da soggetti privati, quale che sia la rilevanza
sociale dell’attività dagli stessi esercitata nella o con l’opera edilizia
alla quale la concessione si riferisce” (Consiglio di Stato, sezione V,
decisione 15.12.2005, n. 7140).
Tanto premesso, seppur l’appellante rientra tra le organizzazioni sindacali
maggiormente rappresentative, essa è comunque un’associazione privata non
riconosciuta come persona giuridica, che rappresenta e tutela gli interessi
della categoria dei lavoratori ad essa iscritti, senza tuttavia acquisire
uno status e una qualifica pubblicistici, che presupporrebbero,
quanto meno, l’attuazione, mai avvenuta, dell’articolo 39, commi 2, 3 e 4,
della Costituzione.
Sembra, quindi, al Collegio che manifesti attualità lo specifico, seppur
datato, orientamento, secondo cui “ai fini dell’esenzione dal contributo
di costruzione ex art. 9, lett. f), l. 28.01.1977 n. 10, occorre che l’opera
da costruire sia pubblica o d’interesse pubblico e venga realizzata o da un
ente pubblico, o da altro soggetto per conto di un ente pubblico, come nel
caso di concessione di opera pubblica o di altre analoghe figure
organizzatorie. Pertanto, rettamente tale beneficio non viene concesso al
risanamento conservativo di un edificio di proprietà privata condotto
dall’associazione provinciale degli industriali, perché in detto intervento,
pur reputato di pubblico interesse a causa dell’attività sindacale svolta da
quella associazione, non si ravvisano i criteri oggettivo (opera pubblica,
od opera destinata a soddisfare bisogni della collettività) e soggettivo
(opera realizzata da una p.a. o da un concessionario, o, più in generale, da
un soggetto che curi istituzionalmente la realizzazione di opere d’interesse
generale per il perseguimento delle specifiche finalità cui le opere stesse
sono destinate), su cui si fonda l’esenzione in argomento” (Consiglio di
Stato, sez. V, decisione 07.09.1995, n. 1280).
Ad ogni modo, anche ammettendo che l’appellante organizzazione sindacale
abbia natura istituzionale (il che è da escludersi), essa non potrebbe
essere qualificata nel caso di specie come ente istituzionalmente competente
alla realizzazione di un’opera pubblica o di interesse generale, non essendo
questa la sua specifica funzione; pertanto non sarebbe comunque integrata la
fattispecie delineata dall’art. 17, comma 3, lett. c), primo alinea del
d.P.R. n. 380/2001, che prevede l’esonero dal contributo di costruzione “per
gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale
realizzate dagli enti istituzionalmente competenti”.
8.4. Ciononostante, è opportuno per completezza rilevare l’infondatezza
della tesi della sussistenza nel caso di specie del requisito oggettivo,
attesa peraltro la sua particolare evidenza. Ed invero, il Collegio
considera senza dubbio che la sede dell’associazione sindacale non può
essere qualificata come un’opera pubblica o d’interesse generale, ma
soltanto come un bene strumentale, mediante il quale l’associazione persegue
i propri compiti statutari.
Inoltre, se è pur vero che all’interno di tale edificio possono svolgersi
attività perseguenti scopi di utilità collettiva, è altrettanto vero che
dette attività vengono compiute in virtù della destinazione concretamente
impressa sull’edificio, o su una parte di esso, dal suo proprietario, e non
per le caratteristiche intrinseche dell’opera, che non è geneticamente e
strutturalmente destinata direttamente alla fruizione collettiva.
9. La seconda doglianza, svolta in via subordinata, è parimenti
infondata.
Al riguardo si precisa che l’articolo 17, comma 3, lett. c), secondo alinea,
del d.P.R. n. 380 del 2001 prevede l’esonero dal contributo di costruzione «per
le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di
strumenti urbanistici».
Orbene, ad avviso dell’appellante:
a) gli edifici destinati a sedi di associazioni sono opere di
urbanizzazione;
b) la realizzazione della propria sede è prevista dal piano
regolatore generale, a seguito delle delibere consiliari numeri 64/2002 e
6/2007.
In proposito il Collegio osserva che effettivamente il Comune di Vicenza ha
variato la destinazione dell’area, consentendone l’attuale utilizzo, ma da
siffatta variante non può discendere l’assimilazione dell’edificio sede
dell’associazione ad un’opera d’urbanizzazione, primaria o secondaria, di
cui rispettivamente ai commi 7 e 7-bis dell’art. 16 del d.P.R. n. 380/2001
(“strade residenziali, spazi di sosta o di parcheggio, fognature, rete
idrica, rete di distribuzione dell’energia elettrica e del gas, pubblica
illuminazione, spazi di verde attrezzato” e “i cavedi multiservizi e
i cavidotti per il passaggio di reti di telecomunicazioni, salvo nelle aree
individuate dai comuni sulla base dei criteri definiti dalle regioni”) e
al comma 8 del medesimo articolo (“asili nido e scuole materne, scuole
dell’obbligo nonché strutture e complessi per l’istruzione superiore
all'obbligo, mercati di quartiere, delegazioni comunali, chiese e altri
edifici religiosi, impianti sportivi di quartiere, aree verdi di quartiere,
centri sociali e attrezzature culturali e sanitarie”).
Quanto esposto è già sufficiente ad escludere la fondatezza del secondo
motivo di gravame; in ogni caso, si evidenzia che il piano regolatore
generale –che comunque non potrebbe legittimamente ampliare la sfera
dell’esenzione dal contributo prevista dal legislatore– non ha espressamente
qualificato, pur prevedendolo, l’intervento oggetto di causa come opera
d’urbanizzazione.
10. In conclusione l’appello deve essere respinto, con conseguente conferma
la sentenza impugnata. |
EDILIZIA PRIVATA:
Sull'esonero dal versamento del contributo di costruzione.
La giurisprudenza costante considera l’art. 17, comma 3,
una norma eccezionale di stretta interpretazione, posto che deroga al
generale principio dell'onerosità dell'intervento edilizio di cui all’art.
16 del DPR 380/2001.
L’esenzione dal pagamento del
contributo richiede il concorso di due condizioni: la prima di tipo
oggettivo, ossia la natura di Ente pubblico (o di soggetto che agisce quale longa manus dell'amministrazione) dell'autore dell'opera, e
la
seconda di carattere oggettivo, ossia la natura pubblica o di interesse
generale dell’intervento.
Invero,
<<l'interprete non può allargare in via analogica il precetto espresso
dalla lettera della norma, che, per concedere l'esonero, si riferisce ad
opere eseguite dagli enti "istituzionalmente competenti". Il richiamo al
concetto di competenza istituzionale, ovvero al fascio delle attribuzioni
che la legge conferisce all'ente pubblico per il governo degli interessi
pubblici cui è preposto, chiarisce che l'opera è esentabile non soltanto se
realizzata da un soggetto pubblico o equiparato a vantaggio della
collettività, ma anche alla condizione che la sua realizzazione abbia un
rapporto di stretta strumentalità rispetto ai compiti istituzionali
dell'ente>>.
La ratio della norma –è stato rilevato– è anzitutto quella di
agevolare l'esecuzione di opere destinate al soddisfacimento di bisogni
collettivi o dalle quali la comunità possa comunque trarre un’utilità, per
cui il legislatore ha inteso evitare l'imposizione degli oneri concessori al
soggetto che interviene per l'istituzionale attuazione del pubblico
interesse, la quale sarebbe altrimenti intimamente contraddittoria, poiché
verrebbe a gravare, sia pure indirettamente, sulla stessa comunità che
dovrebbe avvantaggiarsi dal loro pagamento.
In merito, –con riferimento al requisito
soggettivo– per “enti istituzionalmente competenti” debbono
intendersi i soggetti pubblici, ovvero anche i soggetti privati purché
l'opera sia realizzata per conto di un Ente pubblico e che “L'assenza di
scopo di lucro è … una circostanza che attiene unicamente alla funzionalità
interna della persona giuridica, la quale non potrà redistribuire gli
eventuali utili derivanti dall'attività svolta. Si tratta, tuttavia, di un
elemento che, in sé considerato, non è sufficiente a determinare la
riferibilità dell'opera a un ente pubblico, che è quanto richiesto dalla
norma al fine di rendere operativa l'esenzione”.
In buona sostanza, ai fini dell'esenzione occorre che l'opera sia
pubblica o di interesse pubblico e sia realizzata da un Ente pubblico (e che
quando non sia esso stesso Ente pubblico, il soggetto realizzatore abbia
agito quale organo indiretto dell'amministrazione, come nella concessione o
nella delega) non competendo, invece, alle opere eseguite da soggetti
privati, quale che sia la rilevanza sociale dell'attività da essi esercitata
nella o con l'opera edilizia cui la concessione si riferisce.
Altresì, <<l'esenzione dal
pagamento del contributo di costruzione vale per la struttura che realizza o
contribuisce con vincolo indissolubile all'erogazione diretta del servizio,
come, a titolo meramente esemplificativo, nell'ipotesi di un impianto
tecnico, ma non per un bene la cui strumentalità dipende da scelte
discrezionali e, quindi, revocabili, della società, dovendosi dunque
concludere che a rilevare non è la destinazione che soggettivamente
s'intende dare alla struttura, bensì la sua natura oggettiva: solo laddove
l'opera non possa, neppure in astratto, avere una destinazione diversa da
quella pubblica si potrà dunque configurare il presupposto per l'esonero dal
pagamento del contributo di costruzione>>.
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● Con riferimento a singole fattispecie, è stato affrontato il caso di un
privato che aveva realizzato una struttura universitaria su incarico e per
conto dell’Ateneo di Padova, attraverso lo strumento della vendita di cosa
futura: pur riconoscendo la destinazione dell’opera (fin dall’origine) a
finalità pubbliche, è stata acclarata la carenza del requisito soggettivo e
cioè la realizzazione dello stesso da parte di un Ente istituzionale.
Infatti, se l’esenzione può essere riferita anche ad un’opera di interesse
generale realizzata da un privato per conto di un Ente pubblico, essa
tuttavia “spetta soltanto qualora (come avviene nella concessione di
opera pubblica e in altre analoghe figure organizzatorie) lo strumento
contrattuale utilizzato consenta formalmente di imputare la realizzazione
del bene direttamente all’ente per conto del quale il privato abbia operato.
In altri termini, l’esenzione spetta solo se il privato abbia agito quale
organo indiretto dell’amministrazione, come appunto nella concessione o
nella delega”.
● Con riferimento invece alla sede di un’associazione sindacale, è stato
osservato che la stessa “… non può essere qualificata come un'opera
pubblica, o d'interesse generale, ma soltanto come un bene strumentale,
mediante il quale l'associazione persegue i propri compiti statutari. Ciò
non esclude che all'interno di tale edificio possano svolgersi attività che
realizzano scopi di utilità collettiva, ma ciò si realizza per la
destinazione concretamente impressa sull'edificio -o parte di esso- dal suo
proprietario, e non in relazione alle caratteristiche intrinseche
dell'opera, che la destinano direttamente alla fruizione collettiva, come
per una strada o un edificio pubblico”.
● Con riguardo al restauro di immobili appartenenti a un
Istituto
religioso, si è affermato che perché un'opera rivesta la relativa qualifica
ovvero di opera funzionalmente connessa alle pratiche religiose, è
necessario che quella religiosa sia la destinazione principale
dell'edificio.
Quindi “… mentre la realizzazione di chiese e di altri
edifici religiosi rientra di per sé nell'ambito delle opere di
urbanizzazione secondaria … La disposizione … non trova applicazione nel
caso di realizzazione di un fabbricato ad uso istituto, in quanto non si
tratta di opera di interesse generale, ma destinata alla fruizione di un
numero determinato di persone, realizzata da un soggetto che non è di
diritto pubblico …” (cfr. TAR Piemonte, sez. I – 15/06/2004 n. 1121, il
quale ha soggiunto che “Nel caso di specie l'istituto da costruire è
destinato a soddisfare gli interessi della comunità religiosa richiedente
non ad un servizio della collettività”).
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Nell’esaminare un caso analogo a quello di cui si controverte, questo TAR ha preliminarmente sostenuto che <<"trova
campo elettivo d'applicazione, specie con riguardo alle norme che prevedono
l'esonero e la riduzione del pagamento del contributo, il criterio
interpretativo delle norme c.d. "a fattispecie esclusiva", proprio delle
disposizioni tributarie. Ossia l'interprete, oltre a doversi attenere alla
littera legis deve individuare il criterio in base al quale è stata disposto
il beneficio che deroga all'ordinario regime paratributario, al fine di non
estenderne l'applicazione oltre i casi espressamente preveduti">>.
Ha poi concluso per la mancanza di entrambi i requisiti previsti dalla
pertinente disposizione regionale –uno di carattere oggettivo legato al tipo
di opera; l'altro di carattere soggettivo relativo all'Ente che esegue le
opere– “in quanto l'intervento di ampliamento consiste, in concreto,
nella realizzazione di una nuova sala da adibirsi a cinema-teatro, di una
cucina professionale e di ulteriori spazi di servizio accessori al già
esistente edificio adibito a teatro parrocchiale.
Tali opere non risultano,
all'evidenza, né inerenti l'attività di culto svolta dalla Parrocchia né
esse possono considerarsi quali progettate o comunque destinate a soddisfare
i bisogni della collettività, come richiesto espressamente dalla norma
regionale”.
Anche il requisito soggettivo risultava mancante “avendo la Parrocchia
richiesto il permesso di costruire per l'ampliamento dei propri edifici, al
fine di soddisfare interessi di natura privatistica, senza evidenziare (e
soprattutto senza fornire alcun elemento probatorio al riguardo) che detto
intervento edilizio sia funzionale all'interesse pubblico”.
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Circa
la tipologia di opera quale "centro parrocchiale" (sala polivalente con capienza inferiore a
200 posti e aule per catechismo), e l'invocata gratuità, non è in discussione il suo utilizzo da
parte di una molteplicità di persone né la pubblica utilità dell’attività di
aggregazione promossa dalla struttura religiosa, e tuttavia non è
riscontrabile il requisito dell’apertura alla collettività indifferenziata:
la preordinazione al soddisfacimento dell’interesse generale prelude infatti
a una fruizione da parte dell’intera comunità territoriale.
Relativamente al
profilo soggettivo, non sfugge al Tribunale che –a fronte di una
giurisprudenza consolidata e uniforme sulla cogenza della riferibilità
dell’opera all’Ente pubblico “istituzionalmente competente”– la
normativa regionale valorizza anche le “organizzazioni non lucrative di
utilità sociale (ONLUS)”.
In disparte la questione –di tipo formale– della non perfetta
sovrapposizione tra tale ampia categoria e le istituzioni religiose, il
Collegio è dell’opinione che il criterio interpretativo restrittivo che deve
accompagnare l’approccio alla disposizione induca a pretendere comunque
l’instaurazione di un’intesa tra soggetto privato e Ente pubblico, affinché
quest’ultimo sia assicurato sulla permanente destinazione dell’opera a
favore dell’intera collettività.
Al di là della forma giuridica adoperata (concessione, delega di funzioni o
altro), l’intervento deve sorgere –mantenendola nel tempo– con un’inequivoca
“riferibilità” al soggetto pubblico, a garanzia dell’utilità che deve
ritrarre la comunità indifferenziata.
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Sempre con riferimento al "centro parrocchiale" e l'invocata
esenzione dal versamento del contributo di costruzione giusta la normativa
nazionale/regionale
che investe “le opere
di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti
urbanistici”, la tesi avanzata non è passibile di positivo scrutinio, in
quanto l’unità immobiliare non risulta edificata in attuazione di una
specifica previsione dello strumento urbanistico, come la legge richiede:
per l'opera di urbanizzazione vi è l'esenzione solo se essa sia stata
puntualmente contemplata e così espressamente qualificata dallo strumento
urbanistico.
In altri termini, deve rilevarsi l’essenziale distinzione tra la conformità
dell'opera alla destinazione di zona e l’attuazione di una destinazione
specifica di piano.
Da tale distinzione “discende che la semplice riconduzione all'astratta
tipologia di opera d'urbanizzazione secondaria non può considerarsi
sufficiente ai fini dell'esenzione del contributo” e che “Sotto tale
aspetto non è casuale che l'art. 17, comma 3, lett. c), del D.P.R. n. 380
del 2001 ponga su un piano di equivalenza, ai fini dell'esonero dal
contributo, "gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di
interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti", e
"le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di
strumenti urbanistici"”.
Invero, “L'equiparazione si giustifica proprio in funzione
della circostanza che si tratta di specifiche opere urbanizzative
individuate dallo strumento urbanistico, ancorché la loro realizzazione sia
poi eseguita da privati, come accade ad esempio nel caso in cui nel quadro
di una convenzione e a fronte di una iniziativa edificatoria il privato
assuma l'onere di realizzare le specifiche opere urbanizzative previste …”.
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... per l'annullamento:
- DELLA DELIBERAZIONE GIUNTALE 11/03/2014 N. 53, CHE HA
DISCIPLINATO LA MONETIZZAZIONE DELLO STANDARD A PARCHEGGIO E VERDE PUBBLICO
PER L’INTERVENTO DELLA PARROCCHIA DI S. EGIDIO ABATE;
- PER QUANTO OCCORRER POSSA, DEL REGOLAMENTO URBANISTICO EDILIZIO
COMUNALE, APPROVATO CON DELIBERAZIONE CONSILIARE 06/11/2012 N. 80 (PREAMBOLO
RECANTE LA CLASSIFICAZIONE DEI CARICHI URBANISTICI E ART. 118).
...
A. Il ricorrente Don Cl.Tu. ha realizzato un intervento in Gambettola, in
area ubicata nel centro urbano, adiacente alla Chiesa e ad altri fabbricati
già destinati a centro parrocchiale (cfr. “casa del ragazzo”). La
destinazione urbanistica dell’area è F.3 “funzioni speciali – dotazioni
di servizi” secondo la denominazione del RUE (regolamento urbanistico
edilizio).
Nella relazione tecnico-illustrativa di progetto (doc. 9 produzione
documentale Comune del 20/04/2020) si precisa la collocazione in zona F.3 “Attività
di interesse comune di tipo religioso”.
Il proposito era quello di sostituire il vecchio teatro Fulgor (avente una
superficie di 391,15 mq. e un volume di 2.222,30 mc.) con il nuovo centro
parrocchiale che si sviluppa per 1.344,75 mq. e 7.224,54 mc., dedicato a
sala polivalente con capienza inferiore a 200 posti e aule per catechismo,
con servizi e spazi di collegamento.
B. Nell’istanza presentata è stata chiesta la cd. monetizzazione dello
standard relativo a parcheggi e verde pubblico, quantificata nella
deliberazione impugnata in € 220.688,78 (99.196,28 € per parcheggi e
121.502,50 € per verde pubblico).
Il provvedimento giustifica l’assenso all’operazione con l’impossibilità di
utilizzare porzioni a ridosso della strada per realizzare dotazioni
pubbliche, e statuisce che “il progetto prevede aree verdi e a parcheggio
per le esigenze strettamente private del centro parrocchiale” e che la
monetizzazione “… consente di determinare una trasformazione … più
coerente ed adeguata nell’inserimento nel contesto del paese, al fine di
valorizzare maggiormente il nuovo centro parrocchiale all’uso della
collettività”.
C. Con gravame ritualmente notificato presso la Segreteria del TAR i
ricorrenti impugnano gli atti in epigrafe, deducendo i seguenti motivi di
diritto:
a) Eccesso di potere per travisamento, difetto del presupposto e
sviamento, in quanto:
- la questione introdotta investe la natura
dell’intervento, ossia se lo stesso sia classificabile come standard
urbanistico, come tale esonerato dal contributo di costruzione ex art. 32
comma 1 lett. h) della L.r. 15/2013;
- esso riveste un chiaro interesse generale (ed è
realizzato da un Ente istituzionalmente competente e non lucrativo) e ha
natura di opera di urbanizzazione secondaria;
- trattandosi di standard non può generare altri
standard secondo una catena illogica, e il RUE non può imporre prestazioni
garantite dalla riserva di legge (art. 23 della Costituzione);
- parcheggi e verde sono pertinenze utili
all’utenza dell’opera di interesse collettivo, e partecipano della sua
stessa natura.
b) Violazione dell’art. 23 della Costituzione, eccesso di potere
per illogicità, difetto dei presupposti e di motivazione, sviamento, visto
che:
- l’art. 118 del RUE è lacunoso, limitandosi a
classificare i carichi urbanistici in alto (A) medio (M) e basso (B), mentre
la tabella delle funzioni speciali – dotazioni di servizi (f) associa il
valore (A) corrispondente al massimo;
- così ragionando, il parcheggio genera un
fabbisogno di parcheggio, attraverso un effetto moltiplicatore del tutto
illogico;
- in aggiunta, le funzioni abitative hanno un Cu
basso mentre le strutture di vendita medio-grandi, le attività culturali,
didattiche e ricreative hanno un Cu medio e solo i servizi (standard) hanno
un Cu elevato, senza la minima motivazione sui criteri informatori;
- in ogni caso, parcheggi e verde –seppur
contemplati dal progetto– sono stati impropriamente qualificati come
privati, mentre la prestazione imposta non è sorretta da una norma primaria.
c) IN SUBORDINE Violazione dell’art. 23 della Costituzione, eccesso
di potere per difetto di motivazione e lesione del principio di
proporzionalità, poiché:
- se anche fosse rintracciata la base legale
(fonte primaria) manca una legge che detti i criteri generali per la
determinazione della prestazione pecuniaria; inoltre, affiora un difetto
assoluto di motivazione su importi e parametri utilizzati (in rapporto alle
superfici, ai valori unitari, alle quote tabellari);
- l’ammontare di 181 €/mq. è immotivato,
sproporzionato e illogico, trattandosi di un tipico valore di edificabilità
per aree destinate a servizi, concettualmente estranee a tale parametro;
- mancano i criteri generali, e oltretutto in
concreto non esiste un’analisi motivata del parametro utilizzato.
D. Si è costituita in giudizio l’amministrazione, formulando eccezioni in
rito e chiedendo nel merito la reiezione del gravame. In punto di fatto ha
chiarito che:
- in relazione all’iniziativa edilizia per la
realizzazione di un centro parrocchiale (richiesta di permesso di costruire
del 13/09/2013) i ricorrenti hanno formulato istanza di monetizzazione degli
standard, in luogo della cessione delle aree a parcheggi e verde;
- la superficie prevista dal RUE per la
destinazione a parcheggio pubblico è 537,63 mq. e quella a verde è 667 mq.;
- dopo l’adozione della delibera impugnata gli
esponenti hanno chiesto la rateizzazione.
...
1. La prima questione verte sull’inquadramento dell’opera, per verificare se
sia possibile qualificarla come standard urbanistico non soggetto al
contributo di costruzione.
1.1 Secondo quanto dispone l’art. 17, comma 3, lett. c), del DPR 380/2001,
l’esonero dell’obbligazione pecuniaria investe “... gli impianti, le
attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli
enti istituzionalmente competenti nonché … le opere di urbanizzazione,
eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici”.
L’art. 32, comma 1, lett. h), della L.r. 15/2013 descrive così la
fattispecie: “per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di
interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti e
dalle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), nonché per le
opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di
strumenti urbanistici, e i parcheggi pertinenziali nella quota obbligatoria
richiesta dalla legge”.
2. La giurisprudenza costante considera l’art. 17, comma 3, una norma
eccezionale di stretta interpretazione, posto che deroga al generale
principio dell'onerosità dell'intervento edilizio di cui all’art. 16 del DPR
380/2001 (TAR Basilicata – 27/02/2019 n. 205).
L’esenzione dal pagamento del
contributo richiede il concorso di due condizioni: la prima di tipo
oggettivo, ossia la natura di Ente pubblico (o di soggetto che agisce quale
longa manus dell'amministrazione) dell'autore dell'opera, e la
seconda di carattere oggettivo, ossia la natura pubblica o di interesse
generale dell’intervento (cfr. TAR Liguria, sez. I – 28/03/2013 n. 552; TAR
Lazio Roma, sez. II-quater – 10/03/2020 n. 3103, nella quale si precisa che
<<l'interprete non può allargare in via analogica il precetto espresso
dalla lettera della norma, che, per concedere l'esonero, si riferisce ad
opere eseguite dagli enti "istituzionalmente competenti". Il richiamo al
concetto di competenza istituzionale, ovvero al fascio delle attribuzioni
che la legge conferisce all'ente pubblico per il governo degli interessi
pubblici cui è preposto, chiarisce che l'opera è esentabile non soltanto se
realizzata da un soggetto pubblico o equiparato a vantaggio della
collettività, ma anche alla condizione che la sua realizzazione abbia un
rapporto di stretta strumentalità rispetto ai compiti istituzionali
dell'ente>>.
2.1 La ratio della norma –è stato rilevato– è anzitutto quella di
agevolare l'esecuzione di opere destinate al soddisfacimento di bisogni
collettivi o dalle quali la comunità possa comunque trarre un’utilità, per
cui il legislatore ha inteso evitare l'imposizione degli oneri concessori al
soggetto che interviene per l'istituzionale attuazione del pubblico
interesse, la quale sarebbe altrimenti intimamente contraddittoria, poiché
verrebbe a gravare, sia pure indirettamente, sulla stessa comunità che
dovrebbe avvantaggiarsi dal loro pagamento (TAR Lombardia Milano, sez. II –
03/11/2016 n. 2011, che ha richiamato Consiglio di Stato, sez. V –
11/01/2006 n. 51, e che ha aggiunto –con riferimento al requisito
soggettivo– che per “enti istituzionalmente competenti” debbono
intendersi i soggetti pubblici, ovvero anche i soggetti privati purché
l'opera sia realizzata per conto di un Ente pubblico e che “L'assenza di
scopo di lucro è … una circostanza che attiene unicamente alla funzionalità
interna della persona giuridica, la quale non potrà redistribuire gli
eventuali utili derivanti dall'attività svolta. Si tratta, tuttavia, di un
elemento che, in sé considerato, non è sufficiente a determinare la
riferibilità dell'opera a un ente pubblico, che è quanto richiesto dalla
norma al fine di rendere operativa l'esenzione”).
2.2 In buona sostanza, ai fini dell'esenzione occorre che l'opera sia
pubblica o di interesse pubblico e sia realizzata da un Ente pubblico (e che
quando non sia esso stesso Ente pubblico, il soggetto realizzatore abbia
agito quale organo indiretto dell'amministrazione, come nella concessione o
nella delega) non competendo, invece, alle opere eseguite da soggetti
privati, quale che sia la rilevanza sociale dell'attività da essi esercitata
nella o con l'opera edilizia cui la concessione si riferisce (Consiglio di
Stato, sez. II – 23/07/2019 n. 5194, secondo il quale <<l'esenzione dal
pagamento del contributo di costruzione vale per la struttura che realizza o
contribuisce con vincolo indissolubile all'erogazione diretta del servizio,
come, a titolo meramente esemplificativo, nell'ipotesi di un impianto
tecnico, ma non per un bene la cui strumentalità dipende da scelte
discrezionali e, quindi, revocabili, della società, dovendosi dunque
concludere che a rilevare non è la destinazione che soggettivamente
s'intende dare alla struttura, bensì la sua natura oggettiva: solo laddove
l'opera non possa, neppure in astratto, avere una destinazione diversa da
quella pubblica si potrà dunque configurare il presupposto per l'esonero dal
pagamento del contributo di costruzione (C.d.S., sez. IV, 31.08.2016, n.
3750)>>.
3. Con riferimento a singole fattispecie, è stato affrontato il caso di un
privato che aveva realizzato una struttura universitaria su incarico e per
conto dell’Ateneo di Padova, attraverso lo strumento della vendita di cosa
futura: pur riconoscendo la destinazione dell’opera (fin dall’origine) a
finalità pubbliche, è stata acclarata la carenza del requisito soggettivo e
cioè la realizzazione dello stesso da parte di un Ente istituzionale.
Infatti, se l’esenzione può essere riferita anche ad un’opera di interesse
generale realizzata da un privato per conto di un Ente pubblico, essa
tuttavia “spetta soltanto qualora (come avviene nella concessione di
opera pubblica e in altre analoghe figure organizzatorie) lo strumento
contrattuale utilizzato consenta formalmente di imputare la realizzazione
del bene direttamente all’ente per conto del quale il privato abbia operato
(cfr. ex multis V Sez. n. 536 del 1999 e n. 1901 del 2000).
In altri termini, l’esenzione spetta solo se il privato abbia agito quale
organo indiretto dell’amministrazione, come appunto nella concessione o
nella delega” (Consiglio di Stato, sez. IV – 11/02/2016 n. 595, che ha
riformato TAR Veneto, sez. II – 10/07/2014 n. 998).
3.1 Con riferimento invece alla sede di un’associazione sindacale, è stato
osservato che la stessa “… non può essere qualificata come un'opera
pubblica, o d'interesse generale, ma soltanto come un bene strumentale,
mediante il quale l'associazione persegue i propri compiti statutari. Ciò
non esclude che all'interno di tale edificio possano svolgersi attività che
realizzano scopi di utilità collettiva, ma ciò si realizza per la
destinazione concretamente impressa sull'edificio -o parte di esso- dal suo
proprietario, e non in relazione alle caratteristiche intrinseche
dell'opera, che la destinano direttamente alla fruizione collettiva, come
per una strada o un edificio pubblico” (TAR Veneto, sez. II – 16/06/2011
n. 1047).
3.2 Con riguardo al restauro di immobili appartenenti a un Istituto
religioso, si è affermato che perché un'opera rivesta la relativa qualifica
ovvero di opera funzionalmente connessa alle pratiche religiose, è
necessario che quella religiosa sia la destinazione principale
dell'edificio. Quindi “… mentre la realizzazione di chiese e di altri
edifici religiosi rientra di per sé nell'ambito delle opere di
urbanizzazione secondaria … La disposizione … non trova applicazione nel
caso di realizzazione di un fabbricato ad uso istituto, in quanto non si
tratta di opera di interesse generale, ma destinata alla fruizione di un
numero determinato di persone, realizzata da un soggetto che non è di
diritto pubblico …” (cfr. TAR Piemonte, sez. I – 15/06/2004 n. 1121, il
quale ha soggiunto che “Nel caso di specie l'istituto da costruire è
destinato a soddisfare gli interessi della comunità religiosa richiedente
non ad un servizio della collettività”).
4. Nell’esaminare un caso analogo a quello di cui si controverte, questo TAR
(cfr. sez. I – 24/06/2019 n. 569) ha preliminarmente sostenuto che <<"trova
campo elettivo d'applicazione, specie con riguardo alle norme che prevedono
l'esonero e la riduzione del pagamento del contributo, il criterio
interpretativo delle norme c.d. "a fattispecie esclusiva", proprio delle
disposizioni tributarie. Ossia l'interprete, oltre a doversi attenere alla
littera legis deve individuare il criterio in base al quale è stata disposto
il beneficio che deroga all'ordinario regime paratributario, al fine di non
estenderne l'applicazione oltre i casi espressamente preveduti">>.
Ha poi concluso per la mancanza di entrambi i requisiti previsti dalla
pertinente disposizione regionale –uno di carattere oggettivo legato al tipo
di opera; l'altro di carattere soggettivo relativo all'Ente che esegue le
opere– “in quanto l'intervento di ampliamento consiste, in concreto,
nella realizzazione di una nuova sala da adibirsi a cinema-teatro, di una
cucina professionale e di ulteriori spazi di servizio accessori al già
esistente edificio adibito a teatro parrocchiale. Tali opere non risultano,
all'evidenza, né inerenti l'attività di culto svolta dalla Parrocchia né
esse possono considerarsi quali progettate o comunque destinate a soddisfare
i bisogni della collettività, come richiesto espressamente dalla norma
regionale”.
Anche il requisito soggettivo risultava mancante “avendo la Parrocchia
richiesto il permesso di costruire per l'ampliamento dei propri edifici, al
fine di soddisfare interessi di natura privatistica, senza evidenziare (e
soprattutto senza fornire alcun elemento probatorio al riguardo) che detto
intervento edilizio sia funzionale all'interesse pubblico”.
5. Il Collegio ritiene di aderire alle conclusioni rassegnate nella
pronuncia citata, con alcune puntualizzazioni.
Quanto alla tipologia di opera (sala polivalente con capienza inferiore a
200 posti e aule per catechismo) non è in discussione il suo utilizzo da
parte di una molteplicità di persone né la pubblica utilità dell’attività di
aggregazione promossa dalla struttura religiosa, e tuttavia non è
riscontrabile il requisito dell’apertura alla collettività indifferenziata:
la preordinazione al soddisfacimento dell’interesse generale prelude infatti
a una fruizione da parte dell’intera comunità territoriale.
Relativamente al
profilo soggettivo, non sfugge al Tribunale che –a fronte di una
giurisprudenza consolidata e uniforme sulla cogenza della riferibilità
dell’opera all’Ente pubblico “istituzionalmente competente”– la
normativa regionale valorizza anche le “organizzazioni non lucrative di
utilità sociale (ONLUS)”.
In disparte la questione –di tipo formale– della non perfetta
sovrapposizione tra tale ampia categoria e le istituzioni religiose, il
Collegio è dell’opinione che il criterio interpretativo restrittivo che deve
accompagnare l’approccio alla disposizione induca a pretendere comunque
l’instaurazione di un’intesa tra soggetto privato e Ente pubblico, affinché
quest’ultimo sia assicurato sulla permanente destinazione dell’opera a
favore dell’intera collettività.
Al di là della forma giuridica adoperata (concessione, delega di funzioni o
altro), l’intervento deve sorgere –mantenendola nel tempo– con un’inequivoca
“riferibilità” al soggetto pubblico, a garanzia dell’utilità che deve
ritrarre la comunità indifferenziata.
6. Parte ricorrente ha invocato anche la seconda parte delle disposizioni
(nazionale e regionale) che dispongono l’esenzione, che investe “le opere
di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti
urbanistici”.
La tesi avanzata non è passibile di positivo scrutinio, in
quanto l’unità immobiliare non risulta edificata in attuazione di una
specifica previsione dello strumento urbanistico, come la legge richiede:
per l'opera di urbanizzazione vi è l'esenzione solo se essa sia stata
puntualmente contemplata e così espressamente qualificata dallo strumento
urbanistico (Consiglio di Stato, sez. IV – 25/11/2019 n. 8002).
In altri termini, deve rilevarsi l’essenziale distinzione tra la conformità
dell'opera alla destinazione di zona e l’attuazione di una destinazione
specifica di piano.
Da tale distinzione “discende che la semplice riconduzione all'astratta
tipologia di opera d'urbanizzazione secondaria non può considerarsi
sufficiente ai fini dell'esenzione del contributo” e che “Sotto tale
aspetto non è casuale che l'art. 17, comma 3, lett. c), del D.P.R. n. 380
del 2001 ponga su un piano di equivalenza, ai fini dell'esonero dal
contributo, "gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di
interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti", e
"le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di
strumenti urbanistici"” (Consiglio di Stato, sez. IV – 17/10/2018 n.
5942, secondo il quale “L'equiparazione si giustifica proprio in funzione
della circostanza che si tratta di specifiche opere urbanizzative
individuate dallo strumento urbanistico, ancorché la loro realizzazione sia
poi eseguita da privati, come accade ad esempio nel caso in cui nel quadro
di una convenzione e a fronte di una iniziativa edificatoria il privato
assuma l'onere di realizzare le specifiche opere urbanizzative previste …”.
In conclusione, la prima doglianza non si rivela meritevole di positivo
apprezzamento
(TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. II,
sentenza 29.06.2020 n. 444 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Esenzione
dai contributi concessori per opere edili a destinazione commerciale site
nell’ambito di un interporto.
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Edilizia – Oneri di costruzione – Esenzione - Opere edili a destinazione
commerciale – In ambito di interporto – Frazionamento – Esclusione.
Al fine di escludere l’esenzione dal pagamento dei
contributi concessori ex art. 17, d.P.R. 06.06.2001, n. 380 non è possibile
operare un frazionamento dell’intervento tale da escludere la qualificazione
giuridica di opere pubbliche per le strutture che ne rappresentano parte
integrante e ne garantiscono la piena funzionalità, come i magazzini (1).
---------------
(1) Ha chiarito la
Sezione che la “privatizzazione” degli interporti, attuata con l’art.
6, comma 3, d.l. 01.04.1995, n. 98, convertito in l. 30.05.1995, n. 204, pur
rilevante sul piano della gestione degli stessi, non ha inciso sulla
struttura fisica degli interporti medesimi che è evidentemente funzionale a
realizzare rilevanti interessi pubblici per la comunità, quali concentrare i
flussi di merci e promuovere il trasporto multimodale con particolare
riferimento alla modalità ferroviaria (con influssi benefici sull’ambiente),
aumentare la competitività e l’efficienza delle imprese di
trasporto/logistica e sviluppare reti logistiche nazionali ed
internazionali, offrendo servizi migliori al sistema produttivo
Pertanto, anche dopo tale innovazione legislativa, non è possibile, ai fini
di escludere l’esenzione dal pagamento dei contributi concessori ex art. 17,
d.P.R. 06.06.2001, n. 380, operare un frazionamento dell’intervento tale da
escludere la qualificazione giuridica di opere pubbliche per le strutture
che ne rappresentano parte integrante e ne garantiscono la piena
funzionalità, come i magazzini.
In tale ipotesi pertanto, oltre al requisito oggettivo richiesto dalla norma
citata per il riconoscimento dell’esenzione, sussiste anche quello
soggettivo, atteso che l’opera può essere ricondotta pacificamente all’ente
istituzionalmente competente anche qualora sia realizzata da un soggetto
privato, purché ciò avvenga per conto di un ente pubblico di cui ne
rappresenti, in buona sostanza, la longa manus (nel caso esaminato,
la concessione e gestione dei magazzini siti nell’ambito dell’interporto
erano stati affidati a provati tramite project financing, operazione
che, al pari della concessione di opera pubblica, è caratterizzata dal
trasferimento, in tutto o in parte, al concessionario delle funzioni
oggettivamente pubbliche proprie del concedente e necessarie per la
realizzazione dell’opera) (Cass. civ., sez. I, 03.04.2003, n. 5123)
(Consiglio di Stato, Sez. II,
sentenza 12.03.2020 n. 1776 -
commento tratto da e link a www.giustizia-amministrartiva.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
possibilità di esonero dal pagamento del contributo di costruzione indicata
dall'art. 17 dpr 380/2001 individua tra le varie ipotesi anche quella della
esistenza di un “interesse generale” (comma 3, lettera c) che richiede la concorrenza
di due requisiti:
- uno di carattere oggettivo, attinente al carattere
pubblico o di interesse generale delle opere da realizzare, e
- uno di
carattere soggettivo, in quanto le opere devono essere eseguite da un
ente istituzionalmente competente o da privati che abbiano un legame
istituzionale con l’azione dell’Amministrazione volti alla cura di interessi
pubblici.
Non è dunque la sola destinazione che soggettivamente s’intende dare
alla struttura sufficiente ai fini di beneficiare dell’esonero dal costo di
costruzione, ma la circostanza che oggettivamente la stessa abbia natura di
interesse generale, ipotesi che può rinvenirsi quando l’opera non possa,
neppure in astratto, avere una destinazione diversa da quella pubblica.
L'esenzione prevista dal citato art. 17 necessita, infatti, che l'opera, per
la quale si chiede l'esenzione del pagamento degli oneri di urbanizzazione,
sia, per le sue oggettive caratteristiche, esclusivamente finalizzata ad un
utilizzo a tempo indeterminato dell'intera collettività; ciò in quanto il
pagamento degli oneri concessori, essendo finalizzato alla realizzazione
delle opere di urbanizzazione necessarie al corretto assetto del territorio,
costituisce un principio generale dell'ordinamento le cui eccezioni sono di
stretta interpretazione.
---------------
13.5. La possibilità di esonero indicata dal successivo art. 17,
che individua tra le varie ipotesi anche quella della esistenza di un
“interesse generale” (comma 3, lettera c), richiede infatti la concorrenza
di due requisiti: uno di carattere oggettivo, attinente al carattere
pubblico o di interesse generale delle opere da realizzare, ed uno di
carattere soggettivo, in quanto le opere devono essere eseguite da un ente
istituzionalmente competente o da privati che abbiano un legame
istituzionale con l’azione dell’Amministrazione volti alla cura di interessi
pubblici (cfr. ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, n. 5942/2018).
13.6. Non è dunque la sola destinazione che soggettivamente s’intende dare
alla struttura sufficiente ai fini di beneficiare dell’esonero dal costo di
costruzione, ma la circostanza che oggettivamente la stessa abbia natura di
interesse generale, ipotesi che può rinvenirsi quando l’opera non possa,
neppure in astratto, avere una destinazione diversa da quella pubblica.
L'esenzione prevista dal citato art. 17 necessita infatti che l'opera, per
la quale si chiede l'esenzione del pagamento degli oneri di urbanizzazione,
sia, per le sue oggettive caratteristiche, esclusivamente finalizzata ad un
utilizzo a tempo indeterminato dell'intera collettività; ciò in quanto il
pagamento degli oneri concessori, essendo finalizzato alla realizzazione
delle opere di urbanizzazione necessarie al corretto assetto del territorio,
costituisce un principio generale dell'ordinamento le cui eccezioni sono di
stretta interpretazione (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, n. 2394/2016)
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 02.01.2020 n. 3 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2019 |
|
EDILIZIA PRIVATA: Sul
diritto, o meno, all’esenzione dal pagamento del contributo di concessione
edilizia prevista dall’art. 9, lettera f), della legge 28.01.1977, n. 10, in
base al quale “Il
contributo di cui al precedente art. 3 non è dovuto: .... f) per gli
impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale
realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di
urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti
urbanistici".
Per consolidata giurisprudenza di questo Consiglio, la
ragione della deroga prevista dalla prima parte dell’art. 9, comma 1, lett.
f), l. 28.01.1977 n. 10 è, anzitutto, quella di agevolare l’esecuzione di
opere destinate al soddisfacimento di interessi pubblici o dalle quali la
collettività possa comunque trarne una utilità, quando l’esecuzione sia
compiuta da un ente istituzionalmente competente tramite un concessionario
di opera pubblica, in tal caso venendo giustificata la concessione di un
beneficio economico che, non contribuendo alla formazione di un utile
d’impresa, si riverbera a vantaggio di tutta la collettività che fruisce
dell’opera una volta eseguita.
Ai fini dell’esenzione, pertanto, occorre che l’opera sia pubblica o di
interesse pubblico e sia realizzata da un ente pubblico, non competendo,
invece, alle opere eseguite da soggetti privati, quale che sia la rilevanza
sociale dell’attività da essi esercitata nella o con l’opera edilizia cui la
concessione si riferisce.
---------------
L’Istituto appellante non può dirsi “ente istituzionalmente competente”
ai sensi della disposizione de qua, perché l’espressione adoperata dalla
norma non può riferirsi che ad enti pubblici, ovvero a soggetti che agiscono
per conto di essi, come confermato dal fatto che soltanto nella seconda
parte della proposizione normativa, concernente le opere di urbanizzazione,
la disposizione si riferisce ad opere “eseguite anche da privati”.
Occorre cioè, diversamente da quanto accaduto nel caso in esame, che, quando
non sia esso stesso ente pubblico, il soggetto realizzatore abbia agito
quale organo indiretto dell’amministrazione, come nella concessione o nella
delega.
---------------
E’ per mera completezza, dunque, che può aggiungersi che la strumentalità
rispetto all’esercizio di un servizio pubblico non è sufficiente ad
integrare la nozione di “impianti, attrezzature, opere pubbliche o di
interesse generale”, di cui all’art. 9, comma 1, lett. f), della l. n.
10 del 1977 (ora art. 17, comma 3, lett. c), del d.P.R. n. 380 del 2001), in
quanto l’esenzione dal pagamento del contributo di costruzione vale per la
struttura che realizza o contribuisce con vincolo indissolubile
all’erogazione diretta del servizio, come, a titolo meramente
esemplificativo, nell’ipotesi di un impianto tecnico, ma non per un bene la
cui strumentalità dipende da scelte discrezionali e, quindi, revocabili,
della società, dovendosi dunque concludere che a rilevare non è la
destinazione che soggettivamente s’intende dare alla struttura, bensì la sua
natura oggettiva: solo laddove l’opera non possa, neppure in astratto, avere
una destinazione diversa da quella pubblica si potrà dunque configurare il
presupposto per l’esonero dal pagamento del contributo di costruzione.
---------------
1. - In primo grado l’Istituto Diocesano Sostentamento del Clero di Caserta
ha agito nei confronti del Comune di Caserta per l’accertamento negativo
dell’obbligo di pagare il contributo concessorio e per il riconoscimento del
diritto alla restituzione delle somme che avrebbe indebitamente versato per
la realizzazione della struttura sportiva polivalente di sua proprietà sita
in Caserta alla via Borsellino, sostenendo di aver diritto all’esenzione dal
pagamento del contributo di concessione edilizia prevista dall’art. 9,
lettera f), della legge 28.01.1977, n. 10, in base al quale “Il
contributo di cui al precedente art. 3 non è dovuto: .... f) per gli
impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale
realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di
urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti
urbanistici".
Il TAR ha respinto il ricorso giudicando insussistenti i presupposti per il
riconoscimento dell’esenzione in favore dell’opera in questione
(riconducibile ad una struttura pubblica di quartiere e verde attrezzato e
di proprietà di un ente ecclesiastico civilisticamente riconosciuto con
Decreto del Ministero degli Interni ed iscritto nel registro delle persone
giuridiche della Prefettura di Caserta) con riferimento ad ambedue le
ipotesi della disposizione citata.
In particolare, in relazione alla fattispecie prevista dalla prima parte
dell’articolo, ha rilevato la carenza sia del presupposto oggettivo (opera
pubblica o destinata a soddisfare bisogni della collettività), sia di quello
soggettivo (opera realizzata da un’amministrazione pubblica o da un soggetto
privato per conto di una pubblica amministrazione), osservando che “è
pacifico che l’ente proprietario dell’immobile è un soggetto a personalità
giuridica privo di alcun collegamento con la pubblica amministrazione; tale
circostanza è sufficiente per escludere il riconoscimento del beneficio, in
considerazione anche della specifica tipologia di opera in questione
(struttura sportiva poliva[len]te) e della sue concrete modalità di
fruizione”.
In relazione alla seconda ipotesi, ha evidenziato che “per essere esente
da contributo, l’opera di urbanizzazione deve essere specificatamente
indicata come tale nello strumento urbanistico, anche attuativo (C.d.S. Sez.
V, 21.01.1997 n. 69). Nel caso in esame la realizzazione dell’opera de qua è
certamente conforme agli strumenti urbanistici vigenti; non è tuttavia
espressamente contemplata come tale dagli strumenti urbanistici”.
...
8. – Nel merito, il Giudice di primo grado ha correttamente escluso che
l’Istituto avesse titolo all’esenzione dal pagamento dei contributi
concessori e, dunque, alla ripetizione di quanto versato.
9. – Per consolidata giurisprudenza di questo Consiglio, la ragione della
deroga prevista dalla prima parte dell’art. 9, comma 1, lett. f), l.
28.01.1977 n. 10 è, anzitutto, quella di agevolare l’esecuzione di opere
destinate al soddisfacimento di interessi pubblici o dalle quali la
collettività possa comunque trarne una utilità, quando l’esecuzione sia
compiuta da un ente istituzionalmente competente tramite un concessionario
di opera pubblica, in tal caso venendo giustificata la concessione di un
beneficio economico che, non contribuendo alla formazione di un utile
d’impresa, si riverbera a vantaggio di tutta la collettività che fruisce
dell’opera una volta eseguita (ex ceteris, C.d.S., Sez. VI,
11.04.2014, n. 1759).
Ai fini dell’esenzione, pertanto, occorre che l’opera sia pubblica o di
interesse pubblico e sia realizzata da un ente pubblico, non competendo,
invece, alle opere eseguite da soggetti privati, quale che sia la rilevanza
sociale dell’attività da essi esercitata nella o con l’opera edilizia cui la
concessione si riferisce (ex aliis, C.d.S., sez. V, 15.12.2005, n.
7140).
L’Istituto appellante non può dirsi “ente istituzionalmente competente”
ai sensi della disposizione de qua, perché l’espressione adoperata dalla
norma non può riferirsi che ad enti pubblici, ovvero a soggetti che agiscono
per conto di essi, come confermato dal fatto che soltanto nella seconda
parte della proposizione normativa, concernente le opere di urbanizzazione,
la disposizione si riferisce ad opere “eseguite anche da privati” (C.d.S.,
sez. V, 11.01.2006, n. 51).
Occorre cioè, diversamente da quanto accaduto nel caso in esame, che, quando
non sia esso stesso ente pubblico, il soggetto realizzatore abbia agito
quale organo indiretto dell’amministrazione, come nella concessione o nella
delega (C.d.S., sez. IV, 20.11.2017, n. 5356, Id., sez. IV, 30.08.2016, n.
3721, con riferimento alla previsione ora contenuta nell’art. 17, co. 3,
lett. c), D.P.R. n. 380 del 2001).
E poiché non è gravato il capo della sentenza di primo grado che ha escluso
che possa ricadersi, in alternativa, nell’ipotesi dell’esenzione dovuta, in
forza della seconda parte della disposizione citata, per le opere di
urbanizzazione eseguite anche da privati in attuazione di strumenti
urbanistici, non vertendosi, nel caso di specie, di opere di urbanizzazione
specificamente indicate come tali nello strumento urbanistico, tanto basta
ad escludere che l’Istituto appellante abbia diritto all’esenzione dal
versamento del contributo di concessione.
E’ per mera completezza, dunque, che può aggiungersi che la strumentalità
rispetto all’esercizio di un servizio pubblico non è sufficiente ad
integrare la nozione di “impianti, attrezzature, opere pubbliche o di
interesse generale”, di cui all’art. 9, comma 1, lett. f), della l. n.
10 del 1977 (ora art. 17, comma 3, lett. c), del d.P.R. n. 380 del 2001), in
quanto l’esenzione dal pagamento del contributo di costruzione vale per la
struttura che realizza o contribuisce con vincolo indissolubile
all’erogazione diretta del servizio, come, a titolo meramente
esemplificativo, nell’ipotesi di un impianto tecnico, ma non per un bene la
cui strumentalità dipende da scelte discrezionali e, quindi, revocabili,
della società, dovendosi dunque concludere che a rilevare non è la
destinazione che soggettivamente s’intende dare alla struttura, bensì la sua
natura oggettiva: solo laddove l’opera non possa, neppure in astratto, avere
una destinazione diversa da quella pubblica si potrà dunque configurare il
presupposto per l’esonero dal pagamento del contributo di costruzione
(C.d.S., sez. IV, 31.08.2016, n. 3750).
10. – Per queste ragioni, in conclusione, l’appello deve essere respinto
(Consiglio di Stato, Sez. II,
sentenza 23.07.2019 n. 5194 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: L’art. 17 del D.P.R.,
08.06.2001, n. 380, comma 3, lettera c), prevede
l’esenzione del contributo per “gli impianti, le attrezzature, le opere
pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente
competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati,
in attuazione di strumenti urbanistici".
In base al dato testuale della norma e alla sua costante interpretazione
giurisprudenziale, la esenzione esige il concorso di due presupposti, e
cioè, uno oggettivo, l’ascrivibilità del manufatto oggetto di concessione
edilizia alla categoria delle opere pubbliche o di interesse generale, e
l’altro soggettivo, l’esecuzione delle opere da parte di enti
istituzionalmente competenti, vale a dire da parte di soggetti cui sia
demandata in via istituzionale la realizzazione di opere di interesse
generale (ovvero da parte di privati concessionari dell’ente pubblico,
purché le opere siano inerenti all’esercizio del rapporto concessorio).
Pertanto, è necessario dimostrare che l’opera, per la quale si chiede
l’esenzione del pagamento degli oneri urbanizzativi, sia, per le sue
oggettive caratteristiche e peculiarità, esclusivamente finalizzata ad un
utilizzo dell’intera collettività.
Se alla luce dell’evoluzione del concetto di pubblica amministrazione,
inteso non più meramente in senso formalistico ma funzionalistico, possono
ottenere lo sgravio edilizio de quo non esclusivamente le amministrazioni
formalmente previste e riconosciute come tali dalla legge, ma anche soggetti
privati (imprenditori individuali, società per azioni) che esercitino
un’attività pubblicisticamente rilevante, ponendosi in una condizione di
longamanus della p.a., tuttavia, in forza della seconda peculiarità, è
necessario anche focalizzare l’attenzione sull’opera, in funzione della
quale il titolo edilizio viene chiesto e rilasciato.
Su quest’ultimo punto, l’orientamento della giurisprudenza, dal quale il
Collegio non ritiene di potersi discostare nel caso di specie, interpreta
restrittivamente le fattispecie di esenzione, richiedendo che l’opera, per
la quale si chiede l’esenzione del pagamento degli oneri di urbanizzazione,
sia, per le sue oggettive caratteristiche, esclusivamente finalizzata ad un
utilizzo dell’intera collettività; ciò in quanto il pagamento degli oneri
concessori, essendo finalizzato alla realizzazione delle opere di
urbanizzazione necessarie al corretto assetto del territorio, ai sensi
dell’art. 9 della Costituzione, costituisce un principio generale
dell’ordinamento le cui eccezioni sono di stretta interpretazione.
Sulla
base di tali principi, viene, quindi, affermata la non sufficienza di un
nesso di mera strumentalità dell’opera a un interesse generale,
richiedendosi l’esclusiva finalizzazione alla realizzazione dell’interesse
generale.
---------------
L’appello è infondato.
L’art. 17 del D.P.R., 08.06.2001, n. 380, comma 3, lettera c), prevede
l’esenzione del contributo per “gli impianti, le attrezzature, le opere
pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente
competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati,
in attuazione di strumenti urbanistici".
In base al dato testuale della norma e alla sua costante interpretazione
giurisprudenziale, la esenzione esige il concorso di due presupposti, e
cioè, uno oggettivo, l’ascrivibilità del manufatto oggetto di concessione
edilizia alla categoria delle opere pubbliche o di interesse generale, e
l’altro soggettivo, l’esecuzione delle opere da parte di enti
istituzionalmente competenti, vale a dire da parte di soggetti cui sia
demandata in via istituzionale la realizzazione di opere di interesse
generale (ovvero da parte di privati concessionari dell’ente pubblico,
purché le opere siano inerenti all’esercizio del rapporto concessorio) (cfr.
Consiglio di Stato, sez. IV, 20.11.2017, n. 5356; sez. V, 07.05.2013, n. 2467; sez. IV,
02.03.2011, n. 1332).
Pertanto, è necessario dimostrare che l’opera, per la quale si chiede
l’esenzione del pagamento degli oneri urbanizzativi, sia, per le sue
oggettive caratteristiche e peculiarità, esclusivamente finalizzata ad un
utilizzo dell’intera collettività.
Se alla luce dell’evoluzione del concetto di pubblica amministrazione,
inteso non più meramente in senso formalistico ma funzionalistico, possono
ottenere lo sgravio edilizio de quo non esclusivamente le amministrazioni
formalmente previste e riconosciute come tali dalla legge, ma anche soggetti
privati (imprenditori individuali, società per azioni) che esercitino
un’attività pubblicisticamente rilevante, ponendosi in una condizione di
longamanus della p.a., tuttavia, in forza della seconda peculiarità, è
necessario anche focalizzare l’attenzione sull’opera, in funzione della
quale il titolo edilizio viene chiesto e rilasciato.
Su quest’ultimo punto, l’orientamento della giurisprudenza, dal quale il
Collegio non ritiene di potersi discostare nel caso di specie, interpreta
restrittivamente le fattispecie di esenzione, richiedendo che l’opera, per
la quale si chiede l’esenzione del pagamento degli oneri di urbanizzazione,
sia, per le sue oggettive caratteristiche, esclusivamente finalizzata ad un
utilizzo dell’intera collettività; ciò in quanto il pagamento degli oneri
concessori, essendo finalizzato alla realizzazione delle opere di
urbanizzazione necessarie al corretto assetto del territorio, ai sensi
dell’art. 9 della Costituzione, costituisce un principio generale
dell’ordinamento le cui eccezioni sono di stretta interpretazione.
Sulla
base di tali principi, viene, quindi, affermata la non sufficienza di un
nesso di mera strumentalità dell’opera a un interesse generale,
richiedendosi l’esclusiva finalizzazione alla realizzazione dell’interesse
generale (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 06.06.2016, n. 2394; 07.07.2014, n. 3421)
(Consiglio di Stato, Sez. II,
sentenza 13.05.2019 n. 3054 - link a www.giustizia-amministrartiva.it). |
anno 2018 |
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EDILIZIA PRIVATA: E'
onerosa la realizzazione di un
edificio da destinare a servizi sanitari-diagnostici-specialistici nonché e
farmacia.
L’art. 17, comma 3, lett. c), del d.P.R. 06.06.2001, n. 380 esclude la
corresponsione del contributo di costruzione “per gli impianti, le
attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli
enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione,
eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici”,
riproponendo in modo testuale la lettera f) dell’art. 9, comma 1, della
legge 28.01.1977, n. 10.
Univoco orientamento giurisprudenziale subordina il riconoscimento della
gratuità del permesso di costruire, ossia l’esenzione dal contributo, ad un
duplice requisito oggettivo e soggettivo: la destinazione funzionale
dell’opera e la sua realizzazione a cura di soggetti pubblici, sia essa
diretta o indiretta, e quindi, in questa seconda ipotesi, “…qualora (come
avviene nella concessione di opera pubblica e in altre analoghe figure
organizzatorie) lo strumento contrattuale utilizzato consenta formalmente di
imputare la realizzazione del bene direttamente all’ente per conto del quale
il privato abbia operato…(e in definitiva)…se il privato abbia agito quale
organo indiretto dell’amministrazione, come appunto nella concessione o
nella delega”.
Ed ancora:
- “…solo laddove l’opera non possa, neppure in astratto, avere una
destinazione diversa da quella pubblica si potrà dunque configurare il
presupposto per l’esonero dal pagamento del contributo di costruzione”;
- nella prospettiva dell’evoluzione della nozione di pubblica
amministrazione può ammettersi l’ampliamento del requisito soggettivo
soltanto per “…soggetti privati (imprenditori individuali, società per
azioni) che esercitino un’attività pubblicisticamente rilevante, ponendosi
in una condizione di longa manus della p.a.”.
E’ quindi evidente, nel caso di specie, il difetto del requisito soggettivo
che non potrebbe essere “recuperato” -secondo la pur suggestiva
prospettazione dell’appellante- perché l’immobile sia destinato (in parte) a
ospitare uno studio radiologico accreditato con il servizio sanitario
nazionale e a servizi farmaceutici.
---------------
Risulta infondata anche la subordinata prospettazione in ordine
all’esenzione ai sensi dell’art. 19 del d.P.R. n. 380/2001, poiché alla
nozione di attività industriale deve annettersi un significato
specifico e ristretto (nel senso che “Il beneficio dell'esonero dalla
corresponsione del contributo concessorio afferente ai costi di costruzione
ed urbanizzazione, previsto per gli immobili nei quali si svolge attività
industriale dall'art. 19 t.u. dell'edilizia, approvato con d.P.R. 06.06.2001
n 380, concerne strettamente i fabbricati complementari ed asserviti alle
esigenze proprie di un impianto industriale e non già quegli edifici che non
sono di per sé destinati alla produzione di beni industriali, ovvero le
opere edilizie comunque suscettibili di essere utilizzate al servizio di
qualsiasi attività economica; è pertanto da escludere l'applicabilità del
trattamento contributivo di favore a magazzini per deposito e commercio, ove
non siano collegati ad altro stabile adibito all'attività produttiva”).
---------------
... per la riforma della
sentenza 26.07.2016 n. 1502
del TAR per la Lombardia, Sede di Milano, Sezione 2^, resa tra le parti, con
cui è stato rigettato il ricorso in primo grado n.r. 2138/2015 proposto per
l’annullamento della determinazione dirigenziale dell’11.08.2015 recante
richiesta di corresponsione della somma di € 282,566,09 a titolo di
contributo di costruzione, nonché per l’accertamento del diritto
all’esenzione dal contributo di costruzione e in subordine per la sua
rideterminazione, con condanna alla restituzione delle somme eventualmente
eccedenti quelle dovute
...
1.) La società Ed. S.r.l., proprietaria di un suolo in Seregno alla via ...,
identificato in catasto a fg. 42 mappale 533, in zona urbanistica tipizzata
a standard per servizi pubblici, ha conseguito il rilascio del permesso di
costruire n. 137 del 28.12.2012 per la realizzazione di un edificio composto
da due piani fuori terra e un piano interrato, della complessiva superficie
di mq. 2.600 circa, da alienare in parte allo Studio Radiologico B. S.r.l. e
in parte a A. S.p.A., rispettivamente per destinazione a servizi
sanitari-diagnostici-specialistici e farmacia.
In funzione di tale destinazione ha altresì sottoscritto (insieme allo
Studio Radiologico) un atto unilaterale d’obbligo relativo alla cessione o
alla locazione dell’immobile esclusivamente a soggetti pubblici o privati
accreditati con ASL o muniti di autorizzazione sanitaria, ai sensi dell’art.
13 N.T.A. del previgente P.R.G. comunale.
La società ha altresì provveduto al versamento delle somme richieste a
titolo di contributo di costruzione, nella misura di € 156.965,20 (di cui €
62.148,76 per oneri urbanizzativi primari e secondari ed € 94.816,44 per
costo di costruzione).
In seguito la società ha presentato una d.i.a. in variante per l’ampliamento
della struttura pari a circa 739 mq. e ha stipulato un ulteriore atto
unilaterale d’obbligo inteso a vincolarla alla destinazione a farmacia
gestita dalla A. S.p.A.
...
5.) L’appello in epigrafe è destituito di fondamento giuridico e deve essere
rigettato, con la conferma della sentenza gravata.
5.1) L’art. 17, comma 3, lett. c), del d.P.R. 06.06.2001, n. 380 esclude la
corresponsione del contributo di costruzione “per gli impianti, le
attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli
enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione,
eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici”,
riproponendo in modo testuale la lettera f) dell’art. 9, comma 1, della
legge 28.01.1977, n. 10.
5.2) Univoco orientamento giurisprudenziale subordina il riconoscimento
della gratuità del permesso di costruire, ossia l’esenzione dal contributo,
ad un duplice requisito oggettivo e soggettivo: la destinazione
funzionale dell’opera e la sua realizzazione a cura di soggetti pubblici,
sia essa diretta o indiretta, e quindi, in questa seconda ipotesi, “…qualora
(come avviene nella concessione di opera pubblica e in altre analoghe figure
organizzatorie) lo strumento contrattuale utilizzato consenta formalmente di
imputare la realizzazione del bene direttamente all’ente per conto del quale
il privato abbia operato…(e in definitiva)…se il privato abbia agito quale
organo indiretto dell’amministrazione, come appunto nella concessione o
nella delega” (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 11.02.2016, n. 595; nello
stesso senso ancora più di recente Sez. IV, 20.11.2017, n. 5356; nel senso
che “…solo laddove l’opera non possa, neppure in astratto, avere una
destinazione diversa da quella pubblica si potrà dunque configurare il
presupposto per l’esonero dal pagamento del contributo di costruzione”
vedi Sez. IV, 30.08.2016, n. 3721; nella prospettiva dell’evoluzione della
nozione di pubblica amministrazione può ammettersi l’ampliamento del
requisito soggettivo soltanto per “…soggetti privati (imprenditori
individuali, società per azioni) che esercitino un’attività
pubblicisticamente rilevante, ponendosi in una condizione di longa manus
della p.a.”: Sez. IV, 06.06.2016, n. 2394).
5.3) E’ quindi evidente, nel caso di specie, il difetto del requisito
soggettivo, come esattamente rilevato dal giudice amministrativo meneghino,
che non potrebbe essere “recuperato” -secondo la pur suggestiva
prospettazione dell’appellante- perché l’immobile sia destinato (in parte) a
ospitare uno studio radiologico accreditato con il servizio sanitario
nazionale e a servizi farmaceutici.
5.4) Peraltro nemmeno persuasiva è l’alternativa prospettazione secondo la
quale l’immobile debba qualificarsi come opera urbanizzativa secondaria
realizzata da soggetto privato.
La disposizione richiede, infatti, che si tratti di opere realizzate “in
attuazione di strumenti urbanistici”, ossia che vi sia una previsione
specifica e puntuale di un’opera di urbanizzazione la cui realizzazione sia
consentita anche a privati.
In altri termini, deve rilevarsi la essenziale distinzione tra la conformità
dell’opera alla destinazione di zona, e attuazione di destinazione, e quindi
di previsione, specifica di piano.
Il Collegio ritiene decisivo il rilievo di tale distinzione, dalla quale
discende che la semplice riconduzione all’astratta tipologia di opera
d’urbanizzazione secondaria non può considerarsi sufficiente ai fini
dell’esenzione del contributo.
Sotto tale aspetto non è casuale che l’art. 17, comma 3, lett. c), del
d.P.R. n. 380/2001 ponga su un piano di equivalenza, ai fini dell’esonero
dal contributo, “gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di
interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti”,
e “le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione
di strumenti urbanistici”.
L’equiparazione si giustifica proprio in funzione della circostanza che si
tratta di specifiche opere urbanizzative individuate dallo strumento
urbanistico, ancorché la loro realizzazione sia poi eseguita da privati,
come accade ad esempio nel caso in cui nel quadro di una convenzione e a
fronte di una iniziativa edificatoria il privato assuma l’onere di
realizzare le specifiche opere urbanizzative previste in quella maglia.
5.5) Ineccepibile è altresì il rilievo del TAR per la Lombardia in ordine
alla carente allegazione e prova della genericamente invocata erroneità del
computo del contributo di costruzione, risultando che il Comune ha assunto a
fondamento del calcolo il computo metrico predisposto dalla stessa
interessata e non essendo contestato il medesimo in modo specifico e
puntuale.
5.6) Da ultimo risulta infondata anche la subordinata prospettazione in
ordine all’esenzione ai sensi dell’art. 19 del d.P.R. n. 380/2001, poiché
alla nozione di attività industriale deve annettersi un significato
specifico e ristretto (nel senso che “Il beneficio dell'esonero dalla
corresponsione del contributo concessorio afferente ai costi di costruzione
ed urbanizzazione, previsto per gli immobili nei quali si svolge attività
industriale dall'art. 19 t.u. dell'edilizia, approvato con d.P.R. 06.06.2001
n 380, concerne strettamente i fabbricati complementari ed asserviti alle
esigenze proprie di un impianto industriale e non già quegli edifici che non
sono di per sé destinati alla produzione di beni industriali, ovvero le
opere edilizie comunque suscettibili di essere utilizzate al servizio di
qualsiasi attività economica; è pertanto da escludere l'applicabilità del
trattamento contributivo di favore a magazzini per deposito e commercio, ove
non siano collegati ad altro stabile adibito all'attività produttiva”
(vedi per tutte Cons. Stato, Sez. V, 23.04.2014, n. 2044).
6.) In conclusione l’appello in epigrafe deve essere rigettato, con la
conferma della sentenza gravata
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 17.10.2018 n. 5942 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Oneri per installazione di uno spazio attrezzato per una
struttura teatrale.
Premesso che la deroga alla onerosità
della concessione edilizia (ora permesso di costruire)
ricorre nelle sole ipotesi tassativamente indicate dalla
legge, per l’inveramento della fattispecie di gratuità di cui alla
richiamata lett. f) dell’art. 9 della legge n. 10 del 1977 è
necessaria la contestuale presenza di due requisiti:
uno
soggettivo, per effetto del quale le opere devono essere
eseguite da un ente istituzionalmente competenze; l’altro di
carattere oggettivo, per effetto del quale la
costruzione deve riguardare opere pubbliche o di interesse
generale.
---------------
1. La Cooperativa ricorrente, odierna appellante, ha agito
in giudizio per l’accertamento del diritto all’esenzione dal
pagamento del costo di costruzione e degli oneri di
urbanizzazione primaria e secondaria richiesti dal Comune di
Bitritto con nota del 12.03.1993.
Gli elementi di fatto, come essenzialmente già contenuti
nella pronuncia di primo grado, possono essere così
sintetizzati:
- il Comune di Bitritto, con delibera consiliare n. 99 del 1985, ha
approvato il progetto per la realizzazione di uno spazio
attrezzato per Teatro Tenda, provvedendo successivamente
alla sistemazione e recinzione dell’area interessata, con
ultimazione dei lavori alla data del 30.05.1987;
- con successiva delibera consiliare n. 165 del 1987 ha affidato in
concessione detta area alla Cooperativa S.C.A.L.S., con la
quale, in data 16.06.1988, ha stipulato apposita
convenzione;
- con istanza del 26.01.1989, la Cooperativa, dovendo
completare i lavori sull’area attrezzata per l’installazione
del teatro tenda, ha chiesto, ai sensi dell’art. 12 della
convenzione, l’autorizzazione per l’esecuzione di alcuni
lavori e tali lavori sono stati autorizzati con
provvedimento sindacale dell’11.02.1989;
- il Comando di Polizia Municipale di Bitritto, con nota del 07.12.1992, ha rilevato l’abusiva realizzazione del
teatro tenda con copertura con telone in PVC nonché di sei
prefabbricati e di un corpo di fabbrica con muratura
perimetrale in tufo e copertura con lamiere zincate;
- l’amministrazione comunale, con atto del 01.02.1983, ha
ordinato l’immediata sospensione dei lavori abusivamente
eseguiti dalla Cooperativa;
- in data 04.02.1993, l’odierna appellante ha proposto istanza
di sanatoria anche per tali opere, sulla quale è intervenuto
favorevole parere della C.E.;
- il Comune di Bitritto, con atto del 12.03.1993, ha richiesto
il pagamento di costi e oneri relativi alle opere eseguite.
Il TAR Puglia, Sede di Bari, Seconda Sezione, con sentenza
n. 1729 del 2012, ha respinto il ricorso.
La Cooperativa SCALS ha proposto appello avverso la detta
sentenza, articolando i seguenti motivi di impugnativa: ...
...
3. L’appello è infondato e va di conseguenza respinto.
Con convenzione stipulata in data 16.06.2018, il Comune di
Bitritto ha affidato in concessione alla Cooperativa
S.C.A.L.S. l’area attrezzata per teatro tenda per consentire
alla detta Cooperativa di insediarvi una struttura teatrale,
comprendente anche eventuali attrezzature accessorie. Il
diritto di concessione, ai sensi dell’art. 8, comma 2, della
convenzione è esteso oltre che all’area attrezzata, anche al
mantenimento e godimento della predetta struttura nei limiti
e con le modifiche indicate nella stessa convenzione.
La concessione, pertanto, ha ad oggetto l’area attrezzata
nonché il mantenimento ed il godimento della struttura, ma
non l’esercizio dell’attività teatrale, con la conseguenza
che per la realizzazione del teatro è necessaria la
concessione edilizia, onerosa per legge; onerosità,
peraltro, non esclusa da alcuna clausola convenzionale.
Pertanto, non sussiste alcun motivo per escludere
l’assoggettamento della realizzazione del Teatro Tenda dagli
oneri di costruzione e di urbanizzazione primaria e
secondaria da parte del costruttore, a prescindere dal
soggetto che sarebbe rimasto in futuro proprietario delle
strutture fisse.
L’art. 12 della convenzione, d’altra parte, autorizza la
Cooperativa ad effettuare tutte le modifiche necessarie
sull’area attrezzata del Comune per il montaggio ed il
funzionamento della struttura teatrale, previo riscontro e
nulla osta da parte dell’Ufficio Comunale.
Di talché, come condivisibilmente statuito nella pronuncia
di primo grado, la clausola “si riferisce esclusivamente
alle modifiche necessarie da effettuarsi sull’area
attrezzata del Comune per il montaggio ed il funzionamento
della struttura teatrale, opere meramente prodromiche e di
modeste entità (così come del resto individuate dalla stessa
ricorrente nella originaria istanza del 26.01.1989), non
anche invece alle opere di costruzione del Teatro Tenda e di
tutti gli altri manufatti edilizi realizzati in assenza di
titolo, che integrano opere e lavori del tutto estranei a
quelli relativi alla sistemazione e predisposizione
dell’area”.
Né è possibile ritenere che la fattispecie rientri
nell’ambito dell’art. 9, lett. f), della l. n. 10 del 1977,
ratione temporis vigente, secondo cui il contributo
di concessione non è dovuto “per gli impianti, le
attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale
realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché
per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati,
in attuazione di strumenti urbanistici”.
Infatti, premesso che la deroga alla onerosità della
concessione edilizia (ora permesso di costruire) ricorre
nelle sole ipotesi tassativamente indicate dalla legge, per
l’inveramento della fattispecie di gratuità di cui alla
richiamata lett. f) dell’art. 9 della legge n. 10 del 1977 è
necessaria la contestuale presenza di due requisiti:
uno
soggettivo, per effetto del quale le opere devono essere
eseguite da un ente istituzionalmente competenze; l’altro di
carattere oggettivo, per effetto del quale la costruzione
deve riguardare opere pubbliche o di interesse generale (ex
multis: Cons. Stato, V, 07.05.2013, n. 2467; Cons.
Stato, IV, 02.03.2011, n. 1332),
Nel caso di specie, difettano entrambi i requisiti atteso
che la struttura è stata realizzata da un soggetto privato
per la gestione in via autonoma (cfr. art. 4 della
convenzione) a fini verosimilmente di lucro (cfr. anche art.
8 della convenzione sui proventi, riservati alla
Cooperativa, rivenienti dall’affitto di spazi pubblicitari a
terzi) e, quindi, per fini privati.
Va da sé, inoltre, che nella presente delibazione non può
assumere rilievo la circostanza che il suolo è demaniale e
risulta trasformato e urbanizzato dallo stesso Comune e ciò
in quanto gli oneri in discorso sono posti a carico del
costruttore a titolo di partecipazione ai costi delle opere
di urbanizzazione in proporzione all’insieme dei benefici
che la nuova costruzione ne ritrae.
La censura sull’incompetenza dell’Assessore ai Lavori
Pubblici di Bitritto, il quale non sarebbe mai stato
delegato al compimento di atti di determinazione del
contributo de quo, infine, non può trovare ingresso nel
presente giudizio nel quale, come detto, si controverte
sull’accertamento del diritto della Cooperativa ad essere
esentata dagli oneri concessori e non sulla determinazione
del quantum degli stessi oneri ed in cui, quindi, la nota
del 12.03.2013, si presenta ininfluente.
Ad ogni buon conto, occorre rilevare che il Sindaco pro
tempore del Comune di Bitritto, in data 11.01.1991, aveva
delegato all’Assessore il ramo dei servizi lavori pubblici,
edilizia privata ed urbanistica, nel quale rientra la
determinazione degli oneri di costruzione ed urbanizzazione (Consiglio
di Stato, Sez. IV,
sentenza 14.02.2018 n. 945
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2017 |
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EDILIZIA PRIVATA:
Perché possa ricorrere l’ipotesi di
esenzione del contributo di costruzione di cui
all’art. 17 DPR 380/2001, occorre che gli
interventi da realizzare costituiscano attuazione di
norme o di provvedimenti amministrativi che
espressamente li prevedono (e non siano invece
effetto di una scelta volontaria del soggetto, sia
pure in conseguenza di provvedimenti emanati), e che
siano stati adottati a seguito di eventi
eccezionali, dannosi o pericolosi per la
collettività, tali da richiedere l’esercizio di
poteri straordinari.
---------------
4. Nel merito, il Collegio ritiene opportuno
rilevare –anche al fine di meglio circoscrivere le
ragioni per le quali l’appello deve essere accolto-
che sia il motivo con il quale si censura la
sentenza impugnata per non aver considerato
applicabili, nel caso di specie, gli artt. 16, co. 1,
e 17, co. 3, DPR n. 380/2001, recante quest’ultimo
(lett. d) l’esenzione per la ricostruzione a seguito
di “pubbliche calamità” (motivo sub lett. a)
dell’esposizione in fatto), sia il motivo con il
quale si censura la sentenza per non aver ricondotto
le opere alla manutenzione straordinaria, anziché
alla ristrutturazione edilizia (sub lett. b1)
dell’esposizione in fatto), sono infondati e devono
essere, pertanto, respinti.
4.1. Quanto al primo, occorre premettere che il
permesso di costruire è provvedimento naturalmente
oneroso (da ultimo, Corte Cost., 03.11.2016 n.
231), di modo che le norme di esenzione devono
essere interpretate come “eccezioni” ad una regola
generale (e da considerarsi, quindi, di stretta
interpretazione), non essendo consentito alla stessa
potestà legislativa concorrente di ampliare le
ipotesi al di là delle indicazioni della
legislazione statale, da ritenersi quali principi
fondamentali in tema di governo del territorio
(Corte Cost., n. 231/2016 cit.).
L’art. 17, co. 3, lett. d), DPR n. 380/2001 prevede
la esenzione dal contributo di costruzione “per gli
interventi da realizzare in attuazione di norme o di
provvedimenti emanati a seguito di pubbliche
calamità”.
Si tratta di due distinte ipotesi, ambedue sorrette
dal presupposto della “pubblica calamità”. Quest’ultima deve essere intesa come un evento
imprevisto e dannoso che, per caratteristiche,
estensione, potenzialità offensiva sia tale da
colpire e/o mettere in pericolo non solo una o più
persone o beni determinati, bensì una intera ed
indistinta collettività di persone ed una pluralità
non definibile di beni, pubblici o privati.
Ciò che caratterizza, dunque, il carattere
“pubblico” della calamità e la differenzia da altri
eventi dannosi, pur gravi, è la riferibilità
dell’evento (in termini di danno e di pericolo) a
una comunità, ovvero ad una pluralità non definibile
di persone e cose, laddove, negli altri casi,
l’evento colpisce (ed è dunque circoscritto) a
singoli, specifici soggetti o beni e, come tale, è
affrontabile con ordinarie misure di intervento.
Se, dunque –come sostenuto dall’appellante–
l’evento deve caratterizzarsi per straordinarietà,
imprevedibilità e una portata tale da essere “anche
solo potenzialmente pericoloso per la collettività”,
ciò non è, tuttavia, sufficiente a qualificarlo
quale “calamità pubblica”, posto che deve comunque
trattarsi di un evento non afferente a beni
determinati e non affrontabile e risolvibile con
ordinari strumenti di intervento, sia sul piano
concreto che su quello degli atti amministrativi.
In senso riconducibile al concetto ora espresso, gli
artt. 2, co. 1, lett. c) e 5 l. 24.02.1992 n.
225, prevedono il conferimento di poteri
straordinari di ordinanza per il caso di “calamità
naturali” (e, come tali, “pubbliche”), e l’art. 54
DPR 08.08.2000 n. 267, conferisce al Sindaco,
quale Ufficiale di Governo, il potere (delegabile
nei limiti previsti dal medesimo articolo) di
emanare ordinanze contingibili ed urgenti “al fine
di prevenire e di eliminare gravi pericoli che
minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza
urbana”; potere di ordinanza che va tenuto distinto
da quello, di carattere “ordinario” e riferito al
Sindaco quale rappresentante della comunità locale,
previsto dall’art. 50 del medesimo Testo Unico degli
Enti locali.
In conclusione, perché possa ricorrere l’ipotesi di
esenzione di cui all’art. 17 cit., occorre che gli
interventi da realizzare costituiscano attuazione di
norme o di provvedimenti amministrativi che
espressamente li prevedono (e non siano invece
effetto di una scelta volontaria del soggetto, sia
pure in conseguenza di provvedimenti emanati), e che
siano stati adottati a seguito di eventi
eccezionali, dannosi o pericolosi per la
collettività, tali da richiedere l’esercizio di
poteri straordinari.
Nel caso di specie, l’incendio che ha colpito
l’immobile della società ricorrente, se pur grave e
tale da poter divenire fonte di pericolo per la
collettività, ove non tempestivamente circoscritto,
tuttavia si caratterizza quale evento che ha colpito
beni specifici e che, per dimensioni,
caratteristiche ed intensità, è stato tale da non
richiedere particolari interventi di contrasto o
esercizio di poteri straordinari.
Ne consegue, quindi, la inapplicabilità
dell’esenzione di cui all’art. 17, co. 3, lett. d),
DPR n. 380/2001 (Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 30.05.2017 n. 2567 -
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EDILIZIA PRIVATA:
I lavori di adeguamento su
struttura socio-riabilitativa per
portatori di disabilità, da parte di una IPAB,
rientrano per definizione all’interno delle “…
opere pubbliche o di interesse generale”, di cui all'art.
17, co. 3, lett. c) TUE. Trattasi infatti di struttura volta
alla cura di persone con gravi disabilità, e mirante ad
assicurare loro assistenza continuativa, anche dopo la morte
dei relativi familiari.
Sicché, la fattispecie è esente dal versamento del
contributo di costruzione ai sensi dell’art. 17, co. 3,
lett. c), TUE. Invero, il contributo di costruzione, non è
dovuto: “… per gli impianti, le attrezzature, le opere
pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti
istituzionalmente competenti nonché per le opere di
urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di
strumenti urbanistici” ove “Per integrare la fattispecie
normativa, è necessario il concorso di due requisiti,
l'uno di carattere oggettivo e l'altro di
carattere soggettivo. Per effetto del primo, la
costruzione deve riguardare opere pubbliche o di interesse
generale; per effetto del secondo, le opere devono essere
eseguite da un ente istituzionalmente competente. La ratio
della norma è innanzitutto quella di agevolare l'esecuzione
di opere destinate al soddisfacimento di interessi pubblici
o dalle quali la collettività possa comunque trarre una
utilità. Il legislatore ha, quindi, inteso evitare
l'imposizione di oneri concessori al soggetto che interviene
per l'istituzionale attuazione del pubblico interesse;
imposizione che sarebbe altrimenti intimamente
contraddittoria, poiché verrebbe a gravare, sia pure
indirettamente, sulla stessa comunità che dovrebbe
avvantaggiarsi dal loro pagamento. In tale prospettiva, è
stato chiarito dalla giurisprudenza -con riferimento al
requisito soggettivo- che per “enti istituzionalmente
competenti" debbano intendersi i soggetti pubblici, ovvero
anche i soggetti privati, purché l'opera sia realizzata per
conto di un ente pubblico”.
---------------
1. La ricorrente –iscritta nell’elenco delle IPAB operanti
all’interno della Regione– ha ottenuto permesso di costruire
al fine di eseguire lavori di adeguamento del proprio
immobile a struttura socio-riabilitativa, versando il
relativo contributo concessorio.
Avvedutasi della possibilità di fruire dell’esenzione
stabilita dall’art. 17, co. 3, lett. c), d.P.R. n. 380/2001
(TUE), essa ha diffidato il Comune di Castro a trasformare
il permesso di costruire da oneroso in gratuito, restituendo
conseguentemente le somme indebitamente percepite dall’ente
a titolo di oneri concessori.
Tale diffida è stata formalmente disattesa dal Comune con
nota prot. n. 7141/15.
Avverso tale nota, e ai relativi provvedimenti presupposti,
la ricorrente è insorta, deducendone l’illegittimità sulla
base dei seguenti motivi di gravame: violazione dell’art.
17, co. 3, lett. c), d.P.R. n. 380/2001; eccesso di potere
per errore.
All’udienza del 19.04.2017 il ricorso è stato trattenuto in
decisione.
...
4. Nel merito, con i vari motivi di gravame, deduce la
ricorrente la violazione, ad opera del Comune, della
previsione di cui all’art. 17, co. 3, lett. c), TUE, avuto
riguardo sia alla sua soggettività di diritto pubblico, sia
alla natura di interesse generale delle opere realizzate
dalla ricorrente.
Gli assunti sono fondati.
4.2. Ai sensi dell’art. 17, co. 3, lett. c), TUE, il
contributo di costruzione, non è dovuto: “… per gli
impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse
generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti
nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da
privati, in attuazione di strumenti urbanistici”.
Così individuata la previsione normativa di riferimento,
occorre ora indagarne la portata.
4.3. Sul punto, osserva il Collegio che, per condivisa
giurisprudenza amministrativa, “Per integrare la
fattispecie normativa, è necessario il concorso di due
requisiti, l'uno di carattere oggettivo e l'altro
di carattere soggettivo. Per effetto del primo, la
costruzione deve riguardare opere pubbliche o di interesse
generale; per effetto del secondo, le opere devono essere
eseguite da un ente istituzionalmente competente. La ratio
della norma è innanzitutto quella di agevolare l'esecuzione
di opere destinate al soddisfacimento di interessi pubblici
o dalle quali la collettività possa comunque trarre una
utilità. Il legislatore ha, quindi, inteso evitare
l'imposizione di oneri concessori al soggetto che interviene
per l'istituzionale attuazione del pubblico interesse;
imposizione che sarebbe altrimenti intimamente
contraddittoria, poiché verrebbe a gravare, sia pure
indirettamente, sulla stessa comunità che dovrebbe
avvantaggiarsi dal loro pagamento. In tale prospettiva, è
stato chiarito dalla giurisprudenza -con riferimento al
requisito soggettivo- che per “enti istituzionalmente
competenti" debbano intendersi i soggetti pubblici, ovvero
anche i soggetti privati, purché l'opera sia realizzata per
conto di un ente pubblico” (TAR Lombardia, II,
03.11.2016, n. 2011. Cfr. altresì la copiosa giurisprudenza
ivi citata).
5. Ciò premesso, e venendo ora al caso in esame, rileva il
Collegio che, per quel che attiene al requisito
soggettivo, già la denominazione giuridica della
ricorrente –i.e: Istituzione pubblica di assistenza e
beneficenza (IPAB)– ne tradisce la sua natura pubblicistica,
peraltro assai risalente nel tempo, essendo le IPAB
originariamente disciplinate dalla legge 17.07.1890, n.
6972.
Inoltre, ai sensi dell’art. 1 d.lgs. n. 207/2001, si è
previsto “il riordino delle istituzioni pubbliche di
assistenza e beneficenza”, la qual cosa costituisce
ulteriore indice della sua natura pubblicistica.
La natura pubblicistica della ricorrente è poi confermata
dalla L.R. n. 15/2004, la quale in coerenza con la citata
normativa statale ha dettato previsioni per il riordino
delle IPAB già esistenti in ambito regionale, tra le quali
risulta inclusa la ricorrente –il cui statuto è stato
approvato in data 10.07.1923 (cfr. doc. n. 11 del fascicolo
di parte ricorrente)– come da nota Regione Puglia n.
635/2013 (cfr. n. 35 del relativo Allegato contenente
indicazione di tutte le IPAB regionali – Doc. n. 15).
Da ultimo, vi è in atti nota n. 32 del 18.02.2010 con la
quale la Regione, visto il piano di risanamento elaborato
dalla ricorrente, ha autorizzato quest’ultima a conservare
la soggettività giuridica pubblica in atto, nelle more della
sua trasformazione in Azienda pubblica di servizi alla
persona (ASP), ai sensi del d.lgs. n. 207/2001.
Alla luce di tali elementi, è evidente la natura
pubblicistica della ricorrente, e l’assenza del fine di
lucro della stessa, sicché deve senz’altro ritenersi
integrato il requisito soggettivo richiesto dalla cennata
previsione di cui all’art. 1,7 co. 3, lett. c) TUE.
6. Per quel che attiene al requisito oggettivo,
peraltro mai contestato dal Comune, rileva il Collegio che
l’opera realizzata dalla ricorrente –realizzazione di una
struttura socio-riabilitativa per portatori di disabilità–
rientra per definizione all’interno delle “… opere
pubbliche o di interesse generale”, di cui al cennato
art. 17, co. 3, lett. c) TUE. Trattasi infatti di struttura
volta alla cura di persone con gravi disabilità, e mirante
ad assicurare loro assistenza continuativa, anche dopo la
morte dei relativi familiari.
7. Per tali ragioni, reputa il Collegio la sussistenza di
entrambi i requisiti normativamente previsti ai fini
dell’esenzione del contributo in esame.
Ne consegue, in accoglimento del ricorso, la condanna del
Comune di Castro alla restituzione, in favore della
ricorrente, di tutte le somme versate da quest’ultima al
Comune a titolo di oneri concessori relativi al p.d.c.
18.12.2012, n. 7274.
Trattandosi di indebito oggettivo, e in assenza di indici di
mala fede da parte del Comune, il relativo importo andrà
maggiorato di rivalutazione monetaria e interessi legali
sulla somma via via rivalutata, dal 09.02.2016 –data di
notifica del presente ricorso, e dies a quo di
decorrenza della mora (art. 2033 c.c.)– al soddisfo (TAR
Puglia-Lecce, Sez. I,
sentenza 04.05.2017 n. 671 -
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EDILIZIA PRIVATA: L’art.
9, lett. g), legge n. 10 del 1977 ha previsto la gratuità
della concessione edilizia limitatamente alle opere
realizzate in attuazione di norme o di provvedimenti emanati
a seguito di pubbliche calamità e così l’art. 56, comma 6,
legge n. 219 del 1981, che con specifico riferimento al
terremoto del novembre 1980, ha disposto che per le opere
eseguite in dipendenza del sisma nei Comuni di cui all’art.
1 non si applicano le disposizioni previste dall’art. 3
legge n. 10 del 1977.
Dette disposizioni, costituendo eccezione alla regola
generale della onerosità della concessione edilizia, sono di
stretta e rigorosa interpretazione e l’inciso secondo cui
l’esenzione è applicabile per le opere eseguite “in
dipendenza del sisma” evidenzia la necessità di un nesso
causale rigoroso ed esclusivo, nel senso che le opere da
realizzarsi devono trovare giustificazione nell’azione
rovinosa del terremoto.
---------------
Le opere esenti dal contributo previsto dal citato art. 3
della legge n. 10/1977 sono soltanto quelle di riparazione o
ricostruzione di preesistenti superfici danneggiate o
distrutte dal terremoto e non anche quelle relative a nuovi
interventi che non si siano resi necessari per conseguire
l’adeguamento abitativo.
---------------
3. Con il secondo motivo di censura l’appellante lamenta,
nel merito, la violazione dell’art. 9 della legge n.
122/1989 e dell’art. 3 e segg. della legge n. 10/1977.
Il Comune sostiene che il TAR avrebbe errato nel ritenere
che l’Ente non avrebbe correttamente determinato gli oneri
urbanistici, escludendo dal computo, a termini della legge
n. 122/1989, il secondo piano interrato destinato a
parcheggi pertinenziali delle unità abitative.
3b. Al riguardo, giova premettere che nell’originario
ricorso il sig. Vi.Sa. sosteneva che essendo la
ricostruzione avvenuta a seguito del sisma, alle opere
realizzate, ai sensi dell’art. 56 della legge n. 219/1981
(ora art. 49 T.U. n. 76/1990) non si dovevano applicare le
disposizioni di cui all’art. 3 della legge n. 10/1977 quanto
ai costi di costruzione, ivi compresa la parte eccedente la
mera ricostruzione, assentita in relazione al piano di
recupero adottato dal Comune ai sensi dell’art. 28 della
stessa legge n. 219/1981.
Tale pretesa, però, è stata correttamente disattesa dal TAR,
nel presupposto che l’art. 9, lett. g), legge n. 10 del 1977
ha previsto la gratuità della concessione edilizia
limitatamente alle opere realizzate in attuazione di norme o
di provvedimenti emanati a seguito di pubbliche calamità e
così l’art. 56, comma 6, legge n. 219 del 1981, che con
specifico riferimento al terremoto del novembre 1980, ha
disposto che per le opere eseguite in dipendenza del sisma
nei Comuni di cui all’art. 1 non si applicano le
disposizioni previste dall’art. 3 legge n. 10 del 1977.
Dette disposizioni, costituendo eccezione alla regola
generale della onerosità della concessione edilizia, sono di
stretta e rigorosa interpretazione e l’inciso secondo cui
l’esenzione è applicabile per le opere eseguite “in
dipendenza del sisma” evidenzia la necessità di un nesso
causale rigoroso ed esclusivo, nel senso che le opere da
realizzarsi devono trovare giustificazione nell’azione
rovinosa del terremoto.
L’art. 49, comma 6, del d.lgs. 30.03.1990, n. 76, ha
ribadito, poi, che non sono dovuti i contributi per oneri di
urbanizzazione e costo di costruzione per le opere eseguite
in dipendenza degli eventi sismici del 1980/1981 (anche a
norma dell’art. 9, lett. g), della legge n. 10 del 1977),
anche quando la ristrutturazione o ricostruzione
dell’edificio comporti la modifica strutturale dello stesso,
ma nel dovuto rispetto del piano di recupero approvato in
dipendenza del sisma e se tale modifica sia in toto
ricollegabile alla calamità naturale.
Nel caso in trattazione, invece, l’immobile del quale è
stata chiesta la ricostruzione, seppure danneggiato dal
sisma, è stato edificato con volumi maggiori di quello
demolito, con un intervento non ricollegabile pienamente
alla calamità naturale e il comma 2 dell’art. 48 del d.lgs.
30.03.1990, n. 76, dispone che “sono esclusi dai benefici
previsti dal presente testo unico gli immobili, quand’anche
inclusi nei piani di recupero, la cui ristrutturazione o
ricostruzione, in tutto o in parte, non sia ricollegabile
con l’evento sismico”.
Come evidenziato dal TAR è da condividere, allora, che le
opere esenti dal contributo previsto dal citato art. 3 della
legge n. 10/1977 sono soltanto quelle di riparazione o
ricostruzione di preesistenti superfici danneggiate o
distrutte dal terremoto e non anche quelle relative a nuovi
interventi che non si siano resi necessari per conseguire
l’adeguamento abitativo (Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 02.02.2017 n. 450 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2016 |
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EDILIZIA PRIVATA: La
questione concernente la determinazione dell’an e del quantum
del contributo di costruzione comporta l’esplicazione, da
parte dell’Amministrazione, di un’attività priva di profili
di discrezionalità e attinente a posizioni giuridiche di
diritto soggettivo.
Conseguentemente, sono radicalmente inconfigurabili i vizi
di difetto di istruttoria e di motivazione.
E ciò in quanto le operazioni di corretta quantificazione
della misura del contributo “si esauriscono in una mera
operazione materiale che, se errata, può comportare soltanto
la violazione dei criteri fissati dalla normativa ovvero
dall'amministrazione con norme di natura regolamentare e,
quindi, la sussistenza del solo vizio di violazione di
legge, potendo l'interessato, sulla base dei predetti
criteri generali, contestare l'erroneità della
quantificazione operata dall'amministrazione, evidenziando
ad esempio l'erroneità dei calcoli ovvero dei presupposti di
fatto o di diritto”.
---------------
Nell’ordinamento giuridico vige la regola generale
dell’onerosità del permesso di costruire.
Si tratta di un principio introdotto dall’articolo 1 della
legge 28.01.1977, n. 10 –in base al quale “Ogni
attività comportante trasformazione urbanistica ed edilizia
del territorio comunale partecipa agli oneri ad essa
relativi (...)”– e oggi sancito dall’articolo 11, comma 2,
del d.P.R. n. 380 del 2001, ove si conferma l’onerosità del
permesso.
A fronte di tale regime generale, la disciplina primaria
stabilisce una serie di ipotesi, indicate all’articolo 17
del d.P.R. n. 380 del 2001, di riduzione o di esonero dal
contributo di costruzione. Tali ultime previsioni normative
–secondo gli orientamenti espressi dalla giurisprudenza–
sono tuttavia da ritenere “tassative e di stretta
interpretazione”, proprio in quanto “derogatorie rispetto
alla regola della normale onerosità del permesso” e, inoltre, perché
qualificabili come esenzioni tributarie, come tali
costituenti eccezioni al principio costituzionale di
capacità contributiva.
Poste tali considerazioni, deve rilevarsi che –come
sopra detto– l’articolo 17, comma 3, lett. c) del d.P.R. n.
380 del 2001, invocato dalla ricorrente, contempla
anzitutto, quali trasformazioni edificatorie esonerate dal
contributo di costruzione, “gli impianti, le attrezzature,
le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli
enti istituzionalmente competenti”.
Al riguardo, la giurisprudenza ha chiarito che, per
integrare la fattispecie normativa, è necessario il concorso
di due requisiti, l’uno di carattere oggettivo e l’altro di
carattere soggettivo.
Per effetto del primo, la costruzione deve riguardare opere
pubbliche o di interesse generale; per effetto del secondo,
le opere devono essere eseguite da un ente istituzionalmente
competente.
La ratio della norma è
anzitutto quella di agevolare l'esecuzione di opere
destinate al soddisfacimento di interessi pubblici o dalle
quali la collettività possa comunque trarre una utilità. Il legislatore ha
quindi inteso evitare “l'imposizione degli oneri concessori
al soggetto che interviene per l'istituzionale attuazione
del pubblico interesse”; imposizione che “sarebbe altrimenti
intimamente contraddittoria, poiché verrebbe a gravare, sia
pure indirettamente, sulla stessa comunità che dovrebbe
avvantaggiarsi dal loro pagamento”.
In tale prospettiva, la giurisprudenza ha altresì
chiarito –con riferimento al requisito soggettivo– che per
“enti istituzionalmente competenti” debbano intendersi i
soggetti pubblici, ovvero anche i soggetti privati, purché
l’opera sia realizzata per conto di un ente pubblico.
In particolare, con riferimento a questa seconda ipotesi,
“l’esenzione spetta soltanto qualora (come avviene nella
concessione di opera pubblica e in altre analoghe figure organizzatorie) lo strumento contrattuale utilizzato
consenta formalmente di imputare la realizzazione del bene
direttamente all’ente per conto del quale il privato abbia
operato. In altri termini, l’esenzione spetta solo se il
privato abbia agito quale organo indiretto
dell’amministrazione, come appunto nella concessione o nella
delega”.
E l’esattezza
della soluzione in base alla quale si richiede che l’opera
sia realizzata direttamente da enti pubblici ovvero da
soggetti che agiscono per conto di enti pubblici è
confermata non soltanto “dall'endiadi: "opere pubbliche o di
interesse generale", che rinvia ad una figura soggettiva
pubblica, ma dal fatto che nella sola seconda parte della
proposizione normativa, concernente le opere di
urbanizzazione, la disposizione reca la specifica
indicazione: "eseguite anche da privati". Ne esce quindi
caricata di ulteriore valore semantico la locuzione: "enti
istituzionalmente competenti", che non può riferirsi che ad
enti pubblici o a soggetti che agiscono per conto degli
stessi”.
---------------
E’ indubitabile che l’intervento di ristrutturazione
dell’Istituto di ricovero e cura costituisca un’opera di
interesse generale.
Non può, invece, ritenersi che l’Associazione ricorrente sia qualificabile quale “ente istituzionalmente
competente”.
Si tratta, infatti, di un soggetto che non ha natura
pubblica e che non ha agito per conto di una pubblica
amministrazione. E la mera circostanza che l’Istituto operi
in regime di accreditamento con il servizio sanitario
nazionale non comporta, di per sé, l’esistenza di un
rapporto organizzatorio con la pubblica amministrazione,
tale da determinare la riferibilità dell’opera realizzata a
un ente pubblico.
Sotto altro profilo, il Collegio ritiene altresì non
dirimente, al fine di qualificare l’Associazione come “ente
istituzionalmente competente”, la circostanza che si tratti
di un soggetto privo di finalità lucrative.
L’assenza di scopo di lucro è, infatti, una circostanza che
attiene unicamente alla funzionalità interna della persona
giuridica, la quale non potrà redistribuire gli eventuali
utili derivanti dall’attività svolta. Si tratta, tuttavia,
di un elemento che, in sé considerato, non è sufficiente a
determinare la riferibilità dell’opera a un ente pubblico,
che è quanto richiesto dalla norma al fine di rendere
operativa l’esenzione.
Tale conclusione trova conferma anche nella giurisprudenza
del Consiglio di Stato, la quale ha evidenziato che la
natura di ONLUS del soggetto che realizza l’intervento non
soddisfa il prescritto requisito soggettivo, laddove –come
avviene anche nel caso oggetto del presente giudizio– le
opere sono destinate a rimanere nella disponibilità del
privato, e non sono vincolate neppure a vedere conservata
nel tempo la loro funzione.
---------------
Deve rilevarsi che la disposizione
ex art. 17, comma 3, lett. c), del d.P.R. n. 380/2001 richiede, ai fini dell’esenzione
dal versamento del contributo di costruzione, non soltanto che
si sia in presenza di un’opera di urbanizzazione, ma che
questa sia altresì realizzata in attuazione di strumenti
urbanistici.
Nel caso oggetto del presente giudizio, l’Istituto di
ricovero e cura gestito dalla ricorrente è bensì
astrattamente riconducibile nel novero delle opere di
urbanizzazione secondaria –ai sensi dell’articolo 16, comma
8, del d.P.R. n. 380 del 2001– in quanto rientrante tra le
“attrezzature sanitarie”, ma non è stato realizzato in
attuazione dello strumento urbanistico.
Invero, risulta agli atti del giudizio che
l’opera ricade in Zona F2, destinata a ospitare “Servizi
tecnologici e di interesse generale” e disciplinata
dall’articolo 53 delle NTA del Piano delle Regole; zona ove
sono localizzate “attrezzature pubbliche e/o private con
funzioni di interesse generale”.
Al riguardo, la difesa comunale ha ben evidenziato che gli
spazi per attrezzature pubbliche e collettive prescritti
dall’articolo 9 della legge regionale n. 12 del 2005 sono
classificati dallo strumento urbanistico non quale Zona F2,
ma come “ZONA F1 (aree di servizi di uso pubblico e
interesse comune)”, soggetta alla disciplina dell’articolo
52 delle NTA del Piano delle Regole. Solo tali spazi sono,
quindi, specificamente destinati a standard urbanistici.
Al contrario, le aree classificate come Zona F2 non sono
state prese in considerazione dallo strumento urbanistico al
fine della verifica della dotazione di aree di uso pubblico
a servizio di insediamenti residenziali e non danno luogo a
standard urbanistici. Si tratta, infatti, di aree che
comprendono compendi immobiliari aventi varia destinazione
(«Ambiti per servizi tecnologici», «Complesso
socio-assistenziale, sanitario, ospedaliero “La Nostra
Famiglia”», «Crossodromo Bodrone», «Villa Mira»), tutti
caratterizzati dal soddisfacimento di finalità di interesse
generale, ma non costituenti opere che il Comune ha reputato
necessarie al fine dell’urbanizzazione dell’ambito entro il
quale ricadono, tanto da non averle prese in considerazione
ai fini del calcolo della relativa dotazione di standard.
Si tratta, in altri termini, di compendi immobiliari
rispetto ai quali lo strumento urbanistico ha
sostanzialmente operato una ricognizione, qualificandoli
come attrezzature con funzioni di interesse generale, ma non
quali opere indispensabili per assicurare i servizi
necessari alla comunità insediata.
Da ciò derivano due considerazioni.
Sotto un primo profilo, poiché l’intervento oggetto del
presente giudizio non è posto a servizio dell’urbanizzazione
del territorio comunale, o di una porzione di questo, esso
non dà luogo a un’opera di urbanizzazione, pur rientrando
nelle categorie astrattamente indicate all’articolo 16,
comma 8, del d.P.R. n. 380 del 2001.
E invero, perché un’opera sia qualificabile come opera di
urbanizzazione secondaria è necessario che essa sia
direttamente funzionale a un ben preciso insediamento
urbano. E ciò in considerazione della circostanza che “le
opere di urbanizzazione secondaria hanno tendenzialmente una
dimensione comunale o infra-comunale, in quanto finalizzate
a migliorare il grado di fruibilità di uno specifico e
circoscritto insediamento urbano mediante la creazione da
parte dell’ente locale di determinate strutture di supporto
per servizi fruibili da quella comunità”.
Conseguentemente, un centro ospedaliero contemplato dallo
strumento urbanistico quale attrezzatura con funzioni di
interesse generale, ma non previsto quale dotazione di
standard a servizio di un ambito territoriale, di per sé non
è qualificabile come opera di urbanizzazione secondaria.
Sotto altro, concorrente, profilo, la circostanza che –come detto– il Piano di Governo del Territorio si sia
limitato a riconoscere la presenza sul territorio e
l’interesse generale di una congerie assai diversificata di
opere esistenti, indicandole con una medesima
classificazione, senza però prenderle in considerazione
quali dotazioni di servizi necessarie alla collettività,
implica che tali opere debbano bensì reputarsi conformi allo
strumento urbanistico, ma non attuative delle relative
previsioni. Si tratta infatti di opere che non devono, ma
possono essere presenti sul territorio comunale, per cui,
laddove le attività che in esse si svolgono dovessero essere
dismesse dai privati, non insorgerebbe l’obbligo per
l’Amministrazione di assicurare in altro modo la
soddisfazione delle dotazioni di servizi in favore della
comunità insediata.
La validità della predetta distinzione tra opere meramente
conformi, o specificamente attuative, del piano è stata, del
resto, anche di recente ribadita dalla giurisprudenza, la
quale ha esplicitamente affermato che la semplice
riconduzione all’astratta tipologia di opera di
urbanizzazione secondaria non può considerarsi sufficiente
ai fini dell’esenzione del contributo, essendo necessario
altresì che l’intervento sia attuativo di una specifica
previsione di piano.
E, in questo senso, non può ritenersi pertinente il
richiamo, operato dalla ricorrente, alla sentenza della IV
Sezione del Consiglio di Stato 12.05.2011, n. 2870, al
fine di sostenere che qualunque opera rientrante
astrattamente nel novero delle opere di urbanizzazione, e
realizzata in conformità allo strumento urbanistico, debba
beneficiare dell’esenzione. La fattispecie decisa dal
Consiglio di Stato riguardava, infatti, la costruzione di
un’opera che corrispondeva a una puntuale previsione dello
strumento urbanistico, il quale destinava specificamente
un’area a servizi ospedalieri e sanitari.
Come detto, nel caso oggetto del presente giudizio, l’opera
ricade, invece, in una zona avente una destinazione generica
ad attrezzature con funzioni di interesse generale, in
relazione alla quale il Comune ha operato una ricognizione
di strutture esistenti, pur classificandole come di
interesse generale, assicurando, per questa via, la mera
compatibilità delle stesse con lo strumento urbanistico,
senza però sancirne la necessità in relazione alle esigenze
attinenti alle dotazioni di servizi in favore della comunità
insediata.
---------------
... per l'accertamento della non debenza del contributo di
costruzione per l'esecuzione dell'intervento di
ristrutturazione edilizia oggetto del permesso di costruire
n. 39/2013 e per la conseguente condanna del Comune di
Bosisio Parini alla restituzione delle somme versate a tale
titolo dall’Associazione ricorrente, maggiorate degli
interessi legali maturati dalla data della domanda
giudiziale all'effettiva restituzione;
...
1. La ricorrente Associazione “La nostra famiglia” (di
seguito anche: l’Associazione) è un ente ecclesiastico
civilmente riconosciuto, avente carattere di organizzazione
non lucrativa di utilità sociale (ONLUS), che gestisce, nel
territorio del Comune di Bosisio Parini, l’Istituto di
ricovero e cura a carattere scientifico “Eugenio Medea” e un
centro di riabilitazione, operando, per entrambe tali
strutture, in regime di accreditamento con l’Azienda
sanitaria della Provincia di Lecco.
2. L’Associazione ha chiesto al Comune il rilascio di un
permesso di costruire per la ristrutturazione edilizia di un
padiglione dell’Istituto “Eugenio Medea”.
In data 03.10.2013, l’Amministrazione ha comunicato
l’emanazione del titolo edilizio, chiedendo tuttavia alla
parte istante di produrre il calcolo analitico degli oneri
dovuti per l’intervento, da corrispondersi prima del ritiro
del permesso di costruire.
L’Associazione ha a questo punto prodotto le proprie
controdeduzioni, ritenendo di non essere tenuta al
versamento del contributo di costruzione.
A seguito di interlocuzioni tra le parti, la Giunta
comunale, con deliberazione del 01.04.2015, n. 37, ha
infine ribadito di ritenere dovuta la corresponsione degli
oneri per il rilascio del titolo edilizio. L’Ufficio tecnico
comunale ha quindi emesso la nota del 15.04.2015, con la
quale è stato chiesto all’Associazione il versamento, a
titolo di contributo di costruzione, dell’importo
complessivo di euro 188.329,57; somma di cui la ricorrente
ha chiesto e ottenuto la rateizzazione, riservandosi
tuttavia di agire in giudizio per contestare la sussistenza
dell’obbligazione.
3. L’Associazione ha quindi proposto il presente ricorso,
con il quale ha chiesto a questo Giudice di accertare e
dichiarare che nessun contributo è dovuto per la
realizzazione dell’intervento di ristrutturazione,
condannando conseguentemente il Comune alla restituzione
delle somme già versate dalla ricorrente, maggiorate degli
interessi legali dal giorno della domanda giudiziale, previo
annullamento –occorrendo– degli atti comunali specificati
in epigrafe.
...
7. Il ricorso è infondato, per le ragioni che si espongono
di seguito.
8. L’Associazione sostiene di non essere tenuta al
versamento degli oneri per la realizzazione dell’intervento
di ristrutturazione edilizia, in base alle previsioni
dell’articolo 17, comma 3, lett. c), del decreto del
Presidente della Repubblica 06.06.2011, n. 380;
disposizione, questa, per la quale il contributo di
costruzione non è dovuto “per gli impianti, le attrezzature,
le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli
enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di
urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di
strumenti urbanistici”.
La ricorrente ritiene l’intervento pienamente riconducibile
entro il perimetro applicativo di entrambe fattispecie
contemplate dalla previsione normativa ora richiamata. Le
opere sarebbero, infatti, annoverabili tra “gli impianti, le
attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale
realizzate dagli enti istituzionalmente competenti” (primo
motivo di ricorso) e, comunque, costituirebbero anche “opere
di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione
di strumenti urbanistici” (secondo motivo).
Sotto altro profilo, la parte allega la violazione
dell’articolo 3 della legge n. 241 del 1990, nonché il vizio
di eccesso di potere per carenza di istruttoria, carenza di
motivazione e contraddittorietà, poiché l’Amministrazione
non avrebbe illustrato le ragioni per le quali ha ritenuto
di non aderire alle argomentazioni dell’Associazione in
ordine al ricorrere di un’ipotesi di esonero dal versamento
del contributo di costruzione (terzo motivo di ricorso).
9. Il Collegio ritiene, per ragioni di ordine logico, di
dover prendere le mosse da quest’ultima censura.
9.1 La doglianza non può trovare accoglimento, per la
ragione dirimente che la questione concernente la
determinazione dell’an e del quantum del contributo di
costruzione comporta l’esplicazione, da parte
dell’Amministrazione, di un’attività priva di profili di
discrezionalità (v., tra le ultime: Cons. Stato, Sez. IV, 18.05.2016, n. 2011) e attinente a posizioni giuridiche di
diritto soggettivo (ex multis: Cons. Stato, Sez. IV, 21.08.2013, n. 4208). Conseguentemente, sono radicalmente inconfigurabili i vizi di difetto di istruttoria e di
motivazione (Cons. Stato, Sez. IV, 10.03.2015, n. 1211).
E ciò in quanto le operazioni di corretta quantificazione
della misura del contributo “si esauriscono in una mera
operazione materiale che, se errata, può comportare soltanto
la violazione dei criteri fissati dalla normativa ovvero
dall'amministrazione con norme di natura regolamentare e,
quindi, la sussistenza del solo vizio di violazione di
legge, potendo l'interessato, sulla base dei predetti
criteri generali, contestare l'erroneità della
quantificazione operata dall'amministrazione, evidenziando
ad esempio l'erroneità dei calcoli ovvero dei presupposti di
fatto o di diritto” (Cons. Stato, Sez. V, 29.07. 2000, n.
4217; nello stesso senso: TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 08.09.2011, n. 2189).
9.2 Il terzo motivo di ricorso va quindi respinto.
10. Può passarsi, a questo punto, alla trattazione dei primi
due mezzi, con i quali –come detto– l’Associazione allega
di versare in entrambe le fattispecie contemplate
dall’articolo 17, comma 3, lett. c), del d.P.R. n. 380 del
2001, e di aver pertanto diritto all’esenzione dal
contributo di costruzione.
11. Al riguardo, mette conto anzitutto di ricordare che
nell’ordinamento giuridico vige la regola generale
dell’onerosità del permesso di costruire.
Si tratta di un principio introdotto dall’articolo 1 della
legge 28.01.1977, n. 10 –in base al quale “Ogni
attività comportante trasformazione urbanistica ed edilizia
del territorio comunale partecipa agli oneri ad essa
relativi (...)”– e oggi sancito dall’articolo 11, comma 2,
del d.P.R. n. 380 del 2001, ove si conferma l’onerosità del
permesso.
A fronte di tale regime generale, la disciplina primaria
stabilisce una serie di ipotesi, indicate all’articolo 17
del d.P.R. n. 380 del 2001, di riduzione o di esonero dal
contributo di costruzione. Tali ultime previsioni normative
–secondo gli orientamenti espressi dalla giurisprudenza–
sono tuttavia da ritenere “tassative e di stretta
interpretazione”, proprio in quanto “derogatorie rispetto
alla regola della normale onerosità del permesso” (Cons.
Stato, Sez. IV, 11.02.2016, n. 595) e, inoltre, perché
qualificabili come esenzioni tributarie, come tali
costituenti eccezioni al principio costituzionale di
capacità contributiva (TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, 23.10.2014, n. 1111).
12. Poste tali considerazioni, deve rilevarsi che –come
sopra detto– l’articolo 17, comma 3, lett. c) del d.P.R. n.
380 del 2001, invocato dalla ricorrente, contempla
anzitutto, quali trasformazioni edificatorie esonerate dal
contributo di costruzione, “gli impianti, le attrezzature,
le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli
enti istituzionalmente competenti”.
12.1 Al riguardo, la giurisprudenza ha chiarito che, per
integrare la fattispecie normativa, è necessario il concorso
di due requisiti, l’uno di carattere oggettivo e l’altro di
carattere soggettivo.
Per effetto del primo, la costruzione deve riguardare opere
pubbliche o di interesse generale; per effetto del secondo,
le opere devono essere eseguite da un ente istituzionalmente
competente (ex multis: Cons. Stato, Sez. V, 11.01.2006,
n. 51; Id. 20.10.2004, n. 6818; Id., 10.07.2000, n.
3860).
La ratio della norma –è stato inoltre rilevato– è
anzitutto quella di agevolare l'esecuzione di opere
destinate al soddisfacimento di interessi pubblici o dalle
quali la collettività possa comunque trarre una utilità
(Cons. Stato, n. 51 del 2006, cit.). Il legislatore ha
quindi inteso evitare “l'imposizione degli oneri concessori
al soggetto che interviene per l'istituzionale attuazione
del pubblico interesse”; imposizione che “sarebbe altrimenti
intimamente contraddittoria, poiché verrebbe a gravare, sia
pure indirettamente, sulla stessa comunità che dovrebbe
avvantaggiarsi dal loro pagamento” (così ancora Cons. Stato,
n. 51 del 2006, cit.).
12.2 In tale prospettiva, la giurisprudenza ha altresì
chiarito –con riferimento al requisito soggettivo– che per
“enti istituzionalmente competenti” debbano intendersi i
soggetti pubblici, ovvero anche i soggetti privati, purché
l’opera sia realizzata per conto di un ente pubblico.
In particolare, con riferimento a questa seconda ipotesi,
“l’esenzione spetta soltanto qualora (come avviene nella
concessione di opera pubblica e in altre analoghe figure organizzatorie) lo strumento contrattuale utilizzato
consenta formalmente di imputare la realizzazione del bene
direttamente all’ente per conto del quale il privato abbia
operato. (cfr. ex multis V Sez. n. 536 del 1999 e n. 1901
del 2000). In altri termini, l’esenzione spetta solo se il
privato abbia agito quale organo indiretto
dell’amministrazione, come appunto nella concessione o nella
delega” (Cons. Stato, n. 595 del 2016, cit.).
E –come pure rilevato dalla giurisprudenza– l’esattezza
della soluzione in base alla quale si richiede che l’opera
sia realizzata direttamente da enti pubblici ovvero da
soggetti che agiscono per conto di enti pubblici è
confermata non soltanto “dall'endiadi: "opere pubbliche o di
interesse generale", che rinvia ad una figura soggettiva
pubblica, ma dal fatto che nella sola seconda parte della
proposizione normativa, concernente le opere di
urbanizzazione, la disposizione reca la specifica
indicazione: "eseguite anche da privati". Ne esce quindi
caricata di ulteriore valore semantico la locuzione: "enti
istituzionalmente competenti", che non può riferirsi che ad
enti pubblici o a soggetti che agiscono per conto degli
stessi” (Cons. Stato, n. 51 del 2006, cit.).
12.3 Poste tali coordinate ermeneutiche, deve ritenersi che,
nel caso oggetto del presente giudizio, sia riscontrabile
soltanto il requisito oggettivo richiesto dalla previsione
normativa, ma non anche il requisito soggettivo.
E’ infatti indubitabile che l’intervento di ristrutturazione
dell’Istituto di ricovero e cura costituisca un’opera di
interesse generale (anche alla luce delle previsioni di
piano, delle quali si tratterà nello scrutinare il secondo
motivo di ricorso).
Non può, invece, ritenersi che l’Associazione “La nostra
famiglia” sia qualificabile quale “ente istituzionalmente
competente”.
Si tratta, infatti, di un soggetto che non ha natura
pubblica e che non ha agito per conto di una pubblica
amministrazione. E la mera circostanza che l’Istituto operi
in regime di accreditamento con il servizio sanitario
nazionale non comporta, di per sé, l’esistenza di un
rapporto organizzatorio con la pubblica amministrazione,
tale da determinare la riferibilità dell’opera realizzata a
un ente pubblico.
Sotto altro profilo, il Collegio ritiene altresì non
dirimente, al fine di qualificare l’Associazione come “ente
istituzionalmente competente”, la circostanza che si tratti
di un soggetto privo di finalità lucrative.
L’assenza di scopo di lucro è, infatti, una circostanza che
attiene unicamente alla funzionalità interna della persona
giuridica, la quale non potrà redistribuire gli eventuali
utili derivanti dall’attività svolta. Si tratta, tuttavia,
di un elemento che, in sé considerato, non è sufficiente a
determinare la riferibilità dell’opera a un ente pubblico,
che è quanto richiesto dalla norma al fine di rendere
operativa l’esenzione.
Tale conclusione trova conferma anche nella giurisprudenza
del Consiglio di Stato, la quale ha evidenziato che la
natura di ONLUS del soggetto che realizza l’intervento non
soddisfa il prescritto requisito soggettivo, laddove –come
avviene anche nel caso oggetto del presente giudizio– le
opere sono destinate a rimanere nella disponibilità del
privato, e non sono vincolate neppure a vedere conservata
nel tempo la loro funzione (Cons. Stato, n. 51 del 2006,
cit.).
12.4 In definitiva, alla luce delle considerazioni sin qui
esposte, il primo motivo di ricorso deve essere respinto.
13. E’ altresì infondato il secondo motivo, con il quale la
ricorrente afferma che l’intervento rientrerebbe comunque
nella seconda fattispecie contemplata dall’articolo 17,
comma 3, lett. c), del d.P.R. n. 380 del 2001, in quanto
annoverabile tra le “opere di urbanizzazione, eseguite anche
da privati, in attuazione di strumenti urbanistici”.
13.1 Al riguardo, deve rilevarsi che la disposizione
normativa richiede, ai fini dell’esenzione, non soltanto che
si sia in presenza di un’opera di urbanizzazione, ma che
questa sia altresì realizzata in attuazione di strumenti
urbanistici.
Nel caso oggetto del presente giudizio, l’Istituto di
ricovero e cura gestito dalla ricorrente è bensì
astrattamente riconducibile nel novero delle opere di
urbanizzazione secondaria –ai sensi dell’articolo 16, comma
8, del d.P.R. n. 380 del 2001– in quanto rientrante tra le
“attrezzature sanitarie”, ma non è stato realizzato in
attuazione dello strumento urbanistico.
13.2 In particolare, risulta agli atti del giudizio che
l’opera ricade in Zona F2, destinata a ospitare “Servizi
tecnologici e di interesse generale” e disciplinata
dall’articolo 53 delle NTA del Piano delle Regole; zona ove
sono localizzate “attrezzature pubbliche e/o private con
funzioni di interesse generale”.
Al riguardo, la difesa comunale ha ben evidenziato che gli
spazi per attrezzature pubbliche e collettive prescritti
dall’articolo 9 della legge regionale n. 12 del 2005 sono
classificati dallo strumento urbanistico non quale Zona F2,
ma come “ZONA F1 (aree di servizi di uso pubblico e
interesse comune)”, soggetta alla disciplina dell’articolo
52 delle NTA del Piano delle Regole. Solo tali spazi sono,
quindi, specificamente destinati a standard urbanistici.
Al contrario, le aree classificate come Zona F2 non sono
state prese in considerazione dallo strumento urbanistico al
fine della verifica della dotazione di aree di uso pubblico
a servizio di insediamenti residenziali e non danno luogo a
standard urbanistici. Si tratta, infatti, di aree che
comprendono compendi immobiliari aventi varia destinazione
(«Ambiti per servizi tecnologici», «Complesso
socio-assistenziale, sanitario, ospedaliero “La Nostra
Famiglia”», «Crossodromo Bodrone», «Villa Mira»), tutti
caratterizzati dal soddisfacimento di finalità di interesse
generale, ma non costituenti opere che il Comune ha reputato
necessarie al fine dell’urbanizzazione dell’ambito entro il
quale ricadono, tanto da non averle prese in considerazione
ai fini del calcolo della relativa dotazione di standard.
Si tratta, in altri termini, di compendi immobiliari
rispetto ai quali lo strumento urbanistico ha
sostanzialmente operato una ricognizione, qualificandoli
come attrezzature con funzioni di interesse generale, ma non
quali opere indispensabili per assicurare i servizi
necessari alla comunità insediata.
Da ciò derivano due considerazioni.
13.3 Sotto un primo profilo, poiché l’intervento oggetto del
presente giudizio non è posto a servizio dell’urbanizzazione
del territorio comunale, o di una porzione di questo, esso
non dà luogo a un’opera di urbanizzazione, pur rientrando
nelle categorie astrattamente indicate all’articolo 16,
comma 8, del d.P.R. n. 380 del 2001.
E invero, perché un’opera sia qualificabile come opera di
urbanizzazione secondaria è necessario che essa sia
direttamente funzionale a un ben preciso insediamento
urbano. E ciò in considerazione della circostanza che “le
opere di urbanizzazione secondaria hanno tendenzialmente una
dimensione comunale o infra-comunale, in quanto finalizzate
a migliorare il grado di fruibilità di uno specifico e
circoscritto insediamento urbano mediante la creazione da
parte dell’ente locale di determinate strutture di supporto
per servizi fruibili da quella comunità” (Cons. Stato, n.
595 del 2016, cit.).
Conseguentemente, un centro ospedaliero contemplato dallo
strumento urbanistico quale attrezzatura con funzioni di
interesse generale, ma non previsto quale dotazione di
standard a servizio di un ambito territoriale, di per sé non
è qualificabile come opera di urbanizzazione secondaria.
13.4 Sotto altro, concorrente, profilo, la circostanza che –come detto– il Piano di Governo del Territorio si sia
limitato a riconoscere la presenza sul territorio e
l’interesse generale di una congerie assai diversificata di
opere esistenti, indicandole con una medesima
classificazione, senza però prenderle in considerazione
quali dotazioni di servizi necessarie alla collettività,
implica che tali opere debbano bensì reputarsi conformi allo
strumento urbanistico, ma non attuative delle relative
previsioni. Si tratta infatti di opere che non devono, ma
possono essere presenti sul territorio comunale, per cui,
laddove le attività che in esse si svolgono dovessero essere
dismesse dai privati, non insorgerebbe l’obbligo per
l’Amministrazione di assicurare in altro modo la
soddisfazione delle dotazioni di servizi in favore della
comunità insediata.
13.5 La validità della predetta distinzione tra opere
meramente conformi, o specificamente attuative, del piano è
stata, del resto, anche di recente ribadita dalla
giurisprudenza, la quale ha esplicitamente affermato che la
semplice riconduzione all’astratta tipologia di opera di
urbanizzazione secondaria non può considerarsi sufficiente
ai fini dell’esenzione del contributo, essendo necessario
altresì che l’intervento sia attuativo di una specifica
previsione di piano (Cons. Stato, Sez. IV, 18.05.2016,
n. 2011; TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, 23.10.2014, n.
1111).
E, in questo senso, non può ritenersi pertinente il
richiamo, operato dalla ricorrente, alla sentenza della IV
Sezione del Consiglio di Stato 12.05.2011, n. 2870, al
fine di sostenere che qualunque opera rientrante
astrattamente nel novero delle opere di urbanizzazione, e
realizzata in conformità allo strumento urbanistico, debba
beneficiare dell’esenzione. La fattispecie decisa dal
Consiglio di Stato riguardava, infatti, la costruzione di
un’opera che corrispondeva a una puntuale previsione dello
strumento urbanistico, il quale destinava specificamente
un’area a servizi ospedalieri e sanitari.
Come detto, nel caso oggetto del presente giudizio, l’opera
ricade, invece, in una zona avente una destinazione generica
ad attrezzature con funzioni di interesse generale, in
relazione alla quale il Comune ha operato una ricognizione
di strutture esistenti, pur classificandole come di
interesse generale, assicurando, per questa via, la mera
compatibilità delle stesse con lo strumento urbanistico,
senza però sancirne la necessità in relazione alle esigenze
attinenti alle dotazioni di servizi in favore della comunità
insediata.
13.6 Alla luce delle considerazioni sin qui esposte, si
conferma quindi il rigetto anche del secondo motivo di
impugnazione.
14. In conclusione, l’intero ricorso deve essere respinto
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 03.11.2016 n. 2011 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Deve
essere respinta la censura proposta secondo cui si assume che la
realizzazione di un centro di analisi e diagnosi, sanitario e
medico-specialistico, quale opera di interesse generale destinata a
soddisfare il fabbisogno di servizi collettivi di carattere sanitario sia da
qualificare come urbanizzativa secondaria realizzata da privati e quindi, in
quanto struttura sanitaria ai sensi di legge, non sia assoggettabile al
pagamento del costo di costruzione.
L’art. 17, comma 3, lett. c), del D.P.R. n. 380 del 2001
prevede che il contributo di costruzione non è dovuto “per gli impianti, le
attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli
enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione,
eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici”.
La consolidata giurisprudenza ha posto l’accento sulla necessità di
verificare, per ottenere l’esenzione, la sussistenza sia del requisito
oggettivo che soggettivo: il primo ricorre allorquando si
realizzano opere pubbliche o di interesse generale, mentre il secondo
si configura laddove sia un ente pubblico a costruire l’opera. Nondimeno si
è ritenuto possibile riconoscere l’esenzione anche alle opere di interesse
generale realizzate da privati; tuttavia, detta esenzione spetta soltanto se
lo strumento contrattuale utilizzato consenta formalmente di imputare la
realizzazione del bene direttamente all’ente per conto del quale il privato
abbia operato, ovvero solo se il privato abbia agito quale organo indiretto
dell’amministrazione, come appunto nella concessione o nella delega.
Nel caso de quo è pacifico che il Centro sia stato realizzato da un privato
e non vi sia stato alcun affidamento pubblico per realizzarlo, non essendo
sufficiente tal fine l’impegno a sottoscrivere un contratto di locazione,
restando l’opera attratta comunque all’ambito non pubblicistico.
In ogni caso, anche a voler applicare la seconda parte della disposizione di
cui al citato art. 17, comma 3, lett. c), va evidenziato come, sebbene in
astratto la realizzazione di un centro sanitario possa rientrare nel novero
delle opere di urbanizzazione secondaria, ex art. 16, comma 8, del D.P.R. n.
380 del 2001 –ovvero nella categoria attrezzature sanitarie–, nel caso
concreto ciò non si ritiene possibile in ragione della dimensione e
rilevanza territoriali del Centro, che trascendono l’ambito locale,
individuato dalla giurisprudenza quale elemento indefettibile per poter
classificare un’opera come di urbanizzazione secondaria. Infatti, come
evidenziato nell’atto d’obbligo della ricorrente, le rimanenti slp del primo
piano dell’immobile verranno cedute a soggetti “esercenti attività mediche
sia in accreditamento col SSN che NON al solo fine di rendere un servizio
sanitario alla collettività tutta (residenti e non residenti nel comune) il
più ampio possibile, alle migliori condizioni”.
Ciò appare in contrasto con la circostanza che “le opere di
urbanizzazione secondaria hanno tendenzialmente una dimensione comunale
o infra-comunale, in quanto finalizzate a migliorare il grado di fruibilità
di uno specifico e circoscritto insediamento urbano mediante la creazione da
parte dell’ente locale di determinate strutture di supporto per servizi
fruibili da quella comunità”.
---------------
Il “calcolo degli importi dovuti in relazione all’obbligazione contributiva
correlata al rilascio di titoli edilizi (oneri di urbanizzazione e costo di
costruzione) costituisce attività vincolata che si esplica in virtù
dell’applicazione delle disposizioni normative disciplinanti la materia
senza che possano residuare margini di discrezionalità”.
---------------
... per l’annullamento:
- con tutti gli atti preordinati, consequenziali e connessi, del
provvedimento comunale prot. 39679/15 dell’11.08.2015 recante la richiesta
di corresponsione della somma di € 282.566,09 a titolo di contributo di
costruzione, relativamente ad opere oggetto di D.I.A. in variante a permesso
di costruire per la realizzazione di un complesso per servizi sanitari su
area standard;
- per l’accertamento e la declaratoria della totale non debenza dei
contributi di costruzione richiesti con il richiamato provvedimento
dell’11.08.2015 e dei contributi già versati a fonte del rilascio del
permesso di costruire n. 137 del 28.12.2012;
- e per la conseguente condanna del Comune di Seregno a rimborsare
alla ricorrente gli importi nel frattempo indebitamente percepiti o che
saranno corrisposti a titolo di contributi di costruzione con riferimento
alla suddetta pratica edilizia;
- in via subordinata, per l’accertamento e la declaratoria
dell’esatta quantificazione del contributo di costruzione eventualmente
dovuto a seguito della pratica edilizia in questione, nella misura ritenuta
di giustizia o da determinarsi all’esito dell’espletanda C.T.U.
...
1. Il ricorso non è meritevole di accoglimento.
2. Con la censura proposta in via principale si assume che il centro di
analisi e diagnosi, sanitario e medico-specialistico, quale opera di
interesse generale destinata a soddisfare il fabbisogno di servizi
collettivi di carattere sanitario sia da qualificare come urbanizzativa
secondaria realizzata da privati e quindi, in quanto struttura sanitaria ai
sensi di legge, non sia assoggettabile al pagamento del costo di
costruzione.
2.1. La doglianza è infondata.
L’art. 17, comma 3, lett. c), del D.P.R. n. 380 del 2001 prevede che il
contributo di costruzione non è dovuto “per gli impianti, le
attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli
enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione,
eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici”.
La consolidata giurisprudenza ha posto l’accento sulla necessità di
verificare, per ottenere l’esenzione, la sussistenza sia del requisito
oggettivo che soggettivo: il primo ricorre allorquando si
realizzano opere pubbliche o di interesse generale, mentre il secondo
si configura laddove sia un ente pubblico a costruire l’opera. Nondimeno si
è ritenuto possibile riconoscere l’esenzione anche alle opere di interesse
generale realizzate da privati; tuttavia, detta esenzione spetta soltanto se
lo strumento contrattuale utilizzato consenta formalmente di imputare la
realizzazione del bene direttamente all’ente per conto del quale il privato
abbia operato, ovvero solo se il privato abbia agito quale organo indiretto
dell’amministrazione, come appunto nella concessione o nella delega (cfr.,
da ultimo, Consiglio di Stato, IV, 11.02.2016, n. 595).
Nel caso de quo è pacifico che il Centro sia stato realizzato da un
privato e non vi sia stato alcun affidamento pubblico per realizzarlo, non
essendo sufficiente tal fine l’impegno a sottoscrivere un contratto di
locazione, restando l’opera attratta comunque all’ambito non pubblicistico
(Consiglio di Stato, IV, 11.02.2016, n. 595; 07.07.2014, n. 3421).
2.2. In ogni caso, anche a voler applicare la seconda parte della
disposizione di cui al citato art. 17, comma 3, lett. c), va evidenziato
come, sebbene in astratto la realizzazione di un centro sanitario possa
rientrare nel novero delle opere di urbanizzazione secondaria, ex art. 16,
comma 8, del D.P.R. n. 380 del 2001 –ovvero nella categoria attrezzature
sanitarie–, nel caso concreto ciò non si ritiene possibile in ragione della
dimensione e rilevanza territoriali del Centro, che trascendono l’ambito
locale, individuato dalla giurisprudenza quale elemento indefettibile per
poter classificare un’opera come di urbanizzazione secondaria. Infatti, come
evidenziato nell’atto d’obbligo della ricorrente del 02.10.2015 (all.
depositato in giudizio il 03.11.2015, pag. 2), le rimanenti slp del primo
piano dell’immobile verranno cedute a soggetti “esercenti attività
mediche sia in accreditamento col SSN che NON al solo fine di rendere un
servizio sanitario alla collettività tutta (residenti e non residenti a
Seregno) il più ampio possibile, alle migliori condizioni”.
Ciò appare in contrasto con la circostanza che “le opere di
urbanizzazione secondaria hanno tendenzialmente una dimensione comunale
o infra-comunale, in quanto finalizzate a migliorare il grado di fruibilità
di uno specifico e circoscritto insediamento urbano mediante la creazione da
parte dell’ente locale di determinate strutture di supporto per servizi
fruibili da quella comunità” (Consiglio di Stato, IV, 11.02.2016, n.
595).
2.3. Di conseguenza, la censura deve essere respinta.
3. In via subordinata, nel ricorso si eccepisce l’illegittima
quantificazione del contributo di costruzione, avuto riguardo alla mancata
evidenziazione dei criteri e delle modalità poste alla base del calcolo.
3.1. La doglianza è infondata.
Dall’esame della documentazione prodotta in giudizio emerge che il calcolo
del contributo di costruzione è stato originariamente effettuato dalla
stessa ricorrente (all. 4, 5 e 9 al ricorso; all. 5, 6 e 11 del Comune).
Successivamente il Comune ha provveduto soltanto ad implementarne l’importo
in ragione della mancata applicazione dell’esenzione.
In ogni caso la difesa della ricorrente non ha posto in dubbio la
correttezza dei calcoli effettuati dal Comune, seppure a seguito della
produzione in giudizio di ulteriore documentazione a supporto (che non può
ritenersi alla stregua di una integrazione postuma della motivazione, per la
natura vincolata e automatica della determinazione degli oneri concessori:
cfr. Consiglio di Stato, IV, 02.03.2011, n. 1365), né ha smentito di aver
concorso alla determinazione dell’importo degli stessi nella fase iniziale
pur non concordando sulla loro debenza. Del resto, è necessario che si
specifichino in modo chiaro gli elementi che inficerebbero la valutazione
dell’Amministrazione, soprattutto nel caso in cui ci si trovi di fronte
questioni di diritto soggettivo, non potendo la parte ricorrente rinviare
all’esame della documentazione, “lasciando così al giudice l’onere di
individuare gli aspetti controversi e verificare, in modo del tutto
soggettivo, la legittimità dell’operato dell’Amministrazione” (TAR
Lombardia, Milano, III, 13.11.2014, n. 2747).
Oltretutto, il “calcolo degli importi dovuti in relazione
all’obbligazione contributiva correlata al rilascio di titoli edilizi (oneri
di urbanizzazione e costo di costruzione) costituisce attività vincolata che
si esplica in virtù dell’applicazione delle disposizioni normative
disciplinanti la materia senza che possano residuare margini di
discrezionalità” (Consiglio di Stato, IV, 10.03.2015, n. 1211; altresì,
02.03.2011, n. 1365).
3.2. Ciò determina il rigetto anche della predetta doglianza.
4. In conclusione, il ricorso deve essere respinto
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 26.07.2016 n. 1502 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Considerato che l'obbligazione
contributiva per costo di costruzione è
fondata sulla produzione di ricchezza connessa
all'utilizzazione edificatoria del territorio
ed alle potenzialità economiche che ne
derivano e, pertanto, ha natura essenzialmente
paratributaria, deve ritenersi che il legislatore, dettando una disposizione così chiara e tranchant come quella di cui all’art. 17, comma 4, DPR 380/2001, abbia inteso affermare che gli interventi da realizzare su immobili di proprietà dello Stato, proprio perché tali, non siano di per sé soli produttivi di ricchezza e dunque non debbano essere assoggettati al costo di costruzione. ---------------
... per l'accertamento del suo diritto alla restituzione della somma di € 9.088,44, indebitamente versata al Comune di Comacchio a titolo di costo di costruzione; e per la condanna del Comune alla restituzione della suddetta somma oltre interessi. ... 5. Nel merito il ricorso è fondato e va accolto. La norma di cui all’art. 17, comma 4, DPR 380/2001, invocata dalla ricorrente, afferma un principio che prescinde da qualunque distinzione, né viene circostanziata a seconda dei casi. Le affermazioni del Comune in ordine alla presunta
ratio della norma, innanzi riportate virgolettate, ricalcano principi che, in realtà, la giurisprudenza ha declinato in relazione alle diverse fattispecie contemplate, anche nel testo applicabile
ratione temporis, al comma 3 della suddetta norma e, segnatamente, alla fattispecie di cui alla lett. c) del terzo comma (l’affermazione riportata dal Comune è testualmente rinvenibile in: TAR Campania, Napoli, sez. II, 27.06.2005, n. 8696). Il comma 3 prevede(va), infatti, il totale esonero dal contributo di costruzione nei seguenti casi: “a) per gli interventi da realizzare nelle zone agricole, ivi comprese le residenze, in funzione della conduzione del fondo e delle esigenze dell'imprenditore agricolo a titolo principale, ai sensi dell'articolo 12 della legge
09.05.1975, n. 153;
b) per gli interventi di ristrutturazione e di ampliamento, in misura non superiore al 20%, di edifici unifamiliari;
c) per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici;
d) per gli interventi da realizzare in attuazione di norme o di provvedimenti emanati a seguito di pubbliche calamità;
e) per i nuovi impianti, lavori, opere, modifiche, installazioni, relativi alle fonti rinnovabili di energia, alla conservazione, al risparmio e all'uso razionale dell'energia, nel rispetto delle norme urbanistiche, di tutela artistico-storica e ambientale”. Viceversa il comma 4 stabiliva: “Per gli interventi da realizzare su immobili di proprietà dello Stato il contributo di costruzione è commisurato alla incidenza delle sole opere di urbanizzazione”. Osserva il Collegio che, in assenza di specificazioni da parte del legislatore, viepiù considerato che la disposizione invocata dalla ricorrente segue quella del comma 3 in cui il legislatore ha contemplato diverse fattispecie per l’esonero dal contributo declinando, per ognuna di esse, i singoli requisiti (ubi voluit, dixit), deve ritenersi che la commisurazione del contributo di costruzione alla incidenza delle sole opere di urbanizzazione sia obbligatoria in tutti gli interventi da realizzare su immobili di proprietà dello Stato, senza ulteriori distinzioni e indipendentemente dal fatto che si tratti di opere stabili o precarie. Il contenuto della disposizione in discorso è talmente chiaro da non prestarsi ad interpretazioni di sorta (in claris non fit interpretatio). D’altra parte, l’ulteriore principio giurisprudenziale invocato dal Comune per giustificare la debenza, nel caso di specie, del costo di costruzione, depone in realtà in senso contrario a quello preteso dall’amministrazione. Invero, considerato che l'obbligazione contributiva per costo di costruzione è fondata sulla produzione di ricchezza connessa all'utilizzazione edificatoria del territorio ed alle potenzialità economiche che ne derivano e, pertanto, ha natura essenzialmente paratributaria (TAR Liguria, sez. I, 28.03.2013, n. 552), deve ritenersi che il legislatore, dettando una disposizione così chiara e
tranchant come quella di cui all’art. 17, comma 4, DPR 380/2001, abbia inteso affermare che gli interventi da realizzare su immobili di proprietà dello Stato, proprio perché tali, non siano di per sé soli produttivi di ricchezza e dunque non debbano essere assoggettati al costo di costruzione. Per quanto precede, il ricorso deve essere accolto e, per l’effetto, deve dichiararsi il diritto della ricorrente alla restituzione della somma corrisposta a titolo di costo di costruzione, maggiorata degli interessi legali dalla data della domanda, trattandosi di somma indebitamente riscossa dal Comune di Comacchio (TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. II, sentenza 27.06.2016 n. 630 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Secondo
costante orientamento della giurisprudenza amministrativa,
ai fini del regime premiale di cui all'art.
9, comma 1, lettera f), della legge nr. 10/1997 (ora art. 17, comma
3, lettera c), del d.P.R. 06.06.2001, nr. 380),
è indispensabile accertare la sussistenza di due profili, uno
di carattere soggettivo, l’altro oggettivo.
Sotto il primo aspetto, bisogna tenere conto delle
specifiche qualità soggettive del richiedente il titolo
abilitativo: alla luce, infatti, dell’evoluzione del
concetto di pubblica amministrazione, inteso non più
meramente in senso formalistico ma funzionalistico, possono
ottenere lo sgravio edilizio de quo non esclusivamente le
amministrazioni formalmente previste e riconosciute come
tali dalla legge, ma anche soggetti privati (imprenditori
individuali, società per azioni) che esercitino un’attività
pubblicisticamente rilevante, ponendosi in una condizione di
longa manus della p.a..
Tuttavia, in forza della seconda peculiarità, è necessario
anche focalizzare l’attenzione sull’opera, in funzione della
quale il titolo edilizio viene chiesto e rilasciato.
Su quest’ultimo punto, va registrato un orientamento
restrittivo della giurisprudenza amministrativa, essendo
necessario dimostrare che l’opera, per la quale si chiede
l’esenzione del pagamento degli oneri urbanizzativi, sia,
per le sue oggettive caratteristiche e peculiarità,
esclusivamente finalizzata ad un utilizzo dell’intera
collettività; non è sufficiente, quindi, che l’opera sia
legata a un interesse generale da un nesso di mera
strumentalità.
Tale accertamento, pertanto, non può essere fondato sulla
base della sola destinazione che il titolare dell’opera
intende soggettivamente imprimere sulla stessa, se non
provocando un’evidente elusione del sistema normativo che
prevede come regola generale, in un’ottica di corretto
governo del territorio ex art. 9, comma 2, Cost.,
l’imposizione contributiva per l’ottenimento dei titoli
edilizi, rispetto alla quale i casi di deroga sono di
stretta interpretazione.
---------------
6. Fondato è invece il terzo motivo, col quale il Comune
appellante si duole del fatto che il giudice di primo grado
non abbia fatto buon governo della consolidata
interpretazione della norma di cui al citato art. 9, comma
1, lettera f), della legge nr. 10/1997 (ora art. 17, comma
3, lettera c), del d.P.R. 06.06.2001, nr. 380) la quale
prevede che: “…Il contributo di cui al precedente art. 3 non
è dovuto (…)per gli impianti, le attrezzature, le opere
pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti
istituzionalmente competenti nonché per le opere di
urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di
strumenti urbanistici”.
Ad avviso dell’appellante, in particolare, tenuto conto
della specifica opera in costruzione (edificio destinato a
ospitare le strutture tecnico-amministrative della società),
non poteva ritenersi integrato il requisito oggettivo
necessario per l’esenzione dal pagamento degli oneri di
urbanizzazione.
Tale prospettazione merita condivisione in ragione delle
seguenti considerazioni.
6.1. Va innanzi tutto premesso, che, secondo costante
orientamento della giurisprudenza amministrativa, ai fini
del regime premiale di cui alla norma citata, è
indispensabile accertare la sussistenza di due profili, uno
di carattere soggettivo, l’altro oggettivo.
Sotto il primo aspetto, bisogna tenere conto delle
specifiche qualità soggettive del richiedente il titolo
abilitativo: alla luce, infatti, dell’evoluzione del
concetto di pubblica amministrazione, inteso non più
meramente in senso formalistico ma funzionalistico, possono
ottenere lo sgravio edilizio de quo non esclusivamente le
amministrazioni formalmente previste e riconosciute come
tali dalla legge, ma anche soggetti privati (imprenditori
individuali, società per azioni) che esercitino un’attività
pubblicisticamente rilevante, ponendosi in una condizione di
longa manus della p.a..
Tuttavia, in forza della seconda peculiarità, è necessario
anche focalizzare l’attenzione sull’opera, in funzione della
quale il titolo edilizio viene chiesto e rilasciato.
Su quest’ultimo punto, va registrato un orientamento
restrittivo della giurisprudenza amministrativa, essendo
necessario dimostrare che l’opera, per la quale si chiede
l’esenzione del pagamento degli oneri urbanizzativi, sia,
per le sue oggettive caratteristiche e peculiarità,
esclusivamente finalizzata ad un utilizzo dell’intera
collettività; non è sufficiente, quindi, che l’opera sia
legata a un interesse generale da un nesso di mera
strumentalità (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 07.07.2014, nr.
3421; id., sez. V, 07.05.2013, nr. 2467; id., sez. IV, 02.03.2011, nr. 1332; id., sez. VI,
05.06.2007, nr.
2981).
Tale accertamento, pertanto, non può essere fondato sulla
base della sola destinazione che il titolare dell’opera
intende soggettivamente imprimere sulla stessa, se non
provocando un’evidente elusione del sistema normativo che
prevede come regola generale, in un’ottica di corretto
governo del territorio ex art. 9, comma 2, Cost.,
l’imposizione contributiva per l’ottenimento dei titoli
edilizi, rispetto alla quale i casi di deroga sono di
stretta interpretazione.
6.2. Da tali considerazioni discende che, nel caso di
specie, pur essendo pacifica la natura di affidataria di
servizio pubblico della società richiedente il titolo
edilizio (circostanza peraltro non contestata dal Comune),
la stessa, con il titolo abilitativo richiesto, ha inteso
realizzare una “struttura destinata ad ospitare le attività
direzionali/amministrative”, la cui evidente
polifunzionalità, anche alla luce della natura privatistica
della società stessa, impedisce l’esclusiva funzionalizzazione della stessa a scopi unicamente
pubblicistici.
A fronte di ciò, poco condivisibilmente il primo giudice ha
giustificato la natura pubblicistica dell’opera sulla base
della destinazione del suolo su cui la stessa doveva essere
eretta (zona F4), laddove invece la verifica deve essere
evidentemente condotta esclusivamente sulle caratteristiche
intrinseche dell’opera, e non su elementi esteriori quale è
la disciplina urbanistica (peraltro suscettibile di
variazioni) del territorio su cui la stessa deve essere
collocata.
7. L’accoglimento del motivo di appello testé esaminato,
essendo ex se sufficiente a far concludere nel senso della
fondatezza dell’impostazione del Comune, esonera il Collegio
dall’esame della questione posta col quarto mezzo
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 06.06.2016 n. 2394 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2015 |
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EDILIZIA PRIVATA: Può
essere considerato destinato a servizi religiosi l’edificio
destinato alla pratica religiosa, e quindi all’orazione,
alla meditazione spirituale, alla celebrazione di cerimonie
proprie di quella confessione ed altro, ovvero destinato a
strutture strettamente connesse con le necessità del culto.
L’edificio di cui ora si tratta (destinato
a servizi religiosi e all’istruzione primaria)
non è destinato a servizi religiosi, in quanto destinato a
ospitare una scuola non statale.
E’ evidente che nell’istituto scolastico verrà impartito
anche l’insegnamento religioso, presumibilmente con maggiore
profondità di quanto non avvenga negli istituti gestiti
dallo Stato o da organizzazioni diverse dalla Chiesa
Cattolica, ma è evidente che tale circostanza non è
sufficiente a qualificare l’edificio in questione come
«dedicato al culto».
Sicché, non sussiste il requisito per avere diritto
all’esenzione dal pagamento degli oneri di urbanizzazione ai
sensi dell’art. 9, lett. f), della legge 28.01.1977, n. 10.
---------------
L’appellante sostiene di avere diritto anche sotto diverso
titolo all’esenzione dal pagamento degli oneri di
urbanizzazione, in quanto l’edificio in questione è
destinato, appunto, a istruzione primaria.
Neanche questa argomentazione può essere condivisa.
Invero, l’esenzione di cui si tratta deve essere
riconosciuta se la struttura realizzata soddisfa un bisogno
della collettività, riconosciuto dall’Amministrazione in
sede di programmazione o in altri modi.
Nel caso citato dall’appellante è stato riconosciuto il
diritto all’esenzione dal pagamento degli oneri di
urbanizzazione per la realizzazione di una clinica privata.
Il principio affermato in quella controversia non può essere
applicato per risolvere quella sottoposta al Collegio, in
quanto la previsione urbanistica in quel caso rilevante ha
tenuto conto del fatto che la clinica pur privata è inserita
nel servizio sanitario nazionale, partecipa agli scopi di
questo e accetta i pazienti in condizioni di eguaglianza.
Tali particolarità non ricorrono nel caso di specie, nel
quale l’istituto scolastico in questione viene realizzato
del tutto al di fuori della programmazione pubblica, secondo
una libera scelta imprenditoriale dell’appellante.
Inoltre, è noto che negli istituti non statali gli alunni
pagano una retta, e nemmeno viene ipotizzato che l’istituto
di cui ora si tratta accolga gli allievi secondo modalità
differenti.
In base agli elementi appena riassunti, rileva il Collegio
che la struttura in questione non costituisce opera di
urbanizzazione secondaria.
----------------
Nel merito, l’appello è infondato.
L’odierna appellante ha ottenuto concessione edilizia per la
trasformazione di un edificio di sua proprietà adibito a
convitto in scuola primaria.
Essa sostiene di avere diritto all’esenzione dal pagamento
degli oneri di urbanizzazione ai sensi dell’art. 9, lett.
f), della legge 28.01.1977, n. 10, e della legge della
Regione Lombardia 09.05.1992, n. 20, nonché degli artt. 16 e
44 delle norme tecniche di attuazione del piano regolatore
generale di Bergamo, in quanto l’edificio in questione è
destinato a servizi religiosi e all’istruzione primaria.
Tali asserzioni sono erronee.
Può essere considerato destinato a servizi religiosi
l’edificio destinato alla pratica religiosa, e quindi
all’orazione, alla meditazione spirituale, alla celebrazione
di cerimonie proprie di quella confessione ed altro, ovvero
destinato a strutture strettamente connesse con le necessità
del culto.
L’edificio di cui ora si tratta non è destinato a servizi
religiosi, in quanto destinato a ospitare una scuola non
statale.
E’ evidente che nell’istituto scolastico verrà impartito
anche l’insegnamento religioso, presumibilmente con maggiore
profondità di quanto non avvenga negli istituti gestiti
dallo Stato o da organizzazioni diverse dalla Chiesa
Cattolica, ma è evidente che tale circostanza non è
sufficiente a qualificare l’edificio in questione come «dedicato
al culto».
L’appellante sostiene di avere diritto anche sotto diverso
titolo all’esenzione dal pagamento degli oneri di
urbanizzazione, in quanto l’edificio in questione è
destinato, appunto, a istruzione primaria.
Neanche questa argomentazione può essere condivisa.
Invero, l’esenzione di cui si tratta deve essere
riconosciuta se la struttura realizzata soddisfa un bisogno
della collettività, riconosciuto dall’Amministrazione in
sede di programmazione o in altri modi.
Nel caso citato dall’appellante (C. di S., V, 12.05.2011, n.
2870) è stato riconosciuto il diritto all’esenzione dal
pagamento degli oneri di urbanizzazione per la realizzazione
di una clinica privata.
Il principio affermato in quella controversia non può essere
applicato per risolvere quella sottoposta al Collegio, in
quanto la previsione urbanistica in quel caso rilevante ha
tenuto conto del fatto che la clinica pur privata è inserita
nel servizio sanitario nazionale, partecipa agli scopi di
questo e accetta i pazienti in condizioni di eguaglianza.
Tali particolarità non ricorrono nel caso di specie, nel
quale l’istituto scolastico in questione viene realizzato
del tutto al di fuori della programmazione pubblica, secondo
una libera scelta imprenditoriale dell’appellante.
Inoltre, è noto che negli istituti non statali gli alunni
pagano una retta, e nemmeno viene ipotizzato che l’istituto
di cui ora si tratta accolga gli allievi secondo modalità
differenti.
In base agli elementi appena riassunti, rileva il Collegio
che la struttura in questione non costituisce opera di
urbanizzazione secondaria.
L’appellante deduce in contrario senso, a sostegno della
propria tesi, la legge della Regione Lombardia 09.05.1992,
n. 20, la quale all’art. 2 stabilisce che: «1. Ai sensi e
per gli effetti dell'art. 3, secondo comma, lett. b), del
decreto del ministro dei lavori pubblici 02.04.1968, n.
1444, nonché di quanto previsto dall'art. 22 della L.R.
15.04.1975, n. 51, sono attrezzature di interesse comune per
servizi religiosi:
a) gli immobili destinati al culto anche se articolati in
più edifici;
b) gli immobili destinati all'abitazione dei ministri del
culto, del personale di servizio, nonché quelli destinati ad
attività di formazione religiosa;
c) nell'esercizio del ministero pastorale, gli immobili
adibiti ad attività educative, culturali, sociali,
ricreative e di ristoro, che non abbiano fini di lucro.
2. In relazione al disposto dell'art. 4 della legge
29.09.1964, n. 847 e successive modificazioni, le
attrezzature di cui al precedente comma costituiscono opere
di urbanizzazione secondaria ad ogni effetto».
Osserva al riguardo il Collegio che la norma è chiaramente
rivolta alla contrazione di mutui agevolati per la
realizzazione delle opere ivi considerate, e che
interpretandola nel senso proposto dall’appellante
occorrerebbe interrogarsi sulla sua compatibilità con il
complessivo sistema della legislazione urbanistica.
Peraltro, tale disamina si appalesa superflua, in quanto
l’immobile in questione, destinato ad ospitare una scuola
primaria non statale:
a) non è destinato al culto;
b) non è destinato ad abitazione dei ministri del culto o
del personale di servizio e nemmeno ad attività di
formazione religiosa;
c) non è destinato ad attività educative, culturali,
sociali, ricreative e di ristoro pertinenti all’esercizio
pastorale, ed è ben dubbio che manchi il fine di lucro.
Deve, in particolare, essere rilevato che la norma regionale
in questione prende in considerazione le attività culturali
in quanto pertinenti all’esercizio pastorale.
L’attività di una scuola, per quanto privata, non può essere
considerata pertinente all’esercizio pastorale, essendo
rivolta alla formazione complessiva dell’alunno, con
insegnamenti che non possono che esulare dalla sfera
religiosa.
Di conseguenza, la legge regionale invocata non sostiene le
ragioni dell’appellante
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 11.12.2015 n. 5647 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2014 |
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EDILIZIA PRIVATA:
E' onerosa la costruzione di una R.S.A. da parte della
parrocchia.
La RSA [residenza sanitario-assistenziale, vale a dire una
Casa di Riposo, struttura residenziale per l’accoglienza di
persone anziane normalmente non autosufficienti] non è
puramente e semplicemente una struttura sanitaria, per cui
non può annoverarsi fra le opere di urbanizzazione
secondaria.
Infatti, la Casa di Riposo non ha carattere esclusivamente
sanitario (al pari, ad esempio, di una azienda ospedaliera),
ma appaiono invece centrali le attività assistenziali e
ricettive, per cui non può essere considerata puramente e
semplicemente una “attrezzatura sanitaria”, vale a dire
un’opera di urbanizzazione secondaria la cui realizzazione
non è soggetta a contributo di costruzione ai sensi del più
volte citato art. 17 del Testo Unico dell’Edilizia.
-----------------
Inoltre, neppure sussiste l’ulteriore requisito al
quale la lettera c) del menzionato art. 17 dpr 380/2001
subordina l’esenzione dal contributo di costruzione.
Tale requisito richiede il concorso di due presupposti,
vale a dire l’ascrivibilità del manufatto alla categoria
delle opere pubbliche o di interesse generale e l’esecuzione
delle opere da parte di enti pubblici istituzionalmente
competenti ovvero di privati concessionari dell’ente
pubblico.
Nel caso di specie, anche a volere ammettere la natura di
opera di interesse generale della RSA, manca però
l’ulteriore condizione della realizzazione da parte
dell’ente pubblico o di un soggetto legato al medesimo,
quale ad esempio un concessionario di opera pubblica.
Infatti, il terreno sul quale insiste la RSA è di proprietà
della Parrocchia (la quale, al di là del riconoscimento
delle finalità meritorie svolte dalle Parrocchie, non è però
ente pubblico), mentre la realizzazione è stata attribuita
ad un operatore privato, avente natura di imprenditore
commerciale ai sensi dell’art. 1 della legge fallimentare
(prova ne è il fatto che è intervenuta a carico
dell’operatore medesimo la dichiarazione di fallimento).
Nel primo mezzo di gravame, viene
lamentata la violazione degli articoli 43 della legge
regionale della Lombardia 12/2005 e dell’art. 17 del DPR
380/2001, in quanto, secondo parte ricorrente, l’opera di
cui è causa non sarebbe soggetta ad alcun contributo di
costruzione, rientrando nella fattispecie dell’art. 17,
comma 3°, lettera c), del DPR 380/2001, in forza del quale
non è dovuto il contributo di costruzione <<per gli
impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse
generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti
nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da
privati, in attuazione di strumenti urbanistici>>.
La norma prevede due diverse condizioni di esenzione, vale a
dire la qualificazione come opera di urbanizzazione
secondaria oppure la realizzazione per finalità di interesse
generale da parte di enti pubblici o soggetti equiparati.
L’esponente rileva come l’originaria concessione edilizia
del 2001 (cfr. il doc. 13 del ricorrente), poi decaduta,
fosse stata rilasciata senza pagamento di alcun contributo,
vale a dire ai sensi dell’art. 9 della legge 10/1977 (il cui
contenuto è stato poi sostanzialmente riproposto dall’art.
17 sopra citato).
Si rimarca, ancora, che l’opera risponde ad evidenti
finalità di interesse generale e che, in ogni caso, dovrebbe
essere reputata opera di urbanizzazione secondaria, stante
la disciplina dell’art. 44 della legge regionale 12/2005,
che annovera fra le urbanizzazioni secondarie, le
<<attrezzature sanitarie>>.
La tesi di parte ricorrente, per quanto suggestiva e ben
argomentata, non appare convincente.
La struttura di cui è causa costituisce una RSA (residenza
sanitario-assistenziale), vale a dire una Casa di Riposo,
struttura residenziale per l’accoglienza di persone anziane
normalmente non autosufficienti, alle quali sono garantiti
interventi socio-sanitari per migliorare i livelli di
autonomia, promuoverne il benessere e curare le patologie da
cui sono afflitte.
All’interno delle Case di Riposo, sono erogate sia
prestazioni di carattere strettamente sanitario e di cura,
sia prestazioni avente invece carattere assistenziale e
financo alberghiero, per la soddisfazione dei quotidiani
bisogni dell’anziano.
Si ricordi anche che la distinzione fra attività sanitaria,
finalizzata alla tutela del diritto alla salute e attività
assistenziale assume rilievo anche a livello costituzionale
(cfr. gli articoli 32 e 38 della Costituzione).
Ciò premesso, la Casa di Riposo non ha carattere
esclusivamente sanitario (al pari, ad esempio, di una
azienda ospedaliera), ma appaiono invece centrali le
attività assistenziali e ricettive, per cui non può essere
considerata puramente e semplicemente una “attrezzatura
sanitaria”, vale a dire un’opera di urbanizzazione
secondaria la cui realizzazione non è soggetta a contributo
di costruzione ai sensi del più volte citato art. 17 del
Testo Unico dell’Edilizia (cfr. sul punto TAR Emilia
Romagna, Bologna, sez. II, 03.07.2012, n. 466).
Sul punto occorre avere riguardo anche alle concrete
caratteristiche costruttive dell’opera, nella quale
prevalgono le camere con annesso bagno, trattandosi di
struttura essenzialmente ricettiva, come desumibile dalle
planimetrie catastali (cfr. il doc. 6 del resistente, nel
quale a pag. 1 è indicata la categoria catastale B01, vale a
dire “Collegi e convitti, educandati; ricoveri; orfanotrofi;
ospizi; conventi”, mentre agli ospedali e case di cura è
attribuita la categoria catastale B02).
In conclusione, la RSA non è puramente e semplicemente una
struttura sanitaria, per cui non può annoverarsi fra le
opere di urbanizzazione secondaria.
Inoltre, neppure sussiste l’ulteriore requisito al quale la
lettera c) del menzionato art. 17 subordina l’esenzione dal
contributo di costruzione.
Tale requisito richiede il concorso di due presupposti, vale
a dire l’ascrivibilità del manufatto alla categoria delle
opere pubbliche o di interesse generale e l’esecuzione delle
opere da parte di enti pubblici istituzionalmente competenti
ovvero di privati concessionari dell’ente pubblico (così,
fra le tante, Consiglio di Stato, sez. V, 3.10.2005, n.
5246).
Nel caso di specie, anche a volere ammettere la natura di
opera di interesse generale della RSA, manca però
l’ulteriore condizione della realizzazione da parte
dell’ente pubblico o di un soggetto legato al medesimo,
quale ad esempio un concessionario di opera pubblica.
Infatti, il terreno sul quale insiste la RSA è di proprietà
della Parrocchia di San Giorgio (la quale, al di là del
riconoscimento delle finalità meritorie svolte dalle
Parrocchie, non è però ente pubblico), mentre la
realizzazione è stata attribuita ad un operatore privato,
avente natura di imprenditore commerciale ai sensi dell’art.
1 della legge fallimentare (prova ne è il fatto che è
intervenuta a carico dell’operatore medesimo la
dichiarazione di fallimento).
Non muta la situazione, la circostanza dell’intervenuta
sottoscrizione della convenzione del 18.10.2011 fra Comune,
Parrocchia e ICOS Coop. Sociale a r.l. (cfr. il doc. 7 del
ricorrente e del resistente).
La convenzione non ha –infatti– attribuito ad ICOS la
natura di concessionario del Comune, visto che ICOS opera
comunque in virtù della delega ricevuta dalla Parrocchia;
nell’atto convenzionale sono posti invece a carico
dell’operatore privato taluni obblighi verso il Comune
(inserimento lavorativo di personale residente, priorità di
ricovero degli anziani residenti ed erogazione di servizio
mensa e fisioterapia a favore degli anziani residenti), ma
tali obbligazioni attengono tutte ad una fase successiva a
quella di esecuzione dell’opera, esecuzione effettuata a
cura esclusiva del privato imprenditore su terreno di altro
soggetto privato.
Quanto alla circostanza che la concessione edilizia del 2001
fu rilasciata senza pagamento di oneri concessori, si tratta
tutt’al più di un errore degli uffici; in ogni caso tale
concessione è scaduta, per cui –doverosamente, preme
aggiungere– gli uffici comunali hanno valutato nuovamente
la questione al momento di presentazione della DIA del 2008
(cfr. il doc. 2 del ricorrente).
Neppure assume rilevo la deroga allo strumento urbanistico
per consentire una maggiore altezza della struttura, deroga
disposta con deliberazione di Consiglio Comunale n. 2 del
2008 (cfr. il doc. 1 del ricorrente).
Infatti, il rilascio di un titolo edilizio in deroga, ai
sensi dell’art. 40 della legge regionale 12/2005, non
implica necessariamente –non essendovi alcuna norma al
riguardo– che l’edificio o impianto in deroga non debba
essere assoggettato a contributo concessorio.
In conclusione, deve respingersi il primo mezzo di ricorso
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 11.07.2014 n. 1827 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Circa l'interpretazione dell’art.
17, comma 3, lettera c), del D.P.R. 06.06.2001 n. 380,
è stato, sul piano generale, chiarito come
la norma in esame richiede la sussistenza di due requisiti
che devono entrambi concorrere per fondare lo speciale
regime di esonero dal contributo di costruzione, l’uno di
carattere oggettivo e l’altro di carattere soggettivo. Per
effetto del primo, la costruzione deve riguardare “opere
pubbliche o d’interesse generale”; per effetto del secondo,
le opere devono essere eseguite da “un ente
istituzionalmente competente”.
Allo stesso modo si è avuto cura di specificare come:
- la decisione se applicare o meno l’esonero del pagamento
degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione,
con riferimento all’intervento edilizio indicato, attiene al
merito dell’azione amministrativa e rientra, ovviamente,
nella piena ed esclusiva discrezionalità e responsabilità
dell’ente;
- rimane, altresì, alla valutazione dell’amministrazione
comunale verificare in concreto (ovvero, alla luce dello
statuto della società, dell’attività da essa svolta e della
relativa compagine societaria) se la società interessata
all’applicazione del regime derogatorio in esame possa o
meno essere qualificato come “ente istituzionalmente
competente” previsto all'art. 17 del d.p.r. n. 380/2001.
Nel porre in essere tali valutazioni, l’Ente potrà orientare
la sua decisione in base ai principi enucleati nei pareri
sopra richiamati, ovvero:
- per quanto attiene al primo requisito richiesto dalla
norma in esame, quello oggettivo (“opere pubbliche o
d’interesse generale”), l’opera da realizzare, quantunque
non destinata direttamente a scopi propri della p.a., deve
risultare idonea a soddisfare i bisogni della collettività,
di per se stessa –poiché destinata ad uso pubblico o
collettivo– o in quanto strumentale rispetto ad opere
pubbliche o comunque perché immediatamente collegata con le
funzioni di pubblico servizio espletate dall’ente;
- con riferimento al secondo requisito, quello soggettivo
(“un ente istituzionalmente competente”),
esso deve essere
letto in chiave evolutiva, non solo riconducendovi gli enti
pubblici in senso proprio e i soggetti che agiscono per
conto di enti pubblici (in via esemplificativa, i
concessionari), ma anche, alla luce del costituzionalizzato
principio di sussidiarietà orizzontale, i soggetti privati,
cui sono affidati obiettivi di interesse pubblico, tenuto
conto che «le funzioni pubbliche non necessariamente vengono
esercitate mediante esplicazione di poteri autoritativi, ben
potendo svolgersi attraverso forme e moduli procedimentali
di tipo privatistico»;
- in relazione al requisito dell’attuazione dell’opera in
coerenza con gli “strumenti urbanistici” (art. 17, comma 3,
lett. c), del d.p.r. n. 380/2001), la giurisprudenza
amministrativa consolidata ha affermato che detto ulteriore
requisito di esonero dal contributo di costruzione ricorre
quando l’opera non solo è conforme agli strumenti
urbanistici, bensì è anche espressamente contemplata come
tale nello strumento urbanistico medesimo poiché la norma,
testualmente, utilizza l’espressione "opere di
urbanizzazione eseguite in attuazione di strumenti
urbanistici";
quindi, come
anche di recente efficacemente ribadito, «affinché possa
trovare applicazione la disposizione invocata non è
sufficiente la generica sussumibilità degli interventi
nell’ambito delle opere di urbanizzazione; infatti, non
tutte le opere di urbanizzazione sono esenti dal contributo
concessorio, ma solo quelle eseguite “in attuazione di
strumenti urbanistici”, sulla base di una precisa
indicazione dello stesso".
---------------
Come di recente ricordato, «la ratio della norma contenuta
nell’art. 17 del d.p.r. n. 380/2001 è duplice: incentivare
l’esecuzione di opere da cui la collettività possa trarre
utilità; assicurare una ricaduta del beneficio dello sgravio
a vantaggio della collettività, posto che l’esonero dal
contributo si traduce in un abbattimento dei costi, a cui
corrisponde, in definitiva, un minore aggravio di oneri per
il contribuente. In altre parole, l'imposizione del
contributo di costruzione ai soggetti che agiscono
nell'istituzionale attuazione del pubblico interesse sarebbe
altrimenti intimamente contraddittoria, poiché verrebbe a
gravare, sia pure indirettamente, sulla stessa comunità che
dovrebbe avvantaggiarsi del pagamento di esso».
Ne deriva che, a monte, solo il perseguimento, da parte del
soggetto che fruirebbe dell’esonero del contributo de quo,
di un interesse pubblico riferibile alla collettività, che
si potrebbe avvantaggiare con la riscossione del suddetto
contributo, appare giustificare l’applicabilità della norma
derogatoria in esame. Alla cui applicazione, ove ne
ricorrano i presupposti ora delineati, non appare ostare, in
linea generale, la circostanza che l’esonero in esame venga
a riferirsi ad una porzione dell’edificio in via di
realizzazione, ove quest’ultima risulti stabilmente e
strutturalmente destinata al solo perseguimento di un
interesse pubblico riferibile alla collettività come sopra
intesa.
--------------
Il Sindaco del Comune di
Porto Mantovano, con nota prot. n. 7670 del 05.05.2014,
dopo aver premesso che:
- la società Sviluppo Mantova srl, società partecipata di
Confcommercio e accreditata presso la Regione Lombardia per
lo svolgimento di Servizi Formativi, intende costruire un
edificio, che dovrebbe ospitare sia la sede uffici
amministrativi delle organizzazioni di Confcommercio Mantova
sia locali destinati alla formazione, su un lotto di terreno
individuato nel vigente P.G.T. come "Ambito di attività
produttive consolidato", che la società medesima sta
acquistando dal Comune di Porto Mantovano;
- la società Sviluppo Mantova srl ha chiesto l'esonero ex
art. 17, comma 3, lettera c), del DPR 06.06.2001 n. 380 del
contributo di costruzione dovuto per il rilascio del titolo
abilitativo alla costruzione, limitatamente alla sola
porzione di edificio destinata a Scuola di Formazione
Professionale;
ha posto alla Sezione il seguente quesito principale: «se
sia legittima l'applicazione dell' art. 17, comma 3, lettera
c) del DPR 06.06.2001 n. 380 (Testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia
edilizia), in materia di esonero dal contributo di
costruzione, ad una fattispecie riguardante la società
Sviluppo Mantova srl (partecipata di Confcommercio avente
personalità giuridica di tipo privato), la quale chiede
l'esonero del contributo di costruzione dovuto per il
rilascio del titolo abilitativo alla costruzione,
limitatamente alla sola porzione di edificio destinata a
Scuola di Formazione Professionale».
Nella richiesta di
parere si avanzano, altresì, gli ulteriori quesiti specifici
di seguito richiamati:
«1) Sussistenza presupposto "oggettivo"
1.1) Se l'edificio in progetto, essendo solo parzialmente
destinato a "luogo di formazione", possa essere ascrivibile
alla categoria delle opere pubbliche o di interesse
generale;
1.2) E ancora, se tale destinazione, quantunque non
destinata direttamente a scopi propri della P.A., ma
comunque diretta a soddisfare i bisogni di una collettività,
possa essere considerato opera di interesse generale;
1.3) Se la più volte richiamata "collettività" sia da
intendersi in senso generale ovvero possa essere considerata
tale anche se rivolta a soddisfare le esigenze di una
specialità di utenti (es. seminari e corsi di formazione per
artigiani, commercianti, operatori turistici, alberghieri,
ecc.) e, pertanto, se possa riconoscersi la ricaduta del
beneficio dello sgravio a vantaggio della collettività
medesima;
2) Sussistenza presupposto "soggettivo"
2.1) se la società Sviluppo Mantova srl, in quanto società
accreditata da Regione Lombardia possa configurarsi come
"ente istituzionalmente competente" e, come tale, ricadere
nell'esonero del contributo di costruzione ai sensi
dell'art. 17, co. 3, lett. c), del DPR 380/2001. A tale
riguardo preme tuttavia precisare che detta società non ha
instaurato alcun vincolo con la P.A. tramite attivazione di
convenzione specifica per le attività di formazione che
andrà ad esercitare.
3) Interpretazione normativa
3.1) Inoltre, considerato che l'esonero del contributo deve
ritenersi di stretta interpretazione, in quanto deroga alla
regola generale (art. 16 DPR 380/2001), si chiede se
l'applicabilità dell'esonero, ancorché parziale, debba
essere esclusa poiché la società in questione, esercita
un'attività lucrativa (vedasi statuto allegato) anche se la
stessa può in parte avere una rilevanza sociale (attività di
formazione).
4) Corretta applicazione della normativa
4.1) Infine, considerato che l'esonero del contributo viene
richiesto limitatamente alla sola porzione di edificio
destinata a "luogo di formazione", si chiede se sia corretto
individuare sull'intero edificio in progetto, una porzione a
carattere "oneroso" (sede uffici amministrativi delle
organizzazioni di Confcommercio Mantova) e una porzione a
carattere "gratuito" (locali destinati alla formazione)».
...
Venendo ad affrontare nel merito i quesiti posti dal Comune
di Porto Mantovano, essi vertono, come sopra visto, sulla
possibilità di applicare l’esonero dal contributo di
costruzione dovuto per il rilascio del titolo abilitativo
alla costruzione, previsto dall’art. 17, comma 3, lettera
c), del D.P.R. 06.06.2001 n. 380 (Testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia
edilizia), limitatamente ad una porzione di un edificio –in
via di progettazione ad opera della società Sviluppo Mantova
srl, che dovrebbe acquisire il relativo terreno dal Comune
istante- destinata a Scuola di Formazione Professionale.
Giova preliminarmente ricordare come la portata precettiva
dell’art. 17, comma 3, lettera c), del D.P.R. 06.06.2001
n. 380 è stata già più volte scandagliata da questa Sezione
(Sez. contr. Lombardia
parere 18.01.2012 n. 5;
Lombardia
parere
09.10.2009 n. 783;
Lombardia
parere 21.02.2011 n. 91; peraltro tutti
richiamati nella richiesta di parere in esame), nonché più
di recente da ulteriori pronunce di questa Corte (Sez.
contr. Emilia Romagna
parere
08.05.2014 n. 123; Ead.
parere 08.05.2014 n. 122; Sez.
contr. Marche
parere 07.08.2013 n. 60).
In tali pronunce è stato, sul piano generale, chiarito come
la norma in esame richiede la sussistenza di due requisiti
che devono entrambi concorrere per fondare lo speciale
regime di esonero dal contributo di costruzione, l’uno di
carattere oggettivo e l’altro di carattere soggettivo. Per
effetto del primo, la costruzione deve riguardare “opere
pubbliche o d’interesse generale”; per effetto del secondo,
le opere devono essere eseguite da “un ente
istituzionalmente competente”.
Allo stesso modo si è avuto cura di specificare come:
- la decisione se applicare o meno l’esonero del pagamento
degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione,
con riferimento all’intervento edilizio indicato, attiene al
merito dell’azione amministrativa e rientra, ovviamente,
nella piena ed esclusiva discrezionalità e responsabilità
dell’ente;
- rimane, altresì, alla valutazione dell’amministrazione
comunale verificare in concreto (ovvero, alla luce dello
statuto della società, dell’attività da essa svolta e della
relativa compagine societaria) se la società interessata
all’applicazione del regime derogatorio in esame possa o
meno essere qualificato come “ente istituzionalmente
competente” previsto all'art. 17 del d.p.r. n. 380/2001.
Nel porre in essere tali valutazioni, l’Ente potrà orientare
la sua decisione in base ai principi enucleati nei pareri
sopra richiamati, ovvero:
- per quanto attiene al primo requisito richiesto dalla
norma in esame, quello oggettivo (“opere pubbliche o
d’interesse generale”), l’opera da realizzare, quantunque
non destinata direttamente a scopi propri della p.a., deve
risultare idonea a soddisfare i bisogni della collettività,
di per se stessa –poiché destinata ad uso pubblico o
collettivo– o in quanto strumentale rispetto ad opere
pubbliche o comunque perché immediatamente collegata con le
funzioni di pubblico servizio espletate dall’ente;
- con riferimento al secondo requisito, quello soggettivo
(“un ente istituzionalmente competente”),
esso deve essere
letto in chiave evolutiva, non solo riconducendovi gli enti
pubblici in senso proprio e i soggetti che agiscono per
conto di enti pubblici (in via esemplificativa, i
concessionari), ma anche, alla luce del costituzionalizzato
principio di sussidiarietà orizzontale, i soggetti privati,
cui sono affidati obiettivi di interesse pubblico, tenuto
conto che «le funzioni pubbliche non necessariamente vengono
esercitate mediante esplicazione di poteri autoritativi, ben
potendo svolgersi attraverso forme e moduli procedimentali
di tipo privatistico»;
- in relazione al requisito dell’attuazione dell’opera in
coerenza con gli “strumenti urbanistici” (art. 17, comma 3,
lett. c), del d.p.r. n. 380/2001), la giurisprudenza
amministrativa consolidata ha affermato che detto ulteriore
requisito di esonero dal contributo di costruzione ricorre
quando l’opera non solo è conforme agli strumenti
urbanistici, bensì è anche espressamente contemplata come
tale nello strumento urbanistico medesimo poiché la norma,
testualmente, utilizza l’espressione "opere di
urbanizzazione eseguite in attuazione di strumenti
urbanistici" (in tal senso Cons. Stato, sez. V, 10.05.1999, n. 536; Cons. Stato, sez. V, 21.01.1997, n. 69;
Cons. Stato, sez. V, 01.06.1992, n. 489); quindi, come
anche di recente efficacemente ribadito, «affinché possa
trovare applicazione la disposizione invocata non è
sufficiente la generica sussumibilità degli interventi
nell’ambito delle opere di urbanizzazione; infatti, non
tutte le opere di urbanizzazione sono esenti dal contributo
concessorio, ma solo quelle eseguite “in attuazione di
strumenti urbanistici”, sulla base di una precisa
indicazione dello stesso (cfr. Tar Lombardia-Brescia
- n. 163/2005)» (cfr. Sez. contr. Emilia
Romagna
parere
08.05.2014 n. 123).
Particolare attenzione, nel precipuo scrutinio del caso
concreto, nel cui ambito risultano attratti i singoli
quesiti posti dall’Ente istante e la cui risoluzione, come
sopra visto, non può che essere ricondotta alla
discrezionalità dell’Ente stesso, dovrà essere prestata alla
ratio della disposizione in esame, che, se correttamente
valorizzata, è in grado di orientare efficacemente le
valutazioni spettanti all’Ente.
Come di recente ricordato, «la ratio della norma contenuta
nell’art. 17 del d.p.r. n. 380/2001 è duplice: incentivare
l’esecuzione di opere da cui la collettività possa trarre
utilità; assicurare una ricaduta del beneficio dello sgravio
a vantaggio della collettività, posto che l’esonero dal
contributo si traduce in un abbattimento dei costi, a cui
corrisponde, in definitiva, un minore aggravio di oneri per
il contribuente. In altre parole, l'imposizione del
contributo di costruzione ai soggetti che agiscono
nell'istituzionale attuazione del pubblico interesse sarebbe
altrimenti intimamente contraddittoria, poiché verrebbe a
gravare, sia pure indirettamente, sulla stessa comunità che
dovrebbe avvantaggiarsi del pagamento di esso» (cfr. Sez.
contr. Emilia Romagna
parere
08.05.2014 n. 123).
Ne deriva che, a monte, solo il perseguimento, da parte del
soggetto che fruirebbe dell’esonero del contributo de quo,
di un interesse pubblico riferibile alla collettività, che
si potrebbe avvantaggiare con la riscossione del suddetto
contributo, appare giustificare l’applicabilità della norma
derogatoria in esame. Alla cui applicazione, ove ne
ricorrano i presupposti ora delineati, non appare ostare, in
linea generale, la circostanza che l’esonero in esame venga
a riferirsi ad una porzione dell’edificio in via di
realizzazione, ove quest’ultima risulti stabilmente e
strutturalmente destinata al solo perseguimento di un
interesse pubblico riferibile alla collettività come sopra
intesa (Corte dei Conti, Sez. controllo Lombardia,
parere 28.05.2014 n.
189). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Come questa Corte dei
conti ha già avuto modo di precisare,
l’art. 17, comma 3,
lett. c), del d.p.r. n. 380 del 2001 prescrive la
sussistenza di due requisiti che devono entrambi concorrere
per fondare lo speciale regime di esonero dal contributo di
costruzione, l’uno di carattere oggettivo e l’altro di
carattere soggettivo. Per effetto del primo la costruzione
deve riguardare “opere pubbliche o d’interesse generale”;
per effetto del secondo le opere devono essere eseguite da
“un ente istituzionalmente competente”.
Tanto premesso, quanto al primo requisito, quello
oggettivo (“opere pubbliche o d’interesse generale”),
occorre considerare che l’opera da realizzare, quantunque
non destinata direttamente a scopi propri della p.a., deve
risultare idonea a soddisfare i bisogni della collettività,
di per se stessa –poiché destinata ad uso pubblico o
collettivo– o in quanto strumentale rispetto ad opere
pubbliche o comunque perché immediatamente collegata con le
funzioni di pubblico servizio espletate dall’ente.
Con riferimento al requisito soggettivo (“un ente
istituzionalmente competente”), la giurisprudenza
amministrativa ha più volte chiarito che la dizione deve
riferirsi, oltre che agli enti pubblici in senso proprio,
anche ai soggetti che agiscono per conto di enti pubblici,
ricomprendendo, pertanto, “i concessionari di opere
pubbliche o analoghe figure organizzatorie, caratterizzate
da un vincolo tra il soggetto abilitato ad operare
nell’interesse pubblico ed il materiale esecutore della
costruzione, in modo tale che l’attività edilizia sia
compiuta da un soggetto che curi istituzionalmente la
realizzazione di opere d’interesse generale per il
perseguimento delle specifiche finalità cui le opere stesse
sono destinate”.
La ratio della norma contenuta nell’art. 17 del d.p.r. n.
380/2001 è duplice: incentivare l’esecuzione di opere da cui
la collettività possa trarre utilità; assicurare una
ricaduta del beneficio dello sgravio a vantaggio della
collettività, posto che l’esonero dal contributo si traduce
in un abbattimento dei costi, a cui corrisponde, in
definitiva, un minore aggravio di oneri per il contribuente.
In altre parole, l'imposizione del contributo di costruzione
ai soggetti che agiscono nell'istituzionale attuazione del
pubblico interesse sarebbe altrimenti intimamente
contraddittoria, poiché verrebbe a gravare, sia pure
indirettamente, sulla stessa comunità che dovrebbe
avvantaggiarsi del pagamento di esso.
Pertanto, alla luce di tale ratio della disposizione,
la giurisprudenza amministrativa ha generalmente accolto
un’interpretazione che ricomprende, nell’ambito di
applicabilità della norma, oltre agli enti pubblici in senso
proprio, anche “quelle figure soggettive che non agiscono
per esclusivo scopo lucrativo ovvero che accompagnano al
lucro un collegamento giuridicamente rilevante con
l'amministrazione, sì da rafforzare il legame istituzionale
con l'azione del soggetto pubblico per la cura degli
interessi della collettività”.
---------------
Orbene, si è detto sopra dell’orientamento della
giurisprudenza amministrativa che, da un lato, ha
interpretato estensivamente la dizione “enti
istituzionalmente competenti”, ricomprendendovi, oltre agli
enti pubblici in senso proprio, anche altre “figure organizzatorie” che “curino istituzionalmente la
realizzazione di opere d’interesse generale per il
perseguimento delle specifiche finalità cui le opere stesse
sono destinate”; dall’altro lato, ha ricondotto tale
espressione prevalentemente alla figura del concessionario
per sottolineare quell’immediato legame istituzionale con
l’azione dell’Amministrazione per la cura degli interessi
della collettività, che si ritiene presupposto indefettibile
per l’applicazione dell’esonero contributivo.
Sicché, alla luce di un’interpretazione evolutiva e
teleologicamente orientata del concetto di “ente
istituzionalmente competente” previsto all'art. 17 del
d.p.r. n. 380/2001 (anche al di là delle figure dei
concessionari), rimane alla valutazione dell’amministrazione
comunale valutare in concreto (ovvero, alla luce dello
statuto della fondazione, dell’attività da essa svolta e
della contribuzione che riceve dalla Regione) se la citata
fondazione possa o meno essere qualificato come “ente
istituzionalmente competente” previsto all'art. 17 del
d.p.r. n. 380/2001.
---------------
Con riferimento poi al requisito dell’attuazione
dell’opera
in coerenza con gli “strumenti urbanistici” (art. 17, comma
3, lett. c), del d.p.r. n. 380/2001), occorre ricordare che
la giurisprudenza amministrativa consolidata ha affermato
che detto ulteriore requisito di esonero dal contributo di
costruzione ricorre quando l’opera non solo è conforme agli
strumenti urbanistici, bensì è anche espressamente
contemplata come tale nello strumento urbanistico medesimo
poiché la norma, testualmente, utilizza l’espressione "opere
di urbanizzazione eseguite in attuazione di strumenti
urbanistici".
In altre parole, affinché possa trovare applicazione la
disposizione invocata non è sufficiente la generica sussumibilità degli interventi nell’ambito delle opere di
urbanizzazione; infatti, non tutte le opere di
urbanizzazione sono esenti dal contributo concessorio, ma
solo quelle eseguite “in attuazione di strumenti
urbanistici”, sulla base di una precisa indicazione dello
stesso.
---------------
Il Sindaco del Comune di
San Giovanni in Persiceto formula alla Sezione un quesito
riguardante la sussistenza delle condizioni per applicare,
in tutto o in parte, l’esenzione dai contributi di
costruzione ai sensi dell’art. 17 del d.p.r. n. 380 del 2001
e dell’art. 32 della legge regionale n. 15 del 2013 nel caso
della richiesta presentata al Comune medesimo in data
13.12.2013 da parte della Fondazione Opera Madonna del
Lavoro (FOMAL) che intende procedere all’ampliamento dei
locali destinati ad asilo nido per una superficie utile di
200,92 mq da destinarsi ad aule didattiche, uffici, sala
riunioni e sevizi igienici, tenuto anche conto che detta
opera rientra tra quelle da eseguire in attuazione degli
strumenti urbanistici.
...
3.1. Il Comune di San Giovanni in Persiceto chiede di conoscere se
ricorrano le condizioni per applicare, in tutto o in parte,
l’esenzione dai contributi di costruzione ai sensi dell’art.
17 del d.p.r. n. 380 del 2001 e dell’art. 32 della legge
regionale n. 15 del 2013 nel caso della richiesta presentata
al Comune medesimo in data 13.12.2013 da parte della
Fondazione Opera Madonna del Lavoro (FOMAL) che intende
procedere all’ampliamento dei locali destinati ad asilo nido
parrocchiale, per il quale è attualmente in essere una
convenzione con il Comune, per una superficie utile di
200,92 mq da destinarsi ad aule didattiche, uffici, sala
riunioni e sevizi igienici, tenuto anche conto che detta
opera rientra tra quelle da eseguire in attuazione degli
strumenti urbanistici.
3.2. In via preliminare la Sezione precisa che
la decisione
se applicare o meno l’esonero del pagamento degli oneri di
urbanizzazione e del costo di costruzione, con riferimento
all’intervento edilizio indicato, attiene al merito
dell’azione amministrativa e rientra, ovviamente, nella
piena ed esclusiva discrezionalità e responsabilità
dell’ente che potrà orientare la sua decisione in base alle
conclusioni contenute nel parere della Sezione.
3.3. Come questa Corte dei conti ha già avuto modo di
precisare (Sez. contr. Lombardia
parere 18.01.2012 n. 5; Lombardia
parere
09.10.2009 n. 783;
Lombardia
parere 21.02.2011 n. 91; Sez. contr.
Marche
parere 07.08.2013 n. 60),
l’art. 17, comma 3,
lett. c), del d.p.r. n. 380 del 2001 prescrive la
sussistenza di due requisiti che devono entrambi concorrere
per fondare lo speciale regime di esonero dal contributo di
costruzione, l’uno di carattere oggettivo e l’altro di
carattere soggettivo. Per effetto del primo la costruzione
deve riguardare “opere pubbliche o d’interesse generale”;
per effetto del secondo le opere devono essere eseguite da
“un ente istituzionalmente competente”.
3.3.1. Tanto premesso, quanto al primo requisito, quello
oggettivo (“opere pubbliche o d’interesse generale”),
occorre considerare che l’opera da realizzare, quantunque
non destinata direttamente a scopi propri della p.a., deve
risultare idonea a soddisfare i bisogni della collettività,
di per se stessa –poiché destinata ad uso pubblico o
collettivo– o in quanto strumentale rispetto ad opere
pubbliche o comunque perché immediatamente collegata con le
funzioni di pubblico servizio espletate dall’ente (cfr. in
tal senso ex plurimis: Cons. Stato, sez. IV, 10.05.2005,
n. 2226; Cons. Stato sez. V, 06.05.2003 n. 5315; Cons.
Stato, sez. V, 25.06.2002, n. 6618).
3.3.2. Con riferimento al requisito soggettivo (“un ente
istituzionalmente competente”), la giurisprudenza
amministrativa ha più volte chiarito che la dizione deve
riferirsi, oltre che agli enti pubblici in senso proprio,
anche ai soggetti che agiscono per conto di enti pubblici,
ricomprendendo, pertanto, “i concessionari di opere
pubbliche o analoghe figure organizzatorie, caratterizzate
da un vincolo tra il soggetto abilitato ad operare
nell’interesse pubblico ed il materiale esecutore della
costruzione, in modo tale che l’attività edilizia sia
compiuta da un soggetto che curi istituzionalmente la
realizzazione di opere d’interesse generale per il
perseguimento delle specifiche finalità cui le opere stesse
sono destinate” (in tal senso cfr.
ex plurimis: Cons. Stato, sez. VI, 09.09.2008, n. 4296; sez. V, 11.01.2006, n. 51; sez. IV, 10.05.2005, n. 2226).
La ratio della norma contenuta nell’art. 17 del d.p.r. n.
380/2001 è duplice: incentivare l’esecuzione di opere da cui
la collettività possa trarre utilità; assicurare una
ricaduta del beneficio dello sgravio a vantaggio della
collettività, posto che l’esonero dal contributo si traduce
in un abbattimento dei costi, a cui corrisponde, in
definitiva, un minore aggravio di oneri per il contribuente.
In altre parole, l'imposizione del contributo di costruzione
ai soggetti che agiscono nell'istituzionale attuazione del
pubblico interesse sarebbe altrimenti intimamente
contraddittoria, poiché verrebbe a gravare, sia pure
indirettamente, sulla stessa comunità che dovrebbe
avvantaggiarsi del pagamento di esso.
3.3.3. Pertanto, alla luce di tale ratio della disposizione,
la giurisprudenza amministrativa ha generalmente accolto
un’interpretazione che ricomprende, nell’ambito di
applicabilità della norma, oltre agli enti pubblici in senso
proprio, anche “quelle figure soggettive che non agiscono
per esclusivo scopo lucrativo ovvero che accompagnano al
lucro un collegamento giuridicamente rilevante con
l'amministrazione, sì da rafforzare il legame istituzionale
con l'azione del soggetto pubblico per la cura degli
interessi della collettività” (in tal senso
ex plurimis:
Cons. Stato, sez. V, 20.10.2004, n. 6818; Cons. Stato,
sez. IV, 12.07.2005, n. 3744).
4. Nel quesito posto dall’Amministrazione comunale si
precisa che la Fondazione Opera Madonna del Lavoro (FOMAL)
ha chiesto al Comune di San Giovanni in Persiceto di
procedere all’ampliamento dei locali destinati ad asilo nido
parrocchiale, per il quale è attualmente in essere una
convenzione con il Comune, per una superficie utile di
200,92 mq da destinarsi ad aule didattiche, uffici, sala
riunioni e servizi igienici, tenuto anche conto che detta
opera rientra tra quelle da eseguire in attuazione degli
strumenti urbanistici.
Orbene, si è detto sopra dell’orientamento della
giurisprudenza amministrativa che, da un lato, ha
interpretato estensivamente la dizione “enti
istituzionalmente competenti”, ricomprendendovi, oltre agli
enti pubblici in senso proprio, anche altre “figure organizzatorie” che “curino istituzionalmente la
realizzazione di opere d’interesse generale per il
perseguimento delle specifiche finalità cui le opere stesse
sono destinate”; dall’altro lato, ha ricondotto tale
espressione prevalentemente alla figura del concessionario
per sottolineare quell’immediato legame istituzionale con
l’azione dell’Amministrazione per la cura degli interessi
della collettività, che si ritiene presupposto indefettibile
per l’applicazione dell’esonero contributivo.
Sicché, alla luce di un’interpretazione evolutiva e
teleologicamente orientata del concetto di “ente
istituzionalmente competente” previsto all'art. 17 del
d.p.r. n. 380/2001 (anche al di là delle figure dei
concessionari), rimane alla valutazione dell’amministrazione
comunale valutare in concreto (ovvero, alla luce dello
statuto della fondazione, dell’attività da essa svolta e
della contribuzione che riceve dalla Regione) se la citata
fondazione possa o meno essere qualificato come “ente
istituzionalmente competente” previsto all'art. 17 del
d.p.r. n. 380/2001.
5. Con riferimento poi al requisito dell’attuazione
dell’opera
in coerenza con gli “strumenti urbanistici” (art. 17, comma
3, lett. c), del d.p.r. n. 380/2001), occorre ricordare che
la giurisprudenza amministrativa consolidata ha affermato
che detto ulteriore requisito di esonero dal contributo di
costruzione ricorre quando l’opera non solo è conforme agli
strumenti urbanistici, bensì è anche espressamente
contemplata come tale nello strumento urbanistico medesimo
poiché la norma, testualmente, utilizza l’espressione "opere
di urbanizzazione eseguite in attuazione di strumenti
urbanistici" (in tal senso Cons. Stato, sez. V, 10.05.1999, n. 536; Cons. Stato, sez. V, 21.01.1997, n. 69;
Cons. Stato, sez. V, 01.06.1992, n. 489).
In altre parole, affinché possa trovare applicazione la
disposizione invocata non è sufficiente la generica sussumibilità degli interventi nell’ambito delle opere di
urbanizzazione; infatti, non tutte le opere di
urbanizzazione sono esenti dal contributo concessorio, ma
solo quelle eseguite “in attuazione di strumenti
urbanistici”, sulla base di una precisa indicazione dello
stesso (cfr. Tar Lombardia-Brescia - n. 163/2005).
6. Chiariti i principi di carattere generale a cui
l’interprete deve rifarsi in sede di applicazione della
seconda fattispecie tipizzata dalla lettera c) dell’art. 17
del d.p.r. n. 380/2001, spetta all’amministrazione comunale
compiere le valutazioni del caso concreto (Corte dei Conti,
Sez. controllo Emilia Romagna,
parere
08.05.2014 n. 123). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Come questa
Corte dei conti ha già avuto modo di precisare,
l’art. 17, comma 3,
lett. c), del d.p.r. n. 380 del 2001 prescrive la
sussistenza di due requisiti che devono entrambi concorrere
per fondare lo speciale regime di esonero dal contributo di
costruzione, l’uno di carattere oggettivo e l’altro di
carattere soggettivo. Per effetto del primo la costruzione
deve riguardare “opere pubbliche o d’interesse generale”;
per effetto del secondo le opere devono essere eseguite da
“un ente istituzionalmente competente”.
Tanto premesso, quanto al primo requisito, quello
oggettivo (“opere pubbliche o d’interesse generale”),
occorre considerare che l’opera da realizzare, quantunque
non destinata direttamente a scopi propri della p.a., deve
risultare idonea a soddisfare i bisogni della collettività,
di per se stessa –poiché destinate ad uso pubblico o
collettivo– o in quanto strumentale rispetto ad opere
pubbliche o comunque perché immediatamente collegata con le
funzioni di pubblico servizio espletate dall’ente.
Con riferimento al requisito soggettivo (“un ente
istituzionalmente competente”),
la giurisprudenza
amministrativa ha più volte chiarito che la dizione deve
riferirsi, oltre che agli enti pubblici in senso proprio,
anche ai soggetti che agiscono per conto di enti pubblici,
ricomprendendo, pertanto, “i concessionari di opere
pubbliche o analoghe figure organizzatorie, caratterizzate
da un vincolo tra il soggetto abilitato ad operare
nell’interesse pubblico ed il materiale esecutore della
costruzione, in modo tale che l’attività edilizia sia
compiuta da un soggetto che curi istituzionalmente la
realizzazione di opere d’interesse generale per il
perseguimento delle specifiche finalità cui le opere stesse
sono destinate”.
La ratio della norma contenuta nell’art. 17 del d.p.r. n.
380/2001 è duplice: incentivare l’esecuzione di opere da cui
la collettività possa trarre utilità; assicurare una
ricaduta del beneficio dello sgravio a vantaggio della
collettività, posto che l’esonero dal contributo si traduce
in un abbattimento dei costi, a cui corrisponde, in
definitiva, un minore aggravio di oneri per il contribuente.
In altre parole, l'imposizione del contributo di costruzione
ai soggetti che agiscono nell'istituzionale attuazione del
pubblico interesse sarebbe altrimenti intimamente
contraddittoria, poiché verrebbe a gravare, sia pure
indirettamente, sulla stessa comunità che dovrebbe
avvantaggiarsi del pagamento di esso.
Pertanto, alla luce di tale ratio della disposizione,
la giurisprudenza amministrativa ha generalmente accolto
un’interpretazione che ricomprende, nell’ambito di
applicabilità della norma, oltre agli enti pubblici in senso
proprio, anche “quelle figure soggettive che non agiscono
per esclusivo scopo lucrativo ovvero che accompagnano al
lucro un collegamento giuridicamente rilevante con
l'amministrazione, sì da rafforzare il legame istituzionale
con l'azione del soggetto pubblico per la cura degli
interessi della collettività”.
---------------
Orbene,
si è detto sopra dell’orientamento della
giurisprudenza amministrativa che, da un lato, ha
interpretato estensivamente la dizione “enti
istituzionalmente competenti”, ricomprendendovi, oltre agli
enti pubblici in senso proprio, anche altre “figure organizzatorie” che “curino istituzionalmente la
realizzazione di opere d’interesse generale per il
perseguimento delle specifiche finalità cui le opere stesse
sono destinate”; dall’altro lato, ha ricondotto tale
espressione prevalentemente alla figura del concessionario
per sottolineare quell’immediato legame istituzionale con
l’azione dell’Amministrazione per la cura degli interessi
della collettività, che si ritiene presupposto indefettibile
per l’applicazione dell’esonero contributivo.
Sicché,
alla luce di un’interpretazione evolutiva e teleologicamente orientata del concetto di “ente
istituzionalmente competente” previsto all'art. 17 del
d.p.r. n. 380/2001 (anche al di là delle figure dei
concessionari), rimane alla valutazione dell’amministrazione
comunale valutare in concreto (ovvero, alla luce dello
statuto della predetta società in house) se la citata
fondazione possa o meno essere qualificato come “ente
istituzionalmente competente” previsto all'art. 17 del
d.p.r. n. 380/2001.
---------------
Con riferimento poi al requisito dell’attuazione
dell’opera in coerenza con gli “strumenti urbanistici” (art.
17, comma 3, lett. c), del d.p.r. n. 380/2001), occorre
ricordare che la giurisprudenza amministrativa consolidata
ha affermato che detto ulteriore requisito di esonero dal
contributo di costruzione ricorre quando l’opera non solo è
conforme agli strumenti urbanistici, bensì è anche
espressamente contemplata come tale nello strumento
urbanistico medesimo poiché la norma, testualmente, utilizza
l’espressione "opere di urbanizzazione eseguite in
attuazione di strumenti urbanistici".
In altre parole,
affinché possa trovare applicazione la
disposizione invocata non è sufficiente la generica sussumibilità degli interventi nell’ambito delle opere di
urbanizzazione; infatti, non tutte le opere di
urbanizzazione sono esenti dal contributo concessorio, ma
solo quelle eseguite “in attuazione di strumenti
urbanistici”, sulla base di una precisa indicazione dello
stesso.
---------------
Il Sindaco del Comune di
Forlì formula alla Sezione un quesito riguardante la
sussistenza delle condizioni per applicare l’esenzione dai
contributi di costruzione ai sensi dell’art. 17 del d.p.r.
n. 380 del 2001 e dell’art. 32 della legge regionale n. 15
del 2013 nel caso della realizzazione di una nuova sede
multifunzionale da parte di una Società per azioni a
capitale totalmente pubblico in rapporto di house providing
con il Comune e deputata alla gestione di tutte le reti e
degli impianti di captazione, di accumulo, potabilizzazione,
sollevamento, adduzione primaria secondaria e distribuzione
primaria di acqua potabile afferenti al Servizio idrico
integrato nei comuni della Romagna.
...
3.1. Il Comune di Forlì chiede di conoscere se ricorrano le
condizioni per applicare l’esenzione dai contributi di
costruzione ai sensi dell’art. 17 del d.p.r. n. 380 del 2001
e dell’art. 32 della legge regionale n. 15 del 2013 nel caso
della realizzazione di una nuova sede multifunzionale da
parte di una Società per azioni a capitale totalmente
pubblico in rapporto di house providing e deputata alla
gestione di tutte le reti e degli impianti di captazione, di
accumulo, potabilizzazione, sollevamento, adduzione primaria
secondaria e distribuzione primaria di acqua potabile
afferenti al Servizio idrico integrato nei comuni della
Romagna.
3.2. In via preliminare la Sezione precisa che
la decisione
se applicare o meno l’esonero del pagamento degli oneri di
urbanizzazione e del costo di costruzione, con riferimento
all’intervento edilizio indicato, attiene al merito
dell’azione amministrativa e rientra, ovviamente, nella
piena ed esclusiva discrezionalità e responsabilità
dell’ente che potrà orientare la sua decisione in base alle
conclusioni contenute nel parere della Sezione.
3.3. Come questa Corte dei conti ha già avuto modo di
precisare (Sez. contr. Lombardia
parere 18.01.2012 n. 5; Lombardia
parere
09.10.2009 n. 783;
Lombardia
parere 21.02.2011 n. 91; Sez. contr.
Marche
parere 07.08.2013 n. 60),
l’art. 17, comma 3,
lett. c), del d.p.r. n. 380 del 2001 prescrive la
sussistenza di due requisiti che devono entrambi concorrere
per fondare lo speciale regime di esonero dal contributo di
costruzione, l’uno di carattere oggettivo e l’altro di
carattere soggettivo. Per effetto del primo la costruzione
deve riguardare “opere pubbliche o d’interesse generale”;
per effetto del secondo le opere devono essere eseguite da
“un ente istituzionalmente competente”.
3.3.1. Tanto premesso, quanto al primo requisito, quello
oggettivo (“opere pubbliche o d’interesse generale”),
occorre considerare che l’opera da realizzare, quantunque
non destinata direttamente a scopi propri della p.a., deve
risultare idonea a soddisfare i bisogni della collettività,
di per se stessa –poiché destinate ad uso pubblico o
collettivo– o in quanto strumentale rispetto ad opere
pubbliche o comunque perché immediatamente collegata con le
funzioni di pubblico servizio espletate dall’ente
(cfr. in
tal senso ex plurimis: Cons. Stato sez. IV, 10.05.2005,
n. 2226; Cons. Stato, sez. V, 06.05.2003 n. 5315; Cons.
Stato sez. V, 25.06.2002, n. 6618).
3.3.2. Con riferimento al requisito soggettivo (“un ente
istituzionalmente competente”),
la giurisprudenza
amministrativa ha più volte chiarito che la dizione deve
riferirsi, oltre che agli enti pubblici in senso proprio,
anche ai soggetti che agiscono per conto di enti pubblici,
ricomprendendo, pertanto, “i concessionari di opere
pubbliche o analoghe figure organizzatorie, caratterizzate
da un vincolo tra il soggetto abilitato ad operare
nell’interesse pubblico ed il materiale esecutore della
costruzione, in modo tale che l’attività edilizia sia
compiuta da un soggetto che curi istituzionalmente la
realizzazione di opere d’interesse generale per il
perseguimento delle specifiche finalità cui le opere stesse
sono destinate”
(in tal senso cfr. ex plurimis: Cons. Stato, sez. VI,
09.09.2008, n. 4296; sez. V, 11.01.2006, n. 51; sez. IV, 10.05.2005, n. 2226).
La ratio della norma contenuta nell’art. 17 del d.p.r. n.
380/2001 è duplice: incentivare l’esecuzione di opere da cui
la collettività possa trarre utilità; assicurare una
ricaduta del beneficio dello sgravio a vantaggio della
collettività, posto che l’esonero dal contributo si traduce
in un abbattimento dei costi, a cui corrisponde, in
definitiva, un minore aggravio di oneri per il contribuente.
In altre parole, l'imposizione del contributo di costruzione
ai soggetti che agiscono nell'istituzionale attuazione del
pubblico interesse sarebbe altrimenti intimamente
contraddittoria, poiché verrebbe a gravare, sia pure
indirettamente, sulla stessa comunità che dovrebbe
avvantaggiarsi del pagamento di esso.
3.3.3. Pertanto, alla luce di tale ratio della disposizione,
la giurisprudenza amministrativa ha generalmente accolto
un’interpretazione che ricomprende, nell’ambito di
applicabilità della norma, oltre agli enti pubblici in senso
proprio, anche “quelle figure soggettive che non agiscono
per esclusivo scopo lucrativo ovvero che accompagnano al
lucro un collegamento giuridicamente rilevante con
l'amministrazione, sì da rafforzare il legame istituzionale
con l'azione del soggetto pubblico per la cura degli
interessi della collettività”
(in tal senso ex plurimis:
Cons. Stato sez. V, 20.10.2004, n. 6818; Cons. Stato
sez. IV, 12.07.2005, n. 3744).
4. Nel quesito posto dall’Amministrazione comunale si
precisa che la Romagna Acque – Società delle Fonti s.p.a.
società a capitale totalmente pubblico, costituita nel 1994,
gestisce tutte le principali fonti di produzione di acqua
potabile ed è principale fornitore all’ingrosso del Servizio
idrico integrato del territorio romagnolo in virtù di una
convenzione sottoscritta con le tre Autorità d’ambito
territoriale ottimale della Romagna Forlì-Cesena, Ravenna e
Rimini (oggi confluite nell’unica Agenzia regionale, ATERSIR,
l.r. 23.12.2011, n. 23) in data 30.12.2008 e con
valenza fino al 31.12.2023.
Orbene,
si è detto sopra dell’orientamento della
giurisprudenza amministrativa che, da un lato, ha
interpretato estensivamente la dizione “enti
istituzionalmente competenti”, ricomprendendovi, oltre agli
enti pubblici in senso proprio, anche altre “figure organizzatorie” che “curino istituzionalmente la
realizzazione di opere d’interesse generale per il
perseguimento delle specifiche finalità cui le opere stesse
sono destinate”; dall’altro lato, ha ricondotto tale
espressione prevalentemente alla figura del concessionario
per sottolineare quell’immediato legame istituzionale con
l’azione dell’Amministrazione per la cura degli interessi
della collettività, che si ritiene presupposto indefettibile
per l’applicazione dell’esonero contributivo.
Sicché,
alla luce di un’interpretazione evolutiva e teleologicamente orientata del concetto di “ente
istituzionalmente competente” previsto all'art. 17 del
d.p.r. n. 380/2001 (anche al di là delle figure dei
concessionari), rimane alla valutazione dell’amministrazione
comunale valutare in concreto (ovvero, alla luce dello
statuto della predetta società in house) se la citata
fondazione possa o meno essere qualificato come “ente
istituzionalmente competente” previsto all'art. 17 del
d.p.r. n. 380/2001.
5.
Con riferimento poi al requisito dell’attuazione
dell’opera in coerenza con gli “strumenti urbanistici” (art.
17, comma 3, lett. c), del d.p.r. n. 380/2001), occorre
ricordare che la giurisprudenza amministrativa consolidata
ha affermato che detto ulteriore requisito di esonero dal
contributo di costruzione ricorre quando l’opera non solo è
conforme agli strumenti urbanistici, bensì è anche
espressamente contemplata come tale nello strumento
urbanistico medesimo poiché la norma, testualmente, utilizza
l’espressione "opere di urbanizzazione eseguite in
attuazione di strumenti urbanistici"
(in tal senso Cons.
Stato sez. V, 10.05.1999, n. 536; Cons. Stato sez. V, 21.01.1997, n. 69; Cons. Stato, sez. V,
01.06.1992, n.
489).
In altre parole,
affinché possa trovare applicazione la
disposizione invocata non è sufficiente la generica sussumibilità degli interventi nell’ambito delle opere di
urbanizzazione; infatti, non tutte le opere di
urbanizzazione sono esenti dal contributo concessorio, ma
solo quelle eseguite “in attuazione di strumenti
urbanistici”, sulla base di una precisa indicazione dello
stesso
(cfr. Tar Lombardia-Brescia - n. 163/2005).
Ora, nel caso di specie viene data assicurazione circa la
programmata edificazione di un edificio multifunzionale
destinato direttamente ed immediatamente ai fini
istituzionali di Romagna Acque s.p.a. relativi alla
gestione, alla manutenzione ed allo sviluppo della rete
dell’Acquedotto della Romagna, delle nuove fonti e delle
opere ad essa collegate, al fine dell’erogazione del
Servizio idrico integrato è urbanisticamente localizzata (v.
Regolamento urbanistico ed edilizio 2007 del Comune di
Forlì) all’interno del Piano di recupero per l’area ex Orsi
Mangelli e in particolare nell’area identificata come sotto
unità lotto 1b da destinare a nuova costruzione in coerenza
con gli usi ammessi per la sottozona Ac2 “Servizi della
pubblica amministrazione di scala territoriale” (art. 129
RUE): U5, U6, U10, U17, U19, U20, U23, U29, U30.
L’Amministrazione comunale, segnala altresì che:
un’eventuale futura alienazione dell’immobile da parte di
Romagna Acque è condizionata all’approvazione di una
variante di destinazione d’uso di carattere oneroso
(caratterizzata dal pagamento del relativo contributo);
l’edificio da realizzare è qualificabile come “opera
pubblica o di pubblico interesse” ai fini dell’affidamento
ed esecuzione della stessa che dovranno essere assoggettati
alla disciplina del codice dei contratti pubblici e del
relativo regolamento dio attuazione.
6. Chiariti i principi di carattere generale a cui
l’interprete deve rifarsi in sede di applicazione della
seconda fattispecie tipizzata dalla lettera c) dell’art. 17
del d.p.r. n. 380/2001, spetta all’Amministrazione comunale
compiere le valutazioni del caso concreto
(Corte dei Conti, Sez. controllo Emilia Romagna,
parere 08.05.2014 n. 122). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sulla gratuità circa la costruzione di una chiesa.
Deve
considerarsi “ente istituzionalmente competente” sia un ente
pubblico che agisca nell'ambito delle proprie competenze
istituzionali, sia un soggetto privato che operi per conto
di un ente pubblico, come è nel caso di specie l'ente
ecclesiastico, al quale certo non può essere disconosciuto
lo svolgimento di una funzione di interesse generale o
collettivo.
Tanto è vero che le chiese sono usualmente annoverate tra le
opere di urbanizzazione secondaria (cfr. art. 3, comma 2,
lett. b), del D.M. n. 1444/1968.
Sicché,
si evince la sussistenza nel
caso di specie dei requisiti necessari per l'esonero dal
contributo di costruzione, atteso il carattere pubblico
dell'opera qualificata dalla legge regionale quale opera
necessaria (di urbanizzazione) da ricondurre nell’ambito
delle “attrezzature religiose”, realizzata da un soggetto
privato in attuazione di strumenti urbanistici come previsto
dal combinato disposto dall'art. 17, comma 3, lett. c), del d.P.R. 380/2001 e dell'art. 1, comma 1, della Legge
Regionale della Campania n. 9 del 05.03.1990.
Sussistono, quindi, entrambe le condizioni per accordare
l’esenzione del contributo di costruzione: sia sotto il
profilo oggettivo, in quanto il complesso ecclesiastico,
quale opera destinata alla fruizione collettiva, soddisfa un
interesse generale; sia sotto il profilo soggettivo quale è
quello secondo cui le opere devono essere eseguite da un
“ente istituzionalmente competente”.
... per l'annullamento del permesso di costruire n. 63/2004
riguardante la realizzazione di un fabbricato destinato a
chiesa in zona F – destinata ad attrezzature
...
Con il quarto
dei motivi aggiunti si denuncia la presunta illegittimità
del permesso di costruire in sanatoria n. 18 del 19.10.2010
sull’assunto del mancato pagamento degli oneri concessori di
cui all'art. 16 e seguenti del d.P.R. 06.06.2001, n. 380.
Al fine di valutare la fondatezza della censura occorre
richiamare il quadro normativo vigente.
In primo luogo l'art. 17, comma 3, lettera c), del d.P.R.
380/2001 dispone che “il contributo di costruzione non e'
dovuto: …c) per gli impianti, le attrezzature, le opere
pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti
istituzionalmente competenti nonché per le opere di
urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di
strumenti urbanistici”.
La legge Regionale della Campania n. 9 del 05.03.1990, avente
ad oggetto la “riserva di standards urbanistici per
attrezzature religiose” ha previsto all'art. 1, comma 1, che
“i Comuni sono obbligati ad includere negli strumenti
urbanistici generali ed attuativi le previsioni necessarie
per la realizzazione di attrezzature religiose” chiarendo,
altresì, al successivo comma 5 che “le dotazioni minime di
aree di cui al presente articolo in ogni caso non possono
essere inferiori a mq 5.000”.
Sulla base di quanto riportato si evince la sussistenza nel
caso di specie dei requisiti necessari per l'esonero dal
contributo di costruzione, atteso il carattere pubblico
dell'opera qualificata dalla legge regionale quale opera
necessaria (di urbanizzazione) da ricondurre nell’ambito
delle “attrezzature religiose”, realizzata da un soggetto
privato in attuazione di strumenti urbanistici come previsto
dal combinato disposto dall'art. 17, comma 3, lett. c), del d.P.R. 380/2001 e dell'art. 1, comma 1, della Legge
Regionale della Campania n. 9 del 05.03.1990.
Sussistono, quindi, entrambe le condizioni per accordare
l’esenzione del contributo di costruzione: sia sotto il
profilo oggettivo, in quanto il complesso ecclesiastico,
quale opera destinata alla fruizione collettiva, soddisfa un
interesse generale; sia sotto il profilo soggettivo quale è
quello secondo cui le opere devono essere eseguite da un
“ente istituzionalmente competente”.
Infatti secondo un’ormai consolidato orientamento della
giurisprudenza amministrativa deve considerarsi “ente
istituzionalmente competente” sia un ente pubblico che
agisca nell'ambito delle proprie competenze istituzionali,
sia un soggetto privato che operi per conto di un ente
pubblico (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 09.09.2008, n.
4296; idem, Sez. IV, 10.05.2005, n. 2226), come è nel caso
di specie l'ente ecclesiastico, al quale certo non può
essere disconosciuto lo svolgimento di una funzione di
interesse generale o collettivo.
Tanto è vero che le chiese sono usualmente annoverate tra le
opere di urbanizzazione secondaria (cfr. art. 3, comma 2,
lett. b), del D.M. n. 1444/1968.
Ad ogni modo il P.R.G. vigente presso il Comune conferma la
caratteristica di opera di urbanizzazione del complesso
ecclesiastico, in quanto per l'area interessata prevede la
destinazione urbanistica “F4” corrispondente ad “attrezzature
collettive — attrezzature religiose”, sicché la
realizzazione dell’edificio parrocchiale deve ritenersi
operata in attuazione dei vigenti strumenti urbanistici
(TAR Campania-Napoli, Sez. II,
sentenza 06.02.2014 n. 769 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2013 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
M. T. D'Urso,
La deroga alla onerosità della concessione edilizia ricorre
solo nelle ipotesi tassativamente previste dalla legge.
Oneri di urbanizzazione anche se l’impresa realizza un’opera
pubblica (Diritto e Pratica Amministrativa n. 10/2013). |
EDILIZIA PRIVATA:
Esenzione contributo ex art. 3 legge 10/1977.
Il requisito c.d. soggettivo, necessario
per accordare l’esenzione dal contributo di cui all’art. 3
della l. 10 del 1977, sussiste non solo nel caso in cui
l’opera sia realizzata direttamente da un ente pubblico
nell’esercizio delle proprie competenze istituzionali, ma
anche nel caso in cui l’opus venga realizzato da un soggetto
privato, purché per conto di un ente pubblico, come nel caso
della concessione di opera pubblica o di altre analoghe
figure organizzatorie, in cui l’opera sia realizzata da
soggetti che non agiscano per scopo di lucro, o che
accompagnino tale lucro ad un legame istituzionale con
l’azione dell’amministrazione volta alla cura di interessi
pubblici (massima
tratta da www.lexambiente.it - TAR Lombardia-Milano,
Sez. II,
sentenza 18.09.2013 n. 2172 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Contributo per il rilascio del permesso di costruire, Poste
Italiane SpA esenti.
Non è dovuto il pagamento del
contributo per il rilascio del permesso di costruire per la
realizzazione da parte di Poste Italiane S.p.A.
dell’ampliamento di un edificio adibito a Centro Postale
Meccanizzato. Ricorrono entrambi i requisiti previsti per la
gratuità del permesso ovverosia che l'opera sia realizzata
da un "ente istituzionalmente competente" (requisito
soggettivo) e che gli impianti, le attrezzature e le opere
siano "pubbliche o di interesse generale" (requisito
oggettivo).
Nel caso in esame Poste Italiane S.p.A., proprietaria di
edificio adibito a Centro Postale Meccanizzato, chiedeva un
permesso di costruire per il suo ampliamento e il TAR
milanese è chiamato a risolvere la questione se sia dovuto
il pagamento del contributo per il rilascio del permesso
edificatorio o se si ricada in una ipotesi di concessione
gratuita.
L'art. 9, lett. f), della legge 28.01.977 n. 10 (“Norme
per la edificabilità dei suoli”), dispone che il
contributo per il rilascio della concessione edilizia non
sia dovuto in presenza di due requisiti:
a) che l'opera sia realizzata da un "ente
istituzionalmente competente" (requisito soggettivo);
b) che gli impianti, le attrezzature e le opere siano "pubbliche
o di interesse generale" (requisito oggettivo).
L’organo giudicante ritiene che sussistano entrambi i
presupposti per la gratuità.
Quanto al requisito soggettivo, Poste Italiane S.p.A., quale
società a totale partecipazione dello Stato derivante dalla
trasformazione dell'Ente Poste Italiane - conserva la
connotazione propria della sua originaria natura
pubblicistica e continua ad essere affidataria della cura di
rilevanti interessi pubblici.
Poste Italiane S.p.A., è concessionaria del servizio postale
che costituisce un servizio pubblico di preminente interesse
generale (Cons. Stato, VI, sentenza 02.10.2009 n. 5987).
Secondo giurisprudenza il requisito c.d. soggettivo,
necessario onde accordare l’esenzione dal contributo
previsto dall’art. 3 della l. 10 del 1977, sussiste non solo
nel caso in cui l’opera sia realizzata direttamente da un
ente pubblico nell’esercizio delle proprie competenze
istituzionali, ma anche nel caso in cui l’opus venga
realizzato da un soggetto privato, purché per conto di un
ente pubblico, come nel caso della concessione di opera
pubblica o di altre analoghe figure organizzatorie, in cui
l’opera sia realizzata da soggetti che non agiscano per
scopo di lucro, o che accompagnino tale lucro ad un legame
istituzionale con l’azione dell’amministrazione volta alla
cura di interessi pubblici (Cons. Stato, Sez. VI, 09.09.2008
n. 4296; Cons. Stato, Sez. VI, 12.07.2005, n. 3744; Cons.
Stato, Sez. VI, 10.05.2005, n. 2226; Cons. Stato, Sez. V,
02.12.2002, n. 6618; TAR Lombardia-Milano, sez. IV,
16.07.2013 n. 1872).
Quanto al requisito oggettivo, l’opera oggetto della
concessione edilizia, cui inerisce il contributo in
questione, si qualifica quale opera "necessaria" per
l'espletamento del pubblico servizio, risultando
direttamente collegata all’attività istituzionale di
prestazione del servizio postale (il Centro Postale
Meccanizzato, infatti, risulta progettato e costruito per
ospitare l'attività di smistamento degli effetti postali,
sicché esso assume un ruolo centrale e preminente
nell'ambito dell'intera rete del servizio postale).
Si rientra pertanto nell’ipotesi di non debenza del
contributo.
---------------
Esito
Accoglie il ricorso
Precedenti giurisprudenziali
Cons. Stato, Sez. VI, 09.09.2008 n. 4296; Cons. Stato,
12.07.2005, n. 3744; Cons. Stato Sez. IV, 10.05.2005, n.
2226; Cons. Stato, Sez. V, sent. 02.12.2002, n. 6618; TAR
Lombardia-Milano, sez. IV, 16.07.2013 n. 1872
Riferimenti normativi
Artt. 3 e 9, lett. f), della legge 28.01.1977 n. 10
(commento tratto da www.ipsoa.it -
TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 18.09.2013 n. 2172 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA: La
fattispecie di esonero dal contributo di costruzione ricorre
quando l’opera non solo è conforme agli strumenti
urbanistici bensì è anche espressamente contemplata come
tale nello strumento urbanistico”.
Si annette efficacia dirimente ai
fini dell’esenzione al nesso che deve intercorrere tra
l’opera e lo strumento urbanistico atteso che “affinché
possa trovare applicazione la disposizione invocata non è
sufficiente la generica sussumibilità degli interventi
nell’ambito delle opere di urbanizzazione” essendo esenti
dal contributo, per espressa previsione normativa, solo
quelle eseguite “in attuazione di strumenti urbanistici”.
Ciò in quanto “la ratio della gratuità in termini di
contributi di costruzione è quella di incentivare solo la
dotazione di quelle infrastrutture che danno coerente
attuazione alle previsioni urbanistiche espressamente
previste dall’Autorità comunale”.
Ne consegue che “affinché un
intervento possa qualificarsi come opera di urbanizzazione
eseguita in attuazione di strumenti urbanistici è necessario
che, oltre a potersi qualificare opera di urbanizzazione,
sia specificamente indicata nello strumento urbanistico
corrispondendo ad una precisa indicazione dello stesso”.
Pertanto, è rimesso, se del caso mediante previa adozione di
norme regolamentari, alla competenza ed alla discrezionalità
dello stesso Ente –peraltro in possesso della necessaria
conoscenza circa gli strumenti urbanistici vigenti– la
verifica del se ed in che misura il singolo intervento sia
ascrivibile al genus della opera di
urbanizzazione e soddisfi compiutamente i presupposti
rilevanti al fine dell’esenzione come dianzi ricostruiti.
Il Comune di Grottammare con nota a firma del suo Sindaco ha
formulato, ai sensi dell’art. 7, comma 8, della L. 131/2003,
una articolata richiesta di parere in ordine alla
corretta individuazione dell’ambito di applicabilità del
disposto di cui all’art. 17, comma 3, lett. c), D.P.R.
380/2001 a mente del quale “il contributo di costruzione
non è dovuto per gli impianti, le attrezzature, le opere
pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti
istituzionalmente competenti nonché per le opere di
urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di
strumenti urbanistici”.
Evidenziate le due distinte ipotesi tratteggiate dalla norma
e, richiamato l’orientamento pressoché pacifico della
giurisprudenza in merito ai presupposti –oggettivo e
soggettivo– in costanza dei quali possa ritenersi integrata
la prima fattispecie (impianti, attrezzature, opere
pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti
istituzionalmente competenti), il Comune istante chiede
di conoscere il motivato avviso della Sezione in relazione
alla diversa categoria delle “opere di urbanizzazione,
eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti
urbanistici”.
Prospetta, in particolare, un dubbio interpretativo circa
la sussumibilità nella anzidetta categoria di opere “dimensionate
per soddisfare bacini di utenza più ampi di quelli locali
(grandi attrezzature culturali)” nonché in ordine alla
necessità, ai fini dell’esenzione, che “dette strutture
restino nella proprietà del privato esecutore pur con
specifico vincolo di destinazione ad uso pubblico”.
...
La questione prospettata dall’Ente istante evoca una
problematica su cui la giurisprudenza, non solo contabile,
si è, a più riprese e sotto diversi profili prospettici,
pronunciata fissando principi che la Sezione ritiene di non
disattendere.
Rileva, a tal riguardo, tra gli altri il
parere 18.01.2012 n. 5
con il quale la Sezione Regionale di controllo per la
Lombardia –nell’operare una minuziosa ricostruzione
ermeneutica del disposto di cui all’art. 17, comma 3, lett.
c), D.P.R. 380/2001 nella sua duplice articolazione– con
specifico riguardo alla ipotesi che ne occupa (quella
relativa alle opere di urbanizzazione eseguite anche da
privati in attuazione di strumenti urbanistici) ha
evidenziato come “secondo giurisprudenza
amministrativa consolidata la fattispecie di esonero dal
contributo di costruzione ricorre quando l’opera non solo è
conforme agli strumenti urbanistici bensì è anche
espressamente contemplata come tale nello strumento
urbanistico”.
Valorizzando il portato letterale della norma e le
coordinate interpretative rese dalla giurisprudenza
amministrativa si annette, dunque,
efficacia dirimente ai fini dell’esenzione al nesso che deve
intercorrere tra l’opera e lo strumento urbanistico atteso
che “affinché possa trovare applicazione la disposizione
invocata non è sufficiente la generica sussumibilità degli
interventi nell’ambito delle opere di urbanizzazione”
essendo esenti dal contributo, per espressa previsione
normativa, solo quelle eseguite “in attuazione di
strumenti urbanistici”.
Ciò in quanto “la ratio della gratuità
in termini di contributi di costruzione è quella di
incentivare solo la dotazione di quelle infrastrutture che
danno coerente attuazione alle previsioni urbanistiche
espressamente previste dall’Autorità comunale”
(Tar Lombardia – Sez. Brescia, n. 163/2005).
Ne consegue che “affinché un intervento
possa qualificarsi come opera di urbanizzazione eseguita in
attuazione di strumenti urbanistici è necessario che, oltre
a potersi qualificare opera di urbanizzazione, sia
specificamente indicata nello strumento urbanistico
corrispondendo ad una precisa indicazione dello stesso”
(Tar Lombardia – Sez. Brescia, citata).
Ciò premesso, venendo agli specifici quesiti posti dal
Comune richiedente, appare di tutta evidenza che
è rimesso, se del caso mediante previa adozione di
norme regolamentari, alla competenza ed alla discrezionalità
dello stesso Ente –peraltro in possesso della necessaria
conoscenza circa gli strumenti urbanistici vigenti– la
verifica del se ed in che misura il singolo intervento sia
ascrivibile al genus
della opera di urbanizzazione e soddisfi compiutamente i
presupposti rilevanti al fine dell’esenzione come dianzi
ricostruiti (in
tal senso cfr. anche Sezione Regionale di controllo per la
Lombardia, 5/PAR/2012 cit.) (Corte dei Conti, Sez. controllo
Marche,
parere 07.08.2013 n. 60). |
EDILIZIA PRIVATA: Sconta
l’esonero del versamento del contributo di costruzione, per
la realizzazione di impianti ed attrezzature di interesse
generale, con riferimento ad alcuni locali realizzati nella
nuova stazione ferroviaria, ex art. 9, c. 1, lett. f), della
L. n. 10/1977.
Invero, trattasi di locali di superfici modeste, e sono
adibiti a deposito biciclette (mq 76,04 e 86,48), a bar (mq
74,48) ed ad officina di riparazione biciclette (mq 21,57) e
poiché tutti i locali in questione hanno una destinazione
che soddisfa l’interesse collettivo dei viaggiatori,
fruitori del servizio pubblico di trasporto, ciò comporta
l’applicazione dell’esenzione di cui al predetto art. 9,
anche agli spazi in questione, in quanto integrati con la
destinazione principale.
La natura commerciale dell’attività posta in essere nei
predetti locali è infatti stemperata dalla sua strumentalità
alle esigenze dei viaggiatori, dovendo considerarsi
congiuntamente alla sua destinazione, unicamente a favore
dell’utenza della stazione, ed al tipo di servizi offerti,
notoriamente limitati alla vendita di bevande e generi di
prima necessità, di cui altrimenti rimarrebbero privi, non
essendovi altre strutture analoghe.
Anche il locale adibito a deposito biciclette è meramente
funzionale all’interesse dei viaggiatori, spesso pendolari,
che si recano alla stazione con tale mezzo e che possono
parcheggiare i propri veicoli in un locale adeguato. La
verificazione ha accertato che tali locali, ceduti al Comune
in comodato e quindi a titolo gratuito, non sono mai stati
utilizzati per attività commerciali.
Con il provvedimento impugnato il Comune
resistente ha sostanzialmente negato l’applicazione
dell’esonero del versamento del contributo di costruzione,
per la realizzazione di impianti ed attrezzature di
interesse generale, con riferimento ad alcuni locali
realizzati nella nuova stazione ferroviaria, ex art. 9, c. 1,
lett. f), della L. n. 10/1977.
Il Comune ha infatti differenziato le vere e proprie
infrastrutture ferroviarie, per le quali opera il detto
esonero, dai “negozi annessi al manufatto”, i quali
andrebbero invece considerati spazi commerciali, sottoposti
ad un regime differente.
La verificazione disposta in corso di causa ha accertato che
i locali in questione hanno superfici modeste, e sono
adibiti a deposito biciclette (mq 76,04 e 86,48), a bar (mq
74,48) ed ad officina di riparazione biciclette (mq 21,57).
Il ricorso è fondato, poiché tutti i locali in questione
hanno una destinazione che soddisfa l’interesse collettivo
dei viaggiatori, fruitori del servizio pubblico di
trasporto, ciò che avrebbe dovuto comportare l’applicazione
dell’esenzione di cui al predetto art. 9, anche agli spazi
in questione, in quanto integrati con la destinazione
principale.
La natura commerciale dell’attività posta in essere nei
predetti locali è infatti stemperata dalla sua strumentalità
alle esigenze dei viaggiatori, dovendo considerarsi
congiuntamente alla sua destinazione, unicamente a favore
dell’utenza della stazione, ed al tipo di servizi offerti,
notoriamente limitati alla vendita di bevande e generi di
prima necessità, di cui altrimenti rimarrebbero privi, non
essendovi altre strutture analoghe.
Anche il locale adibito a deposito biciclette è meramente
funzionale all’interesse dei viaggiatori, spesso pendolari,
che si recano alla stazione con tale mezzo e che possono
parcheggiare i propri veicoli in un locale adeguato. La
verificazione ha accertato che tali locali, ceduti al Comune
in comodato e quindi a titolo gratuito, non sono mai stati
utilizzati per attività commerciali.
I precedenti giurisprudenziali invocati dalla difesa
comunale, in realtà, offrono spunti per confermare
l’illegittimità del provvedimento impugnato. Se infatti è
vero che i negozi non sono strettamente indispensabili per
il servizio di trasporto ferroviario, è tuttavia
indubitabile che il nesso di strumentalità tra detto
servizio e le attività insediate all’interno della stazione,
è certamente più intenso di quello esistente nelle
fattispecie citate, come nel caso della connessione che si
assume esistente tra uno stabilimento di acque termali e le
strutture alberghiere che ospitano gli utenti dello stesso,
stante l’assoluta autonomia e prevalenza dell’attività
commerciale esercitata in queste ultime.
Il ricorso va pertanto accolto, ed il Comune condannato alla
restituzione delle somme versate dalla ricorrente, ed
indebitamente riscosse, sulle quali spettano gli interessi
legali, dalla data della domanda, ma non la rivalutazione
monetaria, trattandosi di pagamento di indebito oggettivo,
il quale genera la sola obbligazione di restituzione con gli
interessi a norma dell'art. 2033 c.c. (TAR Lombardia,
Brescia, Sez. I, 02.11.2010 n. 4519)
(TAR Lombardia-Milano, Sez. IV,
sentenza 16.07.2013 n. 1872 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Deroga al contributo di costruzione, requisiti
del titolare concessione e tipologia delle opere.
Un complesso immobiliare di circa 16.000 metri cubi da
destinare a “residenze e servizi per anziani” della
superficie di metri quadrati 22.710, articolata in 36 mono-alloggi
e 36 camere multiple dotate di bagni e servizio autonomo di
cucina, dal punto di vista strutturale evidenzia una
prevalente configurazione di tipo ricettivo o residenziale,
piuttosto che quella di una struttura sanitaria, essendo
quest’ultima caratterizzata dalla prevalenza di spazi
destinati alla prestazione di servizi propriamente sanitari,
mentre, nel caso i servizi ambulatoriali raggiungono
complessivamente i 300 metri quadri, a fronte dei servizi
residenziali che coprono in tutto una superficie pari a
6.700 metri quadrati.
Inoltre, se il titolare della concessione edilizia non
riveste lo status di soggetto pubblico o equiparato,
essendo invece una società privata che svolge un’attività
commerciale, dunque non sussistono i requisiti per la deroga
alla onerosità della concessione.
Il contributo di costruzione è posto a carico del
costruttore a titolo di partecipazione del concessionario ai
costi delle opere di urbanizzazione in proporzione
all'insieme dei benefici che la nuova costruzione ne ritrae,
la deroga alla onerosità della concessione ricorre nelle
ipotesi tassativamente previste dalla legge e, per quanto
attiene in particolare l'art. 9, lettera f), della l.
28.01.1977, n. 10, se ricorrano due requisiti che devono
entrambi concorrere per fondare lo speciale regime di
gratuità della concessione, l'uno di tipo soggettivo, per
effetto del quale le opere devono essere eseguite da un ente
istituzionalmente competente e l'altro di carattere
oggettivo per effetto del quale la costruzione deve
riguardare opere pubbliche o di interesse generale (massima tratta da www.lexambiente.it - Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 07.05.2013 n. 2467 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
L’importo degli oneri di urbanizzazione per
interventi su edifici preesistenti non deve essere
necessariamente inferiore a quello previsto per le nuove
costruzioni, poiché gli oneri sono correlati alla carico
urbanistico derivante dalla trasformazione che interviene
sulle preesistenze; tali conseguenze possono comportare
anche variazione degli standard ed in determinati casi
causano addirittura impatti superiori a quelli derivanti da
nuove costruzioni, ciò soprattutto ove la nuova destinazione
abbia un rilievo quantitativamente e qualitativamente del
tutto differente.
---------------
La gratuità della concessione, ora contenuta negli artt. 6 e
17 d.P.R. n. 380/2001, è connessa all’interesse generale
perseguito ed è evidente che una scuola per disabili
inserita in zona destinata ad attrezzature pubbliche e
sociali doveva beneficiare di quella esenzione dal
contributo costo di costruzione e dagli oneri di
urbanizzazione, ove poi fosse la stessa mano pubblica
chiamata a realizzare l’opera, ponendo così a carico della
fiscalità generale le spese per l’effettuazione di quelle
opere di urbanizzazione accessorie alla nuova costruzione.
Come rilevato dallo stesso appellante, l’importo degli oneri
di urbanizzazione per interventi su edifici preesistenti non
deve essere necessariamente inferiore a quello previsto per
le nuove costruzioni, poiché gli oneri sono correlati alla
carico urbanistico derivante dalla trasformazione che
interviene sulle preesistenze; tali conseguenze possono
comportare anche variazione degli standard ed in determinati
casi causano addirittura impatti superiori a quelli
derivanti da nuove costruzioni, ciò soprattutto ove la nuova
destinazione abbia un rilievo quantitativamente e
qualitativamente del tutto differente, come nel caso di
specie.
Infatti si è passati da un edificio destinato a scopi di
istruzione per persone diversamente abili con una frequenza
pari a poche decine di alunni, ad un immobile sede di uno
dei tour operators tra i maggiori in Italia, con un numero
di addetti che non può essere paragonato al numero di
insegnanti e di scolari del passato -senza smentite si è
insinuato un dato di alcune centinaia di unità- con la
conseguente necessità della creazione di un parcheggio,
elemento questo sufficientemente descrittivo delle
modificazioni di carico urbanistico della zona adiacente.
Ma deve essere ancora aggiunto che per la scuola si era
fatta applicazione del disposto di cui all’art. 9, lett. f),
L. 10/1977, ossia dell’esenzione dai contributi concessori
previsti per impianti, attrezzature ed opere pubbliche e di
interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente
competenti; la gratuità della concessione, ora contenuta
negli artt. 6 e 17 d.P.R. n. 380/2001, è connessa
all’interesse generale perseguito ed è evidente che una
scuola per disabili inserita in zona destinata ad
attrezzature pubbliche e sociali doveva beneficiare di
quella esenzione dal contributo costo di costruzione e dagli
oneri di urbanizzazione, ove poi fosse la stessa mano
pubblica chiamata a realizzare l’opera, ponendo così a
carico della fiscalità generale le spese per l’effettuazione
di quelle opere di urbanizzazione accessorie alla nuova
costruzione (Cons. Stato, V, 29.09.1997 n. 1067; id.,
20.11.1989 n. 752).
L’attuale destinazione dell’edificio è invece volta a fini
tipicamente imprenditoriali ed appare allora del tutto
corretto che Alpitour Italia non possa ora giovarsi della
gratuità di una concessione edilizia al tempo rilasciata per
fini essenzialmente pubblici; è evidente che un
abbattimento, sia pure parziale, degli oneri di
urbanizzazione verrebbe a costituire una sorta di
socializzazione indiretta dei costi derivanti da
investimenti privati, la quale non trova copertura alcuna
nella normativa urbanistica, sia vigente, sia abrogata (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 09.04.2013 n. 1918 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Un Ente ecclesiastico (che
ha tra gli scopi statutari l’attività d’istruzione
scolastica, è un ente senza fini di lucro ed ha ottenuto il
riconoscimento di scuola paritaria) nel costruire una nuova
scuola deve versare il contributo di costruzione.
L’azione di
ripetizione degli oneri rientra nell’ambito del diritto
soggettivo all’esatta quantificazione del contributo
concessorio, e la controversia appartiene per legge alla
giurisdizione del GA ed è soggetta a termini di prescrizione
decennale.
---------------
Il contributo di costruzione rappresenta una
compartecipazione comunale all'incremento di valore della
proprietà immobiliare del costruttore a seguito della nuova
edificazione.
Mentre il contributo per gli oneri di urbanizzazione
ha funzione recuperatoria delle spese sostenute dalla
collettività comunale riguardo alla trasformazione del
territorio assentita al singolo, il contributo per costo
di costruzione, che è rapportato alle caratteristiche e
alla tipologia delle costruzioni e non è alternativo ad
altro valore di genere diverso, afferisce alla mera attività
costruttiva in sé valutata.
L'obbligazione contributiva per costo di costruzione,
dunque, è fondata sulla produzione di ricchezza connessa
all'utilizzazione edificatoria del territorio ed alle
potenzialità economiche che ne derivano e, pertanto, ha
natura essenzialmente paratributaria.
---------------
L'art. 9, lettera f), della legge n. 10/1977 subordina la
gratuità della concessione ad un requisito oggettivo
ed uno soggettivo: deve trattarsi di opere pubbliche
o di interesse pubblico da cui la collettività possa trarre
un utile ovvero la cui fruizione in via diretta o indiretta
soddisfi interessi generali.
I destinatari del beneficio sono dunque certamente in prima
battuta gli enti pubblici, per loro natura
"istituzionalmente competenti", alla cura dell’interesse
generale loro affidato, ma accanto a questi si rinvengono
nell’ordinamento anche altri soggetti che agiscono per la
cura dello stesso interesse generale.
Sul piano oggettivo è pacifico che l’opera in costruzione
abbia la destinazione a scuola paritaria (doc. 6 ricorso) e
che la legge n. 62/2000 ai sensi dell’art. 1, comma 3,
afferma che “le scuole paritarie svolgono un servizio
pubblico”.
Ulteriore elemento che corrobora l’elemento oggettivo è
costituito dalla delibera comunale (doc. 2) che dichiara
espressamente che l’opera in questione rientra nel nuovo
Polo educativo per Albenga, accertando così definitivamente
la destinazione a scuola dell’immobile.
Tuttavia, per riconoscere l’esonero dal contributo ai
sensi della disciplina sul pagamento degli oneri di
concessione occorre la contemporanea presenza anche del
requisito soggettivo, cioè deve trattarsi di opera eseguita
da un ente istituzionalmente competente.
La giurisprudenza è sempre stata molto attenta a distinguere
le ipotesi in cui l’attività attuata portasse ad un'utilità
pubblica alla collettività, da iniziative private che
avessero invece un più o meno diretto scopo di lucro, talora
mascherato da interesse generale.
Qualora, come nel caso di specie, la realizzazione
dell’opera d’interesse pubblico non avvenga da parte degli
enti istituzionalmente competenti, cioè da parte di soggetti
cui sia demandata in via istituzionale la realizzazione di
opere d’interesse generale, ma da parte di privati si è
distinta in giurisprudenza l’ipotesi dei concessionari
dell'ente pubblico, purché le opere fossero inerenti
all'esercizio del rapporto concessorio.
Nel caso di realizzazione da parte di privati, deve dunque
sussistere un ben preciso vincolo relazionale tra il
soggetto abilitato a operare nell'interesse pubblico e il
materiale esecutore della costruzione, e tale vincolo deve
contrassegnare fin dall'inizio (cioè, fin dalla richiesta
del titolo edilizio) la realizzazione dell'assentito
intervento edificatorio, al fine di ottenere l'esenzione dal
contributo di costruzione.
La correlazione indicata dalla norma tra gli elementi
dell'"ente istituzionalmente competente" e della
"realizzazione" dell’opera d’interesse generale non può
essere infatti dilatata al punto da esporre
l'amministrazione comunale a richieste di sgravio
contributivo, in conformità a utilizzazioni intervenute e
concordate in un secondo momento, frutto dell'attività
imprenditoriale o commerciale dell'impresa costruttrice e
comunque del tutto esulanti dagli specifici intenti
realizzativi iniziali, e questo seppur l'intervento edilizio
riguardi zone tendenzialmente destinate ad interventi
edificatori di interesse generale. Non si può, in
definitiva, recuperare ex post il legame tra soggetti
realizzatori e finalità pubbliche che, seppur con moduli
organizzatori non del tutto tipizzati, deve
contraddistinguere l'intervento edilizio ab initio.
Nel caso di specie tuttavia siamo di fronte ad un Ente
ecclesiastico che ha tra gli scopi statutari l’attività
d’istruzione scolastica; è un ente senza fini di lucro ed ha
ottenuto il riconoscimento di scuola paritaria.
Resta la vexata quaestio esistente tra scuola pubblica e
privata nell’ambito del perimetro circoscritto dall’art. 33
della Costituzione.
Se infatti è pacifico il diritto di istituzione di scuole ed
istituti d’istruzione privati, ciò deve avvenire senza oneri
a carico dello Stato, laddove l’esenzione dei contributi di
concessione costituirebbe un onere improprio per la
collettività che non beneficerebbe delle somme così non
incassate dal comune.
Inoltre la scuola privata, imponendo il pagamento di rette
per la frequenza non sarebbe accessibile a tutti e, quindi,
diversamente dalla scuola pubblica, avrebbe uno scopo di
lucro che impedirebbe di beneficiare dell’esonero dai
contributi, anche qualora, come nel caso di specie la
ricorrente dimostri la mancanza di un fine speculativo o
lucrativo nell’attività esercitata.
Secondo la giurisprudenza è indubbio che la disposizione
invocata (art. 9 L. 10/1977) deve ritenersi di stretta
interpretazione, in quanto introduce talune ipotesi di
deroga alla previsione generale la quale assoggetta a
contributo tutte le opere che comportino trasformazione del
territorio.
Secondo il TAR Veneto, l'opera, per conseguire il beneficio,
deve essere necessariamente realizzata da un Ente pubblico,
non spettando lo stesso per le opere eseguite da soggetti
privati, quale che sia la rilevanza sociale dell'attività
esercitata nella o con l'opera edilizia alla quale la
concessione si riferisce.
In ogni caso, ammettendo l'iniziativa di un privato, questo
deve agire per conto di un Ente pubblico, come nell'istituto
della concessione di opera pubblica o in altre analoghe
figure organizzatorie ove l'intervento è realizzato da
soggetti non animati dallo scopo di lucro o che accompagnano
tale obiettivo con un legame istituzionale con l'azione
dell'amministrazione per la cura degli interessi della
collettività.
---------------
Per enti istituzionalmente competenti alla realizzazione di
opere pubbliche o di interesse pubblico debbano intendersi
enti pubblici ovvero altri soggetti che realizzino l'opera
per conto di un ente pubblico come nel caso di
concessionario di opera pubblica o altre analoghe figure
organizzatorie (cfr. ad es. Cons. Stato sez. IV, 10.05.2005,
n. 2226; ed sez. V, 12.07.2005, n. 3774; e, casi questi, in
cui è stato escluso il diritto all'esenzione, anche sulla
base del rilievo che l'opera non era rivolta alla
collettività in senso generale, ma tendeva al
soddisfacimento di interessi privatistici o comunque alle
esigenze di un numero limitato di persone - v. sent. CdS V
n. 3774/2005 ovvero che l'opera era destinata a rimanere
nella piena disponibilità del privato esecutore, senza alcun
vincolo atto a preservare la funzione nel tempo).
... per l'annullamento del provvedimento di richiesta
pagamento contributi concessori per il ritiro del permesso
di costruire.
...
Il ricorso non è fondato.
Preliminarmente va confermato che l’azione di ripetizione
degli oneri rientra nell’ambito del diritto soggettivo
all’esatta quantificazione del contributo concessorio, e la
controversia appartiene per legge alla giurisdizione del GA
(Tar Campania Na II n. 4356/2011) ed è soggetta a termini di
prescrizione decennale (Tar Sicilia Pa II n. 1554/2011).
Nel caso di specie, comunque, il ricorso è tempestivo anche
relativamente ai termini di decadenza decorrenti dal
rilascio del titolo edilizio avvenuto il 07.04.2009.
La richiesta avanzata dalla parte riguarda l’esonero dal
pagamento richiesto e in parte già incassato dal comune del
contributo di costruzione, che rappresenta una
compartecipazione comunale all'incremento di valore della
proprietà immobiliare del costruttore a seguito della nuova
edificazione (cfr. TAR Abruzzo Pescara - 18/10/2010 n.
1142).
Mentre il contributo per gli oneri di urbanizzazione
ha funzione recuperatoria delle spese sostenute dalla
collettività comunale riguardo alla trasformazione del
territorio assentita al singolo, il contributo per costo
di costruzione, unica voce qui in discussione, che è
rapportato alle caratteristiche e alla tipologia delle
costruzioni e non è alternativo ad altro valore di genere
diverso, afferisce alla mera attività costruttiva in sé
valutata.
L'obbligazione contributiva per costo di costruzione,
dunque, è fondata sulla produzione di ricchezza connessa
all'utilizzazione edificatoria del territorio ed alle
potenzialità economiche che ne derivano e, pertanto, ha
natura essenzialmente paratributaria (TAR Campania Salerno,
sez. II - 11/06/2002 n. 459).
Tornando al merito della controversia, il Collegio è a
conoscenza della giurisprudenza che si è formata
sull'applicabilità in concreto della previsione di cui
all'art. 9 , lettera f) richiamato.
Ma proprio la necessità di verificare, di volta in volta,
l’esistenza delle condizioni stabilite dalla legge per
consentire l’esonero dal pagamento degli oneri convince il
Collegio della non fondatezza del ricorso nel caso di
specie.
L'art. 9, lettera f), della legge n. 10/1977 subordina
infatti la gratuità della concessione ad un requisito
oggettivo ed uno soggettivo: deve trattarsi di
opere pubbliche o di interesse pubblico da cui la
collettività possa trarre un utile ovvero la cui fruizione
in via diretta o indiretta soddisfi interessi generali.
I destinatari del beneficio sono dunque certamente in prima
battuta gli enti pubblici, per loro natura "istituzionalmente
competenti", alla cura dell’interesse generale loro
affidato, ma accanto a questi si rinvengono nell’ordinamento
anche altri soggetti che agiscono per la cura dello stesso
interesse generale.
Sul piano oggettivo è pacifico che l’opera in costruzione
abbia la destinazione a scuola paritaria (doc. 6 ricorso) e
che la legge n. 62/2000 ai sensi dell’art. 1, comma 3,
afferma che “le scuole paritarie svolgono un servizio
pubblico”.
Ulteriore elemento che corrobora l’elemento oggettivo è
costituito dalla delibera comunale (doc. 2) che dichiara
espressamente che l’opera in questione rientra nel nuovo
Polo educativo per Albenga, accertando così definitivamente
la destinazione a scuola dell’immobile.
Tuttavia, per riconoscere l’esonero dal contributo ai sensi
della disciplina sul pagamento degli oneri di concessione
occorre la contemporanea presenza anche del requisito
soggettivo, cioè deve trattarsi di opera eseguita da un ente
istituzionalmente competente.
La giurisprudenza, anche di questo Tribunale (Tar Liguria, I
sez. n. 3565 del 09.12.2009) è sempre stata molto attenta a
distinguere le ipotesi in cui l’attività attuata portasse ad
un'utilità pubblica alla collettività, da iniziative private
che avessero invece un più o meno diretto scopo di lucro,
talora mascherato da interesse generale.
Qualora, come nel caso di specie, la realizzazione
dell’opera d’interesse pubblico non avvenga da parte degli
enti istituzionalmente competenti, cioè da parte di soggetti
cui sia demandata in via istituzionale la realizzazione di
opere d’interesse generale, ma da parte di privati si è
distinta in giurisprudenza l’ipotesi dei concessionari
dell'ente pubblico, purché le opere fossero inerenti
all'esercizio del rapporto concessorio.
Nel caso di realizzazione da parte di privati, deve dunque
sussistere un ben preciso vincolo relazionale tra il
soggetto abilitato a operare nell'interesse pubblico e il
materiale esecutore della costruzione, e tale vincolo deve
contrassegnare fin dall'inizio (cioè, fin dalla richiesta
del titolo edilizio) la realizzazione dell'assentito
intervento edificatorio, al fine di ottenere l'esenzione dal
contributo di costruzione.
La correlazione indicata dalla norma tra gli elementi dell'"ente
istituzionalmente competente" e della "realizzazione"
dell’opera d’interesse generale non può essere infatti
dilatata al punto da esporre l'amministrazione comunale a
richieste di sgravio contributivo, in conformità a
utilizzazioni intervenute e concordate in un secondo
momento, frutto dell'attività imprenditoriale o commerciale
dell'impresa costruttrice e comunque del tutto esulanti
dagli specifici intenti realizzativi iniziali, e questo
seppur l'intervento edilizio riguardi zone tendenzialmente
destinate ad interventi edificatori di interesse generale.
Non si può, in definitiva, recuperare ex post il
legame tra soggetti realizzatori e finalità pubbliche che,
seppur con moduli organizzatori non del tutto tipizzati,
deve contraddistinguere l'intervento edilizio ab initio
(così Cons. di St., V, 02.12.2002, n. 6618).
Nel caso di specie tuttavia siamo di fronte ad un Ente
ecclesiastico che ha tra gli scopi statutari l’attività
d’istruzione scolastica; è un ente senza fini di lucro ed ha
ottenuto il riconoscimento di scuola paritaria.
Resta la vexata quaestio esistente tra scuola
pubblica e privata nell’ambito del perimetro circoscritto
dall’art. 33 della Costituzione.
Se infatti è pacifico il diritto di istituzione di scuole ed
istituti d’istruzione privati, ciò deve avvenire senza oneri
a carico dello Stato, laddove l’esenzione dei contributi di
concessione costituirebbe un onere improprio per la
collettività che non beneficerebbe delle somme così non
incassate dal comune.
Inoltre la scuola privata, imponendo il pagamento di rette
per la frequenza non sarebbe accessibile a tutti e, quindi,
diversamente dalla scuola pubblica, avrebbe uno scopo di
lucro che impedirebbe di beneficiare dell’esonero dai
contributi (Tar Piemonte I 10.03.2007 n. 1164), anche
qualora, come nel caso di specie la ricorrente dimostri la
mancanza di un fine speculativo o lucrativo nell’attività
esercitata.
Secondo la giurisprudenza è indubbio che la disposizione
invocata (art. 9 L. 10/1977) deve ritenersi di stretta
interpretazione, in quanto introduce talune ipotesi di
deroga alla previsione generale la quale assoggetta a
contributo tutte le opere che comportino trasformazione del
territorio (cfr. TAR Puglia Bari, sez. III - 11/06/2010 n.
2420).
Secondo il TAR Veneto, (sez. II - 16/06/2011 n. 1047),
l'opera, per conseguire il beneficio, deve essere
necessariamente realizzata da un Ente pubblico, non
spettando lo stesso per le opere eseguite da soggetti
privati, quale che sia la rilevanza sociale dell'attività
esercitata nella o con l'opera edilizia alla quale la
concessione si riferisce (Consiglio di Stato, sez. V -
15/12/2005 n. 7140; TAR Lombardia Milano, sez. II -
17.09.2009 n. 4672).
In ogni caso, ammettendo l'iniziativa di un privato, questo
deve agire per conto di un Ente pubblico, come nell'istituto
della concessione di opera pubblica o in altre analoghe
figure organizzatorie ove l'intervento è realizzato da
soggetti non animati dallo scopo di lucro o che accompagnano
tale obiettivo con un legame istituzionale con l'azione
dell'amministrazione per la cura degli interessi della
collettività (Consiglio di Stato, sez. IV - 10/05/2005 n.
2226).
Così circoscritta la vicenda, il Collegio è dell’avviso che
il contributo debba essere pagato dall’ente ricorrente.
La giurisprudenza -espressasi con riferimento all'art. 9, l.
n. 10/1977- ha affermato che per enti istituzionalmente
competenti alla realizzazione di opere pubbliche o di
interesse pubblico debbano intendersi enti pubblici ovvero
altri soggetti che realizzino l'opera per conto di un ente
pubblico come nel caso di concessionario di opera pubblica o
altre analoghe figure organizzatorie (cfr. ad es. Cons.
Stato sez. IV, 10.05.2005, n. 2226; ed sez. V, 12.07.2005,
n. 3774; e, casi questi, in cui è stato escluso il diritto
all'esenzione, anche sulla base del rilievo che l'opera non
era rivolta alla collettività in senso generale, ma tendeva
al soddisfacimento di interessi privatistici o comunque alle
esigenze di un numero limitato di persone - v. sent. CdS V
n. 3774/2005 ovvero che l'opera era destinata a rimanere
nella piena disponibilità del privato esecutore, senza alcun
vincolo atto a preservare la funzione nel tempo (CdS IV
11.01.2006, n. 51)
(TAR Liguria, Sez. I,
sentenza 28.03.2013 n. 552 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2012 |
|
EDILIZIA PRIVATA: Lo
speciale regime di gratuità di cui all'art.
9, comma 1, lett. f), della L. 10/1977
richiede il concorso di due requisiti, il primo dei quali
di carattere soggettivo che si risolve nell'esecuzione
delle opere da parte degli Enti istituzionalmente
competenti: anche aderendo all’indirizzo che ammette
l’iniziativa del privato, questo deve agire per conto di un
Ente pubblico, come nell’istituto della concessione di opera
pubblica o in altre analoghe figure organizzatorie ove
l’intervento è realizzato da soggetti non animati dallo
scopo di lucro o che accompagnano tale obiettivo con un
legame istituzionale con l’azione dell’amministrazione per
la cura degli interessi della collettività. Poiché è assente
il titolo concessorio, la Società ricorrente è priva della
qualità di Ente istituzionalmente competente.
---------------
Il quadro normativo prevede un’ipotesi di esenzione totale
dal contributo di costruzione (art. 17, comma 3, lett. c),
del D.P.R. 380/2001, che riproduce l’art. 9, comma 1, lett.
f), di cui si controverte) “… Nell’ipotesi relativa
all’esenzione totale il privato realizza un’opera
espressamente qualificata di interesse pubblico nello
strumento urbanistico generale o nei piani attuativi.
Essendovi una tale previsione urbanistica l’utilità per
l’amministrazione deriva direttamente dalla realizzazione
dell’opera e pertanto l’esenzione è automatica. Non ricorre
tuttavia questa fattispecie quando lo strumento urbanistico
si limita ad autorizzare una destinazione d’uso implicante
la realizzazione di opere astrattamente qualificabili come
urbanizzazioni”.
Nella fattispecie è pacifico che il P.R.G. per tempo vigente
prevede espressamente la realizzazione della Caserma dei
Carabinieri sull’area ove l’opera è stata poi in concreto
realizzata. Il punto controverso è la riconducibilità della
struttura nel “genus” delle opere di urbanizzazione.
L’art. 4 della L. 348/1964 –nell’elencare le opere di
urbanizzazione secondaria– individua esplicitamente:
a) asili nido e scuole materne;
b) scuole dell'obbligo nonché strutture e complessi per
l'istruzione superiore all'obbligo;
c) mercati di quartiere;
d) delegazioni comunali;
e) chiese ed altri edifici religiosi;
f) impianti sportivi di quartiere;
g) centri sociali e attrezzature culturali e sanitarie;
h) aree verdi di quartiere.
In proposito il Collegio concorda con l’indirizzo espresso
dal Consiglio di Stato secondo il quale l’elenco delle opere
di urbanizzazione primaria e secondaria non deve intendersi
tassativo e vincolato, per cui debbono ritenersi rientrare
nella nozione di opere di urbanizzazione previste dalla
normativa anche quelle realizzazioni di specifica rilevanza
pubblica e sociale, qual è certamente la costruzione di un
immobile da adibirsi a caserma dei Vigili del fuoco.
In particolare si può puntualizzare che –se la disposizione
rilevante in questa sede (art. 9 della L. 10/1977) è
considerata dalla giurisprudenza di stretta interpretazione
(in quanto introduce talune ipotesi di deroga alla
previsione generale la quale assoggetta a contributo tutte
le opere che comportino trasformazione del territorio)– la
struttura in esame dà risposta in via immediata e diretta ad
interessi collettivi di primario spessore, di tutela della
salute e della sicurezza pubblica: per questo si può
affermare la sua capacità di fare fronte a bisogni
assimilabili a quelli soddisfatti da un impianto sportivo o
da un Centro culturale (e correlati ai valori dello sviluppo
del benessere e della personalità).
D’altronde la norma valorizza proprio la decisione
dell’amministrazione di qualificare la pianificazione con
l’indicazione specifica dell’opera da realizzare, sicché non
si concorda con quell’orientamento che esclude
l’assimilazione alle opere di urbanizzazione in ragione
dell’aggravio del carico urbanistico e della permanenza
della proprietà privata, trattandosi di requisiti di
carattere negativo che il legislatore non prevede.
La Società ricorrente lamenta l’erronea esazione degli
oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione da parte
del Comune di Castiglione in sede di rilascio del titolo
abilitativo per la costruzione della nuova Caserma dei
Carabinieri.
Il Comune eccepisce l’inammissibilità del gravame per
acquiescenza, poiché parte ricorrente (cfr. suo doc. 12) ha
realizzato direttamente alcune opere di urbanizzazione
concordando lo scomputo degli oneri dovuti per alcuni
interventi edilizi, tra i quali figura la Caserma dei
Carabinieri.
L’eccezione è infondata, poiché l'acquiescenza
presuppone una condotta consapevole, da parte dell'avente
titolo all'impugnazione, che sia libera e inequivocabilmente
diretta ad accettare l'assetto di interessi definito
dall'amministrazione attraverso gli atti oggetto di
contestazione, ed inoltre occorre che sia posta in essere
anteriormente all’iniziativa giurisdizionale, così da
assumere il significato indiscutibile di rinuncia preventiva
alla stessa (Consiglio Stato, sez. IV – 27/06/2008 n. 3255;
02/10/2006 n. 5743; TAR Campania Napoli, sez. IV –
03/08/2009 n. 4638, appellata).
Nel caso in esame difetta il requisito della condotta
univoca, ed anzi dall’esame della documentazione versata in
atti (doc. 3 e 3-bis di parte ricorrente) traspare una
volontà di segno contrario poiché Rudiana Immobiliare ha
accettato di pagare il contributo con riserva di ripetere
quanto indebitamente versato; in secondo luogo la presente
causa è stata instaurata ben prima che fosse avanzata la
richiesta di scomputo invocata dall’amministrazione.
Peraltro è stato persino evidenziato che, con riguardo agli
oneri concessori, non ricorre il requisito dell’univoca
manifestazione di volontà dell'interessato di rinunciare
all'esperimento della tutela giurisdizionale anche nel caso
in cui, al momento del ritiro della concessione edilizia, il
richiedente non abbia avanzato riserva alcuna circa la
debenza di detti oneri, in quanto tale comportamento
risponde all’esigenza di dare avvio senza indugi all'opera
edilizia (TAR Toscana Firenze, sez. III – 11/03/2004 n.
671).
Passando all’esame del merito, parte ricorrente denuncia
la violazione dell’art. 9, comma 1, lett. f), della L. 10/1977,
dato che il contributo non è dovuto per le opere di
urbanizzazione eseguite –anche da privati– in esecuzione
degli strumenti urbanistici, e il P.R.G. del Comune di Castiglione destina specificamente l’area in questione a
Caserma dei Carabinieri (opera di urbanizzazione secondaria)
e nessun’altra edificazione è consentita sul lotto.
La difesa comunale oppone la mancata classificazione della
“Caserma dei Carabinieri” come opera di urbanizzazione
secondaria: la zona è destinata a servizi pubblici in genere
e la caserma non costituisce opera di urbanizzazione (non
essendo contemplata nell’elenco di cui all’art. 4 della L.
29/09/1964 n. 847) ma servizio pubblico.
L’impostazione della ricorrente è condivisibile.
Non è suscettibile di applicazione la prima parte della
lett. f), nella parte in cui prevede l’esenzione dal
pagamento del contributo per gli impianti, le attrezzature,
le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli
enti istituzionalmente competenti. Come ha recentemente
messo in luce questa Sezione (sentenza 24/08/2012 n. 1467) lo
speciale regime di gratuità di cui alla lett. f) richiede il
concorso di due requisiti, il primo dei quali di carattere
soggettivo che si risolve nell'esecuzione delle opere da
parte degli Enti istituzionalmente competenti: anche
aderendo all’indirizzo che ammette l’iniziativa del privato,
questo deve agire per conto di un Ente pubblico, come
nell’istituto della concessione di opera pubblica o in altre
analoghe figure organizzatorie ove l’intervento è realizzato
da soggetti non animati dallo scopo di lucro o che
accompagnano tale obiettivo con un legame istituzionale con
l’azione dell’amministrazione per la cura degli interessi
della collettività (Consiglio di Stato, sez. IV – 10/05/2005
n. 2226). Poiché è assente il titolo concessorio, la Società
ricorrente è priva della qualità di Ente istituzionalmente
competente.
La questione a questo punto da affrontare riguarda la
seconda parte della disposizione. Il Collegio richiama il
proprio precedente (TAR Brescia – 27/11/2008 n. 1704) ove si
è osservato che il quadro normativo prevede un’ipotesi di
esenzione totale dal contributo di costruzione (art. 17,
comma 3, lett. c), del D.P.R. 380/2001, che riproduce l’art.
9, comma 1, lett. f), di cui si controverte) “…
Nell’ipotesi relativa all’esenzione totale il privato
realizza un’opera espressamente qualificata di interesse
pubblico nello strumento urbanistico generale o nei piani
attuativi. Essendovi una tale previsione urbanistica
l’utilità per l’amministrazione deriva direttamente dalla
realizzazione dell’opera e pertanto l’esenzione è
automatica. Non ricorre tuttavia questa fattispecie quando
lo strumento urbanistico si limita ad autorizzare una
destinazione d’uso implicante la realizzazione di opere
astrattamente qualificabili come urbanizzazioni”.
Nella fattispecie è pacifico che il P.R.G. per tempo
vigente prevede espressamente la realizzazione della Caserma
dei Carabinieri sull’area ove l’opera è stata poi in
concreto realizzata. Il punto controverso è la
riconducibilità della struttura nel “genus” delle opere di
urbanizzazione.
L’art. 4 della L. 348/1964 –nell’elencare le opere di
urbanizzazione secondaria– individua esplicitamente:
a) asili nido e scuole materne;
b) scuole dell'obbligo nonché strutture e complessi per
l'istruzione superiore all'obbligo;
c) mercati di quartiere;
d) delegazioni comunali;
e) chiese ed altri edifici religiosi;
f) impianti sportivi di quartiere;
g) centri sociali e attrezzature culturali e sanitarie;
h) aree verdi di quartiere.
In proposito il Collegio concorda con l’indirizzo
espresso dal Consiglio di Stato (sentenza sez. V – 18/09/2003
n. 5315), secondo il quale l’elenco delle opere di
urbanizzazione primaria e secondaria non deve intendersi
tassativo e vincolato, per cui debbono ritenersi rientrare
nella nozione di opere di urbanizzazione previste dalla
normativa anche quelle realizzazioni di specifica rilevanza
pubblica e sociale, qual è certamente la costruzione di un
immobile da adibirsi a caserma dei Vigili del fuoco.
In
particolare si può puntualizzare che –se la disposizione
rilevante in questa sede (art. 9 della L. 10/1977) è
considerata dalla giurisprudenza di stretta interpretazione
(in quanto introduce talune ipotesi di deroga alla
previsione generale la quale assoggetta a contributo tutte
le opere che comportino trasformazione del territorio)– la
struttura in esame dà risposta in via immediata e diretta ad
interessi collettivi di primario spessore, di tutela della
salute e della sicurezza pubblica: per questo si può
affermare la sua capacità di fare fronte a bisogni
assimilabili a quelli soddisfatti da un impianto sportivo o
da un Centro culturale (e correlati ai valori dello sviluppo
del benessere e della personalità).
D’altronde la norma
valorizza proprio la decisione dell’amministrazione di
qualificare la pianificazione con l’indicazione specifica
dell’opera da realizzare, sicché non si concorda con
l’orientamento (TAR Emilia Romagna Bologna, sez. II –
12/10/2010 n. 7956) che esclude l’assimilazione alle opere
di urbanizzazione in ragione dell’aggravio del carico
urbanistico e della permanenza della proprietà privata,
trattandosi di requisiti di carattere negativo che il
legislatore non prevede.
In conclusione la domanda è fondata e deve essere
accolta (restando assorbito l’ulteriore profilo formale
dedotto): il Comune ha erroneamente preteso il contributo di
costruzione e gli oneri di urbanizzazione, che devono essere
restituiti (TAR Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 07.11.2012 n. 1772
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: E'
indubbio che la disposizione invocata (art.
9 L. 10/1977) deve ritenersi di stretta
interpretazione, in quanto introduce talune
ipotesi di deroga alla previsione generale
la quale assoggetta a contributo tutte le
opere che comportino trasformazione del
territorio.
Lo speciale regime
di gratuità di cui alla lett. f) richiede
peraltro il concorso di due requisiti, il
primo dei quali di carattere soggettivo che
si risolve nell'esecuzione delle opere da
parte degli Enti istituzionalmente
competenti: in effetti,
secondo l’indirizzo più rigoroso l'opera,
per conseguire il beneficio, deve essere
necessariamente realizzata da un Ente
pubblico, non spettando lo stesso per le
opere eseguite da soggetti privati, quale
che sia la rilevanza sociale dell'attività
esercitata nella o con l'opera edilizia alla
quale la concessione si riferisce; in ogni caso ammettendo
l’iniziativa di un privato, questo deve
agire per conto di un Ente pubblico, come
nell’istituto della concessione di opera
pubblica o in altre analoghe figure organizzatorie
ove l’intervento è realizzato da soggetti
non animati dallo scopo di lucro o che
accompagnano tale obiettivo con un legame
istituzionale con l’azione
dell’amministrazione per la cura degli
interessi della collettività.
---------------
Il quadro normativo … prevede un’ipotesi di
esenzione totale dal contributo di
costruzione [art. 17, comma 3, lett. c), del
DPR 380/2001] e un’ipotesi di scomputo della
quota del contributo di costruzione relativa
agli oneri di urbanizzazione (art. 16, comma
2, del DPR 380/2001; art. 45 della LR
12/2005).
Nell’ipotesi relativa all’esenzione totale
il privato realizza un’opera espressamente
qualificata di interesse pubblico nello
strumento urbanistico generale o nei piani
attuativi. Essendovi una tale previsione
urbanistica l’utilità per l’amministrazione
deriva direttamente dalla realizzazione
dell’opera e pertanto l’esenzione è
automatica. Non ricorre tuttavia questa
fattispecie quando lo strumento urbanistico
si limita ad autorizzare una destinazione
d’uso implicante la realizzazione di opere
astrattamente qualificabili come
urbanizzazioni.
L’ammissibilità di queste opere in una certa
zona del territorio non equivale al
riconoscimento del loro interesse pubblico
ma è soltanto una regola che disciplina
l’interesse economico dei privati. Il
passaggio da opera di pertinenza privata a
opera di urbanizzazione richiede
l’inclusione tra gli standard urbanistici
che definiscono la dotazione di servizi del
territorio. Tale inclusione non deriva dalla
semplice esistenza dell’opera ma presuppone
che sulla stessa vi possa essere un
controllo pubblico.
In proposito le direttive regionali sul
piano dei servizi (DGR n. 7/7586 del
21.12.2001, parte III punto 2-e) specificano
che i privati possono integrare gli standard
urbanistici garantiti dall’ente pubblico
purché l’attività dei privati sia regolata
da un atto di asservimento o da un
regolamento d'uso che assicurino lo
svolgimento e il controllo delle funzioni di
interesse generale.
Secondo la giurisprudenza è indubbio che la disposizione invocata (art. 9
L. 10/1977) deve ritenersi di stretta
interpretazione, in quanto introduce talune
ipotesi di deroga alla previsione generale
la quale assoggetta a contributo tutte le
opere che comportino trasformazione del
territorio (cfr. TAR Puglia Bari, sez. III – 11/06/2010 n. 2420).
Lo speciale regime
di gratuità di cui alla lett. f) richiede
peraltro il concorso di due requisiti, il
primo dei quali di carattere soggettivo che
si risolve nell'esecuzione delle opere da
parte degli Enti istituzionalmente
competenti: in effetti, come precisato dal
TAR Veneto, sez. II – 16/06/2011 n. 1047,
secondo l’indirizzo più rigoroso l'opera,
per conseguire il beneficio, deve essere
necessariamente realizzata da un Ente
pubblico, non spettando lo stesso per le
opere eseguite da soggetti privati, quale
che sia la rilevanza sociale dell'attività
esercitata nella o con l'opera edilizia alla
quale la concessione si riferisce (Consiglio
di Stato, sez. V – 15/12/2005 n. 7140;
TAR Lombardia Milano, sez. II – 17/09/2009
n. 4672); in ogni caso ammettendo
l’iniziativa di un privato, questo deve
agire per conto di un Ente pubblico, come
nell’istituto della concessione di opera
pubblica o in altre analoghe figure organizzatorie ove l’intervento è realizzato
da soggetti non animati dallo scopo di lucro
o che accompagnano tale obiettivo con un
legame istituzionale con l’azione
dell’amministrazione per la cura degli
interessi della collettività (Consiglio di
Stato, sez. IV – 10/05/2005 n. 2226).
La
Fondazione ricorrente è priva della qualità
di Ente istituzionalmente competente, poiché
è legata agli Istituti scolastici
(proprietari) da un semplice rapporto di
locazione, ed è dunque assente il titolo concessorio.
Sulla profilata natura di “opera di
urbanizzazione” della scuola il Collegio
richiama il proprio precedente (TAR
Brescia – 27/11/2008 n. 1704) ai sensi del
quale “il quadro normativo … prevede, per
quanto interessa il presente giudizio,
un’ipotesi di esenzione totale dal
contributo di costruzione [art. 17, comma 3,
lett. c), del DPR 380/2001] e un’ipotesi di
scomputo della quota del contributo di
costruzione relativa agli oneri di
urbanizzazione (art. 16, comma 2, del DPR
380/2001; art. 45 della LR 12/2005). …
Nell’ipotesi relativa all’esenzione totale
il privato realizza un’opera espressamente
qualificata di interesse pubblico nello
strumento urbanistico generale o nei piani
attuativi. Essendovi una tale previsione
urbanistica l’utilità per l’amministrazione
deriva direttamente dalla realizzazione
dell’opera e pertanto l’esenzione è
automatica. Non ricorre tuttavia questa
fattispecie quando lo strumento urbanistico
si limita ad autorizzare una destinazione
d’uso implicante la realizzazione di opere
astrattamente qualificabili come
urbanizzazioni. L’ammissibilità di queste
opere in una certa zona del territorio non
equivale al riconoscimento del loro
interesse pubblico ma è soltanto una regola
che disciplina l’interesse economico dei
privati. Il passaggio da opera di pertinenza
privata a opera di urbanizzazione richiede
l’inclusione tra gli standard urbanistici
che definiscono la dotazione di servizi del
territorio. Tale inclusione non deriva dalla
semplice esistenza dell’opera ma presuppone
che sulla stessa vi possa essere un
controllo pubblico. In proposito le
direttive regionali sul piano dei servizi (DGR
n. 7/7586 del 21.12.2001, parte III
punto 2-e) specificano che i privati possono
integrare gli standard urbanistici garantiti
dall’ente pubblico purché l’attività dei
privati sia regolata da un atto di
asservimento o da un regolamento d'uso che
assicurino lo svolgimento e il controllo
delle funzioni di interesse generale”.
Nel
caso in esame non è rinvenibile nessuno dei
suddetti presupposti, in quanto da un lato
la scuola non risulta direttamente prevista
nello strumento urbanistico come opera di
interesse pubblico (sul punto non è stata
fornita indicazione alcuna) e dall’altro la
gestione di tale struttura non è oggetto di
convenzionamento con il Comune ma
costituisce un’iniziativa economica di
esclusivo interesse privato.
Neppure è possibile giovarsi delle
disposizioni sullo scomputo parziale o
totale degli oneri di urbanizzazione,
afferenti ad opere che una volta realizzate
non rimangono nella disponibilità dei
privati ma vengono acquisite al patrimonio
indisponibile del Comune: nel caso in esame
questa circostanza non si verifica
(TAR Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 24.08.2012 n. 1467 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
OGGETTO: Esonero dal contributo di costruzione di cui
all'art. 17, comma 3, del D.P.R. n. 380/2001 per la
realizzazione di “Centro per strutture assistenziali e
anziani”.
Il Comune chiede “se sia possibile procedere all'esonero del
contributo di costruzione ai sensi dell'art. 17, comma 3,
lett. c), del DPR 380/2001 per la realizzazione di un “Centro
per strutture assistenziali e anziani” da parte di un
Ente Morale giuridicamente riconosciuto con Decreto del
Presidente della giunta regionale considerando anche il
fatto che l'opera viene realizzata in forza di un piano
attuativo nel quale però non ne è prevista la cessione al
Comune (Regione Marche,
parere 02.02.2012 n. 239/2012). |
EDILIZIA PRIVATA: ...
Se nella fattispecie che prevede la
riduzione o esonero dal contributo di
costruzione “per gli impianti, le
attrezzature, le opere pubbliche o di
interesse generale realizzate dagli enti
istituzionalmente competenti”, vi rientra
anche l’intervento per la realizzazione di
una scuola di formazione professionale posto
in essere da una Fondazione di diritto
privato.
... Se nella fattispecie che prevede la
riduzione o esonero dal contributo di
costruzione “per le opere di urbanizzazione,
eseguite anche da privati, in attuazione di
strumenti urbanistici”, vi rientra anche
un’opera anche quando questa non è stata
prevista né negli strumenti di
programmazione finanziaria, né negli
strumenti urbanistici specificatamente quale
opera di "urbanizzazione secondaria”.
Il Sindaco del Comune di Calcio ha posto
alla Sezione un quesito concernente
l’interpretazione dell’art. 17 del D.P.R. n.
380/2001 (T.U. Edilizia) che sotto la
rubrica “riduzione o esonero dal
contributo di costruzione”, al comma 3,
lett. c), stabilisce che il contributo di
costruzione non è dovuto <<per gli
impianti, le attrezzature, le opere
pubbliche o di interesse generale realizzate
dagli enti istituzionalmente competenti
nonché per le opere di urbanizzazione,
eseguite anche da privati, in attuazione di
strumenti urbanistici>>.
In particolare formula un duplice quesito.
Nel primo si chiede se nella fattispecie
che prevede la riduzione o esonero dal
contributo di costruzione “per gli
impianti, le attrezzature, le opere
pubbliche o di interesse generale realizzate
dagli enti istituzionalmente competenti”,
vi rientra anche l’intervento per la
realizzazione di una scuola di formazione
professionale posto in essere da una
Fondazione di diritto privato.
Con il secondo quesito si chiede se
nella fattispecie che prevede la riduzione o
esonero dal contributo di costruzione “per
le opere di urbanizzazione, eseguite anche
da privati, in attuazione di strumenti
urbanistici”, vi rientra anche un’opera
anche quando questa non è stata prevista né
negli strumenti di programmazione
finanziaria, né negli strumenti urbanistici
specificatamente quale opera di "urbanizzazione
secondaria”.
In via preliminare la Sezione precisa che la
decisione se applicare o meno l’esonero del
pagamento degli oneri di urbanizzazione e
del costo di costruzione, con riferimento
all’intervento edilizio indicato, attiene al
merito dell’azione amministrativa e rientra,
ovviamente, nella piena ed esclusiva
discrezionalità e responsabilità dell’ente
che potrà orientare la sua decisione in base
alle conclusioni contenute nel parere della
Sezione.
Per una maggior comprensione della questione
ermeneutica posta è opportuno ricordare che
la norma richiamata disciplina due
fattispecie di esonero dal contributo di
costruzione: 1) “gli impianti, le
attrezzature, le opere pubbliche o di
interesse generale realizzate dagli enti
istituzionalmente competenti”
(fattispecie a cui è riconducibile il primo
quesito); 2) “le opere di urbanizzazione,
eseguite anche da privati, in attuazione di
strumenti urbanistici” (fattispecie a
cui è riconducibile il secondo quesito).
Principi a cui
l’amministrazione comunale si deve attenere
per la soluzione del 1° quesito.
Come ha già avuto modo di precisare questa
Sezione (Lombardia/783/2009/PAR del
09.10.2009; Lombardia/91/PAR/2011 del
21.02.2011), con riferimento alla prima
fattispecie, la norma prescrive la
sussistenza di due requisiti che devono
entrambi concorrere per fondare lo speciale
regime di esonero dal contributo di
costruzione, l’uno di carattere oggettivo e
l’altro di carattere soggettivo. Per effetto
del primo la costruzione deve riguardare “opere
pubbliche o d’interesse generale”; per
effetto del secondo le opere devono essere
eseguite da “un ente istituzionalmente
competente”.
In particolare, il primo requisito è
stato esplicitato nel senso che deve
trattarsi di opere che, quantunque non
destinate direttamente a scopi propri della
P.A., siano comunque idonee a soddisfare i
bisogni della collettività, di per se stesse
–poiché destinate ad uso pubblico o
collettivo– o in quanto strumentali rispetto
ad opere pubbliche o comunque perché
immediatamente collegate con le funzioni di
pubblico servizio espletate dall’ente (cfr.
in tal senso ex plurimis: C.d.S.,
sez. IV, 10.05.2005, n. 2226; C.d.S., sez.
V, 06.05.2003 n. 5315; C.d.S., sez. V,
25.06.2002, n. 6618).
Con riferimento all’altro requisito
(soggettivo), la giurisprudenza
amministrativa ha più volte chiarito che la
dizione deve riferirsi, oltre che agli enti
pubblici in senso proprio, anche ai soggetti
che agiscono per conto di enti pubblici,
ricomprendendo, pertanto, “i
concessionari di opere pubbliche o analoghe
figure organizzatorie, caratterizzate da un
vincolo tra il soggetto abilitato ad operare
nell’interesse pubblico ed il materiale
esecutore della costruzione, in modo tale
che l’attività edilizia sia compiuta da un
soggetto che curi istituzionalmente la
realizzazione di opere d’interesse generale
per il perseguimento delle specifiche
finalità cui le opere stesse sono destinate”
(in tal senso cfr. ex plurimis:
C.d.S. , sez. VI, 09.09.2008, n. 4296; sez.
V, 11.01.2006, n. 51; sez. IV, 10.05.2005,
n. 2226).
La ratio della norma contenuta
nell’art. 17 del D.P.R. n. 380/2001 è
duplice. Da un lato, è sicuramente quella
d’incentivare l’esecuzione di opere da cui
la collettività possa trarre utilità.
Dall’altro lato, è anche quella di
assicurare una ricaduta del beneficio dello
sgravio a vantaggio della collettività,
posto che l’esonero dal contributo si
traduce in un abbattimento dei costi, a cui
corrisponde, in definitiva, un minore
aggravio di oneri per il contribuente. In
altre parole, l'imposizione del contributo
di costruzione ai soggetti che agiscono
nell'istituzionale attuazione del pubblico
interesse sarebbe altrimenti intimamente
contraddittoria, poiché verrebbe a gravare,
sia pure indirettamente, sulla stessa
comunità che dovrebbe avvantaggiarsi del
pagamento di esso.
Pertanto, alla luce di tale ratio
della disposizione, la giurisprudenza
amministrativa ha generalmente accolto
un’interpretazione che ricomprende,
nell’ambito di applicabilità della norma,
oltre agli enti pubblici in senso proprio,
anche “quelle figure soggettive che non
agiscono per esclusivo scopo lucrativo
ovvero che accompagnano al lucro un
collegamento giuridicamente rilevante con
l'amministrazione, sì da rafforzare il
legame istituzionale con l'azione del
soggetto pubblico per la cura degli
interessi della collettività” (in tal
senso ex plurimis: C.d.S., sez. V,
20.10.2004, n. 6818; C.d.S., sez. IV,
12.07.2005, n. 3744).
Nel quesito posto dall’Amministrazione
comunale si precisa che la Fondazione Ikaros
ha chiesto al Comune di Calcio permesso di
costruire per la realizzazione di un nuovo
edificio scolastico; tuttavia, detta
Fondazione non realizza l’opera "per
conto" del Comune (la fondazione, in
realtà, godrà di un contributo regionale, ma
esso determinerà un vincolo di destinazione
dell’edificio limitato nel tempo a soli 10
anni).
Per contro, la Fondazione argomenta la
propria richiesta di esonero dal pagamento
del contributo di costruzione osservando che
in ordine al requisito soggettivo la
fondazione medesima <<beneficia per la
realizzazione delle opere dell'erogazione di
un contributo da parte della Regione
Lombardia che vincola l'edificio in
costruzione a sede del "polo formativo" per
10 anni>>, nonché è disponibile <<ad
inserire in una convenzione una previsione
che contempli, in caso di cambio di
destinazione d'uso dopo la scadenza
decennale del vincolo regionale o in caso di
modifiche statuarie dell'oggetto sociale, il
versamento dei contributi di costruzione al
Comune>>.
Quanto alla sussistenza del presupposto
oggettivo indicato dalla fattispecie
normativa in esame, non può disconoscersi
che l’opera di realizzazione di un nuovo
edifico scolastico sia collegata senz’altro
ad una finalità di interesse pubblico
generale.
Con riferimento al requisito soggettivo,
invece, appare opportuno richiamare le
considerazioni più articolate già formulate
da questa Sezione nei citati pareri
(Lombardia/783/2009/PAR del 09.10.2009;
Lombardia/91/PAR/2011 del 21.02.2011).
Si è detto sopra dell’orientamento della
giurisprudenza amministrativa che, da un
lato, ha interpretato estensivamente la
dizione “enti istituzionalmente
competenti”, ricomprendendovi, oltre
agli enti pubblici in senso proprio, anche
altre “figure organizzatorie” che “curino
istituzionalmente la realizzazione di opere
d’interesse generale per il perseguimento
delle specifiche finalità cui le opere
stesse sono destinate”; dall’altro lato,
ha ricondotto tale espressione
prevalentemente alla figura del
concessionario. Ciò in ragione della
considerazione che gli elementi che
connotano l’instaurazione e lo svolgimento
del rapporto di concessione sono in grado di
garantire di per sé quell’immediato legame
istituzionale con l’azione
dell’Amministrazione per la cura degli
interessi della collettività, che si ritiene
presupposto indefettibile per l’applicazione
dell’esonero contributivo.
In quest’ottica, è stata esclusa
l’applicabilità della norma in questione a
soggetti privati che esercitino un’attività
lucrativa di impresa indipendentemente dalla
rilevanza sociale dell’attività stessa (cfr.
C.d.S., sez. V, 21.01.1997, n. 69); nonché a
soggetti privati che, seppur non perseguenti
fini di lucro, realizzino opere destinate a
rimanere nella piena disponibilità del
privati esecutori in quanto non vincolate in
alcun modo al mantenimento della finalità
pubblica (cfr. C.d.S., sez. V, 11.01.2006,
n. 51).
Peraltro, questa Corte ritiene opportuno non
tralasciare la considerazione dell’attuale
sviluppo dell’ordinamento della Repubblica e
delle modalità di svolgimento dell’azione
amministrativa.
Infatti, da un lato, la riforma del Titolo V
della Costituzione, operata con la Legge
costituzionale 18.10.2001, n. 3, ha inserito
espressamente il principio di sussidiarietà,
cosiddetto “orizzontale”, nell’ambito
delle regole di organizzazione e di
esercizio delle funzioni pubbliche,
prevedendo all’art. 118, ultimo comma, che “Stato,
Regioni, Città metropolitane, Province e
Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei
cittadini, singoli e associati, per lo
svolgimento di attività di interesse
generale, sulla base del principio di
sussidiarietà”.
Dall’altro lato, anche a causa
dell'influenza del diritto comunitario, sono
sempre più frequenti le forme di
collaborazione tra soggetto pubblico e
soggetto privato, nonché i casi in cui al
soggetto privato sono affidati obiettivi di
interesse pubblico.
In sostanza si assiste al passaggio da una
configurazione della distribuzione del
potere pubblico essenzialmente in via
gerarchica ed in via autoritativa ad una
distribuzione per così dire “a rete”,
estesa anche ad altri soggetti
dell’ordinamento che non sono enti pubblici
in senso proprio, con la conseguenza che le
funzioni pubbliche non necessariamente
vengono esercitate mediante esplicazione di
poteri autoritativi, ben potendo svolgersi
attraverso forme e moduli procedimentali di
tipo privatistico.
In quest’ottica si rende opportuna, a parere
di questa Corte, un’interpretazione
evolutiva e teleologicamente orientata del
concetto di “ente istituzionalmente
competente” previsto all'art. 17 del
D.P.R. n. 380/2001 (anche al di là delle
figure dei concessionari).
Sulla scorta di queste affermazioni di
principio, dunque, spetta
all’amministrazione valutare in concreto
(ovvero, alla luce dello statuto della
fondazione, dell’attività da essa svolta e
della contribuzione che riceve dalla
Regione) se la fondazione Ikarus possa o
meno essere qualificato come “ente
istituzionalmente competente” previsto
all'art. 17 del D.P.R. n. 380/2001.
Principi a cui
l’amministrazione comunale si deve attenere
per la soluzione del 2° quesito.
Nell’istanza di parere l’amministrazione
comunale precisa che <<la Fondazione
aveva presentato al Comune, durante il
procedimento di approvazione del nuovo PGT,
apposita richiesta finalizzata
all'individuazione, per un' area di
proprietà, della destinazione urbanistica
"attrezzature per l'istruzione", con
l'intento di realizzare l'intervento di che
trattasi. Il Comune in sede di approvazione
ha accolto tale richiesta, sicuramente per
rispondere ad un interesse generale ma nei
propri strumenti di programmazione tra cui
il Programma delle Opere Pubbliche, la
relazione previsionale e programmatica, le
schede di cui al Piano dei Servizi del PGT
non ha previsto la realizzazione di tale
intervento, né in via diretta, né tramite
concessione, né tramite figura organizzativa
similare>>.
Anche con riferimento alla seconda
fattispecie prevista dall’art. 17, comma 3,
lett. c), del D.P.R. n. 380/2001, questa
Sezione ha espresso le proprie
considerazioni nei citati pareri
Lombardia/783/2009/PAR del 09.10.2009 e, più
recentemente, Lombardia/91/PAR/2011 del
21.02.2011. In particolare, è stato
ricordato che secondo giurisprudenza
amministrativa consolidata questa seconda
fattispecie di esonero dal contributo di
costruzione ricorre quando l’opera non solo
è conforme agli strumenti urbanistici, bensì
è anche espressamente contemplata come tale
nello strumento urbanistico medesimo poiché
la norma, testualmente, utilizza
l’espressione "opere di urbanizzazione
eseguite in attuazione di strumenti
urbanistici" (in tal senso C.d.S., sez.
V, 10.05.1999, n. 536; C.d.S., sez. V,
21.01.1997, n. 69; C.d.S., sez. V,
01.06.1992, n. 489).
In altre parole, affinché possa trovare
applicazione la disposizione invocata non è
sufficiente la generica sussumibilità degli
interventi nell’ambito delle opere di
urbanizzazione; infatti, non tutte le opere
di urbanizzazione sono esenti dal contributo
concessorio, ma solo quelle eseguite “in
attuazione di strumenti urbanistici”. La
ratio della “gratuità” in
termini di contributi di costruzione è <<quella
di incentivare solo la dotazione di quelle
infrastrutture che danno ordinata e coerente
attuazione alle previsioni urbanistiche
espressamente previste dall’Autorità
comunale. Pertanto affinché possa
qualificarsi un intervento come “opera di
urbanizzazione eseguita in attuazione di
strumenti urbanistici” è necessario che,
oltre a potersi qualificare opera di
urbanizzazione, sia specificamente indicata
nello strumento urbanistico, corrispondendo
ad una precisa indicazione dello stesso>>
(TAR LOMBARDIA - Sez. Brescia- n. 163/2005).
Chiariti i principi di carattere generale a
cui l’interprete deve rifarsi in sede di
applicazione della seconda fattispecie
tipizzata dalla lettera c) dell’art. 17 del
D.P.R. n. 380/2001, spetta
all’amministrazione comunale compiere le
valutazioni del caso concreto (Corte dei
Conti. Sez. controllo Lombardia,
parere 18.01.2012 n. 5). |
EDILIZIA
PRIVATA:
In materia di applicabilità dell'esenzione dal contributo
di costruzione prevista dall'art. 17, comma 3, lett. c) del
D.P.R. 06/06/2001 n. 380 per la realizzazione di chiese da
parte di parrocchie o enti ecclesiastici e delle eventuali
pertinenze quali ostelli, oratori o campi da gioco.
Il Comune per poter addivenire
all’esonero dal contributo di costruzione deve verificare,
secondo i parametri forniti dalla giurisprudenza, la
sussistenza di entrambi i requisiti soggettivo ed oggettivo
indicati dall'art. 17, comma 3, lett. c), dpr 380/2001
considerando sia le finalità di interesse generale
perseguite con la realizzazione di una chiesa e delle
eventuali pertinenze sia la natura degli enti esecutori
delle predette opere (parrocchia o enti ecclesiastici).
L’art. 17, comma 3, lett. c),
del D.P.R. 06/06/2001 n. 380 recante il testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia
edilizia, prevede che il contributo di costruzione non è
dovuto per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche
o di interesse generale realizzate dagli enti
istituzionalmente competenti nonché per le opere di
urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di
strumenti urbanistici.
La prima parte della norma per consentire l’esonero dal
contributo di costruzione richiede la contemporanea presenza
di due requisiti: uno oggettivo attinente alla realizzazione
di opere pubbliche o di interesse generale ed uno soggettivo
poiché le opere devono essere realizzate da enti
istituzionalmente competenti.
Il Consiglio di Stato, con sentenza del 10/05/2005 n. 2226,
ha evidenziato che il fine dell'applicazione della norma,
fondata dunque sul presupposto oggettivo della natura delle
opere e su quello soggettivo della qualità dell'ente
realizzatore, è chiaramente quello di assicurare una
ricaduta del beneficio dello sgravio a vantaggio della
collettività, nel senso che la gratuità della concessione si
traduce in un abbattimento dei costi, a cui corrisponde, in
definitiva, un minore aggravio di oneri per il contribuente.
Le opere per cui può ipotizzarsi lo sgravio dagli oneri
concessori devono, dunque, rivelare innanzitutto un
carattere direttamente satisfattivo dell'interesse della
collettività, di per se stesse -poiché destinate ad uso
pubblico o collettivo- o in quanto strumentali rispetto ad
opere del genere anzidetto, o comunque perché immediatamente
collegate con le funzioni di pubblico servizio espletate
dall'ente.
Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, il
requisito c.d. soggettivo necessario per accordare
l'esenzione dal contributo sussiste non solo nel caso in cui
l'opera sia realizzata direttamente da un ente pubblico
nell'esercizio delle proprie competenze istituzionali, ma
anche nel caso in cui l'opus venga realizzato da un soggetto
privato, purché per conto di un ente pubblico come nel caso
della concessione di opera pubblica o in altre analoghe
figure organizzatorie in cui l'opera sia realizzata da
soggetti che non agiscano per scopo di lucro, o che
accompagnino tale lucro ad un legame istituzionale con
l'azione dell'Amministrazione volta alla cura di interessi
pubblici (Cons. Stato 09/09/2008 n. 4296, 12/07/2005 n.
3744).
Nella nozione di ente istituzionalmente competente alla
realizzazione di un’opera pubblica o di interesse generale
devono ritenersi comprese anche le fondazioni che intendono
costruire istituti di cura o di ricerca sanitaria (Cons.
Stato 06/12/2007 n. 6237).
La Sezione Regionale di Controllo per la Lombardia, con
parere
09.10.2009 n. 783, accogliendo
un’interpretazione evolutiva e teleologicamente orientata
del concetto di “ente istituzionalmente competente” previsto
all'art. 17 del D.P.R. n. 380/2001 (anche al di là delle
figure dei concessionari), ha ritenuto che la realizzazione
di opere di riqualificazione di una casa di riposo esistente
sul territorio comunale gestita da una fondazione onlus
rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 17, comma 3,
lett. c), del D.P.R. n. 380/2001.
Peraltro, con la gratuità si è inteso incentivare solo la
dotazione di quelle infrastrutture che danno ordinata e
coerente attuazione alle previsioni urbanistiche
espressamente previste dall'Autorità comunale; l'esenzione
dal contributo concessorio sussiste anche in presenza di
opere classificabili di urbanizzazione e realizzate anche da
privati, ma a condizione che ciò sia avvenuto in attuazione
di quanto previsto dallo strumento urbanistico (Cons. Stato
12/05/2011 n. 2870).
Pertanto, il Comune per poter addivenire all’esonero dal
contributo di costruzione deve verificare, secondo i
parametri forniti dalla giurisprudenza, la sussistenza di
entrambi i requisiti soggettivo ed oggettivo indicati dalla
norma considerando sia le finalità di interesse generale
perseguite con la realizzazione di una chiesa e delle
eventuali pertinenze sia la natura degli enti esecutori
delle predette opere (parrocchia o enti ecclesiastici)
(Corte dei Conti, Sez. controllo Puglia,
parere 16.01.2012 n. 3). |
anno 2011 |
|
EDILIZIA PRIVATA: 1. Contributo per
oneri di urbanizzazione e costo di
costruzione - Art. 133, comma 1, lett. f),
D. Lgs. n. 104/2010 - Giurisdizione del G.A.
- Sussiste.
2. Contributo per
oneri di urbanizzazione e costo di
costruzione - Opere pubbliche - Art. 17,
comma 3, lett. c), D.P.R. n. 380/2001 -
Esonero - Legame tra soggetti realizzatori e
finalità pubbliche - Deve sussistere ab
initio.
3. Contributo per
oneri di urbanizzazione e costo di
costruzione - Opere pubbliche - Art. 19,
D.P.R. n. 380/2001 - Determinazione del
contributo - Qualificabilità della
destinazione a sede universitaria come
industriale - Non sussiste.
1. Le controversie sull'an e/o sul quantum
del contributo per oneri di urbanizzazione e
costo di costruzione, vertendo
sull'accertamento della consistenza delle
rispettive posizioni di credito (di natura,
quindi, paritetica), sono riconducibili alla
giurisdizione esclusiva del Giudice
amministrativo come oggi descritta dall'art.
133, comma 1, lett. f), D.Lgs. n. 104/2010.
2. Ai fini dell'esonero dal pagamento del
contributo di costruzione previsto dall'art.
17, comma 3, lett. c), T.U. dell'edilizia,
in relazione agli impianti, attrezzature ed
opere pubbliche o di interesse generale
realizzate "dagli Enti istituzionalmente
competenti" (in modo da assicurare che il
vantaggio dell'esenzione sia riversato a
favore della collettività), non è possibile
recuperare ex post il legame tra soggetti
realizzatori e finalità pubbliche, che deve
contraddistinguere l'intervento edilizio ab
initio.
3. Ai fini della determinazione del
contributo di costruzione per opere o
impianti non destinati alla residenza ex
art. 19, D.P.R. n. 380/2001, la destinazione
a sede universitaria non può essere
catalogata come destinazione industriale ai
sensi del comma 1 di detta norma, atteso che
tale disposizione coniuga l'attività
industriale volta alla prestazione di
servizi a quella volta alla trasformazione
di beni, impedendo una lettura della prima
avulsa dalla seconda, onde in presenza di
costruzioni o impianti destinati allo
svolgimento di servizi, soccorre la
previsione del comma 2
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 06.10.2011 n.
2376 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Lo speciale regime di gratuità
della concessione edilizia richiede il
concorso di due requisiti, l'uno di
carattere soggettivo e l'altro di carattere
oggettivo:
1. il primo consiste nell'esecuzione delle
opere da parte di enti "istituzionalmente
competenti", vale a dire da parte di
soggetti ai quali la realizzazione
dell'opera sia demandata in via
istituzionale;
2. il secondo, dall'ascrivibilità del
manufatto oggetto di concessione edilizia
alla categoria delle opere pubbliche o di
interesse generale.
Limitatamente al requisito sub 2) si è
rilevato che, ferma la preliminare
interpretazione in merito all'espressione
“opere pubbliche o di interesse generale”
sostanzialmente ed inequivocabilmente
riconducibile al concetto di “opera
pubblica”, quest’ultima deve essere
realizzata, quindi, o da un soggetto
pubblico o da un soggetto privato, purché
per conto di un ente pubblico, come nella
figura della concessione di opere pubbliche
o in analoghe figure organizzatorie.
Le disposizioni in commento, contenendo
ipotesi di deroghe alla legge generale,
debbono ritenersi di stretta interpretazione
e, quindi, non estensibili quanto a portata
applicativa ad ipotesi simili in assenza di
espresso riferimento normativo. D’altronde
la ratio legis sottesa alla previsione di un
contributo da corrispondere per la
realizzazione di opere che trasformino il
territorio ha portata applicativa talmente
generale che immaginare ipotesi di esenzione
ad ampio spettro non avrebbe alcuna logica e
manifesterebbe, anzi, un approccio
contraddittorio del legislatore in relazione
agli oneri che la collettività, in
dipendenza di esse, è chiamata a sopportare.
---------------
Al titolo abilitativo a costruire relativo
ad un immobile destinato a casa di cura
privata spetta la parziale esenzione dal
contributo urbanistico, prevista
legislativamente fin dall'articolo 10 della
legge 28.01.1977 n. 10 per le concessioni
relative a costruzioni o impianti destinati
ad attività industriali o artigianali
dirette alla trasformazione di beni ed alla
prestazione di servizi, dal momento che
l'attività imprenditoriale diretta alla
prestazione di servizi sanitari è a pieno
titolo un'attività industriale, giusta la
definizione di "attività industriale" che si
ricava dall'art. 2195 cod. civ..
È corretto, quindi, affermare che l'attività
sanitaria, se svolta da soggetto non
istituzionalmente competente, presenta i
caratteri oggettivi dell'industrialità (pur
non perseguendo, soggettivamente, una
finalità di lucro in senso stretto) e,
pertanto, deve essere assoggettata al
relativo trattamento, più favorevole.
E’ condivisa dal Collegio l’interpretazione
che sul punto è stata offerta in
giurisprudenza in coincidenza con ipotesi
analoghe a quella oggetto del presente
giudizio. Sul punto si è, infatti, detto che
lo speciale regime di gratuità della
concessione edilizia richiede il concorso di
due requisiti, l'uno di carattere soggettivo
e l'altro di carattere oggettivo:
1. il primo consiste nell'esecuzione delle
opere da parte di enti "istituzionalmente
competenti", vale a dire da parte di
soggetti ai quali la realizzazione
dell'opera sia demandata in via
istituzionale;
2. il secondo, dall'ascrivibilità del
manufatto oggetto di concessione edilizia
alla categoria delle opere pubbliche o di
interesse generale.
Limitandoci al requisito sub 2) si è
rilevato che, ferma la preliminare
interpretazione in merito all'espressione “opere
pubbliche o di interesse generale”
sostanzialmente ed inequivocabilmente
riconducibile al concetto di “opera
pubblica”, quest’ultima deve essere
realizzata, quindi, o da un soggetto
pubblico o da un soggetto privato, purché
per conto di un ente pubblico, come nella
figura della concessione di opere pubbliche
o in analoghe figure organizzatorie (cfr.
Cons. Stato, Sez. V, 12.07.2005 n. 3774 ed i
precedenti giurisprudenziali dello stesso
tenore ivi richiamati, cioè Cons. Stato,
Sez. V, 02.12.2002 n. 6618; 10.07.2000 n.
3860; 06.12.1999 n. 2061; 10.05.1999 n. 536;
04.05.1998 n. 492; 29.09.1997 n. 1067;
07.09.1995 n. 1280; 10.12.1990 n. 857).
E’ altresì condivisibile l’ulteriore
affermazione svolta dalla decisione del
Consiglio di Stato suindicata (Sez. V, n.
3774 del 2005) in virtù della quale le
disposizioni in commento, contenendo ipotesi
di deroghe alla legge generale, debbono
ritenersi di stretta interpretazione e,
quindi, non estensibili quanto a portata
applicativa ad ipotesi simili in assenza di
espresso riferimento normativo. D’altronde
la ratio legis sottesa alla
previsione di un contributo da corrispondere
per la realizzazione di opere che
trasformino il territorio ha portata
applicativa talmente generale che immaginare
ipotesi di esenzione ad ampio spettro non
avrebbe alcuna logica e manifesterebbe,
anzi, un approccio contraddittorio del
legislatore in relazione agli oneri che la
collettività, in dipendenza di esse, è
chiamata a sopportare.
Conseguentemente, atteso che le opere in
questione (ndr: costruzione di una struttura
socio-sanitaria) non sono state realizzate
da un soggetto pubblico o da un soggetto
privato destinatario di una concessione di
opera pubblica o di analoga figura
organizzatoria, l’ipotesi di esenzione dal
contributo invocata non può trovare
applicazione nel caso qui in esame.
Peraltro la normativa vigente stabilisce in
proposito che il contributo è corrisposto in
misura ridotta per la realizzazione di
interventi relativi a costruzioni o impianti
destinati ad attività industriali o
artigianali dirette alla trasformazione di
beni ed alla presentazione di servizi.
Sul punto, in giurisprudenza, si è chiarito
che al titolo abilitativo a costruire
relativo ad un immobile destinato a casa di
cura privata spetta la parziale esenzione
dal contributo urbanistico, prevista
legislativamente fin dall'articolo 10 della
legge 28.01.1977 n. 10 per le concessioni
relative a costruzioni o impianti destinati
ad attività industriali o artigianali
dirette alla trasformazione di beni ed alla
prestazione di servizi, dal momento che
l'attività imprenditoriale diretta alla
prestazione di servizi sanitari è a pieno
titolo un'attività industriale, giusta la
definizione di "attività industriale"
che si ricava dall'art. 2195 cod. civ.
(cfr., per tutte, Cons. Stato, Sez. V,
16.01.1992 n. 46).
È corretto, quindi, affermare che l'attività
sanitaria, se svolta da soggetto non
istituzionalmente competente, presenta i
caratteri oggettivi dell'industrialità (pur
non perseguendo, soggettivamente, una
finalità di lucro in senso stretto) e,
pertanto, deve essere assoggettata al
relativo trattamento, più favorevole (cfr.,
sul punto TAR Abruzzo, L’Aquila, 24.05.2006
n. 383).
Conseguentemente nel caso di specie, mentre
non è dovuta l'esenzione totale,
correttamente il commissario ad acta
ha ridotto il contributo con la citata
delibera n. 2/2009, sussumendo la
fattispecie nella ipotesi di costruzione a
carattere industriale, sì che appare immune
dai dedotti vizi il riferimento ai parametri
previsti per le zone G (cfr. TAR Firenze
sent. n. 466/2008)
(TAR Campania-Napoli, Sez. II,
sentenza 09.09.2011 n. 4356 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
La realizzazione della sede di un
sindacato dei lavoratori non è esente dal
versamento del contributo di costruzione (oo.uu.
+ costo di costruzione).
La sede sindacale palesemente non è
riconducibile ad alcuno degli interventi
elencati dall’art. 16, commi VII e VII-bis (urbanizzazione
primaria: “strade residenziali, spazi di
sosta o di parcheggio, fognature, rete
idrica, rete di distribuzione dell'energia
elettrica e del gas, pubblica illuminazione,
spazi di verde attrezzato… cavedi
multiservizi e i cavidotti per il passaggio
di reti di telecomunicazioni") e VIII (urbanizzazione
secondaria: “asili nido e scuole
materne, scuole dell'obbligo nonché
strutture e complessi per l'istruzione
superiore all'obbligo, mercati di quartiere,
delegazioni comunali, chiese e altri edifici
religiosi, impianti sportivi di quartiere,
aree verdi di quartiere, centri sociali e
attrezzature culturali e sanitarie”).
Procedendo da alcune considerazioni
generali, è da osservare come l'art. 17, III
comma, lett. c), dpr 380/2001, disponga che
il contributo di costruzione non è dovuto “per
gli impianti, le attrezzature, le opere
pubbliche o di interesse generale realizzate
dagli enti istituzionalmente competenti
nonché per le opere di urbanizzazione,
eseguite anche da privati, in attuazione di
strumenti urbanistici”; la norma
riproduce il previgente art. 9, lett. f),
della l. 28.01.1977 n. 10, cui, nelle
successive citazioni giurisprudenziali, si
farà parimenti riferimento.
Anzitutto, è indubbio che la disposizione
deve ritenersi di stretta interpretazione,
in quanto introduce ipotesi di deroga alla
previsione generale, di cui all’art. 16, I
comma, del d.lgs. 380/2001, la quale
assoggetta a contributo tutte le opere che
comportino trasformazione del territorio.
È poi evidente che lo speciale regime di
gratuità richiede il concorso di due
requisiti, l'uno di carattere
soggettivo e l'altro di carattere
oggettivo (così, da ultimo, C.d.S. IV,
02.03.2011, n. 1332).
Il primo di questi,
per vero, consiste nell'esecuzione delle
opere da parte di enti istituzionalmente
competenti, vale a dire “da parte di
soggetti ai quali la realizzazione
dell'opera sia demandata in via
istituzionale” (così, in motivazione,
C.d.S., V, 12.07.2005, n. 3774).
Secondo un orientamento particolarmente
rigoroso l’opera, per conseguire il
beneficio, deve allora essere
necessariamente realizzata “da un ente
pubblico, non competendo la stessa ad opere
eseguite da soggetti privati, quale che sia
la rilevanza sociale dell'attività dagli
stessi esercitata nella o con l'opera
edilizia alla quale la concessione si
riferisce” (C.d.S.. V, 15.12.2005, n.
7140).
In ogni caso, ammettendo possa trattarsi
anche di un privato, questo deve operare “per
conto di un ente pubblico (come nella figura
della concessione di opera pubblica o in
altre analoghe figure organizzatorie ove
l'opera sia realizzata da soggetti che non
agiscano per scopo di lucro o che
accompagnino tale lucro ad un legame
istituzionale con l'azione
dell'amministrazione per la cura degli
interessi della collettività)” (così
C.d.S., IV, 10.05.2005, n. 2226).
Il secondo requisito,
come detto, è rappresentato dalla
riconduzione del manufatto alla categoria
delle opere pubbliche o di interesse
generale.
Orbene, nonostante parte ricorrente offra
sul punto una ponderosa ricostruzione, è
anzitutto da escludere che la C.I.S.L. sia
qualificabile come un “ente
istituzionalmente competente”,
Invero, non v’è dubbio che la ricorrente
rientri tra le organizzazioni sindacali
maggiormente rappresentative, ma non per
questo cessa di essere un’associazione
privata non riconosciuta che, appunto,
rappresenta e tutela, anche nelle sedi
istituzionali, gli interessi categoriali dei
lavoratori ad essa iscritti, senza per
questo acquistare uno status ed una
qualifica che presupporrebbe l’attuazione,
mai operata, dell’art. 39 della Costituzione
(ex multis, Cass. lav., 06.07.2000,
n. 9043: “Le organizzazioni sindacali dei
lavoratori e quelle dei datori di lavoro
sono tradizionalmente inquadrate tra le
associazioni non riconosciute, in
considerazione della loro natura di gruppi
-di lavoratori o datori di lavoro-
organizzati in modo stabile e provvisti di
strumenti finanziari e organizzativi
adeguati per lo svolgimento di una attività
comune di autotutela” ed “in assenza
di una legislazione di attuazione dell'art.
39, parte II, cost. per la relativa
disciplina occorre far riferimento alla
normativa dettata dagli art. 36, 37 e 38
c.c.”).
La sede dell’associazione sindacale, a sua
volta, non può essere qualificata come
un’opera pubblica, o d’interesse generale,
ma soltanto come un bene strumentale,
mediante il quale l’associazione persegue i
propri compiti statutari.
Ciò non esclude che all’interno di tale
edificio possano svolgersi attività che
realizzano scopi di utilità collettiva, ma
ciò si realizza per la destinazione
concretamente impressa sull’edificio –o
parte di esso- dal suo proprietario, e non
in relazione alle caratteristiche
intrinseche dell’opera, che la destinano
direttamente alla fruizione collettiva, come
per una strada o un edificio pubblico.
Infine, va altresì escluso che una sede
sindacale possa costituire un’opera di
urbanizzazione eseguita da privato in
attuazione di strumenti urbanistici, come
pure la ricorrente in subordine sostiene.
È bensì vero che il Comune di Vicenza ha
variato la destinazione dell’area,
consentendone l’attuale destinazione, ma ciò
non basta ad assimilare l’edificio costì
realizzato ad un’opera d’urbanizzazione,
primaria o secondaria.
Invero, la sede sindacale palesemente non è
riconducibile ad alcuno degli interventi
elencati dall’art. 16, commi VII e VII-bis
(urbanizzazione primaria: “strade
residenziali, spazi di sosta o di
parcheggio, fognature, rete idrica, rete di
distribuzione dell'energia elettrica e del
gas, pubblica illuminazione, spazi di verde
attrezzato… cavedi multiservizi e i
cavidotti per il passaggio di reti di
telecomunicazioni") e VIII
(urbanizzazione secondaria: “asili nido e
scuole materne, scuole dell'obbligo nonché
strutture e complessi per l'istruzione
superiore all'obbligo, mercati di quartiere,
delegazioni comunali, chiese e altri edifici
religiosi, impianti sportivi di quartiere,
aree verdi di quartiere, centri sociali e
attrezzature culturali e sanitarie”).
D’altra parte, lo strumento generale
comunale non ha qualificato l’intervento
de quo come opera d’urbanizzazione
(cfr., per tale ipotesi, C.d.S.. V,
7140/2005 cit.), mentre la convenzione
30.03.2007 si riferisce genericamente ad “attrezzature
d’interesse collettivo”, oltre a
prevedere, giova nuovamente ricordarlo, che
il sindacato è tenuto alla corresponsione
degli “oneri dovuti relativamente
all’intervento”
(TAR Veneto, Sez. II,
sentenza 16.06.2011 n. 1047 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Non
spetta la gratuità del contributo di
costruzione, per la costruzione di una
caserma dei carabinieri, alla società
(richiedente il permesso di costruire) che è
un soggetto privato che opera a fini di
lucro e non ha alcun rapporto o collegamento
di tipo pubblicistico con la Pubblica
Amministrazione.
... per l'accertamento del diritto della
ricorrente ad essere esonerata, nei
confronti della del Comune di Vico del
Gargano, dal pagamento degli oneri di
urbanizzazione primaria e secondaria, nonché
del costo di costruzione, ai sensi dell’art.
17, co. 3, lett. c), del DPR 06.06.2001 n.
380, relativamente alle rilasciata
concessione edilizia n. 19/1999 e successive
varianti n.3421/2000 e 2033/2001, per la
costruzione di un immobile da adibire a
locale caserma dei Carabinieri;
...
Con il ricorso in esame la società
ricorrente impugna i provvedimenti di cui in
epigrafe e ne chiede l’annullamento, previo
accertamento del proprio diritto ad essere
esonerata dal pagamento del costo di
costruzione e degli oneri di urbanizzazione
primaria e secondaria per la costruzione di
una Caserma dei Carabinieri richiesti
dall’Amministrazione Comunale intimata.
Occorre premettere che, alla stregua
dell’accordo intervenuto tra il Ministero
dell’Interno e la ditta esecutrice/autofinanziatrice
(sig. Salcuni Damiano), con atto di impegno
depositato presso la Prefettura di Foggia il
02.02.1998, la ditta esecutrice si è
obbligata a realizzare l’opera di che
trattasi entro 18 mesi dalla data di
impegno, nonché a locare l’immobile per un
periodo di anni 6 (rinnovabili) al Ministero
dell’Interno, prevedendo un canone annuo di
€ 235.000,00 e la possibilità per
l’Amministrazione locataria di procedere
all’acquisto dello stesso.
...
Premessa in via generale l’onerosità (oneri
di urbanizzazione e contributo sul costo di
costruzione) del rilascio di permesso di
costruire ex art. 16 D.P.R. 380/2001, il
successivo articolo 17 contiene una
elencazione tassativa delle ipotesi in cui
il contributo di costruzione non è dovuto e,
in particolare, al comma 3, lett. c),
prevede l’esonero dal versamento del
contributo di costruzione “per gli
impianti, le attrezzature, le opere
pubbliche o di interesse generale realizzate
dagli enti istituzionalmente competenti,
nonché per le opere di urbanizzazione,
eseguite anche da privati, in attuazione di
strumenti urbanistici”.
Ciò premesso, appare quasi superfluo
sottolineare che la società ricorrente, non
potendo annoverarsi tra gli “enti
istituzionalmente competenti”, difetta
anzitutto del requisito soggettivo.
Non può condividersi in proposito l’assunto
di parte ricorrente, che –sovrapponendo la
prima e la seconda parte della norma citata–
tende a prospettare una perfetta equivalenza
degli enti istituzionalmente competenti con
i soggetti privati.
L’esonero previsto dalla seconda parte della
norma citata concerne invero i soggetti
privati ma solo in relazione alla
realizzazione di opere di urbanizzazione in
attuazioni di strumenti urbanistici.
Né miglior sorte può avere la tesi della
equiparazione cui parte ricorrente perviene
attraverso una esclusiva attenzione
all’elemento oggettivo consistente nella
realizzazione di opere pubbliche o di
interesse generale.
Ed invero, anche a prescindere dalla
considerazione che siffatto argomentare
porterebbe –in contrasto con il chiaro
tenore della norma– ad un azzeramento del
requisito soggettivo, deve altresì rilevarsi
che la norma citata –proprio per la sua
natura di norma eccezionale rispetto alla
regola della onerosità del titolo– deve
essere riguardata in termini restrittivi,
non ponendosi neanche in tal caso un
problema di interpretazione, attesa la
chiarezza e univocità del dato testuale
della norma (in claris non fit
interpretatio).
Peraltro la società ricorrente, che è un
soggetto privato che opera a fini di lucro,
non ha alcun rapporto o collegamento di tipo
pubblicistico con la Pubblica
Amministrazione, a differenza di quanto si
verifica con riferimento ai concessionari di
opera pubblica (C.d.S. Sez. V 12.07.2005 n.
3774; Sez. V 18.09.2003 n. 5315)
(TAR Puglia-Bari, Sez. III,
sentenza 11.06.2010 n. 2420 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Sono riconducibili al novero delle
urbanizzazioni secondarie le strutture
sanitarie private. L'ampliamento di una
clinica privata non soggiace al pagamento
del contributo di costruzione.
L’ipotesi di esonero
considerata nella seconda parte dell’art.
17, co 3, lett. c), D.P.R. 380/2001 è
testualmente riferita ad opere di
urbanizzazione eseguite anche da privati,
coerentemente con l’intento di agevolare la
realizzazione di opere di urbanizzazione e
di evitare un illogico addebito al privato
realizzatore di queste di contributi per
opere di urbanizzazione che, in parte, egli
stesso contribuisce a creare.
Il concretarsi dell’ipotesi di esenzione dal
contributo concessorio ex art. 17, comma 3,
lett. c), del D.P.R. n. 380 del 2001, ora
considerata, si riscontra in presenza di
opere classificabili come di urbanizzazione,
purché esse siano realizzate, anche da
privati, “in attuazione di strumenti
urbanistici”. Rileva, dunque, ed è
sufficiente, non ponendo la norma altre
condizioni, che l’opera attui, ossia ponga
in essere, quanto previsto dallo strumento,
realizzando la configurazione di opere di
urbanizzazione in esso contemplata.
Nella specie può considerarsi pacifico che
il PRG prevedesse una destinazione a servizi
e attrezzature di proprietà pubblica o
privata ma di uso pubblico, nell’accezione
specifica di “servizi ospedalieri e
sanitari” (Sh), stabilendo i
corrispondenti indici, all’interno dei quali
l’ampliamento realizzato si colloca.
Risulta, quindi, riduttivo parlare di sola
conformità urbanistica dell’opera, atteso
che essa comporta, oltre che, ovviamente,
una trasformazione rispondente agli
intendimenti della proprietà, anche, al
contempo, la traduzione in opera di quanto
previsto dallo strumento urbanistico in
punto destinazione a strutture di
urbanizzazione secondaria e relativo
dimensionamento.
Sulla riconducibilità al novero delle
urbanizzazioni secondarie delle strutture
sanitarie private si concorda con la
sentenza; del resto l’ipotesi di esonero
considerata nella seconda parte dell’art.
17, co. 3, lett. c), D.P.R. cit. è
testualmente riferita ad opere di
urbanizzazione eseguite anche da privati,
coerentemente con l’intento di agevolare la
realizzazione di opere di urbanizzazione e
di evitare un illogico addebito al privato
realizzatore di queste di contributi per
opere di urbanizzazione che, in parte, egli
stesso contribuisce a creare.
Argomenti in contrario non si rinvengono
nelle difese dell’amministrazione appellata,
che si limita, sul punto, ad osservare che
la conformità tra quanto edificato e le
previsioni urbanistiche comporta la
legittimità dell’intervento edilizio ma non
rende qualificabili le attrezzature come
opere pubbliche.
Non può, infine, considerarsi determinante
la circostanza che non si tratti nella
specie della costruzione di una nuova
clinica ma della realizzazione di un
ampliamento, medesima essendo la funzione
ospedaliera.
Spettano, quindi, per la realizzazione della
c.d. nuova piastra l’esenzione dal
contributo e la restituzione del contributo
già corrisposto
Quanto detto circa l’ampliamento ha
influenza anche in relazione all’ulteriore
aspetto della debenza di contributi relativi
alle opere realizzate nella parte
preesistente della struttura, che va
esclusa.
Non viene contestato che si tratti di opere
meramente interne, ossia che il preesistente
edifico permanga, nello stato modificato di
cui alle tre DIA, inalterato quanto a
superficie, sagoma, prospetti, destinazione
sanitaria, ma si sottolinea nelle difese del
Comune ed è stato considerato dai primi
giudici che dai progetti oggetto delle
denunce di inizio attività risulta che tali
opere sono il necessario completamento alle
trasformazioni che hanno ridisegnato il
complesso delle cliniche attraverso la
realizzazione della nuova piastra; le opere,
configuranti un insieme unitario, devono,
quindi, secondo la sentenza, essere
considerate congiuntamente per qualificare
la tipologia dell’intervento, ai fini della
valutazione della sua incidenza territoriale
e del relativo regime contributivo.
La considerazione unitaria dei lavori che,
come puntualizza la sentenza, sono stati
realizzati “per stralci, con diversi
titoli abilitativi richiesti a brevi
intervalli di tempo (il permesso di
costruire è della fine del 2001, mentre le
tre denunce di inizio attività sono del 2002
e del 2003)”, non può, peraltro,
contrariamente all’avviso del TAR, condurre
a ritenere dovuti i contributi per le opere
di cui alle DIA.
Il maggior carico urbanistico è indotto
dall’ampliamento che ha consentito di
introdurre nuove funzioni, tra cui il pronto
soccorso, ed a questo va ricondotto,
rimanendo indifferente la distribuzione
interna delle varie funzioni tra il
preesistente edifico e la nuova “piastra”,
ossia la traslazione nel nuovo edificio di
funzioni prima esercitate nelle preesistenti
volumetrie, rifunzionalizzate per accogliere
le nuove funzioni sanitarie, trattandosi di
aspetto che attiene alla organizzazione dei
lavori edili e della attività sanitaria, ma
rimane indifferente sul piano urbanistico,
essendo, sì, il carico complessivo aumentato
ma, appunto, in dipendenza dell’aumento
volumetrico generato dall’ampliamento.
Se, quindi, l’ampliamento, che determina il
maggior carico urbanistico, non è soggetto,
come detto in precedenza, a contributo, non
può sostenersi che esso vada applicato alle
opere interne nello stabile preesistente,
senza incorrere in una duplicazione che non
ha ragion d’essere; né può ipotizzarsi che
il maggior carico urbanistico derivante
dalle nuove funzioni sanitarie non comporti
contributo ove esse siano allocate nella
nuova piastra di ampliamento e lo imponga,
invece, ove quelle stesse funzioni siano
collocate nella parte preesistente del
complesso, poiché la soluzione allocativa
prescelta è neutra sotto il profilo
urbanistico
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 12.05.2011 n. 2870 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Oneri di urbanizzazione.
Esenzione ex art. 9, lett. f), della legge
n. 10 del 1977 per gli edifici destinati al
soddisfacimento di interessi pubblici.
Applicabilità nel caso di opera destinata a
fini di culto che deve essere realizzata da
un ente religioso.
Ai fini dell'applicabilità della esenzione
dal pagamento del contributo concessorio
prevista dall'art. 9, lettera f), della
legge n. 10 del 1977, sono necessari i due
seguenti presupposti:
a) che si tratti dell'esecuzione di opere
destinate al soddisfacimento di interessi
pubblici da cui la collettività possa trarre
una utilità;
b) che l'esecuzione dell'opera sia compiuta
da un ente istituzionalmente competente;
tali presupposti garantiscono il
perseguimento di interessi di ordine
generale e giustificano la concessione di un
beneficio economico che, non contribuendo
alla formazione di un utile di impresa, si
riverbera a vantaggio di tutta la
collettività che fruisce dell’opera una
volta compiuta (Cfr. Cons. Stato, Sez. V,
11.01.2006, n. 51).
E’ illegittimo il provvedimento di diniego
di restituzione del contributo versato per
il rilascio di una concessione edilizia per
la realizzazione di un edificio da destinare
al culto od attività similari (nella specie,
si trattava di un "centro sociale della
spiritualità", annesso ad una oasi
francescana); in tal caso, infatti, deve
essere applicata la esenzione prevista
dall’art. 9, lett. f), della legge n. 10 del
1977, per la realizzazione di opere di
interesse generale, tali dovendosi
considerare tutti gli edifici direttamente
destinati alla fruizione della collettività
dei fedeli indipendentemente da ogni
denominazione (V. in termini Cons. Stato,
Sez. I, n. 62751/2001).
-------------
(v. tuttavia in senso diverso, TAR
Marche, Sez. I, sentenza 08.07.2003 n. 899,
riguardante una fattispecie di mutamento di
destinazione d’uso di un immobile da
magazzino a sede di una Congregazione
Cristiana dei Testimoni di Geova)
(massima tratta da www.regione.piemonte.it -
TAR Puglia-Bari, Sez. II,
sentenza 10.03.2011 n. 407 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: In
tema di esenzione dagli oneri contributivi
relativi alla concessione edilizia, l’art.
9, comma 1, lettera f), della legge n.
10/1977 richiede due requisiti che devono
entrambi concorrere per fondare lo speciale
regime di gratuità della concessione: l’uno
di tipo soggettivo, per effetto del quale le
opere devono essere eseguite da un ente
istituzionalmente competente, e l’altro di
carattere oggettivo, per effetto del quale
la costruzione deve riguardare opere
pubbliche o di interesse generale.
Questa Sezione
non può qui non ribadire i principi peraltro
costantemente affermati dal questo Consesso
(cfr. Sez. V 20.10.2004 n. 6818; Sez. VI
05.06.2007 n. 2981) e cioè che in tema di
esenzione dagli oneri contributivi relativi
alla concessione edilizia, l’art. 9, comma
1, lettera f), della legge n. 10/1977
richiede due requisiti che devono entrambi
concorrere per fondare lo speciale regime
di gratuità della concessione: l’uno di
tipo soggettivo, per effetto del quale le
opere devono essere eseguite da un ente
istituzionalmente competente e l’altro di
carattere oggettivo per effetto del quale la
costruzione deve riguardare opere pubbliche
o di interesse generale.
Ebbene, nella fattispecie difettano entrambe
tali condiciones iuris dal momento
che la Soc. ... non riveste certo lo status
di un soggetto avente natura pubblicistica
(trattasi di un società di diritto
commerciale) ed inoltre l’intervento
realizzato non costituisce espletamento di
un’attività istituzionale o di interesse
pubblico, essendo le opere edilizie in
questione (un complesso
turistico–alberghiero) palesemente
finalizzate ad assecondare le finalità di
lucro proprie di un soggetto di diritto
privato
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 02.03.2011 n. 1332 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Esonero,
o meno, dal contributo di costruzione e di
scomputo degli oneri di urbanizzazione
secondaria per una residenza sanitaria per
anziani e inabili.
Il caso in esame non rientra nell’ambito di
applicazione della prima fattispecie
prevista dall’art. 17, comma 3, lett. c) del
D.P.R. n. 380/2001 (“gli impianti, le
attrezzature, le opere pubbliche o di
interesse generale realizzate dagli enti
istituzionalmente competenti”), e, quindi,
la progettata residenza sanitaria per
anziani e inabili non può beneficiare
dell’esonero dal contributo di costruzione e
dello scomputo degli oneri di urbanizzazione
secondaria previsti dalla legge.
L’art. 17, comma 3, lett. c), del D.P.R. n.
380/2001 dispone che “il contributo di
costruzione non è dovuto per gli impianti,
le attrezzature, le opere pubbliche o di
interesse generale realizzate dagli enti
istituzionalmente competenti nonché per le
opere di urbanizzazione, eseguite anche da
privati, in attuazione di strumenti
urbanistici”.
Vengono, cioè, previste due fattispecie
riguardanti rispettivamente: 1) “gli
impianti, le attrezzature, le opere
pubbliche o di interesse generale realizzate
dagli enti istituzionalmente competenti”;
2) “le opere di urbanizzazione, eseguite
anche da privati, in attuazione di strumenti
urbanistici”.
Con riferimento alla prima ipotesi, la norma
enuncia due requisiti che devono entrambi
concorrere per fondare lo speciale regime di
esonero dal contributo di costruzione, l’uno
di carattere oggettivo e l’altro di
carattere soggettivo. Per effetto del primo,
la costruzione deve riguardare “opere
pubbliche o d’interesse generale”. Per
effetto del secondo, le opere devono essere
eseguite da “un ente istituzionalmente
competente”.
In particolare, il primo requisito è stato
esplicitato nel senso che deve trattarsi di
opere che, quantunque non destinate
direttamente a scopi propri della P.A.,
siano comunque idonee a soddisfare i bisogni
della collettività, di per se stesse –poiché
destinate ad uso pubblico o collettivo– o in
quanto strumentali rispetto ad opere
pubbliche o comunque perché immediatamente
collegate con le funzioni di pubblico
servizio espletate dall’ente (cfr. in tal
senso ex plurimis: C.d.S., sez. IV,
10.05.2005, n. 2226; C.d.S., sez. V,
06.05.2003 n. 5315; C.d.S., sez. V,
25.06.2002, n. 6618).
Con riferimento all’altro requisito
(soggettivo), la giurisprudenza
amministrativa ha più volte chiarito che la
dizione deve riferirsi, oltre che agli enti
pubblici in senso proprio, anche ai soggetti
che agiscono per conto di enti pubblici,
ricomprendendo, pertanto, “i
concessionari di opere pubbliche o analoghe
figure organizzatorie, caratterizzate da un
vincolo tra il soggetto abilitato ad operare
nell’interesse pubblico ed il materiale
esecutore della costruzione, in modo tale
che l’attività edilizia sia compiuta da un
soggetto che curi istituzionalmente la
realizzazione di opere d’interesse generale
per il perseguimento delle specifiche
finalità cui le opere stesse sono destinate”
(in tal senso cfr. fra tutte C.d.S. , sez.
VI, 09.09.2008, n. 4296; sez. V, 11.01.2006,
n. 51; sez. IV, 10.05.2005, n. 2226).
La ratio della norma contenuta
nell’art. 17 del D.P.R. n. 380/2001 è
duplice. Da un lato, è sicuramente quella
d’incentivare l’esecuzione di opere da cui
la collettività possa trarre utilità.
Dall’altro lato, è anche quella di
assicurare una ricaduta dello sgravio a
vantaggio della collettività, posto che
l’esonero dal contributo si traduce in un
abbattimento dei costi, cui corrisponde, in
definitiva, un minore aggravio di oneri per
il contribuente.
In altri termini, l'imposizione del
contributo di costruzione ai soggetti che
agiscono nell'istituzionale attuazione del
pubblico interesse sarebbe altrimenti
intimamente contraddittoria, poiché verrebbe
a gravare, sia pure indirettamente, sulla
stessa comunità che dovrebbe avvantaggiarsi
del pagamento di esso.
Sotto tale profilo la giurisprudenza
amministrativa ha generalmente accolto
un’interpretazione che ricomprende,
nell’ambito di applicabilità della norma,
oltre agli enti pubblici in senso proprio,
anche “quelle figure soggettive che non
agiscono per esclusivo scopo lucrativo
ovvero che accompagnano al lucro un
collegamento giuridicamente rilevante con
l'amministrazione, sì da rafforzare il
legame istituzionale con l'azione del
soggetto pubblico per la cura degli
interessi della collettività” (si vedano
ex plurimis: C.d.S., sez. V,
20.10.2004, n. 6818; C.d.S., sez. IV,
12.07.2005, n. 3744).
Con riguardo alla seconda fattispecie
prevista dall’art. 17, comma 3, lett. c),
del D.P.R. n. 380/2001, secondo cui
l’esonero dal contributo di costruzione
opera anche nei riguardi di "opere di
urbanizzazione eseguite in attuazione di
strumenti urbanistici", secondo una
consolidata giurisprudenza amministrativa
non è assolutamente sufficiente che l’opera
sia solamente conforme agli strumenti
urbanistici, ma essa deve essere
espressamente contemplata come tale nello
strumento urbanistico medesimo (in tal senso
C.d.S., sez. V, 10.05.1999, n. 536; C.d.S.,
sez. V, 21.01.1997, n. 69; C.d.S., sez. V,
01.06.1992, n. 489).
In sostanza, la disposizione beneficia solo
il privato che dia immediata esecuzione alla
previsione di piano relativa ad una
specifica opera di urbanizzazione. Solo in
questo caso, infatti, sarebbe
contraddittoria ed irragionevole la
richiesta al privato del pagamento di un
contributo commisurato anche alle "spese
di urbanizzazione", che di regola sono
sopportate dall'ente pubblico.
Venendo al quesito posto dal comune di
Ghisalba, si tratta di verificare se la
fattispecie riguardante la progettata casa
di ricovero per anziani e inabili possa
essere ricompresa nell’ambito di
applicazione di almeno una delle due ipotesi
di esonero da contributo di costruzione
previste dall’art. 17, comma 3, lett. c) del
D.P.R. n. 380/2001. In particolare, con
riferimento alla prima fattispecie delineata
dalla norma (impianti, attrezzature, opere
pubbliche o di interesse generale realizzate
dagli enti istituzionalmente competenti), va
verificata, come si è detto, la sussistenza
di entrambi i requisiti, oggettivo e
soggettivo, sopra illustrati.
Quanto al requisito oggettivo, non può
disconoscersi che l’opera di costruzione
della casa di ricovero per anziani e inabili
di riposo sia collegata senz’altro ad una
finalità di interesse pubblico generale,
stante la prevista convenzione con il comune
circa la riserva dei posti letto con retta
giornaliera a prezzo calmierato (21 posti
per euro 95 al giorno), e stante la
possibilità di ottenere l’accreditamento
regionale quanto a erogazione di servizi
socio-assistenziali.
Con riferimento al requisito soggettivo,
invece, appare opportuno effettuare
considerazioni più articolate. Si è detto
sopra dell’orientamento della giurisprudenza
amministrativa che, da un lato, ha
interpretato estensivamente la dizione “enti
istituzionalmente competenti”,
ricomprendendovi, oltre agli enti pubblici
in senso proprio, anche altre “figure
organizzatorie” che “curino
istituzionalmente la realizzazione di opere
d’interesse generale per il perseguimento
delle specifiche finalità cui le opere
stesse sono destinate”; dall’altro lato,
ha ricondotto tale espressione
prevalentemente alla figura del
concessionario. Ciò in ragione della
considerazione che gli elementi che
connotano l’instaurazione e lo svolgimento
del rapporto di concessione sono in grado di
garantire di per sé quell’immediato legame
istituzionale con l’azione
dell’amministrazione per la cura degli
interessi della collettività, che si ritiene
presupposto indefettibile per l’applicazione
dell’esonero contributivo.
In quest’ottica, è stata esclusa
l’applicabilità della norma in questione a
soggetti privati che esercitino un’attività
lucrativa di impresa indipendentemente dalla
rilevanza sociale dell’attività stessa (cfr.
C.d.S., sez. V, 21.01.1997, n. 69); nonché a
soggetti privati che, seppur non perseguenti
fini di lucro, realizzino opere destinate a
rimanere nella piena disponibilità del
privati esecutori in quanto non vincolate in
alcun modo al mantenimento della finalità
pubblica (cfr. C.d.S., sez. V, 11.01.2006,
n. 51).
Peraltro, questa Corte ritiene opportuno non
tralasciare la considerazione dell’attuale
sviluppo dell’ordinamento della Repubblica e
delle modalità di svolgimento dell’azione
amministrativa.
Infatti, da un lato, la riforma del Titolo V
della Costituzione, operata con la Legge
costituzionale 18.10.2001, n. 3, ha inserito
espressamente il principio di sussidiarietà,
cosiddetto “orizzontale”, nell’ambito
delle regole di organizzazione e di
esercizio delle funzioni pubbliche,
prevedendo all’art. 118, ultimo comma, che “Stato,
Regioni, Città metropolitane, Province e
Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei
cittadini, singoli e associati, per lo
svolgimento di attività di interesse
generale, sulla base del principio di
sussidiarietà”.
Dall’altro lato, anche a causa
dell'influenza del diritto comunitario, sono
sempre più frequenti le forme di
collaborazione tra soggetto pubblico e
soggetto privato, nonché i casi in cui al
soggetto privato sono affidati obiettivi di
interesse pubblico.
In sostanza si assiste al passaggio da una
configurazione della distribuzione del
potere pubblico essenzialmente in via
gerarchica ed in via autoritativa ad una
distribuzione per così dire “a rete”,
estesa anche ad altri soggetti
dell’ordinamento che non sono enti pubblici
in senso proprio, con la conseguenza che le
funzioni pubbliche non necessariamente
vengono esercitate mediante esplicazione di
poteri autoritativi, ben potendo svolgersi
attraverso forme e moduli procedimentali di
tipo privatistico.
In quest’ottica si rende opportuna, a parere
di questa Sezione, un’interpretazione
evolutiva e teleologicamente orientata del
concetto di “ente istituzionalmente
competente” previsto all'art. 17 del
D.P.R. n. 380/2001 (anche al di là delle
figure dei concessionari), nell’ambito del
quale è possibile ricomprendere anche il
caso di specie.
Tuttavia, dal contesto del parere appare
assai dubbia la persistenza del requisito
soggettivo secondo il quale la progettata
residenza per il ricovero di persone anziane
o inabili sia stabilmente partecipe della
funzione pubblica di assistenza
socio-sanitaria. Innanzitutto, perché la
stessa amministrazione comunale revoca in
dubbio gli accordi già intercorsi con la
società Palladio, preferendo alla residenza
sanitaria la realizzazione di una nuova
scuola dell’infanzia. In secondo luogo,
poiché non è specificato, ad eccezione della
riserva dei posti letto previsti a favore
dei cittadini ghisalbesi, che la struttura
sanitaria agisca per uno scopo non
lucrativo. Né, infine, appare scrutinabile
con quale assetto e forma giuridica verrà
gestita la struttura di assistenza, ovvero
se con essa s’intenda perseguire
esclusivamente finalità di solidarietà
sociale nel settore dell’assistenza
socio-sanitaria.
Poste le superiori osservazioni, non si può
attualmente riconoscere che la citata
struttura socio-assistenziale presenti un
collegamento giuridico stringente con
l’amministrazione comunale, né che sia già
programmato il necessario accreditamento
regionale che la assimilerebbe
sostanzialmente alle strutture pubbliche (in
quanto il rapporto di accreditamento integra
un rapporto di concessione di pubblico
servizio C.d.S., sez. V, 23.07.2009, n.
4595; TAR Calabria, Catanzaro, sez. I,
28.05.2008, n. 582).
Alla luce delle considerazioni sopra
esposte, deve ritenersi, a parere di questo
Collegio, che il caso in esame non rientri
nell’ambito di applicazione della prima
fattispecie prevista dall’art. 17, comma 3,
lett. c) del D.P.R. n. 380/2001 (“gli
impianti, le attrezzature, le opere
pubbliche o di interesse generale realizzate
dagli enti istituzionalmente competenti”),
e che, quindi, la progettata residenza
sanitaria per anziani e inabili non possa
beneficiare dell’esonero dal contributo di
costruzione e dello scomputo degli oneri di
urbanizzazione secondaria previsti dalla
legge.
L’ipotesi formulata nel quesito non appare
rientrare nemmeno nell’ambito della seconda
fattispecie disciplinata dall’art. 17, comma
3, lett. c), del D.P.R. n. 380/2001 (opere
di urbanizzazione, eseguite anche da privati
in attuazione di strumenti urbanistici),
poiché nel contesto del parere non è dato
alcun cenno circa l’inserimento dell’opera
da realizzarsi in attuazione di un più ampio
intervento urbanistico comunale.
Anche sotto quest’ultimo profilo, non si
ritiene che la menzionata residenza
sanitaria possa usufruire del regime di
esonero dai contributi di costruzione e
dagli oneri di urbanizzazione secondaria
(Corte dei Conti, Sez. controllo Lombardia,
parere 21.02.2011 n.
91). |
EDILIZIA PRIVATA: Sono
onerose, e non gratuite, le opere realizzate
da una casa di cura privata.
La regola generale è quella dell’onerosità
dei titoli edilizi, che possono essere
rilasciati a titolo gratuito solo in via
eccezionale, in ipotesi tassativamente
indicate dalla norma e di stretta
interpretazione.
La giurisprudenza, per parte sua, ha
interpretato le ricordate disposizioni nel
senso che, per poter addivenire al rilascio
di una concessione edilizia gratuita è
necessario che coesistano due diversi
presupposti o requisiti: uno di carattere
oggettivo e uno di carattere soggettivo.
Il primo riguarda l’opera in sé considerata,
e richiede che la stessa abbia natura di
opera pubblica o di interesse generale.
Questo requisito, nel caso all’esame,
sicuramente sussiste. Infatti una struttura
sanitaria -ancorché privata, gestita in
forma societaria e con fini di lucro- può
ritenersi appartenente al “genus”
delle opere di interesse pubblico e/o
generale, allorché -attraverso la formula
organizzatoria dell’accreditamento, che la
inserisce nel novero dei soggetti che
rendono prestazioni sanitarie e/o
assistenziali che appartengono
istituzionalmente all’Amministrazione-
fornisca ai cittadini assistiti dal Servizio
Sanitario Nazionale quelle prestazioni che
l’Ente medesimo dovrebbe erogare
direttamente.
Il requisito soggettivo, invece, richiede
che le opere in esenzione, rientrino “nelle
istituzionali competenze degli enti
realizzatori”; cioè che siano realizzate
da un “ente” e siano funzionali al
perseguimento dei fini che gli sono propri,
come determinati dalla legge.
In definitiva, la giurisprudenza ha,
condivisibilmente, ritenuto (si vedano, ad
esempio: C.S. n. 2226/2005; Tar Lazio, n.
1620/2009 e Tar Liguria n. 3565/2009) che
l’esenzione dal contributo possa essere
accorata quando l’opera sia realizzata
direttamente da un Ente pubblico -ovvero da
un privato dallo stesso “delegato”
nei modi che la legge prevede, ad esempio
con concessione- e l’opera stessa sia
destinata alla cura dei pubblici interessi
di cui il soggetto (pubblico) è attributario.
Non occorre spendere molte parole per
rilevare come, nella specie, manchi proprio
questo indefettibile requisito soggettivo:
l’esecutore delle opere non è un ente
pubblico, né un concessionario di questi, ma
un soggetto privato, che le realizza per
soddisfare un interesse proprio finalizzato
-legittimamente- al profitto, e non per
conseguire in via diretta un interesse
pubblico suo proprio, che la legge gli abbia
attribuito quale finalità istituzionale.
La circostanza che -nello svolgimento della
sua attività imprenditoriale con fini di
lucro– la struttura sanitaria ricorrente
assolva anche, indirettamente, ad una
funzione di interesse pubblico (peraltro
regolarmente remunerata) non fa sì, perciò
solo, che essa divenga un “ente
realizzatore” che ha operato in
attuazione delle proprie “istituzionali
competenze”.
Il pur esistente rapporto tra la Casa di
Cura privata e il Servizio Sanitario non ha
caratteri tali da far ritenere che
l’ampliamento della struttura privata
medesima possa dirsi realizzato in nome, o
per conto, della struttura pubblica o quale
espressione delle “competenze
istituzionali” della stessa (TAR Friuli
Venezia Giulia,
sentenza 13.01.2011 n. 9 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2010 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
Esonero dal contributo di
costruzione. Art. 17, comma 3, lettera c),
del TU Edilizia.
Viene chiesto parere al Servizio scrivente
in ordine all'esonero dal contributo di
costruzione previsto dall’art. 17, comma 3,
lett. c), T.U. Edilizia ”per gli
impianti, le attrezzature, le opere
pubbliche o di interesse generale realizzate
dagli enti istituzionalmente competenti
nonché per le opere di urbanizzazione,
eseguite anche da privati, in attuazione di
strumenti urbanistici” (Regione
Piemonte,
parere n.
33/2010 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Ai sensi dell’art. 9, comma 1,
lett. f), legge 28.01.1977 n. 10, devono
concorrere due requisiti per usufruire dello
speciale regime di gratuità della
concessione edilizia e, precisamente, un
requisito di carattere oggettivo,
attinente al carattere pubblico o comunque
di interesse generale delle opere da
realizzare, e un requisito di carattere
soggettivo, in quanto le opere devono
essere eseguite da un ente istituzionalmente
competente ovvero da soggetti anche privati
che non agiscano per scopo di lucro ovvero
abbiano un legame istituzionale con l’azione
dell’Amministrazione volta alla cura di
interessi pubblici; detta situazione non
ricorre nel caso di sottoscrizione di un
apposito atto di vincolo di destinazione ad
uso pubblico di un impianto sportivo con
annessa piscina, trattandosi pur sempre di
opere di proprietà privata di cui il
realizzatore ha assunto l’impegno di
assicurarne l’uso da parte del pubblico.
Un immobile destinato a casa di cura privata
è equiparabile ad un’attività industriale ex
art. 2195 codice civile, trattandosi di
un’attività imprenditoriale diretta alla
prestazione di servizi sanitari. Pertanto,
sconta solamente il pagamento degli oo.uu. e
non anche del costo di costruzione.
Ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f),
legge n. 10/1977 (ora art. 17, comma 3,
lett. c d.p.r. n. 380/2001) il contributo di
costruzione non è dovuto per opere pubbliche
o di interesse generale realizzate dagli
enti istituzionalmente competenti.
Non ricorre nella presente fattispecie
l’ipotesi dell’esonero totale di cui al
citato art. 17, comma 3, lett. c), d.p.r. n.
380/2001 poiché la società ricorrente
(soggetto privato), seppure abbia
manifestato l’intenzione di realizzare
un’opera di interesse pubblico (i.e.
residenza sanitaria assistenziale per
anziani e persone a mobilità ridotta, casa
di riposo e residenza protetta), non risulta
che agisca per conto della pubblica
amministrazione, né che abbia un
collegamento giuridicamente rilevante con la
stessa P.A. (cfr. sul punto Cons. Stato,
Sez. V, 10.07.2000, n. 3860), il che
unicamente le consentirebbe di rientrare
nell’ipotesi di esonero totale di cui
all’art. 9, comma 1, lett. f), legge n.
10/1977 (ora art. 17, comma 3, lett. c),
d.p.r. n. 380/2001).
Invero secondo quanto affermato di recente
da Cons. Stato, Sez. IV, 29.05.2009, n. 3359
“Ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f),
legge 28.01.1977 n. 10, devono concorrere
due requisiti per usufruire dello speciale
regime di gratuità della concessione
edilizia e, precisamente, un requisito di
carattere oggettivo, attinente al carattere
pubblico o comunque di interesse generale
delle opere da realizzare, e un requisito di
carattere soggettivo, in quanto le opere
devono essere eseguite da un ente
istituzionalmente competente ovvero da
soggetti anche privati che non agiscano per
scopo di lucro ovvero abbiano un legame
istituzionale con l’azione
dell’Amministrazione volta alla cura di
interessi pubblici; detta situazione non
ricorre nel caso di sottoscrizione di un
apposito atto di vincolo di destinazione ad
uso pubblico di un impianto sportivo con
annessa piscina, trattandosi pur sempre di
opere di proprietà privata di cui il
realizzatore ha assunto l’impegno di
assicurarne l’uso da parte del pubblico.”.
La ricorrente non fornisce quindi alcuna
prova in ordine alla concorrenza dei due
requisiti predetti (oggettivo e soggettivo)
pur essendo suo onere.
Ne consegue il rigetto del ricorso
introduttivo e del ricorso per motivi
aggiunti relativamente alla censura fondata
sulla asserita violazione dell’art. 9, comma
1, lett. f legge n. 10/1977 (ora art. 17,
comma 3, lett. c d.p.r. n. 380/2001).
Tuttavia sono integrati, nel caso di specie,
gli estremi dell’ipotesi di cui all’art. 10,
comma 1 legge n. 10/1977 (ora art. 19, comma
1 d.p.r. n. 380/2001) di parziale esenzione
dal contributo urbanistico venendo in
rilievo una concessione edilizia relativa ad
un immobile destinato a casa di cura privata
che, secondo quanto affermato da Cons. Stato
n. 46/1992, è equiparabile ad un’attività
industriale ex art. 2195 codice civile
trattandosi di un’attività imprenditoriale
diretta alla prestazione di servizi
sanitari.
Invero ai sensi dell’art. 10, comma 1 legge
n. 10/1977 “La concessione relativa a
costruzioni o impianti destinati ad attività
industriali o artigianali dirette alla
trasformazione di beni ed alla prestazione
di servizi comporta la corresponsione di un
contributo pari all’incidenza delle opere di
urbanizzazione, di quelle necessarie al
trattamento e allo smaltimento dei rifiuti
solidi, liquidi e gassosi e di quelle
necessarie alla sistemazione dei luoghi ove
ne siano alterate le caratteristiche.
L’incidenza di tali opere è stabilita con
deliberazione del consiglio comunale in base
a parametri che la regione definisce con i
criteri di cui alle lettere a) e b) del
precedente art. 5, nonché in relazione ai
tipi di attività produttiva.”.
Attualmente in base all’art. 19, comma 1
d.p.r. n. 380/2001 “Il permesso di
costruire relativo a costruzioni o impianti
destinati ad attività industriali o
artigianali dirette alla trasformazione di
beni ed alla prestazione di servizi comporta
la corresponsione di un contributo pari alla
incidenza delle opere di urbanizzazione, di
quelle necessarie al trattamento e allo
smaltimento dei rifiuti solidi, liquidi e
gassosi e di quelle necessarie alla
sistemazione dei luoghi ove ne siano
alterate le caratteristiche. La incidenza di
tali opere è stabilita con deliberazione del
consiglio comunale in base a parametri che
la regione definisce con i criteri di cui al
comma 4, lettere a) e b) dell’articolo 16,
nonché in relazione ai tipi di attività
produttiva.”.
Cons. Stato, Sez. V, 16.01.1992, n. 46 ha
affermato in una fattispecie analoga alla
presente che “Alla concessione edilizia
relativa ad un immobile destinato a casa di
cura privata spetta la parziale esenzione
dal contributo urbanistico, prevista
dall’art. 10 legge 28.01.1977 n. 10 per le
concessioni relative a costruzioni o
impianti destinati ad attività industriali o
artigianali dirette alla trasformazione di
beni ed alla prestazione di servizi; dal
momento che l’attività imprenditoriale
diretta alla prestazione di servizi sanitari
è a pieno titolo un’attività industriale,
giusta la definizione di "attività
industriale" che si ricava dall’art. 2195
c.c.”
(TAR Puglia-Bari, Sez. II,
sentenza 01.04.2010 n. 1246 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2009 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
Applicazione oneri di
urbanizzazione e relativi costi da parte di
una Parrocchia per un permesso di costruire.
È posto il quesito se sia dovuto il
contributo di costruzione (Oneri di
urbanizzazione e Costo di Costruzione) da
parte di una Parrocchia che ha presentato ad
un Comune richiesta di permesso di costruire
per lavori di ristrutturazione edilizia
della casa parrocchiale, per ricavare al
secondo piano della stessa cinque locali da
destinare ad uso foresteria, attualmente
identificati come locali di sgombero
(Regione Piemonte,
parere n.
153/2009 - tratto da
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Lo
sgravio contributivo di cui all'art. 17,
comma 3, lett. c), D.P.R. n. 380/2001 per
gli impianti, le attrezzature, le opere
pubbliche o di interesse generale,
realizzate dagli enti istituzionalmente
competenti, richiede il concorso di due
presupposti, ovvero:
- l'ascrivibilità del manufatto oggetto del
permesso di costruire alla categoria delle
opere pubbliche o di interesse generale,
cioè comunque idonee a soddisfare i bisogni
della collettività anche se realizzate e
gestite da privati;
- l'esecuzione delle opere da parte degli
enti istituzionalmente competenti, cioè da
parte di soggetti cui sia demandata in via
istituzionale la realizzazione di opere di
interesse generale, ovvero da parte di
privati concessionari dell'ente pubblico,
purché le opere siano inerenti all'esercizio
del rapporto concessorio.
E’ noto infatti
che lo sgravio contributivo di cui all'art.
17, comma 3, lett. c), D.P.R. n. 380/2001
per gli impianti, le attrezzature, le opere
pubbliche o di interesse generale,
realizzate dagli enti istituzionalmente
competenti, richiede il concorso di due
presupposti, ovvero: l'ascrivibilità del
manufatto oggetto del permesso di costruire
alla categoria delle opere pubbliche o di
interesse generale, cioè comunque idonee a
soddisfare i bisogni della collettività
anche se realizzate e gestite da privati;
l'esecuzione delle opere da parte degli enti
istituzionalmente competenti, cioè da parte
di soggetti cui sia demandata in via
istituzionale la realizzazione di opere di
interesse generale, ovvero da parte di
privati concessionari dell'ente pubblico,
purché le opere siano inerenti all'esercizio
del rapporto concessorio.
Nel caso di realizzazione da parte di
privati, deve dunque sussistere un ben
preciso vincolo relazionale tra il soggetto
abilitato ad operare nell'interesse pubblico
ed il materiale esecutore della costruzione,
e tale vincolo deve contrassegnare fin
dall'inizio (cioè, fin dalla richiesta del
titolo edilizio) la realizzazione
dell'assentito intervento edificatorio, al
fine di ottenere l’esenzione dal contributo
di costruzione.
Difatti, “la evidente connessione
legislativa tra gli elementi dell'“ente
istituzionalmente competente” e della
“realizzazione” non può essere dilatata al
punto da esporre l'amministrazione comunale
a richieste di sgravio contributivo, e
quindi per lo più ad istanze di rimborso di
oneri già acquisiti al patrimonio comunale,
sulla base di utilizzazioni intervenute e
concordate in un secondo momento, frutto
dell'attività imprenditoriale o commerciale
dell'impresa costruttrice e comunque del
tutto esulanti dagli specifici intenti
realizzativi iniziali, e questo seppur
l'intervento edilizio riguardi zone
tendenzialmente destinate ad interventi
edificatori di interesse generale. Non si
può, in definitiva, recuperare ex post il
legame tra soggetti realizzatori e finalità
pubbliche che, seppur con moduli
organizzatori non del tutto tipizzati, deve
contraddistinguere l'intervento edilizio ab
initio” (così Cons. di St., V,
02.12.2002, n. 6618)
(TAR Liguria, Sez. I,
sentenza 09.12.2009 n. 3565 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Richiesta di parere dal Sindaco del Comune
di Poggio Rusco (Mn) - "La
realizzazione di opere di riqualificazione
di una casa di riposo esistente sul
territorio comunale gestita da una
fondazione ONLUS (EX IPAB) rientra
nell'ambito di applicazione dell'art. 17,
comma 3, lett. C) del D.P.R. 06.06.2001, n.
380 in materia di esonero dal contributo di
costruzione"
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Lombardia,
parere
09.10.2009 n. 783 - link a www.corteconti.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
L'esenzione dal pagamento dei
contributi di costruzione, prevista
dall'art. 9 comma 1, lett. f), l. 28.01.1977
n. 10, spetta solo con riferimento alle
opere realizzate per il raggiungimento delle
finalità istituzionali di una pubblica
amministrazione e che pertanto, anche se
eseguite da un soggetto privato in regime di
concessione o altro istituto analogo, sono
destinate a pervenire nel patrimonio
dell'amministrazione stessa.
Come ha ben chiarito la giurisprudenza, ai
fini dell'esenzione dal pagamento del
contributo di costruzione occorre il
concorso di due presupposti, e cioè l'ascrivibilità
del manufatto oggetto di concessione
edilizia alla categoria delle opere
pubbliche o di interesse generale (nel senso
che deve trattarsi di impianti o
attrezzature che, quantunque non destinati
direttamente a scopi dell'amministrazione,
siano idonei a soddisfare bisogni della
collettività anche se realizzati e gestiti
da privati) e l'esecuzione delle opere da
parte di enti istituzionalmente competenti,
vale a dire da parte di soggetti cui sia
demandata in via istituzionale la
realizzazione di opere di interesse generale
(TAR Toscana, III, 19.02.1999 n. 17; TAR
Lombardia, Brescia, 18.03.1999 n. 217).
Il beneficio della gratuità della
concessione edilizia può essere concesso
anche ad un soggetto non pubblico, ma per
conto di un ente pubblico, come nella figura
della concessione di opera pubblica o in
altre analoghe figure organizzatorie (TAR
Piemonte, I, 17.12.1998 n. 746; Cons. St.,
V, 07.09.1995 n. 1280), ovvero nel caso di
un ente istituzionalmente competente, cioè
destinato, finalizzato e creato per il
perseguimento di interessi generali,
ricollegati a determinati bisogni della
collettività o di determinati gruppi sociali
(TAR Toscana, III, n. 17/1999, citata).
L'esenzione dai contributi presuppone che
l'opera sia di pubblico interesse e sia
realizzata da un ente pubblico, mentre non
compete alle opere eseguite da soggetti
privati, quale che sia la rilevanza sociale
dell'attività da essi esercitata nella (o
con la) opera edilizia alla quale la
concessione edilizia si riferisce (TAR
Toscana, citata); così, ad esempio, é stato
escluso che la realizzazione di un edificio
scolastico da parte di un privato possa
fruire dell'esenzione dal contributo
urbanistico (TAR Lombardia, Brescia,
20.06.2000 n. 554).
La corretta interpretazione dell’ambito di
applicazione della norma è proprio stata
data in una recente decisione dei Giudici di
palazzo Spada, in cui si afferma che “L'esenzione
dal pagamento dei contributi di costruzione,
prevista dall'art. 9 comma 1, lett. f), l.
28.01.1977 n. 10, spetta solo con
riferimento alle opere realizzate per il
raggiungimento delle finalità istituzionali
di una pubblica amministrazione e che
pertanto, anche se eseguite da un soggetto
privato in regime di concessione o altro
istituto analogo, sono destinate a pervenire
nel patrimonio dell'amministrazione stessa;
di conseguenza, se invece una società, anche
se costituita da un ente pubblico per il
conseguimento di sue finalità, realizza una
struttura al fine di utilizzarla nell'ambito
della sua attività d'impresa, viene a
mancare la stessa ratio della concessone
dell'esenzione, che è quella di evitare una
contribuzione a carico di un'opera destinata
a soddisfare esclusivamente interessi
generali” (Consiglio Stato , sez. V,
02.10.2008 , n. 4761).
La giurisprudenza ha ritenuto applicabile la
riduzione del contributo nel caso di
concessioni relative a strutture sanitarie,
(TAR Abruzzo L'Aquila, 24.05.2006, n. 383) ,
precisando che l'attività imprenditoriale
diretta alla prestazione di servizi sanitari
è a pieno titolo un'attività industriale,
giusta la definizione di "attività
industriale" che si ricava dall'art. 2195
c.c. (Consiglio Stato, sez. V, 16.01.1992,
n. 46).
Anche nel caso in esame quindi si deve
riconoscere il diritto alla riduzione del
contributo per le opere realizzate dalla
casa di cura ricorrente, indipendentemente
dalla questione dell’accreditamento, ma in
base alla tipologia di attività svolta, cioè
industriale finalizzata alla erogazione di
servizi (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 17.09.2009 n. 4672 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Debbono
concorrere due requisiti per fondare
lo speciale regime di gratuità della
concessione edilizia e precisamente: un
requisito di carattere oggettivo,
attinente al carattere pubblico o comunque
di interesse generale delle opere da
realizzare; un requisito di carattere
soggettivo, in quanto le opere debbono
essere eseguite da un ente istituzionalmente
competente, ovvero da soggetti anche privati
che non agiscano per scopo di lucro ovvero
abbiano un legame istituzionale con l'azione
dell'Amministrazione volta alla cura di
interessi pubblici.
La giurisprudenza di questo Consiglio ha
ampiamente sottolineato che, ai sensi
dell'art. 9, comma 1, lettera f), della
legge 28.01.1977 n. 10, debbono concorrere
due requisiti per fondare lo speciale
regime di gratuità della concessione
edilizia e precisamente: un requisito
di carattere oggettivo, attinente al
carattere pubblico o comunque di interesse
generale delle opere da realizzare; un
requisito di carattere soggettivo, in
quanto le opere debbono essere eseguite da
un ente istituzionalmente competente, ovvero
da soggetti anche privati che non agiscano
per scopo di lucro ovvero abbiano un legame
istituzionale con l'azione
dell'Amministrazione volta alla cura di
interessi pubblici (cfr. tra le tante: Cons.
Stato, Sez. V, 02.10.2008, n. 4761;
06.12.2007, n. 6237; 11.01.2006, 51; Sez. VI,
09.09.2008, n. 4296)
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 29.05.2009 n. 3359 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
sede della Associazione dei Testimoni di Geova non può certo
qualificarsi quale luogo di culto o edificio religioso, ma
ha prettamente una destinazione di carattere direzionale dal
punto di vista urbanistico.
Pertanto, trattandosi nel caso in esame della costruzione di
un edificio non destinato all’esercizio del culto, bensì
destinato ad ospitare la sede di una associazione religiosa,
non può ritenersi che tale opera rientri tra quelle
qualificate come opere di urbanizzazione secondaria, per cui
legittimamente il Comune ha assoggettato la sua
realizzazione al pagamento degli oneri concessori.
... per l’annullamento della concessione edilizia,
rilasciata dal Sindaco del Comune di Cerea il 16/05/1994,
relativamente alla parte in cui determina il pagamento degli
oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione per la
realizzazione della sede dell’Ente Religioso Testimoni di
Geova.
...
FATTO
Con atto notificato il 06.07.1994, depositato nei
termini, l’Associazione Testimoni di Geova di Cerea – Casaleone – Sanguinetto, in persona del legale
rappresentante pro tempore, ha chiesto l’annullamento della
concessione edilizia, rilasciata dal Sindaco del Comune di
Cerea il 16/05/1994, relativamente alla parte in cui
determina il pagamento degli oneri di urbanizzazione e del
costo di costruzione per la realizzazione della sede
dell’Ente Religioso Testimoni di Geova, oltre che per
l’accertamento che la ricorrente nulla deve a titolo di
oneri di urbanizzazione e costo di costruzione per il
rilascio della concessione edilizia, con conseguente
condanna del Comune di Cerea alla restituzione delle somme
pagate a titolo di oneri di urbanizzazione e costo di
costruzione, non dovute, con rivalutazione e interessi.
L’Associazione ricorrente fa presente di aver presentato al
Sindaco del Comune di Cerea istanza di concessione edilizia
per realizzare la sede religiosa della stessa Associazione
ma ne contesta la onerosità.
A sostegno del gravame vene dedotta la seguente censura:
Violazione di legge: art. 9, lett. f), della legge 28.01.1977 n. 10; erronea applicazione dell’art. 3 della legge n.
10 del 1977 e dell’art. 81 della L.R. 26.06.1985 n. 61,
eccesso di potere per difetto di presupposto.
Si sostiene che essendo classificata la costruzione de quo
quale opera di urbanizzazione secondaria,la concessione
edilizia non poteva essere soggetta al pagamento di alcun
onere o contributo, e pertanto illegittimamente il Comune di
Cerea ha previsto il pagamento degli oneri di urbanizzazione
e del costo di costruzione.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata, la
cui difesa contesta le ragioni dell’impugnativa ed insiste
per il rigetto del ricorso siccome infondato.
Alla pubblica udienza del 22.01.2009 la causa è passata
in decisione.
DIRITTO
L’oggetto della presente impugnativa è la concessione
edilizia rilasciata dal Sindaco di Cerea in data 16.05.1994 per la realizzazione della sede dell’Associazione
ricorrente, nella parte in cui dispone il pagamento degli
oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione, con la
conseguente restituzione delle somme pagate a tale titolo.
Il ricorso non si appalesa fondato.
Va premesso che l’art. 4, secondo comma, lettera e),
della legge 29.09.1964 n. 847 individua come opere di
urbanizzazione secondaria le “chiese ed altri edifici
religiosi” per le quali la successiva legge n. 10 del 1977
prevede, secondo determinate condizioni, l’esonero dal
pagamento dei contributi.
Occorre, pertanto, verificare se la costruzione della sede
della Associazione ricorrente, oggetto della concessione
edilizia impugnata in parte qua, possa rientrare tra quelle
opere di carattere religioso, ossia destinate all’esercizio
del culto, per le quali la norma prevede l’esenzione dal
pagamento dei contributi concessori.
La risposta a tale quesito non può che essere negativa, solo
se si consideri che la sede della Associazione dei Testimoni
di Geova non può certo qualificarsi quale luogo di culto o
edificio religioso, ma ha prettamente una destinazione di
carattere direzionale dal punto di vista urbanistico.
Pertanto, trattandosi nel caso in esame della costruzione di
un edificio non destinato all’esercizio del culto, bensì
destinato ad ospitare la sede di una associazione religiosa,
non può ritenersi che tale opera rientri tra quelle
qualificate come opere di urbanizzazione secondaria, per cui
legittimamente il Comune di Cerea ha assoggettato la sua
realizzazione al pagamento degli oneri concessori
(TAR Veneto, Sez. II,
sentenza 22.01.2009 n. 985 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2008 |
|
EDILIZIA PRIVATA: Esonero
contributo di costruzione.
Viene chiesto al Servizio Regionale di
consulenza agli Enti locali di esprimere
parere in ordine alla applicabilità
dell’articolo 17, comma 3, del D.P.R.
06.06.2001 n. 380, recante testo unico delle
norme in materia edilizia, in tema di
esonero dal contributo di costruzione.
In particolare, il caso concreto riguarda la
pratica edilizia presentata da una
Associazione ove la stessa ha richiesto il
rilascio di permesso di costruire per la
realizzazione di una nuova costruzione da
adibire a sede sociale.
Il successivo 21.07.2008, la richiedente ha
inoltrato domanda di esonero dal pagamento
del contributo di costruzione, motivando
l’istanza ai sensi dell’articolo 17, comma
3, del citato Testo Unico per l’Edilizia,
riferendo di avere ottenuto il
riconoscimento di associazione “Onlus” e di
essere quindi legittimata all’applicazione
della citata norma (Regione Piemonte,
parere n. 123/2008 - link a www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Oneri di
costruzione - Asilo-nido - Opera di
urbanizzazione secondaria - Esenzione - Non
sussistenza.
Non appare condivisibile la tesi che
valorizzando la qualificazione
dell'asilo-nido come opera di urbanizzazione
secondaria (art. 16, co. 8, DPR 380/2001; art.
44, co. 4, LR 12/2005) ne pretende l'esenzione
totale dal contributo di costruzione (art.
17, co. 3, lett. c), DPR 380/2001) ovvero lo
scomputo della quota del contributo di
costruzione relativa agli oneri di
urbanizzazione (art. 16, co. 2, DPR 380/2001;
art. 45 LR 12/2005).
Nell'ipotesi relativa
all'esenzione totale, infatti, il privato
realizza un'opera espressamente qualificata
di interesse pubblico nello strumento
urbanistico generale o nei piani attuativi,
l'utilità per l'amministrazione deriva
direttamente dalla realizzazione dell'opera
e pertanto l'esenzione è automatica. Non
ricorre tuttavia questa fattispecie quando
lo strumento urbanistico si limita ad
autorizzare una destinazione d'uso
implicante la realizzazione di opere
astrattamente qualificabili come
urbanizzazioni.
L'ammissibilità di queste
opere in una certa zona del territorio non
equivale al riconoscimento del loro
interesse pubblico ma è soltanto una regola
che disciplina l'interesse economico dei
privati.
Quanto alle norme riguardanti lo
scomputo parziale o totale degli oneri di
urbanizzazione, se l'opera di urbanizzazione
per cui si chiede lo scomputo è la stessa
opera oggetto del permesso di costruire si
ricade nella fattispecie di esenzione,
mentre, normalmente, lo scomputo riguarda
opere aggiuntive rispetto a quella di
interesse dei privati. Si tratta però di
opere che una volta realizzate non rimangono
nella disponibilità dei privati ma vengono
acquisite al patrimonio indisponibile del
comune (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia,
sentenza
27.11.2008 n.
1704 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: 1.
Oneri di
costruzione - Ripetizione - Ammissibilità -
Riserva di ripetizione - Non necessità.
2. Oneri di
costruzione - Asilo-nido - Qualificazione -
Attività socio-assitenziale - Sussistenza.
1. Il semplice fatto di avere in origine
corrisposto gli oneri richiesti senza
riserva alcuna di ripetizione, come del
resto è normale per qualunque cittadino, non
vale implicita rinuncia a ripeterli ove non
dovuti, per il noto principio secondo il
quale una rinuncia al proprio diritto deve
essere formulata in modo espresso e non si
presume.
2. Ai fini della determinazione degli oneri
di costruzione, l'asilo nido, anche se
gestito da privati, va considerato una
attività socio-assistenziale e non
un'attività commerciale, a nulla rilevando
il fatto che risulti avere dimensioni
significative (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia,
sentenza
26.11.2008 n.
1698 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: L‘esenzione
prevista dall’art. 9, comma 1, lett. f),
della legge n. 10/1977 spetta solo con
riferimento alle opere realizzate per il
raggiungimento delle finalità istituzionali
di una pubblica amministrazione e che,
pertanto, anche se eseguite da un soggetto
privato in regime di concessione o altro
istituto analogo, sono destinate a pervenire
nel patrimonio dell’amministrazione stessa.
La questione posta con l’appello in esame
consiste nello stabilire se spetti
all’appellante società Consepi s.p.a., con
riferimento a talune concessioni edilizie
rilasciate alla stessa dal Comune di Susa,
l’esenzione dal pagamento dei contributi
prevista dall’art. 9 primo comma lett. f) “per
gli impianti, le attrezzature, le opere
pubbliche o di interesse generale realizzate
dagli enti istituzionalmente competenti”.
L‘esenzione prevista dall’art. 9, comma 1,
lett. f), della legge n. 10/1977 spetta solo
con riferimento alle opere realizzate per il
raggiungimento delle finalità istituzionali
di una pubblica amministrazione e che,
pertanto, anche se eseguite da un soggetto
privato in regime di concessione o altro
istituto analogo, sono destinate a pervenire
nel patrimonio dell’amministrazione stessa.
Se invece una società, anche se costituita
da un ente pubblico per il conseguimento di
sue finalità, realizza una struttura al fine
di utilizzarla nell’ambito della sua
attività d’impresa, viene a mancare la
stessa ratio della concessone
dell’esenzione, che è quella di evitare una
contribuzione a carico di un’opera destinata
a soddisfare esclusivamente interessi
generali.
Alla stregua delle predette considerazioni
deve escludersi che nella fattispecie vi
siano i presupposti per l’esenzione.
Ed invero, la struttura realizzata dalla
Consepi è di sua proprietà ed è utilizzata
per rendere un servizio dietro
corrispettivo.
Ciò basta per escludere che possa concedersi
l’esenzione, senza che possano assumere
rilevanza le circostanze:
a) che l’attività della società corrisponda
anche ad interessi della regione, tanto che
alla stessa vengono concessi finanziamenti,
dovendosi aver riguardo solo alla natura
dell’opera realizzata;
b) che la società possa qualificarsi
organismo di diritto pubblico o che possa
beneficiare di affidamenti di servizi senza
gara, giacché, anche a voler ammettere che
si sia in presenza dei presupposti a tali
fini necessari, tali evenienze rilevano ad
altri scopi e non per l’esenzione.
Non può invocarsi infine a sostegno della
tesi dell’appellante la circostanza che le
opere siano state realizzate sulla base di
un diritto di superficie concesso dal Comune
di Susa, con la conseguenza che, alla
scadenza di tale diritto, le opere stesse
diverranno di proprietà del comune.
Infatti ciò non esclude che la struttura sia
attualmente di proprietà della società e in
ogni caso la struttura stessa potrà divenire
di proprietà del comune e non della regione
(che, nella prospettazione dell’appellante,
sarebbe l’amministrazione di riferimento
dell’opera in questione)
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 02.10.2008 n. 4761 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Il
requisito c.d. soggettivo necessario onde
accordare l’esenzione dal contributo di cui
all’art. 3 della l. 10 del 1977 sussiste non
solo nel caso in cui l’opera sia realizzata
direttamente da un ente pubblico
nell’esercizio delle proprie competenze
istituzionali, ma anche nel caso in cui
l’opus venga realizzato da un soggetto
privato, purché per conto di un ente
pubblico.
Il Collegio ritiene di prestare puntuale
adesione (non rinvenendosi alcuna ragione
onde discostarsene) al consolidato
orientamento giurisprudenziale secondo cui
il requisito c.d. soggettivo necessario onde
accordare l’esenzione dal contributo di cui
all’art. 3 della l. 10 del 1977 sussiste non
solo nel caso in cui l’opera sia realizzata
direttamente da un ente pubblico
nell’esercizio delle proprie competenze
istituzionali, ma anche nel caso in cui l’opus
venga realizzato da un soggetto privato,
purché per conto di un ente pubblico (come
nel caso, che qui ricorre, della concessione
di opera pubblica o in altre analoghe figure
organizzatorie in cui l’opera sia realizzata
da soggetti che non agiscano per scopo di
lucro, o che accompagnino tale lucro ad un
legame istituzionale con l’azione
dell’Amministrazione volta alla cura di
interessi pubblici – in tal senso, ex
plurimis: Cons. Stato, Sez. IV, sent.
12.07.2005, n. 3744; id, Sez. IV, sent.
10.05.2005, n. 2226; id., Sez. V, sent.
02.12.2002, n. 6618).
Ed infatti, dal momento che (secondo quanto
pacificamente risulta agli atti) la soc.
Interporto Campano S.p.A. è stata
individuata sin dal 1989 quale soggetto
concessionario della progettazione,
costruzione e gestione della struttura
interportuale nel suo complesso, ne consegue
che (alla luce del richiamato, consolidato
orientamento giurisprudenziale) non sia
contestabile la sussistenza in capo alla
medesima società del richiamato requisito
soggettivo ai fini dell’esenzione dal
pagamento del contributo di cui all’art. 3
della l. 10 del 1977
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 09.09.2008 n. 4296 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2007 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
Per accordare l'esenzione dal
pagamento degli oo.uu. necessità che
concorrano sia il requisito oggettivo (il
carattere di interesse generale delle opere
realizzate) sia il presupposto soggettivo,
concernente il riferimento dell’edificio
all’ente istituzionalmente competente
La norma richiamata dall’appellante (art. 9,
lettera f), della legge n. 10/1977) prevede
che i contributi di urbanizzazione non sono
dovuti per le “opere di interesse
generale, realizzate dagli enti
istituzionalmente competenti”.
La previsione normativa individua un
requisito oggettivo (il carattere di
interesse generale delle opere realizzate) e
un presupposto soggettivo, concernente il
riferimento dell’edificio all’ente
istituzionalmente competente.
Nel caso di specie sussistono entrambi
requisiti.
Infatti, l’opera assume indubbiamente
carattere di interesse generale,
considerando la sua connessione con le
finalità terapeutiche e di ricerca, svolte
in stretta coerenza con i piani sanitari
pubblici.
Essa è realizzata da un ente
istituzionalmente competente, in quanto
l’Istituto è il soggetto attuatore di un
complesso programma pubblico sanitario,
risultante dalle convenzioni stipulate con
la Regione, con l’Ordine Mauriziano, con
l’Università di Torino e con il comune di
Candiolo. È molto significativo, in tal
senso, che l’Istituto sia qualificato
espressamente come presidio sanitario
dell’Ordine Mauriziano.
Non è esatto affermare che l’espressione
utilizzata dalla norma presupponga, in modo
inderogabile, il carattere formalmente
pubblico del soggetto. Per ottenere
l’esenzione totale, è sufficiente che l’ente
privato sia collegato stabilmente con
l’organizzazione pubblica dell’attività
considerata (in questo caso sanitaria).
Senza considerare, poi, che, nel caso di
specie, la rilevanza pubblicistica della
Fondazione e dell’Istituto derivano anche
dall’espresso riconoscimento effettuato
dalla Regione.
Del resto, non è seriamente dubitabile che
la finalità istituzionale della Fondazione
consista proprio nell’attività di studio e
cura nel settore sanitario, senza altri
scopi di natura imprenditoriale o lucrativa
(salvo quanto si preciserà ai punti
seguenti)
(Consiglio di Stato, Sez. V.
sentenza 06.12.2007 n. 6237 - link a www.giustizia-amministrativa.it).
-------------
(fattispecie relativa alla richiesta di
concessione edilizia da parte della
Fondazione Piemontese per la ricerca sul
cancro – ONLUS per la realizzazione della
propria sede). |
EDILIZIA PRIVATA: Istituzionalmente
competenti alla realizzazione di strutture di carattere
religioso non sono tanto enti pubblici o concessionari di
questi quanto piuttosto, ordinariamente, enti religiosi,
vale a dire enti privati il cui scopo assunto nell’atto
costitutivo (istituzionale, appunto) è proprio quello di
dedicarsi senza scopo di lucro a opere ed attività di
carattere religioso.
Le strutture di carattere religioso sono, normalmente, di
proprietà privata e titolare della concessione edilizia ad
erigerle è l’ente religioso. Del resto, la stessa
giurisprudenza invocata dal Comune non richiede la
necessaria soggettività pubblica dell’ente realizzatore
dell’intervento quanto piuttosto che esso curi
istituzionalmente la realizzazione di opere di interesse
generale per il perseguimento delle specifiche finalità cui
le opere stesse sono destinate.
L’espressione “struttura di carattere religioso” utilizzata
dal legislatore provinciale ha portata generale ed implica
un riferimento a ipotesi più ampie dello specifico caso
degli edifici di culto, quali possono essere,
tradizionalmente, quelle delle scuole o degli ospedali.
Il requisito essenziale è dato dall’essere “destinate a uso
pubblico”, vale a dire preordinate al servizio della
collettività indistinta (salvi gli eventuali limiti
intrinseci al tipo d’opera, quali ad esempio, l’età per le
scuole o l’esigenza di cure per gli ospedali).
La finalità dell’esenzione dal contributo di concessione è
quella di agevolare l’esecuzione di opere destinate al
soddisfacimento di interessi pubblici o dalle quali la
collettività possa comunque trarre un’utilità.
Non osta all’esenzione l’eventualità che l’accesso della
collettività sia subordinato al pagamento di una retta (di
frequenza o di degenza, per tornare agli esempi delle scuole
e degli ospedali), purché sia escluso lo scopo di lucro.
L’esistenza di un qualche risvolto economico non è
considerato ostativo neppure dalla giurisprudenza invocata
dal Comune, la quale riconosce l’esenzione anche per opere
d’interesse generale realizzate da un concessionario della
pubblica amministrazione, vale a dire da un’impresa il cui
scopo è il conseguimento di un profitto.
Rileva detta giurisprudenza che la logica dell’esenzione sta
anche nell’evitare una contribuzione intimamente
contraddittoria, quale sarebbe quella per opere costruite a
carico della collettività. Non contraddice tale ratio
l’ammettere all’esenzione opere destinate a uso pubblico
realizzate a carico di privati istituzionalmente dediti,
senza scopo di lucro, a opere di interesse generale
(eventualmente con contributo pubblico, come nella specie:
la provincia ha concesso contributi ai sensi dell’art. 2, co.
1, lett. b), l.r. 05.11.1968, n. 40, disposizione relativa
ad opere eseguite da “istituzioni pubbliche di assistenza e
beneficenza, società cooperativa e altri enti, associazioni
e comitati aventi finalità di pubblica utilità”).
Nel caso di specie la ricorrente, come si rileva dallo
Statuto, è un ente ecclesiastico concordatario civilmente
riconosciuto, senza scopi di lucro, istituzionalmente dedito
ad attività ospedaliera e di educazione ed istruzione.
L’opera concessionata ha carattere scolastico (come
riconosciuto dal Comune; per l’attività scolastica
l’Istituto religioso ha stipulato una convenzione con la
cooperativa Gardascuole, quale ente gestore delle attività
scolastiche, prevedendo la partecipazione di propri
religiosi all’attività didattica; con dichiarazione del
14.10.2005 –dimessa in udienza– l’ente ecclesiastico si è
impegnato a non alienare la proprietà dell’edificio in
questione per un periodo di venticinque anni).
Sussistono, pertanto, i presupposti soggettivo ed oggettivo
per il riconoscimento dell’esenzione del contributo di
concessione delineato dall’art. 111, co. 1, lett. e), l.p.
22/1991.
Si controverte in tema di diritti soggettivi (onde non sono
pertinenti le censure di carattere formale dedotte col primo
motivo avverso un atto privo di efficacia provvedimentale) e
più precisamente della spettanza all’Ente ecclesiastico
ricorrente dell’esonero dal contributo di concessione
previsto dall’art. 111, lett. e), l.p. 22/1991 in relazione al concessionato edificio polifunzionale, ospitante una
palestra, aule, mensa scolastica, a servizio dell’Istituto
Padre Monti (ove, come riferisce la ricorrente e non viene
contestato, sono attivi l’Istituto Tecnico per il Turismo ed
un corso di scuola media inferiore paritaria, in compresenza
con la scuola media statale).
L’art. 111, comma 1, lett. e), della legge provinciale n.
22/1991 dispone che il contributo di concessione non è dovuto
“... per le opere pubbliche o di interesse generale, ivi
comprese le strutture di carattere religioso destinate ad
uso pubblico e gli interventi di edilizia abitativa
pubblica, realizzate dagli enti istituzionalmente
competenti...”.
Detta disposizione ricalca, in parte, la previsione
dell’art. 9, lett. f), l. 28.1.1997, n. 10 che stabilisce la
gratuità della concessione “per ... le opere pubbliche o di
interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente
competenti ....”.
La formulazione dell’art. 111 cit. viene peraltro arricchita
(in materia ascritta alla potestà legislativa primaria della
Provincia) dall’inciso “ivi comprese le strutture di
carattere religioso destinate ad uso pubblico e gli
interventi di edilizia abitativa pubblica” che, nella
specie, assume, ad avviso del collegio, valenza
chiarificatrice e dirimente.
L’applicazione del beneficio dell’esenzione richiede –ai
sensi dell’art. 9, l. 10/1977 come pure ai sensi dell’art.
111, l.p. 22/1991– la sussistenza di due presupposti, uno
oggettivo e l’altro soggettivo.
Il requisito oggettivo implica che il manufatto oggetto di
concessione edilizia sia ascrivibile alla categoria delle
opere pubbliche o di interesse generale e dunque idonee a
soddisfare esigenze della collettività; il legislatore
provinciale annovera espressamente tra esse anche le
strutture di carattere religioso.
Il ricorso di tale presupposto non è in contestazione, in
quanto riconosciuto dal Comune il quale, nella nota
29.12.2005 di preavviso di diniego, scrive: “pur non potendo
negare il rilievo pubblico esplicato dalla realizzazione di
un edificio da adibirsi a scuola privata...”, aggiungendo
che, però, “difetta, nel caso di specie, il requisito
soggettivo”.
Il tema del contendere è pertanto circoscritto
all’individuazione del ricorso o meno del requisito
soggettivo, il quale implica che le opere di interesse
pubblico siano realizzate da parte degli “enti
istituzionalmente competenti”.
Il Comune, nell’esprimere il proprio rifiuto di restituzione
del contributo di concessione e, successivamente, nelle
proprie difese oppone alla pretesa dell’ente ecclesiastico
il rilievo che la giurisprudenza –espressasi con
riferimento all’art. 9, l. n. 10/1977– ha affermato che per
enti istituzionalmente competenti alla realizzazione di
opere pubbliche o di interesse pubblico debbano intendersi
enti pubblici ovvero altri soggetti che realizzino l’opera
per conto di un ente pubblico come nel caso di
concessionario di opera pubblica o altre analoghe figure organizzatorie (cfr. ad es. Cons. Stato sez. IV, 10.05.2005,
n. 2226; ed sez. V, 12.07.2005, n. 3774; ed 11.01.2006, n. 51,
casi, questi, in cui è stato escluso il diritto
all’esenzione, anche, però, sulla base del rilievo che
l’opera non era rivolta alla collettività in senso generale,
ma tendeva al soddisfacimento di interessi privatistici o
comunque alle esigenze di un numero limitato di persone –v.
sent. 3774/2005 cit. pronunciata nei confronti della
Fondazione Collegio Ghisleri– ovvero che l’opera era
destinata a rimanere nella piena disponibilità del privato
esecutore, senza alcun vincolo atto a preservare la funzione
nel tempo –caso di realizzazione di una residenza per
anziani da parte di una ONLUS, v. sent. 51/2006 cit.).
La tesi del resistente non sembra tenere adeguatamente conto
della formulazione dell’art. 111, co. 1, lett. e), della l.p.
22/1991, la quale espressamente menziona come agevolabili le
“strutture di carattere religioso destinate a uso pubblico”.
Orbene, istituzionalmente competenti alla realizzazione di
strutture di carattere religioso non sono tanto enti
pubblici o concessionari di questi quanto piuttosto,
ordinariamente, enti religiosi, vale a dire enti privati il
cui scopo assunto nell’atto costitutivo (istituzionale,
appunto) è proprio quello di dedicarsi senza scopo di lucro
a opere ed attività di carattere religioso. Le strutture di
carattere religioso sono, normalmente, di proprietà privata
e titolare della concessione edilizia ad erigerle è l’ente
religioso. Del resto, la stessa giurisprudenza invocata dal
Comune non richiede la necessaria soggettività pubblica
dell’ente realizzatore dell’intervento quanto piuttosto che
esso curi istituzionalmente la realizzazione di opere di
interesse generale per il perseguimento delle specifiche
finalità cui le opere stesse sono destinate.
L’espressione “struttura di carattere religioso” utilizzata
dal legislatore provinciale ha portata generale ed implica
un riferimento a ipotesi più ampie dello specifico caso
degli edifici di culto, quali possono essere,
tradizionalmente, quelle delle scuole o degli ospedali.
Il requisito essenziale è dato dall’essere “destinate a uso
pubblico”, vale a dire preordinate al servizio della
collettività indistinta (salvi gli eventuali limiti
intrinseci al tipo d’opera, quali ad esempio, l’età per le
scuole o l’esigenza di cure per gli ospedali).
La finalità dell’esenzione dal contributo di concessione è
quella di agevolare l’esecuzione di opere destinate al
soddisfacimento di interessi pubblici o dalle quali la
collettività possa comunque trarre un’utilità.
Non osta all’esenzione l’eventualità che l’accesso della
collettività sia subordinato al pagamento di una retta (di
frequenza o di degenza, per tornare agli esempi delle scuole
e degli ospedali), purché sia escluso lo scopo di lucro.
L’esistenza di un qualche risvolto economico non è
considerato ostativo neppure dalla giurisprudenza invocata
dal Comune, la quale riconosce l’esenzione anche per opere
d’interesse generale realizzate da un concessionario della
pubblica amministrazione, vale a dire da un’impresa il cui
scopo è il conseguimento di un profitto. Rileva detta
giurisprudenza che la logica dell’esenzione sta anche
nell’evitare una contribuzione intimamente contraddittoria,
quale sarebbe quella per opere costruite a carico della
collettività. Non contraddice tale ratio l’ammettere
all’esenzione opere destinate a uso pubblico realizzate a
carico di privati istituzionalmente dediti, senza scopo di
lucro, a opere di interesse generale (eventualmente con
contributo pubblico, come nella specie: la provincia ha
concesso con determinazione 03.11.2005, n. 60 –dimessa in
udienza– contributi ai sensi dell’art. 2, co. 1, lett. b),
l.r. 05.11.1968, n. 40, disposizione relativa ad opere
eseguite da “istituzioni pubbliche di assistenza e
beneficenza, società cooperativa e altri enti, associazioni
e comitati aventi finalità di pubblica utilità”).
Nel caso di specie la ricorrente, come si rileva dallo
Statuto, è un ente ecclesiastico concordatario civilmente
riconosciuto, senza scopi di lucro, istituzionalmente dedito
ad attività ospedaliera e di educazione ed istruzione.
L’opera concessionata ha carattere scolastico (come
riconosciuto dal Comune; per l’attività scolastica
l’Istituto religioso ha stipulato una convenzione con la
cooperativa Gardascuole, quale ente gestore delle attività
scolastiche, prevedendo la partecipazione di propri
religiosi all’attività didattica; con dichiarazione del
14.10.2005 –dimessa in udienza– l’ente ecclesiastico si è
impegnato a non alienare la proprietà dell’edificio in
questione per un periodo di venticinque anni).
Sussistono, pertanto, i presupposti soggettivo ed oggettivo
per il riconoscimento dell’esenzione del contributo di
concessione delineato dall’art. 111, co. 1, lett. e), l.p.
22/1991.
Il ricorso va dunque accolto con declaratoria che all’ente
ricorrente spetta il rimborso del contributo versato con
interessi dal giorno del versamento
(TRGA Trentino Alto Adige-Trento,
sentenza 06.09.2007 n. 153 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
gratuità del permesso (al pari di quanto accadeva nel
precedente regime concessorio) è subordinata a due
condizioni, l’una di carattere oggettivo (l’essere il
manufatto destinato a servire un interesse generale),
l’altra di natura soggettiva (il manufatto deve essere
realizzato da un soggetto pubblico o istituzionalmente
competente a realizzare opere pubbliche).
In linea generale l’esonero dal pagamento dei contributi di
costruzione è finalizzato ad agevolare l’esecuzione di opere
dalle quali la collettività possa trarre utilità e ad
evitare che il soggetto che interviene per l’istituzionale
attuazione del pubblico interesse corrisponda un contributo
che verrebbe a gravare, sia pure indirettamente, sulla
stessa comunità che dovrebbe avvantaggiarsi del pagamento.
Perché si possa configurare il presupposto soggettivo
occorre che tra il soggetto abilitato ad intervenire
nell’interesse pubblico e il materiale esecutore della
costruzione sussista un vincolo diretto alla realizzazione
del fine pubblicistico dell’amministrazione così da
configurare quest’ultimo come “ente istituzionalmente
competente”; occorre dunque un mandato espresso conferito da
una pubblica amministrazione istituzionalmente competente
alla realizzazione di opere di interesse generale.
Sotto tale angolazione si è ammesso a fruire del beneficio
dell’esenzione il concessionario di opera pubblica ma a
condizione che tale speciale modulo organizzatorio sia
effettivamente esistente; si è così esclusa la ricorrenza di
tale figura nel caso di privato che aveva realizzato un
fabbricato destinato ad essere locato per ospitare una
scuola elementare; ovvero di opera realizzata da un
imprenditore per l’esercizio in via immediata e diretta
della propria attività d’impresa; ovvero in vista di un fine
genericamente egoistico (laddove è stato negato il beneficio
in favore di azienda agrituristica), o limitato ad una
cerchia ristretta di persone (laddove è stato negato il
beneficio ad una fondazione nel presupposto che si tratti di
persona giuridica di diritto privato che tende al
soddisfacimento di interessi privatistici e comunque di
esigenze di un numero limitato di persone).
Il carattere pubblico dell’iniziativa, onde conseguire il
beneficio di cui all’art. 17 cit., non può neppure essere
desunto dalla qualificazione delle strutture alberghiere
quali impianti destinati a finalità di carattere generale,
ai fini del rilascio dei titoli edilizi, trattandosi di
argomento che la giurisprudenza di questo Consiglio, ha
utilizzato in un ambito diverso da quello relativo
all’individuazione delle condizioni soggettive ed oggettive
indispensabili per consentire l’esenzione totale dal
pagamento dei contributi.
L’art. 17, comma 3, lett. c), t.u. edilizia sancisce
l’esonero dal pagamento del contributo di costruzione <<per
gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di
interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente
competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite
anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici>>.
Sulla scorta del dato positivo, la gratuità del permesso (al
pari di quanto accadeva nel precedente regime concessorio) è
quindi subordinata a due condizioni, l’una di
carattere oggettivo (l’essere il manufatto destinato a
servire un interesse generale), l’altra di natura
soggettiva (il manufatto deve essere realizzato da un
soggetto pubblico o istituzionalmente competente a
realizzare opere pubbliche).
In linea generale l’esonero dal pagamento dei contributi di
costruzione è finalizzato ad agevolare l’esecuzione di opere
dalle quali la collettività possa trarre utilità e ad
evitare che il soggetto che interviene per l’istituzionale
attuazione del pubblico interesse corrisponda un contributo
che verrebbe a gravare, sia pure indirettamente, sulla
stessa comunità che dovrebbe avvantaggiarsi del pagamento
(cfr. Cons. giust. amm., 27.12.2006, n. 792; Cons. Stato,
sez. IV, 12.07.2005, n. 3744).
Perché si possa configurare il presupposto soggettivo
occorre che tra il soggetto abilitato ad intervenire
nell’interesse pubblico e il materiale esecutore della
costruzione sussista un vincolo diretto alla realizzazione
del fine pubblicistico dell’amministrazione così da
configurare quest’ultimo come “ente istituzionalmente
competente”; occorre dunque un mandato espresso
conferito da una pubblica amministrazione istituzionalmente
competente alla realizzazione di opere di interesse generale
(cfr. Cons. giust. amm., n. 792 del 2006 cit.; Corte giust.
CE, sez. VI, 12.07.2001, n. 399).
Sotto tale angolazione si è ammesso a fruire del beneficio
dell’esenzione il concessionario di opera pubblica ma a
condizione che tale speciale modulo organizzatorio sia
effettivamente esistente; si è così esclusa la ricorrenza di
tale figura nel caso di privato che aveva realizzato un
fabbricato destinato ad essere locato per ospitare una
scuola elementare (cfr. Cons. giust. amm., n. 792 del 2006);
ovvero di opera realizzata da un imprenditore per
l’esercizio in via immediata e diretta della propria
attività d’impresa –come si verifica nel caso di specie-
(cfr. Cons. Stato, sez. V, 20.10.2004, n. 6818); ovvero in
vista di un fine genericamente egoistico (Cons. giust. amm.,
12.02.2004, n. 26; 18.04.2006, n. 159 che ha negato il
beneficio in favore di azienda agrituristica), o limitato ad
una cerchia ristretta di persone (cfr. Cons. Stato, sez. V,
n. 3774 del 2005 cit. che ha negato il beneficio ad una
fondazione nel presupposto che si tratti di persona
giuridica di diritto privato che tende al soddisfacimento di
interessi privatistici e comunque di esigenze di un numero
limitato di persone).
Il carattere pubblico dell’iniziativa, onde conseguire il
beneficio di cui all’art. 17 cit., non può neppure essere
desunto dalla qualificazione delle strutture alberghiere
quali impianti destinati a finalità di carattere generale,
ai fini del rilascio dei titoli edilizi, trattandosi di
argomento che la giurisprudenza di questo Consiglio (cfr.
sez. IV, 21.04.1997, n. 424 ampiamente commentata dalla
difesa appellante), ha utilizzato in un ambito diverso da
quello relativo all’individuazione delle condizioni
soggettive ed oggettive indispensabili per consentire
l’esenzione totale dal pagamento dei contributi (Consiglio
di Stato, Sez. IV,
sentenza 11.05.2007 n. 2327 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
OGGETTO: Pagamento del contributo di costruzione, ai
sensi dell’art. 16 del D.P.R. n. 380/2001, per il recupero
di un edificio da destinare a residenza protetta e casa di
riposo per anziani.
Il Comune chiede se “è necessario il pagamento del
contributo di costruzione stabilito dall’art. 16 del D.P.R.
380/2001, per il recupero di un fabbricato esistente
costruito come colonia climatica e da destinare a residenza
protetta e casa di riposo per anziani, individuate nella
L.R. 20/2002”.
A tal fine fa presente che il fabbricato “è stato
costruito con regolare licenza edilizia in data 26.07.1964,
come colonia climatica”, che è ad oggi inutilizzato e “ricade
in una zona classificata dal vigente P.R.G. come “T”
Turistica, le cui N.T.A. prevedono le destinazioni a
carattere prevalentemente turistiche e ricettive” e che
“il progetto presentato prevede il recupero del
fabbricato esistente mediante l’esecuzione di opere interne,
con modifica degli ambienti, rifacimento degli impianti
tecnologici, nuovi ascensori per lettighe ed altre opere di
finitura interne ed esterne al fine di utilizzare il
fabbricato con le destinazioni sociali sopra riportate”.
Il Comune afferma infine che la richiesta di parere è
motivata “dal fatto che ci sono dubbi se la diversa
destinazione dei fabbricato prevista in progetto possa
rientrare o meno, fra gli interventi di mutamento d’uso, con
aumento degli standards, di cui alla L.R. 14/1986”
(Regione Marche,
parere 08.05.2007 n. 46/2007). |
EDILIZIA PRIVATA: La
"Casa religiosa di accoglienza" -assentita dallo Sportello
unico della Comunità montana– risulta strutturalmente
destinata ad ospitare i pellegrini che si recano all'annesso
Santuario "Maria SS. Immacolata di Lourdes" ed è, dunque,
riconducibile, anche avuto riguardo alle sue caratteristiche
in concreto, alla categoria degli "immobili adibiti
nell'esercizio del ministero pastorale, ad attività
educative, culturali, sociali, ricreative, di accoglienza e
di ristoro che non abbiano fini di lucro", prevista dal
sopra riportato art. 4 della legge reg. cal. n. 21/1990.
Ne discende che essa costituisce, per espressa previsione di
legge (comma 3 dell'art. 4, cit.), un'opera di
urbanizzazione secondaria.
Pertanto, non sussiste la debenza, ai sensi dell'art. 17,
comma 3, del D.P.R. n. 380/2001, del contributo di
costruzione per la realizzazione della Casa di ospitalità in
parola.
Ai sensi dell'art. 17, comma 3, del D.P.R. n. 380/2001, "il
contributo di costruzione non è dovuto: … c) per gli
impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse
generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti
nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da
privati, in attuazione di strumenti urbanistici".
La legge della Regione Calabria n. 21/1990 (recante "Norme
in materia di edilizia di culto e disciplina urbanistica dei
servizi religiosi") puntualizza all'art. 4 che "ai sensi e
per gli effetti dell'art. 3, secondo comma, lettera B, del
decreto del Ministro dei Lavori Pubblici 02.04.1968 e ai
fini dell'applicazione della presente legge sono
attrezzature di interesse comune per servizi religiosi: … c)
gli immobili adibiti, nell'esercizio del ministero
pastorale, ad attività educative, culturali, sociali,
ricreative, di accoglienza e di ristoro che non abbiano fini
di lucro (comma 1)". Lo stesso articolo 4 della citata legge
regionale specifica pure (comma 3) che "in relazione al
disposto dell'art. 4 della legge 29.09.1964, n. 847 e
successive modificazioni, le attrezzature di cui al
precedente primo comma costituiscono opere di urbanizzazione
secondaria".
Ciò posto, il collegio osserva che la "Casa religiosa di
accoglienza" -assentita dallo Sportello unico della
Comunità montana del versante tirrenico settentrionale con
permesso di costruire n. 387 del 02.02.2006– risulta
strutturalmente destinata ad ospitare i pellegrini che si
recano all'annesso Santuario "Maria SS. Immacolata di
Lourdes" ed è, dunque, riconducibile, anche avuto riguardo
alle sue caratteristiche in concreto, alla categoria degli
"immobili adibiti nell'esercizio del ministero pastorale, ad
attività educative, culturali, sociali, ricreative, di
accoglienza e di ristoro che non abbiano fini di lucro",
prevista dal sopra riportato art. 4 della legge reg. cal. n.
21/1990.
Ne discende che essa costituisce, per espressa previsione di
legge (comma 3 dell'art. 4, cit.), un'opera di
urbanizzazione secondaria.
Inoltre, il Programma di fabbricazione vigente presso il
Comune di Molochio, contrariamente a quanto sostenuto dalla
difesa delle amministrazioni resistenti, conferma tale
caratteristica, in quanto prevede –giusta variante
approvata con D.P.G.R. n. 11688 dell'11.08.2003- per
l'area interessata la destinazione urbanistica F2,
corrispondente ad "attrezzature pubbliche di interesse
comune", sicché la realizzazione della Casa di accoglienza
in questione deve ritenersi operata "in attuazione di
strumenti urbanistici".
In relazione a tutto quanto precede il ricorso in esame si
appalesa fondato e va quindi accolto, rimanendo assorbite le
censure non affrontate, con conseguente annullamento, per
quanto di ragione, del provvedimento impugnato e
declaratoria della non dovutezza, ai sensi dell'art. 17,
comma 3, del D.P.R. n. 380/2001, del contributo di
costruzione per la realizzazione della Casa di ospitalità in
parola
(TAR Calabria-Reggio Calabria,
sentenza 08.02.2007 n. 141 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2006 |
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EDILIZIA
PRIVATA: Concessione
edilizia - Ipotesi di gratuità - Non sussiste.
Seppure il garage per il quale è stata presentata istanza
per a concessione edilizia sarà adibito a ricovero per gli
autobus del servizio di trasporto urbano non vi sono i
presupposti per l'applicazione dell'art. 9, lett. f), della
l. n. 10 del 1977 che prevede la gratuità della
concessione edilizia: il beneficio del garage in quanto
destinato ad uso pubblico o collettivo è un beneficio
temporalmente limitato, che verrà comunque meno alla
scadenza del termine ventennale del vincolo di destinazione
pubblicistica del bene; una volta scaduto tale vincolo il
garage resterà liberamente fruibile dai privati.
Va aggiunto che il fine dell'esenzione non è quello di
esonerare l'imprenditore dai costi dell'impresa, ma di
evitare la contribuzione quando questa sarebbe
contraddittoria. Ed infatti, i contributi di urbanizzazione
si giustificano per gli oneri che la collettività sopporta a
vantaggio del soggetto che costruisce, sicché non avrebbe
senso per le opere costruite a carico della collettività
stessa (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza
19.12.2006 n. 3009
- massima tratta da www.solom.it - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
OGGETTO: Realizzazione postazione di emergenza “118” e
nuovo complesso da adibire a sede operativa della pubblica
assistenza “AVIS” del Comune, Classificazione
dell’intervento ai sensi dell’art. 16, comma 8, del DPR n.
380/2001.
Il Comune fa presente che “l’associazione pubblica
assistenza AVIS del Comune” ha richiesto il rilascio del
permesso di costruire per la “costruzione di un edificio
destinato alla postazione di emergenza 118 e alla sede
operativa della associazione”, nel quale sono previsti “sia
il deposito dei mezzi a disposizione dell’associazione
(autoambulanze, macchine, ecc,) sia sale per i corsi con
relativi servizi igienici e camera da letto per gli
operatori che svolgono il servizio 118”.
A tal proposito fa notare che “l’associazione è iscritta
nel Registro regionale del volontariato, ai sensi dell’art.
6 della L. 266/1991 nel settore sanità e a seguito del
decreto di riforma di cui al D.lgs. 460/1997, che ha
istituito la figura delle ONLUS, è considerata ex lege una
ONLUS di diritto (art. 10, comma 8)”. Precisa infine che
“l’attività istituzionale dell’associazione è configurata
nel trasporto infermi, ammalati e feriti con mezzi sanitari
(autoambulanze) in centri specializzati per cure e terapie
(dialisi, chemioterapia, ecc.) integrazione del carente
servizio effettuato dalla ASL di competenza per territorio
(compreso il servizio 118)”.
Il Comune rileva che “il progetto presentato è funzionale
alle attività svolte dall’associazione” e ritiene
pertanto che “l’intervento può essere classificato come
opera di urbanizzazione secondaria in quanto attrezzatura
sanitaria ai sensi dell’art. 16, comma 8, del D.P.R.
380/2001”, Chiede quindi se tale valutazione “può
considerarsi corretta ai fini del rilascio del permesso di
costruire” (Regione Marche,
parere 21.08.2006 n. 7/2006). |
EDILIZIA PRIVATA: Due
requisiti devono concorrere per fondare lo
speciale regime di gratuità della
concessione: l'uno di carattere oggettivo e
l'altro di carattere soggettivo. Per effetto
del primo la costruzione deve riguardare
opere pubbliche o di interesse generale; per
effetto del secondo le opere devono essere
eseguite da un ente istituzionalmente
competente.
La gratuità del titolo concessorio opera
anche nei riguardi di “opere di
urbanizzazione eseguite in attuazione di
strumenti urbanistici”. Perché la
costruzione possa fruire del beneficio è
necessario che essa sia specificamente
indicata come tale nello strumento
urbanistico medesimo.
La questione controversa concerne
l'applicabilità dell'art. 9, lettera f),
della legge n. 10 del 1977 al complesso
edilizio realizzato dalla società appellante
ed il relativo riconoscimento del diritto
all'esenzione dal pagamento del contributo
di concessione di cui all'art. 3 della legge
n. 10 del 1977.
Prevede tale norma che “il contributo di
cui al precedente articolo 3 non è dovuto:
……f) per gli impianti, le attrezzature, le
opere pubbliche o di interesse generale
realizzate dagli enti istituzionalmente
competenti nonché per le opere di
urbanizzazione, eseguite anche da privati,
in attuazione di strumenti urbanistici”.
La disposizione in oggetto viene richiamata
per due distinti profili, ciascuno dei quali
idoneo, in linea di ipotesi, a giustificare
l'esenzione.
Il primo è quello per cui il contributo
concessorio non è dovuto quando si tratta
della realizzazione di opere pubbliche o di
interesse generale da parte di enti
istituzionalmente competenti.
La norma enuncia due requisiti che devono
entrambi concorrere per fondare lo speciale
regime di gratuità della concessione, l'uno
di carattere oggettivo e l'altro di
carattere soggettivo.
Per effetto del primo la costruzione deve
riguardare opere pubbliche o di interesse
generale; per effetto del secondo le opere
devono essere eseguite da un ente
istituzionalmente competente (v., ex plurimis, le decisioni della sezione
20.10.2004, n. 6818; 10.07.2000, n. 3860;
20.07.1999, n. 849; 29.09.1997, n. 1067).
La ratio della norma è anzitutto
quella di agevolare l'esecuzione di opere
destinate al soddisfacimento di interessi
pubblici o dalle quali la collettività possa
comunque trarre una utilità.
L'esecuzione di un'opera pubblica, inoltre,
quando è compiuta da un "ente
istituzionalmente competente",
garantisce il perseguimento di interessi di
ordine generale e giustifica la concessione
di un beneficio economico che, non
contribuendo alla formazione di un utile di
impresa, si riverbera a vantaggio di tutta
la collettività che fruisce dell'opera una
volta compiuta.
L'imposizione degli oneri concessori al
soggetto che interviene per l'istituzionale
attuazione del pubblico interesse sarebbe
altrimenti intimamente contraddittoria,
poiché verrebbe a gravare, sia pure
indirettamente, sulla stessa comunità che
dovrebbe avvantaggiarsi dal loro pagamento.
In questo senso, la disposizione agevolativa
è stata estesa, dunque, oltre che agli enti
pubblici, anche a quelle figure soggettive
che non agiscono per esclusivo scopo
lucrativo ovvero che accompagnano al lucro
un collegamento giuridicamente rilevante con
l'amministrazione, sì da rafforzare il
legame istituzionale con l'azione del
soggetto pubblico per la cura degli
interessi della collettività.
Tale raccordo, peraltro, deve essere idoneo
ad assicurare, grazie alla presenza del
soggetto pubblico, un contemperamento
dell'obiettivo privatistico dell'esecutore
dell'opera con il fine pubblicistico
realizzato, come ad esempio nel caso del
concessionario di opera pubblica, il quale,
pur mirando al conseguimento di un lucro
d'impresa, è parificabile a pieno titolo al
soggetto che cura istituzionalmente
l'esecuzione di opere di interesse generale
(cfr. la decisone di questa Sezione n. 1280
del 07.09.1995).
Occorre, cioè, un ben preciso vincolo tra il
soggetto abilitato ad operare nell'interesse
pubblico ed il materiale esecutore della
costruzione; vincolo che, in linea di
massima, è stato identificato nella
concessione di opera pubblica o analoghe
figure organizzatorie in modo tale che
l'attività edilizia sia compiuta da un
soggetto che curi istituzionalmente la
realizzazione di opere di interesse generale
per il perseguimento delle specifiche
finalità cui le opere stesse sono destinate,
per cui non può usufruire dell'esenzione dal
contributo l'opera costruita da un
imprenditore per la propria attività
d'impresa (cfr. la decisione di questa
Sezione n. 6618 del 02.12.2002).
La Sezione ha anche avuto modo di rilevare
(cfr. la citata decisione 06.10.2003, n.
5323) che la fattispecie normativa, elevando
ad oggetto della qualificazione "le opere
pubbliche o di interesse generale realizzate
dagli enti istituzionalmente competenti"
ha inteso, in effetti, riferirsi agli enti
pubblici, o comunque agli enti che agiscono
per conto di enti pubblici (come ad esempio,
i concessionari pubblici): in tal senso, la
giurisprudenza del Consiglio di Stato è
costante.
L'esattezza di tale soluzione è confermata,
del resto, non soltanto dall'endiadi: "opere
pubbliche o di interesse generale", che
rinvia ad una figura soggettiva pubblica, ma
dal fatto che nella sola seconda parte della
proposizione normativa, concernente le opere
di urbanizzazione, la disposizione reca la
specifica indicazione: "eseguite anche da
privati".
Ne esce quindi caricata di ulteriore valore
semantico la locuzione: "enti
istituzionalmente competenti", che non
può riferirsi che ad enti pubblici o a
soggetti che agiscono per conto degli
stessi.
È da escludere,
poi, che nella specie possa trovare
applicazione anche la citata seconda parte
dell’art. 9, lettera f), della legge n.
10/1977, secondo cui la gratuità del titolo
concessorio opera anche nei riguardi di “opere
di urbanizzazione eseguite in attuazione di
strumenti urbanistici”. Perché la
costruzione possa fruire del beneficio
correlato a tale norma è, invero, necessario
che essa sia specificamente indicata come
tale nello strumento urbanistico medesimo.
Sennonché, le opere di cui qui si discute
non sono mai state qualificate come opere di
urbanizzazione nelle locale pianificazione
urbanistica, sicché l’esenzione dal
contributo di concessione non può essere
riconosciuta
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 11.01.2006 n. 51 - link a www.giustizia-amministrativa.it).
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(fattispecie relativa ad una ONLUS che ha
richiesto la concessione edilizia per la
costruzione di una residenza per anziani). |
anno 2005 |
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EDILIZIA PRIVATA:
Ai fini dell’esenzione
del contributo ex art. 9 della L. n. 10/1977, lett. f),
occorre che l’opera sia pubblica o di interesse pubblico e
sia realizzata da un ente pubblico, non competendo essa alle
opere eseguite da soggetti privati, quale che sia la
rilevanza sociale dell’attività da essi esercitata nella (o
con la) opera edilizia alla quale la concessione si
riferisce.
Quanto, invece, all’esenzione dovuta (sempre ai sensi della
citata lett. f) per le <<opere di urbanizzazione eseguite
anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici>>,
occorre che si tratti di opera di urbanizzazione
specificamente indicata come tale nello strumento
urbanistico, anche attuativo.
Quanto al
richiamo, contenuto nell’appello in esame, all’art. 9 della
L. n. 10/1977 cit., riguardante i casi di concessione
gratuita, e, segnatamente, alla lett. f), deve dirsi che -a
prescindere dalla fondatezza o meno dell’eccezione,
sollevata dall’appellato Comune, relativa alla novità della
questione (in quanto il vizio non è stato formulato nel
giudizio di primo grado)- tale norma non è applicabile al
caso di specie, in quanto la concessione edilizia è stata
rilasciata alla Promingros S.r.l., mentre, ai fini
dell’esenzione de qua occorre che l’opera sia pubblica o di
interesse pubblico e sia realizzata da un ente pubblico, non
competendo essa alle opere eseguite da soggetti privati,
quale che sia la rilevanza sociale dell’attività da essi
esercitata nella (o con la) opera edilizia alla quale la
concessione si riferisce (cfr. Cons. St., sez. V, 21.01.1997, n. 69; Cons. St., sez. V, 19.09.1995, n. 1313; C.G.A.R.S., 20.07.1999, n. 369); quanto, invece,
all’esenzione dovuta (sempre ai sensi della citata lett. f)
per le <<opere di urbanizzazione eseguite anche da privati,
in attuazione di strumenti urbanistici>>, occorre che si
tratti di opera di urbanizzazione specificamente indicata
come tale nello strumento urbanistico, anche attuativo (cfr.
Cons. St., sez. V, 21.01.1997, n. 69; Cons. St., sez.
V, 01.06.1992, n. 489) (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 15.12.2005 n. 7140 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Il
requisito soggettivo previsto dall’art. 9,
comma 1, lett. f), legge n. 10 del 1977
(esenzione dal pagamento degli oo.uu.)
sussiste quando tra il soggetto abilitato ad
operare nell’interesse pubblico ed il
materiale esecutore della costruzione vi sia
un ben preciso vincolo, in modo tale che
l’attività edilizia sia compiuta da un
soggetto che curi istituzionalmente la
realizzazione di opere di interesse
generale, ma tale requisito postula,
ovviamente, che la realizzazione dell’opera
ricada nell’ambito delle competenze
istituzionali dell’ente pubblico, e di
quelle attribuite (per concessione od altro,
analogo, modello organizzatorio) al soggetto
attuatore.
La giurisprudenza è concorde nel ritenere
che l’espressione “opere pubbliche o di
interesse generale realizzate dagli enti
istituzionalmente competenti” usata
dalla norma in discorso (art. 9 l. n.
10/1977) coincide in sostanza con quella di
opera pubblica, che è appunto l’opera di
interesse generale realizzata da un ente
pubblico, nell’ambito delle proprie
competenze istituzionali; essa pertanto può
anche essere realizzata da un soggetto
privato, purché per conto di un ente
pubblico, come nella figura della
concessione di opera pubblica o in altre
analoghe figure organizzatorie, e tale non
può certo dirsi quella per la cui
utilizzazione l’ente pubblico (nella specie,
la regione), stabilisce di pagare un
corrispettivo.
Il fine dell’esenzione è, infatti, quello di
evitare una contribuzione intimamente
contraddittoria, quale sarebbe quella per
opere costruite a carico della collettività,
e non quella di esonerare gli imprenditori
dai costi di impresa (così Cons. Stato, sez.
V, 10.12.1990, n. 857). Inoltre l’opera, per
godere dell’esenzione, deve essere
imputabile in capo all’ente pubblico, in
maniera diretta ed iniziale (Tar Umbria,
10.11.1993, n. 463; Cons. Stato, sez. V,
02.12.2002, n. 6618); deve essere, in altre
parole, riferibile all’ente pubblico e
all’ambito delle sue competenze
istituzionali, anche se sia materialmente
realizzata da un soggetto diverso, pure
privato.
Tale requisito difetta nella fattispecie in
esame, nella quale la realizzazione
dell’impianto è stato progettato e
concretizzato da Consepi s.p.a. nell’ambito
della propria attività di impresa,
relativamente alla quale ricava un compenso,
anche a carico, come detto, della stessa
regione: è quindi evidente che le opere
stesse non possono essere qualificate di
interesse generale (e tanto meno pubbliche),
se non in senso generico (alla pari, ad
esempio, degli edifici destinati a
soddisfare le esigenze abitative, esse pure,
in questo senso, di interesse generale e
assoggettate pacificamente al pagamento
degli oneri).
Come si è detto, il requisito soggettivo
previsto dall’art. 9, comma 1, lett. f),
legge n. 10 del 1977 sussiste quando tra il
soggetto abilitato ad operare nell’interesse
pubblico ed il materiale esecutore della
costruzione vi sia un ben preciso vincolo,
in modo tale che l’attività edilizia sia
compiuta da un soggetto che curi
istituzionalmente la realizzazione di opere
di interesse generale (Cons. stato, sez. V,
20.10.2004, n. 6818), ma tale requisito
postula, ovviamente, che la realizzazione
dell’opera ricada nell’ambito delle
competenze istituzionali dell’ente pubblico,
e di quelle attribuite (per concessione od
altro, analogo, modello organizzatorio) al
soggetto attuatore.
Nella specie, la società ricorrente è stata
costituita dalla regione Piemonte,
utilizzando lo strumento di cui all’art. 4
legge reg. n. 11 del 1980, per la
realizzazione di opere di pubblica utilità
relative alle “infrastrutture per il
trattamento delle merci e per l’interscambio
fra sistemi di trasporto”: non è dunque
una società con capacità generica, per
quanto riguarda il rapporto con la regione,
né un ente strumentale indifferenziato, ma
una società orientata ad un ben preciso
obiettivo, quello appunto di realizzare e
gestire l’autoporto o altre simili
infrastrutture per il trattamento delle
merci e l’interscambio. Del pari, non è solo
la regione che può affidarle la
realizzazione di programmi di intervento,
ma, a norma di statuto, anche società
(private).
L’opera di cui ora si discute riguarda la
realizzazione di un intervento per la
sicurezza stradale, che è cosa evidentemente
diversa da quella per la quale la regione ha
provveduto a strutturare la società; questa
considerazione, e la capacità di impegnarsi
anche a favore di privati esclude che la
Consepi possa definirsi ente strumentale
della regione, essendo, invece, definibile a
tutti gli effetti come imprenditore, che
esplica la propria attività di impresa anche
nei confronti della regione
(TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 31.10.2005 n. 3316 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Lo
speciale regime di gratuità della
concessione edilizia -ex art. 9 l. n.
10/1977- richiede il concorso di due
requisiti: l’uno di carattere soggettivo e
l’altro di carattere oggettivo.
Il primo consiste nell'esecuzione delle
opere da parte di enti “istituzionalmente
competenti”, vale a dire da parte di
soggetti ai quali la realizzazione
dell’opera sia demandata in via
istituzionale; il secondo, dall’ascrivibilità
del manufatto oggetto di concessione
edilizia alla categoria delle opere
pubbliche o di interesse generale.
Dispone l'art. 9 della l. n. 10/1977: “Il
contributo (per il rilascio della
concessione) … non è dovuto: … f) per gli
impianti, le attrezzature, le opere
pubbliche o di interesse generale realizzate
dagli enti istituzionalmente competenti
nonché per le opere di urbanizzazione,
eseguite anche da privati, in attuazione di
strumenti urbanistici”.
Secondo giurisprudenza ormai pacifica,
nell’ipotesi considerata da questa
disposizione, lo speciale regime di gratuità
della concessione edilizia richiede il
concorso di due requisiti, l’uno di
carattere soggettivo e l’altro di carattere
oggettivo.
Il primo consiste nell'esecuzione delle
opere da parte di enti “istituzionalmente
competenti”, vale a dire da parte di
soggetti ai quali la realizzazione
dell’opera sia demandata in via
istituzionale; il secondo, dall’ascrivibilità
del manufatto oggetto di concessione
edilizia alla categoria delle opere
pubbliche o di interesse generale.
Si è rilevato, infatti, che l’espressione «opere
pubbliche o di interesse generale realizzate
dagli enti istituzionalmente competenti»
rende in sostanza il concetto di «opera
pubblica», che è appunto opera di
interesse generale realizzata da un ente
pubblico nell'ambito delle proprie
competenze istituzionali. Essa, pertanto, è
stata riferita anche ad un’opera realizzata
da un soggetto privato, purché per conto di
un ente pubblico, come nella figura della
concessione di opere pubbliche o in analoghe
figure organizzatorie (cfr., su tutta la
materia, Cons. Stato, Sez. V, 02.12.2002 n.
6618; 10.07.2000 n. 3860; id. 06.12.1999 n.
2061; id. 10.05.1999 n. 536; id. 04.05.1998
n. 492; id. 29.09.1997 n. 1067; id.
07.09.1995 n. 1280; id. 10.12.1990 n. 857).
La disposizione sopra riportata, inoltre,
deve ritenersi di stretta interpretazione,
in quanto introduce ipotesi di deroga alla
regola generale (art. 1 L. 28.01.1977 n. 10)
che assoggetta a contributo tutte le opere
che comportino trasformazione del
territorio, in relazione agli oneri che la
collettività, in dipendenza di esse, è
chiamata a sopportare (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 12.07.2005 n. 3774 - link a www.giustizia-amministrativa.it).
--------------
(fattispecie relativa alla concessione
edilizia rilasciata ad una fondazione per
l’esecuzione di lavori di recupero e riuso
di un castello al fine di realizzarvi una
residenza studentesca ed un centro
congressi). |
EDILIZIA PRIVATA:
Lo sgravio contributivo esige il
concorso di due presupposti, e cioè uno
oggettivo, ovvero l’ascrivibilità del
manufatto oggetto di concessione edilizia
alla categoria delle opere pubbliche o di
interesse generale e l’altro soggettivo,
ovvero l’esecuzione delle opere da parte di
enti istituzionalmente competenti, vale a
dire da parte di soggetti cui sia demandata
in via istituzionale la realizzazione di
opere di interesse generale ovvero da parte
di privati concessionari dell’ente pubblico
purché le opere siano inerenti all’esercizio
del rapporto concessorio.
Le opere –ammesse allo
sgravio contributivo- devono essere
realizzate dagli enti istituzionalmente
competenti, con la conseguente necessità che
deve sussistere un ben preciso vincolo
relazionale tra il soggetto abilitato ad
operare nell’interesse pubblico ed il
materiale esecutore della costruzione: la
giurisprudenza prevalente ha identificato
tale vincolo nella concessione di
costruzione di opera pubblica o in altre
analoghe figure organizzatorie.
Viene in discussione la tematica
dell’esenzione dal pagamento dei contributi
di concessione per le opere pubbliche o di
interesse generale, realizzate dagli enti
istituzionalmente competenti, ai sensi
dell’art. 9, comma 1, lett. f), legge n.
10/1977.
Lo sgravio contributivo in esame esige il
concorso di due presupposti, e cioè uno
oggettivo, ovvero l’ascrivibilità del
manufatto oggetto di concessione edilizia
(nella specie, una ristrutturazione) alla
categoria delle opere pubbliche o di
interesse generale (nel senso che deve
trattarsi di opere che, quantunque non
destinate direttamente a scopi propri della
p.a., siano comunque idonee a soddisfare i
bisogni della collettività, anche se
realizzate e gestite da privati), e
l’altro soggettivo, ovvero l’esecuzione
delle opere da parte di enti
istituzionalmente competenti, vale a dire da
parte di soggetti cui sia demandata in via
istituzionale la realizzazione di opere di
interesse generale (cfr. C.G.A.R.S.
20.07.1999 n. 369; Cons. Stato, V,
06.12.1999 n. 2061), ovvero da parte di
privati concessionari dell’ente pubblico
(cfr. Cons. Stato, V, 07.09.1995 n. 1280),
purché le opere siano inerenti all’esercizio
del rapporto concessorio.
Il Comune è, peraltro, tenuto ad accertare
d’ufficio tali presupposti indipendentemente
dalla richiesta del privato, non prevista
dalla legge.
Il fine dell’applicazione della norma,
fondata dunque sul presupposto oggettivo
della natura delle opere e su quello
soggettivo della qualità dell’ente
realizzatore, è chiaramente quello di
assicurare una ricaduta del beneficio dello
sgravio a vantaggio della collettività, nel
senso che la gratuità della concessione si
traduce in un abbattimento dei costi, a cui
corrisponde, in definitiva, un minore
aggravio di oneri per il contribuente.
Le opere per cui può ipotizzarsi lo sgravio
dagli oneri concessori devono, dunque,
rivelare innanzitutto un carattere
direttamente satisfattivo dell’interesse
della collettività, di per se stesse –poiché
destinate ad uso pubblico o collettivo– o in
quanto strumentali rispetto ad opere del
genere anzidetto, o comunque perché
immediatamente collegate con le funzioni di
pubblico servizio espletate dall’ente (cfr.
Cons. Stato, V, 08.06.1998 n. 777).
Il beneficio della gratuità della
concessione richiede poi che l'opera avente
le suddette caratteristiche sia realizzata
da un soggetto istituzionalmente competente,
sia cioè realizzato dall'ente per il
perseguimento dei suoi fini istituzionali, e
cioè per la cura di quegli interessi a lui
affidati e che ne rappresentano la ragion
d'essere (cfr. Cons. Stato, V, 20.07.1999 n.
849).
Esso non spetta, pertanto, a soggetti
privati per gli immobili ove esercitino una
mera attività (lucrativa o non) di impresa,
indipendentemente dalla rilevanza sociale
dell’attività stessa (cfr. Cons. Stato, V,
21.01.1997 n. 69).
Al fine dell’individuazione dell’anzidetto
requisito di ordine soggettivo, la
giurisprudenza richiede, di norma, quanto
meno il possesso della qualità di
concessionario, operante per conto di un
ente pubblico (Cons. Stato, V, 07.09.1995 n.
1280, cit.).
Nel recente panorama giurisprudenziale, il
beneficio è stato conseguentemente negato:
- ad una società per azioni relativamente
alla concessione di ampliamento della
clinica gestita dalla stessa (Cons. Stato,
V, 16.01.1992 n. 46);
- all’impresa che, senza alcun collegamento
riconducibile ad una concessione da parte di
un ente pubblico, svolga un’attività
assistenziale, in quanto l’agevolazione in
parola implica, come accennato, il possesso
del requisito non solo oggettivo (impianti,
attrezzature, opere pubbliche o di interesse
generale), ma pure soggettivo (ente pubblico
o soggetto concessionario di pubblico
servizio o di opere pubbliche : cfr. Cons.
Stato, V, 10.05.1999 n. 536);
- alle cooperative edilizie, in quanto
curano in primo luogo l’interesse dei soci;
- al privato che realizzi impianti sportivi,
anche se la loro utilizzazione sia oggetto
di convenzione con il Comune;
- per la realizzazione di uffici direzionali
di un’azienda creditizia;
- per la costruzione di scuole non previste
tra le opere di urbanizzazione dallo
strumento urbanistico;
- alla società concessionaria del servizio
distributivo del gas, per la costruzione di
una nuova sede;
- per le opere realizzate da un privato, su
proprietà e con capitali privati, pur se in
vista di un contratto di locazione con la
p.a..
E’ stato peraltro precisato che per
realizzatore dell’opera deve intendersi non
soltanto chi provveda materialmente
all’edificazione, ma anche il soggetto cui
l’opera sia riferibile dal punto di vista
sia progettuale che della destinazione
finale (Cons. Stato, V, 08.06.1998 n. 777,
cit.).
E’, dunque, la carenza dell’elemento
soggettivo ad assumere rilevanza decisiva
nella fattispecie in esame, in cui esso non
appare sufficientemente integrato.
Il legislatore richiede che le opere
–ammesse allo sgravio contributivo- siano
realizzate dagli enti istituzionalmente
competenti, con la conseguente necessità che
sussista un ben preciso vincolo relazionale
tra il soggetto abilitato ad operare
nell’interesse pubblico ed il materiale
esecutore della costruzione: la
giurisprudenza prevalente ha identificato
tale vincolo nella concessione di
costruzione di opera pubblica o in altre
analoghe figure organizzatorie (Cons. Stato,
V, 19.05.1998, n. 617; 07.09.1995, n. 1280;
13.12.1993, n. 1280; 20.11.1989, n. 752).
Deve cioè trattarsi di attività compiuta da
un concessionario, o più in generale da un
soggetto che curi istituzionalmente (è,
quindi, questo l’elemento chiave) la
realizzazione di attività d'interesse
generale per il perseguimento delle
specifiche finalità cui le stesse siano
destinate: nell’ordinamento italiano le
attività di natura socio-assistenziali
competono istituzionalmente al Servizio
sanitario nazionale, mentre l’erogazione dei
servizi attinenti alla pubblica istruzione
spetta allo Stato o alle Regioni o alle
Province, prestazioni rispetto alle quali
l’Associazione appellata non può vantare
alcuna istituzionale competenza, nonostante
l’assenza del fine di lucro, di per se
stessa non sufficiente ad integrare i
necessari presupposti in precedenza messi in
luce
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 10.05.2005 n. 2226 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
costruzione di una cappella privata,
all'interno del cimitero comunale, sconta il
pagamento degli oneri di urbanizzazione.
I due ricorsi si fondano sul postulato che
in virtù dell’art. 9, lettera f, della L. n.
10/1977, per la costruzione di una Cappella
Cimiteriale non sarebbe dovuto il pagamento
dei predetti oneri atteso che le
Confraternite è un Ente Ecclesiale non
avente scopo di lucro,ma caratteristiche
mutualistiche ed assistenziali.
Le Cappelle, secondo l’assunto di parte
ricorrente, anche se non destinate a scopi
propri dell’Amministrazione, soddisfano
bisogni della collettività, anche se la
gestione del manufatto Cimiteriale è svolta
da privati.
L’iter logico giuridico seguito dalla
ricorrente non è condivisibile.
Invero, l’art. 9 della L. n. 10/1977, alla
lettera f), disposizione invocata dalla
ricorrente per postulare l’esonero dai
contributi e pretendere la restituzione del
asseritamene indebito, statuisce che non
sono dovuti gli oneri di urbanizzazione per:
gli impianti, le attrezzature, le opere
pubbliche o di interesse generale realizzate
dagli enti istituzionalmente competenti
nonché per le opere di urbanizzazione,
eseguite anche da privati, in attuazione di
strumenti urbanistici.
Nel caso all’esame del Collegio la Cappella
non è sussumibile in nessuna delle
fattispecie elencate nella norma
surriportata.
Infatti, essa non può essere considerata
opera pubblica realizzata da un Ente
pubblico istituzionalmente competente, né
opera di urbanizzazione realizzata da un
privato in attuazione di uno strumento
urbanistico, atteso che non risulta che il
manufatto de quo sia previsto da
alcun strumento urbanistico e neppure che la
Confraternita lo abbia realizzato nel quadro
di interventi, sia pure a cura di privati,
di attuazione delle previsioni di uno
strumento urbanistico.
Né dai ricorso o dalle allegazioni
processuali è dato dedurre che la Cappella
sia stata costruita dalla Confraternita in
attuazione di un accordo ex L. n. 241/1990.
Né, ad avviso del Collegio, hanno pregio le
considerazioni della ricorrente relative ad
una rilevanza della natura non profit
della Confraternita, né il presunto fine di
interesse generale perseguito dal sodalizio
nella realizzazione della Cappella.
Infatti il testo della lettera f) dell’art.
9 della L. n. 10/1977 esclude, per la sua
stessa natura di norma di privilegio
comportante un esenzione dall’obbligo di
versare somme dovute ad un ente pubblico,
qualunque interpretazione estensiva od
analogica.
Né pur ricorrendo alle predette tipologie
intepretative si potrebbe comunque pervenire
all’esito intepretativo indicato dalla
ricorrente, atteso che la Confraternita pur
essendo un sodalizio che non persegue fini
di lucro non realizza interessi generali,
come ritiene la ricorrente, ma soddisfa un
interesse dei confrati (TAR Sicilia-Catania,
Sez. I,
sentenza 03.05.2005 n. 788 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2004 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
Come è noto, l’art. 9, comma 1, lett. f), L. n.
10/1977 richiede due requisiti che devono entrambi
concorrere per fondare lo speciale regime di gratuità della
concessione, l'uno di carattere oggettivo e l'altro di
carattere soggettivo.
Per effetto del primo, la costruzione deve riguardare
opere pubbliche o di interesse generale; mentre, per effetto
del secondo, esse devono essere eseguite da un ente
istituzionalmente competente.
---------------
E’ stato chiarito che la ratio dell’esenzione in argomento è
finalizzata da un lato ad agevolare l'esecuzione di opere
dalle quali la collettività possa trarne utilità e
dall’altro ad evitare che il soggetto che interviene per
l'istituzionale attuazione del pubblico interesse
corrisponda un contributo che verrebbe a gravare, sia pure
indirettamente, sulla stessa Comunità che dovrebbe
avvantaggiarsi dal loro pagamento.
In questo senso, la disposizione agevolativa è stata estesa,
oltre che agli enti pubblici, anche a quelle figure
soggettive che non agiscono per esclusivo scopo lucrativo
ovvero che accompagnano al lucro un collegamento
giuridicamente rilevante con l'amministrazione, sì da
rafforzare il legame istituzionale con l'azione del soggetto
pubblico per la cura degli interessi della collettività.
Tale raccordo, peraltro, deve essere idoneo ad assicurare,
grazie alla presenza del soggetto pubblico, un
contemperamento dell'obiettivo privatistico dell'esecutore
dell'opera con il fine pubblicistico realizzato, come ad
esempio nel caso del concessionario di opera pubblica, il
quale, pur mirando al conseguimento di un lucro d'impresa, è
parificabile a pieno titolo al soggetto che cura
istituzionalmente l'esecuzione di opere di interesse
generale.
Occorre cioè un ben preciso vincolo tra il soggetto
abilitato ad operare nell’interesse pubblico ed il materiale
esecutore della costruzione, vincolo che in linea di massima
è stato identificato nella concessione di opera pubblica o
analoghe figure organizzatorie in modo tale che l’attività
edilizia sia compiuta da un soggetto che curi
istituzionalmente la realizzazione di opere di interesse
generale per il perseguimento delle specifiche finalità cui
le opere stesse sono destinate, per cui non può usufruire
dell’esenzione dal contributo l’opera costruita da un
imprenditore per la propria attività d’impresa.
Con sentenza TAR Toscana, Sezione III, n. 450 del
22.09.1999 è stato accolto il ricorso proposto dalla Società Carrani costruzioni avverso il Comune di Empoli che le aveva
negato l’esenzione dagli oneri contributivi relativi alla
concessione edilizia rilasciata il 07.10.1992 e successive
varianti.
In particolare, il TAR ha ritenuto che la Società,
esercitando un’attività edilizia riguardante un immobile
destinato a sede INAIL, venisse a rivestire una posizione
assimilabile a quella degli “Enti istituzionalmente
competenti” e perciò avesse titolo ad usufruire
dell’esenzione di cui all’art. 9, comma 1, lett. f.), L.
28.01.1997 n. 10.
Avverso detta sentenza ha proposto appello il Comune,
sostenendo in sostanza che la Società non aveva agito quale
commissionario di soggetto pubblico istituzionalmente
competente ma in proprio, realizzando la ristrutturazione di
un immobile di sua proprietà.
L’appello è fondato.
Come è noto, l’art. 9, comma 1, lett. f), L. n. 10/1977
richiede due requisiti che devono entrambi concorrere per
fondare lo speciale regime di gratuità della concessione,
l'uno di carattere oggettivo e l'altro di carattere
soggettivo (cfr. la decisone di questa Sezione n. 3860 del
10.07.2000).
Per effetto del primo, la costruzione deve riguardare opere
pubbliche o di interesse generale; mentre, per effetto del
secondo, esse devono essere eseguite da un ente
istituzionalmente competente.
Si può prescindere dal primo aspetto di carattere oggettivo,
atteso che nella specie difetta senz’altro il secondo
aspetto.
E’ stato chiarito che la ratio dell’esenzione in
argomento è finalizzata da un lato ad agevolare l'esecuzione
di opere dalle quali la collettività possa trarne utilità e
dall’altro ad evitare che il soggetto che interviene per
l'istituzionale attuazione del pubblico interesse
corrisponda un contributo che verrebbe a gravare, sia pure
indirettamente, sulla stessa Comunità che dovrebbe
avvantaggiarsi dal loro pagamento.
In questo senso, la
disposizione agevolativa è stata estesa, oltre che agli enti
pubblici, anche a quelle figure soggettive che non agiscono
per esclusivo scopo lucrativo ovvero che accompagnano al
lucro un collegamento giuridicamente rilevante con
l'amministrazione, sì da rafforzare il legame istituzionale
con l'azione del soggetto pubblico per la cura degli
interessi della collettività. Tale raccordo, peraltro, deve
essere idoneo ad assicurare, grazie alla presenza del
soggetto pubblico, un contemperamento dell'obiettivo
privatistico dell'esecutore dell'opera con il fine
pubblicistico realizzato, come ad esempio nel caso del
concessionario di opera pubblica, il quale, pur mirando al
conseguimento di un lucro d'impresa, è parificabile a pieno
titolo al soggetto che cura istituzionalmente l'esecuzione
di opere di interesse generale (cfr. la decisone di questa
Sezione n. 1280 del 07.09.1995).
Occorre cioè un ben preciso vincolo tra il soggetto
abilitato ad operare nell’interesse pubblico ed il materiale
esecutore della costruzione, vincolo che in linea di massima
è stato identificato nella concessione di opera pubblica o
analoghe figure organizzatorie in modo tale che l’attività
edilizia sia compiuta da un soggetto che curi
istituzionalmente la realizzazione di opere di interesse
generale per il perseguimento delle specifiche finalità cui
le opere stesse sono destinate, per cui non può usufruire
dell’esenzione dal contributo l’opera costruita da un
imprenditore per la propria attività d’impresa (cfr. la
decisione di questa Sezione n. 6618 del 2.12.2002)
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 20.10.2004 n. 6818 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
E' gratuita la concessione
edilizia da rilasciarsi all'ENEL SPA in
merito alla ristrutturazione ad uso ufficio
di un edificio di proprietà onde utilizzarlo
quale sede operativa della sezione
teletrasmissioni.
Secondo la giurisprudenza, l’esenzione dai
contributi dovuti per il rilascio della
concessione edilizia, ai sensi dell’art. 9,
lett. f), della legge n. 10 del 1977, si
applica all’opera realizzata da una pubblica
amministrazione o da un concessionario o,
più in generale, da un soggetto che curi
istituzionalmente la realizzazione di opere
di interesse generale per il perseguimento
delle specifiche finalità cui le opere
stesse sono destinate (Cons. St., Sez. V,
20.07.1999 n. 849) e può essere applicata
anche ad un’opera realizzata da un soggetto
privato per conto di un Ente pubblico purché
si tratti di opera pubblica e/o di un’opera
di interesse generale (Cons. St., Sez. V,
18.09.2003 n. 5315).
Orbene, non v’è dubbio che nel caso in esame
i lavori assentiti con la concessione
edilizia impugnata riguardano la
ristrutturazione di un edificio da adibire
al perseguimento delle specifiche finalità
del servizio pubblico di fornitura
dell’energia elettrica e che i lavori stessi
sono eseguiti da un soggetto che, comunque
lo si guardi, è istituzionalmente, in virtù
del rapporto di concessione, preposto al
servizio pubblico in discorso (TAR
Abruzzo-Pescara, Sez. I,
sentenza 07.09.2004 n. 800 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Il
concetto di edificio destinato all’esercizio pubblico del
culto cattolico risulta suscettibile di estendersi anche
alle pertinenze, per la cui configurazione non appare
decisiva la materiale unicità della costruzione dei locali,
bensì il legame funzionale derivante dalla loro destinazione
al servizio dell’edificio principale al fine di permettere
l’esercizio dell’attività di culto.
Il concetto di edificio destinato all’esercizio pubblico del
culto cattolico risulta suscettibile di estendersi anche
alle pertinenze, per la cui configurazione non appare
decisiva la materiale unicità della costruzione dei locali,
bensì il legame funzionale derivante dalla loro destinazione
al servizio dell’edificio principale al fine di permettere
l’esercizio dell’attività di culto
(TAR Campania-Salerno, Sez. I,
sentenza 10.03.2004 n. 133 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
L'esenzione dal versamento degli oo.uu. e del costo di
costruzione, ex art. 9 L. n. 10/1977, non si applica alle
opere pubbliche realizzate da un soggetto non rientri nella
nozione di ente istituzionalmente competente.
L'art. 9, comma 1, lett. f), della legge
28.01.1977, n. 10 enuncia due requisiti che devono
entrambi concorrere per fondare lo speciale regime di
gratuità della concessione, l'uno di carattere
oggettivo e l'altro di carattere soggettivo.
Per effetto del primo la costruzione deve riguardare opere
pubbliche o di interesse generale mentre, per effetto del
secondo, devono essere eseguite da un ente istituzionalmente
competente.
In merito al primo aspetto, non vi è dubbio che il caso di
specie (ndr: uffici ed ambulatori nuova sede INAIL) rientri
nella previsione normativa e ciò è provato dall’espresso
contenuto della concessione edilizia rilasciata dal Comune.
Difficoltà di ordine interpretativo nascono in ordine al
possesso in capo alla impresa COGECAR s.r.l. del requisito
soggettivo di “ente istituzionalmente competente”.
In questo senso, è necessario individuare la ratio
dell’esenzione in argomento che è finalizzata sì ad
agevolare l'esecuzione di opere dalle quali la collettività
possa trarne una utilità ma anche ad evitare che il soggetto
che interviene per l'istituzionale attuazione del pubblico
interesse corrisponda un contributo che verrebbe a gravare,
sia pure indirettamente, sulla stessa comunità che dovrebbe
avvantaggiarsi dal loro pagamento.
In questo senso, la disposizione si rivolge, oltre che agli
enti pubblici, a quelle figure soggettive che non agiscono
per esclusivo scopo lucrativo ovvero che accompagnano al
lucro un collegamento giuridicamente rilevante con
l'amministrazione, sì da rafforzare il legame istituzionale
con l'azione del soggetto pubblico per la cura degli
interessi della collettività.
Tale raccordo, peraltro, deve essere idoneo ad assicurare,
grazie alla presenza del soggetto pubblico, un
contemperamento dell'obiettivo privatistico dell'esecutore
dell'opera con il fine pubblicistico realizzato, come ad
esempio nel caso del concessionario di opera pubblica, il
quale, pur mirando al conseguimento di un lucro d'impresa, è
parificabile a pieno titolo al soggetto che cura
istituzionalmente l'esecuzione di opere di interesse
generale.
Ciò premesso, nella fattispecie controversa non è dato
apprezzare il requisito soggettivo, poiché l’impresa
ricorrente non può essere ricompressa nella nozione di ente
istituzionalmente competente.
A questo fine, il fatto che l’immobile fosse destinato ad
ospitare la nuova sede dell’INAIL non porta conseguentemente
a ritenere sussistente l’elemento soggettivo che, al
contrario, deve essere verificato sulla base di altri
fattori di collegamento.
In questo quadro, la circostanza di aver partecipato ad una
gara indetta dall’INAIL per l’acquisto di un immobile, da
costruire e da destinare al predetto istituto (con
successiva stipula del contratto di compravendita di cosa
futura), non esclude il fatto che la COGECAR S.r.l. abbia
comunque operato e programmato l'intervento edilizio in
qualità di soggetto privato e che la valutazione dei costi
dell'opera e dei margini di lucro sia stata eseguita
nell'ambito delle specifiche competenze dell'impresa.
La COGECAR s.r.l. ha conservato, nel caso di specie, la sua
veste di operatore economico privato ed ha quindi conseguito
un utile in posizione comune a quella di ogni altro libero
operatore nel mercato, segnando così un netto distacco
rispetto all'ipotesi in cui l'opera viene costruita
dall'ente istituzionalmente competente.
... per l'annullamento, con tutti gli atti preordinati,
consequenziali e connessi, della concessione edilizia n. 14
del 25.01.1999 e relativo avviso di rilascio del Comune di
Monza, avente ad oggetto la costruzione di un edificio
direzionale (uffici ed ambulatori nuova sede INAIL), nella
parte in cui impone il versamento del contributo commisurato
al costo di costruzione, stabilito in £. 572.637.084, e
degli oneri di urbanizzazione, stabiliti in £. 294.584.085,
ovvero per la declaratoria del diritto della ricorrente alla
esenzione dal pagamento di oneri concessori e la conseguente
condanna del Comune di Monza alla restituzione della somma
di £. 845.751.170 oltre interessi e rivalutazione.
...
La censura avanzata dalla ricorrente non appare fondata
condividendo il Collegio l’interpretazione dell’art. 9,
comma 1, lett. f), della legge 28.01.1977, n. 10 fornita
dalla prevalente giurisprudenza amministrativa (per tutte,
Cons. St., sez. V, 20.07.2000, n. 3860).
La norma enuncia, infatti, due requisiti che devono
entrambi concorrere per fondare lo speciale regime di
gratuità della concessione, l'uno di carattere
oggettivo e l'altro di carattere soggettivo.
Per effetto del primo la costruzione deve riguardare opere
pubbliche o di interesse generale mentre, per effetto del
secondo, devono essere eseguite da un ente istituzionalmente
competente.
In merito al primo aspetto, non vi è dubbio che il caso di
specie rientri nella previsione normativa e ciò è provato
dall’espresso contenuto della concessione edilizia
rilasciata dal Comune.
Difficoltà di ordine interpretativo nascono in ordine al
possesso in capo alla impresa COGECAR s.r.l. del requisito
soggettivo di “ente istituzionalmente competente”.
In questo senso, è necessario individuare la ratio
dell’esenzione in argomento che è finalizzata sì ad
agevolare l'esecuzione di opere dalle quali la collettività
possa trarne una utilità ma anche ad evitare che il soggetto
che interviene per l'istituzionale attuazione del pubblico
interesse corrisponda un contributo che verrebbe a gravare,
sia pure indirettamente, sulla stessa comunità che dovrebbe
avvantaggiarsi dal loro pagamento.
In questo senso, la disposizione si rivolge, oltre che agli
enti pubblici, a quelle figure soggettive che non agiscono
per esclusivo scopo lucrativo ovvero che accompagnano al
lucro un collegamento giuridicamente rilevante con
l'amministrazione, sì da rafforzare il legame istituzionale
con l'azione del soggetto pubblico per la cura degli
interessi della collettività.
Tale raccordo, peraltro, deve essere idoneo ad assicurare,
grazie alla presenza del soggetto pubblico, un
contemperamento dell'obiettivo privatistico dell'esecutore
dell'opera con il fine pubblicistico realizzato, come ad
esempio nel caso del concessionario di opera pubblica, il
quale, pur mirando al conseguimento di un lucro d'impresa, è
parificabile a pieno titolo al soggetto che cura
istituzionalmente l'esecuzione di opere di interesse
generale.
Ciò premesso, nella fattispecie controversa non è dato
apprezzare il requisito soggettivo, poiché l’impresa
ricorrente non può essere ricompressa nella nozione di ente
istituzionalmente competente.
A questo fine, il fatto che l’immobile fosse destinato ad
ospitare la nuova sede dell’INAIL non porta conseguentemente
a ritenere sussistente l’elemento soggettivo che, al
contrario, deve essere verificato sulla base di altri
fattori di collegamento.
In questo quadro, la circostanza di aver partecipato ad una
gara indetta dall’INAIL per l’acquisto di un immobile, da
costruire e da destinare al predetto istituto (con
successiva stipula del contratto di compravendita di cosa
futura), non esclude il fatto che la COGECAR S.r.l. abbia
comunque operato e programmato l'intervento edilizio in
qualità di soggetto privato e che la valutazione dei costi
dell'opera e dei margini di lucro sia stata eseguita
nell'ambito delle specifiche competenze dell'impresa.
La COGECAR s.r.l. ha conservato, nel caso di specie, la sua
veste di operatore economico privato ed ha quindi conseguito
un utile in posizione comune a quella di ogni altro libero
operatore nel mercato, segnando così un netto distacco
rispetto all'ipotesi in cui l'opera viene costruita
dall'ente istituzionalmente competente.
In conclusione, il ricorso deve essere respinto (TAR
Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza
09.02.2004 n. 653). |
anno 2003 |
|
EDILIZIA PRIVATA: Ritiene il Collegio che nella fattispecie
coesistono i requisiti soggettivi ed oggettivi previsti
dalla più volte richiamata norma di cui all’art. 9, primo
comma, lettera f), prima parte, della L. n. 10/1977, secondo
cui il contributo afferente il rilascio della concessione
edilizia non è dovuto per gli impianti, le attrezzature, le
opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli
enti istituzionalmente competenti.
Circa il requisito soggettivo ritiene infatti il Collegio di
dover condividere quell’ampia e qualificata giurisprudenza
per cui ai fini dell’individuazione dell’“ente
istituzionalmente competente” non è necessariamente
rilevante la natura pubblica immediata dell’ente
realizzatore quanto piuttosto quella oggettiva relativa alla
realizzazione dell’opera; in tale ambito questa Sezione ha
avuto modo di precisare che ai fini dell’esecuzione del
contributo di costruzione la norma può venire riferita anche
ad un’opera realizzata ad un soggetto privato perché per
conto di un ente pubblico;
mentre sotto il profilo oggettivo è indubbio che la
realizzazione dell’opera in questione –caserma dei Vigili
del Fuoco– risponde sicuramente alle caratteristiche di
un’opera pubblica e/o di un’opera di interesse generale.
---------------
L’elenco delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria
non deve intendersi tassativo e vincolato perché, come
esattamente ritenuto dalla giurisprudenza condivisa dalla
Sezione, debbono ritenersi rientrare nella nozione di opere
di urbanizzazione previste dalla normativa anche quelle
realizzazioni di specifica rilevanza pubblica e sociale,
qual è certamente la costruzione di un immobile da adibirsi
a caserma dei VV.FF..
Inoltre, è errato escludere il carattere di urbanizzazione
della Caserma de qua perché la stessa sarebbe al servizio di
utenti appartenenti a più centri abitativi.
Invero, come esattamente dedotto dall’appellante, il
requisito del dimensionamento di quartiere risulta previsto
solo per i mercati, gli impianti sportivi e le aree vedi
(cfr. art. 4, 2° comma, della legge n. 847/1964), con la
conseguenza che le altre opere di urbanizzazione secondaria
ben possono essere dimensionate su scala diversa e
superiore.
In punto di fatto va rammentato che la realizzazione in
oggetto riguardava la costruzione di un fabbricato da
adibirsi a Caserma dei Vigili del Fuoco, realizzazione per
la quale il Comune di Prato con i provvedimenti
originariamente impugnati negava l’esenzione dal pagamento
per gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria.
Ritiene al riguardo il Collegio che nella fattispecie
coesistono i requisiti soggettivi ed oggettivi previsti
dalla più volte richiamata norma di cui all’art. 9, primo
comma, lettera f), prima parte, della L. n. 10/1977, secondo
cui il contributo afferente il rilascio della concessione
edilizia non è dovuto per gli impianti, le attrezzature, le
opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli
enti istituzionalmente competenti.
Circa il requisito soggettivo ritiene infatti il Collegio di
dover condividere quell’ampia e qualificata giurisprudenza
per cui ai fini dell’individuazione dell’“ente
istituzionalmente competente” non è necessariamente
rilevante la natura pubblica immediata dell’ente
realizzatore quanto piuttosto quella oggettiva relativa alla
realizzazione dell’opera; in tale ambito questa Sezione ha
avuto modo di precisare che ai fini dell’esecuzione del
contributo di costruzione la norma può venire riferita anche
ad un’opera realizzata ad un soggetto privato perché per
conto di un ente pubblico (cfr. C.S. Sezione V n. 206/1999);
mentre sotto il profilo oggettivo è indubbio che la
realizzazione dell’opera in questione –caserma dei Vigili
del Fuoco– risponde sicuramente alle caratteristiche di
un’opera pubblica e/o di un’opera di interesse generale.
Fondate sono anche le censure contenute nel secondo motivo
di appello perché ritiene il Collegio che al contrario di
quanto dedotto dal Tribunale l’elenco delle opere di
urbanizzazione primaria e secondaria non debba intendersi
tassativo e vincolato perché, come esattamente ritenuto
dalla giurisprudenza condivisa dalla Sezione, debbono
ritenersi rientrare nella nozione di opere di urbanizzazione
previste dalla normativa anche quelle realizzazioni di
specifica rilevanza pubblica e sociale, qual è certamente la
costruzione di un immobile da adibirsi a caserma dei VV.FF..
Inoltre, la decisione appare errata nella parte in cui è
stato escluso il carattere di urbanizzazione della Caserma
de qua perché la stessa sarebbe al servizio di utenti
appartenenti a più centri abitativi.
Invero, come esattamente dedotto dall’appellante, il
requisito del dimensionamento di quartiere risulta previsto
solo per i mercati, gli impianti sportivi e le aree vedi
(cfr. art. 4, 2° comma, della legge n. 847/1964), con la
conseguenza che le altre opere di urbanizzazione secondaria
ben possono essere dimensionate su scala diversa e
superiore.
Conclusivamente pertanto il ricorso deve essere accolto e,
in riforma dell’impugnata sentenza va annullata la
determinazione comunale di non concedere la gratuità della
concessione edilizia n. 2643 del 16.12.1995
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 18.09.2003 n. 5315 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
costruzione di una caserma dei VV.F. non è
soggetta al versamento del contributo di
costruzione.
La realizzazione in oggetto riguardava la
costruzione di un fabbricato da adibirsi a
Caserma dei Vigili del Fuoco, realizzazione
per la quale il Comune di Prato con i
provvedimenti originariamente impugnati
negava l’esenzione dal pagamento per gli
oneri di urbanizzazione primaria e
secondaria.
Ritiene al riguardo il Collegio che nella
fattispecie coesistono i requisiti
soggettivi ed oggettivi previsti dalla più
volte richiamata norma di cui all’art. 9,
primo comma, lettera f), prima parte, della
L. n. 10/1977, secondo cui il contributo
afferente il rilascio della concessione
edilizia non è dovuto per gli impianti, le
attrezzature, le opere pubbliche o di
interesse generale realizzate dagli enti
istituzionalmente competenti.
Circa il requisito soggettivo ritiene
infatti il Collegio di dover condividere
quell’ampia e qualificata giurisprudenza per
cui ai fini dell’individuazione dell'"ente
istituzionalmente competente” non è
necessariamente rilevante la natura pubblica
immediata dell’ente realizzatore quanto
piuttosto quella oggettiva relativa alla
realizzazione dell’opera; in tale ambito
questa Sezione ha avuto modo di precisare
che ai fini dell’esecuzione del contributo
di costruzione la norma può venire riferita
anche ad un’opera realizzata ad un soggetto
privato perché per conto di un ente pubblico
(cfr. C.S. Sezione V n. 206/1999); mentre
sotto il profilo oggettivo è indubbio che la
realizzazione dell’opera in questione
–caserma dei Vigili del Fuoco– risponde
sicuramente alle caratteristiche di un’opera
pubblica e/o di un’opera di interesse
generale.
Fondate sono anche le censure contenute nel
secondo motivo di appello perché ritiene il
Collegio che, al contrario di quanto dedotto
dal Tribunale, l’elenco delle opere di
urbanizzazione primaria e secondaria non
debba intendersi tassativo e vincolato
perché, come esattamente ritenuto dalla
giurisprudenza condivisa dalla Sezione,
debbono ritenersi rientrare nella nozione di
opere di urbanizzazione previste dalla
normativa anche quelle realizzazioni di
specifica rilevanza pubblica e sociale, qual
è certamente la costruzione di un immobile
da adibirsi a caserma dei VV.F..
Inoltre, la decisione appare errata nella
parte in cui è stato escluso il carattere di
urbanizzazione della Caserma de qua
perché la stessa sarebbe al servizio di
utenti appartenenti a più centri abitativi.
Invero, come esattamente dedotto
dall’appellante, il requisito del
dimensionamento di quartiere risulta
previsto solo per i mercati, gli impianti
sportivi e le aree vedi (cfr. art. 4, 2°
comma, della legge n. 847/1964), con la
conseguenza che le altre opere di
urbanizzazione secondaria ben possono essere
dimensionate su scala diversa e superiore
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 18.09.2003 n. 5315 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2002 |
|
EDILIZIA PRIVATA: I
moderni sistemi aereportuali si presentano come una
struttura polifunzionale integrata, nella quale le funzioni
tecniche di assistenza al volo ed ai passeggeri e quelle
commerciali fanno parte di un insieme difficilmente
scindibile, soprattutto ove il legislatore abbia
esplicitamente fatto la scelta di assegnare unitariamente
tali funzioni ad un unico gestore, proprio per creare le
condizioni più favorevoli al raggiungimento di una posizione
di equilibrio e di autosufficienza finanziaria, senza oneri
correnti a carico del bilancio pubblico.
In questo contesto, il legislatore ha esplicitamente espunto
dai costi di esercizio della società che gestisce il
servizio in via esclusiva gli oneri di urbanizzazione,
collocandoli in un regime del tutto diverso, nel quale sono
lo Stato e la Regione ad assumere il ruolo di soggetti che
assorbono nei relativi bilanci il peso dei costi che
rimangono a carico della collettività.
E comunque eventuali oneri a carico degli enti locali minori
sono regolabili nei rapporti con la Regione e con lo Stato,
ma mai attraverso la configurazione di oneri diretti a
carico della società che gestisce il sistema aeroportuale. E
ciò in ragione di una specifica scelta del legislatore
statale, confermata da quello regionale.
2. La tesi dell’appellante non è fondata. Il sinallagma che
si instaura tra le attività tecniche di gestione, controllo
e coordinamento del traffico aereo in una grande e complessa
struttura aeroportuale ed i proventi delle attività
commerciali che si svolgono in una tale infrastruttura,
costituisce una delle caratteristiche funzionali del
rapporto di concessione che articola obblighi e diritti del
concedente e del concessionario.
Per affrontare la questione
al nostro esame, occorre ricordare che tutte le opere
oggetto della controversia sono inserite in un unico
progetto, al cui interno si integrano linee di intervento
che attengono all’ampliamento e all’ammodernamento della
aerostazione ed interventi sugli spazi ad uso commerciale e
direzionale. La SEA spa –che rimane un soggetto sociale a
quasi totale partecipazione pubblica- sulla base delle legge
n. 449 del 1985 gestirà fino al 2022, in regime di
concessione e gestione esclusiva il sistema aeroportuale di
Milano (Linate e Malpensa).
La SEA sulla base della
Convenzione n. 4014 del 16.12.1986, è stata delegata a
realizzare tutte le opere di ampliamento ed ammodernamento
del nuovo sistema aeroportuale milanese: tale sistema è
descritto, nelle sue linee e negli obiettivi (interventi in
termini di transiti di aeromobili e passeggeri e di volumi
commerciali intermediati) nel Piano Regolatore Aeroportuale
“Malpensa-2000”, approvato con decreti del Ministero dei
trasporti n. 903 del 13.2.1987 e n. 1299 del 14.04.1993.
3. La SEA è una società per azioni destinata, nell’arco di
vigenza della convenzione, cioè comunque entro il 2022, ad
essere privatizzata e quotata in borsa. Il punto di
equilibrio della sua gestione si costruisce all’incrocio
pluriennale di due flussi di costi e ricavi: quelli relativi
al traffico degli aeromobili; quello relativo alle attività
commerciali.
In questo equilibrio, i costi di ammortamento
degli oneri finanziari delle opere di ampliamento della
struttura rimangano in larga misura a carico dello Stato,
secondo quanto stabilito con l’art. 14 della legge
finanziaria n. 67 dell’11.03.1988. Dunque il bilancio dello
Stato, e quindi la collettività nazionale, contribuisce
direttamente allo sforzo finanziario dell’ampliamento della
struttura, accollandosi, tra l’altro,gli oneri del piano di
ammortamento dei mutui; ed il piano degli interventi, come
rappresentato nella convenzione e come, ed il punto è
decisivo, articolato nel Piano Regolatore Aeroportuale,
descrive in modo puntuale tutte le opere di collegamento
urbanistico e di viabilità che servono ad innervare il nuovo
sistema aeroportuale nel tessuto urbanistico circostante.
Non è certamente casuale se la legge finanziaria del 1988,
mentre finanzia le opere a carico del bilancio statale,
stabilisce che il parere espresso dalla Regione e dagli enti
locali, con la procedura prevista dall’art. 81 del DPR n. 616
del 1977 sui piani regolatori aeroportuali ( di Malpensa e
Fiumicino) comprende ed assorbe a tutti gli effetti la
verifica di conformità urbanistica delle singole opere
inserite negli stessi piani regolatori.
4. Il raggiungimento dell’intesa tra lo Stato, la Regione
Lombardia e gli enti locali territoriali interessati, ai
sensi e per gli effetti dell’art. 81 del DPR prima
richiamato, sottrae gli interventi de quo al regime
concessorio ed autorizzativo, previsto dalla vigente
disciplina urbanistica ed edilizia; sul punto la legge
regionale n. 10 del 1999 è molto chiara e conferma il quadro
della legislazione statale. In sostanza, la SEA spa non deve
chiedere alcuna concessione urbanistica e non deve pagare
alcun contributo in ragione di una disciplina speciale, di
fonte statale e regionale, che in forza del preminente
interesse nazionale dell’intervento, e del correlativo
impegno diretto del bilancio dello Stato, sottrae tale
intervento alla disciplina di ordine generale e disegna per
esso un percorso di concertazione istituzionale tra enti
territoriali che mette capo all’intesa prima richiamata.
Tale disciplina derogatoria trae la propria ragione di
essere dal carattere unitario e complesso della struttura
aeroportuale, nella quale aspetti tecnici e commerciali
vanno ad integrare un’unica gestione, finanziaria e
patrimoniale, il cui punto di equilibrio è stato costruito,
grazie anche alle previsioni contenute nel Piano Regolatore
Aeroportuale “Malpensa 2000”, considerando: a) una gestione
esclusiva dell’aerostazione fino all’anno 2022; b) l’accollo
degli oneri finanziari dei mutui, a carico del bilancio
dello Stato; c) la realizzazione di tutti gli interventi di
ammodernamento a carico della concessionaria d) la
concessione alla SEA della gestione di tutti i punti
commerciali; e) il non intervento dello Stato a sollievo di
alcun profilo di ripiano della gestione corrente.
In questo
contesto, gli oneri connessi alla realizzazione della rete
di collegamento della struttura aeroportuale alla restante
area, già in parte urbanizzata, sono tutti considerati,
anche nei relativi profili finanziari, nel Piano Regolatore:
e vedono in primo piano l’impegno finanziario dello Stato e
della Regione Lombardia. In questa cornice, la ragione di
ordine generale che è alla base dell’esonero dagli oneri di
urbanizzazione stabilito, per le opere di interesse
generale, dall’art. 9, lett. f), della legge n. 10 del 1977,
trova una ulteriore e più puntuale disciplina, a carattere
speciale, nella cornice che regola ad hoc gli interventi per
il sistema aeroportuale di Roma e di Milano, prima
richiamata; ed il carattere speciale sta proprio nella
radicale eliminazione della fase di conformità
urbanistica,fase che viene totalmente assorbita dalla
procedura dell’intesa, ai sensi dell’art.81 del DPR n. 616
del 1977.
La natura “oggettiva” dell’opera non solo esonera
la stessa dalla concessione edilizia comunale, ma ne impone
la sua riconduzione all’ambito di operatività delle norme,
statali e regionali, che specificamente regolano i profili
finanziari e urbanistici della sua realizzazione. Ora si
tratta di un’opera la cui gestione viene affidata, per un
lungo tratto di tempo, ad una società a prevalente capitale
pubblico, proprio per consentire un graduale ma stabile
passaggio della sua gestione ad una situazione di
equilibrio, con prospettive di profitto commerciale, che
renda possibile una vera privatizzazione della stessa
società.
L’esonero dai contributi di urbanizzazione non
risponde al fine, che sarebbe del tutto non giustificato, di
escludere l’impresa da costi che deve subire poi la
collettività: risponde invece alla scelta di caricare sui
bilanci dello Stato e della regione oneri finanziari che
rispondono ad un quadro di interessi generali , oneri che
non vengono invece caricati sulle comunità locali, solo
parzialmente interessate da fenomeni di urbanizzazione; si
tratta infatti, di fenomeni che vanno valutati e finanziati
a scala nazionale e regionale; e in questo contesto, la
progressiva gestione in equilibrio delle società
aeroportuali, con tassativa esclusione di interventi
correnti pubblici a riequilibrio della gestione, e con la
creazione delle premesse di redditività che possono
consentire la privatizzazione delle società stesse, con
recuperi di efficienza anche a favore dell’utenza, sono
tutti elementi che entrano a comporre un quadro di
riferimento, di natura legislativa e convenzionale, che
tiene conto della scelta di sottrarre la società
concessionaria dall’obbligo dei contributi di urbanizzazione
e di sottoporla invece ad obblighi di servizio e di
equilibrio corrente del bilancio che sono decisivi per
rendere plausibile il percorso di privatizzazione e di
redditività effettiva.
5. In questa cornice, la pretesa del Comune di applicare
rilevanti oneri di urbanizzazione alle aree commerciali e
direzionali non trova alcuna giustificazione nel sistema
delle leggi in vigore. Se tale pretesa fosse accolta, tutto
l’equilibrio finanziario che è sotteso alle concessioni
esclusive alle società di gestione dei servizi aeroportuali,
per come è stato disciplinato dal legislatore nazionale e
regionale, risulterebbe compromesso. In ogni caso, per
restare sul filo delle argomentazioni svolte
dall’appellante, nel caso in esame non si configura alcun
debito contributivo a carico della SEA in quanto l’attività
di trasformazione del territorio, connessa alla
realizzazione del progetto aeroportuale, rimane largamente a
carico dello Stato e della Regione proprio in ragione delle
caratteristiche dell’opera, unitaria, complessa ed
integrata, e soprattutto di preminente interesse generale.
E
tale attività è stata in conseguenza disciplinata dal
legislatore,statale e regionale, in modo da escludere del
tutto l’intervento della concessione edilizia comunale: il
presupposto del debito contributivo dunque non esiste sia in
senso formale (l’ordinamento non attribuisce nel caso in
esame il relativo potere e quindi manca l’atto concessorio),
sia in senso sostanziale (l’attività di trasformazione del
territorio è presa in carico da un livello superiore di cura
degli interessi pubblici). In definitiva dove non c’è
concessione non c’è contributo; ed in questo caso la legge,
statale e regionale, si incarica di disciplinare un sistema
speciale per la concertazione degli interessi delle comunità
locali interessate ed un quadro gestionale al cui interno,
anche in ragione della durata della concessione, trovano un
punto di sintesi gli interessi pubblici generali e quelli ad
una gestione finanziariamente equilibrata.
6. Il preminente interesse generale giustifica la scelta del
legislatore statale e di quello regionale di sottrarre gli
interventi alla ordinaria disciplina urbanistica, per
sottoporli ad una procedura speciale che fa centro
sull’intesa, di cui al richiamato art. 81 del DPR n. 616 del
1977, intesa che assorbe e sostituisce tutti gli altri atti
concessori ed autorizzativi: in questa ottica, appare chiaro
che il parere espresso dalla Regione a dagli altri enti
locali territorialmente interessati investe tutte le opere
inserite nei Piani regolatori aeroportuali di Malpensa e di
Fiumicino.
7. I moderni sistemi aereportuali si presentano come una
struttura polifunzionale integrata, nella quale le funzioni
tecniche di assistenza al volo ed ai passeggeri e quelle
commerciali fanno parte di un insieme difficilmente
scindibile, soprattutto ove il legislatore abbia
esplicitamente fatto la scelta di assegnare unitariamente
tali funzioni ad un unico gestore, proprio per creare le
condizioni più favorevoli al raggiungimento di una posizione
di equilibrio e di autosufficienza finanziaria, senza oneri
correnti a carico del bilancio pubblico.
In questo contesto,
il legislatore ha esplicitamente espunto dai costi di
esercizio della società che gestisce il servizio in via
esclusiva gli oneri di urbanizzazione, collocandoli in un
regime del tutto diverso, nel quale sono lo Stato e la
Regione ad assumere il ruolo di soggetti che assorbono nei
relativi bilanci il peso dei costi che rimangono a carico
della collettività. E comunque eventuali oneri a carico
degli enti locali minori sono regolabili nei rapporti con la
Regione e con lo Stato, ma mai attraverso la configurazione
di oneri diretti a carico della società che gestisce il
sistema aeroportuale. E ciò in ragione di una specifica
scelta del legislatore statale, confermata da quello
regionale
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 18.12.2002 n. 7043 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sullo scomputo delle opere di urbanizzazione 1^.
Come più volte evidenziato dalla dottrina e della giurisprudenza, lo
sgravio contributivo di cui trattasi pretende il concorso di due
presupposti, e cioè uno oggettivo, ovvero l’ascrivibilità del manufatto
oggetto di concessione edilizia alla categoria delle opere pubbliche o
di interesse generale (nel senso che deve trattarsi di opere che,
quantunque non destinate direttamente a scopi propri della P.A., siano
comunque idonee a soddisfare i bisogni della collettività, anche se
realizzate e gestite da privati), e l’altro soggettivo, ovvero
l’esecuzione delle opere da parte di Enti istituzionalmente competenti,
vale a dire da parte di soggetti cui sia demandata in via istituzionale
la realizzazione di opere di interesse generale (cfr. C.G.A.R.S.
20.07.1999, n. 369; Cons. Stato, V, 06.12.1999, n. 2061), ovvero da
parte di privati concessionari dell’Ente pubblico (cfr. Cons. Stato, V,
07.09.1995, n. 1280), purché le opere siano inerenti all’esercizio del
rapporto concessorio.
Il Comune è, peraltro, tenuto ad accertare
d’ufficio tali presupposti indipendentemente dalla domanda del privato,
non prevista dalla legge. Il fine dell’applicazione della norma, fondata
dunque sul presupposto oggettivo della natura delle opere e su quello
soggettivo della qualità dell’ente realizzatore, è chiaramente quello di
assicurare una “ricaduta” del beneficio dello sgravio a vantaggio della
collettività: nel senso che la gratuità della concessione si traduce in
un abbattimento dei costi, a cui corrisponde, in definitiva, un minore
aggravio di oneri per il contribuente. E’ stato chiarito che le opere
per cui può ipotizzarsi lo sgravio dagli oneri concessori devono avere
carattere direttamente satisfattivo dell’interesse della collettività,
di per sé –poiché destinate ad uso pubblico o collettivo– o in quanto
strumentali rispetto ad opere del genere anzidetto, o comunque perché
immediatamente collegate con le funzioni di pubblico servizio espletate
dall’Ente (cfr. Cons. Stato, V, 08.06.1998, n. 777).
Il beneficio della
gratuità della concessione deriva non tanto dalla natura pubblica o
privata dell’Ente che ha realizzato l’opera, quanto piuttosto
dall’interesse perseguito, ponendosi l’accento sul connotato “generale”
di tale interesse; quindi, il beneficiario può essere anche un soggetto
non pubblico, purché però sia un “ente istituzionalmente competente” (cfr.
Cons. Stato, V, 20.07.1999, n. 849). Esso non spetta, pertanto, a
soggetti privati per gli immobili ove esercitino una mera attività
lucrativa di impresa, indipendentemente dalla rilevanza sociale
dell’attività stessa (cfr. Cons. Stato, V, 21.01.1997, n. 69). Al fine
dell’individuazione dell’anzidetto requisito di ordine soggettivo, la
giurisprudenza richiede, di norma, quanto meno il possesso della qualità
di concessionario, operante per conto di un Ente pubblico (Cons. Stato,
V, 07.09.1995, n. 1280, cit.).
Nel recente panorama
giurisprudenziale, il beneficio è stato negato:
- ad una società per azioni relativamente alla concessione di
ampliamento della clinica gestita dalla stessa (Cons. stato, V,
16.01.1992, n. 46);
- all’impresa che, senza alcun collegamento di concessione da parte di
un ente pubblico, svolga un’attività assistenziale, in quanto
l’agevolazione in parola implica, come accennato, il possesso del
requisito non solo oggettivo (impianti, attrezzature, opere pubbliche o
di interesse generale), ma pure soggettivo (ente pubblico o soggetto
concessionario di pubblico servizio o di opere pubbliche : cfr. Cons
Stato, V, 10.05.1999, n. 536);
- alle cooperative edilizie, in quanto curano in primo luogo l’interesse
dei soci;
- al privato che realizza impianti sportivi, anche se la loro
utilizzazione è oggetto di convenzione con il Comune;
- per la realizzazione di uffici direzionali di un’azienda creditizia;
- per la costruzione di scuole non previste tra le opere di
urbanizzazione dallo strumento urbanistico;
- alla società concessionaria del servizio distributivo del gas, per la
costruzione di una nuova sede (cfr. TAR Lombardia, Brescia, 18.03.1999,
n. 217);
- (caso particolarmente interessante e conferente) per le opere
realizzate da un privato, su proprietà e con capitali privati, pur se in
vista di un contratto di locazione con la P.A. (cfr. TAR Lombardia, II,
01.07.1997, n. 1074; TAR Puglia, I, 01.09.1999, n. 1018).
E’ stato però d’altra parte precisato che “realizzatore” dell’opera deve
intendersi non soltanto chi provvede materialmente all’edificazione, ma
anche il soggetto cui l’opera è riferibile dal punto di vista sia
progettuale che della destinazione finale (Cons. Stato, V, 08.06.1998,
n. 777, cit.).
Il legislatore richiede che le opere
–ammesse allo sgravio contributivo- siano “realizzate” dagli enti
istituzionalmente competenti, con conseguente necessità che sussista un
ben preciso vincolo relazionale tra il soggetto abilitato ad operare
nell’interesse pubblico ed il materiale esecutore della costruzione: la
giurisprudenza prevalente ha identificato tale vincolo nella concessione
di costruzione di opera pubblica o in altre analoghe figure organizzatorie (Cons. Stato, V, 19.05.1998, n. 617; 07.09.1995, n. 1280;
13.12.1993, n. 1280; 20.11.1989, n. 752). Deve cioè trattarsi di
attività compiuta da un concessionario, o più in generale da un soggetto
che curi istituzionalmente (è dunque questo l’elemento chiave) la
realizzazione di opere d'interesse generale per il perseguimento delle
specifiche finalità cui le opere stesse sono destinate; in tal senso non
ricade nell'esenzione dal contributo l'opera costruita da un
imprenditore per la propria attività d'impresa, considerato che il fine
dell'esenzione è quello di evitare una contribuzione intimamente
contraddittoria (quale sarebbe quella per opere costruite a carico della
collettività) e non quella di esonerare gli imprenditori dai costi
d'impresa (Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 02.12.2002 n. 6618
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: L'esenzione
dal pagamento degli oo.uu. (art. 9 l. n.
10/1977) pretende il concorso di due
presupposti: uno oggettivo ovvero l’ascrivibilità
del manufatto oggetto di concessione
edilizia alla categoria delle opere
pubbliche o di interesse generale; l’altro
soggettivo ovvero l’esecuzione delle opere
da parte di Enti istituzionalmente
competenti, vale a dire da parte di soggetti
cui sia demandata in via istituzionale la
realizzazione di opere di interesse generale
ovvero da parte di privati concessionari
dell’Ente pubblico purché le opere siano
inerenti all’esercizio del rapporto concessorio.
Come più volte evidenziato dalla dottrina e
della giurisprudenza, lo sgravio
contributivo di cui trattasi (art. 9 l. n.
10/1977) pretende il concorso di due
presupposti, e cioè uno oggettivo, ovvero l’ascrivibilità
del manufatto oggetto di concessione
edilizia alla categoria delle opere
pubbliche o di interesse generale (nel senso
che deve trattarsi di opere che, quantunque
non destinate direttamente a scopi propri
della P.A., siano comunque idonee a
soddisfare i bisogni della collettività,
anche se realizzate e gestite da privati), e
l’altro soggettivo, ovvero l’esecuzione
delle opere da parte di Enti
istituzionalmente competenti, vale a dire da
parte di soggetti cui sia demandata in via
istituzionale la realizzazione di opere di
interesse generale (cfr. C.G.A.R.S.
20.07.1999, n. 369; Cons. Stato, V,
06.12.1999, n. 2061), ovvero da parte di
privati concessionari dell’Ente pubblico
(cfr. Cons. Stato, V, 07.09.1995, n. 1280),
purché le opere siano inerenti all’esercizio
del rapporto concessorio.
Il Comune è, peraltro, tenuto ad accertare
d’ufficio tali presupposti indipendentemente
dalla domanda del privato, non prevista
dalla legge.
Il fine dell’applicazione della norma,
fondata dunque sul presupposto oggettivo
della natura delle opere e su quello
soggettivo della qualità dell’ente
realizzatore, è chiaramente quello di
assicurare una “ricaduta” del
beneficio dello sgravio a vantaggio della
collettività: nel senso che la gratuità
della concessione si traduce in un
abbattimento dei costi, a cui corrisponde,
in definitiva, un minore aggravio di oneri
per il contribuente.
E’ stato chiarito che le opere per cui può
ipotizzarsi lo sgravio dagli oneri
concessori devono avere carattere
direttamente satisfattivo dell’interesse
della collettività, di per sé –poiché
destinate ad uso pubblico o collettivo– o in
quanto strumentali rispetto ad opere del
genere anzidetto, o comunque perché
immediatamente collegate con le funzioni di
pubblico servizio espletate dall’Ente (cfr.
Cons. Stato, V, 08.06.1998, n. 777).
Il beneficio della gratuità della
concessione deriva non tanto dalla natura
pubblica o privata dell’Ente che ha
realizzato l’opera, quanto piuttosto
dall’interesse perseguito, ponendosi
l’accento sul connotato “generale” di
tale interesse; quindi, il beneficiario può
essere anche un soggetto non pubblico,
purché però sia un “ente
istituzionalmente competente” (cfr.
Cons. Stato, V, 20.07.1999, n. 849).
Esso non spetta, pertanto, a soggetti
privati per gli immobili ove esercitino una
mera attività lucrativa di impresa,
indipendentemente dalla rilevanza sociale
dell’attività stessa (cfr. Cons. Stato, V,
21.01.1997, n. 69). Al fine
dell’individuazione dell’anzidetto requisito
di ordine soggettivo, la giurisprudenza
richiede, di norma, quanto meno il possesso
della qualità di concessionario, operante
per conto di un Ente pubblico (Cons. Stato,
V, 07.09.1995, n. 1280, cit.).
Nel recente panorama giurisprudenziale, il
beneficio è stato negato:
- ad una società per azioni relativamente
alla concessione di ampliamento della
clinica gestita dalla stessa (Cons. stato,
V, 16.01.1992, n. 46);
- all’impresa che, senza alcun collegamento
di concessione da parte di un ente pubblico,
svolga un’attività assistenziale, in quanto
l’agevolazione in parola implica, come
accennato, il possesso del requisito non
solo oggettivo (impianti, attrezzature,
opere pubbliche o di interesse generale), ma
pure soggettivo (ente pubblico o soggetto
concessionario di pubblico servizio o di
opere pubbliche: cfr. Cons Stato, V,
10.05.1999, n. 536);
- alle cooperative edilizie, in quanto
curano in primo luogo l’interesse dei soci;
- al privato che realizza impianti sportivi,
anche se la loro utilizzazione è oggetto di
convenzione con il Comune;
- per la realizzazione di uffici direzionali
di un’azienda creditizia;
- per la costruzione di scuole non previste
tra le opere di urbanizzazione dallo
strumento urbanistico;
- alla società concessionaria del servizio
distributivo del gas, per la costruzione di
una nuova sede (cfr. TAR Lombardia, Brescia,
18.03.1999, n. 217);
- (caso particolarmente interessante e
conferente) per le opere realizzate da un
privato, su proprietà e con capitali
privati, pur se in vista di un contratto di
locazione con la P.A. (cfr. TAR Lombardia,
II, 01.07.1997, n. 1074; TAR Puglia, I,
01.09.1999, n. 1018).
E’ stato però d’altra parte precisato che “realizzatore”
dell’opera deve intendersi non soltanto chi
provvede materialmente all’edificazione, ma
anche il soggetto cui l’opera è riferibile
dal punto di vista sia progettuale che della
destinazione finale (Cons. Stato, V,
08.06.1998, n. 777, cit.).
Il legislatore
richiede che le opere –ammesse allo sgravio
contributivo- siano “realizzate”
dagli enti istituzionalmente competenti, con
conseguente necessità che sussista un ben
preciso vincolo relazionale tra il soggetto
abilitato ad operare nell’interesse pubblico
ed il materiale esecutore della costruzione:
la giurisprudenza prevalente ha identificato
tale vincolo nella concessione di
costruzione di opera pubblica o in altre
analoghe figure organizzatorie (Cons. Stato,
V, 19.05.1998, n. 617; 07.09.1995, n. 1280;
13.12.1993, n. 1280; 20.11.1989, n. 752).
Deve cioè trattarsi di attività compiuta da
un concessionario, o più in generale da un
soggetto che curi istituzionalmente (è
dunque questo l’elemento chiave) la
realizzazione di opere d'interesse generale
per il perseguimento delle specifiche
finalità cui le opere stesse sono destinate;
in tal senso non ricade nell'esenzione dal
contributo l'opera costruita da un
imprenditore per la propria attività
d'impresa, considerato che il fine
dell'esenzione è quello di evitare una
contribuzione intimamente contraddittoria
(quale sarebbe quella per opere costruite a
carico della collettività) e non quella di
esonerare gli imprenditori dai costi
d'impresa (Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 02.12.2002 n. 6618 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1.- Concessione - Contributo di
urbanizzazione - Esenzione ex art. 9, lett.
f, L. 10/1977 - Presupposti.
2. - Concessione - Contributo di
urbanizzazione - Esenzione ex art. 9, lett.
f, L. 10/1977 - Opere riguardanti un teatro
eseguite da una società titolare di
concessione per lo sfruttamento di acque
minerali e termali - Inapplicabilità.
1. - Per conseguire il beneficio di cui
all'art. 9 lett. f, L. 10/1977, e cioè
l'esenzione dal contributo previsto
dall'art. 3 della stessa legge, è necessaria
la sussistenza di un duplice requisito, uno
oggettivo, consistente nel fatto che deve
trattarsi di un'opera pubblica o destinata a
soddisfare i bisogni della collettività, ed
uno soggettivo, nel senso che l'opera deve
essere realizzata da un ente pubblico o da
un concessionario.
2. - Non trova applicazione, per difetto del
requisito soggettivo, l'esenzione dal
pagamento dei contributi concessori relativi
ad una domanda di sanatoria edilizia
presentata da una società titolare di una
concessione per lo sfruttamento di acque
minerali e termali, per opere abusive
riguardanti un teatro, non potendo le stesse
essere considerate come opere realizzate per
finalità di sfruttamento delle acque termali
(per le quali la S.p.A. ricorrente risulta
istituzionalmente competente), ma come mere
opere rivolte ad aumentare gli utili di
impresa; pertanto come qualunque altra opera
eseguita da un operatore privato, le stesse
devono sottostare all'ordinaria disciplina
prevista per il pagamento dei contributi
concessori (TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 26.02.2002 n. 400 - link
a www.giurisprudenzaamministrativa.it). |
anno 2001 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
Ai fini dell'esenzione dal
pagamento del contributo di costruzione,
prevista dall'art. 9, lett. f), L. 10/1977,
occorre il concorso di due presupposti, e
cioè l'ascrivibilità del manufatto oggetto
di concessione edilizia alla categoria delle
opere pubbliche o di interesse generale e
l'esecuzione delle opere da parte di enti
istituzionalmente competenti, vale a dire da
parte di soggetti cui sia demandata in via
istituzionale la realizzazione di opere di
interesse generale.
Il beneficio della gratuità della
concessione edilizia previsto dall'art. 9,
lett. f), può essere concesso anche ad un
soggetto non pubblico, ma per conto di un
ente pubblico, come nella figura della
concessione di opera pubblica o in altre
analoghe figure organizzatorie ovvero nel
caso di un ente istituzionalmente
competente, cioè destinato, finalizzato e
creato per il perseguimento di interessi
generali, ricollegati a determinati bisogni
della collettività o di determinati gruppi
sociali.
Nell'ambito delle opere di urbanizzazione
secondaria consistenti in attrezzature
sanitarie non vi possono rientrare gli
edifici di proprietà privata sol perché
essi, poi, siano utilizzati per finalità
simili a quella propria degli edifici
pubblici; pertanto, non ricade
nell'esenzione dal contributo l'opera
costruita dall'imprenditore per la propria
attività d'impresa.
Passando all'esame del contenuto
dell'ipotesi di esenzione prevista dall'art.
9, lett. f), L. n. 10/1977, si osserva in
particolare che le opere di urbanizzazione,
ivi previste, sono unicamente quelle che, in
carenza di intervento del privato,
dovrebbero essere realizzate
dall'amministrazione comunale.
Anzi, di norma tali opere sono realizzate
dal soggetto pubblico; solo in alternativa,
ove un soggetto privato s'impegni ad
eseguirle, questi non viene gravato dal
pagamento del relativo contributo
concessorio.
Solo tali opere, per come sono configurate,
sono anche conteggiate ai fini della
verifica degli standards urbanistici di cui
all'art. 3 del D.M. n. 1444/1968,
trattandosi a tutti gli effetti di
attrezzature pubbliche.
Conformemente a tale natura, le suddette
opere sono di proprietà pubblica ab
origine, oppure lo diventano mediante
provvedimenti preordinati al loro acquisto,
anche mediante esproprio da parte della
stessa pubblica amministrazione.
In generale, tutte le opere di
urbanizzazione devono ritenersi escluse dal
contributo relativo al costo di costruzione
(TAR Lombardia, Milano, 11.11.1999 n. 3671).
Peraltro, come ha ben chiarito la
giurisprudenza, ai fini dell'esenzione dal
pagamento del contributo di costruzione,
prevista dall'art. 9, lett. f), L. 10/1977,
occorre il concorso di due presupposti, e
cioè l'ascrivibilità del manufatto oggetto
di concessione edilizia alla categoria delle
opere pubbliche o di interesse generale (nel
senso che deve trattarsi di impianti o
attrezzature che, quantunque non destinati
direttamente a scopi dell'amministrazione,
siano idonei a soddisfare bisogni della
collettività anche se realizzati e gestiti
da privati) e l'esecuzione delle opere da
parte di enti istituzionalmente competenti,
vale a dire da parte di soggetti cui sia
demandata in via istituzionale la
realizzazione di opere di interesse generale
(TAR Toscana, III, 19.02.1999 n. 17; TAR
Lombardia, Brescia, 18.03.1999 n. 217).
Il beneficio della gratuità della
concessione edilizia previsto dall'art. 9,
lett. f), può essere concesso anche ad un
soggetto non pubblico, ma per conto di un
ente pubblico, come nella figura della
concessione di opera pubblica o in altre
analoghe figure organizzatorie (TAR
Piemonte, I, 17.12.1998 n. 746; Cons. St.,
V, 07.09.1995 n. 1280), ovvero nel caso di
un ente istituzionalmente competente, cioè
destinato, finalizzato e creato per il
perseguimento di interessi generali,
ricollegati a determinati bisogni della
collettività o di determinati gruppi sociali
(TAR Toscana, III, n. 17/1999, citata).
L'esenzione dai contributi presuppone che
l'opera sia di pubblico interesse e sia
realizzata da un ente pubblico, mentre non
compete alle opere eseguite da soggetti
privati, quale che sia la rilevanza sociale
dell'attività da essi esercitata nella (o
con la) opera edilizia alla quale la
concessione edilizia si riferisce (TAR
Toscana, citata); così, ad es., é stato
escluso che la realizzazione di un edificio
scolastico da parte di un privato possa
fruire dell'esenzione dal contributo
urbanistico (TAR Lombardia, Brescia,
20.06.2000 n. 554).
E' stato, invece, riconosciuto il diritto
all'esenzione per un soggetto concessionario
di servizi aeroportuali per la realizzazione
di strutture da adibire ad uffici per gli
spedizionieri in quanto opere di interesse
generale realizzate da ente
istituzionalmente competente, nella
considerazione che le predette strutture,
realizzate su aree demaniali, sarebbero
diventate, al termine della concessione, di
proprietà dello Stato (Cons. St., V,
04.05.1998 n. 492).
La giurisprudenza ha già affermato che,
nell'ambito delle opere di urbanizzazione
secondaria consistenti in attrezzature
sanitarie, non vi possono rientrare gli
edifici di proprietà privata sol perché
essi, poi, siano utilizzati per finalità
simili a quella propria degli edifici
pubblici; pertanto, non ricade
nell'esenzione dal contributo l'opera
costruita dall'imprenditore per la propria
attività d'impresa, considerato che il fine
dell'esenzione é quello di evitare una
contribuzione intimamente contraddittoria
(quale sarebbe quella per opere costruite a
carico della collettività) e non quella di
esonerare gli imprenditori dai costi
d'impresa (Cons. St., V, 19.05.1998 n. 617).
Ne consegue che le attrezzature sanitarie,
ancorché rientranti nel tassativo elenco
previsto dalla L. n. 847/1964, qualora siano
di proprietà privata, non possono comunque
essere annoverate tra le opere di
urbanizzazione secondaria.
In ogni caso, come esattamente osservato
dalla difesa dell'amministrazione, l'opera
di urbanizzazione, ai fini dell'applicazione
dell'esonero dal contributo concessorio,
deve essere qualificata come tale nello
strumento urbanistico dell'ente locale,
anche attuativo (Cons. St., V, 21.01.1997 n.
69); al contrario, nella fattispecie, lo
strumento urbanistico comunale destina
l'area a "servizi privati e pertinenze",
consentendo la realizzazione di strutture
private e non di opere di urbanizzazione
(TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 06.12.2001 n. 1819 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: 1.
Concessione - Contributo di urbanizzazione -
Esenzione ex art. 9, lett. f, L. 10/1977 -
Presupposti.
2. Concessione - Convenzione - Connotazione
soggettiva della società istante -
Irrilevanza.
3. Concessione - Contributo di
urbanizzazione - Esenzione ex art. 9, lett.
f, L. 10/1977 - Edifici di proprietà privata
- Inapplicabilità.
4. Concessione - Contributo di costruzione -
Esenzione ex art. 10, comma 1, L. 10/1977 -
Immobile destinato a residenza per anziani -
Inapplicabilità.
1.
Ai fini dell'esenzione dal pagamento del
contributo di costruzione, prevista
dall'art. 9, lett. f, L. 10/1977, occorre il
concorso di due presupposti, e cioè l'ascrivibilità
del manufatto oggetto di concessione
edilizia alla categoria delle opere
pubbliche o di interesse generale (nel senso
che deve trattarsi di impianti o
attrezzature che, quantunque non destinati
direttamente a scopi dell'amministrazione,
siano idonei a soddisfare bisogni della
collettività anche se realizzati e gestiti
da privati) e l'esecuzione delle opere da
parte di enti istituzionalmente competenti,
vale a dire da parte di soggetti cui sia
demandata in via istituzionale la
realizzazione di opere di interesse
generale, come nel caso di concessione di
opera pubblica o di altre analoghe figure
organizzatorie.
2.
Lo schema di convenzione, presentato dalla
società concessionaria ed approvato dal
Consiglio Comunale, contenente la disciplina
dei servizi che dovranno essere prestati
agli utenti di una residenza per anziani,
non riguarda la connotazione soggettiva
della società proprietaria dell'immobile e
gerente della medesima struttura, che
rimane, a tutti gli effetti, una società di
diritto privato; pertanto, deve escludersi
che la società chiamata a gestire l'immobile
secondo gli indirizzi della convenzione,
assuma la veste di concessionaria di un
pubblico servizio alla quale possa
applicarsi l'ipotesi di esenzione prevista
dall'art. 9, lett. f, L. 10/1977.
3.
Per quanto riguarda la seconda ipotesi di
esenzione prevista dall'art. 9, lett. f, L.
10/1977 che riguarda "le opere di
urbanizzazione eseguite anche da privati, in
attuazione di strumenti urbanistici", si
osserva che le attrezzature sanitarie,
ancorché rientranti nel tassativo elenco
previsto dalla L. 847/1964, qualora siano di
proprietà privata non possono comunque
essere annoverate tra le opere di
urbanizzazione secondaria, difatti in esse
non possono rientrare edifici di proprietà
privata sol perché utilizzati per finalità
simili a quella propria degli edifici
pubblici, considerato che il fine
dell'esenzione è quello di evitare una
contribuzione intimamente contraddittoria
(quale sarebbe quella per opere costruite a
carico della collettività) e non quella di
esonerare gli imprenditori dai costi di
impresa; in ogni caso l'opera di
urbanizzazione, ai fini dell'applicazione
dell'esonero del contributo concessorio,
deve essere qualificata come tale nello
strumento urbanistico dell'ente locale,
anche attuativo.
4.
L'immobile adibito a residenza per anziani,
con destinazione di tipo prevalentemente
ricettivo, sia pure in parte con funzioni
sanitarie che non costituiscono la
connotazione principale dell'attività svolta
nella struttura, non può essere assimilato
ad un insediamento di tipo
industriale-artigianale per il quale l'art.
10, comma 1, prevede che non sia da
corrispondere il contributo connesso al
costo di costruzione.
_______________________
1. In questa rassegna: Tar Toscana, sez.
II, 18.04.2001 n. 757; inoltre confronta:
Cons. Stato, sez. V, 17.10.2000 n. 5558;
Cons. Stato, sez. V, 06.12.1999 n. 2061;
Cons. Stato, sez. V, 10.05.1999 n. 536;
Cons. Stato, sez. V, 19.05.1998 n. 617;
Cons. Stato, sez. V, 04.05.1998 n. 492;
Cons. Stato, sez. V, 07.09.1995, n. 1280;
Cons. Stato, sez. V, 10.12.1990 n. 857; Tar
Toscana, sez. III, 09.06.2000 n. 1149; Tar
Lombardia - Brescia, 20.06.2000 n. 554; Tar
Lombardia-Brescia, 18.03.1999 n. 217; Tar
Toscana, sez. III, 19.02.1999 n. 17; Tar
Piemonte, sez. I, 17.12.1998 n. 746; Tar
Piemonte, sez. I, 10.04.1997 n. 206.
3. Cons. Stato, sez. V, 19.05.1998 n. 617;
Cons. Stato, sez. V, 21.01.1997 n. 69
(massima tratta da www.sentenzetoscane.it -
TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 06.12.2001 n. 1819 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: 1.
Concessione - Contributi - Esenzione ex art.
9, lett. f, L. 10/1977 - Presupposti.
2. Concessione - Contributi - Esenzione ex
art. 9, lett. f, L. 10/1977 - Opere
finalizzate all'espletamento dell'attività
istituzionale dell'E.N.E.L. - Spetta.
3. Concessione - Contributo urbanizzazione
ex art. 15 L. 393/1975 - Centrale
geotermoelettrica - Non è dovuto.
4. Concessione - Contributi - Determinazione
- Procedimento.
1.
Ai fini dell'esenzione dal contributo di
urbanizzazione, previsto dall'art. 9, lett.
f, L. n. 10 del 28.01.1977, occorre un
duplice requisito e cioè che l'opera rivesta
interesse di carattere generale e che essa
sia realizzata da un ente pubblico, ovvero
da un soggetto privato che agisca per conto
dell'ente pubblico, come nel caso di
concessione di opera pubblica o di altre
analoghe figure organizzatorie; peraltro,
non ricade nell'esenzione l'opera costruita
da un imprenditore per la propria attività
di impresa considerato altresì che il fine
dell'esenzione è quello di evitare una
contribuzione intimamente contradditoria
(quale sarebbe quella per opere costruite a
carico della collettività) e non quella di
esonerare gli imprenditori dai costi di
impresa.
2.
L'esenzione, prevista dall'art. 9, lett. f,
L. n. 10 del 28.01.1977, dal pagamento del
contributo per oneri di urbanizzazione è
applicabile alle opere edilizie, impianti ed
attrezzature progettate dall'E.N.E.L. in
quanto dirette al raggiungimento dei suoi
fini istituzionali e strettamente collegate
all'indefettibile esigenza di assicurare e
garantire, in ogni tempo, la continuità e la
regolarità del servizio di erogazione
dell'energia elettrica.
3.
L'E.N.E.L. non è tenuta alla corresponsione
del contributo previsto dall'art. 15 della
L. 02.08.1975 n. 393, sostitutivo degli
obblighi previsti dalla L. 17.08.1942 n.
1150 e successive modificazioni, allorché
abbia realizzato una "centrale
geotermoelettrica", in quanto la norma
ex art. 15 citata si riferisce alle sole
opere di urbanizzazione secondaria eseguite
dal Comune con riferimento alla
realizzazione di "centrali termiche di
qualsiasi tipo" ed alle "centrali
elettriche di accumulazione mediante
pompaggio".
4.
Ai fini dell'incidenza degli oneri di
urbanizzazione, l'art. 5 della L. n. 10 del
28.01.1977 fissa una procedura nella quale
devono necessariamente intervenire, con
diverse finalità e con diverso ambito di
autonomia e discrezionalità, atti normativi
della Regione e dei Comuni, pertanto solo
con l'adozione degli atti di competenza dei
Comuni si realizza la concerta
determinazione e quantificazione degli oneri
di urbanizzazione; deve quindi ritenersi che
la diretta individuazione dell'obbligo di
corresponsione degli oneri di urbanizzazione
esuli dalle attribuzioni legittimamente
esercitabili dall'Amministrazioni regionale,
atteso che le competenze ad essa in
subiecta materia rimesse si limitano
all'individuazione dei relativi parametri di
riferimento, e non già alla successiva
individuazione dell'obbligazione avente ad
oggetto il contributo di che trattasi.
_______________________
1. Cons. Stato, sez. V, 17.10.2000 n.
5558; Cons. Stato, sez. V, 06.12.1999 n.
2061; Cons. Stato, sez. V, 10.05.1999 n.
536; Cons. Stato, sez. V, 19.05.1998 n. 617;
Cons. Stato, sez. V, 07.09.1995 n. 1280;
Cons. Stato, sez. V, 10.12.1990 n. 857; TAR
Toscana, sez. III, 09.06.2000 n. 1149; TAR
Lombardia-Brescia, 20.06.2000 n. 554; TAR
Toscana, sez. III, 19.02.1999 n. 17; TAR
Piemonte, sez. I, 10.04.1997 n. 206.
2. TAR Lazio, sez. II-bis, 26.10.2000 n.
8678; TAR Lombardia-Milano, 23.11.1979 n.
374.
4. TAR Lazio, sez. II, 13.02.1995 n. 165;
TAR Toscana, 06.11.1987 n. 1338
(massima tratta da www.sentenzetoscane.it -
TAR Toscana, Sez. II,
sentenza 18.04.2001 n. 757 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2000 |
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EDILIZIA PRIVATA:
Ai fini dell'esenzione
dal contributo di costruzione ex art. 9, lett. f), l.
28.01.1977 n. 10, occorre che l'opera da costruire sia
pubblica o d'interesse pubblico e venga realizzata o da un
ente pubblico, o da altro soggetto per conto di un ente
pubblico, come nel caso di concessione di opera pubblica o
di altre analoghe figure organizzatorie.
Seppure è stata esclusa, talvolta, la necessaria
soggettività pubblica dell'ente realizzatore
dell'intervento, si è sempre affermato che deve trattarsi di
attività compiuta da un concessionario o, più in generale,
da un soggetto che curi istituzionalmente la realizzazione
di opere d'interesse generale per il perseguimento delle
specifiche finalità cui le opere stesse sono destinate.
In questa prospettiva si è anche chiarito che non ricade
nell'esenzione l'opera costruita da un imprenditore per la
propria attività d'impresa, considerato altresì che il fine
dell'esenzione è quello di evitare una contribuzione
intimamente contraddittoria (quale sarebbe quella per opere
costruite a carico della collettività) e non quella di
esonerare gli imprenditori dai costi d'impresa.
Con un secondo gruppo di censure, l’appellante sostiene
che l'opera in questione non è soggetta a contribuzione,
rientrando nel raggio di azione dell’articolo 9, lettera f),
della legge n. 10/1997.
La censura è infondata.
La norma richiamata dall'appellante prevede l'esonero dal
pagamento degli oneri di urbanizzazione "per gli impianti,
le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale
realizzati dagli enti istituzionalmente competenti".
La gratuità della concessione è quindi subordinata a due
condizioni, l'una di carattere oggettivo e l'altra di natura
soggettiva.
Con riguardo al primo profilo, si potrebbe anche convenire
con l'appellante che il manufatto in questione costituisce
un'opera di interesse generale, considerando il collegamento
con il pubblico servizio esercitato dalla SIP.
Ma, con riguardo all'altro necessario presupposto, di
carattere soggettivo, non può dubitarsi che il titolare
della concessione è un imprenditore privato e non un "ente
istituzionalmente competente" alla realizzazione dell'opera.
La Sezione ha ripetutamente chiarito, al riguardo, che, ai
fini dell'esenzione dal contributo di costruzione ex art. 9,
lett. f), l. 28.01.1977 n. 10, occorre che l'opera da
costruire sia pubblica o d'interesse pubblico e venga
realizzata o da un ente pubblico, o da altro soggetto per
conto di un ente pubblico, come nel caso di concessione di
opera pubblica o di altre analoghe figure organizzatorie
(Consiglio Stato sez. V, 07.09.1995, n. 1280; 13.12.1993, n. 1280;
04.01.1993, n. 11; 31.10.1992, n. 1145; 16.01.1992 n. 46).
Seppure è stata esclusa, talvolta, la necessaria
soggettività pubblica dell'ente realizzatore
dell'intervento, si è sempre affermato che deve trattarsi di
attività compiuta da un concessionario o, più in generale,
da un soggetto che curi istituzionalmente la realizzazione
di opere d'interesse generale per il perseguimento delle
specifiche finalità cui le opere stesse sono destinate.
In questa prospettiva si è anche chiarito che non ricade
nell'esenzione l'opera costruita da un imprenditore per la
propria attività d'impresa, considerato altresì che il fine
dell'esenzione è quello di evitare una contribuzione
intimamente contraddittoria (quale sarebbe quella per opere
costruite a carico della collettività) e non quella di
esonerare gli imprenditori dai costi d'impresa (Consiglio
Stato, Sez. V 10.12.1990 n. 857; sez. V, 20.11.1989 n. 752) (Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 17.10.2000 n. 5558 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Un
impianto destinato ad essiccazione e
conservazione di cereali realizzato da un
consorzio agrario costituito nella forma di
società di capitali privata non costituisce
opera pubblica in senso stretto perché esso
rappresenta un edificio d'interesse sì
collettivo, ma dei soli soci del consorzio
stesso e solo indirettamente degli altri
agricoltori: pertanto, non è esente dal
versamento del contributo di urbanizzazione
e costruzione.
L'esenzione dal contributo di urbanizzazione
e costruzione, di cui all'art. 9, lett. f),
l. 28.01.1977 n. 10, spetta esclusivamente
alle opere pubbliche, ossia alle opere di
pubblico interesse realizzate da enti
pubblici, mentre non compete alle opere
realizzate da soggetti privati, quale che
sia la rilevanza sociale dell'attività dagli
stessi esercitata nella o con l'opera cui la
concessione edilizia si riferisce; pertanto,
un impianto destinato ad essiccazione e
conservazione di cereali realizzato da un
consorzio agrario costituito nella forma di
società di capitali privata, non costituisce
opera pubblica in senso stretto, perché esso
rappresenta un edificio d'interesse sì
collettivo, ma dei soli soci del consorzio
stesso e solo indirettamente degli altri
agricoltori, fermo restando che detto
consorzio non ha per scopo essenziale la
costruzione di opere pubbliche (sez. V,
19.09.1995, n. 1313).
Tale indirizzo, a confutazione del quale non
sono stati addotti argomenti persuasivi,
merita di essere confermato.
Il paradigma normativo dell’art. 9, lett.
f), della l. n. 10/1977, invero, prevede la
gratuità della concessione edilizia per gli
impianti, le attrezzature, le opere
pubbliche o di interesse generale realizzate
dagli enti istituzionalmente competenti
nonché per le opere di urbanizzazione,
eseguite anche da privati, in attuazione di
strumenti urbanistici.
La prospettazione della parte ricorrente in
primo grado si fonda essenzialmente sulla
locuzione “opere…di interesse generale”,
in relazione alle finalità di interesse
pubblico perseguite dai consorzi agrari.
Il fatto, però, è che la fattispecie
normativa, elevando ad oggetto della
qualificazione “le opere pubbliche o di
interesse generale realizzate dagli enti
istituzionalmente competenti” ha inteso
riferirsi agli enti pubblici, o comunque
agli enti che agiscono per conto di enti
pubblici (come ad esempio, i concessionari
pubblici): in tal senso, la giurisprudenza
del Consiglio di Stato è costante.
L’esattezza di tale soluzione è confermata,
del resto, non soltanto dall’endiadi: “opere
pubbliche o di interesse generale”, che
rinvia ad una figura soggettiva pubblica, ma
dal fatto che nella sola seconda parte della
proposizione normativa, concernente le opere
di urbanizzazione, la disposizione
specifica: "eseguite anche da privati".
Ne esce quindi caricata di ulteriore valore
semantico la locuzione: “enti
istituzionalmente competenti”, che non
può riferirsi che ad enti pubblici o a
soggetti che agiscono per conto degli
stessi.
Circa la natura dei consorzi agrari, che
attualmente hanno personalità giuridica di
diritto privato, può convenirsi sul fatto
che essi concorrono al conseguimento di
determinate finalità di pubblico interesse,
ma ciò è comune a tutta la categoria
dottrinale degli enti privati di interesse
pubblico, caratterizzata dal fatto di essere
sottoposti a vigilanza particolarmente
penetrante o di essere inseriti in
ordinamenti settoriali cui sono preposti
amministrazioni o enti pubblici.
Resta però il fatto che nell’ordinamento
giuridico vigente non esiste una categoria
intermedia tra gli enti pubblici e quelli
privati, in quanto gli enti qualificabili
come enti privati di interesse pubblico
rimangono pur sempre soggetti privati.
Tale rilievo è assorbente ai fini della
decisione della presente controversia.
Il Consorzio agrario provinciale di Mantova,
in quanto soggetto privato, non aveva titolo
alla gratuità della concessione edilizia per
l’impianto di stoccaggio di cereali, ai
sensi dell’art. 9, lett. f), l. n. 10/1977
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 06.10.2000 n. 5323 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Il
contributo concessorio non è dovuto quando si tratta della
realizzazione di opere pubbliche o di interesse generale da
parte di enti istituzionalmente competenti.
La norma (art. 9, lettera f), legge n. 10 del 1977) enuncia
due requisiti che devono entrambi concorrere per fondare lo
speciale regime di gratuità della concessione, l’uno di
carattere oggettivo e l’altro di carattere soggettivo. Per
effetto del primo la costruzione deve riguardare opere
pubbliche o di interesse generale; per effetto del secondo
le opere devono essere eseguite da un ente istituzionalmente
competente.
La ratio della norma è anzitutto quella di agevolare
l’esecuzione di opere destinate al soddisfacimento di
interessi pubblici o dalle quali la collettività possa
comunque trarre una utilità.
L’esecuzione di un’opera pubblica, inoltre, quando è
compiuta da un “ente istituzionalmente competente”,
garantisce il perseguimento di interessi di ordine generale
e giustifica la concessione di un beneficio economico che,
non contribuendo alla formazione di un utile di impresa, si
riverbera a vantaggio di tutta la collettività che fruisce
dell’opera una volta compiuta.
L’imposizione degli oneri concessori al soggetto che
interviene per l’istituzionale attuazione del pubblico
interesse sarebbe altrimenti intimamente contraddittoria,
poiché verrebbe a gravare, sia pure indirettamente, sulla
stessa comunità che dovrebbe avvantaggiarsi dal loro
pagamento.
La disposizione, dunque, ha un ambito applicativo limitato
in duplice senso: essa si rivolge in primo luogo a
chi intende realizzare opere la cui fruizione (in via
diretta od indiretta) soddisfa interessi generali; in
secondo luogo si rivolge, oltre che agli enti pubblici,
a quelle figure soggettive che non agiscono per esclusivo
scopo lucrativo o che accompagnano al lucro soggettivo un
collegamento giuridicamente rilevante con l’amministrazione,
sì da rafforzare il legame istituzionale con l’azione del
soggetto pubblico per la cura degli interessi della
collettività. Tale raccordo, peraltro, dev’essere idoneo ad
assicurare, grazie alla presenza del soggetto pubblico, un
contemperamento dell’obiettivo privatistico dell’esecutore
dell’opera col fine pubblicistico realizzato.
Questo raccordo, secondo la giurisprudenza, è ravvisabile in
concreto anche nei casi che registrano l’intervento del
concessionario di opera pubblica, il quale, pur mirando al
conseguimento di un lucro d’impresa, è parificabile a pieno
titolo al soggetto che cura istituzionalmente l’esecuzione
di opere di interesse generale.
La questione controversa concerne l’applicabilità dell’art.
9, lettera f), legge n. 10 del 1977, al complesso
polifunzionale della Polizia di Stato costruito dalla
società appellata, ed il relativo riconoscimento del diritto
all’esenzione dal pagamento del contributo di concessione di
cui all’art. 3 della legge n. 10 del 1977.
La disposizione in oggetto viene richiamata per due distinti
profili, ciascuno dei quali idoneo, in linea di ipotesi, a
giustificare l’esenzione.
Il primo è quello per cui il contributo concessorio non è
dovuto quando si tratta della realizzazione di opere
pubbliche o di interesse generale da parte di enti
istituzionalmente competenti.
La norma enuncia due requisiti che devono entrambi
concorrere per fondare lo speciale regime di gratuità della
concessione, l’uno di carattere oggettivo e l’altro di
carattere soggettivo. Per effetto del primo la costruzione
deve riguardare opere pubbliche o di interesse generale; per
effetto del secondo le opere devono essere eseguite da un
ente istituzionalmente competente (v., ex plurimis, Cons.
Stato, sez. V, 20.07.1999, n. 849; id., 29.09.1997, n. 1067).
La ratio della norma è anzitutto quella di agevolare
l’esecuzione di opere destinate al soddisfacimento di
interessi pubblici o dalle quali la collettività possa
comunque trarre una utilità.
L’esecuzione di un’opera pubblica, inoltre, quando è
compiuta da un “ente istituzionalmente competente”,
garantisce il perseguimento di interessi di ordine generale
e giustifica la concessione di un beneficio economico che,
non contribuendo alla formazione di un utile di impresa, si
riverbera a vantaggio di tutta la collettività che fruisce
dell’opera una volta compiuta.
L’imposizione degli oneri concessori al soggetto che
interviene per l’istituzionale attuazione del pubblico
interesse sarebbe altrimenti intimamente contraddittoria,
poiché verrebbe a gravare, sia pure indirettamente, sulla
stessa comunità che dovrebbe avvantaggiarsi dal loro
pagamento.
La disposizione, dunque, ha un ambito applicativo limitato
in duplice senso: essa si rivolge in primo luogo a chi
intende realizzare opere la cui fruizione (in via diretta od
indiretta) soddisfa interessi generali; in secondo luogo si
rivolge, oltre che agli enti pubblici, a quelle figure
soggettive che non agiscono per esclusivo scopo lucrativo o
che accompagnano al lucro soggettivo un collegamento
giuridicamente rilevante con l’amministrazione, sì da
rafforzare il legame istituzionale con l’azione del soggetto
pubblico per la cura degli interessi della collettività.
Tale raccordo, peraltro, dev’essere idoneo ad assicurare,
grazie alla presenza del soggetto pubblico, un
contemperamento dell’obiettivo privatistico dell’esecutore
dell’opera col fine pubblicistico realizzato.
Questo raccordo, secondo la giurisprudenza, è ravvisabile in
concreto anche nei casi che registrano l’intervento del
concessionario di opera pubblica, il quale, pur mirando al
conseguimento di un lucro d’impresa, è parificabile a pieno
titolo al soggetto che cura istituzionalmente l’esecuzione
di opere di interesse generale (v., ex plurimis,
Consiglio Stato sez. V, 07.09.1995, n. 1280)
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 10.07.2000 n. 3860 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
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