dossier
COMPETENZE PROFESSIONALI/PROGETTUALI |
giugno 2023 |
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COMPETENZE PROGETTUALI: Col
cemento armato progettisti ingegneri.
E' legittimo il permesso di costruire per la realizzazione di un edificio in
cemento armato, se dal titolo edilizio risulti che progettista e direttore
dei lavori delle opere strutturali è un ingegnere e che il ruolo di tecnico,
per quanto e nei limiti di competenza, è stato assunto da un geometra.
Lo ha confermato il TAR Marche, Sez. I,
sentenza
28.06.2023 n. 397.
Il comune di Treia aveva rilasciato un permesso di costruire relativo alla
realizzazione di un immobile condominiale in cemento armato composto da 15
unità abitative, avente un'altezza di circa 10 metri e sviluppantesi per tre
piani fuori terra.
L'Ordine degli Ingegneri della Provincia di Macerata aveva impugnato il
provvedimento sostenendo che il suddetto titolo edilizio era stato
rilasciato in violazione delle norme della legge professionale dei geometri,
in base alle quali al geometra è preclusa la progettazione di opere in
cemento armato e comunque di opere di non modesta entità.
Il Tar non è d'accordo con quanto affermato nel ricorso. Nodo centrale della
vicenda è la vexata quaestio dei limiti, nella progettazione degli
edifici in cemento armato, delle competenze dei geometri rispetto a quelle
degli ingegneri.
Ebbene, proprio al fine di rispettare le prescrizioni della legge
professionale, l'amministrazione ha verificato che un ingegnere fosse il
responsabile della progettazione, mentre il geometra avrebbe svolto attività
professionale coordinata di progettazione nei limiti delle sue competenze.
Il progetto, infatti, non sarebbe stato approvabile se lo stesso fosse stato
sottoscritto solo dal geometra. Inoltre, nessuna norma o principio vietano
ad un ingegnere e ad un geometra di collaborare, integrando le rispettive
competenze, nella redazione di un progetto. Secondo i giudici poi l'inciso
contenuto nel permesso di costruire, secondo cui un geometra ha assunto il
ruolo di “…tecnico per quanto e nei limiti di competenza...” non ha
nulla di illegittimo.
Ricorso respinto
(articolo ItaliaOggi Sette del 07.08.2023).
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SENTENZA
1. Nel presente giudizio viene in rilievo, quale profilo centrale
della vicenda, la
vexata quaestio
dei limiti, nella progettazione degli
edifici in cemento armato, delle competenze dei geometri rispetto a quelle
degli ingegneri.
Nella specie la controversia scaturisce dall’avvenuto rilascio, da parte del
Comune di Treia, del permesso di costruire n. 2005/108, relativo alla
realizzazione di un immobile condominiale in cemento armato composto da 15
unità abitative, avente un’altezza di circa 10 metri e sviluppantesi per tre
piani fuori terra.
Dal titolo edilizio impugnato risulta che l’ing. Ma.Ma. è
progettista e direttore dei lavori delle opere strutturali, mentre il geom.
Re.Br. ha assunto il ruolo di “…tecnico per quanto e nei limiti di
competenza…”.
2. L’Ordine ricorrente censura l’operato del Comune sostenendo che il
suddetto titolo edilizio è stato rilasciato in violazione delle norme della
legge professionale dei geometri, in base alle quali al geometra è preclusa
la progettazione di opere in cemento armato e comunque di opere di non
modesta entità.
Né, secondo l’Ordine, ad eliminare la predetta violazione di legge è
sufficiente l’inciso contenuto nel titolo edilizio (inciso a sua volta
apposto sulla base dell’atto di indirizzo adottato dalla Giunta Comunale di
Treia con la deliberazione n. 96/2005) secondo cui il geometra firmatario
del progetto ha svolto l’attività nei limiti delle sue competenze
professionali, il che, ad avviso del Comune, dimostra invece che
l’istruttoria è stata in parte qua attenta e ossequiosa del riparto delle
competenze professionali fra geometri e ingegneri.
L’Ordine ricorrente aggiunge che in nessuna norma o principio generale di
diritto (ma neanche nella comune logica e nei principi della scienza e della
tecnica) è rinvenibile il concetto di “responsabilità progettuale
frazionata” in porzioni autonome e del tutto indipendenti l’una dall'altra,
ed in particolare in una “porzione” consistente nelle “opere strutturali” e
un’altra consistente in non meglio precisate né meglio individuate “opere
architettoniche”.
Nella specie, poi, mancherebbe anche la concreta
individuazione delle parti di rispettiva competenza dell’ing. Ma. e del
geom. Br., il che rileva nel caso in cui l’immobile dovesse presentare
in futuro problematiche costruttive.
...
4. Il ricorso non è meritevole di accoglimento.
4.1. In ossequio al principio di sinteticità degli atti del giudice,
l’odierno Collegio ritiene, da un punto di vista generale, di poter
richiamare, ai sensi dell’art. 74 c.p.a., alcuni precedenti specifici del
Tribunale in cui è stata esaminata la medesima questione di diritto oggetto
principale del presente giudizio.
Si tratta in particolare delle sentenze nn.
130/2023, 634/2018, 559/2013, 355 e 356 del 2011, nelle quali si è affermato
(o, meglio, ribadito) il principio per cui “…la presenza dell'ingegnere
progettista delle opere strutturali assorbe per intero quella parte che
poteva esorbitare dalla competenza professionale del geometra. Di
conseguenza la contestazione circa l'inidoneità del geometra a sottoscrivere
il progetto esaminato dal comune viene a cadere e, quindi, tale aspetto
della vicenda non è suscettibile di incidere negativamente sulla legittimità
dell'impugnata concessione edilizia (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 04.06.2003 n.
3068; v. anche Cons. Stato, Sez. V 03.10.2002 n. 5208 riguardante edifici
analoghi).
Al riguardo il Collegio non ignora che esistono anche indirizzi
giurisprudenziali di contrario avviso (cfr. da ultimo, Cons. Stato, Sez. V,
28.04.2011 n. 253), adottati sul rilievo che non sarebbe possibile enucleare
e distinguere un’autonoma attività, per la parte di tali lavori,
riconducibile ad un ingegnere o ad un architetto, il che (prosegue la citata
giurisprudenza) apparirebbe senz’altro esatto, in quanto chi non è abilitato
a delineare l’ossatura, neppure può essere ritenuto in grado di dare forma
al corpo che deve esserne sorretto.
A giudizio del Collegio appare invece possibile, sulla base di comuni
esperienze di fatto, scindere dette attività progettuali, poiché definita
l’ossatura (o, meglio, la struttura portante di un edificio, dimensionata
per reggere tutte le sollecitazioni, statiche e dinamiche, verticali e
orizzontali, cui esso è o potrebbe essere sottoposto) da parte del tecnico a
ciò abilitato, l’ulteriore attività progettuale si risolve nella definizione
di elementi di chiusura della stessa, mediante opere di tamponamento interno
ed esterno di natura essenzialmente architettonica; opere volte a delimitare
gli spazi in cui si svolge l’attività umana e che non richiedono il possesso
di specifiche competenze strutturali (attività che, spesso, viene svolta dai
tecnici specializzati nei soli componenti d’arredo)…” (così, in particolare,
la sentenza n. 559/2013).
4.2. Con specifico riguardo al caso di specie, poi, si deve tenere conto
dell’inciso apposto dal Comune di Treia nel titolo edilizio rilasciato in
favore della società La Vi. S.r.l.
Al riguardo il Collegio non condivide l’assunto implicito da cui muove parte
ricorrente, ossia che il suddetto inciso costituirebbe la tipica “foglia di
fico” che l’amministrazione ha voluto utilizzare per salvaguardare la
legittimità formale del provvedimento, ma abdicando all’obbligo di svolgere
un’adeguata istruttoria finalizzata a preservare le prerogative
professionali degli ingegneri.
Tale prospettazione, per quanto suggestiva, non tiene però conto del fatto
che i funzionari pubblici hanno necessità di disporre di precisi indirizzi
interpretativi che li guidino nel quotidiano esercizio dei propri munera, il
che, peraltro, obbedisce anche all’esigenza dei cittadini di vedersi
riservato il medesimo trattamento.
Nella specie è accaduto che proprio i
funzionari dell’Ufficio Tecnico – IV Settore di Treia si sono trovati
nell’incertezza di dover decidere se il progetto era o meno assentibile per
il profilo qui controverso, il che ha portato l’organo di indirizzo
politico-gestionale ad impartire la direttiva censurata in ricorso, dopo
aver acquisito un parere legale.
Tale modus operandi, che, pur originandosi da un caso specifico, in sé non
ha nulla di illegittimo, si è poi tradotto in una prescrizione che non
poteva che essere scritta come è stata effettivamente scritta, ma che ha
sicuramente consentito all’Ufficio di definire la pratica, adottando una
linea di condotta che era replicabile in futuro in presenza di fattispecie
analoghe.
La Giunta dunque non ha indebitamente invaso le competenze dei funzionari
comunali preposti al settore.
5. Le altre argomentazioni di parte ricorrente sono invece inconferenti,
visto che l’eventuale nullità del contratto di opera intellettuale dovuta
alla violazione della legge professionale (violazione che il Tribunale
reputa comunque insussistente) è questione che rileva solo nei rapporti fra
il committente e il tecnico e che non incide di per sé sulla legittimità del
titolo edilizio.
Men che meno rilevano profili di natura penalistica, visto
che a tal riguardo l’unico aspetto essenziale è che i calcoli strutturali
siano stati sottoscritti da un ingegnere e che il progetto sia stato
depositato presso il Genio Civile prima dell’inizio dei lavori.
6. Per tali ragioni il ricorso va respinto. |
settembre 2022 |
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COMPETENZE PROGETTUALI: Sulla
questione della nullità del contratto d’opera professionale stipulato con in
geometra avente ad
oggetto la progettazione di una costruzione contenente strutture in cemento
armato.
Il criterio per accertare se una
costruzione sia da considerare modesta -e quindi se la sua progettazione
rientri nella competenza professionale dei geometri, ai sensi dell'art. 16,
lett. m), del r.d. n. 274 del 1929- consiste nel valutare le difficoltà
tecniche che la progettazione e l'esecuzione dell'opera comportano e le
capacità occorrenti per superarle.
A questo fine, mentre non è decisivo il mancato uso del cemento armato,
assume significativa rilevanza il fatto che la costruzione sorga in zona
sismica, con conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio alla
normativa di cui alla l. n. 64 del 1974, la quale impone calcoli complessi,
che esulano dalle competenze professionali dei geometri.
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2. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 112
c.p.c. e 345 c.p.c. e 1421 c.c. (in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c.),
nonché degli artt. 16, comma 1, lett. l) e m), del r.d. n. 274/1929; 1 del
r.d. n. 2229/1939; 1418, 15421, 2229, 2230 e 2231 c.c. e della legge n.
1086/1971 (in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.).
Non essendo in contestazione che l’edificio da progettare si fondasse su una
struttura in cemento armato, avrebbe errato, secondo il ricorrente, la
sentenza di merito a ritenere l’eccezione di nullità proposta in violazione
dell’art. 345 c.p.c., per l’assorbente considerazione che trattasi di
questione rilevabile d’ufficio, sulla scorta della giurisprudenza di
legittimità di cui a Cass., Sez. Un., n. 14828/2012 e Cass., Sez. Un., n.
21095/2014.
Pertanto, dal momento che l’edificio in questione eccedeva certamente la
nozione di “modesta costruzione civile” di cui all’art. 16, comma 1,
lett. m), del r.d. n. 274/1929, il giudice di secondo grado avrebbe dovuto
dichiarare nullo il contratto di prestazione d’opera intercorso tra le
parti, con conseguente impossibilità per i controricorrenti di reclamare
qualsivoglia compenso, ai sensi dell’art. 2231 c.c.
...
7. Il primo motivo è fondato, e il suo accoglimento determina
l’assorbimento di tutti gli altri.
La Corte d’Appello di Perugia, nella sentenza impugnata, non ha esaminato la
questione relativa alla nullità del contratto costituente il titolo della
pretesa fatta valere dai controricorrenti con l’originario ricorso
monitorio, dichiarando l’inammissibilità della relativa eccezione in quanto
non sollevata in seno al processo di primo grado e non più sollevabile in
appello, “secondo il disposto di cui all’art. 345 c.p.c. trattandosi di
eccezione nuova”.
Tale statuizione, tuttavia, non tiene conto della rilevabilità d’ufficio
della nullità del contratto, con conseguente applicabilità del secondo comma
della disposizione citata, il quale, a contrario, consente la proposizione
di nuove eccezioni, nella misura in cui si tratti -per l’appunto- di
eccezioni rilevabili d’ufficio (si veda, di recente, Cass., n. 19161/2020,
alla cui stregua “il giudice di appello è tenuto a procedere al rilievo
officioso di una nullità contrattuale nonostante sia mancata la rilevazione
in primo grado e l'eccezione di nullità sia stata sollevata in sede di
gravame, venendo in rilievo un'eccezione in senso lato, come tale
proponibile in appello a norma dell'art. 345, comma 2, c.p.c.”).
Già Cass., Sez. Un., n. 26242/2014, aveva affermato che “nel giudizio di
appello ed in quello di cassazione, il giudice, in caso di mancata
rilevazione officiosa, in primo grado, di una nullità contrattuale, ha
sempre facoltà di procedere ad un siffatto rilievo”. A fronte
dell’eccezione dell’appellante, il giudice di secondo grado avrebbe dovuto,
pertanto, esaminare la questione della nullità del contratto d’opera
professionale stipulato con i geometri odierni controricorrenti, avente ad
oggetto la progettazione di una costruzione contenente strutture in cemento
armato.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, infatti, “a norma
dell'art. 16, lett. m), r.d. 11.02.1929, n. 274, che non è stato modificato
dalla legge n. 1068 del 1971, la competenza dei geometri è limitata alla
progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con
esclusione di quelle che comportino l'adozione -anche parziale- di strutture
in cemento armato, mentre, in via d'eccezione, si estende anche a queste
strutture, a norma della lett. l) del medesimo articolo, solo con riguardo
alle piccole costruzioni accessorie nell'ambito degli edifici rurali o
destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni
di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le
persone, essendo riservata agli ingegneri la competenza per le costruzioni
civili, anche modeste, che adottino strutture in cemento armato. Pertanto,
la progettazione e la direzione di opere da parte di un geometra in materia
riservata alla competenza professionale degli ingegneri o degli architetti
sono illegittime, a nulla rilevando in proposito che un progetto redatto da
un geometra sia controfirmato o vistato da un ingegnere ovvero che un
ingegnere esegua i calcoli in cemento armato, atteso che il professionista
competente deve essere altresì titolare della progettazione, trattandosi di
competenze inderogabilmente affidate dal committente al professionista
abilitato secondo il proprio statuto professionale, sul quale gravano le
relative responsabilità” (in questi termini:
- la recente Cass., n. 100/2021, ma si veda anche Cass., n.
29227/2019 -secondo cui “la disposizione, contenuta nell'art. 16 del r.d.
n. 274 del 1929, secondo cui i geometri non sono abilitati a redigere
"progetti di massima" ove riguardanti costruzioni in cemento armato, fuori
dalle ipotesi eccezionalmente consentite dalla lett. l), risponde ad
evidenti ragioni di pubblico interesse e lascia all'interprete ristretti
margini di discrezionalità, attinenti alla valutazione dei requisiti della
modestia della costruzione, della non necessità di complesse operazioni di
calcolo e dell'assenza di implicazioni per la pubblica incolumità,
indicando, invece, un preciso requisito, ovverosia la natura di annesso
agricolo dei manufatti. Ne consegue l'inammissibilità di un'interpretazione
estensiva o evolutiva di tale disposizione, che, in quanto norma
eccezionale, non si presta ad applicazione analogica, non potendosi
pervenire ad una diversa conclusione neppure in virtù delle norme -art. 2
della l. n. 1086 del 1971 e art. 17 della l. n. 64 del 1974- che
disciplinano le costruzioni in cemento armato e quelle in zone sismiche, in
quanto le stesse richiamano i limiti delle competenze professionali
stabiliti per i geometri dalla vigente normativa professionale”- nonché,
con precipuo riguardo al rilievo officioso della nullità,
- Cass., n. 20438/2019, nella quale si legge che “è nullo il
contratto di affidamento della direzione dei lavori di costruzioni civili ad
un geometra, ove la progettazione richieda l'esecuzione, anche parziale, dei
calcoli in cemento armato, attività demandata agli ingegneri, attese le
limitate competenze attribuite ai geometri dall'art. 16 del r.d. n. 274 del
1929. Tale nullità è rilevabile, ai sensi dell'art. 1421 c.c., anche
d'ufficio, in ogni stato e grado del procedimento, incontrando siffatto
principio, in sede di legittimità, il limite del divieto degli accertamenti
di fatto, sicché nel giudizio di cassazione la nullità è rilevabile solo se
siano acquisiti agli atti tutti gli elementi di fatto dai quali possa
desumersene l'esistenza”).
8. Alla cassazione della sentenza impugnata consegue, pertanto, il rinvio
alla Corte d’Appello di Perugia (in diversa composizione), cui è demandata
la valutazione di merito circa la tipologia ed entità delle opere in cemento
armato contemplate dal progetto commissionato ai geometri Pa. e
Ar., in ossequio alla regula iuris per cui “il
criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta -e
quindi se la sua progettazione rientri nella competenza professionale dei
geometri, ai sensi dell'art. 16, lett. m), del r.d. n. 274 del 1929-
consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e
l'esecuzione dell'opera comportano e le capacità occorrenti per superarle; a
questo fine, mentre non è decisivo il mancato uso del cemento armato, assume
significativa rilevanza il fatto che la costruzione sorga in zona sismica,
con conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa
di cui alla l. n. 64 del 1974, la quale impone calcoli complessi, che
esulano dalle competenze professionali dei geometri”
(Cass., n. 5871/2017) (Corte di cassazione, Sez. II civile,
ordinanza 20.09.2022 n. 27502). |
marzo 2022 |
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COMPETENZE PROGETTUALI: A
norma dell'art. 16, lett. m), r.d. 11.02.1929, n. 274, che non è stato
modificato dalla legge n. 1068 del 1971, la competenza dei geometri è
limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni
civili, con esclusione di quelle che comportino l'adozione -anche parziale-
di strutture in cemento armato, mentre, in via d'eccezione, si estende anche
a queste strutture, a norma della lett. l) del medesimo articolo, solo con
riguardo alle piccole costruzioni accessorie nell'ambito degli edifici
rurali o destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari
operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo
per le persone, essendo riservata agli ingegneri la competenza per le
costruzioni civili, anche modeste, che adottino strutture in cemento armato.
Pertanto, la progettazione e la direzione di opere da parte di un geometra
in materia riservata alla competenza professionale degli ingegneri o degli
architetti sono illegittime, a nulla rilevando in proposito che un progetto
redatto da un geometra sia controfirmato o vistato da un ingegnere ovvero
che un ingegnere esegua i calcoli in cemento armato, atteso che il
professionista competente deve essere altresì titolare della progettazione,
trattandosi di competenze inderogabilmente affidate dal committente al
professionista abilitato secondo il proprio statuto professionale, sul quale
gravano le relative responsabilità.
Si è anche, in particolare, specificato –contrariamente a quanto assunto
nell’impugnata sentenza- che i limiti posti dall'art. 16, lett. m), del r.d.
11.02.1929, n. 274 alla competenza professionale dei geometri rispondono ad
una scelta inequivoca del legislatore, dettata da evidenti ragioni di
pubblico interesse, che lascia all'interprete ristretti margini di
discrezionalità, attinenti alla valutazione dei requisiti della modestia
della costruzione, della non necessità di complesse operazioni di calcolo e
dell'assenza di implicazioni per la pubblica incolumità, indicando invece un
preciso requisito, ovverosia la natura di annesso agricolo dei manufatti
(aspetto, questo, pacificamente da escludere con riferimento alla
fattispecie), per le opere eccezionalmente progettabili dai predetti tecnici
anche nei casi di impiego di cemento armato.
È da ritenersi, pertanto, esclusa la possibilità di un'interpretazione
estensiva o "evolutiva" di tale disposizione, che, in quanto norma
eccezionale, non si presta ad applicazione analogica, non potendosi
pervenire ad una diversa conclusione neppure in virtù delle norme –quali
l’art. 2 della legge 05.11.1971, n. 1086 e l’art. 17 della legge 02.02.1974,
n. 64– che disciplinano le costruzioni in cemento armato e quelle in zone
sismiche, in quanto le stesse richiamano i limiti delle competenze
professionali stabiliti per i geometri dalla vigente normativa
professionale.
Ne consegue che, qualora il rapporto professionale abbia avuto ad oggetto
una costruzione per civili abitazioni, è affetto da nullità il contratto
anche relativamente alla direzione dei lavori affidata a un geometra, quando
la progettazione –richiedendo l'adozione anche parziale dei calcoli in
cemento armato– sia riservata alla competenza degli ingegneri. Ed è anche
pacifico che, a norma dell'art. 2231 c.c., quando l'esercizio di un'attività
professionale è condizionato all'iscrizione in un albo o elenco, la
prestazione eseguita da chi non è iscritto non gli dà azione per il
pagamento del compenso, onde, in tali ipotesi, non può ritenersi esperibile
neppure l'azione generale di arricchimento di cui all'art. 2041 c.c.
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1. Con il primo motivo la ricorrente ha denunciato la violazione e
falsa applicazione dell’art. 16 del R.D. 11.02.1929, n. 274 e dell’art. 1
del R.D. 16.11.1939, n. 2229, in relazione agli artt. 11, 12 e 14 delle
disposizioni sulla legge in generale e agli artt. 1418, 2229 e 2231 c.c.
In particolare, la ricorrente, con questa doglianza, ha inteso dedurre che,
sulla base delle caratteristiche dell’immobile in relazione al quale il
geom. Pa. aveva prestato la sua opera professionale, consistenti –come
accertato in sede di c.t.u.- nella realizzazione di una soletta di
fondazione in cemento armato, di murature d’ambito sempre in cemento armato
per il seminterrato, di solai latero-cementizi, di travi e di una scala in
cemento armato, al citato geometra non avrebbe potuto essere riconosciuto il
necessario titolo abilitativo per l’esecuzione delle contestate prestazioni,
ragion per cui –alla stregua delle richiamate norme– egli non poteva aver
diritto alla percezione di alcun compenso per la predetta attività svolta
oltre i limiti delle proprie competenze.
...
3. Rileva il collegio che il primo motivo è fondato e deve essere, quindi,
accolto per le ragioni che seguono.
Va, infatti, osservato che -essendo rimasto accertato in fatto che la
prestazione del Pa., in qualità di geometra, fu eseguita in epoca
antecedente al dicembre 2010 (ovvero prima dell’entrata in vigore del d.lgs.
n. 212/2010, con la quale fu disposta l’abrogazione dell’art. 1 del R.D. n.
2229/1939) e che la stessa non aveva ad oggetto una piccola costruzione
accessoria nell’ambito di edifici agricoli (sulla scorta delle inequivoche
caratteristiche precedentemente descritte, involgenti plurimi interventi
edilizi comportanti l’utilizzo di cemento armato relativi alla
ristrutturazione di un immobile adibito a civile abitazione)– la doglianza è
meritevole di accoglimento alla stregua della consolidata giurisprudenza di
questa Corte occupatasi della questione (cfr., ad es., Cass. n. 286/1984,
Cass. n. 3021/2005, 19292/2009 e Cass. n. 5871/2016).
Secondo il principio univocamente dalla stessa affermato (al quale dovrà
uniformarsi il giudice di rinvio), a norma dell'art. 16, lett. m), r.d.
11.02.1929, n. 274, che non è stato modificato dalla legge n. 1068 del 1971,
la competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e
vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che
comportino l'adozione -anche parziale- di strutture in cemento armato,
mentre, in via d'eccezione, si estende anche a queste strutture, a norma
della lett. l) del medesimo articolo, solo con riguardo alle piccole
costruzioni accessorie nell'ambito degli edifici rurali o destinati alle
industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e
che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone, essendo
riservata agli ingegneri la competenza per le costruzioni civili, anche
modeste, che adottino strutture in cemento armato.
Pertanto, la progettazione e la direzione di opere da parte di un geometra
in materia riservata alla competenza professionale degli ingegneri o degli
architetti sono illegittime, a nulla rilevando in proposito che un progetto
redatto da un geometra sia controfirmato o vistato da un ingegnere ovvero
che un ingegnere esegua i calcoli in cemento armato, atteso che il
professionista competente deve essere altresì titolare della progettazione,
trattandosi di competenze inderogabilmente affidate dal committente al
professionista abilitato secondo il proprio statuto professionale, sul quale
gravano le relative responsabilità.
Si è anche, in particolare, specificato –contrariamente a quanto assunto
nell’impugnata sentenza- che i limiti posti dall'art. 16, lett. m), del r.d.
11.02.1929, n. 274 alla competenza professionale dei geometri rispondono ad
una scelta inequivoca del legislatore, dettata da evidenti ragioni di
pubblico interesse, che lascia all'interprete ristretti margini di
discrezionalità, attinenti alla valutazione dei requisiti della modestia
della costruzione, della non necessità di complesse operazioni di calcolo e
dell'assenza di implicazioni per la pubblica incolumità, indicando invece un
preciso requisito, ovverosia la natura di annesso agricolo dei manufatti
(aspetto, questo, pacificamente da escludere con riferimento alla
fattispecie), per le opere eccezionalmente progettabili dai predetti tecnici
anche nei casi di impiego di cemento armato.
È da ritenersi, pertanto, esclusa la possibilità di un'interpretazione
estensiva o "evolutiva" di tale disposizione, che, in quanto norma
eccezionale, non si presta ad applicazione analogica, non potendosi
pervenire ad una diversa conclusione neppure in virtù delle norme –quali
l’art. 2 della legge 05.11.1971, n. 1086 e l’art. 17 della legge 02.02.1974,
n. 64– che disciplinano le costruzioni in cemento armato e quelle in zone
sismiche, in quanto le stesse richiamano i limiti delle competenze
professionali stabiliti per i geometri dalla vigente normativa
professionale.
Ne consegue che, qualora il rapporto professionale abbia avuto ad oggetto
una costruzione per civili abitazioni, è affetto da nullità il contratto
anche relativamente alla direzione dei lavori affidata a un geometra, quando
la progettazione –richiedendo l'adozione anche parziale dei calcoli in
cemento armato– sia riservata alla competenza degli ingegneri. Ed è anche
pacifico che, a norma dell'art. 2231 c.c., quando l'esercizio di un'attività
professionale è condizionato all'iscrizione in un albo o elenco, la
prestazione eseguita da chi non è iscritto non gli dà azione per il
pagamento del compenso, onde, in tali ipotesi, non può ritenersi esperibile
neppure l'azione generale di arricchimento di cui all'art. 2041 c.c. (Corte
di Cassazione, Sez. II civile,
ordinanza 21.03.2022 n.
9072). |
dicembre 2021 |
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COMPETENZE PROGETTUALI: La
categoria del «progetto architettonico» non ha riscontro ai
fini ed agli effetti dell'art. 16 del regolamento professionale di cui al
r.d. 11.02.1929 n. 274, in base al quale i geometri non possono redigere
progetti, sia di massima che esecutivi, di costruzioni che comportino
l'impiego di conglomerati cementizi, semplici o armati, in strutture
statiche e portanti.
La competenza dei geometri è limitata alla
progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con
esclusione di quelle che comportino l'adozione -anche parziale- di strutture
in cemento armato, mentre„ in via d'eccezione, si estende anche a queste
strutture, a norma della lett. l) del medesimo articolo, solo con riguardo
alle piccole costruzioni accessorie nell'ambito degli edifici rurali o
destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni
di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le
persone, essendo riservata agli ingegneri la competenza per le costruzioni
civili, anche modeste, che adottino strutture in cemento armato.
Ne deriva che, "qualora il rapporto professionale abbia avuto ad oggetto una
costruzione per civili abitazioni, è affetto da nullità il contratto anche
relativamente alla direzione dei lavori affidata a un geometra, quando la
progettazione -richiedendo l'adozione anche parziale dei calcoli in cemento
armato- sia riservata alla competenza degli ingegneri".
---------------
Il giudice di appello ha ritenuto di dover
escludere tale nullità sul rilievo che, nel caso di specie, "l'attività
dei professionisti si è incentrata esclusivamente sulla progettazione
architettonica di un immobile da adibire a civile abitazione,
sull'ottenimento delle relative autorizzazioni paesaggistico-ambientali,
sulle pratiche edilizie, sull'autorizzazione sismica
rilasciata a seguito della presentazione di calcoli antisismici ai sensi
della legge 66/1974-d.lgs. 380/2001, non avendo, al contrario, mai
avuto ad oggetto la progettazione strutturale dell'opera".
Così argomentando, tuttavia, la sentenza impugnata non ha
considerato che "la categoria del «progetto architettonico» non
ha riscontro, ai fini di causa, nella legge e nella giurisprudenza delle
sezioni civili di questa Corte, la quale ha sempre affermato che i geometri, ai sensi dell'art. 16
del regolamento professionale di cui al r.d. 11.02.1929 n. 274,
non possono redigere progetti, sia di massima che esecutivi, di
costruzioni che comportino l'impiego di conglomerati cementizi,
semplici o armati, in strutture statiche e portanti".
La Corte, inoltre, neppure ha chiarito in cosa si sia
sostanziata la successiva attività di "progettazione strutturale" (e
da chi sia stata svolta), ovvero se essa abbia messo capo ad un
autonomo progetto e, eventualmente, da chi lo stesso sia stato
firmato. Circostanze, ambedue, di grande rilievo, posto che, da un
lato, "l'eventuale successivo intervento, nella fase esecutiva ed in
quella della direzione dei lavori di un tecnico di livello superiore a
quello del redattore del progetto originario, non può valere a sanare
ex post la nullità per violazione di norme imperative, del contratto
d'opera professionale, da valutarsi con esclusivo riferimento al
momento genetico del rapporto", così come, dall'altro, non idonea ad assicurare il rispetto
della suddetta normativa imperativa è la circostanza che "un
progetto redatto da un geometra sia controfirmato o vistato da un
ingegnere ovvero che un ingegnere esegua i calcoli in cemento
armato, atteso che il professionista competente deve essere altresì
titolare della progettazione, trattandosi di competenze
inderogabilmente affidate dal committente al professionista
abilitato secondo il proprio statuto professionale, sul quale gravano
le relative responsabilità".
D'altra parte, la sentenza impugnata non sembra attribuire
adeguato rilievo al fatto che l'attività edilizia in questione risulti
avvenuta in zona sismica, circostanza che di per sé comporta il
"conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio alla
normativa di cui alla legge n. 64 del 1974, la quale impone calcoli
complessi che esulano dalle competenze professionali dei geometri".
Il terzo motivo di ricorso deve essere, pertanto, accolto,
nei termini appena indicati, cassando in relazione la sentenza impugnata,
con rinvio alla Corte di Appello perché decida
nel merito, alla stregua del seguente principio di diritto:
"la categoria del «progetto architettonico» non ha
riscontro ai fini ed agli effetti dell'art. 16 del regolamento professionale
di cui al r.d. 11.02.1929 n. 274, in base al quale i geometri non possono
redigere progetti, sia di massima che esecutivi, di costruzioni che
comportino l'impiego di conglomerati cementizi, semplici o armati, in
strutture statiche e portanti".
---------------
5.3. Il terzo motivo, invece, è fondato, nei termini di seguito
indicati.
5.3.1. Non è, infatti, corretto l'assunto con cui la Corte perugina
ha escluso la nullità del contratto per cui è causa, derivante dalla
violazione dell'art. 1 del regio decreto 16.11.1939, n. 2229
(norma applicabile, "ratione temporis", alla presente fattispecie,
risultando il contratto "de quo" stipulato prima che tale norma fosse
abrogata dal decreto legislativo 13.12.2010, n. 212, "atteso
che la menzionata abrogazione, comportando l'introduzione di una
disciplina innovativa e non già interpretativa della normativa
previgente, non ha prodotto effetti retroattivi idonei ad incidere
sulla qualificazione degli atti compiuti prima della sua entrata in
vigore e non ha, dunque, influito sulla invalidità del contratto,
regolata dalla legge del tempo in cui lo stesso è stato concluso";
cfr., da ultimo, Cass. Sez. 2, ord. 12.11.2019, n. 29227, Rv.
656184-01; nello stesso senso già Cass. Sez. 2, sent. 30.08.2013, n. 19989; Rv. 627757-01).
Sul punto, invero, occorre muovere dalla constatazione che la
previsione normativa suddetta va coordinata con quella di cui
all'art. 16, comma 1, lett. m), del regio decreto 11.02.1929,
n. 274, secondo cui "la competenza dei geometri è limitata alla
progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili,
con esclusione di quelle che comportino l'adozione -anche parziale- di strutture in cemento armato, mentre„ in via d'eccezione, si
estende anche a queste strutture, a norma della lett. l) del
medesimo articolo, solo con riguardo alle piccole costruzioni
accessorie nell'ambito degli edifici rurali o destinati alle industrie
agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che
per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone,
essendo riservata agli ingegneri la competenza per le costruzioni
civili, anche modeste, che adottino strutture in cemento armato".
Ne deriva che, "qualora il rapporto professionale abbia avuto ad
oggetto una costruzione per civili abitazioni, è affetto da nullità il
contratto anche relativamente alla direzione dei lavori affidata a un
geometra, quando la progettazione -richiedendo l'adozione anche
parziale dei calcoli in cemento armato- sia riservata alla
competenza degli ingegneri" (così, da ultimo, Cass. Sez. 2, ord. 08.01.2021, n. 100, Rv. 659984-01).
5.3.2. Ciò premesso, il giudice di appello ha ritenuto di dover
escludere tale nullità sul rilievo che, nel caso di specie, "l'attività
dei professionisti si è incentrata esclusivamente sulla progettazione
architettonica di un immobile da adibire a civile abitazione,
sull'ottenimento delle relative autorizzazioni paesaggistico-ambientali,
sulle pratiche edilizie, sull'autorizzazione sismica
rilasciata a seguito della presentazione di calcoli antisismici ai sensi
della legge 66/1974-d.lgs. 380/2001, non avendo, al contrario, mai
avuto ad oggetto la progettazione strutturale dell'opera".
Così argomentando, tuttavia, la sentenza impugnata non ha
considerato che "la categoria del «progetto architettonico» non ha
riscontro, ai fini di causa, nella legge e nella giurisprudenza delle
sezioni civili di questa Corte, la quale ha sempre affermato (cfr.
sentenze di questa Corte n. 3262 del 1979 e 286 del 1984, non
recenti, ma mai contraddette) che i geometri, ai sensi dell'art. 16
del regolamento professionale di cui al r.d. 11.02.1929 n. 274,
non possono redigere progetti, sia di massima che esecutivi, di
costruzioni che comportino l'impiego di conglomerati cementizi,
semplici o armati, in strutture statiche e portanti" (così, in
motivazione, Cass. Sez. 2, sent. 05.11.2004, n. 21185, Rv.
577961-01; si veda anche Cass. Sez. 2, sent. 07.09.2009, n.
19229, Rv. 609967-01, che nega, del pari, rilievo anche alla
nozione di "progetto di massima").
La Corte perugina, inoltre, neppure ha chiarito in cosa si sia
sostanziata la successiva attività di "progettazione strutturale" (e
da chi sia stata svolta), ovvero se essa abbia messo capo ad un
autonomo progetto e, eventualmente, da chi lo stesso sia stato
firmato. Circostanze, ambedue, di grande rilievo, posto che, da un
lato, "l'eventuale successivo intervento, nella fase esecutiva ed in
quella della direzione dei lavori di un tecnico di livello superiore a
quello del redattore del progetto originario, non può valere a sanare
ex post la nullità per violazione di norme imperative, del contratto
d'opera professionale, da valutarsi con esclusivo riferimento al
momento genetico del rapporto" (Cass. Sez. 2, sent. n. 19229 del
2009, cit.), così come, dall'altro, non idonea ad assicurare il rispetto
della suddetta normativa imperativa è la circostanza che "un
progetto redatto da un geometra sia controfirmato o vistato da un
ingegnere ovvero che un ingegnere esegua i calcoli in cemento
armato, atteso che il professionista competente deve essere altresì
titolare della progettazione, trattandosi di competenze
inderogabilmente affidate dal committente al professionista
abilitato secondo il proprio statuto professionale, sul quale gravano
le relative responsabilità" (Cass. Sez. 2, ord. n. 100 del 2021, cit.).
D'altra parte, la sentenza impugnata non sembra attribuire
adeguato rilievo al fatto che l'attività edilizia in questione risulti
avvenuta in zona sismica, circostanza che di per sé comporta il
"conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio alla
normativa di cui alla legge n. 64 del 1974, la quale impone calcoli
complessi che esulano dalle competenze professionali dei geometri"
(da ultimo, in motivazione, Cass. Sez. 2, sient. 08.03.2017, n.
5871, Rv. 643365-01; nello stesso senso Cass. Sez. 2, sent. 08.04.2009, n. 8543, Rv. 607639-01).
5.3.3. Il terzo motivo di ricorso deve essere, pertanto, accolto,
nei termini appena indicati, cassando in relazione la sentenza impugnata,
con rinvio alla Corte di Appello di Perugia perché decida nel merito, alla
stregua del seguente principio di diritto:
"la categoria del «progetto architettonico» non ha
riscontro ai fini ed agli effetti dell'art. 16 del regolamento professionale
di cui al r.d. 11.02.1929 n. 274, in base al quale i geometri non possono
redigere progetti, sia di massima che esecutivi, di costruzioni che
comportino l'impiego di conglomerati cementizi, semplici o armati, in
strutture statiche e portanti" (Corte
di Cassazione, Sez. III civile,
ordinanza
10.12.2021 n. 39230). |
ottobre 2021 |
|
COMPETENZE PROGETTUALI: Con
riferimento alla sottoscrizione dell'offerta tecnica, consistente in
migliorie da apportarsi al progetto esecutivo, da parte di un architetto
piuttosto che di un ingegnere, trattandosi di opere idrauliche di competenza
esclusiva di tale ultima categoria professionale, la stessa risulta
illegittima tale da imporre alla stazione appaltante l'esclusione della
concorrente poi divenuta aggiudicataria, senza alcuna possibilità di
soccorso istruttorio, trattandosi di criticità direttamente inerenti
all'offerta.
Invero,
il riparto di competenze fra la professione di architetto e quella di
ingegnere è stabilito ex lege in modo vincolante, non
potendo neppure essere derogato –afferendo alla qualificazione funzionale
delle diverse categorie professionali– dalla lex specialis di gara, peraltro nel caso di specie
del tutto <<neutrale>> attesa la formulazione letterale della relativa
disposizione (sopra cit.), di talché giova osservare, sotto un primo e generale
profilo, che la categoria di
opere previste dalla lex specialis coincida con la OG8 (i.e., «Opere
fluviali, di difesa, di sistemazione idraulica e di bonifica»), quindi afferisca all’evidenza a opere che non rientrano nella nozione di «edilizia
civile» di cui all’art. 52, comma 1, r.d. n. 2537 del 1925 (a tenore del
quale «Formano oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella
di architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le
operazioni di estimo ad esse relative»), e che esulano pertanto dalla
competenza degli architetti.
Sicché la categoria OG8, considerata sul piano astratto, insomma,
già esula dalle lavorazioni di edilizia civile ricadenti nella “competenza
concorrente” di architetto e ingegnere.
La costante giurisprudenza del Consiglio di Stato riconosce, in coerenza con
quanto appena osservato, che <<Il R.D. 23.10.1925 n. 2537 recante il
regolamento delle professioni di architetto e di ingegnere esclude per via
degli artt. 51 e 54, comma 3, senza dubbi interpretativi la possibilità che un
architetto possa, in luogo di un ingegnere, condurre i lavori relativi ad
opere idrauliche>>.
In definitiva, la progettazione delle opere viarie, idrauliche ed igieniche,
che non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati, è di
pertinenza degli ingegneri, in base all’interpretazione letterale,
sistematica e teleologica degli artt. 51, 52 e 54 del R.D..
...
Priva di pregio l’argomentazione spesa in senso contrario secondo la quale, non trattandosi di appalto integrato, ai
concorrenti veniva richiesta non già l’elaborazione di un nuovo progetto, ma
solo l’inserimento di elementi migliorativi od aggiuntivi ad un progetto
esecutivo già redatto dalla stazione appaltante e posto a base di gara, con
conseguente possibilità che l’offerta tecnica, concernente proposte
migliorative e non varianti, fosse sottoscritta da un architetto.
A prescindere dalla configurazione come vere e proprie varianti ovvero mere
migliorie, il dato incontrovertibile attiene all’incidenza oggettiva della
tipologia di lavorazione prospettata, afferente la progettazione di opere
idrauliche prive di connessione con attività di edilizia civile e pertanto
esulanti dalla competenza degli architetti.
In tal senso è stato affermato
che <<non è tanto l'incisività della proposta migliorativa, ossia la
capacità della stessa di modificare l'originario progetto esecutivo, a
costituire il criterio di individuazione della categoria professionale di
appartenenza del tecnico redattore competente -tra l'altro, una variante
sostanziale al progetto esecutivo non sarebbe nemmeno configurabile in
termini di proposta migliorativa- quanto l'oggetto specifico di tale
attività professionale, a prescindere dagli effetti modificativi che il
contributo del tecnico possa determinare sull'assetto progettuale delle
opere oggetto di affidamento; in altri termini, non conta se e quanto le
proposte migliorative redatte dall'architetto fossero modificative del
progetto esecutivo posto a base di gara, essendo rilevante piuttosto che
qualsiasi contributo di natura tecnico progettuale fosse oggetto di
elaborazione di un tecnico qualificato come competente, ossia un ingegnere>>.
---------------
6. – Ciò posto, è fondato il primo motivo del ricorso
principale, incentrato sull’incompetenza dell’architetto che ha sottoscritto
l’offerta tecnica presentata dall’aggiudicataria.
6.1. – Premesso che il riparto di competenze fra la professione di
architetto e quella di ingegnere è stabilito ex lege in modo vincolante, non
potendo neppure essere derogato –afferendo alla qualificazione funzionale
delle diverse categorie professionali– dalla lex specialis di gara (cfr.
Cons. Stato, Sez. V, 15.12.2020, n. 8027), peraltro nel caso di specie
del tutto <<neutrale>> attesa la formulazione letterale della relativa
disposizione (sopra cit.), giova osservare, sotto un primo e generale
profilo, giustamente valorizzato da parte ricorrente, che la categoria di
opere previste dalla lex specialis coincida con la OG8 (i.e., «Opere
fluviali, di difesa, di sistemazione idraulica e di bonifica»), quindi afferisca all’evidenza a opere che non rientrano nella nozione di «edilizia
civile» di cui all’art. 52, comma 1, r.d. n. 2537 del 1925 (a tenore del
quale «Formano oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella
di architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le
operazioni di estimo ad esse relative»), e che esulano pertanto dalla
competenza degli architetti (Cons. St., Sez. V, 22.07.2021, n. 5510).
6.1.1. – Sicché la categoria OG8, considerata sul piano astratto, insomma,
già esula dalle lavorazioni di edilizia civile ricadenti nella “competenza
concorrente” di architetto e ingegnere.
La costante giurisprudenza del Consiglio di Stato riconosce, in coerenza con
quanto appena osservato, che <<Il R.D. 23.10.1925 n. 2537 recante il
regolamento delle professioni di architetto e di ingegnere esclude per via
degli artt. 51 e 54, comma 3, senza dubbi interpretativi la possibilità che un
architetto possa, in luogo di un ingegnere, condurre i lavori relativi ad
opere idrauliche>> (Cons. Stato, Sez. V, 19.05.2016 n. 2095; Cons.
Stato, Sez. V, 21.11.2018, n. 6593; cfr. anche Id., III, 01.07.2020, n. 4208).
In definitiva, la progettazione delle opere viarie, idrauliche ed igieniche,
che non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati, è di
pertinenza degli ingegneri, in base all’interpretazione letterale,
sistematica e teleologica degli artt. 51, 52 e 54 del R.D. (cfr. già Cons.
Stato, Sez. IV, 22.05.2000, n. 2938; id., Sez. V, 06.04.1998, n. 416; id., Sez. IV, 19.02.1990, n. 92).
6.1.2. – Tale conclusione non muta, ma anzi è avvalorata, laddove (lungi dal
far riferimento unicamente alla tipologia dell’opera nel suo complesso come
genericamente descritta dall’attestazione SOA) si prendano in
considerazione, come necessario, le proposte migliorative in concreto
articolate dall’aggiudicataria.
Si consideri, in chiave puramente esemplificativa, la miglioria A1.5
<<Protezione dell’alveo con graticciate per il contenimento del terreno a
monte delle gabbionate>>, di per sé involgente opera idraulica, ovvero il
semplice tenore letterale della miglioria A1.8 <<Sistemazione idraulica di
tratto aggiuntivo>>, ovvero ancora la miglioria A3.1 <<Realizzazione di
briglie nei tratti con maggiore pendenza e a rischio erosione>> (con la
quale si propone di realizzare delle briglie aggiuntive nei tratti
dell'alveo caratterizzati da maggiore pendenza e nei tratti immediatamente
precedenti alle anse più strette).
Trattasi, come evidente sulla base della mera descrizione delle singole
proposte, di lavorazioni attinenti alla materia idraulica e del tutto prive
di connessioni con il concetto di edilizia civile di cui al richiamato art.
52 del stesso regio decreto n. 2537 del 1925, pur se estensivamente
interpretato alla luce della giurisprudenza (cfr. Consiglio di Stato, sez.
VI, 15.03.2013 n. 1550: <<si può affermare che il concetto di ‘opere di
edilizia civile’ si estenda sicuramente oltre gli ambiti più specificamente
strutturali, fino a ricomprendere l’intero complesso degli impianti
tecnologici a corredo del fabbricato, e quindi non solo gli impianti
idraulici ma anche quelli di riscaldamento compresi nell’edificazione>>).
6.2. – Priva di pregio l’argomentazione spesa in senso contrario dalla Ba.Ho. s.r.l., secondo la quale, non trattandosi di appalto integrato, ai
concorrenti veniva richiesta non già l’elaborazione di un nuovo progetto, ma
solo l’inserimento di elementi migliorativi od aggiuntivi ad un progetto
esecutivo già redatto dalla stazione appaltante e posto a base di gara, con
conseguente possibilità che l’offerta tecnica, concernente proposte
migliorative e non varianti, fosse sottoscritta da un architetto.
A prescindere dalla configurazione come vere e proprie varianti ovvero mere
migliorie, il dato incontrovertibile attiene all’incidenza oggettiva della
tipologia di lavorazione prospettata, afferente la progettazione di opere
idrauliche prive di connessione con attività di edilizia civile e pertanto
esulanti dalla competenza degli architetti.
In tal senso è stato affermato
che <<non è tanto l'incisività della proposta migliorativa, ossia la
capacità della stessa di modificare l'originario progetto esecutivo, a
costituire il criterio di individuazione della categoria professionale di
appartenenza del tecnico redattore competente -tra l'altro, una variante
sostanziale al progetto esecutivo non sarebbe nemmeno configurabile in
termini di proposta migliorativa- quanto l'oggetto specifico di tale
attività professionale, a prescindere dagli effetti modificativi che il
contributo del tecnico possa determinare sull'assetto progettuale delle
opere oggetto di affidamento; in altri termini, non conta se e quanto le
proposte migliorative redatte dall'architetto Co. fossero modificative del
progetto esecutivo posto a base di gara, essendo rilevante piuttosto che
qualsiasi contributo di natura tecnico progettuale fosse oggetto di
elaborazione di un tecnico qualificato come competente, ossia un ingegnere>>
(TAR Campania, Napoli, sez. I, 03.05.2017, n. 2329).
6.3. – È fondato, conclusivamente, il primo motivo di impugnazione, con
riferimento alla sottoscrizione dell'offerta tecnica, consistente in
migliorie da apportarsi al progetto esecutivo, da parte di un architetto
piuttosto che di un ingegnere, trattandosi di opere idrauliche di competenza
esclusiva di tale ultima categoria professionale. Tale profilo di
illegittimità avrebbe dovuto imporre alla stazione appaltante l'esclusione
della concorrente poi divenuta aggiudicataria, senza alcuna possibilità di
soccorso istruttorio, trattandosi di criticità direttamente inerenti
all'offerta (Consiglio di Stato, sez. V, 21.11.2018, n. 6593) (TAR Campania-Salerno, Sez. I,
sentenza 08.10.2021 n. 2113 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
luglio 2021 |
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COMPETENZE PROGETTUALI: In
termini generali, il riparto di competenze professionali fra architetti e
ingegneri è regolato, in termini vincolanti, dal r.d. n. 2537 del 1925, in
particolare dagli artt. 51 , 52 e 54, non superati dal d.P.R. n. 328 del
2001 (recante Modifiche ed integrazioni della disciplina dei requisiti per
l’ammissione all’esame di Stato e delle relative prove per l’esercizio di
talune professioni, nonché della disciplina dei relativi ordinamenti,
incluse le professioni di ingegnere ed architetto ex art. 1), anche alla
luce dei richiami di cui ai relativi artt. 16, comma 1, e 46, comma 2, che
lasciano ferme «le riserve e le attribuzioni già stabilite dalla vigente
normativa».
Il riparto di competenze fra l’una e l’altra professione è dunque stabilito
ex lege in modo vincolante, non potendo neppure essere derogato -afferendo
alla qualificazione funzionale delle diverse categorie professionali- dalla
lex specialis di gara.
In tale contesto, la costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato
riconosce, in chiave generale, che “la progettazione delle opere viarie,
idrauliche ed igieniche, che non siano strettamente connesse con i singoli
fabbricati, è di pertinenza degli ingegneri, in base all’interpretazione
letterale, sistematica e teleologica degli artt. 51, 52 e 54 del R.D.”.
In questa prospettiva, “nello stabilire l’ampiezza delle competenze
riconosciute, rispettivamente, agli ingegneri e agli architetti ai sensi del
combinato disposto degli articoli 51 e 52 dello stesso regio decreto n. 2537
del 1925, la giurisprudenza ha confermato l’orientamento tradizionale, in
ordine alla ricomprensione nell’esclusivo appannaggio della professione di
ingegnere delle opere di carattere più marcatamente tecnico-scientifico”,
fra cui quelle “di ingegneria idraulica, di ammodernamento e ampliamento
della rete idrica comunale”.
Alla luce del riparto di competenze così tracciato, in relazione alle opere
esulanti dall’ambito funzionale dell’architetto quest’ultimo non è abilitato
alla sottoscrizione di documenti tecnici neppure se relativi a proposte
progettuali migliorative o varianti.
D’altra parte, solo in presenza di opere rigorosamente accessorie a quelle
edili è ammissibile un’abilitazione estensiva in capo al professionista
architetto, atteso che “il concetto di ‘opere di edilizia civile’ si estend[e]
sicuramente oltre gli ambiti più specificamente strutturali, fino a
ricomprendere l’intero complesso degli impianti tecnologici” se “a corredo
del fabbricato”; occorre quindi che vi sia un nesso di precipua accessorietà
fra l’intervento e l’edificio, e cioè che il primo risulti “strettamente
servente un’opera di edilizia civile” per poter rientrare nel perimetro di
competenza (anche) dell’architetto.
Alla luce di ciò, questa V Sezione ha affermato chiaramente che “Il r.d.
23.10.1925 n. 2537 recante il regolamento delle professioni di architetto e
di ingegnere esclude per via degli artt. 51 e 54, comma 3, senza dubbi
interpretativi la possibilità che un architetto possa, in luogo di un
ingegnere, condurre i lavori relativi ad opere idrauliche".
Allo stesso modo, s’è affermato come “la progettazione delle opere viarie,
idrauliche ed igieniche, che non siano strettamente connesse con i singoli
fabbricati, sia di pertinenza degli ingegneri, alla luce delle disposizioni
di cui agli artt. 51, 52 e 54 r.d. 23.10.1925, n. 2537. Infatti, il
discrimine tra le professioni di ingegnere e di architetto è rimasto segnato
anche nelle sopravvenute disposizioni del d.P.R. n. 328 cit.; pertanto, se
adeguamenti sono certamente possibili in riferimento al concetto di
‘edilizia civile’, interpretabile estensivamente, restano di pertinenza
della professione di ingegnere le opere che richiedono una competenza
tecnica specifica e che esulano dall’edilizia civile rientrante nella comune
competenza. In particolare, le opere idrauliche, specialmente se
interferenti con fiumi e corsi d’acqua, richiedono capacità professionali
per l’analisi dei fenomeni idrologici ed idraulici e presuppongono
l’applicazione di specifici metodi di calcolo (statistico, idrologico e
idraulico); per contro, gli architetti non possono essere compresi tra i
soggetti abilitati alla progettazione di opere idrauliche in quanto, sia ai
sensi degli artt. 51 e 52 r.d. 23.10.1925, n. 2537, che ai sensi dell’art.
16 d.P.R. 05.06.2001, n. 328, non hanno competenze riconosciute in materia".
---------------
4. Col terzo motivo l’appellante censura la sentenza nella parte in
cui ha accolto il primo motivo di ricorso principale in primo grado.
Deduce al riguardo la De.Co. che le opere oggetto di affidamento ben
rientrano nelle competenze del professionista architetto, cui compete
l’intero ambito dell’edilizia civile; peraltro nel caso di specie non è
prevista alcuna attività di progettazione esecutiva, bensì la mera
presentazione di migliorie, varianti od opere aggiuntive, sicché le
competenze dell’architetto risultano ben conformi ed appropriate alle opere
previste.
A ciò si aggiunga che gli interventi programmati coincidono con opere di
mitigazione del rischio frane a protezione degli edifici a monte
dell’abitato, e ben rientrano perciò nel perimetro di competenza (anche)
degli architetti ai sensi dell’art. 52 r.d. n. 2537 del 1925; né rilevano al
riguardo le categorie Soa di pertinenza (i.e., OG8 e OS21) che
riguardano piuttosto l’opera nel suo complesso.
In tale contesto, la riqualificazione degli interventi nel senso che essi
non rientrerebbero fra le opere di edilizia civile riconducibili alle
competenze (anche) del professionista architetto costituisce un vulnus allo
spazio riservato alla valutazione discrezionale della stazione appaltante.
4.1. Col quarto motivo l’appellante prosegue nel dolersi
dell’accoglimento del primo motivo di ricorso principale deducendo che, in
ogni caso, il professionista firmatario dei documenti d’offerta è nella
specie in possesso di laurea in “Architettura e Ingegneria Edile”
(cod. “4/S”), che lascia libero il titolare di scegliere a quale dei due
ordini professionali iscriversi.
Al riguardo la “abilitazione” richiamata dal disciplinare di gara è
da ritenersi connessa alla competenza professionale posseduta, non già
all’iscrizione a un albo piuttosto che a un altro; e d’altra parte l’art. 16
d.P.R. n. 328 del 2001 elenca fra le competenze dell’architetto iscritto al
“settore architettura” -qual è il professionista firmatario dei
documenti della De.Co.- anche attività di collaborazione rispetto a quelle
di progettazione di opere edilizie, comprese le opere pubbliche, così
includendovi senz’altro gli interventi oggetto dell’affidamento controverso.
4.2. I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per ragioni di
connessione, sono infondati.
4.2.1. In termini generali, il riparto di competenze professionali fra
architetti e ingegneri è regolato, in termini vincolanti, dal r.d. n. 2537
del 1925, in particolare dagli artt. 51 , 52 e 54, non superati dal d.P.R.
n. 328 del 2001 (recante Modifiche ed integrazioni della disciplina dei
requisiti per l’ammissione all’esame di Stato e delle relative prove per
l’esercizio di talune professioni, nonché della disciplina dei relativi
ordinamenti, incluse le professioni di ingegnere ed architetto ex art. 1),
anche alla luce dei richiami di cui ai relativi artt. 16, comma 1, e 46,
comma 2, che lasciano ferme «le riserve e le attribuzioni già stabilite
dalla vigente normativa» (cfr., inter multis, Cons. Stato, V,
11.02.2021, n. 1255; 17.07.2019, n. 5012).
Il riparto di competenze fra l’una e l’altra professione è dunque stabilito
ex lege in modo vincolante, non potendo neppure essere derogato
-afferendo alla qualificazione funzionale delle diverse categorie
professionali- dalla lex specialis di gara (cfr. Cons. Stato, V,
15.12.2020, n. 8027).
In tale contesto, la costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato
riconosce, in chiave generale, che “la progettazione delle opere viarie,
idrauliche ed igieniche, che non siano strettamente connesse con i singoli
fabbricati, è di pertinenza degli ingegneri, in base all’interpretazione
letterale, sistematica e teleologica degli artt. 51, 52 e 54 del R.D. (cfr.
Cons. Stato, IV, 22.05.2000, n. 2938; id., V, 06.04.1998, n. 416; id., IV,
19.02.1990, n. 92)” (Cons. Stato, n. 5012 del 2019, cit.).
In questa prospettiva, “nello stabilire l’ampiezza delle competenze
riconosciute, rispettivamente, agli ingegneri e agli architetti ai sensi del
combinato disposto degli articoli 51 e 52 dello stesso regio decreto n. 2537
del 1925, la giurisprudenza ha confermato l’orientamento tradizionale, in
ordine alla ricomprensione nell’esclusivo appannaggio della professione di
ingegnere delle opere di carattere più marcatamente tecnico-scientifico”,
fra cui quelle “di ingegneria idraulica, di ammodernamento e ampliamento
della rete idrica comunale” (cfr. Cons. Stato, V, 27.09.2018, n. 6552;
VI, 15.03.2013, n. 1550).
Alla luce del riparto di competenze così tracciato, in relazione alle opere
esulanti dall’ambito funzionale dell’architetto quest’ultimo non è abilitato
alla sottoscrizione di documenti tecnici neppure se relativi a proposte
progettuali migliorative o varianti (cfr. Cons. Stato, n. 1255 del 2021, cit.).
D’altra parte, solo in presenza di opere rigorosamente accessorie a quelle
edili è ammissibile un’abilitazione estensiva in capo al professionista
architetto (Cons. Stato, V, 12.03.2015, n. 1692; n. 1255 del 2021, cit.),
atteso che “il concetto di ‘opere di edilizia civile’ si estend[e]
sicuramente oltre gli ambiti più specificamente strutturali, fino a
ricomprendere l’intero complesso degli impianti tecnologici” se “a corredo
del fabbricato” (Cons. Stato, n. 1550 del 2013, cit.; n. 6552 del 2018, cit.);
occorre quindi che vi sia un nesso di precipua accessorietà fra l’intervento
e l’edificio, e cioè che il primo risulti “strettamente servente un’opera di
edilizia civile” per poter rientrare nel perimetro di competenza (anche)
dell’architetto (Cons. Stato, n. 1692 del 2015, cit.).
Alla luce di ciò, questa V Sezione ha affermato chiaramente che “Il r.d.
23.10.1925 n. 2537 recante il regolamento delle professioni di architetto e
di ingegnere esclude per via degli artt. 51 e 54, comma 3, senza dubbi
interpretativi la possibilità che un architetto possa, in luogo di un
ingegnere, condurre i lavori relativi ad opere idrauliche" (Cons. Stato,
V, 19.05.2016 n. 2095).
Allo stesso modo, s’è affermato come “la progettazione delle opere
viarie, idrauliche ed igieniche, che non siano strettamente connesse con i
singoli fabbricati, sia di pertinenza degli ingegneri, alla luce delle
disposizioni di cui agli artt. 51, 52 e 54 r.d. 23.10.1925, n. 2537.
Infatti, il discrimine tra le professioni di ingegnere e di architetto è
rimasto segnato anche nelle sopravvenute disposizioni del d.P.R. n. 328 cit.;
pertanto, se adeguamenti sono certamente possibili in riferimento al
concetto di ‘edilizia civile’, interpretabile estensivamente, restano di
pertinenza della professione di ingegnere le opere che richiedono una
competenza tecnica specifica e che esulano dall’edilizia civile rientrante
nella comune competenza. In particolare, le opere idrauliche, specialmente
se interferenti con fiumi e corsi d’acqua, richiedono capacità professionali
per l’analisi dei fenomeni idrologici ed idraulici e presuppongono
l’applicazione di specifici metodi di calcolo (statistico, idrologico e
idraulico); per contro, gli architetti non possono essere compresi tra i
soggetti abilitati alla progettazione di opere idrauliche in quanto, sia ai
sensi degli artt. 51 e 52 r.d. 23.10.1925, n. 2537, che ai sensi dell’art.
16 d.P.R. 05.06.2001, n. 328, non hanno competenze riconosciute in materia"
(Cons. Stato, V, 21.11.2018, n. 6593; cfr. anche Id., III, 01.07.2020, n.
4208).
4.2.2. Facendo applicazione dei suesposti principi alla caso in esame, va
escluso che possa ravvisarsi nella specie una competenza in capo al
professionista architetto per le opere oggetto dell’affidamento.
4.2.2.1. Va premesso anzitutto che lo stesso disciplinare di gara
richiedeva, all’art. 16, che la documentazione d’offerta fosse sottoscritta
da “tecnici abilitati”, quali “ingegneri, architetti, geometri”
o altri, “per le rispettive competenze”.
4.2.2.2. In tale contesto, sotto un primo generale profilo, va rilevato come
le categorie di opere previste dalla lex specialis coincidano con la
OG8 (i.e., «Opere fluviali, di difesa, di sistemazione idraulica e
di bonifica») e la OS21 («Opere strutturali speciali», categoria
cd. “super-specialistica” che afferisce alla «costruzione di opere
destinate a trasferire i carichi di manufatti poggianti su terreni non
idonei a reggere i carichi stessi, di opere destinate a conferire ai terreni
caratteristiche di resistenza e di indeformabilità tali da rendere stabili
l’imposta dei manufatti e da prevenire dissesti geologici, di opere per
rendere antisismiche le strutture esistenti e funzionanti»).
Trattasi all’evidenza di opere che non rientrano nella nozione di «edilizia
civile» di cui all’art. 52, comma 1, r.d. n. 2537 del 1925 (a tenore del
quale «Formano oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di
quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi
geometrici e le operazioni di estimo ad esse relative»), e che esulano
pertanto dalla competenza degli architetti.
4.2.2.3. D’altra parte, le opere migliorative su cui la sentenza si sofferma
evidenziandone la eccentricità rispetto agli interventi di competenza degli
architetti si collocano effettivamente al di fuori delle opere di edilizia
civile ex art. 52 r.d. n. 2537 del 1925, né configurano opere accessorie o
strumentali a edifici civili; si tratta, piuttosto, di opere di carattere
essenzialmente idraulico quali
- la “Realizzazione di dreni sub orizzontali”, di cui al
capitolo 2/18 della relazione tecnica (“Si offre la realizzazione di
dreni sub orizzontali tra i pali in numero di 64 per una lunghezza di 6.00.
L’offerta prevede la perforazione e la posa in opera di tubo dreno del
diametro di 125 mm avvolto in uno speciale tessuto che ne garantisce
l’efficienza nel tempo”), oppure
- l’opera aggiuntiva consistente nella “Realizzazione canaletta
in trenchmat a valle della paratia”, sub capitolo 4/18 (“La canaletta
che verrà eseguita con tecniche di ingegneria naturalistica raccoglierà
tutte le acque di drenaggio a tergo della paratia per convogliarle alla
tubazione anch’essa offerta come ulteriore proposta migliorativa. La
canaletta è costituita da una geogriglia tridimensionale ottenuta per
l’accoppiamento di uno strato impermeabile inferiore ed una geogriglia
superiore che evita l’erosione del terreno. Per la stabilizzazione del telo
è prevista la posa in opera di pali di castagno nella sezione trasversale e
longitudinale […]”).
Lo stesso è a dirsi per opere aggiuntive quali
- la “Realizzazione sistema di smaltimento delle acque di
drenaggio” (sub capitolo 5/18), coincidenti con la “realizzazione di
una condotta in polietilene da 315 mm SN8 lunga 140 m che, percorrendo la
strada vicinale Fontaniello, recapita le acque dei drenaggi posti alle varie
quote, per sversarli nel canale a valle dell’area d’intervento”; o
- la “Realizzazione canaletta in trenchmat a monte della terra
rinforzata” (sub capitolo 7/18), consistente anch’essa in una “canaletta
che verrà eseguita con tecniche di ingegneria naturalistica raccoglierà
tutte le acque di drenaggio superficiali che sul versante raggiungeranno la
terra rinforzata. La canaletta è costituita da una geogriglia
tridimensionale ottenuta per l’accoppiamento di uno strato impermeabile
inferiore ed una geogriglia superiore che evita l’erosione del terreno. Per
la stabilizzazione del telo è prevista la posa in opera di pali di castagno
nella sezione trasversale e longitudinale […]”.
Si tratta all’evidenza di opere nient’affatto riconducibili all’edilizia
civile, e che neppure risultano di carattere accessorio rispetto ad edifici
civili.
Né una siffatta valutazione impinge del resto nella sfera di giudizio
tecnico-discrezionale rimessa alla competenza della stazione appaltante,
afferendo piuttosto alla cognizione dei profili di riparto funzionale
secundum legem fra le varie figure professionali a norma del r.d. n.
2537 del 1925, così come interpretato e applicato dalla costante
giurisprudenza di questo Consiglio di Stato.
Allo stesso modo, non assume rilievo di per sé la circostanza che il
progetto esecutivo risultasse nella specie predisposto dall’amministrazione,
atteso che -come già posto in risalto (retro, sub § 4.2.1)- neppure le
singole varianti o proposte migliorative possono essere sottoscritte dal
professionista non legittimato ratione materiae (cfr. Cons. Stato, n.
1255 del 2021, cit.; n. 6552 del 2018, cit.).
Né ancora può rilevare che lo scopo ultimo degli interventi fosse quello di
assicurare la stabilità di edifici, atteso che tale rilievo, di carattere
meramente finalistico, non vale a qualificare l’intervento -avente un
diverso e ben definito oggetto strutturale- alla stregua di “edilizia
civile”.
4.2.3. In tale contesto, a diversa conclusione non conduce neanche il
richiamo alla circostanza che il professionista firmatario dei documenti
fosse in possesso di laurea in “Architettura e Ingegneria Edile” sub
cod. “4/S”, che prevede insegnamenti anche in materia ingegneristica
consentendo l’iscrizione all’uno o all’altro albo professionale.
Come correttamente rilevato dalla sentenza, infatti, i documenti d’offerta
andavano sottoscritti da professionisti abilitati allo svolgimento della
professione riservata, non rilevando al riguardo il solo possesso del
diploma di laurea, ancorché in materie pertinenti all’oggetto
dell’affidamento: nel caso di specie, il professionista firmatario non
risulta abilitato alla professione d’ingegnere né iscritto al relativo albo,
e il che è sufficiente all’esclusione dell’offerta per mancata
sottoscrizione dei relativi documenti da un professionista all’uopo
abilitato.
Allo stesso modo, non valgono a superare le previsioni di legge relative al
riparto di competenze fra architetti e ingegneri le solo esperienze
professionali nel settore concretamente sviluppate dal singolo
professionista.
Quanto al richiamo delle previsioni dell’art. 16 d.P.R. n. 238 del 2001 in
ordine alle competenze dell’architetto iscritto al “settore architettura”,
queste non valgono a superare il riparto funzionale fra ingegneri e
architetti come sopra ricostruito sulla base della vigente normativa, e
dunque a radicare la competenza dell’architetto per le opere qui in rilievo
pur al di fuori degli ambiti riconosciutigli dal r.d. n. 2537 del 1925.
Per tali ragioni, entrambi i motivi di doglianza risultano infondati.
5. In conclusione, per i suesposti motivi l’appello è infondato e va
respinto (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 22.07.2021 n. 5510 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI: Secondo
la comune interpretazione offerta dalla giurisprudenza in tema di competenza
dei geometri alla progettazione di strade, agli stessi non è preclusa
l’opera professionale, ai sensi dell’art. 16, lett. b), del R.D. 11.2.1929
n. 274, nella progettazione di strade di non particolare complessità,
circostanza che si appaleserebbe (ad esempio) in caso di collegamenti di
grande lunghezza o difficoltà progettuali, per la presenza di ponti,
gallerie o grossi muri di contenimento.
---------------
13. Con il quarto motivo di ricorso i ricorrenti eccepiscono la
violazione dell'art. 16, lett. m), del R.D. 11.2.1929 n. 274, nella misura in
cui il progetto è stato sottoscritto da un geometra, anziché da un ingegnere
ovvero da un architetto.
Parte resistente replica, deducendo che, al contrario, l’opera è
riconducibile nell’alveo delle competenze professionali del geometra, ai
sensi dell’art. 16, lett. b), trattandosi di opere di collegamento di
strade, rilevando altresì la non particolare complessità dell’intervento,
anche sotto il profilo della lunghezza della strada (appena circa 600
metri).
Il Collegio non condivide la doglianza prospettata dai ricorrenti,
osservando che, secondo la comune interpretazione offerta dalla
giurisprudenza in tema di competenza dei geometri alla progettazione di
strade, agli stessi non è preclusa l’opera professionale, ai sensi dell’art.
16, lett. b), del r.d. citato, nella progettazione di strade di non
particolare complessità, circostanza che si appaleserebbe (ad esempio) in
caso di collegamenti di grande lunghezza o difficoltà progettuali, per la
presenza di ponti, gallerie o grossi muri di contenimento (v., in tal senso,
Tar Salerno, 17.11.2004, n. 2016; conf., Tar Lecce, 10.02.2006, 902).
Nella fattispecie, parte ricorrente non ha apportato particolari ed idonei
elementi probatori per fare ritenere che la progettazione dell’opera de qua
possa rientrare fra le opere di particolare complessità, come tali non
progettabili dal geometra (sugli anzidetti criteri di accertamento di tale
complessità, cfr., Consiglio di Stato, 21.02.2020, n. 1341) (TAR
Campania-Salerno, Sez. II,
sentenza 15.07.2021 n. 1742 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
aprile 2021 |
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COMPETENZE PROGETTUALI: Laddove
l’intervento edilizio richieda l’esecuzione di opere in cemento armato, è
quindi ben possibile affidare la progettazione e direzione dei lavori
relativi a queste ultime al tecnico in grado di eseguire i calcoli necessari
e di valutare i pericoli per la pubblica incolumità, affidando invece al
geometra l’attività di progettazione e direzione dei lavori incentrata sugli
aspetti architettonici della costruzione, purché questa possa considerarsi “modesta”
alla stregua del sopra citato art. 16 r.d. n. 274 del 1929.
Ma in tal caso “non si tratta, tuttavia, di assicurare la mera presenza di
un ingegnere progettista delle opere in cemento armato, che controfirmi o si
limiti ad eseguire i calcoli”.
Il professionista, che svolge la progettazione con l’uso del cemento
armato, deve pertanto essere competente a progettare e deve assumersi la
responsabilità del segmento del progetto complessivo riferito alle opere in
cemento armato, nel senso appunto che l’incarico non
può essere affidato al geometra, che si avvarrà della collaborazione
dell’ingegnere, ma deve essere sin dall’inizio affidato anche a quest’ultimo
per la parte di sua competenza e sotto la sua responsabilità.
---------------
212. Il quattordicesimo motivo concerne la violazione dell’art. 16,
comma 1, lett. m), del r.d. n. 274/1929 per essere stato il progetto redatto
e sottoscritto da un geometra, quando sono previste strutture in cemento
armato la cui progettazione e direzione è riservata agli ingegneri e
architetti.
213. Appare opportuno ricordare che l’oggetto ed i limiti dell’esercizio
professionale di geometra sono regolati dall’art. 16 del r.d. 11.02.1929, n.
274 (Regolamento per la professione di geometra), che all’attività di
progettazione, direzione e vigilanza (o sorveglianza) dedica al comma 1, le
lett. l) e m).
214. La lettera l) ricomprende l’attività di “progetto, direzione,
sorveglianza e liquidazione di costruzioni rurali e di edifici per uso di
industrie agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese
piccole costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono
particolari operazioni di calcolo e per la loro destinazione non possono
comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone; nonché di
piccole opere inerenti alle aziende agrarie, come strade vicinali senza
rilevanti opere d’arte, lavori d’irrigazione e di bonifica, provvista
d’acqua per le stesse aziende e riparto della spesa per opere consorziali
relative, esclusa, comunque, la redazione di progetti generali di bonifica
idraulica ed agraria e relativa direzione.”
215. La lettera m) concerne invece l’attività di “progetto, direzione e
vigilanza di modeste costruzioni civili”.
216. Nell’ambito del quadro normativo in cui si inserisce la questione da
esaminare, rientra anche la disciplina delle opere di conglomerato
cementizio armato, normale e precompresso e a struttura metallica, contenuta
nella legge n. 1086 del 1971 (Norme per la disciplina delle opere di
conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura
metallica), confluita oggi nel D.P.R. 06.06.2001, n. 380 (Testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) che all’art.
64, intitolato “Progettazione, direzione, esecuzione responsabilità”,
stabilisce -per quanto qui di interesse- che la costruzione delle opere di
cui all’articolo 53, comma 1 (tra cui le opere in conglomerato cementizio
armato normale), deve avvenire in base ad un progetto esecutivo redatto da
un tecnico abilitato, iscritto nel relativo albo, nei limiti delle proprie
competenze stabilite dalle leggi sugli ordini e collegi professionali e
l’esecuzione delle stesse deve aver luogo sotto la direzione di un tecnico
abilitato.
217. Inoltre, l’art. 65 del predetto T.U. n. 380/2001 in relazione alle
opere realizzate con materiali e sistemi costruttivi disciplinati dalle
norme tecniche in vigore, dispone che, prima del loro inizio, devono essere
denunciate dal costruttore allo sportello unico tramite posta elettronica
certificata (PEC) e che alla denuncia dev’essere allegato il progetto
dell’opera firmato dal progettista, dal quale risultino in modo chiaro ed
esauriente le calcolazioni eseguite, l’ubicazione, il tipo, le dimensioni
delle strutture, e quanto altro occorre per definire l’opera sia nei
riguardi dell’esecuzione sia nei riguardi della conoscenza delle condizioni
di sollecitazione, nonché una relazione illustrativa firmata dal progettista
e dal direttore dei lavori, dalla quale risultino le caratteristiche, le
qualità e le prestazioni dei materiali che verranno impiegati nella
costruzione.
218. Ovviamente il complessivo quadro regolamentare non esclude la
collaborazione fra professionisti, come riconoscono peraltro gli stessi
ricorrenti.
219. Laddove l’intervento edilizio richieda l’esecuzione di opere in cemento
armato, è quindi ben possibile affidare la progettazione e direzione dei
lavori relativi a queste ultime al tecnico in grado di eseguire i calcoli
necessari e di valutare i pericoli per la pubblica incolumità, affidando
invece al geometra l’attività di progettazione e direzione dei lavori
incentrata sugli aspetti architettonici della costruzione, purché questa
possa considerarsi “modesta” alla stregua del sopra citato art. 16 r.d. n.
274 del 1929 (cfr. Cons. Stato, Sezione II, 04.09.2015, n. 2359).
220. Ma in tal caso “non si tratta, tuttavia, di assicurare la mera
presenza di un ingegnere progettista delle opere in cemento armato, che
controfirmi o si limiti ad eseguire i calcoli (Cass. civ., Sez. II,
02.09.2011, n. 18038)” (cfr. TAR Campania, Napoli, Sezione VIII,
26.06.2020, n. 2684 e Cons. Stato, Sezione IV, 21.02.2020, n. 1341).
221. Il professionista, che svolge la progettazione con l’uso del cemento
armato, deve pertanto essere competente a progettare e deve assumersi la
responsabilità del segmento del progetto complessivo riferito alle opere in
cemento armato (cfr. TRGA Bolzano 13.02.2020, n. 45 con ampi richiami; TAR
Lombardia, Brescia, Sezione II, 18.04.2013, n. 361, ed implicitamente TAR
Marche, Ancona, 11.07.2013, n. 559), nel senso appunto che l’incarico non
può essere affidato al geometra, che si avvarrà della collaborazione
dell’ingegnere, ma deve essere sin dall’inizio affidato anche a quest’ultimo
per la parte di sua competenza e sotto la sua responsabilità (Cass. Civ.,
Sezione II, 30.08.2013, n. 19989) (TRGA Trentino Alto Adige-Bolzano,
sentenza 29.04.2021 n. 128 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
febbraio 2021 |
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COMPETENZE PROGETTUALI: Per
consolidato intendimento, la progettazione delle opere viarie che non siano
strettamente connesse con i singoli fabbricati, è di pertinenza degli
ingegneri, in base all'interpretazione letterale, sistematica e teleologica
degli art. 51, 52 e 54, r.d. 23.10.1925, n. 2537 (Regolamento per le
professioni d'ingegnere e di architetto), in quanto le ridette previsioni
regolamentari sono espressamente mantenute in vigore dall'art. 1, d.p.r. n.
328 del 05.06.2001, oltre che dagli art. 16 (per gli architetti) e 46, comma
2 (per gli ingegneri iscritti alla sezione A), di cui allo stesso d.p.r..
In particolare,
- l’art. 51 cit. prevede che “sono di spettanza della
professione d'ingegnere il progetto, la condotta e la stima dei lavori per
estrarre, trasformare ed utilizzare i materiali direttamente od
indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le industrie, dei lavori
relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto, di deflusso e di comunicazione,
alle costruzioni di ogni specie, alle macchine ed agli impianti industriali,
nonché in generale alle applicazioni della fisica, i rilievi geometrici e le
operazioni di estimo”; e
- l’art. 54, ai commi 2 e 3, precisa che, mentre gli
ingegneri “sono autorizzati a compiere anche le mansioni indicate nell'art.
51 del presente regolamento, eccettuate le applicazioni industriali”, le
competenze dell’architetto sono espressamente escluse “per le applicazioni
industriali e della fisica, nonché i lavori relativi alle vie, ai mezzi di
comunicazione e di trasporto e alle opere idrauliche”.
Se, perciò, è ancora ammissibile (alla luce di una nozione estensiva di
“edilizia civile”) abilitare la figura professionale dell’architetto alla
sottoscrizione dei progetti relativi alla realizzazioni tecniche di
carattere rigorosamente accessorio, preordinate al mero collegamento di
opere edilizie alla viabilità ad esse strettamente servente, alcuna estensione si legittima in relazione alle “proposte
progettuali migliorative” ovvero alle “varianti” di cui all’art. 95, comma
14, e 94, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 50/2016, che, nella loro attitudine
integrativa o modificativa, sono in ogni caso accessorie all’opera viaria, e
non certamente alle opere di edilizia civile.
---------------
2.- Con il primo motivo di gravame l’appellante si duole che la
sentenza impugnata abbia disatteso la propria doglianza, con la quale aveva
lamentato che l’offerta tecnica della controinteressata Tr.To. s.r.l. era
stata sottoscritta da un architetto, non abilitato a curare la relativa
progettazione in quanto privo delle specifiche competenze richieste per il
tipo di lavorazioni poste a base di gara, secondo le prescrizioni di cui al
R.D. n. 2537 del 1925.
In particolare, si duole che il primo giudice –premessa una articolata
(quanto irrilevante) digressione in ordine alla distinzione tra i diversi
concetti di “variante” e “proposta migliorativa”– avrebbe respinto la
censura sull’assunto che le modifiche progettuali affidate alla elaborazione
dell’arch. Vi., incaricato dalla Tr.To. per la predisposizione della
offerta tecnica, attenessero, in concreto, ad opere di carattere meramente
accessorio.
2.1.- Il motivo è fondato.
Importa rammentare che il disciplinare di gara individuava, relativamente
alle opere da realizzare sulla base del progetto esecutivo validato dalla
stazione appaltante, le categorie OG3, classe II (inerente la “costruzione,
la manutenzione o la ristrutturazione di interventi a rete che siano
necessari per consentire la mobilità su gomma, ferro e aerea, qualsiasi sia
il loro grado di importanza, completi di ogni opera connessa, complementare
o accessoria”) e OS2, classe I (inerente la “costruzione di opere destinate
a trasferire i carichi di manufatti poggianti su terreni non idonei a
reggere i carichi stessi, di opere destinate a conferire ai terreni
caratteristiche di resistenza e di indeformabilità tali da rendere stabili
l’imposta dei manufatti e da prevenire dissesti geologici, di opere per
rendere antisismiche le strutture esistenti e funzionanti”).
Lo stesso disciplinare imponeva (al punto VI) la sottoscrizione, a pena di
esclusione, degli elaborati tecnici posti a corredo dell’offerta a cura di
un “tecnico abilitato”, alla luce della vigente normativa.
Ciò posto, per consolidato intendimento, la progettazione delle opere viarie
che non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati, è di
pertinenza degli ingegneri, in base all'interpretazione letterale,
sistematica e teleologica degli art. 51, 52 e 54, r.d. 23.10.1925, n.
2537 (Regolamento per le professioni d'ingegnere e di architetto), in quanto
le ridette previsioni regolamentari sono espressamente mantenute in vigore
dall'art. 1, d.p.r. n. 328 del 05.06.2001, oltre che dagli art. 16 (per
gli architetti) e 46, comma 2 (per gli ingegneri iscritti alla sezione A),
di cui allo stesso d.p.r. (cfr. Cons. Stato, sez. V, 15.12.2020, n.
8027; Id., sez. V, 17.07.2019, n. 5012).
In particolare, l’art. 51 cit. prevede che “sono di spettanza della
professione d'ingegnere il progetto, la condotta e la stima dei lavori per
estrarre, trasformare ed utilizzare i materiali direttamente od
indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le industrie, dei lavori
relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto, di deflusso e di comunicazione,
alle costruzioni di ogni specie, alle macchine ed agli impianti industriali,
nonché in generale alle applicazioni della fisica, i rilievi geometrici e le
operazioni di estimo”; e l’art. 54, ai commi 2 e 3, precisa che, mentre gli
ingegneri “sono autorizzati a compiere anche le mansioni indicate nell'art.
51 del presente regolamento, eccettuate le applicazioni industriali”, le
competenze dell’architetto sono espressamente escluse “per le applicazioni
industriali e della fisica, nonché i lavori relativi alle vie, ai mezzi di
comunicazione e di trasporto e alle opere idrauliche”.
Se, perciò, è ancora ammissibile (alla luce di una nozione estensiva di
“edilizia civile”) abilitare la figura professionale dell’architetto alla
sottoscrizione dei progetti relativi alla realizzazioni tecniche di
carattere rigorosamente accessorio, preordinate al mero collegamento di
opere edilizie alla viabilità ad esse strettamente servente (cfr. Cons.
Stato, sez. II, 12.03.2015, n. 1692/12 e Id., sez. VI, 15.03.2013, n.
1550), alcuna estensione si legittima in relazione alle “proposte
progettuali migliorative” ovvero alle “varianti” di cui all’art. 95, comma
14, e 94, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 50/2016, che, nella loro attitudine
integrativa o modificativa, sono in ogni caso accessorie all’opera viaria, e
non certamente alle opere di edilizia civile (cfr., in termini, Cons. Stato,
sez. V, 15.12.2020, n. 8027; Id., sez. V, 20.11.2018, n. 6552).
Nel caso di specie l’integrazione dell’offerta tecnica, operata da parte
appellata ed affidata all’architetto Vi., è consistita:
a) per un verso
nella “rimodulazione della progettazione della strada in ragione degli scavi
e delle sezioni reali terreno-roccia”, nonché nella “nuova progettazione
degli scavi in riferimento alle indagini geognostiche effettuate in sito […]
per i micropali a supporto dei muri di contenimento previsti in progetto a
base di appalto” (considerati inutili in quanto “tutti i muri poggia[va]no
sulla roccia”;
b) per altro verso, nella “realizzazione dei muri perimetrali
alla strada secondo la nuova progettazione”, con l’installazione di
“gabbionature rinverdite alla sommità delle scarpate”.
Si tratta, con ogni evidenza –di là dal non rilevante distinguo che ha
erroneamente orientato l’apprezzamento del primo giudice– di attività
riservata, alla luce della richiamata normativa, alla figura professionale
dell’ingegnere: il che è, di per sé, sufficiente a giustificare, in
accoglimento del formulato motivo di doglianza e con assorbimento degli
ulteriori motivi formulati, l’estromissione dell’aggiudicataria dalla
procedura, con conseguente annullamento della disposta aggiudicazione a suo
favore (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 11.02.2021 n. 1255 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
gennaio 2021 |
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COMPETENZE
PROGETTUALI: Per
un verso, a norma dell'art. 16, lett. m), del r.d. 11.02.1929, n. 274
(che non è stato modificato dalla legge n. 1068 del 1971), la competenza dei
geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste
costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l'adozione
-anche parziale- di strutture in cemento armato, mentre, in via d'eccezione,
si estende anche a queste strutture, a norma della lett. l) del medesimo
articolo, solo con riguardo alle piccole costruzioni accessorie nell'ambito
degli edifici rurali o destinati alle industrie agricole che non richiedano
particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non
comportino pericolo per le persone, essendo riservata agli ingegneri la
competenza per le costruzioni civili, anche modeste, che adottino strutture
in cemento armato.
Con la conseguenza che la progettazione e la direzione di opere da parte di
un geometra in materia riservata alla competenza professionale degli
ingegneri o degli architetti sono illegittime, a nulla rilevando in
proposito che un progetto redatto da un geometra sia controfirmato o vistato
da un ingegnere ovvero che un ingegnere esegua i calcoli in cemento armato,
atteso che il professionista competente deve essere altresì titolare della
progettazione, trattandosi di competenze inderogabilmente da affidare dal
committente al professionista abilitato secondo il proprio statuto
professionale, sul quale gravano le relative responsabilità.
E con la conseguenza ulteriore che, qualora il rapporto professionale abbia
avuto ad oggetto una costruzione per civili abitazioni, è affetto da nullità
il contratto anche relativamente alla direzione dei lavori affidata a un
geometra, quando la progettazione -richiedendo l'adozione anche parziale dei
calcoli in cemento armato- sia riservata alla competenza degli ingegneri.
Evidentemente, alla luce dell'insegnamento testé riferito a nulla vale che
si adduca che all'ingegnere contestualmente officiato è stato conferito
l'incarico di provvedere alle progettazioni strutturali e che ad egli
ricorrente è stato conferito l'incarico di occuparsi dell'aspetto
architettonico e della direzione dei lavori.
Per altro verso, il contratto di progettazione e direzione dei lavori
relativo a costruzioni civili che adottino strutture in cemento armato,
stipulato da un geometra anteriormente all'abrogazione -ad opera del d.lgs.
13.12.2010, n. 212- del r.d. 16.11.1939, n. 2229 è nullo in quanto contrario
a norme imperative.
Invero, la menzionata abrogazione, comportando l'introduzione di una
disciplina innovativa e non già interpretativa della normativa previgente,
non ha prodotto effetti retroattivi idonei ad incidere sulla qualificazione
degli atti compiuti prima della sua entrata in vigore e non ha, dunque,
influito sulla invalidità del contratto, regolata dalla legge del tempo in
cui lo stesso è stato concluso.
---------------
19. In tal guisa si osserva quanto segue.
Da un canto, nessuna delle figure di "anomalia motivazionale"
destinate ad acquisire significato alla stregua della pronuncia delle
sezioni unite testé menzionata -e tra le quali non è annoverabile il
semplice difetto di "sufficienza" della motivazione- si scorge in
relazione alle motivazioni cui la corte siciliana ha ancorato il suo
dictum.
In particolare, con riferimento al paradigma della motivazione "apparente"
-che ricorre allorquando il giudice di merito non procede ad una
approfondita disamina logico-giuridica, tale da lasciar trasparire il
percorso argomentativo seguito (cfr. Cass. 21.07.2006, n. 16672)- la corte
d'appello ha compiutamente ed intellegibilmente esplicitato il proprio iter
argomentativo.
Più esattamente ha esplicitato che la struttura progettata -un piano di
lottizzazione con la previsione di realizzazione di tre corpi di fabbrica in
cemento armato di quaranta unità immobiliari- non poteva certo definirsi "modesta
costruzione civile", in quanto postulante calcoli complessi e la
soluzione di problematiche estranee, per definizione, alla competenza di un
geometra. Ed ha soggiunto che l'invalidità dell'incarico professionale non
era esclusa dalla presenza collaborativa di un ingegnere; segnatamente che
l'invalidità del progetto redatto e presentato dal geometra La Ro. non era
superata dalla circostanza per cui un ingegnere avesse effettuato e
sottoscritto i calcoli strutturali e diretto i lavori relativi alle
strutture in cemento armato.
D'altro canto, la corte di merito di certo non ha omesso la disamina del
fatto controverso de quo agitur.
20. In ogni caso l'iter motivazionale che sorregge il dictum del
secondo giudice risulta in toto ineccepibile sul piano della
correttezza giuridica (tanto con precipuo riferimento al dedotto carattere
flessibile del parametro legislativo espresso dalla locuzione "modesta
costruzione civile": cfr. ricorso, pag. 10).
21. E' sufficiente ribadire gli insegnamenti di questa Corte.
21.1. Per un verso, l'insegnamento -menzionato pur dalla corte
distrettuale- a tenor del quale, a norma dell'art. 16, lett. m), del r.d.
11.02.1929, n. 274 (che non è stato modificato dalla legge n. 1068 del
1971), la competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e
vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che
comportino l'adozione -anche parziale- di strutture in cemento armato,
mentre, in via d'eccezione, si estende anche a queste strutture, a norma
della lett. l) del medesimo articolo, solo con riguardo alle piccole
costruzioni accessorie nell'ambito degli edifici rurali o destinati alle
industrie agricole [il che non è nella fattispecie di cui al presente
ricorso] che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la
loro destinazione non comportino pericolo per le persone, essendo riservata
agli ingegneri la competenza per le costruzioni civili, anche modeste, che
adottino strutture in cemento armato; con la conseguenza che la
progettazione e la direzione di opere da parte di un geometra in materia
riservata alla competenza professionale degli ingegneri o degli architetti
sono illegittime, a nulla rilevando in proposito che un progetto redatto da
un geometra sia controfirmato o vistato da un ingegnere ovvero che un
ingegnere esegua i calcoli in cemento armato, atteso che il professionista
competente deve essere altresì titolare della progettazione, trattandosi di
competenze inderogabilmente da affidare dal committente al professionista
abilitato secondo il proprio statuto professionale, sul quale gravano le
relative responsabilità; e con la conseguenza ulteriore che, qualora il
rapporto professionale abbia avuto ad oggetto una costruzione per civili
abitazioni, è affetto da nullità il contratto anche relativamente alla
direzione dei lavori affidata a un geometra, quando la progettazione
-richiedendo l'adozione anche parziale dei calcoli in cemento armato- sia
riservata alla competenza degli ingegneri (cfr. Cass. 26.07.2006, n. 17028).
Evidentemente, alla luce dell'insegnamento testé riferito a nulla vale che
An. La Ro. adduca che all'ingegnere contestualmente officiato è stato
conferito l'incarico di provvedere alle progettazioni strutturali e che ad
egli ricorrente è stato conferito l'incarico di occuparsi dell'aspetto
architettonico e della direzione dei lavori (cfr. ricorso, pagg. 11-12).
21.2. Per altro verso, l'insegnamento a tenor del quale il contratto
di progettazione e direzione dei lavori relativo a costruzioni civili che
adottino strutture in cemento armato, stipulato da un geometra anteriormente
all'abrogazione -ad opera del d.lgs. 13.12.2010, n. 212- del r.d.
16.11.1939, n. 2229 [è il caso oggetto del presente ricorso], è nullo in
quanto contrario a norme imperative; invero, la menzionata abrogazione,
comportando l'introduzione di una disciplina innovativa e non già
interpretativa della normativa previgente, non ha prodotto effetti
retroattivi idonei ad incidere sulla qualificazione degli atti compiuti
prima della sua entrata in vigore e non ha, dunque, influito sulla
invalidità del contratto, regolata dalla legge del tempo in cui lo stesso è
stato concluso (cfr. Cass. 30.8.2013, n. 19989; Cass. (ord.) 12.11.2019, n.
29227) (Corte
di Cassazione, Sez. II civile,
ordinanza 08.01.2021 n. 100). |
COMPETENZE PROGETTUALI: La
competenza del Geometra è ben delineata dall’art. 16 del RD n. 274/1929, che
consente a quest’ultimo,
tra le altre attività, alle lett. l) ed m):
l) progetto, direzione, sorveglianza e liquidazione di costruzioni rurali e
di edifici per uso d'industrie agricole, di limitata importanza, di
struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento
armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e per la loro
destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle
persone; nonché di piccole opere inerenti alle aziende agrarie, come strade
vicinali senza rilevanti opere d'arte, lavori d'irrigazione e di bonifica,
provvista d'acqua per le stesse aziende e riparto della spesa per opere
consorziali relative, esclusa, comunque, la redazione di progetti generali
di bonifica idraulica ed agraria e relativa direzione;
m) progetto, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili.
Tenendo conto che il rilievo del riparto di competenze tra categorie di
professionisti è di stretta interpretazione, in quanto rileva al punto di
comportare, in caso di violazione, la nullità del contratto di affidamento
di un incarico professionale di competenza di Architetti ed Ingegneri ad un
Geometra, ha chiarito la giurisprudenza che “i geometri non
sono abilitati a redigere progetti di massima ove riguardanti costruzioni in
cemento armato, fuori dalle ipotesi eccezionalmente consentite dalla lett.
l), risponde ad evidenti ragioni di pubblico interesse … lascia
all'interprete ristretti margini di discrezionalità, attinenti alla
valutazione dei requisiti della modestia della costruzione, della non
necessità di complesse operazioni di calcolo e dell'assenza di implicazioni
per la pubblica incolumità, indicando, invece, un preciso requisito,
ovverosia la natura di annesso agricolo dei manufatti.
Ne consegue
l'inammissibilità di un'interpretazione estensiva o evolutiva di tale
disposizione, che, in quanto norma eccezionale, non si presta ad
applicazione analogica, non potendosi pervenire ad una diversa conclusione
neppure in virtù delle norme -art. 2 della l. n. 1086 del 1971 e art. 17
della l. n. 64 del 1974- che disciplinano le costruzioni in cemento armato
e quelle in zone sismiche, in quanto le stesse richiamano i limiti delle
competenze professionali stabiliti per i geometri dalla vigente normativa
professionale”.
---------------
La lett. “m”,
art. 16, del RD n. 274/1929 consente le prestazioni professionali
di progettazione e direzione lavori di “modeste costruzioni civili”, rimandando
ad una indagine che va condotta caso per caso.
In tal senso, non è possibile predeterminare in via generale ed astratta
quando una costruzione civile possa qualificarsi come “modesta” (ponendosi
come mero criterio orientativo, non vincolante, le diverse eventuali
determinazioni generali emanate dagli Ordini come quello degli Architetti,
invocata da parte ricorrente, ai fini della predeterminazione di criteri planovolumetrici per individuare le costruzioni “modeste”) dovendosi fare
riferimento all’interesse protetto dalla norma, che riconnette l’ambito prestazionale al grado di preparazione tecnica che la specifica figura
professionale presuppone (e che è resto anche palese dall’interpretazione
sistematica della disposizione di cui all’art. 16 cit., ossia in relazione
comparativa con le altre competenze elencate nell’articolo in esame).
In tal senso, va condiviso quell’orientamento secondo il quale tale
competenza presuppone la non necessità di complesse operazioni di calcolo e
l'assenza di implicazioni per la pubblica incolumità: si veda a tal
proposito, la più recente giurisprudenza secondo la quale il criterio per
accertare se una costruzione sia da considerare modesta, e quindi, se la sua
progettazione rientri nella competenza professionale dei geometri, ai sensi
dell'art. 16, lett. m), r.d. n. 274/1929, consiste nel valutare le
difficoltà tecniche che la progettazione e l'esecuzione dell'opera
comportano e le capacità occorrenti per superarle; a questo fine, mentre non
è decisivo il mancato uso del cemento armato, assume significativa rilevanza
il fatto che la costruzione sorga in zona sismica, con conseguente
assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa di cui alla l. n.
64/1974, la quale impone calcoli complessi che esulano dalle competenze
professionali dei geometri.
---------------
Espone parte ricorrente che in data 31.07.2014, veniva presentata al
Comune intimato una DIA relativa alla ristrutturazione di un immobile, per
il tramite di professionista incaricato, in persona del Geometra Se.Ma..
Riferisce che la DIA (nr. di protocollo 11562), aveva ad oggetto i seguenti
interventi:
- rimozione di tutti gli infissi e posa in opera di nuovi infissi di
dimensioni, forma e aspetto architettonico uguale a quella degli esistenti;
- scala esterna: sostituzione di alzate e pedata con lastre in pietra da
taglio travertino, demolizione dell’attuale parapetto e delle colonnine in
muratura e loro sostituzione con ringhiera in ferro a disegni lineari
conformi alla linea architettonica dell’immobile;
- rimozione delle parti d’intonaco instabili o deteriorate e rifacimento
degli intonaci asportati;
- tinteggiatura con materiali idonei a colori uguali a quelli applicati
negli edifici del centro urbano in cui l’immobile insiste.
Il Geometra Ma., iscritto al relativo Albo di Roma dal 30.09.1965, assumeva le funzioni di Progettista e Direttore dei lavori ed allegava
alla DIA, tra le altre documentazioni necessarie, anche la relazione tecnica
di asseverazione, nella quale lo stesso precisava che “le opere non
interessano la statica dell’edificio”.
Con provvedimento prot. 16468 del 31.10.2014, il Comune rilasciava
l’autorizzazione paesaggistica.
Il 10.03.2015, la SITAS –Direzione Regionale Infrastrutture, Ambiente e
Politiche Abitative– acquisiva la richiesta di autorizzazione ex artt. 93 e
94 del DPR n. 380/2001 presentata dal Geometra Ma. avente ad oggetto i
lavori di manutenzione straordinaria dell’immobile dei committenti (che
assumeva prot. 133561/2015 e posizione n. 27885).
Alla predetta istanza il Geom. Ma. allegava, tra gli altri, la
Relazione tecnica amministrativa nella quale evidenziava gli interventi
tecnico manutentivi da eseguirsi, consistenti nella “sostituzione delle
strutture ammalorate di copertura del fabbricato costituite da capriate e
correnti in legno massiccio e sovrastante tavolato e manto di tegole in
laterizio. Le nuove capriate realizzate in legno lamellare saranno posizione
con i medesimi interessi di quelle esistenti e lo schema statico rispetto
alle condizioni ante operam resterà invariato…il tipo di intervento non
implica sostanziali modifiche al comportamento strutturale dell’edificio
rispetto alla configurazione ante operam”.
Il Piano di manutenzione, pure
allegato, specificava che gli interventi riguardavano una singola parte
della struttura, interessando una porzione limitata del fabbricato e che il
progetto e le relative verifiche sarebbero state riferite solo alle parti
interessate, non comportando l’intervento modifiche al comportamento
strutturale dell’edificio; tale precisazione veniva replicata anche nella
Relazione geotecnica.
Il 17.03.2015, con provvedimento n. 3935, notificato alla committenza il
18 marzo (atto impugnato), il Comune ordinava la sospensione dei lavori,
asserendo che il Geometra Ma. “non è competente a svolgere l’incarico
di progettista delle strutture nonché ad assumere la relativa direzione dei
lavori, in quanto è un tecnico diplomato”. La presenza di un tecnico non
competente, secondo il provvedimento impugnato, rendeva “inefficace la
pratica strutturale” e imponeva la sospensione dei lavori.
Il Geometra Ma. replicava a tale provvedimento contestandone il
contenuto (nota del 19.03.2015) e specificando che le opere previste
consistevano nella rimozione di un tetto con strutture in legno e ripristino
con medesimi materiali, senza strutture né solai in cemento armato
richiedenti competenze particolari di calcoli statici, salvo un cordolo
perimetrale per il consolidamento delle murature e la distribuzione uniforme
dei carichi sulle murature stesse, per il quale non era necessario eseguire
calcoli statici complessi.
Nonostante tali precisazioni, il Comune (nella persona del responsabile del
procedimento, Architetto Al.Ol.) con determina 4278 del 24.03.2015,
disponeva circa l’inefficacia della SCIA del 31.07.2014 prot. 11562,
affermando che il Geometra Ma. era privo di competenze in ordine alle
opere strutturali in cemento armato e non.
Precisava il Comune che “mentre non è decisivo il mancato uso del cemento
armato…assume significativa rilevanza il fatto che la costruzione sorge in
zona sismica, e precisamente in zona classificata 3°, con conseguente
assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa di cui alla legge
02.02.1974, n. 64, la quale impone calcoli complessi che esulano dalle
competenze dei geometri”, concludendo che la committenza ed il
professionista erano diffidati dalla prosecuzione dei lavori strutturali
fino alla nomina di un nuovo tecnico abilitato iscritto presso i rispettivi
ordini professionali (ingegneri o architetti).
La committenza annullava la pratica e conferiva un nuovo incarico
professionale ad altro tecnico, iscritto presso l’Ordine degli Ingegneri,
che ripresentava, a proprio nome, la richiesta di autorizzazione ex artt. 93
e 94 del DPR 380/2001.
Il Geom. Ma., intanto, notiziava dell’accaduto il proprio ordine di
appartenenza.
Il Consiglio Nazionale dei Geometri e dei Geometri Laureati emanava un
apposito parere in data 30.04.2015, prot. 4879.
Il 15.05.2015, l’Ingegnere subentrato nella pratica della committenza
nella pratica edilizia di cui si discute, elaborava la relazione tecnica,
sul particolare del cordolo in cemento armato.
Parte ricorrente si sofferma poi sulla posizione del Responsabile del
procedimento, che avrebbe agito in conflitto di interessi in quanto
Architetto, Consigliere del Consiglio dell’Ordine degli Architetti PPC di
Roma (per il quadriennio 2013-2017) ex Segretario del medesimo Consiglio
nella precedente consiliatura ed, ancora, Consigliere in quella precedente
ancora; avrebbe inoltre espresso una posizione contraria al riconoscimento
di competenze professionali dei Geometri in diversi scritti e contributi
pubblici (meglio indicati in atti).
Sulla base di tali presupposti, il Collegio ricorrente impugna gli atti
elencati chiedendone l’annullamento per le seguenti ragioni di censura.
...
Nel merito delle altre censure, si osserva che la competenza del Geometra è
ben delineata dall’art. 16 del RD n. 274/1929, che consente a quest’ultimo,
tra le altre attività, alle lett. l) ed m):
l) progetto, direzione, sorveglianza e liquidazione di costruzioni rurali e
di edifici per uso d'industrie agricole, di limitata importanza, di
struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento
armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e per la loro
destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle
persone; nonché di piccole opere inerenti alle aziende agrarie, come strade
vicinali senza rilevanti opere d'arte, lavori d'irrigazione e di bonifica,
provvista d'acqua per le stesse aziende e riparto della spesa per opere
consorziali relative, esclusa, comunque, la redazione di progetti generali
di bonifica idraulica ed agraria e relativa direzione;
m) progetto, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili.
Tenendo conto che il rilievo del riparto di competenze tra categorie di
professionisti è di stretta interpretazione, in quanto rileva al punto di
comportare, in caso di violazione, la nullità del contratto di affidamento
di un incarico professionale di competenza di Architetti ed Ingegneri ad un
Geometra (Corte d’Appello, Firenze, 09/06/2020, n. 1066; Cassazione
civile, sez. II, 29/07/2019, n. 20438; Cassazione civile, sez. II,
24/01/2019, n. 2038), ha chiarito la giurisprudenza che “i geometri non
sono abilitati a redigere progetti di massima ove riguardanti costruzioni in
cemento armato, fuori dalle ipotesi eccezionalmente consentite dalla lett.
l), risponde ad evidenti ragioni di pubblico interesse … lascia
all'interprete ristretti margini di discrezionalità, attinenti alla
valutazione dei requisiti della modestia della costruzione, della non
necessità di complesse operazioni di calcolo e dell'assenza di implicazioni
per la pubblica incolumità, indicando, invece, un preciso requisito,
ovverosia la natura di annesso agricolo dei manufatti. Ne consegue
l'inammissibilità di un'interpretazione estensiva o evolutiva di tale
disposizione, che, in quanto norma eccezionale, non si presta ad
applicazione analogica, non potendosi pervenire ad una diversa conclusione
neppure in virtù delle norme -art. 2 della l. n. 1086 del 1971 e art. 17
della l. n. 64 del 1974- che disciplinano le costruzioni in cemento armato
e quelle in zone sismiche, in quanto le stesse richiamano i limiti delle
competenze professionali stabiliti per i geometri dalla vigente normativa
professionale” Cassazione civile, sez. II, 12/11/2019, n. 29235; cfr.
anche Cassazione civile , sez. II , 12/11/2019 , n. 29227; per la
giurisprudenza amministrativa, cfr. TAR, Napoli, sez. VIII, 23/08/2016, n. 409; Consiglio di Stato, sez. V, 23/02/2015, n. 883).
Posto che l’ambito dell’art. 16 lett. “l” citata non trova applicazione al
caso odierno (non vertendosi in ordine a realizzazione di costruzioni
agricole), la lett. “m” consente le prestazioni professionali di
progettazione e direzione lavori di “modeste costruzioni civili”, rimandando
ad una indagine che va condotta caso per caso.
In tal senso, non è possibile predeterminare in via generale ed astratta
quando una costruzione civile possa qualificarsi come “modesta” (ponendosi
come mero criterio orientativo, non vincolante, le diverse eventuali
determinazioni generali emanate dagli Ordini come quello degli Architetti,
invocata da parte ricorrente, ai fini della predeterminazione di criteri planovolumetrici per individuare le costruzioni “modeste”) dovendosi fare
riferimento all’interesse protetto dalla norma, che riconnette l’ambito prestazionale al grado di preparazione tecnica che la specifica figura
professionale presuppone (e che è resto anche palese dall’interpretazione
sistematica della disposizione di cui all’art. 16 cit., ossia in relazione
comparativa con le altre competenze elencate nell’articolo in esame).
In tal senso, va condiviso quell’orientamento secondo il quale tale
competenza presuppone la non necessità di complesse operazioni di calcolo e
l'assenza di implicazioni per la pubblica incolumità: si veda a tal
proposito, la più recente giurisprudenza (Cassazione civile, sez. II,
07/02/2020, n. 2913) secondo la quale il criterio per accertare se una
costruzione sia da considerare modesta, e quindi, se la sua progettazione
rientri nella competenza professionale dei geometri, ai sensi dell'art. 16,
lett. m), r.d. n. 274/1929, consiste nel valutare le difficoltà tecniche che
la progettazione e l'esecuzione dell'opera comportano e le capacità
occorrenti per superarle; a questo fine, mentre non è decisivo il mancato
uso del cemento armato, assume significativa rilevanza il fatto che la
costruzione sorga in zona sismica, con conseguente assoggettamento di ogni
intervento edilizio alla normativa di cui alla l. n. 64/1974, la quale
impone calcoli complessi che esulano dalle competenze professionali dei
geometri (orientamento puntualmente ripreso dalla motivazione del
provvedimento impugnato che vi si è uniformato).
Sebbene l’indagine vada quindi condotta caso per caso (come deduce parte
ricorrente) presupponendosi una specifica motivazione, quest’ultima esigenza
non può essere assolta (e scrutinata) in via meramente formale, ovvero
avendo riguardo al solo testo dell’atto impugnato, bensì deve aversi
riguardo all’assetto di interessi sostanziale dedotto in giudizio.
Nel caso di specie, il provvedimento impugnato conferisce piana applicazione
al criterio appena indicato e la correttezza di tale determinazione trova
conferma nella relazione tecnica depositata dal professionista che ha
sostituito il Geometra originariamente incaricato e nella deduzione
difensiva dell’Ente locale che si è succintamente richiamata in premessa.
Nel caso di specie, infatti, il cordolo in calcestruzzo armato era previsto
per il consolidamento delle murature e la distribuzione uniforme dei carichi
su di esse; esigenza coerente con la necessaria relazione statica e
strutturale che intercorre tra le murature e la copertura, quest’ultima
oggetto di sostituzione.
Deve altresì precisarsi che erroneamente parte ricorrente vorrebbe
ricondurre l’intervento edilizio –per quanto riguarda i fini
dell’accertamento della sua corrispondenza alle competenze del Geometra–
entro i limiti di una attività di mera manutenzione, con esclusione di
calcoli complessi: invero, la nozione di “modesta costruzione” di cui
all’art. 16, lett. “m” RD 274/1929 non è volta a definire (soltanto) i
limiti dell’operazione edilizia in sé stessa, bensì ad individuare (anche)
l’oggetto di quest’ultima: la norma identifica l’organismo edilizio entro il
quale l’intervento (anche se “locale”) si inserisce, per la ragione che quest’ultimo può comunque interferire con le strutture ed implicare rischi
per la pubblica incolumità o calcoli complessi (come peraltro si presume in
zona sismica).
Nel caso di specie, come puntualmente chiarito dalla difesa dell’Ente, il
titolo edilizio aveva ad oggetto un intervento non meramente “locale” nel
senso descritto da parte ricorrente (ovvero limitato alla sostituzione di
uno o più elementi della struttura dell’edificio), ma si inseriva in una
“struttura portante in muratura ordinaria (spessore di cm 50) adibito ad
abitazione civile, di tre piani, di cui uno seminterrato e due fuori terra
(altezza massima dell’interpiano m, 3); di configurazione plano volumetrica
regolare in pianta e in elevazione; del quale la consistenza della
superficie è di mq 52,40 per piano; del quale il volume complessivo … è di mc 453,20 mentre dei due lati fuori terra è di soli mc 306,54; di cui
l’altezza dei due piani fuori terra ammonta a ml 5,85”, sostituendone la
copertura e quindi alterandone la struttura originaria, peraltro con
materiali eterogenei rispetto a quelli originari e quindi potenzialmente
soggetti a diverse risposte alle sollecitazioni sismiche.
Se ne deduce che correttamente si è ritenuta essenziale, ai fini del
progetto e della sua esecuzione, la verifica della sostituzione della
copertura e la funzione del cordolo in cemento armato.
Per tali ragioni, dunque, il ricorso non può trovare accoglimento e va
respinto, sebbene con giuste ragioni per disporre la piena compensazione
delle spese di lite tra le parti, avendo riguardo alla natura collettiva
degli interessi a tutela dei quali si sono confrontate le parti del giudizio
(TAR Lazio-Roma, Sez. II-bis,
sentenza 07.01.2021 n. 220 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
dicembre 2020 |
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COMPETENZE PROGETTUALI: Le
proposte migliorative sottoscritte dall’architetto redattore, per quanto
estremamente limitate, sono tutte inerenti a interventi di tipo
impiantistico o di bonifica: in quanto tali esse rientrano nella competenza
esclusiva di un ingegnere abilitato, e non possono rientrare anche nella
competenza di un architetto abilitato, secondo quanto stabilito dal R.D. 23.10.1925, n.
2537 Regolamento per le professioni di ingegnere ed architetto.
Sicché, merita piena condivisione l’assunto della sentenza di prime
cure secondo cui nel caso di interventi di carattere non edilizio, quali
erano quelli di cui all’offerta migliorativa dell’a.t.i. aggiudicataria, la
proposta doveva essere sottoscritta da un ingegnere, unico tecnico a ciò
abilitato, non potendo la lex specialis derogare al riparto di competenze,
fissato dalle norme, delle figure professionali dell’architetto e
dell’ingegnere.
---------------
13.5. Come esposto in fatto, la Sezione, considerato che la
soluzione di tali aspetti controversi richiedesse l’apporto di specifiche
cognizioni tecniche e specialistiche, ha disposto una verificazione al fine
di accertare in concreto quale fosse il contenuto delle proposte
migliorative, demandando al verificatore nominato di evidenziare “se e quali
delle proposte migliorative sottoscritte dall’architetto redattore si
debbano ritenere inerenti a interventi di tipo impiantistico o di bonifica
e, in caso positivo, se esse rientrino nella competenza esclusiva
dell’ingegnere abilitato ovvero se possano rientrare anche nella competenza
dell’architetto abilitato”.
Ed infatti, considerato che, come bene rilevato dal primo giudice, il bando
non conteneva alcun vincolo specifico quanto alla categoria di appartenenza
dei tecnici di cui le imprese concorrenti si sarebbero dovute avvalere per
la presentazione delle offerte tecniche, il Collegio ha ritenuto dirimente
ai fini della decisione dell’appello la delibazione in concreto delle
proposte migliorative presentate dall’aggiudicataria, al fine di individuare
quali avrebbero dovuto essere le competenze del tecnico redattore e quale la
categoria professionale di appartenenza.
Ciò in quanto, se è vero che il disciplinare consentiva la sottoscrizione da
parte di un tecnico abilitato (ingegnere o architetto), tuttavia un tale
riferimento non può che riferirsi al contenuto dell’offerta migliorativa
concretamente proposta.
13.6. In risposta ai quesiti formulati dal Collegio, la relazione di
verificazione depositata in atti, premesse talune considerazioni di
carattere generale sulla discarica controllata (la cui progettazione è
“tipicamente una progettazione impiantistica dei sistemi di drenaggio e
captazione”), ha evidenziato che, come desumibile dal titolo dell’intervento
a base di gara e dalla categoria prevalente dei lavori (OG12 - opere ed
impianti di bonifica e protezione ambientale), nonché dal Bando e
Disciplinare di gara (art. 11.2. ove si legge che “nell’attribuzione del
previsto punteggio saranno favorevolmente valutate le soluzioni che tendono
ad incrementare i livelli prestazionali attesi dei vari interventi di
bonifica previsti nel progetto a base di gara”), il progetto di cui trattasi
non può che essere considerato un intervento di tipo impiantistico o di
bonifica: tale è dunque anche il progetto migliorativo presentato da tutti i
partecipanti alla gara.
D’altro canto anche le lavorazioni accessorie (categorie scorporabili) non
possono considerarsi di tipo edilizio, appartenendo alle categorie OS21 -opere strutturali speciali- e OG8 -opere fluviali, di difesa, di
sistemazione idraulica e di bonifica.
13.7. Procedendo quindi ad analizzare la specifica offerta migliorativa
dell’a.t.i. La Ca., il verificatore ha rilevato come nella stessa si
legge testualmente che “particolare attenzione è stata posta ai sistemi di
drenaggio, regimazione e collettamento delle acque e di captazione e
dispersione del biogas, migliorando tutti gli aspetti possibili”, non
lasciando perciò adito a dubbi sul fatto che si tratti di interventi
impiantistici o di bonifica. Del resto, gli stessi estensori della proposta
migliorativa definivano come impiantistici un’intera serie di interventi
migliorativi (specificamente indicati nella relazione di verificazione: cfr.
pag. 6).
Quanto poi ai c.d. interventi accessori la mera presenza, accanto a quelli
tipicamente impiantistici o infrastrutturali e di bonifica (come quelli
relativi alla messa in sicurezza permanente della discarica), anche di
interventi di tipo edilizio, non consente di superare il rilievo per cui la
progettazione, nel suo complesso e considerati tutti gli elementi e le
componenti che ne costituiscono oggetto, è una progettazione di tipo
impiantistico o di bonifica.
A conferma ulteriore di ciò, il verificatore ha accertato, nell’analizzare
il progetto migliorativo risultante dalle tavole a firma dell’architetto e
dal computo metrico estimativo, la presenza di varianti migliorative
(“relative a modifiche dei diametri e dei materiali adoperati per le
condotte”), comportanti, per quanto di modesta entità, un diverso regime
idraulico all’interno della tubazione.
Tali interventi migliorativi, come pure quelli relativi al sistema di
impermeabilizzazione, dovevano essere necessariamente sottoposti a verifica
e a specifici calcoli progettuali: si infrange così l’assunto dell’a.t.i.
appellante sulla natura di mera fornitura degli interventi impiantistici di
cui alla proposta migliorativa, sul rilievo per cui non potrebbero comunque
essere considerati accettabili unicamente i calcoli progettuali effettuati
dai fornitori dei materiali, perché riferiti sempre a condizioni di
esercizio standard, normalmente diverse da quelle che si realizzano, di
volta in volta, nei vari interventi realizzativi.
13.8. A tale riguardo, nelle note in vista dell’udienza di discussione
l’appellante riconosce che, nella redazione della proposta migliorativa, il
professionista incaricato si sarebbe astenuto totalmente dalla redazione dei
calcoli specialistici, limitandosi ad effettuare una mera attività di
composizione funzionale delle diverse sezioni tecnologiche e attrezzature,
progettate e realizzate direttamente dai costruttori delle stesse: tuttavia,
da ciò non sarebbe potuto derivare l’esclusione dell’offerta migliorativa
dell’a.t.i. La Ca., ma al più la mancata attribuzione di alcun
punteggio in relazione alle prestazioni offerte, ma non verificate mediante
effettuazione di calcoli specialistici.
L’assunto non ha pregio.
Contrariamente a quanto sostenuto da parte appellante, il verificatore
nominato non si è limitato ad accertare la mancanza dei predetti calcoli, ma
ha espressamente auspicato (evidenziandone così la necessità) che gli
interventi migliorativi in parola, essenziali alla realizzazione della
discarica e della bonifica oggetto dell’appalto da affidarsi, fossero stati
sottoposti a verifica e a calcoli adeguati da parte del redattore del
progetto migliorativo.
Le conseguenze che derivavano da tale carenza non possono dunque essere
quelle indicate da parte appellante: a maggior ragione, in difetto dei
calcoli progettuali, la proposta migliorativa non solo non meritava alcun
punteggio, ma non poteva, infatti, essere oggetto di alcuna considerazione e
valutazione da parte della Commissione esaminatrice, risultando tamquam
non esset.
13.9. Su queste basi, il verificatore nominato ha concluso che le proposte
migliorative sottoscritte dall’architetto redattore, per quanto estremamente
limitate, sono tutte inerenti a interventi di tipo impiantistico o di
bonifica: in quanto tali esse rientrano nella competenza esclusiva di un
ingegnere abilitato, e non possono rientrare anche nella competenza di un
architetto abilitato, secondo quanto stabilito dal R.D. 23.10.1925, n.
2537 Regolamento per le professioni di ingegnere ed architetto.
14. Alla luce degli approfondimenti istruttori disposti da questo Consiglio
di Stato, merita dunque piena condivisione l’assunto della sentenza di prime
cure secondo cui nel caso di interventi di carattere non edilizio, quali
erano quelli di cui all’offerta migliorativa dell’a.t.i. aggiudicataria, la
proposta doveva essere sottoscritta da un ingegnere, unico tecnico a ciò
abilitato, non potendo la lex specialis derogare al riparto di competenze,
fissato dalle norme, delle figure professionali dell’architetto e
dell’ingegnere.
15. In conclusione, per le su esposte ragioni, l’appello va respinto e la
sentenza impugnata deve essere integralmente confermata, con assorbimento
degli altri motivi di censura non esaminati dal giudice di primo grado e qui
riproposti ex art. 101, comma 2, Cod. proc. amm. dall’appellata (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 15.12.2020 n.
8027 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ottobre 2020 |
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COMPETENZE PROGETTUALI: Le
opere proposte (“modifica di alcune finestre e di taluni balconi siti al primo
piano, alla realizzazione di una scala interna ed alla sostituzione di
quella esterna”) non possono essere ascritte –sia per la loro natura, sia
per l’oggettiva inerenza a profili di staticità e sicurezza– al novero
delle “modeste costruzioni civili” che suffragano, quale competenza
sufficiente per l’attività di progettazione, quella dei geometri ai sensi
del R.D. 214/1929.
---------------
Con ricorso ritualmente proposto il sig. Sa.Mo. ha impugnato e chiesto
l’annullamento della disposizione dirigenziale n. 474 del 23.03.2017, con la
quale il Servizio Sportello Unico Edilizia Privata, Direzione Centrale
Pianificazione e Gestione del Territorio, ha rigettato la richiesta di
rilascio di un permesso di costruire, ex art. 4 della legge regionale
19/2009 (c.d. Piano Casa), avente ad oggetto l’ampliamento volumetrico di un
immobile sito in Napoli, alla Strada ... n. 27/b.
L’immobile oggetto del contendere, classificato in zona B (agglomerati
urbani di recente formazione, sottozona Bb), è “individuato tra le
attrezzature pubbliche come tra le attrezzature di quartiere”; in più,
risulta azzonato in ambito territoriale “destinato a istruzione, interesse
comune, parcheggi”.
Il ricorrente ha proposto di realizzare una “sopraelevazione ad un manufatto
esistente composto da due piani fuori terra”: un intervento che per il
Comune “non è compatibile con la specifica previsione del Prg”, oltre al
fatto che “per la complessità dei calcoli strutturali e per le implicazioni
che deriverebbero da un maggior carico sulle strutture esistenti è riservata
solo agli ingegneri ed architetti iscritti nei relativi albi professionali”.
A fondamento del ricorso sono stati proposti i seguenti motivi:
1°) Difetto d’istruttoria e di motivazione; eccesso di potere per
contraddittorietà; violazione dell’art. 4 della legge regionale 19/2009,
dell’art. 9 del DPR 327/2001 e dell’art. 2 della legge 1187/1968.
Il ricorrente ha evidenziato che il fabbricato in questione avrebbe
conservato la propria destinazione iniziale, risultante dell’originario
titolo abilitativo edilizio, in quanto impressa prima dell’adozione della
variante generale al PRG della Città di Napoli: destinazione che resterebbe
immutata per effetto del regime derogatorio introdotto dall’art. 4 della
legge regionale 19/2009.
2°) Eccesso di potere per difetto d’istruttoria e violazione della legge
144/1949.
Il ricorrente ha contestato la preclusione della competenza del
geometra, sottolineando la necessità di scindere le attività progettuali.
...
Infondato è, altresì, il secondo motivo, dovendosi ritenere che le opere
proposte (“modifica di alcune finestre e di taluni balconi siti al primo
piano, alla realizzazione di una scala interna ed alla sostituzione di
quella esterna”) non possono essere ascritte –sia per la loro natura, sia
per l’oggettiva inerenza a profili di staticità e sicurezza– al novero
delle “modeste costruzioni civili” che suffragano, quale competenza
sufficiente per l’attività di progettazione, quella dei geometri ai sensi
del R.D. 214/1929 (TAR Campania-Napoli, Sez. IV,
sentenza 05.10.2020 n. 4232 - link a
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luglio 2020 |
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COMPETENZE PROGETTUALI: Sulla
questione che
il
muro in cemento armato di contenimento, la cui sagoma non è alterata
rispetto al disegno contenuto nel progetto esecutivo, viene spostato dalla
destra alla sinistra del plinto con l’effetto di non fungere più da
immediato contenimento alla scarpata e che ciò non comporta alcuna
variazione in termini di stabilità dell’opera ma richiede,
quantomeno, le preliminari verifiche necessarie da parte di un tecnico abilitato
(laureato).
Per disciplinare la professione di geometra, il
legislatore è intervenuto per la prima volta col Regio decreto 11.02.1929 n.
274, il cui art. 16 ne circoscrive l’oggetto ed i limiti relativi alla
competenza tecnica.
In seguito, il legislatore, col regio decreto 16.11.1939 n. 2229 –contenente
le “Norme per la esecuzione delle opere in conglomerato cementizio semplice
od armato”- all’art. 1 ha introdotto un limite generale alla competenza dei
geometri per le opere “di conglomerato cementizio semplice od armato la cui
stabilità possa comunque interessare l'incolumità delle persone”, in
precedenza inesistente, disponendo che tali opere dovessero “... essere
costruite in base ad un progetto esecutivo firmato da un ingegnere, ovvero
da un architetto iscritto nell'albo, nei limiti delle rispettive
attribuzioni, ai sensi della Legge 24.06.1923 n. 1395 e del Regio decreto
23.10.1925 n. 2537, sull’esercizio delle professioni di ingegnere e di
architetto e delle successive modificazioni”.
La disciplina regolamentare è stata successivamente modificata con
l’approvazione della Legge 05.11.1971 n. 1086 e della Legge 02.02.1974 n.
64.
In particolare, riguardo alle opere di conglomerato cementizio armato,
normale e precompresso ed a struttura metallica, la menzionata legge n. 1086
del 1971, all’art. 2, ha chiarito che: “La costruzione delle opere di cui
all'articolo 1 deve avvenire in base ad un progetto esecutivo redatto da un
ingegnere o architetto o geometra o perito industriale edile iscritti nel
relativo albo, nei limiti delle rispettive competenze. L'esecuzione delle
opere deve aver luogo sotto la direzione di un ingegnere o architetto o
geometra o perito industriale edile iscritto nel relativo albo, nei limiti
delle rispettive competenze.”.
Il quadro normativo sopra delineato è rimasto sostanzialmente inalterato a
seguito dell’intervento di riordino della materia operato dal d.p.r.
06.06.2001 n. 380, il testo unico dell’edilizia.
Con queste premesse, è quindi evidente che, in relazione ad una variazione
significativa dell’assetto delle costruzioni in cemento armato poste a
supporto e contenimento della palificazione, sarebbe stato necessario
l’intervento professionale di un ingegnere o di un architetto, almeno ai
fini della verifica circa l’immodificabilità delle condizioni di stabilità e
quindi di sicurezza pubblica.
---------------
9.-
Rimane da analizzare la contestazione, contenuta nel terzo motivo del
ricorso incidentale, concernente le variazioni alle opere in cemento armato
per arretrare, rispetto al progetto esecutivo, il posizionamento sul
marciapiede dei pali per la pubblica illuminazione, con conseguente
inidoneità della firma apposta, su questa specifica proposta migliorativa,
da un tecnico geometra in luogo di un ingegnere o architetto.
9.1.- Sul punto, It.Ap.i replica nel senso che la soluzione
migliorativa proposta:
- intende eliminare la condizione di pericolo presente nel progetto
esecutivo in modo da realizzare una superficie calpestabile del marciapiede
completamente libera da ostacoli e, quindi, evitare che i pedoni, per
aggirare l’ostacolo rappresentato dal palo dell’illuminazione, fossero
costretti a spostarsi verso la carreggiata stradale;
- non comporta variazioni alle opere in cemento armato previste in progetto,
in quanto la parete del muro di contenimento, posto a sostegno del
marciapiede, non risulta interrotta dall’inserimento del blocco palo;
pertanto per il profilo squisitamente tecnico-qualitativo, il posizionamento
adottato per i pali d’illuminazione e ai relativi blocco del palo non
comporta problematiche di tipo strutturale.
9.2.- La censura appare tuttavia meritevole di considerazione e, dunque,
fondata posto che –come emerge dai grafici- il muro in cemento armato di
contenimento, la cui sagoma effettivamente non è stata alterata rispetto al
disegno contenuto nel progetto esecutivo, viene spostato dalla destra alla
sinistra del plinto con l’effetto di non fungere più da immediato
contenimento alla scarpata.
Se è vero che, come sostiene la ricorrente, tutto ciò non comporta alcuna
variazione in termini di stabilità dell’opera, ciò avrebbe richiesto
quantomeno le verifiche necessarie da parte di un tecnico abilitato.
9.3.- Giova sul punto ricordare che, per disciplinare la professione di
geometra, il legislatore è intervenuto per la prima volta col Regio decreto
11.02.1929 n. 274, il cui art. 16 ne circoscrive l’oggetto ed i limiti
relativi alla competenza tecnica.
In seguito, il legislatore, col regio decreto 16.11.1939 n. 2229 –contenente le “Norme per la esecuzione delle opere in conglomerato cementizio semplice od armato”- all’art. 1 ha introdotto un limite generale
alla competenza dei geometri per le opere “di conglomerato cementizio
semplice od armato la cui stabilità possa comunque interessare l'incolumità
delle persone”, in precedenza inesistente, disponendo che tali opere
dovessero “... essere costruite in base ad un progetto esecutivo firmato da
un ingegnere, ovvero da un architetto iscritto nell'albo, nei limiti delle
rispettive attribuzioni, ai sensi della Legge 24.06.1923 n. 1395 e del
Regio decreto 23.10.1925 n. 2537, sull’esercizio delle professioni di
ingegnere e di architetto e delle successive modificazioni”.
La disciplina regolamentare è stata successivamente modificata con
l’approvazione della Legge 05.11.1971 n. 1086 e della Legge 02.02.1974 n. 64.
In particolare, riguardo alle opere di conglomerato cementizio armato,
normale e precompresso ed a struttura metallica, la menzionata legge n. 1086
del 1971, all’art. 2, ha chiarito che: “La costruzione delle opere di cui
all'articolo 1 deve avvenire in base ad un progetto esecutivo redatto da un
ingegnere o architetto o geometra o perito industriale edile iscritti nel
relativo albo, nei limiti delle rispettive competenze. L'esecuzione delle
opere deve aver luogo sotto la direzione di un ingegnere o architetto o
geometra o perito industriale edile iscritto nel relativo albo, nei limiti
delle rispettive competenze.”.
Il quadro normativo sopra delineato è rimasto sostanzialmente inalterato a
seguito dell’intervento di riordino della materia operato dal d.p.r. 06.06.2001 n. 380, il testo unico dell’edilizia.
Con queste premesse, è quindi evidente che, in relazione ad una variazione
significativa dell’assetto delle costruzioni in cemento armato poste a
supporto e contenimento della palificazione, sarebbe stato necessario
l’intervento professionale di un ingegnere o di un architetto, almeno ai
fini della verifica circa l’immodificabilità delle condizioni di stabilità e
quindi di sicurezza pubblica (TAR
Campania-Napoli, Sez. I,
sentenza 10.07.2020 n. 3006 - link a
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COMPETENZE PROGETTUALI: L'art.
51, r.d. n. 2537 del 1925 dispone che "Sono di spettanza della professione
d'ingegnere, il progetto, la condotta e la stima dei lavori per estrarre,
trasformare ed utilizzare i materiali direttamente od indirettamente
occorrenti per le costruzioni e per le industrie, dei lavori relativi alle
vie ed ai mezzi di trasporto [...]"; a mente del successivo art. 52, invece,
"Formano oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella di
architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le
operazioni di estimo ad esse relative".
Si tratta di un riparto di competenze che, per giurisprudenza consolidata
del giudice amministrativo, è ancora attuale, in quanto le previsioni
regolamentari sono espressamente mantenute in vigore dall’art. 1, d.P.R.
05.06.2001, n. 328 (Modifiche ed integrazioni della disciplina dei requisiti
per l'ammissione all'esame di Stato e delle relative prove per l'esercizio
di talune professioni, nonché della disciplina dei relativi ordinamenti),
oltre che dagli artt. 16 (per gli architetti) e 46, comma 2 (per gli
ingegneri iscritti alla sezione A), di cui allo stesso d.P.R., e sono perciò
tuttora applicabili.
Il riparto di competenza così delineato è stato dalla giurisprudenza letto
nel senso che la progettazione delle opere viarie, idrauliche ed igieniche,
che non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati, è di
pertinenza degli ingegneri, in base all'interpretazione letterale,
sistematica e teleologica degli artt. 51, 52 e 54, r.d. n. 2537 del 1923.
Più in particolare, la competenza concorrente di ingegneri e architetti si
ha soltanto nell’ambito delle opere di edilizia civile e per gli impianti
tecnologici strettamente connessi a edifici e fabbricati; restano pertanto
di competenza esclusiva degli ingegneri, ai sensi dell’art. 51, r.d. n. 2357
del 1925, gli interventi edilizi ed urbanistici che consistano in
“progettazione di costruzioni stradali, opere igienico-sanitarie, impianti
elettrici, opere idrauliche”, quando non siano connessi a determinati
edifici o fabbricati, cioè attengano alle opere di urbanizzazione primaria.
Sulla base di tale premessa il giudice di appello ha concluso nel senso che
rientrano nell'esclusivo appannaggio della professione di ingegnere le opere
di carattere più marcatamente tecnico-scientifico, che esulano dall'edilizia
civile rientrante nella comune competenza.
---------------
Con un unico, articolato motivo di appello si afferma che l’ingegnere
ha una esclusiva competenza solo per le opere di carattere più marcatamente
tecnico-scientifico, quali quelle di ingegneria idraulica,
igienico-sanitarie, ecc.; l’edilizia civile, inoltre, non è solo quella
abitativa, ma anche l’edilizia scolastica, commerciale, ospedaliera, ecc..
In ogni caso, la previsione era tanto poco chiara che, in applicazione del
principio del favor partecipationis, il concorrente non avrebbe
potuto essere escluso.
Il motivo non è suscettibile di positiva valutazione, e ciò consente di
prescindere dall’esame dei profili in rito.
Giova premettere che l'art. 51, r.d. n. 2537 del 1925 dispone che "Sono
di spettanza della professione d'ingegnere, il progetto, la condotta e la
stima dei lavori per estrarre, trasformare ed utilizzare i materiali
direttamente od indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le
industrie, dei lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto [...]";
a mente del successivo art. 52, invece, "Formano oggetto tanto della
professione di ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia
civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad esse
relative".
Si tratta di un riparto di competenze che, per giurisprudenza consolidata
del giudice amministrativo, è ancora attuale, in quanto le previsioni
regolamentari sono espressamente mantenute in vigore dall’art. 1, d.P.R.
05.06.2001, n. 328 (Modifiche ed integrazioni della disciplina dei requisiti
per l'ammissione all'esame di Stato e delle relative prove per l'esercizio
di talune professioni, nonché della disciplina dei relativi ordinamenti),
oltre che dagli artt. 16 (per gli architetti) e 46, comma 2 (per gli
ingegneri iscritti alla sezione A), di cui allo stesso d.P.R., e sono perciò
tuttora applicabili (Cons. St., sez. V, 17.07.2019, n. 5012; id. 21.11.2018,
n. 6593; id., sez. VI, 15.03.2013, n. 1550; id., sez. IV, 05.06.2009, n.
4866).
Il riparto di competenza così delineato è stato dalla giurisprudenza letto
nel senso che la progettazione delle opere viarie, idrauliche ed igieniche,
che non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati, è di
pertinenza degli ingegneri, in base all'interpretazione letterale,
sistematica e teleologica degli artt. 51, 52 e 54, r.d. n. 2537 del 1923 (Cons.
St., sez. IV, 22.05.2000, n. 2938; id., sez. V, 06.04.1998, n. 416; id.,
sez. IV, 19.02.1990, n. 92).
Più in particolare, la competenza concorrente di ingegneri e architetti si
ha soltanto nell’ambito delle opere di edilizia civile e per gli impianti
tecnologici strettamente connessi a edifici e fabbricati; restano pertanto
di competenza esclusiva degli ingegneri, ai sensi dell’art. 51, r.d. n. 2357
del 1925, gli interventi edilizi ed urbanistici che consistano in “progettazione
di costruzioni stradali, opere igienico-sanitarie, impianti elettrici, opere
idrauliche”, quando non siano connessi a determinati edifici o
fabbricati, cioè attengano alle opere di urbanizzazione primaria (Cons. St.,
sez. V, 17.07.2019, n. 5012).
Sulla base di tale premessa il giudice di appello ha concluso nel senso che
rientrano nell'esclusivo appannaggio della professione di ingegnere le opere
di carattere più marcatamente tecnico-scientifico (Cons. St., sez. V,
20.11.2018, n. 6552), che esulano dall'edilizia civile rientrante nella
comune competenza (Cons. St., sez. V, 21.11.2018, n. 6593).
Tutto ciò chiarito, il Collegio condivide le conclusioni alle quali è
pervenuto il giudice di primo grado, e cioè che rientrano nelle opere
marcatamente tecnico-scientifico, e non meramente di “edilizia civile”,
quelle oggetto della presente controversia, id est la componente
impiantistica dei gas medicali, posta a servizio del “reparto Speciale
Unità Accoglienza Permanente S.U.A.P.” del complesso ospedaliero di
Gragnano (NA), quale risulta dalla proposta migliorativa depositata dall’Ati
Ru..
In relazione a tale voce il disciplinare (Criteri di valutazione, pag. 10,
punto 2/a) assegna 40 punti sugli 80 totali previsti e richiede
l’eliminazione del carico d’impianto tramite bombole ed il collegamento alla
centrale dei gas medicinali nonché le migliorie sul testaletto a base di
appalto.
Si tratta di una parte di progettazione del genus dell’edilizia
sanitaria, che può ricomprendere sia opere di edilizia civile che la
realizzazione di una vasta gamma di impianti (elettrici per sale operatorie
e per rianimazione, climatizzazione, sterilizzazione, cucine,
sterilizzazione e gas medicali); in questi ultimi rientra l’impiantistica
dei gas medicali, che non può dunque essere considerata “opera
impiantistica a corredo dell’edilizia civile”.
Corollario obbligato di tale premessa è che la proposta migliorativa non
poteva che essere firmata da un ingegnere
(Consiglio di Stato, Sez. III,
sentenza 01.07.2020 n. 4208 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
giugno 2020 |
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COMPETENZE PROGETTUALI:
Sull'illegittimità del rilasciato
permesso di costruire laddove il progetto allegato risulta sottoscritto da
un geometra, come tale non abilitato alla progettazione di costruzioni con
cemento armato.
A norma dell'art. 16, lett. m), r.d. 11.02.1929, n.
274 e delle l. 05.11.1971, n. 1086 e 02.02.1974, n. 64, che hanno
rispettivamente disciplinato le opere in conglomerato cementizio e le
costruzioni in zone sismiche, nonché dalla l. 02.03.1949, n. 144 (recante
la tariffa professionale), la competenza dei geometri è limitata alla
progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con
esclusione di quelle comportanti l'adozione —anche parziale— di strutture
in cemento armato.
Solo in via di eccezione, la competenza in ordine alla
progettazione da parte dei geometri si estende anche a queste strutture, a
norma della lett. l), del medesimo art. 16, r.d. n. 274 cit., purché si
tratti di piccole costruzioni accessorie nell'ambito di edifici rurali o
destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni
di calcolo e che, per la loro destinazione, non comportino pericolo per le
persone.
Per il resto, la suddetta competenza è, comunque, esclusa nel campo delle
costruzioni civili, ove si adottino strutture in cemento armato, la cui
progettazione e direzione, qualunque ne sia l'importanza, è pertanto
riservata solo agli ingegneri ed architetti iscritti nei relativi albi
professionali.
Anche in caso di sussistenza di complessiva modestia dell’opera, quindi, è
comunque necessario che, in ogni caso, i calcoli relativi alle opere in
cemento armato siano curati da un professionista abilitato e solo ciò può
eventualmente consentire di considerare legittimo il titolo abilitativo
rilasciato su progetto redatto da un geometra.
Infatti, stante quanto detto, in base al principio generale della
collaborazione tra titolari di diverse competenze professionali, può essere
consentito che la progettazione e direzione dei lavori relativi alle opere
in cemento armato sia affidata al tecnico in grado di eseguire i calcoli
necessari e di valutare i pericoli per la pubblica incolumità, e che
l’attività di progettazione e direzione dei lavori, incentrata sugli aspetti
architettonici della “modesta” costruzione civile, sia affidata, invece, al
geometra.
Non si tratta, tuttavia, di assicurare la mera presenza di un
ingegnere progettista delle opere in cemento armato, che controfirmi o si
limiti ad eseguire i calcoli. Il professionista, che svolge la progettazione con l’uso del cemento
armato, deve pertanto essere competente a progettare e ad assumersi la
responsabilità del segmento del progetto complessivo riferito alle opere in
cemento armato, nel senso
appunto che l’incarico non può essere affidato al geometra, che si avvarrà
della collaborazione dell’ingegnere, ma deve essere sin dall’inizio affidato
anche a quest’ultimo per la parte di sua competenza e sotto la sua
responsabilità.
---------------
4) Nel merito il Collegio rileva come sia fondato il motivo di ricorso
secondo cui il progetto allegato al permesso di costruire risulta
sottoscritto da un geometra, come tale non abilitato alla progettazione di
costruzioni con cemento armato.
4.1.- Al riguardo, a norma dell'art. 16, lett. m), r.d. 11.02.1929, n.
274 e delle l. 05.11.1971, n. 1086 e 02.02.1974, n. 64, che hanno
rispettivamente disciplinato le opere in conglomerato cementizio e le
costruzioni in zone sismiche, nonché dalla l. 02.03.1949, n. 144 (recante
la tariffa professionale), la competenza dei geometri è limitata alla
progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con
esclusione di quelle comportanti l'adozione —anche parziale— di strutture
in cemento armato.
Solo in via di eccezione, la competenza in ordine alla
progettazione da parte dei geometri si estende anche a queste strutture, a
norma della lett. l), del medesimo art. 16, r.d. n. 274 cit., purché si
tratti di piccole costruzioni accessorie nell'ambito di edifici rurali o
destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni
di calcolo e che, per la loro destinazione, non comportino pericolo per le
persone.
Per il resto, la suddetta competenza è, comunque, esclusa nel campo delle
costruzioni civili, ove si adottino strutture in cemento armato, la cui
progettazione e direzione, qualunque ne sia l'importanza, è pertanto
riservata solo agli ingegneri ed architetti iscritti nei relativi albi
professionali (Tar Napoli, sez. VIII, 23.08.2016, n. 4092; Cons. St.,
sez. V, 23.02.2015, n. 833; id. 28.04.2011, n. 2537; Cass., sez.
II, 24.03.2016, n. 5871; id. 02.09.2011, n. 18038; id. 26.07.2006, n. 17028).
Anche in caso di sussistenza di complessiva modestia dell’opera, quindi, è
comunque necessario che, in ogni caso, i calcoli relativi alle opere in
cemento armato siano curati da un professionista abilitato e solo ciò può
eventualmente consentire di considerare legittimo il titolo abilitativo
rilasciato su progetto redatto da un geometra (Cons. Stato, sez. IV, 28.11.2012, n. 6036).
Infatti, stante quanto detto, in base al principio generale della
collaborazione tra titolari di diverse competenze professionali, può essere
consentito che la progettazione e direzione dei lavori relativi alle opere
in cemento armato sia affidata al tecnico in grado di eseguire i calcoli
necessari e di valutare i pericoli per la pubblica incolumità, e che
l’attività di progettazione e direzione dei lavori, incentrata sugli aspetti
architettonici della “modesta” costruzione civile, sia affidata, invece, al
geometra.
4.2.- Non si tratta, tuttavia, di assicurare la mera presenza di un
ingegnere progettista delle opere in cemento armato, che controfirmi o si
limiti ad eseguire i calcoli (Cass. civ., Sez. II, 02.09.2011, n.
18038). Il professionista, che svolge la progettazione con l’uso del cemento
armato, deve pertanto essere competente a progettare e ad assumersi la
responsabilità del segmento del progetto complessivo riferito alle opere in
cemento armato (TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, 18.04.2013, n. 361, ed
implicitamente TAR Marche, Ancona, 11.07.2013, n. 559), nel senso
appunto che l’incarico non può essere affidato al geometra, che si avvarrà
della collaborazione dell’ingegnere, ma deve essere sin dall’inizio affidato
anche a quest’ultimo per la parte di sua competenza e sotto la sua
responsabilità (Cass. Civ. Sez. II, 30.08.2013, n. 19989).
4.3.- Nel caso di specie il progettista che ha sottoscritto l’atto è
unicamente un geometra, Geom. Ma., come tale a ciò non abilitato, né è
stata comprovata l’intervento di un tecnico abilitato per quanto riguarda la
progettazione delle strutture del cemento armato (partecipazione alla
progettazione che peraltro dovrebbe possedere i requisiti indicati).
4.3.1.- Non trova riscontro in senso contrario l’allegazione del
controinteressato secondo cui il medesimo progetto sarebbe stato
sottoscritto anche da un architetto, Arch. Mo., che al contrario risulta
chiaramente solo come direttore lavori. Allo stesso modo non trova riscontro
la deduzione difensiva secondo cui il progetto depositato presso il genio
civile sarebbe stato sottoscritto dall’Ing. Lo., di cui quello
depositato presso il Comune avrebbe mero contenuto riproduttivo, in quanto
sfornita di evidenze probatorie a supporto.
Per le suesposte ragioni il ricorso va accolto
(TAR Campania-Napoli, Sez. VIII,
sentenza 26.06.2020 n. 2684 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI:
Al geometra non è
preclusa in termini assoluti la progettazione delle opere in
cemento armato, dal momento che è rimesso alla sua
competenza, nel settore costruttivo edilizio, un ambito
residuale limitato alle costruzioni di dimensioni modeste
ossia la progettazione, direzione e vigilanza di modeste
costruzioni civili, costruzioni rurali, di edifici per uso
di industrie agricole comprese piccole costruzioni
accessorie in cemento armato, che non richiedono particolari
operazioni di calcolo e non implichino pericolo per
l’incolumità delle persone.
Di recente la Cassazione ha puntualizzato che il criterio
per accertare se una costruzione sia da considerare
“modesta”, sì da poter rientrare nelle competenze del
geometra, consiste nel valutare le difficoltà tecniche che
la progettazione e l’esecuzione dell’opera comporta e le
capacità occorrenti per superarla.
---------------
1. Con ricorso iscritto al n. 297/2017, i ricorrenti, quali
soggetti abitanti, proprietari, inquilini e genitori di
figli frequentanti le scuole di Cappelle sul Tavo,
esponevano di essere venuti a conoscenza in data 08.06.2017
tramite affissione di cartello di cantiere, e successivo
accesso agli atti, che il S.u.a.p. dell’Associazione dei
Comuni del Comprensorio di Pescara aveva rilasciato in
favore della società controinteressata In.Wi. il
provvedimento autorizzativo unico n. 26 del 25.05.2017 prot.
n. 2015 dell’08.06.2017 per l’installazione di una Stazione
Radio Base per telefonia mobile su terreno sito alla via
Pignatara del Comune di Cappelle sul Tavo indentificato in
n.c.t. foglio 2, particella 1040.
Impugnavano pertanto il predetto titolo abilitativo, a
tutela del loro interesse alla conservazione dell’aspetto
urbano, della salubrità dell’ambiente e del valore
commerciale dei propri immobili, deducendone la
illegittimità per i seguenti motivi di diritto:
...
8.3
Del pari infondata si appalesa la questione inerente
l’incompetenza del geometra a sottoscrivere il progetto ai
sensi dell’art. 16 del r.d. 274/1929 sul presupposto che
l’intervento comportava l’installazione di strutture in
cemento armato che esulano dalle attribuzioni proprie di
tale figura professionale.
Sul punto la società controinteressata ha dimostrato in atti
che l’elaborato sottoscritto dal geometra e posto a base
della domanda era comunque un progetto solo architettonico “di
massima” destinato ad essere completato nella fase
attuativa. E ciò nella specie è avvenuto, prima ancora della
proposizione del presente ricorso, attraverso il deposito
presso il Genio Civile del progetto di dettaglio definitivo
redatto per la parte architettonica dallo stesso geometra
incaricato, per la parte strutturale da un architetto e da
un ingegnere, con la collaborazione della figura del
geologo.
In ogni caso vale la pena osservare che al geometra non è
preclusa in termini assoluti la progettazione delle opere in
cemento armato, dal momento che è rimesso alla sua
competenza, nel settore costruttivo edilizio, un ambito
residuale limitato alle costruzioni di dimensioni modeste
ossia la progettazione, direzione e vigilanza di modeste
costruzioni civili, costruzioni rurali, di edifici per uso
di industrie agricole comprese piccole costruzioni
accessorie in cemento armato, che non richiedono particolari
operazioni di calcolo e non implichino pericolo per
l’incolumità delle persone.
Di recente la Cassazione ha puntualizzato che il criterio
per accertare se una costruzione sia da considerare “modesta”
sì da poter rientrare nelle competenze del geometra,
consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la
progettazione e l’esecuzione dell’opera comporta e le
capacità occorrenti per superarla (cfr Cass. Civ. ordinanza
29227/2019).
Nella specie parte ricorrente non ha dimostrato in concreto
quali fossero le particolari difficoltà tecniche ed i
difficili calcoli nella progettazione a livello
architettonico del traliccio e, nel dedurre un pericolo per
la pubblica incolumità si è limitata a fa riferimento
all’altezza del traliccio ed alla sua esposizione in un
territorio ampiamente esposto al vento.
Non si comprende pertanto per quali ragioni la progettazione
architettonica di un traliccio del tipo di quello in oggetto
e delle cabine accessorie esuli dalla nozione di modesta
costruzione, e possa comportare un pericolo per la pubblica
incolumità a differenza di un piccolo manufatto che esprime
volumetria e che può essere destinato ad esigenze abitative
e/o produttive.
La censura va pertanto disattesa
(TAR Abruzzo-Pescara,
sentenza 19.06.2020 n. 193 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
maggio 2020 |
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COMPETENZE PROGETTUALI:
L’art. 51, r.d. n. 2537 del 1925, dispone che: “Sono di spettanza
della professione d’ingegnere, il progetto, la condotta e la stima dei
lavori per estrarre, trasformare ed utilizzare i materiali direttamente od
indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le industrie, dei lavori
relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto […]”; a mente del successivo art.
52, invece, “Formano oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di
quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi
geometrici e le operazioni di estimo ad esse relative”.
Sul punto, si osserva che è ancora attuale la ripartizione delle competenze
tra architetti e ingegneri risultante dagli artt. 51 e 52, r.d. n. 2537 cit.,
che sono perciò tuttora applicabili.
Conseguentemente, il progetto per la realizzazione di infrastrutture viarie
che non siano strettamente connesse a un fabbricato, perché poste a sua
pertinenza, e che dunque costituiscano interventi di urbanizzazione
primaria, rientra tra le competenze esclusive degli ingegneri, non essendo
riconducibili alle “opere di edilizia civile” che formano oggetto tanto
della professione di ingegnere, quanto di quella di architetto.
---------------
5.3 Il secondo mezzo di impugnazione verte sulla violazione della
normativa speciale in materia di competenze professionali degli ingegneri e
degli architetti, facendo valere il fatto che la progettazione di un’opera
di urbanizzazione primaria, quale è la viabilità pubblica, è riservata alla
competenza degli ingegneri e che, pertanto, del tutto illegittimamente esso
è stato affidato ad architetti da parte del Comune di Supino.
Il motivo all’esame è fondato.
L’art. 51, r.d. n. 2537 del 1925, dispone che: “Sono di spettanza della
professione d’ingegnere, il progetto, la condotta e la stima dei lavori per
estrarre, trasformare ed utilizzare i materiali direttamente od
indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le industrie, dei lavori
relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto […]”; a mente del successivo
art. 52, invece, “Formano oggetto tanto della professione di ingegnere
quanto di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi
geometrici e le operazioni di estimo ad esse relative”.
Sul punto, si osserva preliminarmente che è ancora attuale la ripartizione
delle competenze tra architetti e ingegneri risultante dagli artt. 51 e 52,
r.d. n. 2537 cit., che sono perciò tuttora applicabili (Cons. Stato, sez. V,
17.07.2019 n. 5012; sez. V, 21.11.2018 n. 6593; sez. VI, 15.03.2013 n. 1550;
sez. IV, 05.06.2009 n. 4866).
Conseguentemente, il progetto per la realizzazione di infrastrutture viarie
che non siano strettamente connesse a un fabbricato, perché poste a sua
pertinenza, e che dunque costituiscano interventi di urbanizzazione
primaria, rientra tra le competenze esclusive degli ingegneri, non essendo
riconducibili alle “opere di edilizia civile” che formano oggetto
tanto della professione di ingegnere, quanto di quella di architetto (Cons.
Stato, sez. V, 17.07.2019 n. 5012; sez. IV, 22.05.2000 n. 2938; sez. V,
06.04.1998 n. 416; sez. IV, 19.02.1990 n. 92; TAR Campania, Napoli,
20.02.2017 n. 1023; TAR Lazio, Latina, sez. I, 12.07.2013 n. 608; TAR
Puglia, Lecce, sez. II, 31.05.2013 n. 1270).
Nella specie, come detto, il progetto esecutivo di cui è causa è stato
sottoscritto dagli arch. Pa.Cu. e Fr. De An., con l’effetto che il mezzo di
impugnazione all’esame si appalesa fondato
(TAR Lazio-Latina,
sentenza 25.05.2020 n. 170 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
marzo 2020 |
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COMPETENZE PROGETTUALI:
Laddove l’intervento edilizio richieda l’esecuzione di opere in
cemento armato, è ben possibile affidare la progettazione e direzione dei
lavori relativi a queste ultime al tecnico in grado di eseguire i calcoli
necessari e di valutare i pericoli per la pubblica incolumità, affidando
invece al geometra l'attività di progettazione e direzione dei lavori
incentrata sugli aspetti architettonici della costruzione, purché questa
possa considerarsi “modesta” alla stregua del sopra citato art. 16 r.d. n.
274/1929.
---------------
2.3.6. Colgono nel segno le censure svolte con l’undicesimo motivo,
indirizzato contro il punto 8. dell’ordinanza n. 253/2019, con cui il Comune
richiede che le competenze del tecnico firmatario della relazione di asseveramento siano certificate dal collegio professionale di appartenenza.
La redazione e presentazione della S.C.I.A. è stata curata, per conto della
società ricorrente, da un geometra, le cui competenze professionali
riguardano, come stabilito dall’art. 16 del r.d. n. 274/1929, la
progettazione, direzione, sorveglianza e liquidazione di “costruzioni rurali
e di edifici per uso d'industrie agricole, di limitata importanza, di
struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento
armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e per la loro
destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle
persone” (lett. l), nonché “progetto, direzione e vigilanza di modeste
costruzioni civili” (lett. m).
In quanto connaturate alla professione di geometra, tali competenze debbono
ritenersi sufficientemente comprovate dall’iscrizione del professionista
all’albo tenuto dal collegio territoriale.
È stato condivisibilmente chiarito che, laddove l’intervento edilizio
richieda l’esecuzione di opere in cemento armato, è ben possibile affidare
la progettazione e direzione dei lavori relativi a queste ultime al tecnico
in grado di eseguire i calcoli necessari e di valutare i pericoli per la
pubblica incolumità, affidando invece al geometra l'attività di
progettazione e direzione dei lavori incentrata sugli aspetti architettonici
della costruzione, purché questa possa considerarsi “modesta” alla stregua
del sopra citato art. 16 r.d. n. 274/1929 (si veda il parere reso da Cons.
Stato, sez. II, 04.09.2015, n. 2359).
La criptica motivazione dei provvedimenti impugnati non consente di
comprendere per quale aspetto il Comune di Campi Bisenzio dubiti della
competenza del tecnico firmatario della S.C.I.A. e, cioè, se il dubbio
attenga alla competenza degli altri professionisti coinvolti nella
progettazione e direzione dei lavori, ovvero a quella del geometra in
relazione alla natura non “modesta” della costruzione.
Nei termini esposti,
la pretesa di ulteriori chiarimenti è ingiustificata
(TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 24.03.2020 n. 360 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
febbraio 2020 |
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COMPETENZE PROGETTUALI: Secondo
l’art. 16 del r.d. 11.02.1929 n. 274 la competenza professionale dei
geometri riguarda “progetto, direzione, sorveglianza e liquidazione di
costruzioni rurali e di edifici per uso d'industrie agricole, di limitata
importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie
in cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e
per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la
incolumità delle persone” (lett. l), nonché “progetto, direzione e vigilanza
di modeste costruzioni civili” (lett. m).
Il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta e,
quindi, se la sua progettazione rientri nella competenza professionale dei
geometri, consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione
e l’esecuzione dell'opera comportano e le capacità occorrenti per superarle;
a questo fine, mentre non è decisivo il mancato uso del cemento armato (ben
potendo anche una costruzione “non modesta” essere realizzata senza di
esso), assume significativa rilevanza il fatto che la costruzione sorga in
zona sismica, con conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio
alla normativa di cui alla l. 02.02.1974 n. 64, la quale impone calcoli
complessi che esulano dalle competenze professionali dei geometri.
Peraltro, in caso di complessiva modestia dell’opera, la circostanza che
comunque i calcoli relativi alle opere in cemento armato siano stati curati
da un professionista abilitato consente di considerare legittimo il titolo
abilitativo rilasciato su progetto redatto da un geometra.
In base al principio generale della collaborazione tra titolari di diverse
competenze professionali, nulla impedisce che la progettazione e direzione
dei lavori relativi alle opere in cemento armato sia affidata al tecnico in
grado di eseguire i calcoli necessari e di valutare i pericoli per la
pubblica incolumità, e che l’attività di progettazione e direzione dei
lavori, incentrata sugli aspetti architettonici della “modesta” costruzione
civile, sia affidata, invece, al geometra.
Non si tratta, quindi, di assicurare la mera presenza di un ingegnere
progettista delle opere in cemento armato, che controfirmi o si limiti ad
eseguire i calcoli.
Il professionista, che svolge la progettazione con l’uso del cemento armato,
deve pertanto essere competente a progettare e ad assumersi la
responsabilità del segmento del progetto complessivo riferito alle opere in
cemento armato, nel senso appunto che l’incarico non può essere affidato al
geometra, che si avvarrà della collaborazione dell’ingegnere, ma deve essere
sin dall’inizio affidato anche a quest’ultimo per la parte di sua competenza
e sotto la sua responsabilità.
---------------
9.2. Anche il motivo con cui si contesta la competenza professionale del
geometra, direttore dei lavori, è infondato.
Le opere in contestazione consistono nella “realizzazione di una
fondazione in cls. armato per la successiva posa in opera dei capannoni da
allevamento a tunnel prefabbricati. Le sovrastrutture saranno realizzate in
acciaio, con tamponature e copertura in pannelli ‘sandwich’”.
Al riguardo, sono stati gli stessi originari ricorrenti ad evidenziare, nel
corpo del ricorso introduttivo che “il progetto c.d. strutturale è stato
–correttamente– redatto da un Ingegnere, che ha proceduto al deposito ai
fini dell’ottenimento dell’autorizzazione sismica” (pag. 16).
Essi hanno contestato, invece, che il geometra De Ca. sia stato designato “Direttore
dei Lavori” e abbia firmato il “progetto architettonico”.
9.2.1. Secondo l’art. 16 del r.d. 11.02.1929 n. 274 la competenza
professionale dei geometri riguarda “progetto, direzione, sorveglianza e
liquidazione di costruzioni rurali e di edifici per uso d'industrie
agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole
costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono particolari
operazioni di calcolo e per la loro destinazione non possono comunque
implicare pericolo per la incolumità delle persone” (lett. l), nonché “progetto,
direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili” (lett. m).
Il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta e,
quindi, se la sua progettazione rientri nella competenza professionale dei
geometri, consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione
e l’esecuzione dell'opera comportano e le capacità occorrenti per superarle;
a questo fine, mentre non è decisivo il mancato uso del cemento armato (ben
potendo anche una costruzione “non modesta” essere realizzata senza
di esso), assume significativa rilevanza il fatto che la costruzione sorga
in zona sismica, con conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio
alla normativa di cui alla l. 02.02.1974 n. 64, la quale impone calcoli
complessi che esulano dalle competenze professionali dei geometri (cfr.
Cons. Stato, sez. V, 23.02.2015, n. 883).
Peraltro, in caso di complessiva modestia dell’opera, la circostanza che
comunque i calcoli relativi alle opere in cemento armato siano stati curati
da un professionista abilitato consente di considerare legittimo il titolo
abilitativo rilasciato su progetto redatto da un geometra (Cons. Stato, sez.
IV, 28.11.2012, n. 6036).
Giova altresì richiamare quanto argomentato nel parere della Sez. II di
questo Consiglio, n. 2539 del 04.09.2015.
In base al principio generale della collaborazione tra titolari di diverse
competenze professionali, nulla impedisce che la progettazione e direzione
dei lavori relativi alle opere in cemento armato sia affidata al tecnico in
grado di eseguire i calcoli necessari e di valutare i pericoli per la
pubblica incolumità, e che l’attività di progettazione e direzione dei
lavori, incentrata sugli aspetti architettonici della “modesta”
costruzione civile, sia affidata, invece, al geometra.
Non si tratta, quindi, di assicurare la mera presenza di un ingegnere
progettista delle opere in cemento armato, che controfirmi o si limiti ad
eseguire i calcoli (Cass. civ., Sez. II, 02.09.2011, n. 18038).
Il professionista, che svolge la progettazione con l’uso del cemento armato,
deve pertanto essere competente a progettare e ad assumersi la
responsabilità del segmento del progetto complessivo riferito alle opere in
cemento armato (TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, 18.04.2013, n. 361, ed
implicitamente TAR Marche, Ancona, 11.07.2013, n. 559), nel senso appunto
che l’incarico non può essere affidato al geometra, che si avvarrà della
collaborazione dell’ingegnere, ma deve essere sin dall’inizio affidato anche
a quest’ultimo per la parte di sua competenza e sotto la sua responsabilità
(Cass. Civ. Sez. II, 30.08.2013, n. 19989).
Nel caso di specie risulta, per come ammesso dagli stessi ricorrenti, che il
“progetto c.d. strutturale è stato –correttamente– redatto da un
Ingegnere, che ha proceduto al deposito ai fini dell’ottenimento
dell’autorizzazione sismica”.
Si deve pertanto ritenere che lo stesso abbia redatto anche il segmento del
progetto complessivo riferito alle opere in cemento armato, assumendosene la
responsabilità
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 21.02.2020 n. 1341 - link a www.giustizia-amministrartiva.it). |
COMPETENZE PROFESSIONALI: E'
legittima la possibilità per un geometra di svolgere consulenze tecniche
d'ufficio (CTU) per la valutazione di opere che incidono sulla statica degli
edifici.
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2. Con il secondo motivo si lamenta violazione degli artt. 16, 17, 18
del r.d. 11.02.1929, n. 274 nonché omessa valutazione di un punto decisivo
della controversia, rilevando che solo ingegneri e architetti hanno la
competenza a valutare opere che incidono sulla statica degli edifici, con la
conseguenza che il parere espresso dal semplice geometra non potrebbe essere
posto a fondamento di alcuna decisione.
La ricorrente aggiunge che la Corte d'appello e, prima ancora, il Tribunale
ben avrebbero potuto disporre una consulenza tecnica d'ufficio.
La doglianza è infondata.
Secondo il costante orientamento di questa Corte, dal quale non vi è motivo
di discostarsi, le norme relative alla scelta del consulente tecnico
d'ufficio hanno natura e finalità esclusivamente direttive, essendo la
scelta riservata, anche per quanto riguarda la categoria professionale di
appartenenza del consulente e la competenza del medesimo a svolgere le
indagini richieste, all'apprezzamento discrezionale del giudice di merito.
Ne consegue che la decisione di affidare l'incarico ad un professionista
(nella specie, geometra) iscritto ad un albo diverso da quello pertinente
alla materia al quale si riferisce la consulenza (nella specie, ingegneri),
ovvero non iscritto in alcun albo professionale, non è censurabile in sede
di legittimità e non richiede specifica motivazione (Cass. 12.03.2010, n.
6050; per la riaffermazione del principio generale, v., di recente, Cass.
28.09.2015, n. 19173).
Alla luce di tali rilievi, la doglianza che investe la mancata nomina di un
diverso consulente tecnico è priva di qualunque fondamento (Corte di
Cassazione, Sez. II civile,
sentenza 20.02.2020 n. 4439). |
COMPETENZE PROGETTUALI: L’attività
professionale dei geometri è disciplinata dal R.D. 11.02.1929, n. 274
“Regolamento per la professione di geometra”.
Afferma a tal riguardo consolidata giurisprudenza che è estranea alla
competenza dei geometri la progettazione di costruzioni civili con strutture
in cemento armato, atteso che si tratta di attività che, qualunque ne sia
l'importanza, è riservata solo agli ingegneri ed agli architetti iscritti
nei relativi albi professionali.
Solo in via di eccezione la competenza dei geometri si estende, a norma
della lett. l) dell'art. 16 del R.D. n. 274 del 1929, anche alle strutture
in cemento armato, purché si tratti di piccole costruzioni accessorie
nell'ambito di edifici rurali o destinati alle industrie agricole, che non
richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione
non comportino pericolo per le persone.
Per il resto, la suddetta competenza è comunque esclusa nel campo delle
costruzioni civili ove si adottino strutture in cemento armato, la cui
progettazione e direzione, qualunque ne sia l'importanza, è riservata solo
agli ingegneri e agli architetti iscritti nei relativi albi professionali.
Pertanto, la progettazione e la direzione di opere da parte di un geometra
in materia riservata alla competenza professionale degli ingegneri o degli
architetti sono illegittime, a nulla rilevando in proposito che un progetto
redatto da un geometra sia controfirmato o vistato da un ingegnere o da un
architetto ovvero che un ingegnere o un architetto esegua i calcoli in
cemento armato, atteso che il professionista competente deve essere altresì
titolare della progettazione, trattandosi di competenze inderogabilmente
affidate dal committente al professionista abilitato secondo il proprio
statuto professionale, sul quale gravano le relative responsabilità.
---------------
Tra quelli formulati nel ricorso ritiene il Collegio che sia fondato, con
portata assorbente di ogni altra censura, quello che attiene al dedotto
difetto di competenza in capo al professionista (geometra) che ha elaborato
il progetto posto a base dell’impugnata concessione edilizia, con
conseguente illegittimità della stessa.
L’attività professionale dei geometri è disciplinata dal R.D. 11.02.1929, n.
274 “Regolamento per la professione di geometra”.
Afferma a tal riguardo consolidata giurisprudenza che è estranea alla
competenza dei geometri la progettazione di costruzioni civili con strutture
in cemento armato, atteso che si tratta di attività che, qualunque ne sia
l'importanza, è riservata solo agli ingegneri ed agli architetti iscritti
nei relativi albi professionali.
Solo in via di eccezione la competenza dei geometri si estende, a norma
della lett. l) dell'art. 16 del R.D. n. 274 del 1929, anche alle strutture
in cemento armato, purché si tratti -diversamente dal caso di specie- di
piccole costruzioni accessorie nell'ambito di edifici rurali o destinati
alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di
calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le
persone.
Per il resto, la suddetta competenza è comunque esclusa nel campo delle
costruzioni civili ove si adottino strutture in cemento armato, la cui
progettazione e direzione, qualunque ne sia l'importanza, è riservata solo
agli ingegneri e agli architetti iscritti nei relativi albi professionali (cfr.
ex multis, Cons. Stato, sez. V, 13.01.1999, n. 25; Cass., sez. II,
07.09.2009, n. 19292).
Pertanto, la progettazione e la direzione di opere da parte di un geometra
in materia riservata alla competenza professionale degli ingegneri o degli
architetti sono illegittime, a nulla rilevando in proposito che un progetto
redatto da un geometra sia controfirmato o vistato da un ingegnere o da un
architetto ovvero che un ingegnere o un architetto esegua i calcoli in
cemento armato, atteso che il professionista competente deve essere altresì
titolare della progettazione, trattandosi di competenze inderogabilmente
affidate dal committente al professionista abilitato secondo il proprio
statuto professionale, sul quale gravano le relative responsabilità (cfr.
Cass., sez. 2, 26.07.2006, n. 17028; Cass., sez. 2, 21.03.2011, n. 6402;
Cass., sez. 2, 02.09.2011, n. 18038).
Tenuto conto del quadro normativo e giurisprudenziale così sintetizzato, il
Collegio rileva come l’impugnata concessione edilizia consenta al
controinteressato di eseguire l’ampliamento qualitativo e quantitativo del “Residence
Si.”, mediante la realizzazione di opere che esulano dalla competenza
dei geometri, come sopra definita.
Non è sufficiente a superare il dedotto vizio di incompetenza l’apposizione
sul progetto medesimo, in un secondo tempo e a seguito di rimostranze, anche
del timbro e della firma di un ingegnere, quest’ultimo dotato di competenza,
atteso che difettano chiari e incontrovertibili elementi dai quali potersi
desumere la riferibilità della progettazione in questione a tale figura
professionale
(TRGA Trentino Alto Adige-Bolzano,
sentenza 13.02.2020 n. 45 - link a www.giustizia-amministrartiva.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI:
E' nullo il contratto di affidamento della direzione dei lavori
di costruzioni civili ad un geometra, ove la progettazione richieda
l'esecuzione, anche parziale, dei calcoli in cemento armato, attività
demandata agli ingegneri, attese le limitate competenze attribuite ai
geometri dall'art. 16 del r.d. n. 274 del 1929.
Il criterio per accertare se una costruzione sia da
considerare modesta, e quindi se la sua progettazione rientri nella
competenza professionale dei geometri, ai sensi dell'art. 16, lett. m), r.d.
n. 274 del 1929, consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la
progettazione e l'esecuzione dell'opera comportano e le capacità occorrenti
per superarle; a questo fine, mentre non è decisivo il mancato uso del
cemento armato (ben potendo anche una costruzione non modesta essere
realizzata senza di esso), assume significativa rilevanza il fatto che la
costruzione sorga in zona sismica, con conseguente assoggettamento di ogni
intervento edilizio alla normativa di cui alla l. 64 del 1974, la quale
impone calcoli complessi che esulano dalle competenze professionali dei
geometri.
La corte di merito, ha verificato che la costruzione
sorgeva in zona sismica (tanto bastava per affermare l'esclusiva competenza
professionale degli ingegneri e degli architetti ed escludere la competenza
del geometra) e riguardava una casa rurale a due piani fuori terra con
struttura portante in cemento armato, costituita da travi e pilastri, e
quindi di una struttura architettonica particolarmente complessa, che
comportava l'esecuzione, di complicati calcoli.
Ne consegue che, correttamente, la corte ha ritenuto
che la prestazione professionale del Ri. fosse contra legem ed ha dichiarato
la nullità del contratto, ai sensi degli artt. 1418 c.c. e 2229 c.c.,
trattandosi di prestazioni non rientranti tra quelle consentite ai geometri.
---------------
Con il secondo motivo
di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 16 del
R.D. 274/1929, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c, per avere la
Corte d'appello dichiarato nullo il contratto intercorso tra la committente
ed il geometra Ri., in qualità di progettista della costruzione e direttore
delle opere murarie, nonostante si trattasse della progettazione di un
edificio rurale e destinato all'azienda agricola, che non richiedeva
operazioni di calcolo o pericolo per l'incolumità delle persone.
In ogni caso -afferma il ricorrente- si tratterebbe di una "semplice
costruzione civile" e non di un'opere in cemento armato, per la quale
non sussiste il divieto per i geometri di redigere progetti esecutivi e di
massima.
Il motivo non è fondato.
Le competenze del geometra, ai sensi dell'art. 16 del R.D. 274/1929 sono le
seguenti:
l) progetto, direzione, sorveglianza e liquidazione di costruzioni
rurali e di edifici per uso d'industrie agricole, di limitata importanza, di
struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento
armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e per la loro
destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle
persone; nonché di piccole opere inerenti alle aziende agrarie, come strade
vicinali senza rilevanti opere d'arte, lavori d'irrigazione e di bonifica,
provvista d'acqua per le stesse aziende e riparto della spesa per opere
consorziali relative, esclusa, comunque, la redazione di progetti generali
di bonifica idraulica ed agraria e
relativa direzione;
m) progetto, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili.
Questa Corte ha pacificamente affermato che è nullo il contratto di
affidamento della direzione dei lavori di costruzioni civili ad un geometra,
ove la progettazione richieda l'esecuzione, anche parziale, dei calcoli in
cemento armato, attività demandata agli ingegneri, attese le limitate
competenze attribuite ai geometri dall'art. 16 del r.d. n. 274 del 1929
(Cassazione civile sez. II, 24/03/2016, n. 5871, Cass. Civ., sez. 02, del
26/07/2006, n. 17028, Cass. Civ., sez. 02, del 21/03/2011, n. 6402).
Il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta, e
quindi se la sua progettazione rientri nella competenza professionale dei
geometri, ai sensi dell'art. 16, lett. m), r.d. n. 274 del 1929, consiste
nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e l'esecuzione
dell'opera comportano e le capacità occorrenti per superarle; a questo fine,
mentre non è decisivo il mancato uso del cemento armato (ben potendo anche
una costruzione non modesta essere realizzata senza di esso), assume
significativa rilevanza il fatto che la costruzione sorga in zona sismica,
con conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa
di cui alla l. 64 del 1974, la quale impone calcoli complessi che esulano
dalle competenze professionali dei geometri (Cassazione civile sez. II,
17/11/2015, n. 23510).
La corte di merito, con accertamento di fatto incensurabile in sede di
legittimità, ha verificato che la costruzione sorgeva in zona sismica (tanto
bastava per affermare l'esclusiva competenza professionale degli ingegneri e
degli architetti ed escludere la competenza del geometra) e riguardava una
casa rurale a due piani fuori terra con struttura portante in cemento
armato, costituita da travi e pilastri, e quindi di una struttura
architettonica particolarmente complessa, che comportava l'esecuzione, di
complicati calcoli (pag. 9-10 della sentenza impugnata).
Ne consegue che, correttamente, la corte ha ritenuto che la prestazione
professionale del Ri. fosse contra legem ed ha dichiarato la nullità
del contratto, ai sensi degli artt. 1418 c.c. e 2229 c.c., trattandosi di
prestazioni non rientranti tra quelle consentite ai geometri
(Corte di Cassazione, Sez. II
civile,
ordinanza 07.02.2020 n. 2913). |
dicembre 2019 |
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COMPETENZE PROGETTUALI: COMPETENZE
PROFESSIONALI – COMPETENZA DEL GEOMETRA IN MERITO ALLA CERCHIATURA DI UN
VANO PORTA PER UNA COSTRUZIONE IN MURATURA - RICHIESTA PARERE.
Viene richiesto parere al Consiglio Nazionale sulla
possibilità per i Geometri di progettare la cerchiatura metallica per la
modifica di un vano finestra a vano porta di accesso per i disabili, per una
costruzione in muratura (o se, al contrario, trattasi di “competenza
specifica dell’Ingegnere”).
Si precisa inoltre che l’intervento riguarda un edificio in muratura con una
superficie coperta di mq. 250,00 circa, che si sviluppa per n. 4 piani in
zona sismica.
Sulla questione si osserva quanto segue.
In primo luogo, in via generale, si rammenta che non spetta al Consiglio
Nazionale, bensì al Ministero della Giustizia e al Ministero
dell’Università, fornire interpretazioni ufficiali delle competenze
professionali ai sensi del DPR 05/06/2001 n. 328 (“Modifiche ed
integrazioni della disciplina dei requisiti per l’ammissione all’esame di
Stato e delle relative prove per l’esercizio di talune professioni, nonché
della disciplina dei relativi ordinamenti”).
Il Consiglio Nazionale, pertanto, può soltanto esprimere il proprio parere
non vincolante, tramite formule generali, spettando poi all’Amministrazione
chiamata ad esaminare il singolo progetto, di volta in volta, procedere ad
applicare al caso concreto i principi e le regole generali, tramite una
analisi puntuale e non astratta ed aprioristica delle caratteristiche dello
specifico intervento.
Fermo restando quanto sopra –e dunque la necessità di una valutazione caso
per caso, senza limitarsi ad una sintetica descrizione– al fine di fornire
un ausilio e una indicazione di massima all’Ordine territoriale, in funzione
di collaborazione istituzionale, si esprime l’avviso che, sul piano teorico,
le attività sommariamente descritte nella nota trasmessa appaiano
riconducibili alla competenza professionale (propria) dell’Ingegnere.
La progettazione di una cerchiatura si lega infatti ad una serie di
considerazioni di merito su aspetti e questioni tecniche implicanti
valutazioni di equivalenza di rigidezza, di resistenza della struttura e
dunque di valutazione della sicurezza, sia pure di tipo locale.
Entrano in gioco, cioè, valutazioni che interagiscono necessariamente con la
stabilità ed il comportamento strutturale del fabbricato e la sicurezza in
generale.
Non a caso, nella circolare esplicativa delle NTC, si legge che l’intervento
sulle costruzioni esistenti, proprio in forza della necessità di garantire
la pubblica incolumità, determina “una particolare complessità delle
problematiche coinvolte ed una difficile standardizzazione dei metodi di
verifica e di progetto e dell’uso delle numerose tecnologie di intervento
tradizionali e moderne oggi disponibili” (ivi).
Ebbene, a parere del Consiglio Nazionale, la progettazione di una
cerchiatura metallica per la modifica di un vano, da vano-finestra a vano di
una porta di accesso per disabili, all’interno di una costruzione in
muratura e avente una superficie coperta di mq. 250.00 circa, che si
sviluppa per 4 piani in zona sismica, non rientra –in linea generale e fatti
salvi, come anticipato, gli approfondimenti comunque necessari sul caso
concreto (1)–
nelle prerogative dei professionisti Geometri, esigendo la fattispecie una
preparazione ed un percorso di studi di livello superiore e conoscenze
approfondite (proprie della laurea specialistica o magistrale e dunque
dell’Ingegnere e dell’Architetto).
Il tutto tenendo presente che per gli interventi in zona sismica la
necessità di una valutazione caso per caso, che tenga conto in concreto
dell’opera prevista e delle metodologie di calcolo utilizzate, dovrà essere
“tanto più rigida e preclusiva, allorché l’area sia classificata con un
maggiore rischio sismico” (Consiglio di Stato, 09/02/2012 n. 686).
In questi termini è il parere richiesto, salvo eventuale diverso avviso
delle Autorità Ministeriali competenti.
Confidando di avere fornito i chiarimenti di pertinenza del Consiglio
Nazionale, e restando impregiudicate le autonome valutazioni e
considerazioni del Consiglio dell’Ordine territoriale, si inviano cordiali
saluti.
---------------
(1) Ricordiamo, infatti, che secondo la sentenza del
Consiglio di Stato, 09/02/2012 n. 686, “la ricorrenza del criterio
legittimante previsto ex lege –costruzioni civili semplici, con l’uso di
metodologie standardizzate– non può essere aprioristicamente escluso sempre
e comunque, necessitando di una valutazione caso per caso” (ovvero: occorre
sempre analizzare le caratteristiche del caso concreto, con motivazione
concernente il singolo progetto; attività che ovviamente non è possibile
compiere da parte del CNI, il quale si limita a rendere un parere di
massima, di carattere generale, sulla base dei dati e degli elementi a
disposizione). La pronuncia citata del Consiglio di Stato è analizzata nella
circolare CNI 27/02/2012 n. 23
(Consiglio Nazionale degli Ingegneri,
parere 30.12.2019 n.
8748 di prot. - link a www.cni-online.it). |
novembre 2019 |
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COMPETENZE PROGETTUALI: La
Cassazione ribadisce: niente cemento armato per i geometri (e il tecnico
dice addio alla parcella). Dichiarato nullo il contratto da 52mila euro per
il risanamento statico e funzionale di un condominio.
I geometri non possono progettare interventi su opere in cemento armato, a
eccezione di piccole costruzioni rurali.
A ribadire il principio è la Corte di Cassazione, Sez. II civile, con l'ordinanza
12.11.2019 n. 29227, che si conclude con l'annullamento del contratto
da oltre 52mila euro stipulato tra un condominio e un tecnico diplomato. A
proporre ricorso era stato il geometra di fronte alla marcia indietro del
condominio rispetto all'incarico di risanamento statico e funzionale di un
edificio a Caserta.
Il condominio si era rifiutato di pagare la parcella per la progettazione
dell'intervento in quanto «esorbitante le competenze del geometra che non
consentono la progettazione e la direzione dei lavori di costruzioni civili
che prevedono come nel caso di specie l'uso del cemento armato».
La Cassazione ricostruisce il ricco ventaglio di norme e giurisprudenza
formatasi negli anni sul tema delle competenze dei geometri e conclude
rigettando il ricorso del tecnico.
Per la Corte «la disposizione secondo la quale i geometri non siano
abilitati a redigere progetti di massima» relative a costruzioni in
cemento armato (al di fuori delle piccole costruzioni accessorie rurali
previste dal Rd 274/1929, articolo 16, lett. l), «risponde ad una scelta
inequivoca del legislatore, dettata da evidenti ragioni di pubblico
interesse che lascia all'interprete ristretti margini di discrezionalità»
e anzi indica «un preciso requisito, e cioè la natura di annesso agricolo
dei manufatti, per le opere eccezionalmente progettabili dai geometri, anche
nei casi di impiego di cemento armato» (articolo Edilizia e
Territorio del
13.11.2019).
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MASSIMA
- il motivo non merita accoglimento;
- l'ermeneutica alternativa proposta dal ricorrente si fonda su una
lettura della disciplina normativa contenuta nel r.d. 724/1929 in materia di
competenze professionali dei geometri contraria alla sua ratio così come
sistematicamente ricostruita dalla giurisprudenza e puntualmente richiamata
dal giudice d'appello;
- appare opportuno ricordare che l'oggetto ed i limiti
dell'esercizio professionale di geometra sono regolati dall'art. 16, che
all'attività di progettazione, direzione e vigilanza ( o sorveglianza)
dedica le lettere l) ed m), rispettivamente riconprendendovi:
- alla lett. l) l'attività di progetto, direzione, sorveglianza e
liquidazione di costruzioni rurali e di edifici per uso di industrie
agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria,
comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato,
che non richiedono particolari operazioni di calcolo e per la loro
destinazione non possono comunque implicare pericolo per la
incolumità delle persone; nonché piccole opere inerenti alle
aziende agrarie, come strade vicinali senza rilevanti opere
d'arte, lavori di irrigazione di bonifica (omissis) esclusa,
comunque, la redazione di prospetti generali di bonifica
idraulica ed agraria e relativa direzione;
- alla lett. m) l'attività di progetto, direzione e vigilanza di
modeste costruzioni civili;
- occorre, altresì, richiamare per completezza le norme
disciplinanti l'esecuzione delle opere di conglomerato cementizio semplice
od armato di cui al r.d. 2229 del 1939, il
cui articolo 1 prevedeva che ogni opera in conglomerato
semplice od armato, la cui stabilità potesse comunque
interessare l'incolumità delle persone, dovesse essere costruita
in base ad un progetto esecutivo firmato da un ingegnere
ovvero da un architetto iscritto nell'albo nei limiti delle
rispettive attribuzioni;
- va chiarito poi che, benché si tratti di disposizione abrogata ad
opera del d.lgs. n. 212 del 2010, per i contratti stipulati da un geometra
anteriormente all'abrogazione non viene meno la nullità per contrarietà a
norme imperative perché, come ritenuto da questa Corte, l'introduzione di
una disciplina innovativa e non già interpretativa della normativa vigente
non produce effetti retroattivi idonei ad incidere sulla qualificazione
degli atti compiuti prima della sua entrata in vigore e non influisce,
dunque, sulla invalidità del contratto, regolata dalla legge del tempo in
cui lo stesso è stato concluso (cfr. Cass. 19989/2013; id. 6402/2011);
- nell'ambito del quadro normativo in cui si inserisce la
questione posta dal ricorrente, rientra anche la disciplina delle
opere di conglomerato cementizio armato, normale e
precompresso ed a struttura metallica, contenuta nella
successiva legge n. 1086/1971, che all'articolo 2, intitolato
"Progettazione, direzione ed esecuzione", stabilisce -per
quanto qui di interesse- che la costruzione ed esecuzione
delle opere deve avvenire in base ad un progetto esecutivo
redatto da un ingegnere o architetto o geometra o perito
industriale edile iscritti nel relativo albo, nei limiti delle
rispettive competenze;
- inoltre, l'art. 17 della legge 64/1974, in relazione alle
costruzioni nelle zone sismiche, dispone che chi intenda procedere a
costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni, è tenuto
a darne preavviso (omissis) e che alla domanda deve essere
unito il progetto, in doppio esemplare e debitamente firmato da
un ingegnere, architetto, geometra o perito edile iscritto
nell'albo, nei limiti delle rispettive competenze, nonché dal
direttore dei lavori;
- ebbene, ritiene il collegio che il complessivo quadro
regolamentare frutto del coordinamento delle sin qui descritte
disposizioni normative delinei un sistema coerente la cui
consolidata interpretazione debba essere qui ribadita, mentre
l'interpretazione alternativa proposta dal ricorrente si fonda, a
fronte del mancato riferimento per le costruzioni civili di cui
alla lett. m) al cemento armato, su una conclusione
interpretativa estensiva del silenzio normativo che non trova
conferma né nella disposizione originaria del r.d. 274 del 1929
né nei successivi interventi legislativi;
-
la disposizione secondo la quale i geometri non siano abilitati
a redigere "progetti di massima" ove riguardanti, fuori dalle
ipotesi eccezionalmente consentite dalla lett. l), costruzioni
richiedenti l'impiego di strutture in cemento armato
(cfr. Cass.
19292/2009; id. 17028/2006)
risponde ad una scelta inequivoca del legislatore, dettata da evidenti ragioni di
pubblico interesse, che lascia all'interprete ristretti margini di
discrezionalità, attinenti alla valutazione dei requisiti della
modestia della costruzione, della non necessità di complesse
operazioni di calcolo e dell'assenza di implicazioni per la
pubblica incolumità, indicando invece un preciso requisito, e
cioè la natura di annesso agricolo dei manufatti, per le opere
eccezionalmente progettabili dai geometri anche nei casi di
impiego di cemento armato;
-
ne consegue l'inammissibilità di un'interpretazione estensiva
ed evolutiva della previsione sub lett. m), che, in quanto
norma eccezionale, non si presta ad applicazione analogica,
non potendosi pervenire ad una diversa conclusione neppure in
virtù delle norme -articolo 2 della legge n. 1086/1971 ed
articolo 17 della legge n. 64/1974- che disciplinano le
costruzioni in cemento armato e quelle in zone sismiche, in
quanto le stesse richiamano i limiti delle competenze
professionali stabiliti per i geometri dalla vigente normativa
professionale
(cfr. Cass. 1157/1996; id. 3046/1999;
id. 3021/200; id. 27441/2006; id. 19292/2009);
- sempre con riguardo alla lett. m),
si è ritenuto che il criterio
per accertare se una costruzione civile sia da considerare
"modesta" consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la
progettazione e l'esecuzione dell'opera comportano e le attività
occorrenti per superarle, precisando che assume significativa
rilevanza, secondo il criterio tecnico-qualitativo fondato sulla
valutazione della struttura dell'edificio e delle relative modalità
costruttive, la circostanza che la costruzione sorga in zona
sismica, con conseguente assoggettamento di ogni intervento
edilizio alla normativa di cui alla legge n. 64/1974, la quale
impone calcoli complessi che esulano dalle competenze
professionali dei geometri
(cfr. Cass. 8543/2009);
-
la pregnanza di tale criterio distintivo comporta per la
giurisprudenza di legittimità che neppure l'eventuale
intervento nella fase esecutiva o di direzione dei lavori di un
professionista di categoria a ciò abilitato può sanare la nullità,
per violazione di norme imperative, del contratto d'opera
professionale di progettazione sottoscritto da un geometra al di
fuori dei casi di sua competenza
(cfr. Cass. 19292/2009; id.
17028/2006); |
COMPETENZE PROGETTUALI:
Reati edilizi – Competenze professionali – Architetti,
Ingegneri, Geometri – Limiti di competenze del geometra –
Progettazione e direzione dei lavori di costruzioni civili –
Opere in cemento armato – Opere eccezionalmente progettabili
dai geometri – R.D. 274/1929 e Legge 1086/1971 – Legge n.
64/1974 – Giurisprudenza.
La disposizione secondo la quale i
geometri non siano abilitati a redigere “progetti di
massima” ove riguardanti, fuori dalle ipotesi
eccezionalmente consentite dalla lett. l), dell’art. 16, del
R.D. 274/1929, costruzioni richiedenti l’impiego di
strutture in cemento armato, risponde ad una scelta inequivoca del legislatore, dettata da evidenti ragioni di
pubblico interesse, che lascia all’interprete ristretti
margini di discrezionalità, attinenti alla valutazione dei
requisiti della modestia della costruzione, della non
necessità di complesse operazioni di calcolo e dell’assenza
di implicazioni per la pubblica incolumità, indicando invece
un preciso requisito, e cioè la natura di annesso agricolo
dei manufatti, per le opere eccezionalmente progettabili dai
geometri anche nei casi di impiego di cemento armato.
Inoltre, deve ritenersi inammissibile l’interpretazione
estensiva ed evolutiva della previsione sub lett. m),
dell’art. 16, del R.D. 274/1929, che, in quanto norma
eccezionale, non si presta ad applicazione analogica, non
potendosi pervenire ad una diversa conclusione neppure in
virtù delle norme –articolo 2 della legge n. 1086/1971 ed
articolo 17 della legge n. 64/1974– che disciplinano le
costruzioni in cemento armato e quelle in zone sismiche, in
quanto le stesse richiamano i limiti delle competenze
professionali stabiliti per i geometri dalla vigente
normativa professionale
(Cass. 1157/1996; id. 3046/1999; id. 3021/200; id.
27441/2006; id. 19292/2009).
...
Contratti d’opera professionale stipulati anteriormente
all’abrogazione dell’art. 1 del R.D. 2229/1939 – Legge del
tempo e conclusione del contratto – Abrogazione successiva –
Effetti retroattivi – Esclusione.
Nonostante l’art. 1 del R.D. 2229/1939
tratti di disposizione abrogata ad opera del d.lgs. n. 212
del 2010, per i contratti stipulati da un geometra
anteriormente all’abrogazione non viene meno la nullità per
contrarietà a norme imperative perché l’introduzione di una
disciplina innovativa e non già interpretativa della
normativa vigente non produce effetti retroattivi idonei ad
incidere sulla qualificazione degli atti compiuti prima
della sua entrata in vigore e non influisce, dunque, sulla
invalidità del contratto, regolata dalla legge del tempo in
cui lo stesso è stato concluso
(Cass. 19989/2013; id. 6402/2011).
...
Progettazione di costruzione civile “modesta” –
Criteri di accertamento e criterio distintivo – Violazione
di norme imperative – Nullità del contratto d’opera
professionale – Intervento nella fase esecutiva o di
direzione dei lavori di professionista abilitato –
Insanabilità del vizio.
Il criterio, contenuto alla lett. m)
dell’art. 16, del R.D. 274/1929, per accertare se una
costruzione civile sia da considerare “modesta” consiste nel
valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e
l’esecuzione dell’opera comportano e le attività occorrenti
per superarle, precisando che assume significativa
rilevanza, secondo il criterio tecnico-qualitativo fondato
sulla valutazione della struttura dell’edificio e delle
relative modalità costruttive, la circostanza che la
costruzione sorga in zona sismica, con conseguente
assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa
di cui alla legge n. 64/1974, la quale impone calcoli
complessi che esulano dalle competenze professionali dei
geometri (Cass.
8543/2009).
Sicché, la pregnanza di tale criterio
distintivo comporta che neppure l’eventuale intervento nella
fase esecutiva o di direzione dei lavori di un
professionista di categoria a ciò abilitato può sanare la
nullità, per violazione di norme imperative, del contratto
d’opera professionale di progettazione sottoscritto da un
geometra al di fuori dei casi di sua competenza
(cfr. Cass. 19292/2009; id. 17028/2006) (Corte
di Cassazione, Sez. II civile,
ordinanza 12.11.2019 n. 29227 - link a www.ambientediritto.it).
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SENTENZA
- con il primo motivo il ricorrente denuncia la
violazione e/o
falsa applicazione dell'art. 16, lett. l) ed m), r.d. 274/1929 per
avere la corte territoriale interpretato la norma in esame
nel
senso di escludere la legittimazione dei geometri alla
progettazione, direzione e vigilanza di costruzioni civili
in
cemento armato;
- si censura che tale legittimazione sia stata ammessa
limitatamente all'ipotesi contemplata nell'art.
16, lett. l), r.d.
274/1929, secondo un'interpretazione restrittiva della
previsione normativa in collegamento alla lettera m), che
ricomprende nell'oggetto e nei limiti dell'esercizio
professionale
del geometra "il progetto, la direzione e vigilanza di
modeste
costruzioni civili" senza alcun riferimento al cemento
armato;
- tale mancato riferimento avallerebbe, secondo il ricorrente, la
tesi secondo la quale il geometra potrebbe progettare e
dirigere costruzioni civili in cemento armato purché
"modeste",
concentrandosi solo su tale limite la definizione del
perimetro
delle sue competenze e non anche sulla natura "civile" delle
stesse;
- in tale prospettiva interpretativa, il ricorrente censura poi
l'interpretazione di "modesta costruzione civile" come
intesa
nella pronuncia gravata, e cioè secondo un criterio
quantitativo piuttosto che secondo un criterio
tecnico-qualitativo,
ed in ogni caso denuncia la mancata valutazione
della circostanza che il ricorso al cemento armato era
limitato
alle cordonature perimetrali dei solai;
- il motivo non merita accoglimento;
- l'ermeneutica alternativa proposta dal ricorrente si fonda su
una lettura della disciplina normativa contenuta nel r.d.
724/1929 in materia di competenze professionali dei geometri
contraria alla sua ratio così come sistematicamente
ricostruita
dalla giurisprudenza e puntualmente richiamata dal giudice
d'appello;
- appare opportuno ricordare che l'oggetto ed i limiti
dell'esercizio professionale di geometra sono regolati
dall'art.
16, che all'attività di progettazione, direzione e vigilanza
(o
sorveglianza) dedica le lettere l) ed m), rispettivamente
riconprendendovi:
● alla lett.
l) l'attività di progetto,
direzione, sorveglianza e
liquidazione di costruzioni rurali e di edifici per uso di
industrie
agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria,
comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato,
che non richiedono particolari operazioni di calcolo e per
la loro
destinazione non possono comunque implicare pericolo per la
incolumità delle persone; nonché piccole opere inerenti alle
aziende agrarie, come strade vicinali senza rilevanti opere
d'arte, lavori di irrigazione di bonifica (omissis) esclusa,
comunque, la redazione di prospetti generali di bonifica
idraulica ed agraria e relativa direzione;
● alla lett. m) l'attività di progetto, direzione e vigilanza di
modeste costruzioni civili;
- occorre, altresì, richiamare per completezza le norme
disciplinanti l'esecuzione delle opere di conglomerato
cementizio semplice od armato di cui al r.d. 2229 del 1939,
il
cui articolo 1 prevedeva che ogni opera in conglomerato
semplice od armato, la cui stabilità potesse comunque
interessare l'incolumità delle persone, dovesse essere
costruita
in base ad un progetto esecutivo firmato da un ingegnere
ovvero da un architetto iscritto nell'albo nei limiti delle
rispettive attribuzioni;
- va chiarito poi che, benché si tratti di disposizione abrogata ad
opera del d.lgs. n. 212 del 2010, per i contratti stipulati
da un
geometra anteriormente all'abrogazione non viene meno la
nullità per contrarietà a norme imperative perché, come
ritenuto da questa Corte, l'introduzione di una disciplina
innovativa e non già interpretativa della normativa vigente
non
produce effetti retroattivi idonei ad incidere sulla
qualificazione
degli atti compiuti prima della sua entrata in vigore e non
influisce, dunque, sulla invalidità del contratto, regolata
dalla
legge del tempo in cui lo stesso è stato concluso (cfr.
Cass.
19989/2013; id. 6402/2011);
- nell'ambito del quadro normativo in cui si inserisce la
questione posta dal ricorrente, rientra anche la disciplina
delle
opere di conglomerato cementizio armato, normale e
precompresso ed a struttura metallica, contenuta nella
successiva legge n. 1086/1971, che all'articolo 2, intitolato
"Progettazione, direzione ed esecuzione", stabilisce -per
quanto qui di interesse- che la costruzione ed esecuzione
delle opere deve avvenire in base ad un progetto esecutivo
redatto da un ingegnere o architetto o geometra o perito
industriale edile iscritti nel relativo albo, nei limiti
delle
rispettive competenze;
- inoltre, l'art. 17 della legge 64/1974, in relazione alle
costruzioni nelle zone sismiche, dispone che chi intenda
procedere a costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni, è
tenuto
a darne preavviso (omissis) e che alla domanda deve essere
unito il progetto, in doppio esemplare e debitamente firmato
da
un ingegnere, architetto, geometra o perito edile iscritto
nell'albo, nei limiti delle rispettive competenze, nonché
dal
direttore dei lavori;
- ebbene, ritiene il collegio che il complessivo quadro
regolamentare frutto del coordinamento delle sin qui
descritte
disposizioni normative delinei un sistema coerente la cui
consolidata interpretazione debba essere qui ribadita,
mentre
l'interpretazione alternativa proposta dal ricorrente si
fonda, a
fronte del mancato riferimento per le costruzioni civili di
cui
alla lett. m) al cemento armato, su una conclusione
interpretativa estensiva del silenzio normativo che non
trova
conferma né nella disposizione originaria del r.d. 274 del
1929
né nei successivi interventi legislativi;
- la disposizione secondo la quale i geometri non siano abilitati
a redigere "progetti di massima" ove riguardanti, fuori
dalle
ipotesi eccezionalmente consentite dalla lett. l),
costruzioni
richiedenti l'impiego di strutture in cemento armato (cfr.
Cass.
19292/2009; id. 17028/2006) risponde ad una scelta
inequivoca del legislatore, dettata da evidenti ragioni di
pubblico interesse, che lascia all'interprete ristretti
margini di
discrezionalità, attinenti alla valutazione dei requisiti
della
modestia della costruzione, della non necessità di complesse
operazioni di calcolo e dell'assenza di implicazioni per la
pubblica incolumità, indicando invece un preciso requisito,
e
cioè la natura di annesso agricolo dei manufatti, per le
opere
eccezionalmente progettabili dai geometri anche nei casi di
impiego di cemento armato;
- ne consegue l'inammissibilità di un'interpretazione estensiva
ed evolutiva della previsione sub lett. m), che, in quanto
norma eccezionale, non si presta ad applicazione analogica,
non potendosi pervenire ad una diversa conclusione neppure
in
virtù delle norme -articolo 2 della legge n. 1086/1971 ed
articolo 17 della legge n. 64/1974- che disciplinano le
costruzioni in cemento armato e quelle in zone sismiche, in
quanto le stesse richiamano i limiti delle competenze
professionali stabiliti per i geometri dalla vigente
normativa
professionale (cfr. Cass. 1157/1996; id. 3046/1999;
id. 3021/200; id. 27441/2006; id. 19292/2009);
- sempre con riguardo alla lett. m), si è ritenuto che il criterio
per accertare se una costruzione civile sia da considerare
"modesta" consiste nel valutare le difficoltà tecniche che
la
progettazione e l'esecuzione dell'opera comportano e le
attività
occorrenti per superarle, precisando che assume
significativa
rilevanza, secondo il criterio tecnico-qualitativo fondato
sulla
valutazione della struttura dell'edificio e delle relative
modalità
costruttive, la circostanza che la costruzione sorga in zona
sismica, con conseguente assoggettamento di ogni intervento
edilizio alla normativa di cui alla legge n. 64/1974, la
quale
impone calcoli complessi che esulano dalle competenze
professionali dei geometri (cfr. Cass. 8543/2009);
- la pregnanza di tale criterio distintivo comporta per la
giurisprudenza di legittimità che neppure l'eventuale
intervento nella fase esecutiva o di direzione dei lavori di
un
professionista di categoria a ciò abilitato può sanare la
nullità,
per violazione di norme imperative, del contratto d'opera
professionale di progettazione sottoscritto da un geometra
al di
fuori dei casi di sua competenza (cfr. Cass. 19292/2009; id.
17028/2006);
- risulta altresì assorbita la contestazione riguardante il
requisito della modesta costruzione civile, dal momento che
la
valutazione presuppone che non ci sia impiego di cemento
armato, giacché la sua presenza esclude ipso facto la
competenza del geometra;
- nel caso di specie, il geometra aveva sostenuto che l'impiego
del cemento armato era limitato alle cordonature perimetrali
dei solai e che le iniezioni di cemento liquido servivano
solo a
ricostituire l'eventuale malta tra i conci carenti di
legante;
- tuttavia, tale prospettazione non era stata ritenuta dalla corte
territoriale idonea ad escludere l'incidenza sulla struttura
portante dell'edificio sicché le verifiche statiche dovevano
essere effettuate da un tecnico abilitato (cfr. pag. 11
della
sentenza);
- si tratta di interpretazione delle circostanze di fatto coerente
con i principi giurisprudenziali vigenti e, pertanto, esente
dalla
censura mossa (Corte di Cassazione, Sez. II civile,
ordinanza 12.11.2019 n. 29227). |
ottobre 2019 |
|
COMPETENZE PROGETTUALI: Nel
nostro ordinamento, il riparto delle competenze professionali tra la figura
dell'ingegnere e quella dell'architetto è tuttora dettato dal R.D.
23.10.1925 n. 2537 che, all'art. 51, riconosce spettanti alla professione
d'ingegnere le progettazioni per le costruzioni e per le industrie, per i
lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto, di deflusso e di
comunicazione, per le costruzioni di ogni specie, per le macchine e gli
impianti industriali, nonché in generale applicative della fisica, con i
rilievi geometrici e le operazioni di estimo.
Ai sensi dell'art. 52, invece, formano oggetto tanto della professione di
ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché
i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad esse relative, ad
eccezione delle opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere
artistico e il restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla
legislazione sui beni culturali, che sono di spettanza esclusiva della
professione di architetto.
In sostanza, la competenza
professionale dell'architetto concorre con quella dell'ingegnere per la
progettazione delle sole opere di edilizia civile, essendo riservate alla
professione ingegneristica le progettazioni di tutti i lavori non compresi
nella costruzione di edifici.
In estrema sintesi, tutte le progettazioni tecniche che non attengono
all'edilizia civile rientrano nell'ambito delle competenze dei soli
ingegneri, mentre la progettazione attinente all'edilizia civile può essere
svolta anche dagli architetti, oltre che dagli ingegneri.
---------------
È ancora attuale la giurisprudenza del Consiglio di Stato secondo
cui la progettazione delle opere viarie, idrauliche ed igieniche, che non
siano strettamente connesse con i singoli fabbricati, sia di pertinenza
degli ingegneri, in base all'interpretazione letterale, sistematica e
teleologica degli artt. 51, 52 e 54 del R.D..
In particolare, sono ancora attuali le considerazioni svolte a proposito
delle opere idrauliche nella sentenza della Sezione IV, 06.04.1998, n.
416 che ha reputato che
nell'ampia e comprensiva formulazione dell'art. 51 del R.D. 23.10.1925
n. 2537 ("sono di spettanza della professione d'ingegnere il progetto, la
condotta e la stima dei lavori per estrarre trasformare ed utilizzare i
materiali direttamente od indirettamente occorrenti per le costruzioni e per
le industrie, dei lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto di
deflusso e di comunicazione, alle costruzioni di ogni specie, alle macchine
ed agli impianti industriali, nonché, in generale, alle applicazioni della
fisica, i rilievi geometrici e le operazioni di estimo") "sono ricomprese le
costruzioni stradali, le opere igienico-sanitarie (acquedotti, fognature ed
impianti di depurazione), gli impianti elettrici, le opere idrauliche e, di
certo, anche le opere di edilizia civile (nella espressione "costruzioni di
ogni specie")".
Con la precisazione che -tenuto conto di quanto previsto dall'art. 52, comma
1 ("Formano oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella di
architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le
operazioni di estimo ad esse relative") dello stesso Regio Decreto- "non
sembra corretto sostenere, su tali basi normative, che la regola da valere,
salvo eccezione espressamente individuata, sia quella della equivalenza
delle competenze professionali di ingegneri ed architetti".
Pur dovendosi riconoscere che la delimitazione di competenze risultante
dalla normativa secondaria è basata su concetti di carattere descrittivo che
consentono di adeguare la disciplina all'evoluzione della tecnica e delle
qualificazioni professionali, il discrimine tra le due
professioni è rimasto segnato anche nelle sopravvenute disposizioni del
d.P.R. n. del 2001.
Pertanto, se adeguamenti sono certamente possibili in riferimento al
concetto di "edilizia civile", interpretabile estensivamente, restano di appannaggio della
professione di ingegnere le opere che richiedono una competenza tecnica
specifica e che esulano dall'edilizia civile rientrante nella comune
competenza.
In particolare, le opere idrauliche richiedono capacità professionali per
l'analisi dei fenomeni idrologici ed idraulici, presupponendo l'applicazione
di specifici metodi di calcolo (statistico, idrologico e idraulico).
Pertanto, fatte salve eventuali competenze di altri professionisti (come ad
esempio i geologi o i dottori agronomi e forestali),
gli ingegneri sono i professionisti abilitati alla progettazione di opere
idrauliche o comunque di opere a questa progettazione assimilate o
collegate, tanto da richiedere l'applicazione di calcoli idraulici; per
contro, gli architetti non possono essere compresi tra i soggetti abilitati
alla progettazione di opere idrauliche in quanto, sia ai sensi degli artt.
51 e 52 del R.D. 23.10.1925, n. 2537 sia ai sensi dell'art. 16 del d.P.R. 05.06.2001, n. 328, non hanno competenze riconosciute in materia.
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7.- Fondato viceversa si palesa il ricorso principale proposto dalla D.Pa. Srl assumendo portata decisiva almeno tre delle censure sollevate e
potendosi, di conseguenza, dichiarare assorbiti i restanti motivi.
7.1.- Con il primo motivo di gravame parte ricorrente afferma
l’invalidità dell'offerta tecnica presentata dalla GG Co. Srl, in quanto la
proposta migliorativa dell'aggiudicataria sarebbe stata illegittimamente
sottoscritta da un architetto laddove avrebbe dovuto essere firmata da un
ingegnere.
Invero, nel rilevare che non è in contestazione la mancata sottoscrizione
dei predetti elaborati tecnici dell'offerta della controinteressata da parte
di un ingegnere, ritiene il Collegio di non discostarsi dal costante
orientamento secondo cui "nel nostro ordinamento, il riparto delle
competenze professionali tra la figura dell'ingegnere e quella
dell'architetto è tuttora dettato dal R.D. 23.10.1925 n. 2537 che, all'art.
51, riconosce spettanti alla professione d'ingegnere le progettazioni per le
costruzioni e per le industrie, per i lavori relativi alle vie ed ai mezzi
di trasporto, di deflusso e di comunicazione, per le costruzioni di ogni
specie, per le macchine e gli impianti industriali, nonché in generale
applicative della fisica, con i rilievi geometrici e le operazioni di
estimo; ai sensi dell'art. 52, invece, formano oggetto tanto della
professione di ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia
civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad esse
relative, ad eccezione delle opere di edilizia civile che presentano
rilevante carattere artistico e il restauro e il ripristino degli edifici
contemplati dalla legislazione sui beni culturali, che sono di spettanza
esclusiva della professione di architetto; in sostanza, la competenza
professionale dell'architetto concorre con quella dell'ingegnere per la
progettazione delle sole opere di edilizia civile, essendo riservate alla
professione ingegneristica le progettazioni di tutti i lavori non compresi
nella costruzione di edifici" (cfr. TAR Campania, Napoli, I Sezione
20.04.2016 n. 1968; Id. 14.09.2016, n. 4299).
In estrema sintesi tutte le progettazioni tecniche che non attengono
all'edilizia civile rientrano nell'ambito delle competenze dei soli
ingegneri, mentre la progettazione attinente all'edilizia civile può essere
svolta anche dagli architetti, oltre che dagli ingegneri.
È indubbio che, nella specie, il Disciplinare di gara prevedeva
espressamente che gli elaborati costituenti l'offerta migliorativa fossero "timbrati
e firmati da un tecnico abilitato alla professione", nondimeno un tale
riferimento non poteva considerarsi come preventiva autorizzazione alla
sottoscrizione da parte di un architetto allorché il contenuto dell'offerta
migliorativa concretamente proposta imponesse, viceversa, la sottoscrizione
di un ingegnere, secondo l'ordinamento generale.
In altri termini, il riferimento contenuto nel disciplinare testé riportato
doveva essere letto secondo diritto nel senso che occorreva comunque la
sottoscrizione da parte di un tecnico abilitato -un ingegnere ovvero un
architetto a seconda del contenuto dell'offerta migliorativa- con la
conseguenza che nel caso di interventi di carattere non edilizio, e quindi
non di competenza di un architetto, la proposta avrebbe dovuto essere
sottoscritta da un ingegnere, in quanto unico tecnico abilitato a farlo, non
potendo la lex specialis derogare al riparto di competenze ed
imponendosi una sua lettura come operante un rinvio alle norme che
disciplinano le competenze delle figure professionali menzionate (ingegnere
e architetto).
Tanto premesso, nel caso di specie, gli interventi oggetto della proposta
migliorativa, non consistevano in attività di carattere edilizio
concretandosi nella progettazione di opere idrauliche e fognarie.
Pertanto, deve concludersi, stante l’inidoneità del suddetto professionista
a sottoscrivere validamente la relazione compresa nell'offerta tecnica, che
quest’ultima avrebbe dovuto essere esclusa (non potendosi ammettere il
soccorso istruttorio con riguardo al contenuto dell'offerta), in
applicazione della disposizione del bando di gara che prescriveva, a pena di
esclusione, la sottoscrizione degli elaborati dell'offerta tecnica, oltre
che dal legale rappresentante della ditta, anche da un tecnico "abilitato",
dovendosi a tal fine intendere un tecnico in possesso del titolo prescritto
dalla legge per sottoscrivere il progetto con le migliorie proposte dai
concorrenti.
È ancora attuale, invero, la giurisprudenza del Consiglio di Stato secondo
cui la progettazione delle opere viarie, idrauliche ed igieniche, che non
siano strettamente connesse con i singoli fabbricati, sia di pertinenza
degli ingegneri, in base all'interpretazione letterale, sistematica e
teleologica degli artt. 51, 52 e 54 del R.D. (cfr. CDS sez. V, 06.04.1998, n. 416; sez. IV, 19.02.1990, n. 92; sez. III, 11.12.1984,
n. 1538; sez. IV, 22.05.2000, n. 2938).
In particolare, sono ancora attuali le considerazioni svolte a proposito
delle opere idrauliche nella sentenza della Sezione IV, 06.04.1998, n.
416 che -richiamando la sentenza della sez. IV, n. 92 del 17.02.1990
ed il parere della sez. III, n. 1538 dell'11.12.1984- ha reputato che
nell'ampia e comprensiva formulazione dell'art. 51 del R.D. 23.10.1925
n. 2537 ("sono di spettanza della professione d'ingegnere il progetto, la
condotta e la stima dei lavori per estrarre trasformare ed utilizzare i
materiali direttamente od indirettamente occorrenti per le costruzioni e per
le industrie, dei lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto di
deflusso e di comunicazione, alle costruzioni di ogni specie, alle macchine
ed agli impianti industriali, nonché, in generale, alle applicazioni della
fisica, i rilievi geometrici e le operazioni di estimo") "sono ricomprese le
costruzioni stradali, le opere igienico-sanitarie (acquedotti, fognature ed
impianti di depurazione), gli impianti elettrici, le opere idrauliche e, di
certo, anche le opere di edilizia civile (nella espressione "costruzioni di
ogni specie")".
Con la precisazione che -tenuto conto di quanto previsto dall'art. 52, comma
1 ("Formano oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella di
architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le
operazioni di estimo ad esse relative") dello stesso Regio Decreto- "non
sembra corretto sostenere, su tali basi normative, che la regola da valere,
salvo eccezione espressamente individuata, sia quella della equivalenza
delle competenze professionali di ingegneri ed architetti".
Pur dovendosi riconoscere che la delimitazione di competenze risultante
dalla normativa secondaria è basata su concetti di carattere descrittivo che
consentono di adeguare la disciplina all'evoluzione della tecnica e delle
qualificazioni professionali (come osservato da Cons. Stato, IV, n.
4866/2009 e id., VI, n. 1550/2013 cit.), il discrimine tra le due
professioni è rimasto segnato anche nelle sopravvenute disposizioni del
d.P.R. n. del 2001.
Pertanto, se adeguamenti sono certamente possibili in riferimento al
concetto di "edilizia civile", interpretabile estensivamente (cfr. Cons.
Giust. Amm. Reg. Sic., 21.01.2005, n. 9), restano di appannaggio della
professione di ingegnere le opere che richiedono una competenza tecnica
specifica e che esulano dall'edilizia civile rientrante nella comune
competenza.
In particolare, le opere idrauliche richiedono capacità professionali per
l'analisi dei fenomeni idrologici ed idraulici, presupponendo l'applicazione
di specifici metodi di calcolo (statistico, idrologico e idraulico).
Pertanto, fatte salve eventuali competenze di altri professionisti (come ad
esempio i geologi o i dottori agronomi e forestali), per quanto qui rileva,
gli ingegneri sono i professionisti abilitati alla progettazione di opere
idrauliche o comunque di opere a questa progettazione assimilate o
collegate, tanto da richiedere l'applicazione di calcoli idraulici; per
contro, gli architetti non possono essere compresi tra i soggetti abilitati
alla progettazione di opere idrauliche in quanto, sia ai sensi degli artt.
51 e 52 del R.D. 23.10.1925, n. 2537 sia ai sensi dell'art. 16 del d.P.R. 05.06.2001, n. 328, non hanno competenze riconosciute in materia.
In conclusione, deve ritenersi violato da parte dell'aggiudicataria il punto
del bando, che imponeva, a pena di esclusione, la sottoscrizione degli
elaborati da parte di un tecnico abilitato, in quanto l'offerta tecnica di
quest'ultima era stata sottoscritta da un architetto, mentre -per il
contenuto delle proposte migliorative- avrebbe dovuto essere sottoscritta da
un ingegnere.
Tale profilo di illegittimità avrebbe dovuto imporre alla stazione
appaltante l'esclusione della concorrente poi divenuta aggiudicataria, tra
l'altro, senza alcuna possibilità di soccorso istruttorio, trattandosi di
criticità direttamente inerenti l’offerta (Consiglio di Stato sez. V,
21/11/2018, n. 6593)
(TAR Campania-Salerno, Sez. I,
sentenza 03.10.2019 n. 1704 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
luglio 2019 |
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COMPETENZE PROGETTUALI: Nel
nostro ordinamento, il riparto delle competenze professionali tra la figura
dell’ingegnere e quella dell’architetto è tuttora dettato dal R.D.
23.10.1925 n. 2537 che, all’art. 51, riconosce spettanti alla professione
d'ingegnere le progettazioni per le costruzioni e per le industrie, per i
lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto, di deflusso e di
comunicazione, per le costruzioni di ogni specie, per le macchine e gli
impianti industriali, nonché in generale applicative della fisica, con i
rilievi geometrici e le operazioni di estimo.
Ai sensi dell’art. 52, invece, formano oggetto tanto della professione di
ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché
i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad esse relative, ad
eccezione delle opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere
artistico e il restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla
legislazione sui beni culturali, che sono di spettanza esclusiva della
professione di architetto.
In sostanza, la competenza
professionale dell’architetto concorre con quella dell’ingegnere per la
progettazione delle sole opere di edilizia civile, essendo riservate alla
professione ingegneristica le progettazioni di tutti i lavori non compresi
nella costruzione di edifici.
In estrema sintesi tutte le progettazioni tecniche che non attengono
all’edilizia civile rientrano nell’ambito delle competenze dei soli
ingegneri, mentre la progettazione attinente all’edilizia civile può essere
svolta anche dagli architetti, oltre che dagli ingegneri.
---------------
Con il secondo motivo di ricorso parte ricorrente
afferma che l’aggiudicataria avrebbe dovuto essere esclusa, in quanto la sua
offerta tecnica, per la parte relativa alla componente impiantistica dei gas
medicali, sarebbe stata illegittimamente sottoscritta da un architetto e non
invece da un ingegnere, secondo quanto disposto dagli artt. 51, 52 e 54 del
R.D. 13.10.1925 n. 2537 recante il Regolamento per le professioni di
ingegnere e di architetto.
Il rilievo è fondato.
Sul punto il Collegio ritiene di non discostarsi dal proprio orientamento di
recente confermato, secondo cui “nel nostro ordinamento, il riparto delle
competenze professionali tra la figura dell’ingegnere e quella
dell’architetto è tuttora dettato dal R.D. 23.10.1925 n. 2537 che, all’art.
51, riconosce spettanti alla professione d'ingegnere le progettazioni per le
costruzioni e per le industrie, per i lavori relativi alle vie ed ai mezzi
di trasporto, di deflusso e di comunicazione, per le costruzioni di ogni
specie, per le macchine e gli impianti industriali, nonché in generale
applicative della fisica, con i rilievi geometrici e le operazioni di
estimo; ai sensi dell’art. 52, invece, formano oggetto tanto della
professione di ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia
civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad esse
relative, ad eccezione delle opere di edilizia civile che presentano
rilevante carattere artistico e il restauro e il ripristino degli edifici
contemplati dalla legislazione sui beni culturali, che sono di spettanza
esclusiva della professione di architetto; in sostanza, la competenza
professionale dell’architetto concorre con quella dell’ingegnere per la
progettazione delle sole opere di edilizia civile, essendo riservate alla
professione ingegneristica le progettaioni di tutti i lavori non compresi
nella costruzione di edifici” (cfr. TAR Campania, Napoli, I Sez. I, 20.04.2016 n. 1968; Id. 14.09.2016, n. 4299).
In estrema sintesi tutte le progettazioni tecniche che non attengono
all’edilizia civile rientrano nell’ambito delle competenze dei soli
ingegneri, mentre la progettazione attinente all’edilizia civile può essere
svolta anche dagli architetti, oltre che dagli ingegneri (cfr. TAR Campania,
Sez. I, 15.01.2019, n. 231).
Ora, è vero che il Disciplinare di gara (pag. 10) prevedeva espressamente
che la documentazione relativa all’offerta tecnica dovesse essere timbrata e
firmata “da un tecnico abilitato alla professione (ingegnere e/o
architetto)”, ma tale riferimento doveva essere letto secondo diritto nel
senso, cioè, che occorreva comunque la sottoscrizione da parte di un tecnico
abilitato -un ingegnere ovvero un architetto a seconda del contenuto
dell’offerta tecnica- con la conseguenza che nel caso di interventi di
carattere non edilizio, e quindi non di competenza di un architetto, la
proposta dovesse essere sottoscritta da un ingegnere, in quanto unico
tecnico abilitato a farlo, non potendo la lex specialis derogare al riparto
di competenze legislativamente disegnato, ma anzi dovendo essere letta (in
tal senso deve intendersi l’alternativa “e/o" di cui al Disciplinare) come
operante un rinvio alle predette norme di legge.
Del resto, ai fini della valutazione delle competenze necessarie alla
sottoscrizione della parte impiantistica, occorre tenere conto che nel caso
di specie oggetto dell’offerta migliorativa era un impianto relativo a gas
medicali, ovvero una tipologia di intervento che non rientra nell’ambito
delle opere ancillari a quelle civili (ad esempio impianti idraulici ed
elettrici ad uso abitativo) sulle quali si potrebbe ipotizzare una
competenza anche degli architetti, trattandosi di opere, appunto,
normalmente collegate a quelle edili/civili.
Invece, l’impianto in questione è autonomo rispetto alle opere edilizie ed è
verosimilmente connotato da proprie peculiarità tecniche di tipo
ingegneristico, non rilevando quale fosse l’incidenza percentuale di tale
lavorazione rispetto a quelle complessivamente richieste (cfr. Cons. Stato,
sez. V, 21.11.2018, n. 2018) e senza che potesse ammettersi soccorso
istruttorio, atteso che la sottoscrizione da parte di un professionista
“abilitato” costituiva un elemento qualificante dell’offerta la cui mancanza
era sanzionata espressamente a pena di esclusione nel Disciplinare.
In definitiva il motivo si rivela fondato l’offerta della controinteressata
andava esclusa secondo quanto previsto espressamente dal Disciplinare.
Il ricorso deve pertanto essere accolto e l’aggiudicazione deve essere
annullata, mentre nulla deve essere disposto con riguardo alla domanda di
declaratoria di inefficacia del contratto e di subentro, avendo l’ASL
intimata dichiarato che il contratto non è stato ancora stipulato
(TAR Campania-Napoli, Sez. I,
sentenza 30.07.2019 n. 4169 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI: E' nullo il contratto di
affidamento della direzione dei lavori di costruzioni civili ad un
geometra, ove la progettazione richieda l'esecuzione, anche
parziale, dei calcoli in cemento armato, attività demandata agli
ingegneri, attese le limitate competenze attribuite ai geometri dall'art. 16
del r.d. n. 274 del 1929.
Tuttavia, verificare in quali limiti l'opera sia da considerare
modesta ovvero implichi l'utilizzo di cemento armato implica
evidentemente accertamenti in fatto, essendosi specificamente precisato che la violazione delle norme imperative sui limiti
dei poteri del professionista, stabiliti dalla legge professionale
(nella specie, l'art. 16 del R.D. 11.02.1929 n. 274, che
consente al geometra la progettazione, la direzione o la vigilanza di
modeste costruzioni civili), determina la nullità del
contratto di opera professionale, rilevabile, ai sensi dell'art.
1421 cod. civ., anche d'ufficio, in ogni stato e grado del
procedimento, incontrando tale principio, in sede di legittimità,
il limite del divieto degli accertamenti di fatto (nella specie,
l'accertamento relativo alla modesta importanza della
costruzione), sicché nel giudizio di cassazione la nullità è
rilevabile solo se siano acquisiti agli atti tutti gli elementi di
fatto dai quali possa desumersene l'esistenza.
---------------
2. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa
applicazione dell'art. 1141 (rectius 1421 c.c.) e dell'art. 16 del
r.d. n. 274/1929.
Rileva la ricorrente che nel corso del giudizio di merito aveva eccepito che
il contratto intercorso tra le parti aveva ad oggetto la progettazione di un
capannone industriale di rilevanti dimensioni e con struttura in cemento
armato che esorbitava dalle competenze che la legge riserva al geometra.
Ciò implica la nullità del contratto e l'assenza del diritto al
corrispettivo da parte dell'opposto.
Il motivo è infondato.
La Corte d'Appello è pervenuta al rigetto della deduzione circa la nullità
del contratto professionale intercorso tra le parti, in quanto avente ad
oggetto la progettazione di opere che esulavano da quelle che la legge
riserva alla competenza del geometra, non già ritenendo di escludere il
rilievo d'ufficio della nullità ex art. 1421 c.c., né tanto meno ritenendo
che l'eccezione di nullità fosse stata tardivamente sollevata (e ciò avendo
ribadito che quella in esame costituisce un'eccezione in senso lato,
liberamente deducibile in sede di appello e comunque rilevabile in ogni
stato e grado anche d'ufficio), ma piuttosto osservando che non era stata in
precedenza, e nei termini segnati dal codice di rito, contestata la
ricorrenza dei fatti costitutivi della pretesa attorea, ed in particolare il
possesso in capo al Pe. della qualifica professionale per svolgere
l'incarico per il quale era stato richiesto ed ottenuto il
decreto ingiuntivo.
Ed, invero, ribadita la correttezza del principio richiamato in ricorso,
circa la possibilità per il giudice, anche in sede di legittimità di poter
rilevare d'ufficio la nullità del contratto i cui effetti sono oggetto di
causa (come nel caso in cui venga richiesto il pagamento del corrispettivo),
principio che ha ricevuto ampia e definitiva consacrazione negli interventi
delle Sezioni Unite di cui alle sentenze nn. 26242 e 26243 del 2014, va del
pari ribadita la correttezza della conclusione secondo cui (cfr. da ultimo
Cass. n. 5871/2016) è nullo il contratto di affidamento della direzione dei
lavori di costruzioni civili ad un geometra, ove la progettazione richieda
l'esecuzione, anche parziale, dei calcoli in cemento armato, attività
demandata agli ingegneri, attese le limitate competenze attribuite ai
geometri dall'art. 16 del r.d. n. 274 del 1929 (conf. Cass. n. 6402/2011;
Cass. n. 19292/2009).
Tuttavia, verificare in quali limiti l'opera sia da considerare modesta
ovvero implichi l'utilizzo di cemento armato implica evidentemente
accertamenti in fatto (così Cass. n. 8543/2009), essendosi specificamente
precisato che (cfr. Cass. n. 8576/1994) la violazione delle norme imperative
sui limiti dei poteri del professionista, stabiliti dalla legge
professionale (nella specie, l'art. 16 del R.D. 11.02.1929 n. 274, che
consente al geometra la progettazione, la direzione o la vigilanza di
modeste costruzioni civili), determina la nullità del contratto di opera
professionale, rilevabile, ai sensi dell'art. 1421 cod. civ., anche
d'ufficio, in ogni stato e grado del procedimento, incontrando tale
principio, in sede di legittimità, il limite del divieto degli accertamenti
di fatto (nella specie, l'accertamento relativo alla modesta importanza
della costruzione), sicché nel giudizio di cassazione la nullità è
rilevabile solo se siano acquisiti agli atti tutti gli elementi di
fatto dai quali possa desumersene l'esistenza.
Alla luce di tali considerazioni, il riferimento alla non contestazione
operato dal giudice di appello deve correttamente essere inteso come
correlato alla circostanza che i fatti sulla scorta dei quali il Pe.
reclamava il suo diritto al compenso, ivi inclusa la loro idoneità a
giustificare la validità dell'incarico, non fossero mai stati in precedenza
contestati, e che quindi l'asserzione solo in comparsa conclusionale circa
l'invalidità del contratto, in assenza della dimostrazione dell'effettiva
ricorrenza delle condizioni per ritenere invalidamente assunto l'incarico di
progettazione, non consentiva alla Corte di merito di accedere alla tesi
della
nullità.
Il motivo di ricorso appare peraltro sul punto evidentemente carente del
requisito di specificità, assumendo apoditticamente che si tratterebbe della
progettazione di un capannone industriale di rilevanti dimensioni con
struttura in cemento armato, senza però in alcun modo individuare le fonti
di prova già raccolte nel giudizio di merito dalle quali si potrebbe
evincere l'effettiva ricorrenza dei presupposti fondanti il rilievo di
nullità (e ciò anche a tacere del fatto che in controricorso il Pe. richiama
i progetti e le planimetrie progettuali elaborate e sottoscritte da un
professionista abilitato al compimento di tali attività, adducendo che
l'incarico conferitogli non implicasse lo svolgimento di alcuna attività di
tipo progettuale concernente parti strutturali fondanti o comunque in
cemento armato, né lo svolgimento dell'attività di direttore dei lavori) (Corte di Cassazione, Sez. II civile,
ordinanza 29.07.2019 n. 20438). |
COMPETENZE PROGETTUALI: E'
ancora attuale la ripartizione delle competenze tra architetti e ingegneri
risultante dagli artt. 51 e 52 del R.D. 23.10.1925, n. 2537
(Regolamento per le professioni d’ingegnere e di architetto) e succ. mod.,
in quanto le previsioni regolamentari sono espressamente mantenute in vigore
dall’art. 1 del d.P.R. n. 328 del 05.06.2001, oltre che dagli artt. 16
(per gli architetti) e 46, comma 2 (per gli ingegneri iscritti alla sezione
A), di cui allo stesso d.P.R., e sono compatibili col nuovo assetto degli
studi, perciò tuttora applicabili.
Pertanto, la progettazione delle opere viarie,
idrauliche ed igieniche, che non siano strettamente connesse con i singoli
fabbricati, è di pertinenza degli ingegneri, in base all'interpretazione
letterale, sistematica e teleologica degli artt. 51, 52 e 54 del R.D..
---------------
1) – la competenza concorrente di ingegneri e architetti si ha
soltanto nell’ambito delle opere di edilizia civile e per gli impianti
tecnologici strettamente connessi a edifici e fabbricati ed in tale senso ha
deciso questo Consiglio di Stato nella sentenza n. 1550/2013 citata dagli
appellanti;
Restano pertanto di competenza esclusiva degli ingegneri, ai sensi dell’art.
51 del R.D. n. 2357 del 1925, gli interventi edilizi ed urbanistici che
consistano in “progettazione di costruzioni stradali, opere igienico-sanitarie, impianti elettrici, opere idrauliche”,
quando non siano connessi a determinati edifici o fabbricati, cioè attengano
alle opere di urbanizzazione primaria.
In senso contrario non si può argomentare, nel caso
di specie, mediante il riferimento ad alcuni soltanto dei lavori di somma
urgenza indicati dal Comune, per i quali varrebbe la competenza concorrente
(poiché attinenti ad opere riguardanti edifici, scolastici o vincolati),
senza considerare che nell’ordinanza sindacale n. 179 del 2014 sono elencati
numerosi altri lavori non connessi ad edifici (interventi di riparazione di
ponti, strade e infrastrutture idrauliche) e di portata tale da dover essere
ascritti alla competenza esclusiva degli ingegneri.
Analogamente è a dirsi per le opere inserite nel Piano Triennale
dei Lavori Pubblici, che comprende interventi dell’un tipo e dell’altro, e
comunque interventi relativi alla viabilità ed alle infrastrutture di
competenza esclusiva degli ingegneri;
2) - quanto alla competenza esclusiva degli architetti sugli immobili di
interesse storico-artistico, non risulta significativo, nell’economia della
sentenza di primo grado, il riferimento alla competenza concorrente degli
ingegneri per quanto riguarda la “parte tecnica”.
Piuttosto, il primo giudice ha inteso sottolineare, non tanto la marginalità
in assoluto della competenza esclusiva degli architetti che interessa gli
edifici civili con rilevante carattere artistico e quelli vincolati, quanto
la marginale importanza che tali competenze rivestono se riferite al Settore
Lavori Pubblici di un comune –tanto più che tale affermazione trova
riscontro concreto nel Piano Triennale dei Lavori Pubblici del Comune che
prevede un numero piuttosto ridotto di interventi su immobili vincolati.
---------------
4. I motivi possono essere trattati unitariamente, prendendo le
mosse dalla giurisprudenza richiamata in sentenza e negli atti di parte,
secondo cui è ancora attuale la ripartizione delle competenze tra architetti
e ingegneri risultante dagli artt. 51 e 52 del R.D. 23.10.1925, n. 2537
(Regolamento per le professioni d’ingegnere e di architetto) e succ. mod.,
in quanto le previsioni regolamentari sono espressamente mantenute in vigore
dall’art. 1 del d.P.R. n. 328 del 05.06.2001, oltre che dagli artt. 16
(per gli architetti) e 46, comma 2 (per gli ingegneri iscritti alla sezione
A), di cui allo stesso d.P.R., e sono compatibili col nuovo assetto degli
studi, perciò tuttora applicabili (come riconosciuto da Cons. Stato, IV, 05.06.2009, n. 4866 e id., VI, 15.03.2013, n. 1550, nonché di recente id.,
V, 21.11.2018, n. 6593).
Pertanto, la progettazione delle opere viarie,
idrauliche ed igieniche, che non siano strettamente connesse con i singoli
fabbricati, è di pertinenza degli ingegneri, in base all'interpretazione
letterale, sistematica e teleologica degli artt. 51, 52 e 54 del R.D. (cfr.
Cons. Stato, IV, 22.05.2000, n. 2938; id., V, 06.04.1998, n. 416; id.,
IV, 19.02.1990, n. 92).
4.1. Tutto ciò premesso, i motivi di appello, come appresso richiamati
mediante l’indicazione del numero, vanno respinti per le ragioni seguenti:
1) – la competenza concorrente di ingegneri e architetti si ha soltanto
nell’ambito delle opere di edilizia civile e per gli impianti tecnologici
strettamente connessi a edifici e fabbricati ed in tale senso ha deciso
questo Consiglio di Stato nella sentenza n. 1550/2013 citata dagli
appellanti; restano pertanto di competenza esclusiva degli ingegneri, ai
sensi dell’art. 51 del R.D. n. 2357 del 1925, gli interventi edilizi ed
urbanistici che consistano in “progettazione di costruzioni stradali, opere igienico-sanitarie, impianti elettrici, opere idrauliche”, quando non siano
connessi a determinati edifici o fabbricati, cioè attengano alle opere di
urbanizzazione primaria; in senso contrario non si può argomentare, nel caso
di specie, mediante il riferimento ad alcuni soltanto dei lavori di somma
urgenza indicati dal Comune di Novi Ligure, per i quali varrebbe la
competenza concorrente (poiché attinenti ad opere riguardanti edifici,
scolastici o vincolati), senza considerare che nell’ordinanza sindacale n.
179 del 2014 sono elencati numerosi altri lavori non connessi ad edifici
(interventi di riparazione di ponti, strade e infrastrutture idrauliche) e
di portata tale da dover essere ascritti alla competenza esclusiva degli
ingegneri; analogamente è a dirsi per le opere inserite nel Piano Triennale
dei Lavori Pubblici, che comprende interventi dell’un tipo e dell’altro, e
comunque interventi relativi alla viabilità ed alle infrastrutture di
competenza esclusiva degli ingegneri;
2) - quanto alla competenza esclusiva degli architetti sugli immobili di
interesse storico-artistico, non risulta significativo, nell’economia della
sentenza di primo grado, il riferimento alla competenza concorrente degli
ingegneri per quanto riguarda la “parte tecnica” (che trova parziale
smentita nel precedente di questo Consiglio di Stato n. 12/2014 citato dagli
appellanti); piuttosto, il primo giudice ha inteso sottolineare, non tanto
la marginalità in assoluto della competenza esclusiva degli architetti che
interessa gli edifici civili con rilevante carattere artistico e quelli
vincolati, quanto la marginale importanza che tali competenze rivestono se
riferite al Settore Lavori Pubblici di un comune –tanto più che tale
affermazione trova riscontro concreto nel Piano Triennale dei Lavori
Pubblici del Comune di Novi Ligure che prevede un numero piuttosto ridotto
di interventi su immobili vincolati
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 17.07.2019 n. 5012 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
gennaio 2019 |
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INCARICHI
PROGETTUALI: Prestazione
professionale senza iscrizione all'Albo: niente compenso.
Cassazione: è irrilevante la circostanza che l’elaborato sia controfirmato
da un altro professionista competente in materia.
Con l'ordinanza 24.01.2019 n. 2038, la Corte di
Cassazione -Sez. II civile- ha confermato che l'esecuzione di una
prestazione d'opera professionale di natura intellettuale, effettuata da chi
non sia iscritto nell'apposito albo previsto dalla legge, dà luogo a nullità
assoluta del rapporto tra professionista e cliente, privando il contratto di
qualsiasi effetto, in contrario non rilevando la circostanza che il progetto
dell'opera realizzando risulti redatto da altro professionista (un
ingegnere) cui quello incaricato (un geometra) si sia al riguardo rivolto,
dal personale possesso del titolo abilitante da parte di quest'ultimo
dipendendo la validità del negozio.
Secondo l'orientamento giurisprudenziale della suprema Corte, ricorda la
sentenza, “la progettazione e la direzione di opere da parte di un geometra
in materia riservata alla competenza professionale degli ingegneri e degli
architetti sono illegittime, cosicché a rendere legittimo un progetto
redatto da un geometra non rileva che esso sia controfirmato o vistato da un
ingegnere ovvero che un ingegnere esegua i calcoli del cemento armato e
diriga le relative opere, perché è il professionista competente che deve
essere, altresì, titolare della progettazione, trattandosi di incombenze che
devono essere inderogabilmente affidate dal committente al professionista
abilitato secondo il proprio statuto professionale, sul quale gravano le
relative responsabilità”
(commento tratto da www.casaeclima.com).
---------------
MASSIMA
10.
Con il quinto motivo, il ricorrente Lo.Sa., lamentando la violazione
e l'erronea interpretazione ed applicazione dell'art. 16 del r.d. n. 274 del
1929, dell'art. 17 della l. n. 64 del 1974, dell'art. 2 della l. n. 1086 del
1981 nonché degli artt. 1418 e 2231 c.c., in relazione all'art. 360, n. 3,
c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte
d'appello ha rigettato la domanda riconvenzionale proposta ritenendo che il
contratto di prestazione d'opera professionale stipulato da un geometra,
tutte le volte in cui il progetto prevede l'adozione, anche in minima parte,
di strutture in cemento armato in una futura costruzione civile, è nullo ai
sensi dell'art. 1418 c.c., per violazione di una norma imperativa, e non dà
diritto ad alcun compenso, laddove, al contrario, in base alle norme
previste dal r.d. n. 274 del 1929, che disciplina le competenze
professionali del geometra, dalla l. n. 144 del 1949, che ha approvato la
relativa tariffa, dal r.d. n. 2229 del 1939, dalla successiva l. n. 1086 del
1971 e dalla l. n. 64 del 1964, rientra nella competenza dei geometri anche
la progettazione di costruzioni di cemento armato, purché, secondo
un'indagine da svolgere caso per caso, tali costruzioni, sotto il profilo
tecnico-qualitativo, rientrino, per i problemi tecnici che implicano, nella
loro competenza professionale, al pari della direzione dei relativi lavori,
e che, secondo il criterio economico-quantitativo, non comportino pericoli
per l'incolumità pubblica.
11. Il motivo è infondato.
Il ricorrente, infatti, ha riproposto argomenti già più volte esaminati e
disattesi dalla giurisprudenza civile di questa Corte,
la quale ha costantemente evidenziato come ai geometri sia
solo consentita, ai sensi della norma contenuta nell'art. 16, lett. m), del
r.d. n. 274 del 1929, la progettazione, direzione e vigilanza di modeste
costruzioni civili, con esclusione in ogni caso di opere che prevedono
l'impiego di strutture in cemento armato, a meno che non si tratti di
piccoli manufatti accessori, nell'ambito di fabbricati agricoli o destinati
alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di
calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per
l'incolumità pubblica.
Peraltro, trattandosi di una scelta inequivoca del legislatore dettata da
evidenti ragioni di pubblico interesse, i limitati margini
di discrezionalità accordati all'interprete attengono soltanto alla
valutazione dei requisiti della modestia delle costruzioni, della non
necessità di complesse operazioni di calcolo ed all'assenza di implicazioni
per la pubblica incolumità, mentre invece, per l'altra condizione,
costituita dalla natura di annesso agricolo o industriale agricolo dei
manufatti, eccezionalmente progettabili dagli anzidetti tecnici anche nei
casi di impiego di cemento armato, non vi sono margini di sorta, attesa la
chiarezza e tassatività del precetto normativo, esigente un preciso
requisito (la suddetta destinazione), che o c'è o non c'è.
Disattesa, per le suesposte considerazioni, la possibilità di
un'interpretazione estensiva della citata disposizione, deve altresì
escludersi, ai sensi dell'art. 14 disp. gen., l'applicabilità analogica
della deroga, contenuta nell'art 16, lett. m), del r.d. cit., al generale
divieto di progettazione di opere in cemento armato, in considerazione della
evidenziata natura eccezionale della norma, che pertanto non si presta, de
iure condito, ad adattamenti di tipo "evolutivo", quale che sia la
meritevolezza delle esigenze al riguardo prospettate.
Va ancora precisato, per completezza, che di nessun apporto alla suddetta
tesi è il richiamo alle previsioni contenute nei testi normativi
disciplinanti le costruzioni in cemento armato e quelle nelle zone sismiche,
considerato che sia l'art. 2 della l. n. 1086 del 1971, sia l'art. 17 della
l. n. 64 del 1974 fanno riferimento, per quanto attiene alla progettazioni
in questione da parte delle varie categorie di professionisti, ai limiti
delle rispettive competenze, così chiaramente rinviando, senza introdurre
autonomi ed innovativi criteri attributivi di competenza, alle previgenti
rispettive normative professionali di riferimento, tra le quali, dunque, per
quanto riguarda i geometri, quella in precedenza esaminata, che è rimasta
immutata (Cass. n. 19292 del 2009; conf., Cass. n. 27441 del 2006; Cass. n.
6649 del 2005; Cass. n. 3021 del 2005; Cass. n. 5961 del 2004; Cass. n.
15327 del 2000; Cass. n. 5873 del 2000; Cass. n. 3046 del 1999; Cass. n.
1157 del 1996).
Ne consegue la nullità del contratto di affidamento della
direzione dei lavori di costruzioni civili ad un geometra, ove la
progettazione richieda l'esecuzione, anche parziale, dei calcoli in cemento
armato, trattandosi di attività demandata agli ingegneri, attese le limitate
competenze attribuite ai geometri dall'art. 16 del r.d. n. 274 del 1929
(Cass. n. 5871 del 2016; Cass. n. 19989 del 2013, per cui
il contratto di progettazione e direzione dei lavori relativo a costruzioni
civili che adottino strutture in cemento armato stipulato da un geometra
anteriormente all'abrogazione -ad opera del d.lgs. n. 212 del 2010- del r.d.
n. 2229 del 1939, è nullo in quanto contrario a norme imperative, sul
rilievo che la menzionata abrogazione, comportando l'introduzione di una
disciplina innovativa e non già interpretativa della normativa previgente,
non ha prodotto effetti retroattivi idonei ad incidere sulla qualificazione
degli atti compiuti prima della sua entrata in vigore e non ha, dunque,
influito sulla invalidità del contratto, regolata dalla legge del tempo in
cui lo stesso è stato concluso).
La decisione impugnata è, dunque, sul punto giuridicamente corretta: la
corte d'appello, infatti, dopo aver accertato, in fatto, che l'edificio
progettato dal ricorrente era destinato ad abitazione e richiedeva la
realizzazione di opere in cemento armato, ha giustamente ritenuto la nullità
del relativo contatto trattandosi di progetto redatto da un geometra in
materia estranea alla relativa competenza professionale.
...
14.
Con il settimo motivo, il ricorrente Lo.Sa., lamentando la violazione
e l'erronea interpretazione ed applicazione dell'art. 16 del r.d. n. 274 del
1929, dell'art. 17 della l. n. 64 del 1974, dell'art. 2 della l. n. 1086 del
1981 nonché degli artt. 1418 e 2231 c.c., in relazione all'art. 360 n. 3
c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte
d'appello, in accoglimento dell'eccezione di nullità contrattuale, ha
rigettato la domanda riconvenzionale proposta ritenendo irrilevante che
l'attività di progettazione e di direzione dei lavori delle strutture in
cemento armato fosse stata eseguita, in accordo con i committenti,
dall'arch.
Da., laddove, in realtà, ove il tecnico laureto abbia assunto, in modo
esplicito, sia nei confronti del committente privato, che della pubblica
amministrazione, la responsabilità per tutti quei profili che nell'ottica
della tutela della pubblica incolumità richiedono specificamente il suo
intervento, la normativa di legge sulle competenze professionali non può
dirsi violata.
15. Il motivo è infondato.
Escluso, infatti, per quanto in precedenza esposto, ogni rilievo ai fatti
che la sentenza non ha espressamente rappresentato quali oggetto del suo
accertamento, non avendo il ricorrente dedotto il come e il quando ne avesse
fatto allegazione nel corso del giudizio di merito, la Corte non può che
ribadire il principio per cui il progetto redatto da un geometra in materia
riservata alla competenza professionale degli ingegneri è illegittimo, a
nulla rilevando né che sia stato controfirmato da un ingegnere, né che un
ingegnere abbia eseguito i calcoli del cemento armato e diretto le relative
opere, perché è il professionista competente che deve essere, altresì,
titolare della progettazione, assumendosi la relativa responsabilità.
Ne consegue che, nella suddetta ipotesi, il rapporto tra il geometra ed il
cliente è radicalmente nullo ed al primo non spetta alcun compenso per
l'opera svolta, ai sensi dell'art. 2231 c.c. (Cass. n. 6402 del 2011).
È appena il caso di ricordare che nell'ambito della disciplina normativa
sopra evidenziato, dal quale emerge una chiara ripartizione di competenze
tra geometri ed altri professionisti in riferimento alla progettazione ed
alla direzione di opere relative a costruzioni ed edifici, trova fondamento
l'orientamento giurisprudenziale di questa Corte, dal quale non vi sono
ragioni per discostarsi, secondo cui la progettazione e la direzione di
opere da parte di un geometra in materia riservata alla competenza
professionale degli ingegneri e degli architetti sono illegittime, cosicché
a rendere legittimo un progetto redatto da un geometra non rileva che esso
sia controfirmato o vistato da un ingegnere ovvero che un ingegnere esegua i
calcoli del cemento armato e diriga le relative opere, perché è il
professionista competente che deve essere, altresì, titolare della
progettazione, trattandosi di incombenze che devono essere inderogabilmente
affidate dal committente al professionista abilitato secondo il proprio
statuto professionale, sul quale gravano le relative responsabilità.
Anche per tale ragione, dunque, correttamente la sentenza impugnata ha
concluso per la nullità del contratto (Cass. n. 3021 del 2005, secondo cui, per il disposto dell'art. 2231 c.c., l'esecuzione di una
prestazione d'opera professionale di natura intellettuale effettuata da chi
non sia iscritto nell'apposito albo previsto dalla legge, dà luogo a nullità
assoluta del rapporto tra professionista e cliente, privando il contratto di
qualsiasi effetto, in contrario non rilevando la circostanza che il progetto
dell'opera realizzando risulti redatto da altro professionista (nel caso, un
ingegnere) cui quello incaricato (nel caso, un geometra) si sia al riguardo
rivolto, dal personale possesso del titolo abilitante da parte di quest'ultimo
dipendendo la validità del negozio). |
COMPETENZE PROGETTUALI: Nel
nostro ordinamento, il riparto delle competenze professionali tra la figura
dell’ingegnere e quella dell’architetto è tuttora dettato dal R.D.
23.10.1925 n. 2537 che, all’art. 51, riconosce spettanti alla professione
d'ingegnere le progettazioni per le costruzioni e per le industrie, per i
lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto, di deflusso e di
comunicazione, per le costruzioni di ogni specie, per le macchine e gli
impianti industriali, nonché in generale applicative della fisica, con i
rilievi geometrici e le operazioni di estimo.
Ai sensi dell’art. 52, invece, formano oggetto tanto della professione di
ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché
i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad esse relative, ad
eccezione delle opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere
artistico e il restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla
legislazione sui beni culturali, che sono di spettanza esclusiva della
professione di architetto.
In sostanza, la competenza professionale dell’architetto concorre con quella
dell’ingegnere per la progettazione delle sole opere di edilizia civile,
essendo riservate alla professione ingegneristica le progettazioni di tutti
i lavori non compresi nella costruzione di edifici.
In estrema sintesi, tutte le progettazioni tecniche che non attengono
all’edilizia civile rientrano nell’ambito delle competenze dei soli
ingegneri, mentre la progettazione attinente all’edilizia civile può essere
svolta anche dagli architetti, oltre che dagli ingegneri.
---------------
Con il primo motivo di gravame parte ricorrente afferma che l’offerta
tecnica sarebbe invalida, in quanto la proposta migliorativa
dell’aggiudicataria sarebbe stata illegittimamente sottoscritta da un
architetto laddove avrebbe dovuto essere firmata da un ingegnere.
Invero, nel rilevare che non è in contestazione la mancata sottoscrizione
dei predetti elaborati tecnici dell’offerta della controinteressata da parte
di un ingegnere, ritiene il Collegio di non discostarsi dal proprio recente
orientamento secondo cui “nel nostro ordinamento, il riparto delle
competenze professionali tra la figura dell’ingegnere e quella
dell’architetto è tuttora dettato dal R.D. 23.10.1925 n. 2537 che, all’art.
51, riconosce spettanti alla professione d'ingegnere le progettazioni per le
costruzioni e per le industrie, per i lavori relativi alle vie ed ai mezzi
di trasporto, di deflusso e di comunicazione, per le costruzioni di ogni
specie, per le macchine e gli impianti industriali, nonché in generale
applicative della fisica, con i rilievi geometrici e le operazioni di
estimo; ai sensi dell’art. 52, invece, formano oggetto tanto della
professione di ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia
civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad esse
relative, ad eccezione delle opere di edilizia civile che presentano
rilevante carattere artistico e il restauro e il ripristino degli edifici
contemplati dalla legislazione sui beni culturali, che sono di spettanza
esclusiva della professione di architetto; in sostanza, la competenza
professionale dell’architetto concorre con quella dell’ingegnere per la
progettazione delle sole opere di edilizia civile, essendo riservate alla
professione ingegneristica le progettazioni di tutti i lavori non compresi
nella costruzione di edifici” (cfr. TAR Campania, Napoli, I Sezione
20.04.2016 n. 1968; Id. 14.09.2016, n. 4299).
In estrema sintesi tutte le progettazioni tecniche che non attengono
all’edilizia civile rientrano nell’ambito delle competenze dei soli
ingegneri, mentre la progettazione attinente all’edilizia civile può essere
svolta anche dagli architetti, oltre che dagli ingegneri.
Ora, è vero che il Disciplinare di gara prevedeva espressamente che gli
elaborati costituenti l’offerta migliorativa fossero “timbrati e firmati
da un tecnico abilitato alla professione (ingegnere o architetto)”,
nondimeno un tale riferimento non può considerarsi come preventiva
autorizzazione alla sottoscrizione da parte di un architetto allorché il
contenuto dell’offerta migliorativa concretamente proposta imponesse,
invece, la sottoscrizione di un ingegnere, secondo l’ordinamento generale.
In altri termini, il riferimento contenuto nel disciplinare testé riportato
doveva essere letto secondo diritto nel senso, cioè, che occorreva comunque
la sottoscrizione da parte di un tecnico abilitato -un ingegnere ovvero un
architetto a seconda del contenuto dell’offerta migliorativa- con la
conseguenza che nel caso di interventi di carattere non edilizio, e quindi
non di competenza di un architetto, la proposta dovesse essere sottoscritta
da un ingegnere, in quanto unico tecnico abilitato a farlo, non potendo la
lex specialis derogare al riparto di competenze ma anzi dovendo
essere letta come operante un rinvio alle norme che disciplinano le
competenze delle figure professionali menzionate (ingegnere e architetto).
Ciò premesso, nel caso di specie gli interventi oggetto della proposta
migliorativa, come evidenziato anche nel parere formulato dall’Ordine degli
Architetti, non consistono in attività di carattere edilizio concretandosi
nelle seguenti:
- Integrazione del Tubo Microfessurato;
- Sostituzione tubazioni PEAD DE450 SN 2 con tubazioni PE DE 500
ECOPAL SN1+6;
- Miglioramento dell’impermeabilizzazione della Vasca di
Stoccaggio;
- Sostituzione Tubazioni PE 80 DE90 MMPFA 8 con PE80DE 90 PFA 12,5;
- Sostituzione di Pozzetti in PEAD DI Derivazione/Linea/Ispezione
compensi di Soletta;
- Sostituzione Vasche n. 2 in CLS con Materiale Plastico;
- Impianto di Emungimento Acque ausiliarie;
- Sistema di Stoccaggio delle Acque di Falda Contaminate
Ausiliario.
Che non si tratti di mera fornitura come sostenuto dalla controinteressata
La Castellese, si evince dalla lettura dell’offerta migliorativa dove, tra
l’altro, si propone la realizzazione di un nuovo pozzo di estrazione
percolato, la fornitura e posa in opera di un serbatoio per lo stoccaggio di
acqua drenante, la fornitura e posa in opera di un nuovo impianto elettrico,
la revisione delle tubazioni, ecc.
Sul punto, come evidenziato anche da parte ricorrente, il parere dell’Ordine
degli architetti prodotto dalla controinteressata non appare coerente con i
presupposti da esso stesso posti, laddove afferma che <<non rientrano tra
le competenze degli architetti, la progettazione e collaudo di: - opere
stradali, sistemi fognari, reti idriche, reti elettriche, reti telefoniche,
impianti tecnici e tecnologici, quando non sono direttamente connesse alla
realizzazione di un intervento edilizio” - impianti di depurazione, le opere
idrauliche, gli acquedotti rurali, impianti di edilizia industriale>>;
mentre si conclude nel senso che gli interventi proposti con riguardo alla
discarica sarebbero invece inclusi nelle competenze degli architetti anche
se all’evidenza non sono stati proposti solo interventi edilizi, ma anche di
tipo impiantistico ovvero interventi che esulano dalle competenze degli
architetti, come affermato nello stesso parere menzionato.
Pertanto, deve concludersi per la inidoneità del suddetto professionista a
sottoscrivere validamente la relazione compresa nell’offerta tecnica con la
conseguenza che essa avrebbe dovuto essere esclusa (non potendosi ammettere
il soccorso istruttorio con riguardo al contenuto dell’offerta), in
applicazione della disposizione del bando di gara che prescriveva, a pena di
esclusione, la sottoscrizione degli elaborati dell’offerta tecnica, oltre
che dal legale rappresentante della ditta, anche da un tecnico “abilitato”,
dovendosi a tal fine intendere un tecnico in possesso del titolo prescritto
dalla legge per sottoscrivere il progetto con le migliorie proposte dai
concorrenti.
Come visto nella fattispecie, le migliorie che ha proposto la
controinteressata ricorrente incidentale comportavano interventi che
avrebbero richiesto la sottoscrizione -secondo quanto prescritto dai più
volte menzionati artt. 51, 52 e 54 del R.D. 23.10.1925 n. 2537- da parte di
un ingegnere avendo carattere non edilizio
(TAR Campania-Napoli, Sez. I,
sentenza 15.01.2019 n. 213 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
dicembre 2018 |
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COMPETENZE PROGETTUALI:
In ordine alla
delimitazione delle competenze tra l’attività dei geometri e quella degli
ingegneri, possono riportarsi le puntuali e condivisibili cui è giunta la
giurisprudenza laddove si precisa quanto segue: “A norma dell'art. 16, lett.
m), r.d. 11.02.1929, n. 274, e come si desume anche dalle ll. 05.11.1971, n.
1086, e 02.02.1974, n. 64, che hanno rispettivamente disciplinato le opere
in conglomerato cementizio e le costruzioni in zone sismiche, nonché dalla
l. 02.03.1949, n. 144 (recante la tariffa professionale), esula dalla
competenza dei geometri la progettazione di costruzioni civili con strutture
in cemento armato, trattandosi di attività che, qualunque ne sia
l'importanza, è riservata solo agli ingegneri ed agli architetti iscritti
nei relativi albi professionali.
Solo le opere in cemento armato relative a piccole costruzioni accessorie
rientrano nella competenza dei geometri, risultando ininfluente che il
calcolo del cemento armato sia stato affidato ad un ingegnere o ad un
architetto.
In buona sostanza, la competenza dei geometri è limitata alla progettazione,
direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di
quelle che comportino l'adozione -anche parziale- di strutture in cemento
armato; solo in via di eccezione, si estende anche a queste strutture, a
norma della lett. l) del medesimo articolo 16, r.d. n. 274 cit., purché si
tratti di piccole costruzioni accessorie nell'ambito di edifici rurali o
destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni
di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le
persone.
Per il resto, la suddetta competenza è comunque esclusa nel campo delle
costruzioni civili ove si adottino strutture in cemento armato, la cui
progettazione e direzione, qualunque ne sia l'importanza è pertanto
riservata solo agli ingegneri ed architetti iscritti nei relativi albi
professionali; sotto tale angolazione deve escludersi che le innovazioni
introdotte nei programmi scolastici degli istituti tecnici possano ritenersi
avere ampliato, mediante l'inclusione tra le materie di studio di alcuni
argomenti attinenti alle strutture in cemento armato, le competenze
professionali dei medesimi.
I limiti posti dall'art. 16, lett. m) cit. alla competenza professionale dei
geometri:
a) rispondono ad una scelta inequivoca del legislatore, dettata da
evidenti ragioni di pubblico interesse, che lascia all'interprete ristretti
margini di discrezionalità, attinenti alla valutazione dei requisiti della
modestia della costruzione, della non necessità di complesse operazioni di
calcolo e dell'assenza di implicazioni per la pubblica incolumità;
b) indicano, di contro, un preciso requisito, ovverosia la natura
di annesso agricolo dei manufatti, per le opere eccezionalmente progettabili
dai predetti tecnici anche nei casi di impiego di cemento armato.
E’ pertanto esclusa la possibilità di un'interpretazione estensiva o
"evolutiva" di tale disposizione, che, in quanto norma eccezionale, non si
presta ad applicazione analogica, non potendosi pervenire ad una diversa
conclusione neppure in virtù delle norme -art. 2, l. 05.11.1971, n. 1086, e
art. 17, l. 02.02.1974, n. 64- che disciplinano le costruzioni in cemento
armato e quelle in zone sismiche, in quanto le stesse richiamano i limiti
delle competenze professionali stabiliti per i geometri dalla vigente
normativa professionale.
Il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta -e
quindi se la sua progettazione rientri nella competenza professionale dei
geometri- consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione
e l'esecuzione dell'opera comportano e le capacità occorrenti per superarle;
a questo fine, mentre non è decisivo il mancato uso del cemento armato (ben
potendo anche una costruzione "non modesta" essere realizzata senza di
esso), assume significativa rilevanza il fatto che la costruzione sorga in
zona sismica, con conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio
alla normativa di cui alla l. n. 64 cit., la quale impone calcoli complessi
che esulano dalle competenze professionali dei geometri".
---------------
6. Con il secondo e quinto
motivo di appello si contesta il capo di sentenza che ha ravvisato la
violazione dell’art. 16 del r.d. n. 274/1929 con riferimento alla
professionalità specifica del geometra che ha redatto –come nella vicenda
qui in esame- il progetto di ricostruzione di un edificio sulla cui base è
stata rilasciata la concessione edilizia ritenuta illegittima dal giudice di
prime cure.
In particolare, con il secondo motivo si lamenta: Mancata valutazione
di un fatto. Omesso esame di motivo di diritto. Pronuncia ultra petita della
sentenza di primo grado.
Il progetto della struttura, contrariamente a quanto affermato nella
sentenza gravata, era assistito da progetto strutturale redatto da
ingegnere. Su tale argomento il Tribunale non si pronuncia nonostante
l'argomento sia stato spiegato a pag. 6 della memoria del 09.05.2012.
Quindi, il progetto della struttura è stato all'origine redatto da un
architetto mentre il geometra ha redatto il progetto d'insieme facendo
proprie le valutazioni e gli elaborati relativi alla struttura già
realizzati dal progettista laureato.
6.1. Con il quinto motivo si lamenta: Ulteriore violazione del
principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Erroneità della
motivazione. Carenza di presupposto.
Il Comune –con il presente motivo– riprende le considerazioni già svolte in
riferimento alla professionalità specifica del geometra che dovrebbe essere
parametrata al carattere modesto della costruzione aspetto questo rimesso
alla piena discrezionalità tecnica del Comune e, dunque, sottratto alla
valutazione del Collegio.
6.2. I motivi sono infondati.
Rispetto alle questioni agitate nella presente controversia il Collegio
ritiene di dover richiamare il condiviso approdo giurisprudenziale cui è
pervenuto il Consiglio di Stato (V, 23.02.2015, n. 883; su cui pure CGA,
sentenza n. 74 del 03.03.2017) che in una vicenda del tutto analoga a quella
qui in discussione ha avuto modo di precisare che: "In ordine alla
delimitazione delle competenze tra l’attività dei geometri e quella degli
ingegneri, possono riportarsi le puntuali e condivisibili cui è giunta la
giurisprudenza, come si evincono dalla sentenza di questa stessa Sezione n.
2537 del 28.04.2011, nella quale si precisa quanto segue: “A norma dell'art.
16, lett. m), r.d. 11.02.1929, n. 274, e come si desume anche dalle ll.
05.11.1971, n. 1086, e 02.02.1974, n. 64, che hanno rispettivamente
disciplinato le opere in conglomerato cementizio e le costruzioni in zone
sismiche, nonché dalla l. 02.03.1949, n. 144 (recante la tariffa
professionale), esula dalla competenza dei geometri la progettazione di
costruzioni civili con strutture in cemento armato, trattandosi di attività
che, qualunque ne sia l'importanza, è riservata solo agli ingegneri ed agli
architetti iscritti nei relativi albi professionali.
Solo le opere in cemento armato relative a piccole costruzioni accessorie
rientrano nella competenza dei geometri, risultando ininfluente che il
calcolo del cemento armato sia stato affidato ad un ingegnere o ad un
architetto.
In buona sostanza, la competenza dei geometri è limitata alla progettazione,
direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di
quelle che comportino l'adozione -anche parziale- di strutture in cemento
armato; solo in via di eccezione, si estende anche a queste strutture, a
norma della lett. l) del medesimo articolo 16, r.d. n. 274 cit., purché si
tratti di piccole costruzioni accessorie nell'ambito di edifici rurali o
destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni
di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le
persone.
Per il resto, la suddetta competenza è comunque esclusa nel campo delle
costruzioni civili ove si adottino strutture in cemento armato, la cui
progettazione e direzione, qualunque ne sia l'importanza è pertanto
riservata solo agli ingegneri ed architetti iscritti nei relativi albi
professionali; sotto tale angolazione deve escludersi che le innovazioni
introdotte nei programmi scolastici degli istituti tecnici possano ritenersi
avere ampliato, mediante l'inclusione tra le materie di studio di alcuni
argomenti attinenti alle strutture in cemento armato, le competenze
professionali dei medesimi.
I limiti posti dall'art. 16, lett. m) cit. alla competenza professionale dei
geometri:
a) rispondono ad una scelta inequivoca del legislatore, dettata da
evidenti ragioni di pubblico interesse, che lascia all'interprete ristretti
margini di discrezionalità, attinenti alla valutazione dei requisiti della
modestia della costruzione, della non necessità di complesse operazioni di
calcolo e dell'assenza di implicazioni per la pubblica incolumità;
b) indicano, di contro, un preciso requisito, ovverosia la natura
di annesso agricolo dei manufatti, per le opere eccezionalmente progettabili
dai predetti tecnici anche nei casi di impiego di cemento armato.
E’ pertanto esclusa la possibilità di un'interpretazione estensiva o
"evolutiva" di tale disposizione, che, in quanto norma eccezionale, non si
presta ad applicazione analogica, non potendosi pervenire ad una diversa
conclusione neppure in virtù delle norme -art. 2, l. 05.11.1971, n. 1086, e
art. 17, l. 02.02.1974, n. 64- che disciplinano le costruzioni in cemento
armato e quelle in zone sismiche, in quanto le stesse richiamano i limiti
delle competenze professionali stabiliti per i geometri dalla vigente
normativa professionale.
Il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta -e
quindi se la sua progettazione rientri nella competenza professionale dei
geometri- consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione
e l'esecuzione dell'opera comportano e le capacità occorrenti per superarle;
a questo fine, mentre non è decisivo il mancato uso del cemento armato (ben
potendo anche una costruzione "non modesta" essere realizzata senza di
esso), assume significativa rilevanza il fatto che la costruzione sorga in
zona sismica, con conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio
alla normativa di cui alla l. n. 64 cit., la quale impone calcoli complessi
che esulano dalle competenze professionali dei geometri.".
Nella fattispecie qui in esame la concessione edilizia impugnata attiene
alla ricostruzione di un edificio di tre elevazioni in zona sismica. Si
tratta di un aspetto che il giudice di prime cure ha giustamente posto in
rilievo e che depone nel senso della illegittimità della concessione
impugnata per essere il progetto redatto da un geometra, mentre nessun
rilievo può assumere il fatto che il parere favorevole del Genio Civile di
Catania sia stato espresso sul progetto strutturale redatto da un
architetto, perché trattasi di un aspetto estraneo alla doglianza avanzata
dai ricorrenti introduttivi che hanno dedotto l’illegittimità della
concessione edilizia perché il progetto di ricostruzione dell’edificio in
questione è stato elaborato da un geometra.
Conseguentemente il Comune si è illegittimamente determinato in senso
favorevole ai richiedenti, non curante che il territorio comunale ricade in
zona sismica e che la ricostruzione di un edificio di tre elevazioni non può
considerarsi un’opera modesta
(CGARS,
sentenza
31.12.2018 n. 1041 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
novembre 2018 |
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COMPETENZE PROGETTUALI:
Gli architetti non hanno competenze riconosciute
in materia di opere idrauliche, la quali sono riservate ai
soli ingegneri.
E' ancora attuale la giurisprudenza di
questo Consiglio che ha ritenuto che la progettazione delle
opere viarie, idrauliche ed igieniche, che non siano
strettamente connesse con i singoli fabbricati, sia di
pertinenza degli ingegneri, in base all'interpretazione
letterale, sistematica e teleologica degli artt. 51, 52 e 54
del R.D..
In particolare, sono ancora attuali le considerazioni già
svolte -a proposito delle opere idrauliche- secondo cui
nell’ampia e comprensiva formulazione dell'art. 51 del R.D.
23.10.1925 n. 2537 (“sono di spettanza della professione
d’ingegnere il progetto, la condotta e la stima dei lavori
per estrarre trasformare ed utilizzare i materiali
direttamente od indirettamente occorrenti per le costruzioni
e per le industrie, dei lavori relativi alle vie ed ai mezzi
di trasporto di deflusso e di comunicazione, alle
costruzioni di ogni specie, alle macchine ed agli impianti
industriali, nonché, in generale, alle applicazioni della
fisica, i rilievi geometrici e le operazioni di estimo")
“sono ricomprese le costruzioni stradali, le opere
igienico-sanitarie (acquedotti, fognature ed impianti di
depurazione), gli impianti elettrici, le opere idrauliche e,
di certo, anche le opere di edilizia civile (nella
espressione "costruzioni di ogni specie”)”
Con la precisazione che -tenuto conto di quanto previsto
dall’art. 52, comma 1 (“Formano oggetto tanto della
professione di ingegnere quanto di quella di architetto le
opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le
operazioni di estimo ad esse relative”) dello stesso Regio
Decreto- “non sembra corretto sostenere, su tali basi
normative, che la regola da valere, salvo eccezione
espressamente individuata, sia quella della equivalenza
delle competenze professionali di ingegneri ed architetti”.
---------------
Pur dovendosi riconoscere che la delimitazione di competenze
risultante dalla normativa secondaria è basata su concetti
di carattere descrittivo che consentono di adeguare la
disciplina all’evoluzione della tecnica e delle
qualificazioni professionali, il discrimine tra le due
professioni è rimasto segnato anche nelle sopravvenute
disposizioni del d.P.R. n. del 2001.
Pertanto, se adeguamenti sono certamente possibili in
riferimento al concetto di “edilizia civile”, interpretabile
estensivamente, restano di appannaggio della professione di
ingegnere le opere che richiedono una competenza tecnica
specifica e che esulano dall’edilizia civile rientrante
nella comune competenza.
In particolare, le opere idrauliche, in specie interferenti
con fiumi e corsi d’acqua, quali quelle oggetto dell’appalto
de quo, richiedono capacità professionali per l’analisi dei
fenomeni idrologici ed idraulici e presuppongono
l’applicazione di specifici metodi di calcolo (statistico,
idrologico e idraulico).
Le nozioni relative vengono impartite nei corsi di laurea
universitari della classe della Ingegneria civile e
ambientale, nei cui piani di studio sono inseriti –come
esposto anche nella relazione del verificatore- gli
insegnamenti riguardanti i settori scientifico disciplinari
ICAR/01 “Idraulica” e ICAR/02 “Costruzioni idrauliche e
Marittime e Idrologia” (D.M. Miur 04.10.2000).
Pertanto, fatte salve eventuali competenze di altri
professionisti (come ad esempio i geologi o i dottori
agronomi e forestali), per quanto qui rileva, gli
ingegneri sono i professionisti abilitati alla
progettazione di opere idrauliche fluviali e di corsi
d’acqua, o comunque di opere a questa progettazione
assimilate o collegate, tanto da richiedere l’applicazione
di calcoli idraulici; per contro, gli architetti non
possono essere compresi tra i soggetti abilitati alla
progettazione di opere idrauliche in quanto, sia ai sensi
degli artt. 51 e 52 del R.D. 23.10.1925, n. 2537 sia ai
sensi dell’art. 16 del d.P.R. 05.06.2001, n. 328, non hanno
competenze riconosciute in materia.
---------------
6. In risposta al secondo quesito –che è stato formulato
tenendo conto di quanto dedotto col terzo motivo di gravame
a proposito del superamento, per gli attuali percorsi
formativi universitari, della ripartizione di competenze di
cui agli artt. 51 e 52 del R.D. n. 2537 del 1925- il
verificatore ha dato atto che “i curricula di studio dei
laureati in architettura non contengono alcun insegnamento
delle discipline idrauliche, settori ICAR/01 e ICAR/02”
ed ha aggiunto che tra i due corsi di laurea vi è diversità
di “approccio metodologico generale”, pur
riconoscendo che l’autonomia degli atenei “permetta
differenziazioni anche significative nello stesso corso di
laurea tra atenei diversi”.
Quindi, in riferimento all’ateneo presso il quale ha
conseguito la laurea magistrale il tecnico sottoscrittore
dell’offerta tecnica dell’aggiudicataria, ha concluso nel
senso che -anche tenuto conto della “zona di confine
ambiguo” rappresentata dalla c.d. ingegneria
naturalistica- essendo comunque previsti nel caso di specie
interventi attinenti “l’idraulica fluviale”, il
laureato in architettura era privo delle necessarie
competenze, anche se in possesso di laurea specialistica
della classe 4S (Architettura e Ingegneria Edile) di cui
all’allegato 1 del D.M. 28.11.2000.
6.1. Le conclusioni raggiunte dal verificatore sono coerenti
con la normativa di riferimento.
Considerate le deduzioni dell’appellante, è opportuno
prendere le mosse dal D.P.R. 05.06.2001, n. 328 (Modifiche
ed integrazioni della disciplina dei requisiti per
l’ammissione all’esame di Stato e delle relative prove per
l’esercizio di talune professioni, nonché della disciplina
dei relativi ordinamenti), che è stato emanato proprio al
fine di tenere conto dei nuovi percorsi formativi di accesso
(lauree e lauree specialistiche) alla diverse professioni e
di differenziare, in base a tali percorsi, sia le attività
professionali consentite a ciascuna categoria professionale
che i requisiti di ammissione agli esami di Stato (cfr.
Cons. Stato, V. n. 776/2016 cit.).
L’impianto normativo sopravvenuto -pur lasciando fermo
l’ambito stabilito dalla previgente normativa in ordine alle
attività attribuite o riservate, in via esclusiva o meno, a
ciascuna professione (art. 1, comma 2)- prevede, quanto alle
attività professionali (art. 9):
- per la professione di architetto (art. 16), in possesso di
laurea specialistica (sezione A dell’Albo) – settore
architettura (unico rilevante nella specie), che “formano
oggetto dell’attività professionale … ai sensi e per gli
effetti dell’art. 1, comma 2, restando immutate le riserve e
attribuzioni già stabilite dalla vigente normativa, le
attività già stabilite dalle disposizioni vigenti nazionali
ed europee per la professione di architetto, ed in
particolare quelle che implicano l’uso di metodologie
avanzate, innovative o sperimentali”;
- per la professione di ingegnere (artt. 45-46), in possesso
di laurea specialistica (sezione A dell’Albo) –iscritti al
settore a (sezione degli ingegneri- settore civile e
ambientale), che le attività professionali che formano
oggetto della professione sono: “la pianificazione, la
progettazione, lo sviluppo, la direzione lavori, la stima,
il collaudo, la gestione, la valutazione di impatto
ambientale di opere edili e strutture, infrastrutture,
territoriali e di trasporto, di opere per la difesa del
suolo e per il disinquinamento e la depurazione, di opere
geotecniche, di sistemi e impianti civili e per l’ambiente e
il territorio”.
6.2. Orbene, tale normativa sull’assetto degli ordinamenti
professionali, in relazione ai percorsi formativi di nuova
istituzione, conclusi rispettivamente con laurea triennale o
con laurea magistrale, conserva la ripartizione delle
competenze tra architetti e ingegneri risultante dagli artt.
51 e 52 del R.D. 23.10.1925, n. 2537 (Regolamento per le
professioni d’ingegnere e di architetto) e succ. mod..
Si tratta infatti di normativa secondaria (peraltro,
nell’insieme, ripetutamente modificata e integrata da leggi
e decreti successivi), non solo espressamente mantenuta in
vigore dal menzionato art. 1 del d.P.R. n. 328 del 2001,
oltre che dagli artt. 16 (per gli architetti) e 46, comma 2
(per gli ingegneri iscritti alla sezione A), ma compatibile
col nuovo assetto degli studi, perciò tuttora applicabile
(come, d’altronde, riconosciuto anche da diversi precedenti
giurisprudenziali, tra cui Cons. Stato, IV, 05.06.2009, n.
4866 e id., VI, 15.03.2013, n. 1550).
6.3. Allora, è ancora attuale la giurisprudenza di questo
Consiglio, richiamata nella sentenza appellata, che ha
ritenuto che la progettazione delle opere viarie, idrauliche
ed igieniche, che non siano strettamente connesse con i
singoli fabbricati, sia di pertinenza degli ingegneri, in
base all'interpretazione letterale, sistematica e
teleologica degli artt. 51, 52 e 54 del R.D. (cfr. sez. V,
06.04.1998, n. 416; sez. IV, 19.02.1990, n. 92; sez. III,
11.12.1984, n. 1538; sez. IV, 22.05.2000, n. 2938).
In particolare, sono ancora attuali le considerazioni svolte
a proposito delle opere idrauliche nella sentenza della
Sezione IV, 06.04.1998, n. 416 che –richiamando la sentenza
della sez. IV, n. 92 del 17.02.1990 ed il parere della sez.
III, n. 1538 dell’11.12.1984- ha reputato che nell’ampia e
comprensiva formulazione dell'art. 51 del R.D. 23.10.1925 n.
2537 (“sono di spettanza della professione d’ingegnere il
progetto, la condotta e la stima dei lavori per estrarre
trasformare ed utilizzare i materiali direttamente od
indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le
industrie, dei lavori relativi alle vie ed ai mezzi di
trasporto di deflusso e di comunicazione, alle costruzioni
di ogni specie, alle macchine ed agli impianti industriali,
nonché, in generale, alle applicazioni della fisica, i
rilievi geometrici e le operazioni di estimo") “sono
ricomprese le costruzioni stradali, le opere
igienico-sanitarie (acquedotti, fognature ed impianti di
depurazione), gli impianti elettrici, le opere idrauliche e,
di certo, anche le opere di edilizia civile (nella
espressione "costruzioni di ogni specie”)”
Con la precisazione che -tenuto conto di quanto previsto
dall’art. 52, comma 1 (“Formano oggetto tanto della
professione di ingegnere quanto di quella di architetto le
opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le
operazioni di estimo ad esse relative”) dello stesso
Regio Decreto- “non sembra corretto sostenere, su tali
basi normative, che la regola da valere, salvo eccezione
espressamente individuata, sia quella della equivalenza
delle competenze professionali di ingegneri ed architetti”.
6.4. Pur dovendosi riconoscere che la delimitazione di
competenze risultante dalla normativa secondaria è basata su
concetti di carattere descrittivo che consentono di adeguare
la disciplina all’evoluzione della tecnica e delle
qualificazioni professionali (come osservato da Cons. Stato,
IV, n. 4866/2009 e id., VI, n. 1550/2013 cit.), il
discrimine tra le due professioni è rimasto segnato anche
nelle sopravvenute disposizioni del d.P.R. n. del 2001.
Pertanto, se adeguamenti sono certamente possibili in
riferimento al concetto di “edilizia civile”,
interpretabile estensivamente (cfr. Cons. Giust. Amm. Reg.
Sic., 21.01.2005, n. 9), restano di appannaggio della
professione di ingegnere le opere che richiedono una
competenza tecnica specifica e che esulano dall’edilizia
civile rientrante nella comune competenza.
In particolare, le opere idrauliche, in specie interferenti
con fiumi e corsi d’acqua, quali quelle oggetto dell’appalto
de quo, richiedono capacità professionali per
l’analisi dei fenomeni idrologici ed idraulici e
presuppongono l’applicazione di specifici metodi di calcolo
(statistico, idrologico e idraulico).
Le nozioni relative vengono impartite nei corsi di laurea
universitari della classe della Ingegneria civile e
ambientale, nei cui piani di studio sono inseriti –come
esposto anche nella relazione del verificatore- gli
insegnamenti riguardanti i settori scientifico disciplinari
ICAR/01 “Idraulica” e ICAR/02 “Costruzioni
idrauliche e Marittime e Idrologia” (D.M. Miur
04.10.2000).
Pertanto, fatte salve eventuali competenze di altri
professionisti (come ad esempio i geologi o i dottori
agronomi e forestali), per quanto qui rileva, gli ingegneri
sono i professionisti abilitati alla progettazione di opere
idrauliche fluviali e di corsi d’acqua, o comunque di opere
a questa progettazione assimilate o collegate, tanto da
richiedere l’applicazione di calcoli idraulici; per contro,
gli architetti non possono essere compresi tra i soggetti
abilitati alla progettazione di opere idrauliche in quanto,
sia ai sensi degli artt. 51 e 52 del R.D. 23.10.1925, n.
2537 sia ai sensi dell’art. 16 del d.P.R. 05.06.2001, n.
328, non hanno competenze riconosciute in materia.
6.5. Giova aggiungere alla disamina normativa fin qui svolta
che, a seguito della verificazione, si è anche accertato in
concreto il piano di studi prescritto per il conferimento
della laurea specialistica della classe 4S (Architettura e
Ingegneria Edile) conseguita presso l’Università degli Studi
di Napoli dall’architetto incaricato da Co.Ge.Par. s.r.l. e
si è constatata la mancanza di specifici insegnamenti di
discipline idrauliche.
7. In conclusione, è corretta la sentenza impugnata laddove,
ritenendo violato da parte dell’aggiudicataria il punto XI.3
del bando, che imponeva, a pena di esclusione, la
sottoscrizione degli elaborati da parte di un tecnico
abilitato, ha concluso per l’illegittimità
dell’aggiudicazione in favore di Co.Ge.Par. s.r.l., in
quanto l’offerta tecnica di quest’ultima era sottoscritta da
un architetto, mentre -per il contenuto delle proposte
migliorative- avrebbe dovuto essere sottoscritta da un
ingegnere.
Tale profilo di illegittimità avrebbe dovuto imporre alla
stazione appaltante l’esclusione della concorrente poi
divenuta aggiudicataria, tra l’altro, senza alcuna
possibilità di soccorso istruttorio, trattandosi di
criticità direttamente inerenti all’offerta.
L’appello va respinto (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 21.11.2018 n. 6593 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI: Si rammenta che
- il citato art. 51 stabilisce: “Sono di spettanza della
professione d'ingegnere, il progetto, la condotta e la stima dei lavori per
estrarre, trasformare ed utilizzare i materiali direttamente od
indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le industrie, dei lavori
relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto, di deflusso e di comunicazione,
alle costruzioni di ogni specie, alle macchine ed agli impianti industriali,
nonché in generale alle applicazioni della fisica, i rilievi geometrici e le
operazioni di estimo”;
- l’art. 54, secondo e terzo comma, prevede: “Coloro
che abbiano conseguito il diploma di laurea d'ingegnere-architetto presso
gli istituti d'istruzione superiore indicati nell'art. 1 della legge entro
il 31.12.1924, ovvero lo conseguiranno entro il 31.12.1925,
giusta le norme stabilite dall'art. 6 del R.D. 31.12.1923, n. 2909,
sono autorizzati a compiere anche le mansioni indicate nell'art. 51 del
presente regolamento, eccettuate le applicazioni industriali. La presente
disposizione è applicabile anche a coloro che abbiano conseguito il diploma
di architetto civile nei termini suddetti, ad eccezione però di quanto
riguarda le applicazioni industriali e della fisica, nonché i lavori
relativi alle vie, ai mezzi di comunicazione e di trasporto e alle opere
idrauliche”.
Ciò detto, esse sfuggono alla competenza degli architetti, non
rientrando nel concetto di edilizia civile di cui all’art. 52 (“Formano
oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella di architetto
le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di
estimo ad esse relative. Tuttavia le opere di edilizia civile che presentano
rilevante carattere artistico ed il restauro e il ripristino degli edifici
contemplati dalla L. 20.06.1909, n. 364, per l'antichità e le belle
arti, sono di spettanza della professione di architetto; ma la parte tecnica
ne può essere compiuta tanto dall'architetto quanto dall'ingegnere”),
ancorché tale concetto sia considerato nella sua accezione più vasta,
richiamata dalla giurisprudenza. Invero, “si
può affermare che il concetto di ‘opere di edilizia civile’ si estenda
sicuramente oltre gli ambiti più specificamente strutturali, fino a
ricomprendere l’intero complesso degli impianti tecnologici a corredo del
fabbricato, e quindi non solo gli impianti idraulici ma anche quelli di
riscaldamento compresi nell’edificazione”.
Deve ancora rammentarsi che, nello stabilire l’ampiezza delle
competenze riconosciute, rispettivamente, agli ingegneri e agli architetti
ai sensi del combinato disposto degli articoli 51 e 52 dello stesso regio
decreto n. 2537 del 1925, la giurisprudenza ha confermato l’orientamento
tradizionale, in ordine alla ricomprensione nell’esclusivo appannaggio della
professione di ingegnere delle opere di carattere più marcatamente
tecnico-scientifico, di ingegneria idraulica, di ammodernamento e
ampliamento della rete idrica comunale.
Recentemente la Sezione ha affermato che “Il r.d. 23.10.1925 n. 2537
recante il regolamento delle professioni di architetto e di ingegnere
esclude per via degli artt. 51 e 54, comma 3, senza dubbi interpretativi la
possibilità che un architetto possa, in luogo di un ingegnere, condurre i
lavori relativi ad opere idrauliche”.
---------------
Nessuna di tali considerazioni risulta tuttavia
convincente e condivisibile.
2.1.1. Quanto alla prima, è priva di qualsiasi valenza dirimente la
circostanza che la legge di gara abilitava anche gli architetti alla
sottoscrizione dell’offerta tecnica, atteso che la società odierna
appellante contesta proprio tale previsione.
La questione deve essere pertanto essere risolta facendo riferimento
(indipendentemente da ogni considerazione circa la astratta differenza tra
le migliorie e le varianti, come risultante dalla giurisprudenza
amministrativa cui la sentenza fa riferimento, Cons. Stato, V, 10.01.2017 n. 42; ma vedasi anche tra altre, V,
09.09.2014 n. 4578 e, più di
recente, V, 14.05.2018 n. 2853) alla concreta disciplina rinvenibile dal
bando di gara e alla puntuale funzione rimessa agli elaborati tecnici
siccome ivi previsti.
L’appalto de quo, avente a oggetto i lavori “Grande viabilità urbana – 1°
lotto funzionale (tratto via Due Pozzi – via Paradiso)”, attiene alla
realizzazione di opere viarie e idrauliche: in particolare, le opere
rientranti nell’appalto rientrano (pag. 3 della lex specialis) nelle
categorie SOA: prevalente OG3 (strade, autostrade e ponti); scorporabile OG6
(acquedotti); subappaltabile OG10 (impianti per la trasformazione alta/media
tensione e per la distribuzione di energia elettrica in corrente alternata e
continua e impianti di pubblica illuminazione).
L’offerta tecnica, secondo la previsione del bando (pag. 17), consta di una
relazione tecnica contenente “proposte migliorative e aggiuntive” che
vengono preconizzate anche in relazione: alla viabilità e al pacchetto
stradale; all’inserimento di una pista ciclabile; alla regolazione degli
innesti tra la viabilità e la pista ciclabile; all’aumento delle condizioni
di sicurezza stradale; agli impianti fognari; all’impianto di smaltimento
delle acque meteoriche; all’impianto di fogna nera.
Ciò posto, la conclusione che l’offerta tecnica delle partecipanti non
avrebbe potuto sovvertire le caratteristiche progettuali già stabilite
dall’Amministrazione non risulta innanzitutto decisiva, considerato che,
quand’anche non nella forma più radicale della variante, le previste
migliorie e integrazioni -e soprattutto queste ultime- avevano proprio
l’obiettivo di impattare sulla viabilità e sulle opere idrauliche come
risultante dal progetto posto a gara. Proprio per tali ragioni esse non
possono che rientrare nella competenza esclusiva degli ingeneri, ai sensi
degli artt. 51 e 54 del regio decreto 23.10.1925, n. 2537,
“Approvazione del regolamento per le professioni di ingegnere e di
architetto”.
Si rammenta che
- il citato art. 51 stabilisce: “Sono di spettanza della
professione d'ingegnere, il progetto, la condotta e la stima dei lavori per
estrarre, trasformare ed utilizzare i materiali direttamente od
indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le industrie, dei lavori
relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto, di deflusso e di comunicazione,
alle costruzioni di ogni specie, alle macchine ed agli impianti industriali,
nonché in generale alle applicazioni della fisica, i rilievi geometrici e le
operazioni di estimo”;
- l’art. 54, secondo e terzo comma, prevede: “Coloro
che abbiano conseguito il diploma di laurea d'ingegnere-architetto presso
gli istituti d'istruzione superiore indicati nell'art. 1 della legge entro
il 31.12.1924, ovvero lo conseguiranno entro il 31.12.1925,
giusta le norme stabilite dall'art. 6 del R.D. 31.12.1923, n. 2909,
sono autorizzati a compiere anche le mansioni indicate nell'art. 51 del
presente regolamento, eccettuate le applicazioni industriali. La presente
disposizione è applicabile anche a coloro che abbiano conseguito il diploma
di architetto civile nei termini suddetti, ad eccezione però di quanto
riguarda le applicazioni industriali e della fisica, nonché i lavori
relativi alle vie, ai mezzi di comunicazione e di trasporto e alle opere
idrauliche”.
Per altro verso esse sfuggono alla competenza degli architetti, non
rientrando nel concetto di edilizia civile di cui all’art. 52 (“Formano
oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella di architetto
le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di
estimo ad esse relative. Tuttavia le opere di edilizia civile che presentano
rilevante carattere artistico ed il restauro e il ripristino degli edifici
contemplati dalla L. 20.06.1909, n. 364, per l'antichità e le belle
arti, sono di spettanza della professione di architetto; ma la parte tecnica
ne può essere compiuta tanto dall'architetto quanto dall'ingegnere”),
ancorché tale concetto sia considerato nella sua accezione più vasta,
richiamata dalla giurisprudenza (Cons. Stato, VI, 15.03.2013 n. 1550: “si
può affermare che il concetto di ‘opere di edilizia civile’ si estenda
sicuramente oltre gli ambiti più specificamente strutturali, fino a
ricomprendere l’intero complesso degli impianti tecnologici a corredo del
fabbricato, e quindi non solo gli impianti idraulici ma anche quelli di
riscaldamento compresi nell’edificazione”).
Deve al riguardo ancora rammentarsi che, nello stabilire l’ampiezza delle
competenze riconosciute, rispettivamente, agli ingegneri e agli architetti
ai sensi del combinato disposto degli articoli 51 e 52 dello stesso regio
decreto n. 2537 del 1925, la giurisprudenza ha confermato l’orientamento
tradizionale, in ordine alla ricomprensione nell’esclusivo appannaggio della
professione di ingegnere delle opere di carattere più marcatamente
tecnico-scientifico, di ingegneria idraulica, di ammodernamento e
ampliamento della rete idrica comunale (Cons. Stato, VI, n. 1550/2013, cit.).
Recentemente la Sezione ha affermato che “Il r.d. 23.10.1925 n. 2537
recante il regolamento delle professioni di architetto e di ingegnere
esclude per via degli artt. 51 e 54, comma 3, senza dubbi interpretativi la
possibilità che un architetto possa, in luogo di un ingegnere, condurre i
lavori relativi ad opere idrauliche” (Cons. Stato, V, 19.05.2016 n.
2095) (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 20.11.2018 n. 6552 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ottobre 2018 |
|
COMPETENZE PROGETTUALI:
Il Collegio reputa di
dovere confermare quanto già
statuito in sentenze piuttosto recenti
pronunciate su analoghe vicende.
In particolare, s'è statuito che “l’art. 16
del RD 11.02.1929 n. 274 attribuisce alla competenza del
geometra la progettazione direzione, sorveglianza e
liquidazione di costruzioni rurali e di edifici per uso
d'industrie agricole, di limitata importanza, di struttura
ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in
cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di
calcolo e che per la loro destinazione non possono comunque
implicare pericolo per la incolumità delle persone.
Nel caso in esame si tratta di un tradizionale capannone a
pianta rettangolare (con dimensioni di ml. 20x25 circa), con
struttura prefabbricata (articolata in pilastri con
interasse ml. 6,33 su un lato e ml. 9,45 massimi sull’altro,
che reggono la struttura di copertura), e che non presenta
alcun elemento architettonico di rilievo o comunque
complesso.
Va inoltre osservato che i progetti versati in atti (sulla
base dei quali venivano poi rilasciate le varie concessioni
edilizie per l’opera in esame) non rappresentano la versione
esecutiva (che include la risoluzione dei problemi tecnici
di dettaglio e i calcoli strutturali), ma la versione di
massima (che riguarda essenzialmente il profilo
architettonico dell’immobile), per cui il Collegio non
intravede (perlomeno nell’odierna fase
amministrativo-concessoria) particolari difficoltà tecniche
implicanti complesse operazioni di calcolo, fuori dalla
professionalità del geometra, al fine di evitare pericoli
per la pubblica incolumità (che attengono, invece, alla fase
di cantierabilità ed esecuzione dei lavori).
Dagli atti risulta, inoltre, che il progettista e il
direttore dei lavori strutturali è stato l’Ing. ….. e che
l’opera è stata regolarmente collaudata (sotto il profilo
statico) dall’Ing. …..; circostanze che rafforzano la
conclusione che il Geom. …… abbia operato entro i limiti
della propria competenza professionale.
Trova pertanto applicazione anche l’orientamento
giurisprudenziale secondo cui la presenza dell'ingegnere
progettista delle opere strutturali assorbe per intero
quella parte che poteva esorbitare dalla competenza
professionale del geometra. Di conseguenza la contestazione
circa l'inidoneità del geometra a sottoscrivere il progetto
esaminato dal comune viene a cadere e, quindi, tale aspetto
della vicenda non è suscettibile di incidere negativamente
sulla legittimità dell'impugnata concessione edilizia.
Al riguardo il Collegio non ignora che esistono anche
indirizzi giurisprudenziali di contrario avviso adottati
sul rilievo che non sarebbe possibile enucleare e
distinguere un’autonoma attività, per la parte di tali
lavori, riconducibile ad un ingegnere o ad un architetto, il
che (prosegue la citata giurisprudenza) apparirebbe
senz’altro esatto, in quanto chi non è abilitato a delineare
l’ossatura, neppure può essere ritenuto in grado di dare
forma al corpo che deve esserne sorretto.
A giudizio del Collegio appare invece possibile, sulla base
di comuni esperienze di fatto, scindere dette attività
progettuali, poiché definita l’ossatura (o, meglio, la
struttura portante di un edificio, dimensionata per reggere
tutte le sollecitazioni, statiche e dinamiche, verticali e
orizzontali, cui esso è o potrebbe essere sottoposto) da
parte del tecnico a ciò abilitato, l’ulteriore attività
progettuale si risolve nella definizione di elementi di
chiusura della stessa, mediante opere di tamponamento
interno ed esterno di natura essenzialmente architettonica;
opere volte a delimitare gli spazi in cui si svolge
l’attività umana e che non richiedono il possesso di
specifiche competenze strutturali (attività che, spesso,
viene svolta dai tecnici specializzati nei soli componenti
d’arredo)….”.
---------------
... per l'annullamento della concessione edilizia n. 2002
del 02.09.1996, rilasciata dal sindaco del Comune di Cupra
Montana per la costruzione di un opificio industriale con
annessi uffici, su progetto a firma del geometra Al.Co.,
nonché di tutti gli atti conseguenti e connessi,
...
I. Con la concessione edilizia impugnata, il Comune di
Cupramontana ha autorizzato la costruzione di un edificio
industriale di rilevanti dimensioni (5.112 mc di volume e
720 mq di superficie complessiva), avente la tipologia di un
capannone prefabbricato, sulla base di un progetto redatto e
firmato dal geometra Al.Co..
Sul presupposto che detto progetto esuli dai limiti di
competenza fissati dall’ordinamento per i professionisti
iscritti all’albo dei geometri, il Consiglio dell’ordine
degli ingegneri di Ancona ha impugnato la predetta
concessione lamentandone l’illegittimità per violazione e
falsa applicazione dell’art. 16 del R.D. n. 274
dell’11.02.1929, dell’art. 1 del R.D. n. 2229 del 16.11.1939
e dell’art. 57 della legge n. 144 del 02.03.1949, nonché per
violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 07.08.1990 ed
eccesso di potere.
...
II. Il ricorso non è fondato.
II.1. Con particolare riferimento al primo motivo,
con cui si lamenta, in sostanza, la violazione delle norme
sulle competenze professionali dei geometri (si assume, in
particolare, che il progetto approvato, redatto appunto da
un geometra, prevede la realizzazione di strutture in
cemento armato di rilevanti dimensioni, come tali rientranti
nelle competenze degli ingegneri e degli architetti) e su
cui poggia quasi completamente il ricorso in esame, esso va
respinto per le ragioni che si vanno ad illustrare.
Il Collegio non ignora l’esistenza di orientamenti
giurisprudenziali contrastanti sul punto, tuttavia reputa di
dovere confermare, condividendone i princìpi, quanto già
statuito dal Tribunale in sentenze piuttosto recenti
pronunciate su analoghe vicende.
In particolare, nella sentenza n. 559 del 2013, il
Tribunale, facendo propri gli enunciati contenuti nella
sentenza n. 355 del 2011, coeva alla sentenza n. 356 del
2011, entrambe di questo TAR, ha statuito che “l’art. 16
del RD 11.02.1929 n. 274 attribuisce alla competenza del
geometra la progettazione direzione, sorveglianza e
liquidazione di costruzioni rurali e di edifici per uso
d'industrie agricole, di limitata importanza, di struttura
ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in
cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di
calcolo e che per la loro destinazione non possono comunque
implicare pericolo per la incolumità delle persone.
Nel caso in esame si tratta di un tradizionale capannone a
pianta rettangolare (con dimensioni di ml. 20x25 circa), con
struttura prefabbricata (articolata in pilastri con
interasse ml. 6,33 su un lato e ml. 9,45 massimi sull’altro,
che reggono la struttura di copertura), e che non presenta
alcun elemento architettonico di rilievo o comunque
complesso.
Va inoltre osservato che i progetti versati in atti (sulla
base dei quali venivano poi rilasciate le varie concessioni
edilizie per l’opera in esame) non rappresentano la versione
esecutiva (che include la risoluzione dei problemi tecnici
di dettaglio e i calcoli strutturali), ma la versione di
massima (che riguarda essenzialmente il profilo
architettonico dell’immobile), per cui il Collegio non
intravede (perlomeno nell’odierna fase
amministrativo-concessoria) particolari difficoltà tecniche
implicanti complesse operazioni di calcolo, fuori dalla
professionalità del geometra, al fine di evitare pericoli
per la pubblica incolumità (che attengono, invece, alla fase
di cantierabilità ed esecuzione dei lavori).
Dagli atti risulta, inoltre, che il progettista e il
direttore dei lavori strutturali è stato l’Ing. ….. e che
l’opera è stata regolarmente collaudata (sotto il profilo
statico) dall’Ing. …..; circostanze che rafforzano la
conclusione che il Geom. …… abbia operato entro i limiti
della propria competenza professionale.
Trova pertanto applicazione anche l’orientamento
giurisprudenziale, già condiviso da questo Tribunale (cfr.
TAR Marche 13.03.2008 n. 194; 23.11.2001 n. 1220), secondo
cui la presenza dell'ingegnere progettista delle opere
strutturali assorbe per intero quella parte che poteva
esorbitare dalla competenza professionale del geometra. Di
conseguenza la contestazione circa l'inidoneità del geometra
a sottoscrivere il progetto esaminato dal comune viene a
cadere e, quindi, tale aspetto della vicenda non è
suscettibile di incidere negativamente sulla legittimità
dell'impugnata concessione edilizia (cfr. Cons. Stato, Sez.
V, 04.06.2003 n. 3068; v. anche Cons. Stato, Sez. V
03.10.2002 n. 5208 riguardante edifici analoghi).
Al riguardo il Collegio non ignora che esistono anche
indirizzi giurisprudenziali di contrario avviso (cfr. da
ultimo, Cons. Stato, Sez. V, 28.04.2011 n. 253), adottati
sul rilievo che non sarebbe possibile enucleare e
distinguere un’autonoma attività, per la parte di tali
lavori, riconducibile ad un ingegnere o ad un architetto, il
che (prosegue la citata giurisprudenza) apparirebbe
senz’altro esatto, in quanto chi non è abilitato a delineare
l’ossatura, neppure può essere ritenuto in grado di dare
forma al corpo che deve esserne sorretto.
A giudizio del Collegio appare invece possibile, sulla base
di comuni esperienze di fatto, scindere dette attività
progettuali, poiché definita l’ossatura (o, meglio, la
struttura portante di un edificio, dimensionata per reggere
tutte le sollecitazioni, statiche e dinamiche, verticali e
orizzontali, cui esso è o potrebbe essere sottoposto) da
parte del tecnico a ciò abilitato, l’ulteriore attività
progettuale si risolve nella definizione di elementi di
chiusura della stessa, mediante opere di tamponamento
interno ed esterno di natura essenzialmente architettonica;
opere volte a delimitare gli spazi in cui si svolge
l’attività umana e che non richiedono il possesso di
specifiche competenze strutturali (attività che, spesso,
viene svolta dai tecnici specializzati nei soli componenti
d’arredo)….”.
I suesposti principi, che il Collegio condivide
integralmente, sono applicabili anche alla fattispecie, dal
momento che il geometra Co. ha curato la progettazione solo
dal punto di vista architettonico e con riguardo ad elementi
che rientrano sicuramente nelle sue competenze
professionali.
Viceversa, come si evince dalla
documentazione depositata, tutti i manufatti in cemento
armato sono stati progettati e collaudati da ingegneri, i
quali non si sono limitati a controfirmare il progetto del
geometra Co., ma hanno sottoscritto in proprio i rispettivi
elaborati. Inoltre, l’indagine geologica sulla consistenza
dei terreni è stata condotta da un professionista geologo.
Ne consegue che, nonostante si sia in presenza di un
manufatto di non ridotte dimensioni, la sua realizzazione
non può definirsi complessa per quel che attiene alle
competenze di fatto esercitate dal geometra, il quale,
sottoscrivendo il progetto assentito con la concessione per
cui è causa, ha operato nell’ambito delle proprie
professionalità.
II.2. Per tutto quanto sopra evidenziato, cade anche la
censura di difetto di motivazione contenuta nel secondo
motivo.
III. In conclusione, il ricorso è infondato e va respinto (TAR
Marche,
sentenza 02.10.2018 n. 634 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
settembre 2018 |
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COMPETENZE PROGETTUALI:
Si rammenta che:
- l'art. 51 RD 23.10.1925 n. 2537
stabilisce che: “Sono di spettanza della
professione d'ingegnere, il progetto, la condotta e la stima dei lavori per
estrarre, trasformare ed utilizzare i materiali direttamente od
indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le industrie, dei lavori
relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto, di deflusso e di comunicazione,
alle costruzioni di ogni specie, alle macchine ed agli impianti industriali,
nonché in generale alle applicazioni della fisica, i rilievi geometrici e le
operazioni di estimo”;
- l’art. 54, secondo e terzo comma, prevede che: “Coloro
che abbiano conseguito il diploma di laurea d'ingegnere-architetto presso
gli istituti d'istruzione superiore indicati nell'art. 1 della legge entro
il 31.12.1924, ovvero lo conseguiranno entro il 31.12.1925,
giusta le norme stabilite dall'art. 6 del R.D. 31.12.1923, n. 2909,
sono autorizzati a compiere anche le mansioni indicate nell'art. 51 del
presente regolamento, eccettuate le applicazioni industriali. La presente
disposizione è applicabile anche a coloro che abbiano conseguito il diploma
di architetto civile nei termini suddetti, ad eccezione però di quanto
riguarda le applicazioni industriali e della fisica, nonché i lavori
relativi alle vie, ai mezzi di comunicazione e di trasporto e alle opere
idrauliche”.
Ciò detto, esse sfuggono alla competenza degli architetti, non
rientrando nel concetto di edilizia civile di cui all’art. 52 (“Formano
oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella di architetto
le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di
estimo ad esse relative. Tuttavia le opere di edilizia civile che presentano
rilevante carattere artistico ed il restauro e il ripristino degli edifici
contemplati dalla L. 20.06.1909, n. 364, per l'antichità e le belle
arti, sono di spettanza della professione di architetto; ma la parte tecnica
ne può essere compiuta tanto dall'architetto quanto dall'ingegnere”), ancorché tale concetto sia considerato nella sua accezione più vasta,
richiamata dalla giurisprudenza. Invero, “si
può affermare che il concetto di ‘opere di edilizia civile’ si estenda
sicuramente oltre gli ambiti più specificamente strutturali, fino a
ricomprendere l’intero complesso degli impianti tecnologici a corredo del
fabbricato, e quindi non solo gli impianti idraulici ma anche quelli di
riscaldamento compresi nell’edificazione”.
Deve ancora rammentarsi che, nello stabilire l’ampiezza delle
competenze riconosciute, rispettivamente, agli ingegneri e agli architetti
ai sensi del combinato disposto degli articoli 51 e 52 dello stesso regio
decreto n. 2537 del 1925, la giurisprudenza ha confermato l’orientamento
tradizionale, in ordine alla ricomprensione nell’esclusivo appannaggio della
professione di ingegnere delle opere di carattere più marcatamente
tecnico-scientifico, di ingegneria idraulica, di ammodernamento e
ampliamento della rete idrica comunale.
Recentemente la Sezione ha affermato che “Il r.d. 23.10.1925 n. 2537
recante il regolamento delle professioni di architetto e di ingegnere
esclude per via degli artt. 51 e 54, comma 3, senza dubbi interpretativi la
possibilità che un architetto possa, in luogo di un ingegnere, condurre i
lavori relativi ad opere idrauliche”.
---------------
2. Passando all’esame del primo motivo dell’appello principale, lo
stesso si rivela fondato.
2.1. La sentenza appellata ha respinto il corrispondente primo motivo del
ricorso della La.Ed. e St., ancorando la legittimità della sottoscrizione
dell’offerta tecnica del Consorzio aggiudicatario da parte di un architetto
(invece che ad un ingegnere) a due ordini di considerazioni:
- la prima,
secondo cui il fatto che l’offerta tecnica contenesse offerte migliorative
non sovvertiva per definizione le caratteristiche essenziali del progetto
esecutivo posto a base di gara (con la conseguenza che nel concreto
l’offerto poteva essere indifferentemente sottoscritta da un ingegnere o da
un architetto);
- la seconda, secondo cui l’oggetto dell’appalto
consisteva in un’articolata opera di (ri)sistemazione urbana, così che il
contributo in termini di apporto tecnico progettuale sarebbe stato
astrattamente fornibile tanto da un architetto quanto da un ingegnere,
essendo le prestazioni professionali richieste del tutto equipollenti.
Nessuna di tali considerazioni risulta tuttavia convincente e condivisibile.
2.1.1. Quanto alla prima, è priva di qualsiasi valenza dirimente la
circostanza che la legge di gara abilitava anche gli architetti alla
sottoscrizione dell’offerta tecnica, atteso che la società odierna
appellante contesta proprio tale previsione.
La questione deve essere pertanto essere risolta facendo riferimento
(indipendentemente da ogni considerazione circa la astratta differenza tra
le migliorie e le varianti, come risultante dalla giurisprudenza
amministrativa cui la sentenza fa riferimento, Cons. Stato, V, 10.01.2017 n. 42; ma vedasi anche tra altre, V,
09.09.2014 n. 4578 e, più di
recente, V, 14.05.2018 n. 2853) alla concreta disciplina rinvenibile dal
bando di gara e alla puntuale funzione rimessa agli elaborati tecnici
siccome ivi previsti.
L’appalto de quo, avente a oggetto i lavori “Grande viabilità urbana – 1°
lotto funzionale (tratto via Due Pozzi – via Paradiso)”, attiene alla
realizzazione di opere viarie e idrauliche: in particolare, le opere
rientranti nell’appalto rientrano (pag. 3 della lex specialis) nelle
categorie SOA: prevalente OG3 (strade, autostrade e ponti); scorporabile OG6
(acquedotti); subappaltabile OG10 (impianti per la trasformazione alta/media
tensione e per la distribuzione di energia elettrica in corrente alternata e
continua e impianti di pubblica illuminazione).
L’offerta tecnica, secondo la previsione del bando (pag. 17), consta di una
relazione tecnica contenente “proposte migliorative e aggiuntive” che
vengono preconizzate anche in relazione: alla viabilità e al pacchetto
stradale; all’inserimento di una pista ciclabile; alla regolazione degli
innesti tra la viabilità e la pista ciclabile; all’aumento delle condizioni
di sicurezza stradale; agli impianti fognari; all’impianto di smaltimento
delle acque meteoriche; all’impianto di fogna nera.
Ciò posto, la conclusione che l’offerta tecnica delle partecipanti non
avrebbe potuto sovvertire le caratteristiche progettuali già stabilite
dall’Amministrazione non risulta innanzitutto decisiva, considerato che,
quand’anche non nella forma più radicale della variante, le previste
migliorie e integrazioni -e soprattutto queste ultime- avevano proprio
l’obiettivo di impattare sulla viabilità e sulle opere idrauliche come
risultante dal progetto posto a gara. Proprio per tali ragioni esse non
possono che rientrare nella competenza esclusiva degli ingeneri, ai sensi
degli artt. 51 e 54 del regio decreto 23.10.1925, n. 2537,
“Approvazione del regolamento per le professioni di ingegnere e di
architetto”.
Si rammenta che
- il citato art. 51 stabilisce: “Sono di spettanza della
professione d'ingegnere, il progetto, la condotta e la stima dei lavori per
estrarre, trasformare ed utilizzare i materiali direttamente od
indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le industrie, dei lavori
relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto, di deflusso e di comunicazione,
alle costruzioni di ogni specie, alle macchine ed agli impianti industriali,
nonché in generale alle applicazioni della fisica, i rilievi geometrici e le
operazioni di estimo”;
- l’art. 54, secondo e terzo comma, prevede: “Coloro
che abbiano conseguito il diploma di laurea d'ingegnere-architetto presso
gli istituti d'istruzione superiore indicati nell'art. 1 della legge entro
il 31.12.1924, ovvero lo conseguiranno entro il 31.12.1925,
giusta le norme stabilite dall'art. 6 del R.D. 31.12.1923, n. 2909,
sono autorizzati a compiere anche le mansioni indicate nell'art. 51 del
presente regolamento, eccettuate le applicazioni industriali. La presente
disposizione è applicabile anche a coloro che abbiano conseguito il diploma
di architetto civile nei termini suddetti, ad eccezione però di quanto
riguarda le applicazioni industriali e della fisica, nonché i lavori
relativi alle vie, ai mezzi di comunicazione e di trasporto e alle opere
idrauliche”.
Per altro verso esse sfuggono alla competenza degli architetti, non
rientrando nel concetto di edilizia civile di cui all’art. 52 (“Formano
oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella di architetto
le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di
estimo ad esse relative. Tuttavia le opere di edilizia civile che presentano
rilevante carattere artistico ed il restauro e il ripristino degli edifici
contemplati dalla L. 20.06.1909, n. 364, per l'antichità e le belle
arti, sono di spettanza della professione di architetto; ma la parte tecnica
ne può essere compiuta tanto dall'architetto quanto dall'ingegnere”), ancorché tale concetto sia considerato nella sua accezione più vasta,
richiamata dalla giurisprudenza (Cons. Stato, VI, 15.03.2013 n. 1550: “si
può affermare che il concetto di ‘opere di edilizia civile’ si estenda
sicuramente oltre gli ambiti più specificamente strutturali, fino a
ricomprendere l’intero complesso degli impianti tecnologici a corredo del
fabbricato, e quindi non solo gli impianti idraulici ma anche quelli di
riscaldamento compresi nell’edificazione”).
Deve al riguardo ancora rammentarsi che, nello stabilire l’ampiezza delle
competenze riconosciute, rispettivamente, agli ingegneri e agli architetti
ai sensi del combinato disposto degli articoli 51 e 52 dello stesso regio
decreto n. 2537 del 1925, la giurisprudenza ha confermato l’orientamento
tradizionale, in ordine alla ricomprensione nell’esclusivo appannaggio della
professione di ingegnere delle opere di carattere più marcatamente
tecnico-scientifico, di ingegneria idraulica, di ammodernamento e
ampliamento della rete idrica comunale (Cons. Stato, VI, n. 1550/2013, cit.).
Recentemente la Sezione ha affermato che “Il r.d. 23.10.1925 n. 2537
recante il regolamento delle professioni di architetto e di ingegnere
esclude per via degli artt. 51 e 54, comma 3, senza dubbi interpretativi la
possibilità che un architetto possa, in luogo di un ingegnere, condurre i
lavori relativi ad opere idrauliche” (Cons. Stato, V, 19.05.2016 n.
2095).
2.1.2. Ad analoghe conclusioni, di non condivisibilità del convincimento del
primo giudice, deve giungersi anche per il secondo ordine di considerazioni
che, oltre a sottovalutare immotivatamente e in concreto la portata delle
specifiche varianti migliorative e integrative costituenti, a termini del
bando di gara, precipuo oggetto della offerta tecnica delle partecipanti
alla procedura, si profila del tutto immotivata anche nel disattendere le
distinzioni insistenti tra le due considerate categorie professionali, come
pure lamentato dal primo motivo dell’appello in esame.
3. L’appello, assorbita ogni altra questione pure introdotta dalla parte
appellante (e tra esse quella della possibilità di una contemporanea
iscrizione agli ordini delle due considerate professioni di ingegnere e
architetto), va pertanto accolto, con conseguente riforma della sentenza
appellata e accoglimento della domanda demolitoria formulata in primo grado (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza
27.09.2018 n.
6552 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
agosto 2018 |
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COMPETENZE
PROGETTUALI:
Sulla competenza, o meno, di un ingegnere meccanico in materia di
pianificazione urbanistica e territoriale.
Sino alla riforma dell’Albo degli ingegneri,
avvenuta con gli artt. 45 ss. d.P.R. 05.06.2001, n. 328, la professione di
ingegnere era unitaria.
Colui che era laureato in ingegneria meccanica, dunque, poteva, una volta
superato l’esame di abilitazione alla professione e una volta iscritto
all’Albo, esercitare la professione di ingegnere che, ai sensi dell’art. 51
r.d. 23.10.1925, n. 2537, ricomprende “il progetto, la condotta e la
stima dei lavori per estrarre, trasformare ed utilizzare i materiali
direttamente od indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le
industrie, dei lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto, di
deflusso e di comunicazione, alle costruzioni di ogni specie, alle macchine
ed agli impianti industriali, nonché in generale alle applicazioni della
fisica, i rilievi geometrici e le operazioni di estimo”.
Con il citato d.P.R. n. 328 del 2001 è stata prevista la ripartizione
dell’Albo in due sezioni, la A (per coloro che abbiano conseguito la laurea
magistrale) e la B (per coloro che abbiano conseguito la laurea triennale).
Entrambe le sezioni sono articolate in tre settori: civile e ambientale;
industriale; dell’informazione.
Ai sensi dell’art. 49 del testo normativo, coloro che già appartenevano
all'Ordine degli ingegneri al momento della riforma dell’Albo sarebbero
stati iscritti nella sezione A dell'albo degli ingegneri, nonché nel
settore, o nei settori, per il quale ciascuno di essi dichiara di optare.
----------------
MASSIMA
1. – Gi.An., ingegnere, ha impugnato d’innanzi a questo Tribunale
Amministrativo Regionale il bando e il disciplinare di gara con i quali il
Comune di Catanzaro ha messo a gara l’affidamento dell’incarico per la
redazione del nuovo piano strutturale comunale, nonché le delibere
prodromiche all’indizione della gara.
Con motivi aggiunti egli ha impugnato anche gli atti attraverso i quali si è
giunti all’affidamento dell’incarico al R.T.I. St.As. d:rh architetti ed
associati / Cr. S.r.l. Società di Ingegneria.
...
5. – Venendo all’esame dei motivi di ricorso, occorre interrogarsi sulla
legittimazione del ricorrente a proporre l’azione oggi in esame.
5.1. – Va premesso, in proposito, che Gi.An. non ha partecipato alla gara.
Egli, infatti, ha conseguito nel 1955 la laurea in ingegneria meccanica,
mentre il disciplinare di gara prevede che il progettista responsabile del
gruppo di progettazione sia in possesso della laurea in pianificazione
urbanistica e territoriale o in architettura o in ingegneria civile.
In proposito, ritiene il Collegio che non si si possa ritenere
l’equipollenza tra la laurea in ingegnera meccanica conseguita dal
ricorrente e quelle richieste dal bando.
Infatti, la giurisprudenza ha chiarito che, ove il bando richieda per la
partecipazione ad un pubblico concorso il possesso di un determinato titolo
di studio o di uno ad esso equipollente, la determinazione dello stesso deve
essere intesa in senso tassativo, con riferimento alla valutazione di
equipollenza formulata da un atto normativo e non può essere integrata da
valutazioni di tipo sostanziale compiute ex post dall'amministrazione
(Cons. Stato, Sez. V, 06.12.2012, n. 6260; TAR Sicilia–Palermo, Sez. III,
21.06.2007, n. 1677).
Ebbene, nel caso di specie nessuna norma sancisce l’equipollenza tra le due
lauree in considerazione.
Dunque, il ricorrente non avrebbe potuto partecipare alla procedura di gara
quale responsabile della progettazione, in quanto la laurea da lui
conseguita non può essere considerata equipollente a quelle richieste dal
bando.
5.2. – Ancorché non abbia partecipato alla procedura di gara, Gi.An. dunque
legittimato a impugnare la clausola del disciplinare di gara, che risulta
escludente nei suoi confronti (il principio è stato da ultimo ribadito da
Cons. Stato, Ad Plen., 26.04.2018, n. 4).
5.3. – Sempre in via preliminare va affermato che, benché il bando e il
disciplinare di gara siano stati preceduti da una delibera di Giunta
comunale e da alcune determinazioni dirigenziali, pure fatte oggetto di
impugnative da parte del ricorrente, è solo lex specialis di gara ad
avere rilevanza esterna.
La tempestività dell’impugnazione, contestata dal Comune di Catanzaro, va
dunque verificata in ragione della pubblicazione di tali atti, nel caso di
specie avvenuta in data 24.10.2016,
Il ricorso, portato alla notifica il 22.11.2016, è pertanto tempestivo.
5.4. – Nel merito, il ricorrente contesta la previsione del disciplinare di
gara avente effetto escludente nei suoi confronti, in quanto sarebbe
irragionevole e si porrebbe in contrasto con l’art. 49 d.P.R. 05.06.2001.
5.5. – Va rilevato che, sino alla riforma dell’Albo degli ingegneri,
avvenuta con gli artt. 45 ss. d.P.R. 05.06.2001, n. 328, la professione di
ingegnere era unitaria.
Colui che era laureato in ingegneria meccanica, dunque, poteva, una volta
superato l’esame di abilitazione alla professione e una volta iscritto
all’Albo, esercitare la professione di ingegnere che, ai sensi dell’art. 51
r.d. 23.10.1925, n. 2537, ricomprende “il progetto, la condotta e la
stima dei lavori per estrarre, trasformare ed utilizzare i materiali
direttamente od indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le
industrie, dei lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto, di
deflusso e di comunicazione, alle costruzioni di ogni specie, alle macchine
ed agli impianti industriali, nonché in generale alle applicazioni della
fisica, i rilievi geometrici e le operazioni di estimo”.
Con il citato d.P.R. n. 328 del 2001 è stata prevista la ripartizione
dell’Albo in due sezioni, la A (per coloro che abbiano conseguito la laurea
magistrale) e la B (per coloro che abbiano conseguito la laurea triennale).
Entrambe le sezioni sono articolate in tre settori: civile e ambientale;
industriale; dell’informazione.
Ai sensi dell’art. 49 del testo normativo, coloro che già appartenevano
all'Ordine degli ingegneri al momento della riforma dell’Albo sarebbero
stati iscritti nella sezione A dell'albo degli ingegneri, nonché nel
settore, o nei settori, per il quale ciascuno di essi dichiara di optare.
Dalla documentazione in atti risulta che l’odierno ricorrente è allo stato
iscritto all’Albo degli Ingegneri, Sezione A, per tutti i settori previsti
dalla legge.
Egli, pertanto, può, sin dalla sua iscrizione all’Albo –avvenuta nel 1956–
svolgere l’attività di ingegnere civile.
5.6. – La previsione del disciplinare di gara oggetto di censura, da parte
sua, non tiene conto dell’evoluzione normativa, escludendo dalla
partecipazione alla gara chi, come il ricorrente, legittimamente esercita
l’attività di ingegnere civile, sol perché ha conseguito la laurea sotto un
regime normativo diverso, che non differenziava così nettamente come fa la
legislazione attuale, le varie branche dell’ingegneria.
Tale esclusione è evidentemente irragionevole e si pone in contrasto con
l’art. 49 d.P.R. n. 328 del 2001, il quale ha dettato una specifica
disciplina transitoria per salvaguardare la posizione di chi si sia laureato
e abbia avviato la propria attività di ingegnere sotto il precedente regime
normativo.
5.7. – Il ricorso è sul punto fondato, essendo illegittima la previsione del
disciplinare di gara che, all’art. 3.b.1., prevede che il soggetto
responsabile del gruppo di progettazione sia in possesso della laurea in
pianificazione urbanistica e territoriale, o in architettura o in ingegneria
civile e non consente la partecipazione alla gara quali responsabili del
gruppo di progettazione a coloro che siano iscritti all’Albo degli
ingegneri, Sezione A, settore ingegneria civile e ambientale pur non avendo
conseguito la laurea in ingegneria civile (TAR Calabria-Catanzaro, Sez. I, la
sentenza 02.08.2018 n. 1507 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
giugno 2018 |
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COMPETENZE PROGETTUALI:
Spetta all’architetto e non all’ingegnere la
direzione lavori su un edificio vincolato.
Non si appalesa illegittima la scelta
dell’amministrazione comunale di riservare la direzione dei
lavori ad un professionista in possesso della qualifica di
architetto.
Tanto in virtù dell’art. 52 del R.D. n. 2537/1925 recante il
regolamento per le professioni di ingegnere e di architetto,
secondo cui “le opere di edilizia civile che presentano
rilevante carattere artistico ed il restauro e il ripristino
degli edifici contemplati dalla L. 20.06.1909, n. 364, per
l'antichità e le belle arti, sono di spettanza della
professione di architetto; ma la parte tecnica ne può essere
compiuta tanto dall'architetto quanto dall'ingegnere”.
Ciò posto, secondo l’indirizzo espresso dalla giurisprudenza
amministrativa la riserva di competenza degli architetti sussiste
per ogni tipologia di intervento su immobili gravati da
vincolo storico-artistico, ad eccezione delle attività
propriamente tecniche di edilizia civile per le quali il
citato art. 52 prevede la competenza anche degli ingegneri;
la competenza degli architetti, poi, si estende anche agli
interventi realizzati su immobili non assoggettati a vincolo
quando presentino “rilevante interesse artistico”.
---------------
L’ingegnere Si.Ad. premette che, con determinazione n. 669
del 15.10.2013, ha conseguito dal Comune di Cerreto Sannita
l’affidamento dell’incarico per la progettazione esecutiva
ed il coordinamento della sicurezza in fase di progettazione
dei “Lavori di riqualificazione ed adeguamento della
struttura comunale adiacente Palazzo S. Antonio da
destinarsi a Centro Polifunzionale”.
Con il presente ricorso si duole della propria
pretermissione disposta con determina dirigenziale n. 558
del 01.09.2014 dalla procedura successivamente indetta
dall’ente locale per l’affidamento dell’incarico di
direttore dei lavori de quibus, essendogli stato
preferito l’architetto controinteressato. Nel provvedimento
impugnato l’amministrazione ha richiamato una pronuncia del
TAR Veneto n. 743/2014 secondo cui gli interventi di
restauro e recupero di edifici vincolati come beni culturali
e di interesse storico – artistico, come l’edificio oggetto
dell’intervento, sono di competenza esclusiva degli
architetti e non degli ingegneri; pertanto,
l’amministrazione ha affidato l’incarico in parola
all’architetto Onofrio Vittorino individuato all’esito di
una specifica procedura selettiva.
L’istante espone di aver inoltrato invano atto di diffida
all’esercizio del potere di autotutela, ma di non aver mai
proposto impugnazione nel termine di legge.
Lamenta quindi la violazione dell’art. 130 del D.Lgs. n.
163/2006 che, nella formulazione vigente ratione temporis,
sanciva un ordine di priorità nella scelta dei soggetti
chiamati ad espletare l’incarico di direzione dei lavori in
caso di carenza di personale tecnico nell’organico
dell’amministrazione, indicando alla lett. b) il
professionista incaricato della progettazione (“il
progettista incaricato ai sensi dell’articolo 90, comma 6”);
parte ricorrente ritiene quindi che, in forza di tale
previsione, l’amministrazione avrebbe dovuto preferirlo,
avendo il medesimo curato la progettazione esecutiva.
...
Nel merito, il ricorso è infondato per i motivi di seguito
riportati.
E’ stata prodotta agli atti di causa la nota della
Soprintendenza BB.AA.CC. di Caserta e Benevento prot. n.
20145 del 10.10.2013 recante parere favorevole ex art. 21
del D.Lgs. n. 42/2004 in ordine ai lavori di “riqualificazione
ed adeguamento della struttura comunale adiacente al palazzo
Sant’Antonio” (cfr. doc. 1 depositato il 06.05.2015) con
cui l’amministrazione preposta alla tutela dei beni
culturali rappresenta l’opportunità di affidare i lavori
de quibus ad impresa qualificata per la categoria del
restauro (OG2), dato l’interesse storico–artistico
dell’immobile.
Alla luce di tale situazione di fatto, non si appalesa
illegittima la scelta dell’amministrazione comunale
resistente di riservare la direzione dei lavori ad un
professionista in possesso della qualifica di architetto.
Tanto in virtù dell’art. 52 del R.D. n. 2537/1925 recante il
regolamento per le professioni di ingegnere e di architetto,
secondo cui “le opere di edilizia civile che presentano
rilevante carattere artistico ed il restauro e il ripristino
degli edifici contemplati dalla L. 20.06.1909, n. 364, per
l'antichità e le belle arti, sono di spettanza della
professione di architetto; ma la parte tecnica ne può essere
compiuta tanto dall'architetto quanto dall'ingegnere”.
A tale proposito, non è condivisibile la tesi di parte
ricorrente che riconduce l’intervento a meri lavori a
carattere edile di completamento e di natura impiantistica;
invero, la deduzione collide con le risultanze di causa e,
segnatamente, con il descritto parere della Soprintendenza
che, come si è visto, ha ritenuto imprescindibile la
qualificazione della impresa incaricata per la categoria OG2
che, come noto, attiene più in generale al restauro e
manutenzione dei beni immobili sottoposti a tutela ai sensi
delle disposizioni in materia di beni culturali e ambientali
(quindi ad un complesso di interventi più ampio rispetto
alla mera attività di impiantistica e di completamento edile
prospettato dalla parte istante).
Ciò posto, secondo l’indirizzo espresso dalla giurisprudenza
amministrativa (cfr. Consiglio di Stato, n. 21/2014; TAR
Lazio, Roma, n. 7997/2011 e TAR Campania, Salerno, n.
149/2015) la riserva di competenza degli architetti sussiste
per ogni tipologia di intervento su immobili gravati da
vincolo storico-artistico, ad eccezione delle attività
propriamente tecniche di edilizia civile per le quali il
citato art. 52 prevede la competenza anche degli ingegneri;
la competenza degli architetti, poi, si estende anche agli
interventi realizzati su immobili non assoggettati a vincolo
quando presentino “rilevante interesse artistico”
(cfr. TAR Lazio, Roma, n. 7997/2011), come nel caso in
trattazione.
Nel dettaglio, con sentenza n. 21/2014 (richiamata nella
pronuncia del TAR Veneto n. 743/2014, a sua volta citata nel
provvedimento impugnato) il Consiglio di Stato, richiamando
anche giurisprudenza comunitaria, ha chiarito come non sia
esatto affermare che l’ordinamento comunitario riconosca a
tutti gli ingegneri di Paesi dell’U.E. diversi dall’Italia
(con esclusione dei soli ingegneri italiani)
l’indiscriminato esercizio delle attività tipiche della
professione di architetto (tra cui le attività relative ad
immobili di interesse storico-artistico); al contrario,
giusta la normativa comunitaria, si è ritenuto che
l’esercizio di tali attività -in regime di mutuo
riconoscimento– è consentito ai soli professionisti che (al
di là del nomen iuris del titolo posseduto) possano
vantare un percorso formativo adeguatamente finalizzato
all’esercizio delle attività tipiche della professione di
architetto.
In altri termini, è sempre vigente ed applicabile, non
contrastando con il diritto comunitario, la su citata
normativa nazionale secondo cui la progettazione e la
direzione lavori su beni di interesse storico e/o artistico
è riservata agli architetti, ovvero a coloro che hanno
compiuto un percorso formativo equiparabile a quello che in
Italia è necessario per conseguire tale titolo.
Quindi, la giurisprudenza amministrativa ha concluso sul
punto che la norma in questione, nella misura in cui vuole
garantire che a progettare interventi edilizi su immobili di
interesse storico-artistico siano professionisti forniti di
una specifica preparazione nel campo delle arti, e
segnatamente di una adeguata formazione umanistica, deve
ritenersi tuttora vigente.
Quanto agli ulteriori rilievi, valgano le considerazioni di
seguito illustrate;
- il provvedimento reca compiuta indicazione
delle ragioni logico–giuridiche, mediante per relationem
con rinvio alla sentenza del TAR Veneto sopra indicata,
tant’è che la parte ha potuto attivare il rimedio
giurisdizionale con cognizione di causa, contestando nel
merito il costrutto argomentativo svolto dall’ente locale;
- la circostanza che la progettazione esecutiva
sia stata eseguita da un ingegnere e non da un architetto
non esclude che, avvedutasi delle proprie scelte,
l’amministrazione non potesse legittimamente “correggere
il tiro” e affidare la direzione dei lavori in
conformità alla richiamata disposizione normativa.
In conclusione, non si ravvisa alcuna illegittimità nella
scelta perseguita dall’azione amministrativa; la carenza di
un presupposto dell’azione risarcitoria, costituita dalla
illegittimità dell’azione amministrativa, conduce al rigetto
della domanda risarcitoria.
In ragione della specificità delle questioni trattate, il
Collegio ritiene di disporre l’integrale compensazione delle
spese processuali tra le parti costituite (TAR
Campania-Napoli, Sez. I,
sentenza 05.06.2018 n. 3718 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
maggio 2018 |
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COMPETENZE PROGETTUALI:
Il criterio per accertare se una costruzione sia
da considerare modesta -e quindi se la sua progettazione
rientri nella competenza professionale dei geometri-
consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la
progettazione e l’esecuzione dell’opera comportano e le
capacità occorrenti per superarle.
A questo fine, mentre non è decisivo il mancato uso del
cemento armato (ben potendo anche una costruzione “non
modesta” essere realizzata senza di esso), assume
significativa rilevanza il fatto che la costruzione sorga in
zona sismica, con conseguente assoggettamento di ogni
intervento edilizio alla normativa di cui alla l. n. 64
cit., la quale impone calcoli complessi che esulano dalle
competenze professionali dei geometri.
---------------
Sulla qualificazione, infine, del professionista incaricato,
il Comune rileva che il progetto -assentito in base alla
legge n. 219/1981, recante «Conversione in legge, con
modificazioni, del D.L. 19.03.1981, n. 75, recante ulteriori
interventi in favore delle popolazioni colpite dagli eventi
sismici del novembre 1980 e del febbraio 1981. Provvedimenti
organici per la ricostruzione e lo sviluppo dei territori
colpiti»- è sottoscritto da un perito edile, non
abilitato a tal fine.
Per vero, il «Progetto di variante-stralcio mediante
scorporo di unità abitativa “autonoma” dalla concessione con
contributo n. 273/03 (Richiesta di nuova concessione)
Aggiornamento richiesto con nota U.T.C. n. 4254 del 26/11/07»
in data 04.12.2007 -approvato dal Comune di Roccapiemonte in
data 25.02.2010 (verbale n. 138 Commissione ex art. 14 legge
n. 219/1981)- e la Relazione tecnica allegata risultano
elaborati dal perito edile Gi.Fa., il quale dichiara, tra
l’altro, che:
- «il danno subito dall’immobile è da ritenersi in stretta
connessione con l’evento sismico dell’23/11/80 e successive
scosse sismiche; e che pertanto l’intervento di riparazione
proposto è indispensabile al fine di una tale rifusione dei
danni subiti»;
- «i lavori saranno diretti e collaudati dallo stesso».
Al riguardo, l’art. 16, R.D. n. 275/1929 (Regolamento per la
professione di perito industriale), stabilisce che «spettano
ai periti industriali, per ciascuno nei limiti delle
rispettive specialità di meccanico, elettricista, edile,
tessile, chimico, minerario, navale ed altre analoghe, le
funzioni esecutive per i lavori alle medesime inerenti.
Possono inoltre essere adempiute: … b) dai periti edili
anche la progettazione e direzione di modeste costruzioni
civili, senza pregiudizio di quanto è disposto da speciali
norme legislative, nonché la misura, contabilità e
liquidazione dei lavori di costruzione…».
Si tratta della medesima locuzione utilizzata dal
Legislatore in relazione ai geometri (art. 16, lett. m, R.D.
n. 274/1929: «L’oggetto ed i limiti dell’esercizio
professionale di geometra sono regolati come segue: … m)
progetto, direzione e vigilanza di modeste costruzioni
civili»), rispetto ai quali il Consiglio di Stato ha
affermato che «il criterio per accertare se una
costruzione sia da considerare modesta -e quindi se la sua
progettazione rientri nella competenza professionale dei
geometri- consiste nel valutare le difficoltà tecniche che
la progettazione e l’esecuzione dell’opera comportano e le
capacità occorrenti per superarle; a questo fine, mentre non
è decisivo il mancato uso del cemento armato (ben potendo
anche una costruzione “non modesta” essere realizzata senza
di esso), assume significativa rilevanza il fatto che la
costruzione sorga in zona sismica, con conseguente
assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa
di cui alla l. n. 64 cit., la quale impone calcoli complessi
che esulano dalle competenze professionali dei geometri»
(Cons. di Stato, V, sent. n. 883/2015).
Le conclusioni raggiunte con riferimento alle predette
questioni consentono di affermare la legittimità del
provvedimento impugnato.
Il ricorso deve, pertanto, essere respinto (TAR
Campania-Salerno, Sez. I,
sentenza 14.05.2018 n. 742 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
aprile 2018 |
|
COMPETENZE PROGETTUALI:
Sulla non equipollenza sostanziale tra il titolo di
studio di perito tecnico edile e quello di
geometra.
Se è vero che l’art. 16, comma
1, del R.D. n. 275/1929 ha previsto per i periti
industriali una specializzazione (specialità di
meccanico, elettricista, edile, tessile, chimico,
minerario e navale), stabilendo, poi, nello
specifico, che spettano loro le funzioni esecutive
per i lavori ad essi inerenti tanto che,
nell’introdurre il requisito dell’abilitazione
professionale per l’iscrizione al relativo Albo,
tale suddivisione in settori permane in ragione
della specialità dei diplomi conseguiti (l. n.
17/1990), cionondimeno, l’equiparazione con
l’attività e le prestazioni del geometra
rimane limitata al solo caso della progettazione e
direzione di modeste costruzioni edili non rimesse
nell’esclusiva competenza degli Ingegneri od
Architetti (art. 16, citato, lett. b), essendo,
invece, riservata al geometra una competenza più
estesa (cfr. art. 16, lett. a-q, del R.D. n.
274/1929).
D’altro canto, come riconosciuto dallo stesso
Consiglio Nazionale dei Periti industriali e dei
Periti industriali laureati, si è “in assenza di una
disposizione legislativa o regolamentare” che
sancisca l’equipollenza tra i titoli professionali
di diploma di perito industriale in edilizia e di
geometra rimanendo, invero, gli Albi per
l’abilitazione all’esercizio delle rispettive
professioni separati ed essendo, a tali fini,
irrilevante la parziale coincidenza delle classi di
laurea triennale che consentono, in relazione
all’analoga preparazione, l’accesso all’esame di
Stato per l’iscrizione ai relativi Albi per le
corrispondenti figure laureate, appartenenti ad un
diverso e più qualificato profilo.
Ed invero, secondo condiviso orientamento
giurisprudenziale, dal quale il Collegio non ravvisa
validi motivi per discostarsi:
a) "l'equipollenza dei titoli di studio richiesti
ai fini della ammissione ad un pubblico concorso può
essere riconosciuta solo nei casi previsti dalla
legge o dallo stesso bando di concorso (nella
specie, è stata esclusa l'equipollenza fra il titolo
di perito industriale e quello di geometra richiesto
dal bando)" (Consiglio di Stato 954/1991);
b) e, specificatamente, “in relazione alla
valutazione di equipollenza va detto che essa è
riservata alla legge e non è rimessa alla
discrezionalità dell'amministrazione. Non vi è
alcuna equipollenza ex lege tra il titolo di
geometra e quello di perito industriale edile e non
rileva in merito il fatto che esistano affinità e
parziali coincidenze fra le attività svolte dai
professionisti iscritti in albi diversi”; “se si
esaminano le competenze previste dalle leggi sulla
creazione dei rispettivi albi professionali si potrà
constatare che le competenze dei geometri sono più
ampie di quelle dei periti edili e pertanto la
discriminazione operata nel bando di concorso che ha
riservato la partecipazione ai soli geometri appare
immune da vizi di illogicità o di arbitrarietà”;
c) peraltro, “non può fondatamente contestarsi il
potere discrezionale dell'Amministrazione, in
relazione ad un certo tipo di incarico, di
individuare i titoli professionali in concreto
"adeguati", a prescindere dalla circostanza che, in
astratto, altri titoli (nel caso quello di perito
industriale edile) possano essere ritenuti
equipollenti a quelli indicati”;
d) in definitiva, “allorché il bando di concorso
richieda tassativamente il possesso di un
determinato titolo di studio per l'ammissione ad un
concorso pubblico, senza prevedere il rilievo del
titolo equipollente, non è consentita la valutazione
di un titolo di studio diverso, salvo che
l'equipollenza non sia stabilita da una norma di
legge. Il principio poggia sul dovuto riconoscimento
in capo all'Amministrazione che indice la procedura
selettiva -ferma la definizione del livello del
titolo, affidata alla legge o ad altra fonte
normativa- di un potere discrezionale
nell'individuazione della tipologia del titolo
stesso, da esercitare tenendo conto della
professionalità e della preparazione culturale
richieste per il posto da ricoprire”;
e) ed invero, “l'istituto dell'equipollenza fra i
titoli di studio posseduti, ai fini della
partecipazione ai pubblici concorsi, ha carattere
eccezionale e non è quindi suscettibile di mera
interpretazione analogica”.
---------------
VI. Con il primo motivo di ricorso, la parte
lamenta l’illegittimità del bando e del
provvedimento di esclusione per omessa valutazione
della equipollenza sostanziale tra il titolo di
studio posseduto, perito tecnico edile, e quello
richiesto dal bando, geometra, ritenuta sussistente
in ragione della dedotta sovrapponibilità delle
normative di riferimento, contenenti, nella specie,
la disciplina regolamentare per la professione di
perito industriale (art. 16 del R.D. n. 275/1929) e
quella per la figura del geometra (art. 16 del R.D.
n. 274/1929).
VI.1. La censura è priva di pregio, non essendo
configurabile né una equiparazione sostanziale né
una equiparazione legale.
VI.1.1. Se, infatti, è vero che l’art. 16, comma 1,
del R.D. n. 275/1929 ha previsto per i periti
industriali una specializzazione (specialità di
meccanico, elettricista, edile, tessile, chimico,
minerario e navale), stabilendo, poi, nello
specifico, che spettano loro le funzioni esecutive
per i lavori ad essi inerenti tanto che,
nell’introdurre il requisito dell’abilitazione
professionale per l’iscrizione al relativo Albo,
tale suddivisione in settori permane in ragione
della specialità dei diplomi conseguiti (l. n.
17/1990), cionondimeno, l’equiparazione con
l’attività e le prestazioni del geometra rimane
limitata al solo caso della progettazione e
direzione di modeste costruzioni edili non rimesse
nell’esclusiva competenza degli Ingegneri od
Architetti (art. 16, citato, lett. b), essendo,
invece, riservata al geometra una competenza più
estesa (cfr. art. 16, lett. a-q, del R.D. n.
274/1929).
VI.1.2. D’altro canto, come riconosciuto dallo
stesso Consiglio Nazionale dei Periti industriali e
dei Periti industriali laureati, si è “in assenza
di una disposizione legislativa o regolamentare”
che sancisca l’equipollenza tra i titoli
professionali di diploma di perito industriale in
edilizia e di geometra (nota prot. n. 2418/GE/df
dell’08.05.2015), rimanendo, invero, gli Albi per
l’abilitazione all’esercizio delle rispettive
professioni separati (nota prot. 1236 del 05.05.2015
dell’U.O.C. Affari legali) ed essendo, a tali fini,
irrilevante la parziale coincidenza delle classi di
laurea triennale che consentono, in relazione
all’analoga preparazione, l’accesso all’esame di
Stato per l’iscrizione ai relativi Albi per le
corrispondenti figure laureate, appartenenti ad un
diverso e più qualificato profilo.
VI.1.3. Ed invero, secondo condiviso orientamento
giurisprudenziale, dal quale il Collegio non ravvisa
validi motivi per discostarsi:
a) "l'equipollenza dei titoli di studio
richiesti ai fini della ammissione ad un pubblico
concorso può essere riconosciuta solo nei casi
previsti dalla legge o dallo stesso bando di
concorso. (Nella specie, è stata esclusa
l'equipollenza fra il titolo di perito industriale e
quello di geometra richiesto dal bando)"
(Consiglio di Stato 954/1991);
b) e, specificatamente, “in relazione alla
valutazione di equipollenza va detto che essa è
riservata alla legge e non è rimessa alla
discrezionalità dell'amministrazione (Consiglio di
Stato 4902/2005). Non vi è alcuna equipollenza ex
lege tra il titolo di geometra e quello di perito
industriale edile e non rileva in merito il fatto
che esistano affinità e parziali coincidenze fra le
attività svolte dai professionisti iscritti in albi
diversi”; “se si esaminano le competenze previste
dalle leggi sulla creazione dei rispettivi albi
professionali si potrà constatare che le competenze
dei geometri sono più ampie di quelle dei periti
edili e pertanto la discriminazione operata nel
bando di concorso che ha riservato la partecipazione
ai soli geometri appare immune da vizi di illogicità
o di arbitrarietà”;
c) peraltro, “non può fondatamente contestarsi
il potere discrezionale dell'Amministrazione, in
relazione ad un certo tipo di incarico, di
individuare i titoli professionali in concreto
"adeguati", a prescindere dalla circostanza che, in
astratto, altri titoli (nel caso quello di perito
industriale edile) possano essere ritenuti
equipollenti a quelli indicati” (TAR Toscana,
Firenze, sez. II, 11.04.2012 n. 708 e n. 707);
d) in definitiva, “allorché il bando di
concorso richieda tassativamente il possesso di un
determinato titolo di studio per l'ammissione ad un
concorso pubblico, senza prevedere il rilievo del
titolo equipollente, non è consentita la valutazione
di un titolo di studio diverso, salvo che
l'equipollenza non sia stabilita da una norma di
legge. Il principio poggia sul dovuto riconoscimento
in capo all'Amministrazione che indice la procedura
selettiva -ferma la definizione del livello del
titolo, affidata alla legge o ad altra fonte
normativa- di un potere discrezionale
nell'individuazione della tipologia del titolo
stesso, da esercitare tenendo conto della
professionalità e della preparazione culturale
richieste per il posto da ricoprire” (TAR
Lombardia, Milano, sez. III, 19.07.2016 n. 1440);
e) ed invero, “l'istituto dell'equipollenza
fra i titoli di studio posseduti, ai fini della
partecipazione ai pubblici concorsi, ha carattere
eccezionale e non è quindi suscettibile di mera
interpretazione analogica” (Cons. di St., sez.
VI, 08.02.2016 n. 495).
VI.1.4. Conseguentemente risulta infondata anche
ogni ulteriore censura avverso il bando di
selezione, esente, nella scelta del reperimento
della figura professionale del solo geometra e delle
connesse competenze ad esso ascrivibili
–certificate, oltre che dal titolo di studio, dal
superamento dell’esame di abilitazione all’esercizio
della relativa professione e dall’iscrizione
all’Albo professionale corrispondente-, da ogni
profilo di dedotta palese illogicità o
irrazionalità.
VI.1.5. Eletta tale via, l’esclusione di coloro non
in possesso del titolo richiesto nella lex
specialis regolante la selezione diviene atto di
natura vincolata (TAR Campania-Napoli, Sez. V,
sentenza 18.04.2018 n. 2541 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
marzo 2018 |
|
COMPETENZE PROGETTUALI: A
norma dell’art. 16, lett. m), r.d. 11.02.1929, n. 274, e
come si desume anche dalle ll. 05.11.1971, n. 1086 e
02.02.1974, n. 64, che hanno rispettivamente disciplinato le
opere in conglomerato cementizio e le costruzioni in zone
sismiche, nonché dalla l. 02.03.1949, n. 144 (recante la
tariffa professionale), … la competenza dei geometri è
limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di
modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che
comportino l’adozione -anche parziale- di strutture in
cemento armato; solo in via di eccezione, si estende anche a
queste strutture, a norma della lett. l) del medesimo
articolo 16, r.d. n. 274 cit., purché si tratti di piccole
costruzioni accessorie nell’ambito di edifici rurali o
destinati alle industrie agricole, che non richiedano
particolari operazioni di calcolo e che per la loro
destinazione non comportino pericolo per le persone …
Il criterio per accertare se una costruzione sia da
considerare modesta -e quindi se la sua progettazione
rientri nella competenza professionale dei geometri-
consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la
progettazione e l’esecuzione dell’opera comportano e le
capacità occorrenti per superarle; a questo fine, mentre non
è decisivo il mancato uso del cemento armato (ben potendo
anche una costruzione “non modesta” essere realizzata senza
di esso), assume significativa rilevanza il fatto che la
costruzione sorga in zona sismica, con conseguente
assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa
di cui alla l. n. 64 cit., la quale impone calcoli complessi
che esulano dalle competenze professionali dei geometri.
---------------
Sulla qualificazione, infine, del professionista incaricato,
il Comune rileva che il progetto -assentito in base alla
legge n. 219/1981 e riguardante interventi di ricostruzione
in area colpita dal terremoto del novembre 1980 e del
febbraio 1981- è sottoscritto da un perito edile, non
abilitato a tal fine.
Al riguardo, il Consiglio di Stato ha precisato che «a
norma dell’art. 16, lett. m), r.d. 11.02.1929, n. 274, e
come si desume anche dalle ll. 05.11.1971, n. 1086 e
02.02.1974, n. 64, che hanno rispettivamente disciplinato le
opere in conglomerato cementizio e le costruzioni in zone
sismiche, nonché dalla l. 02.03.1949, n. 144 (recante la
tariffa professionale), … la competenza dei geometri è
limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di
modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che
comportino l’adozione -anche parziale- di strutture in
cemento armato; solo in via di eccezione, si estende anche a
queste strutture, a norma della lett. l) del medesimo
articolo 16, r.d. n. 274 cit., purché si tratti di piccole
costruzioni accessorie nell’ambito di edifici rurali o
destinati alle industrie agricole, che non richiedano
particolari operazioni di calcolo e che per la loro
destinazione non comportino pericolo per le persone …
Il criterio per accertare se una costruzione sia da
considerare modesta -e quindi se la sua progettazione
rientri nella competenza professionale dei geometri-
consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la
progettazione e l’esecuzione dell’opera comportano e le
capacità occorrenti per superarle; a questo fine, mentre non
è decisivo il mancato uso del cemento armato (ben potendo
anche una costruzione “non modesta” essere realizzata senza
di esso), assume significativa rilevanza il fatto che la
costruzione sorga in zona sismica, con conseguente
assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa
di cui alla l. n. 64 cit., la quale impone calcoli complessi
che esulano dalle competenze professionali dei geometri»
(Cons. di Stato, V, sent. n. 883/2015) (TAR Campania-Salerno,
Sez. I,
sentenza 26.03.2018 n. 430 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE
PROGETTUALI: Il
criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta -e
quindi se la sua progettazione rientri nella competenza professionale dei
geometri, ai sensi dell'art. 16, lett. m), del r.d. n. 274 del 1929-
consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e
l'esecuzione dell'opera comportano e le capacità occorrenti per superarle e
a tale fine, mentre non è decisivo il mancato uso del cemento armato, assume
significativa rilevanza il fatto che la costruzione sorga in zona sismica,
con conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa
di cui alla legge n. 64 del 1974, la quale impone calcoli complessi che
esulano dalle competenze professionali dei geometri.
---------------
4. Le doglianze, che possono essere esaminate congiuntamente per l'evidente
connessione, sono infondate.
4.1. La Corte d'appello ha escluso il requisito della modestia della
costruzione con motivazione corretta sotto il profilo dell'applicazione dei
principi che regolano la materia, e immune da vizi logici.
Richiamata la documentazione in atti e la CTU disposta in primo grado, la
Corte territoriale ha chiarito che, oltre all'importo in sé rilevante, la
tipologia dei lavori di completamento del primo piano dell'edificio e di
sopraelevazione dell'ultimo coinvolgevano anche la statica dell'edificio, e
quindi comportavano difficoltà tecniche di progettazione e di esecuzione che
esulano dalla competenza professionale del geometra, dovendosi anche tenere
conto della sismicità dei luoghi, con conseguente assoggettamento alla
normativa contenuta nella legge n. 64 del 1974.
4.2. La sentenza impugnata si colloca nel solco della giurisprudenza di
questa Corte, che afferma, con orientamento consolidato, che il criterio per
accertare se una costruzione sia da considerare modesta -e quindi se la sua
progettazione rientri nella competenza professionale dei geometri, ai sensi
dell'art. 16, lett. m), del r.d. n. 274 del 1929- consiste nel valutare le
difficoltà tecniche che la progettazione e l'esecuzione dell'opera
comportano e le capacità occorrenti per superarle e a tale fine, mentre non
è decisivo il mancato uso del cemento armato, assume significativa rilevanza
il fatto che la costruzione sorga in zona sismica, con conseguente
assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa di cui alla legge
n. 64 del 1974, la quale impone calcoli complessi che esulano dalle
competenze professionali dei geometri (ex plurimis, Cass., sent.
08/04/2009 n. 8543) (Corte di
Cassazione, Sez. II civile,
sentenza 08.03.2017 n. 5871). |
febbraio 2018 |
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COMPETENZE PROGETTUALI: La
possibilità di scindere la progettazione architettonica dai
calcoli strutturali, attraverso distinti incarichi
professionali affidati rispettivamente a un geometra e a un
ingegnere, è coerente con la descrizione delle competenze
professionali dei geometri contenuta nell’art. 16 del RD
274/1929.
---------------
(f) per quanto riguarda le opere in cemento armato, la
difesa del Comune (v. memoria depositata il 19.10.2017) ha
chiarito che i relativi calcoli sono stati effettuati da un
ingegnere. Sussistono dunque tutte le garanzie necessarie
per l’incolumità delle persone. La possibilità di scindere
la progettazione architettonica dai calcoli strutturali,
attraverso distinti incarichi professionali affidati
rispettivamente a un geometra e a un ingegnere, è coerente
con la descrizione delle competenze professionali dei
geometri contenuta nell’art. 16 del RD 274/1929 (v. CS Sez.
II 04.09.2015 n. 2539; TAR Brescia Sez. II 18.04.2013 n.
361)
(TAR Lombardia-Brescia, Sez, II,
sentenza 19.02.2018 n. 194 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
marzo 2017 |
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COMPETENZE PROGETTUALI: Ai
sensi dell’art. 52, co. 2, r.d. n. 2537/1925, “…le
opere di edilizia civile che presentano rilevante
carattere artistico ed il restauro e il ripristino
degli edifici contemplati dalla L. 20.06.1909, n.
364, per l'antichità e le belle arti, sono di
spettanza della professione di architetto; ma la
parte tecnica ne può essere compiuta tanto
dall'architetto quanto dall'ingegnere”.
Sicché, sul punto costituisce principio riconosciuto
dalla giurisprudenza quello per il quale: “… la
parziale riserva di cui al più volte richiamato
articolo 52 non riguarda la totalità degli
interventi concernenti immobili di interesse storico
e artistico, ma inerisce alle sole parti di
intervento di edilizia civile che implichino scelte
culturali connesse alla maggiore preparazione
accademica conseguita dagli architetti nell'ambito
delle attività di restauro e risanamento di tale
particolarissima tipologia di immobili …”.
----------------
Nel caso di specie, la locale Soprintendenza ha
predeterminato in termini di assoluto dettaglio il
modo di esercizio dell’opera, i materiali da
utilizzare, i recuperi di materiali da effettuare,
la modalità di allocazione dei veicoli da ospitare a
parcheggio, ecc.
Orbene, a fronte di un progetto avente contenuto
così analitico, che definisce in termini di
esaustività ogni possibile profilo di tutela degli
aspetti culturali dell’opera in progetto, è evidente
che l’attività oggetto di gara si risolve in una
mera ingegnerizzazione del progetto stesso, con
conseguente esclusione di scelte che fuoriescano
dalla ordinaria competenza di un ingegnere.
Pertanto, la tipologia dell’opera, per come
compiutamente definita dalla locale Soprintendenza,
rende del tutto irragionevole –e dunque illegittima–
la limitazione della partecipazione ai soli iscritti
all’Albo degli Architetti, e non anche a quelli
iscritti all’Albo degli Ingegneri.
----------------
... per l'annullamento:
- dell'Avviso pubblico bandito dal Comune di Martano
per l'indagine di mercato per l'affidamento dei
servizi professionali di progettazione definitiva ed
esecutiva, direzione lavori e coordinamento della
sicurezza nella fase progettuale ed esecutiva per la
"riqualificazione di via Marconi e Via degli
Uffici";
- di ogni altro atto connesso, presupposto e/o
consequenziale, ivi compresi: il parere reso dalla
Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio
per le Province di Brindisi, Lecce e Taranto in data
10/12/2015 - 24/11/2016 (prot. n. 0007486 CL
34.19.04/68), ricevuto dal Comune di Martano il
24/11/2016 (prot. d'arrivo 0016507 del 24/11/2016);
...
1. È impugnato l'Avviso pubblico bandito dal Comune
di Martano per l'indagine di mercato per
l'affidamento dei servizi professionali di
progettazione definitiva ed esecutiva, direzione
lavori e coordinamento della sicurezza nella fase
progettuale ed esecutiva per la "riqualificazione
di via Marconi e Via degli Uffici", nella parte
in cui (art. 7) indica quale requisito di idoneità
quello della “Iscrizione nell’Albo professionale
degli Architetti, giusto decreto MiBAC del
29.12.2011”.
A sostegno del ricorso, i ricorrenti hanno
articolato i seguenti motivi di gravame, appresso
sintetizzati: violazione dell’art. 52 r.d. n.
2537/1925; eccesso di potere per errore, difetto di
motivazione, contraddittorietà manifesta.
Nella camera di consiglio dell’08.03.2017, fissata
per la discussione della domanda cautelare, il
Collegio, accertata la completezza del
contraddittorio e dell’istruttoria, sentite sul
punto le parti costituite, ha definito il giudizio
in camera di consiglio con sentenza in forma
semplificata, ai sensi dell’art. 60 c.p.a..
2. Con un ampio e articolato motivo di gravame,
deducono i ricorrenti l’illegittimità dell’atto
impugnato, in quanto immotivatamente limitativo
della possibilità, per gli iscritti all’Albo degli
Ingegneri, di concorrere per l’aggiudicazione della
gara in questione.
Il motivo è fondato.
2.2. Ai sensi dell’art. 52, co. 2, r.d. n.
2537/1925, “…le opere di edilizia civile che
presentano rilevante carattere artistico ed il
restauro e il ripristino degli edifici contemplati
dalla L. 20.06.1909, n. 364, per l'antichità e le
belle arti, sono di spettanza della professione di
architetto; ma la parte tecnica ne può essere
compiuta tanto dall'architetto quanto dall'ingegnere”.
Tale essendo la previsione normativa di riferimento,
occorre ora indagarne la portata.
2.2. Sul punto, costituisce principio riconosciuto
dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, nonché
di questo stesso TAR, quello per il quale: “… la
parziale riserva di cui al più volte richiamato
articolo 52 non riguarda la totalità degli
interventi concernenti immobili di interesse storico
e artistico, ma inerisce alle sole parti di
intervento di edilizia civile che implichino scelte
culturali connesse alla maggiore preparazione
accademica conseguita dagli architetti nell'ambito
delle attività di restauro e risanamento di tale
particolarissima tipologia di immobili …” (C.d.S,
VI, 09.01.2014, n. 21).
3. Tanto premesso, e venendo ora al caso di specie,
vi è in atti Parere MIBAC 24.11.2016, con il quale
la locale Soprintendenza ha predeterminato in
termini di assoluto dettaglio il modo di esercizio
dell’opera, i materiali da utilizzare, i recuperi di
materiali da effettuare, la modalità di allocazione
dei veicoli da ospitare a parcheggio, ecc.
Orbene, a fronte di un parere avente contenuto così
analitico, che definisce in termini di esaustività
ogni possibile profilo di tutela degli aspetti
culturali dell’opera in progetto, è evidente che
l’attività oggetto di gara si risolve in una mera
ingegnerizzazione del progetto stesso, con
conseguente esclusione di scelte che fuoriescano
dalla ordinaria competenza di un ingegnere.
Pertanto, la tipologia dell’opera, per come
compiutamente definita dalla locale Soprintendenza,
rende del tutto irragionevole –e dunque illegittima–
la limitazione della partecipazione ai soli iscritti
all’Albo degli Architetti, e non anche a quelli
iscritti all’Albo degli Ingegneri.
4. Per tali ragioni, il ricorso è fondato.
Ne consegue l’annullamento dell’atto impugnato (TAR
Puglia-Lecce, Sez. I,
sentenza 10.03.2017 n. 411 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI: Agronomi,
no a competenza esclusiva in ambito forestale.
Agronomi senza esclusive nel settore forestale.
Lo ha chiarito il Consiglio di Stato, -Sez. V- con la
sentenza 01.03.2017 n. 952,
resa nota ieri, con cui palazzo Spada è tornato nuovamente
sulla qualificazione delle competenze degli agronomi nel
settore della progettazione e pianificazione forestale, dopo
la sentenza n. 426/2017 del mese scorso.
In particolare, rende noto il Collegio degli agrotecnici, la
sentenza stabilisce che le competenze forestali sono proprie
anche degli iscritti nell'albo degli agrotecnici e degli
agrotecnici laureati, con le competenze «interferenti»
tra le due categorie che devono essere definite dai giudici
del supremo organo della magistratura amministrativa.
In via generale il Consiglio di stato chiarisce che
l'iscrizione nell'albo degli agronomi non prevede competenze
riservate, ma solo comuni con altre categorie di
professionisti. Nel settore agrario nessuno degli albi
operanti ha competenze riservate, ma solamente tipiche e
perciò comuni ad altre professioni sia del settore agrario
sia non agrario.
La vicenda prende spunto da un ricorso promosso, e
inizialmente vinto (sentenza Tar Toscana n. 196/2015), dagli
ordini degli agronomi della Toscana, che avevano impugnato
un bando del comune di Montecatini Terme che affidava alla
facoltà di agraria dell'università di Pisa un incarico per
la «manutenzione del patrimonio arboreo comunale».
I ricorrenti avevano contestato quell'affidamento sostenendo
che le relative attività riservate in via esclusiva agli
iscritti nell'albo degli agronomi e forestali, con
proibizione per altri di svolgerle. In prima istanza, il Tar
aveva dato loro ragione, mentre in seguito il collegio
nazionale degli agrotecnici si è costituito in appello al
Consiglio di stato insieme al dipartimento di scienze
agrarie dell'università di Pisa.
I giudici hanno chiarito che «le attività
professionali... meglio specificate dall'art. 2 della legge
n. 3 del 1976, non risultano attribuite, alla stregua di
un'interpretazione letterale della norma, e in ragione della
sua ampiezza, anche in forza di una sua interpretazione
funzionale, in modo esclusivo ai dottori agronomi e
forestali.»
La sentenza prosegue affermando che l'art. 2 l. n. 3 del
1976 «non contiene una siffatta o similare clausola di
riserva esclusiva alla competenza dei dottori agronomi e
forestali. Riserva che, d'altro canto, difficilmente poteva
ipotizzarsi, attesa l'estrema latitudine e differenziazione
delle competenze enucleate dalla previsione»
(articolo ItaliaOggi del 22.03.2017 - tratto da www.centrostudicni.it).
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MASSIMA
3. - Con il primo motivo di appello si deduce
l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto
che vi sia corrispondenza tra le prestazioni affidate dal
Comune di Montecatini all’Università di Pisa e le attività
professionali previste dall’art. 2 della legge n. 3 del
1976, e che le stesse siano riservate dalla legge alla
competenza esclusiva dei dottori agronomi e dei dottori
forestali.
Il motivo è fondato e meritevole di accoglimento.
In primo luogo, occorre precisare che
le attività professionali «volte a valorizzare e gestire
i processi produttivi agricoli, zootecnici e forestali, a
tutelare l’ambiente e, in generale, le attività riguardanti
il mondo rurale», meglio specificate dall’art. 2 della
legge n. 3 del 1976, non risultano attribuite, alla stregua
di un’interpretazione letterale della norma, ed in ragione
della sua ampiezza, anche in forza di una sua
interpretazione funzionale, in modo esclusivo ai dottori
agronomi e forestali.
Sotto tale profilo, può essere utile evidenziare, a titolo
esemplificativo, la differenza tra la norma in esame e
quella dell’art. 2 della legge 31.12.2012, n, 247, relativa
alla disciplina della professione di avvocato, il cui quinto
comma precisa specificamente che «sono attività esclusive
dell’avvocato, fatti salvi i casi espressamente previsti
dalla legge, l’assistenza, la rappresentanza e la difesa nei
giudizi davanti a tutti gli organi giurisdizionali e nelle
procedure arbitrali rituali».
L’art. 2 della legge n. 3 del 1976, oggetto di disamina, non
contiene una siffatta o similare clausola di riserva
esclusiva alla competenza dei dottori agronomi e
forestali. Riserva che, d’altro canto, difficilmente
poteva ipotizzarsi, attesa l’estrema latitudine e
differenziazione delle competenze enucleate dalla
previsione, che vanno dalla direzione, gestione delle
imprese agrarie alla progettazione, direzione sorveglianza
dei lavori relativi alle costruzioni rurali, alle operazioni
dell’estimo, ai lavori ed incarichi relativi alla
coltivazione delle piante, ai lavori catastali, alla
valutazione e liquidazione degli usi civici, alle analisi
fisico-chimico-microbiologiche del suolo, alle ricerche di
mercato, alla progettazione dei lavori relativi al verde
pubblico.
Così, ancora a titolo esemplificativo, è la giurisprudenza a
porre in evidenza che
appartiene ad entrambe le categorie dei periti agrari
e dei dottori agronomi o forestali la cura di boschi
o foreste, rinvenendo il discrimine tra le competenze degli
uni e degli altri, oltre che nel dato quantitativo, in
quello qualitativo determinato dalla finalità degli
interventi stessi
(così Cons. Stato, III, 03.08.2015, n. 3816).
Analogamente, emergono interferenze con le competenze
professionali di architetti ed ingegneri
(art. 51 r.d. 23.10.1925, n. 2537),
come pure degli agrotecnici
(art. 11 della legge 06.06.1986, n. 251).
In ogni caso, occorre aggiungere che non vi è totale
sovrapponibilità tra le prestazioni oggetto dell’affidamento
all’appellante e le attività professionali indicate
nell’art. 2 della legge n. 3 del 1976, in quanto le prime
descrivono servizi relativi ad attività propedeutiche e di
supporto alla manutenzione ordinaria e straordinaria del
verde pubblico, concentrandosi prevalentemente nell’analisi
speditiva massale della popolazione arborea e nel supporto
alla stesura di un capitolato di affidamento della gestione
razionale ed ecocompatibile del verde pubblico. |
settembre 2016 |
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EDILIZIA PRIVATA:
Terremoto, restauro parziale dell’edificio e
responsabilità del direttore dei lavori.
In tema di responsabilità penale per
violazione degli obblighi incombenti al progettista o
al direttore dei lavori, l’obbligo di garanzia non
può andare oltre l’oggetto del rapporto contrattuale, non
potendo concernere opere che non siano investite
dell’attività del progettista e/o direttore dei lavori.
Invero, ove si tratti di opere del tutto autonome rispetto
ad altre già esistenti in situ o in via di realizzazione non
può pretendersi dal tecnico delle prime che si faccia carico
della conformità e più genericamente della sicurezza di
opere rispetto alle quali non vi è norma di diritto privato
o di diritto pubblico che gli riconosca un potere di
intervento.
Con la
sentenza 01.09.2016 n. 36285, la IV Sez. penale
della Corte di Cassazione si è soffermata sulla
responsabilità per i reati di omicidio colposo (art. 589
c.p.), lesioni colpose (art. 590 c.p.) e crollo di
costruzioni colposo (art. 434, in relazione all’art. 449
c.p.) di un progettista e direttore dei lavori che aveva
provveduto ad alcune opere di manutenzione straordinaria
(incamiciatura di sei pilastri in calcestruzzo armato) nel
2002 in un condominio crollato in conseguenza del terremoto
dell’Aquila del 2009.
In particolare, oltre al dato temporale intercorrente tra
l’esecuzione dei lavori e il crollo dell’edificio, risulta
di peculiare interesse la circostanza che i lavori
commissionati all’imputato riguardassero esclusivamente
delle opere autonome rispetto al complesso strutturale dello
stabile.
La Cassazione, aderendo alla tesi della Corte d’Appello
dell’Aquila, ha riconosciuto la posizione di garanzia del
direttore dei lavori in quanto il suo intervento, pur
essendo limitato e autonomo, aveva carattere strutturale «sicché
egli aveva l’obbligo giuridico di osservare la normativa
antisismica all’epoca vigente, la quale implicava
l’accertamento della consistenza dei pilastri sui quali
eseguire l’intervento; dal che sarebbe derivata la
conoscenza dei difetti strutturali che viziavano i sei
pilastri».
Avendo poi il direttore dei lavori attestato la rispondenza
delle opere alle norme edilizie, urbanistiche e di sicurezza
vigenti, anche volendo considerare il suo intervento
esclusivamente migliorativo, avrebbe dovuto comunque
svolgere gli accertamenti di tipo statico che avrebbero
evidenziato le bias dell’edificio e quindi segnalarle
al committente, che avrebbe potuto predisporre un intervento
di adeguamento del condominio, mettendolo in sicurezza da
eventuali rischi sismici.
Tanto precisato e dopo aver rimarcato il profilo di
responsabilità soggettiva, la Cassazione, in accoglimento
del terzo motivo della difesa dell’imputato, ha annullato
con rinvio la condanna della Corte di Appello, in quanto non
sufficientemente motivato il nesso di causa tra i lavori
svolti dal progettista e il crollo del condominio,
verificatosi parecchi anni dopo.
Ad avviso degli Ermellini, difatti, a mero titolo di
esempio, «non è stato indagato quali
fossero i rimedi concretamente adottabili, se essi fossero
nella disponibilità del condominio, tanto per l’aspetto
economico, che per quello dispositivo; se vi fosse una
concreta possibilità di intervento dell’autorità pubblica, a
fronte di una eventuale inattività dei condomini (…); quali
fossero i tempi di adozione delle misure concretamente
adottabili».
Non sono state, infine, vagliate o anche solo prese in
considerazioni alternative ipotetiche ulteriori, quali la
possibile persistenza dell’uso delle abitazioni pur in
assenza di interventi di adeguamento sismico (commento
tratto da www.giurisprudenzapenale.com).
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MASSIMA
4. Il ricorso è fondato, nei termini dì seguito precisati.
4.1. In ordine logico-giuridico si impone per prima la
trattazione del tema relativo alla esistenza di una
posizione di garanzia del Ci., nella qualità, posta in
dubbio con il secondo motivo di ricorso.
La Corte di appello ha rammentato al riguardo due arresti
giurisprudenziali (Cass. n. 34376/2005 e 18445/2008) che
attengono alla posizione del direttore dei lavori,
quale fu nella vicenda che occupa il Ci..
Con il primo si è affermato che, in
tema di costruzioni edilizie abusive, il direttore dei
lavori ha una posizione di garanzia circa la regolare
esecuzione dei lavori, con la conseguente responsabilità per
le ipotesi di reato configurate, dalla quale questi può
andare esente soltanto ottemperando agli obblighi di
comunicazione e rinuncia all'incarico previsti dall'art. 29,
comma secondo, d.P.R. n. 380 del 2001, sempre che il recesso
dalla direzione dei lavori sia stato tempestivo, ossia sia
intervenuto non appena l'illecito edilizio si sia
evidenziato in via obiettiva, ovvero non appena avuta
conoscenza che le direttive impartite erano state disattese
o violate (Sez. 3,
n. 34376 del 10/05/2005 - dep. 27/09/2005, Scimone ed altri,
Rv. 232475).
Con il secondo che il direttore
dei lavori è responsabile a titolo di colpa del crollo
di costruzioni anche nell'ipotesi di sua assenza dal
cantiere, dovendo egli esercitare un'oculata attività di
vigilanza sulla regolare esecuzione delle opere edilizie ed
in caso di necessità adottare le necessarie precauzioni
d'ordine tecnico, ovvero scindere immediatamente la propria
posizione di garanzia da quella dell'assuntore dei lavori,
rinunciando all'incarico ricevuto
(Sez. 4, n. 18445 del 21/02/2008 - dep. 08/05/2008,
Strazzanti, Rv. 240157).
Occorre dare atto al ricorrente che la
puntualizzazione operata dalla corte distrettuale attraverso
il richiamo giurisprudenziale è opportuna ma non sufficiente
perché il tema è più esattamente quello della attribuzione
al tecnico che venga chiamato ad occuparsi di lavori che
incidono su una limitata porzione dell'edificio dell'obbligo
di garantire non solo la corretta esecuzione dei lavori
affidatagli, ma anche la complessiva sicurezza
dell'edificio.
Non sembra seriamente discutibile che il
progettista e direttore dei lavori sia tenuto a
garantire che gli stessi siano eseguiti a regola d'arte: lo
è sulla scorta del contratto che lo lega al committente,
tanto che la giurisprudenza civile afferma in termini
diversificati ma convergenti l'obbligo (in specie per il
direttore dei lavori) di garantire che l'esecuzione dei
lavori sia non solo conforme a quanto previsto dal
capitolato ma anche alle regole della tecnica
(Sez. 3, Sentenza n. 7370 del 13/04/2015, Rv. 635038; Sez.
2, Sentenza n. 10728 del 24/04/2008, Rv. 603056; argomenti
si ricavano anche da Cass. civ., Sez. 3, Sentenza n. 12995
del 31/05/2006, Rv. 591371, che ritiene
sussistere, discendente dall'art. 1176 c.c., un obbligo di
diligenza particolarmente rigoroso dell'appaltatore che sia
anche progettista e direttore dei lavori, in forza del quale
egli è tenuto, in presenza di situazioni rivelatrici di
possibili fattori di rischio, ad eseguire gli opportuni
interventi per accertarne la causa ed apprestare i necessari
accorgimenti tecnici volti a garantire la realizzazione
dell'opera senza difetti costruttivi).
Al contempo, è palese che l'obbligo di garanzia non può
andare oltre l'oggetto del rapporto contrattuale; e quindi
non può concernere opere che non siano investite
dell'attività del progettista e/o direttore dei lavori.
Ove si tratti di opere del tutto autonome
rispetto ad altre già esistenti in situ o in via di
realizzazione non può pretendersi dal tecnico delle prime
che si faccia carico della conformità e più genericamente
della sicurezza di opere rispetto alle quali non vi è norma
di diritto privato o di diritto pubblico che gli riconosca
un potere di intervento.
Si immagini il direttore dei lavori di una piscina che si
debba realizzare su un fondo ove già insiste un'abitazione,
senza che vi siano interferenze di sorta tra i due
manufatti. Non può ritenersi che sia elevabile nei confronti
di quel direttore dei lavori la pretesa -non si dice di
intervenire ma- anche solo di segnalare difetti strutturali,
pur evidenti, dell'abitazione; la posizione di garanzia,
espressione parafrastica dell'obbligo giuridico di impedire
l'evento menzionato dall'art. 40 cpv. cod. pen., va tenuta
ben distinta dalla possibilità materiale di agire così come
da un dovere morale.
Ma nella vicenda in esame la Corte di appello -ben
diversamente da quanto assume il ricorrente- non ha posto a
carico del Ci. l'obbligo di verificare la qualità statica
dell'intero edificio o anche solo di tutti i pilastri che lo
sostenevano. Piuttosto, come già il primo giudice, ha
affermato che il tipo di intervento affidato alle cure del
Ci. aveva carattere strutturale perché si trattava di lavori
di incamiciatura di sei pilastri, con effetti sullo stato
tensionale dei medesimi (oggetto dell'intervento a sue
cure).
Sicché egli aveva l'obbligo giuridico di osservare la
normativa antisismica all'epoca vigente, la quale implicava
l'accertamento della consistenza dei pilastri sui quali
eseguire l'intervento; dal che sarebbe derivata la
conoscenza dei difetti strutturali che viziavano i sei
pilastri.
Non si è affermato, quindi, un obbligo di intervento o di
segnalazione di difetti che attenevano a ulteriori e
differenti porzioni dell'edificio; ma di un obbligo
delimitato all'opera affidata alle cure del Ci.. E occorre
intendersi: non già di un obbligo di segnalazione ai
committenti ma di un obbligo di ben eseguire il mandato
conferito; il che avrebbe di per sé attivato una serie di
effetti a cascata senza alcun ulteriore intervento del Ci.,
poiché -per dire della più evidente delle conseguenza-
sarebbe stato compito del committente nominare il
collaudatore e questi sarebbe stato tenuto a riportare al
medesimo l'esito -che si può certamente ritenere negativo-
del collaudo.
Ne consegue che la Corte di appello ha esattamente
delimitato la posizione di garanzia assunta dal Ci. ed ha
rimproverato a questi nulla più della violazione degli
obblighi da quella posizione discendenti.
4.2. Quanto al primo motivo, esso pure è infondato.
La condotta colposa ascritta al Ci. è stata
ben identificata dalla Corte distrettuale: egli non ha
osservato le norme della legislazione antisismica, le quali
hanno per l'appunto la funzione di rendere l'edificato in
grado di resistere agli eventi tellurici caratteristici
dell'area dell'insediamento (non a caso esisteva al tempo
una classificazione della aree del territorio nazionale,
distinte per grado di rischio sismico, con effetti diretti
sulla tipologia costruttiva da adottare). Inoltre, egli ha
attestato che le opere erano rispondenti alle norme
edilizie, urbanistiche e di sicurezza vigenti.
Il ricorrente assume che, trattandosi di intervento
migliorativo, secondo la definizione datane dal d.m.
16.01.1996, punto C.9.1.2., non erano applicabili le
disposizioni che imponevano adempimenti concernenti la
sicurezza statica. Ma l'accertamento condotto nei gradi di
merito ha avuto un differente esito.
Come già il Tribunale, sulla scorta di una perizia che non è
stata investita da alcuna censura, anche la Corte di appello
ha affermato che i lavori di incamiciatura
dei sei pilastri -che contemplavano demolizioni di massetto
fino alle fondazioni, realizzazione di fori passanti nel
pilastro ogni 30-40 cm., realizzazione di fori profondi
15-20 cm. sulla fondazione, collegamento ad essa dei nuovi
ferri del pilastro- ebbero carattere di opera di risanamento
strutturale e funzionale, con implicazioni importanti di
natura statica, interessando essi parti strutturali in
cemento armato; sicché era prescritta la verifica prevista
dagli articoli 4, 6 e 7 della legge n. 1086/1971, dalla
legge n. 64/1974, dalla legge Regione Abruzzo n. 138/1996 e
dal d.m. 16.01.1996.
Si tratta di un accertamento di merito che questa Corte non
può mettere in discussione, atteso che esso risulta
sostenuto da motivazione non manifestamente illogica e che
non ne viene neppure posta in discussione la rispondenza
alle emergenze processuali.
Peraltro, non è inutile rilevare che, anche qualora si fosse
trattato di intervento di miglioramento, sul Ci. sarebbe
gravato comunque l'obbligo di svolgere le indagini
concernenti la sicurezza statica dei sei pilastri. Il punto
C.9.2.2. del d.m. 16.01.1996 prevedeva, infatti, che "nel
caso di interventi di miglioramento il progetto deve
contenere la documentazione prescritta per gli interventi di
adeguamento limitatamente alle opere interessate. Nella
relazione tecnica deve essere dimostrato che gli interventi
progettati non producano sostanziali modifiche nel
comportamento strutturale globale dell' edificio".
E, per gli interventi di adeguamento, il punto C. 9.2.1.
prescriveva che "gli interventi di adeguamento
antisismico di un edificio devono essere eseguiti sulla base
di un progetto esecutivo ... completo ed esauriente per
planimetria, piante, sezioni, particolari esecutivi,
relazione tecnica, relazione sulle fondazioni e fascicolo
dei calcoli per la verifica sismica. In particolare la
relazione tecnica deve riferirsi anche a quanto indicato nei
successivi punti C.9.2.3. e C.9.2.4.". Disposizioni,
queste ultime, che indicavano le operazioni e le scelte
progettuali richieste in funzione della sicurezza statica
dell'opera da realizzare.
Pertanto, la variazione degli adempimenti tra l'una e
l'altra tipologia di intervento non era tanto di carattere
qualitativo quanto di carattere quantitativo.
Ancora in relazione al contenuto della condotta colposa va
osservato che le disposizioni appena evocate recano regole
cautelari di tipo rigido; sicché il richiamo alla
prevedibilità ed evitabilità di un evento quale quello
verificatosi il 06.04.2009 a L'Aquila in chiave di
definizione di una regola cautelare 'generica' appare
non pertinente.
Va poi rilevato che l'asserita impossibilità di procedere
alla verifica sismica dei pilastri per la indisponibilità
dei dati, lungi dal costituire un fattore interpretabile a
favore del ricorrente, rappresenta circostanza che avrebbe
dovuto condurre ad una ancora maggior cura per gli aspetti
concernenti la sicurezza statica.
Del tutto improprio è il richiamo al principio di
affidamento, che qui si evoca a giustificazione delle
omissioni dei Ci., poiché questi era tenuto ad eseguire gli
adempimenti richiesti dalla normativa antisismica ex novo,
per la natura dell'intervento affidato alle sue cure, come
precisato al superiore punto 4.1. Quanto ai cenni alla
causalità della colpa (ovvero la pretesa irrilevanza causale
della condotta colposa ascritta al Ci.), essi manifestano
come non sia stato colto che -ben diversamente da quanto
affermato dal ricorrente- l'omissione colposa attribuita
all'odierno imputato -nei termini sin qui ribaditi e
non in quelli rimarcati dall'esponente- è stata ritenuta
causalmente efficiente.
4.3. Ma se non vi è alcun dubbio che sul Ci. gravava
l'obbligo di eseguire gli adempimenti funzionali alla
conformità alla normativa antisismica dell'opera alla quale
attendeva, e che la colpa in senso oggettivo è stata ben
definita, sicché la sentenza impugnata non risulta
censurabile su tali versanti, parimenti non v'è dubbio che
prima di concludere per la responsabilità dell'imputato in
parola per l'evento verificatosi nove anni dopo occorre
accertare l'esistenza della relazione causale tra questo e
l'omissione accertata.
Rimarcato che non è in discussione la prevedibilità del
sisma che si verificò il 06.04.2009 (la giurisprudenza di
questa Corte è sul punto ben consolidata; da ultimo, Sez. 4,
n. 2536 del 23/10/2015 - dep. 21/01/2016, P.C. in proc.
Bearzi e altro, Rv. 265794), i principi in materia sono
ormai talmente noti che è sufficiente rammentarli con una
delle più recenti formulazioni, avendo questa Corte ribadito
che nel reato colposo omissivo improprio,
il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può
ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di
probabilità statistica, ma deve essere verificato alla
stregua di un giudizio di alta probabilità logica, che a sua
volta deve essere fondato, oltre che su un ragionamento di
deduzione logica basato sulle generalizzazioni scientifiche,
anche su un giudizio di tipo induttivo elaborato
sull'analisi della caratterizzazione del fatto storico e
sulle particolarità del caso concreto
(Sez. 4, n. 22378 del 19/03/2015 - dep. 27/05/2015, Pg in
proc. Volcan e altri, Rv. 263494; Sez. U, n. 38343 del
24/04/2014 - dep. 18/09/2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri,
Rv. 261103).
Sotto tale profilo la sentenza impugnata appare del tutto
carente, limitandosi ad affermare che, accortosi dei deficit
strutturali, il Ci. "sarebbe stato in grado di far
presente al committente la situazione di pericolo in cui
versavano tutti coloro che abitavano nel palazzo ...";
ed ancora che "l'imputato avrebbe potuto far presente al
committente la necessità di un intervento generale
sull'intera struttura portante dell'edificio e ciò avrebbe
consentito di porre in essere gli opportuni rimedi per
rendere l'edificio più solido, così evitandone il crollo".
Né la lacuna è colmata dalla decisione di primo grado, nella
quale allo stesso modo non è descritta la sequenza che
dall'omissione degli adempimenti connessi alla normativa
antisismica avrebbe condotto, secondo quel criterio di alta
probabilità logica del quale si è scritto, all'adeguamento
statico o ad altra misura che, a sua volta, avrebbe avuto
l'effetto di evitare gli eventi illeciti per cui è processo.
In tal modo l'accertamento del nesso causale viene risolto
in un giudizio esclusivamente di tipo deduttivo, basato su
massime di esperienza (non rese esplicite dalla corte
territoriale, ma chiaramente identificabili dal lettore),
che tradisce la struttura bifasica di quell'accertamento,
poiché non vi è un solo dato processuale che venga
richiamato a sostegno della deduzione. Eppure non si
trattava di assumere misure di agevole reperimento ed
adozione.
Ben si comprende, proprio perché la corte distrettuale ha
fatto riferimento ad interventi sull'intero edificio, che
sarebbe stato necessario un notevole impegno di spesa. A
mero titolo di esempio si può rilevare che non è stato
indagato quali fossero i rimedi concretamente adottabili, se
essi fossero nella disponibilità del condominio tanto per
l'aspetto economico che per quello dispositivo; se vi fosse
la concreta possibilità di un intervento dell'autorità
pubblica, a fronte di una eventuale inattività dei
condomini, ciò nonostante permanenti nelle rispettive
abitazioni (anche solo perché confidenti nelle abitudine
autoprotettive che sono state in altro procedimento
accertate: Cass. Sez. 4, sent. n. 12478 del 19-20.11.2015,
P.G. in proc. Barberi ed altri, n.m.); quali fossero i tempi
di attuazione delle misure concretamente adottabili.
Ben possibili, poi, alternative ipotetiche ulteriori (una
delle quali si è già menzionata: la persistenza dell'uso
delle abitazioni pur in assenza di interventi di adeguamento
sismico), che aprono a percorsi ricostruttivi del nesso
causale invero del tutto peculiari, quali la causalità
psichica (a riguardo della quale, con precipua attinenza
alla vicenda aquilana, la già citata decisione in causa P.G.
c. Barberi ed altri).
E' quindi fondato il terzo motivo di ricorso e,
risultando non conforme alla previsione di legge in tema di
causalità nei reati omissivi impropri, la sentenza impugnata
deve essere annullata con rinvio alla Corte di appello di
Perugia per nuovo esame. Alla medesima corte va demandata la
regolamentazione tra le parti delle spese di questo
giudizio. |
agosto 2016 |
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COMPETENZE PROGETTUALI: Dal
geometra i mini-interventi. All'ingegnere i calcoli sul
cemento armato della casa. Progetti antisismici in aree a
rischio: il Tar Campania sulle competenze professionali.
Anche il geometra può firmare la ristrutturazione della casa
in zona sismica. Ma a condizione che i calcoli su cemento
armato siano eseguiti da un ingegnere e che comunque l'opera
da realizzare per l'abitazione risulti comunque di
dimensioni modeste.
È quanto emerge dalla
sentenza 23.08.2016 n. 4092, pubblicata dal TAR
Campania-Napoli - Sez. VIII, che aderisce all'orientamento
di giurisprudenza secondo cui in tali casi è ben possibile
dividere in due la progettazione lasciando le strutture
portanti al professionista abilitato e le opere di
tamponamento al geometra.
Forma e sostanza.
Nel caso di specie, il ricorso proposto dal vicino contro il
permesso di costruire è accolto, ma per motivi inerenti le
distanze fra edifici e l'indice volumetrico e non sulla
titolarità a firmare il progetto.
In effetti l'ingegnere ha depositato al genio civile gli
elaborati relativi alle strutture in cemento armato
nell'ambito di una ristrutturazione che prevede
l'ampliamento della parte abitata del fabbricato e
l'innalzamento delle pareti portanti.
Per i giudici, tuttavia, non è necessario ricorre a
un'interpretazione molto formale delle norme: quando nei
fatti l'opera è di dimensioni ridotte si possono separare le
due fasi con l'ingegnere che si assume la responsabilità dei
calcoli per i quali non è autorizzato il geometra, al quale
resta una progettazione di natura sostanzialmente
architettonica, perché si risolve in opere di tamponamento
interno ed esterno, un'attività che spesso è svolta dai
tecnici specializzati nei soli componenti d'arredo.
Il fatto
che i lavori si svolgano in zona sismica impone solo un
particolare rigore nella verifica della modestia dell'opera.
Estetica e struttura.
Sul riparto delle competenze fra professionisti per gli
interventi post-terremoto è intervenuta la giurisprudenza
amministrativa formatasi dopo il sisma in Emilia del 29.05.2012.
Lo studio di ingegneria, ad esempio, ben può aggiudicarsi i
lavori di risanamento anche se l'immobile che desta
preoccupazioni al Comune padano dopo la forte scossa
tellurica è un edificio di interesse storico-artistico.
Inutile per i concorrenti rivendicare la competenza
esclusiva degli architetti quando i lavori oggetto della
procedura pubblica sono interventi di risanamento che non
incidono sui profili estetici del fabbricato vincolato.
È quanto emerge dalla sentenza 36/2016, pubblicata dalla
prima sezione del Tar Bologna. Deve rassegnarsi,
l'architetto rimasto escluso dai lavori: stavolta non conta
che l'ingegnere non abbia lo stesso senso estetico nella
progettazione perché l'intervento che l'amministrazione
intende far realizzare punta al mero ripristino strutturale
della porzione delle strutture lesionate dal sisma; insomma:
si deve procedere ad attività di riparazione con
rafforzamento locale, tanto che le relative prestazioni da
erogare restano inquadrate nella sfera del risanamento e
della salvaguardia dell'immobile danneggiato.
Si tratta di intervenire sulla struttura dell'edificio per
ripararla e consolidarla: si rientra quindi nelle opere di
edilizia civile riconducibili alla «parte tecnica» di cui
all'articolo 52, comma 2, del regio decreto 2537/1925, nella
lettura ampia che ne ha dato la giurisprudenza, comprendendo
tutte le lavorazioni che non incidono sui profili estetici e
di rilievo culturale degli edifici vincolati.
Obbligo di comunicazione.
Sulle sanzioni penali previste per l'inosservanza della
legislazione antisismica è intervenuta la Cassazione poche
ore dopo la terribile scossa che ha distrutto Amatrice,
Accumoli, Arquata e gli altri Comuni al confine tra Lazio,
Marche e Umbria.
Il progettista e direttore dei lavori va condannato insieme
al titolare della ditta edile perché hanno costruito in zona
a rischio terremoto senza l'autorizzazione dell'ufficio
tecnico della regione. È quanto emerge dalla sentenza
35491/2016, pubblicata il 26 agosto dalla terza sezione penale
della Cassazione.
Non conta che l'opera realizzata scaturisca da un appalto
pubblico e il committente risulta il Comune: un altro dei
profili illeciti sanzionati è proprio il mancato deposito
del progetto presso lo sportello unico dell'edilizia
dell'ente locale, che pure ha approvato i lavori con
delibera.
Il punto è che gli articoli 93-95 del testo unico
dell'edilizia puntano proprio a scoraggiare la realizzazione
sul territorio di manufatti non conformi alle norme
tecniche. E ciò anche se la legge regionale stabilisce che a
essere obbligato alla denuncia è l'amministrazione
committente: l'ente territoriale, infatti, esercita in via
solo concorrente il potere legislativo sul governo del
territorio, mentre la materia della staticità degli edifici
in zona sismica resta di esclusiva competenza statale
(articolo ItaliaOggi Sette del
05.09.2016 - tratto d www.centrostudicni.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI:
Sulla possibilità di “scindere”
la progettazione e affidare la parte relativa alle strutture
di cemento armato a un ingegnere abilitato e limitare in
capo al geometra quella relativa alle altre parti, sempre
nei limiti delle costruzioni per civile abitazione di
modeste dimensioni.
La competenza dei geometri è limitata
alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste
costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino
l'adozione -anche parziale- di strutture in cemento armato.
Solo in via di eccezione, la competenza in ordine alla
progettazione da parte dei geometri si estende anche a
queste strutture, a norma della lett. l) del medesimo
articolo 16, r.d. n. 274 cit., purché si tratti di piccole
costruzioni accessorie nell'ambito di edifici rurali o
destinati alle industrie agricole, che non richiedano
particolari operazioni di calcolo e che per la loro
destinazione non comportino pericolo per le persone.
Per il resto, la suddetta competenza è, comunque, esclusa
nel campo delle costruzioni civili ove si adottino strutture
in cemento armato, la cui progettazione e direzione,
qualunque ne sia l'importanza è, pertanto, riservata solo
agli ingegneri ed architetti iscritti nei relativi albi
professionali.
---------------
Vi sono diversi
orientamenti sulla possibilità di “scindere” la
progettazione e affidare la parte relativa alle strutture di
cemento armato a un ingegnere abilitato e limitare in capo
al geometra quella relativa alle altre parti,
sempre nei limiti delle costruzioni per civile abitazione di
modeste dimensioni.
Un parte della giurisprudenza ritiene che, ai fini
dell’incompetenza del geometra ad assumersi la
progettazione, è irrilevante che l'incarico sia stato
conferito per le parti in cemento armato a un geometra a un
ingegnere o architetto, in quanto non è consentito neppure
al committente scindere dalla progettazione generale quella
relativa alle opere in cemento armato.
Non sarebbe, infatti, possibile enucleare e distinguere
un'autonoma attività, per la parte di tali opere,
riconducibile ad un ingegnere o ad un architetto, poiché chi
non è abilitato a delineare l'ossatura, neppure può essere
ritenuto in grado di dare forma al corpo che deve esserne
sorretto.
Secondo altro orientamento giurisprudenziale, che il
Collegio ritiene preferibile, sarebbe, invece, possibile
scindere le due parti della progettazione, essendo
consentito al geometra assumersi la progettazioni di modeste
civili costruzioni, qualora la parte progettuale relativa
alle strutture di cemento armato sia affidata a un ingegnere
o architetto abilitato.
In sostanza, secondo questo orientamento, la presenza di un
ingegnere progettista delle opere strutturali assorbe per
intero quella parte che poteva esorbitare dalla competenza
professionale del geometra.
Secondo quest‘ultimo orientamento giurisprudenziale,
infatti, è possibile, sulla base di comuni esperienze di
fatto, scindere dette attività progettuali, poiché definita
l'ossatura (o, meglio, la struttura portante di un edificio,
dimensionata per reggere tutte le sollecitazioni, statiche e
dinamiche, verticali e orizzontali, cui esso è o potrebbe
essere sottoposto) da parte del tecnico a ciò abilitato,
l'ulteriore attività progettuale si risolve nella
definizione di elementi di chiusura della stessa, mediante
opere di tamponamento interno ed esterno di natura
essenzialmente architettonica; opere volte a delimitare gli
spazi in cui si svolge l'attività umana e che non richiedono
il possesso di specifiche competenze strutturali (attività
che, spesso, viene svolta dai tecnici specializzati nei soli
componenti d'arredo).
In sostanza, per tale indirizzo, in caso di complessiva
modestia dell'opera, la circostanza che comunque i calcoli
relativi alle opere in cemento armato siano stati curati da
un professionista abilitato consente di considerare
legittimo il titolo abilitativo rilasciato su progetto
redatto da un geometra.
Il Collegio rileva, in proposito, come questo orientamento
meriti condivisione, tenendo presenti alcuni aspetti
espressi dalla Seconda Sezione del Consiglio di Stato nel
parere del 04.09.2015, n. 7477.
In base al principio generale della collaborazione tra
titolari di diverse competenze professionali, infatti, nulla
impedisce che la progettazione e direzione dei lavori
relativi alle opere in cemento armato sia affidata al
tecnico in grado di eseguire i calcoli necessari e di
valutare i pericoli per la pubblica incolumità, e che
l’attività di progettazione e direzione dei lavori,
incentrata sugli aspetti architettonici della “modesta”
costruzione civile, sia affidata, invece, al geometra.
Non si tratta, tuttavia, di assicurare la mera presenza di
un ingegnere progettista delle opere in cemento armato, che
controfirmi o si limiti ad eseguire i calcoli.
Il professionista, che svolge la progettazione con l’uso del
cemento armato, deve essere competente a progettare e ad
assumersi la responsabilità del segmento del progetto
complessivo riferito alle opere in cemento armato, nel senso
che l’incarico non può essere affidato al geometra, che si
avvarrà della collaborazione dell’ingegnere, ma deve essere
sin dall’inizio affidato anche a quest’ultimo per la parte
di sua competenza e sotto la sua responsabilità.
---------------
La circostanza che l’opera insista in zona sismica non è
sufficiente a escludere, di per sé, che la costruzione
civile possa ritenersi “modesta”, ai fini della competenza
del geometra alla sua progettazione, anche per le parti non
interessate dalle strutture di cemento armato.
Tale interpretazione, difatti, seppure ha trovato conferma
in un risalente precedente, appare troppo formalistica e non
suffragata da specifici elementi normativi.
Si deve, infatti, ritenere che, in caso di zona interessata
dal rischio sismico, il requisito della “modestia” della
costruzione civile debba essere valutato con maggiore rigore
ma non escluso automaticamente.
In sostanza, quindi, per gli interventi comportanti l’uso
del cemento armato, il grado di pericolo sismico della zona
su cui insiste la costruzione deve portare a una valutazione
di maggior rigore anche per quanto riguarda la competenza
del progettista dell’intervento relativo a “modeste”
costruzioni civili, nel senso appunto che la progettazione,
esecuzione e direzione dei lavori delle opere statiche dovrà
essere demandata alla responsabilità di un professionista
titolare di specifiche competenze tecniche all’effettuazione
dei calcoli necessari ed alla valutazione delle spinte,
controspinte e sollecitazioni, cui può essere sottoposta la
costruzione.
Ciò non esclude che, nel caso di specie, considerata la
tipologia e l’entità dell’intervento, quest’ultimo possa
considerarsi relativo a una modesta costruzione civile, ai
fini delle competenze nella progettazione, e che il progetto
redatto sia conforme alla normativa vigente, essendo stata
demandata a un ingegnere la parte relativa alle strutture in
cemento armato.
---------------
... per l'annullamento del permesso di costruire n. 40 del
2015 del Comune di Maddaloni;
...
FATTO
Le parti ricorrenti, comproprietarie di un edificio sito in
Maddaloni, in via ... n. .., dove risiedono, hanno
impugnato, con ricorso notificato il 06.11.2016, il Permesso
di Costruire n. 40 del 18/05/2015, rilasciato su un lotto
confinante a Ro. De Vi., per la ristrutturazione con
ampliamento della parte residenziale del fabbricato, la
realizzazione di un nuovo corpo di fabbrica, l'abbassamento
del solaio di copertura, la demolizione della copertura
esistente, l'innalzamento delle pareti portanti, con
previsione dell'utilizzo del cemento armato per le strutture
di nuova edificazione.
...
DIRITTO
3) Quanto al primo motivo di ricorso, le parti
ricorrenti sostengono che la progettazione dell’intervento è
stata effettuata da un geometra, ancorché le opere assentite
prevedano la ristrutturazione con ampliamento della parte
residenziale del fabbricato, la realizzazione di un nuovo
corpo di fabbrica, l'abbassamento del solaio di copertura,
la demolizione della copertura esistente, l'innalzamento
delle pareti portanti, con utilizzo del cemento armato per
tutte le strutture di nuova edificazione.
La progettazione di costruzioni civili, con strutture in
cemento armato, esulerebbe dalla competenza dei geometri,
trattandosi dì attività riservata ai soli ingegneri e
architetti, tanto più che l’immobile si trova in zona a
rischio sismico.
Replica il controinteressato che il motivo risulterebbe
infondato alla luce della circostanza che la figura
professionale del geometra è abilitata alla progettazione
architettonica di modeste abitazioni civili, come quella in
questione, e che, nel caso di specie, la parte relativa ai
calcoli strutturali del cemento armato è stata curata da un
ingegnere, mentre il geometra si è limitato alla
progettazione delle restanti parti architettoniche.
In particolare, la parte relativa ai calcoli strutturali del
cemento armato è stata curata dall’Ing. Pe., mentre il geom.
Pa. si è occupato esclusivamente della progettazione
architettonica.
Il motivo è infondato.
A norma dell'art. 16, lett. m), r.d. 11.02.1929 n. 274 e
dalle l. 05.11.1971 n. 1086 e 02.02.1974 n. 64, che hanno
rispettivamente disciplinato le opere in conglomerato
cementizio e le costruzioni in zone sismiche, nonché dalla
l. 02.03.1949 n. 144 (recante la tariffa professionale), la
competenza dei geometri è limitata alla progettazione,
direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con
esclusione di quelle che comportino l'adozione -anche
parziale- di strutture in cemento armato.
Solo in via di eccezione, la competenza in ordine alla
progettazione da parte dei geometri si estende anche a
queste strutture, a norma della lett. l) del medesimo
articolo 16, r.d. n. 274 cit., purché si tratti di piccole
costruzioni accessorie nell'ambito di edifici rurali o
destinati alle industrie agricole, che non richiedano
particolari operazioni di calcolo e che per la loro
destinazione non comportino pericolo per le persone.
Per il resto, la suddetta competenza è, comunque, esclusa
nel campo delle costruzioni civili ove si adottino strutture
in cemento armato, la cui progettazione e direzione,
qualunque ne sia l'importanza è, pertanto, riservata solo
agli ingegneri ed architetti iscritti nei relativi albi
professionali (Cons. Stato Sez. V, 23.02.2015, n. 883; Cons.
Stato Sez. V, 28.04.2011, n. 2537; Cass. civ. Sez. II,
24.03.2016, n. 5871; Cass. civ., sez. II, 02.09.2011, n.
18038; Cass. 26.07.2006, n. 17028).
Quanto indicato appare pacifico in giurisprudenza, mentre
vi sono diversi orientamenti sulla possibilità di “scindere”
la progettazione e affidare la parte relativa alle strutture
di cemento armato a un ingegnere abilitato e limitare in
capo al geometra quella relativa alle altre parti,
sempre nei limiti delle costruzioni per civile abitazione di
modeste dimensioni.
Un parte della giurisprudenza ritiene che, ai fini
dell’incompetenza del geometra ad assumersi la
progettazione, è irrilevante che l'incarico sia stato
conferito per le parti in cemento armato a un geometra a un
ingegnere o architetto, in quanto non è consentito neppure
al committente scindere dalla progettazione generale quella
relativa alle opere in cemento armato.
Non sarebbe, infatti, possibile enucleare e distinguere
un'autonoma attività, per la parte di tali opere,
riconducibile ad un ingegnere o ad un architetto, poiché chi
non è abilitato a delineare l'ossatura, neppure può essere
ritenuto in grado di dare forma al corpo che deve esserne
sorretto (Cons. Stato Sez. V, 28.04.2011, n. 2537).
Secondo altro orientamento giurisprudenziale, che il
Collegio ritiene preferibile, sarebbe, invece, possibile
scindere le due parti della progettazione, essendo
consentito al geometra assumersi la progettazioni di modeste
civili costruzioni, qualora la parte progettuale relativa
alle strutture di cemento armato sia affidata a un ingegnere
o architetto abilitato.
In sostanza, secondo questo orientamento, la presenza di un
ingegnere progettista delle opere strutturali assorbe per
intero quella parte che poteva esorbitare dalla competenza
professionale del geometra (TAR Marche Ancona Sez. I,
11/07/2013, n. 559, 13.03.2008 n. 194 e 23.11.2001 n. 1220).
Secondo quest‘ultimo orientamento giurisprudenziale,
infatti, è possibile, sulla base di comuni esperienze di
fatto, scindere dette attività progettuali, poiché definita
l'ossatura (o, meglio, la struttura portante di un edificio,
dimensionata per reggere tutte le sollecitazioni, statiche e
dinamiche, verticali e orizzontali, cui esso è o potrebbe
essere sottoposto) da parte del tecnico a ciò abilitato,
l'ulteriore attività progettuale si risolve nella
definizione di elementi di chiusura della stessa, mediante
opere di tamponamento interno ed esterno di natura
essenzialmente architettonica; opere volte a delimitare gli
spazi in cui si svolge l'attività umana e che non richiedono
il possesso di specifiche competenze strutturali (attività
che, spesso, viene svolta dai tecnici specializzati nei soli
componenti d'arredo).
In sostanza, per tale indirizzo, in caso di complessiva
modestia dell'opera, la circostanza che comunque i calcoli
relativi alle opere in cemento armato siano stati curati da
un professionista abilitato consente di considerare
legittimo il titolo abilitativo rilasciato su progetto
redatto da un geometra (Cons. Stato Sez. IV, 28.11.2012, n.
6036).
Il Collegio rileva, in proposito, come questo orientamento
meriti condivisione, tenendo presenti alcuni aspetti
espressi dalla Seconda Sezione del Consiglio di Stato nel
parere del 04.09.2015, n. 7477.
In base al principio generale della collaborazione tra
titolari di diverse competenze professionali, infatti, nulla
impedisce che la progettazione e direzione dei lavori
relativi alle opere in cemento armato sia affidata al
tecnico in grado di eseguire i calcoli necessari e di
valutare i pericoli per la pubblica incolumità, e che
l’attività di progettazione e direzione dei lavori,
incentrata sugli aspetti architettonici della “modesta”
costruzione civile, sia affidata, invece, al geometra.
Non si tratta, tuttavia, di assicurare la mera presenza di
un ingegnere progettista delle opere in cemento armato, che
controfirmi o si limiti ad eseguire i calcoli.
Il professionista, che svolge la progettazione con l’uso del
cemento armato, deve essere competente a progettare e ad
assumersi la responsabilità del segmento del progetto
complessivo riferito alle opere in cemento armato, nel senso
che l’incarico non può essere affidato al geometra, che si
avvarrà della collaborazione dell’ingegnere, ma deve essere
sin dall’inizio affidato anche a quest’ultimo per la parte
di sua competenza e sotto la sua responsabilità.
Nel caso di specie un ingegnere (l’Ing. Pe.) ha provveduto
all’effettuazione dei calcoli strutturali per le strutture
in cemento armato, depositando i relativi elaborati
progettuali presso il Genio Civile.
Si può pertanto ritenere che lo stesso abbia redatto il
segmento del progetto complessivo riferito alle opere in
cemento armato, assumendosene la responsabilità.
Né la circostanza che l’opera insista in zona sismica è
sufficiente a escludere, di per sé, che la costruzione
civile possa ritenersi “modesta”, ai fini della
competenza del geometra alla sua progettazione, anche per le
parti non interessate dalle strutture di cemento armato.
Tale interpretazione, difatti, seppure ha trovato conferma
in un risalente precedente (Cons. Stato, 08.06.1998, n.
779), appare troppo formalistica e non suffragata da
specifici elementi normativi.
Si deve, infatti, ritenere che, in caso di zona interessata
dal rischio sismico, il requisito della “modestia”
della costruzione civile debba essere valutato con maggiore
rigore ma non escluso automaticamente.
In sostanza, quindi, per gli interventi comportanti l’uso
del cemento armato, il grado di pericolo sismico della zona
su cui insiste la costruzione deve portare a una valutazione
di maggior rigore anche per quanto riguarda la competenza
del progettista dell’intervento relativo a “modeste”
costruzioni civili, nel senso appunto che la progettazione,
esecuzione e direzione dei lavori delle opere statiche dovrà
essere demandata alla responsabilità di un professionista
titolare di specifiche competenze tecniche all’effettuazione
dei calcoli necessari ed alla valutazione delle spinte,
controspinte e sollecitazioni, cui può essere sottoposta la
costruzione.
Ciò non esclude che, nel caso di specie, considerata la
tipologia e l’entità dell’intervento, quest’ultimo possa
considerarsi relativo a una modesta costruzione civile, ai
fini delle competenze nella progettazione, e che il progetto
redatto sia conforme alla normativa vigente, essendo stata
demandata a un ingegnere la parte relativa alle strutture in
cemento armato.
Il motivo di ricorso deve, quindi essere rigettato (TAR
Campania-Napoli, Sez. VIII,
sentenza 23.08.2016 n. 4092 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
luglio 2016 |
|
COMPETENZE PROGETTUALI: Secondo
giurisprudenza, solo per gli
interventi di ordine strutturale “in taluni casi (e non sempre) potrebbe
ipotizzarsi un'assenza di competenze dei geometri”, mentre con riferimento a
lavori di manutenzione straordinaria “detta competenza non può astrattamente
escludersi, a meno che la concreta connotazione dell'intervento non lo
imponga”.
Medesima giurisprudenza, al fine di delimitare la
competenza dei geometri, ha affermato che “il criterio per accertare se la
progettazione di una costruzione rientri nella competenza professionale dei
geometri, ai sensi dell'art. 16, lett. m), r.d. 11.02.1929 n. 274,
consiste, infatti, nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione
e l'esecuzione dell'opera comportano e le capacità occorrenti per superarle.
La delimitazione della competenza dei geometri e geometri laureati in tale
materia va effettuata anche in base al criterio economico e
tecnico-qualitativo della modestia o tenuità dell'opera, cosicché agli
stessi è preclusa la realizzazione di un complesso di opere che richieda una
visione di insieme, che ponga problemi di carattere programmatorio, che
imponga una valutazione complessiva di una serie di situazioni la cui
soluzione, sotto il profilo tecnico, può incontrare difficoltà non
facilmente superabili con la competenza professionale dei medesimi
professionisti”;
---------------
Vista, nel merito, la censura con la quale viene dedotto che
nessuno degli elaborati contenuti nella busta n. 2, concernenti la
documentazione tecnica dell’impresa aggiudicataria, risulta firmato da un
progettista abilitato, come richiesto a pena di esclusione dal punto XII.3
della lettera di invito, tale non potendo considerarsi il legale
rappresentante della suddetta impresa, essendo egli in possesso della sola
qualifica di geometra (e non di quella, asseritamente necessaria, di
ingegnere);
Rilevato preliminarmente che la lex specialis, al punto XII.3,
effettivamente dispone che “tutti i documenti precedentemente indicati
(relativi all’offerta tecnica: n.d.e.) dovranno essere sottoscritti, a pena
di esclusione, con firma leggibile e per esteso, dal legale rappresentante
del concorrente (…) nonché da un tecnico abilitato”;
Evidenziato altresì che i documenti costitutivi dell’offerta
tecnica dell’impresa aggiudicataria risultano effettivamente sottoscritti
dal solo legale rappresentante dell’impresa, geom. Gu.Fa.;
Considerato quindi che si rende necessario verificare se la
sottoscrizione dei suddetti documenti da parte del solo rappresentante
dell’impresa, in possesso del titolo di geometra, sia idonea ad assolvere
sia al ruolo di elemento di riconoscimento della paternità del documento e
di assunzione della responsabilità in ordine al suo contenuto, propria della
sottoscrizione da parte del legale rappresentante dell’impresa offerente,
sia a quello di garanzia della attendibilità ed affidabilità tecnica delle
proposte migliorative trasfuse nell’offerta tecnica;
Ritenuto che al quesito, con particolare riguardo al solo (ed unico
controverso) secondo aspetto, debba darsi risposta affermativa;
Evidenziato infatti che il progetto a base di gara, e la connessa
offerta migliorativa dell’impresa aggiudicataria, ha ad oggetto “lavori di
adeguamento normativo e di efficienza energetica” dell’edificio scolastico
interessato, articolati nelle seguenti tipologie di interventi (cfr. II.1
della lex specialis):
- “isolamento termico dell’involucro edilizio”, ovvero “sostituzione degli
infissi esistenti con infissi in alluminio a taglio termico con vetrate
termoisolanti e di sicurezza”;
- “adeguamento impianto elettrico”, ovvero “impianto video-citofonico”,
“lampade e lampade d’emergenza”, "sostituzione lampade interne per uffici,
aule e disimpegni e lampade esterne per corte, scale metalliche, ascensore,
area attualmente destinata a parcheggio”;
- “n. 2 scale esterne di sicurezza";
- “impianti idrici antincendio”: “impianti di rilevazione, segnalazione
incendi e opere complementari”;
- “servizi igienici e opere complementari”;
- “ascensore”;
- “rifacimento facciate esterne conseguente alla realizzazione di
ascensore”;
- “rifacimento superficie delle aree esterne relativamente a corte interna e
spazio attualmente destinato a parcheggio e manovra di autoveicoli e
raccordi rispetto alle scale metalliche esterne di sicurezza”;
Evidenziato che i lavori suindicati sono riconducibili alla
categoria edilizia della “manutenzione straordinaria”, senza implicazioni di
carattere strutturale;
Richiamato quindi, al fine di dimostrare l’infondatezza della
censura in esame, quanto statuito dalla giurisprudenza (cfr. TAR Sicilia,
Palermo, Sez. III, n. 3422 del 22.12.2014), nel senso che solo per gli
interventi di ordine strutturale “in taluni casi (e non sempre) potrebbe
ipotizzarsi un'assenza di competenze dei geometri”, mentre con riferimento a
lavori di manutenzione straordinaria “detta competenza non può astrattamente
escludersi, a meno che la concreta connotazione dell'intervento non lo
imponga”;
Rilevato che la medesima giurisprudenza, al fine di delimitare la
competenza dei geometri, ha affermato che “il criterio per accertare se la
progettazione di una costruzione rientri nella competenza professionale dei
geometri, ai sensi dell'art. 16, lett. m), r.d. 11.02.1929 n. 274,
consiste, infatti, nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione
e l'esecuzione dell'opera comportano e le capacità occorrenti per superarle.
La delimitazione della competenza dei geometri e geometri laureati in tale
materia va effettuata anche in base al criterio economico e
tecnico-qualitativo della modestia o tenuità dell'opera, cosicché agli
stessi è preclusa la realizzazione di un complesso di opere che richieda una
visione di insieme, che ponga problemi di carattere programmatorio, che
imponga una valutazione complessiva di una serie di situazioni la cui
soluzione, sotto il profilo tecnico, può incontrare difficoltà non
facilmente superabili con la competenza professionale dei medesimi
professionisti”;
Ribadito in proposito che, nella specie, i lavori che vengono in
rilievo non presentano profili di particolare difficoltà o complessità né
importano una “visione d’insieme”, mentre, con specifico riferimento alle
opere impiantistiche, non può non rilevarsi che l’impresa aggiudicataria,
avente forma di impresa individuale, è abilitata all’esecuzione delle opere
impiantistiche di cui all’art. 1 d.m. n. 37 del 22.01.2008 ed il legale
rappresentante della stessa, firmatario come si è detto dell’offerta tecnica
e dei documenti che la compongono, ne è anche il responsabile tecnico (cfr.
il certificato della Camera di Commercio di cui all’all. n. 5 della
produzione difensiva dell’amministrazione intimata), ad ulteriore
dimostrazione del possesso da parte dello stesso delle competenze e delle
conoscenze tecniche necessarie per predisporre l’offerta migliorativa (TAR
Campania-Salerno, Sez. I,
sentenza 29.07.2016 n. 1803 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
maggio 2016 |
|
COMPETENZE PROGETTUALI: La
nozione di opere di edilizia civile, che ai sensi dell'art. 52 R.D. 23.10.1925 n. 2537 formano
oggetto della professione sia dell'ingegnere che dell'architetto, si estende
oltre gli ambiti più specificamente strutturali, fino a ricomprendere <l'intero complesso degli impianti tecnologici a corredo del fabbricato, e
quindi non solo gli impianti idraulici ma anche quelli di riscaldamento
compresi nell'edificazione>.
Sicché, "è illegittimo il rifiuto
dell'ISPESL di procedere a verifica di un impianto di riscaldamento
installato, in un plesso scolastico solo perché il relativo progetto era
firmato da un architetto, trattandosi di opera accessoria
all'edificazione".
---------------
... per l'annullamento della determinazione del Responsabile Servizio, Area
tecnica, del Comune di Lauro n. 80 del 29.02.2016, avente ad oggetto
l’aggiudicazione definitiva dell’”appalto lavori di realizzazione di un
nuovo plesso scolastico nel Comune di Lauro”, di tutti gli atti connessi e
presupposti, nonché per la declaratoria di inefficacia del contratto
eventualmente stipulato e per la condanna al risarcimento del danno.
...
Vista la censura con la quale viene dedotto che l’impresa aggiudicataria
avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara, avendo prodotto un contratto di
avvalimento sottoposto alla condizione sospensiva dell’aggiudicazione dei
lavori a favore dell’impresa ausiliata, con la conseguenza che, nel corso
del procedimento di gara, la stessa era da ritenersi priva del requisito OG
1, classifica IV-bis, per il cui prestito era stato stipulato il suddetto
contratto di avvalimento;
Ritenuta l’infondatezza della censura suindicata;
Considerato infatti che il contratto di avvalimento oggetto di contestazione
è subordinato ad una condizione sospensiva di efficacia di carattere non
meramente potestativo, siccome coincidente con un evento (l’aggiudicazione
dell’appalto a favore dell’impresa avvalente) di carattere oggettivo ed
indipendente dalla mera volontà dell’impresa concorrente, con la conseguenza
che esso costituisce un mezzo giuridicamente idoneo a garantire che
l’impresa ausiliata disporrà, una volta intervenuta l’eventuale
aggiudicazione a suo favore dell’appalto, delle risorse e dei mezzi
necessari all’esecuzione della prestazione, in relazione al requisito
oggetto di avvalimento;
Rilevato che siffatta conclusione trova fondamento nel carattere
obbligatorio del contratto di avvalimento, così come tipizzato dall’art. 49,
comma 2, lett. f), d.lvo n. 163/2006 (che lo definisce come il “contratto in
virtù del quale l'impresa ausiliaria si obbliga nei confronti del
concorrente a fornire i requisiti e a mettere a disposizione le risorse
necessarie per tutta la durata dell'appalto”) e nella necessaria coincidenza
temporale della sua concreta operatività, come previsto dalla norma
richiamata, con la “durata dell’appalto”, piuttosto che con quella del
procedimento di aggiudicazione;
Vista la censura con la quale l’esclusione dell’impresa aggiudicataria viene
altresì invocata dalla parte ricorrente sulla scorta della sottoscrizione
dell’offerta tecnica da essa presentata da parte di due architetti,
piuttosto che da professionisti abilitati ed iscritti all’Albo degli
Ingegneri, come sarebbe stato necessario prevedendo essa la realizzazione:
a) di un impianto fotovoltaico; b) di un impianto solare termico; c) di un
impianto di climatizzazione, ovvero di opere ad elevato contenuto innovativo
e tecnologico;
Ritenuta l’infondatezza della censura suindicata, alla luce della assenza di
specifiche prescrizioni sul punto della lex specialis e, soprattutto, di
quanto statuito dalla giurisprudenza (cfr. TAR Puglia-Lecce, Sez. III,
n. 708 del 18.04.2012), nel senso che “la nozione di opere di edilizia
civile, che ai sensi dell'art. 52 R.D. 23.10.1925 n. 2537 formano
oggetto della professione sia dell'ingegnere che dell'architetto, si estende
oltre gli ambiti più specificamente strutturali, fino a ricomprendere <l'intero complesso degli impianti tecnologici a corredo del fabbricato, e
quindi non solo gli impianti idraulici ma anche quelli di riscaldamento
compresi nell'edificazione>” (conforme Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 4866
del 31.07.2009, secondo cui "di conseguenza, è illegittimo il rifiuto
dell'ISPESL di procedere a verifica di un impianto di riscaldamento
installato, in un plesso scolastico solo perché il relativo progetto era
firmato da un architetto, trattandosi di opera accessoria
all'edificazione");
Rilevato infatti che le suddette opere impiantistiche sono destinate ad
integrarsi nella (ed hanno quindi carattere accessorio rispetto alla)
realizzazione dell’opus principale oggetto di appalto, rappresentato dalla
edificazione di un plesso scolastico (TAR Campania-Salerno, Sez. I,
sentenza 25.05.2016 n. 1294 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI: Il
r.d. 23.10.1925 n. 2537, recante il regolamento delle professioni di
architetto e di ingegnere, esclude per via degli artt. 51 e 54, comma 3,
senza dubbi interpretativi la possibilità che un architetto possa, in luogo
di un ingegnere, condurre i lavori relativi ad opere idrauliche.
---------------
Au.Soc.Coop. e Pr. S.r.l. partecipavano alla procedura di gara, indetta dal
Comune di Arienzo, per l’affidamento del servizio di direzione lavori,
misurazione e contabilità, assistenza al collaudo, nonché coordinamento
della sicurezza in fase di esecuzione dei lavori per l'intervento di
potenziamento e sistemazione della rete idrica cittadina.
La gara era stata bandita con procedura aperta e con il criterio di
aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
La Pr. S.r.l. risultava aggiudicataria provvisoria e quindi definitiva, con
un punteggio complessivo di 95, mentre la Au.Soc.Coop., unica altra
concorrente rimasta in gara, si classificava seconda con un punteggio
complessivo di 73,26.
Au.Soc.Coop. impugnava i risultati della gara con ricorso al TAR della
Campania, iscritto al R.G. 745 del 2015, lamentando la mancata esclusione
dell’aggiudicataria, in quanto quest’ultima aveva indicato quale direttore
dei lavori un architetto e non un ingegnere, come invece avrebbe richiesto
l’oggetto dell'appalto inerente al “potenziamento e sistemazione della
rete idrica cittadina”, ai sensi degli artt. 51 e 54 del R.D. n.
2537/1925, alla luce dei quali sarebbe dovuta essere interpretata la
normativa dettata dal bando di gara, da ritenersi illegittima ove
interpretata nel senso inteso dalla stazione appaltante; inoltre la mancata
esclusione dell’aggiudicataria anche per l’ulteriore ragione che questa non
avrebbe dimostrato il possesso dei requisiti tecnici necessari, in quanto
avrebbe riferito il requisito posseduto dal socio alla società, pur se ormai
era scaduto il periodo di cinque anni dalla costituzione della società,
previsto dall’art. 253, comma 15, del codice dei contratti pubblici,
ribadendo, inoltre, anche sotto tale profilo, la violazione la violazione
degli artt. 51 e 54 del R.D. n. 2537/1925.
...
Anche detti motivi sono fondati.
Il r.d. 23.10.1925 n. 2537, recante il regolamento delle professioni di
architetto e di ingegnere, esclude per via degli artt. 51 e 54, comma 3,
senza dubbi interpretativi la possibilità che un architetto possa, in luogo
di un ingegnere, condurre i lavori relativi ad opere idrauliche: e la Pr.
s.r.l. aveva indicato l’architetto Fr.Za., proprio amministratore unico e
direttore tecnico, quale direttore dei lavori di sistemazione della rete
idrica di Arienzo per cui è controversia.
Per le considerazioni suesposte i due appelli riuniti devono essere raccolti
per quanto concerne la revoca dell’aggiudicazione definitiva, mentre va
altresì accolto l’appello di Au.Soc.Coop. avverso quest’ultima in quanto
affidata alla Pr. s.r.l. (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 19.05.2016 n.
2095 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
aprile 2016 |
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COMPETENZE PROGETTUALI:
Consiglio di Stato: gli atti di aggiornamento catastale
esclusi dalle competenze degli agrotecnici.
Accolto il ricorso del Consiglio nazionale dei geometri e
dei geometri laureati.
Gli agrotecnici non sono legittimati a
redigere e sottoscrivere gli atti di aggiornamento
geometrico di cui all'articolo 8 della legge n. 679/1969 e
agli articoli 5 e 7 del D.P.R. n. 650/1972.
Lo ha confermato il Consiglio di Stato (Sez. IV) che con la
sentenza 13.04.2016 n. 1458 ha accolto il ricorso
del Consiglio Nazionale dei Geometri e dei Geometri Laureati
che ha chiesto l’integrale riforma della sentenza di primo
grado con cui il Tar Lazio ha dichiarato l’inammissibilità
per carenza di interesse dei ricorsi introduttivi del
giudizio.
I geometri hanno fatto presente che, in seguito alla
sentenza della Corte Costituzionale, n. 154 del 2015 -con
cui è stata dichiarata l’incostituzionalità, per violazione
dell’art. 77, comma secondo Cost., dell’art. 26, comma
7-ter, del decreto legge n. 248 del 2007, in accoglimento
della questione prospettata dal Consiglio di Stato con
l'ordinanza n. 753 del 17.02.2014- risulta evidente non
soltanto l’interesse al ricorso introduttivo del giudizio,
ma anche la illegittimità dell’azione dell’Amministrazione.
L’art. 26, comma 7-ter, del decreto-legge 31.12.2007, n. 248
stabiliva che il comma 96 dell’art. 145 della legge
23.12.2000, n. 388 (legge finanziaria 2001), “si
interpreta nel senso che gli atti ivi indicati possono
essere redatti e sottoscritti anche dai soggetti in possesso
del titolo di cui alla legge 06.06.1986, n. 251, e
successive modificazioni”. La legge 06.06.1986, n. 251,
cui faceva espresso rinvio la disposizione censurata, ha
istituito l’albo professionale degli agrotecnici.
I giudici
di Palazzo Spada ricordano che secondo un costante
orientamento del Consiglio di Stato, dal quale non c’è
motivo per discostarsi, deve ritenersi che “la pronuncia
di illegittimità costituzionale di una norma di legge
determina la cessazione della sua efficacia erga omnes ed
impedisce, dopo la pubblicazione della sentenza, che essa
possa esser applicata ai rapporti, in relazione ai quali la
norma dichiarata incostituzionale risulti anche rilevante,
stante l’effetto retroattivo dell’annullamento escluso solo
per i cd. rapporti esauriti” (cfr. Cons. di Stato, Sez.
III, 14.03.2012, n. 1429).
La risoluzione n. 10/DF del 03.04.2008 del Ministero
dell’Economia e delle Finanze, nonché la circolare
dell’Agenzia del Territorio n. 3 del 14.04.2008, in seguito
alla pronuncia della Corte Costituzionale n. 154 del 2015, “devono
ritenersi viziate da una invalidità derivata: detti atti,
infatti, costituiscono integrazione e non mera
interpretazione, della disposizione dichiarata
incostituzionale e, il venir meno del presupposto normativo,
determina, in ultima analisi, la loro invalidità ed
inidoneità a produrre effetti”.
Pertanto, conclude il Consiglio di Stato, “Alla luce
delle suesposte argomentazioni, va accolto l’appello
proposto dal sig. Fausto Savoldi e dal Consiglio Nazionale
Geometri e Geometri Laureati e, per l’effetto, in riforma
della sentenza del TAR per il Lazio sede di Roma n. 7395 del
30.08.2012, devono annullarsi i provvedimenti impugnati in
primo grado” (commento tratto da www.casaeclima.com). |
febbraio 2016 |
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COMPETENZE PROGETTUALI: Ingegneri
junior confinati alla collaborazione.
Tecnici. I professionisti della sezione B sono autonomi solo
per le costruzioni semplici.
Limiti severi
per l’ingegnere junior nelle offerte di gara di appalto,
qualora si tratti di offrire soluzioni migliorative.
Lo
sottolinea il Consiglio di Stato, Sez. V, con la
sentenza 25.02.2016 n. 776, relativa a una gara di appalto in cui
l’offerta tecnica consentiva innovazioni rispetto al
progetto predisposto da un Comune.
I lavori messi in gara (completamento della rete fognaria e
di un impianto di depurazione), esigevano soluzioni
avanzate, innovative e sperimentali, ritenute di competenza
dell’ingegnere iscritto nella sezione “A” (laurea
magistrale) del Dpr 328/2001.
Il Consiglio di Stato sottolinea che le progettazioni
effettuate dall’ingegnere junior non erano ascrivibili a
mero concorso e collaborazione alle attività di
progettazione di un professionista abilitato per la
realizzazione di opere edilizie; «ciò in quanto tale
attività deve intendersi quale collaborazione concreta alla
redazione di un progetto in fieri e non quale attività di
apporto di migliorie ad un progetto già redatto, rispetto al
quale (le innovazioni, ndr) assumono carattere di
autonomia».
L’ingegnere junior -secondo il Consiglio di
Stato- può partecipare a progettazioni complesse solo sotto
la direzione e il controllo di un ingegnere iscritto nella
sezione “A”, può collaborare esclusivamente riguardo a opere
edilizie (realizzando, modificando, riparando o demolendo un
edificio, comprese le opere pubbliche) ed è autonomo per le
sole costruzioni civili semplici.
Tra tali competenze non vi sono quindi quelle «proposte
tecniche migliorative» che il Comune chiedeva, finalizzate
alla migliore funzionalità e fruibilità –nel caso esaminato– di una rete fognaria nonché quelle finalizzate alla
riduzione dei costi di manutenzione e gestione dell’opera,
alla funzionalità delle varie fasi del processo depurativo,
quelle per la gestione della sicurezza e dell’organizzazione
del cantiere.
Le rispettive competenze degli ingegneri juniores e seniores
non sono separate dall’uso (per i soli seniores) di
metodologie avanzate, innovative o sperimentali, ovvero
standardizzate: secondo il Consiglio di Stato le competenze
sono anche divise dalla possibilità, per gli juniores, di
operare solo in concorso e in collaborazione alle attività
proprie degli ingegneri per opere edilizie e di progettare
autonomamente solo costruzioni civili semplici.
Tutto questo ragionamento, coerente alle esigenze
dell’utenza che esige specifiche capacità, ha comunque un
peccato originale: nel caso specifico il progetto posto a
base d’asta, che era solo da migliorare, risultava redatto
da un geometra (articolo Il Sole 24 Ore
dell'01.03.2016). |
COMPETENZE PROGETTUALI:
Sulle competenze dell'ingegnere "junior".
L’art. 46, del d.P.R. n. 328 del 2001 stabilisce che: ”1.
Le attività professionali che formano oggetto della
professione di ingegnere sono così ripartite tra i settori
di cui all'articolo 45, comma 1:
a) per il settore "ingegneria civile e ambientale": la
pianificazione, la progettazione, lo sviluppo, la direzione
lavori, la stima, il collaudo, la gestione, la valutazione
di impatto ambientale di opere edili e strutture,
infrastrutture, territoriali e di trasporto, di opere per la
difesa del suolo e per il disinquinamento e la depurazione,
di opere geotecniche, di sistemi e impianti civili e per
l'ambiente e il territorio; ……
2. Ferme restando le riserve e le attribuzioni già stabilite
dalla vigente normativa e oltre alle attività indicate nel
comma 3, formano in particolare oggetto dell'attività
professionale degli iscritti alla sezione A, ai sensi e per
gli effetti di cui all'articolo 1, comma 2, le attività,
ripartite tra i tre settori come previsto dal comma 1, che
implicano l'uso di metodologie avanzate, innovative o
sperimentali nella progettazione, direzione lavori, stima e
collaudo di strutture, sistemi e processi complessi o
innovativi.
3. Restando immutate le riserve e le attribuzioni già
stabilite dalla vigente normativa, formano oggetto
dell'attività professionale degli iscritti alla sezione B,
ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 1, comma 2:
a) per il settore "ingegneria civile e ambientale": 1) le
attività basate sull'applicazione delle scienze, volte al
concorso e alla collaborazione alle attività di
progettazione, direzione dei lavori, stima e collaudo di
opere edilizie comprese le opere pubbliche; 2) la
progettazione, la direzione dei lavori, la vigilanza, la
contabilità e la liquidazione relative a costruzioni civili
semplici, con l'uso di metodologie standardizzate; 3) i
rilievi diretti e strumentali sull'edilizia attuale e
storica e i rilievi geometrici di qualunque natura; …”..
La ratio della norma deve individuarsi
nell’intento di attribuire all’ingegnere “junior” la
possibilità di partecipare a progettazioni complesse sotto
la direzione ed il controllo di un ingegnere iscritto nella
sezione “A” al precipuo scopo di evitare che nella concreta
fase di realizzazione delle stesse possano essere commessi,
per inesperienza legata alla mancata conclusione del ciclo
di studi completo, errori potenzialmente forieri di
conseguenze negative nella progettazione di opere più
rilevanti.
---------------
L’art.
46, comma 3, lettera a), n. 1), del d.P.R. n. 328 del 2001
stabilisce che gli ingegneri “junior” con laurea
triennale possano svolgere attività basate sull’applicazione
delle scienze, con mera attività di concorso e
collaborazione rispetto all’attività degli ingegneri della
sezione “A” e solo nel settore delle opere edili; solo in
materia di edilizia privata gli ingegneri “junior”
avrebbero competenze proprie, nei casi regolati dal comma 3,
lettera a), n. 2 di detto art. 46.
Per il settore ingegneria civile
ed ambientale l’ingegnere “junior” può svolgere la prevista
attività di collaborazione esclusivamente con riguardo ad
opere edilizie (cioè le opere, lavorazioni e interventi che
mirano a realizzare, modificare, riparare o demolire, di
norma, un edificio, e che, comunque individuate, devono
essere finalizzate alla realizzazione dello stesso comprese
le opere pubbliche) ed attività autonoma per le costruzioni
civili semplici.
---------------
Circa la tesi
prospettata sul rilievo che le rispettive competenze dei
suddetti ingegneri derivino dagli artt. 51 e 52 del r.d. n.
2537 del 1925, in base ai quali la distinzione qualitativa
conseguente ai percorsi formativi di accesso (relativi,
rispettivamente, alle lauree e alle lauree specialistiche)
si estrinsecherebbe solo nel riservare agli iscritti nella
sezione “A” le attività che implicano l’uso di metodologie
avanzate, innovative, o sperimentali, osserva al riguardo la Sezione che
dette norme non prevedono
la differenziazione in questione, che è individuata
dall’art. 46 del d.P.R. n. 328 del 2001, in precedenza
riportato, le cui disposizioni non pongono come unico
discrimine tra le attività consentite per gli ingegneri
iscritti alla sezione “A” e gli ingegneri iscritti alla
sezione “B” solo l’uso di metodologie avanzate, innovative o
sperimentali, ovvero standardizzate, ma anche la possibilità
per i secondi di operare solo in concorso e in
collaborazione alle attività proprie degli ingegneri per
opere edilizie e di progettare autonomamente solo
costruzioni civili semplici.
---------------
... per la riforma della sentenza del TAR Campania, Sezione
staccata di Salerno, Sezione II, n. 797 del 2015;
...
1.- La Eredi Pi.Ru.Co. s.a.s. di Ru.Pa. ha impugnato presso il TAR Campania, Sezione
staccata di Salerno, il provvedimento n. 296 del 19.01.2015 con cui il Comune di Lapio, previa approvazione degli
atti di gara, ha disposto l'aggiudicazione definitiva dei
lavori di completamento ed adeguamento della rete fognaria e
dell'impianto di depurazione alla società Av.Co. di G.Av. & C. s.a.s.; con il gravame
è
stata dedotta l’illegittimità dell’impugnato provvedimento
per violazione dell’art. 46 del d.P.R. 328 del 2001, in
quanto gli elaborati dell’offerta tecnica sarebbero stati
redatti e sottoscritti da un ingegnere “junior”,
appartenente alle Sezione “B” di detto d.P.R., non abilitato
a redigere i progetti richiesti dal bando di gara, di
competenza esclusiva degli ingegneri appartenenti alla
Sezione “A”.
La società ricorrente ha quindi chiesto
l’aggiudicazione della gara e, qualora il contratto fosse
già stato stipulato, che sia dichiarata l’inefficacia dello
stesso, con subentro della società ricorrente; in via
subordinata, ha chiesto il risarcimento dei danni patiti.
2.- Il TAR, con la sentenza in epigrafe indicata, ha
respinto il ricorso principale nel sostanziale assunto che
l’attività dell’ingegnere di cui trattasi, appartenente alla
sezione “B”, rientrava nelle ipotesi di concorso e
collaborazione alle attività di progettazione, direzione dei
lavori, stima e collaudo di opere edilizie (comprese le
opere pubbliche) da esso effettuabili in quanto il progetto
recante migliorie che aveva redatto si fondava su un
progetto già posto in essere dalla stazione appaltante e,
quindi, era stato elaborato in concorso o collaborazione ad
una progettazione relativa ad opere pubbliche.
Ciò
considerato che la società ricorrente non aveva provato che
le migliorie indicate nel progetto contestato avessero vita
a soluzioni avanzate, innovative o sperimentali, di
competenza dell’ingegnere iscritto nella Sezione “A”, ben
potendo un progetto contenente soluzioni migliorative
rispetto a quello predisposto della stazione appaltante
prevedere metodologie standardizzate.
3.- Con il ricorso in appello in esame la
Eredi Pi.Ru.Co. s.a.s. di Ru.Pa. ha chiesto
l’annullamento o la riforma di detta sentenza, nonché il
risarcimento dei danni in forma specifica o per equivalente,
deducendo i seguenti motivi:
a) Carenza, insufficienza, erroneità, contraddittorietà,
irrazionalità ed illogicità della motivazione. Error in
iudicando. Violazione dell’art. 46 del d.P.R. n. 328 del
2001. Violazione del bando di gara, sezione IX.3 (pag. 14).
Eccesso di potere per manifesta illogicità ed irrazionalità.
Difetto di istruttoria. Nullità dell’offerta tecnica.
Violazione dell’art. 90, comma 8, del d.lgs. n. 163 del
2006.
Il TAR avrebbe confuso l’attività di collaborazione che
all’ingegnere “junior” è consentito effettuare in concorso
con un ingegnere appartenente alla sezione “A” con quella
esperibile in collaborazione con l’U.T.C. del Comune di
Lapio; inoltre non avrebbe considerato che le attività
esperibili dall’ingegnere “junior” sarebbero riferite a
costruzioni semplici e non ad opere pubbliche.
4.- Con memoria depositata il 22.06.2015 si sono
costituiti in giudizio l’ingegnere “junior” Si.Ci.
ed il SIND.In.AR.3 (Sindacato Nazionale Ingegneri juniores e
Architetti juniores) che hanno dedotto l’infondatezza
dell’appello, concludendo per la reiezione, nonché hanno
chiesto di essere ammessi a chiamare in causa il M.I.U.R.,
per chiarire l’origine e la ratio del d.P.R. n. 328 del
2001, e comunque che sia ordinato ad esso di depositare i
relativi atti preparatori.
5.- Con memoria depositata il 30.10.2015 le suddette parti
controinteressate hanno sostanzialmente ribadito tesi e
richieste.
6.- Con memoria depositata il 06.11.2015 si è costituito in
giudizio il Comune di Lapio, che ha dedotto l’infondatezza
dell’appello, nonché ha escluso la possibilità di
attribuzione del risarcimento in forma specifica (stante
l’esecuzione di una parte notevole dei lavori appaltati) e
per equivalente (tenuto conto che la società appellante
avrebbe dovuto essere esclusa per le ragioni indicate nel
ricorso incidentale proposto in primo grado dalla società
aggiudicataria).
7.- Alla pubblica udienza del 17.11.2015 il ricorso in
appello è stato trattenuto in decisione alla presenza degli
avvocati delle parti, come da verbale di causa agli atti del
giudizio.
8.- L’appello è fondato.
9.- Con il primo motivo di gravame è stato dedotto che il
TAR avrebbe confuso l’attività di collaborazione e concorso
che poteva essere svolta da parte dell’ingegnere “junior”
per la presentazione del progetto di cui trattasi insieme ad
altro tecnico qualificato appartenente alla sezione “A”
(diverso dal progettista ed esterno), con quella esperibile
in concorso con l’U.T.C. del Comune di Lapio, con cui
l’ingegnere “junior” non avrebbe potuto aver
collaborato in quanto non era in rapporto di dipendenza con
esso; peraltro la tesi del primo giudice contrasterebbe con
il disposto dell’art. 90 del d.lgs. n. 163 del 2006, che
esclude dalla partecipazione agli appalti gli affidatari di
incarichi di progettazione.
Inoltre le attività previste dall’art. 46, n. 2, lettera a),
del d.P.R. n. 328 del 2001 sarebbero riferite a costruzioni
semplici e non ad opere pubbliche.
Sarebbe stata violata la lex specialis, che
prevedeva, pena l’esclusione, che gli elaborati dell’offerta
tecnica fossero sottoscritti da un progettista abilitato
alla progettazione, ai sensi della normativa vigente; nel
caso di specie gli elaborati suddetti erano stati redatti e
sottoscritti unicamente da un ingegnere “junior”, e
quindi non abilitato, sicché la controinteressata avrebbe
dovuto essere esclusa dalla gara.
L’art.
46, comma 3, lettera a), n. 1), del d.P.R. n. 328 del 2001
stabilisce che gli ingegneri “junior” con laurea
triennale possano svolgere attività basate sull’applicazione
delle scienze, con mera attività di concorso e
collaborazione rispetto all’attività degli ingegneri della
sezione “A” e solo nel settore delle opere edili; solo in
materia di edilizia privata gli ingegneri “junior”
avrebbero competenze proprie, nei casi regolati dal comma 3,
lettera a), n. 2 di detto art. 46.
Nel caso di specie quelle da progettare non sarebbero
nemmeno state opere edili, ma opere per la difesa del suolo,
per il disinquinamento e per le depurazioni, nonché sistemi
ed impianti civili per l’ambiente ed il territorio, che, ex
art. 45, comma 1, lettera a), del citato d.P.R., sarebbero
di esclusiva competenza di ingegneri iscritti nella sezione
“A” e per le quali non sarebbe prevista alcuna attività di
concorso o collaborazione.
9.1.- Osserva la Sezione che il TAR ha respinto il ricorso
introduttivo del giudizio nel sostanziale assunto che le
prescrizioni della lex specialis circa la necessità
che gli elaborati dell’offerta tecnica fossero sottoscritti
da un progettista abilitato non erano state violate, perché
l’attività svolta dall’ingegnere “junior” era
consistita nel caso di specie nel concorso e collaborazione
ad attività di progettazione di opere edilizie, comprese
quelle pubbliche di cui trattasi, attività che era già stata
svolta all’atto della redazione del progetto predisposto
dalla stazione appaltante; ciò considerato che la società
ricorrente non aveva provato che le migliorie indicate nel
progetto redatto dal’ingegnere “junior” avessero dato
vita a soluzioni avanzate, innovative o sperimentali, di
esclusiva competenza dell’ingegnere iscritto nella Sezione
“A”.
Il primo giudice ha quindi sostanzialmente ritenuto che le
migliorie da apportare al progetto esecutivo redatto dalla
stazione appaltante fossero identificabili in mera attività
di collaborazione alla progettazione delle opere ivi
indicate.
Osserva il collegio che il bando di gara, alla sezione IX -
contenuti dell’offerta-, al punto IX.3 - documentazione
tecnica-, prevedeva che, a pena di esclusione, gli elaborati
dell’offerta tecnica avrebbero dovuto essere sottoscritti da
un progettista abilitato all’esercizio della professione, ai
sensi della normativa vigente e sottoscritti anche dal
legale rappresentante in segno di accettazione; inoltre che
le proposte contenute nell’offerta tecnica avrebbero dovuto
essere sviluppate nel completo rispetto della normativa
vigente nazionale e regionale ed avrebbero costituito
integrazione delle corrispondenti indicazioni contenute
negli elaborati progettuali posti a base di gara.
Il bando stesso, al punto VI.2.1) -Valutazione
dell’offerta-, prevedeva che il progetto esecutivo non era
suscettibile di modificazioni che ne alterassero in modo
essenziale la sostanzialità e che erano ammesse proposte
solo migliorative (cioè quelle che avessero apportato
migliorie qualitativamente apprezzabili al progetto posto a
base di gara, senza tuttavia stravolgerne l’identità, tali
intendendosi solo le integrazioni esecutive, accorgimenti
tecnici incidenti sulla funzionalità e sulla durata,
proposte migliorative ed apporti di tecnologie innovative
sul risparmio energetico).
L’art. 46, del d.P.R. n. 328 del 2001 stabilisce che: ”1.
Le attività professionali che formano oggetto della
professione di ingegnere sono così ripartite tra i settori
di cui all'articolo 45, comma 1:
a) per il settore "ingegneria civile e ambientale": la
pianificazione, la progettazione, lo sviluppo, la direzione
lavori, la stima, il collaudo, la gestione, la valutazione
di impatto ambientale di opere edili e strutture,
infrastrutture, territoriali e di trasporto, di opere per la
difesa del suolo e per il disinquinamento e la depurazione,
di opere geotecniche, di sistemi e impianti civili e per
l'ambiente e il territorio; ……
2. Ferme restando le riserve e le attribuzioni già stabilite
dalla vigente normativa e oltre alle attività indicate nel
comma 3, formano in particolare oggetto dell'attività
professionale degli iscritti alla sezione A, ai sensi e per
gli effetti di cui all'articolo 1, comma 2, le attività,
ripartite tra i tre settori come previsto dal comma 1, che
implicano l'uso di metodologie avanzate, innovative o
sperimentali nella progettazione, direzione lavori, stima e
collaudo di strutture, sistemi e processi complessi o
innovativi.
3. Restando immutate le riserve e le attribuzioni già
stabilite dalla vigente normativa, formano oggetto
dell'attività professionale degli iscritti alla sezione B,
ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 1, comma 2:
a) per il settore "ingegneria civile e ambientale": 1) le
attività basate sull'applicazione delle scienze, volte al
concorso e alla collaborazione alle attività di
progettazione, direzione dei lavori, stima e collaudo di
opere edilizie comprese le opere pubbliche; 2) la
progettazione, la direzione dei lavori, la vigilanza, la
contabilità e la liquidazione relative a costruzioni civili
semplici, con l'uso di metodologie standardizzate; 3) i
rilievi diretti e strumentali sull'edilizia attuale e
storica e i rilievi geometrici di qualunque natura; …”..
9.2.- Tanto premesso ritiene il collegio fondate le censure
in esame, in quanto nel caso che occupa, posto che non si
verteva in materia di costruzioni civili semplici, non può
ritenersi che le progettazioni effettuate dall’ingegnere
“junior” fossero ascrivibili a mero concorso e
collaborazione alle attività di progettazione di un
professionista abilitato per la realizzazione di opere
edilizie; ciò in quanto tale attività deve intendersi quale
collaborazione concreta alla redazione di un progetto in
fieri e non quale attività di apporto di migliorie ad un
progetto già redatto, rispetto al quale assumono carattere
di autonomia.
La ratio della norma deve infatti individuarsi
nell’intento di attribuire all’ingegnere “junior” la
possibilità di partecipare a progettazioni complesse sotto
la direzione ed il controllo di un ingegnere iscritto nella
sezione “A” al precipuo scopo di evitare che nella concreta
fase di realizzazione delle stesse possano essere commessi,
per inesperienza legata alla mancata conclusione del ciclo
di studi completo, errori potenzialmente forieri di
conseguenze negative nella progettazione di opere più
rilevanti.
Nel caso che occupa le opere alle quali era previsto che le
concorrenti potessero apportare migliorie mediante
presentazione di elaborati redatti e sottoscritti da un
progettista abilitato alla professione, consistevano nel
completamento ed adeguamento della rete fognaria e di un
impianto di depurazione.
In particolare, al punto VI.2.1)
del bando di gara, era previsto che il progetto esecutivo
era insuscettibile di modificazioni, ma erano ammesse solo
proposte migliorie qualitativamente apprezzabili al progetto
posto a base di gara, tali da non stravolgerne l’identità,
tali intendendosi “esclusivamente le integrazioni esecutive,
oltre agli accorgimenti tecnici incidenti sulla funzionalità
e sulla durata, proposte migliorative ed apporti di
tecnologie innovative sul risparmio energetico”.
Non vi è dubbio quindi che le migliorie in questione
consistessero in autonoma attività professionale da svolgere
da parte dell’ingegnere abilitato, senza alcuna
collaborazione diretta e contestuale alla attività posta in
essere dal redattore del progetto esecutivo posto a base di
gara.
Peraltro dal tenore della norma sopra citata si evince con
sufficiente chiarezza che per il settore ingegneria civile
ed ambientale l’ingegnere “junior” può svolgere la prevista
attività di collaborazione esclusivamente con riguardo ad
opere edilizie (cioè le opere, lavorazioni e interventi che
mirano a realizzare, modificare, riparare o demolire, di
norma, un edificio, e che, comunque individuate, devono
essere finalizzate alla realizzazione dello stesso comprese
le opere pubbliche) ed attività autonoma per le costruzioni
civili semplici, tra le quali non sono computabili le opere
previste dal bando di cui trattasi.
Dall’elenco degli elementi oggetto di valutazione indicati
al bando di gara al punto VI.2.1) risulta infatti che le
proposte tecniche migliorative sono state individuate:
1) in
quelle finalizzate alla migliore funzionalità e fruibilità
dell’intera rete fognaria durante i ciclo di vita utile
dell’intera opera, nonché in quelle finalizzate alla
durabilità delle opere ed alla riduzione dei costi di
manutenzione e gestione dell’opera con disponibilità alla
presa in carico del servizio di gratuita manutenzione
ordinaria e straordinaria;
2) in quelle relative
all’impianto di depurazione, con particolare riguardo alla
funzionalità delle varie fasi del processo depurativo,
nonché alla sistemazione dell’area esterna dell’impianto;
3)
in quelle per la gestione della sicurezza e
dell’organizzazione del cantiere e per la riduzione dei
disagi, con minimizzazione delle interferenze con il
traffico veicolare e pedonale e informativa all’utenza.
Come risulta dalle pagine da 30 a 32 della memoria difensiva
di costituzione dei contro interessati, depositata il
22.06.2015, le migliorie sottoscritte dall’ingegnere
“junior” Ci. consistevano, con riguardo alla rete
fognaria, nella estensione della rete, nell’utilizzo di
misto cemento all’interno degli scavi, nel ripristino della
pavimentazione stradale, nella ottimizzazione delle stazioni
di sollevamento, nel rifacimento di una strada di accesso ad
una pompa di sollevamento, nel rifacimento di strade, nella
sistemazione di un canale di deflusso delle acque, nella
realizzazione di un muro di sostegno, nella progettazione e
calcoli strutturali delle opere in cemento armato; con
riguardo all’impianto depurativo consistevano nella
fornitura e posa in opera di un sistema di automazione di un
cancello, di una recinzione, nella messa in sicurezza di un
apparecchio per la grigliatura, nella manutenzione di un
canale di disabbiamento, nella fornitura di griglie, nella
realizzazione di vasche di denitrificazione e di
sedimentazione, nella fornitura di un nuovo sistema di
areazione, nella realizzazione di un locale tecnico a
servizio degli operatori, nel ripristino di una vasca di
sedimentazione, nella riprofilatura di una vasca di
contatto, nella fornitura di un sistema di dosaggio
automatico di disinfettante e di un sistema di
condizionamento, nella realizzazione di pavimentazione nella
pulizia e sistemazione di area a verde, nella fornitura e
posa in opera di un impianto di illuminazione con
alimentazione fotovoltaica, nonché nella progettazione e
calcoli strutturali per le opere in cemento armato.
Le opere progettate dall’ingegnere “junior” non erano
qualificabili come opere civili semplici.
Ciò posto, non possono condividersi nella fattispecie i
rilievi formulati dai controinteressati costituiti in
giudizio che (posto che disposizioni di cui agli art. 16 e
46, del d.P.R. n. 328 del 2001 individuano le competenze
degli iscritti alle Sezioni “A” e “B”, rispettivamente degli
architetti e degli ingegneri, facendo esclusivo riferimento
al concetto di "costruzioni civili semplici, con l'uso di
metodologie standardizzate") hanno affermato che l’unico
discrimine qualitativo tra le competenze dell’ingegnere
iscritto nella sezione “A” e quelle dell’ingegnere “junior”
sarebbe l’utilizzo di metodologie standardizzate da parte di
quest’ultimo e di metodologie avanzate, innovative o
sperimentali da parte del primo, mentre null’altro avrebbe a
valere il concorso e collaborazione o i riferimenti a
costruzioni civili semplici, che individuerebbero solo le
caratteristiche maggiormente caratterizzanti la professione.
La tesi è basata sul rilievo che le rispettive competenze
dei suddetti ingegneri derivino dagli artt. 51 e 52 del r.d.
n. 2537 del 1925, in base ai quali la distinzione
qualitativa conseguente ai percorsi formativi di accesso
(relativi, rispettivamente, alle lauree e alle lauree
specialistiche) si estrinsecherebbe solo nel riservare agli
iscritti nella sezione “A” le attività che implicano l’uso
di metodologie avanzate, innovative, o sperimentali.
Osserva al riguardo la Sezione che dette norme non prevedono
la differenziazione in questione, che è individuata
dall’art. 46 del d.P.R. n. 328 del 2001, in precedenza
riportato, le cui disposizioni non pongono come unico
discrimine tra le attività consentite per gli ingegneri
iscritti alla sezione “A” e gli ingegneri iscritti alla
sezione “B” solo l’uso di metodologie avanzate, innovative o
sperimentali, ovvero standardizzate, ma anche la possibilità
per i secondi di operare solo in concorso e in
collaborazione alle attività proprie degli ingegneri per
opere edilizie e di progettare autonomamente solo
costruzioni civili semplici.
A nulla vale, inoltre, che, come affermato nella memoria
depositata dalle parti contro interessate il 30.10.2015, il progettista dell’opera oggetto della gara di cui
trattasi fosse un geometra, non essendo stato
tempestivamente impugnato il bando laddove ha previsto, al
punto IX.3, che gli elaborati dell’offerta tecnica avrebbero
dovuto essere redatti e sottoscritti da un progettista
abilitato all’esercizio della professione; ciò comporta che,
essendo le migliorie proposte dalla Av.Co. di
G.Av. & C. s.a.s. sottoscritte dall’ingegner Ci.,
questi avrebbe dovuto comunque essere abilitato alla
redazione dei relativi elaborati.
10.- L’appello deve essere conclusivamente accolto nei
termini di cui in motivazione e, considerato che detta
s.a.s. non ha riproposto in appello il ricorso incidentale
formulato in primo grado, il collegio, in riforma della
prima decisione, accoglie il ricorso introduttivo del
giudizio e, per l’effetto, annulla i provvedimenti con esso
impugnati.
...
12.- Nella complessità delle questioni trattate il collegio
ravvisa eccezionali ragioni per compensare, ai sensi degli
artt. 26, comma 1, del c.p.a. e 92, comma 2, del c.p.c., le
spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione
Quinta, definitivamente decidendo, accoglie
l’appello in esame nei termini e nei limiti di cui in
motivazione e, per l’effetto, in riforma della sentenza di
primo grado, accoglie il ricorso originario proposto dinanzi
al TAR ed annulla i provvedimenti con esso impugnati
(Consiglio
di Stato, Sez. V, con la
sentenza 25.02.2016 n. 776
-
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
gennaio 2016 |
|
COMPETENZE PROGETTUALI: L'ingegnere può lavorare su edifici storico-artistici.
Tar Bologna.
Lo studio di ingegneria ben può aggiudicarsi i lavori di
risanamento anche se è un edificio di interesse
storico-artistico l'immobile che desta preoccupazioni al
comune emiliano colpito dal terremoto del 2012. Inutile per
i concorrenti rivendicare la competenza esclusiva degli
architetti quando i lavori oggetto della procedura pubblica
sono interventi di risanamento che non incidono sui profili
estetici del fabbricato vincolato.
È quanto emerge dalla
sentenza 13.01.2016 n. 36 pubblicata dalla I Sez. del TAR
Emilia Romagna-Bologna.
Deve rassegnarsi, l'architetto rimasto escluso dai
lavori: stavolta non conta che l'ingegnere non abbia lo
stesso senso estetico nella progettazione perché
l'intervento che l'amministrazione intende far realizzare
punta al mero ripristino strutturale della porzione delle
strutture lesionate dal sisma; insomma: si deve procedere ad
attività di riparazione con rafforzamento locale, tanto che
le relative prestazioni da erogare restano inquadrate nella
sfera del risanamento e della salvaguardia dell'immobile
danneggiato.
Si tratta di intervenire sulla struttura
dell'edificio per ripararla e consolidarla: si rientra
quindi nelle opere di edilizia civile riconducibili alla
«parte tecnica» di cui all'articolo 52, comma 2, del regio
decreto 2537/1925, nella lettura ampia che ne ha dato la
giurisprudenza, comprendendo tutte le lavorazioni che non
incidono sui profili estetici e di rilievo culturale degli
edifici vincolati.
Spese di giudizio compensate per la
complessità della questione
(articolo ItaliaOggi
del 09.02.2016 - tratto da www.centrostudicni.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI: Competenze professionali: il confine del riparto tra
ingegneri e architetti.
Circa il compimento di attività di
progettazione e direzione lavori che, riguardando opere
relative ad un bene di interesse storico-artistico
assoggettato a tutela ex d.lgs. n. 42 del 2004, sarebbero
riservate alla competenza degli architetti, il Collegio
ritiene necessario chiarire quale sia l’àmbito di
applicabilità dell’invocato art. 52, comma 2, del r.d. n.
2537 del 1925.
Si tratta della previsione secondo cui “…le opere di
edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico
ed il restauro e il ripristino degli edifici contemplati
dalla L. 20.06.1909, n. 364, per l’antichità e le belle
arti, sono di spettanza della professione di architetto; ma
la parte tecnica ne può essere compiuta tanto
dall’architetto quanto dall’ingegnere”, da intendere
–secondo un condivisibile orientamento giurisprudenziale–
nel senso che non la totalità degli interventi concernenti
gli immobili di interesse storico e artistico deve essere
affidata alla specifica professionalità dell’architetto, ma
solo le parti di intervento di edilizia civile che
riguardino scelte culturali connesse alla maggiore
preparazione accademica conseguita dagli architetti nell’àmbito
del restauro e risanamento degli immobili di interesse
storico e artistico, restando invece nella competenza
dell’ingegnere civile la cd. parte tecnica, ossia le
attività progettuali e di direzione dei lavori che
riguardano l’edilizia civile vera e propria, quali –in
particolare– le lavorazioni strutturali ed impiantistiche,
se si limitano, ad es., alla messa in sicurezza
dell’immobile e alla revisione degli impianti senza
intaccare l’aspetto estetico dell’edificio.
----------------
... per
l'annullamento
della determinazione n. 32 del 06.05.2015, con cui
l’Unione Reno Galliera provvedeva all’aggiudicazione
definitiva dei servizi di “ingegneria ed architettura,
progettazione preliminare, definitiva, esecutiva, redazione
del piano di manutenzione, direzione lavori, misure e
contabilità, coordinamento progettazione ed esecuzione
afferenti il recupero del Castello di Bentivoglio a seguito
dei danni causati dal terremoto - 1° stralcio di
attuazione”;
-
per quanto occorrer possa, della determinazione n. 68 in
data 19.09.2014 del Comune di Bentivoglio (relativa
all’avvio della procedura di affidamento dell’incarico di
progettazione e direzione lavori del primo stralcio degli
interventi di ripristino sull’immobile Castello di
Bentivoglio) nella sola parte in cui non prevede l’invio
delle lettere di invito a soggetti professionalmente idonei,
della determinazione n. 3 in data 06.02.2015
dell’Unione Reno Galliera nella sola parte in cui approva
l’elenco dei soggetti da invitare alla gara, dell’elenco
stilato dall’Unione Reno Galliera (circa i soggetti da
invitare alla gara) nella sola parte in cui include anche
l’ing. Ma.Pi, della lettera di invito alla gara
inviata all’ing. Ma.Pi., dei verbali di gara nella
sola parte in cui la Commissione ha prima ammesso, poi
valutato ed infine aggiudicato provvisoriamente l’incarico
all’ing. Ma.Pi. e alla Politecnica Ingegneria ed
Architettura Soc. Coop., delle verifiche svolte in capo al
soggetto aggiudicatario al fine di integrare l’efficacia
dell’aggiudicazione provvisoria, della comunicazione di
aggiudicazione definitiva inviata via PEC al ricorrente in
data 18.05.2015;
- ...per la declaratoria….
di inefficacia del contratto stipulato tra l’Unione Reno
Galliera e/o il Comune di Bentivoglio e il raggruppamento
composto dall’ing. Ma.Pi. e dalla Politecnica
Ingegneria ed Architettura Soc. Coop.;
-
del diritto del ricorrente di subentrare nel suddetto
contratto e/o nell’esecuzione dello stesso;
- ..per la condanna…
delle Amministrazioni convenute al risarcimento del danno
ingiusto, in forma specifica o, in mero subordine, per
equivalente, determinandone il quantum in via equitativa;
...
Il ricorso è infondato.
Quanto, innanzitutto, al denunciato illegittimo invito alla
gara dell’ing. Pi. per il compimento di attività di
progettazione e direzione lavori che, riguardando opere
relative ad un bene di interesse storico-artistico
assoggettato a tutela ex d.lgs. n. 42 del 2004, sarebbero
riservate alla competenza degli architetti, il Collegio
ritiene necessario chiarire quale sia l’àmbito di
applicabilità dell’invocato art. 52, comma 2, del r.d. n.
2537 del 1925.
Si tratta della previsione secondo cui “…le
opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere
artistico ed il restauro e il ripristino degli edifici
contemplati dalla L. 20.06.1909, n. 364, per l’antichità
e le belle arti, sono di spettanza della professione di
architetto; ma la parte tecnica ne può essere compiuta tanto
dall’architetto quanto dall’ingegnere”, da intendere –secondo un condivisibile orientamento giurisprudenziale–
nel senso che non la totalità degli interventi concernenti
gli immobili di interesse storico e artistico deve essere
affidata alla specifica professionalità dell’architetto, ma
solo le parti di intervento di edilizia civile che
riguardino scelte culturali connesse alla maggiore
preparazione accademica conseguita dagli architetti nell’àmbito
del restauro e risanamento degli immobili di interesse
storico e artistico, restando invece nella competenza
dell’ingegnere civile la cd. parte tecnica, ossia le
attività progettuali e di direzione dei lavori che
riguardano l’edilizia civile vera e propria, quali –in
particolare– le lavorazioni strutturali ed impiantistiche
(v., tra le altre, Cons. Stato, Sez. VI, 09.01.2014 n.
21), se si limitano, ad es., alla messa in sicurezza
dell’immobile e alla revisione degli impianti senza
intaccare l’aspetto estetico dell’edificio (v. TAR Sicilia,
Catania, Sez. I, 29.10.2015 n. 2519).
Orbene, nel deliberare l’avvio della procedura di ricerca
dell’affidatario dell’incarico in questione, il Comune di
Bentivoglio approvava il «documento preliminare all’avvio
della progettazione» ex art. 15 del d.P.R. n. 207 del 2010,
il quale precisava –tra l’altro– che “l’intervento è volto
al ripristino strutturale della porzione delle strutture
lesionate dal sisma” e che si doveva provvedere ad
“interventi di riparazione con rafforzamento locale”, così
inquadrando le relative prestazioni in una sfera di misure
di risanamento e salvaguardia dell’immobile danneggiato da
ricondurre all’àmbito di operatività dell’art. 3 del
regolamento allegato all’ordinanza commissariale n. 120 del
2013 (“Per la realizzazione degli interventi di riparazione
con rafforzamento locale degli edifici ricompresi nel
Programma, che presentano danni lievi, oltre la riparazione
del danno, si dovrà conseguire, tenendo conto del tipo e del
livello del danno, un incremento della capacità
dell’edificio di resistere al sisma mediante opere di
rafforzamento locale progettate ai sensi del punto 8.4.3.
delle “Norme tecniche per le costruzioni” approvate con il
D.M. 14/01/2008”).
Si trattava, quindi, di intervenire
essenzialmente sulla struttura dell’edificio per ripararla e
consolidarla attraverso opere di edilizia civile
riconducibili alla c.d. «parte tecnica» di cui all’art. 52,
comma 2, del r.d. n. 2537 del 1925, nella lettura ampia che
ne ha dato la giurisprudenza, ovvero restandone ricomprese
tutte le lavorazioni che non incidono sui profili estetici e
di rilievo culturale degli edifici vincolati.
Dal che, alla luce del particolare contesto in cui
l’intervento di ripristino dell’edificio andava effettuato –ovvero la rimozione dei pregiudizi strutturali prodotti
dagli eventi sismici del 20 e 29.05.2012 e
l’apprestamento di misure idonee a proteggere l’immobile dal
rischio di simili fatti naturali–, la corretta
individuazione della figura professionale dell’ingegnere
quale soggetto abilitato a curare la relativa progettazione
e direzione dei lavori.
Peraltro, la stessa lettera di
invito alla procedura negoziata, con valore di lex specialis
della selezione, indicava tra quelli ammessi alla gara i
“soggetti di cui all’art. 90, comma 1 lett. d), e), f),
f-bis) del D.Lgs. 12.04. 2006 n. 163, nonché imprese e
società, individuati dalla Centrale Unica di Committenza. Si
specifica che: - le Società di Ingegneria …”, scelta
dell’Amministrazione che il ricorrente non ha censurato (a
pag. 11 del ricorso viene detto: “…La lettera di invito
(DOC. 4A già allegato) in sé non è atto illegittimo, in
quanto sul punto né vieta, né consente esplicitamente la
partecipazione alla procedura di ingegneri, geometri, periti
edili etc. essendo un documento molto generale; ciò che è
illegittimo è l’invio della stessa ad un soggetto non
legittimato a riceverla…”) e che ha invece necessariamente
informato ogni ulteriore determinazione fondata sui
requisiti di ammissione all’incarico, con la conseguenza
che, anche ad eventualmente ritenere non corretta nella
fattispecie l’applicazione dell’art. 52, comma 2, del r.d.
n. 2537 del 1925, osta all’accoglimento della doglianza (e
anche delle successive) la circostanza che la normativa di
gara aveva chiaramente operato una scelta in ordine al
novero delle figure professionali abilitate a parteciparvi.
Né, quindi, si può concordare con il ricorrente circa
l’indebito impiego del modulo del raggruppamento temporaneo
di professionisti per recuperare a posteriori un requisito
di ammissione di cui il soggetto invitato sarebbe stato ab
origine privo. Correttamente, insomma, l’ing. Pi.,
invitato uti singulus, ha presentato l’offerta quale
mandatario del costituendo raggruppamento con la Politecnica
Ingegneria ed Architettura Soc. Coop., ai sensi dell’art.
37, comma 12, del d.lgs. n. 163 del 2006.
Quanto, poi, alla circostanza che il raggruppamento
aggiudicatario si sarebbe limitato ad indicare le quote di
partecipazione del 51% e del 49%, senza asseritamente
renderne comprensibili la corrispondenza ai requisiti di
capacità spesi, alla parte di esecuzione dell’incarico e
all’entità dei corrispettivi economici spettanti, il
Collegio ritiene sufficiente richiamare quanto già rilevato
dalla giurisprudenza in ordine alla tematica della
corrispondenza tra quota di partecipazione, quota di
esecuzione del servizio e quota di qualificazione in caso di
raggruppamento temporaneo di professionisti affidatario di
un’attività di progettazione.
A tal proposito,
indipendentemente dalle variazioni medio tempore intervenute
circa la previsione di cui all’art. 37, comma 13, del d.lgs.
n. 163 del 2006, è stato evidenziato che la peculiarità del
rapporto di progettazione, ove considerato in maniera
unitaria dalla stessa Amministrazione, non richiede la
corrispondenza tra qualificazione dell’operatore economico
riunito ed effettiva esecuzione dell’incarico, dovendosi
ritenere quest’ultima un’espressione unitaria dello staff
progettista (v., tra le altre, TAR Puglia, Bari, Sez. II, 16.05.2014 n. 616). Donde l’infondatezza della doglianza,
in assenza di residue incertezze circa l’effettivo ricorrere
dei requisiti di ammissione alla gara.
Quanto, ancora, alla denunciata assegnazione dell’incarico
di coordinamento delle attività specialistiche ad un
architetto della società mandante e all’addotto necessario
affidamento della sottoscrizione del progetto e della
direzione dei lavori a quello stesso architetto, si tratta –ove e nei limiti in cui avverrà– del naturale riparto di
funzioni tra i componenti del raggruppamento, in sé non
rivelatore di un’elusione dei requisiti di ammissione alla
gara, né indicativo di un’incompatibilità con le quote di
partecipazione al raggruppamento (che si è già visto non
assumere rilevanza nei termini prospettati dal ricorrente).
Né inficia l’esito della gara il rilievo che il
raggruppamento aggiudicatario ha prevalso sugli altri
concorrenti in virtù di un’offerta tecnica risultata
meritevole per le esperienze professionali maturate dalla
società mandante e solo in minima parte per i titoli vantati
dall’ing. Pi., in quanto l’istituto del raggruppamento
temporaneo fra operatori economici è uno strumento
finalizzato proprio a rafforzare la compagine che si propone
per l’appalto o l’incarico di progettazione, non solo per
farvi partecipare soggetti singolarmente sprovvisti dei
requisiti richiesti, ma anche per sommare titoli curriculari
o attività pregresse nel settore che rendano più affidabile
e competitiva l’offerta in gara.
Del resto, in linea con
tale principio, la stessa lettera di invito alla procedura
negoziata aveva nella fattispecie precisato, a proposito
della «adeguatezza offerta sotto il profilo curriculare»,
che “…Tale documentazione può riguardare –nel caso di
concorrente costituito da soggetti riuniti temporaneamente
oppure da riunirsi o da consorziarsi– interventi,
singolarmente considerati, progettati, da uno qualsiasi dei
soggetti che costituisce o che costituirà il raggruppamento
temporaneo…”.
Quanto, inoltre, alla mancata verifica di congruità
dell’offerta prescelta, il ricorrente intende riferirsi alla
previsione di cui all’art. 86, comma 2, del d.lgs. n. 163
del 2006 (“Nei contratti di cui al presente codice, quando
il criterio di aggiudicazione è quello dell’offerta
economicamente più vantaggiosa, le stazioni appaltanti
valutano la congruità delle offerte in relazione alle quali
sia i punti relativi al prezzo, sia la somma dei punti
relativi agli altri elementi di valutazione, sono entrambi
pari o superiori ai quattro quinti dei corrispondenti punti
massimi previsti dal bando di gara”).
Sennonché l’art. 266
del d.P.R. n. 207 del 2010 (Regolamento di esecuzione del
Codice dei contratti pubblici), nell’occuparsi delle
modalità di svolgimento delle gare relative ai servizi
attinenti all’architettura e all’ingegneria, stabilisce che
l’offerta economica è costituita da un “ribasso percentuale
unico, definito con le modalità previste dall’articolo 262,
comma 3, in misura comunque non superiore alla percentuale
che deve essere fissata nel bando in relazione alla
tipologia dell’intervento”, per ragioni di affidabilità
dell’offerta precisate nelle premesse del medesimo d.P.R. n.
207 del 2010 (“…Ritenuto che, in relazione all’articolo 266,
comma 1, la disposizione che impone al bando di gara per
l’affidamento dei servizi di ingegneria e di architettura di
stabilire una misura percentuale massima di ribasso
consentito, a seconda del tipo di intervento, sia necessaria
a garantire la qualità delle prestazioni, minata da
eccessivi ribassi …”); il che, come è evidente, rende non
applicabile a simili selezioni l’accertamento automatico di
cui all’art. 86, comma 2, del d.lgs. n. 163 del 2006,
giacché è la stessa lex specialis della gara a stabilire
ex
ante la soglia di tollerabilità del ribasso, e semmai può
operare la diversa previsione di cui all’art. 86, comma 3
(“In ogni caso le stazioni appaltanti possono valutare la
congruità di ogni altra offerta che, in base ad elementi
specifici, appaia anormalmente bassa”), in esito cioè ad una
valutazione rimessa caso per caso all’apprezzamento
discrezionale della stazione appaltante.
Nella fattispecie,
allora, risultando rispettato il limite di ribasso del 30%
fissato dalla lettera di invito, si sarebbe potuta al più
avviare una verifica rimessa all’autonoma iniziativa
dell’ente, che non ha però ritenuto sussistenti le
condizioni particolari per promuoverla, né il ricorrente ha
del resto fornito elementi utili in tal senso.
Né, infine, v’è motivo di lamentare la mancata effettuazione
dei controlli sul possesso dei requisiti, da compiere ai
sensi dell’art. 48 del d.lgs. n. 163 del 2006. In tale sede,
a dire del ricorrente, sarebbero dovute emergere quelle
stesse irregolarità e carenze già evidenziate con le
precedenti censure, la cui accertata infondatezza però rende
comprensibili le ragioni dell’esito positivo delle verifiche
conclusive.
In definitiva, il ricorso va respinto (TAR
Emilia Romagna-Bologna, Sez. I,
sentenza 13.01.2016 n. 36 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ottobre 2015 |
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COMPETENZE PROGETTUALI: Sulla
competenza progettuale dell'ingegnere relativamente ai
lavori di adeguamento alle norme di sicurezza di una scuola
media quale "bene monumentale”.
I lavori realizzati sulla scuola
media quale "bene monumentale" sono in prevalenza rivolti
all’adeguamento impiantistico della struttura, oltre che a
modificare parzialmente alcune parti strutturali, al fine di
rimuovere le cosiddette barriere architettoniche e di
realizzare le vie di fuga, e non sembrano quindi intaccare
l’aspetto estetico dell’immobile. Ne consegue che non
appaiono toccati, né tantomeno compromessi, gli interessi di
natura culturale ed artistica che la Soprintendenza è
deputata per legge a tutelare.
Pertanto, alla stregua del richiamato art. 52, co. 2, del
R.D. 2537/1925, non si può ritenere sussistente nel caso in
esame la asserita riserva di attività progettuale in favore
degli architetti, dal momento che la citata norma, inserita
nel “Regolamento per le professioni d'ingegnere e di
architetto”, nell’individuare oggetto e limiti delle
professioni in esame, stabilisce che “le opere di edilizia
civile che presentano rilevante carattere artistico ed il
restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla L.
20.06.1909, n. 364, per l'antichità e le belle arti, sono di
spettanza della professione di architetto;” precisando però
subito dopo che “(…) la parte tecnica ne può essere compiuta
tanto dall'architetto quanto dall'ingegnere”.
Ed, infatti, anche la giurisprudenza citata dalla resistente
Soprintendenza (C.d.S., VI, 21/2014), pronunciando sulla
(diversa) questione della compatibilità comunitaria della
disciplina normativa italiana che riserva ai soli architetti
le prestazioni principali sugli immobili di interesse
culturale, ha precisato –in linea con la tesi qui sostenuta
dal ricorrente– che tale riserva è comunque solo “parziale”
in quanto “Ai sensi dell'art. 52 del R.D. n. 2537 del 1925
non la totalità degli interventi concernenti gli immobili di
interesse storico e artistico deve essere affidata alla
specifica professionalità dell'architetto, ma solo le parti
di intervento di edilizia civile che riguardino scelte
culturali connesse alla maggiore preparazione accademica
conseguita dagli architetti nell'ambito del restauro e
risanamento degli immobili di interesse storico e artistico,
restando invece nella competenza dell'ingegnere civile la
cd. parte tecnica, ossia le attività progettuali e di
direzione dei lavori che riguardano l'edilizia civile vera e
propria”.
E’ il caso di precisare che la sentenza del Consiglio di
Stato appena esaminata ha dichiarato legittime le
determinazioni amministrative che avevano escluso gli
ingegneri dall'affidamento di un servizio diverso da quello
oggi in esame: la direzione dei lavori ed il coordinamento
della sicurezza in fase di esecuzione dei lavori di restauro
e di recuperi funzionale di un immobile di interesse storico
e artistico.
Il servizio oggetto del presente contenzioso, invece, come
già segnalato, attiene principalmente alla revisione
impiantistica ed alla messa in sicurezza dell’immobile;
ossia, per usare le stesse parole del Consiglio di Stato, a
“(…) lavorazioni strutturali ed impiantistiche rientranti
nell’edilizia civile propriamente intesa”.
Ed è condivisibile sul punto la giurisprudenza che ritiene
che “La nozione di opere di edilizia civile, che ai sensi
dell'art. 52 r.d. 23.10.1925 n. 2537 formano oggetto della
professione sia dell'ingegnere che dell'architetto, si
estende oltre gli ambiti più specificamente strutturali,
fino a ricomprendere l'intero complesso degli impianti
tecnologici a corredo del fabbricato, e quindi non solo gli
impianti idraulici ma anche quelli di riscaldamento compresi
nell'edificazione”.
---------------
... per l'annullamento:
- del provvedimento della Soprintendenza ai BB.CC.AA. di
Messina del 22.07.2014 con il quale è stata denegato il
rilascio del parere di competenza sul progetto esecutivo
relativo ai lavori di adeguamento alle norme di sicurezza
della Scuola media Giuseppe Mazzini di Messina, perché
redatto solo da un ingegnere; ed ove occorra, della nota
prot. 7202 dell’11.12.2013;
- della nota del Comune di Messina prot. 216824 del
19.09.2014 con la quale è stato dichiarato concluso
l’incarico di progettazione del ricorrente; ed ove occorra
della nota comunale prot. 124539 del 19.05.2014;
...
L’Ing. Em.Pa. espone di essere un libero professionista,
iscritto all’albo degli ingegneri, incaricato negli anni
2000 e 2001 dal Comune di Messina di redigere la
progettazione di massima ed esecutiva dei “lavori di
adeguamento alle norme di sicurezza della Scuola media
Mazzini”.
Dopo aver presentato il progetto di massima nel mese di
dicembre 2001, l’Ing. Pa. ha presentato nel mese di giugno
2005 quello esecutivo, che è stato sottoposto ad
approvazione delle amministrazioni interessate -tra le
quali, la Soprintendenza ai BB.CC.AA. di Messina– nel corso
della conferenza dei servizi ch ha avuto luogo nel mese di
novembre 2005.
Successivamente, aderendo alle richieste di modifica
avanzate dai Vigili del fuoco con riguardo alle vie di fuga
della struttura, l’Ing. Pa. ha rettificato il progetto
esecutivo, depositandolo nel mese di Marzo 2011; ulteriori
modifiche a quest’ultima versione sono state poi effettuate
dallo stesso professionista in adesione ai rilievi formulati
dall’ente locale interessato; sicché, la stesura finale del
progetto esecutivo è stata presentata nel mese di Novembre
2013.
Per la definitiva approvazione dell’impianto progettuale è
stata allora riconvocata la conferenza dei servizi nel mese
di Dicembre 2013. In tale contesto, la Soprintendenza ai
BB.CC.AA. di Messina ha rilevato che l’intervento interessa
un vasto edificio vincolato con D.D.S. n. 2076 del
13/09/2012, e che i lavori progettati sono riconducibili al
restauro, manutenzione straordinaria ed adeguamento
tecnologico; conseguentemente, ha denegato il parere di
propria competenza, ritenendo che il progetto avrebbe dovuto
essere sottoscritto da un architetto ai sensi dell’articolo
52 del R.D. 2537/1925.
L’amministrazione comunale, adeguandosi al parere della
Soprintendenza, ha comunicato all’Ing. Pa. la risoluzione
dell’incarico professionale conferitogli.
È seguita una richiesta di revisione in autotutela delle
predette determinazioni, formulata dall’Ing. Pa. agli enti
interessati. Ma quest’istanza è stata respinta con i
provvedimenti indicati in epigrafe, che hanno
definitivamente confermato il precedente assetto.
Avverso tali atti, l’Ing. Pa. ha proposto il ricorso in
epigrafe, con il quale denuncia i seguenti vizi:
1.- Violazione falsa ed erronea applicazione degli articoli
51 e 52 del R.D. 2537/1925 - eccesso di potere per difetto
dei presupposti, contraddittorietà, difetto di motivazione
ed illogicità manifesta;
Le invocate disposizioni –si osserva- operano una
distinzione tra le due categorie professionali di architetti
ed ingegneri ai fini della possibilità di eseguire
prestazioni sugli immobili, riservando ai soli architetti le
prestazioni principali sugli immobili di rilevante carattere
artistico o sui beni di interesse storico e culturale;
tuttavia, le stesse norme ammettono che in tali specifici
settori la progettazione tecnica possa essere compiuta anche
dall’ingegnere.
Nel caso di specie, la Soprintendenza -richiamando in
motivazione una recente sentenza del Consiglio di Stato (n.
21/2014)- ha ritenuto che gli interventi progettati,
riguardanti un immobile di interesse storico/culturale,
richiedessero la specifica professionalità dell’architetto,
acquisita attraverso la preparazione accademica specifica
nell’ambito del restauro e risanamento degli immobili di
interesse storico ed artistico.
In direzione contraria alla tesi dell’amministrazione, il
ricorrente deduce invece che gli interventi avrebbero ben
potuto essere progettati anche da un ingegnere, dal momento
che (i) afferiscono esclusivamente alla cd. parte tecnica
(impiantistica e messa in sicurezza dell’immobile: impianti
elettrico ed idrico; di riscaldamento; di trasmissione dati,
telefonico e TV; impianto rete antincendio, porte
antincendio, nuove vie di fuga prescritte dai VV.FF.; nuova
scala antincendio esterna al primo piano), e (ii) non
interferiscono con i valori architettonici, artistici e
culturali tutelati dalla Soprintendenza.
In aggiunta, il ricorrente sottolinea come la Soprintendenza
avesse -già nel corso della conferenza di servizi tenutasi
nel 2005- approvato il progetto redatto dall’ingegnere,
sebbene il complesso risultasse già a quel tempo sottoposto
a tutela ope legis.
Costituitasi in giudizio per resistere al ricorso la
Soprintendenza ha rilevato, per un verso, che l’approvazione
del progetto effettuata nell’anno 2005 è da ascrivere ad una
mera svista; per altro verso, che i lavori programmati,
oltre alla installazione di vari impianti, contemplano anche
l’abbattimento di barriere architettoniche, l’adeguamento
dei locali interni e dei servizi igienici, il rifacimento
della copertura, ed integrano quindi interventi di restauro
e risanamento conservativo, di esclusiva competenza
dell’architetto allorquando incidono su beni di interesse
storico ed artistico.
È intervenuto in giudizio, a supporto della posizione del
ricorrente, anche l’Ordine degli Ingegneri della Provincia
di Messina, che ha inteso tutelare le prerogative
professionali della categoria rappresentata.
Con
ordinanza 05.12.2014 n. 932
questa Sezione ha accolto l’istanza cautelare formulata dal
ricorrente, ritenendo fondato il gravame.
All’udienza del 24.09.2015 la causa è passata in decisione.
Confermando la valutazione resa in fase cautelare, il
Collegio ritiene di dover accogliere il ricorso valorizzando
il dato fattuale della prevalentemente tecnica dei lavori
previsti per la Scuola media Mazzini di Messina.
In particolare, tali lavori –come già visto- sono in
prevalenza rivolti all’adeguamento impiantistico della
struttura, oltre che a modificare parzialmente alcune parti
strutturali, al fine di rimuovere le cosiddette barriere
architettoniche e di realizzare le vie di fuga, e non
sembrano quindi intaccare l’aspetto estetico dell’immobile.
Ne consegue che non appaiono toccati, né tantomeno
compromessi, gli interessi di natura culturale ed artistica
che la Soprintendenza è deputata per legge a tutelare.
Pertanto, alla stregua del richiamato art. 52, co. 2, del
R.D. 2537/1925, non si può ritenere sussistente nel caso in
esame la asserita riserva di attività progettuale in favore
degli architetti, dal momento che la citata norma, inserita
nel “Regolamento per le professioni d'ingegnere e di
architetto”, nell’individuare oggetto e limiti delle
professioni in esame, stabilisce che “le opere di
edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico
ed il restauro e il ripristino degli edifici contemplati
dalla L. 20.06.1909, n. 364, per l'antichità e le belle
arti, sono di spettanza della professione di architetto;”
precisando però subito dopo che “(…) la parte tecnica ne
può essere compiuta tanto dall'architetto quanto
dall'ingegnere”.
Ed, infatti, anche la giurisprudenza citata dalla resistente
Soprintendenza (C.d.S., VI, 21/2014), pronunciando sulla
(diversa) questione della compatibilità comunitaria della
disciplina normativa italiana che riserva ai soli architetti
le prestazioni principali sugli immobili di interesse
culturale, ha precisato –in linea con la tesi qui sostenuta
dal ricorrente– che tale riserva è comunque solo “parziale”
in quanto “Ai sensi dell'art. 52 del R.D. n. 2537 del
1925 non la totalità degli interventi concernenti gli
immobili di interesse storico e artistico deve essere
affidata alla specifica professionalità dell'architetto, ma
solo le parti di intervento di edilizia civile che
riguardino scelte culturali connesse alla maggiore
preparazione accademica conseguita dagli architetti
nell'ambito del restauro e risanamento degli immobili di
interesse storico e artistico, restando invece nella
competenza dell'ingegnere civile la cd. parte tecnica, ossia
le attività progettuali e di direzione dei lavori che
riguardano l'edilizia civile vera e propria” (in questo
senso anche C.d.S., VI, 5239/2006).
E’ il caso di precisare che la sentenza del Consiglio di
Stato appena esaminata ha dichiarato legittime le
determinazioni amministrative che avevano escluso gli
ingegneri dall'affidamento di un servizio diverso da quello
oggi in esame: la direzione dei lavori ed il coordinamento
della sicurezza in fase di esecuzione dei lavori di restauro
e di recuperi funzionale di un immobile di interesse storico
e artistico.
Il servizio oggetto del presente contenzioso, invece, come
già segnalato, attiene principalmente alla revisione
impiantistica ed alla messa in sicurezza dell’immobile;
ossia, per usare le stesse parole del Consiglio di Stato, a
“(…) lavorazioni strutturali ed impiantistiche rientranti
nell’edilizia civile propriamente intesa”.
Ed è condivisibile sul punto la giurisprudenza che ritiene
che “La nozione di opere di edilizia civile, che ai sensi
dell'art. 52 r.d. 23.10.1925 n. 2537 formano oggetto della
professione sia dell'ingegnere che dell'architetto, si
estende oltre gli ambiti più specificamente strutturali,
fino a ricomprendere l'intero complesso degli impianti
tecnologici a corredo del fabbricato, e quindi non solo gli
impianti idraulici ma anche quelli di riscaldamento compresi
nell'edificazione” (Tar Lecce 708/2012).
In definitiva, sulla base di quanto argomentato, il ricorso
va accolto col conseguente annullamento degli atti impugnati
(TAR Sicilia-Catania, Sez. I,
sentenza 29.10.2015 n. 2519 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
settembre 2015 |
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COMPETENZE PROGETTUALI:
Cemento
armato, stop ai geometri.
Parere Consiglio di Stato.
Le costruzioni in cemento armato o in zona sismica non
possono essere progettate in autonomia da un geometra. La
progettazione e la direzione lavori relative alle opere in
cemento armato va affidata all'ingegnere o all'architetto.
Questi ultimi infatti sono in grado di eseguire i calcoli e
di valutare i pericoli per la pubblica incolumità pubblica.
Questo è quanto espresso dal Consiglio di Stato, Sez. II,
nel
parere 04.09.2015 n. 2539
in risposta ad una richiesta del ministero della giustizia.
Il parere del consiglio di stato proprio perché è in
risposta al ministero delle giustizia ha il valore
ricostruire il complicato quadro legislativo e dettare le
linee di carattere generale sulla possibilità da parte dei
geometri di costruire opere in cemento armato. Il
professionista, che svolge la progettazione con l'uso del
cemento armato, deve pertanto essere competente a progettare
e ad assumersi la responsabilità delle opere in cemento
armato.
I giudici del Cds sottolineano che non si tratta, quindi, di
assicurare la mera presenza di un ingegnere progettista
delle opere in cemento armato che controfirmi o si limiti ad
eseguire i calcoli. Nel senso appunto che l'incarico non può
essere affidato al geometra, che si avvarrà della
collaborazione dell'ingegnere, ma deve essere fin
dall'inizio affidata a quest'ultimo per la parte di sua
competenza e sotto la sua responsabilità.
Per quanto concerne invece la formazione dei geometri, la
costante giurisprudenza ha sostenuto la inidoneità a
giustificare una competenza professionale, che attiene a
calcoli complessi, i quali specie nelle zone sismiche,
attengono a un gioco di spinte e controspinte e all'ipotizzazione
di sollecitazioni, che esulano dalla specifica preparazione
dei geometri. Del resto, la prova scritto grafica per il
superamento dell'esame per l'abilitazione alla professione
di geometra demanda al candidato di fissare liberamente le
scelte ritenute utili e necessarie per la redazione del
progetto fra le quali anche la struttura in cemento armato,
la natura del terreno di fondazione, sicché anche l'esame
stesso non esige necessariamente che il futuro geometra sia
in grado di affrontare le difficoltà derivanti alle suddette
variabili.
Ai geometri, infatti, «anche se in ipotesi tutte da
dimostrare» risulterebbe concessa la possibilità di
progettare in città piccoli edifici in cemento, mentre nel
campo degli edifici agricoli tale possibilità sarebbe
ridotta a «piccole costruzioni in cemento armato, che non
richiedono particolari operazioni di calcolo e per la loro
destinazione non possono comunque implicare un pericolo per
le persone». L'attività di progettazione e la direzione
lavori , incentrata sugli aspetti architettonici della «modesta»
costruzione civile vanno affidati invece a un geometra
(articolo ItaliaOggi del 09.09.2015
- tratto da www.centrostudicni.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI: Cemento
armato, progetti solo a ingegneri e architetti.
Professioni. Il parere del Consiglio di Stato sulle
competenze dei geometri.
Uno schiaffo alla professione. I geometri
non possono progettare le strutture di opere in cemento
armato o costruzioni in zona sismica,
almeno stando a quanto è scritto nel
parere 04.09.2015 n. 2539 del Consiglio di Stato
(II Sez.) a seguito di una questione posta dalla Regione
Toscana.
Il progetto andrà firmato e coordinato da
un ingegnere o da un architetto. Nelle altre zone i geometri
potranno invece effettuare la progettazione architettonica
degli edifici in autonomia ma in ogni caso la firma sarà di
un ingegnere o di un architetto.
Il parere del Consiglio di Stato parte da un dato di fatto
normativo: l’abrogazione dell’articolo 1 del Regio decreto
2229/1939 che riservava a ingegneri e architetti la
possibilità di progettare opere in cemento semplice o
armato: di conseguenza, quanto meno per le “modeste
costruzioni civili”, i geometri potrebbero progettare
con il cemento armato.
Di fatto, sinora le sentenze sulla questione si dividevano:
alcune ritengono che i geometri possono progettare opere in
cemento (se di «modestia della costruzione»), altre «continuano
ad applicare alla professione di geometra il divieto
assoluto di progettazione» di opere in cemento armato.
Una liberalizzazione che per il Consiglio di Stato appare
eccessiva: stando alla lettera della legge, i geometri
possono progettare in città piccoli edifici in cemento,
mentre per gli edifici agricoli dovrebbero limitarsi a
«piccole costruzioni in cemento armato, che non richiedono
particolari operazioni di calcolo e per la loro destinazione
non possono comunque implicare un pericolo per le persone».
Per i giudici amministrativi questa situazione sarebbe «al
di fuori di ogni ragionevolezza in relazione alla tutela
della pubblica incolumità». Il Consiglio di Stato, dopo
aver rilevato le due circolari dei consigli nazionali di
geometri e ingegneri che pervengono “a conclusioni
opposte” ha dettato un principio generale, che pende a
favore di architetti e ingegneri.
In sostanza, quando entra in scena il cemento armato negli
edifici civili spetterà a ingegneri e architetti il compito
di calcolare le strutture, mentre il geometra (che non potrà
fare lavori in autonomia) potrà occuparsi di progettazione e
direzione lavori degli aspetti architettonici (articolo Il Sole 24 Ore del
09.09.2015 - tratto da www.centrostudicni.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI: Competenze
geometri vs ingegneri e architetti, il principio regolatore
è la pubblica incolumità.
Anche per le “modeste” costruzioni civili il geometra può
progettare, con l’uso del cemento armato, piccole
costruzioni accessorie, che non richiedano particolari
operazioni di calcolo e non implichino per destinazione
pericolo per l’incolumità delle persone.
Se ci si domanda, poi, in cosa
consista in dettaglio la competenza di geometri alla
progettazione ed esecuzione di “modeste costruzioni civili”,
vista l’indeterminatezza del requisito della modestia,
modestia che, secondo quanto ripetutamente affermato
dalla giurisprudenza,
va valutata sia sotto l’aspetto
quantitativo che sotto quello qualitativo (con
riferimento ai problemi tecnici che l’opera solleva),
occorre mantenere ferme le limitazioni scaturenti dalla
lett. l) dell’art. 16 R.D. n. 274 del 1929, ed in
particolare quella del pericolo alla pubblica incolumità,
che nel caso delle costruzioni civili implica sia valutata
secondo criteri di particolare rigore.
Pertanto, se non si può rinunciare alla
competenza tecnica in ordine all’effettuazione dei calcoli
ed alla direzione dei conseguenti lavori per i conglomerati
cementizi, specificamente connessa alla funzionalità statica
delle opere in cemento armato, non può, tuttavia, non essere
mantenuta in capo al geometra la possibilità di procedere
alla semplice progettazione architettonica delle modeste
costruzioni civili, evitando nel contempo, però,
comportamenti elusivi del combinato disposto delle lett. l)
ed m) dell’art. 16 R.D. n. 274 del 1929.
In tale prospettiva, che si basa anche sul principio
generale della collaborazione tra titolari di diverse
competenze professionali, nulla
impedisce che la progettazione e direzione dei lavori
relativi alle opere in cemento armato sia affidata al
tecnico in grado di eseguire i calcoli necessari e di
valutare i pericoli per la pubblica incolumità, e che
l’attività di progettazione e direzione dei lavori,
incentrata sugli aspetti architettonici della “modesta”
costruzione civile, sia affidata, invece, al geometra. Non
si tratta, quindi, di assicurare la mera presenza di un
ingegnere progettista delle opere in cemento armato, che
controfirmi o si limiti ad eseguire i calcoli.
Il professionista, che svolge la
progettazione con l’uso del cemento armato, deve pertanto
essere competente a progettare e ad assumersi la
responsabilità del segmento del progetto complessivo
riferito alle opere in cemento armato,
nel senso appunto che l’incarico non può
essere affidato al geometra, che si avvarrà della
collaborazione dell’ingegnere, ma deve essere sin
dall’inizio affidato anche a quest’ultimo per la parte di
sua competenza e sotto la sua responsabilità.
---------------
Quanto, invece, alle fonti normative riguardanti la
formazione del geometra, va rilevato come la costante
giurisprudenza ne abbia affermato l’assoluta inidoneità a
giustificare una competenza professionale che attiene a
calcoli complessi, i quali, specie nelle zone sismiche,
attengono ad un gioco di spinte e controspinte ed all’ipotizzazione
di sollecitazioni, che esulano dalla specifica preparazione
dei geometri.
Del resto, la prova scritto-grafica per il superamento
dell’esame per l’abilitazione alla professione di geometra
demanda al candidato di fissare liberamente le scelte
ritenute utili e necessarie per la redazione del progetto,
fra le quali anche la struttura in cemento armato, il
calcolo delle sollecitazioni ammissibili dei materiali e la
natura del terreno di fondazione, sicché l’esame stesso non
esige necessariamente (e quindi non garantisce) che il
futuro geometra sia in grado di affrontare le difficoltà
derivanti alle suddette variabili.
---------------
Pur non potendosi accettare nella sua assolutezza la tesi,
per la quale nelle zone sismiche l’edificazione con l’uso
del cemento armato esclude di per sé che la costruzione
civile possa ritenersi “modesta”,
ché, altrimenti, si verrebbe a determinare
un’irrazionale eccezione per le costruzioni rurali e per uso
di industrie agricole– deve ritenersi che il grado di
pericolo sismico della zona, in cui insiste la costruzione,
non può non trovare considerazione nella valutazione di un
progetto relativo alle piccole costruzioni accessorie e alle
“modeste” costruzioni civili, nel senso appunto che ben
possono le Amministrazioni competenti esigere che la
“modestia” di una costruzione, che faccia uso di cemento
armato, sia valutata con particolare rigore, al fine di
considerare con prevalente attenzione la progettazione,
esecuzione e direzione dei lavori delle opere statiche, che
dovrà essere demandata alla responsabilità di un
professionista titolare di specifiche competenze tecniche
all’effettuazione dei calcoli necessari ed alla valutazione
delle spinte, controspinte e sollecitazioni, cui può essere
sottoposta la costruzione.
Sicché la progettazione statica, in questi casi, avrà
prevalenza sulla progettazione architettonica e, se si
vuole, il professionista capofila non potrà che essere
l’ingegnere o l’architetto.
---------------
OGGETTO: Regione Toscana. Limiti delle competenze
professionali dei tecnici geometri per quanto rilevante ai
fini dello svolgimento delle funzioni degli uffici tecnici
regionali (c.d. genio civile) in ambito strutturale.
...
PREMESSO
Il Presidente della Giunta regionale Toscana chiede un
parere sui limiti delle competenze professionali
esercitabili da questa categoria, in riferimento alla
normativa di settore, ed in particolare all’art. 16 del R.D.
11.02.1929, n. 274, recante “Regolamento per la
professione di geometra”, e ciò allo scopo di garantire
il corretto esercizio delle funzioni amministrative degli
uffici tecnici regionali in materia di denunce dei lavori di
opere in conglomerato cementizio armato o da realizzarsi in
zona sismica progettate da geometri.
Come già premesso nel parere interlocutorio del 17.10.2012,
va ricordato che la Regione ha sottoposto una prima
questione relativa alla competenza nella progettazione di
civili costruzioni, che comportino la realizzazione di
strutture in cemento armato, chiedendo se per tale tipo di
costruzioni sia sempre da escludersi la competenza dei
geometri per la progettazione di opere in cemento armato
ovvero se sia ammissibile tale tecnica costruttiva con il
limite della “modestia” dell’opera.
Ritiene, al riguardo, la Regione che la questione potrebbe
essere rivalutata alla luce dell’abrogazione, per effetto
dell’emanazione del d.lgs. 13.12.2010, n. 212, del R.D.
16.11.1939, n. 2229, che riserva all’ingegnere ovvero
all’architetto iscritto all’albo la firma del progetto
esecutivo di ogni opera di conglomerato cementizio semplice
od armato, la cui stabilità possa comunque interessare
l’incolumità delle persone.
Potrebbe, inoltre, costituire –secondo la Regione Toscana–
indizio di un'estensione delle competenze professionali dei
geometri la circostanza che sovente le prove d’esame
somministrate in occasione degli esami di Stato per
l’abilitazione all’esercizio della libera professione di
geometra (che, secondo il D.M. 15.03.1986 pubblicato in G.U.
n. 117 del 22.05.2006, devono attenere alle competenze
professionali dei geometri) menzionino l’uso del cemento
armato e che nella descrizione della tariffa professionale
(art. 57 l. n. 144 del 1949) l’ossatura di cemento armato
compaia esclusa solo per le costruzioni antisismiche a due
piani.
La seconda questione sottoposta riguarda i limiti delle
competenze di progettazione da parte dei geometri in
riferimento alle costruzioni da realizzare in zona sismica
(in cui ricade interamente la Regione Toscana).
In particolare, la Regione chiede se si possa considerare
ammissibile la progettazione da parte di geometri di modeste
costruzioni civili in zona sismica, valorizzando la portata
del secondo comma dell’art. 93 d.P.R. n. 380 del 2001, che
prevede la presentazione della domanda con allegato il
progetto debitamente firmato “da un ingegnere,
architetto, geometra o perito edile iscritto nell’albo, nei
limiti delle rispettive competenze, nonché dal direttore dei
lavori” e della già richiamata tariffa nonché
considerando l’avvenuta estensione a tutto il territorio
nazionale, con eccezione della sola Sardegna, della
classificazione come zona sismica.
In conclusione, chiede se i tecnici geometri siano abilitati
a svolgere la progettazione e la direzione di lavori per la
realizzazione di costruzioni civili con strutture di cemento
armato nei limiti della modestia della costruzione e se sia
preclusa qualsiasi attività di progettazione e direzione di
lavori di strutture civili in zona sismica.
...
CONSIDERATO
È opportuno preliminarmente richiamare le disposizioni che
riguardano la materia oggetto della richiesta di parere,
distinguendo tra:
a) quelle disposizioni che, regolando in generale
l’esercizio della professione di geometra, ne disciplinano
le competenze;
b) quelle riguardanti le costruzioni che utilizzano il
conglomerato cementizio;
c) quelle che disciplinano specificamente le opere da
realizzare nelle zone sismiche.
Quanto alla prima categoria, viene innanzitutto in
rilievo l’art. 16 R.D. 11.02.1929, n. 274, recante il
regolamento per la professione di geometra, che recita: “L’oggetto
ed i limiti dell’esercizio professionale di geometra sono
regolati come segue: …..
l) progetto, direzione, sorveglianza e liquidazione di
costruzioni rurali e di edifici per uso d’industrie
agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria,
comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato,
che non richiedono particolari operazioni di calcolo e per
la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo
per la incolumità delle persone; nonché di piccole opere
inerenti alle aziende agrarie, come strade vicinali senza
rilevanti opere d’arte, lavori d’irrigazione e di bonifica,
provvista d’acqua per le stesse aziende e riparto della
spesa per opere consorziali relative, esclusa, comunque, la
redazione di progetti generali di bonifica idraulica ed
agraria e relativa direzione;
m) progetto, direzione e vigilanza di modeste costruzioni
civili...”.
A tale disposizione si aggiunge l’art. 57 della legge
02.03.1949, n. 11, relativa alla tariffa degli onorari per
le prestazioni professionali dei geometri, che nella
categoria “Costruzioni rurali, modeste costruzioni
civili, edifici pubblici per comuni fino a 10.000 abitanti",
cui si applicano le tabelle H ed I, prevede le costruzioni
per aziende rurali con annessi edifici per la conservazione
dei prodotti o per industria agraria, le case di abitazione
popolari nei centri urbani, gli edifici pubblici, magazzini,
capannoni, rimesse in più locali ad uso di ricovero e di
industrie, case di abitazione comuni ed economiche,
costruzioni asismiche a due piani senza ossatura in cemento
armato o ferro, edifici pubblici etc..
Quanto poi alle norme riguardanti le opere in
conglomerato cementizio semplice ed armato, occorre far
riferimento, sia pure da un punto di vista storico, all’art.
1 R.D. 16.11.1939, n. 2229, che recita: “Ogni opera di
conglomerato cementizio semplice od armato, la cui stabilità
possa comunque interessare l’incolumità delle persone, deve
essere costruita in base ad un progetto esecutivo firmato da
un ingegnere, ovvero da un architetto iscritto nell’albo,
nei limiti delle rispettive attribuzioni, ai sensi della L.
24.06.1923, n. 1395, e del R.D. 23.10.1925, n. 2537,
sull’esercizio delle professioni di ingegnere e di
architetto e delle successive modificazioni”.
Tale disposizione risulta oggi abrogata dal D.lgs.
13.12.2010, n. 212.
Queste disposizioni erano completate dagli artt. 1 e 2 della
L. 05.11.1971, n. 1086, oggi trasfusi all’interno del d.P.R.
06.06.2001, n. 380, recante il testo unico dell’edilizia,
che reca l’art. 53, che prevede: “1. Ai fini del presente
testo unico si considerano:
a) opere in conglomerato cementizio armato normale, quelle
composte da un complesso di strutture in conglomerato
cementizio ed armature che assolvono ad una funzione
statica;
b) opere in conglomerato cementizio armato precompresso,
quelle composte di strutture in conglomerato cementizio ed
armature nelle quali si imprime artificialmente uno stato di
sollecitazione addizionale di natura ed entità tali da
assicurare permanentemente l’effetto statico voluto;
c) opere a struttura metallica quelle nelle quali la statica
è assicurata in tutto o in parte da elementi strutturali in
acciaio o in altri metalli”.
Il successivo art. 64 disciplina la progettazione,
esecuzione, direzione relative alle opere di conglomerato
cementizio armato, normale e precompresso, stabilendo: “1.
La realizzazione delle opere di conglomerato cementizio
armato, normale e precompresso ed a struttura metallica,
deve avvenire in modo tale da assicurare la perfetta
stabilità e sicurezza delle strutture e da evitare qualsiasi
pericolo per la pubblica incolumità.
2. La costruzione delle opere di cui all’art. 53, comma 1,
deve avvenire in base ad un progetto esecutivo redatto da un
tecnico abilitato, iscritto nel relativo albo, nei limiti
delle proprie competenze stabilite dalle leggi sugli ordini
e collegi professionali.
3. L’esecuzione delle opere deve aver luogo sotto la
direzione di un tecnico abilitato, iscritto nel relativo
albo, nei limiti delle proprie competenze stabilite dalle
leggi sugli ordini e collegi professionali.
4. Il progettista ha la responsabilità diretta della
progettazione di tutte le strutture dell’opera comunque
realizzate.
5. Il direttore dei lavori ed il costruttore, ciascuno per
la parte di sua competenza, hanno la responsabilità della
rispondenza dell’opera al progetto, dell’osservanza delle
prescrizioni di esecuzione del progetto, della qualità dei
materiali impiegati, nonché, per quanto riguarda gli
elementi prefabbricati, della posa in opera”.
Infine, per quanto riguarda le zone sismiche, l’art.
93 del d.P.R. n. 380 del 2001 cit. dispone, riprendendo gli
artt. 17, 18 e 19 L. 02.02.1974, n. 64: “1. Nelle zone
sismiche di cui all’art. 83, chiunque intenda procedere a
costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni, è tenuto a darne
preavviso scritto allo sportello unico, che provvede a
trasmetterne copia al competente ufficio tecnico della
regione, indicando il proprio domicilio, il nome e la
residenza del progettista, del direttore dei lavori e
dell’appaltatore.
2. Alla domanda deve essere allegato il progetto, in doppio
esemplare e debitamente firmato da un ingegnere, architetto,
geometra o perito edile iscritto nell’albo, nei limiti delle
rispettive competenze, nonché dal direttore dei lavori.
3. Il contenuto minimo del progetto è determinato dal
competente ufficio tecnico della regione. In ogni caso il
progetto deve essere esauriente per planimetria, piante,
prospetti e sezioni ed accompagnato da una relazione
tecnica, dal fascicolo dei calcoli delle strutture portanti,
sia in fondazione sia in elevazione, e dai disegni dei
particolari esecutivi delle strutture.
4. Al progetto deve inoltre essere allegata una relazione
sulla fondazione, nella quale devono essere illustrati i
criteri seguiti nella scelta del tipo di fondazione, le
ipotesi assunte, i calcoli svolti nei riguardi del complesso
terreno-opera di fondazione.
5. La relazione sulla fondazione deve essere corredata da
grafici o da documentazioni, in quanto necessari.
6. In ogni comune deve essere tenuto un registro delle
denunzie di lavori di cui al presente articolo.
7. Il registro deve essere esibito, costantemente
aggiornato, a semplice richiesta, ai funzionari, ufficiali
ed agenti indicati nell’articolo 103”.
L’art. 94 seguente prevede inoltre che: “1. Fermo
restando l’obbligo del titolo abilitativo all’intervento
edilizio, nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a
bassa sismicità all’uopo indicate nei decreti di cui
all’articolo 83, non si possono iniziare lavori senza
preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio
tecnico della regione.
2. L’autorizzazione è rilasciata entro sessanta giorni dalla
richiesta e viene comunicata al comune, subito dopo il
rilascio, per i provvedimenti di sua competenza.
3. Avverso il provvedimento relativo alla domanda di
autorizzazione, o nei confronti del mancato rilascio entro
il termine di cui al comma 2, è ammesso ricorso al
presidente della giunta regionale che decide con
provvedimento definitivo.
4. I lavori devono essere diretti da un ingegnere,
architetto, geometra o perito edile iscritto nell’albo, nei
limiti delle rispettive competenze".
La questione all’attenzione della Sezione,
già in passato ritenuta altamente controversa e non
suscettibile di univoche soluzioni,
si è ulteriormente complicata in seguito all’abrogazione
dell’art. 1 R.D. 16.11.1939, n. 2229 cit., recante norme per
la esecuzione delle opere in conglomerato cementizio
semplice od armato.
Tale abrogazione, verificatasi in seguito al processo del
c.d. taglia-leggi (D.lgs. 13.12.2010, n. 212), ha consentito
che la questione, oggetto del quesito
principale, trovasse il principio di regolamentazione
nell’art. 64 d.P.R. 06.06.2001, n. 380 cit., che, dopo aver
stabilito il principio per cui la realizzazione delle opere
di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed
a struttura metallica, deve avvenire in modo tale da
assicurare la stabilità e sicurezza delle strutture e da
evitare qualsiasi pericolo per la pubblica incolumità,
stabilisce che il progetto esecutivo delle opere debba
essere redatto da un tecnico abilitato, iscritto nel
relativo albo, nei limiti delle proprie competenze stabilite
dalle leggi sugli ordini e collegi professionali, prevedendo
che l’esecuzione delle opere debba aver luogo sotto la
direzione di un tecnico abilitato, iscritto al relativo
albo, nei limiti delle proprie competenze stabilite dalle
leggi sugli ordini e collegi professionale.
Sembra pertanto che, per quanto riguarda le
opere in cemento armato normale o precompresso e di quelle a
struttura metallica, ci si debba riferire alla normativa
riguardante gli ordini professionali: id est, nel
caso in esame, alla specifica normativa contenuta nell’art.
16 R.D. n. 274 del 1929, cui la giurisprudenza civile ed
amministrativa avevano fatto costante ed indiscusso
riferimento (exempli
gratia Cons. Stato, Sez. IV, 09.02.2012, n. 686; Cass.
civ., Sez. II, 02.09.2011, n. 18038; Cons. Stato, Sez. V,
28.04.2011, n. 2537; Cons. Stato, Sez. IV, 12.03.2010, n.
1457; Cons. Stato, Sez. IV, 28.11.2012, n. 6036; TAR
Lombardia (Brescia), Sez. II, 18.04.2013, n. 361).
Salvo che questa disposizione
–così come formulata– si giustificava in
presenza della regola generale, oggi abrogata, dell’art. 1
R.D. n. 2229 del 1939. Infatti, quest’ultima regola
generale, mentre era idonea a porre un limite a quanto
disposto della lett. m) dell’art. 16 R.D. n. 274 del 1929,
per la quale oggetto e limiti dell’esercizio professionale
del geometra sono costituiti da “progetto, direzione e
vigilanza di modeste costruzioni civili”, poteva
tollerare un’eccezione solo per quanto stabilito dalla lett.
l) del medesimo articolo, che contempla “progetto,
direzione, sorveglianza e liquidazione di costruzioni rurali
e di edifici per uso di industria agricola, di limitata
importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole
costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono
particolari operazioni di calcolo e per la loro destinazione
non possono comunque implicare pericolo per la incolumità
delle persone…”
(Cons. Stato, Sez. IV, 28.11.2012, n. 6036).
Ma, una volta abrogata la regola generale, la normativa
introdotta dall’art. 16 appare squilibrata, nel senso che le
modeste costruzioni civili potrebbero essere, in ipotesi
tutta da dimostrare, progettate dai geometri, anche se
implicanti strutture in cemento armato normale o
precompresso, mentre per le costruzioni rurali e per gli
edifici di uso industriale agricolo -certamente implicanti
una ridotta frequentazione da parte di persone- i geometri
potrebbero progettare solo “piccole costruzioni
accessorie in cemento armato, che non richiedono particolari
operazioni di calcolo e per la loro destinazione non possono
comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone”.
Ciò che era un’eccezione nel senso dell’ampliamento delle
funzioni dei geometri, diverrebbe, oggi, un’eccezione in
senso riduttivo delle funzioni stesse, al di fuori di ogni
ragionevolezza in relazione alla tutela della pubblica
incolumità.
In tale situazione l’interpretazione delle norme ha visto
schierarsi la giurisprudenza su due lati opposti.
Da un lato, vi è chi ritiene che ormai
non sussistano più limiti alla possibilità che i geometri
siano responsabili dei progetti, purché si tratti di modeste
costruzioni civili, e che l’unico limite rinvenibile sia
quello derivante dalla identificazione della c.d. “modestia”
della costruzione
(cfr. exempli gratia, Cons. Stato, Sez. IV,
09.08.1997, n. 784; TAR Puglia, Lecce, Sez. III, 15.05.2013,
n. 1108).
Dall’altro, vi sono, però, pronunce
che, anche dopo l’entrata in vigore del D.lgs. n. 212 del
2010 –oltre a non dare a quest’ultima abrogazione efficacia
retroattiva neppure sul piano interpretativo della normativa
precedente (Cass.
civ., sez. II, 30.08.2013, n. 19989)-
continuano ad applicare alla professione di geometra il
divieto assoluto di progettazione, allorché si tratti di
costruzioni civili aventi strutture in cemento armato
(cfr. exempli gratia, Cass. civ., Sez. II,
02.09.2011, n. 18038; 14.02.2012, n. 2153).
La prima soluzione data al problema
non regge, perché trascura quanto disposto dalla lett. l)
dell’art. 16 R.D. n. 274 del 1929
(Cons. Stato, Sez. V, 28.04.2011, n. 2537)
e perché non considera che quanto disposto dagli artt. 1 e 2
L. 05.11.1971, n. 1086, e 17 l. 02.02.1974, n. 64 faceva
riferimento ad un consolidato sistema di competenze, che
escludeva i geometri dalla progettazione di opere in cemento
(cfr. Cass. Civ., Sez. II, 02.09.2011, n. 18038; 07.09.2009,
n. 19292).
Essa, inoltre, rinvia ad un limite alquanto indeterminato,
essendo stati finora del tutto diversi ed evanescenti i
criteri secondo i quali la giurisprudenza stabilisce quando
una costruzione civile possa dirsi “modesta” (cfr. in
vario senso, le fattispecie concrete ricordate nella memoria
del Consiglio nazionale dei geometri del 13.12.2012).
L’altra impostazione data al problema
sembra trascurare il dato inoppugnabile nascente
dall’ordinamento positivo, che ha abrogato la riserva in
favore degli architetti ed ingegneri della progettazione ed
esecuzione di “ogni opera di conglomerato cementizio,
semplice o armato, la cui stabilità possa comunque
interessare l’incolumità delle persone”.
Ad avviso della Sezione la strada da percorrere è diversa da
quelle sopra accennate.
Si tratta di individuare innanzitutto un
principio regolatore, che deve sovrintendere all’esercizio
delle competenze dei vari ordini professionali, e di
applicare tale principio regolatore nel delineare la linea
di demarcazione tra le competenze di ingegneri ed
architetti, da un lato, e quelle di geometri o periti
industriali, dall’altro.
Tale principio è senza dubbio ispirato al pubblico e
preminente interesse rivolto alla tutela della pubblica
incolumità (Cass.
civ., Sez. II, 07.09.2009, n. 19292; Cass. civ., Sez. II,
13.01.1984, n. 286; Cons. Stato, Sez. V, 10.03.1997, n. 248;
Sez. IV, 14.03.2013, n. 1526).
Si tratta di un principio espressamente
codificato nell’art. 64, co. 1, d.P.R. n. 380 del 2001 (e
già prima nell’art. 1, co. 4, l. n. 1086 del 1971) e del
quale l’art. 16, lett. l), R.D. n. 274 del 1929 faceva
puntuale applicazione.
Del resto la stessa L. 02.03.1949, n. 143
(Testo unico della tariffa degli onorari per le prestazioni
professionali dell'ingegnere e dell'architetto),
muove dal presupposto che per le costruzioni
antisismiche a più di un piano l’ossatura in cemento armato
non possa essere progettata da geometri.
Pertanto la lett. l) dell’art. 16 R.D. n.
274 del 1929 esprime un limite intrinseco all’attività
professionale dei geometri, che non può esplicarsi per opere
che fanno uso di conglomerato cementizio, se esse siano tali
da “interessare l’incolumità delle persone”.
Ne deriva che sarebbe illogico non
applicare per analogia, anche con riferimento alle
costruzioni civili, la facoltà di progettazione, che l’art.
16, lett. l), attribuisce ai geometri, per quanto riguarda
l’uso del cemento armato in piccole costruzioni accessorie a
quelle rurali ed agli edifici per uso di industrie agricole,
che non richiedono particolari operazioni di calcolo e non
implichino per destinazione pericolo per l’incolumità delle
persone; il che può esprimersi dicendo che le modeste
costruzioni civili non debbono comportare l’impiego di
conglomerati cementizi, semplici o armati, in strutture
statiche e portanti astrattamente suscettibili di arrecare
pericolo all’incolumità delle persone
(Cass. civ., Sez. II, 13.01.1984, n. 286; Cons. Stato, Sez.
V, 08.06.1998, n. 779).
In altri termini, anche per le “modeste”
costruzioni civili il geometra può progettare, con l’uso del
cemento armato, piccole costruzioni accessorie, che non
richiedano particolari operazioni di calcolo e non
implichino per destinazione pericolo per l’incolumità delle
persone.
Se ci si domanda, poi, in cosa consista in
dettaglio la competenza di geometri alla progettazione ed
esecuzione di “modeste costruzioni civili”, vista
l’indeterminatezza del requisito della modestia
(come riconosciuto dallo stesso Consiglio nazionale dei
geometri nella nota del 25.10.2012),
modestia che, secondo quanto ripetutamente affermato dalla
giurisprudenza (ex
multis Cons. Stato, Sez. V, 12.11.1985, n. 390; Sez. II,
12.05.1993, n. 202), va valutata sia sotto
l’aspetto quantitativo che sotto quello
qualitativo (con riferimento ai problemi tecnici che
l’opera solleva), occorre mantenere ferme le limitazioni
scaturenti dalla lett. l) dell’art. 16 R.D. n. 274 del 1929,
ed in particolare quella del pericolo alla pubblica
incolumità, che nel caso delle costruzioni civili implica
sia valutata secondo criteri di particolare rigore.
Pertanto, se non si può rinunciare alla
competenza tecnica in ordine all’effettuazione dei calcoli
ed alla direzione dei conseguenti lavori per i conglomerati
cementizi, specificamente connessa alla funzionalità statica
delle opere in cemento armato, non può, tuttavia, non essere
mantenuta in capo al geometra la possibilità di procedere
alla semplice progettazione architettonica delle modeste
costruzioni civili, evitando nel contempo, però,
comportamenti elusivi del combinato disposto delle lett. l)
ed m) dell’art. 16 R.D. n. 274 del 1929.
In tale prospettiva, che si basa anche sul principio
generale della collaborazione tra titolari di diverse
competenze professionali, nulla impedisce
che la progettazione e direzione dei lavori relativi alle
opere in cemento armato sia affidata al tecnico in grado di
eseguire i calcoli necessari e di valutare i pericoli per la
pubblica incolumità, e che l’attività di progettazione e
direzione dei lavori, incentrata sugli aspetti
architettonici della “modesta” costruzione civile,
sia affidata, invece, al geometra. Non si tratta, quindi, di
assicurare la mera presenza di un ingegnere progettista
delle opere in cemento armato, che controfirmi o si limiti
ad eseguire i calcoli
(Cass. civ., Sez. II, 02.09.2011, n. 18038).
Il professionista, che svolge la
progettazione con l’uso del cemento armato, deve pertanto
essere competente a progettare e ad assumersi la
responsabilità del segmento del progetto complessivo
riferito alle opere in cemento armato
(TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, 18.04.2013, n. 361, ed
implicitamente TAR Marche, Ancona, 11.07.2013, n. 559),
nel senso appunto che l’incarico non può essere
affidato al geometra, che si avvarrà della collaborazione
dell’ingegnere, ma deve essere sin dall’inizio affidato
anche a quest’ultimo per la parte di sua competenza e sotto
la sua responsabilità
(Cass. Civ. Sez. II, 30.08.2013, n. 19989).
Irrilevanti sembrano alla Sezione le ulteriori
considerazioni riportate nella memoria inviata dal Consiglio
Nazionale dei Geometri e dei Geometri laureati. Quanto ai
decreti ministeriali relativi alle opere da eseguire in zone
sismiche, essi si limitano a ripetere la formula dell’art.
64 d.P.R. n. 380 del 2001. Tale formula rinvia, come si è
visto, alle discipline relative alle singole professioni e
pertanto non vuole implicare un’attribuzione di competenza
alla professione dei geometri.
Quanto, invece, alle fonti normative
riguardanti la formazione del geometra, va rilevato come la
costante giurisprudenza ne abbia affermato l’assoluta
inidoneità a giustificare una competenza professionale che
attiene a calcoli complessi, i quali, specie nelle zone
sismiche, attengono ad un gioco di spinte e controspinte ed
all’ipotizzazione di sollecitazioni, che esulano dalla
specifica preparazione dei geometri.
Del resto, la prova scritto-grafica per il superamento
dell’esame per l’abilitazione alla professione di geometra
demanda al candidato di fissare liberamente le scelte
ritenute utili e necessarie per la redazione del progetto,
fra le quali anche la struttura in cemento armato, il
calcolo delle sollecitazioni ammissibili dei materiali e la
natura del terreno di fondazione, sicché l’esame stesso non
esige necessariamente (e quindi non garantisce) che il
futuro geometra sia in grado di affrontare le difficoltà
derivanti alle suddette variabili.
In ordine al secondo quesito formulato dalla Regione
Toscana –pur non potendosi accettare nella
sua assolutezza la tesi, per la quale nelle zone sismiche
l’edificazione con l’uso del cemento armato esclude di per
sé che la costruzione civile possa ritenersi “modesta”
(Cons. Stato, 08.06.1998, n. 779), ché,
altrimenti, si verrebbe a determinare un’irrazionale
eccezione per le costruzioni rurali e per uso di industrie
agricole– deve ritenersi che il grado di pericolo sismico
della zona, in cui insiste la costruzione, non può non
trovare considerazione nella valutazione di un progetto
relativo alle piccole costruzioni accessorie e alle “modeste”
costruzioni civili, nel senso appunto che ben possono le
Amministrazioni competenti esigere che la “modestia”
di una costruzione, che faccia uso di cemento armato, sia
valutata con particolare rigore, al fine di considerare con
prevalente attenzione la progettazione, esecuzione e
direzione dei lavori delle opere statiche, che dovrà essere
demandata alla responsabilità di un professionista titolare
di specifiche competenze tecniche all’effettuazione dei
calcoli necessari ed alla valutazione delle spinte,
controspinte e sollecitazioni, cui può essere sottoposta la
costruzione.
Sicché la progettazione statica, in questi casi, avrà
prevalenza sulla progettazione architettonica e, se si
vuole, il professionista capofila non potrà che essere
l’ingegnere o l’architetto
(Consiglio di Stato, Sez. II,
parere 04.09.2015 n. 2539 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
agosto 2015 |
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COMPETENZE PROGETTUALI: Periti agrari esclusi dalle competenze forestali.
Periti agrari esclusi dalle competenze in materia forestale.
Gli interventi di miglioramento boschivo, infatti, non si
inseriscono in una attività diretta alla produzione. Solo in
questo specifico caso, infatti, può essere ammesso
l'intervento dei periti agrari.
A stabilirlo, la
sentenza
03.08.2015 n. 3816 del
Consiglio di Stato -Sez. III- che ha dato vita a un tira e
molla tra il Collegio nazionale degli agrotecnici e degli
agrotecnici laureati e l'Ordine nazionale dei dottori
agronomi e dottori forestali.
Diatriba che, nei giorni
scorsi, ha portato a un botta e risposta tra le categorie
tramite comunicati stampa. Ad avviso degli agronomi,
infatti, gli interventi di natura boschiva spettano loro in
via esclusiva insieme ai forestali mentre, ad avviso degli
agrotecnici, la competenza non deve essere intesa in senso
esclusivo essendo competenti per materia anche gli
agrotecnici.
Ad avviso di questi ultimi, infatti, sono da
ritenersi «prive di fondamento le rivendicazioni di
esclusive professionali in materia di forestazione avanzate
dall'Ordine degli agronomi, sulla scorta della sentenza del
Consiglio di stato n. 3816/2015. Tale sentenza, infatti», si
legge nella nota diffusa dal Collegio nazionale, «ha sancito
l'incompetenza in materia di forestazione dei Periti agrari,
arrivando ad una conclusione ovvia, posto che i Periti
agrari non hanno specifiche competenze forestali declinate
nel loro ordinamento professionale al contrario degli
agrotecnici e agrotecnici laureati».
Di diverso avviso,
invece, l'Ordine nazionale dei dottori agronomi e forestali
secondo cui, in base a quanto espresso dal Consiglio di
stato, la competenza debba essere intesa come esclusiva.
«Nel panorama delle professioni che hanno competenze in
materia ambientale e paesaggistica o territoriale,
unicamente i dottori agronomi e dottori forestali annoverano
la competenza nel settore selvicolturale (ovvero in materia
boschiva e forestale) la quale, pertanto», ha concluso il Conaf, «come confermato dal Cds
è di natura esclusiva»
(articolo ItaliaOggi del 15.08.2015).
---------------
MASSIMA
6.- Pervenendo al merito, occorre premettere che
l’iniziativa comunale di cui si controverte consiste nella “ricostruzione
del potenziale forestale ed interventi preventivi”, si
pone nel quadro della “Misura 226 Ricostituzione del
potenziale forestale e interventi preventivi” del P.S.R.
2007/2013 e, più precisamente, della “Azione 226.1 -
Interventi di gestione selvicolturale finalizzati alla
prevenzione degli incendi”.
Nel definire le “motivazioni e logica dell’intervento”,
la detta misura 226 precisa che “In un contesto
internazionale che mette al centro dell’azione ambientale il
contrasto ai cambiamenti climatici, la lotta all’avanzamento
dei processi di desertificazione, la tutela della
biodiversità, la difesa del suolo dai dissesti
idrogeologici, assume carattere preminente la
‘conservazione’ del patrimonio forestale quale azione di
sistema che nel suo complesso riunisce tutti gli obiettivi
citati.
Conservare le risorse forestali significa soprattutto
lavorare sul concetto di ‘prevenzione’, adottando le
iniziative più efficaci affinché il rischio di
danneggiamento diminuisca e contemporaneamente il sistema si
presenti nelle migliori condizioni fisico-strutturali per
affrontare l’evento negativo. Tuttavia conservare significa
anche ‘recuperare’ e ‘ricostituire’ nel più breve tempo il
potenziale danneggiato, favorendo e supportando i processi
naturali di ripresa del sistema.
La conservazione delle risorse forestali passa attraverso la
valutazione dell’interazione della copertura vegetale
rispetto al sistema acqua-suolo, la mitigazione dei fattori
di pressione antropica, la salvaguardia delle condizioni
fitosanitarie. Per pianificare una buona prevenzione del
patrimonio forestale occorre quindi adottare interventi
mirati che, integrandosi fra loro, siano finalizzati a
combattere gli incendi boschivi, il dissesto idrogeologico e
le principali fitopatie”.
7.- Va ancora premesso che, secondo
l’ordinamento della professione di perito agrario, competono
a tale professionista, tra l’altro, “la progettazione, la
direzione ed il collaudo di opere di miglioramento fondiario
e di trasformazione di prodotti agrari e relative
costruzioni, limitatamente alle medie aziende, il tutto in
struttura ordinaria …”
(l’art. 2, co. 1, lett. b, della legge 28.03.1968 n. 434,
come sostituito dall’art. 2, l. 21.02.1991 n. 54).
L’ordinamento della professione di dottore agronomo e di
dottore forestale attribuisce ai medesimi “le attività
volte a valorizzare e gestire i processi produttivi
agricoli, zootecnici e forestali, a tutelare l'ambiente e,
in generale, le attività riguardanti il mondo rurale”;
in particolare “lo studio, la progettazione, la direzione
… delle opere di trasformazione e di miglioramento
fondiario, nonché delle opere di bonifica e delle opere di
sistemazione idraulica e forestale, di utilizzazione e
regimazione delle acque e di difesa e conservazione del
suolo agrario …”, nonché “lo studio, la
progettazione, la direzione … di opere inerenti ai
rimboschimenti, alle utilizzazioni forestali, alle piste da
sci ed attrezzature connesse, alla conservazione della
natura, alla tutela del paesaggio ed all'assestamento
forestale” (art. 2, co. 1, lett. b e c, della legge
07.01.1976 n. 3, come sostituito dall’art. 2, l. 10.02.1992
n. 152)
8.- Ciò posto, sia pure in tema di tariffa professionale del
perito, la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato,
condivisa dal Collegio in assenza di ragioni di dissenso, ha
affermato che, alla stregua delle
rispettive discipline professionali, ad entrambe le
categorie dei periti agrari e dei dottori agronomi
o forestali è affidabile la cura di boschi e/o foreste “allorché
contenuti in aziende agrarie fino alla soglia di quelle
medie”, onde la competenza in materia “rimane per
i periti limitata … alla gestione, stima, consulenza …
dei boschi, purché inseriti, da solo (se di superficie
ristretta) o insieme ad altre colture, in un’azienda agraria
di dimensioni piccole o anche medie … in funzione non
ambientale, ma solo produttiva e nei limiti in cui la
coltivazione … non presenti difficoltà insostenibili per la
cultura astrattamente riconoscibile” ai periti agrari,
precisandosi peraltro come “la conferma della medesima
tariffa non equivale ad una sicura attribuzione di
competenza per gli appartenenti ogni volta che si debba
trattare della cura o della piantagione di un bosco”
(cfr. Cons. St., sez. IV, 30.07.1996 n. 915, richiamata da
entrambi i contendenti).
In altri termini, in materia di interventi
boschivi il discrimine tra le competenze del perito
agrario e quelle del dottore agronomo o forestale
sta, oltre che nel dato quantitativo, in quello qualitativo
determinato dalle finalità degli interventi stessi, potendo
il primo professionista occuparsene solo se produttivi e
spettando in via esclusiva al secondo se intesi “a
tutelare l’ambiente” nei suoi vari aspetti, ivi
compresa, in particolare, la “conservazione della natura”. |
luglio 2015 |
|
COMPETENZE PROGETTUALI: E'
legittima l'esclusione dei chimici dalla Commissione
Edilizia Comunale.
La mancanza di una normativa di rango primario rimette la
composizione delle commissioni edilizie alla potestà
regolamentare dei Comuni.
Nel caso del Comune di specie, la mancata inclusione dei
chimici dalle professionalità cui riservare la presenza
nelle commissioni, oggi sancita normativamente, risponde a
una scelta non irragionevole alla luce delle stesse
affermazioni dell’Ordine ricorrente, che riconosce come le
valutazioni demandate alla commissione edilizia ed
involgenti il possesso di competenze di chimica applicata
non siano riservate in esclusiva ai chimici: se così è, ben
si giustifica infatti la preferenza dell’amministrazione per
professionalità in grado di garantire un ventaglio di
competenze il più completo e aderente possibile in relazione
ai compiti consultivi affidati alla commissione, che
investono essenzialmente il valore architettonico, estetico,
paesaggistico e artistico, il decoro e l’ambientazione degli
interventi edilizi (si veda l’art. 4 del regolamento
edilizio comunale, nel testo vigente), vale a dire profili
rispetto ai quali la professionalità del chimico è ictu
oculi recessiva, coprendone una porzione assai esigua.
Di modo che l’esclusione dei chimici in favore di altre
professionalità in grado di garantire, ove necessario,
sufficienti cognizioni anche in ambito chimico, appare
tutt’altro che arbitraria proprio in ossequio al principio
generale della concorrenza interdisciplinare invocato in
ricorso, e finisce per tradursi in una scelta di merito
insindacabile.
...
per l'annullamento
della nota dell’Assessore all’Urbanistica e Centro Storico
del Comune di Pistoia prot. n. 9984 del 15.02.2010,
nella parte in cui dichiara l’esclusione dei chimici dalla
rosa delle professionalità attivabili per la nomina dei
membri delle Commissioni Urbanistiche del comune di Pistoia
in ragione del fatto che le funzioni di tali Commissioni, in
assenza di una specifica normativa, non richiedono le
competenze proprie della figura professionale del chimico,
pertanto tale figura non è inserita fra quelle che le
compongono.
...
2. In via pregiudiziale, la difesa del Comune resistente
eccepisce l’inammissibilità del gravame per difetto di
interesse sotto il duplice profilo della mancata impugnativa
congiunta delle disposizioni regolamentari che disciplinano
la composizione delle commissioni e del carattere
interlocutorio e non immediatamente lesivo dell’atto
impugnato.
L’Ordine ricorrente replica, per un verso, che il
regolamento edilizio vigente al momento dell’instaurazione
del giudizio non conteneva alcuna norma impeditiva circa la
presenza dei chimici nelle commissioni, ma anzi la
consentiva attraverso la clausola generale di cui all’art. 4, co. 1, lett. g), che contemplava l’inclusione nell’organo
(anche) di un esperto in materia storico-artistico-ambientale. Quanto alla lesività della
nota impugnata, l’Ordine dei Chimici afferma che essa
consisterebbe nell’espressione di un orientamento contrario
alla presenza dei chimici nelle commissioni e nella natura
di arresto procedimentale dell’atto, con il quale i chimici
sarebbero stati aprioristicamente esclusi dalla composizione
delle commissioni.
2.1. Le eccezioni sono fondate nei termini che seguono.
2.1.1. Collocandosi al di fuori di qualsivoglia procedimento
amministrativo, alla nota comunale del 15.02.2010 non
si attaglia la nozione di “arresto procedimentale”, la quale
implica l’incisione immediata di un interesse pretensivo,
mancante nella fattispecie proprio in virtù del carattere
aprioristico, stigmatizzato dallo stesso Ordine ricorrente,
dell’esclusione dei chimici dalla composizione delle
commissioni comunali.
È l’astrattezza delle affermazioni
contenute nella nota che non consente, in buona sostanza, di
giustificarne l’immediata impugnazione: si tratta, a ben
vedere, di un atto al quale può al più attribuirsi natura
interpretativa della disciplina comunale in materia di
composizione delle commissioni, rilasciato in un’ottica di
leale collaborazione dall’ente locale interpellato dal
soggetto esponenziale degli interessi di un ordine
professionale, ma di per sé privo di autonoma lesività
perché non riferibile al concreto esercizio di poteri di
amministrazione attiva; e quand’anche lo si volesse reputare
vincolante all’interno dell’amministrazione comunale quale
atto di indirizzo/circolare (ma così non è, atteso che la
nota è indirizzata all’Ordine dei Chimici e non ai
funzionari del Comune), ai fini dell’attualizzazione del
pregiudizio occorrerebbe pur sempre che l’indirizzo
interpretativo ivi manifestato venisse riversato in un
provvedimento applicativo, questo sì impugnabile.
2.1.2. L’interesse all’impugnazione è ulteriormente escluso
dalla sopravvenuta approvazione delle modifiche al
regolamento edilizio del Comune di Pistoia, approvate con
deliberazione consiliare n. 14 dell’11.02.2013, le
quali escludono la professionalità dei chimici dalla
composizione delle commissioni edilizie (dal testo dell’art.
4 del regolamento è venuta meno l’indicazione di un esperto
in materie ambientali, da quale l’Ordine ricorrente desumeva
la legittimazione dei propri iscritti a essere chiamati a
formare le commissioni).
L’Ordine dei Chimici osserva che
l’eventuale impugnazione autonoma delle nuove disposizioni
regolamentari sarebbe stata inammissibile per difetto di
interesse, del che può anche dubitarsi, stante l’effetto
immediatamente preclusivo –vincolante per la futura
attività del Comune– della previsione regolamentare che non
include i chimici fra i membri delle commissione; il rilievo
del ricorrente, peraltro, non fa che rafforzare a contrario
le conclusioni del collegio circa l’originaria assenza di
interesse al ricorso dovuta alla non immediata e autonoma lesività dell’atto impugnato, sprovvista di qualsivoglia
contenuto (normativo e) volitivo.
Resta poi fermo che non si
vede quale vantaggio, anche solo strumentale, possa oramai
derivare dall’annullamento di un atto che riflette un
contesto normativo non più vigente.
3. Per completezza di trattazione, nel merito l’Ordine dei
Chimici sostiene che la nota comunale del 15.02.2010,
nella parte in cui manifesta il rifiuto di considerare
l’inserimento di chimici nelle commissioni edilizie, sarebbe
viziata da eccesso di potere per irragionevolezza,
ingiustizia manifesta, disparità di trattamento, difetto di
proporzionalità; né l’esclusione dei chimici dalle
commissioni edilizie potrebbe essere argomentato dalla
disciplina dettata dall’art. 148 D.Lgs. n. 42/2004 per le
commissioni paesaggistiche.
Al riguardo, ribadita l’attitudine non provvedimentale della
nota in questione, sia sufficiente osservare che la mancanza
di una normativa di rango primario rimette la composizione
delle commissioni edilizie alla potestà regolamentare dei
Comuni.
Nel caso del Comune di Pistoia, la mancata
inclusione dei chimici dalle professionalità cui riservare
la presenza nelle commissioni, oggi sancita normativamente,
risponde a una scelta non irragionevole alla luce delle
stesse affermazioni dell’Ordine ricorrente, che riconosce
come le valutazioni demandate alla commissione edilizia ed
involgenti il possesso di competenze di chimica applicata
non siano riservate in esclusiva ai chimici: se così è, ben
si giustifica infatti la preferenza dell’amministrazione per
professionalità in grado di garantire un ventaglio di
competenze il più completo e aderente possibile in relazione
ai compiti consultivi affidati alla commissione, che
investono essenzialmente il valore architettonico, estetico,
paesaggistico e artistico, il decoro e l’ambientazione degli
interventi edilizi (si veda l’art. 4 del regolamento
edilizio comunale, nel testo vigente), vale a dire profili
rispetto ai quali la professionalità del chimico è ictu
oculi recessiva, coprendone una porzione assai esigua; di
modo che l’esclusione dei chimici in favore di altre
professionalità in grado di garantire, ove necessario,
sufficienti cognizioni anche in ambito chimico, appare
tutt’altro che arbitraria proprio in ossequio al principio
generale della concorrenza interdisciplinare invocato in
ricorso, e finisce per tradursi in una scelta di merito
insindacabile.
Alla rilevata inammissibilità della domanda si accompagna,
dunque, l’infondatezza della stessa.
4. Il ricorso, in forza delle considerazioni che precedono,
non può trovare accoglimento
(TAR Toscana, Sez. I,
sentenza 16.07.2015 n. 1103 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI: Catasto, chiarezza sulle competenze.
La sentenza della consulta.
Con la
sentenza
15.07.2015 n. 154 la
Corte costituzionale ha dichiarato illegittima la
disposizione di legge che amplia le competenze degli
agrotecnici in materia catastale ed estimativa nel settore
immobiliare (art. 26, comma 7-ter, dl 248/2007).
La
questione di legittimità era stata sollevata dal Consiglio
di stato nel 2014 in base a osservazioni di merito e di
sostanza. Nella sostanza, il contrasto con l'art. 77, comma
2 della Costituzione perché inserita all'interno di un «Milleproroghe»
in assenza dei requisiti di straordinarietà e urgenza (nelle
parole della Corte «uso improprio, da parte del Parlamento,
di un potere che la Costituzione attribuisce a esso»).
Nel
merito, il contrasto con l'art. 3 della Costituzione nella
parte in cui «verrebbe a incidere sulla leale concorrenza in
danno alla categoria dei geometri, ad onta della comprovata
e più adeguata preparazione di questi ultimi nella materia
catastale».
«La sentenza», commenta Maurizio Savoncelli,
presidente del Cngegl, «rimanda ai profili culturali che
abilitano ciascuna Categoria a svolgere specifiche attività
intellettuali. Nella fattispecie, il catasto ha carattere di
materia principale nel curriculum formativo di ogni
geometra, abilitandolo a una competenza professionale
specifica, non posseduta da altre categorie»
(articolo ItaliaOggi del 30.07.2015). |
giugno 2015 |
|
COMPETENZE PROGETTUALI:
Regioni fuori dalle competenze. Accolto dal Cds i
ricorso degli agrotecnici.
Le regioni non possono intervenire in materia di competenze
professionali degli iscritti all'albo.
A stabilirlo, la
sentenza 15.06.2015 n. 2944 del Consiglio di
Stato - Sez. III, che i ricorrenti, agrotecnici e medici
veterinari, definiscono storica perché impone agli organismi
territoriali di non intervenire in materia di competenze
professionali. La vicenda prende origine dall'applicazione
della Misura 114 «Consulenza aziendale» del Psr
2007-2013 in tutte le regioni italiane, e in particolare da
una delibera dell'Emilia Romagna che obbligava i liberi
professionisti che volessero operare nell'ambito della
Consulenza aziendale a dimostrare requisiti ulteriori
all'iscrizione nell'albo professionale (pregressa esperienza
nel settore, aggiornamento specifico,) al pari di qualsiasi
altro soggetto che avesse due anni di esperienza
professionale.
Contro la delibera erano intervenuti i due ordini
professionali facendo ricorso ai giudici amministrativi che
già in primo grado avevano giudicato illegittima la
delibera. A quella decisione aveva fatto ricorso la regione
davanti al consiglio di stato che ha respinto l'appello
specificando che è la stessa istituzione degli albi, e
quindi la relativa iscrizione, a garantire «il grado di
professionalità e di competenza. Tantomeno la regione può,
con proprie valutazioni di merito volte a dequotare i
criteri e le modalità di iscrizione all'albo professionale,
sostituirsi al valore abilitante dell'iscrizione stessa agli
effetti del titolo allo svolgimento delle attività riservate
ai soli soggetti inseriti nell'albo professionale».
Questa sentenza hanno commentato i ricorrenti sarà dunque «utilissima
nell'orientare le regioni nella definizione delle regole
sulla nuova Consulenza aziendale del Psr 2014-2020 ed in
tutti quei contenziosi che vedono le regioni imporre ai
liberi professionisti iscritti negli albi, per svolgere
determinate attività previste negli ordinamenti
professionali, l'illegittimo possesso di ulteriori requisiti»
(articolo ItaliaOggi del 18.06.2015
- tratto da www.centrostudicni.it). |
maggio 2015 |
|
COMPETENZE PROGETTUALI - PUBBLICO IMPIEGO:
Sulla legittimità di indire un concorso pubblico per
l'assunzione del dirigente del "settore Lavori
Pubblici" riservato ai soli ingegneri e non anche
agli architetti.
Il Collegio dà atto che secondo consolidato
orientamento di giurisprudenza gli artt. 51 e 52 del
R.D. 2537/1925, che sono ancora in vigore e che
pertanto ancora oggi costituiscono il punto di
riferimento normativo per stabilire il discrimine
tra le competenze degli architetti e quelle degli
ingegneri, debbono essere interpretati nel senso che
appartiene alla esclusiva competenza degli ingegneri
non solo la progettazione delle opere necessarie
alla estrazione e lavorazione di materiali destinati
alle costruzioni e la progettazione delle
costruzioni industriali, ma anche la progettazione
delle opere igienico-sanitarie e delle opere di
urbanizzazione primaria, per tali dovendosi
intendere le opere afferenti la viabilità, gli
acquedotti, e depuratori, le condotte fognarie e gli
impianti di illuminazione, salvo solo il caso che
tali opere non siano di pertinenza di singoli
edifici civili.
Tra le opere igienico-sanitarie la cui progettazione
appartiene alla esclusiva competenza degli
ingegneri, vanno incluse, tra le altre, anche gli
impianti cimiteriali.
---------------
L’elenco delle opere la cui progettazione è di
esclusiva competenza degli ingegneri include, come
si vede, larga parte delle opere pubbliche di
necessaria competenza dei comuni, all’interno dei
quali il Settore di riferimento è certamente quello
che ha in carico, appunto, i lavori pubblici.
E’ evidente che le opere pubbliche di che trattasi
non esauriscono il panorama delle opere pubbliche
che un comune può decidere di realizzare (scuole,
centri sportivi; biblioteche e centri culturali;
etc. etc.); tuttavia è importante rimarcare che non
tutte le opere classificabili come “pubbliche”, come
tali rientranti nella competenza istituzionale del
settore “Lavori pubblici” di un comune, sono di
competenza concorrente degli ingegneri ed
architetti, essendo che le opere di urbanizzazione
primaria e quelle afferenti la sfera
igienico-sanitaria appartengono alla sfera esclusiva
di competenza degli ingegneri.
Valga inoltre la considerazione che la sfera di
competenza esclusiva degli architetti finisce invece
per interessare solo gli edifici civili con
rilevante carattere artistico nonché quelli di cui
alla L. 364/1909, -fermo restando che anche in tal
caso sussiste una competenza concorrente tra
architetti ed ingegneri per quanto riguarda la
“parte tecnica” (art. 52 comma 2, R.D. 2537/1925)-,
e risulta pertanto di marginale importanza se
riferita al settore “Lavori Pubblici” di un comune:
infatti, mentre ogni comune deve confrontarsi, prima
o poi, con la necessità di dotarsi di opere di
urbanizzazione primaria e di opere
igienico-sanitarie, costituisce invece una mera
evenienza il fatto che un comune risulti
proprietario di beni di particolare interesse
artistico in relazione ai quali intenda effettuare
interventi edilizi.
---------------
Il Collegio ritiene che la laurea in ingegneria e
l’abilitazione alla professione di ingegnere
costituiscono titoli aventi un collegamento diretto
con l’attività del settore “Lavori Pubblici” di un
qualsiasi comune e che, pertanto, il bando di
concorso indetto per la selezione del dirigente di
un tale settore non deve contenere una specifica
motivazione a giustificazione della scelta di
indicare la laurea in ingegneria e l’abilitazione
alla professione di ingegnere quali requisiti di
ammissione alla selezione.
Si deve ricordare che nella materia dei concorsi
pubblici, ferma la definizione del titolo (laurea o
altro titolo di studio), che è affidata alla legge,
"deve essere riconosciuto all’Amministrazione un
potere discrezionale nella determinazione della
tipologia del titolo di studio richiesto, che deve
essere correlato alla professionalità ed alla
preparazione culturale richieste per lo svolgimento
delle mansioni proprie dei posti che si intendono
ricoprire”.
E’ ben vero che, in considerazione della attività
propria del settore “Lavori Pubblici” di un comune,
anche la laurea in architettura ed il titolo di
architetto possono considerarsi pertinenti alle
mansioni proprie del dirigente di tale settore.
Tuttavia, in forza del principio dianzi richiamato
non si può affermare che l’Amministrazione comunale
abbia l’obbligo di indicare, tra i requisiti di
partecipazione al concorso indetto per selezionare
il dirigente di un tale settore, entrambi i titoli
di studio e di abilitazione, né, correlativamente,
che abbia l’obbligo di motivare in maniera specifica
la scelta di circoscrivere ad una o all’altra
categoria dei citati professionisti la possibilità
di partecipare al concorso, scelta che essa
Amministrazione effettuerà tenendo conto delle
peculiarità della attività del proprio settore
“lavori Pubblici” nonché delle proprie priorità.
Così, mentre una Amministrazione proprietaria di un
ingente patrimonio immobiliare di rilevanza
artistica potrà ritenere opportuno selezionare un
architetto da preporre al proprio settore “Lavori
Pubblici”, un’altra Amministrazione, che abbia tra
le proprie priorità quella di procedere alla
realizzazione di determinate opere che appartengano
alla sfera di competenza esclusiva degli ingegneri,
potrà invece legittimamente ritenere appropriato di
affidare la dirigenza del settore competente ad un
ingegnere, circoscrivendo ai soli ingegneri la
partecipazione alla relativa selezione.
Ciascuna di tali scelte non abbisogna di particolare
e specifica motivazione non solo perché, come già
precisato, le Amministrazioni dispongono di un
potere discrezionale nella scelta del titolo di
studio richiesto per accedere ad una determinata
selezione, il quale potere è soggetto a limiti solo
nella misura in cui si richiede che il titolo di
studio richiesto sia coerente con le mansioni
proprie del posto da ricoprire: ciò che nella specie
si è verificato.
-----------------
In ordine al fatto che il bando impugnato sia
illegittimo perché prevede limiti di partecipazione
che non si giustificano anche alla luce di quanto
stabilisce l’art. 110 T.U.E.L. in ordine alla
selezione del personale della dirigenza, il Collegio
non ritiene che la previsione di un certo numero di
anni di pregressa esperienza nel settore “Lavori
Pubblici – Area Tecnica” ed in qualità di dipendente
di enti pubblici, sia incoerente con le previsioni
dell’art. 110 T.U.E.L., secondo il quale il
personale dirigenziale deve essere in possesso di
“comprovata esperienza pluriennale e specifica
professionalità nelle materie oggetto
dell’incarico”.
La norma, come si vede, stabilisce che la pregressa
esperienza del dirigente non deve limitarsi ad un
anno, ma neppure specifica un limite massimo di anni
di esperienza che si può pretendere dall’aspirante
dirigente: il periodo di esperienza pregressa può
quindi ragionevolmente variare a seconda della
complessità delle mansioni che il dirigente è
chiamato a svolgere e bisogna dire che nella prassi
esso è frequentemente indicato, come nel caso di
specie, in un periodo variabile tra i tre ed i
cinque anni.
L’art. 110 T.U.E.L. richiede poi che la pregressa
esperienza sia specifica in relazione alle materie
oggetto dell’incarico, e si deve ritenere che questa
specificità possa comprendere, quantomeno quando il
posto da ricoprire sia quello di dirigente del
settore Lavori Pubblici di un comune, anche il
contesto lavorativo in cui tale esperienza è
maturata: ciò per la ragione che, come sopra
precisato, il settore Lavori Pubblici di un Comune
si occupa normalmente della realizzazione di opere
(quelle di urbanizzazione primaria e le opere di
natura igienico-sanitarie) di cui un libero
professionista raramente si occupa in via
continuativa, a meno che non sia specializzato nel
settore e non sia organizzato in modo da poter
partecipare a numerose gare per l’affidamento della
progettazione di simili opere.
Il Settore Lavori Pubblici si occupa poi spesso,
come emerso nel corso del giudizio, della gestione
delle gare di affidamento di lavori, ed è evidente
che anche in tale materia una esperienza
significativa viene maturata solo alle dipendenze di
una amministrazione pubblica che debba gestire gare
d’appalto. Anche la richiesta che l’esperienza
pregressa sia stata maturata nel settore “Area
Tecnica-Lavori Pubblici” è evidentemente coerente
con il posto messo a concorso.
I criteri di selezione introdotti dal bando di che
trattasi sono, in definitiva, coerenti con quanto
stabilito dall’art. 110 T.U.E.L.; conseguentemente
da essi non è possibile trarre alcun argomento a
sostegno dell’assunto secondo cui il Comune di Novi
Ligure avrebbe inteso, consapevolmente, restringere
la platea dei partecipanti alla selezione onde
favorire l’ing. R..
... per l'annullamento:
1. dell'avviso pubblico indetto da Comune di Novi
Ligure e relativo alla selezione per l'assunzione di
n. 1 dirigente tecnico a tempo determinato e pieno,
per anni tre, area Lavori Pubblici e Tutela
Ambientale, approvato con determinazione n. 198/723
del 14.07.2014;
2. della determina del Comune di Novi Ligure n.
248/875 del 15.9.2014 Settore: Sett. 8 - Personale e
Organizzazione - Affari generali, Ufficio:
Personale, con cui sono stati ammessi i candidati
della selezione per l'assunzione di n. 1 dirigente
tecnico a tempo determinato e pieno, per anni tre,
area Lavori Pubblici e Tutela Ambientale ed è stato
escluso l'arch. C.P. per mancanza del titolo di
studio richiesto nell'avviso di selezione;
3. della graduatoria del Comune di Novi Ligure
approvata con determinazione n. 266/928 del
01/10/2014 Sett. 8 - Personale e organizzazione -
Affari Generali - Ufficio Personale, con cui sono
stati individuati i soggetti ammessi per
l'assunzione di n. 1 dirigente tecnico a tempo
determinato e pieno, per anni tre, area Lavori
Pubblici e Tutela Ambientale;
4. del decreto del Comune di Novi Ligure n. 11 del
03.10.2014 con cui è stato conferito l'incarico di
dirigente tecnico a tempo determinato e pieno, per
anni tre, area Lavori Pubblici e Tutela Ambientale,
all'ing. P.I.R. a seguito della procedura di
selezione;
...
11. Procedendo nella disamina del merito del ricorso
il Collegio dà atto che secondo consolidato
orientamento di giurisprudenza gli artt. 51 e 52 del
R.D. 2537/1925 (C.d.S. sez. IV, n. 2938/2000; TAR
Palermo, sez. I, n. 2274/2002; TAR Catanzaro sez. II,
n. 354/2008; TAR Veneto sez. I, n. 1153/2011; C.d.S.
sez. VI, n. 1150/2013; TAR Lecce, sez. II, n.
1270/2013; TAR Lazio-Latina, sez. I, n. 608/2013),
che sono ancora in vigore e che pertanto ancora oggi
costituiscono il punto di riferimento normativo per
stabilire il discrimine tra le competenze degli
architetti e quelle degli ingegneri, debbono essere
interpretati nel senso che appartiene alla esclusiva
competenza degli ingegneri non solo la progettazione
delle opere necessarie alla estrazione e lavorazione
di materiali destinati alle costruzioni e la
progettazione delle costruzioni industriali, ma
anche la progettazione delle opere
igienico-sanitarie e delle opere di urbanizzazione
primaria, per tali dovendosi intendere le opere
afferenti la viabilità, gli acquedotti, e
depuratori, le condotte fognarie e gli impianti di
illuminazione, salvo solo il caso che tali opere non
siano di pertinenza di singoli edifici civili. Tra
le opere igienico-sanitarie la cui progettazione
appartiene alla esclusiva competenza degli
ingegneri, vanno incluse, tra le altre, anche gli
impianti cimiteriali (C.d.S. n. 2938/2000 cit.).
12. L’elenco delle opere la cui progettazione è di
esclusiva competenza degli ingegneri include, come
si vede, larga parte delle opere pubbliche di
necessaria competenza dei comuni, all’interno dei
quali il Settore di riferimento è certamente quello
che ha in carico, appunto, i lavori pubblici.
E’ evidente che le opere pubbliche di che trattasi
non esauriscono il panorama delle opere pubbliche
che un comune può decidere di realizzare (scuole,
centri sportivi; biblioteche e centri culturali;
etc. etc.); tuttavia è importante rimarcare che non
tutte le opere classificabili come “pubbliche”,
come tali rientranti nella competenza istituzionale
del settore “Lavori pubblici” di un comune,
sono di competenza concorrente degli ingegneri ed
architetti, essendo che le opere di urbanizzazione
primaria e quelle afferenti la sfera
igienico-sanitaria appartengono alla sfera esclusiva
di competenza degli ingegneri.
Valga inoltre la considerazione che la sfera di
competenza esclusiva degli architetti finisce invece
per interessare solo gli edifici civili con
rilevante carattere artistico nonché quelli di cui
alla L. 364/1909, -fermo restando che anche in tal
caso sussiste una competenza concorrente tra
architetti ed ingegneri per quanto riguarda la “parte
tecnica” (art. 52, comma 2, R.D. 2537/1925)-, e
risulta pertanto di marginale importanza se riferita
al settore “Lavori Pubblici” di un comune:
infatti, mentre ogni comune deve confrontarsi, prima
o poi, con la necessità di dotarsi di opere di
urbanizzazione primaria e di opere
igienico-sanitarie, costituisce invece una mera
evenienza il fatto che un comune risulti
proprietario di beni di particolare interesse
artistico in relazione ai quali intenda effettuare
interventi edilizi.
13. In base alle considerazioni che precedono il
Collegio ritiene che la laurea in ingegneria e
l’abilitazione alla professione di ingegnere
costituiscono titoli aventi un collegamento diretto
con l’attività del settore “Lavori Pubblici”
di un qualsiasi comune e che, pertanto, il bando di
concorso indetto per la selezione del dirigente di
un tale settore non deve contenere una specifica
motivazione a giustificazione della scelta di
indicare la laurea in ingegneria e l’abilitazione
alla professione di ingegnere quali requisiti di
ammissione alla selezione.
13.1 Si deve ricordare che nella materia dei
concorsi pubblici, ferma la definizione del titolo
(laurea o altro titolo di studio), che è affidata
alla legge, "deve essere riconosciuto
all’Amministrazione un potere discrezionale nella
determinazione della tipologia del titolo di studio
richiesto, che deve essere correlato alla
professionalità ed alla preparazione culturale
richieste per lo svolgimento delle mansioni proprie
dei posti che si intendono ricoprire” (TAR
Puglia-Bari, sez. II, n. 1359/2013; C.d.S. sez. V,
n. 5351/2012; C.d.S. sez. VI, n. 2994/2009; TAR
Lazio sez. III, n. 253/2008).
13.2. E’ ben vero che, in considerazione della
attività propria del settore “Lavori Pubblici”
di un comune, anche la laurea in architettura ed il
titolo di architetto possono considerarsi pertinenti
alle mansioni proprie del dirigente di tale settore.
Tuttavia, in forza del principio dianzi richiamato
non si può affermare che l’Amministrazione comunale
abbia l’obbligo di indicare, tra i requisiti di
partecipazione al concorso indetto per selezionare
il dirigente di un tale settore, entrambi i titoli
di studio e di abilitazione, né, correlativamente,
che abbia l’obbligo di motivare in maniera specifica
la scelta di circoscrivere ad una o all’altra
categoria dei citati professionisti la possibilità
di partecipare al concorso, scelta che essa
Amministrazione effettuerà tenendo conto delle
peculiarità della attività del proprio settore “lavori
Pubblici” nonché delle proprie priorità.
Così, mentre una Amministrazione proprietaria di un
ingente patrimonio immobiliare di rilevanza
artistica potrà ritenere opportuno selezionare un
architetto da preporre al proprio settore “Lavori
Pubblici”, un’altra Amministrazione, che abbia
tra le proprie priorità quella di procedere alla
realizzazione di determinate opere che appartengano
alla sfera di competenza esclusiva degli ingegneri,
potrà invece legittimamente ritenere appropriato di
affidare la dirigenza del settore competente ad un
ingegnere, circoscrivendo ai soli ingegneri la
partecipazione alla relativa selezione.
Ciascuna di tali scelte non abbisogna di particolare
e specifica motivazione non solo perché, come già
precisato, le Amministrazioni dispongono di un
potere discrezionale nella scelta del titolo di
studio richiesto per accedere ad una determinata
selezione, il quale potere è soggetto a limiti solo
nella misura in cui si richiede che il titolo di
studio richiesto sia coerente con le mansioni
proprie del posto da ricoprire: ciò che nella specie
si è verificato.
13.3. Il primo motivo di ricorso deve quindi essere
respinto, non potendosi affermare che la sfera di
competenze tra architetti ed ingegneri sia
completamente sovrapponibile né potendosi ravvisare
difetto di motivazione nel bando di concorso
impugnato, nella parte in cui non ha giustificato la
scelta di escludere la laurea in architettura tra i
requisiti che legittimavano a partecipare alla
selezione per cui è causa.
Alla luce di tali constatazioni diventa poi
irrilevante il fatto che la delibera di Giunta n.
143 del 26/03/2014, che peraltro non è stata
impugnata dai ricorrenti, non abbia dato indicazione
specifiche in ordine al titolo di studio da
richiedere per la copertura del posto di dirigente
del settore Lavori Pubblici; né assume rilevanza il
fatto che gli atti del procedimento non evidenzino
le ragioni -esplicitate invece negli atti di questo
giudizio- che in concreto avrebbero indotto
l’Amministrazione a selezionare un ingegnere.
14. Con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti
lamentano che il bando impugnato sia comunque
illegittimo perché prevede limiti di partecipazione
che non si giustificano anche alla luce di quanto
stabilisce l’art. 110 T.U.E.L. in ordine alla
selezione del personale della dirigenza.
14.1. Il Collegio premette, preliminarmente, che i
ricorrenti hanno interesse alla decisione su tale
motivo di ricorso, atteso che esso è sostanzialmente
finalizzato ad evidenziare aspetti di sviamento di
potere che nella specie avrebbero ispirato l’azione
amministrativa e che sarebbero stati finalizzati a
garantire l’assunzione dell’ing. R., che già
lavorava per il Comune di Novi Ligure: l’interesse a
verificare la sussistenza di possibili profili di
sviamento di potere sussiste, in particolare,
proprio in ragione della ampia discrezionalità che
si deve riconoscere alle Pubbliche Amministrazioni
nello stabilire i requisiti di partecipazione alle
procedure concorsuali e nella correlativa
insussistenza di uno specifico obbligo di motivare
la scelta di tali requisiti.
14.2. Ebbene, il Collegio non ritiene che la
previsione di un certo numero di anni di pregressa
esperienza nel settore “Lavori Pubblici – Area
Tecnica” ed in qualità di dipendente di enti
pubblici, sia incoerente con le previsioni dell’art.
110 T.U.E.L., secondo il quale il personale
dirigenziale deve essere in possesso di “comprovata
esperienza pluriennale e specifica professionalità
nelle materie oggetto dell’incarico”.
14.2.1. La norma, come si vede, stabilisce che la
pregressa esperienza del dirigente non deve
limitarsi ad un anno, ma neppure specifica un limite
massimo di anni di esperienza che si può pretendere
dall’aspirante dirigente: il periodo di esperienza
pregressa può quindi ragionevolmente variare a
seconda della complessità delle mansioni che il
dirigente è chiamato a svolgere e bisogna dire che
nella prassi esso è frequentemente indicato, come
nel caso di specie, in un periodo variabile tra i
tre ed i cinque anni.
14.2.3. L’art. 110 T.U.E.L. richiede poi che la
pregressa esperienza sia specifica in relazione alle
materie oggetto dell’incarico, e si deve ritenere
che questa specificità possa comprendere, quantomeno
quando il posto da ricoprire sia quello di dirigente
del settore Lavori Pubblici di un comune, anche il
contesto lavorativo in cui tale esperienza è
maturata: ciò per la ragione che, come sopra
precisato, il settore Lavori Pubblici di un Comune
si occupa normalmente della realizzazione di opere
(quelle di urbanizzazione primaria e le opere di
natura igienico-sanitarie) di cui un libero
professionista raramente si occupa in via
continuativa, a meno che non sia specializzato nel
settore e non sia organizzato in modo da poter
partecipare a numerose gare per l’affidamento della
progettazione di simili opere.
Il Settore Lavori Pubblici si occupa poi spesso,
come emerso nel corso del giudizio, della gestione
delle gare di affidamento di lavori, ed è evidente
che anche in tale materia una esperienza
significativa viene maturata solo alle dipendenze di
una amministrazione pubblica che debba gestire gare
d’appalto. Anche la richiesta che l’esperienza
pregressa sia stata maturata nel settore “Area
Tecnica-Lavori Pubblici” è evidentemente
coerente con il posto messo a concorso.
14.3. I criteri di selezione introdotti dal bando di
che trattasi sono, in definitiva, coerenti con
quanto stabilito dall’art. 110 T.U.E.L.;
conseguentemente da essi non è possibile trarre
alcun argomento a sostegno dell’assunto secondo cui
il Comune di Novi Ligure avrebbe inteso,
consapevolmente, restringere la platea dei
partecipanti alla selezione onde favorire l’ing. R..
15. Il ricorso va conclusivamente respinto (TAR
Piemonte, Sez. II,
sentenza 15.05.2015 n. 846 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI: Il
servizio di prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro
è certamente rientrante tra le competenze specifiche degli
architetti.
... per l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia:
- dell'avviso pubblico dell'Azienda Sanitaria Provinciale di
Enna, pubblicato nella G.U.R.I. del 23.012015, per titoli e
colloquio, per la formazione di una graduatoria da
utilizzare per il conferimento di eventuali incarichi a
tempo determinato di dirigente ingegnere - ruolo
professionale, nella parte in cui, richiedendo tra i
requisiti di ammissione la sola laurea in ingegneria vecchio
ordinamento o laurea specialistica, ha escluso dalla
partecipazione alla selezione la categoria professionale
degli architetti;
- dell'avviso pubblico dell'Azienda Sanitaria Provinciale di
Enna, pubblicato nella G.U.R.I. del 23.01.2015, per titoli e
colloquio, per la formazione di una graduatoria da
utilizzare per il conferimento di eventuali incarichi a
tempo determinato presso il servizio prevenzione e sicurezza
degli ambienti di lavoro, nella parte in cui, richiedendo
tra i requisiti di ammissione la sola laurea in ingegneria
vecchio ordinamento o laurea specialistica, ha escluso dalla
partecipazione alla selezione la categoria professionale
degli architetti;
...
-
Ritenuto che appare assistito dal prescritto fumus di
fondatezza il motivo di ricorso relativo al bando per “il
servizio di prevenzione e sicurezza degli ambienti di
lavoro”, in quanto quest’ultimo è certamente rientrante tra
le competenze specifiche degli architetti;
-
Ritenuto che alla medesima conclusione non è possibile
giungere per la diversa selezione di “dirigente ingegnere –
ruolo professionale”, poiché non è prevista nel bando
nessuna specifica indicazione in ordine alle concrete
conseguenti mansioni da esercitare, sicché non è possibile
stabilire a priori se gli incarichi conferibili rientrino o
meno nella competenza degli architetti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia -Sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)– accoglie nel
limiti di cui alla parte motiva
(TAR Sicilia-Catania, Sez. VI,
ordinanza 04.05.2015 n. 331 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
aprile 2015 |
|
COMPETENZE PROGETTUALI:
Per quanto concerne i geometri, deve essere
considerato che le loro competenze nella materia di cui al
presente giudizio derivano da una competenza più generale
alla progettazione di edifici ‘di modesta entità’.
Vanno quindi esaminate le disposizioni dell’art. 16, lett.
m), del R.D. 11.02.1929, n. 274, che abilitano il geometra
ad operare nella progettazione, nella direzione e nella
vigilanza di modeste costruzioni civili.
Non vi sono ragioni per escludere che questa norma risponda
al rinvio, del tutto aperto e privo di specificazioni o di
esclusioni, operato dal soprarichiamato art. 6, primo comma,
della legge 05.03.1990, n. 46, nei limiti del tipo di
costruzioni considerate.
L’impianto di riscaldamento deve infatti considerarsi una
parte essenziale della costruzione e il geometra è, in
mancanza di esplicite disposizioni contrarie, certamente
abilitato a progettarne la realizzazione nell’ambito delle
progettazione complessiva, al pari dei numerosi altri
impianti che la costruzione comporta, dato che la sua
competenza è anche tecnicamente delimitata dalle dimensioni
della costruzione alla quale l’impianto di riscaldamento non
può non commisurarsi.
---------------
Il geometra, così come può svolgere attività di
progettazione, di direzione e di vigilanza con riferimento a
«modeste costruzioni civili», può anche presentare domande
riguardanti la verifica di impianti di riscaldamento nelle
medesime costruzioni.
1. – Il Collegio dei Geometri della Provincia di Genova e il
suo Presidente in carica, geometra L.P.,
appellano la sentenza del TAR Liguria n. 166/2006, che ha
dichiarato in parte infondato ed in parte inammissibile il
ricorso per l'annullamento della nota 28.01.2002, n.
4146, con cui il dirigente del Comune di Genova ha disposto
la non conformità della relazione tecnica presentata dal
geom. P. nell’ambito di una domanda in sanatoria di
opere edilizie riguardante la verifica di un impianto di
riscaldamento installato in un’abitazione.
Tale atto è stato emesso poiché questo documento non è stato
sottoscritto da un professionista (ingegnere o perito
industriale) abilitato alla redazione di progetti
impiantistici, come richiesto, in base all’interpretazione
sostenuta dal Comune, dall’art. 6, comma 1, della legge n.
46/1990 e dall’art. 4 del DPR n. 477/1991.
...
10. – L’appello è in parte fondato e deve essere accolto con
conseguente riforma della sentenza appellata nei limiti di
cui in motivazione.
10.1. – Deve innanzitutto essere disattesa, salvo che per
quanto statuito dalla presente sentenza al punto 10.9.,
l’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata
dall’Ordine degli ingegneri e dal Collegio dei periti
industriali nella memoria depositata in data 24.12.2014, che asserisce che l’appello censura la sentenza
impugnata solo in relazione al rigetto del primo motivo di
ricorso con la conseguenza che si debba ritenere che il
secondo e il terzo motivo siano stati rinunciati.
Entrambi i motivi sono stati trascritti nell’atto di appello
e la censura, espressa in questi termini, è smentita dagli
atti di causa.
Allo stesso modo deve essere disattesa la eccezione di
improcedibilità per carenza di interesse sollevata
dall'interveniente ad opponendum, il Consiglio nazionale dei
Periti industriali e dei Periti laureati, in quanto la loro
asserzione non è suffragata da alcun riscontro, mentre è in
ogni caso evidente l’interesse a contestare la valutazione
negativa operata dal Comune, a prescindere dall’esito
dell’opera interessata, trattandosi di una questione di
principio che incide sull’ambito delle competenze
professionali da considerare conformi alla normativa del
settore.
10.2. – Passando all'esame del merito, il Collegio ritiene
che la questione sostanziale oggetto del giudizio deve
essere decisa su base esclusivamente normativa. Spetta
infatti al legislatore definire espressamente i limiti di
competenza di tipo generale rispetto a quelle tecnicamente
più specifiche.
10.3. – Vanno quindi valutati gli effetti del combinato
disposto costituito dalla legge 05.03.1990, n. 46, e dagli
ordinamenti professionali a cui rinvia in particolare l’art.
6, comma 1, della medesima legge, interpretato in modo
opposto dalle parti nel presente giudizio: "Per
l'installazione, la trasformazione e l'ampliamento degli
impianti di cui ai commi 1, lettere a), b), c), e) e g), e 2
dell'articolo 1 è obbligatoria la redazione del progetto da
parte di professionisti, iscritti negli albi professionali,
nell'ambito delle rispettive competenze".
10.4. – Preliminarmente, va notato che tale comma si limita
a prevedere la redazione di un progetto riferito alla
installazione, alla trasformazione e all’ampliamento degli
impianti e non alla loro progettazione. Pertanto la rubrica
dell’articolo "progettazione degli impianti" deve essere
interpretato secondo il contenuto della norma, che è assai
più semplice e limitato.
10.5. – Delimitato l’ambito della questione, è determinante
ai fini della sua soluzione la interpretazione della
disposizione, che prevede la definizione delle
caratteristiche professionali degli operatori dai quali il
progetto deve essere necessariamente redatto. Tale
disposizione rinvia in modo puntuale e inoppugnabile alle
disposizioni che precisano la competenza per ciascuna
categoria di professionisti, senza alcuna specificazione ed
esclusione, prevedendo quindi che ai fini della
installazione, della trasformazione o dell’ampliamento degli
impianti il progetto possa essere redatto da ciascun
appartenente alla singola categoria nell’ambito delle
competenze già previste dai rispettivi ordinamenti.
Ne consegue che la questione deve essere risolta per
ciascuna categoria professionale all’interno del rispettivo
ordinamento e secondo le logiche specifiche che lo
informano.
10.6. - Per quanto concerne i geometri, deve essere quindi
considerato che le loro competenze nella materia di cui al
presente giudizio derivano da una competenza più generale
alla progettazione di edifici ‘di modesta entità’.
Vanno quindi esaminate le disposizioni dell’art. 16, lett.
m), del R.D. 11.02.1929, n. 274, che abilitano il
geometra ad operare nella progettazione, nella direzione e
nella vigilanza di modeste costruzioni civili.
Non vi sono ragioni per escludere che questa norma risponda
al rinvio, del tutto aperto e privo di specificazioni o di
esclusioni, operato dal soprarichiamato art. 6, primo comma,
della legge 05.03.1990, n. 46, nei limiti del tipo di
costruzioni considerate.
L’impianto di riscaldamento deve infatti considerarsi una
parte essenziale della costruzione e il geometra è, in
mancanza di esplicite disposizioni contrarie, certamente
abilitato a progettarne la realizzazione nell’ambito delle
progettazione complessiva, al pari dei numerosi altri
impianti che la costruzione comporta, dato che la sua
competenza è anche tecnicamente delimitata dalle dimensioni
della costruzione alla quale l’impianto di riscaldamento non
può non commisurarsi.
10.7. – Non può considerarsi sufficiente a ricavare una
indicazione contraria la previsione generale di cui all’art.
4 della più volte richiamata legge n. 46 del 1990, che ha
imposto la redazione di un’autonoma relazione tecnica per
l’installazione degli strumenti elettrici, degli impianti di
terra, di quelli che utilizzano il gas, degli ascensori.
E’ al riguardo condivisibile la considerazione della parte
appellante secondo la quale in altri casi vi sono norme che
escludono espressamente la competenza del geometra, mentre
ciò non avviene nel campo degli impianti termici, in quanto
anche recentemente il d.P.R. n. 149 del 27.06.2013 in tema di
affidamento della certificazione energetica degli edifici
inserisce espressamente tra i tecnici abilitati i geometri.
10.8. - Si deve pertanto concludere nel senso che:
- per un principio di simmetria, il geometra, così come può
svolgere attività di progettazione, di direzione e di
vigilanza con riferimento a «modeste costruzioni civili»,
può anche presentare domande riguardanti la verifica di
impianti di riscaldamento nelle medesime costruzioni;
- il provvedimento impugnato in primo grado risulta dunque
viziato per violazione di legge e difetto di motivazione,
poiché ha radicalmente ritenuto precluso che il geometra
P. potesse presentare in sede amministrativa la
domanda concernente la verifica dell’impianto di
riscaldamento installato in un’abitazione, mentre avrebbe
dovuto valutare se la progettazione dell’edificio oggetto
della sua domanda rientrava o meno nelle sue competenze, e
di conseguenza rientrava anche la medesima verifica.
10.9. – Le considerazioni che precedono risultano decisive
per l’accoglimento dell’appello e, dunque, della domanda di
annullamento formulata in primo grado. Risulta invece
inammissibile la riproposizione della domanda di
riconoscimento del diritto a svolgere le attività
professionali in questione, per la quale il TAR ha affermato
che non vi è giurisdizione del giudice amministrativo, senza
che l’appello contenga una specifica contestazione al
riguardo.
11. – In base alle considerazioni che precedono, l’appello
deve essere in parte accolto e in parte dichiarato
inammissibile e, di conseguenza, in riforma della sentenza
del TAR, il ricorso di primo grado va in parte accolto, con
conseguente annullamento del provvedimento comunale
impugnato in primo grado
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 27.04.2015 n. 2107 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI: Gli
ingegneri juniores possono per il settore ingegneria civile
e ambientale porre in essere attività di concorso e
collaborazione alle attività di progettazione, direzione dei
lavori, stima e collaudo di opere edilizie comprese le opere
pubbliche.
Nel caso di specie, l’attività dell’ingegnere appartenente
alla sezione B) rientra chiaramente in tali ipotesi, in
quanto il progetto redatto si fonda su un progetto già posto
in essere dalla stazione appaltante e, quindi, si tratta di
un’opera di concorso o collaborazione ad un progettazione
relativa alle opere pubbliche.
La ratio della norma è chiaramente quella di evitare che un
ingegnere con una qualifica “ridotta” possa essere
affidatario della progettazione di complesse opere
pubbliche, ma tale perplessità non ricorre nel caso di
specie, in quanto l’intervento collaborativo dell’ingegnere
serve solo per fornite proposte migliorative che si
innestano sul progetto formato dalla stazione appaltante.
--- per l'annullamento della determina n. 23, prot. 296/15
con cui il Comune ha approvato gli atti di gara e disposto
l'aggiudicazione definitiva dei lavori di completamento ed
adeguamento della rete fognaria e dell'impianto di
depurazione.
...
Il ricorrente deduce l’illegittimità del provvedimento di
aggiudicazione definitiva perché l’impresa contro
interessata avrebbe dovuto essere esclusa in quanto gli
elaborati dell’offerta tecnica sono stati firmati da un
ingegnere “Junior” non abilitato per il progetto di
gara.
L’art. 46, co. 1, lett. a), n. 1 prevede che formano oggetto
dell'attività professionale degli iscritti alla sezione B
(ingegnere junior), ai sensi e per gli effetti di cui
all'articolo 1, comma 2:
a) per il settore "ingegneria civile e ambientale":
1) le attività basate sull'applicazione delle scienze, volte
al concorso e alla collaborazione alle attività di
progettazione, direzione dei lavori, stima e collaudo di
opere edilizie comprese le opere pubbliche;
2) la progettazione, la direzione dei lavori, la vigilanza,
la contabilità e la liquidazione relative a costruzioni
civili semplici, con l'uso di metodologie standardizzate;
3) i rilievi diretti e strumentali sull'edilizia attuale e
storica e i rilievi geometrici di qualunque natura.
Nel caso di specie, la società ricorrente sostiene che il
progetto presentato dalla società controinteressata è stato
firmato da un ingegnere non abilitato, appartenente alla
Sezione B), mentre il progetto per cui è causa sarebbe di
competenza esclusiva degli ingegneri appartenenti alla
Sezione A.
Va premesso che il bando di gara ha ad oggetto il “Completamento
e adeguamento della rete fognaria e impianto di depurazione
da effettuarsi nel Comune di Lapo” e l’offerta
economicamente più vantaggiosa viene individuata in base
alla presentazione di progetti capaci di individuare
soluzioni tecniche migliorative della rete fognaria e
dell’impianto di depurazione.
Va, quindi, chiarito che il progetto contestato si innesta
su un progetto già redatto dalla stazione appaltante e che
nella sua intima struttura non può essere modificato, ma
solo migliorato.
Orbene, gli ingegneri juniores possono per il settore
ingegneria civile e ambientale porre in essere attività di
concorso e collaborazione alle attività di progettazione,
direzione dei lavori, stima e collaudo di opere edilizie
comprese le opere pubbliche.
Nel caso di specie, l’attività dell’ingegnere appartenente
alla sezione B) rientra chiaramente in tali ipotesi, in
quanto il progetto redatto si fonda su un progetto già posto
in essere dalla stazione appaltante e, quindi, si tratta di
un’opera di concorso o collaborazione ad un progettazione
relativa alle opere pubbliche.
La ratio della norma è chiaramente quella di evitare
che un ingegnere con una qualifica “ridotta” possa
essere affidatario della progettazione di complesse opere
pubbliche, ma tale perplessità non ricorre nel caso di
specie, in quanto l’intervento collaborativo dell’ingegnere
serve solo per fornite proposte migliorative che si
innestano sul progetto formato dalla stazione appaltante.
Peraltro, la società ricorrente non ha di certo provato che
le migliorie indicate nel progetto contestato diano vita a
soluzioni avanzate, innovative o sperimentali, di competenza
dell’ingegnere iscritto nella Sezione A, ben potendo un
progetto contenente soluzioni migliorative rispetto a quello
della stazione appaltante prevedere metodologie
standardizzate.
Ne deriva, pertanto, che il ricorso principale è infondato e
va rigettato
(TAR Campania-Salerno, Sez. II,
sentenza 14.04.2015 n. 797 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
marzo 2015 |
|
COMPETENZE PROGETTUALI: Circa
la ratio della separazione di competenze tra ingegneri ed architetti
delineata dagli artt. 51 e 52 del R.D. n. 2537 del 1925, quest'ultimi vanno
considerati tuttora vigenti.
Tale ratio non consiste nella necessità di garantire una buona qualità delle
opere sotto il profilo estetico o funzionale, ma unicamente nell’assicurare
l’incolumità delle persone, sicché il professionista, che deve intervenire
in un progetto, deve assumersi la responsabilità della verifica di tutti i
calcoli necessari e di tutte le soluzioni tecniche sotto il profilo della
tutela dell’incolumità pubblica.
La progettazione di opere di viabilità, anche se attinenti alla viabilità
rurale, rientra nella competenza degli ingegneri, non solo in forza degli
artt. 51 e 54 R.D. n. 2537 del 1925, ma anche perché tali opere non
rientrano nel concetto di edilizia civile.
E’ evidente che un’interpretazione evolutiva dell’edilizia civile può
indurre tutt’al più a consentire che gli architetti firmino un progetto
relativo alla viabilità strettamente servente un’opera di edilizia civile,
tale perciò, da potersi considerare accessoria a quest’ultima.
Del resto, se si considera che anche una strada rurale può comportare –come
ben sottolinea l’Amministrazione– complessi calcoli connessi ai problemi di
possibili dissesti idrogeologici oppure alla resistenza del fondo stradale
al traffico di mezzi pesanti, come le macchine agricole, o ancora la
necessità di superare talune più gravi asperità del terreno, si vede come
solo le conoscenze tecnico-scientifiche proprie della professione di
ingegnere garantiscano una corretta e responsabile progettazione delle
strade rurali.
---------------
Quest’ultima considerazione introduce il secondo motivo di ricorso.
Per saggiarne la fondatezza occorre prendere avvio dalla ratio della
separazione di competenze tra ingegneri ed architetti delineata dagli artt.
51 e 52 del succitato R.D. n. 2537 del 1925, che vanno considerati tuttora
vigenti (Cons. Stato, Sez. VI, 11.09.2006, n. 5239).
Tale ratio non consiste nella necessità di garantire una buona
qualità delle opere sotto il profilo estetico o funzionale, ma unicamente
nell’assicurare l’incolumità delle persone, sicché il professionista, che
deve intervenire in un progetto, deve assumersi la responsabilità della
verifica di tutti i calcoli necessari e di tutte le soluzioni tecniche sotto
il profilo della tutela dell’incolumità pubblica (Cons. Stato, Sez. V,
10.03.1997, n. 248).
La progettazione di opere di viabilità, anche se attinenti alla viabilità
rurale, rientra nella competenza degli ingegneri, non solo in forza degli
artt. 51 e 54 R.D. n. 2537 del 1925, ma anche perché tali opere non
rientrano nel concetto di edilizia civile (Cons. Stato, Sez. IV, 19.02.1990,
n. 92).
E’ evidente che un’interpretazione evolutiva dell’edilizia civile può
indurre tutt’al più a consentire che gli architetti firmino un progetto
relativo alla viabilità strettamente servente un’opera di edilizia civile,
tale perciò, da potersi considerare accessoria a quest’ultima (Cons. Stato,
Sez. VI, 15.03.2013, n. 1550).
Del resto, se si considera che anche una strada rurale può comportare –come
ben sottolinea l’Amministrazione– complessi calcoli connessi ai problemi di
possibili dissesti idrogeologici oppure alla resistenza del fondo stradale
al traffico di mezzi pesanti, come le macchine agricole, o ancora la
necessità di superare talune più gravi asperità del terreno, si vede come
solo le conoscenze tecnico-scientifiche proprie della professione di
ingegnere garantiscano una corretta e responsabile progettazione delle
strade rurali
(Consiglio di Stato, Sez. II,
parere 12.03.2015 n. 723 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
febbraio 2015 |
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COMPETENZE PROGETTUALI:
Geometri. Cemento armato fuori uso.
I geometri non possono progettare edifici in cemento armato.
E, a meno che non si tratti di «piccole costruzioni
accessorie nell'ambito di edifici rurali o destinate alle
industrie agricole», la competenza rimane di ingegneri e
architetti.
È la
sentenza 23.02.2015 n. 883 del Consiglio di
Stato - Sez. V, questa volta, a fissare un altro tassello nella
ripartizione delle competenze tra i professionisti di area
tecnica in materia di cemento armato.
Oggetto del contendere
una delibera del comune di Torri del Benaco secondo la quale
i geometri possono progettare e dirigere i lavori di modeste
costruzioni fino a 1.500 metri cubi sia pur «con la presenza
di cemento armato». La disposizione comunale però non era
piaciuta all'ordine degli ingegneri della zona che aveva
presentato ricorso al Tar chiedendone l'annullamento. Nulla
da fare perché secondo il tribunale amministrativo la
normativa vigente (rd 2229/1939) non esclude completamente la
competenza dei geometri in materia di progettazione delle
costruzioni civili.
L'Ordine degli ingegneri aveva quindi
fatto appello al Consiglio di stato che, con questa
sentenza, ha rovesciato il disposto del giudice di primo
grado, specificando che la progettazione delle strutture in
cemento armato sia di competenza esclusiva di ingegneri e
architetti iscritti all'albo. Fanno eccezione le piccole
costruzioni accessorie nell'ambito di edifici rurali e
destinati a industrie agricole che, dice il Cds, «non
richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la
loro destinazione non comportino pericolo per le persone».
In particolare in materia di competenze i giudici di palazzo
Spada fanno riferimento a una precedente sentenza (n. 2537
del 28.04.2011) secondo la quale «esula dalla competenza
dei geometri la progettazione di costruzioni civili con
strutture in cemento armato», le «piccole costruzioni
accessorie» rientrano, invece, nella loro competenza
giacché in questo caso «è ininfluente che il calcolo del
cemento armato sia stato affidato a un ingegnere o ad un
architetto»
(articolo ItaliaOggi del 03.03.2015). |
COMPETENZE PROGETTUALI: Secondo
l’art. 117, comma 3, della Costituzione, la materia delle
professioni rientra nell’ambito della legislazione
concorrente tra Stato e Regioni.
Al riguardo, tuttavia, la Corte Costituzionale ha più volte
precisato che la potestà legislativa regionale nella materia
concorrente delle professioni deve rispettare il principio
invalicabile di ordine generale, secondo cui
l'individuazione delle figure professionali, con i relativi
profili ed ordinamenti, è riservata allo Stato, potendo la
potestà legislativa regionale disciplinare quei soli aspetti
che presentano uno specifico collegamento con la realtà
regionale.
Nessun potere normativo in materia, neppure a livello
regolamentare, è rinvenibile in capo ai comuni, in quanto la
competenza attribuita dall’articolo 42 del d.lgs.
18.08.2000, n. 267, ai consigli comunali si deve intendere
circoscritta agli atti fondamentali dell'ente ivi
espressamente indicati (laddove la giunta comunale ha una
competenza residuale, potendo compiere tutti gli atti che
dalla legge non sono riservati al consiglio comunale ovvero
che non ricadono, secondo le previsioni legislative o dello
statuto, nelle competente del Sindaco).
---------------
A norma dell'art. 16, lett. m), r.d.
11.02.1929, n. 274, e come si desume anche dalle ll.
05.11.1971, n. 1086, e 02.02.1974, n. 64, che hanno
rispettivamente disciplinato le opere in conglomerato
cementizio e le costruzioni in zone sismiche, nonché dalla
l. 02.03.1949, n. 144 (recante la tariffa professionale),
esula dalla competenza dei geometri la progettazione di
costruzioni civili con strutture in cemento armato,
trattandosi di attività che, qualunque ne sia l'importanza,
è riservata solo agli ingegneri ed agli architetti iscritti
nei relativi albi professionali.
Solo le opere in cemento armato relative a piccole
costruzioni accessorie rientrano nella competenza dei
geometri, risultando ininfluente che il calcolo del cemento
armato sia stato affidato ad un ingegnere o ad un
architetto.
In buona sostanza, la competenza dei geometri è limitata
alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste
costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino
l'adozione -anche parziale- di strutture in cemento armato;
solo in via di eccezione, si estende anche a queste
strutture, a norma della lett. l) del medesimo articolo 16,
r.d. n. 274 cit., purché si tratti di piccole costruzioni
accessorie nell'ambito di edifici rurali o destinati alle
industrie agricole, che non richiedano particolari
operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non
comportino pericolo per le persone.
Per il resto, la suddetta competenza è comunque esclusa nel
campo delle costruzioni civili ove si adottino strutture in
cemento armato, la cui progettazione e direzione, qualunque
ne sia l'importanza è pertanto riservata solo agli ingegneri
ed architetti iscritti nei relativi albi professionali;
sotto tale angolazione deve escludersi che le innovazioni
introdotte nei programmi scolastici degli istituti tecnici
possano ritenersi avere ampliato, mediante l'inclusione tra
le materie di studio di alcuni argomenti attinenti alle
strutture in cemento armato, le competenze professionali dei
medesimi.
I limiti posti dall'art. 16, lett. m) cit. alla competenza
professionale dei geometri:
a) rispondono ad una scelta inequivoca del legislatore,
dettata da evidenti ragioni di pubblico interesse, che
lascia all'interprete ristretti margini di discrezionalità,
attinenti alla valutazione dei requisiti della modestia
della costruzione, della non necessità di complesse
operazioni di calcolo e dell'assenza di implicazioni per la
pubblica incolumità;
b) indicano, di contro, un preciso requisito, ovverosia la
natura di annesso agricolo dei manufatti, per le opere
eccezionalmente progettabili dai predetti tecnici anche nei
casi di impiego di cemento armato.
E’ pertanto esclusa la possibilità di un'interpretazione
estensiva o "evolutiva" di tale disposizione, che, in quanto
norma eccezionale, non si presta ad applicazione analogica,
non potendosi pervenire ad una diversa conclusione neppure
in virtù delle norme -art. 2, l. 05.11.1971, n. 1086, e art.
17, l. 02.02.1974, n. 64- che disciplinano le costruzioni in
cemento armato e quelle in zone sismiche, in quanto le
stesse richiamano i limiti delle competenze professionali
stabiliti per i geometri dalla vigente normativa
professionale.
Il criterio per accertare se una costruzione sia da
considerare modesta -e quindi se la sua progettazione
rientri nella competenza professionale dei geometri-
consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la
progettazione e l'esecuzione dell'opera comportano e le
capacità occorrenti per superarle; a questo fine, mentre non
è decisivo il mancato uso del cemento armato (ben potendo
anche una costruzione "non modesta" essere realizzata senza
di esso), assume significativa rilevanza il fatto che la
costruzione sorga in zona sismica, con conseguente
assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa
di cui alla l. n. 64 cit., la quale impone calcoli complessi
che esulano dalle competenze professionali dei geometri.
E' stata inoltre esclusa l'illegittimità e quindi la
disapplicabilità delle disposizioni dettate dall'art. 16
r.d. 274/1929, avente natura regolamentare, il quale non
contrasta con norme costituzionali o ordinarie, essendo
aderente ai criteri della disposizione legislativa cui ha
dato attuazione (l'art. 7 l. 24.06.1923, n. 1395) e
comportando una razionale delimitazione delle attività
professionali consentite ai geometri, in rapporto alla loro
preparazione.
In ordine alle prestazioni ulteriori (comprese in astratto
nella competenza dei geometri, affidate loro insieme con
quella della progettazione di costruzioni civili in cemento
armato), si estende -o meno- la nullità del contratto,
secondo che siano strumentalmente connesse con
l'edificazione e implichino la soluzione di problemi tecnici
di particolare difficoltà, come la redazione di un piano di
lottizzazione, oppure siano autonome e distinte dalla
realizzazione delle strutture in cemento armato, come
l'individuazione dei confini di proprietà, la costituzione
di servitù, lo svolgimento di pratiche amministrative.
---------------
Anche secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione
l’art. 16 del r.d. 11.02.1929, n. 274, ammette la competenza
dei geometri per quanto riguarda le costruzioni in cemento
armato solo relativamente a opere con destinazione agricola,
che non comportino pericolo per l’incolumità delle persone,
mentre per le costruzioni civili, che adottino strutture in
cemento armato, sia pure modeste, ogni competenza è
riservata, ai sensi del r.d. 16.11.1939, n. 2229, agli
ingegneri e agli architetti iscritti all’albo, senza che
nulla sia stato modificato dalle leggi 05.11.1971, n. 1086,
e 02.02.1974, n. 64, con conseguente nullità del contratto
d’opera professionale intercorso con un geometra, che abbia
avuto ad oggetto una costruzione per civile abitazione, il
cui progetto abbia richiesto l’adozione anche parziale dei
calcoli in cemento armato.
---------------
In ordine alla legittimazione ad agire degli ordini
professionali, la giurisprudenza ha più volte affermato che
essi sono legittimati ad agire per la tutela di posizioni
soggettive proprie o di interessi unitari della collettività
da loro istituzionalmente espressa, nel secondo caso potendo
sia reagire alla violazione delle norme poste a tutela della
professione, sia perseguire vantaggi, anche strumentali,
riferibili alla sfera della categoria nel suo insieme, con
il solo limite derivante dal divieto di occuparsi di
questioni relative ad attività non soggette alla disciplina
o potestà degli ordini medesimi, aggiungendo che sussiste,
in particolare, in capo all'ordine professionale di
appartenenza l'interesse all'impugnazione di un diniego al
rilascio di un permesso di costruire, motivato in base alla
presunta incompetenza del progettista, dal momento che è
apprezzabile la perdurante lesività dell'atto stesso per il
credito, il prestigio e l'estimazione sociale della parte
ricorrente.
---------------
I limiti posti dall’art. 16, lett. m), del r.d. 11.02.1929,
n. 274, alla competenza professionale dei geometri
rispondono ad una scelta inequivoca del legislatore, dettata
da evidenti ragioni di pubblico interesse, che lascia
all’interprete ristretti margini di discrezionalità,
attinenti alla valutazione dei requisiti della modestia
della costruzione, della non necessità di complesse
operazioni di calcolo e dall’assenza di implicazioni per la
pubblica incolumità, indicando invece un preciso requisito
ovverosia la natura di annesso agricolo dei manufatti, per
le opere eccezionalmente progettabili dai predetti tecnici
anche nei casi di impiego di cemento armato.
E’ pertanto esclusa la possibilità di un’interpretazione
estensiva o “evolutiva” di tale disposizione, che, in quanto
norma eccezionale, non si presta ad applicazione analogica,
non potendo pervenire ad una diversa conclusione neppure in
virtù delle norme –art. 2 l. 05.11.1971, n. 1086, e art. 17
l. 02.02.1974, n. 64– che disciplinano le costruzioni in
cemento armato e quelle in zone sismiche, in quanto le
stesse richiamano i limiti delle competenze professionali
stabiliti per i geometri della vigente normativa
professionale.
Ciò rende irrilevante, diversamente da quanto ritenuto dai
primi giudici, la disposta abrogazione del r.d. n. 2229 del
1929, dal momento che essa è stata disposta dal D.Lgs.
13.12.2010, n. 212, in attuazione del meccanismo legislativo
introdotto dalla legge n. 246 del 2005 volto alla riduzione
del numero delle legge presenti nell’ordinamento (c.d.
taglia leggi), senza che perciò da detta abrogazione possa
ricavarsi una sia pur implicita intenzione del legislatore
di equiparare, quanto all’attività edilizia, le competenze
dei geometri e quelli degli ingegneri.
... per la riforma della sentenza del TAR VENETO–VENEZIA,
Sez. I, n. 1312 del 20.11.2013, resa tra le parti, la
delibera della giunta del Comune di Torri del Benaco, n. 96
del 09.07.2012, recante indirizzi operativi relativi alle
competenze professionali dei geometri in materia edilizia.
...
5.1. Secondo l’art. 117, comma 3, della Costituzione, la materia delle
professioni rientra nell’ambito della legislazione
concorrente tra Stato e Regioni.
Al riguardo, tuttavia, la Corte Costituzionale ha più volte
precisato che la potestà legislativa regionale nella materia
concorrente delle professioni deve rispettare il principio
invalicabile di ordine generale, secondo cui
l'individuazione delle figure professionali, con i relativi
profili ed ordinamenti, è riservata allo Stato, potendo la
potestà legislativa regionale disciplinare quei soli aspetti
che presentano uno specifico collegamento con la realtà
regionale (Corte Cost. 12.12.2003, n. 353; 26.07.2005, n. 319; 25.11.2005, n. 424;
08.02.2006, n.
40; 23.05.2013, n. 98; 18.06.2014, n. 178).
Nessun potere normativo in materia, neppure a livello
regolamentare, è rinvenibile in capo ai comuni, in quanto la
competenza attribuita dall’articolo 42 del d.lgs. 18.08.2000, n. 267, ai consigli comunali si deve intendere
circoscritta agli atti fondamentali dell'ente ivi
espressamente indicati (laddove la giunta comunale ha una
competenza residuale, potendo compiere tutti gli atti che
dalla legge non sono riservati al consiglio comunale ovvero
che non ricadono, secondo le previsioni legislative o dello
statuto, nelle competente del Sindaco): ex multis, tra le più
recenti, Cons. St., sez. V, 13.12.2005, n. 7058; sez.
V, 23.06.2014, n. 3137; 20.12.2013, n. 6115; 20.08.2013, n. 4192; 15.07.2013, n. 3809;
02.02.2012, n. 539).
5.2. In ordine alla delimitazione delle competenze tra
l’attività dei geometri e quella degli ingegneri, possono
riportarsi le puntuali e condivisibili cui è giunta la
giurisprudenza, come si evincono dalla sentenza di questa
stessa Sezione n. 2537 del 28.04.2011, nella quale si
precisa quanto segue: “A norma dell'art. 16, lett. m), r.d.
11.02.1929, n. 274, e come si desume anche dalle ll. 05.11.1971, n. 1086, e
02.02.1974, n. 64, che hanno
rispettivamente disciplinato le opere in conglomerato
cementizio e le costruzioni in zone sismiche, nonché dalla
l. 02.03.1949, n. 144 (recante la tariffa professionale),
esula dalla competenza dei geometri la progettazione di
costruzioni civili con strutture in cemento armato,
trattandosi di attività che, qualunque ne sia l'importanza,
è riservata solo agli ingegneri ed agli architetti iscritti
nei relativi albi professionali.
Solo le opere in cemento armato relative a piccole
costruzioni accessorie rientrano nella competenza dei
geometri, risultando ininfluente che il calcolo del cemento
armato sia stato affidato ad un ingegnere o ad un
architetto.
In buona sostanza, la competenza dei geometri è limitata
alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste
costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino
l'adozione -anche parziale- di strutture in cemento
armato; solo in via di eccezione, si estende anche a queste
strutture, a norma della lett. l) del medesimo articolo 16,
r.d. n. 274 cit., purché si tratti di piccole costruzioni
accessorie nell'ambito di edifici rurali o destinati alle
industrie agricole, che non richiedano particolari
operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non
comportino pericolo per le persone.
Per il resto, la suddetta competenza è comunque esclusa nel
campo delle costruzioni civili ove si adottino strutture in
cemento armato, la cui progettazione e direzione, qualunque
ne sia l'importanza è pertanto riservata solo agli ingegneri
ed architetti iscritti nei relativi albi professionali;
sotto tale angolazione deve escludersi che le innovazioni
introdotte nei programmi scolastici degli istituti tecnici
possano ritenersi avere ampliato, mediante l'inclusione tra
le materie di studio di alcuni argomenti attinenti alle
strutture in cemento armato, le competenze professionali dei
medesimi.
I limiti posti dall'art. 16, lett. m) cit. alla competenza
professionale dei geometri:
a) rispondono ad una scelta inequivoca del legislatore,
dettata da evidenti ragioni di pubblico interesse, che
lascia all'interprete ristretti margini di discrezionalità,
attinenti alla valutazione dei requisiti della modestia
della costruzione, della non necessità di complesse
operazioni di calcolo e dell'assenza di implicazioni per la
pubblica incolumità;
b) indicano, di contro, un preciso requisito, ovverosia la
natura di annesso agricolo dei manufatti, per le opere
eccezionalmente progettabili dai predetti tecnici anche nei
casi di impiego di cemento armato.
E’ pertanto esclusa la possibilità di un'interpretazione
estensiva o "evolutiva" di tale disposizione, che, in quanto
norma eccezionale, non si presta ad applicazione analogica,
non potendosi pervenire ad una diversa conclusione neppure
in virtù delle norme -art. 2, l. 05.11.1971, n. 1086,
e art. 17, l. 02.02.1974, n. 64- che disciplinano le
costruzioni in cemento armato e quelle in zone sismiche, in
quanto le stesse richiamano i limiti delle competenze
professionali stabiliti per i geometri dalla vigente
normativa professionale.
Il criterio per accertare se una costruzione sia da
considerare modesta -e quindi se la sua progettazione
rientri nella competenza professionale dei geometri-
consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la
progettazione e l'esecuzione dell'opera comportano e le
capacità occorrenti per superarle; a questo fine, mentre non
è decisivo il mancato uso del cemento armato (ben potendo
anche una costruzione "non modesta" essere realizzata senza
di esso), assume significativa rilevanza il fatto che la
costruzione sorga in zona sismica, con conseguente
assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa
di cui alla l. n. 64 cit., la quale impone calcoli complessi
che esulano dalle competenze professionali dei geometri.
E' stata inoltre esclusa l'illegittimità e quindi la disapplicabilità delle disposizioni dettate dall'art. 16
r.d. 274/1929, avente natura regolamentare, il quale non
contrasta con norme costituzionali o ordinarie, essendo
aderente ai criteri della disposizione legislativa cui ha
dato attuazione (l'art. 7 l. 24.06.1923, n. 1395) e
comportando una razionale delimitazione delle attività
professionali consentite ai geometri, in rapporto alla loro
preparazione.
In ordine alle prestazioni ulteriori (comprese in astratto
nella competenza dei geometri, affidate loro insieme con
quella della progettazione di costruzioni civili in cemento
armato), si estende -o meno- la nullità del contratto,
secondo che siano strumentalmente connesse con
l'edificazione e implichino la soluzione di problemi tecnici
di particolare difficoltà, come la redazione di un piano di
lottizzazione, oppure siano autonome e distinte dalla
realizzazione delle strutture in cemento armato, come
l'individuazione dei confini di proprietà, la costituzione
di servitù, lo svolgimento di pratiche amministrative.".
Anche secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione
l’art. 16 del r.d. 11.02.1929, n. 274, ammette la
competenza dei geometri per quanto riguarda le costruzioni
in cemento armato solo relativamente a opere con
destinazione agricola, che non comportino pericolo per
l’incolumità delle persone, mentre per le costruzioni
civili, che adottino strutture in cemento armato, sia pure
modeste, ogni competenza è riservata, ai sensi del r.d. 16.11.1939, n. 2229, agli ingegneri e agli architetti
iscritti all’albo, senza che nulla sia stato modificato
dalle leggi 05.11.1971, n. 1086, e 02.02.1974, n.
64 (Cass. civ., sez. II, 02.09.2011, n. 18038), con
conseguente nullità del contratto d’opera professionale
intercorso con un geometra, che abbia avuto ad oggetto una
costruzione per civile abitazione, il cui progetto abbia
richiesto l’adozione anche parziale dei calcoli in cemento
armato (Cass. civ., sez. II, 25.05.2007, n. 12193; 26.07.2006, n. 17028; 25.05.2007).
5.3. In ordine alla legittimazione ad agire degli ordini
professionali, la giurisprudenza ha più volte affermato che
essi sono legittimati ad agire per la tutela di posizioni
soggettive proprie o di interessi unitari della collettività
da loro istituzionalmente espressa, nel secondo caso potendo
sia reagire alla violazione delle norme poste a tutela della
professione, sia perseguire vantaggi, anche strumentali,
riferibili alla sfera della categoria nel suo insieme (Cons.
St., sez. V, 12.08.2011, n. 4776; Cons. Stato, sez. V,
18.12.2009, n. 8404, e 07.03.2001, n. 1339; Sez. VI,
22.09.2004 n. 6185), con il solo limite derivante dal
divieto di occuparsi di questioni relative ad attività non
soggette alla disciplina o potestà degli ordini medesimi,
aggiungendo che sussiste, in particolare, in capo all'ordine
professionale di appartenenza l'interesse all'impugnazione
di un diniego al rilascio di un permesso di costruire,
motivato in base alla presunta incompetenza del progettista,
dal momento che è apprezzabile la perdurante lesività
dell'atto stesso per il credito, il prestigio e
l'estimazione sociale della parte ricorrente (Cons. St.,
sez. V, 30.09.2013, n. 4854),
6. Sulla base dei delineati indirizzi giurisprudenziali, dai
quali non vi è ragione di discostarsi, i motivi dell’appello
principale sono fondati.
6.1. Sussiste innanzitutto il dedotto vizio di incompetenza
da cui è affetta la delibera impugnata, giacché, come
rilevato nel paragrafo 5.1. gli enti locali non hanno alcun
potere normativo, neppure a livello regolamentare, nella
materia disciplinare.
Al riguardo deve rilevarsi che, diversamente da quanto
ritenuto dai primi giudici ed è stato sostenuto dalle difese
del Comune di Torri del Benaco e del Collegio dei geometri e
dei geometri laureati della provincia di Verone, oltre che
dal Consiglio nazionale dei geometri e dei geometri
laureati, la delibera impugnata non impartisce affatto ai
competenti uffici comunali alcune ‘mere direttive interne di
natura organizzativa’, volte ad agevolare e semplificare,
nel rispetto delle vigenti disposizioni normative di rango
legislativo, l’istruttoria delle richieste di titoli edilizi
ed il loro sollecito rilascio, incidendo invece,
limitatamente al campo dell’attività edilizia, proprio sulla
disciplina delle professioni di geometra ed ingegnere.
In tal senso è significativo non solo che, come si legge
dalla motivazione della predetta delibera, la sua emanazione
trova origine nell’annosa contrapposizione tra i rispettivi
ordini professionali interessati in ordine alla corretta
individuazione della rispettiva competenza sui progetti di
opere edili, per quanto l’amministrazione sul dichiarato (ma
errato, sulla scorta di quanto osservato al punto 5.2.)
presupposto che “…nel quadro normativo vigente nessun
provvedimento normativo espresso riserva in favore degli
ingegneri ed architetti iscritti nei relativi albi
professionali la progettazione di costruzioni civili con
strutture di cemento armato” e sull’altrettanto errato
presupposto (su cui infra par. 6.2.) dell’abrogazione del
r.d. 16.11.1939, n. 2229, da parte del d.lgs. 13.12.2010, n. 212, finisce col disciplinare
autonomamente (nell’apparente forma di direttiva agli
uffici) i limiti della competenza dei geometri in materia
edilizia, facendovi rientrare “la progettazione e direzione
di modeste costruzioni almeno fino a mc. 1.500, adottando
quindi il criterio tecnico–qualitativo in relazione alle
caratteristiche dell’opera da realizzare che deve avere
caratteristiche strutturali semplici con moduli ripetitivi,
sia pur con la presenza del cemento armato, che non
richiedano competenze tecniche, particolari e specifiche,
riservate per legge ad un diverso professionista”, così
sostituendosi inammissibilmente al legislatore statale
nell’esercizio di un potere di cui essa non è titolare,
neppure nell’ipotesi in cui fosse effettivamente esistito un
vuoto normativo (evenienza che non ricorre).
Tali osservazioni rendono prive di rilevanza le deduzioni
delle parti appellate sul preteso carattere non vincolante
delle predette direttive, dovendosi precisare, per un verso,
che a condividere il loro asserito carattere non vincolante
per gli uffici comunali non sarebbe neppure comprensibile la
necessità e l’opportunità della loro emanazione (venendo
meno la stessa finalità di semplificazione e chiarimento cui
sarebbero state ispirate), e per altro verso che la
violazione di una direttiva da parte degli uffici è quanto
meno possibile fonte di una responsabilità disciplinare per
i funzionari cui le stesse sono impartite e
contemporaneamente può rendere invalido l’atto adottato
sotto il profilo dell’eccesso di potere.
6.2. Sussiste poi anche la dedotta violazione dell’articolo
16 del r.d. n. 274 del 1929, che individua l’oggetto ed i
limiti dell’esercizio della professione di geometra, potendo
al riguardo rinviarsi alle osservazioni già svolte al par.
5.2. e dovendo ancora aggiungersi che “i limiti posti
dall’art. 16, lett. m), del r.d. 11.02.1929, n. 274,
alla competenza professionale dei geometri rispondono ad una
scelta inequivoca del legislatore, dettata da evidenti
ragioni di pubblico interesse, che lascia all’interprete
ristretti margini di discrezionalità, attinenti alla
valutazione dei requisiti della modestia della costruzione,
della non necessità di complesse operazioni di calcolo e
dall’assenza di implicazioni per la pubblica incolumità,
indicando invece un preciso requisito ovverosia la natura di
annesso agricolo dei manufatti, per le opere eccezionalmente
progettabili dai predetti tecnici anche nei casi di impiego
di cemento armato. E’ pertanto esclusa la possibilità di
un’interpretazione estensiva o “evolutiva” di tale
disposizione, che, in quanto norma eccezionale, non si
presta ad applicazione analogica, non potendo pervenire ad
una diversa conclusione neppure in virtù delle norme –art.
2 l. 05.11.1971, n. 1086, e art. 17 l. 02.02.1974,
n. 64– che disciplinano le costruzioni in cemento armato e
quelle in zone sismiche, in quanto le stesse richiamano i
limiti delle competenze professionali stabiliti per i
geometri della vigente normativa professionale” (Cass. civ.,
sez. II, 07.09.2009, n. 19292).
Ciò rende irrilevante, diversamente da quanto ritenuto dai
primi giudici, la disposta abrogazione del r.d. n. 2229 del
1929, dal momento che essa è stata disposta dal D.Lgs.
13.12.2010, n. 212, in attuazione del meccanismo legislativo
introdotto dalla legge n. 246 del 2005 volto alla riduzione
del numero delle legge presenti nell’ordinamento (c.d.
taglia leggi), senza che perciò da detta abrogazione possa
ricavarsi una sia pur implicita intenzione del legislatore
di equiparare, quanto all’attività edilizia, le competenze
dei geometri e quelli degli ingegneri (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 23.02.2015 n. 883 - link a
www.giustizia-amminitrativa.it). |
gennaio 2015 |
|
COMPETENZE PROGETTUALI: Nel
caso in cui l’Amministrazione, nell’indire la gara pubblica
per l’affidamento dell’incarico di progettazione esecutiva
finalizzato al restauro di un fabbricato di rilevante valore
storico ed artistico, abbia espressamente richiesto, in
considerazione della specifica natura dei beni oggetto di
restauro e del carattere assolutamente prevalente
dell’intervento artistico e di restauro rispetto alle parti
tecniche, come requisito di partecipazione alla gara che i
professionisti incaricati di redigere il progetto fossero
esclusivamente architetti, è illegittimo il provvedimento
che il suddetto incarico assegna ad un ingegnere essendo
irrilevante, a fronte di una valutazione, poi trasfusa nella
“lex specialis” a cui si è autovincolata, il richiamo negli
scritti difensivi all’art. 52, comma 2, r.d. 23.10.1925 n.
2537, nella parte in cui stabilisce che le opere di edilizia
civile, che presentano rilevante carattere artistico, ed il
restauro ed il ripristino degli edifici contemplati dalla l.
20.06.1909, n. 364, per l’antichità e le belle arti, sono di
spettanza della professione di architetto, ma la parte
tecnica ne può essere compiuta tanto dall’architetto quanto
dall’ingegnere, rendendo quindi possibile la partecipazione
anche di questi ultimi per il profilo tecnico.
Dalla massima testé citata, e al netto delle differenze
fattuali, riferibili a quella fattispecie concreta, si
ricava che quanto la stazione appaltante si sia
autovincolata al rispetto delle competenze specifiche di
architetti e ingegneri, secondo il R.D. 2537/1925, “è
illegittimo il provvedimento che il suddetto incarico
assegna ad un ingegnere essendo irrilevante (…) il richiamo
(…) all’art. 52, comma 2, r.d. 23.10.1925 n. 2537, nella
parte in cui (…) la parte tecnica ne può essere compiuta
tanto dall’architetto quanto dall’ingegnere”.
Poco conta, secondo il Tribunale, che in quella fattispecie
concreta si vertesse dell’affidamento della progettazione
esecutiva, per il restauro di un immobile vincolato, e
nell’appalto “de quo”, della presentazione di un progetto
migliorativo (ma, pur sempre, afferente un immobile di tal
genere), con attribuzione di punteggio, nell’ambito di una
gara condotta con il criterio dell’offerta economicamente
più vantaggiosa; quel che conta è, invece, che si sia, o
meno, in presenza di un bando, che espressamente si conforma
alla diversificazione di tali competenze, secondo la legge
professionale, con conseguente autovincolo della stazione
appaltante (tale è il caso, per l’appunto, che si verifica
nella specie).
Ancora più stringente, in tale direzione, la massima
seguente, secondo la quale: “Dal disposto dell’art. 52, r.d.
n. 2537/1925, si evince che la riserva di competenza degli
architetti sussiste per ogni tipologia di intervento su
immobili gravati da vincolo storico e artistico, ad
eccezione delle attività propriamente tecniche di edilizia
civile per le quali lo stesso art. 52 prevede la competenza
anche degli ingegneri; la competenza degli architetti, poi,
si estende anche agli interventi realizzati su immobili non
assoggettati a vincolo storico e artistico quando presentino
un rilevante interesse artistico”; si tenga pure presente,
“a contrario”, la decisione seguente: “Nel caso in cui un
fabbricato oggetto di appalto non sia soggetto al vincolo di
cui alla l. 01.06.1939 n. 1089, gli elaborati progettuali,
relativi al suo restauro, non devono essere necessariamente
sottoscritti da un architetto”.
---------------
Il progetto migliorativo dell’intervento in oggetto–
prevedendo consistenti opere di ripristino, oltre che di
manutenzione straordinaria del bene culturale (se non
proprio di restauro)– doveva essere, necessariamente,
sottoscritto da un architetto, ai sensi dell’art. 52 del
R.D. 2537/1925 (come del resto stabilito, a pena
d’esclusione, dal bando di gara).
Quand’anche, obliterando quanto sopra osservato, si volesse
concludere nel senso, restrittivo, della natura di opere di
mera manutenzione straordinaria degli interventi
migliorativi “de quibus”, non per questo ne deriverebbe,
secondo quanto opinato dalla difesa del Comune, il
superamento della causa d’esclusione dalla gara
dell’aggiudicataria, di cui sopra.
Si consideri, a tale proposito, la massima che segue: “La
riserva di competenza in favore degli architetti ex art. 52
r.d. n. 2537 del 23.10.1925, (“Regolamento per le
professioni di ingegnere e di architetto”) non può essere
negata solo per il fatto che i lavori da appaltare
consistano in un mero intervento di recupero e manutenzione
straordinaria, e non di restauro in senso stretto, non
essendovi ragioni per escludere tali tipologie di intervento
da quelle riservate alla competenza degli architetti, tenuto
anche conto che la norma in questione contempla in maniera
generica le attività di restauro e ripristino”.
In parte motiva, la suddetta decisione reca l’ulteriore,
importante, precisazione: “(…) La terminologia utilizzata
dal legislatore del 1925 deve quindi essere considerata in
senso atecnico, e non può essere riferita alle specifiche
categorie di interventi sul patrimonio edilizio esistente
poi codificate dall’art. 31 della legge 05.08.1978, n. 457 e
oggi recepite nell’art. 3 del DPR 06.06.2001, n. 380.
L’espressione “restauro e ripristino” va quindi intesa in
senso omnicomprensivo, come relativa a qualsiasi attività di
recupero di una struttura edilizia che presenti peculiari
caratteri storico–artistici”.
Del resto, una delle massime, ricavate dalla sentenza del
Consiglio di Stato, Sez. VI, dell’11/09/2006, n. 5239,
richiamata, quale precedente, in quella del Consiglio di
Stato – Sez. VI, del 09/01/2014, n. 21, assunta dalla
stazione appaltante quale decisiva ragione di rigetto delle
doglianze sollevate, in corso di gara, dalla ricorrente,
prevede: “La ripartizione delle competenze professionali tra
architetto e ingegnere, delineata nell’art. 52 r.d. n. 2537
del 1925, deve considerarsi applicabile, garantendo che la
progettazione dell’intervento edilizio su immobili di
interesse storico–artistico sia affidata a professionisti
dotati di una specifica preparazione nel campo delle arti e
di un’adeguata formazione umanistica”.
Infine, “ad abundantiam”, s’osserva che nella recentissima
decisione del TAR Veneto, Sez. I, del 03/06/2014, n. 743,
s’è concluso, significativamente, nei termini seguenti: “In
relazione alla disciplina normativa italiana che riserva ai
soli architetti le prestazioni principali sugli immobili di
interesse culturale, l’art. 52 del r.d. n. 2537 del 1925
(regolamento delle professioni di ingegnere e architetto)
non determina –in danno degli ingegneri italiani nei
confronti di ingegneri di un qualunque altro Paese
dell’Unione Europea– un fenomeno di “discriminazione alla
rovescia”: infatti, l’ordinamento comunitario non riconosce
a tutti gli ingegneri di Paesi dell’UE diversi dall’Italia
(con esclusione dei soli ingegneri italiani)
l’indiscriminato esercizio delle attività tipiche della
professione di architetto (tra cui le attività relative ad
immobili di interesse storico–artistico), ma, al contrario,
giusta la normativa comunitaria, l’esercizio di tali
attività –in regime di mutuo riconoscimento– sarà consentito
ai soli professionisti che (al di là del “nomen iuris” del
titolo posseduto) possano vantare un percorso formativo
adeguatamente finalizzato all’esercizio delle attività
tipiche della professione di architetto; pertanto, anche
volendo ammettere che un professionista non italiano con
titolo di ingegnere sia legittimato, in base alla normativa
del paese d’origine, a svolgere attività rientranti tra
quelle abitualmente esercitate con il titolo di architetto,
ciò non è sufficiente a determinare “ex se” una
“discriminazione alla rovescia”, atteso che, in forza della
direttiva 85/384/Cee, l’esercizio di tali attività sarà
possibile (non sulla base del mero possesso del titolo di
ingegnere, ma) in quanto tale professionista non italiano
avrà seguito un percorso formativo adeguato ai fini
dell’esercizio delle attività abitualmente esercitate con il
titolo di architetto (nella fattispecie, relativa alla
procedura di affidamento della progettazione preliminare,
definitiva ed esecutiva e direzione lavori ristrutturazione
di un fabbricato comunale ex museo, <il collegio ha concluso
che un ingegnere non avrebbe potuto partecipare alla
procedura per mancanza del requisito consistente nel
possesso del titolo di architetto>)”.
Conviene, quindi, analizzare l’art. 52 del R. D. n.
2357/1925 (“Approvazione del regolamento per le professioni
d’ingegnere e di architetto”), del seguente testuale tenore:
“Formano oggetto tanto della professione di ingegnere quanto
di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché
i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad esse
relative. <Tuttavia le opere di edilizia civile che
presentano rilevante carattere artistico ed il restauro e il
ripristino degli edifici contemplati dalla L. 20.06.1909, n. 364 (poi, l.
01.06.1939, n. 1089, abrogata
dall’art. 166 del D.Lgs. 29.10.1999, n. 490, a sua volta
abrogato dall’art. 184, D.Lgs. 22.01.2004, n. 42), per
l’antichità e le belle arti, sono di spettanza della
professione di architetto>; ma la parte tecnica ne può
essere compiuta tanto dall’architetto quanto
dall’ingegnere”.
Con la prima e la seconda censura dell’atto introduttivo del
giudizio, le quali si prestano, per analogia di materia, ad
essere esaminate congiuntamente, la ricorrente ha denunziato
come, per effetto della sottoscrizione del progetto
migliorativo dell’offerta tecnica, da parte di un ingegnere,
anziché di un architetto (circostanza, incontestata tra le
parti, e ricavabile, del resto, “ictu oculi” dalla lettura
della copia del progetto in questione, in atti), la
controinteressata–aggiudicataria dovesse:
a) essere
estromessa dall’appalto, per non aver rispettato la
prescrizione di gara, dettata, espressamente, “a pena di
esclusione”, che richiedeva, mercé il riferimento alle
competenze, disegnate nel R.D. 2537/1925, la sottoscrizione
del progetto in questione, concernente immobili vincolati,
d’interesse storico–artistico, da un architetto, anziché
da un ingegnere;
b) a tutto concedere, in ogni caso, la non
attribuzione di alcun punteggio, alla controinteressata, per
l’offerta tecnica (anziché i 50 punti, invece assegnati
dalla Commissione), con corrispondente decremento del
punteggio complessivo raggiunto ed aggiudicazione della gara
alla medesima ricorrente, a quel punto prima graduata.
La censura, come si diceva sopra, è fondata.
Lo testimonia l’analisi della giurisprudenza, nella quale si
rinviene la seguente, rilevante, affermazione di principio:
“Nel caso in cui l’Amministrazione, nell’indire la gara
pubblica per l’affidamento dell’incarico di progettazione
esecutiva finalizzato al restauro di un fabbricato di
rilevante valore storico ed artistico, abbia espressamente
richiesto, in considerazione della specifica natura dei beni
oggetto di restauro e del carattere assolutamente prevalente
dell’intervento artistico e di restauro rispetto alle parti
tecniche, come requisito di partecipazione alla gara che i
professionisti incaricati di redigere il progetto fossero
esclusivamente architetti, è illegittimo il provvedimento
che il suddetto incarico assegna ad un ingegnere essendo
irrilevante, a fronte di una valutazione, poi trasfusa nella
“lex specialis” a cui si è autovincolata, il richiamo negli
scritti difensivi all’art. 52, comma 2, r.d. 23.10.1925
n. 2537, nella parte in cui stabilisce che le opere di
edilizia civile, che presentano rilevante carattere
artistico, ed il restauro ed il ripristino degli edifici
contemplati dalla l. 20.06.1909, n. 364, per l’antichità
e le belle arti, sono di spettanza della professione di
architetto, ma la parte tecnica ne può essere compiuta tanto
dall’architetto quanto dall’ingegnere, rendendo quindi
possibile la partecipazione anche di questi ultimi per il
profilo tecnico” (Consiglio di Stato – Sez. V, 07/11/2011, n.
5883).
Dalla massima testé citata, e al netto delle differenze
fattuali, riferibili a quella fattispecie concreta, si
ricava che quanto la stazione appaltante si sia
autovincolata al rispetto delle competenze specifiche di
architetti e ingegneri, secondo il R.D. 2537/1925, “è
illegittimo il provvedimento che il suddetto incarico
assegna ad un ingegnere essendo irrilevante (…) il richiamo
(…) all’art. 52, comma 2, r.d. 23.10.1925 n. 2537, nella
parte in cui (…) la parte tecnica ne può essere compiuta
tanto dall’architetto quanto dall’ingegnere”.
Poco conta, secondo il Tribunale, che in quella fattispecie
concreta si vertesse dell’affidamento della progettazione
esecutiva, per il restauro di un immobile vincolato, e
nell’appalto “de quo”, della presentazione di un progetto
migliorativo (ma, pur sempre, afferente un immobile di tal
genere), con attribuzione di punteggio, nell’ambito di una
gara condotta con il criterio dell’offerta economicamente
più vantaggiosa; quel che conta è, invece, che si sia, o
meno, in presenza di un bando, che espressamente si conforma
alla diversificazione di tali competenze, secondo la legge
professionale, con conseguente autovincolo della stazione
appaltante (tale è il caso, per l’appunto, che si verifica
nella specie).
Ancora più stringente, in tale direzione, la massima
seguente, secondo la quale: “Dal disposto dell’art. 52, r.d. n. 2537/1925, si evince che la riserva di competenza
degli architetti sussiste per ogni tipologia di intervento
su immobili gravati da vincolo storico e artistico, ad
eccezione delle attività propriamente tecniche di edilizia
civile per le quali lo stesso art. 52 prevede la competenza
anche degli ingegneri; la competenza degli architetti, poi,
si estende anche agli interventi realizzati su immobili non
assoggettati a vincolo storico e artistico quando presentino
un rilevante interesse artistico” (TAR Lazio–Roma,
Sez. II, 17/10/2011, n. 7997); si tenga pure presente, “a
contrario”, la decisione seguente: “Nel caso in cui un
fabbricato oggetto di appalto non sia soggetto al vincolo di
cui alla l. 01.06.1939 n. 1089, gli elaborati
progettuali, relativi al suo restauro, non devono essere
necessariamente sottoscritti da un architetto” (Consiglio di
Stato, Sez. V, 10/09/2014, n. 4595).
Il richiamo alle massime che precedono –e, segnatamente,
alla prima– consente di ritenere prive di pregio le vivaci
contestazioni della difesa della stazione appaltante e della controinteressata, fondate sulla ricorrente affermazione
della giurisprudenza, secondo la quale: “Ai sensi dell’art.
52, comma 2 r.d. 23.10.1925 n. 2537 (“Regolamento per
le professioni di ingegnere e di architetto”), non la
totalità degli interventi concernenti gli immobili di
interesse storico e artistico deve essere affidata alla
specifica professionalità dell’architetto, ma solo “le parti
di intervento di edilizia civile che riguardino scelte
culturali connesse alla maggiore preparazione accademica
conseguita dagli architetti nell’ambito del restauro e
risanamento degli immobili di interesse storico e
artistico”, restando invece nella competenza dell’ingegnere
civile la cd. parte tecnica, ossia “le attività progettuali
e di direzione dei lavori che riguardano l’edilizia civile
vera e propria” (Consiglio di Stato – Sez. VI, 09/01/2014, n.
21; conforme: TAR Sicilia–Catania, Sez. I,
27/01/2011, n. 187).
Sul punto, s’è sviluppato un serrato dibattito, sostenendosi
da parte della difesa del Comune e della controinteressata,
sia pur con diversità di accenti, sostanzialmente
l’inammissibilità e l’infondatezza dei primi due motivi di
censura, posto che si trattava soltanto d’interventi di
efficientamento energetico degli immobili vincolati “de quibus”; che le proposte migliorative erano state
circoscritte a specifici aspetti progettuali (quelli
riferiti in precedenza); che le opere migliorative di
conseguenza proposte si limitavano a “lavori impiantistici e
di natura squisitamente tecnica”, i quali non implicavano
“scelte culturali” di specifica competenza della professione
di architetto; ed ancora, che le prescrizioni della
Soprintendenza erano dirette esclusivamente al Comune, che
ne aveva debitamente tenuto conto, in sede di redazione del
progetto esecutivo dei lavori; le predette argomentazioni
erano oggetto d’ancor più ampio sviluppo, nell’ultima
memoria difensiva della stazione appaltante, la quale
concludeva, nel senso che gli interventi di efficientamento
energetico dei quali si tratta, lungi dal poter essere
compresi nella nozione di restauro, recupero o ripristino di
un bene di rilevante interesse culturale, rientravano
piuttosto nel concetto di manutenzione (ordinaria, o al più
straordinaria) degli immobili tutelati, con conseguente
impossibilità d’affermare la competenza esclusiva
dell’architetto, nella sottoscrizione della proposta tecnica
migliorativa in questione.
Dal canto suo, la ricorrente, con il supporto di relazione
tecnica di parte, ha osservato come l’aggiudicataria, con
l’offerta migliorativa, avesse previsto, tra l’altro, la
sostituzione degli infissi esterni, l’isolamento termico
mediante pannelli–sandwich, la realizzazione di un
isolamento termico a cappotto e interventi di isolamento
della copertura e capriata di progetto, ovvero opere “che
incidono in modo rilevante sul bene culturale”; e, con la
memoria di replica, da ultimo depositata, ha sostenuto, al
contrario di quanto assunto dalle avverse difese, come
rientrassero nella nozione di restauro, e, ancor più, di
ripristino, tutti gli interventi eseguiti sul bene
culturale, tanto più che erano previste demolizioni, e s’è
soffermata in particolare –quanto alle migliorie proposte
dall’aggiudicataria– sull’installazione di infissi, diversi
da quelli previsti nel progetto esecutivo e di finestre con
parti in alluminio anziché in legno, nonché sulla
demolizione di tutte le pareti esterne per uno spessore di 7
cm., al fine di realizzare l’isolamento termico, mediante
l’installazione di pannelli–sandwich, nonché sulla
rimozione del pavimento e della struttura sottostante, per
circa 11 cm., implicata dalla creazione dell’impianto di
riscaldamento; sull’integrale demolizione del tetto di
copertura, e il successivo ripristino dello stesso, al fine
di garantire l’isolamento della copertura medesima e della
capriata, per di più con installazione di pannelli
fotovoltaici sul tetto, tutti interventi, in definitiva,
atti a modificare sensibilmente l’aspetto esterno degli
immobili vincolati, come tali richiedenti l’effettuazione di
ben precise scelte culturali, riservate per legge alla
professione di architetto, in virtù della specifica
competenza acquisita, nel corso degli studi universitari,
circa tali specifici aspetti.
Orbene, a fronte di tali ultime notazioni (e tenuto conto,
altresì, di quanto sopra osservato, circa l’autovincolo,
imposto dalla stazione appaltante alle proprie scelte di
natura discrezionale –valutativa, mercé l’esplicito
richiamo alla legge professionale del 1925), si deve
concludere, nel senso che il progetto migliorativo
dell’intervento in oggetto– prevedendo consistenti opere di
ripristino, oltre che di manutenzione straordinaria del bene
culturale (se non proprio di restauro)– dovesse essere,
necessariamente, sottoscritto da un architetto, ai sensi
dell’art. 52 del R.D. 2537/1925 (come del resto stabilito,
a pena d’esclusione, dal bando di gara).
Con l’importante, ulteriore, osservazione che quand’anche,
obliterando quanto sopra osservato, si volesse concludere
nel senso, restrittivo, della natura di opere di mera
manutenzione straordinaria degli interventi migliorativi “de quibus”, non per questo ne deriverebbe, secondo quanto
opinato dalla difesa del Comune, il superamento della causa
d’esclusione dalla gara dell’aggiudicataria, di cui sopra.
Si consideri, a tale proposito, la massima che segue: “La
riserva di competenza in favore degli architetti ex art. 52
r.d. n. 2537 del 23.10.1925, (“Regolamento per le
professioni di ingegnere e di architetto”) non può essere
negata solo per il fatto che i lavori da appaltare
consistano in un mero intervento di recupero e manutenzione
straordinaria, e non di restauro in senso stretto, non
essendovi ragioni per escludere tali tipologie di intervento
da quelle riservate alla competenza degli architetti, tenuto
anche conto che la norma in questione contempla in maniera
generica le attività di restauro e ripristino” (TAR
Sardegna, Sez. I, 24/10/2009, n. 1559).
In parte motiva, la suddetta decisione reca l’ulteriore,
importante, precisazione: “(…) La terminologia utilizzata
dal legislatore del 1925 deve quindi essere considerata in
senso atecnico, e non può essere riferita alle specifiche
categorie di interventi sul patrimonio edilizio esistente
poi codificate dall’art. 31 della legge 05.08.1978, n.
457 e oggi recepite nell’art. 3 del DPR 06.06.2001,
n. 380. L’espressione “restauro e ripristino” va quindi
intesa in senso omnicomprensivo, come relativa a qualsiasi
attività di recupero di una struttura edilizia che presenti
peculiari caratteri storico–artistici”.
Del resto, una delle massime, ricavate dalla sentenza del
Consiglio di Stato, Sez. VI, dell’11/09/2006, n. 5239,
richiamata, quale precedente, in quella del Consiglio di
Stato – Sez. VI, del 09/01/2014, n. 21, assunta dalla
stazione appaltante quale decisiva ragione di rigetto delle
doglianze sollevate, in corso di gara, dalla ricorrente
(cfr. il citato verbale della Commissione di gara, n. 6 del
03.09.2014, nonché il rigetto del preavviso di ricorso,
presentato dalla stessa ricorrente, prot. n. 8178/2014/risc.
del 04.09.2014, a firma del RUP), prevede: “La
ripartizione delle competenze professionali tra architetto e
ingegnere, delineata nell’art. 52 r.d. n. 2537 del 1925,
deve considerarsi applicabile, garantendo che la
progettazione dell’intervento edilizio su immobili di
interesse storico–artistico sia affidata a professionisti
dotati di una specifica preparazione nel campo delle arti e
di un’adeguata formazione umanistica”.
Infine, “ad abundantiam”, s’osserva che nella recentissima
decisione del TAR Veneto, Sez. I, del 03/06/2014, n.
743, s’è concluso, significativamente, nei termini seguenti:
“In relazione alla disciplina normativa italiana che riserva
ai soli architetti le prestazioni principali sugli immobili
di interesse culturale, l’art. 52 del r.d. n. 2537 del 1925
(regolamento delle professioni di ingegnere e architetto)
non determina –in danno degli ingegneri italiani nei
confronti di ingegneri di un qualunque altro Paese
dell’Unione Europea– un fenomeno di “discriminazione alla
rovescia”: infatti, l’ordinamento comunitario non riconosce
a tutti gli ingegneri di Paesi dell’UE diversi dall’Italia
(con esclusione dei soli ingegneri italiani)
l’indiscriminato esercizio delle attività tipiche della
professione di architetto (tra cui le attività relative ad
immobili di interesse storico–artistico), ma, al
contrario, giusta la normativa comunitaria, l’esercizio di
tali attività –in regime di mutuo riconoscimento– sarà
consentito ai soli professionisti che (al di là del “nomen iuris” del titolo posseduto) possano vantare un percorso
formativo adeguatamente finalizzato all’esercizio delle
attività tipiche della professione di architetto; pertanto,
anche volendo ammettere che un professionista non italiano
con titolo di ingegnere sia legittimato, in base alla
normativa del paese d’origine, a svolgere attività
rientranti tra quelle abitualmente esercitate con il titolo
di architetto, ciò non è sufficiente a determinare “ex se”
una “discriminazione alla rovescia”, atteso che, in forza
della direttiva 85/384/Cee, l’esercizio di tali attività
sarà possibile (non sulla base del mero possesso del titolo
di ingegnere, ma) in quanto tale professionista non italiano
avrà seguito un percorso formativo adeguato ai fini
dell’esercizio delle attività abitualmente esercitate con il
titolo di architetto (nella fattispecie, relativa alla
procedura di affidamento della progettazione preliminare,
definitiva ed esecutiva e direzione lavori ristrutturazione
di un fabbricato comunale ex museo, <il collegio ha concluso
che un ingegnere non avrebbe potuto partecipare alla
procedura per mancanza del requisito consistente nel
possesso del titolo di architetto>)”.
L’accoglimento del ricorso, per i profili dianzi
evidenziati, con assorbimento (stante la natura dirimente
del vizio, riscontrato dal Collegio) d’ogni altra doglianza,
comporta l’annullamento dell’aggiudicazione definitiva,
disposta in favore della controinteressata, la quale doveva
essere esclusa dalla gara (e, comunque, non spettandole
alcun punteggio per le migliorie proposte, non si sarebbe
comunque classificata al primo posto della graduatoria,
giusta le considerazioni dianzi svolte); nonché, ex art. 122
c.p.a., la dichiarazione d’inefficacia del contratto, rep.
n. 6/2014 (cfr. l’all. 18 della memoria di costituzione del
Comune di Polla) –stipulato il 15.10.2014, tra il Comune e
la stessa controinteressata– ed il subentro della
ricorrente, seconda classificata, come da sua specifica
richiesta, nella stessa aggiudicazione e, di conseguenza,
nel contratto di cui sopra, stipulato ma (cfr. gli allegati
19 e 20 alla stessa memoria di costituzione del Comune), non
ancora portato ad esecuzione, per il sopravvenire del
decreto cautelare monocratico, con cui il Presidente della
Sezione ha accolto l’istanza, in tal senso rivolta dalla
ricorrente medesima (in giurisprudenza: “Il giudice
amministrativo, una volta che abbia annullata
l’aggiudicazione definitiva dell’appalto oggetto del
contendere, può ex art. 122 c. p.a. disporre il subentro
della ricorrente nel contratto, ma a condizione che il vizio
dell’aggiudicazione non comporti l’obbligo di rinnovare la
gara, la domanda di subentro sia stata proposta e lo stato
di esecuzione del contratto e la tipologia stessa del
contratto consentano tale subentro” –Consiglio di Stato –
Sez. V, 25/06/2014, n. 3220).
La tutela, in forma specifica, dell’interesse pretensivo
(all’aggiudicazione della gara e al subentro nel contratto),
della ricorrente, in tal modo apprestata, dal Collegio, in
suo favore (al decreto monocratico di cui sopra è, infatti,
seguita l’ordinanza cautelare, di conferma degli effetti del
medesimo, e, quindi, la pubblicazione, in data 04.12.2014,
del dispositivo con cui la presente causa è stata decisa)
determina, giusta l’orientamento costantemente seguito dalla
Sezione, il rigetto della domanda di risarcimento dei danni,
per equivalente monetario, dalla medesima ricorrente,
presentata in via subordinata, né risulta che siano stati
dedotti danni, ulteriori o diversi (cfr. anche, in
giurisprudenza, in senso conforme, la decisione del TAR
Lazio–Roma, Sez. II, del 19/10/2012, n. 8695, nonché la
specifica disciplina, dettata dall’art. 124, comma 1, c.p.a.: “L’accoglimento della domanda di conseguire
l’aggiudicazione e il contratto è comunque condizionato alla
dichiarazione di inefficacia del contratto ai sensi degli
articoli 121, comma 1, e 122. Se il giudice non dichiara
l’inefficacia del contratto dispone il risarcimento del
danno per equivalente, subito e provato”).
Quanto alla richiesta di condanna del Comune di Polla al
pagamento delle sanzioni pecuniarie, previste dall’art. 123
c.p.a., avanzata dal ricorrente, il Collegio ritiene che
essa non vada pronunziata, posto che, ai sensi dell’art. 121,
comma 4: “Nei casi in cui, nonostante le violazioni, il
contratto sia considerato efficace o l’inefficacia sia
temporalmente limitata si applicano le sanzioni alternative
di cui all’articolo 123”; ma non è questo il caso, essendo
stato il contratto, già stipulato, dichiarato inefficace;
del resto, l’art. 123 c.p.a., nell’individuare le sanzioni
alternative, da applicare alternativamente o
cumulativamente, di cui alle lett. a) e b), ne restringe,
espressamente, l’applicazione ai “casi di cui all’articolo
121, comma 4”; né pare che possa diversamente ritenersi, in
base al comma 3 dello stesso art. 123 c.p.a., secondo cui:
“Il giudice applica le sanzioni di cui al comma 1 anche
qualora il contratto è stato stipulato senza rispettare il
termine dilatorio stabilito per la stipulazione del
contratto, ovvero è stato stipulato senza rispettare la
sospensione della stipulazione derivante dalla proposizione
del ricorso giurisdizionale avverso l’aggiudicazione
definitiva, quando la violazione non abbia privato il
ricorrente della possibilità di avvalersi di mezzi di
ricorso prima della stipulazione del contratto e non abbia
influito sulle possibilità del ricorrente di ottenere
l’affidamento”, posto che il riferimento, in detta norma
contenuto, alle “sanzioni di cui al comma 1”, pare debba
ritenersi comprensivo anche della specifica limitazione,
delle stesse sanzioni, ai soli “casi di cui all’articolo
121, comma 4”, in detto art. 123, comma 1, prevista.
In giurisprudenza, cfr, le massime seguenti, nelle quali
l’applicazione delle sanzioni “de quibus“ viene sempre
esplicitamente ristretta ai soli casi in cui il contratto
sia, nonostante le violazioni, dichiarato efficace:
- “A
seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione, non va
dichiarata l’inefficacia del contratto stipulato
dall’aggiudicataria nel caso in cui ricorrano esigenze
imperative, incluse quelle imprescindibili di carattere
tecnico o di altro tipo (art. 121, comma 2, c.p.a.), fra le
quali devono ricomprendersi quelle connesse all’ipotesi in
cui, come nella specie, il contratto sia stato da tempo
eseguito e sia da tempo intervenuto il collaudo e l’utilizzo
della fornitura da parte dell’Amministrazione. Tuttavia, non
avendo l’Amministrazione rispettato il cosiddetto obbligo di stand still di cui all’art. 11, comma 10, d.lgs. n. 163 del
2006, va applicata –come previsto dall’art. 121, comma 4, c.p.a. ed in applicazione dei criteri di cui al successivo
art. 123– nei confronti della amministrazione la sanzione
alternativa di cui al medesimo art. 123” (TAR Sicilia–Catania, Sez. II, 11/11/2013, n. 2746);
- “La mancata
applicazione dell’art. 121, comma 1, del Codice, in presenza
della violazione del termine di cd. stand still, determina
in ogni caso –ai sensi del successivo comma 4–
l’applicazione delle sanzioni alternative di cui all’art.
123, come anche autonomamente confermato dal comma 3 del
medesimo art. 123. In proposito ritiene il Collegio che le
disposizioni richiamate introducano un automatismo che
assume un’impronta sanzionatoria, come questo Tribunale ha
già evidenziato nella propria precedente pronuncia in data
30.11.2011 n. 1673 (par. 10.1), non ritualmente
impugnata: <L’applicazione delle predette sanzioni deve
avvenire secondo quanto disposto dagli artt. 121, comma 4, e
123>. In base a questi ultimi quando, nonostante le
violazioni, <il contratto sia considerato efficace> il
giudice dispone (in via alternativa o cumulativa) il
pagamento di una sanzione pecuniaria da versare al bilancio
dello Stato di importo compreso tra lo 0,5 ed il 5 (%) del
valore del contratto e/o la riduzione della durata del
medesimo (da un minimo del 10 al massimo del 50 (%) della
durata residua)” (TAR Lombardia–Brescia – Sez. II,
25/06/2013, n. 610)
(TAR Campania-Salerno, Sez. I,
sentenza 13.01.2015 n. 149 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
dicembre 2014 |
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COMPETENZE PROGETTUALI:
Il criterio per accertare se la progettazione di
una costruzione rientri nella competenza professionale dei
geometri, ai sensi dell'art. 16 lett. m) r.d. 11.02.1929 n.
274, consiste, infatti, nel valutare le difficoltà tecniche
che la progettazione e l'esecuzione dell'opera comportano e
le capacità occorrenti per superarle.
La delimitazione della competenza dei geometri e geometri
laureati in tale materia va effettuata anche in base al
criterio economico e tecnico-qualitativo della modestia o
tenuità dell'opera, cosicché agli stessi è preclusa la
realizzazione di un complesso di opere che richieda una
visione di insieme, che ponga problemi di carattere
programmatorio, che imponga una valutazione complessiva di
una serie di situazioni la cui soluzione, sotto il profilo
tecnico, può incontrare difficoltà non facilmente superabili
con la competenza professionale dei medesimi professionisti.
---------------
L’inserimento dell’opera o dei lavori nel programma (o
elenco annuale) non dà luogo, per ciò stesso, alla
complessità nell’accezione di cui all’art. 16 del r.d. n.
274 del 1929, per la semplice ragione che ben può venire in
evidenza la presenza di opere di importo elevato (con
obbligo, pertanto, di inserimento nel programma o
nell’elenco) ma di modesta difficoltà quale può essere, di
regola, una semplice manutenzione anche straordinaria.
D’altronde, se da un lato è vero che l’obbligo per il
consiglio comunale di inserire i lavori nel programma
triennale o nell’elenco annuale assuma attualità qualora
l’opera superi l’importo di centomila euro, è pur vero -ciò
che smentisce ancor di più la necessaria correlazione tra
detto importo e complessità dell’intervento- che siffatto
valore altro non costituisce che la somma delle voci
dell’intero quadro economico di cui all’art. 16 del d.P.R.
n. 207 del 2010 (comprese, ad esempio, le somme a
disposizione dell’amministrazione, non del tutto
irrilevanti, inidonee in qualche modo a connotare le
caratteristiche dell’opera).
... per l'annullamento dell'avviso per l'espletamento di un’indagine di mercato
per l'affidamento di servizi tecnici, di cui all'articolo 91
del d.lgs 12.04.2006 n. 163 relativi ad edifici
scolastici indetto dall'Area gestione del territorio del
Comune di Palermo, nella parte in cui agli artt. 1 e 4
esclude la partecipazione dei geometri e dei geometri
laureati;
...
5.- Il ricorso, poiché fondato nei termini di seguito
specificati, deve essere accolto.
6.- La scelta del Comune di Palermo, che, come s’è detto, ha
escluso i geometri ed i geometri laureati dal novero dei
soggetti ammessi ad esprimere la propria manifestazione
d’interesse sul potenziale conferimento «dei servizi tecnici
di cui all’art. 91» del d. lgs. n. 163 del 2006, si mostra
errata nel metodo e nel merito.
7.- La natura e la tipologia degli incarichi da conferirsi,
in assenza di una puntuale dimostrazione che, in effetti,
tutti gli interventi diano luogo a quella particolare
complessità dalla quale far discendere l’impossibilità di
affidarli ai geometri e geometri laureati, obiettivamente
non giustifica, quantomeno per le modalità con cui è stata
pensata, sul piano delle regole di concorrenza e di parità
di trattamento, l’esclusione di siffatta categoria di
professionisti dalla possibilità di manifestare il relativo
interesse alla procedura.
Al di là della non proprio perspicua indicazione dell’avviso
sull’oggetto delle prestazioni, il quale (vedasi l’oggetto e
l’art. 2, comma 1), da un lato, mira a sollecitare la
manifestazione di disponibilità per il conferimento di
futuri incarichi «di servizi tecnici di cui all’art. 91 del d.lgs. n. 163 del 2006» (e non già di soli incarichi di
progettazione, come invece ritenuto dalla difesa del Comune,
cfr. pag. 3, par. 5, della memoria) e, per altro verso,
richiama interventi di «carattere edilizio, impiantistico e
strutturale» (art. 1), va osservato che l’importo della
prestazione professionale (recte: del servizio) non può
costituire sinonimo di complessità (o non complessità) degli
interventi che della stessa costituiscono oggetto, da cui
deriverebbe l’ipotetica delimitazione, sul versante
soggettivo, delle categorie professionali ammesse.
Nel caso di specie, il tenore dell’avviso induce a ritenere
che i lavori non siano esclusivamente caratterizzati da
interventi strutturali per i quali, in taluni casi (e non
sempre) potrebbe ipotizzarsi un’assenza di competenze dei
geometri: l’avviso fa, invero, riferimento anche a lavori di
manutenzione straordinaria e di edilizia per i quali detta
competenza non può astrattamente escludersi, a meno che la
concreta connotazione dell’intervento non lo imponga.
Il criterio per accertare se la progettazione di una
costruzione rientri nella competenza professionale dei
geometri, ai sensi dell'art. 16 lett. m) r.d. 11.02.1929 n. 274, consiste, infatti, nel valutare le difficoltà
tecniche che la progettazione e l'esecuzione dell'opera
comportano e le capacità occorrenti per superarle. La
delimitazione della competenza dei geometri e geometri
laureati in tale materia va effettuata anche in base al
criterio economico e tecnico-qualitativo della modestia o
tenuità dell'opera, cosicché agli stessi è preclusa la
realizzazione di un complesso di opere che richieda una
visione di insieme, che ponga problemi di carattere programmatorio, che imponga una valutazione complessiva di
una serie di situazioni la cui soluzione, sotto il profilo
tecnico, può incontrare difficoltà non facilmente superabili
con la competenza professionale dei medesimi professionisti.
Il Comune, benché abbia esattamente individuato gli
interventi da rendere oggetto dei servizi di che trattasi
(considerato che gli stessi sarebbero stati inseriti negli
strumenti di programmazione), non ha affatto offerto
elementi idonei a giustificare l’esclusione dei geometri e
geometri laureati dalla procedura.
In tal senso, la scelta della civica amministrazione deve
essere giudicata non conforme a canoni di buona
amministrazione considerato, peraltro, che ove fosse venuto
in rilievo un intervento escluso dalla «competenza» dei
geometri, gli uffici ben avrebbero potuto disporre, in
ipotesi, successivamente, l’espulsione di siffatti
professionisti dal novero dei soggetti da ammettere (non già
alla manifestazione di interesse ma) al sorteggio previsto
dallo stesso avviso. Esclusione, questa, che, ovviamente,
non avrebbe potuto prescindere dalla valutazione delle
specifiche e concrete caratteristiche dell’intervento da
realizzare, senza precludere, ab origine ed in via del tutto
astratta, l’ammissione dei predetti soggetti alla predetta
fase di manifestazione di interesse.
A diverse conclusioni non può condurre l’affermazione della
difesa comunale, avente valore meramente assertivo poiché
non supportata da nessun elemento idoneo a smentire le
affermazioni di parte ricorrente, secondo cui tutti gli
interventi di progettazione contemplerebbero l’adeguamento
antisismico degli edifici: un espresso, esclusivo e
specifico riferimento a tale categoria di interventi non è
dato rinvenirsi né nell’avviso pubblico (il quale si limita
genericamente a richiamare, tra gli altri, gli interventi
«strutturali» che, peraltro, non necessariamente
ricomprendono misure antisismiche) né nel novero
dell’esperienza curriculare richiesta ai professionisti,
che, per il vero, punta l’attenzione, tra le altre, sulle
esperienze di tema di adeguamento alla normativa di igiene,
sicurezza ex d.lgs. n. 81 del 2008 ed agibilità di edifici
scolastici.
Sotto altro profilo, lo stesso asserito inserimento delle
opere nel programma triennale dei lavori pubblici,
circostanza alla quale la difesa del Comune di Palermo
correla la complessità delle stesse e la (necessaria)
susseguente impossibilità per i geometri e geometri laureati
di essere chiamati allo svolgimento delle attività di cui
trattasi, non infirma quanto finora detto. L’inserimento
dell’opera o dei lavori nel predetto programma (o elenco
annuale) non dà luogo, per ciò stesso, alla complessità
nell’accezione di cui all’art. 16 del r.d. n. 274 del 1929,
per la semplice ragione che ben può venire in evidenza la
presenza di opere di importo elevato (con obbligo, pertanto,
di inserimento nel programma o nell’elenco) ma di modesta
difficoltà quale può essere, di regola, una semplice
manutenzione anche straordinaria (cfr. TAR Piemonte,
sentenza n. 852 del 2007).
D’altronde, se da un lato è vero che l’obbligo per il
consiglio comunale di inserire i lavori nel programma
triennale o nell’elenco annuale assuma attualità qualora
l’opera superi l’importo di centomila euro, è pur vero -ciò
che smentisce ancor di più la necessaria correlazione tra
detto importo e complessità dell’intervento- che siffatto
valore altro non costituisce che la somma delle voci
dell’intero quadro economico di cui all’art. 16 del d.P.R.
n. 207 del 2010 (comprese, ad esempio, le somme a
disposizione dell’amministrazione, non del tutto
irrilevanti, inidonee in qualche modo a connotare le
caratteristiche dell’opera), così come previsto dall’art. 6
della l.r. n. 12 del 2011 nonché dal decreto
dell’Assessorato alle infrastrutture e mobilità della
Regione Siciliana n. 14/OSS del 10.08.2012 (ad oggetto
«procedura e schemi-tipo per la redazione del programma
triennale […] ai sensi dell'articolo 128 del decreto
legislativo 12.04.2006, n. 163 […] e degli articoli 13 e
271 del decreto del Presidente della Repubblica 05.10.2010, n. 207»).
8.- L’esclusione dei geometri e dei geometri laureati, alla
luce di quanto sopra esposto, siccome censurata dalla parte
ricorrente e nei termini in cui è stato voluto dal Comune di
Palermo, si pone in contrasto con i parametri normativi di
riferimento, sicché il ricorso va accolto con conseguente
annullamento dell’atto impugnato nei limiti della domanda,
ossia nella parte in cui l’impugnato avviso preclude a
siffatta categoria di professionisti di accedere alla fase
preliminare della procedura per cui è causa (TAR Sicilia-Palermo, Sez. III,
sentenza 22.12.2014 n. 3422 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI: Sulla
competenza progettuale dell'ingegnere relativamente ai
lavori di adeguamento alle norme di sicurezza di una scuola
media quale "bene monumentale”.
Nella progettazione esecutiva dei lavori
appaiono prevalenti le opere di impiantistica rispetto alle
opere civili vere e proprie, e queste ultime sembrano
afferire più propriamente ad attività riguardante l’edilizia
civile in senso stretto, che non l’edilizia di rilevante
carattere artistico, per la quale soltanto opera la riserva
di professione (architetto) contemplata dall’art. 52 del
r.d. n. 2537/1925.
Pertanto, gli interventi previsti sembrano rientrare tutti
nella sfera di competenze propria della figura professionale
dell’ingegnere.
Inoltre, la Soprintendenza si era già pronunciata in senso
favorevole alla realizzazione delle opere in argomento in
sede di parere sul progetto definitivo redatto dal solo
ingegnere, valutando le soluzioni progettuali previste per
l’esecuzione dei lavori come idonee e compatibili con la
rilevanza architettonica dell’immobile. Di talché la
Soprintendenza avrebbe dovuto motivare puntualmente in
ordine alle ragioni poste a fondamento del diverso
apprezzamento espresso oggi sulla compatibilità
dell’intervento con l’interesse affidato alla sue cure, e
non limitarsi a rilevare genericamente la mancata
applicazione del predetto art. 52.
----------------
... per l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia,
- del provvedimento della Soprintendenza di Messina prot. n.
4595/6 del 22.07.2014, con il quale non è stato reso il
parere di competenza sul progetto esecutivo relativo ai
lavori di adeguamento alle norme di sicurezza della Scuola
media Giuseppe Mazzini di Messina, “in quanto il progetto
è stato redatto esclusivamente dalla figura professionale
dell’ingegnere su bene monumentale”;
- ove occorra, della nota della stessa Soprintendenza prot.
n. 7202 dell'11.12.2013;
- della nota del Comune di Messina, prot. n. 216824 del
19.09.2014, con cui è stato dichiarato concluso l'incarico
di progettazione del ricorrente;
...
- Ritenuto che nella progettazione esecutiva dei lavori
appaiono prevalenti le opere di impiantistica rispetto alle
opere civili vere e proprie, e che queste ultime sembrano
afferire più propriamente ad attività riguardante l’edilizia
civile in senso stretto, che non l’edilizia di rilevante
carattere artistico, per la quale soltanto opera la riserva
di professione contemplata dall’art. 52 del r.d. n.
2537/1925;
- Ritenuto, pertanto, che gli interventi previsti sembrano
rientrare tutti nella sfera di competenze propria della
figura professionale dell’ingegnere;
- Rilevato, inoltre, che la Soprintendenza si era già
pronunciata in senso favorevole alla realizzazione delle
opere in argomento in sede di parere sul progetto definitivo
redatto dal solo ingegnere, valutando le soluzioni
progettuali previste per l’esecuzione dei lavori come idonee
e compatibili con la rilevanza architettonica dell’immobile
(nota 23.11.2005, in atti);
- Ritenuto, conseguentemente, che la Soprintendenza avrebbe
dovuto motivare puntualmente in ordine alle ragioni poste a
fondamento del diverso apprezzamento espresso oggi sulla
compatibilità dell’intervento con l’interesse affidato alla
sue cure, e non limitarsi a rilevare genericamente la
mancata applicazione del predetto art. 52;
- Ritenuto che sussiste, pertanto, il necessario “fumus”
di fondatezza e che, in presenza altresì del danno grave ed
irreparabile, occorre ordinare alla Soprintendenza di
riesaminare la fattispecie in controversia, alla luce delle
censure in ricorso e di quanto statuito con la presente
ordinanza, entro il termine di giorni quindici dalla
comunicazione o notifica, se anteriore, della presente
ordinanza.
- Considerato che le spese della presente fase cautelare
possono essere compensate atteso il carattere propulsivo del
presente provvedimento cautelare;
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione
staccata di Catania (Sezione Prima) accoglie l’istanza di
misure cautelari, nei termini di cui in parte motiva
(TAR Sicilia-Catania, Sez. I,
ordinanza 05.12.2014 n. 932 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
settembre 2014 |
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COMPETENZE
PROGETTUALI:
La Sezione non si discosta dalla stessa
giurisprudenza di questo Consesso la quale conferma la
competenza del geometra nella progettazione in cemento
armato di dimensioni minori, tra le quali, alla luce della
disposizione citata, non sembra proprio potersi iscrivere un
fabbricato-villino di abitazione che consta di sei piani e
livelli.
Quanto poi alla sostenuta esistenza del limite dei 5000 mc.,
sino al quale il geometra potrebbe progettare opere in
cemento armato, il Collegio non rileva nell’argomentazione
dell’appellante la fonte normativa recante detto parametro.
Il limite compare invece in una datata pronunzia di questo
Consiglio (sez. V, n. 25/1999), peraltro assolutamente
ignorata dalla successiva e prevalente giurisprudenza.
Entrando nei profili
sostanziali della controversia, il secondo motivo argomenta
in sintesi che la normativa non vieta in assoluto al
geometra la progettazione di costruzioni in cemento armato,
consentendogli in tale modalità le piccole costruzioni; tale
precisazione della competenza è del resto stata evidenziata
dalla giurisprudenza amministrativa ed in particolare il
limite dimensionale sarebbe da individuarsi nei 5000 mc.,
sicché presentando il progetto assentito un volume di mc.
479 rientrava pienamente nelle competenze del tecnico che lo
ha redatto. La tesi accolta dal TAR, infine, contrasterebbe
con il dettato dell’art. 2, c. 14, della legge n. 1086/1971,
che riconosce la competenza in questione con riferimento
alle opere in conglomerato cementizio. Al riguardo il
Collegio osserva quanto segue.
Non v’è dubbio che il divieto non deriva “tout court”
dalla tipologia costruttiva nel materiale previsto dal
progetto (per la competenza in generale a progettare in
cemento armato vedasi ad es. Cons. di Stato, sez. Sez. IV,
sent. n. 784/1997), ma la questione in controversia si
correla diversamente a complessità e natura funzionale
dell’edificio nella fattispecie concreta progettato ed
assentito; la tesi che il geometra poteva progettare la
costruzione in esame è smentita dal dato letterale dell’art.
16 del r.d. n 274/1929, rapportato alle caratteristiche
della costruzione, quali emergono dagli atti; la norma, alla
lettera “l”, dispone che la competenza riguarda “progetto,
direzione, sorveglianza e liquidazione di costruzioni rurali
e di edifici per uso d'industrie agricole, di limitata
importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole
costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono
particolari operazioni di calcolo e per la loro destinazione
non possono comunque implicare pericolo per la incolumità
delle persone”.
Nell’applicare alla fattispecie questo orientamento, la
Sezione, peraltro, non si discosta dalla stessa
giurisprudenza di questo Consesso citata dall’appellante
(cfr. Cons. di Stato, sez. V, n. 7121/2003), la quale
conferma la competenza del geometra nella progettazione in
cemento armato di dimensioni minori, tra le quali, alla luce
della disposizione citata, non sembra proprio potersi
iscrivere un fabbricato-villino di abitazione che (come
riferisce a p. 14 la documentata consulenza tecnica in atti
a firma dell’arch. Remo Colonna) consta di sei piani e
livelli.
Quanto poi alla sostenuta esistenza del limite dei 5000 mc.,
sino al quale il geometra potrebbe progettare opere in
cemento armato, il Collegio non rileva nell’argomentazione
dell’appellante la fonte normativa recante detto parametro.
Il limite compare invece in una datata pronunzia di questo
Consiglio (sez. V, n. 25/1999), peraltro assolutamente
ignorata dalla successiva e prevalente giurisprudenza.
Infine sulla portata del citato art. 2 legge n. 1086/1971,
basti considerare il fatto noto che le opere in conglomerato
cementizio e quelle in cemento armato costituiscono nozioni
diverse
(Consiglio di
Stato, Sez. IV,
sentenza 22.09.2014 n. 4751 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
giugno 2014 |
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COMPETENZE
PROGETTUALI:
Va esclusa la competenza di un geometra a
dirigere i lavori del progetto di realizzazione di un
fabbricato urbano composto di piano terra, primo piano e
sottotetto con strutture portanti in cemento armato ovvero
del progetto per la costruzione di un capannone per attività cinotecnica con annessi uffici e servizi, con strutture e
fondazioni in cemento armato, dato che esula dalla
competenza dei geometri la progettazione, direzione e
vigilanza di costruzioni civili con strutture in cemento
armato, qualunque ne sia l’importanza.
A non diversa soluzione deve pervenirsi anche per il
progetto di realizzazione di un fabbricato rurale con
struttura in cemento armato che consta di una costruzione avente
pianta di sei metri per cinque ed una altezza media di
quattro metri, con bagno e antibagno.
Per un verso, infatti, perché sussista la
competenza di un geometra non è sufficiente la natura
rurale del manufatto, ma occorre anche che si tratti di
piccola costruzione accessoria che per la sua destinazione
non possa, comunque, implicare pericolo per l’incolumità
delle persone, come, invece, tendenzialmente avviene per le
costruzioni comunque destinate ad ospitare persone, sia pure
per un limitato lasso temporale.
Per altro e, comunque, decisivo verso, trattandosi di
autorizzazioni sismiche, deve rammentarsi che quando
l’immobile ricade in zona a rischio sismico acquista uno
specifico rilievo, ai fini in esame, l’assoggettabilità di
ogni intervento edilizio alla normativa di cui alla
richiamata legge n. 64 del 1974 «imponente particolari
calcoli, per costante giurisprudenza, esulanti dalle
competenze professionali dei geometri», proprio perché, come si è in precedenza
detto, il limite delle loro competenze (richiamato nell’art.
17, co. 2, della stessa legge n. 64 del 1971) è anche nel
fatto –a norma dell’art. 16. lett. l), r.d. n. 274 del 1929
cit.– che si tratti di costruzioni che «non richiedono
particolari operazioni di calcolo».
... per l'annullamento delle determinazioni assunte
dall’Ufficio del Genio Civile di Caserta con note prot. n.
535689 del 07.07.2011, n. 621346 del 09.08.2011, n. 593533 del
28.07.2011, aventi ad oggetto la sostituzione di direttore
dei lavori (geometra) con un tecnico laureato (ingegnere o
architetto) poiché i lavori riguardano una struttura in
c.a., nonché per l’accertamento della piena competenza da
parte dei geometri alla progettazione e direzione dei lavori
per opere anche in cemento armato di limitata importanza, di
struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie
(in cemento armato) e per la progettazione, direzione e
vigilanza di modeste costruzioni civili (anche in cemento
armato).
...
Il ricorso, tuttavia, è infondato nel merito.
Affidando le proprie doglianze a più motivi di ricorso e
producendo a sostegno un parere professionale, il Collegio
ricorrente propugna la tesi che la competenza dei geometri
si estenda all’attività di progettazione e di direzione dei
lavori anche per le opere in cemento armato, purché si
tratti di modeste costruzioni civili (secondo una
valutazione tecnico-qualitativa da effettuarsi in concreto,
caso per caso), e, in generale, per le costruzioni rurali e
le opere accessorie civili di dimensioni minori.
Al riguardo, invoca le seguenti disposizioni relative alla
competenza dei geometri:
- l’art. 16, lettere l) e m), del r.d. 11.02.1929, n. 274,
che, nel definire l’oggetto e i limiti dell'esercizio
professionale di geometra, vi comprende: «l) progetto,
direzione, sorveglianza e liquidazione di costruzioni rurali
e di edifici per uso d'industrie agricole, di limitata
importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole
costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono
particolari operazioni di calcolo e per la loro destinazione
non possono comunque implicare pericolo per la incolumità
delle persone …»; «m) progetto, direzione e vigilanza di
modeste costruzioni civili»;
- l’art. 2, commi 1 e 2, della legge 05.11.1971, n. 1086, a
mente dei quali: «1. La costruzione delle opere di cui
all'articolo 1 [i.e.: opere in conglomerato cementizio
armato (normale o precompresso); opere a struttura
metallica] deve avvenire in base ad un progetto esecutivo
redatto da un ingegnere o architetto o geometra o perito
industriale edile iscritti nel relativo albo, nei limiti
delle rispettive competenze. 2. L'esecuzione delle opere
deve aver luogo sotto la direzione di un ingegnere o
architetto o geometra o perito industriale edile iscritto
nel relativo albo, nei limiti delle rispettive competenze»;
- l’art. 17, comma 2, della legge 02.02.1974, n. 64, che in
materia di denuncia dei lavori per le costruzioni in zone
sismiche, prevede che: «Alla domanda deve essere unito il
progetto, in doppio esemplare e debitamente firmato da un
ingegnere, architetto, geometra o perito edile iscritto
nell'albo, nei limiti delle rispettive competenze, nonché
dal direttore dei lavori»; nonché l’analoga previsione a
livello regionale contenuta nell’art. 2, comma 4, della l.r.
della Campania 07.01.1983, n. 9, la quale, per altro verso,
sottopone l’attività di direzione dei lavori al controllo
diretto e costante di un collaudatore in corso d’opera (art.
5).
Alla luce di tutto ciò, il ricorrente lamenta anche la
sproporzione degli atti impugnati, la discriminazione a
favore di altre categorie professionali (architetti ed
ingegneri), il difetto di motivazione sulla valutazione in
concreto dell’entità dei lavori affidati alla direzione dei
tre geometri interessati, nonché un duplice profilo di
contraddittorietà (rispetto al fatto che l’Ufficio del Genio
Civile di Caserta ne avrebbe riconosciuto la competenza alla
progettazione architettonica, negandola però alla direzione
dei lavori progettati, e rispetto alla diversa prassi
amministrativa degli altri Uffici provinciali del Genio
Civile della stessa Regione Campania).
La tesi principale di parte ricorrente, secondo cui i
geometri avrebbero competenza a progettare e a dirigere
lavori anche per opere in cemento armato, purché si tratti
di modeste costruzioni civili, trova, tuttavia, smentita
nella corretta interpretazione del predetto quadro
normativo, ripetutamente ribadita dai Giudici amministrativi
e ordinari di ultima istanza, alla cui giurisprudenza ci si
può senz’altro richiamare.
In particolare, per quanto riguarda questa giurisdizione, è
stato di recente osservato che: «pare opportuno uniformarsi
al consolidato quadro ermeneutico tracciato dalla più
recente giurisprudenza civile ed amministrativa, cui si
rinvia a mente dell’art. 74 c.p.a. (cfr. Cass. civ., sez. II,
07.09.2009, n. 19292; 08.04.2009, n. 8543; 26.07.2006, n. 17028; 22.04.2005, n. 8545; 30.03.2005, n. 6649; Cons. St., sez. V, 28.04.2011, n. 2537,
recentemente confermata dalla sez. IV dello stesso Cons. di
Stato, 28.11.2012 n. 6036), secondo cui:
“A norma dell’art. 16 lett. m), r.d. 11.02.1929 n.
274, e come si desume anche dalle ll. 05.11.1971 n.
1086 e 02.02.1974 n. 64, che hanno rispettivamente
disciplinato le opere in conglomerato cementizio e le
costruzioni in zone sismiche, nonché dalla l. 02.03.1949
n. 144 (recante la tariffa professionale), esula dalla
competenza dei geometri la progettazione di costruzioni
civili con strutture in cemento armato, trattandosi di
attività che, qualunque ne sia l’importanza, è riservata
solo agli ingegneri ed architetti iscritti nei relativi albi
professionali.
Solo le opere in cemento armato relative a piccole
costruzioni accessorie rientrano nella competenza dei
geometri, risultando ininfluente che il calcolo del cemento
armato sia stato affidato ad un ingegnere o ad un
architetto.
In buona sostanza, la competenza dei geometri è limitata
alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste
costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino
l’adozione -anche parziale- di strutture in cemento
armato; solo in via di eccezione, si estende anche a queste
strutture, a norma della lett. l) del medesimo articolo 16,
r.d. n. 274 cit., purché si tratti di piccole costruzioni
accessorie nell’ambito di edifici rurali o destinati alle
industrie agricole, che non richiedano particolari
operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non
comportino pericolo per le persone.
Per il resto, la suddetta competenza è comunque esclusa nel
campo delle costruzioni civili ove si adottino strutture in
cemento armato, la cui progettazione e direzione, qualunque
ne sia l’importanza è pertanto riservata solo agli ingegneri
ed architetti iscritti nei relativi albi professionali;
sotto tale angolazione deve escludersi che le innovazioni
introdotte nei programmi scolastici degli istituti tecnici
possano ritenersi avere ampliato, mediante l’inclusione tra
le materie di studio di alcuni argomenti attinenti alle
strutture in cemento armato, le competenze professionali dei
medesimi.
I limiti posti dall’art. 16, lett. m) cit. alla competenza
professionale dei geometri:
a) rispondono ad una scelta inequivoca del legislatore,
dettata da evidenti ragioni di pubblico interesse, che
lascia all’interprete ristretti margini di discrezionalità,
attinenti alla valutazione dei requisiti della modestia
della costruzione, della non necessità di complesse
operazioni di calcolo e dell’assenza di implicazioni per la
pubblica incolumità;
b) indicano, di contro, un preciso requisito, ovverosia la
natura di annesso agricolo dei manufatti, per le opere
eccezionalmente progettabili dai predetti tecnici anche nei
casi di impiego di cemento armato.
E’ pertanto esclusa la possibilità di un’interpretazione
estensiva o «evolutiva» di tale disposizione, che, in quanto
norma eccezionale, non si presta ad applicazione analogica,
non potendosi pervenire ad una diversa conclusione neppure
in virtù delle norme -art. 2, l. 05.11.1971 n. 1086 e
art. 17, l. 02.02.1974 n. 64- che disciplinano le
costruzioni in cemento armato e quelle in zone sismiche, in
quanto le stesse richiamano i limiti delle competenze
professionali stabiliti per i geometri dalla vigente
normativa professionale” (Cons. St., sez. V, 28.04.2011,
n. 2537)» (cfr. C.G.A. Reg. Siciliana, Sezioni riunite,
parere n. 1450/2013 del 28.11.2013, affare n. 219/2013).
Per quanto riguarda la giurisdizione ordinaria, altrettanto
recentemente la Corte di Cassazione ha ribadito il
principio, dalla stessa costantemente affermato, per cui «ai
tecnici solo diplomati (geometri e periti in edilizia) è
consentita soltanto la progettazione, direzione e vigilanza
di modeste costruzioni civili, con esclusione in ogni caso
di opere che prevedano l'impiego di strutture in cemento
armato a meno che non si tratti di piccoli manufatti
accessori, trattandosi di una scelta inequivoca del
legislatore dettata da evidenti ragioni di pubblico
interesse, i limitati margini di discrezionalità attesa la
chiarezza e tassatività del precetto normativo (v. Cass.
08/04/2009 n. 8543 e la giurisprudenza ivi richiamata: Cass.
8545/2005, 7778/2005, 6649/2005, 3021/2005, 19821/2004, 5961/2004,
15327/2000, 5873/2000);
- tale disciplina professionale non è stata modificata dalla
L. 05.11.1971, n. 1086 e dalla L. 02.02.1974, n.
64, le quali si sono limitate, pur senza esplicito richiamo,
a recepire la previgente ripartizione di competenze né tale
disciplina professionale è stata modificata dalla L. 05.11.1971, n. 1086, e dalla L.
02.02.1974, n. 64,
le quali si sono limitate, pur senza esplicito richiamo, a
recepire la previgente ripartizione di competenze (cfr., ex multis, Cass.
02/09/2011 n. 18038);
-
resta in ogni caso esclusa la competenza del geometra per le
modeste costruzioni civili che siano anche in cemento
armato» (cfr. Cass., sez. II, 30.08.2013, n. 19989).
Infatti, rileva la medesima Corte, «il R.D. n. 274 del 1929,
art. 16, alla lett. l) estende la competenza del geometra,
quanto alle "costruzioni rurali e di edifici per uso
d'industrie agricole di limitata importanza" alle piccole
"costruzioni accessorie in cemento armato", ma solo a
determinate condizioni, mentre la lett. m) non contiene
identica estensione per le costruzioni civili di modesta
importanza» (ibidem).
Ed è proprio perché le leggi n. 1086 del 1971 e n. 64 del
1974 confermano la limitazione di competenze dei geometri
che i suddetti limiti non potrebbero dirsi superati
dall’abrogazione del r.d. 16.11.1939, n. 2229 (che riservava
a ingegneri e architetti le opere in conglomerato cementizio
semplice od armato) da parte del D.Lgs. 13.12.2010, n. 212
(“Abrogazione di disposizioni legislative statali, a norma
dell'articolo 14, comma 14-quater, della legge 28.11.2005, n. 246”), tanto più che quest’ultimo è del tutto privo
di carattere interpretativo della disciplina in materia di
competenze del geometra.
Tanto basta per escludere –con riferimento ai progetti
all’origine degli atti per cui è causa– che possa
fondatamente affermarsi la competenza di un geometra a
dirigere i lavori del progetto di realizzazione di un
fabbricato urbano composto di piano terra, primo piano e
sottotetto con strutture portanti in cemento armato, cui si
riferisce la nota impugnata prot. 593533 del 29.07.2011, o
del progetto per la costruzione di un capannone per attività cinotecnica con annessi uffici e servizi, con strutture e
fondazioni in cemento armato, cui si riferisce la nota
impugnata prot. 621346 del 09.08.2011, dato che esula dalla
competenza dei geometri la progettazione, direzione e
vigilanza di costruzioni civili con strutture in cemento
armato, qualunque ne sia l’importanza.
A non diversa soluzione deve pervenirsi anche per il
progetto di realizzazione di un fabbricato rurale con
struttura in cemento armato, di cui alla nota impugnata prot.
535689 del 07.07.2011, che consta di una costruzione avente
pianta di sei metri per cinque ed una altezza media di
quattro metri, con bagno e antibagno.
Per un verso, infatti, come si è visto, perché sussista la
competenza di un geometra, non è sufficiente la natura
rurale del manufatto, ma occorre anche che si tratti di
piccola costruzione accessoria che per la sua destinazione
non possa, comunque, implicare pericolo per l’incolumità
delle persone, come, invece, tendenzialmente avviene per le
costruzioni comunque destinate ad ospitare persone, sia pure
per un limitato lasso temporale.
Per altro e, comunque, decisivo verso, trattandosi di
autorizzazioni sismiche, deve rammentarsi che quando
l’immobile ricade in zona a rischio sismico acquista uno
specifico rilievo, ai fini in esame, l’assoggettabilità di
ogni intervento edilizio alla normativa di cui alla
richiamata legge n. 64 del 1974 «imponente particolari
calcoli, per costante giurisprudenza, esulanti dalle
competenze professionali dei geometri» (cfr. Cass., sez. II,
08.04.2009, n. 8543), proprio perché, come si è in precedenza
detto, il limite delle loro competenze (richiamato nell’art.
17, co. 2, della stessa legge n. 64 del 1971) è anche nel
fatto –a norma dell’art. 16. lett. l), r.d. n. 274 del 1929
cit.– che si tratti di costruzioni che «non richiedono
particolari operazioni di calcolo».
Ne resta dimostrata l’infondatezza del motivo principale di
doglianza proposto dal ricorrente Collegio dei geometri.
Infondata è, altresì, la censura di carenza di motivazione.
Alla luce del quadro normativo innanzi detto, infatti, le
ragioni delle prescrizioni dell’Ufficio del Genio civile
sono congruamente indicate ed immediatamente percepibili –in seno ad atti relativi ad autorizzazioni sismiche– nel
richiamo alla natura delle opere ed alla competenza
legalmente circoscritta dei geometri, fermo restando,
comunque, che la censura del difetto di motivazione non è
idonea ad inficiare la legittimità dell’atto ai sensi
dell'art. 21-octies comma 2, prima parte, della legge n. 241
del 1990, ove, come è nel caso in esame, il suo contenuto
dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in
concreto adottato, trattandosi di atto vincolato
all'applicazione della normativa disciplinante la materia.
Allo stesso modo devono essere rigettate le censure di
eccesso di potere, poiché per gli atti a contenuto vincolato
rileva esclusivamente la relativa conformità alla normativa
applicabile e non sono configurabili vizi tipici
dell'attività discrezionale, quali appunto l'eccesso di
potere per disparità di trattamento, per sproporzione o per
contraddittorietà.
Per queste ragioni, in conclusione, il ricorso deve essere
respinto
(TAR Campania-Napoli, Sez. II,
sentenza 26.06.2014 n. 3521 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI: Edifici storici vincolati. Progettazione e direzione lavori
agli architetti. Il Tar del Veneto esclude gli ingegneri dalle opere di
restauro e ripristino.
Vietata la progettazione e la direzione lavori di immobili
vincolati nel settore dei beni culturali; la competenza è
degli architetti e non esiste un problema di
«discriminazione inversa» dei nostri ingegneri con i
colleghi degli altri paesi europei.
È quanto afferma il TAR Veneto, Sez. I, con la
sentenza 03.06.2014 n. 743
relativa a un affidamento di progettazione e di direzione
dei lavori di un immobile culturale (ex museo) sito in una
area vincolata, aggiudicato, a seguito di procedura
negoziata, a un ingegnere, ma impugnato da un architetto per
violazione dell'art. 52, comma 2, del rd 23.10.1925 n.
2537.
La norma del '25 affida infatti alle competenze
dell'architetto le opere di edilizia civile di rilevante
carattere artistico e il restauro e ripristino degli edifici
contemplati dall'articolo 22 del codice dei beni culturali.
Secondo un orientamento precedente dello stesso Tar, questa
norma si sarebbe posta in violazione del diritto
comunitario, che avrebbe quindi equiparato i due titoli, e
doveva essere disapplicata. A tale tesi ha fatto riferimento
il comune nel disporre l'affidamento all'ingegnere,
ritenendo che anche da quanto affermato in sede comunitaria
si sarebbe potuto dedurre l'esistenza, nel caso contrario,
di una forma di discriminazione inversa, o «alla rovescia»,
che avrebbe penalizzato gli ingegneri italiani rispetto ai
colleghi europei.
Sul punto la sentenza della Corte europea
del 21.02.2013 (C111-12) ha stabilito il principio per
cui, in base alla normativa sul riconoscimento dei diplomi,
certificati e altri titoli del settore dell'architettura e
sulle misure destinate ad agevolare l'esercizio effettivo
del diritto di stabilimento e di libera prestazione della
professione di architetto (artt. 10 e 11 della direttiva 85/384/Cee), i professionisti con un titolo rilasciato in un
altro stato membro, che abilita all'esercizio di attività
nel settore dell'architettura, «possono svolgere, in
quest'ultimo stato, attività riguardanti immobili di
interesse artistico solamente qualora dimostrino,
eventualmente nell'ambito di una specifica verifica della
loro idoneità professionale, di possedere particolari
qualifiche nel settore dei beni culturali».
Sulla base di
questo principio il Consiglio di stato (sezione VI, n.
21/2014) ha successivamente escluso, contrariamente alla
tesi del comune veneto affidatario dell'incarico, che si
possa produrre un effetto di «reverse discrimination».
I giudici veneti, aderendo a quanto sostenuto dal Consiglio
di stato, affermano adesso che le norme comunitarie non
impongono all'Italia di ritenere che il diploma di laurea in
architettura e quello in ingegneria civile si pongano sullo
stesso piano (e quindi che i due titoli risultino
equivalenti).
Inoltre le stesse norme, afferma la sentenza veneta, non
consentono a tutti gli ingegneri europei (tranne gli
italiani) di esercitare attività comprese anche nelle
competenze degli architetti, perché quel che conta è avere
svolto un corso di studi finalizzato dell'attività di
architetto, anche se con diploma diverso. Da ciò quindi
l'inidoneità dell'ingegnere a partecipare alla procedura e,
quindi a essere affidatario dell'incarico
(articolo ItaliaOggi del 09.07.2014
- tratto da www.centrostudicni.it). |
aprile 2014 |
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COMPETENZE
PROGETTUALI: Le
competenze professionali degli agrotecnici in materia di
opere di trasformazione e miglioramento fondiario non
comprendono interventi di sistemazione forestale,
rimboschimento o difesa del suolo.
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Non può essere considerata arbitraria e, quindi, illegittima
la differenziazione tra agronomi e periti agrari da una
parte e agrotecnici dall’altro che ammette solo i primi alla
presentazione di domande e progetti concernenti interventi
di gestione selvicolturale, microinterventi idraulico
forestali o per il controllo di fenomeni di dissesto del
suolo o di canalizzazione e regimazione delle acque.
La competenza degli agrotecnici resta essenzialmente
connotata dal riferimento alla gestione economica e
aziendale dei processi produttivi agricoli.
Quindi la indubbia esistenza di aree comuni tra le due
professionalità non giunge a comprendere anche la
realizzazione di progetti di sistemazione forestale,
rimboschimento o difesa del suolo e governo delle acque, non
rilevando ai fini della distinzione qualitativa degli
interventi la dimensione degli stessi.
Il Collegio Interprovinciale degli Agrotecnici e degli
Agrotecnici Laureati di Oristano, Cagliari,
Carbonia/Iglesias, Medio Campidano, e e il Collegio
Interprovinciale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici
Laureati di Sassari, Nuoro, Olbia/Tempio, Ogliastra, hanno
agito in giudizio con ricorso dinanzi al TAR della Sardegna
per l’annullamento della “Nota esplicativa” del bando per
l’ammissione ai finanziamenti di cui al P.S.R. (Programma di
Sviluppo Rurale) 2007-2013 – Asse 2 – Misura 226 dedicata
alla “Ricostituzione del potenziale forestale e interventi
preventivi”, nella parte in cui detta Nota individua quali
«liberi professionisti che possono essere abilitati alla
compilazione telematica delle domande di aiuto e di
pagamento per la Misura 226» solo gli iscritti all’Ordine
Dottori Agronomi e Forestali e all’Ordine degli Ingegneri,
ed esclude, conseguentemente, le categorie professionali
rappresentate dai Collegi ricorrenti.
Il TAR, con sentenza n. 43/2013, respingeva il ricorso
affermando la legittimità della nota impugnata che è
adeguatamente motivata e conforme al bando e non viola le
norme che disciplinano l’attività professionale degli
agrotecnici né le loro competenze rivolte prevalentemente
agli aspetti economici e gestionali dell’azienda agraria a
differenza di quelle degli agronomi rivolte a valorizzare i
processi produttivi dell’azienda agraria.
...
L’appello è infondato.
6.1. – Il Collegio, dopo il necessario approfondimento sulla
base dei motivi di appello, conferma l’orientamento già
espresso da questa Sezione nel corso del giudizio di primo
grado con la ordinanza n. 3572 del 04.07.2012, secondo il
quale le competenze professionali degli agrotecnici in
materia di opere di trasformazione e miglioramento fondiario
non comprendono interventi di sistemazione forestale,
rimboschimento o difesa del suolo quali quelli in questione.
6.2. – La questione centrale proposta dai motivi di appello
riguarda la interpretazione della modifica aggiuntiva
introdotta -nell’art. 11, comma 1, lett. c, della legge n.
251/1986 che definisce le competenze professionali degli
agrotecnici- dall’art. 26, comma 7-ter, della legge n.
31/2008 e concernente l’attribuzione della competenza
relativa alla progettazione e costruzione di opere di
trasformazione e miglioramento fondiario.
6.3. Preliminarmente si deve osservare che, contrariamente a
quanto sostenuto nell’appello, la norma nel testo modificato
è interamente riportata al punto 8.1. della sentenza
impugnata e quindi è stata da essa pienamente considerata.
6.4. – Nel merito è dirimente l’esame testuale di questa
norma che non conferma l’interpretazione sostenuta dagli
appellanti. Dopo la modifica aggiuntiva la citata lettera c)
dell’art. 11 prevede: “c) l’assistenza tecnico-economica
agli organismi cooperativi ed alle piccole e medie aziende,
compresa la progettazione e direzione di piani colturali
aziendali ed interaziendali, anche ai fini della concessione
dei mutui fondiari, nonché le opere di trasformazione e
miglioramento fondiario”.
L’aggiunta in questione recata dalla legge n. 31/2008
riguarda le parole dopo “nonché”. Se si fa la dovuta
attenzione ai nessi sintattici e alle virgole è evidente che
l’espressione introdotta da “nonché” è dipendente dalla
parola “compresa”, che a sua volta specifica la precisa
competenza attribuita dalla lettera c): “l’assistenza
tecnico-economica agli organismi cooperativi ed alle piccole
e medie aziende”; in ogni caso la proposizione introdotta da
“nonché” non ha alcuna relazione sintattica con le parole
progettazione e direzione che sono esclusivamente e
certamente riferite solo ai “piani colturali aziendali ed
interaziendali”, in riferimento ai quali tali parole hanno
un diverso e coerente significato, avendo i piani colturali
una prevalente valenza tecnico-economica nell’ambito della
conduzione della Azienda agricola. E’ invece non corretta la
connessione operata dagli appellanti -estrapolando
liberamente e impropriamente le parole contenute nella
disposizione- tra le parole “progettazione e direzione” e
le parole “opere di trasformazione e miglioramento
fondiario”.
6.5. – In base alla ricostruzione sopra riportata è dunque
evidente che la competenza attribuita più di recente ai
professionisti iscritti all’albo degli agrotecnici è una
specificazione dell’assistenza tecnico-economica alle
aziende agrarie e non estende oltre i limiti dell’assistenza
tecnico-economica l’ambito riconosciuto a questa
professionalità.
6.6. – Nello stesso senso va interpretata la disposizione
del DM del Ministro dell’Interno 05.08.2011 (fonte non
legislativa e dunque meramente attuativa dell’art. 11 della
legge 251 più volte citata) che abilita l’agrotecnico
iscritto all’albo a svolgere le attività di prevenzione
degli incendi ed il rilascio dei relativi certificati e
dunque a svolgere i relativi compiti in quanto connessi all’
amministrazione e gestione dell’azienda agricola .
6.7. Resta dunque pienamente valida e confermata dalla
esegesi normativa della modifica apportata all’art. 11 più
volte citato, la differenziazione ai fini del presente
giudizio tra agrotecnici e periti agrari a cui è invece
attribuita l’attività di progettazione relativa alle
medesime opere di trasformazione e miglioramento fondiario e
non l’assistenza tecnico economica. Non vi è quindi
contraddizione tra la sentenza impugnata in questo giudizio
e la diversa pronuncia adottata dallo stesso TAR nello
stesso giorno con la sentenza n. 44/2013, che ha invece
ammesso i periti agrari all’attività di progettazione per le
medesime opere.
6.8. – Non contraddicono questa impostazione i pareri del
Consiglio di Stato citati dall’appellante e segnatamente il
più recente n. 4335 del 24.10.2012, ampiamente citato
nell’appello, che riguarda l’equiparazione a vari fini tra i
titoli di studio di agrotecnico e perito agrario. Lo stesso
parere è chiarissimo nell’affermare che l’accesso di
entrambi i titoli di studio all’esame di abilitazione per
l’esercizio di entrambe le professioni non smentisce ma
conferma che le aree professionali restano diverse, ma che
la specificità professionale “è sufficientemente
salvaguardata proprio dall’esame di abilitazione”.
6.9. – I restanti argomenti contenuti nell’appello quali la
violazione della riserva di legge statale in materia di
professioni o delle regole della concorrenza sono da
respingere in quanto meramente consequenziali alla errata
interpretazione delle norme di legge statale assunta dagli
appellanti, che va nel senso di attribuire agli agrotecnici
una autonoma e piena competenza alla progettazione di opere
di trasformazione e miglioramento e non solo ai profili di
assistenza tecnico-economica relativi a tali attività.
6.10. – In conclusione, debitamente approfonditi tutti i
motivi di appello, non può essere considerata arbitraria e
quindi illegittima la differenziazione tra agronomi e periti
agrari da una parte e agrotecnici dall’altro che ammette
solo i primi alla presentazione di domande e progetti
concernenti interventi di gestione selvicolturale,
microinterventi idraulico forestali o per il controllo di
fenomeni di dissesto del suolo o di canalizzazione e
regimazione delle acque. Le argomentazioni svolte confermano
che la competenza degli agrotecnici resta essenzialmente
connotata dal riferimento alla gestione economica e
aziendale dei processi produttivi agricoli. Quindi la
indubbia esistenza di aree comuni tra le due professionalità
non giunge a comprendere anche la realizzazione di progetti
di sistemazione forestale, rimboschimento o difesa del suolo
e governo delle acque, non rilevando ai fini della
distinzione qualitativa degli interventi la dimensione degli
stessi
(Consiglio di Stato, Sez. III,
sentenza 10.04.2014 n. 1738 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
gennaio 2014 |
|
COMPETENZE PROGETTUALI: Oggetto:
competenze professionali - Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 09.01.2014 n. 21
(MIBAC, Direzione Regionale per i Beni Culturali e
Paesaggistici del Veneto,
circolare 16.01.2014 n. 5/2014). |
COMPETENZE PROGETTUALI: Gli
architetti hanno la competenza esclusiva sugli edifici
storici.
E’ quanto statuito dal
Consiglio di Stato, Sez. VI, con la
sentenza 09.01.2014 n. 21.
In Italia le professioni di ingegnere e di architetto sono
disciplinate dal Regio Decreto 2537/1925.
L’art. 52 del decreto assegna la competenza per le opere di
edilizia civile sia agli ingegneri che agli architetti.
La Corte di giustizia dell’UE ha chiarito che
la direttiva europea 85/384/CEE non impone allo
Stato membro di porre i diplomi di laurea in architettura e
in ingegneria civile su un piano di perfetta parità per
quanto riguarda l’accesso alla professione di architetto in
Italia né tantomeno essa può essere di ostacolo ad una
normativa nazionale che riservi ai soli architetti i lavori
riguardanti gli immobili d’interesse storico-artistico
sottoposti a vincolo
(in tal senso: Cons. Stato, sent. 5239/2006, cit.).
Successivamente la Corte ha chiarito che “quando
si tratti di una situazione puramente interna ad uno Stato
membro, né la direttiva 85/384 -in particolare i suoi artt.
10 e 11, lett. g)- né il principio della parità di
trattamento ostano ad una normativa nazionale che riconosce,
in linea di principio, l'equivalenza dei titoli di
architetto e di ingegnere civile, ma riserva ai soli
architetti i lavori riguardanti in particolare gli immobili
vincolati appartenenti al patrimonio artistico”.
L’esame della normativa comunitaria rende chiaro che
l’inclusione negli elenchi nazionali predisposti –per così
dire– ‘a regìme’ è consentita solo ai professionisti
i quali abbiano svolto un adeguato percorso di formazione
tipico della professione di architetto.
Ed infatti, la stessa direttiva 85/384/CEE, all’articolo 3,
individua il contenuto minimo obbligatorio che i percorsi
formativi nazionali devono possedere affinché i
professionisti che abbiano seguito tali percorsi possano
plenoiure essere inclusi negli elenchi nazionali che
consentono ai relativi iscritti di vantare il diritto al
mutuo riconoscimento e alla libera circolazione.
Esaminando il contenuto minimo obbligatorio che la direttiva
europea impone affinché un determinato percorso di
formazione sia incluso fra quelli che consentono di invocare
il mutuo riconoscimento, ci si rende conto che tali
requisiti sono pienamente compatibili con il consolidato
orientamento del CdS il quale ha ritenuto del tutto congrua
e non irragionevole la parziale riserva di cui all’articolo
52 del R.D. 2537 del 1925.
La giurisprudenza del CdS ha giustificato dal punto di vista
sistematico la richiamata, parziale riserva sul rilievo
secondo cui “per quanto nel corso di
studi degli ingegneri civili non manchino approfondimenti
significativi nel settore dell’architettura, al
professionista architetto si riconosce generalmente una
maggiore capacità, frutto di maggiori studi e
approfondimenti della evoluzione dell’architettura sul piano
storico e di un più marcato approccio umanistico alla
professione, di penetrare le problematiche e le sottese
valutazioni tecniche afferenti gli immobili o le opere di
rilevanza artistica”
(in tal senso, da ultimo, la stessa ordinanza di rimessione
di questa Sezione n. 386/2012, dinanzi richiamata).
Con le motivazioni di sopra riportate il Consiglio di Stato
ha respinto il ricorso in appello n. 2527/2009 proposto
dagli Ordini degli ingegneri delle province di Venezia,
Padova, Treviso, Vicenza, Verona, Rovigo e Belluno avente ad
oggetto controversie insorte in ordine alla legittimità di
determinazioni amministrative consistite essenzialmente
nell’escludere professionisti italiani appartenenti alla
categoria degli ingegneri dal conferimento in Italia di
incarichi afferenti la direzione di lavori da eseguirsi su
immobili di interesse storico-artistico (commento tratto da
www.tecnici24.ilsole24ore.com).
---------------
Giunge alla decisione del Collegio il
ricorso in appello proposto dal Ministero per i beni e le
attività culturali avverso la sentenza del TAR del Veneto
con cui è stato accolto il ricorso proposto dall’Ingegner
Mosconi e dall’Ordine degli Ingegneri di Verona e provincia
e per l’effetto –previa disapplicazione delle disposizioni
di cui all’articolo 52 del r.d. 2537 del 23.10.1925
(‘Approvazione del regolamento per le professioni
d’ingegnere e di architetto’)- è stato disposto
l’annullamento del provvedimento con cui la competente
Soprintendenza aveva negato il subentro dell’Ingegner
Mosconi nella direzione di alcuni lavori da realizzarsi su
un immobile sottoposto a vincolo ai sensi del decreto
legislativo 29.10.1999, n. 490 (‘Testo unico delle
disposizioni legislative in materia di beni culturali e
ambientali, a norma dell'articolo 1 della L. 08.10.1997,
n. 352’ – in seguito: decreto legislativo 22.01.2004,
n. 42 -).
Giunge, altresì, alla decisione del Collegio il ricorso
proposto da sette Ordini degli ingegneri della Regione
Veneto avverso la sentenza del TAR del Veneto con cui è
stato respinto il ricorso da essi proposto avverso il bando
e il disciplinare di gara per l’affidamento del servizio di
direzione dei lavori e di coordinamento della sicurezza in
fase di esecuzione dei lavori di restauro e recupero
funzionale di alcuni immobili sottoposti a vincolo ai sensi
del richiamato decreto legislativo n. 490 del 1999.
Va disposta anzitutto la riunione dei ricorsi in appello
di cui in epigrafe atteso che gli stessi, supponendo la
soluzione di analoghe questioni giuridiche, meritano di
essere trattati congiuntamente per essere definiti con
un’unica sentenza.
Nel merito, il ricorso n. 6736/2008 –proposto dal
Ministero per i beni e le attività culturali– deve essere
accolto, mentre deve essere respinto il ricorso n. 2527/2009
–proposto dagli Ordini degli Ingegneri delle Province del
Veneto-.
Giova premettere che la questione della complessiva
compatibilità de iure communitario della parziale riserva di
cui all’articolo 52 del R.D. 2537 del 1925 è stata
scrutinata da questo Giudice di appello attraverso un filone
giurisprudenziale ormai consolidato (e le cui conclusioni
sono qui condivise) il quale è giunto a soluzioni
sostanzialmente condivise circa l’insussistenza di profili
di incompatibilità con i pertinenti dettami del diritto
dell’Unione europea (ex multis: Sez. VI, 16.05.2006, n.
2776; id., VI, 11.09.2006, n. 5239; id., VI, 24.10.2006, n. 6343).
Con la presente decisione, quindi, ci si domanderà in
particolare se le conclusioni cui il richiamato orientamento
è sino ad oggi pervenuto possano essere in qualche misura
revocate in dubbio in considerazione del paventato rischio
che le disposizioni di cui al richiamato articolo 52 possano
determinare, in danno degli Ingegneri italiani, un fenomeno
di ‘reverse discrimination’ –o discriminazione alla
rovescia– (un fenomeno, quest’ultimo, noto alla normativa e
alla giurisprudenza nazionale e in relazione al quale il
Legislatore ha da ultimo approntato un rimedio generale di
tutela preventiva attraverso l’adozione dell’articolo 53
della l. 24.12.2012, n. 234 –sul punto, v. infra-).
Tanto premesso sotto l’aspetto generale, si svolgeranno qui
di seguito alcune considerazioni utili a delimitare il campo
d’indagine della presente decisione.
Per quanto riguarda, in primo luogo, la delimitazione
dell’ambito oggettivo della richiamata, parziale riserva, la
giurisprudenza di questo Consiglio ha condivisibilmente
osservato che, ai sensi dell’articolo 52, cit., non la
totalità degli interventi concernenti gli immobili di
interesse storico e artistico deve essere affidata alla
specifica professionalità dell’architetto, ma solo “le parti
di intervento di edilizia civile che riguardino scelte
culturali connesse alla maggiore preparazione accademica
conseguita dagli architetti nell’ambito del restauro e
risanamento degli immobili di interesse storico e
artistico”, restando invece nella competenza dell’ingegnere
civile la cd. parte tecnica, ossia “le attività progettuali
e di direzione dei lavori che riguardano l’edilizia civile
vera e propria (…)” (in tal senso: Cons. Stato, VI, 11.09.2006, n. 5239).
Il che, come è evidente, sortisce di per sé l’effetto di
ridurre grandemente la portata di un eventuale effetto di
‘reverse discrimination’ (effetto che, comunque –e per le
ragioni che nel prosieguo si esporranno– non è comunque nel
caso di specie configurabile).
Ed infatti, nonostante alcune enfatizzazioni sul punto
contenute nelle difese delle parti in causa, la presente
controversia non involge la generale questione della
delimitazione oggettiva delle professioni di architetto e di
ingegnere (si tratta di una questione che, allo stato
attuale di evoluzione dell’ordinamento comunitario, non
conosce misure di armonizzazione al livello UE, né
interventi di ravvicinamento delle legislazioni), né le
condizioni di accesso a tali professioni.
Allo stesso modo, la presente controversia non riguarda la
più o meno integrale assimilazione fra i due ambiti
professionali al livello comunitario o nazionale, ma
concerne (anche all’esito delle indicazioni interpretative
fornite dalla Corte di giustizia) la ben più limitata
questione relativa al se la previsione di cui al più volte
richiamato articolo 52 determini una ‘discriminazione alla
rovescia’ in danno dell’ingegnere italiano nei confronti
dell’ingegnere di un qualunque altro Paese dell’Unione
europea e in relazione ad alcune soltanto delle attività che
l’architetto può esercitare in relazione alle opere ed
interventi che presentano rilevante carattere artistico o
che riguardano beni di interesse storico e culturale (ci si
riferisce alle sole opere di edilizia civile, con esclusione
dell’ampio novero degli interventi inerenti la c.d. ‘parte
tecnica’).
Sempre con riferimento all’ambito di applicazione della
parziale riserva di cui al più volte richiamato articolo 52,
la giurisprudenza nazionale (ancora una volta, sulla scorta
dei chiarimenti interpretativi forniti dalla Corte di
giustizia dell’UE) ha ulteriormente chiarito che le
disposizioni della direttiva 85/384/CEE (concernente il
reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri
titoli del settore dell'architettura e comportante misure
destinate ad agevolare l'esercizio effettivo del diritto di
stabilimento e di libera prestazione di servizi e da ultimo
trasfusa nel corpus della direttiva 2005/37/CE) non hanno in
alcun modo comportato la piena equiparazione dei titoli di
architetto e di ingegnere civile ai fini dell’esercizio
delle attività professionali nel campo dell’architettura.
Al riguardo, la stessa Corte di Giustizia ha chiarito che la
direttiva 85/384/CEE non si propone di disciplinare le
condizioni di accesso alla professione di architetto, né di
definire la natura delle attività svolte da chi esercita
tale professione. In particolare, dal nono “considerando” di
tale direttiva risulta che il suo articolo 1, n. 2, non
intende fornire una definizione giuridica delle attività del
settore dell’architettura.
Spetta, piuttosto, alla normativa nazionale dello Stato
membro ospitante individuare le attività che ricadono in
tale settore.
Al contrario, la direttiva 85/384/CEE ha ad oggetto
solamente il reciproco riconoscimento, da parte degli Stati
membri, dei diplomi, dei certificati e degli altri titoli
rispondenti a determinati requisiti qualitativi e
quantitativi minimi in materia di formazione, allo scopo di
agevolare l’esercizio effettivo del diritto di stabilimento
e di libera prestazione di servizi per le attività del
settore dell’architettura, come emerge dal secondo
“considerando” della medesima direttiva.
Tale direttiva prevede, inoltre, un regime transitorio
diretto, in particolare, a preservare i diritti acquisiti
dai possessori di titoli già rilasciati dagli Stati membri
anche qualora tali titoli non soddisfino i detti requisiti
minimi.
Inoltre (come chiarito dalla medesima Corte di giustizia),
sebbene l’art. 11, lett. g), della direttiva 85/384
menzioni, per l’Italia, i diplomi di “laurea in
architettura” e di “laurea in ingegneria” come titoli che
beneficiano del regime transitorio previsto dall’art. 10 di
tale direttiva, ciò è solo al fine di assicurare il
riconoscimento di tali diplomi da parte degli altri Stati
membri, e non allo scopo di armonizzare, nello Stato membro
interessato, i diritti conferiti da tali diplomi per quanto
riguarda l’accesso alle attività di architetto (in tal
senso, l’ordinanza della Corte 05.04.2004 in causa
C-3/02, resa nell’ambito di un rinvio pregiudiziale
sollevato dal TAR del Veneto nell’ambito del ricorso di
primo grado n. 1994/2001 –Mosconi Alessandro e altri-).
In definitiva, secondo la Corte di giustizia, la più volte
richiamata direttiva non impone allo Stato membro di porre i
diplomi di laurea in architettura e in ingegneria civile
indicati all’articolo 11 su un piano di perfetta parità per
quanto riguarda l’accesso alla professione di architetto in
Italia; né tantomeno essa può essere di ostacolo ad una
normativa nazionale che riservi ai soli architetti i lavori
riguardanti gli immobili d’interesse storico-artistico
sottoposti a vincolo (in tal senso: Cons. Stato, sent.
5239/2006, cit.).
La Corte di giustizia (la quale –come si è detto in
precedenza– è stata adita per ben due volte nel corso della
presente vicenda contenziosa ai sensi dell’articolo 234 del TCE –in seguito: articolo 267 del TFUE-) ha reso
statuizioni che risultano determinanti al fine di delimitare
e definire la controversia nel suo complesso.
Con la prima di tali decisioni (si tratta
dell’ordinanza in data 05.04.2004 sul ricorso C-3/02,
resa sull’ordinanza di rimessione del TAR del Veneto n.
4236/2001) la Corte ha chiarito:
- che l’articolo 52, secondo comma, del R.D. 2537 del 1925
non è ex se incompatibile con la direttiva comunitaria
85/384/CEE, in quanto (come si è già anticipato)
quest’ultima non si propone di disciplinare le condizioni di
accesso alla professione di architetto né di definire la
natura delle attività svolte da chi esercita tale
professione, ma soltanto di garantire “il reciproco
riconoscimento, da parte degli Stati membri, dei diplomi,
dei certificati e degli altri titoli rispondenti a
determinati requisiti qualitativi e quantitativi minimi in
materia di formazione allo scopo di agevolare l'esercizio
effettivo del diritto di stabilimento e di libera
prestazione dei servizi per le attività del settore
dell'architettura”;
- che la richiamata direttiva non obbliga in alcun modo gli
Stati membri a porre i diplomi di laurea in architettura ed
in ingegneria civile (con particolare riguardo a quelli
indicati all'articolo 11) su un piano di perfetta parità ai
fini dell'accesso alla professione di architetto in Italia,
ma, in coerenza con il principio di non discriminazione tra
Stati membri, impone soltanto di non escludere da tale
accesso in Italia coloro che siano in possesso di un diploma
di ingegneria civile o di un titolo analogo rilasciato da un
altro Stato membro, laddove tuttavia (e si tratta di un
chiarimento determinante ai fini della presente decisione)
tale titolo risulti abilitante –in base alla normativa di
quello Stato membro– all’esercizio di attività nel settore
dell’architettura (e nel prosieguo della presente decisione
si vedrà che tale possibilità non può essere ammessa in modo
indiscriminato ai professionisti ingegneri, ma solo al
ricorrere di alcune tassative condizioni);
- che la direttiva 85/384/CEE non trova in definitiva
applicazione in relazione alla fattispecie di causa, poiché
le relative disposizioni non impongono in alcun modo
all’Italia di non escludere gli ingegneri civili che hanno
conseguito in Italia il proprio titolo dall’attività di cui
all’articolo 52, comma 2, del R.D. 2537 del 1925 (ma le
impongono soltanto di non escludere –nella logica del mutuo
riconoscimento e della libera circolazione che caratterizza
la direttiva in parola- gli ingegneri civili o possessori
di analoghi titoli conseguiti in altri Stati membri al
ricorrere delle condizioni dinanzi richiamate).
Sotto tale aspetto, la Corte ha svolto una considerazione
che ha in seguito assunto un rilievo dirimente nella
complessiva economia del giudizio, laddove ha affermato che
“è vero che, come sostiene la Commissione, ne può derivare
una discriminazione alla rovescia, poiché gli ingegneri
civili che hanno conseguito i loro titoli in Italia non
hanno accesso, in tale Stato membro, all'attività di cui
all'art. 52, secondo comma, del R.D. 2537 del 1925, mentre
tale accesso non può essere negato alle persone in possesso
di un diploma di ingegnere civile o di un titolo analogo
rilasciato in un altro Stato membro, qualora tale titolo sia
menzionato nell'elenco redatto ai sensi dell'art. 7 della
direttiva 85/384/CEE o in quello di cui all’art.11 della
detta direttiva. 53. Tuttavia, dalla giurisprudenza della
Corte emerge che, quando si tratta di una situazione
puramente interna come quella di cui alla causa principale,
il principio della parità di trattamento sancito dal diritto
comunitario non può essere fatto valere. In una situazione
del genere spetta al giudice nazionale stabilire se vi sia
una discriminazione vietata dal diritto nazionale e, se del
caso, decidere come essa debba essere eliminata (…)”.
Di conseguenza, la Corte ha concluso nel senso che “quando
si tratti di una situazione puramente interna ad uno Stato
membro, né la direttiva 85/384 -in particolare i suoi artt.
10 e 11, lett. g) -né il principio della parità di
trattamento ostano ad una normativa nazionale che riconosce,
in linea di principio, l'equivalenza dei titoli di
architetto e di ingegnere civile, ma riserva ai soli
architetti i lavori riguardanti in particolare gli immobili
vincolati appartenenti al patrimonio artistico”.
Con la seconda delle richiamate decisioni (si tratta
della sentenza della quinta sezione del 21.02.2013 sul
ricorso C-111/12, resa sull’ordinanza di rimessione del
Consiglio di Stato n. 386/2012) la Corte ha dovuto
pronunziarsi su un’ulteriore ipotesi ricostruttiva
prospettata da questo Consiglio di Stato in sede di
ordinanza di rimessione.
In particolare, questo Giudice di appello (mosso
dall’evidente intento di rinvenire una sintesi fra –da un
lato- l’obbligo di matrice comunitaria di operare il mutuo
riconoscimento delle professionalità straniere coperte dalle
previsioni della direttiva 85/384/CEE e –dall’altro-
l’esigenza di prevenire i richiamati, possibili fenomeni di
‘reverse discrimination’) aveva ipotizzato un sistema
applicativo volto a temperare entrambe le richiamate
esigenze.
Segnatamente, con l’ordinanza di rimessione n. 386/2012
questo Consiglio aveva ipotizzato l’introduzione (invero, ex
novo) di una prassi applicativa consistente nel sottoporre
anche i professionisti provenienti da altri Paesi membri
dell’UE (e ancorché muniti di titolo astrattamente idoneo
all’esercizio delle attività rientranti nel settore
dell’architettura), a una specifica ed ulteriore verifica di
idoneità professionale (in tutto simile a quelle svolta nei
confronti dei professionisti italiani in sede di esame di
abilitazione alla professione di architetto) ai limitati
fini dell’accesso alle attività professionali contemplate
nell’art. 52, comma secondo, prima parte del Regio decreto n
2357 del 1925.
Come si è anticipato in narrativa, la Corte di giustizia non
ha condiviso l’ipotesi formulata da questo Consiglio di
Stato e ha concluso nel senso che gli articoli 10 e 11 della
direttiva 85/384/CEE devono essere interpretati nel senso
che essi ostano ad una normativa nazionale (rectius: a una
prassi applicativa, quale quella ipotizzata in sede di
ordinanza di rimessione) secondo cui persone in possesso di
un titolo rilasciato da uno Stato membro diverso dallo Stato
membro ospitante (titolo, questo, abilitante all’esercizio
di attività nel settore dell’architettura ed espressamente
menzionato al citato articolo 11), possono svolgere, in
quest’ultimo Stato, attività riguardanti immobili di
interesse artistico solamente qualora dimostrino,
eventualmente nell’ambito di una specifica verifica della
loro idoneità professionale, di possedere particolari
qualifiche nel settore dei beni culturali.
In definitiva la Corte ha ritenuto di non potersi
pronunziare in modo espresso sul se la normativa italiana
rilevante comporti o meno un fenomeno di ‘discriminazione
alla rovescia’ in danno dei professionisti italiani (giacché
ciò esula dalle sue competenze istituzionali, le quali non
includono le ‘situazioni puramente interne’, al cui ambito
sono pacificamente da ricondurre le controversie in esame –punto 34 della motivazione-).
Tuttavia, la Corte ha ritenuto di dover comunque definire e
chiarire ulteriormente i contorni applicativi della
normativa comunitaria dinanzi richiamata (e segnatamente,
degli obblighi di mutuo riconoscimento di cui agli articoli
7, 10 e 11 della direttiva 85/384/CEE) al fine di consentire
a questo Giudice del rinvio di disporre di una quadro
conoscitivo più completo per definire il giudizio –ad esso
solo demandato in via esclusiva– relativo alla sussistenza
o meno del richiamato fenomeno di discriminazione alla
rovescia.
Ebbene, impostati in tal modo i termini concettuali della
questione, il Collegio ritiene che l’esame degli atti di
causa e della pertinente normativa comunitaria e nazionale
non palesino i paventati profili di discriminazione alla
rovescia in danno dell’ingegnere civile italiano, al quale
(nella tesi degli ordini degli Ingegneri appellanti nel
ricorso n. 2527/2009, condivisa dal TAR del Veneto con la
sentenza n. 3630/2007) sarebbe indiscriminatamente e
irrazionalmente vietato l’esercizio di alcune attività
professionali (quelle inerenti gli interventi sui beni di
interesse storico e artistico) le quali –al contrario–
sarebbero altrettanto indiscriminatamente consentite agli
Ingegneri di altri Paesi dell’Unione europea.
Al riguardo si osserva in primo luogo che la richiamata
sentenza n. 3630/2007 sembra essere incorsa in una
semplificazione eccessiva dei termini della questione
laddove (indotta forse dalle abili prospettazioni di parte)
ha descritto un quadro normativo e applicativo non
coincidente con quello effettivamente riscontrabile.
Secondo il TAR, in particolare, sussisterebbe una
‘evidente’ disparità di trattamento ai danni degli ingegneri
civili italiani (pag. 9 della motivazione) in quanto, di
fatto, a tutti gli ingegneri civili italiani sarebbero
indiscriminatamente vietate tutte le attività riconducibili
all’articolo 52, cit., mentre –al contrario– a tutti gli
ingegneri civili di altri Paesi dell’Unione l’esercizio di
quelle stesse attività sarebbe indiscriminatamente
consentito.
Secondo i primi Giudici, in particolare, “nel momento
in cui la normativa europea afferma che l’ingegnere civile
laureatosi in Italia può svolgere l’attività propria
dell’architetto in tutta l’Europa, ma (in virtù di una norma
interna) non in Italia, si offre al giudice italiano un
parametro normativo per un giudizio di disapplicazione della
norma interna contrastante con quella europea”.
Al riguardo i primi Giudici proseguono affermando che “è
evidente l’arbitraria discriminazione a danno degli
ingegneri civili italiani operata dalla norma in esame, i
quali, equiparati agli ingegneri civili ed agli architetti
europei dalla normativa comunitaria, possono esercitare,
diversamente da questi ultimi, l’attività professionale
riservata ai titolari di diploma di architetto in tutta
l’Europa, ma non in Italia: discriminazione che, trovando
causa nel contrasto tra la normativa nazionale e il diritto
comunitario, va risolta con la disapplicazione della
disciplina interna e la conseguente invalidità degli atti
applicativi”.
Al riguardo si osserva:
- che, come più volte chiarito, nello stato attuale di
evoluzione del diritto comunitario, la disciplina
sostanziale dell’attività degli architetti e degli ingegneri
non costituisce oggetto di armonizzazione, né di
ravvicinamento delle legislazioni, così come risulta allo
stato non armonizzata la disciplina delle condizioni di
accesso a tali professioni, ragione per cui non risulta
esatto affermare (contrariamente a quanto si legge a pag. 10
della sentenza n. 3630, cit.) che la direttiva 384, cit.
avrebbe sancito la piena “equiordinazione sul piano
comunitario dei titoli di ingegnere civile e di architetto”;
- che lo stesso passaggio dell’ordinanza della Corte di
giustizia del 05.04.2004 il quale ha ipotizzato la
sussistenza nell’ordinamento italiano di un’ipotesi di
‘reverse discrimination’ in danno dell’ingegnere civile
italiano e in favore di ogni altro ingegnere di altri Paesi
UE, non ha in alcun modo affermato la sicura sussistenza di
una siffatta discriminazione, ma ne ha soltanto ipotizzato
la possibilità, al ricorrere di taluni presupposti
soggettivi e oggettivi, la cui ricorrenza dovrà essere
scrutinata dal Giudice nazionale del rinvio. In particolare,
con la decisione dell’aprile 2004, la Corte ha affermato che
tale ipotesi potrebbe verificarsi nella sola ipotesi in cui
il possesso di un diploma di ingegnere civile o di un titolo
analogo rilasciato da altro Paese dell’UE fosse
espressamente menzionato negli elenchi redatti –per così
dire: - ‘a regìme’ ai sensi dell’articolo 7 della direttiva
85/384/CEE, ovvero nello speciale elenco transitorio di cui
agli articoli 10 e 11 della medesima direttiva e laddove
analoga possibilità fosse esclusa nei confronti di un
professionista italiano in possesso dei medesimi requisiti.
Tuttavia, è del tutto determinante osservare che
(contrariamente a quanto affermato nell’impugnata sentenza
n. 3630/2007 e a quanto sembrano sostenere gli Ordini degli
ingegneri appellanti nel ricorso n. 2527/2009)
non tutti i
diplomi, certificati e altri titoli di ingegnere civile
rilasciati da altri Paesi dell’UE consentono
l’indifferenziato svolgimento di tutte le attività proprie
della professione di architetto.
Al contrario, l’esame della pertinente normativa comunitaria
(e, segnatamente, dell’articolo 7 della direttiva
85/384/CEE) rende chiaro che l’inclusione negli elenchi
nazionali predisposti –per così dire– ‘a regìme’ ai sensi
del medesimo articolo 7 è consentita solo ai professionisti
i quali abbiano svolto un adeguato percorso di formazione
tipico della professione di architetto.
Ed infatti, la stessa direttiva 85/384/CEE, all’articolo 3,
individua il contenuto minimo obbligatorio che i percorsi
formativi nazionali devono possedere affinché i
professionisti che abbiano seguito tali percorsi possano
plenoiure essere inclusi negli elenchi nazionali che
consentono ai relativi iscritti di vantare il diritto al
mutuo riconoscimento e alla libera circolazione (diritto in
quale rappresenta, a ben vedere, l’ubi consistam del
complesso sistema delineato dalla medesima direttiva
85/384/CEE).
Ma, se solo ci si sofferma ad esaminare il contenuto minimo
obbligatorio che la direttiva in questione impone affinché
un determinato percorso di formazione sia incluso fra quelli
che consentono di invocare il richiamato mutuo
riconoscimento, ci si rende conto che tali requisiti sono
pienamente compatibili con il consolidato orientamento di
questo Consiglio il quale ha ritenuto del tutto congrua e
non irragionevole la parziale riserva di cui all’articolo 52
del R.D. 2537 del 1925.
Come è noto, infatti, la giurisprudenza di questo Consiglio
ha giustificato dal punto di vista sistematico la
richiamata, parziale riserva sul rilievo secondo cui “per
quanto nel corso di studi degli ingegneri civili non
manchino approfondimenti significativi nel settore
dell’architettura, al professionista architetto si riconosce
generalmente una maggiore capacità, frutto di maggiori studi
e approfondimenti della evoluzione dell’architettura sul
piano storico e di un più marcato approccio umanistico alla
professione, di penetrare le problematiche e le sottese
valutazioni tecniche afferenti gli immobili o le opere di
rilevanza artistica” (in tal senso, da ultimo, la stessa
ordinanza di rimessione di questa Sezione n. 386/2012,
dinanzi richiamata).
Ebbene, l’approccio in questione risulta del tutto
compatibile con l’ordito normativo di cui alla direttiva
85/384/CEE la quale (al di là della coincidenza
nominalistica dei titoli professionali di riferimento –‘architetto’ piuttosto che ‘ingegnere’-) ammette
l’esercizio in regìme di mutuo riconoscimento e di libera
circolazione delle attività tipiche della professione di
architetto a condizione che il professionista in questione
possa vantare un cursus di studi e di formazione il cui
contenuto minimo essenziale comprende studi (anche) di
carattere storico e artistico quali quelli richiesti in via
necessaria per operare con adeguata cognizione di causa nel
settore dei beni storici e di interesse culturale.
Non a caso, lo stesso articolo 3 della direttiva richiama in
modo espresso, fra i requisiti minimi necessari del percorso
formativo che legittima un professionista ad invocare il
regìme di mutuo riconoscimento nell’esercizio delle attività
tipiche dell’architetto, “una adeguata conoscenza della
storia e delle teorie dell’architettura nonché delle arti,
tecnologie e scienze umane ad essa attinenti”, nonché “una
conoscenza delle belle arti in quanto fattori che possono
influire sulla qualità della concezione architettonica”.
Si tratta, come è evidente (e riguardando la questione
secondo l’approccio sostanzialistico proprio
dell’ordinamento comunitario, al di là delle distinzioni
puramente nominalistiche) di un orientamento normativo in
tutto coincidente con quello fatto proprio dalla
giurisprudenza di questo Consiglio appena richiamato.
Concludendo sul punto:
- non è esatto affermare che l’ordinamento comunitario
riconosca a tutti gli ingegneri di Paesi UE diversi
dall’Italia (con esclusione dei soli ingegneri italiani)
l’indiscriminato esercizio delle attività tipiche della
professione di architetto (fra cui –ai fini che qui
rilevano– le attività afferenti le opere di edilizia civile
che presentano rilevante carattere artistico, ovvero
relative ad immobili di interesse storico e artistico);
- al contrario, in base alla pertinente normativa UE,
l’esercizio di tali attività –in regìme di mutuo
riconoscimento- sarà consentito ai soli professionisti i
quali (al di là del nomen iuris del titolo professionale
posseduto) possano vantare un percorso formativo
adeguatamente finalizzato all’esercizio delle attività
tipiche della professione di architetto. Come si è visto,
l’articolo 3 della direttiva 85/384/CEE include in modo
espresso gli studi della storia e delle teorie
dell’architettura, nonché delle belle arti e delle scienze
umane fra quelli che integrano il bagaglio culturale minimo
e necessario perché un professionista possa svolgere in
regìme di mutuo riconoscimento le richiamate attività
(anche) in relazione ai beni di interesse storico e
culturale;
- quindi, anche ad ammettere che un professionista non
italiano con il titolo professionale di ingegnere sia
legittimato sulla base della normativa del Paese di origine
o di provenienza a svolgere attività rientranti fra quelle
esercitate abitualmente col titolo professionale di
architetto, ciò non è sufficiente a determinare ex se una
discriminazione ‘alla rovescia’ in danno dell’ingegnere
civile italiano. Ed infatti, sulla base della direttiva
85/384/CEE, l’esercizio di tali attività sarà possibile (non
sulla base del mero possesso del titolo di ingegnere nel
Paese di origine o di provenienza, bensì) in quanto tale
professionista non italiano avrà seguito un percorso
formativo adeguato ai fini dell’esercizio delle attività
abitualmente esercitate con il titolo professionale di
architetto;
- allo stesso modo, la sussistenza dei richiamati profili di
‘discriminazione alla rovescia’ è da escludere alla luce
dell’articolo 11, lettera g), della direttiva 85/384/CEE,
cit. Ed infatti, in base a tale disposizione, i soggetti che
abbiano conseguito in Italia il diploma di laurea in
ingegneria nel settore della costruzione civile rilasciati
da Università o da istituti politecnici possono nondimeno
esercitare le attività tipiche degli architetti (ivi
comprese quelle di cui al più volte richiamato articolo 52)
a condizione che abbiano altresì conseguito il diploma di
abilitazione all'esercizio indipendente di una professione
nel settore dell'architettura, rilasciato dal ministro della
Pubblica Istruzione a seguito del superamento dell'esame di
Stato che lo abilita all'esercizio indipendente della
professione (in tal modo conseguendo il titolo di ‘dott.
Ing. architetto’ o di ‘dott. Ing. in ingegneria civile’);
- conclusivamente, non è possibile affermare che il sistema
normativo nazionale di parziale riserva in favore degli
architetti delle attività previste dall’articolo 52 del R.D.
2537 del 1925 sia idoneo a sortire in danno degli ingegneri
italiani l’effetto di ‘discriminazione alla rovescia’
richiamato dalla sentenza del TAR del Veneto n. 3630/2007
e la cui sussistenza in concreto la stessa Corte di
giustizia ha demandato alla verifica in sede giudiziale da
parte di questo Giudice del rinvio, trattandosi pur sempre –secondo quanto statuito dalla medesima Corte– di
controversia nell’ambito della quale vengono pacificamente
in rilievo ‘situazioni puramente interne’ (in tal senso: CGCE, sentenza in causa C-111/12, cit. punto 34).
E il richiamato (e meramente paventato) effetto di
‘reverse discrimination’ quale effetto della previsione di
cui all’articolo 52, cit. deve essere escluso sia per quanto
riguarda il particolare sistema transitorio e derogatorio di
cui agli articoli 10 e 11 della direttiva 85/384/CEE, sia
per quanto riguarda il sistema ‘a regime’ di cui
all’articolo 7 della medesima direttiva.
Per quanto concerne, infatti, il particolare sistema
(transitorio e derogatorio) di cui agli articoli 10 e 11
della direttiva 85/384/CEE, è noto che il primo di tali
articoli ha previsto la possibilità per ciascuno degli Stati
membri di individuare taluni diplomi, certificati e altri
titoli del settore dell’architettura da ammettere sin da
subito al regìme di mutuo riconoscimento, anche a
prescindere dalla piena rispondenza ai requisiti minimi di
formazione di cui all’articolo 3 della medesima direttiva.
Il successivo articolo 11 ha, quindi, individuato per
ciascuno degli Stati membri tali diplomi, certificati ed
altri titoli da ammettere immediatamente al richiamato
regìme di mutuo riconoscimento (per l’Italia, tale regìme di
immediata ammissione ha riguardato:
a) i diplomi di ‘laurea
in architettura’ rilasciati dalle università, dagli istituti
politecnici e dagli istituti superiori di architettura di
Venezia e di Reggio Calabria, accompagnati dal diploma di
abilitazione all'esercizio indipendente della professione di
architetto, rilasciato dal ministro della Pubblica
Istruzione una volta che il candidato abbia sostenuto con
successo, davanti ad un'apposita Commissione, l'esame di
Stato che abilita all'esercizio indipendente della
professione di architetto (dott. architetto);
b) i diplomi
di ‘laurea in ingegneria’ nel settore della costruzione
civile rilasciati dalle università e dagli istituti
politecnici, accompagnati dal diploma di abilitazione
all'esercizio indipendente di una professione nel settore
dell'architettura, rilasciato dal ministro della Pubblica
Istruzione una volta che il candidato abbia sostenuto con
successo, davanti ad un'apposita Commissione, l'esame di
Stato che lo abilita all'esercizio indipendente della
professione (dott. ing. architetto o dott. ing. in
ingegneria civile)).
Ebbene, in relazione a tale periodo transitorio, non è dato
individuare i paventati profili di ‘discriminazione alla
rovescia’ in danno degli ingegneri civili italiani, laddove
si consideri:
- che, esaminando gli elenchi delle professioni ammesse
dagli altri Stati membri al regìme di immediata applicazione
al mutuo riconoscimento, non è dato rinvenire pressoché
alcun caso di professioni che, anche dal punto di vista del
nomen iuris, si discostino dal tipico ambito della
professione di architetto, fino a coincidere con il tipico
ambito della professione di ingegnere.
Le uniche eccezioni a
questa regola sostanzialmente generalizzata sono
rappresentate:
a) dal caso belga dei diplomi di ‘ingegnere civile-architetto’ e di ‘ingegnere-architetto’ rilasciati
dalle facoltà di scienze applicate delle università e dal
politecnico di Mons;
b) dal caso portoghese del diploma di
genio civile (licenciatura em engenharia civil) rilasciato
dall'Istituto superiore tecnico dell'Università tecnica di
Lisbona;
c) dai casi greci dei diplomi di
‘ingegnere-architetto’ rilasciati da alcuni Istituti di
formazione e dei diplomi di ‘ingegnere-ingegnere civile’
rilasciati dal Metsovion Polytechnion di Atene (in ambo i
casi, peraltro, a condizione che il possesso dei richiamati
diplomi si accompagni a un attestato rilasciato dalla Camera
tecnica di Grecia e conferente il diritto di esercitare le
attività nel settore dell’architettura).
Si tratta, però, di
eccezioni talmente puntuali e limitate da non poter essere
assunte (nella richiamata ottica di carattere
sostanzialistico) quali indizi dell’esistenza di un
effettivo fenomeno di ‘reverse discrimination’ in danno
degli ingegneri civili italiani e in favore di una platea
indiscriminata o quanto meno significativa di ingegneri di
altri Paesi dell’Unione europea;
- che, paradossalmente, esaminando gli elenchi nazionali di
cui al richiamato articolo 11, è proprio il caso italiano
dei professionisti in possesso del diploma di ‘laurea in
ingegneria’ nel settore della costruzione civile (e
nondimeno abilitati per il diritto italiano al’esercizio di
una professione indipendente di una professione nel settore
dell’architettura) a presentare (al pari dei richiamati casi
belgi, portoghesi e greci) possibili profili di vantaggio in
favore dei professionisti nazionali, con potenziali effetti distorsivi in danno degli ingegneri di altri Paesi dell’UE
la cui normativa nazionale di riferimento non consenta agli
ingegneri di conseguire una analoga abilitazione;
- che, in ogni caso, anche a voler ammettere (il che –per
le ragioni appena esaminate– non è) che la disciplina
transitoria e derogatoria di cui ai richiamati articoli 10 e
11 consenta in talune ipotesi a un limitato numero di
ingegneri di alcuni Paesi dell’UE di svolgere in regìme di
mutuo riconoscimento (e quindi anche in Italia) talune
attività nel settore dell’architettura sui beni di interesse
storico e culturale (attività tipicamente sottratte agli
ingegneri italiani); ebbene, anche in questo caso, non si
individuerebbero ragioni sufficienti per ritenere la
sussistenza di un’ipotesi di ‘reverse discrimination’ in
danno degli ingegneri italiani, sì da indurre alla
generalizzata disapplicazione della previsione di cui
all’articolo 52 del R.D. 2537 del 1925.
Al riguardo si
osserva che non appare metodologicamente corretto assumere
quale parametro stabile di valutazione, nell’ambito di un
giudizio volto a stabilire se una discriminazione vi sia
oppure no, talune situazioni per definizione transitorie ed
eccezionali (quali quelle contemplate dagli articoli 10 e 11
della più volte richiamata direttiva del 1985).
E’ evidente al riguardo che, laddove si accedesse alla
soluzione qui non condivisa, si perverrebbe alla
inammissibile conseguenza per cui le situazioni e i dettami
propri di una fase transitoria (assunti quali impropri
parametri stabili di comparazione) costituirebbero essi
stessi un ostacolo definitivo e insormontabile per la piena
entrata a regìme di un sistema di mutuo riconoscimento
basato, invece, sull’oggettiva valutazione di un determinato
livello quali-quantitativo di formazione propedeutica
all’esercizio della professione di architetto.
Per quanto concerne, poi, il sistema –per così dire– ‘a regìme’ delineato dall’articolo 7 della direttiva
85/384/CEE, l’assenza dei richiamati profili di
‘discriminazione alla rovescia’ emerge con tanto maggiore
evidenza laddove si consideri:
- che l’iscrizione di una categoria di professionisti
nell’ambito degli elenchi nazionali ‘a regime’ di cui
all’articolo 7 della direttiva presuppone che il rilascio
dei relativi diplomi, certificati o titoli faccia seguito a
percorsi formativi i cui contenuti minimi e necessari siano
conformi alle previsioni di cui all’articolo 3 della
direttiva (e si è detto in precedenza che tali percorsi
formativi devono comprendere in via necessaria un’adeguata
conoscenza della storia e delle tecniche dell’architettura,
nonché delle belle arti e delle scienze umane –ossia, di
quel complesso di discipline umanistiche che caratterizzano
il bagaglio culturale tipico dell’architetto e il cui
possesso giustifica la parziale riserva professionale di cui
al più volte richiamato articolo 52-);
- che, anche ad ammettere che un professionista di Paese
dell’UE in possesso del titolo di ingegnere possa essere
incluso negli elenchi di cui all’articolo 7, cit. (e sia,
quindi, ammesso ad esercitare in Italia le attività tipiche
dell’architetto anche in relazione ai beni di interesse
storico ed artistico), ciò non costituirà di per sé una
discriminazione in danno dell’ingegnere italiano (nei cui
confronti l’esercizio di quelle stesse attività resta
tipicamente escluso). E infatti, l’inclusione di quella
particolare tipologia di ingegnere UE nell’ambito degli
elenchi di cui all’articolo 7, cit. dimostrerà ex se che
quel professionista ha seguito un percorso formativo idoneo
(anche nei campi della storia e delle tecniche
dell’architettura, nonché delle belle arti e delle scienze
umane) tale da giustificare in modo pieno l’esercizio da
parte di quel professionista ingegnere (e al di là delle
limitazioni recate dal nomen iuris della qualifica
professionale posseduta) delle attività abitualmente
esercitate con il titolo professionale di architetto (ivi
comprese quindi, ai fini che qui rilevano, le opere di
edilizia che presentano rilevante carattere artistico e il
ripristino degli edifici di cui alla legge 20.06.1909,
n, 364).
Anche sotto tale aspetto, quindi, deve essere esclusa la
sussistenza della paventata ipotesi di ‘discriminazione alla
rovescia’ in danno degli ingegneri civili italiani.
Per le ragioni sin qui esposte il ricorso in appello n.
6736/2008 proposto dal Ministero per i beni e le attività
culturali deve essere accolto e per l’effetto, in riforma
della sentenza di primo grado, deve essere respinto il
ricorso di primo grado proposto dall’ingegner Alessandro
Mosconi e dall’Ordine degli ingegneri di Verona e provincia
e recante il n. 1994/2001.
Per le medesime ragioni il ricorso in appello n.
2527/2009 proposto dagli Ordini degli ingegneri delle
province di Venezia, Padova, Treviso, Vicenza, Verona,
Rovigo e Belluno, deve essere respinto, con conseguente
conferma della sentenza del TAR n. 3651/2008 la quale ha
sancito la legittimità degli atti e delle determinazioni
amministrative le quali avevano escluso gli ingegneri
dall’affidamento del servizio di direzione dei lavori e di
coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione dei
lavori di restauro e di recuperi funzionale di un immobile
di interesse storico e artistico.
Per quanto riguarda, in particolare, il ricorso in
appello n. 2527/2009 il Collegio deve ora esaminare i motivi
di appello ulteriori e diversi rispetto a quelli inerenti la
portata applicativa del più volte richiamato articolo 52 del
R.D. 2537 del 1925.
In primo luogo si osserva che non può essere accolto
il motivo di appello con cui (reiterando un analogo motivo
di doglianza già articolato in primo grado e disatteso dal
TAR) si è osservato che i servizi messi a gara con gli
atti impugnati in primo grado non rientrano a pieno titolo
nell’ambito di quelli per i quali opera la riserva parziale
in favore degli architetti di cui al medesimo articolo 52,
avendo essi ad oggetto ‘la parte tecnica’ delle lavorazioni
(la quale, ai sensi del medesimo articolo 52, può essere
demandata tanto all’architetto, quanto all’ingegnere).
Il motivo in questione non può essere condiviso, dovendo –al contrario– trovare puntuale conferma in parte qua la
sentenza appellata, la quale ha affermato che l’attività di
direzione dei lavori per il restauro di Palazzo Contarini
del Bovolo in Venezia – San Marco 4299 implica con ogni
evidenza scelte connesse “al restauro, al risanamento e al
recupero funzionale dell’immobile, per la cui attuazione
ottimale è conferente l’intervento dell’architetto in
ragione dell’indubbia preminenza della sua professionalità
nell’ambito delle belle arti, nel mentre risultano -con
altrettanta evidenza– del tutto residuali le ulteriori
lavorazioni strutturali ed impiantistiche rientranti
nell’edilizia civile propriamente intesa”.
Al riguardo si osserva che, anche a voler enfatizzare la
previsione di cui all’ultima parte del secondo comma
dell’articolo 52, cit. (secondo cui la parte tecnica delle
opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere
artistico e il restauro e ripristino degli edifici di
interesse storico e artistico “ne può essere compiuta tanto
dall’architetto quanto dall’ingegnere”), non può ritenersi
che le attività relative al servizio di direzione dei lavori
e di coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione dei
lavori all’origine dei fatti di causa possano farsi
rientrare fra quelle relative alla sola ‘parte tecnica’.
Al riguardo si osserva che, secondo un condiviso
orientamento, la parziale riserva di cui al più volte
richiamato articolo 52 non riguarda la totalità degli
interventi concernenti immobili di interesse storico e
artistico, ma inerisce alle sole parti di intervento di
edilizia civile che implichino scelte culturali connesse
alla maggiore preparazione accademica conseguita dagli
architetti nell’ambito delle attività di restauro e
risanamento di tale particolarissima tipologia di immobili
(si richiama ancora una volta, al riguardo, la sentenza di
questo Consiglio n. 5239 del 2006).
Tuttavia (e si tratta di una notazione dirimente ai fini
della presente decisione) non può negarsi che la richiamata
riserva operasse in relazione alle attività all’origine di
fatti di causa, il cui contenuto essenziale e certamente
prevalente riguardava –appunto- scelte connesse al
restauro, al risanamento e al recupero funzionale di un
immobile sottoposto a vincolo storico-artistico, sì da
giustificare certamente sotto il profilo sistematico e
funzionale la richiamata riserva.
Non può, pertanto, essere condivisa la tesi degli Ordini
appellanti secondo cui l’attività di direzione dei lavori
nel caso di specie potesse essere ricondotta alle attività
di mero rilievo tecnico, in quanto tali esercitabili anche
dai professionisti ingegneri.
Né può essere condiviso l’argomento secondo cui, a ben
vedere, l’attività di direzione dei lavori coinciderebbe ex
se con la nozione di ‘parte tecnica’ delle attività e delle
lavorazioni, atteso che: i) di tale coincidenza non è traccia
alcuna nell’ambito della normativa di riferimento; ii)
laddove si accedesse a tale opzione interpretativa, di
fatto, si priverebbe di senso compiuto la stessa
individuazione di una ‘parte tecnica’ (intesa quale
componente di una più ampia serie di attività) facendola
coincidere, di fatto, con il più ampio e onnicomprensivo
novero delle attività relative alla direzione dei lavori.
Ma la sentenza in epigrafe è altresì meritevole di conferma
laddove ha osservato che gli atti della lex specialis
impugnati in primo grado, lungi dall’aver irragionevolmente
compresso le prerogative dei professionisti ingegneri, ne
hanno –al contrario– tenuto in adeguata considerazione le
peculiarità.
Ciò, in quanto la medesima lex specialis ha previsto
l’istituzione di un organo collegiale di direzione dei
lavori composto –fra gli altri– da un direttore operativo
per gli impianti (ruolo, questo, che avrebbe certamente
potuto essere ricoperto da un ingegnere), da un direttore
operativo per le strutture e da un direttore operativo
restauratore di beni culturali.
Neppure può essere condiviso il secondo motivo di
appello, con il quale (reiterando un analogo motivo di
doglianza già articolato in primo grado e disatteso dal
TAR) si è lamentata la contraddittorietà intrinseca che
sussisterebbe fra:
- (da un lato), gli atti impugnati in primo grado, con cui
sono state precluse agli ingegneri le attività di direzione
dei lavori e coordinamento della sicurezza in fase di
esecuzione dei richiamati lavori di restauro e recupero
funzionale e
- (dall’altro) un diverso bando di gara, indetto dalla
medesima amministrazione e relativo al medesimo immobile
vincolato, con cui è stata –al contrario– consentita agli
ingegneri la partecipazione (insieme agli architetti) alla
gara avente ad oggetto la progettazione esecutiva dei
lavori.
Al riguardo giova premettere (e si tratta di notazione
dirimente ai fini del decidere) che, quand’anche il
richiamato profilo di contraddittorietà fosse in concreto
sussistente, ciò non sortirebbe l’effetto di consentire agli
ingegneri la partecipazione alla gara per l’affidamento del
servizio di direzione dei lavori e di coordinamento della
sicurezza (si tratta di attività che, per le ragioni dinanzi
richiamate, sono state legittimamente precluse agli
ingegneri in coerente applicazione dell’articolo 52 del R.D.
2537 del 1925).
Al contrario, l’eventuale accoglimento del richiamato motivo
potrebbe al più sortire l’unico effetto di palesare
l’illegittimità delle determinazioni con cui
l’amministrazione ha ammesso gli ingegneri a partecipare
alla gara avente ad oggetto la progettazione esecutiva dei
lavori.
Il che palesa altresì rilevanti dubbi in ordine alla
sussistenza di un effettivo interesse in capo agli Ordini
professionali appellanti alla proposizione del motivo di
appello in esame.
Ma, anche a prescindere da tale assorbente rilievo, si
osserva che la sentenza in epigrafe risulta comunque
meritevole di conferma laddove ha osservato che, nel caso in
esame, le scelte anche di dettaglio relative agli interventi
di restauro, risanamento e recupero funzionale dell’immobile
erano state effettuate in sede di stesura del progetto
definitivo (progetto, quest’ultimo, che era stato peraltro
approvato dalla competente Soprintendenza per i Beni
architettonici e dalla Commissione per la salvaguardia di
Venezia).
Ne consegue che –come condivisibilmente osservato dai primi
Giudici– la stesura del progetto definitivo coincideva di
fatto, nel caso in esame, con la mera ingegnerizzazione del
progetto definitivo, in tal modo giustificando che la
relativa attività potesse essere demandata anche ad
ingegneri, senza contrasto alcuno con la previsione di cui
all’articolo 52 del più volte richiamato R.D. n. 2537 del
1925.
Né può essere condiviso l’ulteriore motivo al riguardo
profuso dagli Ordini appellanti (motivo che risulta basato
su una sorte di argomento a fortiori, in base al quale:
i)
se viene legittimamente demandata agli ingegneri un’attività
puramente tecnica quale quella propria della progettazione
esecutiva,
ii) a maggior ragione non potrà essere negata
agli ingegneri l’effettuazione di un’attività –quella di
direzione dei lavori– “più tecnica rispetto alla
progettazione vera e propria” –pag. 19 dell’atto di appello-).
E’ evidente al riguardo che l’argomento in questione si
fonda sull’assiomatica affermazione secondo cui, appunto,
l’attività di direzione dei lavori risulterebbe “più
tecnica” rispetto a quella di mera progettazione ed
ingegnerizzazione. Si tratta di un’affermazione il cui
carattere indimostrato non può evidentemente essere assunto
a parametro di giudizio.
Infine, non può trovare accoglimento il terzo motivo
di appello, con il quale (reiterando ancora una volta un
motivo di doglianza già articolato in primo grado e
disatteso dal TAR) si è lamentata l’illegittimità della
scelta di riservare agli architetti anche il ruolo di
coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione.
Secondo gli Ordini appellanti, la sentenza in epigrafe si
sarebbe inammissibilmente limitata a motivare la reiezione
in parte qua del ricorso sulla base dell’articolo 127 del
d.P.R. 21.12.1999, n. 554 (il quale al comma 1, primo
periodo, stabilisce che “le funzioni del coordinatore per
l’esecuzione dei lavori previsti dalla vigente normativa
sulla sicurezza nei cantieri sono svolte dal direttore dei
lavori”).
Tuttavia, i primi Giudici avrebbero omesso di tenere in
considerazione la previsione di cui all’articolo 10 della
legge 14.08.1996, n. 494 il quale ammette –inter alios–
gli ingegneri a svolgere i compiti tipici del coordinatore
per l’esecuzione dei lavori.
Il motivo in esame non può trovare accoglimento in
considerazione dell’evidente carattere di specialità che
caratterizza la previsione di cui all’articolo 127 del
d.P.R. 554 del 1999 (ora: articolo 152 del d.P.R. 207 del
2010) rispetto all’articolo 10 del decreto legislativo 494
del 1996.
Ed infatti, premesso che la vicenda di causa resta governata
dalle pregresse disposizioni di cui al richiamato articolo
127, cit., è pacifico che tale disposizione imponesse la
coincidenza soggettiva fra il direttore dei lavori e il
coordinatore per l’esecuzione dei lavori (fatta salva
l’ipotesi in cui il direttore dei lavori designato fosse
privo dei requisiti previsti per svolgere altresì i compiti
tipici del coordinatore per l’esecuzione dei lavori –ma sul
punto non è stata sollevata contestazione alcuna in corso di
causa-).
Tuttavia, nelle ipotesi in cui (come nel caso di specie e
per le ragioni dinanzi esaminate) i compiti di direttore dei
lavori fossero riservate a un professionista architetto, del
tutto legittimamente l’amministrazione aggiudicatrice
avrebbe potuto (rectius: dovuto) riservare a quest’ultimo
anche le funzioni di coordinatore per l’esecuzione dei
lavori (scil.: sempre che il professionista in questione
fosse altresì munito dei prescritti requisiti).
Anche sotto questo aspetti, quindi, il ricorso in appello n.
2527/2009 deve essere respinto.
Conclusivamente, il ricorso in appello n. 6736/2008
proposto dal Ministero per i beni e le attività culturali
deve essere accolto e per l’effetto, in riforma della
sentenza di primo grado, deve essere respinto il ricorso di
primo grado proposto dall’ingegner Alessandro Mosconi e
dall’Ordine degli ingegneri di Verona e provincia e recante
il n. 1994/2001.
Per le medesime ragioni il ricorso in appello n. 2527/2009
proposto dagli Ordini degli ingegneri delle province di
Venezia, Padova, Treviso, Vicenza, Verona, Rovigo e Belluno,
deve essere respinto
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 09.01.2014 n. 21 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
novembre 2013 |
|
COMPETENZE PROGETTUALI: Oggetto:
Sentenza TAR Veneto n. 1312//2013, Ordine Ingegneri Verona
c/Comune Torri del Benaco e nei confronti Collegio Geometri
Verona - Deliberazione comunale n. 96, 09.07.2012
(Consiglio Nazionale Geometri e Geometri e Geometri
Laureati,
nota 28.11.2013 n. 12759 di prot.). |
COMPETENZE PROGETTUALI: L'adottata
delibera di giunta comunale ha stabilito che “tra le
competenze professionali dei geometri e dei geometri
laureati iscritti al Collegio professionale, possa rientrare
la progettazione e direzione dei lavori di modeste
costruzioni almeno fino a mc. 1500 adottando quindi il
criterio tecnico-qualitativo in relazione alle
caratteristiche dell’opera da realizzare che deve avere
caratteristiche strutturali semplici con moduli ripetitivi
sia pur con la presenza del cemento armato, che non
richiedano competenze tecniche, particolari e specifiche,
riservate per legge ad un diverso professionista, con
esclusione di ogni ulteriore aggravio procedimentale a
carico del richiedente”.
Orbene, l’impugnata deliberazione comunale deve farsi
rientrare nell’ambito degli atti d’indirizzo
politico-amministrativo con i quali gli organi politici
degli enti comunali (sindaco, consiglio e giunta) fissano le
linee generali cui gli uffici devono attenersi
nell’esercizio delle loro funzioni istituzionali.
Trattandosi, dunque, di atto d’indirizzo occorre altresì
evidenziare che la deliberazione in esame non assume
carattere vincolante per gli uffici amministrativi cui essa
è rivolta, atteso che questi dovranno pur sempre verificare,
in base alla normativa di riferimento, se i progetti
sottoposti al loro esame rientrino nella competenza
professionale dei geometri, sulla scorta delle
caratteristiche dell’opera da realizzare.
Sotto altro profilo, deve nondimeno essere rilevato che, nel
caso di specie, la misura di mc. 1500, che la delibera
impugnata assume quale criterio d’indirizzo ai fini della
determinazione della competenza professionale dei geometri
in materia di progettazione edilizia, non rappresenta un
limite quantitativo entro il quale una costruzione in
conglomerato cementizio possa essere progettata e firmata da
un geometra, posto che a tenore della citata delibera, la
progettazione dell’opera da realizzare da parte dei geometri
rimane comunque subordinata all’applicazione del
fondamentale parametro tecnico-qualitativo, in virtù del
quale il progetto non deve implicare la soluzione di
problemi particolari (devoluti esclusivamente ai
professionisti di rango superiore) con riguardo alla
struttura dell’edificio ed alle modalità costruttive.
---------------
... per
l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, della
delibera di giunta comunale del Comune di Torri del Benaco
in data 09.07.2012, n. 96, recante indirizzi in tema di
competenze professionali dei geometri; nonché di ogni atto
annesso, connesso o presupposto.
...
Con l’odierno gravame, l’Ordine degli Ingegneri di Verona e
Provincia ha adito l’intestato Tribunale per chiedere
l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, della
delibera del Comune di Torri del Benaco in data 09.07.2012,
n. 96, con la quale la giunta comunale ha stabilito che “tra
le competenze professionali dei geometri e dei geometri
laureati iscritti al Collegio professionale, possa rientrare
la progettazione e direzione dei lavori di modeste
costruzioni almeno fino a mc. 1500 adottando quindi il
criterio tecnico-qualitativo in relazione alle
caratteristiche dell’opera da realizzare che deve avere
caratteristiche strutturali semplici con moduli ripetitivi
sia pur con la presenza del cemento armato, che non
richiedano competenze tecniche, particolari e specifiche,
riservate per legge ad un diverso professionista, con
esclusione di ogni ulteriore aggravio procedimentale a
carico del richiedente”.
Nei confronti dell’impugnata delibera, parte ricorrente ha
eccepito, in via principale, la carenza assoluta di potere
in capo alla giunta comunale per aver esercitato de facto
funzioni a carattere normativo in tema di competenze
professionali, in assenza di una norma attributiva di tale
potere; in subordine, è stata dedotta la violazione di legge
e l’eccesso di potere nelle forme dell’illogicità, dello
sviamento di potere e del difetto di motivazione.
...
Con il primo motivo di ricorso, parte ricorrente ha
asserito la nullità dell’impugnata deliberazione per il
difetto assoluto di attribuzione, deducendo che la giunta
comunale avrebbe esercitato de facto funzioni a carattere
normativo in tema di competenze professionali, in assenza di
una norma attributiva di tale potere.
Il motivo è infondato e, pertanto, deve essere rigettato.
Infatti, ad avviso del Collegio, l’impugnata deliberazione
comunale deve farsi rientrare nell’ambito degli atti
d’indirizzo politico-amministrativo con i quali gli organi
politici degli enti comunali (sindaco, consiglio e giunta)
fissano le linee generali cui gli uffici devono attenersi
nell’esercizio delle loro funzioni istituzionali (cfr.,
ex multis, Cons. St., sez. V, 07.04.2011, n. 2154).
Trattandosi, dunque, di atto d’indirizzo occorre altresì
evidenziare che, contrariamente a quanto dedotto da parte
ricorrente, la deliberazione in esame non assume carattere
vincolante per gli uffici amministrativi cui essa è rivolta,
atteso che questi dovranno pur sempre verificare, in base
alla normativa di riferimento, se i progetti sottoposti al
loro esame rientrino nella competenza professionale dei
geometri, sulla scorta delle caratteristiche dell’opera da
realizzare.
Sotto altro profilo, deve nondimeno essere rilevato che, nel
caso di specie, la misura di mc. 1500, che la delibera
impugnata assume quale criterio d’indirizzo ai fini della
determinazione della competenza professionale dei geometri
in materia di progettazione edilizia, non rappresenta un
limite quantitativo entro il quale una costruzione in
conglomerato cementizio possa essere progettata e firmata da
un geometra, posto che a tenore della citata delibera, la
progettazione dell’opera da realizzare da parte dei geometri
rimane comunque subordinata all’applicazione del
fondamentale parametro tecnico-qualitativo, in virtù del
quale il progetto non deve implicare la soluzione di
problemi particolari (devoluti esclusivamente ai
professionisti di rango superiore) con riguardo alla
struttura dell’edificio ed alle modalità costruttive (cfr.,
ex multis, Cass. Civ., sez. II, 27.01.1988, n. 736;
Cons. St., sez. V, 03.10.2002, n. 5208).
Deve, altresì, essere respinto il secondo motivo di
ricorso con cui parte ricorrente deduce che la normativa
di specie escluderebbe in toto la competenza del geometra in
ordine alla progettazione di costruzioni civili in cemento
armato, posto che il d.lgs. 13.12.2010, n. 212 ha abrogato
il r.d. 16.11.1939, n. 2229, ai sensi del quale “Ogni
opera di conglomerato cementizio semplice od armato, la cui
stabilità possa comunque interessare l’incolumità delle
persone, deve essere costruita in base ad un progetto
esecutivo firmato da un ingegnere, ovvero da un architetto
iscritto all’albo”.
Va, infine, rigettata la censura con la quale l’ordine
professionale ricorrente ha rilevato il difetto di
motivazione della delibera in esame, avendo invero la giunta
comunale accuratamente specificato le ragioni sottese
all’adozione di tale atto
(TAR Veneto, Sez. I,
sentenza 20.11.2013 n. 1312 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI:
Competenze professionali dei geometri: limiti e
rimedi al travalicamento.
Il TRIBUNALE di Lecce, Sez. distaccata di Maglie, con la
sentenza 12.11.2013 n. 3571 ha
dichiarato la nullità del contratto di
prestazione d’opera avente ad oggetto prestazioni
progettuali di un opificio industriale poste in essere da un
geometra, condannando quest’ultimo alla restituzione degli
acconti versati in esecuzione del contratto nullo,
dichiarando altresì l’inammissibilità e, comunque,
l’infondatezza della domanda di arricchimento senza causa.
La questione nasce a seguito di un decreto ingiuntivo
azionato dal geometra, sulla base di un incarico
professionale, al fine di ottenere il compenso per
prestazioni progettuali attinenti la progettazione di due
capannoni industriali oltre struttura su due livelli, da
realizzarsi previa mutazione di destinazione d’uso di
immobile e seguendo la pratica di cui al D.P.R. n. 447/1998.
Avverso tale decreto di ingiunzione la società opponente ha
presentato opposizione, deducendo la nullità del contratto
per la violazione delle competenze proprie dei geometri.
Parte opponente ha altresì dedotto che il contratto è stato
concluso con dolo e ne ha chiesto l'annullamento, chiedendo,
in ogni caso la restituzione delle somme versate in
esecuzione di un contratto nullo e/o annullabile.
Venendo al merito della vicenda, si rappresenta che la
società opponente ha eccepito la nullità dell'incarico
conferito al geometra, in quanto lo stesso sarebbe stato
chiamato ad eseguire prestazioni che esulano dalla
competenza specifica della categoria di appartenenza, ai
sensi dell’art. 16, R.D. n. 274/1929.
Ebbene, accogliendo le tesi difensive della società
opponente il Giudice, richiamando un consolidato
orientamento della Suprema Corte di Cassazione, ha rilevato
che “Il progetto redatto da un geometra in materia
riservata alla competenza professionale degli ingegneri è
illegittimo, a nulla rilevando che sia stato controfirmato
da un ingegnere, o che un ingegnere esegua i calcoli del
cemento armato e diriga le relative opere, perché è il
professionista competente che deve essere, altresì, titolare
della progettazione, assumendosi la relativa responsabilità.
Ne consegue che, nella suddetta ipotesi, il rapporto tra il
geometra ed il cliente è radicalmente nullo ed al primo non
spetta alcun compenso per l'opera svolta, ai sensi dell'art.
2231 cod. civ.”.
Meritevoli di accoglimento sono state, altresì le deduzioni
di parte opponente circa la non modesta entità dell’opera
progettata. Ed invero, il Tribunale di Lecce ha chiarito che
“il criterio per accertare se una costruzione sia da
considerare modesta -e quindi se la sua progettazione
rientri nella competenza professionale dei geometri, ai
sensi dell'art. 16, letto m), del r.d. 11.02.1929, n. 274-
consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la
progettazione e l'esecuzione dell'opera comportano e le
capacità occorrenti per superarle; a questo fine, mentre non
è decisivo il mancato uso del cemento armato (ben potendo
anche una costruzione "non modesta" essere realizzata senza
di esso), assume significativa rilevanza il fatto che la
costruzione sorga in zona sismica, con conseguente
assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa
di cui alla legge 02.02.1974, n. 64, la quale impone calcoli
complessi che esulano dalle competenze professionali dei
geometri”.
Orbene, il Giudice del foro leccese ha rappresentato che nel
corso di causa “è emerso che l'opera di progettazione del
geom. XXX ha riguardato un edificio di 11.639,62 me,
rispetto a due capannoni industriali e ad una costruzione su
due livelli”.
Nel caso di specie, il Tribunale ha rilevato che “la
cubatura dell'opera (11.639,62), la complessità della
progettazione, il numero di piani (due fuori terra) ed il
valore economico dell'operazione (è la stessa parte opposta
ad affermare che il terreno ha avuto un incremento del
1000%, per arrivare a 300.000,00€) inducono a ritenere che
la costruzione in cemento armato sia tutt'altro che modesta”.
Alla luce dei principi e della giurisprudenza richiamata, il
Tribunale salentino ha dichiarato la nullità dell'opera
prestata dal geometra opposto.
In conseguenza della nullità del contratto d’opera è stata,
altresì, ordinata la restituzione delle somme versate dalla
Società opponente al geometra opposto.
Infine, deve rilevarsi la declaratoria dell’inammissibilità
dell’azione di arricchimento senza causa proposta da parte
opposta e, comunque, la sua infondatezza nel merito “posto
che la giurisprudenza esclude espressamente che nel caso di
specie il geometra possa presentare domanda ai sensi
dell'art. 2041 c.c.”.
La sentenza in commento non fa altro che ribadire una prassi
ormai arcinota quanto illegale dei tecnici non laureati, i
quali si arrogano competenze al di fuori del loro ambito di
operatività con seri rischi per la sicurezza e per la
pubblica incolumità (tratto da www.altalex.com). |
ottobre 2013 |
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COMPETENZE PROGETTUALI:
Spetta al tecnico laureato, e non diplomato, l'incarico
comunale inteso a rimodulare una significativa area
comunale, sia sotto il profilo viario, che con riferimento
ad insediamenti artigianali, nonché determinare le fasce di
rispetto che si sostanziano nella individuazione delle
distanze minime a protezione del nastro stradale
dall’edificazione e coincidono, dunque, con le aree esterne
al confine stradale finalizzate alla eliminazione o
riduzione dell’impatto ambientale.
La competenza professionale dei geometri, a mente dell’art.
16 del RD 274/1929 non comprende, invero, la progettazione
urbanistica, ma, di contro, neppure gli art. 51 e 52 del RD
23.10.1925 n. 2537 (regolamento delle professioni di
ingegnere e architetto) prevedono esplicitamente tale
esclusiva competenza in capo ai professionisti laureati.
Ciò perché il problema della progettazione urbanistica si è
posto solo con l'introduzione del piano regolatore generale
(art. 7 della legge 1150/1942), che al proprio interno
prevede, sia la zonizzazione del territorio, sia la
localizzazione di opere pubbliche.
La giurisprudenza che ha affrontato la questione ha ritenuto
di dover distinguere le evenienze affidate legittimamente al
professionista diplomato secondo il grado obiettivo di
difficoltà della concreta progettazione urbanistica.
Mentre infatti la redazione di uno strumento di
programmazione generale è un'attività complessa che richiede
sicuramente adeguate ed approfondite conoscenze tecniche
collegate certamente al grado di preparazione di ingegneri e
architetti (e urbanisti), come confermato dall'art. 5, comma
1, lett. c), della legge 02.03.1949 n. 143 (tariffa
professionale di ingegneri e architetti), nella ipotesi di
varianti semplificate è però necessario distinguere a
seconda del contenuto e della complessità dell’intervento
professionale.
Invero, è stato affermato che “… se la variante semplificata
ha finalità solo localizzative (ossia riguarda l'inserimento
o lo spostamento di un'opera pubblica all'interno di un
quadro urbanistico già definito) la complessità delle
valutazioni tecniche è molto minore e non giustifica la
riserva a favore dei professionisti laureati …”.
---------------
Nel caso in questione, la disamina degli
atti prodotti evidenzia che l’incarico professionale
affidato al geometra è consistito nella individuazione di
tratti di strada per il collegamento viario di una zona
produttiva e nella ridistribuzione della stessa area
artigianale al fine di razionalizzarne l’uso, nonché della
nuova individuazione della fascia di massima tutela.
In altre parole il comune ha inteso rimodulare una
significativa area comunale, sia sotto il profilo viario,
che con riferimento ad insediamenti artigianali, nonché
determinare le fasce di rispetto che si sostanziano nella
individuazione delle distanze minime a protezione del nastro
stradale dall’edificazione e coincidono, dunque, con le aree
esterne al confine stradale finalizzate alla eliminazione o
riduzione dell’impatto ambientale.
In buona sostanza, quindi, l’incarico riguarda un’attività
professionale che richiede e necessita per il suo esatto
adempimento adeguate e complesse cognizioni tecniche che non
possono certo limitarsi a quelle proprie del tecnico
diplomato.
Si è trattato, quindi, di incarico complesso ed articolato
che ha richiesto sinanche i pareri del Genio civile e della
ULSS.
Tale articolata e complessa attività professionale avrebbe
dovuto, quindi, essere necessariamente affidata ad un
tecnico laureato né, di contro, è sufficiente una non
corretta, ovvero elusiva rappresentazione definitoria per
alterare la sostanza dell’intervento così da utilizzare
professionalità normativamente non adeguate.
Ritiene il Collegio, per ragioni di economia
processuale, opportuno esaminare per primo il ricorso
rubricato al n. 500/1999 con il quale il Consiglio
dell’Ordine degli architetti della Provincia di Treviso ha
censurato la delibera di giunta del comune di Crocetta del
Montello - (Tv) n. 238 del 1998, pubblicata nell’Albo
Pretorio il 17.12.1998, con la quale è stata adottata la
variante cartografica al PRG per la sistemazione della zona
artigianale D.1.1., ed affidato, all’attuale
controinteressato, l’incarico per la redazione tecnica del
progetto.
Il ricorrente, ente pubblico associativo a partecipazione
necessaria, esponenziali della particolare categoria
professionale, è legittimato ed ha interesse al ricorso.
Sostiene il ricorrente che l’originario affidamento per la
realizzazione degli elaborati tecnici relativi alla variante
parziale al PRG per la sistemazione della zona artigianale
D.1.1. ad un geometra contrasterebbe con l’art. 16 del r.d.
11.02.1929, n. 274, che puntualmente precisa le competenze
per tale categoria professionale.
In buona sostanza il ricorrente rileva che i geometri sono,
ai sensi della legge professionale, competenti per la
progettazione di manufatti e nelle connesse attività di
vigilanza e direzione, soltanto se di modesta valenza, ossia
attività che non implicano soluzioni di problemi tecnici di
significativa rilevanza, come quello affidato ed in questa
sede censurato.
Osserva il Collegio.
La competenza professionale dei geometri, a mente dell’art.
16 del RD 274/1929 non comprende, invero, la progettazione
urbanistica, ma, di contro, neppure gli art. 51 e 52 del RD
23.10.1925 n. 2537 (regolamento delle professioni di
ingegnere e architetto) prevedono esplicitamente tale
esclusiva competenza in capo ai professionisti laureati.
Ciò perché il problema della progettazione urbanistica si è
posto solo con l'introduzione del piano regolatore generale
(art. 7 della legge 1150/1942), che al proprio interno
prevede, sia la zonizzazione del territorio, sia la
localizzazione di opere pubbliche.
La giurisprudenza che ha affrontato la questione ha ritenuto
di dover distinguere le evenienze affidate legittimamente al
professionista diplomato secondo il grado obiettivo di
difficoltà della concreta progettazione urbanistica.
Mentre infatti la redazione di uno strumento di
programmazione generale è un'attività complessa che richiede
sicuramente adeguate ed approfondite conoscenze tecniche
collegate certamente al grado di preparazione di ingegneri e
architetti (e urbanisti), come confermato dall'art. 5, comma
1, lett. c), della legge 02.03.1949 n. 143 (tariffa
professionale di ingegneri e architetti), nella ipotesi di
varianti semplificate è però necessario distinguere a
seconda del contenuto e della complessità dell’intervento
professionale.
“… se la variante semplificata ha finalità solo
localizzative (ossia riguarda l'inserimento o lo spostamento
di un'opera pubblica all'interno di un quadro urbanistico
già definito) la complessità delle valutazioni tecniche è
molto minore e non giustifica la riserva a favore dei
professionisti laureati …” (TAR Lombardia Brescia Sez.
I, Sent., 22.02.2010, n. 864).
Nel caso di specie l’incarico è stato definito dall’organo
comunale come mera variante cartografica, le cui modifiche
costituiscono prestazioni tecniche elementari che non
alterano lo strumento urbanistico.
In realtà, più che limitarsi alla mera definizione formale
relativa all’incarico, così come rappresentata dalla
resistente, è necessario, invece, valutare quello che
concretamente risulta essere stato affidato in sede di
incarico professionale.
Nel caso in questione, la disamina degli atti prodotti
evidenzia che l’incarico professionale affidato al geometra
è consistito nella individuazione di tratti di strada per il
collegamento viario di una zona produttiva e nella
ridistribuzione della stessa area artigianale al fine di
razionalizzarne l’uso, nonché della nuova individuazione
della fascia di massima tutela.
In altre parole il comune ha inteso rimodulare una
significativa area comunale, sia sotto il profilo viario,
che con riferimento ad insediamenti artigianali, nonché
determinare le fasce di rispetto che si sostanziano nella
individuazione delle distanze minime a protezione del nastro
stradale dall’edificazione e coincidono, dunque, con le aree
esterne al confine stradale finalizzate alla eliminazione o
riduzione dell’impatto ambientale.
In buona sostanza, quindi, l’incarico riguarda un’attività
professionale che richiede e necessita per il suo esatto
adempimento adeguate e complesse cognizioni tecniche che non
possono certo limitarsi a quelle proprie del tecnico
diplomato.
Si è trattato, quindi, di incarico complesso ed articolato
che ha richiesto sinanche i pareri del Genio civile e della
ULSS.
Tale articolata e complessa attività professionale avrebbe
dovuto, quindi, essere necessariamente affidata ad un
tecnico laureato né, di contro, è sufficiente una non
corretta, ovvero elusiva rappresentazione definitoria per
alterare la sostanza dell’intervento così da utilizzare
professionalità normativamente non adeguate.
Per tali motivi il provvedimento impugnato deve essere
annullato.
Successivamente il ricorrente ha anche impugnato, sia la
delibera del Consiglio comunale n. 14 del 15.02.1999 di
approvazione (rectius adozione) variante cartografica
al PRG per la sistemazione della zona artigianale D 1.1, nei
termini formulati dalla delibera di giunta già cassata, che
la determina dirigenziale, n. 305 del 31.12.1998, con
allegata convenzione, con la quale è stato affidato al
geometra Gianpaolo Bressan l’incarico per la redazione della
variante.
Tali ulteriori provvedimenti, costituiscono, all’evidenza,
la necessaria e diretta conseguenza dell’atto di giunta,
come detto, già annullato dal Collegio.
Nel caso in questione emerge, dall’obiettivo dato fattuale,
un chiaro, palese, stretto ed inscindibile legame
logico-giuridico che cementa tra loro gli atti censurati e
consente di rilevare che la cassazione dell’atto presupposto
assume significativa valenza anche e, soprattutto, nei
confronti di tali atti che dal primo ricavano la loro
ragione esistenziale.
Si può dire che il rapporto tra tutti gli atti in sequenza,
in questa sede censurati, evidenzia una loro relazione
diretta e necessaria, nel senso che i secondi costituiscono
il naturale sviluppo e completamento del primo, anche perché
la loro adozione non ha comportato alcuna valutazione di
nuovi ed ulteriori interessi rispetto a quelli
originariamente scrutinati con il provvedimento presupposto.
Quindi, nel caso di specie, la proposizione di una autonomo
ricorso, consente solo di ravvisare, senz’altro e senza
ulteriori disamine, la chiare ed univoca manifestazione di
interesse alla caducazione dei diversi e successivi atti,
atteso che il riferito legale teleologico-funzione comporta,
necessariamente, che all’annullamento dell’atto presupposto
conseguano affetti imprescindibili ed automatici anche per
gli atti conseguenti e connessi al primo.
In altri termini il riconosciuto vizio dell’atto presupposto
si ripercuote, per i motivi sopra indicati, sull’atto/i
presupponente/i proprio in virtù del vincolo che lega gli
stessi, per cui il venir meno dell’atto originario ha un
effetto travolgente, proprio dell’invalidità derivata, di
quelli a valle nei termini propri dell’invalidità ad effetto
caducante, considerato che gli atti in esame hanno la loro
unica ragione nel genetico collegamento con quello annullato
(Con. St., sez. V, 07.02.2000, 672).
Ne consegue che l’eliminazione automatica di tali atti dal
mondo giuridico rende il ricorso conseguentemente proposto
improcedibile in conseguenza della sopravvenuta carenza di
interesse, atteso che l’annullamento dell’originario
provvedimento travolge automaticamente quelli conseguenti
che ripetono dal primo, come nel caso di specie,
l’imprescindibile presupposto della loro esistenza,
costituendo gli stessi una evenienza meramente confermativa
della originaria determinazione ormai cassata (TAR Veneto,
Sez. I,
sentenza 15.10.2013 n. 1171 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI -
EDILIZIA PRIVATA:
Oggetto: Applicazione del DM 37/2008 (in particolare per
gli Impianti Elettronici nei lavori Pubblici e Privati -
rispetto delle prescrizioni e privativa per gli Ingegneri
del Settore dell'Informazione) (Consiglio Nazionale
degli Ingegneri,
circolare 11.10.2013 n. 279). |
COMPETENZE PROGETTUALI: Da
una interpretazione letterale e sistematica della legge
07.01.1976 n. 3, emerge che soltanto ai dottori agronomi
viene riconosciuta una competenza esclusiva in materia
forestale, come chiaramente indicato dal precitato art. 2,
lett. c), che riserva agli stessi l’esercizio dell’attività
di progettazione di opere di imboschimento.
Invero, per quanto concerne le competenze dei dottori
agronomi, occorre fare riferimento alle attività di
valorizzazione e gestione dei processi produttivi agricoli,
zootecnici e forestali con la tutela dell'ambiente e del
mondo rurale, mentre, per quanto concerne la competenza dei
periti, occorre fare riferimento alla direzione e gestione
di aziende agrarie e zootecniche piccole e medie e di
progettazione, direzione e collaudo di opere di
miglioramento fondiario, fino al limite della media azienda,
nella cui nozione può anche rientrare la coltivazione di un
bosco ceduo, di un castagneto, di limitati accorpamenti di
alberi da frutta fra loro associati.
Sussiste, dunque, la competenza concorrente dei periti
agrari e dei dottori agronomi e forestali soltanto nelle
ipotesi inerenti le attività di progettazione di opere di
trasformazione e di miglioramento fondiario in “medie
aziende”, che potrebbero comprendere, sia in quanto già
insediati sia in progetto di impianto, anche boschi non
irrilevanti, purché concepiti in funzione della produzione
agraria.
In tale ottica, è stato affermato che, dal raffronto fra le
due leggi professionali, non emerge che possa essere
“potenzialmente esclusa l'affidabilità ad entrambe le
categorie della cura dei boschi, allorché contenuti in
aziende agrarie fino alla soglia di quelle medie. Infatti,
se per i dottori si tratta delle attività di valorizzazione
e gestione dei processi produttivi agricoli zootecnici e
forestali con la tutela dell'ambiente e del mondo rurale,
per i periti si parla di direzione e gestione di aziende
agrarie e zootecniche piccole e medie e di progettazione,
direzione e collaudo di opere di miglioramento fondiario, di
nuovo fino al limite della media azienda”.
Invero, va riconosciuta, in capo ai periti agrari, una
competenza residuale nella materia quando si tratti di
boschi pertinenti ad aziende agrarie, purché in funzione
solo produttiva e non ambientale, e sempre nei limiti in cui
la coltivazione del bosco non presenti difficoltà
insostenibili per la cultura astrattamente riconoscibile ai
periti medesimi, in base alle cognizioni apprese in ambiente
scolastico.
L’art. 2, comma 1,
lettera b), della legge 28.03.1968 n. 434, nel testo
sostituito dall'art. 2 della legge 21.02.1991 n. 54,
attribuisce ai periti agrari “la progettazione, la
direzione ed il collaudo di opere di miglioramento fondiario
e di trasformazione di prodotti agrari e relative
costruzioni, limitatamente alle medie aziende, il tutto in
struttura ordinaria, secondo la tecnologia del momento,
anche se ubicate fuori dai fondi”.
L’art. 2 della legge 07.01.1976 n. 3, al comma 1, lettere b)
e c), nel testo sostituito dall'art. 2, della legge
10.02.1992 n. 152, riserva ai dottori agronomi “lo
studio, la progettazione, la direzione, la sorveglianza, la
liquidazione, la misura, la stima, la contabilità e il
collaudo delle opere di trasformazione e di miglioramento
fondiario, nonché delle opere di bonifica e delle opere di
sistemazione idraulica e forestale, di utilizzazione e
regimazione delle acque e di difesa e conservazione del
suolo agrario, sempreché queste ultime, per la loro natura
prevalentemente extraagricola o per le diverse implicazioni
professionali non richiedano anche la specifica competenza
di professionisti di altra estrazione” nonché “c) lo studio,
la progettazione, la direzione, la sorveglianza, la
liquidazione, la misura, la stima, la contabilità e il
collaudo di opere inerenti ai rimboschimenti, alle
utilizzazioni forestali, alle piste da sci ed attrezzature
connesse, alla conservazione della natura, alla tutela del
paesaggio ed all'assestamento forestale”.
Il medesimo art. 2, comma 1, della legge 07.01.1976 n. 3
prevede la competenza dei dottori agronomi e forestali anche
con riferimento alle seguenti ipotesi: "q) gli studi di
assetto territoriale ed i piani zonali, urbanistici e
paesaggistici; la programmazione, per quanto attiene alle
componenti agricolo - forestali ed ai rapporti
città-campagna; i piani di sviluppo di settore e la
redazione nei piani regolatori di specifici studi per la
classificazione del territorio rurale, agricolo e forestale;
r) lo studio, la progettazione, la direzione, la
sorveglianza, la misura, la stima, la contabilità ed il
collaudo di lavori inerenti alla pianificazione territoriale
ed ai piani ecologici per la tutela dell'ambiente; la
valutazione di impatto ambientale ed il successivo
monitoraggio per quanto attiene agli effetti sulla flora e
la fauna; i piani paesaggistici e ambientali per lo sviluppo
degli ambiti naturali, urbani ed extraurbani; i piani
ecologici e i rilevamenti del patrimonio agricolo e
forestale".
Da una interpretazione letterale e sistematica della legge
07.01.1976 n. 3, emerge che soltanto ai dottori agronomi
viene riconosciuta una competenza esclusiva in materia
forestale, come chiaramente indicato dal precitato art. 2,
lett. c), che riserva agli stessi l’esercizio dell’attività
di progettazione di opere di imboschimento.
Invero, per quanto concerne le competenze dei dottori
agronomi, occorre fare riferimento alle attività di
valorizzazione e gestione dei processi produttivi agricoli,
zootecnici e forestali con la tutela dell'ambiente e del
mondo rurale, mentre, per quanto concerne la competenza dei
periti, occorre fare riferimento alla direzione e gestione
di aziende agrarie e zootecniche piccole e medie e di
progettazione, direzione e collaudo di opere di
miglioramento fondiario, fino al limite della media azienda,
nella cui nozione può anche rientrare la coltivazione di un
bosco ceduo, di un castagneto, di limitati accorpamenti di
alberi da frutta fra loro associati.
Sussiste, dunque, la competenza concorrente dei periti
agrari e dei dottori agronomi e forestali soltanto nelle
ipotesi inerenti le attività di progettazione di opere di
trasformazione e di miglioramento fondiario in “medie
aziende”, che potrebbero comprendere, sia in quanto già
insediati sia in progetto di impianto, anche boschi non
irrilevanti, purché concepiti in funzione della produzione
agraria.
In tale ottica, è stato affermato che, dal raffronto fra le
due leggi professionali, non emerge che possa essere “potenzialmente
esclusa l'affidabilità ad entrambe le categorie della cura
dei boschi, allorché contenuti in aziende agrarie fino alla
soglia di quelle medie. Infatti, se per i dottori si tratta
delle attività di valorizzazione e gestione dei processi
produttivi agricoli zootecnici e forestali con la tutela
dell'ambiente e del mondo rurale, per i periti si parla di
direzione e gestione di aziende agrarie e zootecniche
piccole e medie e di progettazione, direzione e collaudo di
opere di miglioramento fondiario, di nuovo fino al limite
della media azienda” (cfr.: Cons. St., Sez. IV,
30.07.1996, n. 915).
Invero, va riconosciuta, in capo ai periti agrari, una
competenza residuale nella materia quando si tratti di
boschi pertinenti ad aziende agrarie, purché in funzione
solo produttiva e non ambientale, e sempre nei limiti in cui
la coltivazione del bosco non presenti difficoltà
insostenibili per la cultura astrattamente riconoscibile ai
periti medesimi, in base alle cognizioni apprese in ambiente
scolastico (conf.: Tar Sardegna 08.07.1999 n. 901)
(TAR Calabria-Catanzaro, Sez. II,
sentenza 01.10.2013 n. 936 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
settembre 2013 |
|
COMPETENZE PROGETTUALI: Gli
Ordini professionali hanno legittimazione a difendere in
sede giurisdizionale gli interessi della categoria di
soggetti di cui abbiano la rappresentanza istituzionale
qualora si tratti della violazione di norme poste a tutela
della professione stessa, o allorché si tratti comunque di
conseguire determinati vantaggi -sia pure di carattere
strumentale- giuridicamente riferibili alla intera
categoria, con il limite derivante dal divieto di occuparsi
di questioni relative ad attività non soggette alla
disciplina o potestà degli Ordini medesimi.
Ossia, detto altrimenti, sussiste nel nostro ordinamento la
legittimazione di un Ordine professionale a tutelare anche
in via contenziosa l’interesse collettivo dei professionisti
suoi iscritti in modo generale e indistinto.
---------------
L’art. 2, lett. d), della L. 07.01.1976 n. 3, recante
l’ordinamento della professione di dottore agronomo,
riconduce testualmente alla relativa competenza
professionale anche “la progettazione... ed il collaudo dei
lavori relativi alle costruzioni rurali e di quelli
attinenti alle industrie agrarie e forestali”.
A suo tempo questo stesso giudice ha già avuto modo di
affermare la legittimità di un titolo edilizio per la
realizzazione di un complesso industriale per la lavorazione
di carni suine e di pollame su progetto redatto da un
dottore agronomo, posto che la disposizione testé riportata
consente la prestazione professionale di quest’ultimo
relativamente alle industrie, tra le quali devono essere
annoverate le “industrie agrarie” e, quindi, il complesso in
questione, essendo indubitabile che nella disposizione
medesima il termine “industria” è sempre usato nel senso
tecnico-giuridico di attività diretta alla produzione di
beni o di servizi di cui all’art. 2195, n. 1 c.c. e che
l’opera in questione è –per l’appunto- relativa ad industria
agraria.
Lo stesso ragionamento non può -quindi- non valere anche per
la realizzazione di un frantoio, trattandosi parimenti di
“industria agraria” nel senso ora descritto.
Va comunque precisato che se il progetto eventualmente
fuoriesce dai caratteri propri della semplice edilità e
richiede, ad esempio, opere di “conglomerato cementizio
semplice od armato, la cui stabilità possa comunque
interessare la incolumità delle persone”, la competenza
professionale spetta inderogabilmente, a’ sensi del tuttora
vigente art. 1, primo comma, del R.D.L. 16.11.1939 n. 2229,
agli ingegneri e agli architetti iscritti ai relativi albi,
“nei limiti delle rispettive attribuzioni, ai sensi della L.
24.06.1923 n. 1395 e del R.D. 23.10.1925 n. 2537,
sull’esercizio delle professioni di ingegnere e di
architetto, e delle successive modificazioni”.
Nella sentenza resa in primo grado si afferma
“che il diniego fu comunicato il 21 e 22.12.1998, sia
al presidente della Cooperativa istante, che al progettista,
dott. M.C., ma avverso di esso non fu proposto
ricorso e la Cantina Cooperativa richiedente curò, invece,
la redazione di un nuovo progetto, a firma questa volta di
un ingegnere, che fu approvato in forza di atto di
concessione rilasciato il 16.07.1999. … (Gli) effetti
del gravato diniego ebbero come loro destinataria immediata
e diretta la Cantina Cooperativa, titolare della facoltà di
costruire incisa negativamente dal diniego stesso. Al
riguardo, il redattore del progetto assume la posizione di
terzo rispetto alla relazione giuridica, intercorrente tra
concedente e l’aspirante concessionario; lo stesso, per
effetto del contratto d’opera intercorso con il committente
proprietario dell’area, al più avrebbe avuto titolo ad
intervenire nel giudizio eventualmente promosso da
quest’ultimo contro il rifiuto, ma non mai a porsi come
ricorrente in via principale (cfr. TAR Veneto, 22.01.1982 n. 101).
Peraltro, -e sul punto il Tribunale non
ritiene di doversi discostare dall’insegnamento del giudice
amministrativo, da ultimo confermato con le sentenze del
Consiglio di Stato (Sez. V) 20.08.1996, n. 929, e 23.05.1997 n. 527, e del Csi n. 254 del 14.06.1999-
gli Ordini
professionali non sono persone giuridiche di diritto
pubblico aventi, tra l'altro, anche la finalità di tutelare
gli interessi della categoria; ma sono, invece, soggetti
pubblici che, per le professioni, per l’esercizio delle
quali occorre una speciale abilitazione dello Stato, hanno,
in base alle disposizioni degli artt. 2229 e 2233 del Codice
civile e delle varie leggi istitutive dei singoli Ordini, le
specifiche competenze della tenuta degli albi,
dell'esercizio della funzione disciplinare, nonché, della
redazione e proposta delle tariffe e della liquidazione dei
compensi a richiesta del professionista o del privato. Le
predette funzioni -ha sottolineato il giudice
amministrativo- sono assegnate dalla legge agli Ordini
essenzialmente per la tutela della collettività nei
confronti degli esercenti la professione, la quale solo
giustifica l’obbligo dell'appartenenza all'Ordine stesso, e
non già per una tutela degli interessi della categoria
professionale, che farebbe degli Ordini un'abnorme figura
d'associazione obbligatoria, munita di potestà pubblica, per
la difesa di interessi privati settoriali.
In particolare, poi, l’interesse azionato dall’Ordine
ricorrente fa capo ad ognuno dei soggetti abilitati
all’esercizio della professione di agronomo e non può
definirsi, quindi, come interesse collettivo, poiché di
quest’ultimo è, invece, connotato essenziale l’essere l’ente
esponenziale in veste di ente collettivo il legittimo,
esclusivo portatore della situazione di vantaggio a
carattere metaindividuale, perché l’anzidetta condizione,
pur astrattamente riferibile a ciascuno degli individui
facenti parte del gruppo sociale che si riconosce nel
soggetto collettivo, tuttavia, non è “frazionabile” e non è,
dunque, tutelabile singolarmente. Il difetto di
legittimazione dell’Ordine ricorrente (e la conforme
eccezione sollevata dall’amministrazione resistente risulta,
perciò, fondata) deve pertanto essere affermato, alla luce
di quanto appena detto, pure sotto il profilo sostanziale,
poiché si è agito a difesa, in realtà, della posizione
giuridica nella titolarità del redattore del progetto
respinto e ciò in violazione dell’art. 81 c.p.c. in base al
quale, fuori dai casi espressamente previsti dalla legge di
sostituzione processuale o di rappresentanza, nessuno può
far valere in giudizio un diritto altrui in nome proprio. In
definitiva, alla stregua delle su esposte considerazioni, il
ricorso in esame è inammissibile".
La giurisprudenza di questo Consiglio citata dal
giudice di primo grado a supporto della statuizione da lui
assunta non è stata infatti da quest’ultimo ben intesa, e
ciò in quanto le predette decisioni n. 929 dd. 20.08.1996 e n. 527 dd. 23.05.1997 non relegano –come
sembrerebbe– gli Ordini professionali allo svolgimento
delle mere competenze della tenuta degli albi,
dell’esercizio delle azioni disciplinari, della redazione e
della proposta delle tariffe e della liquidazione dei
compensi a richiesta del professionista o del privato, ossia
ad attività preordinate “essenzialmente per la tutela della
collettività nei confronti degli esercenti la professione,
la quale solo giustifica l’obbligo dell'appartenenza
all'Ordine stesso, e non già per una tutela degli interessi
della categoria professionale” (così a pag. 4 la sentenza
impugnata).
Nelle predette due decisioni si afferma infatti che
l’attività degli Ordini professionali comunque concerne -ancorché in vista dell’interesse della collettività e, solo
di riflesso, anche degli stessi professionisti– gli
iscritti agli ordini medesimi, ossia coloro che esercitano
la libera professione mediante contratti d’opera
direttamente con il pubblico dei clienti o, in alcuni casi,
pure alle dipendenze di privati, mentre sfugge al controllo
degli Ordini la posizione dei pubblici dipendenti che,
svolgendo una prestazione di lavoro subordinato presso una
pubblica amministrazione, effettuino compiti il cui
contenuto corrispondente a quello di una libera professione,
posto che costoro sono retribuiti in base a stipendi
prefissati e soggiacciono alle regole disciplinari stabilite
dalla p.a. datrice di lavoro e non dall'ordine professionale
(cfr., negli stessi termini, le due sentenze dianzi citate).
E’ evidente, quindi, l’inconferenza di tali due richiami
giurisprudenziali contenuti nella sentenza impugnata, posto
che nelle due decisioni non si affronta in linea di
principio la tematica della legittimazione processuale degli
Ordini professionali.
Solo la decisione n. 254 dd. 14.06.1999 resa dalla
Sezione consultiva del Consiglio di giustizia amministrativa
per la Regione Siciliana, parimenti riferita nella sentenza
impugnata, in effetti afferma –tra l’altro– che “per le
attività e per l'esercizio gli ordini e i collegi
professionali sono enti pubblici, per i quali serve un tipo
di abilitazione dello Stato, in base agli art. 2229 e 2233
c.c. e secondo le diverse leggi istitutive dei singoli
ordini, sono provvisti delle precise competenze della tenuta
degli albi, dell’esercizio della funzione disciplinare,
tanto più della redazione e proposta delle tariffe e dei
pagamenti dei compensi secondo il privato o il
professionista; perciò, queste funzioni si considerano
elargite a difesa della collettività nei confronti degli
esercenti la professione e non ormai a difesa dei vantaggi
della classe professionale”.
Tali ultimi enunciati sono invero parzialmente conformi a
quelli del giudice di primo grado: ma da essi comunque non è
dato di ricavare la conseguenza da quest’ultimo affermata,
ossia il difetto, per il caso di specie, della
legittimazione processuale dell’Ordine professionale.
Tale affermazione si configura, pertanto, come del tutto
autonomamente elaborata dal giudice di primo grado senza
alcun previo supporto giurisprudenziale, avendo in
particolar modo riguardo alla paventata ipotesi che l’Ordine
professionale divenga –come detto innanzi– “un’abnorme
figura d'associazione obbligatoria, munita di potestà
pubblica, per la difesa di interessi privati settoriali”, e
posto che l’interesse azionato dall’Ordine, facendo capo a
ciascuno dei soggetti abilitati all’esercizio della relativa
professione comunque non potrebbe definirsi secondo lo
stesso giudice come “collettivo”, né sarebbe “frazionabile”
e, quindi, tutelabile dall’Ordine medesimo in vece del
singolo suo iscritto.
La tesi del giudice di primo grado è –viceversa– smentita
da esplicita e del tutto unanime giurisprudenza formatasi
sul punto in discussione, secondo la quale gli Ordini
professionali hanno legittimazione a difendere in sede
giurisdizionale gli interessi della categoria di soggetti di
cui abbiano la rappresentanza istituzionale qualora si
tratti della violazione di norme poste a tutela della
professione stessa, o allorché si tratti comunque di
conseguire determinati vantaggi -sia pure di carattere
strumentale- giuridicamente riferibili alla intera
categoria, con il limite (che qui non rileva) derivante dal
divieto di occuparsi di questioni relative ad attività non
soggette alla disciplina o potestà degli Ordini medesimi
(così, ad es., Cons. Stato, Sez. V, 10.11.2010 n.
8006; cfr., altresì, la decisione n. 8404 resa sempre dalla
Sez. V); ossia, detto altrimenti, sussiste nel nostro
ordinamento la legittimazione di un Ordine professionale a
tutelare anche in via contenziosa l’interesse collettivo dei
professionisti suoi iscritti in modo generale e indistinto
(così Cons. Stato, Sez. II, 24.01.2011 n. 2783).
Nel caso in esame, quindi, non è ravvisabile –a differenza
di quanto affermato dal giudice di primo grado– una
sostituzione processuale da parte dell’Ordine nei riguardi
della posizione del singolo professionista, per certo
preclusa a’ sensi dell’art. 81 c.p.c., ma è sussistente –anche
al di là della lesione arrecata sia alla sfera
dell’interesse individuale del progettista, sia alla sfera
del committente dell’opera, i quali peraltro liberamente non
hanno ritenuto di tutelarsi in sede giudiziale– un
concomitante e del tutto autonomo interesse dell’Ordine a
veder assicurata l’applicazione delle disposizioni normative
che disciplinano la competenza professionale dei suoi
iscritti -anche se materialmente non coinvolti nel presente
procedimento giudiziale– proprio in quanto soggetto ex lege
esponenziale di tutti gli iscritti medesimi.
Tale interesse alla decisione del ricorso perdura anche
allorquando –come, per l’appunto, nel caso di specie–
l’annullamento dell’atto impugnato non può dispiegare
effetti concreti ma è apprezzabile comunque la perdurante lesività dell’atto stesso per il credito, il prestigio e
l’estimazione sociale della parte ricorrente, ossia
allorquando comunque persistano come fatti storici
valutazioni e giudizi negativi su qualità e capacità della
parte medesima (così, ad es., Cons. Stato, Sez. IV, 30.07.2002 n. 4076 e Sez. V,
05.03.2001 n. 1250).
Nel caso di specie, è indiscutibile la permanenza a
tutt’oggi dell’interesse dell’Ordine a rimuovere ope iudicis
un provvedimento che, se considerato nel suo intrinseco
contenuto, si pone come non corretta valutazione
dell’idoneità professionale non solo –contingentemente-
del dott. Cassandro ma di qualsivoglia iscritto all’Ordine
professionale degli agronomi se chiamato a progettare un
frantoio, configurandosi quindi come un precedente ostativo
–anche perché reiterabile dallo stesso Comune, nonché da
altre pubbliche amministrazioni- per le opportunità
professionali di tutti i suoi iscritti.
---------------
Il ricorso
proposto in primo grado va accolto, in quanto –come detto
innanzi- l’art. 2, lett. d), della L. 07.01.1976 n. 3,
recante l’ordinamento della professione di dottore agronomo,
riconduce testualmente alla relativa competenza
professionale anche “la progettazione... ed il collaudo dei
lavori relativi alle costruzioni rurali e di quelli
attinenti alle industrie agrarie e forestali”.
A suo tempo questo stesso giudice ha già avuto modo di
affermare la legittimità di un titolo edilizio per la
realizzazione di un complesso industriale per la lavorazione
di carni suine e di pollame su progetto redatto da un
dottore agronomo, posto che la disposizione testé riportata
consente la prestazione professionale di quest’ultimo
relativamente alle industrie, tra le quali devono essere
annoverate le “industrie agrarie” e, quindi, il complesso in
questione, essendo indubitabile che nella disposizione
medesima il termine “industria” è sempre usato nel senso
tecnico-giuridico di attività diretta alla produzione di
beni o di servizi di cui all’art. 2195, n. 1 c.c. e che
l’opera in questione è –per l’appunto- relativa ad
industria agraria (cfr. al riguardo Cons. Stato, Sez. V, 29.10.1992 n. 1078).
Lo stesso ragionamento non può -quindi- non valere anche
per la realizzazione di un frantoio, trattandosi parimenti
di “industria agraria” nel senso ora descritto.
Va comunque precisato che se il progetto eventualmente
fuoriesce dai caratteri propri della semplice edilità e
richiede, ad esempio, opere di “conglomerato cementizio
semplice od armato, la cui stabilità possa comunque
interessare la incolumità delle persone”, la competenza
professionale spetta inderogabilmente, a’ sensi del tuttora
vigente art. 1, primo comma, del R.D.L. 16.11.1939 n.
2229, agli ingegneri e agli architetti iscritti ai relativi
albi, “nei limiti delle rispettive attribuzioni, ai sensi
della L. 24.06.1923 n. 1395 e del R.D. 23.10.1925
n. 2537, sull’esercizio delle professioni di ingegnere e di
architetto, e delle successive modificazioni” (cfr. ivi;
cfr., altresì, sul punto, ad es., Cassazione civ., Sez. II,
02.09.2011 n. 18038)
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 30.09.2013 n. 4854 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI - EDILIZIA PRIVATA: Oggetto:
DPR 16.04.2013 n. 75 - Regolamento recante disciplina dei
criteri di accreditamento per assicurare la qualificazione e
l'indipendenza degli esperti e degli organismi a cui
affidare la certificazione energetica degli edifici -
requisiti dei soggetti abilitati alla certificazione
energetica degli edifici mancata previsione di una
disciplina transitoria - Ingegneri vecchio ordinamento -
problemi applicativi - richiesta urgente di parere ed
intervento
(Consiglio Nazionale degli Ingegneri,
nota 09.09.2013 n. 4693 di prot.).
---------------
Ingegneri: i corsi formativi ai novizi.
Ape, i certificatori esperti già abilitati.
Per i tecnici che da anni (e prima del 12 luglio scorso)
redigono la certificazione energetica degli edifici non è
necessaria la partecipazione a specifici corsi di formazione
con esame finale e conseguimento dell'attestato di frequenza
per il rilascio dell'Ape. Il possesso dell'attestato di
frequenza, con superamento dell'esame finale, relativo a
specifici corsi di formazione per la certificazione
energetica degli edifici può avere un senso e valere
unicamente se riferita a coloro che si troveranno ad operare
a partire dall'entrata in vigore del dpr 16.04.2013 n.
75 (e cioè dal 12.07.2013), facendo così salva
l'attività dei tecnici già operanti nel settore (anche
appartenenti ad altre professioni aventi competenza in
materia).
Questa è la precisazione contenuta nella circolare
del 09.09.2013 n. U-rsp/4693/2013 del Consiglio nazionale
degli ingegneri con la quale viene richiesto un chiarimento
al ministero dello sviluppo economico, al ministero
dell'ambiente e alle infrastrutture sulla mancanza di
disciplina transitoria rivolta a salvaguardare le competenze
acquisite dai professionisti operanti nel settore.
Ricordiamo che il 12 luglio è entrato in vigore il dpr
16.04.2013 n. 75 con il quale sono stati definiti i
requisiti che devono aver i tecnici chiamati a redigere
l'attestato di prestazione energetica (Ape) (si veda Italia
Oggi del 26 giugno scorso). Il dpr elenca i titoli di studio
da possedere: in pratica tutte le lauree tecniche e tutti i
diplomi tecnici. Per l'abilitazione bisogna essere iscritti
a un ordine professionale (laddove ne esista uno) e ottenere
una certificazione attestante il possesso dell'esperienza
nella progettazione di edifici o di impianti.
Alcuni laureati (per esempio in matematica o in fisica o in
ingegneria), però, devono frequentare un corso abilitante di
64 ore che è organizzato da ordini, università, enti di
ricerca, regioni, province autonome (art. 2, comma 4, lett.
b), del dpr n. 75/2013). Nella nota del 9 settembre scorso
il Consiglio nazionale degli ingegneri afferma che l'art. 2,
comma 4, lett. b), del dpr n. 75 del 2013 debba essere
applicato unicamente a coloro che si troveranno a operare a
partire dall'entrata in vigore del dpr 16.04.2013 n. 75 e
cioè dal 12 luglio scorso, facendo salva l'attività dei
tecnici già operanti nel settore.
L'articolo 2, comma 4, lett. b), del dpr 75 prevede,
infatti, la frequenza, con superamento dell'esame finale,
relativo a specifici corsi di formazione per la
certificazione energetica degli edifici anche per chi è in
possesso di uno dei seguenti titoli: «Laurea magistrale
fisica, ingegneria, matematica, scienze chimiche, scienze
della natura, scienze e tecnologie geologiche, scienze e
tecnologie per l'ambiente e il territorio, scienze
geofisiche ovvero laurea specialistica in fisica»
(articolo ItaliaOggi del 12.09.2013). |
agosto 2013 |
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COMPETENZE PROGETTUALI:
Geometri, il cemento armato solo dal 2010.
Il geometra può progettare delle modeste abitazioni civili
con l'impiego di strutture in cemento armato solo dopo la
riforma attuata dal legislatore con il dlgs 212 del 2010.
Per le opere fatte prima in violazione delle norme allora
vigenti il professionista non ha diritto al compenso anche
in caso di assoluzione, nel processo penale, dalle accuse di
esercizio abusivo della professione.
Lo ha sancito la Corte di Cassazione -Sez. II civile- che, con la
sentenza
30.08.2013 n. 19989, ha respinto il ricorso di un
geometra che chiedeva il pagamento del compenso per la
progettazione di una villa che aveva richiesto anche
l'impiego di opere in cemento armato. Insomma per la seconda
sezione civile del Palazzaccio è del tutto irrilevante che
l'uomo sia stato assolto dalle accuse di esercizio abusivo
della professione. E soprattutto che l'intervento di un
ingegnere successivo alla sua iniziale progettazione
dell'abitazione non sana la sua posizione e non fa scattare
il diritto al compenso.
In proposito il Collegio di legittimità, interpretando le
norme precedenti la riforma classe 2010, ha ribadito che ai
tecnici solo diplomati (geometri e periti in edilizia) è
consentita soltanto la progettazione, direzione e vigilanza
di modeste costruzioni civili, con esclusione in ogni caso
di opere che prevedano l'impiego di strutture in cemento
armato a meno che non si tratti di piccoli manufatti
accessori, trattandosi di una scelta inequivoca del
legislatore dettata da evidenti ragioni di pubblico
interesse, i limitati margini di discrezionalità attesa la
chiarezza e tassatività del precetto normativo.
In ogni caso
-dice ancora la Corte- resta esclusa (fino al 2010) la
competenza del geometra per le modeste costruzioni civili
che siano anche in cemento armato. In definitiva la
Cassazione ha escluso il diritto al compenso del
professionista anche perché, spiegano i Supremi giudici, il
negozio giuridico nullo, all'epoca della sua perfezione,
perché contrario a norme imperative, non può divenire valido
e acquistare efficacia per effetto della semplice
abrogazione di tali. In altri termini la riforma non può
incidere in alcun modo sulle cause già pendenti. Alla stessa
conclusione è giunta la Procura generale di Piazza Cavour
(articolo ItaliaOggi del 31.08.2013). |
COMPETENZE PROGETTUALI:
Il ricorrente pone due quesiti e chiede:
►
se le norme sulle competenze professionali dei geometri
vietino la scissione della progettazione architettonica da
quella strutturale ponendo come obbligatorio che sia lo
stesso soggetto a realizzare entrambe;
►
se le norme sulle competenze professionali dei geometri
escludono che tali professionisti possano svolgere
progettazione di modeste costruzioni civili ogni qual volta
sia richiesta l'utilizzazione di strutture, anche molto
semplici, in cemento armato.
---------------
Il successivo intervento, nella fase esecutiva ed in quella
della direzione dei lavori di un tecnico di livello
superiore a quello del redattore del progetto originario,
non può valere a sanare ex post la nullità per
violazione di norme imperative, del contratto d'opera
professionale, da valutarsi con esclusivo riferimento al
momento genetico del rapporto.
Occorre inoltre osservare che
non è consentito neppure al
committente scindere dalla progettazione generale quella
relativa alle opere in cemento armato poiché non possibile
enucleare e distinguere un'autonoma attività, per la parte
di tali lavori, riconducibile ad un ingegnere o ad un
architetto; infatti chi non è abilitato a delineare
l'ossatura, neppure può essere ritenuto in grado di dare
forma al corpo che deve esserne sorretto.
L'esclusione del compenso professionale, nel caso
considerato, discende dall'applicazione del disposto
dell'art. 2331, comma primo c.c. che, nei casi in cui
l'esercizio di un'attività professionale sia condizionato
all'iscrizione in un albo o elenco, espressamente nega
l'azione per il pagamento del compenso al professionista non
iscritto.
---------------
La legge n. 1086 del 1971 disciplina le opere di
conglomerato cementizio armato e all'art. 2 stabilisce che
la costruzione di tali opere deve avvenire in base ad un
progetto esecutivo redatto da un ingegnere o architetto o
geometra o perito industriale edile iscritti nel relativo
albo, nei limiti delle rispettive competenze. L'esecuzione
delle opere deve aver luogo sotto la direzione di un
ingegnere o architetto o geometra o perito industriale edile
iscritto nel relativo albo, nei limiti delle rispettive
competenze.
La normativa, nel ribadire i "limiti delle rispettive
competenze", chiaramente rinvia, senza introdurre
autonomi ed innovativi criteri attributivi di competenza,
alle previgenti rispettive normative professionali di
riferimento, tra le quali, dunque, per quanto riguarda i
geometri, quella in precedenza esaminata, che è rimasta
immutata.
La norma, in altri termini, non incide sull'ambito delle
competenze fissate dalle norme precedenti, ma stabilisce che
ogni qual volta si deve realizzare un'opera in
cemento armato la costruzione deve avvenire in base ad un
progetto esecutivo redatto da un ingegnere o architetto o
geometra o perito industriale edile iscritti nel relativo
albo e la direzione lavori e l'esecuzione delle opere deve
avere luogo sotto la direzione di un ingegnere o architetto
o geometra o perito industriale edile iscritto nel relativo
albo.
Siccome l'art. 16 r.d. 274/1929 alla lettera l) estende la
competenza del geometra, quanto alle "costruzioni rurali
e di edifici per uso d'industrie agricole di limitata
importanza" alle piccole "costruzioni accessorie in
cemento armato", ma solo a determinate condizioni,
mentre la lettera m) non contiene identica estensione per le
costruzioni civili di modesta importanza,
si deve ritenere che resti confermata l'esclusione della
competenza del geometra per le modeste costruzioni civili in
cemento armato.
Ne consegue che la normativa all'epoca
vigente non consentiva al geometra la progettazione e la
direzione delle costruzioni civili, ancorché modeste, ma in
cemento armato.
---------------
Giusta quanto assolutamente pacifico, in dottrina come in
giurisprudenza, e contrariamente a quanto si invoca da parte
del ricorrente, i requisiti di validità dei contratti sono
regolati dalla legge del tempo in cui essi vengono conclusi.
Alla luce di tale consolidato insegnamento si deve
concludere che il negozio giuridico nullo,
all'epoca della sua perfezione, perché contrario a norme
imperative, non può divenire valido e acquistare efficacia
per effetto della semplice abrogazione di tali disposizioni,
in quanto, perché questo effetto si determini, è necessario
che la nuova legge operi retroattivamente, incidendo sulla
qualificazione degli atti compiuti prima della sua entrata
in vigore.
Il ricorrente nella successiva memoria sostiene che la
soluzione da lui patrocinata oggi si imporrebbe in ragione
anche della nuova disposizione contenuta nel D.Lgs. n.
212/010 che disciplinerebbe in modo diverso la materia ed
avrebbe altresì carattere interpretativo di quello
precedente.
La normativa di cui al D.Lgs. 212/2010 ha abrogato il
R.D. n. 2229/1939, introducendo, per quanto qui interessa,
una diversa disciplina e, alla luce della giurisprudenza,
sopra richiamata, deve considerarsi innovativa; la nuova
normativa è inoltre del tutto priva di carattere
interpretativo della disciplina in materia di competenze del
geometra non rinvenendosi in essa alcun dato testuale che
possa portare a questa conclusione. Lo stesso ricorrente,
del resto, non indica alcun elemento in favore della sua
tesi.
Per contro va qui ribadito il principio che
la natura interpretativa di una disposizione
normativa, comportando una deroga al principio della
irretroattività della legge, dal momento che porta ad
applicare la nuova disposizione anche al passato, principio
senz'altro valido anche nel diritto comunitario, deve
risultare chiaramente dal suo contenuto, che deve non solo
enunciare il significato da attribuire ad una norma
precedente, ma anche la volontà del legislatore di imporre
questa interpretazione, escludendone ogni altra.
---------------
In conclusione devono essere confermati, nella
fattispecie, i principi costantemente affermati da questa
Corte secondo i quali:
- ai tecnici solo diplomati (geometri e
periti in edilizia) è consentita soltanto la progettazione,
direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con
esclusione in ogni caso di opere che prevedano l'impiego di
strutture in cemento armato a meno che non si tratti di
piccoli manufatti accessori, trattandosi di una scelta
inequivoca del legislatore dettata da evidenti ragioni di
pubblico interesse, i limitati margini di discrezionalità
attesa la chiarezza e tassatività del precetto normativo;
- tale disciplina professionale non è stata modificata dalla
legge 05.11.1971, n. 1086 e dalla legge 02.02.1974, n. 64,
le quali si sono limitate, pur senza esplicito richiamo, a
recepire la previgente ripartizione di competenze né tale
disciplina professionale è stata modificata dalla legge
05.11.1971, n. 1086, e dalla legge 02.02.1974, n. 64, le
quali si sono limitate, pur senza esplicito richiamo, a
recepire la previgente ripartizione di competenze;
- resta in ogni caso esclusa la competenza
del geometra per le modeste costruzioni civili che siano
anche in cemento armato.
---------------
Con citazione del 06/06/1992 De L.D. proponeva opposizione
al decreto ingiuntivo con il quale gli era stato ingiunto di
pagare al geometra Vitale Donato un compenso di lire
41.105.604 per attività professionale.
Il D.L. assumeva di avere conferito al V. l'incarico di
progettare la costruzione di un edificio, di averlo altresì
incaricato della direzione lavori, del disbrigo delle
pratiche amministrative e della predisposizione dei calcoli
del cemento armato che il V. aveva fatto redigere, a sue
spese, da un ingegnere; per tutte le prestazioni era stato
convenuto il corrispettivo di lire 12.000.000 oltre lire
4.000.000 per le pratiche di accatastamento e per quelle
necessarie per i certificato di abitabilità ed era stata già
pagata la complessiva somma di lire 16.400.000 senza
emissione di fattura.
...
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo il ricorrente deduce il vizio
di motivazione e la violazione dell'art. 2231 c.c. e delle
norme sulla competenza dei geometri e, in particolare, la
violazione del R.D. 11.02.1929, n. 274, art. 16, lett. m), e
della L. n. 1086 del 1971, art. 2 (contenente norme per la
disciplina delle opere in conglomerato cementizio armato).
Il ricorrente censura la ritenuta esclusione della
competenza dei geometri nella progettazione di opere in
cemento armato sostenendo di avere limitato il proprio
intervento alla progettazione architettonica affidando i
compiti relativi alla progettazione strutturale, relativa ai
calcoli delle strutture in cemento armato ad un ingegnere
che, quindi si è assunto le responsabilità sugli aspetti
rilevanti per la pubblica incolumità.
Il ricorrente formulando il quesito di diritto ex art.
366-bis c.p.c. ora abrogato, ma applicabile ratione
temporis,
chiede se le norme sulle competenze
professionali dei geometri vietino la scissione della
progettazione architettonica da quella strutturale ponendo
come obbligatorio che sia lo stesso soggetto a realizzare
entrambe.
2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce il
vizio di motivazione e la violazione dell'art. 2231 c.c. e
delle norme sulla competenza dei geometri e, in particolare
la violazione del R.D. 11.02.1929, n. 274, art. 16, lett.
m), e dell'art. 2 L. n. 1086/1971.
Il ricorrente sostiene che le norme in materia di competenza
professionale dei geometri non sarebbero state correttamente
applicate dalla Corte di Appello che avrebbe escluso la
legittimazione del geometra a progettare e dirigere
costruzioni dotate anche solo parzialmente di cemento
armato, mentre l'art. 2 L. n. 1086/1971 prevede che la
costruzione di opere in conglomerato cementizio possa
avvenire in base ad un progetto esecutivo redatto anche da
un geometra iscritto nel relativo albo nei limiti delle sue
competenze e, nel caso concreto, la competenza sarebbe
riconosciuta dallo stesso r.d. 274/1929 che, all'art. 16,
lett. m), attribuisce ai geometri la competenza in materia
di progetto, direzione vigilanza di modeste costruzioni
civili.
Il ricorrente formulando il quesito di diritto ex art.
366-bis c.p.c. ora abrogato, ma applicabile ratione
temporis,
chiede se le norme sulle competenze
professionali dei geometri escludono che tali professionisti
possano svolgere progettazione di modeste costruzioni civili
ogni qual volta sia richiesta l'utilizzazione di strutture,
anche molto semplici, in cemento armato.
2. I due motivi devono essere esaminati congiuntamente in
considerazione della loro stretta connessione e
interdipendenza.
3.1 Il primo motivo, che ripropone argomenti già più
volte esaminati e disattesi dalla giurisprudenza civile di
questa Corte, è infondato e il quesito non pertinente
rispetto alla fattispecie.
Il successivo intervento, nella fase esecutiva ed in quella
della direzione dei lavori di un tecnico di livello
superiore a quello del redattore del progetto originario,
non può valere a sanare ex post la nullità per
violazione di norme imperative, del contratto d'opera
professionale, da valutarsi con esclusivo riferimento al
momento genetico del rapporto (v. Cass. 08/04/2009 n. 8543
e, in precedenza, Cass. 467/1976).
Occorre inoltre osservare che
non è consentito neppure al
committente scindere dalla progettazione generale quella
relativa alle opere in cemento armato poiché non possibile
enucleare e distinguere un'autonoma attività, per la parte
di tali lavori, riconducibile ad un ingegnere o ad un
architetto; infatti chi non è abilitato a delineare
l'ossatura, neppure può essere ritenuto in grado di dare
forma al corpo che deve esserne sorretto (cfr. Consiglio
Stato, sez. V, 28.04.2011, n. 2537).
L'esclusione del compenso professionale, nel caso
considerato, discende dall'applicazione del disposto
dell'art. 2331, comma primo c.c. che, nei casi in cui
l'esercizio di un'attività professionale sia condizionato
all'iscrizione in un albo o elenco, espressamente nega
l'azione per il pagamento del compenso al professionista non
iscritto (Cass. 02/09/2011 n. 18038).
Il quesito non è pertinente in quanto non si nega la
astratta possibilità di scindere la progettazione
architettonica da quella strutturale, ma si nega che ciò
possa assumere rilievo alcuno al fine di escludere la
nullità del contratto quando il contratto, nel suo momento
genetico non l'abbia prevista essendo stato, invece,
conferito al geometra, con il contratto, l'incarico di
progettazione e direzione della costruzione.
3.2 Anche il secondo motivo è infondato e al quesito
si deve dare risposta negativa.
L'art. 1 R.D. 16.11.1939 n. 22291 (ora abrogato dal DLVO n.
212/2010) per quanto attiene alle costruzioni civili che
adottino strutture in cemento armato, sia pure modeste,
prevedeva che ogni competenza dovesse essere riservata agli
ingegneri ed architetti iscritti nell'albo.
L'art. 16 r.d. 274/1929, per quanto interessa ai fini della
presente controversia, così delimita l'ambito delle
competenze professionali dei geometri:
- alla lettera l) prevede la legittimazione del geometra
relativamente a: progetto, direzione, sorveglianza e
liquidazione di costruzioni rurali e di edifici per uso
d'industrie agricole, di limitata importanza, di struttura
ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in
cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di
calcolo e che per la loro destinazione non possono comunque
implicare pericolo per la incolumità delle persone;
- al punto m) prevede la legittimazione del geometra
relativamente a: progetto, direzione e vigilanza di modeste
costruzioni civili.
La legge n. 1086 del 1971 disciplina le opere di
conglomerato cementizio armato e all'art. 2 stabilisce che
la costruzione di tali opere deve avvenire in base ad un
progetto esecutivo redatto da un ingegnere o architetto o
geometra o perito industriale edile iscritti nel relativo
albo, nei limiti delle rispettive competenze. L'esecuzione
delle opere deve aver luogo sotto la direzione di un
ingegnere o architetto o geometra o perito industriale edile
iscritto nel relativo albo, nei limiti delle rispettive
competenze.
La normativa, nel ribadire i "limiti delle rispettive
competenze", chiaramente rinvia, senza introdurre
autonomi ed innovativi criteri attributivi di competenza,
alle previgenti rispettive normative professionali di
riferimento, tra le quali, dunque, per quanto riguarda i
geometri, quella in precedenza esaminata, che è rimasta
immutata (v. Cass. 08/04/2009 n. 8543).
La norma, in altri termini, non incide sull'ambito delle
competenze fissate dalle norme precedenti, ma stabilisce che
ogni qual volta si deve realizzare un'opera in
cemento armato la costruzione deve avvenire in base ad un
progetto esecutivo redatto da un ingegnere o architetto o
geometra o perito industriale edile iscritti nel relativo
albo e la direzione lavori e l'esecuzione delle opere deve
avere luogo sotto la direzione di un ingegnere o architetto
o geometra o perito industriale edile iscritto nel relativo
albo.
Siccome l'art. 16 r.d. 274/1929 alla lettera l) estende la
competenza del geometra, quanto alle "costruzioni rurali
e di edifici per uso d'industrie agricole di limitata
importanza" alle piccole "costruzioni accessorie in
cemento armato", ma solo a determinate condizioni,
mentre la lettera m) non contiene identica estensione per le
costruzioni civili di modesta importanza,
si deve ritenere che resti confermata l'esclusione della
competenza del geometra per le modeste costruzioni civili in
cemento armato.
Ne consegue che la normativa all'epoca
vigente non consentiva al geometra la progettazione e la
direzione delle costruzioni civili, ancorché modeste, ma in
cemento armato.
Giusta quanto assolutamente pacifico, in dottrina come in
giurisprudenza, e contrariamente a quanto si invoca da parte
del ricorrente, i requisiti di validità dei contratti sono
regolati dalla legge del tempo in cui essi vengono conclusi
(cfr. Cass. 12.10.1979, n. 5349; Cass. 12.04.1980, n. 2370;
Cass. 27/03/2002 n. 4434).
Alla luce di tale consolidato insegnamento si deve
concludere che il negozio giuridico nullo,
all'epoca della sua perfezione, perché contrario a norme
imperative, non può divenire valido e acquistare efficacia
per effetto della semplice abrogazione di tali disposizioni,
in quanto, perché questo effetto si determini, è necessario
che la nuova legge operi retroattivamente, incidendo sulla
qualificazione degli atti compiuti prima della sua entrata
in vigore (Cass.
21.02.1995, n. 1877).
3.3 Il ricorrente nella successiva memoria sostiene che la
soluzione da lui patrocinata oggi si imporrebbe in ragione
anche della nuova disposizione contenuta nel D.Lgs. n.
212/010 che disciplinerebbe in modo diverso la materia ed
avrebbe altresì carattere interpretativo di quello
precedente.
3.4 La normativa di cui al D.Lgs. 212/2010 ha abrogato il
R.D. n. 2229/1939, introducendo, per quanto qui interessa,
una diversa disciplina e, alla luce della giurisprudenza,
sopra richiamata, deve considerarsi innovativa; la nuova
normativa è inoltre del tutto priva di carattere
interpretativo della disciplina in materia di competenze del
geometra non rinvenendosi in essa alcun dato testuale che
possa portare a questa conclusione. Lo stesso ricorrente,
del resto, non indica alcun elemento in favore della sua
tesi.
Per contro va qui ribadito il principio che
la natura interpretativa di una disposizione
normativa, comportando una deroga al principio della
irretroattività della legge, dal momento che porta ad
applicare la nuova disposizione anche al passato, principio
senz'altro valido anche nel diritto comunitario, deve
risultare chiaramente dal suo contenuto, che deve non solo
enunciare il significato da attribuire ad una norma
precedente, ma anche la volontà del legislatore di imporre
questa interpretazione, escludendone ogni altra
(cfr. Cass. 23827/2012; Cass. n. 9895 del 2003; Cass. n.
7182 del 1986), aspetti che non si rinvengono nel D.Lgs.
212/2010.
3.5 In conclusione devono essere confermati, nella
fattispecie, i principi costantemente affermati da questa
Corte secondo i quali:
- ai tecnici solo diplomati (geometri e
periti in edilizia) è consentita soltanto la progettazione,
direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con
esclusione in ogni caso di opere che prevedano l'impiego di
strutture in cemento armato a meno che non si tratti di
piccoli manufatti accessori, trattandosi di una scelta
inequivoca del legislatore dettata da evidenti ragioni di
pubblico interesse, i limitati margini di discrezionalità
attesa la chiarezza e tassatività del precetto normativo
(v. Cass. 08/04/2009 n. 8543 e la giurisprudenza ivi
richiamata: Cass. 8545/2005, 7778/2005, 6649/2005,
3021/2005, 19821/2004, 5961/2004, 15327/2000, 5873/2000);
- tale disciplina professionale non è stata modificata dalla
legge 05.11.1971, n. 1086 e dalla legge 02.02.1974, n. 64,
le quali si sono limitate, pur senza esplicito richiamo, a
recepire la previgente ripartizione di competenze né tale
disciplina professionale è stata modificata dalla legge
05.11.1971, n. 1086, e dalla legge 02.02.1974, n. 64, le
quali si sono limitate, pur senza esplicito richiamo, a
recepire la previgente ripartizione di competenze (cfr.,
ex multis, Cass. 02/09/2011 n. 18038);
- resta in ogni caso esclusa la competenza
del geometra per le modeste costruzioni civili che siano
anche in cemento armato
(con riferimento all'ultimo quesito del secondo motivo).
4. Con il terzo motivo il ricorrente deduce il vizio
di motivazione della sentenza impugnata quanto alla
valutazione delle caratteristiche della costruzione essendo
stato escluso che potesse trattarsi di costruzione modesta.
Il ricorrente sostiene che la Corte di Appello avrebbe
escluso che la costruzione potesse considerarsi di modesta
importanza ai fini della legittimazione del geometra
riconosciuta dal r.d. 274/1929 all'art. 16, lett. m),
secondo un criterio meramente quantitativo, fondato sulle
dimensioni dell'edificio, senza considerare il criterio
tecnico-qualitativo con riferimento alla struttura
dell'edificio e alle relative modalità costruttive.
Invece, secondo il ricorrente, la costruzione, di cubatura
di poco superiore ai 2000 metri cubi fuori terra e,
comunque, di struttura semplice, non richiedeva soluzioni di
particolari problemi tecnici; richiama al riguardo
giurisprudenza del Consiglio di Stato che individua la
soglia della modesta entità dell'opera nei 5000 metri cubi e
una sentenza della Cassazione penale che avrebbe ritenuto
rientrare nella competenza dei geometri la costruzione di un
capannone industriale di 8.200 metri cubi.
3.1 La questione come sopra introdotta con il motivo di
ricorso diventa una questione di puro merito (sulla quale
peraltro la Corte di Appello ha adeguatamente motivato) che
comunque resta assorbita dal rilievo (v. supra) che è
in ogni caso esclusa la competenza del geometra per le
modeste costruzioni civili in cemento armato come, appunto,
quella per la quale è chiesto il compenso (Corte
di
Cassazione, Sez. II civile,
sentenza
30.08.2013 n. 19989). |
luglio 2013 |
|
COMPETENZE PROGETTUALI:
La progettazione delle opere di viabilità, non
strettamente connesse ai singoli fabbricati, è di pertinenza
degli ingegneri.
Con atto spedito per la notifica il
25.02.2013, depositato il 05.03.2013, il ricorrente
espone di aver ricevuto avviso, di cui all’articolo 11 del d.P.R.
08.06.2001, n. 327, per la realizzazione della
strada alternativa di collegamento “Via Calarossano - Via
Parata Grande” interessante un’area in cui è compreso anche
suolo di sua proprietà, al quale è seguito avviso di
occupazione di urgenza in forza di decreto n. 4389 del
21.12.2012. Agisce quindi per l’annullamento di tutti gli
atti in epigrafe indicati.
Con decreto presidenziale n. 86 del 06.03.2013, è stata
respinta la tutela cautelare anticipata.
Il comune di Ventotene ha depositato documentazione il 09.05.2013 ed opposto, con memoria del successivo 17,
l’infondatezza del ricorso.
Alla pubblica udienza del 20.06.2013, il ricorso è
stato chiamato e dopo la discussione è stato introdotto per
la decisione.
Il Collegio ritiene di dover esaminare in primo luogo il
quarto motivo di diritto con il quale il ricorrente, nel
prospettare la violazione degli articoli 51, 52 e 54 del
R.D. 23.10.1925, n. 2537 argomenta l’illegittimità
degli atti impugnati versandosi in ipotesi di progettazione
di un’opera viaria pubblica di indubbia rilevanza,
costituente infrastruttura primaria non riconducibile alla
competenza dell’architetto.
Il motivo è fondato e va
accolto.
Il regolamento di cui al R.D. 23.10.1925, n.
2537, adottato in esecuzione della legge 24.06.1923, n.
1395, disciplina le competenze dell’ingegnere e
dell’architetto.
L’articolo 51 riconduce a quella degli
ingegneri la progettazione e conduzione dei lavori per
“estrarre ed utilizzare i materiali direttamente od
indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le
industrie, dei lavori relativi alle vie ed ai mezzi di
trasporto di deflusso e di comunicazione, alle costruzioni
di ogni specie, alle macchine ed agli impianti industriali,
nonché, in generale, alle applicazioni della fisica, i
rilievi geometrici e le operazioni di estimo.”. In tale
previsione sono incluse le costruzioni per opere stradali ed
igienico-sanitarie (acquedotti, fognature, impianti di
depurazione), gli impianti elettrici, le opere idrauliche e
le opere di edilizia civile riconducibili alle “costruzioni
di ogni specie”.
Per l’articolo 52 rientrano nella
competenza comune, di ingegneri ed architetti, le “opere di
edilizia civile”. Il secondo comma di detta norma poi,
riconduce alla competenza degli architetti le opere di
edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico
e di restauro ed il ripristino degli edifici di interesse
storico-artistico.
Le citate norme sono state
pacificamente interpretate (Tar Venezia Veneto sez. I 08.07.2011, n. 1153; in termini anche: Tar Lecce Puglia
sez. III, 18.04.2012, n. 708) nel senso che la
progettazione delle opere di viabilità, non strettamente
connesse ai singoli fabbricati, sia di pertinenza degli
ingegneri (Consiglio Stato, sez. V, 06.04.1998, n. 416;
sez. IV, 19.02.1990, n. 92).
Tale ricostruzione
resiste agli argomenti addotti dal comune in sede di memoria
conclusiva.
In via preliminare deve esser evidenziato che la
progettazione riguarda una struttura di trasporto, deflusso
e comunicazione, quindi un’opera di rilevante importanza
perché tesa ad eliminare lo stato di pericolo e gli
inconvenienti, conseguenti allo sgrottamento dell’ambito
sottostante la strada comunale Calarossano, elencati nella
relazione tecnica predisposta dal progettista, quali:
-
l’isolamento di circa quindici nuclei familiari, comprese
due attività turistico-ricettive, irraggiungibili in caso
di emergenza sanitaria;
- l’impossibilità di accesso
all’area dell’eliporto, in caso di emergenza sanitaria;
-
l’impossibilità di accesso al cimitero comunale, con
conseguenze igienico-sanitarie in caso di decesso;
-
l’impossibilità di raggiungere le aree destinate
all’approvvigionamento delle merci, del gas g.p.l. e del
carburante;
- l’impossibilità di provvedere alla raccolta
dei r.s.u. Ciò posto il comune ha contrastato il motivo in
esame: - depositando copia del titolo di studio del
progettista (Laurea Specialistica in Architettura Classe N.
4/S Architettura ed Ingegneria Edile) nonché l’allegato 2
tabella di Corrispondenza tra le Classi di laurea relative
al D.M. 270/2004 e le Classi di laurea relative al D.M.
509/1999;
- argomentando che la Classe di Laurea Specialistica
4/S Architettura ed ingegneria edile di cui al D.M. 509/1999
corrisponde, attualmente alla Classe di Laurea Magistrale LM
- 4 Architettura e ingegneria edile - architettura con
l’ovvia conseguenza per la quale gli architetti che hanno
conseguito il titolo posseduto dal progettista incaricato
sono abilitati alla progettazione di cui alle norme in
esame, anche di quelle viarie.
Tuttavia tale tesi non può
esser condivisa dovendosi ad essa opporre, in via
risolutiva, come dette indicazioni rilevano sul piano delle
condizioni fissate per il conseguimento del titolo di studio
quindi di accesso alle distinte professioni, nel mentre la
disciplina invocata dai ricorrenti, diversamente, annette
rilievo alla natura delle attività professionali svolte e
che sostanziano i contenuti della competenza presupposta ai
fini dell’applicazione delle menzionate norme regolamentari.
In definitiva i provvedimenti impugnati presuppongono una
progettazione predisposta in violazione delle norme che
fissano le competenze degli ingegneri e degli architetti, in
particolare delle prescrizioni che impediscono a
quest’ultimi di progettare opere di urbanizzazione primaria
(opere viarie). La fondatezza del motivo in esame travolge,
anche in via derivata ed assorbente rispetto ad ogni altra
censura, tutti gli atti della procedura. Il ricorso va
quindi accolto con l’annullamento degli atti impugnati
(TAR Lazio-Latina,
sentenza 12.07.2013 n. 609 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE
PROGETTUALI:
La progettazione delle
opere di viabilità, non strettamente connesse ai singoli
fabbricati, è di pertinenza degli ingegneri.
---------------
E' illegittimo l'affidamento del progetto ad un architetto
in violazione delle norme che individuano le competenze
degli ingegneri e degli architetti, in particolare delle
prescrizioni che impediscono a quest’ultimi di progettare
opere di urbanizzazione primaria (opere viarie).
... per l’annullamento, previa sospensiva:
1 - della deliberazione del Consiglio Comunale n. 22
dell’08.08.2012 non notificata, di “Approvazione progetto
definitivo e approvazione variante urbanistica ai sensi
dell’art. 19 DPR 327/2001 per intervento “Strada alternativa
via Calarossano via Parata Grande”;
2 - della deliberazione del Consiglio Comunale n. 33 del
04.12.2012, mai notificata, avente ad oggetto: Strada
alternativa di collegamento via Calarossano - via Parata
Grande, compreso di percorso pedonale temporaneo per accesso
alle abitazioni isolate. Progetto definitivo in variante al
PdF. Adottato con DCC n. 22 dell’08.08.2012 ai sensi dell’art.
19 DPR 327/2001. Ratifica approvazione definitiva;
...
Con un primo motivo di diritto i ricorrenti, nel prospettare
la violazione degli articoli 51, 52, 53 e 54 del R.D. 23.10.1925, n. 2537 argomentano l’illegittimità di tutti
gli atti impugnati ed, in particolare, degli atti di
approvazione e ratifica dei progetti nonché di conferimento
dell’incarico, versandosi in ipotesi di progettazione di
un’opera viaria pubblica di indubbia rilevanza, costituente
infrastruttura primaria non riconducibile alla competenza
dell’architetto; la fondatezza del motivo travolgerebbe
conseguentemente e in via derivata tutti gli altri atti
connessi.
Il motivo è fondato e va accolto sulla base di
quanto già anticipato in sede cautelare.
Il regolamento di
cui al R.D. 23.10.1925, n. 2537, adottato in esecuzione
della legge 24.06.1923, n. 1395, disciplina le
competenze dell’ingegnere e dell’architetto.
L’articolo 51
riconduce a quella degli ingegneri la progettazione e
conduzione dei lavori per “estrarre ed utilizzare i
materiali direttamente od indirettamente occorrenti per le
costruzioni e per le industrie, dei lavori relativi alle vie
ed ai mezzi di trasporto di deflusso e di comunicazione,
alle costruzioni di ogni specie, alle macchine ed agli
impianti industriali, nonché, in generale, alle applicazioni
della fisica, i rilievi geometrici e le operazioni di
estimo”. In tale previsione sono incluse le costruzioni per
opere stradali ed igienico-sanitarie (acquedotti,
fognature, impianti di depurazione), gli impianti elettrici,
le opere idrauliche e le opere di edilizia civile
riconducibili alle “costruzioni di ogni specie”.
Per
l’articolo 52 rientrano nella competenza comune, di
ingegneri ed architetti, le “opere di edilizia civile”. Il
secondo comma di detta norma poi, riconduce alla competenza
degli architetti le opere di edilizia civile che presentano
rilevante carattere artistico e di restauro ed il ripristino
degli edifici di interesse storico-artistico.
Le citate
norme sono state pacificamente interpretate (Tar Venezia
Veneto sez. I 08.07.2011, n. 1153; in termini anche: Tar Lecce Puglia sez. III, 18.04.2012, n. 708) nel
senso che la progettazione delle opere di viabilità, non
strettamente connesse ai singoli fabbricati, sia di
pertinenza degli ingegneri (Consiglio Stato, sez. V, 06.04.1998, n. 416; sez. IV, 19.02.1990, n. 92).
Tale
tesi accolta in sede cautelare, va qui confermata ed anche
rispetto agli argomenti addotti dal comune con l’atto di
costituzione e con la memoria conclusiva. Il resistente,
richiamata la predisposizione del progetto preliminare da
parte dall’ufficio comunale, oppone innanzitutto la
rilevanza della competenza per “opere di edilizia civile”,
competenza comune ad entrambe le figure professionali, nella
quale dovrebbe esser sicuramente incluso l’intervento
progettato, interessante una struttura che, tra l’altro,
utilizzerebbe il tracciato della viabilità esistente per la
realizzazione di un percorso pedonale di accesso ai
fabbricati presenti in zona.
Siffatta indicazione non può
esser condivisa, deponendo in senso contrario gli atti
versati dallo stesso comune dai quali emerge che la
progettazione riguarda una struttura di trasporto, deflusso
e comunicazione, quindi un’opera di rilevante importanza
perché tesa ad eliminare lo stato di pericolo e gli
inconvenienti, conseguenti allo sgrottamento dell’ambito
sottostante la strada comunale Calarossano, elencati nella
relazione tecnica predisposta dal progettista, quali:
-
l’isolamento di circa quindici nuclei familiari, comprese
due attività turistico-ricettive, irraggiungibili in caso
di emergenza sanitaria;
- l’impossibilità di accesso
all’area dell’eliporto, in caso di emergenza sanitaria;
-
l’impossibilità di accesso al cimitero comunale, con
conseguenze igienico-sanitarie in caso di decesso;
-
l’impossibilità di raggiungere le aree destinate
all’approvvigionamento delle merci, del gas g.p.l. e del
carburante;
- l’impossibilità di provvedere alla raccolta
dei r.s.u..
Per un secondo aspetto ha quindi contrastato il
motivo in esame:
- depositando copia del titolo di studio
del progettista (Laurea Specialistica in Architettura Classe
N. 4/S Architettura ed Ingegneria Edile) nonché l’allegato 2
tabella di Corrispondenza tra le Classi di laurea relative
al D.M. 270/2004 e le Classi di laurea relative al D.M.
509/1999;
- argomentando che la Classe di Laurea Specialistica
4/S Architettura ed ingegneria edile di cui al D.M. 509/1999
corrisponde, attualmente alla Classe di Laurea Magistrale LM
- 4 Architettura e ingegneria edile-architettura con
l’ovvia conseguenza per la quale gli architetti che hanno
conseguito il titolo posseduto dal progettista incaricato
sono abilitati alla progettazione di cui alle norme in
esame, anche di quelle viarie.
Anche siffatta tesi non può
esser condivisa dovendosi ad essa opporre, in via
risolutiva, come dette indicazioni rilevano sul piano delle
condizioni fissate per il conseguimento del titolo di studio
quindi di accesso alle distinte professioni, nel mentre la
disciplina invocata dai ricorrenti, diversamente, annette
rilievo alla natura delle attività professionali svolte e
che sostanziano i contenuti della competenza presupposta ai
fini dell’applicazione delle menzionate norme regolamentari.
In definitiva il progetto è stato illegittimamente
affidato ad un professionista in violazione delle norme che
individuano le competenze degli ingegneri e degli
architetti, in particolare delle prescrizioni che
impediscono a quest’ultimi di progettare opere di
urbanizzazione primaria (opere viarie).
La fondatezza del
motivo in esame travolge, anche in via derivata ed
assorbente rispetto ad ogni altra censura, tutti gli atti
della procedura, esito questo al quale concorre anche la
fondatezza della dedotta violazione dell’articolo 11 del d.P.R.
08.06.2001, n. 327, motivo che resiste alle
contrarie indicazioni perché:
- la pubblicazione all’albo
pretorio della comunicazione dell’avvio del procedimento per
l’apposizione del vincolo preordinato all’espropriazione,
non può surrogare un adempimento che riguarda personalmente
ed individualmente i soggetti interessati;
- le allegazioni
relative alle comunicazioni personali interessanti i
ricorrenti M. Bosco e B. Gargiulo, certificano solo la
spedizione non ricavandosi, dagli avvisi di ricevimento
prodotti, alcuna “firma per esteso del ricevente” idonea a
certificare la ricezione.
Il ricorso va quindi accolto con l’annullamento della
determina di affidamento dell’incarico, delle delibere
consiliari di approvazione e ratifica della approvazione
definitiva nonché dei decreti di occupazione d’urgenza (TAR Lazio-Latina,
sentenza 12.07.2013 n. 608 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE
PROGETTUALI:
Va osservato che l’art. 16 del RD 11.02.1929 n.
274 attribuisce alla competenza del geometra la
progettazione direzione, sorveglianza e liquidazione di
costruzioni rurali e di edifici per uso d'industrie
agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria,
comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato,
che non richiedono particolari operazioni di calcolo e che
per la loro destinazione non possono comunque implicare
pericolo per la incolumità delle persone.
Nel caso in esame si tratta di un tradizionale capannone a
pianta rettangolare (con dimensioni di ml. 20x25 circa), con
struttura prefabbricata (articolata in pilastri con
interasse ml. 6,33 su un lato e ml. 9,45 massimi sull’altro,
che reggono la struttura di copertura), e che non presenta
alcun elemento architettonico di rilievo o comunque
complesso.
Va inoltre osservato che i progetti versati in atti (sulla
base dei quali venivano poi rilasciate le varie concessioni
edilizie per l’opera in esame) non rappresentano la versione
esecutiva (che include la risoluzione dei problemi tecnici
di dettaglio e i calcoli strutturali), ma la versione di
massima (che riguarda essenzialmente il profilo
architettonico dell’immobile), per cui il Collegio non
intravede (perlomeno nell’odierna fase
amministrativo-concessoria) particolari difficoltà tecniche
implicanti complesse operazioni di calcolo, fuori dalla
professionalità del geometra, al fine di evitare pericoli
per la pubblica incolumità (che attengono, invece, alla fase
di cantierabilità ed esecuzione dei lavori).
Dagli atti risulta, inoltre, che il progettista e il
direttore dei lavori strutturali è stato l’Ing. ….. e che
l’opera è stata regolarmente collaudata (sotto il profilo
statico) dall’Ing. …..; circostanze che rafforzano la
conclusione che il Geom. …… abbia operato entro i limiti
della propria competenza professionale.
Trova pertanto applicazione anche l’orientamento
giurisprudenziale, già condiviso da questo Tribunale,
secondo cui la presenza dell'ingegnere progettista delle
opere strutturali assorbe per intero quella parte che poteva
esorbitare dalla competenza professionale del geometra. Di
conseguenza la contestazione circa l'inidoneità del geometra
a sottoscrivere il progetto esaminato dal comune viene a
cadere e, quindi, tale aspetto della vicenda non è
suscettibile di incidere negativamente sulla legittimità
dell'impugnata concessione edilizia.
Al riguardo il Collegio non ignora che esistono anche
indirizzi giurisprudenziali di contrario avviso, adottati
sul rilievo che non sarebbe possibile enucleare e
distinguere un’autonoma attività, per la parte di tali
lavori, riconducibile ad un ingegnere o ad un architetto, il
che (prosegue la citata giurisprudenza) apparirebbe
senz’altro esatto, in quanto chi non è abilitato a delineare
l’ossatura, neppure può essere ritenuto in grado di dare
forma al corpo che deve esserne sorretto.
A giudizio del Collegio appare invece possibile, sulla base
di comuni esperienze di fatto, scindere dette attività
progettuali, poiché definita l’ossatura (o, meglio, la
struttura portante di un edificio, dimensionata per reggere
tutte le sollecitazioni, statiche e dinamiche, verticali e
orizzontali, cui esso è o potrebbe essere sottoposto) da
parte del tecnico a ciò abilitato, l’ulteriore attività
progettuale si risolve nella definizione di elementi di
chiusura della stessa, mediante opere di tamponamento
interno ed esterno di natura essenzialmente architettonica;
opere volte a delimitare gli spazi in cui si svolge
l’attività umana e che non richiedono il possesso di
specifiche competenze strutturali (attività che, spesso,
viene svolta dai tecnici specializzati nei soli componenti
d’arredo)….”.
Passando quindi al ricorso principale, va anzitutto
rigettato il primo motivo, per le ragioni che di seguito si
espongono.
Pur consapevole dell’esistenza di orientamenti
giurisprudenziali molto diversificati sul punto, il
Tribunale ritiene di confermare quanto già statuito in
sentenze recenti relative a vicende analoghe.
In particolare, nella sentenza n. 355/2011 (nonché nella
coeva decisione n. 356/2011), il Tribunale ha statuito che “….Al
riguardo va osservato che l’art. 16 del RD 11.02.1929 n. 274
attribuisce alla competenza del geometra la progettazione
direzione, sorveglianza e liquidazione di costruzioni rurali
e di edifici per uso d'industrie agricole, di limitata
importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole
costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono
particolari operazioni di calcolo e che per la loro
destinazione non possono comunque implicare pericolo per la
incolumità delle persone.
Nel caso in esame si tratta di un tradizionale capannone a
pianta rettangolare (con dimensioni di ml. 20x25 circa), con
struttura prefabbricata (articolata in pilastri con
interasse ml. 6,33 su un lato e ml. 9,45 massimi sull’altro,
che reggono la struttura di copertura), e che non presenta
alcun elemento architettonico di rilievo o comunque
complesso.
Va inoltre osservato che i progetti versati in atti (sulla
base dei quali venivano poi rilasciate le varie concessioni
edilizie per l’opera in esame) non rappresentano la versione
esecutiva (che include la risoluzione dei problemi tecnici
di dettaglio e i calcoli strutturali), ma la versione di
massima (che riguarda essenzialmente il profilo
architettonico dell’immobile), per cui il Collegio non
intravede (perlomeno nell’odierna fase
amministrativo-concessoria) particolari difficoltà tecniche
implicanti complesse operazioni di calcolo, fuori dalla
professionalità del geometra, al fine di evitare pericoli
per la pubblica incolumità (che attengono, invece, alla fase
di cantierabilità ed esecuzione dei lavori).
Dagli atti risulta, inoltre, che il progettista e il
direttore dei lavori strutturali è stato l’Ing. ….. e che
l’opera è stata regolarmente collaudata (sotto il profilo
statico) dall’Ing. …..; circostanze che rafforzano la
conclusione che il Geom. …… abbia operato entro i limiti
della propria competenza professionale.
Trova pertanto applicazione anche l’orientamento
giurisprudenziale, già condiviso da questo Tribunale (cfr.
TAR Marche 13.03.2008 n. 194; 23.11.2001 n. 1220), secondo
cui la presenza dell'ingegnere progettista delle opere
strutturali assorbe per intero quella parte che poteva
esorbitare dalla competenza professionale del geometra. Di
conseguenza la contestazione circa l'inidoneità del geometra
a sottoscrivere il progetto esaminato dal comune viene a
cadere e, quindi, tale aspetto della vicenda non è
suscettibile di incidere negativamente sulla legittimità
dell'impugnata concessione edilizia (cfr. Cons. Stato, Sez.
V, 04.06.2003 n. 3068; v. anche Cons. Stato, Sez. V
03.10.2002 n. 5208 riguardante edifici analoghi).
Al riguardo il Collegio non ignora che esistono anche
indirizzi giurisprudenziali di contrario avviso (cfr. da
ultimo, Cons. Stato, Sez. V, 28.04.2011 n. 253), adottati
sul rilievo che non sarebbe possibile enucleare e
distinguere un’autonoma attività, per la parte di tali
lavori, riconducibile ad un ingegnere o ad un architetto, il
che (prosegue la citata giurisprudenza) apparirebbe
senz’altro esatto, in quanto chi non è abilitato a delineare
l’ossatura, neppure può essere ritenuto in grado di dare
forma al corpo che deve esserne sorretto.
A giudizio del Collegio appare invece possibile, sulla base
di comuni esperienze di fatto, scindere dette attività
progettuali, poiché definita l’ossatura (o, meglio, la
struttura portante di un edificio, dimensionata per reggere
tutte le sollecitazioni, statiche e dinamiche, verticali e
orizzontali, cui esso è o potrebbe essere sottoposto) da
parte del tecnico a ciò abilitato, l’ulteriore attività
progettuale si risolve nella definizione di elementi di
chiusura della stessa, mediante opere di tamponamento
interno ed esterno di natura essenzialmente architettonica;
opere volte a delimitare gli spazi in cui si svolge
l’attività umana e che non richiedono il possesso di
specifiche competenze strutturali (attività che, spesso,
viene svolta dai tecnici specializzati nei soli componenti
d’arredo)….”.
Come si vede, tali principi sono perfettamente applicabili
al caso di specie, visto che il geom. M. ha curato la
progettazione solo dal punto di vista architettonico e con
riguardo ad impianti che rientrano sicuramente nelle sue
competenze professionali. Viceversa tutti i manufatti in
cemento armato sono stati progettati e collaudati da
ingegneri, i quali non si sono limitati a controfirmare il
progetto del geom. M., ma hanno sottoscritto in proprio
i rispettivi elaborati.
Non si comprende poi l’eccezione riferita al fatto che il
deposito degli elaborati progettuali presso la Provincia di
Ancona non sanerebbe l’illegittimità. Il ricorrente non
tiene conto infatti della disciplina di cui agli artt. 65 e
93 del T.U. n. 380/2001, i quali prevedono espressamente che
il deposito degli elaborati presso il Genio Civile deve
precedere l’inizio dei lavori, il che vuol dire che tali
elaborati non debbono necessariamente essere prodotti in
sede autorizzatoria. Fra l’altro, avendo la Provincia
partecipato alla conferenza di servizi, sarebbe stato
agevole per essa rilevare l’omissione e sollecitare la ditta
proponente a produrre i calcoli strutturali, mentre nessuna
obiezione è stata mossa al riguardo in seno alla conferenza
di servizi (TAR Marche,
sentenza 11.07.2013 n. 559 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
maggio 2013 |
|
COMPETENZE PROGETTUALI:
Opere idrauliche solo a ingegneri.
Il Tar Puglia esclude gli architetti.
Le opere idrauliche sono di esclusiva competenza degli
ingegneri e non degli architetti. Gli impianti della rete
urbana di condotta e distribuzione dell'acqua «non sono
riconducibili all'ambito dell'edilizia civile, ma piuttosto
rientrano nell'ingegneria idraulica che, ai sensi
dell'art.51 del regolamento (regio decreto 23.10.1925
n. 2537), è riservata alla professione di ingegnere».
Questo
è quanto emerge dalla
sentenza 31.05.2013 n. 1270 del Tar Puglia-Lecce,
Sez. II.
Il fatto: veniva presentato
ricorso dagli ordini territoriali di Brindisi e Lecce contro
la decisione di un ente locale di affidare la direzione dei
lavori a un architetto. Dopo aver evidenziato che non
sussiste una completa equiparazione delle competenze di
architetti e ingegneri, i giudici amministrativi ricordano
che l'art. 51 del regolamento per le professioni d'ingegnere
e di architetto (regio decreto 23.10.1925 n. 2537),
dedicato alla professione di ingegnere, prevede una
competenza di carattere generale, comprendente interventi di
vario tipo, riconoscendo in senso lato un'abilitazione che
racchiude «ogni forma di applicazione delle tecniche
relative alla fisica, alla rilevazione geometrica ed alle
operazioni di estimo».
L'art. 52 del rd 2537/1925, relativo agli architetti,
delimita invece la loro competenza alle sole «opere di
edilizia civile». Inoltre i giudici chiariscono come «i
principi suddetti, oltre che per la progettazione, non
possono non valere anche per la direzione lavori», dato
che le disposizioni del codice dei contratti pubblici non
incidono sul riparto di competenze tra le diverse figure
professionali.
I giudici amministrativi concludono affermando che rimane
riservata alla competenza generale degli ingegneri (con
conseguente esclusione degli architetti) «la
progettazione di costruzioni stradali, opere
igienicosanitarie, impianti elettrici, opere idrauliche,
operazioni di estimo, estrazione di materiali, opere
industriali»
(articolo ItaliaOggi del 12.07.2013). |
COMPETENZE PROGETTUALI: Rete
idrica, lavori diretti da ingegneri, no architetti.
Non può essere aggiudicata a un architetto la direzione dei
lavori per l'adeguamento della rete idrica del Comune:
l'attività rientra nelle opere idrauliche, e va dunque
riservata a un ingegnere, perché esula dal concetto di
«edilizia civile», laddove quest'ultima prevede invece anche
la partecipazione dell'architetto.
È quanto emerge dalla
sentenza 31.05.2013 n. 1270 emessa dal TAR
Puglia-Lecce, Sez, II..
Fonte sovraordinata
- Accolto il ricorso dell'Ordine degli ingegneri, rimasti
esclusi dall'appalto. I lavori sugli impianti della rete
urbana di condotta e distribuzione dell'acqua costituiscono
un'opera idraulica vera e propria. Nella nozione di «edilizia
civile» sono invece comprese tutte le opere anche
connesse e accessorie, purché ovviamente si tratti di
pertinenze al servizio di singoli fabbricati o complessi
edilizi. Ma non vi rientrano anche i lavori di ingegneria
idraulica.
Il regolamento dell'ente locale, poi, non può derogare alla
disciplina portata da fonti sovraordinate come, fra l'altro,
il dlgs 129/92, che agli art. 1 e 2 ha attribuito una
specifica riserva a favore degli ingegneri per quanto
concerne la progettazione di opere viarie non connesse con
opere di edilizia civile. È in particolare riservata agli
ingegneri la progettazione di costruzioni stradali, opere
igienico-sanitarie, impianti elettrici, opere idrauliche,
operazioni di estimo, estrazione di materiali, opere
industriali.
Legittimazione attiva
- Nessun dubbio che l'organismo professionale sia
legittimato a far annullare l'attribuzione dell'incarico.
Gli Ordini degli ingegneri, degli architetti, dei geologi,
devono ritenersi, infatti, legittimati a impugnare avvisi o
bandi di gara o, più in generale, atti di procedure
selettive poste in essere da pubbliche amministrazioni per
la scelta dei professionisti cui affidare incarichi di
progettazione, ogni qual volta le regole di scelta del
contraente e gli atti della procedura siano idonei a
determinare la lesione di profili della professionalità dei
professionisti partecipanti.
La legittimazione sussiste se le regole della procedura
incidono direttamente sulle regole professionali. Spese di
giudizio compensate
(articolo ItaliaOggi del 09.07.2013). |
ATTI
AMMINISTRATIVI - COMPETENZE PROGETTUALI: La
giurisprudenza amministrativa <<ha da tempo riconosciuto
ampia legittimazione al ricorso giurisdizionale in capo agli
Ordini e Collegi professionali a tutela sia di interessi
propri dell’ente che di interessi propri ed esponenziali del
gruppo professionale nel suo complesso. Gli Ordini degli
ingegneri, degli architetti, dei geologi, devono ritenersi,
infatti, legittimati ad impugnare avvisi o bandi di gara o,
più in generale, atti di procedure selettive poste in essere
da pubbliche amministrazioni per la scelta dei
professionisti cui affidare incarichi di progettazione, ogni
qual volta le regole di scelta del contraente e gli atti
della procedura siano idonei a determinare la lesione di
profili della professionalità dei professionisti
partecipanti. Detta legittimazione sussiste […] qualora le
regole della procedura siano direttamente incidenti sulle
regole professionali (ad es. ammissione di altre
professionalità allo svolgimento di attività riservate alla
categoria ricorrente>>.
---------------
Non vi è dubbio che nella nozione di “edilizia civile” siano
da comprendere tutte le opere anche connesse ed accessorie,
purché ovviamente si tratti di pertinenze al servizio di
singoli fabbricati o complessi edilizi.
Sennonché, nella specie, la delibera impugnata riguarda
incarichi relativi all’ammodernamento ed all’ampliamento
della rete idrica comunale.
In proposito, tali lavori, concernenti gli impianti della
rete urbana di condotta e distribuzione dell’acqua, non sono
riconducibili all’ambito dell’“edilizia civile”, ma
piuttosto rientrano nell’ingegneria idraulica che, ai sensi
dell’art. 51 del citato regolamento, forma bensì oggetto
riservato alla professione di ingegnere.
Ciò risulta confermato dal successivo art. 54 che, pur
estendendo, in via eccezionale, la competenza ordinaria
degli architetti diplomati entro una certa data, fa
esplicita eccezione per una serie di applicazioni, di
carattere più marcatamente tecnico-scientifico, tra le quali
appunto le “opere idrauliche”.
In definitiva è, quindi, da escludere che gli incarichi in
questione possano essere conferiti ad architetti.
---------------
Quanto all’applicabilità dei principi appena richiamati al
caso in esame, gli stessi non possono non rilevare anche con
riferimento all’attività di direzione lavori.
Invero, gli articoli 51 e 52 del r.d. n. 2537/1925,
confermato nella sua piena vigenza e nel suo contenuto
dall’art. 1, comma 2, del d.lgs. 129/1992 (di attuazione,
tra l’altro, della direttiva Cee n. 384/85), riservano alla
comune competenza di architetti e ingegneri le sole opere di
edilizia civile, mentre rimane riservata alla competenza
generale degli ingegneri la progettazione di costruzioni
stradali, opere igienico-sanitarie, impianti elettrici,
opere idrauliche, operazioni di estimo, estrazione di
materiali, opere industriali.
Né può valere l’obiezione per cui, per la direzione dei
lavori […], varrebbe una diversa regola rispetto a quella
valevole per la progettazione, in quanto ormai la sede della
disciplina della direzione dei lavori si trova nel “Codice
dei contratti pubblici” (art. 130), atteso che l’art. 130
del d.lgs. 163/2011 manifesta solo una opzione per quanto
concerne la direzione dei lavori, da svolgersi
preferibilmente all’interno della stazione appaltante, ma
non è norma che riguarda il riparto di competenze tra
diverse figure professionali, che rimane invece, regolato
dal r.d. n. 2537/1925.
Inoltre, l’art. 148 del d.p.r. 207/2010 (regolamento di
esecuzione del d.lgs. 163/2011), sancisce che il direttore
dei lavori cura che i lavori cui è preposto siano eseguiti a
regola d’arte e in conformità del progetto; sembra pertanto
logico che se la progettazione dei lavori è rimessa, secondo
l’ordine delle competenze professionali di cui si è detto,
alla categoria degli ingegneri anche la direzione dei lavori
deve essere affidata per quelle opere alla stessa categoria.
Né può essere accolta la tesi comunale, in base alla quale
la distinzione delle competenze tra architetti e ingegneri,
in quanto disciplinata da una norma regolamentare (r.d. n.
2357/1925), sarebbe modificabile da regolamenti successivi
dei singoli enti locali, e ciò per due ordini di motivi:
in primo luogo, in ragione della circostanza per cui il
citato r.d., pur non essendo una norma di rango legislativo
primario, è fonte sovraordinata rispetto ai regolamenti
degli enti locali e, in secondo luogo, in quanto il
riparto delle competenze tra le due figure professionali ivi
fissato è stato cristallizzato, come detto, dal d.lgs.
129/1992, che agli articoli 1 e 2 ha attribuito una
specifica riserva a favore degli ingegneri per quanto
concerne la progettazione di opere viarie non connesse con
opere di edilizia civile, qual è all’evidenza l’opera
pubblica in parola.
1.- Premesso che gli Ordini professionali ricorrenti
censurano il provvedimento con il quale l’Amministrazione
Comunale intimata aggiudicava, relativamente ai disposti <<lavori
di adeguamento dei recapiti finali di reti di fognatura
pluviale che scaricano nel sottosuolo attraverso pozzi
assorbenti>>, i servizi di <<direzione lavori, misura
e contabilità, nonché coordinamento in materia di sicurezza
nella fase esecutiva>>.
2.- Rilevato che, in particolare, essi contestano la
riconducibilità dei servizi in parola alle competenze degli
iscritti all’Albo degli Architetti (tale è l’aggiudicataria)
piuttosto che a quelle degli iscritti all’Albo degli
Ingegneri.
3.- Osservato in via preliminare, quanto al tema della
legittimazione al gravame, che la giurisprudenza
amministrativa <<ha da tempo riconosciuto ampia
legittimazione al ricorso giurisdizionale in capo agli
Ordini e Collegi professionali a tutela sia di interessi
propri dell’ente che di interessi propri ed esponenziali del
gruppo professionale nel suo complesso. Gli Ordini degli
ingegneri, degli architetti, dei geologi, devono ritenersi,
infatti, legittimati ad impugnare avvisi o bandi di gara o,
più in generale, atti di procedure selettive poste in essere
da pubbliche amministrazioni per la scelta dei
professionisti cui affidare incarichi di progettazione, ogni
qual volta le regole di scelta del contraente e gli atti
della procedura siano idonei a determinare la lesione di
profili della professionalità dei professionisti
partecipanti. Detta legittimazione sussiste […] qualora le
regole della procedura siano direttamente incidenti sulle
regole professionali (ad es. ammissione di altre
professionalità allo svolgimento di attività riservate alla
categoria ricorrente […])>> (Tar Basilicata, I,
08.06.2011, n. 352; v. anche Tar Veneto, I, 25.11.2003, n.
5909; Tar Campania Napoli, I, 22.02.2000, n. 500).
3.1 Osservato ancora, quanto alla pure dedotta
inammissibilità del gravame per mancata censura degli atti
inditivi della selezione, che gli atti stessi non
esplicitavano, a ben vedere, l’apertura della medesima
-anche- a categorie professionali diverse da quella degli
ingegneri (<<Soggetti che possono presentare
manifestazioni d’interesse per il conferimento
dell’incarico: Liberi professionisti in forma singola o
associata […]>>), sicché di per sé non risultavano
concretamente lesivi dell’interesse oggi azionato.
4.- Ritenuto, quanto al ‘merito’ delle questioni in
esame, che secondo l’indirizzo della giurisprudenza
amministrativa <<il capo IV del regolamento per le
professioni d’ingegnere e di architetto, approvato con regio
decreto n. 2537 del 1925, disciplina l’oggetto ed i limiti
delle competenze spettanti alle due figure professionali.
Al riguardo, non è invero riscontrabile una completa
equiparazione tra tali categorie di professionisti. L’art.
51, concernente la professione di ingegnere, prevede una
competenza di carattere generale comprendente interventi di
vario tipo, relativi alla progettazione, conduzione e stima
relativi alle “costruzioni di ogni specie” ed
all’impiantistica civile ed industriale, alle infrastrutture
ed ai mezzi di trasporto, di deflusso e di comunicazione,
riconoscendo in senso lato una abilitazione comprendente
ogni forma di applicazione delle tecniche relative alla
fisica, alla rilevazione geometrica ed alle operazioni di
estimo.
L’art. 52 delimita, invece, la competenza professionale
degli architetti alle sole “opere di edilizia civile”, che
rientrano pure nelle competenze degli ingegneri, eccetto per
quanto riguarda la parte non “tecnica” degli interventi su
edifici di rilevante interesse artistico.
Orbene non vi è dubbio che nella nozione di “edilizia
civile” siano da comprendere tutte le opere anche connesse
ed accessorie, purché ovviamente si tratti di pertinenze al
servizio di singoli fabbricati o complessi edilizi.
Sennonché, nella specie, la delibera impugnata riguarda
incarichi relativi all’ammodernamento ed all’ampliamento
della rete idrica comunale.
In proposito, tali lavori, concernenti gli impianti della
rete urbana di condotta e distribuzione dell’acqua, non sono
riconducibili all’ambito dell’“edilizia civile”, ma
piuttosto rientrano nell’ingegneria idraulica che, ai sensi
dell’art. 51 del citato regolamento, forma bensì oggetto
riservato alla professione di ingegnere.
Ciò risulta confermato dal successivo art. 54 che, pur
estendendo, in via eccezionale, la competenza ordinaria
degli architetti diplomati entro una certa data, fa
esplicita eccezione per una serie di applicazioni, di
carattere più marcatamente tecnico-scientifico, tra le quali
appunto le “opere idrauliche” (cfr. Cons. St., IV,
19.02.1990, n. 92).
In definitiva è, quindi, da escludere che gli incarichi in
questione possano essere conferiti ad architetti>> (Tar
Campania Napoli, I, 14.08.1998, n. 2751; più di recente, v.
Tar Calabria Catanzaro, II, 09.04.2008, n. 354; Consiglio di
Stato, IV, 09.05.2001, n. 2600).
4.1 Ritenuto inoltre, quanto all’applicabilità dei principi
appena richiamati al caso in esame, che gli stessi non
possono non rilevare anche con riferimento all’attività di
direzione lavori, secondo quanto correttamente precisato dal
Tar Emilia Romagna Parma nella sentenza n. 389 del
09.11.2011: <<gli articoli 51 e 52 del r.d. n. 2537/1925,
confermato nella sua piena vigenza e nel suo contenuto
dall’art. 1, comma 2, del d.lgs. 129/1992 (di attuazione,
tra l’altro, della direttiva Cee n. 384/85), riservano alla
comune competenza di architetti e ingegneri le sole opere di
edilizia civile, mentre rimane riservata alla competenza
generale degli ingegneri la progettazione di costruzioni
stradali, opere igienico-sanitarie, impianti elettrici,
opere idrauliche, operazioni di estimo, estrazione di
materiali, opere industriali.
Né può valere l’obiezione per cui, per la direzione dei
lavori […], varrebbe una diversa regola rispetto a quella
valevole per la progettazione, in quanto ormai la sede della
disciplina della direzione dei lavori si trova nel “Codice
dei contratti pubblici” (art. 130), atteso che l’art. 130
del d.lgs. 163/2011 manifesta solo una opzione per quanto
concerne la direzione dei lavori, da svolgersi
preferibilmente all’interno della stazione appaltante, ma
non è norma che riguarda il riparto di competenze tra
diverse figure professionali, che rimane invece, regolato
dal r.d. n. 2537/1925.
Inoltre, l’art. 148 del d.p.r. 207/2010 (regolamento di
esecuzione del d.lgs. 163/2011), sancisce che il direttore
dei lavori cura che i lavori cui è preposto siano eseguiti a
regola d’arte e in conformità del progetto; sembra pertanto
logico che se la progettazione dei lavori è rimessa, secondo
l’ordine delle competenze professionali di cui si è detto,
alla categoria degli ingegneri anche la direzione dei lavori
deve essere affidata per quelle opere alla stessa categoria.
Né può essere accolta la tesi comunale, in base alla quale
la distinzione delle competenze tra architetti e ingegneri,
in quanto disciplinata da una norma regolamentare (r.d. n.
2357/1925), sarebbe modificabile da regolamenti successivi
dei singoli enti locali, e ciò per due ordini di motivi:
in primo luogo, in ragione della circostanza per cui il
citato r.d., pur non essendo una norma di rango legislativo
primario, è fonte sovraordinata rispetto ai regolamenti
degli enti locali e, in secondo luogo, in quanto il
riparto delle competenze tra le due figure professionali ivi
fissato è stato cristallizzato, come detto, dal d.lgs.
129/1992, che agli articoli 1 e 2 ha attribuito una
specifica riserva a favore degli ingegneri per quanto
concerne la progettazione di opere viarie non connesse con
opere di edilizia civile, qual è all’evidenza l’opera
pubblica in parola>>).
4.2 Ritenuto, infine, che la presenza di un ingegnere
all’interno dell’ufficio di direzione dei lavori (l’ing.
Martina, ispettore di cantiere) non incide, giuridicamente,
sulla questione della legittimazione -in questo caso
insussistente- degli architetti a ricoprire l’incarico di
cui oggi si discute
(TAR Puglia-Lecce, Sez. II,
sentenza 31.05.2013 n. 1270
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI:
Fotovoltaico, oltre i sei kW progettazione agli ingegneri.
No alla progettazione da parte dei geometri di un impianto
fotovoltaico di potenza superiore a 6 kW. Il geometra può
solo progettare un impianto di potenza inferiore ai 6 kW in
qualità di tecnico abilitato ai sensi dell'articolo 4 del dm
n. 37/2008. Il solo iscritto all'albo potrà dunque
progettare un impianto fotovoltaico di potenza superiore a 6
kW mentre per quelli di potenza inferiore la progettazione
potrà essere eseguita dal tecnico abilitato dipendente
dell'azienda installatrice. Il professionista abilitato
dovrà quindi avere uno dei seguenti requisiti: diploma di
laurea in materia tecnica specifica; qualifica conseguita al
termine di scuola secondaria seguita da un periodo di
inserimento di almeno due anni continuativi alle dirette
dipendenze di una impresa del settore; attestato di
formazione professionale conseguito dopo un periodo di
inserimento di almeno quattro anni consecutivi alle dirette
dipendenze di una impresa del settore; prestazione
lavorativa svolta, alle dirette dipendenze di una impresa
abilitata nel ramo di attività per un periodo non inferiore
a tre anni, escluso quello computato ai fini
dell'apprendistato e quello svolto come operaio
installatore.
Questa è la conclusione a cui è giunto il Centro studi del
consiglio nazionale ingegneri, con lo
studio dell'aprile scorso.
Il consiglio sottolinea da un lato che il regio decreto
247/1929 (ordinamento professionale geometri) all'art. 16 «non
ricomprende fra le competenze professionali la redazione di
progetti di impianti, tanto meno quelli elettrici»,
dall'altro il dm n. 37/2008 precisa che per installazione,
trasformazione e ampliamento degli impianti di produzione di
energia elettrica, il progetto deve essere redatto da
professionisti iscritti in albi professionali e stabilisce
che se la potenza dell'impianto supera i 6 kW, la
progettazione può essere eseguita solo da un professionista
iscritto all'albo
(articolo ItaliaOggi del 23.05.2013). |
COMPETENZE PROGETTUALI: Nei
limiti del carattere “modesto” dell’edificio civile, la
progettazione può essere eseguita in zona sismica anche da
un geometra e tale competenza del professionista permane
anche -ai sensi dell’art. 2 della l. n. 1086/1971 (Norme per
la disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato,
normale e precompresso e a struttura metallica), ora
ribadito anche dall’art. 64, comma 2, del T.U. Edilizia
approvato con d.P.R. n. 380/2001- nelle ipotesi in cui il
progetto di un edificio modesto preveda l’impiego di cemento
armato.
È stato in proposito affermato da condivisibile
giurisprudenza:
A) che spetta "al G.A. il sindacato sulla valutazione circa
l’entità quantitativa e qualitativa della costruzione al
fine di stabilire se la stessa … rientri o meno nella
nozione di “modesta costruzione civile”, alla cui
progettazione è limitata la competenza professionale del
geometra, ai sensi degli art. 16 ss. r.d. 274/1929";
B) che “il geometra è sempre abilitato alla progettazione di
“modeste costruzioni civili”; e che tale competenza permane
anche per le costruzioni a struttura metallica o per quelle
che richiedano l’impiego di conglomerato cementizio armato
normale o precompresso, a condizione -in questo caso- che
persista la qualificazione di edificio civile “modesto”…";
C) che i limiti posti dal predetto art. 16, lettera m), alla
competenza professionale dei geometri, se è pur vero che
rispondono a una scelta inequivoca del legislatore dettata
da evidenti ragioni di pubblico interesse, lasciano nella
sostanza all’interprete ampi margini in ordine alla
valutazione dei requisiti della “modestia” della
costruzione, della non necessità di complesse operazioni di
calcolo e dell’assenza d’implicazioni per la pubblica
incolumità.
---------------
Il criterio per accertare se una
costruzione sia da considerare modesta, e rientri quindi
nella competenza professionale dei geometri, va individuato
nelle difficoltà tecniche che la progettazione e
l’esecuzione dell’opera comportano e nelle capacità
occorrenti per superarle; a questo fine assumono specifico
rilievo, oltre alla complessità della struttura e delle
relative modalità costruttive, anche, ma in via
complementare, il costo presunto dell’opera, in quanto si
tratta di un elemento sintomatico che vale ad evidenziare le
difficoltà tecniche che coinvolgono la costruzione.
In aggiunta, competenza professionale dei geometri in
materia di progettazione e direzione dei lavori di opere
edili riguarda anche le piccole costruzioni accessorie in
cemento armato che non richiedono particolari operazioni di
calcolo e che per la loro destinazione non possono comunque
implicare pericolo per la incolumità delle persone.
----------------
In materia di progettazione delle opere private, lo scopo
perseguito dalla disciplina legislativa che stabilisce i
limiti di competenza dei geometri e periti edili e indica i
progetti per i quali è invece necessario l’intervento di un
ingegnere o di un architetto (art. 16 r.d. 11.02.1929, n.
275, art. 1 r.d. 16.11.1939 n. 2229, l. 24.06.1923 n. 1395 e
r.d. 23.10.1925 n. 2537) consiste, non nel garantire una
buona qualità delle opere sotto il profilo estetico e
funzionale, ma unicamente nell’assicurare l’incolumità delle
persone; …. e se -a tali fini- viene ritenuta sufficiente in
giurisprudenza la “ratifica, con assunzione di
responsabilità” ad opera di un ingegnere del progetto
redatto da un geometra, allora si deve ritenere che -a
maggior ragione- sia legittimo ed ammissibile il progetto
che un geometra abbia redatto solo per la parte
architettonica, allorquando lo stesso contempli gli
elaborati tecnico strutturali firmati tutti da un ingegnere.
Il ricorrente, in qualità di professionista iscritto
all’Albo dei Geometri, impugna il provvedimento del
dirigente del Servizio tecnico e di Pianificazione
territoriale provinciale di non accettazione del deposito
del progetto elaborato per la realizzazione di un’edicola
funeraria, in quanto “il direttore dei lavori delle
strutture in c.a. relativi alle costruzioni in oggetto è un
geometra laureato” nonché la conseguente nota del
responsabile dell’U.T.C. comunale nella quale si specifica
che “in assenza dell’attestazione di cui agli artt. 93-94
del d.P.R. 380/2001 i lavori relativi alle strutture in c.a.
non possono essere eseguiti”.
...
Il ricorso è fondato nei termini di seguito esposti.
Va premesso che in zona sismica, ai sensi dell’art. 17 della
L. 64/1974, possono essere eseguite costruzioni su progetto
d’ingegneri, architetti, geometri o periti edili iscritti
nell’albo, nei limiti delle rispettive competenze.
Per delineare, allora, le competenze dei geometri occorre
fare riferimento alle norme che disciplinano la specifica
figura professionale e, quindi, all’art. 16 del R.D.
274/1929 (Regolamento per la professione di geometra).
Dispone, per quanto d’interesse, tale noma: “L’oggetto ed
i limiti dell’esercizio professionale di geometra sono
regolati come segue: …
l) progetto, direzione, sorveglianza e liquidazione di
costruzioni rurali e di edifici per uso d’industrie
agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria,
comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato,
che non richiedono particolari operazioni di calcolo e per
la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo
per la incolumità delle persone; …
m) progetto, direzione e vigilanza di modeste costruzioni
civili; ...”.
Ne consegue, in primo luogo, che nei limiti del carattere “modesto”
dell’edificio civile, la progettazione può essere eseguita
in zona sismica anche da un geometra e, in secondo luogo,
che tale competenza del professionista permane anche -ai
sensi dell’art. 2 della l. n. 1086/1971 (Norme per la
disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato,
normale e precompresso e a struttura metallica), ora
ribadito anche dall’art. 64, comma 2, del T.U. Edilizia
approvato con d.P.R. n. 380/2001- nelle ipotesi in cui il
progetto di un edificio modesto preveda l’impiego di cemento
armato.
È stato in proposito affermato da condivisibile
giurisprudenza:
A) che spetta "al G.A. il sindacato sulla valutazione
circa l’entità quantitativa e qualitativa della costruzione
al fine di stabilire se la stessa … rientri o meno nella
nozione di “modesta costruzione civile”, alla cui
progettazione è limitata la competenza professionale del
geometra, ai sensi degli art. 16 ss. r.d. 274/1929" (Tar
Salerno 9772/2010);
B) che “il geometra è sempre abilitato alla progettazione
di “modeste costruzioni civili”; e che tale competenza
permane anche per le costruzioni a struttura metallica o per
quelle che richiedano l’impiego di conglomerato cementizio
armato normale o precompresso, a condizione -in questo caso-
che persista la qualificazione di edificio civile “modesto”…"
(TAR Sicilia, Catania, sez. I, 22.04.2011, n. 1022; nello
stesso senso: Cons. St., sez. V, 16.09.2004, n. 6004);
C) che i limiti posti dal predetto art. 16, lettera m), alla
competenza professionale dei geometri, se è pur vero che
rispondono a una scelta inequivoca del legislatore dettata
da evidenti ragioni di pubblico interesse, lasciano nella
sostanza all’interprete ampi margini in ordine alla
valutazione dei requisiti della “modestia” della
costruzione, della non necessità di complesse operazioni di
calcolo e dell’assenza d’implicazioni per la pubblica
incolumità.
Della questione, va ricordato, si è già occupato, tra gli
altri, con sentenza 05.03.2009, n. 134, il anche il TAR
Abruzzo, “che in tale occasione ha precisato che il
criterio per accertare se una costruzione sia da considerare
modesta, e rientri quindi nella competenza professionale dei
geometri, vada individuato nelle difficoltà tecniche che la
progettazione e l’esecuzione dell’opera comportano e nelle
capacità occorrenti per superarle; ed ha ritenuto che a
questo fine assumono specifico rilievo, oltre alla
complessità della struttura e delle relative modalità
costruttive, anche, ma in via complementare, il costo
presunto dell’opera, in quanto si tratta di un elemento
sintomatico che vale ad evidenziare le difficoltà tecniche
che coinvolgono la costruzione.
In aggiunta, ha anche precisato che la competenza
professionale dei geometri in materia di progettazione e
direzione dei lavori di opere edili riguarda anche le
piccole costruzioni accessorie in cemento armato che non
richiedono particolari operazioni di calcolo e che per la
loro destinazione non possono comunque implicare pericolo
per la incolumità delle persone” (TAR Abruzzo, Pescara,
sez. I, 16.11.2010, n. 1213).
Il Collegio non ignora la sussistenza di un contrario
orientamento, manifestato dalla giurisprudenza civile
(Cass., II, 17028/2006, e 19292/2009), che ha considerato
nulli sul piano civilistico i contratti d’opera
professionale stipulati da geometri in quanto aventi ad
oggetto la realizzazione di opere in cemento armato.
Si tratta, tuttavia, di una ricostruzione del dato normativo
non condividibile in quanto non tiene conto del fatto che
anche le norme relative alle costruzioni in cemento armato,
così come quelle dettate per le zone sismiche, fanno
espresso richiamo “per relationem” alle competenze
stabilite dall’ordinamento professionale dei geometri (TAR
Sicilia, Catania, sez. I, 22.04.2011, n. 1022).
Ciò posto e per passare all’esame del caso di specie,
ritiene la Sezione che nella specie la costruzione
progettata possa essere ascritta fra le modeste costruzioni,
di cui all’art. 16, lett. m), del R.D. n. 274/1929,
assimilabili a quelle accessorie in cemento armato, di cui
alla precedente lett. l), atteso che, per un verso,
non richiede per la sua progettazione particolari operazioni
di calcolo e, per altro verso, non implica pericolo
per l’incolumità delle persone proprio in riferimento alla
sua specifica destinazione a edicola funeraria - ove
l’utilizzo del cemento armato, peraltro, riguarda opere
interne (strutture di divisione dei n. 6 loculi, il relativo
basamento e i setti).
Quanto esposto vale come inquadramento generale della
problematica sulla quale si incentra il giudizio.
Deve essere, tuttavia, evidenziato il fatto che nel caso
sono presenti delle peculiari circostanze che conferiscono
alla vicenda una specifica singolarità: se è vero che il
progettista architettonico e direttore dei lavori è un
geometra laureato (il ricorrente), calcolatore delle
strutture è, invece, un ingegnere (dott. ing. Salvatore
Miceli).
In altri termini, non siamo in presenza di un progetto
ascritto solo al geometra; ma di una progettazione
effettuata a più mani, nella quale l’apporto dell’ingegnere
risulta prevalente sul piano quantitativo e tecnico, mentre
quello del progettista/geometra è secondario e per certi
versi atecnico, essendo limitato a definire l’aspetto
esteriore dell’edificio.
La predetta conclusione risulta avvalorata anche dalla
giurisprudenza (Cons. Stato, V, 83/1999) che ha precisato il
ruolo da attribuire, nella progettazione, all’intervento del
tecnico laureato: “In materia di progettazione delle
opere private, lo scopo perseguito dalla disciplina
legislativa che stabilisce i limiti di competenza dei
geometri e periti edili e indica i progetti per i quali è
invece necessario l’intervento di un ingegnere o di un
architetto (art. 16 r.d. 11.02.1929, n. 275, art. 1 r.d.
16.11.1939 n. 2229, l. 24.06.1923 n. 1395 e r.d. 23.10.1925
n. 2537) consiste, non nel garantire una buona qualità delle
opere sotto il profilo estetico e funzionale, ma unicamente
nell’assicurare l’incolumità delle persone; …. e se -a tali
fini- viene ritenuta sufficiente in giurisprudenza la
“ratifica, con assunzione di responsabilità” ad opera di un
ingegnere del progetto redatto da un geometra; allora si
deve ritenere che -a maggior ragione- sia legittimo ed
ammissibile il progetto che un geometra abbia redatto solo
per la parte architettonica, allorquando lo stesso contempli
gli elaborati tecnico strutturali firmati tutti da un
ingegnere" (TAR Sicilia, Catania, sez. I, 22.04.2011, n.
1022).
Sulla base delle sovra esposte considerazioni, il ricorso va
accolto, con assorbimento delle ulteriori censure dedotte
(TAR Puglia-Lecce, Sez. III,
sentenza 15.05.2013 n. 1108 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI:
Competenza professionale dei geometri in materia
di progettazione e direzione dei lavori di opere edili.
La competenza professionale dei geometri in materia di
progettazione e direzione dei lavori di opere edili è
circoscritta alle costruzioni in cemento armato con
destinazione agricola, in quanto non richiedenti particolari
operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non
comportino pericolo per la incolumità delle persone, mentre
per le costruzioni civili con struttura portante in cemento
armato, ancorché di modeste dimensioni, ogni competenza è
riservata ad ingegneri ed architetti.
Inoltre, la legge n. 1086/1971 (“Norme per la disciplina
delle opere di conglomerato cementizio armato”), non ha
innovato la ripartizione di competenze tra geometri da una
parte ed architetti ed ingegneri dall’altra quale definita
dai citati testi legislativi del 1929, ma la ha
semplicemente recepita (massima tratta da www.lexambiente.it - Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 14.05.2013 n. 2617 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI:
Ancora di recente questo
Consiglio di Stato ha ricordato che è inibita al geometra la
progettazione di opere in cemento armato a destinazione
abitativa strutturate su più piani.
Su posizioni non dissimili si pone l’incontrastata
giurisprudenza della Cassazione.
Secondo il giudice di legittimità, la competenza
professionale dei geometri in materia di progettazione e
direzione dei lavori di opere edili è circoscritta alle
costruzioni in cemento armato con destinazione agricola, in
quanto non richiedenti particolari operazioni di calcolo e
che per la loro destinazione non comportino pericolo per la
incolumità delle persone, mentre per le costruzioni civili
con struttura portante in cemento armato, ancorché di
modeste dimensioni, ogni competenza è riservata ad ingegneri
ed architetti.
Nelle sentenze ora citate la stessa Cassazione ha anche
precisato che la legge n. 1086/1971 non ha innovato la
ripartizione di competenze tra geometri da una parte ed
architetti ed ingegneri dall’altra quale definita dai citati
testi legislativi del 1929, ma la ha semplicemente recepita.
Il TAR non si è attenuto a questo indirizzo, enucleando un
criterio di carattere quantitativo, vale a dire la cubatura
dell’edificio, sfornito di base normativa, risultando
invece, sulla scorta di tali rilievi, evidente che
l’edificio realizzato non potesse, per caratteristiche
costruttive e destinazione, essere progettato da un
geometra.
Tra l'altro, è evidente che una palazzina residenziale di
tre piani fuori terra importa l’adozione di accurati e
complessi calcoli strutturali, al fine di assicurarne la
stabilità, chiaramente esorbitanti dal limitato ambito entro
il quale la legge circoscrive la competenza professionale
dei geometri in materia.
Venendo al merito della doglianza, risulta innanzitutto in
fatto, sulla base della documentazione progettuale versata
agli atti di causa, ed anche per deduzione dei fratelli
Galiandro, che tale costruzione si sostanzia in un
fabbricato di civile abitazione su tre piani fuori terra,
oltre che uno interrato, con strutture portanti in cemento
armato.
In diritto, per contro, in base al regolamento professionale
di cui al citato r.d. n. 274/1929, e precisamente l’art. 16,
lett. m), il geometra può essere incaricato di progettare “modeste
costruzioni civili”, laddove, ai sensi dell’art. 1 del
r.d. n. 2229/1939 (“Norme per la esecuzione di opere in
conglomerato cementizio semplice od armato”), la
progettazione delle opere comportanti l’impiego di tale
tecnica costruttiva, “la cui stabilità possa comunque
interessate l’incolumità delle persone”, è riservata
agli ingegneri o agli architetti.
In aderenza al dato normativo in questione, che si impernia
dunque sul pericolo per l’incolumità pubblica, ancora di
recente questo Consiglio di Stato ha ricordato che è inibita
al geometra la progettazione di opere in cemento armato a
destinazione abitativa strutturate su più piani (Sez. IV,
sentenza 14.03.2013 n. 1526).
Su posizioni non dissimili si pone l’incontrastata
giurisprudenza della Cassazione.
Secondo il giudice di legittimità, la competenza
professionale dei geometri in materia di progettazione e
direzione dei lavori di opere edili è circoscritta alle
costruzioni in cemento armato con destinazione agricola, in
quanto non richiedenti particolari operazioni di calcolo e
che per la loro destinazione non comportino pericolo per la
incolumità delle persone, mentre per le costruzioni civili
con struttura portante in cemento armato, ancorché di
modeste dimensioni, ogni competenza è riservata ad ingegneri
ed architetti (da ultimo: Sez. II, 02.09.2011, n. 18038; in
precedenza: 30.03.1999, n. 3046; 21.12.2006, n. 27441;
07.09.2009, n. 19292).
Nelle sentenze ora citate la stessa Cassazione ha anche
precisato, per rispondere alle difese svolte sul punto dagli
appellati, che la legge n. 1086/1971 (“Norme per la
disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato”),
non ha innovato la ripartizione di competenze tra geometri
da una parte ed architetti ed ingegneri dall’altra quale
definita dai citati testi legislativi del 1929, ma la ha
semplicemente recepita.
Il TAR non si è attenuto a questo indirizzo, enucleando un
criterio di carattere quantitativo, vale a dire la cubatura
dell’edificio, sfornito di base normativa, risultando
invece, sulla scorta di tali rilievi, evidente che
l’edificio realizzato dai fratelli Galiandro non potesse,
per caratteristiche costruttive e destinazione, essere
progettato da un geometra.
Del tutto infondatamente questi ultimi asseriscono che
l’appellante non avrebbe indicato quale soluzione tecnica di
particolare difficoltà ponga la realizzazione del manufatto
edificato sul terreno di proprietà, essendo evidente che una
palazzina residenziale di tre piani fuori terra importa
l’adozione di accurati e complessi calcoli strutturali, al
fine di assicurarne la stabilità, chiaramente esorbitanti
dal limitato ambito entro il quale la legge circoscrive la
competenza professionale dei geometri in materia.
L’accoglimento di tale censura comporta l’assorbimento di
tutte le altre, qui riproposte, concernenti le asserite
difformità progettuali rispetto agli standard fissati nei
citati decreti ministeriali, rivestendo la stessa piena
idoneità ad invalidare ab imis la concessione in
sanatoria n. 79/1994 impugnata da Longo (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 14.05.2013 n. 2617 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
aprile 2013 |
|
COMPETENZE PROGETTUALI:
L’incompetenza dei geometri nella progettazione degli
impianti fotovoltaici (Centro
Studi Consiglio Nazionale Ingegneri, aprile 2013). |
COMPETENZE PROGETTUALI: Premesso
che l'art. 17 del RD 06.10.1912 n.
1306 include le opere relative ai cimiteri nel novero delle
"opere riguardanti la pubblica igiene", è pacifico in
giurisprudenza che la progettazione delle opere viarie,
idrauliche ed igieniche che non siano strettamente connesse
con i singoli fabbricati è di pertinenza esclusiva degli
ingegneri.
Appare dirimente, al fine di sostenere l’incompetenza dei
geometri alla progettazione delle opere di cui è causa (ndr:
nuovi loculi cimiteriali), la considerazione che in base
all'art. 16 del RD 11.02.1929 n. 274 la competenza
professionale dei geometri in materia di progettazione e
direzione dei lavori di opere edili riguarda le costruzioni
in cemento armato solo relativamente ad opere con
destinazione agricola che non richiedano particolari
operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non
comportino pericolo per la incolumità delle persone, mentre
per le costruzioni civili che adottino strutture in cemento
armato –tale è l’opera oggetto della presente controversia-,
sia pure di modeste dimensioni, ogni competenza è riservata
ad ingegneri ed architetti ai sensi dell'art. 1 del RD
16.11.1939 n. 2229: né tale disciplina professionale è stata
modificata dalla legge 05.11.1971 n. 1086 e dalla legge
02.02.1974 n. 64, le quali si sono limitate, pur senza
esplicito richiamo, a recepire la previgente ripartizione di
competenze.
... per l'annullamento:
- della delibera n. 18 del 13.02.2013 della Giunta Comunale
del Comune di Sona con la quale è stato approvato il
progetto definitivo-esecutivo relativo ai lavori di "realizzazione
di nuovi loculi presso il cimitero di Lugagnano" redatto
dal geom. Alessandro Colognato;
- della determinazione n. 143 dell'08.02.2013 con la quale è
stato affidato al geom. Alessandro Colognato l'incarico
professionale per la progettazione definitiva ed esecutiva
dei lavori di cui sopra;
...
- che nel merito –premesso che l'art. 17 del RD 06.10.1912
n. 1306 include le opere relative ai cimiteri nel novero
delle "opere riguardanti la pubblica igiene" e che “è
pacifico in giurisprudenza che la progettazione delle opere
viarie, idrauliche ed igieniche che non siano strettamente
connesse con i singoli fabbricati è di pertinenza esclusiva
degli ingegneri” (cfr. CdS, IV, 22.05.2000 n. 2938),
sicché in tale contesto va sicuramente esclusa la competenza
dei geometri- appare dirimente, al fine di sostenere
l’incompetenza dei geometri alla progettazione delle opere
di cui è causa, la considerazione che in base all'art. 16
del RD 11.02.1929 n. 274 la competenza professionale dei
geometri in materia di progettazione e direzione dei lavori
di opere edili riguarda le costruzioni in cemento armato
solo relativamente ad opere con destinazione agricola che
non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per
la loro destinazione non comportino pericolo per la
incolumità delle persone, mentre per le costruzioni civili
che adottino strutture in cemento armato –tale è l’opera
oggetto della presente controversia-, sia pure di modeste
dimensioni, ogni competenza è riservata ad ingegneri ed
architetti ai sensi dell'art. 1 del RD 16.11.1939 n. 2229:
né tale disciplina professionale è stata modificata dalla
legge 05.11.1971 n. 1086 e dalla legge 02.02.1974 n. 64, le
quali si sono limitate, pur senza esplicito richiamo, a
recepire la previgente ripartizione di competenze (cfr.
Cass. civ. II, 02.09.2011 n. 18038; 08.04.2009 n. 8543 e
14.04.2005 n. 7778);
- che, dunque, per le su estese considerazioni
il ricorso è fondato e va accolto, con conseguente
annullamento degli atti impugnati e declaratoria di
inefficacia del contratto (eventualmente) stipulato:
l’Amministrazione, pertanto, si rideterminerà in ordine
all’affidamento dei lavori di cui trattasi tenendo conto di
quanto stabilito con la presente decisione ...
(TAR Veneto, Sez. I,
sentenza 30.04.2013 n. 633 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI:
Gli architetti e i geometri. Cosa dice la sentenza del TAR
(commento a TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza
18.04.2013 n. 361) (articolo
L'Eco di Bergamo del 27.04.2013 - tratto da
www.architettibergamo.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI:
E' illegittimo il progetto edilizio assentito a
firma di un geometra consistente nella
demolizione
di un vecchio fabbricato in muratura, inserito in un
contesto intensamente edificato, e la costruzione,
nel medesimo sito, di un edificio di 3 piani fuori
terra e copertura.
Per pacifica Giurisprudenza, ai
sensi dell'art. 16 lett. e) e m), r.d. 11.02.1929 n.
274, la competenza professionale dei geometri è
limitata alla progettazione, direzione e vigilanza
di modeste costruzioni civili, con esclusione di
quelle che comportino l'adozione, anche parziale, di
strutture in cemento armato; solo in via di
eccezione, si estende anche a queste strutture, ma a
condizione che si tratti di piccole costruzioni
accessorie nell'ambito di edifici rurali o destinati
alle industrie agricole, che non richiedano
particolari operazioni di calcolo e che per la loro
destinazione non comportino pericolo per le persone;
per il resto, detta competenza è comunque esclusa
nel campo delle costruzioni civili, ove si adottino
strutture in cemento armato, la cui progettazione e
direzione, qualunque ne sia l'importanza, è
riservata solo agli ingegneri ed architetti.
In tal senso anche Cassazione civile secondo la
quale l'art. 16 r.d. n. 274/1929 ammette la
competenza dei geometri per quanto riguarda le
costruzioni in cemento armato solo relativamente a
opere con destinazione agricola, che non comportino
pericolo per l'incolumità delle persone, mentre per
le costruzioni civili che adottino strutture in
cemento armato, sia pure modeste, ogni competenza è
riservata, ai sensi dell'art. 1 r.d. 16.11.1939 n.
2229, agli ingegneri e architetti iscritti
nell'albo; con le ulteriori precisazioni che tale
disciplina professionale non è stata modificata
dalle l. n. 1086/1971 e n. 64/1974, la quale, sia
pure senza un esplicito richiamo delle fonti
normative, si limita a recepire la previgente
ripartizione di competenze e che a rendere legittimo
in tale ambito un progetto redatto da un geometra
non rileva che esso sia controfirmato o vistato da
un ingegnere ovvero che un ingegnere esegua i
calcoli del cemento armato e diriga le relative
opere, perché è il professionista competente che
deve essere altresì titolare della progettazione e
assumere le conseguenti responsabilità.
Alla stregua di tale condivisibile orientamento, il
progetto in base al quale è stata rilasciata la
concessione edilizia impugnata non poteva essere
affidato ad un geometra, trattandosi di demolire,
all’interno di un centro abitato di un comune
ricadente in zona sismica 2, una preesistente
costruzione ed edificare una (certo non modesta)
palazzina di tre piani, e per di più mediante
l’utilizzo di cemento armato, e senza che possa
rilevare (ai fini di attenuare la delicatezza
dell’intervento) la circostanza che, come precisato
dal controinteressato, la costruzione è separata
dagli edifici confinanti da un giunto tecnico di
(appena) 10 cm.
Da un canto, infatti, la Giurisprudenza ritiene che
l’ipotesi di mancato uso del cemento armato non è
decisivo al fine di qualificare la costruzione come
“modesta", in quanto assume significativa rilevanza
il fatto che la costruzione sorga in zona sismica,
con conseguente assoggettamento di ogni intervento
edilizio alla normativa di cui alla l. 02.02.1974 n.
64, la quale impone calcoli complessi che esulano
dalle competenze professionali dei geometri.
Dall’altro, secondo la Giurisprudenza, esulano dalla
competenza professionale dei geometri le costruzioni
che comportino l'adozione, anche parziale, di
strutture in cemento armato, salvo le piccole
costruzioni accessorie nell'ambito di edifici rurali
o destinati alle industrie agricole, che non
richiedano particolari operazioni di calcolo e che
per la loro destinazione non comportino pericolo per
le persone.
---------------
Come condivisibilmente affermato dalla
Giurisprudenza, prima del rilascio di un titolo
edilizio, l'autorità comunale deve sempre accertare
se la progettazione sia stata affidata ad un
professionista competente in relazione alla natura
ed importanza della costruzione, in quanto le norme
che regolano l'esercizio ed i limiti di applicazione
delle professioni di geometra, architetto ed
ingegnere sono dettate per assicurare che la
compilazione dei progetti e la direzione dei lavori
siano assegnati a chi abbia la preparazione adeguata
all'importanza delle opere, a salvaguardia sia
dell'economia pubblica e privata, sia
dell'incolumità delle persone; è dunque illegittimo
il titolo a costruire assentito sul progetto,
redatto da un geometra, al di fuori delle ipotesi di
sua competenza.
Non giova al controinteressato opporre né la
circostanza che i calcoli strutturali siano stati
eseguiti da un ingegnere né che il progetto, in
seguito, sia stato fatto proprio, approvato e
controfirmato da un architetto.
Oltre la sentenza della S.C. di Cassazione sopra
citata, che esclude l’ammissibilità di tale operato,
è stato altresì statuito:
- il progetto redatto da un geometra in materia
riservata alla competenza professionale degli
ingegneri è illegittimo, a nulla rilevando né che
sia stato controfirmato da un ingegnere, né che un
ingegnere esegua i calcoli del cemento armato e
diriga le relative opere, perché è il professionista
competente che deve essere, altresì, titolare della
progettazione, assumendosi la relativa
responsabilità ;
- è irrilevante che i calcoli in cemento armato
siano stati eseguiti da un professionista abilitato,
che ne sia stato officiato dal geometra originario
incaricato ovvero dal committente stesso, in quanto
non è consentito neppure al committente scindere
dalla progettazione generale quella relativa alle
opere in cemento armato poiché non è possibile
enucleare e distinguere un'autonoma attività, per la
parte di tali lavori, riconducibile ad un ingegnere
o ad un architetto, il che appare senz'altro esatto,
poiché chi non è abilitato a delineare l'ossatura,
neppure può essere ritenuto in grado di dare forma
al corpo che deve esserne sorretto.
Il Collegio,
preso in esame il primo motivo di ricorso, lo
ritiene fondato.
Occorre premettere che il Comune di Bronte ricade
(ai sensi dell'Ordinanza del Presidente del
Consiglio dei Ministri n. 3274/2003, aggiornata con
la Delibera della Giunta Regionale della Sicilia n.
408 del 19.12.2003) in zona sismica 2 (zona con
pericolosità sismica media dove possono verificarsi
terremoti abbastanza forti), secondo la mappa di
pericolosità sismica per come definita
nell'Ordinanza del PCM n. 3519/2006, che ha
suddiviso l'intero territorio nazionale in quattro
zone sismiche.
L’intervento in questione, per come pacifico dagli
atti di causa, consiste nella demolizione di un
vecchio fabbricato in muratura, inserito in un
contesto intensamente edificato, e la costruzione,
nel medesimo sito, di un edificio di 3 piani fuori
terra e copertura.
Per pacifica Giurisprudenza (tra le più recenti
Consiglio di Stato sez. IV 28.11.2012 n. 6036), ai
sensi dell'art. 16 lett. e) e m), r.d. 11.02.1929 n.
274, la competenza professionale dei geometri è
limitata alla progettazione, direzione e vigilanza
di modeste costruzioni civili, con esclusione di
quelle che comportino l'adozione, anche parziale, di
strutture in cemento armato; solo in via di
eccezione, si estende anche a queste strutture, ma a
condizione che si tratti di piccole costruzioni
accessorie nell'ambito di edifici rurali o destinati
alle industrie agricole, che non richiedano
particolari operazioni di calcolo e che per la loro
destinazione non comportino pericolo per le persone;
per il resto, detta competenza è comunque esclusa
nel campo delle costruzioni civili, ove si adottino
strutture in cemento armato, la cui progettazione e
direzione, qualunque ne sia l'importanza, è
riservata solo agli ingegneri ed architetti.
In tal senso anche Cassazione civile, sez. II,
02.09.2011 n. 18038, secondo la quale l'art. 16 r.d.
n. 274/1929 ammette la competenza dei geometri per
quanto riguarda le costruzioni in cemento armato
solo relativamente a opere con destinazione
agricola, che non comportino pericolo per
l'incolumità delle persone, mentre per le
costruzioni civili che adottino strutture in cemento
armato, sia pure modeste, ogni competenza è
riservata, ai sensi dell'art. 1 r.d. 16.11.1939 n.
2229, agli ingegneri e architetti iscritti
nell'albo; con le ulteriori precisazioni che tale
disciplina professionale non è stata modificata
dalle l. n. 1086/1971 e n. 64/1974, la quale, sia
pure senza un esplicito richiamo delle fonti
normative, si limita a recepire la previgente
ripartizione di competenze e che a rendere legittimo
in tale ambito un progetto redatto da un geometra
non rileva che esso sia controfirmato o vistato da
un ingegnere ovvero che un ingegnere esegua i
calcoli del cemento armato e diriga le relative
opere, perché è il professionista competente che
deve essere altresì titolare della progettazione e
assumere le conseguenti responsabilità.
Alla stregua di tale condivisibile orientamento, il
progetto in base al quale è stata rilasciata la
concessione edilizia impugnata non poteva essere
affidato ad un geometra, trattandosi di demolire,
all’interno di un centro abitato di un comune
ricadente in zona sismica 2, una preesistente
costruzione ed edificare una (certo non modesta)
palazzina di tre piani, e per di più mediante
l’utilizzo di cemento armato, e senza che possa
rilevare (ai fini di attenuare la delicatezza
dell’intervento) la circostanza che, come precisato
dal controinteressato, la costruzione è separata
dagli edifici confinanti da un giunto tecnico di
(appena) 10 cm.
Da un canto, infatti, la Giurisprudenza (cfr.
Consiglio di Stato sez. IV, 09.02.2012 n. 686)
ritiene che l’ipotesi di mancato uso del cemento
armato non è decisivo al fine di qualificare la
costruzione come “modesta", in quanto assume
significativa rilevanza il fatto che la costruzione
sorga in zona sismica, con conseguente
assoggettamento di ogni intervento edilizio alla
normativa di cui alla l. 02.02.1974 n. 64, la quale
impone calcoli complessi che esulano dalle
competenze professionali dei geometri.
Dall’altro, secondo la Giurisprudenza, esulano dalla
competenza professionale dei geometri le costruzioni
che comportino l'adozione, anche parziale, di
strutture in cemento armato, salvo le piccole
costruzioni accessorie nell'ambito di edifici rurali
o destinati alle industrie agricole, che non
richiedano particolari operazioni di calcolo e che
per la loro destinazione non comportino pericolo per
le persone.
Ne consegue la sussistenza del vizio dedotto dai
ricorrenti.
Infatti, come condivisibilmente affermato dalla
Giurisprudenza (cfr. TAR Campania sez. II Salerno,
28.06.2010 n. 9772) prima del rilascio di un titolo
edilizio, l'autorità comunale deve sempre accertare
se la progettazione sia stata affidata ad un
professionista competente in relazione alla natura
ed importanza della costruzione, in quanto le norme
che regolano l'esercizio ed i limiti di applicazione
delle professioni di geometra, architetto ed
ingegnere sono dettate per assicurare che la
compilazione dei progetti e la direzione dei lavori
siano assegnati a chi abbia la preparazione adeguata
all'importanza delle opere, a salvaguardia sia
dell'economia pubblica e privata, sia
dell'incolumità delle persone; è dunque illegittimo
il titolo a costruire assentito sul progetto,
redatto da un geometra, al di fuori delle ipotesi di
sua competenza.
Non giova al controinteressato opporre né la
circostanza che i calcoli strutturali siano stati
eseguiti da un ingegnere né che il progetto, in
seguito, sia stato fatto proprio, approvato e
controfirmato da un architetto.
Oltre la sentenza della S.C. di Cassazione sopra
citata, che esclude l’ammissibilità di tale operato,
si vedano anche:
- Cassazione civile sez. II, 21.03.2011 n. 6402,
secondo la quale il progetto redatto da un geometra
in materia riservata alla competenza professionale
degli ingegneri è illegittimo, a nulla rilevando né
che sia stato controfirmato da un ingegnere, né che
un ingegnere esegua i calcoli del cemento armato e
diriga le relative opere, perché è il professionista
competente che deve essere, altresì, titolare della
progettazione, assumendosi la relativa
responsabilità ;
- Consiglio di Stato, sez. IV, 28.11.2012 n. 6036,
secondo cui è irrilevante che i calcoli in cemento
armato siano stati eseguiti da un professionista
abilitato, che ne sia stato officiato dal geometra
originario incaricato ovvero dal committente stesso,
in quanto non è consentito neppure al committente
scindere dalla progettazione generale quella
relativa alle opere in cemento armato poiché non è
possibile enucleare e distinguere un'autonoma
attività, per la parte di tali lavori, riconducibile
ad un ingegnere o ad un architetto, il che appare
senz'altro esatto, poiché chi non è abilitato a
delineare l'ossatura, neppure può essere ritenuto in
grado di dare forma al corpo che deve esserne
sorretto.
Conclusivamente, previo assorbimento degli ulteriori
motivi, il ricorso dev’essere accolto, con il
conseguente annullamento degli atti impugnati (TAR
Sicilia-Catania, Sez. I,
sentenza 24.04.2013 n. 1163 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI: Tar
Lombardia.
Edifici piccoli. Progettazione per i geometri.
Anche i geometri possono occuparsi della progettazione e
della direzione dei lavori di costruzioni civili di modesta
entità. Se lo scorporo delle attività professionali
riguardanti il cemento armato è effettivo e non simulato, e
ciascun professionista (geometra da un lato, architetto o
ingegnere dall'altro) riceve dal committente un incarico
rientrante nel rispettivo ambito professionale assumendosi
una responsabilità piena circa il contenuto della propria
prestazione, con il solo vincolo di coordinarsi con gli
altri professionisti dato il carattere unitario
dell'edificazione.
In una simile prospettiva è infatti
possibile trovare un punto di equilibrio tra la parte della
norma che esclude il cemento armato dalla competenza
professionale dei geometri in relazione alle costruzioni
civili e quella che estende ai geometri la progettazione e
la direzione lavori con riferimento alle costruzioni civili
di modesta importanza.
È quanto afferma il TAR Lombardia-Brescia, Sez.
II, con la
sentenza 18.04.2013 n. 361
(articolo ItaliaOggi dell'11.05.2013). |
COMPETENZE PROGETTUALI:
La prima questione da
affrontare è il rapporto tra le opere in cemento armato e le
tipologie di progettazioni rientranti nella sfera di
competenza professionale dei geometri.
Il punto di partenza ineludibile è la disposizione che
impone ai geometri di astenersi dalla progettazione e dalla
direzione lavori aventi ad oggetto opere in cemento armato,
con la sola eccezione delle piccole costruzioni accessorie
in zona agricola. Secondo un’interpretazione letterale le
costruzioni civili in ambito non agricolo che comportino
l’uso di cemento armato sarebbero sempre escluse dalla
competenza dei geometri, anche quando si mantengano nei
limiti delle modeste costruzioni.
La rigidità dell’interpretazione letterale è però attenuata
dalla prassi di suddividere la progettazione e la direzione
lavori in due segmenti, uno riferito alle opere in cemento
armato e uno incentrato sugli aspetti architettonici. Questa
soluzione si muove lungo un confine incerto, e potrebbe
facilmente prestarsi a comportamenti elusivi della norma.
Sono considerati comportamenti elusivi la controfirma o il
visto del progetto da parte di un ingegnere o architetto e
l’affidamento a questi ultimi dei calcoli relativi al
cemento armato.
Tuttavia, se lo scorporo delle attività professionali
riguardanti il cemento armato è effettivo e non simulato, e
ciascun professionista (geometra da un lato, architetto o
ingegnere dall’altro) riceve dal committente un incarico
rientrante nel rispettivo ambito professionale assumendosi
una responsabilità piena circa il contenuto della propria
prestazione, con il solo vincolo di coordinarsi con gli
altri professionisti dato il carattere unitario
dell’edificazione, si apre la via verso una soluzione
ragionevole consentita dall’art. 16 del RD 274/1929. In una
simile prospettiva è infatti possibile trovare un punto di
equilibrio tra la parte della norma che esclude il cemento
armato dalla competenza professionale dei geometri in
relazione alle costruzioni civili (lett. l) e quella che
estende ai geometri la progettazione e la direzione lavori
con riferimento alle costruzioni civili di modesta
importanza (lett. m).
Poiché anche le costruzioni civili di modesta importanza
possono richiedere l’impiego di cemento armato, non sarebbe
corretto interdire in questi casi ai geometri una porzione
rilevante della loro competenza professionale, quando sia
invece possibile scorporare in modo chiaro ed effettivo
dalla progettazione e dalla direzione lavori tutta
l’attività riferibile al cemento armato, che richiede
calcoli complessi. Lo scorporo appare la soluzione
preferibile anche alla luce del principio di proporzionalità
(non devono essere inflitte alla competenza professionale
dei geometri limitazioni maggiori di quelle strettamente
necessarie a garantire la sicurezza delle persone e degli
edifici).
---------------
Occorre poi sottolineare che in ogni caso l’eventuale
superamento del confine tra le competenze dei diversi ordini
professionali rileva sul piano privatistico come causa di
nullità dell’incarico professionale ma non su quello
pubblicistico come vizio del permesso di costruire. Affinché
il titolo edilizio sia legittimo è sufficiente da un lato
che i calcoli del cemento armato siano effettuati da un
ingegnere o architetto, e dall’altro che il progetto redatto
dal geometra (o in relazione al quale il geometra svolga la
direzione lavori) non oltrepassi la tipologia delle modeste
costruzioni civili.
In altri termini, quando i calcoli provengano da un
ingegnere o architetto si può presumere che sussistano
adeguate garanzie per la sicurezza delle persone e degli
edifici. Di conseguenza l’interesse pubblico è pienamente
tutelato e non si oppone alla realizzazione della
costruzione, il che consente agli uffici comunali di
limitarsi a verificare se l’opera sia effettivamente una
modesta costruzione civile, tralasciando valutazioni di tipo
privatistico sull’esistenza o meno di un valido incarico
professionale tra il committente e il geometra.
Quando il titolo edilizio risulti legittimo nel senso appena
chiarito, non vi sono ragioni per impedire il collaudo delle
opere in cemento armato che compongono la costruzione
assentita.
---------------
Gli ordini e i collegi professionali hanno interesse e
legittimazione a tutelare le prerogative delle rispettive
categorie di professionisti, tanto in sede giurisdizionale
quanto davanti all’autorità amministrativa, ma non possono
utilizzare le procedure amministrative previste ad altri
fini per ostacolare o sanzionare i professionisti della
categoria concorrente che effettuano un’invasione di campo.
In mancanza di norme puntuali un simile potere non è
desumibile neppure dalle funzioni di interesse pubblico
svolte da questi organismi.
Nello specifico quindi l’Ordine degli Architetti non è
legittimato a bloccare la procedura di collaudo statico
rifiutandosi di designare le terne per la scelta dei
collaudatori. In questo modo infatti verrebbe interrotto
l’iter che porta al rilascio del certificato di agibilità
(v. art. 25, comma 3, e art. 67, comma 8, del DPR 380/2001)
e vi sarebbe un’intromissione nei poteri di controllo
dell’amministrazione comunale, la quale è l’unico soggetto
titolato a decidere delle condizioni di utilizzabilità di un
edificio.
L’Ordine degli Architetti può invece intervenire a difesa
della categoria con altri strumenti:
(a) all’inizio del percorso di edificazione, impugnando il
titolo edilizio che approva il progetto redatto dal
professionista non competente, o invitando l’amministrazione
comunale a effettuare un annullamento in autotutela;
(b) alla fine, segnalando all’amministrazione comunale che
dal collaudo emerge il mancato rispetto della riserva sul
cemento armato, o impugnando il certificato di agibilità che
non tenga conto della violazione della suddetta riserva.
... per l'annullamento:
a) nel ricorso introduttivo:
- della nota dell’Ordine degli Architetti di Bergamo prot.
n. 2011/5398 del 06.12.2011, con la quale è stata respinta
la richiesta di designare una terna di professionisti per il
collaudo di opere in cemento armato eseguite affidando a un
geometra la direzione lavori per il progetto architettonico;
- della nota del 30.11.2011, con la quale l’Ordine degli
Architetti di Bergamo ha rifiutato a Eurocostruzioni srl la
designazione della terna di nomi per il collaudo di opere
strutturali (in quanto progettista architettonico e
direttore lavori per il progetto architettonico risulta
essere stato un geometra);
b) nei motivi aggiunti:
- della deliberazione del consiglio dell’Ordine degli
Architetti di Bergamo n. 135/2011 del 12.09.2011, con la
quale è stata respinta la richiesta dell’impresa edile Bena
Costruzioni srl finalizzata alla designazione della terna di
professionisti per il collaudo di opere in cemento armato
(in quanto direttore lavori per il progetto architettonico
risulta essere stato un geometra);
- della nota del 10.02.2012, con la quale l’Ordine degli
Architetti di Bergamo ha rifiutato a Edil 62 srl la
designazione della terna di nomi per il collaudo di opere
strutturali (in quanto progettista architettonico e
direttore lavori per il progetto architettonico risulta
essere stato un geometra);
...
Sulla competenza professionale dei geometri
11. Passando all’esame del merito, la prima questione da
affrontare è il rapporto tra le opere in cemento armato e le
tipologie di progettazioni rientranti nella sfera di
competenza professionale dei geometri.
12. Il punto di partenza ineludibile è la disposizione che
impone ai geometri di astenersi dalla progettazione e dalla
direzione lavori aventi ad oggetto opere in cemento armato,
con la sola eccezione delle piccole costruzioni accessorie
in zona agricola. Secondo un’interpretazione letterale le
costruzioni civili in ambito non agricolo che comportino
l’uso di cemento armato sarebbero sempre escluse dalla
competenza dei geometri, anche quando si mantengano nei
limiti delle modeste costruzioni (v. Cass. civ. Sez. II
14.02.2012 n. 2153).
13. La rigidità dell’interpretazione letterale è però
attenuata dalla prassi di suddividere la progettazione e la
direzione lavori in due segmenti, uno riferito alle opere in
cemento armato e uno incentrato sugli aspetti
architettonici. Questa soluzione si muove lungo un confine
incerto, e potrebbe facilmente prestarsi a comportamenti
elusivi della norma. Sono considerati comportamenti elusivi
la controfirma o il visto del progetto da parte di un
ingegnere o architetto e l’affidamento a questi ultimi dei
calcoli relativi al cemento armato (v. Cass. civ. Sez. II
02.09.2011 n. 18038).
14. Tuttavia, se lo scorporo delle attività professionali
riguardanti il cemento armato è effettivo e non simulato, e
ciascun professionista (geometra da un lato, architetto o
ingegnere dall’altro) riceve dal committente un incarico
rientrante nel rispettivo ambito professionale assumendosi
una responsabilità piena circa il contenuto della propria
prestazione, con il solo vincolo di coordinarsi con gli
altri professionisti dato il carattere unitario
dell’edificazione, si apre la via verso una soluzione
ragionevole consentita dall’art. 16 del RD 274/1929. In una
simile prospettiva è infatti possibile trovare un punto di
equilibrio tra la parte della norma che esclude il cemento
armato dalla competenza professionale dei geometri in
relazione alle costruzioni civili (lett. l) e quella che
estende ai geometri la progettazione e la direzione lavori
con riferimento alle costruzioni civili di modesta
importanza (lett. m).
15. Poiché anche le costruzioni civili di modesta importanza
possono richiedere l’impiego di cemento armato, non sarebbe
corretto interdire in questi casi ai geometri una porzione
rilevante della loro competenza professionale, quando sia
invece possibile scorporare in modo chiaro ed effettivo
dalla progettazione e dalla direzione lavori tutta
l’attività riferibile al cemento armato, che richiede
calcoli complessi. Lo scorporo appare la soluzione
preferibile anche alla luce del principio di proporzionalità
(non devono essere inflitte alla competenza professionale
dei geometri limitazioni maggiori di quelle strettamente
necessarie a garantire la sicurezza delle persone e degli
edifici).
Sulla necessità di separare questioni
privatistiche e pubblicistiche
16. Occorre poi sottolineare che in ogni caso l’eventuale
superamento del confine tra le competenze dei diversi ordini
professionali rileva sul piano privatistico come causa di
nullità dell’incarico professionale ma non su quello
pubblicistico come vizio del permesso di costruire. Affinché
il titolo edilizio sia legittimo è sufficiente da un lato
che i calcoli del cemento armato siano effettuati da un
ingegnere o architetto, e dall’altro che il progetto redatto
dal geometra (o in relazione al quale il geometra svolga la
direzione lavori) non oltrepassi la tipologia delle modeste
costruzioni civili (v. CS Sez. IV 28.11.2012 n. 6036).
17. In altri termini, quando i calcoli provengano da un
ingegnere o architetto si può presumere che sussistano
adeguate garanzie per la sicurezza delle persone e degli
edifici. Di conseguenza l’interesse pubblico è pienamente
tutelato e non si oppone alla realizzazione della
costruzione, il che consente agli uffici comunali di
limitarsi a verificare se l’opera sia effettivamente una
modesta costruzione civile, tralasciando valutazioni di tipo
privatistico sull’esistenza o meno di un valido incarico
professionale tra il committente e il geometra.
18. Quando il titolo edilizio risulti legittimo nel senso
appena chiarito, non vi sono ragioni per impedire il
collaudo delle opere in cemento armato che compongono la
costruzione assentita.
Sui poteri di autotutela degli ordini
professionali
19. Sotto un diverso profilo si osserva che gli ordini e i
collegi professionali hanno interesse e legittimazione a
tutelare le prerogative delle rispettive categorie di
professionisti, tanto in sede giurisdizionale quanto davanti
all’autorità amministrativa, ma non possono utilizzare le
procedure amministrative previste ad altri fini per
ostacolare o sanzionare i professionisti della categoria
concorrente che effettuano un’invasione di campo. In
mancanza di norme puntuali un simile potere non è desumibile
neppure dalle funzioni di interesse pubblico svolte da
questi organismi.
20. Nello specifico quindi l’Ordine degli Architetti non è
legittimato a bloccare la procedura di collaudo statico
rifiutandosi di designare le terne per la scelta dei
collaudatori. In questo modo infatti verrebbe interrotto
l’iter che porta al rilascio del certificato di agibilità
(v. art. 25, comma 3, e art. 67, comma 8, del DPR 380/2001)
e vi sarebbe un’intromissione nei poteri di controllo
dell’amministrazione comunale, la quale è l’unico soggetto
titolato a decidere delle condizioni di utilizzabilità di un
edificio.
21. L’Ordine degli Architetti può invece intervenire a
difesa della categoria con altri strumenti: (a) all’inizio
del percorso di edificazione, impugnando il titolo edilizio
che approva il progetto redatto dal professionista non
competente, o invitando l’amministrazione comunale a
effettuare un annullamento in autotutela; (b) alla fine,
segnalando all’amministrazione comunale che dal collaudo
emerge il mancato rispetto della riserva sul cemento armato,
o impugnando il certificato di agibilità che non tenga conto
della violazione della suddetta riserva. Queste circostanze
sono però, come è evidente, estranee al presente giudizio.
Conclusioni
22. In base alle considerazioni sopra esposte il ricorso
deve essere accolto, con il conseguente annullamento degli
atti impugnati. L’Ordine degli Architetti è quindi tenuto a
prestare la propria collaborazione nella formazione delle
terne per la scelta dei collaudatori.
23. Questo accertamento appare satisfattivo dell’interesse
della parte ricorrente, e dunque, tenuto conto anche della
pronuncia cautelare anticipatoria del merito, non residuano
margini per riconoscere un danno risarcibile, neppure sul
piano morale.
24. La complessità di alcune questioni consente la
compensazione delle spese di giudizio. Il contributo
unificato è a carico dell’Ordine degli Architetti ai sensi
dell’art. 13, comma 6-bis.1, del DPR 30.05.2002 n. 115
(TAR Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 18.04.2013 n. 361 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
marzo 2013 |
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COMPETENZE PROGETTUALI:
Impianti tecnologici, gli architetti possono progettarli.
CdS: devono servire da completamento al fabbricato per
rientrare tra le opere di edilizia civile.
La disciplina del regio decreto n. 2537
del 1925, fondamentale nella questione, è stata più volte
vagliata dalla giurisprudenza, la quale ne ha dovuto
sottolineare con maggior dettaglio le fattispecie comprese.
In effetti, la delimitazione delle rispettive competenze è
data da concetti non meglio definiti normativamente di
“applicazioni della fisica” (art. 51) ed “opere di edilizia
civile” (art. 52), e quindi di carattere descrittivo.
La natura di tali elementi, che fanno riferimento a dati
extragiuridici, è implicitamente collegata alla necessità di
adeguare la disciplina all’evoluzione della tecnica e delle
qualificazioni professionali, permettendo così la
sopravvivenza di norme anche risalenti nel tempo ma
flessibili nella loro applicazione in concreto.
Le ragioni appena richiamate inducono la Sezione a valutare
gli apporti recenti, conseguenti alla funzione
interpretativa ed adeguatrice svolta dalla giurisprudenza
nella decisione di casi contermini.
Non può quindi non notarsi che, sempre valorizzando il
discrimine tra le due professioni di architetto e di
ingegnere, la giurisprudenza recente postula una lettura
riduttiva del concetto di applicazione delle leggi della
fisica, sulla ovvia considerazione che, in una lettura
ampia, qualsiasi tipo di manufatto dovrebbe esservi
considerato. Sono quindi esclusivo appannaggio della
professione di ingegnere solo le opere di carattere più
marcatamente tecnico-scientifico (ad esempio le opere di
ingegneria idraulica, di ammodernamento e ampliamento della
rete idrica comunale).
Per altro verso, il secondo polo normativo di riferimento,
ossia il concetto di edilizia civile, viene interpretato
estensivamente, facendovi ricadere le realizzazioni tecniche
anche di carattere accessorio che vengono collegate al
fabbricato mediante l'esecuzione delle necessarie opere
murarie (vedi Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd.,
21.01.2005 n. 9, che, in relazione ad un sistema di
videosorveglianza, ha ritenuto che si verta in un mero
profilo di realizzazione di edilizia civile, dove invece il
concetto di “applicazione della fisica” può rilevare semmai
nella progettazione e realizzazione degli apparati
industriali).
Si tratta di una tendenza interpretativa che la Sezione
ritiene di condividere e fare propria, perché consona ad una
lettura aggiornata e coerente della norma, che privilegi il
momento unitario della costruzione dell’opera di edilizia
civile, senza artificiose frammentazioni, e che tenga conto
sia della trasformazione dei sistemi produttivi che
dell’evoluzione tecnologica anche nelle applicazioni civili.
Nel caso in specie, si può affermare che il concetto di
“opere di edilizia civile” si estenda sicuramente oltre gli
ambiti più specificamente strutturali, fino a ricomprendere
l’intero complesso degli impianti tecnologici a corredo del
fabbricato, e quindi non solo gli impianti idraulici ma
anche quelli di riscaldamento compresi nell’edificazione.
Non è dato quindi cogliere il profilo di razionalità del
provvedimento gravato in primo grado che, di fronte alla
progettazione di un impianto di riscaldamento e quindi di
un’opera accessoria all’edificazione, ritiene che questo,
poiché proposto come impianto collegato ad un edificio già
esistente e non da realizzare, debba essere predisposto da
un ingegnere.
Al contrario, trattandosi di impianto accessorio ad un
edificio, la circostanza che il progetto sia presentato
autonomamente non fa venire meno il collegamento univoco e
funzionale con l’opera di edilizia civile e, quindi,
permette che il progetto stesso sia sottoscritto anche da un
architetto.
Come si è anticipato in narrativa, il fulcro del thema
decidendum consiste nello stabilire l’ampiezza delle
competenze riconosciute –rispettivamente– agli ingegneri e
agli architetti ai sensi del combinato disposto degli
articoli 51 e 52 del regio decreto 23.10.1925, n. 2537 (‘Approvazione
del regolamento per le professioni di ingegnere e di
architetto’).
In particolare, si tratta di stabilire se la previsione di
cui al primo comma dell’articolo 52 (secondo cui “formano
oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di
quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché i
rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad esse
relative”) comporti o meno la competenza degli
architetti in materia di impianti soggetti ad omologazione
ISPESL comunque afferenti ad opere di edilizia civile.
Al quesito deve essere fornita risposta in senso
affermativo.
Come già affermato dalla giurisprudenza di questo Consiglio
(sentenza 31.07.2009, n. 4866), la centralità delle
disposizioni sopra indicate (articoli 51 e 52 del regio
decreto n. 2537 del 1925) è confermata dal fatto che anche
le successive normative in tema di progettazione d’impianti,
ed in particolare la legge 05.03.1990, n. 46 (recante “Norme
per la sicurezza degli impianti”), vigente al momento
dell’emissione del provvedimento gravato, prevede che sia “obbligatoria
la redazione del progetto da parte di professionisti,
iscritti negli albi professionali, nell'ambito delle
rispettive competenze”, facendo in tal modo implicito
rinvio alla disciplina del 1924.
La disciplina del regio decreto n. 2537 del 1925,
fondamentale nella questione, è stata più volte vagliata
dalla giurisprudenza, la quale ne ha dovuto sottolineare con
maggior dettaglio le fattispecie comprese. In effetti, la
delimitazione delle rispettive competenze è data da concetti
non meglio definiti normativamente di “applicazioni della
fisica” (art. 51) ed “opere di edilizia civile”
(art. 52), e quindi di carattere descrittivo. La natura di
tali elementi, che fanno riferimento a dati extragiuridici,
è implicitamente collegata alla necessità di adeguare la
disciplina all’evoluzione della tecnica e delle
qualificazioni professionali, permettendo così la
sopravvivenza di norme anche risalenti nel tempo ma
flessibili nella loro applicazione in concreto.
Le ragioni appena richiamate inducono la Sezione a valutare
gli apporti recenti, conseguenti alla funzione
interpretativa ed adeguatrice svolta dalla giurisprudenza
nella decisione di casi contermini.
Non può quindi non notarsi che, sempre valorizzando il
discrimine tra le due professioni di architetto e di
ingegnere, la giurisprudenza recente postula una lettura
riduttiva del concetto di applicazione delle leggi della
fisica, sulla ovvia considerazione che, in una lettura
ampia, qualsiasi tipo di manufatto dovrebbe esservi
considerato. Sono quindi esclusivo appannaggio della
professione di ingegnere solo le opere di carattere più
marcatamente tecnico-scientifico (ad esempio le opere di
ingegneria idraulica, di ammodernamento e ampliamento della
rete idrica comunale, TAR Campania Napoli, sez. I,
14.08.1998 n. 2751).
Per altro verso, il secondo polo normativo di riferimento,
ossia il concetto di edilizia civile, viene interpretato
estensivamente, facendovi ricadere le realizzazioni tecniche
anche di carattere accessorio che vengono collegate al
fabbricato mediante l'esecuzione delle necessarie opere
murarie (vedi Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd.,
21.01.2005 n. 9, che, in relazione ad un sistema di
videosorveglianza, ha ritenuto che si verta in un mero
profilo di realizzazione di edilizia civile, dove invece il
concetto di “applicazione della fisica” può rilevare
semmai nella progettazione e realizzazione degli apparati
industriali).
Si tratta di una tendenza interpretativa che la Sezione
ritiene di condividere e fare propria, perché consona ad una
lettura aggiornata e coerente della norma, che privilegi il
momento unitario della costruzione dell’opera di edilizia
civile, senza artificiose frammentazioni, e che tenga conto
sia della trasformazione dei sistemi produttivi che
dell’evoluzione tecnologica anche nelle applicazioni civili.
Nel caso in specie, si può affermare che il concetto di “opere
di edilizia civile” si estenda sicuramente oltre gli
ambiti più specificamente strutturali, fino a ricomprendere
l’intero complesso degli impianti tecnologici a corredo del
fabbricato, e quindi non solo gli impianti idraulici ma
anche quelli di riscaldamento compresi nell’edificazione.
Non è dato quindi cogliere il profilo di razionalità del
provvedimento gravato in primo grado che, di fronte alla
progettazione di un impianto di riscaldamento e quindi di
un’opera accessoria all’edificazione, ritiene che questo,
poiché proposto come impianto collegato ad un edificio già
esistente e non da realizzare, debba essere predisposto da
un ingegnere.
Al contrario, trattandosi di impianto accessorio ad un
edificio, la circostanza che il progetto sia presentato
autonomamente non fa venire meno il collegamento univoco e
funzionale con l’opera di edilizia civile e, quindi,
permette che il progetto stesso sia sottoscritto anche da un
architetto
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 15.03.2013 n. 1550 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE
PROGETTUALI:
Va affermata
l’illegittimità del titolo edilizio formatosi, per effetto
della DIA presentata, che ha permesso la nuova edificazione
di 5 villette a schiera, nella sola parte che ne ha affidato
la progettazione a professionista geometra.
Dalla esegesi sistematica del R.D. 11.02.1929 n. 274, del
R.D. 16.11.1939 n. 2229, della L. 02.03.1949 n. 144 e della
L. 05.11.1971 n. 1086, è desumibile che non tutte le opere
edilizie con impiego di cemento armato sono precluse alla
progettazione dei geometri, ma solo quelle in cui, in
relazione alla loro destinazione, il predetto impiego possa
comportare pericolo per l'incolumità delle persone, il che
tendenzialmente avviene per le costruzioni destinate a
civile abitazione e progettate su più piani, ……. con
struttura portante in cemento armato, comunque destinata
all'abitazione delle persone, intervento che deve ritenersi
riservato ai tecnici laureati (ingegneri ed architetti).
Nel merito, tra i motivi di ricorso proposti e per i quali
la ricorrente sostiene l’illegittimità del mancato esercizio
dei poteri repressivi della DIA, il Collegio ritiene, in
ordine procedimentale, di dover dare la priorità alla
censura (rubricata al n. 7 del ricorso) che, in base alle
disposizioni ivi invocate, evidenzia la redazione del
progetto da parte di un tecnico, quale il geometra, non
abilitato a redigerlo; la doglianza è fondata.
Al riguardo la giurisprudenza di questo Consiglio ha da
tempo affermato, con orientamento dal quale non sussistono
ragioni per discostarsi, che “Dalla esegesi sistematica
del R.D. 11.02.1929 n. 274, del R.D. 16.11.1939 n. 2229,
della L. 02.03.1949 n. 144 e della L. 05.11.1971 n. 1086, è
desumibile che non tutte le opere edilizie con impiego di
cemento armato sono precluse alla progettazione dei
geometri, ma solo quelle in cui, in relazione alla loro
destinazione, il predetto impiego possa comportare pericolo
per l'incolumità delle persone, il che tendenzialmente
avviene per le costruzioni destinate a civile abitazione e
progettate su più piani, ……. con struttura portante in
cemento armato, comunque destinata all'abitazione delle
persone, intervento che deve ritenersi riservato ai tecnici
laureati (ingegneri ed architetti)” (v., fra le altre,
Cons. di Stato, sez. V, n. 25/1999).
Pertanto, avendo riguardo al criterio basilare cui fare
riferimento e costituito (come riconosce lo stesso Comune)
dalla valutazione di struttura e modalità costruttive di un
edificio di più piani, non possono essere condivise le
argomentazioni dell’amministrazione secondo le quali
l’intervento edilizio (ndr: di nuova edificazione
costituito dalle cinque villette a schiera) sarebbe di
assai modesta dimensione e rientrerebbe quindi nella
competenza professionale del geometra.
...
Va in conclusione affermata l’illegittimità del titolo
edilizio formatosi per effetto della DIA n. 18/2005, sulla
particella n. 216, e che ha permesso la nuova edificazione
di 5 villette a schiera, nella sola parte che ne ha affidato
la progettazione a professionista geometra
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 14.03.2013 n. 1526 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE
PROGETTUALI:
OGGETTO: competenze professionali in “valutazioni di
incidenza ambientale”. Direttiva n.
92/43/CEE e DPR n. 357/1997. Circolare
pubblica (Collegio Nazionale degli
Agrotecnici e degli Agrotecnici Laureati,
nota 12.03.2013 n. 1130/ARA di prot.). |
COMPETENZE PROGETTUALI:
Oggetto: Nuova circolare relativa alle competenze
dell'architetto junior ed del pianificatore junior alla luce
di fatti e mutamenti finora intervenuti
(Consiglio Nazionale degli Architetti Pianificatori
Paesaggisti e Conservatori,
circolare 07.03.2013 n. 21). |
febbraio 2013 |
|
COMPETENZE
PROGETTUALI: Sentenza
della Corte Ue. Ingegneri con le mani legate.
Attività preclusa sugli immobili di interesse artistico.
Una normativa nazionale sull'esercizio di un'attività
professionale non può aggiungere titoli diversi rispetto a
quelli stabiliti da una direttiva comunitaria. E quindi, nel
caso specifico italiano, le competenze degli ingegneri
civili non possono essere estese alle attività che
riguardano gli immobili di interesse artistico che restano
prerogativa degli architetti.
A stabilirlo, la Corte di giustizia Europea che, con la
sentenza 21.02.2013 n. C-111/12, V Sez., cerca di
dirimere un annoso contenzioso che ha visto coinvolti il
Consiglio nazionale degli ingegneri e quello degli
architetti e ha portato a due pronunce contrastanti del Tar
Veneto, ad altrettanti ricorsi davanti al Consiglio di stato
e a un'ordinanza del 2004 della Corte di giustizia europea.
Il punto di partenza è che in Italia, la normativa contenuta
nel regio decreto n. 2537 del 1925, stabilisce che gli
ingegneri italiani non sono equiparati agli architetti, in
materia di immobili di interesse artistico, in apparente
contrasto con le regole comunitarie. La sentenza, però, su
questo punto è chiara sottolineando come la direttiva 85/384
non si propone di disciplinare le condizioni di accesso alla
professione né la natura delle attività svolte. Spetta
quindi allo stato ospitante individuare le attività
rientranti in tale settore, anche se, da tale competenza
dello stato ospitante, «non può dedursi che la direttiva
85/384 gli consenta di subordinare l'esercizio delle
attività su immobili di interesse artistico alla verifica
delle qualifiche degli interessati in questo settore».
Se, dunque, si stabilisce il principio che lo stato membro
ospitante non può imporre condizioni aggiuntive per
l'esercizio delle attività rientranti nel settore della
professione di architetto, così la Corte europea apre agli
stranieri ingegneri che arrivano in Italia. Per questi,
infatti, l'accesso alle attività riguardanti immobili di
interesse artistico non può essere negato alle persone in
possesso di un diploma di ingegneria civile o di un titolo
analogo rilasciato in uno stato membro diverso dall'Italia.
Ogni paese membro è tenuto, infatti, a riconoscere i diplomi
di laurea rilasciati dagli altri paesi membri, in base alla
direttiva.
E non è possibile, in questo caso, «subordinare
l'esercizio delle attività su immobili di interesse
artistico alla verifica delle qualifiche degli interessati».
Agli ingegneri stranieri, in questo modo, viene riconosciuta
una competenza più ampia rispetto al passato. L'unica
limitazione consiste nel fatto che il loro diploma di laurea
deve essere menzionato nell'elenco della direttiva. Una
pronuncia che, però, crea una situazione contraddittoria
perché di fatto agli ingegneri provenienti da altri paesi
membri vengono, riconosciute prerogative delle quali gli
ingegneri italiani non godono. Gli stranieri, quindi,
potranno lavorare sugli immobili di interesse artistico,
mentre ai professionisti italiani questa possibilità è
ancora negata
(articolo ItaliaOggi del
22.02.2013). |
novembre 2012 |
|
COMPETENZE
PROGETTUALI:
Sia il Consiglio di Stato
che la Corte di Cassazione hanno a più riprese affermato che
le disposizioni in materia di competenza professionale dei
geometri rispondono ad esigenze di pubblico interesse a
tutela della pubblica incolumità. Invero, rispettivamente è
stato affermato che:
►
è affetto da nullità il contratto di prestazione
d'opera che affidi a un geometra calcoli in cemento armato e
ciò anche ove il compito, limitatamente a quelle strutture,
venga poi svolto da un professionista abilitato, che ne sia
stato officiato dall'originario incaricato; è irrilevante, a
tali fini, che l'incarico sia distinto per le parti in
conglomerato e non sia stato subdelegato dal geometra, ma
conferito direttamente dal committente stesso a un ingegnere
o architetto, in quanto non è consentito neppure al
committente scindere dalla progettazione generale quella
relativa alle opere in cemento armato poiché non è possibile
enucleare e distinguere un'autonoma attività, per la parte
di tali lavori, riconducibile ad un ingegnere o ad un
architetto -il che appare senz'altro esatto, poiché chi non
è abilitato a delineare l'ossatura, neppure può essere
ritenuto in grado di dare forma al corpo che deve esserne
sorretto-;
►
i limiti posti
dall'art. 16, lett. m, r.d. 11.02.1929 n. 274 alla
competenza professionale dei geometri rispondono ad una
scelta inequivoca del legislatore, dettata da evidenti
ragioni di pubblico interesse, che lascia all'interprete
ristretti margini di discrezionalità, attinenti alla
valutazione dei requisiti della modestia della costruzione,
della non necessità di complesse operazioni di calcolo e
dell'assenza di implicazioni per la pubblica incolumità,
indicando invece un preciso requisito, ovverosia la natura
di annesso agricolo dei manufatti, per le opere
eccezionalmente progettabili dai predetti tecnici anche nei
casi di impiego di cemento armato.
È pertanto esclusa la possibilità di un'interpretazione
estensiva o "evolutiva" di tale disposizione, che, in quanto
norma eccezionale, non si presta ad applicazione analogica,
non potendosi pervenire ad una diversa conclusione neppure
in virtù delle norme -art. 2 l. 05.11.1971 n. 1086 e art. 17
l. 02.02.1974 n. 64- che disciplinano le costruzioni in
cemento armato e quelle in zone sismiche, in quanto le
stesse richiamano i limiti delle competenze professionali
stabiliti per i geometri dalla vigente normativa
professionale.
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Qualora il rapporto professionale abbia avuto ad oggetto una
costruzione per civili abitazioni, è affetto da nullità il
contratto anche relativamente alla direzione dei lavori
affidata a un geometra, quando la progettazione -richiedendo
l'adozione anche parziale dei calcoli in cemento armato- sia
riservata alla competenza degli ingegneri.
Sennonché non può trarsi dalla nullità del contratto d’opera
professionale sotteso, la conseguenza indefettibile della
illegittimità del titolo abilitativo rilasciato.
Invero costituisce approdo condiviso in giurisprudenza
quello per cui “è legittimo l'annullamento mediante
esercizio del potere di autotutela di una concessione
edilizia in ragione dell'incompetenza del geometra
progettista, rilevabile sotto il profilo dell'assenza di
abilitazione alla progettazione di costruzioni civili che
non siano di modesta entità e che prevedano l'adozione di
strutture in cemento armato”.
Si è detto del pari, in passato, che “non è illegittima la
concessione edilizia avente ad oggetto un edificio in
cemento armato, rilasciata sulla base di un progetto firmato
da un geometra, e controfirmato da un ingegnere
limitatamente agli aspetti strutturali del progetto“.
---------------
Per concludere sul punto, si deve marcare una netta
distinzione tra la nullità del contratto affidato al
professionista (geometra) non abilitato e la supposta
illegittimità del titolo abilitativo formato su progetto
“redatto” dal professionista incompetente.
Con riferimento a tale ultimo profilo, la circostanza che il
progetto fosse accompagnato dai calcoli in c.a. redatti da
professionista a ciò abilitato (si rammenta che la finalità
della disposizione sulla competenza professionale dei
geometri è diretta a prevenire problematiche di tutela della
pubblica incolumità) milita per la esclusione di profili di
illegittimità della variante medesima, trattandosi di una
irregolarità formale non investente profili di natura
sostanziale.
Stabilisce infatti il Regio decreto 11.02.1929, n. 274, all’art. 16 che: “L'oggetto ed i limiti
dell'esercizio professionale di geometra sono regolati come
segue:
a) operazioni topografiche di rilevamento e misurazione, di
triangolazioni secondarie a lati rettilinei e di
poligonazione, di determinazione e verifica di confini;
operazioni catastali ed estimi relativi;
b) operazioni di tracciamento di strade poderali e
consorziali ed inoltre, quando abbiano tenue importanza, di
strade ordinarie e di canali di irrigazione e di scolo;
c) misura e divisione di fondi rustici;
d) misura e divisione di aree urbane e di modeste
costruzioni civili;
e) stima di aree e di fondi rustici, anche ai fini di mutui
fondiari e di espropriazione, stima dei danni prodotti ai
fondi rustici dalla grandine o dagli incendi, e valutazione
di danni colonici a culture erbacee, legnose, da frutto, da
foglia e da bosco. È fatta eccezione per i casi di notevole
importanza economica e per quelli che, per la complessità di
elementi di valutazione, richiedano le speciali cognizioni
scientifiche e tecniche proprie dei dottori in scienze
agrarie;
f) stima, anche ai fini di mutui fondiari e di
espropriazione, di aree urbane e di modeste costruzioni
civili; stima dei danni prodotti dagli incendi;
g) stima di scorte morte, operazioni di consegna e
riconsegna dei beni rurali e relativi bilanci e
liquidazioni; stima per costituzione ed eliminazione di
servitù rurali; stima delle acque irrigue nei rapporti dei
fondi agrari serviti. È fatta eccezione per i casi di
notevole importanza economica e per quelli che, per la
complessità di elementi di valutazione, richiedano le
speciali cognizioni scientifiche e tecniche proprie dei
dottori in scienze agrarie;
h) funzioni puramente contabili ed amministrative nelle
piccole e medie aziende agrarie;
i) curatele di piccole e medie aziende agrarie, in quanto
non importino durata superiore ad un anno ed una vera e
propria direzione tecnica; assistenza nei contratti agrari;
l) progetto, direzione, sorveglianza e liquidazione di
costruzioni rurali e di edifici per uso d'industrie
agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria,
comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato,
che non richiedono particolari operazioni di calcolo e per
la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo
per la incolumità delle persone; nonché di piccole opere
inerenti alle aziende agrarie, come strade vicinali senza
rilevanti opere d'arte, lavori d'irrigazione e di bonifica,
provvista d'acqua per le stesse aziende e riparto della
spesa per opere consorziali relative, esclusa, comunque, la
redazione di progetti generali di bonifica idraulica ed
agraria e relativa direzione;
m) progetto, direzione e vigilanza di modeste costruzioni
civili;
n) misura, contabilità e liquidazione delle costruzioni
civili indicate nella lettera m) ;
o) misura, contabilità e liquidazione di lavori di
costruzioni rurali sopra specificate;
p) funzioni peritali ed arbitramentali in ordine alle
attribuzioni innanzi menzionate;
q) mansioni di perito comunale per le funzioni tecniche
ordinarie nei Comuni con popolazione fino a diecimila
abitanti, esclusi i progetti di opere pubbliche d'importanza
o che implichino la risoluzione di rilevanti problemi
tecnici.” .
Circa la legittimazione a sollevare la relativa eccezione,
ritiene il Collegio che essa sussistesse pienamente in capo
alla odierna appellante –titolare di immobile limitrofo a
quello per cui è causa- con esclusivo riferimento alla
circostanza che si trattava di opere in cemento armato.
Si rileva in proposito che sia il Consiglio di Stato (“è
affetto da nullità il contratto di prestazione d'opera che
affidi a un geometra calcoli in cemento armato e ciò anche
ove il compito, limitatamente a quelle strutture, venga poi
svolto da un professionista abilitato, che ne sia stato
officiato dall'originario incaricato; è irrilevante, a tali
fini, che l'incarico sia distinto per le parti in
conglomerato e non sia stato subdelegato dal geometra, ma
conferito direttamente dal committente stesso a un ingegnere
o architetto, in quanto non è consentito neppure al
committente scindere dalla progettazione generale quella
relativa alle opere in cemento armato poiché non è possibile
enucleare e distinguere un'autonoma attività, per la parte
di tali lavori, riconducibile ad un ingegnere o ad un
architetto -il che appare senz'altro esatto, poiché chi non
è abilitato a delineare l'ossatura, neppure può essere
ritenuto in grado di dare forma al corpo che deve esserne
sorretto-;” Consiglio Stato, sez. V, 28.04.2011, n.
2537) che la Corte di Cassazione (Cassazione civile, sez. II, 07.09.2009, n. 19292: “i limiti posti
dall'art. 16, lett. m, r.d. 11.02.1929 n. 274 alla
competenza professionale dei geometri rispondono ad una
scelta inequivoca del legislatore, dettata da evidenti
ragioni di pubblico interesse, che lascia all'interprete
ristretti margini di discrezionalità, attinenti alla
valutazione dei requisiti della modestia della costruzione,
della non necessità di complesse operazioni di calcolo e
dell'assenza di implicazioni per la pubblica incolumità,
indicando invece un preciso requisito, ovverosia la natura
di annesso agricolo dei manufatti, per le opere
eccezionalmente progettabili dai predetti tecnici anche nei
casi di impiego di cemento armato. È pertanto esclusa la
possibilità di un'interpretazione estensiva o "evolutiva" di
tale disposizione, che, in quanto norma eccezionale, non si
presta ad applicazione analogica, non potendosi pervenire ad
una diversa conclusione neppure in virtù delle norme -art.
2 l. 05.11.1971 n. 1086 e art. 17 l. 02.02.1974 n.
64- che disciplinano le costruzioni in cemento armato e
quelle in zone sismiche, in quanto le stesse richiamano i
limiti delle competenze professionali stabiliti per i
geometri dalla vigente normativa professionale”) hanno a più
riprese affermato che le disposizioni in materia di
competenza professionale dei geometri rispondono ad esigenze
di pubblico interesse a tutela della pubblica incolumità.
L’appellante, in quanto titolare di una abitazione ubicata
nelle immediate vicinanze del plesso in costruzione aveva
quindi immediato e diretto interesse a sollevare la relativa
eccezione in considerazione dei profili di salvaguardia
della incolumità.
Il motivo di ricorso di primo grado riproposto in appello
doveva essere dichiarato ammissibile, pertanto, in parte
qua.
Non ad identiche considerazioni può pervenirsi per ciò che
concerne la supposta “incompetenza” motivata con riferimento
alla circostanza che le aree insistevano su zona soggetta a
vincolo laddove, all’evidenza, non sussistono problematiche
di possibile compromissione investente profili di pubblica
incolumità ed è carente il diretto ed immediato interesse
dell’appellante a sollevare la detta eccezione, per cui la
statuizione di inammissibilità del mezzo di primo grado sul
punto deve essere confermata.
Rimossa la –per le già chiarite ragioni, e nei ristretti
termini sopra individuati- statuizione di inammissibilità, pertiene al Collegio il compito di vagliare il merito della
doglianza (è appena il caso di precisare che all’erronea
declaratoria della inammissibilità dell’impugnazione non
segue l’annullamento con rinvio della appellata decisione,
non ricorrendo l’ipotesi di “difetto di procedura o vizio di
forma” di cui all’art. 35 della legge n. 1034/1971 – oggi:
art. 105 c.p.a.; per il passato, si veda, ex multis, sul
punto Consiglio di Stato , sez. V, 23.04.1998, n. 474).
Resta in proposito, quindi, da interrogarsi in ordine alla
fondatezza del motivo e alla refluenza dello stesso sulla
variante autorizzata.
Ritiene sul punto il Collegio che la doglianza tesa a
sostenere la complessiva illegittimità della variante e del
permesso di costruire del 2009 a cagione della riscontrata
“incompetenza professionale” del progettista sia infondata.
Risulta dagli atti di causa, infatti, che il progetto di
variante venne corredato da relazione sui calcoli svolta da
un ingegnere a ciò abilitato.
E’ noto al Collegio –che lo condivide– l’orientamento di
recente affermato da questo Consiglio di Stato sez. V, 28.04.2011, n. 2537 e prima riportato.
Tale principio –che si attaglia a perfezione alla odierna
vicenda processuale- esclude quindi il rilievo sotto il
profilo privatistico dell’avvenuto espletamento del calcolo
da parte dell’ingegnere abilitato e si inquadra,
confermandolo ed ampliandolo, nel consolidato filone
giurisprudenziale secondo il quale “qualora il rapporto
professionale abbia avuto ad oggetto una costruzione per
civili abitazioni, è affetto da nullità il contratto anche
relativamente alla direzione dei lavori affidata a un
geometra, quando la progettazione -richiedendo l'adozione
anche parziale dei calcoli in cemento armato- sia riservata
alla competenza degli ingegneri” (Cassazione civile, sez. II, 26.07.2006, n. 17028, ma anche Cassazione civile,
sez. II, 15.02.1996, n. 1157 che afferma in tali casi
“la conseguenza della nullità del rapporto tra il geometra
ed il cliente”).
Sennonché non può trarsi dalla nullità del contratto d’opera
professionale sotteso, la conseguenza indefettibile della
illegittimità del titolo abilitativo rilasciato.
Invero costituisce approdo condiviso in giurisprudenza
quello per cui “è legittimo l'annullamento mediante
esercizio del potere di autotutela di una concessione
edilizia in ragione dell'incompetenza del geometra
progettista, rilevabile sotto il profilo dell'assenza di
abilitazione alla progettazione di costruzioni civili che
non siano di modesta entità e che prevedano l'adozione di
strutture in cemento armato” (Consiglio Stato, sez. IV, 22.05.2006, n. 3006).
Si è detto del pari, in passato, che “non è illegittima la
concessione edilizia avente ad oggetto un edificio in
cemento armato, rilasciata sulla base di un progetto
firmato da un geometra, e controfirmato da un ingegnere
limitatamente agli aspetti strutturali del progetto“ (Consiglio Stato, sez. V, 04.06.2003, n. 3068).
La questione quindi va risolta avuto riguardo all’interesse
pubblicistico sotteso al riparto di competenza professionale
in capo al geometra e, quindi, alla possibile sussistenza di
pericoli per la pubblica incolumità.
Nel caso di specie può convenirsi con parte appellata che la
complessiva modestia dell’opera e la circostanza che
comunque i calcoli relativi alle opere in cemento armato
(sia per ciò che concerne il permesso di costruire che per
la variante del 2009) fossero stati redatti da un
professionista abilitato consentono di inferire dalla data
circostanza la complessiva legittimità del titolo
abilitativo in variante.
Appare essenziale in proposito rilevare che, comunque, i
calcoli in cemento armato furono svolti; e furono svolti da
un ingegnere abilitato, il che in concreto elide il profilo
della illegittimità dedotto (pur essendo, come si è prima
chiarito, circostanza del tutto neutra con riguardo al
sotteso rapporto privatistico tra committente e geometra -elemento quest’ultimo, comunque, che non rileva nel caso di
specie in questa sede-).
Per concludere sul punto: premesso che non può tenersi conto
in questa sede delle allusive affermazioni contenute nelle
memorie prodotte dall’appellante con le quali si adombra la
possibilità che la detta documentazione non sia veridica (si
rammenta sul punto che l’appellante non ha impugnato per
falsità la detta documentazione e gli atti pubblici alla
stessa sottesi, anche con riguardo al momento di
presentazione della stessa, e non rileva sotto il profilo
sostanziale che la stessa non avesse avuto conoscenza, in
passato, della detta comunicazione, mentre costituisce
incongruenza non decisiva la circostanza che il nominativo
della impresa costruttrice indicato fosse diverso, perché
ciò che è decisivo è che i calcoli si riferiscano alle opere
per cui è causa) si deve marcare una netta distinzione tra
la nullità del contratto affidato al professionista
(geometra) non abilitato e la supposta illegittimità del
titolo abilitativo formato su progetto “redatto” dal
professionista incompetente.
Con riferimento a tale ultimo profilo (che è quello che
maggiormente, se non unicamente, rileva in questa sede) la
–per le già chiarite ragioni incontestabile in punto di
fatto- circostanza che il progetto fosse accompagnato dai
calcoli in c.a. redatti da professionista a ciò abilitato,
in uno con la modestia complessiva dell’opera in variante
(si rammenta che la finalità della disposizione sulla
competenza professionale dei geometri è diretta a prevenire
problematiche di tutela della pubblica incolumità,
palesemente non sussistenti nel caso di specie) milita per
la esclusione di profili di illegittimità della variante
medesima, trattandosi di una irregolarità formale non
investente profili di natura sostanziale
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 28.11.2012 n. 6036 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI - INCARICHI PROGETTUALI: Le
determinazioni con cui le pubbliche amministrazioni
stabiliscono i criteri per selezionare i collaboratori
costituisce manifestazione di ampia discrezionalità
rientrante nel merito amministrativo, e possono quindi
essere sindacate solo in caso di errore manifesto o
manifesta irragionevolezza.
---------------
Le competenze dei geometri in tema di ricognizione della
viabilità sono limitate alle “operazioni di tracciamento di
strade poderali e consorziali ed inoltre, quando abbiano
tenue importanza, di strade ordinarie…” (art. 16, comma
primo, lett. b] R.D. 274/1929).
Dalla competenza dei geometri esulano anche alcune delle
attività richieste per l’incarico in questione, come le
verifiche sulle condizioni di manutenzione e transitabilità
delle strade nonché delle preclusioni al traffico esistenti,
e la definizione della loro importanza dal punto di vista
funzionale, storico e paesaggistico.
Coglie quindi nel segno la difesa dell’Amministrazione
laddove evidenzia che l’oggetto dell’incarico da affidare è
più ampio rispetto alle competenze legislativamente
stabilite per la categoria dei geometri, ed è quindi logico
che essi ne siano stati esclusi.
... per l'annullamento della determinazione dirigenziale n.
694 del 06.07.2009 della Comunità Montana Colline Metallifere,
contenente l’avviso pubblico per il conferimento di un
incarico esterno di collaborazione autonoma per la
ricognizione e classificazione della viabilità extraurbana
di pubblico interesse, nonché della determinazione n. 866
del 26.08.2009 di assegnazione dell’incarico, nonché infine
di tutti gli atti presupposti e/o consequenziali tra cui, in
particolare, i verbali di aggiudicazione in prima e seconda
seduta rispettivamente del 24.07.2009 e del 14.08.2009, nonché gli artt. 11 e 11-bis del Regolamento di
organizzazione degli uffici e dei servizi approvato con
delibera della Giunta Esecutiva della Comunità Montana delle
Colline Metallifere n. 87 del 25.9.2003 e modificato con
successiva delibera della Giunta Esecutiva n. 1 del
20.01.2009, ovvero di tutte quelle norme regolamentari della
Comunità Montana che disciplinano e limitano l’affidamento
di incarichi a soggetti esterni.
...
Va rilevato in primo luogo che le determinazioni con cui le
pubbliche amministrazioni stabiliscono i criteri per
selezionare i collaboratori costituisce manifestazione di
ampia discrezionalità rientrante nel merito amministrativo,
e possono quindi essere sindacate solo in caso di errore
manifesto o manifesta irragionevolezza.
Nel caso di specie non si rilevano tali vizi nella decisione
di limitare l’accesso alla procedura in esame ai soli
laureati escludendo, tra l’altro, la categoria ricorrente
dei geometri poiché l’oggetto della gara è più ampio di
quanto previsto dall’art. 16, R.D. 11.02.1929, n. 274
che regolamenta l’esercizio di tale professione.
Per quanto qui interessa, le competenze dei geometri in tema
di ricognizione della viabilità sono limitate alle
“operazioni di tracciamento di strade poderali e consorziali
ed inoltre, quando abbiano tenue importanza, di strade
ordinarie…” (art. 16, comma primo, lett. b] R.D. 274/1929).
Dalla competenza dei geometri esulano anche alcune delle
attività richieste per l’incarico in questione, come le
verifiche sulle condizioni di manutenzione e transitabilità
delle strade nonché delle preclusioni al traffico esistenti,
e la definizione della loro importanza dal punto di vista
funzionale, storico e paesaggistico. Coglie quindi nel segno
la difesa dell’Amministrazione laddove evidenzia che
l’oggetto dell’incarico da affidare è più ampio rispetto
alle competenze legislativamente stabilite per la categoria
dei geometri, ed è quindi logico che essi ne siano stati
esclusi.
Non ha pregio il richiamo al diritto al libero esercizio
della professione poiché i provvedimenti gravati non
limitano in alcun modo l’esercizio libero professionale del
mestiere di geometra
(TAR Toscana, Sez. I,
sentenza 22.11.2012 n. 1890 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
settembre 2012 |
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COMPETENZE
PROFESSIONALI - PROGETTUALI: Oggetto:
Progettazione e direzione lavori di modeste costruzioni
civili con strutture in cemento armato. Competenze
professionali Geometri liberi professionisti
(Regione Sicilia, Assessorato delle Infrastrutture e della
Mobilità,
nota 18.09.2012 n. 82824 di prot.).
---------------
Di contro, pronta la risposta della Consulta Ordini
Ingegneri Sicilia con la
nota 04.10.2012 n. 98 di prot.: Oggetto:
Progettazione e direzione lavori di modeste costruzioni
civili con strutture in cemento armato – Competenze
professionali. |
giugno 2012 |
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COMPETENZE PROGETTUALI:
Oggetto: sentenza del TAR dell'Emilia
Romagna in materia di competenze
professionali degli Ingegneri e degli
Architetti nel settore delle opere stradali
(Ordine degli Ingegneri di Bergamo,
nota 29.06.2012 n. 766 di prot.). |
maggio 2012 |
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ATTI AMMINISTRATIVI - COMPETENZE PROGETTUALI:
La progettazione di una villa in cemento
armato e in zona sismica deve ritenersi
rientrare nella competenza professionale di
ingegneri e architetti.
L’atto di convalida –pur costituendo un
nuovo e autonomo provvedimento
amministrativo, come tale impugnabile– non
si sostituisce all’atto convalidato, ma ad
esso si ricollega “al fine di mantenerne
fermi gli effetti fin dal momento in cui
esso venne emanato (c.d. efficacia ex tunc
della convalida); gli effetti giuridici,
pertanto, si imputano all'atto convalidato,
rispetto al quale quello convalidante si
pone soltanto come causa ostativa
all'eventuale annullamento per
illegittimità, sempreché l'amministrazione
non abbia già perso la disponibilità
dell'effetto”.
---------------
Non condivisibile è l'assunto della
sanabilità dei soli vizi formali; ed infatti
il tradizionale orientamento sfavorevole
alla sanabilità dei vizi sostanziali
-fondato sulla disposizione dell'articolo 6
della legge 18.03.1968, n. 249- può
ritenersi superato dall'articolo 21-nonies
della legge n. 241 che non pone limitazioni
in materia, riferendosi genericamente al
provvedimento amministrativo annullabile (e
non ai soli atti viziati da incompetenza o
comunque da vizi di forma), con conseguente
ammissibilità della convalida di vizi
sostanziali, ovviamente allorché il vizio
sia in concreto eliminabile; non può quindi
in linea di principio escludersi che anche
il vizio consistente nella progettazione da
parte di un tecnico non abilitato -che è
vizio non formale ma sostanziale perché la
progettazione ad opera di professionisti
laureati mira a tutelare la sicurezza delle
opere in funzione di tutela di coloro che le
utilizzeranno una volta ultimate- possa
essere convalidato a seguito della verifica
della idoneità del progetto da parte di un
professionista laureato con specifica
assunzione da parte di quest'ultimo della
relativa responsabilità; ed infatti la
giurisprudenza è orientata a ritenere che i
limiti di competenza dei tecnici non
laureati nella progettazione di opere civili
in cemento armato sono inderogabilmente
stabiliti dalla legge non in funzione della
buona qualità dell'edificio dal punto di
vista estetico-funzionale, bensì
dell'esigenza di assicurare l'incolumità
delle persone che lo utilizzeranno una volta
ultimato.
Ciò che conta è, quindi, che i calcoli
relativi alle strutture siano esatti e che
tutte le soluzioni tecniche finalizzate alla
sicurezza degli esseri umani siano idonee;
la circostanza che -anche in via successiva-
vi sia un intervento con cui un tecnico
dotato di adeguata qualificazione verifichi
ed asseveri la sussistenza di queste
condizioni non può pertanto essere escluso.
Di conseguenza la convalida deve essere
annullata e ciò impone l'esame del motivo
proposto con il primo ricorso con cui si è
dedotta la esorbitanza dalle competenze
professionali del geometra della
progettazione dell'immobile in
contestazione.
---------------
Costituisce giurisprudenza assolutamente
pacifica e consolidata che "a norma
dell'art. 16, lett. m), del r.d. 11.02.1929
n. 274, e come si desume anche dalle leggi
05.11.1971 n. 1086 e 02.02.1974 n. 64, che
hanno rispettivamente disciplinato le opere
in conglomerato cementizio e le costruzioni
in zone sismiche, nonché dalla legge
02.03.1949 n. 144 (recante la tariffa
professionale), esula dalla competenza dei
geometri la progettazione di costruzioni
civili con strutture in cemento armato,
trattandosi di attività che, qualunque ne
sia l'importanza, è riservata solo agli
ingegneri ed architetti iscritti nei
relativi albi professionali".
Né questo principio è reso inapplicabile
dalla circostanza che la progettazione del
geometra era accompagnata da una relazione
di calcolo a firma di un ingegnere: infatti
la giurisprudenza ha considerato anche
questa evenienza ribadendo che "i geometri
possono progettare e dirigere lavori
relativi ad opere di cemento armato purché
si tratti di piccole costruzioni accessorie
di costruzioni rurali e di edifici per
industrie agricole che non richiedano
particolari operazioni di calcolo e che per
la loro destinazione non implicano comunque
pericolo per l'incolumità delle persone, a
nulla rilevando che i calcoli di cemento
armato siano stati fatti da ingegnere,
giacché è il professionista incaricato della
generale progettazione e della direzione dei
lavori che si assume la responsabilità anche
dei calcoli delle strutture armate".
... per l'annullamento, quanto al ricorso n.
1124 del 2004, del permesso di costruire n.
93 del 06.05.2004 rilasciato alle
controinteressate per la realizzazione di un
villino unifamiliare;
...
Il Collegio rileva in proposito che l’atto
di convalida –pur costituendo un nuovo e
autonomo provvedimento amministrativo, come
tale impugnabile– non si sostituisce
all’atto convalidato, ma ad esso si
ricollega “al fine di mantenerne fermi
gli effetti fin dal momento in cui esso
venne emanato (c.d. efficacia ex tunc della
convalida); gli effetti giuridici, pertanto,
si imputano all'atto convalidato, rispetto
al quale quello convalidante si pone
soltanto come causa ostativa all'eventuale
annullamento per illegittimità, sempreché
l'amministrazione non abbia già perso la
disponibilità dell'effetto” (così TAR
Lazio, Latina, 05.05.2006, n. 311).
...
Con il primo ricorso (RG 1124/04) la
ricorrente denuncia che il progetto
assentito dal comune è stato redatto da un
geometra in violazione della disciplina
dell’articolo 16 del r.d. 11.02.1929 n. 274
che, per quanto qui interessa, limita la
competenza professionale dei geometri alla
progettazione di “piccole costruzioni
accessorie in cemento armato, che non
richiedono particolari operazioni di calcolo
e per la loro destinazione non possono
comunque implicare pericolo per la
incolumità delle persone”; la tesi della
ricorrente è che nella fattispecie, venendo
in rilievo un edificio di due piani da
adibire a residenza e da realizzare nel
centro di Formia, che ricade in zona
sismica, il limite sopra indicato è
chiaramente superato, cosicché il progetto
avrebbe dovuto essere redatto da un
professionista laureato (cioè un ingegnere o
un architetto).
Come già accennato, il permesso di costruire
impugnato, relativamente al profilo
all’esame, è stato convalidato dal comune su
istanza delle controinteressate: queste
infatti hanno presentato al comune tutti gli
elaborati del progetto originariamente
assentito “timbrati, controfirmati e
asseverati” da un ingegnere e chiesto al
comune la convalida; in data 11.07.2006 il
comune a sua volta –facendo applicazione
dell’articolo 21-nonies della legge
07.08.1990, n. 241– ha operato la convalida
del permesso di costruire “considerato
che, nella legittimità del titolo ad
edificare, e nella considerazione che
l’immobile è stato già realizzato e quasi
completato, sussiste l’interesse pubblico
alla conservazione degli atti”.
Come pure accennato, la ricorrente ha
impugnato la vista convalida con il ricorso
successivo (RG 1233/06).
Le suesposte censure vanno accolte.
Il Collegio condivide infatti, sotto il
profilo difetto d’istruttoria e della
motivazione, l’assunto secondo cui
illegittimamente il comune non ha fornito
una motivazione persuasiva in punto di
interesse pubblico alla convalida né in
alcun modo considerato gli interessi della
ricorrente.
Invero la necessità di ponderare l'interesse
dei controinteressati si deduce
dall'articolo 21-nonies della legge
07.08.1990, n. 241 che, nel disciplinare il
cd. annullamento d'ufficio -che costituisce,
al pari della convalida, uno dei possibile
esiti del procedimento cd. di riesame-
impone, oltre alla sussistenza di ragioni di
interesse pubblico, che si tenga conto degli
interessi dei destinatari e dei
controinteressati.
Non condivisibile è invece l'assunto della
sanabilità dei soli vizi formali; ed infatti
il tradizionale orientamento sfavorevole
alla sanabilità dei vizi sostanziali
-fondato sulla disposizione dell'articolo 6
della legge 18.03.1968, n. 249- può
ritenersi superato dall'articolo 21-nonies
della legge n. 241 che non pone limitazioni
in materia, riferendosi genericamente al
provvedimento amministrativo annullabile (e
non ai soli atti viziati da incompetenza o
comunque da vizi di forma), con conseguente
ammissibilità della convalida di vizi
sostanziali, ovviamente allorché il vizio
sia in concreto eliminabile; non può quindi
in linea di principio escludersi che anche
il vizio consistente nella progettazione da
parte di un tecnico non abilitato -che è
vizio non formale ma sostanziale perché la
progettazione ad opera di professionisti
laureati mira a tutelare la sicurezza delle
opere in funzione di tutela di coloro che le
utilizzeranno una volta ultimate- possa
essere convalidato a seguito della verifica
della idoneità del progetto da parte di un
professionista laureato con specifica
assunzione da parte di quest'ultimo della
relativa responsabilità; ed infatti la
giurisprudenza è orientata a ritenere che i
limiti di competenza dei tecnici non
laureati nella progettazione di opere civili
in cemento armato sono inderogabilmente
stabiliti dalla legge non in funzione della
buona qualità dell'edificio dal punto di
vista estetico-funzionale, bensì
dell'esigenza di assicurare l'incolumità
delle persone che lo utilizzeranno una volta
ultimato.
Ciò che conta è, quindi, che i calcoli
relativi alle strutture siano esatti e che
tutte le soluzioni tecniche finalizzate alla
sicurezza degli esseri umani siano idonee;
la circostanza che -anche in via successiva-
vi sia un intervento con cui un tecnico
dotato di adeguata qualificazione verifichi
ed asseveri la sussistenza di queste
condizioni non può pertanto essere escluso.
Di conseguenza la convalida deve essere
annullata e ciò impone l'esame del motivo
proposto con il primo ricorso con cui si è
dedotta la esorbitanza dalle competenze
professionali del geometra della
progettazione dell'immobile in
contestazione.
Tale motivo è fondato dato che costituisce
giurisprudenza assolutamente pacifica e
consolidata che "a norma dell'art. 16,
lett. m), del r.d. 11.02.1929 n. 274, e come
si desume anche dalle leggi 05.11.1971 n.
1086 e 02.02.1974 n. 64, che hanno
rispettivamente disciplinato le opere in
conglomerato cementizio e le costruzioni in
zone sismiche, nonché dalla legge 02.03.1949
n. 144 (recante la tariffa professionale),
esula dalla competenza dei geometri la
progettazione di costruzioni civili con
strutture in cemento armato, trattandosi di
attività che, qualunque ne sia l'importanza,
è riservata solo agli ingegneri ed
architetti iscritti nei relativi albi
professionali" (Consiglio di Stato, sez.
IV, 22.05.2006, n. 3006).
Né questo principio è reso inapplicabile
dalla circostanza -evidenziata dalle
resistenti- che la progettazione del
geometra era accompagnata da una relazione
di calcolo a firma di un ingegnere: infatti
la giurisprudenza ha considerato anche
questa evenienza ribadendo che "i
geometri possono progettare e dirigere
lavori relativi ad opere di cemento armato
purché si tratti di piccole costruzioni
accessorie di costruzioni rurali e di
edifici per industrie agricole che non
richiedano particolari operazioni di calcolo
e che per la loro destinazione non implicano
comunque pericolo per l'incolumità delle
persone, a nulla rilevando che i calcoli di
cemento armato siano stati fatti da
ingegnere, giacché è il professionista
incaricato della generale progettazione e
della direzione dei lavori che si assume la
responsabilità anche dei calcoli delle
strutture armate" (TAR Abruzzo, Pescara,
02.11.1995, n. 463, TAR Emilia Romagna,
Bologna, II Sez., 17.02.1995 n. 71).
Di conseguenza -venendo nella fattispecie in
rilievo la progettazione di una villa in
cemento armato e in zona sismica- deve
ritenersi che il progetto rientrasse nella
competenza professionale di ingegneri e
architetti (TAR Lazio-Latina, Sez. I,
sentenza 30.05.2012 n. 415 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI:
(i) in base alla norma sulla competenza
professionale, i geometri devono astenersi
dalla progettazione e dalla direzione lavori
che riguardino opere in cemento armato, con
la sola eccezione delle piccole costruzioni
accessorie in ambito agricolo. Dunque le
costruzioni civili che comportano l’uso di
cemento armato fuoriescono dalla competenza
dei geometri, anche se si mantengono nei
limiti delle “modeste costruzioni”.
(ii) la severità della norma è attenuata
dalla prassi di suddividere la progettazione
e la direzione lavori in due parti, una
riferita alle opere in cemento armato e una
incentrata sugli aspetti architettonici.
Questa soluzione si muove lungo un confine
incerto, e potrebbe facilmente prestarsi a
comportamenti elusivi della norma. Sono
considerati comportamenti elusivi la
controfirma o il visto del progetto da parte
di un ingegnere o architetto e l’affidamento
a questi ultimi dei calcoli relativi al
cemento armato.
(iii) tuttavia, se la separazione delle
attività di progettazione e direzione lavori
è effettiva e non simulata, e a ciascun
professionista è riservata nel suo ambito
piena responsabilità, questa appare una via
praticabile per coordinare le due parti che
qui interessano dell’art. 16 del RD
274/1929, quella che esclude il cemento
armato dalla competenza professionale dei
geometri in relazione alle costruzioni
civili (lett. l) e quella che estende ai
geometri la progettazione e la direzione
lavori con riferimento alle costruzioni
civili di modesta importanza (lett. m).
Poiché anche le costruzioni civili di
modesta importanza possono richiedere
l’impiego di cemento armato, non sarebbe
corretto interdire in questi casi ai
geometri una porzione rilevante della loro
competenza professionale, quando sia invece
possibile scorporare in modo chiaro ed
effettivo dalla progettazione e dalla
direzione lavori tutta l’attività riferibile
al cemento armato. Lo scorporo appare la
soluzione preferibile alla luce del
principio di proporzionalità (non devono
essere inflitte alla competenza
professionale dei geometri limitazioni
maggiori di quelle strettamente necessarie a
garantire la sicurezza delle persone).
---------------
(iv) gli ordini e i collegi professionali
hanno interesse e legittimazione a tutelare
le prerogative delle rispettive categorie di
professionisti, tanto in sede
giurisdizionale quanto davanti all’autorità
amministrativa. Non vi sono però norme
puntuali che consentano agli ordini e ai
collegi professionali di agire direttamente
in autotutela contro i professionisti della
categoria concorrente che effettuano
un’invasione di campo, né un simile potere è
desumibile in via generale dalle funzioni di
interesse pubblico svolte da questi
organismi.
(v) nello specifico, quindi, l’Ordine degli
Architetti non è legittimato a bloccare la
procedura di collaudo statico rifiutandosi
di designare la terna di nomi per la scelta
del collaudatore. In questo modo infatti
verrebbe interrotto l’iter che porta al
rilascio del certificato di agibilità (v.
art. 25, comma 3, e art. 67, comma 8, del
DPR 380/2001) e vi sarebbe un’intromissione
nei poteri di controllo dell’amministrazione
comunale, la quale è l’unico soggetto
titolato a decidere delle condizioni di
utilizzabilità di un edificio.
(vi) l’Ordine degli Architetti può invece
intervenire a difesa della categoria con
altri strumenti: (1) all’inizio del percorso
di edificazione, impugnando il titolo
edilizio che approva il progetto redatto dal
professionista non competente, o invitando
l’amministrazione comunale a effettuare un
annullamento in autotutela; (2) alla fine,
segnalando all’amministrazione comunale che
dal collaudo emerge il mancato rispetto
della riserva sul cemento armato, o
impugnando il certificato di agibilità che
non tenga conto della violazione della
suddetta riserva. Questi profili sono però,
come è evidente, estranei al presente
giudizio.
Il presente ricorso, promosso dal
Collegio dei Geometri e dei Geometri
Laureati di Bergamo, riguarda il rifiuto
dell’Ordine degli Architetti Pianificatori
Paesaggisti e Conservatori di Bergamo di
designare la terna di nomi per la scelta del
collaudatore ai fini del collaudo statico
delle opere in cemento armato (v. art. 67,
comma 4, del DPR 06.06.2001 n. 380) quando
alla realizzazione abbiano prestato la loro
attività professionale dei geometri. Nei
casi portati all’attenzione del TAR le
prestazioni professionali consistono nella
progettazione architettonica e nella
direzione lavori per il progetto
architettonico.
La vicenda è stata marginalmente
esaminata da questo TAR nella sentenza non
definitiva n. 635 del 17.04.2012 in
relazione a un’istanza di accesso.
La tesi dell’Ordine degli Architetti si
può così riassumere:
(a) la competenza professionale dei geometri
(v. art. 16 del RD 11.02.1929 n. 274)
consiste in “progetto, direzione,
sorveglianza e liquidazione di costruzioni
rurali e di edifici per uso d'industrie
agricole, di limitata importanza, di
struttura ordinaria, comprese piccole
costruzioni accessorie in cemento armato,
che non richiedono particolari operazioni di
calcolo e per la loro destinazione non
possono comunque implicare pericolo per la
incolumità delle persone” (lett. l), nonché
in “progetto, direzione e vigilanza di
modeste costruzioni civili” (lett. m);
(b) non sono ricomprese in tali elenchi le
attività di progettazione e direzione lavori
riguardanti le costruzioni civili in cemento
armato, che restano pertanto affidate in via
esclusiva a ingegneri e architetti;
(c) la necessità del rispetto delle
competenze professionali è ribadita,
rispettivamente per la progettazione e la
direzione lavori relative a opere in cemento
armato, dall’art. 64, commi 2 e 3, del DPR
380/2001;
(d) di conseguenza non è possibile per gli
architetti partecipare al collaudo di opere
in cemento armato in relazione alle quali i
geometri, non attenendosi alle proprie
competenze professionali, abbiano svolto
attività di progettazione architettonica e
di direzione lavori per il progetto
architettonico (sarebbe come chiedere di
avallare un abuso edilizio).
Sulla vicenda così sintetizzata si
possono svolgere le seguenti considerazioni:
(i) in base alla norma sulla competenza
professionale, i geometri devono astenersi
dalla progettazione e dalla direzione lavori
che riguardino opere in cemento armato, con
la sola eccezione delle piccole costruzioni
accessorie in ambito agricolo. Dunque le
costruzioni civili che comportano l’uso di
cemento armato fuoriescono dalla competenza
dei geometri, anche se si mantengono nei
limiti delle “modeste costruzioni” (v. Cass.
civ. Sez. II 14.02.2012 n. 2153);
(ii) la severità della norma è attenuata
dalla prassi di suddividere la progettazione
e la direzione lavori in due parti, una
riferita alle opere in cemento armato e una
incentrata sugli aspetti architettonici.
Questa soluzione si muove lungo un confine
incerto, e potrebbe facilmente prestarsi a
comportamenti elusivi della norma. Sono
considerati comportamenti elusivi la
controfirma o il visto del progetto da parte
di un ingegnere o architetto e l’affidamento
a questi ultimi dei calcoli relativi al
cemento armato (v. Cass. civ. Sez. II 02.09.2011 n. 18038);
(iii) tuttavia, se la separazione delle
attività di progettazione e direzione lavori
è effettiva e non simulata, e a ciascun
professionista è riservata nel suo ambito
piena responsabilità, questa appare una via
praticabile per coordinare le due parti che
qui interessano dell’art. 16 del RD
274/1929, quella che esclude il cemento
armato dalla competenza professionale dei
geometri in relazione alle costruzioni
civili (lett. l) e quella che estende ai
geometri la progettazione e la direzione
lavori con riferimento alle costruzioni
civili di modesta importanza (lett. m).
Poiché anche le costruzioni civili di
modesta importanza possono richiedere
l’impiego di cemento armato, non sarebbe
corretto interdire in questi casi ai
geometri una porzione rilevante della loro
competenza professionale, quando sia invece
possibile scorporare in modo chiaro ed
effettivo dalla progettazione e dalla
direzione lavori tutta l’attività riferibile
al cemento armato. Lo scorporo appare la
soluzione preferibile alla luce del
principio di proporzionalità (non devono
essere inflitte alla competenza
professionale dei geometri limitazioni
maggiori di quelle strettamente necessarie a
garantire la sicurezza delle persone);
(iv) gli ordini e i collegi professionali
hanno interesse e legittimazione a tutelare
le prerogative delle rispettive categorie di
professionisti, tanto in sede
giurisdizionale quanto davanti all’autorità
amministrativa. Non vi sono però norme
puntuali che consentano agli ordini e ai
collegi professionali di agire direttamente
in autotutela contro i professionisti della
categoria concorrente che effettuano
un’invasione di campo, né un simile potere è
desumibile in via generale dalle funzioni di
interesse pubblico svolte da questi
organismi;
(v) nello specifico quindi l’Ordine degli
Architetti non è legittimato a bloccare la
procedura di collaudo statico rifiutandosi
di designare la terna di nomi per la scelta
del collaudatore. In questo modo infatti
verrebbe interrotto l’iter che porta al
rilascio del certificato di agibilità (v.
art. 25, comma 3, e art. 67, comma 8, del DPR
380/2001) e vi sarebbe un’intromissione nei
poteri di controllo dell’amministrazione
comunale, la quale è l’unico soggetto
titolato a decidere delle condizioni di
utilizzabilità di un edificio;
(vi) l’Ordine degli Architetti può invece
intervenire a difesa della categoria con
altri strumenti: (1) all’inizio del percorso
di edificazione, impugnando il titolo
edilizio che approva il progetto redatto dal
professionista non competente, o invitando
l’amministrazione comunale a effettuare un
annullamento in autotutela; (2) alla fine,
segnalando all’amministrazione comunale che
dal collaudo emerge il mancato rispetto
della riserva sul cemento armato, o
impugnando il certificato di agibilità che
non tenga conto della violazione della
suddetta riserva. Questi profili sono però,
come è evidente, estranei al presente
giudizio.
Sussistono pertanto i presupposti per
l’accoglimento della domanda cautelare.
L’Ordine degli Architetti è tenuto a
procedere, nel termine di 30 giorni dal
deposito della presente ordinanza, alla
designazione delle terne per la scelta dei
collaudatori in risposta alle richieste già
pervenute, e a effettuare sollecitamente le
designazioni con riguardo alle richieste che
arriveranno in futuro (TAR Lombardia-Brescia,
Sez. II,
ordinanza 10.05.2012 n. 207 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
aprile 2012 |
|
COMPETENZE PROFESSIONALI: Prove
su terre e rocce, la direzione è del geologo.
Vittoria per i geologi. Va annullata la
circolare ministeriale in cui si prevede che
anche un architetto o ingegnere possano
diventare direttori dei laboratori
autorizzati per l'esecuzione e la
certificazione di prove su terre e rocce di
cui all'articolo 59 del testo unico
sull'edilizia.
È quanto emerge dalla
sentenza 26.04.2012 n. 3757, pubblicata dalla
III Sez. del TAR Lazio-Roma.
Sanatoria esclusa - Veniamo al merito: in
mancanza di indicazioni più precise, è
necessario rifarsi alle leggi professionali.
E il prelievo e l'esame di campioni dal
terreno rientra nell'ambito delle competenze
dei geologi, anche se nelle opere
geotecniche hanno voce in capitolo anche gli
ingegneri civili. Deve allora essere
bocciato l'atto esplicativo pubblicato nel
2010 dal ministero delle Infrastrutture
laddove prevede indifferentemente la laurea
in architettura e in ingegneria, oltre che
in geologia, come titolo per sedere al
vertice dei laboratori autorizzati: il
direttore, infatti, non ha soltanto compiti
gestionali ma è l'autorità che certifica i
risultati delle analisi svolte.
Il ricorso
proposto dal Consiglio nazionale dei
geometri, tuttavia, è solo parzialmente
fondato: rientra nell'ampia discrezionalità
dell'amministrazione disciplinare le
autorizzazioni già rilasciate, comunque
valide ed efficaci. E la prescrizione non
appare irragionevole: non prevede una
generale sanatoria, ma richiede
l'adeguamento al nuovo regime.
Forma e sostanza
- Inutile, per l'avvocatura dello stato,
contestare l'impugnazione della circolare:
l'interesse immediato ad agire sussiste
senza necessità di attendere l'atto
applicativo, a patto che il provvedimento
amministrativo incida direttamente su
posizioni giuridiche soggettive o contenga
disposizioni integrative dell'ordinamento e
non solo interpretative. L'atto impugnato
porta sì la denominazione di «circolare»,
ma è in realtà ha contenuto normativo,
perché introduce prescrizioni
sull'autorizzazione ai laboratori con
rilevanza esterna e non risulta soltanto
indirizzata agli uffici.
Ciò che viene dedotto innanzi al giudice
amministrativo è l'illegittimità dei criteri
dettati dall'amministrazione nell'ambito del
potere di disciplinare l'autorizzazione di
cui al testo unico dell'edilizia. E la
disciplina si deve ritenere immediatamente
impugnabile di fronte al Tar perché può
determinare di per sé un «vulnus»
immediato nell'interesse dei destinatari
delle norme. Vale a dire i geologi
(articolo ItaliaOggi del
12.05.2012). |
COMPETENZE PROGETTUALI:
Geologi, competenze univoche.
I percorsi professionali di geologi,
ingegneri e architetti non sono totalmente
equiparabili. Così, per assegnare un
incarico dirigenziale in un ambito specifico
di una delle tre professioni non si può non
tenere conto della differente preparazione e
competenza.
Lo ha stabilito il TAR
Lazio-Roma, Sez. III, con la
sentenza
26.04.2012 n. 3757, annullando
la circolare del ministero delle
infrastrutture e dei trasporti (presidenza
del Consiglio superiore dei lavori pubblici
n. 7618/Stc dell'08.09.2010), recante
i «Criteri per il rilascio
dell'autorizzazione ai laboratori per
l'esecuzione e certificazione di prove su
terre e rocce di cui all'art. 59 del dpr n.
380/2001».
In particolare, il Tar ha accolto
parzialmente il ricorso presentato, tra gli
altri, dal Consiglio nazionale dei geologi,
guidato da Gian Vito Graziano, contestando
la circolare nella parte in cui prevedeva,
per il direttore di tali laboratori,
indifferentemente il possesso della laurea
in geologia, ingegneria e architettura.
Questo perché, secondo i giudici, sia la
legge n. 112/1963 (Disposizioni per la tutela
del titolo e della professione di geologo),
sia il dpr n. 328/2001, indicano tali prove
come specifiche dell'attività del geologo.
«Invece», prosegue la sentenza, «tali
attività, non figurano rispetto alla
disciplina degli architetti (art. 16 dpr
328/2001) e solo in parte per gli ingeneri
(art. 46 dpr 328/2001 che fa riferimento alle
opere geotecniche solo per l'ingegneria
civile)».
Lo stesso Tribunale, comunica il Cng in una nota, con la sentenza n.
3761/2012 ha annullato anche la circolare
del ministero delle infrastrutture e dei
trasporti, recante i Criteri per il rilascio
dell'autorizzazione ai laboratori per
l'esecuzione e certificazione di indagini
geognostiche, prelievo di campioni e prove
in sito di cui all'art. 59 del dpr n.
380/2001, «ritenendo che l'art. 59 del dpr
380/2001 e le norme tecniche per le
costruzioni si riferiscono alle indagini e
prove geotecniche, ma non alle indagini geognostiche,
al prelievo di campioni e alle prove in sito» (articolo ItaliaOggi
del 28.04.2012). |
COMPETENZE PROGETTUALI: E'
vietato agli architetti la progettazione di
opere di urbanizzazione primaria o di
ingegneria idraulica quali una rete di
distribuzione idrica o fognaria; può,
invece, essere legittimamente progettata da
un architetto una costruzione civile con
sistema idrico-fognario pertinenziale, quale
quella in esame, opera di edilizia civile
con annessa parte tecnica, non coinvolgente
conoscenze specifiche degli ingegneri.
In particolare, “la nozione di opere di
edilizia civile, che ai sensi dell’art. 52,
r.d. 23.10.1925 n. 2537 formano oggetto
della professione sia dell’ingegnere che
dell’architetto, si estende oltre gli ambiti
più specificamente strutturali, fino a
ricomprendere l’intero complesso degli
impianti tecnologici a corredo del
fabbricato, e quindi non solo gli impianti
idraulici ma anche quelli di riscaldamento
compresi nell’edificazione” .
Le previsioni
contenute negli art. 51-54 r.d. 23.10.1925 n. 2537, individuanti le rispettive
competenze degli ingegneri e degli
architetti vietano a quest’ultimi la
progettazione di opere di urbanizzazione
primaria o di ingegneria idraulica quali una
rete di distribuzione idrica o fognaria;
può, invece, essere legittimamente
progettata da un architetto una costruzione
civile con sistema idrico-fognario
pertinenziale, quale quella in esame, opera
di edilizia civile con annessa parte
tecnica, non coinvolgente conoscenze
specifiche degli ingegneri (TAR Veneto,
Venezia, sez. I, 08.07.2011, n. 1153;
TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, 09.04.2008).
In particolare, “la nozione di opere di
edilizia civile, che ai sensi dell’art. 52,
r.d. 23.10.1925 n. 2537 formano oggetto
della professione sia dell’ingegnere che
dell’architetto, si estende oltre gli ambiti
più specificamente strutturali, fino a
ricomprendere l’intero complesso degli
impianti tecnologici a corredo del
fabbricato, e quindi non solo gli impianti
idraulici ma anche quelli di riscaldamento
compresi nell’edificazione” (Consiglio
Stato, sez. IV, 31.07.2009, n. 4866) (TAR Puglia-Lecce, Sez. III,
sentenza 18.04.2012 n. 708 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI: OGGETTO:
Competenze professionali Affidamento di incarichi tecnici ad
ingegneri e architetti su beni sottoposti alla tutela di cui
al Codice dei beni culturali
(MIBAC, Direzione Regionale per i Beni Culturali e
Paesaggistici del Veneto,
circolare 17.04.2012
n. 22/2012). |
COMPETENZE PROGETTUALI: Oggetto:
Affidamento incarichi tecnici per ingegneri e architetti su
beni sottoposti a tutela - Richiesta parere di cui alla nota
2019/07.04.00/4 del 28.02.2012 - Parere di competenza
(MIBAC,
nota 03.04.2012
n. 9974 di prot.). |
marzo 2012 |
|
COMPETENZE PROGETTUALI: Geometri, competenze limitate. Professioni.
Un lodo arbitrale ribadisce il divieto di
incarico per opere in cemento armato.
Il contratto «esorbitante» è nullo e la
parcella diventa inesigibile.
IL FASCICOLO/
Al tecnico era stata commissionata la
realizzazione di un chiosco nel parco
municipale.
Il progetto redatto da un geometra in un
campo esorbitante dalle sue prerogative
professionali «è e rimane illegittimo, anche
se controfirmato o vistato da un ingegnere e
anche se un ingegnere esegua calcoli del
cemento armato e diriga le relative opere».
Con questa motivazione, contenuta nel
lodo
arbitrale 14.03.2012, il Comune di Mezzegra, paese
sulle sponde occidentali del Lago di Como,
si è visto confermare la nullità
dell'incarico di un professionista con il
conseguente azzeramento di tutte le pendenze
collegate.
Il geometra dal canto suo
rivendicava il pagamento del compenso –circa 31 mila euro più interessi– per il
progetto preliminare e poi definitivo di un
chiosco ad uso commerciale all'interno del
parco pubblico del paese, realizzati sulla
base di due delibere conformi di Giunta
risalenti al 2008. Il contenzioso era sorto
dopo che il Comune aveva sospeso la
progettazione esecutiva, rifiutandosi di
pagare qualsiasi compenso al geometra.
La questione, come al solito, verteva
sull'interpretazione dell'articolo 16 del
regolamento professionale (Rd 274/1929) che
limita la competenza del geometra alla
progettazione, direzione e vigilanza di
«modeste costruzioni civili» con esclusione
di quelle che comportino l'adozione anche
parziale di strutture in cemento armato;
unica eccezione, la realizzazione di piccole
costruzioni accessorie nell'ambito degli
edifici rurali o destinati alle industrie
agricole che, per la loro destinazione, non
comportino pericolo per le persone.
Secondo il collegio arbitrale (presidente
Claudio Bocchietti, Daniela Corengia, Sergio
Sartori) il divieto di utilizzo del cemento
armato per i geometri nelle costruzioni
civili è confermato nel Dpr 26/08/1959 che,
in accoglimento del ricorso straordinario al
Capo dello Stato proposto dall'Ordine degli
ingegneri di Venezia, aveva annullato una
circolare del ministro dei Lavori pubblici
che apriva qualche spiraglio per l'attività
dei geometri in questo ambito.
Il collegio ha respinto come infondata anche
la comanda del professionista di salvare (il
diritto al pagamento per) la progettazione
di massima e quella definitiva, dovendosi
ritenere illegittima la sola progettazione
esecutiva dell'opera in cemento armato: il
lodo taccia di nullità l'intero contratto
negando «qualunque competenza progettuale»
in materia di cementi.
In ultimo, la decisione del collegio
respinge anche la domanda residuale di
un'azione di arricchimento senza causa (del
Comune) poiché il diritto al compenso
nascerebbe comunque da una prestazione
professionale abusiva.
La decisione del collegio arbitrale lariano
si inserisce nel filone giurisprudenziale
anche più recente sul punto.
La II Sez. civile della Cassazione, il 2
settembre scorso (sentenza 18038/2011), aveva
statuito che il professionista non ha
diritto a ottenere il compenso per
prestazioni per le quali non è abilitato,
anche se queste siano state inserite, non
contestate, nella fattura. Stessa decisione
nella sentenza 6402 del marzo 2011, che
esclude il diritto al compenso se la
prestazione non si attiene alla competenza
stretta dei geometri, definita dal
regolamento professionale.
Secondo il presidente della categoria,
Fausto Savoldi, «spesso i giudici non
tengono conto che il nostro ordinamento
professionale è del 1929, quando il cemento
armato era agli albori. I tempi sono
cambiati. È diversa la progettazione e sono
differenti anche i sistemi di calcolo: ora
c'è il computer. Un regolamento di
ottant'anni fa non può rispecchiare
l'attuale professione. Dobbiamo aggiornare
quelle regole. Del resto la legge di
stabilità dice che tutte le attività che non
sono vietate devono ritenersi libere»
(articolo Il Sole 24
Ore
dell'11.04.2012).
---------------
Sull'argomento, si legga anche:
►
la nota 16.04.2012 dell'Avv. Roberto
Rossi, resa nei confronti dell'Ordine degli
Architetti di Vercelli
►
l'articolo 18.04.2012 del giornale LA
PROVINCIA |
COMPETENZE PROGETTUALI:
Sulla diatriba circa le competenze
progettuali tra geometri ed architetti
(Ordine degli Architetti di Bergamo,
nota 08.03.2012 n.
20121416 di prot.). |
febbraio 2012 |
|
COMPETENZE PROGETTUALI:
Ingegneri junior abilitati a
progettare nelle zone sismiche.
Il Consiglio di stato
abilita gli ingegneri e gli architetti
junior a operare «in proprio senza
collaborare o concorrere con alcuno».
Seppure in alcune precise attività.
Con la recente
sentenza
09.02.2012 n. 686, infatti,
i giudici di Palazzo Spada -Sez. IV- stabiliscono che
gli iscritti alla sezione B dell'Albo hanno
autonoma capacità progettuale e che questa è
estesa alle zone sismiche purché, certo, si
operi nell'ambito «di costruzioni civili
semplici e con l'utilizzo di metodologie
standardizzate». La vicenda prende il
via da un progetto di un'abitazione rurale
presentato da un ingegnere junior a un
comune e al Servizio Sismico della Regione.
Il prospetto non era stato autorizzato
perché le amministrazioni competenti avevano
ritenuto che la progettazione in zona
sismica non rientrasse nella sua competenza.
Così l'ingegnere, con il sostegno del
Sind.In.Ar 3, il Sindacato nazionale
ingegneri juniores e architetti juniores,
aveva fatto ricorso al Tar. Il Tribunale
regionale, però, ricorrendo in un difetto di
forma, aveva rigettato il ricorso. Il Cds
seppure partendo dagli stessi principi
contenuti nel provvedimento in questione e
ricordando le competenze contenute nel dpr
328/01 rispettivamente degli iscritti alle
sezioni A e B, sottolinea che l'elencazione
delle attività attribuite agli iscritti ai
diversi settori delle due sezioni ha il solo
scopo di ripartire le competenze,
esplicitando quelle maggiormente
caratterizzanti la professione.
I giudici di Palazzo Spada, dunque, nella
sentenza concordano sull'assenza, nelle
norme che disciplinano l'attività degli
juniores, di qualsivoglia preclusione alle
costruzioni in area sismica e dicono, pur
riconoscendo la specificità della
progettazione in area sismica, che è
necessaria una valutazione caso per caso dei
progetti in zona sismica, che tenga conto in
concreto dell'opera prevista, delle
metodologie di calcolo utilizzate, e che
potrà essere tanto più rigida quanto
maggiore sia il rischio sismico in cui
l'area è classificata.
E in questo caso, dice la sentenza, tale
valutazione è del tutto mancata. I giudici
di ultimo grado, quindi, hanno accolto
l'appello e annullato il diniego obbligando
l'amministrazione a ripronunciarsi sul
progetto (articolo
ItaliaOggi del 16.02.2012). |
COMPETENZE PROGETTUALI:
I geometri non sono abilitati
alla progettazione in aree sismiche salvo
che per le “costruzioni civili semplici, con
l'uso di metodologie standardizzate” da
valutarsi caso per caso.
Il Consiglio di Stato, nella sentenza in
esame ha evidenziato come la giurisprudenza
amministrativa, ma anche la Suprema Corte di
Cassazione hanno più volte chiarito la
particolarità e specificità dell’attività di
progettazione direzione di lavori, etc, con
riferimento ad opere da erigersi in zona
sismica. Si è così pervenuti ad una serie di
affermazioni, tutte tra loro legate da un
comune filo conduttore, volto a valorizzare
la specificità di tale attività.
Si è pertanto affermato che:
- “il criterio per accertare se una
costruzione sia da considerare modesta -e
quindi se la sua progettazione rientri nella
competenza professionale dei geometri, ai
sensi dell'art. 16, lett. m, r.d. 11.02.1929
n. 274- consiste nel valutare le difficoltà
tecniche che la progettazione e l'esecuzione
dell'opera comportano e le capacità
occorrenti per superarle; a questo fine,
mentre non è decisivo il mancato uso del
cemento armato (ben potendo anche una
costruzione «non modesta» essere realizzata
senza di esso), assume significativa
rilevanza il fatto che la costruzione sorga
in zona sismica, con conseguente
assoggettamento di ogni intervento edilizio
alla normativa di cui alla l. 02.02.1974 n.
64, la quale impone calcoli complessi che
esulano dalle competenze professionali dei
geometri. -Nella specie, la S.C. ha
confermato la sentenza di merito che aveva
dichiarato nullo, ex art. 2231 c.c., il
contratto d'opera stipulato da un geometra,
ed avente ad oggetto la trasformazione di un
fabbricato artigianale fatiscente in un
complesso residenziale-.” (Cassazione
civile, sez. II, 08.04.2009, n. 8543);
- “la realizzazione di una struttura in
cemento armato dalle notevoli dimensioni
(tre piani con fondamenta del tutto nuove),
per di più localizzata in una zona sismica,
non può farsi rientrare nella nozione di
"modeste costruzioni civili", per le quali
sono abilitati alla progettazione i geometri
a tenore dell'art. 16 r.d. 11.02.1929 n. 274.”
(Consiglio Stato, sez. V, 30.10.2003, n.
6747);
- “l'acquisizione della relazione
geologica non può essere soggetta a
valutazioni discrezionali da parte della
p.a., essendo essa obbligatoriamente
prevista in ciascuna delle fasi della
progettazione in zona sismica.”
(Consiglio Stato, sez. VI, 23.09.2009, n.
5666).
Escluso quindi che una costruzione in zona
sismica possa considerarsi “modesta”,
ed escluso quindi che i geometri siano
abilitati alla progettazione in dette aree,
non pare al Collegio di potere stabilire
(siccome sostanzialmente avvenuto nella
decisione di primo grado) una equivalenza
tra la qualificazione di “non modestia”
affermata dalla giurisprudenza e quella di “semplice”
individuata ex lege. Ciò, a tacere
d’altro, giungerebbe alla illogica
conclusione di sovrapporre la preclusione
vigente per i geometri a quella
asseritamente attingente le categorie
juniores, di fatto equiparando queste ultime
a quella dei geometri.
Ciò appare conseguenza non voluta dalla
legge, tanto più laddove si consideri che,
che, a seguito del Decreto del Ministero
delle Infrastrutture 14.01.2008 n. 29581
(recante Approvazione delle nuove norme
tecniche per le costruzioni),
sostanzialmente non esistono più aree del
territorio italiano non classificate quali “zone
sismiche”, ma soltanto zone a basso
rischio sismico.
Se così è, una affermazione “categoriale”
assoluta appare non aderente al dato
normativo, finendo con l’introdurre un
divieto non espressamente previsto ex
lege ed al di fuori da un quadro
legislativo e regolamentare (ma anche
giurisprudenziale) che autorizzi una simile
drastica conclusione. Tanto più che è
rimasta incontestata la deduzione degli
appellanti secondo cui anche per le
costruzioni in area sismica può farsi
riferimento a metodologie di calcolo
standardizzate.
Traendo le conclusioni da quanto sinora
rappresentato, il Collegio ha ritenuto che,
non sottacendosi la specificità della
progettazione in area sismica, la ricorrenza
del criterio legittimante previsto ex
lege -“costruzioni civili semplici,
con l'uso di metodologie standardizzate”-
non possa essere aprioristicamente escluso
sempre e comunque, allorché si verta nel
campo della progettazione e direzione dei
lavori in dette aree, e necessiti di una
valutazione caso per caso, che tenga conto
in concreto dell’opera prevista, delle
metodologie di calcolo utilizzate, e che
potrà essere tanto più rigida e “preclusiva”,
allorché l’area sia classificata con un
maggiore rischio sismico.
Tale valutazione deve specificamente
riferirsi, di volta in volta, al singolo
progetto presentato, con motivazione che,
ancorché sintetica, abbia portata “individualizzante”
(sia in ipotesi di favorevole delibazione,
ovviamente, che in ipotesi di riscontrata
preclusione) (Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 09.02.2012 n. 686 -
massima tratta da
www.gazzettaamministrativa.it - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
gennaio 2012 |
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COMPETENZE PROGETTUALI:
Competenze professionali nel
settore dell’architettura in caso di
interventi su immobili storici e artistici.
Dubbi circa la compatibilità con le
direttive comunitarie (il Consiglio di Stato
rimette alla Corte di giustizia dell’Unione
europea, ai sensi dell’art. 267 del TFUE,
varie questioni interpretative
pregiudiziali).
In materia di disciplina delle competenze
professionali degli architetti per le
prestazioni sugli immobili di interesse
culturale, vanno sottoposti alla Corte di
Giustizia dell’Unione europea i seguenti
quesiti:
a) se la direttiva comunitaria n. 85/384/CE,
nella parte in cui ammette (artt. 10 e 11),
in via transitoria, all’esercizio delle
attività nel settore dell’architettura i
soggetti migranti muniti dei titoli
specificamente indicati, non osta a che in
Italia sia ritenuta legittima una prassi
amministrativa, avente come base giuridica
l’art. 52, 2° comma, parte prima del r.d. n.
2537 del 1925, che riservi specificamente
taluni interventi sugli immobili di
interesse artistico soltanto ai candidati
muniti del titolo di "architetto"
ovvero ai candidati che dimostrino di
possedere particolari requisiti curriculari,
specifici nel settore dei beni culturali e
aggiuntivi rispetto a quelli genericamente
abilitanti l’accesso alle attività
rientranti nell’architettura ai sensi della
citata direttiva;
b) se in particolare tale prassi può
consistere nel sottoporre anche i
professionisti provenienti da Paesi membri
diversi dall’Italia, ancorché muniti di
titolo astrattamente idoneo all’esercizio
delle attività rientranti nel settore
dell’architettura, alla specifica verifica
di idoneità professionale (ciò che avviene
anche per i professionisti italiani in sede
di esame di abilitazione alla professione di
architetto) ai limitati fini dell’accesso
alle attività professionali contemplate
nell’art. 52, comma secondo, prima parte del
Regio decreto n. 2357 del 1925 (massima
tratta da www.regione.piemonte.it -
Consiglio di Stato, Sez. VI,
ordinanza 27.01.2012 n. 386 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2011 |
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COMPETENZE PROGETTUALI: Nella
competenza all’autorizzazione dei progetti
delle opere eseguite sugli edifici soggetti
a vincolo culturale rientra anche quella
alla verifica dell’idoneità professionale
del progettista.
Pertanto, è legittimo che la Soprintendenza
rifiuti la valutazione dei progetti relativi
ad un intervento di manutenzione di un
edificio tutelato in quanto redatti da un
ingegnere e non da un architetto abilitato,
regolarmente iscritto al relativo albo
professionale.
Alberto Maria ... ha conseguito la laurea in
ingegneria civile presso l’Università di
Padova nel 1973 e, abilitato all’esercizio
della professione, opera da molti anni nel
settore.
Con provvedimento del 21.04.2010 la
Soprintendenza per i Beni Architettonici e
Paesaggistici per le Province di Vicenza,
Verona e Rovigo ha rifiutato la valutazione
dei progetti relativi ad un intervento di
manutenzione di un edificio tutelato in
quanto redatti dal ... e, dunque, da un
ingegnere e non da un architetto abilitato,
regolarmente iscritto al relativo albo
professionale ed in considerazione di alcune
carenze documentali, segnatamente riferite
alla relazione tecnica ed alla descrizione
dei serramenti previsti.
...
Privo di pregio si palesa il primo motivo di
ricorso, con il quale la difesa di parte
ricorrente ha dedotto la violazione della
direttiva CEE n. 85/384 e del d.lgs. n. 129
del 1992, in considerazione della piena
equiparazione dei titoli di ingegnere civile
e di architetto ai fini dell’accesso alle
attività nel campo dell’architettura, quanto
meno in relazione ai titoli conseguiti in
epoca antecedente alla direttiva in
argomento e presi in considerazione dal
legislatore comunitario ai fini della
parificazione.
Come chiarito, infatti, dalla consolidata
giurisprudenza del giudice d’appello, gli
artt. 2 e segg. della direttiva comunitaria
sopra citata dettano le norme per il
reciproco riconoscimento dei titoli di
studio conseguiti dai cittadini degli Stati
membri a conclusione di studi universitari
riguardanti l'architettura, introducendo
anche un regime transitorio di reciproco
riconoscimento di taluni titoli
tassativamente indicati (cfr., ex multis,
Cons. St., sez. VI, 11.09.2006, n. 5239).
La stessa Corte di Giustizia delle Comunità
Europee ha affermato che la direttiva in
argomento non ha attuato nell’ordinamento
interno alcuna equiparazione dei titoli di
ingegnere civile e di architetto ai fini
dell’esercizio delle attività professionali
nel campo dell’architettura.
Con ordinanza del 05.04.2004, infatti, la
Corte ha evidenziato che "la Direttiva
85/384 non si propone di disciplinare le
condizioni di accesso alla professione di
architetto, né di definire la natura delle
attività svolte da chi esercita tale
professione"; ma ha invece ad oggetto
solamente "il reciproco riconoscimento,
da parte degli Stati membri, dei diplomi,
dei certificati e degli altri titoli
rispondenti a determinati requisiti
qualitativi e quantitativi minimi in materia
di formazione allo scopo di agevolare
l'esercizio effettivo del diritto di
stabilimento e di libera prestazione dei
servizi per le attività del settore della
architettura...".
In definitiva, secondo la Corte, la
direttiva non impone allo Stato membro di
porre i diplomi di laurea in architettura e
in ingegneria civile indicati all'art. 11 su
un piano di perfetta parità per quanto
riguarda l'accesso alla professione di
architetto in Italia; né tantomeno può
essere di ostacolo ad una normativa
nazionale che riservi ai soli architetti i
lavori riguardanti gli immobili d'interesse
storico-artistico sottoposti a vincolo.
Alla stregua delle conclusioni formulate
dalla Corte deve dunque ritenersi infondata
la tesi di parte ricorrente, secondo cui la
disposizione dell'art. 52 R.D. cit. sarebbe
in contrasto con la direttiva comunitaria.
Per completezza di analisi si evidenzia,
inoltre, che nella competenza
all’autorizzazione dei progetti delle opere
eseguite sugli edifici soggetti a vincolo
culturale rientra anche quella alla verifica
dell’idoneità professionale del progettista
(Cons. St., sez. VI, 11.09.2006, n. 5239)
(TAR Veneto, Sez. II,
sentenza 14.12.2011 n. 1833 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI:
Oggetto: competenze professionali dei
geometri (Collegio dei Geometri di
Bergamo,
nota 02.12.2011 n. 2507 di prot.).
----------
La nota de qua è resa in risposta
alla
nota 23.11.2011 n. 20115159 di prot.
dell'Ordine degli Architetti di Bergamo. |
COMPETENZE PROGETTUALI:
OGGETTO: Competenze professionali
architetti, ingegneri e geometri (Ordine
degli Architetti di Bergamo,
nota 23.11.2011 n. 20115159 di prot.).
---------------
All'interno della nota de qua il
comunicato della Consulta Regionale Lombarda
degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e
Conservatori della Lombardia relativamente "alla
richiesta di chiarimento circa i
comportamenti da adottare -quali componenti
di Commissione Edilizia, o di Funzionari di
Ufficio Tecnico Comunale- a fronte di
progetti di costruzioni civili con strutture
in cemento armato". |
COMPETENZE PROGETTUALI:
La direzione dei lavori delle
opere stradali è riservata alla categoria
degli ingegneri.
Gli articoli 51 e 52 del R.D. n. 2537/1925
riservano alla comune competenza di
architetti e ingegneri le sole opere di
edilizia civile, mentre rimane riservata
alla competenza generale degli ingegneri la
progettazione di costruzioni stradali, opere
igienico-sanitarie, impianti elettrici,
opere idrauliche, operazioni di estimo,
estrazione di materiali, opere industriali.
Se la progettazione dei lavori è rimessa,
secondo l’ordine delle competenze
professionali di cui si è detto, alla
categoria degli ingegneri anche la direzione
dei lavori deve essere affidata per quelle
opere alla stessa categoria.
Con il ricorso in epigrafe, l’Ordine degli
Ingegneri della Provincia di Parma si duole
dell’asserita illegittimità della
determinazione dirigenziale, con la quale la
funzione di direttore lavori, nell’ambito
delle opere di adeguamento della strada
provinciale SP12, comprendente la rettifica
del tracciato e il suo ampliamento (pari a €
2.054.638,46), è stata affidata ad un
architetto, il dirigente del settore U.T.C.
Assetto del territorio del Comune di
Fidenza, arch. Gilioli.
...
In particolare, gli articoli 51 e 52 del
R.D. n. 2537/1925, confermato nella sua
piena vigenza e nel suo contenuto dall’art.
1 comma 2 del d.lgs. 129/1992 (di
attuazione, tra l’altro, della direttiva Cee
n. 384/85), riservano alla comune competenza
di architetti e ingegneri le sole opere di
edilizia civile, mentre rimane riservata
alla competenza generale degli ingegneri la
progettazione di costruzioni stradali, opere
igienico-sanitarie, impianti elettrici,
opere idrauliche, operazioni di estimo,
estrazione di materiali, opere industriali.
Né può valere l’obiezione per cui, per la
direzione dei lavori delle opere stradali,
varrebbe una diversa regola rispetto a
quella valevole per la progettazione, in
quanto ormai la sede della disciplina della
direzione dei lavori si trova nel “Codice
dei contratti pubblici” (art. 130),
atteso che l’art. 130 del d.lgs. 163/2011
manifesta solo una opzione per quanto
concerne la direzione dei lavori, da
svolgersi preferibilmente all’interno della
stazione appaltante, ma non è norma che
riguarda il riparto di competenze tra
diverse figure professionali, che rimane
invece, regolato dal R.D. n. 2537/1925.
Inoltre, l’art. 148 del d.P.R. 207/2010
(regolamento di esecuzione del d.lgs.
163/2011), sancisce che il direttore dei
lavori cura che i lavori cui è preposto
siano eseguiti a regola d’arte e in
conformità del progetto; sembra pertanto
logico che se la progettazione dei lavori è
rimessa, secondo l’ordine delle competenze
professionali di cui si è detto, alla
categoria degli ingegneri anche la direzione
dei lavori deve essere affidata per quelle
opere alla stessa categoria.
Né può essere accolta la tesi comunale, in
base alla quale la distinzione delle
competenze tra architetti e ingegneri, in
quanto disciplinata da una norma
regolamentare (R.D. n. 2357/1925), sarebbe
modificabile da regolamenti successivi dei
singoli enti locali, e ciò per due ordini di
motivi: in primo luogo, in ragione della
circostanza per cui il citato R.D., pur non
essendo una norma di rango legislativo
primario, è fonte sovraordinata rispetto ai
regolamenti degli enti locali e, in secondo
luogo, in quanto il riparto delle competenze
tra le due figure professionali ivi fissato
è stato cristallizzato, come detto, dal
d.lgs. 129/1992, che agli articoli 1 e 2 ha
attribuito una specifica riserva a favore
degli ingegneri per quanto concerne la
progettazione di opere viarie non connesse
con opere di edilizia civile, qual è
all’evidenza l’opera pubblica in parola (TAR Emilia Romagna-Parma,
sentenza 09.11.2011 n. 389 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI: Il
potere spettante alla Soprintendenza ai
sensi dell'art. 18 L. n. 1089/1939 di
autorizzare i progetti delle opere
concernenti i beni sottoposti alla legge
stessa, che mira ad assicurare la conformità
dell'intervento alla salvaguardia del valore
storico-artistico del bene, non può non
estendersi anche alla verifica della
idoneità professionale del progettista (come
stabilita dal legislatore).
● La ripartizione delle competenze
professionali tra architetto e ingegnere,
come delineata nel citato art. 52, R.D. n.
2537/1925, non è venuta meno per effetto
della normativa successiva che ha innovato
la disciplina per il conseguimento del
titolo di architetto e di ingegnere.
È bensì vero, infatti, che nel 1925 per
conseguire tali titoli era sufficiente il
semplice diploma di istruzione secondaria (e
non già il diploma di laurea), e che
nell'attuale ordinamento universitario il
laureato in ingegneria civile deve avere
acquisito una specifica preparazione anche
nel campo dell'architettura, talché potrebbe
ritenersi ormai anacronistica la limitazione
posta dal citato art. 52 alla competenza
professionale dell'odierno laureato in
ingegneria, e in ogni caso meritevole di
essere adeguata alla mutata disciplina delle
professioni di architetto e di ingegnere
civile.
Nondimeno la norma in questione, nella
misura in cui vuole garantire che a
progettare interventi edilizi su immobili di
interesse storico-artistico siano
professionisti forniti di una specifica
preparazione nel campo delle arti, e
segnatamente di una adeguata formazione
umanistica, deve ritenersi tuttora vigente.
● Non sussiste l’incostituzionalità
dell’art. 52, comma 2, del R.D. n. 2357/1925
in quanto “il principio di uguaglianza deve
ritenersi nella specie rispettato atteso
che, gli architetti in ragione dello
specifico corso di laurea che sono tenuti a
percorrere e della conseguente
professionalità (e sensibilità) artistica ed
estetica che acquisiscono devono ritenersi
più idonei (rispetto agli ingegneri) a
tutelare l’interesse pubblico connesso alla
tutela dei beni artistici e storici e quindi
a redigere i progetti di restauro e
ripristino degli edifici che si
caratterizzano per la loro valenza
culturale”.
---------------
● L’art. 52 del R.D. n. 2537/1925 che
recita: "Formano oggetto tanto della
professione di ingegnere quanto di quella di
architetto le opere di edilizia civile,
nonché i rilievi geometrici e le operazioni
di estimo ad esse relative. Tuttavia le
opere di edilizia civile che presentano
rilevante carattere artistico ed il restauro
e il ripristino degli edifici contemplati
dalla L. 20.06.1909, n. 364, per l'antichità
e le belle arti, sono di spettanza della
professione di architetto; ma la parte
tecnica ne può essere compiuta tanto
dall'architetto quanto dall'ingegnere".
La giurisprudenza ha già chiarito che la
terminologia usata dal Legislatore del 1925
deve essere considerata in senso atecnico, e
non può essere riferita alle specifiche
categorie di interventi sul patrimonio
edilizio esistente poi codificate dall'art.
31 della legge 05.08.1978, n. 457 e oggi
recepite nell'art. 3 del D.P.R. 06.06.2001,
n. 380.
L'espressione "restauro e ripristino" va
quindi intesa in senso omnicomprensivo, come
relativa a qualsiasi attività di recupero di
una struttura edilizia assoggettata a
vincolo storico artistico.
Inoltre, la norma distingue nettamente tra
“le opere di edilizia civile che presentano
rilevante carattere artistico” ed “il
restauro ed il ripristino degli edifici
contemplati dalla legge 20.06.1909 n. 364”
(ora R.D. n. 1089/1939).
● Il Consiglio di Stato ha chiarito che la
nozione di “opere di edilizia civile che
presentano rilevante interesse artistico” si
riferisce sia alle nuove opere, sia agli
interventi su opere già esistenti
(consistenti quindi in manutenzioni,
ristrutturazioni, ecc.), effettuate su
immobili non assoggettati a vincolo storico
artistico.
Ne consegue che per sussistere la riserva di
competenza degli architetti nella
progettazione di interventi su immobili non
soggetti a vincolo storico artistico, deve
ricorrere il presupposto costituito dal
“rilevante” interesse artistico
dell’intervento.
Infine, l’art. 52 attribuisce alla
competenza dell'ingegnere civile la cd.
parte tecnica, cioè «le attività progettuali
e di direzione dei lavori che riguardano
l'edilizia civile vera e propria ...».
Pertanto, secondo l’interpretazione della
norma fornita dalla giurisprudenza, le cui
affermazioni sono condivise dal Collegio, la
riserva di competenza degli architetti
sussiste per ogni tipologia di intervento su
immobili gravati da vincolo storico
artistico ai sensi della L. 1089/1939 (oggi
D.Lgs. 42/2004), ad eccezione delle attività
propriamente tecniche di edilizia civile per
le quali lo stesso art. 52 prevede la
competenza anche degli ingegneri; la
competenza degli architetti, poi, si estende
anche agli interventi realizzati su immobili
non assoggettati a vincolo storico artistico
quando presentino “rilevante interesse
artistico”.
● I progetti di intervento sui beni
vincolati devono essere sottoscritti da un
architetto, potendosi prevedere l’intervento
dell’ingegnere soltanto per ciò che concerne
la sola parte tecnica, ma con la necessaria
ed imprescindibile stretta collaborazione
con l’architetto e dunque mediante la
sottoscrizione congiunta del progetto da
parte dei due professionisti.
Con il ricorso R.G. 10073/1998 i ricorrenti
hanno impugnato il provvedimento del
25.05.1998 con il quale la Soprintendenza
per i Beni Ambientali ed Architettonici di
Verona ha reso noto ai Consigli dell’Ordine
degli Architetti e degli Ingegneri e al
Collegio dei Geometri delle Province
limitrofe (Verona, Vicenza, Rovigo, Trento e
Bolzano) che dalla data di adozione
dell’atto non avrebbe più esaminato i
progetti di restauro di immobili di
interesse storico artistico se non
sottoscritti da un architetto in conformità
alle disposizioni di cui all’art. 52 del
R.D. 22.10.1925 n. 2537 bensì avrebbe
esaminato i progetti cofirmati, ove
l’intervento richiedesse ambiti di
competenza diversi.
Con il successivo ricorso R.G. 9247/1999 i
ricorrenti hanno impugnato il provvedimento
del Ministero per i Beni e le Attività
Culturali, con il quale è stata ribadita la
vigenza dell’art. 52 del R.D. n. 2537 del
1925 e la conseguente competenza esclusiva
degli architetti in materia di immobili
vincolati ai sensi della L. 1089/1939.
Avverso detti provvedimenti i ricorrenti
–rispettivamente il Consiglio dell’Ordine
degli Ingegneri di Verona e gli Ingegneri
Montresor Giovanni, Rubinelli Gaetano,
Sartori Alberto Maria, Zocca Mario– hanno
dedotto, in estrema sintesi:
a)
che l’Amministrazione non potrebbe esimersi
dall’esaminare i progetti facendo
riferimento soltanto alla qualifica del
progettista;
b)
che la norma dell’art. 25 del R.D. n.
2537/1925 sarebbe stata superata dalla
legislazione successiva, ed in particolare
dall’art. 173 del R.D. 31.08.1933 n. 1592 e
dalla tabella L annessa a tale decreto;
c)
che la norma di cui all’art. 25 del R.D. n.
2537/1925 sarebbe stata superata dalla
direttiva comunitaria n. 85/384 recepita con
L. n. 129/1992;
d)
che l’art. 25 del R.D. n. 2537/1925 sarebbe
stato falsamente interpretato, in quanto
detta disposizione non precluderebbe agli
ingegneri di firmare progetti su immobili di
interesse storico artistico, ove riguardanti
la sola parte tecnica e non quella
tipicamente artistica, ovvero riguardanti
immobili soggetti a vincoli diversi da
quelli previsti dall’attuale L. 1089/39,
unica normativa richiamata nell’art. 25 del
R.D. n. 2537/1925, ovvero riguardanti
interventi differenti dal restauro e
ripristino, uniche attività individuate
nella norma.
I primi tre punti sono stati
compiutamente esaminati dalla
giurisprudenza, le cui conclusioni sono
pienamente condivise dal Collegio (Cons.
Stato Sez. VI 11/09/1906 n. 5239; TAR
Lombardia Sez. Brescia 24/08/2004 n. 925;
Cons. Stato Sez. VI 16/05/2006 n. 2776; TAR
Sardegna Cagliari, sez. I, 03.01.2005, n. 2;
TAR Veneto Sez. II 28/01/2005 n. 381).
In particolare, con riferimento al primo
aspetto, il Consiglio di Stato con la
decisione della Sez. VI, 11.09.2006, n.
5239, ha chiarito che il potere spettante
alla Soprintendenza ai sensi dell'art. 18 L.
n. 1089/1939 di autorizzare i progetti delle
opere concernenti i beni sottoposti alla
legge stessa, che mira ad assicurare la
conformità dell'intervento alla salvaguardia
del valore storico-artistico del bene, non
può non estendersi anche alla verifica della
idoneità professionale del progettista (come
stabilita dal legislatore), secondo quanto
riconosciuto anche in un precedente parere
del Consiglio di Stato (Cfr. Cons. St. II,
23.07.1997, n. 386/1997).
Con riferimento al secondo punto, il
Consiglio di Stato nella già citata sentenza
n. 5239/2006 ha rilevato che “Nella
ordinanza n. 2379 dell'11.05.2005, con la
quale era stato rimesso alla Corte di
Giustizia delle Comunità Europee di decidere
pregiudizialmente sulla interpretazione
della direttiva comunitaria n. 384/1985, la
Sezione ha già riconosciuto che tale
asserita abrogazione non può essere
comprovata facendo riferimento al T.U. del
1933 sulla istruzione superiore (art. 173 e
tabelle allegate), ove il legislatore si è
limitato ad equiparare le lauree di
architettura e di ingegneria civile in
funzione dell'accesso alla professione di
architetto; e neppure richiamando la legge
07.12.1961, n. 1264 (art. 15, 3° comma) che,
laddove prevede come requisito per ricoprire
il ruolo di architetto presso le
Soprintendenze il possesso della laurea in
architettura o in ingegneria civile, non
stabilisce con ciò alcuna equipollenza tra
le due lauree ai fini dello svolgimento
della attività professionale.
Occorre aggiungere che la ripartizione delle
competenze professionali tra architetto e
ingegnere, come delineata nel citato art.
52, R.D. n. 2537/1925, non è venuta meno per
effetto della normativa successiva che ha
innovato la disciplina per il conseguimento
del titolo di architetto e di ingegnere.
È bensì vero, infatti, che nel 1925 per
conseguire tali titoli era sufficiente il
semplice diploma di istruzione secondaria (e
non già il diploma di laurea), e che
nell'attuale ordinamento universitario il
laureato in ingegneria civile deve avere
acquisito una specifica preparazione anche
nel campo dell'architettura, talché potrebbe
ritenersi ormai anacronistica la limitazione
posta dal citato art. 52 alla competenza
professionale dell'odierno laureato in
ingegneria, e in ogni caso meritevole di
essere adeguata alla mutata disciplina delle
professioni di architetto e di ingegnere
civile.
Nondimeno la norma in questione, nella
misura in cui vuole garantire che a
progettare interventi edilizi su immobili di
interesse storico-artistico siano
professionisti forniti di una specifica
preparazione nel campo delle arti, e
segnatamente di una adeguata formazione
umanistica, deve ritenersi tuttora vigente”.
Con riferimento alla terza questione,
relativa al superamento della normativa di
cui all’art. 25 del R.D. 2537/1925 per
effetto della direttiva comunitaria del
10.06.1985 n. 384 che ha equiparato i titoli
di architetto e di ingegnere civile ai fini
dell'esercizio delle attività professionali
nel campo della architettura, il Consiglio
di Stato nella già citata decisione n.
5239/2006 ha rilevato che “… gli artt. 2
e segg. della direttiva dettano le norme per
il reciproco riconoscimento dei titoli di
studio conseguiti dai cittadini degli Stati
membri a conclusione di studi universitari
riguardanti l'architettura, introducendo
anche un regime transitorio di reciproco
riconoscimento di taluni titoli
tassativamente indicati.
Tra i titoli che beneficiano di tale
riconoscimento automatico l'art. 11 menziona
per l'Italia:
<<- i diplomi di "laurea in architettura"
rilasciati dalle università, dagli istituti
politecnici e dagli istituti superiori di
architettura di Venezia e di Reggio
Calabria, accompagnati dal diploma di
abilitazione all'esercizio indipendente
della professione di architetto, rilasciato
dal ministro della Pubblica Istruzione una
volta che il candidato abbia sostenuto con
successo, davanti ad un'apposita
Commissione, l'esame di Stato che abilita
all'esercizio indipendente della professione
di architetto (dott. architetto);
- i diplomi di "laurea in ingegneria" nel
settore della costruzione civile rilasciati
dalle università e dagli istituti
politecnici, accompagnati dal diploma di
abilitazione all'esercizio indipendente di
una professione nel settore
dell'architettura, rilasciato dal ministro
della Pubblica Istruzione una volta che il
candidato abbia sostenuto con successo,
davanti ad un'apposita Commissione, l'esame
di Stato che lo abilita all'esercizio
indipendente della professione (dott. ing.
architetto o dott. ing. in ingegneria
civile>>.
Con la ordinanza n. 2379 dell'11.05.2005 la
Sezione ha rimesso alla Corte di Giustizia
delle Comunità Europee di decidere
pregiudizialmente se per effetto della
applicazione degli artt. 10 e 11 della
Direttiva dovesse ritenersi attuata
nell'ordinamento interno la equiparazione
anzidetta. Con la stessa ordinanza si
sottoponeva alla Corte di Giustizia la
prospettazione degli odierni appellanti
secondo cui, in difetto di una siffatta
equiparazione, la normativa italiana avrebbe
potuto dar luogo ad una discriminazione alla
rovescia poiché, diversamente dagli
ingegneri civili che hanno conseguito il
titolo rilasciato in Italia, i soggetti in
possesso di un titolo di ingegnere civile
rilasciato da altro Stato membro avrebbero
accesso (ove tale titolo sia menzionato
nell'elenco di cui all'art. 11 della
Direttiva) alle attività che in Italia sono
riservate agli architetti, ai sensi del
ripetuto art. 52 R.D. n. 2537/1925.
Ma alla ordinanza della Sezione la Corte ha
risposto trasmettendo la decisione già
assunta in fattispecie del tutto identica a
quella in esame, nella quale si afferma che
<<la Direttiva 85/384 non si propone di
disciplinare le condizioni di accesso alla
professione di architetto, né di definire la
natura delle attività svolte da chi esercita
tale professione>>; ma ha invece ad oggetto
solamente <<il reciproco riconoscimento, da
parte degli Stati membri, dei diplomi, dei
certificati e degli altri titoli rispondenti
a determinati requisiti qualitativi e
quantitativi minimi in materia di formazione
allo scopo di agevolare l'esercizio
effettivo del diritto di stabilimento e di
libera prestazione dei servizi per le
attività del settore della
architettura...>>.
In definitiva, secondo la Corte, la
direttiva non impone allo Stato membro di
porre i diplomi di laurea in architettura e
in ingegneria civile indicati all'art. 11 su
un piano di perfetta parità per quanto
riguarda l'accesso alla professione di
architetto in Italia e tantomeno può essere
di ostacolo ad una normativa nazionale che
riservi ai soli architetti i lavori
riguardanti gli immobili d'interesse
storico-artistico sottoposti a vincolo.
Alla stregua delle conclusioni formulate
dalla Corte deve dunque ritenersi infondata
la tesi degli appellanti secondo cui la
disposizione dell'art. 52 R.D. cit. sarebbe
stata superata dalla direttiva comunitaria.
Residua il problema, prospettato nella
stessa pronuncia della Corte di Giustizia,
se la disposizione in questione per effetto
della direttiva comunitaria realizzi una
discriminazione vietata dal diritto
nazionale in relazione al trattamento che
sarebbe riservato a chi è in possesso di uno
dei titoli di ingegneria civile elencati
all'art. 11 della direttiva; e se dunque
possa essere sospettata di illegittimità
costituzionale per contrasto con gli artt.
3, 35 e 41 Cost. secondo quanto sostenuto
dalle parti appellanti.
Ma siffatti dubbi non hanno ragion d'essere
ove si consideri che la stessa Corte di
Giustizia ritiene che la direttiva non
imponga allo Stato membro di porre su un
piano di perfetta parità i diplomi di laurea
in architettura e in ingegneria civile per
quanto riguarda l'accesso all'attività di
architetto in Italia” (così testualmente
Cons. Stato Sez. VI 11/09/2006 n. 5239).
Del resto sul punto si era già pronunciato
il TAR Veneto Sez. II 28/01/2005 n. 381 che
nel richiamare il proprio precedente n.
1089/1999 ed il parere del Consiglio di
Stato n. 386 del 1997, ha rilevato che non
sussiste l’incostituzionalità dell’art. 52,
comma 2, del R.D. n. 2357/1925 in quanto “il
principio di uguaglianza deve ritenersi
nella specie rispettato atteso che, gli
architetti in ragione dello specifico corso
di laurea che sono tenuti a percorrere e
della conseguente professionalità (e
sensibilità) artistica ed estetica che
acquisiscono devono ritenersi più idonei
(rispetto agli ingegneri) a tutelare
l’interesse pubblico connesso alla tutela
dei beni artistici e storici e quindi a
redigere i progetti di restauro e ripristino
degli edifici che si caratterizzano per la
loro valenza culturale”.
---------------
Resta da
esaminare l’ultimo aspetto, più
prettamente connesso con lo specifico
contenuto del provvedimento impugnato con il
ricorso R.G. 10073/1998.
I ricorrenti sostengono, infatti, che la
Soprintendenza avrebbe mal interpretato la
norma dell’art. 52 del R.D. n. 2537/1925 che
recita: "Formano oggetto tanto della
professione di ingegnere quanto di quella di
architetto le opere di edilizia civile,
nonché i rilievi geometrici e le operazioni
di estimo ad esse relative. Tuttavia le
opere di edilizia civile che presentano
rilevante carattere artistico ed il restauro
e il ripristino degli edifici contemplati
dalla L. 20.06.1909, n. 364, per l'antichità
e le belle arti, sono di spettanza della
professione di architetto; ma la parte
tecnica ne può essere compiuta tanto
dall'architetto quanto dall'ingegnere".
La giurisprudenza ha già chiarito che la
terminologia usata dal Legislatore del 1925
deve essere considerata in senso atecnico, e
non può essere riferita alle specifiche
categorie di interventi sul patrimonio
edilizio esistente poi codificate dall'art.
31 della legge 05.08.1978, n. 457 e oggi
recepite nell'art. 3 del D.P.R. 06.06.2001,
n. 380.
L'espressione "restauro e ripristino"
va quindi intesa in senso omnicomprensivo,
come relativa a qualsiasi attività di
recupero di una struttura edilizia
assoggettata a vincolo storico artistico
(cfr. TAR Sardegna Sez. I 24/10/2009 n.
1559).
Inoltre, la norma distingue nettamente tra “le
opere di edilizia civile che presentano
rilevante carattere artistico” ed “il
restauro ed il ripristino degli edifici
contemplati dalla legge 20.06.1909 n. 364”
(ora R.D. n. 1089/1939).
Se non possono sussistere dubbi in merito
all’identificazione della seconda categoria,
trattandosi evidentemente di immobili
sottoposti a vincolo storico-artistico, più
complessa è l’identificazione della prima.
Il Consiglio di Stato, nella decisione della
Sez. VI 30/04/2002 n. 2303, ha chiarito che
la nozione di “opere di edilizia civile
che presentano rilevante interesse artistico”
si riferisce sia alle nuove opere, sia agli
interventi su opere già esistenti
(consistenti quindi in manutenzioni,
ristrutturazioni, ecc.), effettuate su
immobili non assoggettati a vincolo storico
artistico.
Ne consegue che per sussistere la riserva di
competenza degli architetti nella
progettazione di interventi su immobili non
soggetti a vincolo storico artistico, deve
ricorrere il presupposto costituito dal “rilevante”
interesse artistico dell’intervento.
Infine, l’art. 52 attribuisce alla
competenza dell'ingegnere civile la cd.
parte tecnica, cioè «le attività
progettuali e di direzione dei lavori che
riguardano l'edilizia civile vera e propria
...» (Consiglio Stato, sez. VI,
11.09.2006, n. 5239).
Pertanto, secondo l’interpretazione della
norma fornita dalla giurisprudenza, le cui
affermazioni sono condivise dal Collegio, la
riserva di competenza degli architetti
sussiste per ogni tipologia di intervento su
immobili gravati da vincolo storico
artistico ai sensi della L. 1089/1939 (oggi
D.Lgs. 42/2004), ad eccezione delle attività
propriamente tecniche di edilizia civile per
le quali lo stesso art. 52 prevede la
competenza anche degli ingegneri; la
competenza degli architetti, poi, si estende
anche agli interventi realizzati su immobili
non assoggettati a vincolo storico artistico
quando presentino “rilevante interesse
artistico”.
Ne consegue che il provvedimento impugnato,
che riguarda specificatamente i “beni
immobili di interesse artistico-storico”
e che richiede per i progetti di restauro di
detti beni la sottoscrizione di un
architetto, in conformità a quanto previsto
dall’art. 25 del R.D. n. 2537/1925, è immune
dai vizi denunciati.
Il provvedimento della Soprintendenza, nel
richiamare l’art. 52 del R.D. n. 2537/1925,
implicitamente riconosce l’ambito di
competenza degli ingegneri –per quanto
concerne la parte tecnica dell’intervento–
prevedendo, infatti, la disamina dei
progetti cofirmati.
Come ha correttamente rilevato il Ministero
nel provvedimento impugnato con il ricorso
RG. 9247/1999, richiamando il parere del
Consiglio di Stato n. 382/1997, i progetti
di intervento sui beni vincolati devono
essere sottoscritti da un architetto,
potendosi prevedere l’intervento
dell’ingegnere soltanto per ciò che concerne
la sola parte tecnica, ma con la necessaria
ed imprescindibile stretta collaborazione
con l’architetto e dunque mediante la
sottoscrizione congiunta del progetto da
parte dei due professionisti
(TAR Lazio-Roma, Sez. II-quater,
sentenza 17.10.2011 n. 7997 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROFESSIONALI:
Lottizzazione e ruolo del notaio.
Pure
essendo il notaio tenuto, quale
professionista, ad una prestazione di mezzi
e comportamento e non di risultato l'opera
di cui è richiesto non si riduce al mero
compito di accertamento della volontà delle
parti e di direzione della compilazione
dell'atto, ma si estende a quelle attività
preparatorie e successive necessarie perché
sia garantita la serietà e certezza
dell'atto da rogarsi ed in particolare la
sua attitudine ad assicurare il
conseguimento dello scopo tipico di esso e
del risultato pratico voluto dalle parti
(tratto da www.lexambiente.it - Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 07.10.2011 n. 36413). |
COMPETENZE PROGETTUALI:
Competenze dei geometri in
materia edilizia.
A norma dell'art. 16, lett. m), del R.D. 11.02.1929 n. 274, e come si desume anche
dalle leggi 05.11.1971 n. 1086 e 02.02.1974 n. 64, che hanno
rispettivamente disciplinato le opere in
conglomerato cementizio e le costruzioni in
zone sismiche, nonché dalla legge 02.03.1949 n. 144 (recante la tariffa
professionale), esula dalla competenza dei
geometri la progettazione di costruzioni
civili con strutture in cemento armato,
trattandosi di attività che, qualunque ne
sia l'importanza, è riservata solo agli
ingegneri ed architetti iscritti nei
relativi albi professionali. Solo le opere
in cemento armato relative a piccole
costruzioni accessorie rientrano nella
competenza dei geometri, risultando
ininfluente che il calcolo del cemento
armato sia stato affidato ad un ingegnere o
ad un architetto (2).
La competenza dei geometri è limitata alla
progettazione, direzione e vigilanza di
modeste costruzioni civili, con esclusione
di quelle che comportino l'adozione -anche
parziale- di strutture in cemento armato;
solo in via di eccezione si estende anche a
queste strutture, a norma della lett. l) del
medesimo articolo 16, R.D. n. 274/1929,
purché si tratti di piccole costruzioni
accessorie nell'ambito di edifici rurali o
destinati alle industrie agricole, che non
richiedano particolari operazioni di calcolo
e che per la loro destinazione non
comportino pericolo per le persone. Per il
resto, la suddetta competenza è comunque
esclusa nel campo delle costruzioni civili
ove si adottino strutture in cemento armato,
la cui progettazione e direzione, qualunque
ne sia l'importanza è pertanto riservata
solo agli ingegneri ed architetti iscritti
nei relativi albi professionali (3).
E’ legittimo il provvedimento di
annullamento, in via di autotutela, di una
concessione edilizia per la demolizione di
un fabbricato (e la sua ricostruzione, con
nuova destinazione d'uso residenziale e
commerciale), per l'incompetenza del
geometra progettista, sia sotto il profilo
dell'entità della costruzione, atteso che la
competenza dei geometri è limitata alla
progettazione di modeste costruzioni civili,
sia sotto il profilo della necessità del
rispetto delle prescrizioni antisismiche; il
contratto con il quale viene affidata a un
geometra la progettazione di una costruzione
civile in cemento armato è comunque nullo,
indipendentemente dalle dimensioni
eventualmente ridotte dell'opera o dalla
circostanza che il compito, su richiesta
dell'incaricato, è poi svolto da un
ingegnere o architetto.
---------------
(1) V. per tutte TAR Campania-Napoli,
sez. III, 01.12.2008 n. 20723.
(2-3) Giurisprudenza costante: v. Cass.
civ., sez. II, 07.09.2009 n. 19292; id.,
08.04.2009 n. 8543; 25.05.2007 n. 12193;
Cons. Stato, sez. V, 28.04.2011 n. 2537,
id., sez. IV, 05.09.2007 n. 4652, Cass. pen.,
sez. III, 26.09.2000 (massima tratta da
www.regione.piemonte.it -
TAR
Lazio-Roma, Sez. II-bis,
sentenza 03.10.2011 n. 7670 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE
PROGETTUALI:
Esula dalla competenza dei geometri la
progettazione di costruzioni civili con strutture in cemento
armato, trattandosi di attività che, qualunque ne sia
l'importanza, è riservata solo agli ingegneri ed architetti
iscritti nei relativi albi professionali.
Solo le opere in cemento armato relative a piccole
costruzioni accessorie rientrano nella competenza dei
geometri, risultando ininfluente che il calcolo del cemento
armato sia stato affidato ad un ingegnere o ad un
architetto.
In buona sostanza, la competenza dei geometri è limitata
alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste
costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino
l'adozione -anche parziale- di strutture in cemento armato;
solo in via di eccezione si estende anche a queste
strutture, a norma della lett. l) del medesimo articolo 16,
R.D. n. 274/1929 cit., purché si tratti di piccole
costruzioni accessorie nell'ambito di edifici rurali o
destinati alle industrie agricole, che non richiedano
particolari operazioni di calcolo e che per la loro
destinazione non comportino pericolo per le persone.
Per il resto, la suddetta competenza è comunque esclusa nel
campo delle costruzioni civili ove si adottino strutture in
cemento armato, la cui progettazione e direzione, qualunque
ne sia l'importanza è pertanto riservata solo agli ingegneri
ed architetti iscritti nei relativi albi professionali;
sotto tale angolazione deve escludersi che le innovazioni
introdotte nei programmi scolastici degli istituti tecnici
possano ritenersi avere ampliato, mediante l'inclusione tra
le materie di studio di alcuni argomenti attinenti alle
strutture in cemento armato, le competenze professionali dei
medesimi.
---------------
In ordine alle prestazioni ulteriori (comprese in astratto
nella competenza dei geometri, affidate loro insieme con
quella della progettazione di costruzioni civili in cemento
armato), si estende -o meno- la nullità del contratto,
secondo che siano strumentalmente connesse con
l'edificazione e implichino la soluzione di problemi tecnici
di particolare difficoltà, come la redazione di un piano di
lottizzazione, oppure siano autonome e distinte dalla
realizzazione delle strutture in cemento armato, come
l'individuazione dei confini di proprietà, la costituzione
di servitù, lo svolgimento di pratiche amministrative.
Conseguentemente:
a) è legittimo il provvedimento di annullamento, in via di
autotutela, di una concessione edilizia per la demolizione
di un fabbricato (e la sua ricostruzione, con nuova
destinazione d'uso residenziale e commerciale), per
l'incompetenza del geometra progettista, sia sotto il
profilo dell'entità della costruzione, atteso che la
competenza dei geometri è limitata alla progettazione di
modeste costruzioni civili, sia sotto il profilo della
necessità del rispetto delle prescrizioni antisismiche;
b) il contratto con il quale viene affidata a un geometra la
progettazione di una costruzione civile in cemento armato è
nullo, indipendentemente dalle dimensioni eventualmente
ridotte dell'opera o dalla circostanza che il compito, su
richiesta dell'incaricato, è poi svolto da un ingegnere o
architetto;
c) è affetto da nullità il contratto di prestazione d'opera
che affidi a un geometra calcoli in cemento armato e ciò
anche ove il compito, limitatamente a quelle strutture,
venga poi svolto da un professionista abilitato, che ne sia
stato officiato dall'originario incaricato; è irrilevante, a
tali fini, che l'incarico sia distinto per le parti in
conglomerato e non sia stato (sub)delegato dal geometra, ma
conferito direttamente dal committente stesso a un ingegnere
o architetto, in quanto non è consentito neppure al
committente scindere dalla progettazione generale quella
relativa alle opere in cemento armato poiché non è possibile
enucleare e distinguere un'autonoma attività, per la parte
di tali lavori, riconducibile ad un ingegnere o ad un
architetto (il che appare senz'altro esatto, poiché chi non
è abilitato a delineare l'ossatura, neppure può essere
ritenuto in grado di dare forma al corpo che deve esserne
sorretto);
d) solo le prestazioni accessorie, autonome e distinte dalla
realizzazione delle strutture in conglomerato, come
l'individuazione dei confini di proprietà, la costituzione
di servitù, lo svolgimento di pratiche amministrative,
possono farsi rientrare nella competenza dei geometri;
e) è nullo, ex art. 2231 c.c., il contratto d'opera
stipulato da un geometra, ed avente ad oggetto la
trasformazione di un fabbricato artigianale fatiscente in un
complesso residenziale.
Il collegio non intende discostarsi dal consolidato
quadro ermeneutico tracciato dalla più recente
giurisprudenza civile, amministrativa e penale, cui si
rinvia a mente dell'art. 74 c.p.a. (Cass. civ., II,
07.09.2009 n. 19292; id., 08.04.2009 n. 8543; 25.05.2007 n.
12193; Cons. St., V, 26.04.2011 n. 2537; id.,. IV,
05.09.2007 n. 4652; Cass. pen., III, 26.09.2000, secondo cui
anche in tali ipotesi sussiste il reato di esercizio abusivo
della professione di ingegnere o architetto).
A norma dell'art. 16, lett. m), R.D. 11.02.1929 n. 274, e
come si desume anche dalle leggi 05.11.1971 n. 1086 e
02.02.1974 n. 64, che hanno rispettivamente disciplinato le
opere in conglomerato cementizio e le costruzioni in zone
sismiche, nonché dalla legge 02.03.1949 n. 144 (recante la
tariffa professionale), esula dalla competenza dei geometri
la progettazione di costruzioni civili con strutture in
cemento armato, trattandosi di attività che, qualunque ne
sia l'importanza, è riservata solo agli ingegneri ed
architetti iscritti nei relativi albi professionali.
Solo le opere in cemento armato relative a piccole
costruzioni accessorie rientrano nella competenza dei
geometri, risultando ininfluente che il calcolo del cemento
armato sia stato affidato ad un ingegnere o ad un
architetto.
In buona sostanza, la competenza dei geometri è limitata
alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste
costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino
l'adozione -anche parziale- di strutture in cemento armato;
solo in via di eccezione si estende anche a queste
strutture, a norma della lett. l) del medesimo articolo 16,
R.D. n. 274/1929 cit., purché si tratti di piccole
costruzioni accessorie nell'ambito di edifici rurali o
destinati alle industrie agricole, che non richiedano
particolari operazioni di calcolo e che per la loro
destinazione non comportino pericolo per le persone.
Per il resto, la suddetta competenza è comunque esclusa nel
campo delle costruzioni civili ove si adottino strutture in
cemento armato, la cui progettazione e direzione, qualunque
ne sia l'importanza è pertanto riservata solo agli ingegneri
ed architetti iscritti nei relativi albi professionali;
sotto tale angolazione deve escludersi che le innovazioni
introdotte nei programmi scolastici degli istituti tecnici
possano ritenersi avere ampliato, mediante l'inclusione tra
le materie di studio di alcuni argomenti attinenti alle
strutture in cemento armato, le competenze professionali dei
medesimi.
I limiti posti dall'art. 16, lett. m) cit. alla competenza
professionale dei geometri:
a) rispondono ad una scelta inequivoca del legislatore,
dettata da evidenti ragioni di pubblico interesse, che
lascia all'interprete ristretti margini di discrezionalità,
attinenti alla valutazione dei requisiti della modestia
della costruzione, della non necessità di complesse
operazioni di calcolo e dell'assenza di implicazioni per la
pubblica incolumità;
b) indicano, di contro, un preciso requisito, ovverosia la
natura di annesso agricolo dei manufatti, per le opere
eccezionalmente progettabili dai predetti tecnici anche nei
casi di impiego di cemento armato.
È pertanto esclusa la possibilità di un'interpretazione
estensiva o "evolutiva" di tale disposizione, che, in
quanto norma eccezionale, non si presta ad applicazione
analogica, non potendosi pervenire ad una diversa
conclusione neppure in virtù delle norme -art. 2, L.
05.11.1971 n. 1086 e art. 17, L. 02.02.1974 n. 64- che
disciplinano le costruzioni in cemento armato e quelle in
zone sismiche, in quanto le stesse richiamano i limiti delle
competenze professionali stabiliti per i geometri dalla
vigente normativa professionale.
È stata inoltre esclusa l'illegittimità, e quindi la
disapplicabilità, delle disposizioni dettate dall'art. 16
R.D. 274/1929, avente natura regolamentare, il quale non
contrasta con norme costituzionali o ordinarie, essendo
aderente ai criteri della disposizione legislativa cui ha
dato attuazione (l'art. 7 L. 24.06.1923 n. 1395) e
comportando una razionale delimitazione delle attività
professionali consentite ai geometri, in rapporto alla loro
preparazione.
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In ordine alle prestazioni ulteriori (comprese in astratto
nella competenza dei geometri, affidate loro insieme con
quella della progettazione di costruzioni civili in cemento
armato), si estende -o meno- la nullità del contratto,
secondo che siano strumentalmente connesse con
l'edificazione e implichino la soluzione di problemi tecnici
di particolare difficoltà, come la redazione di un piano di
lottizzazione, oppure siano autonome e distinte dalla
realizzazione delle strutture in cemento armato, come
l'individuazione dei confini di proprietà, la costituzione
di servitù, lo svolgimento di pratiche amministrative.
Dai su esposti principi si sono tratti i seguenti corollari
applicativi:
a) è legittimo il provvedimento di annullamento, in via di
autotutela, di una concessione edilizia per la demolizione
di un fabbricato (e la sua ricostruzione, con nuova
destinazione d'uso residenziale e commerciale), per
l'incompetenza del geometra progettista, sia sotto il
profilo dell'entità della costruzione, atteso che la
competenza dei geometri è limitata alla progettazione di
modeste costruzioni civili, sia sotto il profilo della
necessità del rispetto delle prescrizioni antisismiche;
b) il contratto con il quale viene affidata a un geometra la
progettazione di una costruzione civile in cemento armato è
nullo, indipendentemente dalle dimensioni eventualmente
ridotte dell'opera o dalla circostanza che il compito, su
richiesta dell'incaricato, è poi svolto da un ingegnere o
architetto;
c) è affetto da nullità il contratto di prestazione d'opera
che affidi a un geometra calcoli in cemento armato e ciò
anche ove il compito, limitatamente a quelle strutture,
venga poi svolto da un professionista abilitato, che ne sia
stato officiato dall'originario incaricato; è irrilevante, a
tali fini, che l'incarico sia distinto per le parti in
conglomerato e non sia stato (sub)delegato dal geometra, ma
conferito direttamente dal committente stesso a un ingegnere
o architetto, in quanto non è consentito neppure al
committente scindere dalla progettazione generale quella
relativa alle opere in cemento armato poiché non è possibile
enucleare e distinguere un'autonoma attività, per la parte
di tali lavori, riconducibile ad un ingegnere o ad un
architetto (il che appare senz'altro esatto, poiché chi non
è abilitato a delineare l'ossatura, neppure può essere
ritenuto in grado di dare forma al corpo che deve esserne
sorretto);
d) solo le prestazioni accessorie, autonome e distinte dalla
realizzazione delle strutture in conglomerato, come
l'individuazione dei confini di proprietà, la costituzione
di servitù, lo svolgimento di pratiche amministrative,
possono farsi rientrare nella competenza dei geometri;
e) è nullo, ex art. 2231 c.c., il contratto d'opera
stipulato da un geometra, ed avente ad oggetto la
trasformazione di un fabbricato artigianale fatiscente in un
complesso residenziale.
Da quanto esposto discende che ai fini dell’autorizzazione
amministrativa nessun valore legale -o di presupposto
legale– avrebbe potuto assumere il progetto di costruzione
redatto e sottoscritto da tecnico con qualifica di geometra,
considerato che la realizzazione è prevista in conglomerato
cementizio (TAR Lazio-Roma, Sez. II-bis,
sentenza 03.10.2011 n. 7670 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI - LAVORI PUBBLICI: In
virtù di quanto disposto dall’art. 84, comma
2, del d.lgs. n. 163 del 2006 i componenti
di una Commissione giudicatrice in una gara
di appalto devono essere in possesso delle
capacità tecniche e professionali adeguate
all'importanza dell'appalto, tali da poterli
considerare "periti peritorum" in relazione
ai concreti aspetti sui quali i medesimi
devono formulare il loro giudizio, e tale
capacità non può che essere desunta dal
possesso di un titolo di studio adeguato e
da una pregressa esperienza nel settore.
La necessità del possesso in capo ai
commissari dei requisiti tecnici e della
professionalità necessaria a formulare un
giudizio pienamente consapevole, anche in
mancanza di una specifica previsione
concernente la composizione nel dettaglio
della commissione giudicatrice, costituisce
un canone ispirato a criteri di logicità e
ragionevolezza e riveste la natura di
principio immanente nell'ordinamento
generale, che risponde ai criteri di rango
costituzionale di buon andamento ed
imparzialità dell'azione amministrativa.
Conseguentemente, è illegittima la
Commissione giudicatrice composta da un
ingegnere e due geometri sull’assunto che:
<<Solo uno dei componenti la commissione,
l’ingegnere, rivestiva la qualità di esperto
nello specifico settore oggetto
dell’appalto, precisando, altresì, che “i
due geometri dipendenti dell’amministrazione
comunale, invece, non avrebbero potuto
progettare ciò su cui erano chiamati ed
esprimere il proprio giudizio, non potendo
essere considerati esperti nella
progettazione di lavori di mitigazione del
rischio idrogeologico, nel senso richiesto
dall’art. 84, comma 2, del codice dei
contratti pubblici, in quanto la valutazione
di tale attività richiede competenze che
eccedono quanto previsto dall’art. 16 del
r.d. 11.02.1929, n. 274, recante il
regolamento per la professione di geometra,
che stabilisce proprio l’oggetto ed i limiti
dell'esercizio di tale professione. In
particolare tale regolamento all’art. 16,
lett. q), riconosce ai geometri la
possibilità di svolgere mansioni di perito
comunale, ma solo per le funzioni tecniche
ordinarie nei Comuni con popolazione fino a
diecimila abitanti, escludendo i progetti di
opere pubbliche d'importanza o che
implichino la risoluzione di rilevanti
problemi tecnici">>.
Alla luce dell’art. 84, comma 2, del d.lgs.
n. 163 del 2006 e alla luce del citato
regolamento (ndr:
art. 16 del r.d. 11.02.1929, n. 274)
regolante i limiti all’esercizio della
professione di geometra, poiché la
progettazione dei lavori per la mitigazione
del rischio idrogeologico costituisce un’
opera pubblica di sostanziale importanza,
implicante la risoluzione di problemi
tecnici di una certa complessità, due dei
membri della commissione, geometri del
comune, non avrebbero potuto progettare i
lavori in questione e conseguentemente non
avrebbero potuto essere considerati esperti
nello specifico settore oggetto del
contratto e idonei a poter valutare con la
dovuta cognizione e preparazione i progetti
presentati, perché privi del necessario
titolo di studio attestante il possesso
delle specifiche competenze tecniche di tipo
geomorfologico, geotecniche, geologiche e
idrogeologiche e conseguentemente privi
dell’esperienza nel settore>>.
●
Rilevato che con sentenza TAR Basilicata
17.05.2010, n. 280:
- è stato accolto il ricorso della Riunione
temporanea di professionisti (R.T.P. )
Giusti, Spicciarelli, D’Amico, Palma, Di
Lucchio, per l’annullamento
dell’aggiudicazione definitiva in favore
della C & G Engineering s.r.l concernente
l’affidamento dell’incarico “per la
progettazione preliminare, definitiva ed
esecutiva, direzione lavori e coordinamento
sicurezza (d.lgs. 494/1996) in fase di
progettazione e di esecuzione e direzione
relativamente ai lavori di mitigazione del
rischio idrogeologico in località Cornale”;
- è stato accolto il motivo di doglianza
relativo al lamentato vizio nella
composizione della Commissione giudicatrice,
sull’assunto che in virtù di quanto disposto
dall’art. 84, comma 2, del d.lgs. n. 163 del
2006 i componenti di una Commissione
giudicatrice in una gara di appalto devono
essere in possesso delle capacità tecniche e
professionali adeguate all'importanza
dell'appalto, tali da poterli considerare
"periti peritorum" in relazione ai concreti
aspetti sui quali i medesimi devono
formulare il loro giudizio, e tale capacità
non può che essere desunta dal possesso di
un titolo di studio adeguato e da una
pregressa esperienza nel settore;
- è stato altresì chiarito che: <<la
necessità del possesso in capo ai commissari
dei requisiti tecnici e della
professionalità necessaria a formulare un
giudizio pienamente consapevole, anche in
mancanza di una specifica previsione
concernente la composizione nel dettaglio
della commissione giudicatrice, costituisce
un canone ispirato a criteri di logicità e
ragionevolezza e riveste la natura di
principio immanente nell'ordinamento
generale, che risponde ai criteri di rango
costituzionale di buon andamento ed
imparzialità dell'azione amministrativa (in
tal senso cfr. Consiglio Stato, sez. V, 18.03.2004, n. 1408)>>;
- è stata quindi ritenuta illegittima la
Commissione giudicatrice composta da un
ingegnere e due geometri sull’assunto che:
<<Solo uno dei componenti la commissione,
l’ingegnere, rivestiva la qualità di esperto
nello specifico settore oggetto
dell’appalto, precisando, altresì, che “i
due geometri dipendenti dell’amministrazione
comunale, invece, non avrebbero potuto
progettare ciò su cui erano chiamati ed
esprimere il proprio giudizio, non potendo
essere considerati esperti nella
progettazione di lavori di mitigazione del
rischio idrogeologico, nel senso richiesto
dall’art. 84, comma 2, del codice dei
contratti pubblici, in quanto la valutazione
di tale attività richiede competenze che
eccedono quanto previsto dall’art. 16 del
r.d. 11.02.1929, n. 274, recante il
regolamento per la professione di geometra,
che stabilisce proprio l’oggetto ed i
limiti dell'esercizio di tale professione.
In particolare tale regolamento all’art. 16,
lett. q), riconosce ai geometri la
possibilità di svolgere mansioni di perito
comunale, ma solo per le funzioni tecniche
ordinarie nei Comuni con popolazione fino a
diecimila abitanti, escludendo i progetti di
opere pubbliche d'importanza o che
implichino la risoluzione di rilevanti
problemi tecnici">>;
- è stato pertanto concluso che <<alla luce
dell’art. 84, comma 2, del d.lgs. n. 163 del
2006 e alla luce del citato regolamento
regolante i limiti all’esercizio della
professione di geometra, poiché la
progettazione dei lavori per la mitigazione
del rischio idrogeologico costituisce un’
opera pubblica di sostanziale importanza,
implicante la risoluzione di problemi
tecnici di una certa complessità, due dei
membri della commissione, geometri del
comune, non avrebbero potuto progettare i
lavori in questione e conseguentemente non
avrebbero potuto essere considerati esperti
nello specifico settore oggetto del
contratto e idonei a poter valutare con la
dovuta cognizione e preparazione i progetti
presentati, perché privi del necessario
titolo di studio attestante il possesso
delle specifiche competenze tecniche di tipo
geomorfologico, geotecniche, geologiche e
idrogeologiche e conseguentemente privi
dell’esperienza nel settore>>;
●
Considerato che anche con sentenza in
ottemperanza TAR Basilicata 23.03.2011, n. 221, è stato chiarito che un
geometra non potesse far parte della
Commissione di gara in questione e ciò era
desumibile dall’affermazione che: <<le
prestazioni che l’amministrazione intende
far salve (progettazione preliminare e
definitiva) sono frutto di una attività
valutativa invalida, in quanto posta in
essere da una Commissione priva della
legittimazione a giudicare, poiché composta
per due terzi da geometri, che non avevano,
in relazione allo specifico oggetto di gara,
le competenze tecniche necessarie per potere
selezionare i progetti>>;
●
Ritenuto, in conclusione, che:
- la formulazione dell’art. 84 del d.lgs.
n. 163/2006, anche quando dispone che “La
commissione è presieduta di norma da un
dirigente della stazione appaltante e, in
caso di mancanza in organico, da un
funzionario della stazione appaltante
incaricato di funzioni apicali, nominato
dall’organo competente” non ha inteso
privilegiare e dare priorità in senso
assoluto al requisito dell'inserimento
nell'organico dell'ente appaltante rispetto
a quello del titolo di studio, il quale,
pertanto, deve comunque essere adeguato
rispetto alle prestazioni che dovranno
essere valutate in sede di gara;
- tale interpretazione, contrariamente a
quanto controdedotto dal Comune intimato, è
corroborata dalla formulazione della
disposizione in commento la quale, nel
prevedere che la Commissione sia “di norma”
presieduta da un dipendente della stazione
appaltante (dirigente o, in mancanza, da un
funzionario apicale), contempla
implicitamente la possibilità che in casi
eccezionali- quali quella verificatasi nella
fattispecie di mancanza di professionalità
adeguate nell’organico dell’ente- il
Presidente sia scelto tra esperti esterni
all’amministrazione;
- secondo un’interpretazione analogica per la
nomina di esperti esterni con funzioni di
Presidente della Commissione di gara, in
caso di mancanza di professionalità adeguate
tra i dirigenti o i funzionari in posizione
apicale nell’ente, si applicano sempre i
criteri dettati dall’art. 84, comma 8, del d.lgs. n. 163/2006;
●
Ritenuto, alla luce di tutto quanto sopra
esposto:
- che per realizzare pienamente l’effetto
conformativo della sentenza e quindi
adeguare la situazione di fatto alla
situazione di diritto il Comune intimato,
stante la carenza in organico di adeguate
professionalità, è tenuto a nominare anche
il Presidente della Commissione tra
professionisti esperti nella progettazione
di lavori di mitigazione del rischio
idrogeologico, da scegliersi tra gli
appartenenti ad una delle seguenti
categorie:
a) professionisti, con almeno dieci anni di
iscrizione nei rispettivi albi
professionali, nell’ambito di un elenco,
formato sulla base di rose di candidati
fornite dagli ordini professionali;
b) professori universitari di ruolo,
nell’ambito di un elenco, formato sulla base
di rose di candidati fornite dalle facoltà
di appartenenza;
●
Considerato, in accoglimento del ricorso
che:
- a norma dell’art. 114, comma 4, lett. b),
del cod. proc. amm. è dichiarata la nullità
della determina 31.05.2011, n. 126, nella
parte in cui nomina quale componente, nella
qualità di Presidente, della Commissione
giudicatrice per la valutazione dell’offerta
economicamente più vantaggiosa per
l’affidamento dei lavori in discorso,
nuovamente un geometra nella persona del
Responsabile del Settore Tecnico del Comune
di Episcopia;
- è assegnato all’Amministrazione resistente
il termine di 30 (trenta) giorni decorrenti
dalla comunicazione (o notifica) della
presente sentenza per conformarsi alla
statuizione contenuta nella sentenza, così
come chiarito;
- può disporsi sin da ora, per il caso di
ulteriore inerzia del Comune intimato, la
conferma della nomina di Commissario “ad acta” nella persona del dott. Fabrizio
D’Andrea, dirigente a.r. della Regione
Basilicata, nato a Roma il 16.04.1940,
residente in Lavello al vico 3 Leonardo da
Vinci, n. 8, perché, decorsi i termini di
adempimento assegnati all’Amministrazione, a
semplice richiesta della parte ricorrente
adotti tutti gli atti necessari a dare
esecuzione, nei sensi sopraindicati, alla
sentenza di cui trattasi nel termine di gg.
30 (trenta) decorrenti dalla scadenza di
quelli già assegnati all’Amministrazione;
●
Ritenuto, infine, che:
- l’istanza di condanna del Comune intimato
al pagamento di una somma di denaro per ogni
inosservanza successiva o ritardo
nell’esecuzione del giudicato a norma
dell’art. 114, comma 4, lett. e), è
inammissibile in virtù dei principi del
giusto processo di cui all’art. 2 del cod.
proc. amm., in quanto non contenuta
nell’atto introduttivo della presente fase
di giudizio, ma formulata per la prima volta
all’udienza camerale, alla quale peraltro il
Comune non ha partecipato (il che non ha
consentito la formazione di un pieno
contraddittorio sul punto);
- non può accogliersi la domanda di condanna
dell’amministrazione al pagamento di una
somma di denaro ex art. 26, comma 2, cod.
proc. amm., stante l’assenza di un
consolidato orientamento giurisprudenziale
sul “dictum” della sentenza oggetto
della presente ottemperanza
(TAR Basilicata,
sentenza 23.09.2011 n. 479 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI: Geometri, niente cemento armato.
La Cassazione conferma l'orientamento.
Il geometra non ha diritto al compenso per
la progettazione di opere in cemento armato.
Infatti nella sua competenza professionale
rientrano solo le costruzioni che non
richiedono particolari operazioni di
calcolo.
Lo ha ribadito la Corte di
Cassazione che, con la
sentenza 02.09.2011 n. 18038, ha confermato la decisione
presa dalla Corte d'appello di Trieste che
aveva escluso il compenso chiesto da un
geometra a un'azienda per la costruzione di
un centro commerciale (in cemento armato) e
per l'attività di coordinamento di un pool.
L'impresa aveva corrisposto al
professionista solo una parte della
parcella, quella relativa alla direzione dei
lavori. Per questo lui l'aveva citata in
giudizio. Ma i giudici di Trieste avevano
respinto parte delle istanze presentate dal
geometra. Dunque il ricorso in Cassazione,
quello principale presentato dalla cliente e
nel quale si contesta la misura del compenso
liquidato dai giudici. E quello incidentale
presentato dal geometra che insiste sul
diritto al compenso per tutte le attività di
progettazione.
La seconda sezione civile del
Palazzaccio li ha respinti entrambi. In
particolare, confermando la decisione di
merito, il Collegio di legittimità ha
ricordato che «l'art. 16 rd 11.02.1929
n. 274 ammette la competenza dei geometri
per quanto riguarda le costruzioni in
cemento armato solo relativamente a opere
con destinazione agricola, che non
richiedano particolari operazioni di calcolo
e che per la loro destinazione non
comportino pericolo per l'incolumità delle
persone, mentre per le costruzioni civili
che adottino strutture in cemento armato,
sia pure modeste, ogni competenza è
riservata, ai sensi dell'art. 1 rd
16.11.1939 n. 2229, agli ingegneri e
architetti iscritti nell'albo; con le
ulteriori precisazioni che tale disciplina
professionale non è stata modificata dalla
legge 05.11.1971 n. 1086 e 02.02.1974 n. 64,
la quale, sia pure senza un esplicito
richiamo delle normative si limita a
recepire la previgente ripartizione di
competenze e che a rendere legittimo in tale
ambito un progetto redatto da un geometra
non rileva che esso sia controfirmato o
visitato da un ingegnere ovvero che un
ingegnere esegua i calcoli del cemento
armato e diriga le relative opere, perché è
il professionista competente che deve essere
altresì titolare della progettazione e
assumere le conseguenti responsabilità»
(articolo ItaliaOggi del 03.09.2011). |
COMPETENZE PROGETTUALI:
Progettazione di opere viarie -
Competenza degli ingegneri - Affidamento
della progettazione ad un architetto -
Illegittimità - Artt. 51 e 54 R.D. n.
2437/1925.
Ai sensi degli artt. 51-54 del R.D.
23.10.1925, n. 2437, individuanti le
rispettive competenze degli ingegneri e
degli architetti ed in modo particolare le
specifiche prescrizioni che vietano a
quest’ultimi la progettazione di opere di
urbanizzazione primaria (opere viarie), deve
ritenersi precluso agli architetti la
progettazione di un tratto di strada
comunale, anche se di dimensioni contenute
(TAR Veneto, Sez. I,
sentenza 08.07.2011 n. 1153 -
link a www.ambientediritto.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI: Esula
dalla competenza dei geometri la
progettazione di costruzioni civili con
strutture in cemento armato.
Il Collegio dei geometri di una provincia
lombarda ha impugnato il bando di
progettazione per la riqualificazione e
messa in sicurezza di 5 km di una strada
provinciale, nella parte in cui ha riservato
l’affidamento della progettazione ai soli
ingegneri, architetti e geologi (nella
specie la progettazione aveva ad oggetto
indagini geognostiche e di prospezione,
l’allargamento della strada, le opere di
risanamento e consolidamento dei terreni
residuati di una roggia, nonché la
realizzazione di nove ponti in cemento
armato anche precompresso, di cui due in
attraversamento alla strada provinciale).
Secondo i ricorrenti i geometri possono
progettare (e dirigerne l’esecuzione) opere
edilizie in conglomerato cementizio
nell’ambito delle loro competenze da
individuarsi in chiave evolutiva alla luce
delle innovazioni e dello sviluppo della
normativa antisismica, delle tecnologie
costruttive, dei programmi di studio
professionali riservati ai geometri.
Considerando l’appello infondato i giudici
del Consiglio di Stato ribadiscono di non
voler discostarsi dal consolidato quadro
ermeneutico tracciato dalla più recente
giurisprudenza civile, amministrativa e
penale, cui si rinvia a mente dell’art. 74
c.p.a. (cfr. Cass. civ., sez. II,
07.09.2009, n. 19292; 08.04.2009, n. 8543;
26.07.2006, n. 17028; 22.04.2005, n. 8545;
30.03.2005, n. 6649; Cons. St., sez. IV,
05.09.2007, n. 4652; sez. IV, 22.05.2006, n.
3006; Cass. pen., sez. III, 26.09.2000,
Brena, secondo cui anche in tali ipotesi
sussiste il reato di esercizio abusivo della
professione di ingegnere o architetto).
I giudici di Palazzo Spada segnalano,
infatti, che a norma dell’art. 16, lett. m),
r.d. 11.02.1929 n. 274, e come si desume
anche dalle ll. 05.11.1971 n. 1086 e
02.02.1974 n. 64, che hanno rispettivamente
disciplinato le opere in conglomerato
cementizio e le costruzioni in zone
sismiche, nonché dalla l. 02.03.1949 n. 144
(recante la tariffa professionale), esula
dalla competenza dei geometri la
progettazione di costruzioni civili con
strutture in cemento armato, trattandosi di
attività che, qualunque ne sia l’importanza,
è riservata solo agli ingegneri ed
architetti iscritti nei relativi albi
professionali. Solo le opere in cemento
armato relative a piccole costruzioni
accessorie rientrano nella competenza dei
geometri, risultando ininfluente che il
calcolo del cemento armato sia stato
affidato ad un ingegnere o ad un architetto.
In buona sostanza, la competenza dei
geometri è limitata alla progettazione,
direzione e vigilanza di modeste costruzioni
civili, con esclusione di quelle che
comportino l’adozione -anche parziale- di
strutture in cemento armato; solo in via di
eccezione, si estende anche a queste
strutture, a norma della lett. l) del
medesimo articolo 16, r.d. n. 274 cit.,
purché si tratti di piccole costruzioni
accessorie nell’ambito di edifici rurali o
destinati alle industrie agricole, che non
richiedano particolari operazioni di calcolo
e che per la loro destinazione non
comportino pericolo per le persone.
Per il resto, la suddetta competenza è
comunque esclusa nel campo delle costruzioni
civili ove si adottino strutture in cemento
armato, la cui progettazione e direzione,
qualunque ne sia l’importanza è pertanto
riservata solo agli ingegneri ed architetti
iscritti nei relativi albi professionali;
sotto tale angolazione deve escludersi che
le innovazioni introdotte nei programmi
scolastici degli istituti tecnici possano
ritenersi avere ampliato, mediante
l’inclusione tra le materie di studio di
alcuni argomenti attinenti alle strutture in
cemento armato, le competenze professionali
dei medesimi.
I limiti posti dall’art. 16, lett. m) cit.
alla competenza professionale dei geometri:
a) rispondono ad una scelta inequivoca del
legislatore, dettata da evidenti ragioni di
pubblico interesse, che lascia
all’interprete ristretti margini di
discrezionalità, attinenti alla valutazione
dei requisiti della modestia della
costruzione, della non necessità di
complesse operazioni di calcolo e
dell’assenza di implicazioni per la pubblica
incolumità;
b) indicano, d contro, un preciso requisito,
ovverosia la natura di annesso agricolo dei
manufatti, per le opere eccezionalmente
progettabili dai predetti tecnici anche nei
casi di impiego di cemento armato.
E’ pertanto esclusa la possibilità di
un’interpretazione estensiva o «evolutiva»
di tale disposizione, che, in quanto norma
eccezionale, non si presta ad applicazione
analogica, non potendosi pervenire ad una
diversa conclusione neppure in virtù delle
norme -art. 2, l. 05.11.1971 n. 1086 e art.
17, l. 02.02.1974 n. 64- che disciplinano le
costruzioni in cemento armato e quelle in
zone sismiche, in quanto le stesse
richiamano i limiti delle competenze
professionali stabiliti per i geometri dalla
vigente normativa professionale (commento
tratto da www.documentazione.ancitel.it -
Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 28.04.2011 n. 2537 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI: E'
illegittimo il titolo a costruire assentito
sul progetto, redatto da un geometra, che
preveda strutture in cemento armato, se non
siano specificate, con motivazione adeguata,
le ragioni per cui le caratteristiche
dell'opera e le sue modalità costruttive
rientrano nella sfera di competenza
professionale del progettista, spettando al
g.a. il sindacato sulla valutazione circa
l'entità quantitativa e qualitativa della
costruzione, al fine di stabilire se la
stessa, ancorché prevista con struttura in
cemento armato, rientri o meno nella nozione
di "modesta costruzione civile", alla cui
progettazione è limitata la competenza
professionale del geometra, ai sensi degli
art. 16 ss. r.d. 274/1929.
Il geometra è sempre abilitato alla
progettazione di “modeste costruzioni
civili”; e che tale competenza permane anche
per le costruzioni a struttura metallica o
per quelle che richiedano l’impiego di
conglomerato cementizio armato normale o
precompresso, a condizione –in questo caso-
che persista la qualificazione di edificio
civile “modesto".
E' illegittimo il progetto firmato da un
geometra per la realizzazione di un grande
capannone industriale, poggiante su una
fondazione di pali e pilastri in cemento
armato e con solai in laterocemento e,
comunque, di natura e dimensioni tali da non
poter esser definito come una modesta
costruzione civile.
In materia di progettazione delle opere
private, lo scopo perseguito dalla
disciplina legislativa che stabilisce i
limiti di competenza dei geometri e periti
edili e indica i progetti per i quali è
invece necessario l'intervento di un
ingegnere o di un architetto (art. 16 r.d.
11.02.1929, n. 275, art. 1 r.d. 16.11.1939
n. 2229, l. 24.06.1923 n. 1395 e r.d.
23.10.1925 n. 2537) consiste non nel
garantire una buona qualità delle opere
sotto il profilo estetico e funzionale ma
unicamente nell'assicurare l'incolumità
delle persone; pertanto, per le opere per le
quali è prescritto l'intervento di un
ingegnere o di un architetto, non è
necessario che quest'ultimo abbia ideato il
progetto assumendone la paternità, ma è
sufficiente che, mediante la sottoscrizione,
abbia effettuato la supervisione del
progetto stesso elaborato da un geometra o
da un perito, assumendone la responsabilità
dopo aver verificato l'esattezza di tutti i
calcoli statici delle strutture, nonché
l'idoneità di tutte le soluzioni tecniche e
architettoniche sotto il profilo della
tutela della pubblica incolumità.
Il progetto relativo alla costruzione di tre
piccole unità immobiliari presentato dal
geometra ricorrente si compone di diverse
tavole tecnico/progettuali; alcune di queste
(ed in particolare, “calcolo balcone,
solaio, gradino scala”; “disegno
armature, travi di fondazione, pilastri”;
“disegno armature travi del 1° e unico
impalcato”; “piante degli impalcati,
armatura setti; armatura solaio; armatura
gradino; armatura setti”) sono redatte
da un ingegnere abilitato; invece, il cd. “progetto
architettonico” è stato redatto
direttamente dal ricorrente, nella qualità
di geometra, ed è stato solo sottoscritto “per
presa visione” dall’ingegnere.
E’ questa l’anomalia riscontrata
dall’Ufficio del Genio civile, che ha negato
il rilascio del nulla osta ex art. 18 L.
64/1974 ritenendo che anche quest’ultima
tavola avrebbe dovuto essere redatta e
sottoscritta da un ingegnere (o, comunque,
da un tecnico laureato).
Nel merito il ricorso risulta fondato per la
dedotta “violazione e falsa applicazione
delle disposizioni contenute nell’art. 17
della L. 64/1974 e negli artt. 2 e 4 della
L. 1086/1971 – eccesso di potere per
travisamento dei fatti”.
Va premesso che in zona sismica, ai sensi
dell’art. 17 della L. 64/1974, possono
essere eseguite costruzioni su progetto di
ingegneri, architetti, geometri o periti
edili iscritti nell'albo, nei limiti delle
rispettive competenze. Per delineare,
allora, le competenze dei geometri occorre
fare riferimento alle norme che disciplinano
la specifica figura professionale, e quindi
all’art. 16 lett. m del R.D. 274/1929
(Regolamento per la professione di geometra)
che contempla chiaramente –tra le varie
ipotesi- le attività di “progetto,
direzione e vigilanza di modeste costruzioni
civili”.
Nei limiti del carattere “modesto”
dell’edificio civile, la progettazione può
essere eseguita quindi in zona sismica anche
da un geometra. Si può aggiungere poi che
tale competenza del professionista permane
anche –ai sensi dell’art. 2 della L.
1086/1971 (Norme per la disciplina delle
opere di conglomerato cementizio armato,
normale e precompresso ed a struttura
metallica), ora ribadito anche dall’art. 64.
co. 2, del T.U. Edilizia approvato con
D.P.R. 380/2001– nelle ipotesi in cui il
progetto (di edificio modesto) preveda
l’impiego di cemento armato.
E’ stato in proposito affermato in
giurisprudenza che “(…) è dunque
illegittimo il titolo a costruire assentito
sul progetto, redatto da un geometra, che
preveda strutture in cemento armato, se non
siano specificate, con motivazione adeguata,
le ragioni per cui le caratteristiche
dell'opera e le sue modalità costruttive
rientrano nella sfera di competenza
professionale del progettista, spettando al
g.a. il sindacato sulla valutazione circa
l'entità quantitativa e qualitativa della
costruzione, al fine di stabilire se la
stessa, ancorché prevista con struttura in
cemento armato, rientri o meno nella nozione
di "modesta costruzione civile", alla cui
progettazione è limitata la competenza
professionale del geometra, ai sensi degli
art. 16 ss. r.d. 274/1929.” (Tar Salerno
9772/2010); che “il geometra è sempre
abilitato alla progettazione di “modeste
costruzioni civili”; e che tale competenza
permane anche per le costruzioni a struttura
metallica o per quelle che richiedano
l’impiego di conglomerato cementizio armato
normale o precompresso, a condizione –in
questo caso- che persista la qualificazione
di edificio civile “modesto”.” (Tar
Catania, I, 1253/2010).
Anche il Consiglio di Stato (sezione V,
779/1998) ha posto l’accento sul carattere
modesto della costruzione, quale limite alla
competenza del geometra, affermando che “è
illegittimo il progetto firmato da un
geometra per la realizzazione di un grande
capannone industriale, poggiante su una
fondazione di pali e pilastri in cemento
armato e con solai in laterocemento e,
comunque, di natura e dimensioni tali da non
poter esser definito come una modesta
costruzione civile”.
Il Collegio non ignora la sussistenza di un
contrario orientamento, manifestato dalla
giurisprudenza civile (Cass., II,
17028/2006, e 19292/2009), che ha
considerato nulli sul piano civilistico i
contratti d’opera professionale stipulati da
geometri in quanto aventi ad oggetto la
realizzazione di opere in cemento armato. Si
tratta, tuttavia, di una ricostruzione del
dato normativo non condividibile in quanto
non tiene conto del fatto che anche le norme
relative alle costruzioni in cemento armato,
così come quelle dettate per le zone
sismiche, fanno espresso richiamo per
relationem alle competenze stabilite
dall’ordinamento professionale dei geometri.
Quanto fin qui esposto vale come
inquadramento generale della problematica
sulla quale si incentra il giudizio.
Deve essere, tuttavia, evidenziato col
dovuto risalto il fatto che nel caso a mani
sono presenti delle peculiari circostanze di
grande rilievo, che conferiscono alla
vicenda una specifica singolarità: ci si
riferisce al fatto che solo il progetto
architettonico –ossia, quello concernente
l’aspetto estetico, la collocazione
spaziale, e l’immagine dimensionale
dell’edificio– è stato redatto da un
geometra (e poi sottoscritto “per presa
visione” da un ingegnere); mentre tutte
le altre tavole progettuali, che potremmo
definire come veri “progetti strutturali”
(elencate come tavole nn. 4, 5, 6 e 7), sono
state regolarmente redatte da un ingegnere.
Cioè, in altri termini, non siamo in
presenza di un progetto ascritto solo al
geometra; ma di una progettazione effettuata
a più mani, nella quale l’apporto
dell’ingegnere risulta prevalente sul piano
quantitativo e tecnico, mentre quello del
progettista/geometra è secondario e per
certi versi atecnico, essendo limitato a
definire l’aspetto esteriore dell’edificio.
Va sottolineato il fatto –dirimente- che
tutto ciò che attiene alla sicurezza,
staticità e robustezza dell’edificio è stato
regolarmente progettato da un tecnico
laureato in ingegneria, di guisa che appare
giuridicamente irrilevante la circostanza
che il geometra abbia semplicemente
confezionato l’aspetto esteriore della
costruzione, lasciando correttamente
all’ingegnere il compito di determinare gli
aspetti tecnico/costruttivi del “disegno”
proposto.
La predetta conclusione risulta avvalorata
anche dalla giurisprudenza (Cons. Stato, V,
83/1999) che ha precisato il ruolo da
attribuire, nella progettazione,
all’intervento del tecnico laureato: “In
materia di progettazione delle opere
private, lo scopo perseguito dalla
disciplina legislativa che stabilisce i
limiti di competenza dei geometri e periti
edili e indica i progetti per i quali è
invece necessario l'intervento di un
ingegnere o di un architetto (art. 16 r.d.
11.02.1929, n. 275, art. 1 r.d. 16.11.1939
n. 2229, l. 24.06.1923 n. 1395 e r.d.
23.10.1925 n. 2537) consiste non nel
garantire una buona qualità delle opere
sotto il profilo estetico e funzionale ma
unicamente nell'assicurare l'incolumità
delle persone; pertanto, per le opere per le
quali è prescritto l'intervento di un
ingegnere o di un architetto, non è
necessario che quest'ultimo abbia ideato il
progetto assumendone la paternità, ma è
sufficiente che, mediante la sottoscrizione,
abbia effettuato la supervisione del
progetto stesso elaborato da un geometra o
da un perito, assumendone la responsabilità
dopo aver verificato l'esattezza di tutti i
calcoli statici delle strutture, nonché
l'idoneità di tutte le soluzioni tecniche e
architettoniche sotto il profilo della
tutela della pubblica incolumità.” (in
termini analoghi Tar Marche Ancona,
1241/2001).
Se dunque il legislatore ha richiesto
l’intervento dell’ingegnere (o architetto)
al fine di tutelare direttamente la
staticità dell’edificio e, indirettamente,
la sicurezza pubblica; e se –a tali fini–
viene ritenuta sufficiente in giurisprudenza
la “ratifica, con assunzione di
responsabilità” ad opera di un ingegnere
del progetto redatto da un geometra; allora
si deve ritenere che –a maggior ragione– sia
legittimo ed ammissibile il progetto che un
geometra abbia redatto solo per la parte
architettonica, allorquando lo stesso
contempli gli elaborati tecnico strutturali
firmati tutti da un ingegnere.
Né d’altra parte si può concordare con la
difesa dell’Amministrazione resistente,
laddove dichiara l’inammissibilità della
figura di un ingegnere mero “calcolista”
che affianchi il progettista senza assumersi
la responsabilità della progettazione e
dell’esecuzione (v. memoria Avvocatura Stato
del 20.10.2009): come si è già evidenziato,
nel caso in esame l’ingegnere non è
intervenuto con una forma di supporto
collaterale ed interno limitato ai soli
calcoli delle strutture in cemento armato,
ma si è direttamente assunto, anche verso
l’esterno, la responsabilità di tutti i
progetti tecnici sottoscritti, che altro non
sono se non una traduzione in termini
tecnici del progetto esteriore confezionato
dal geometra (TAR Sicilia-Catania, Sez. I,
sentenza 22.04.2011 n. 1022 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROFESSIONALI:
Oggetto: Competenze professionali
(Consiglio Nazionale dei Periti Industriali
e dei Periti Industriali Laureati,
circolare 14.04.2011
n. 22/2011). |
COMPETENZE PROGETTUALI:
Geometri senza cemento
armato. Fanno eccezione le costruzioni
rurali o relative a industrie agricole di
modesta entità.
Per i geometri il cemento armato resta
"bandito". La Corte di cassazione non ha
dubbi in proposito e, pur pronunciandosi su
una vicenda risalente al 1992, ribadisce la
netta demarcazione tra le competenze degli
ingegneri e quelle dei geometri.
Scrivono i giudici della Corte di
Cassazione, Sez. II civile, nella
sentenza 21.03.2011 n. 6402,
basandosi sul quadro normativo di
riferimento per le professioni tecniche (il
r.d. 274 del 1929 e il r.d. 2229 del 1939):
«La competenza dei geometri è limitata alla
progettazione, direzione e vigilanza di
modeste costruzioni civili, con esclusione
di quelle che comportino l'adozione anche
parziale di strutture di cemento armato».
L'intervento dei geometri, quando è
necessario utilizzare il cemento armato, è
possibile, in via eccezionale, solo quando
si tratta di «piccole costruzioni accessorie
nell'ambito degli edifici rurali o destinati
alle industrie agricole che non richiedono
particolari operazioni di calcolo e che per
la loro destinazione non comportino pericolo
per le persone».
Nel caso sottoposto alla Cassazione, il
progetto riguardava un edificio industriale,
composto da un capannone prefabbricato con
un solo piano nella parte destinata a
laboratorio e due piani nella parte
destinata agli uffici. Dunque, una
«struttura architettonica complessa» per la
quale non può riconoscersi un ruolo di
progettazione, direzione e vigilanza a un
geometra. Neppure se interviene insieme al
geometra un altro professionista –un
ingegnere– che rediga insieme al primo il
progetto ed effettui la direzione dei
lavori.
«È il caso di ricordare –precisa, infatti, la Cassazione– che
nell'ambito della disciplina normativa,
dalla quale emerge una chiara ripartizione
di competenze tra geometri e altri
professionisti in riferimento alla
progettazione e alla direzione di opere
relative a costruzioni ed edifici, trova
fondamento l'orientamento giurisprudenziale
di questa corte, dal quale non vi sono
ragioni per discostarsi, secondo cui la
progettazione e la direzione di opera da
parte di un geometra in materia riservata
alla competenza professionale degli
ingegneri e degli architetti sono
illegittime, cosicché a rendere legittimo un
progetto redatto da un geometra non rileva
che esso sia stato controfirmato o vistato
da un ingegnere ovvero che un ingegnere
esegua i calcoli del cemento armato e diriga
le relative opere, perché è il
professionista competente che deve essere,
altresì, titolare della progettazione,
trattandosi di incombenze che devono essere
inderogabilmente affidate dal committente al
professionista abilitato secondo il proprio
statuto professionale, sul quale gravano le
relative responsabilità».
In definitiva per la Cassazione (che ha
confermato la sentenza d'appello) quando
l'esercizio di un'attività professionale è
condizionato all'iscrizione in un albo, la
prestazione eseguita da chi non è iscritto,
«dando luogo a nullità assoluta del rapporto
fra professionista e cliente, rilevabile
anche d'ufficio», priva il contratto di
qualsiasi effetto. Per cui l'eventuale
compenso va restituito (commento
tratto da www.ilsole24ore.com). |
COMPETENZE PROGETTUALI: Impianti
elettrici della p.a. ai periti. Riconosciuta
alla professione la competenza sulla
progettazione. Il Cnpi vince la sua
battaglia e ottiene dal Consiglio di stato
chiarezza sui confini tra professioni.
Periti industriali
competenti nel progettare impianti elettrici
per la pubblica illuminazione. Senza alcuna
subordinazione del tecnico diplomato sul
laureato. E riconosciuta nello stesso tempo
la competenza a pieno titolo dei periti
industriali.
Il Consiglio di Stato, Sez. V, con
sentenza 26.01.2011 n. 571
ribadisce così, senza lasciar spazio ad
ulteriori dubbi, due principi fondamentali
in passato oggetto di fuorvianti
interpretazioni da parte della stessa
magistratura.
La vicenda prende il via da un ricorso
presentato da due società escluse
dall'affidamento pubblico di una gara di
appalto per i servizi di illuminazione per
un piccolo comune della Sardegna e che per
tale motivo contestavano, tra l'altro, la
competenza alla progettazione in materia del
perito industriale.
Eccezione respinta immediatamente dal Tar
della regione che, nella sentenza di primo
grado (n. 11361 del 2010), aveva
sottolineato con forza il principio che in
materia di progettazione di impianti di
illuminazione pubblica la competenza del
perito industriale è «propria»,
affermando contestualmente la regola che non
esiste subordinazione del tecnico diplomato
sul laureato.
Proprio da qui ripartono i giudici di
Palazzo Spada che nella sentenza mostrano di
seguire pedissequamente tutte le
argomentazioni tecniche sviluppate
dall'intervento ad opponendum del
Consiglio nazionale dei periti.
Il Cds riconduce la problematica relativa
alla progettazione di impianti elettrici
alla competenza professionale dei periti
industriali così come descritta nel decreto
che regola la professione. E lo fa passando
attraverso l'intera disciplina di settore
(legge 46/1990 e dm 37/2008), sbriciolando
così il limite del calcolo infinitesimale
che fino ad ora aveva limitato l'attività
dei periti industriali alle opere
impiantistiche.
Ma non solo competenze, perché il Cds ha
ribadito un altro principio: non esiste
subordinazione del tecnico diplomato sul
laureato. I ricorrenti in appello avevano
infatti contestato che la direzione del
gruppo di lavoro, costituito, tra l'altro,
da tre ingeneri strutturisti, fosse affidata
a un perito industriale con specializzazione
in elettrotecnica.
Già il Tar aveva riconosciuto la legittimità
del perito industriale a essere responsabile
di un gruppo di lavoro misto, costituito da
progettisti ingegneri, professionisti con
titolo di studio di livello superiore, in
quanto ognuno specificamente abilitato
all'attività di progetto da esso eseguita in
ordine all'affidamento pubblico delle opere
da realizzare. Di conseguenza, è affermata
la possibilità che l'attività di
progettazione definitiva ed esecutiva possa
essere svolta previa la collaborazione «in
subordinazione» di un professionista
ingegnere, in un gruppo misto di figure
professionali specifiche, rispetto al
progettista responsabile, che sia perito
industriale.
Sulla stessa scia i giudici di palazzo Spada
per i quali la direzione del perito
industriale è assolutamente legittima e non
«sussiste pertanto alcuna violazione
della disciplina sulle professioni così come
la presentazione al progetto non appare in
alcun modo inficiata dalla sottoscrizione da
parte del perito industriale».
«Finalmente», precisa il presidente
del Consiglio nazionale dei periti
industriali Giuseppe Jogna, «dopo
sentenze talvolta contraddittorie tra loro e
cavalcate spesso in maniera strumentale, ci
pensa il più alto grado della magistratura
di legittimità a mettere ordine in materia
di competenze professionali del perito
industriale. E ciò che è particolarmente
apprezzabile è che questo è avvenuto
attraverso la semplice ma corretta
applicazione delle norme sulla sicurezza
degli impianti e soprattutto del decreto che
regola la professione di perito industriale.
Senza alcuna forzatura interpretativa»
(articolo ItaliaOggi
del 11.02.2011). |
COMPETENZE PROGETTUALI:
Immobili di interesse storico e
artistico - Interventi di edilizia civile -
Competenza dell’architetto - Art. 52 R.D. n.
2537/1925.
E’ tuttora vigente la limitazione posta
dall’art. 52 del regolamento approvato con
r.d. 2537/1925, che riserva alla professione
di architetto «le opere di edilizia
civile che presentano rilevante carattere
artistico, e il restauro e il ripristino
degli edifici contemplati dalla l. 364/1909»,
poi legge n. 1089/1939.
Alla stregua della anzidetta disposizione,
non la totalità degli interventi concernenti
gli immobili di interesse storico e
artistico deve essere affidata alla
specifica professionalità dell’architetto,
ma solo «le parti di intervento di
edilizia civile che riguardino scelte
culturali connesse alla maggiore
preparazione accademica conseguita dagli
architetti nell’ambito del restauro e
risanamento degli immobili di interesse
storico e artistico» (Consiglio Stato,
sez. VI, 11.09.2006, n. 5239; Consiglio
Stato, sez. IV, 16.05.2006, n. 2776, TAR
Sardegna Cagliari, sez. I, 24.10.2009, n.
1559).
Interventi su edifici
esistenti di interesse storico-artistico -
Interesse pubblico alla tutela dei beni
artistici - Progetti di restauro e
ripristino - Architetti.
Ogni intervento -seppure minimo- su edificio
esistente che presenti dei particolari
aspetti architettonici, e che necessiti di
particolari conoscenze tecniche idonee a
preservare il complesso di dette
caratteristiche architettoniche, è di
competenza esclusiva dell'architetto, e ciò
non solo in ipotesi di beni sottoposti a
vincolo, ma anche di quelli che, seppure non
oggetto di uno specifico provvedimento,
presentino un interesse storico-artistico
(TAR Veneto Venezia, sez. I, 28.06.1999, n.
1098).
Difatti gli architetti, in ragione dello
specifico corso di laurea che sono tenuti a
percorrere e della conseguente
professionalità (e sensibilità) artistica ed
estetica che acquistano, devono ritenersi
più idonei (rispetto agli ingegneri) a
tutelare l'interesse pubblico connesso alla
tutela dei beni artistici e storici e,
quindi, a redigere i progetti di restauro e
ripristino degli edifici che si
caratterizzano per la loro valenza culturale
(TAR Veneto Venezia, sez. II, 28.01.2005, n.
381).
Riserva di competenza
degli architetti ex art. 52 R.D. n.
2537/1925 -Attività di restauro e ripristino
- Terminologia atecnica - Corrispondenza con
le definizioni di cui all’art. 3 del D.P.R.
n. 380/2001 - Esclusione.
La riserva di competenza ex art. 52 R.D. n.
2537/1925, non può essere negata solo per il
fatto che i lavori da appaltare consistano
in un mero intervento di recupero e
manutenzione straordinaria, e non di
restauro in senso stretto, non essendovi
ragioni per escludere tali tipologie di
intervento da quelle riservate alla
competenza degli architetti, tenuto anche
conto che la norma in questione contempla in
maniera generica le attività di restauro e
ripristino.
La terminologia utilizzata dal legislatore
del 1925 deve quindi essere considerata in
senso atecnico, e non può essere riferita
alle specifiche categorie di interventi sul
patrimonio edilizio esistente poi codificate
dall'art. 31 della legge 05.08.1978, n. 457
e oggi recepite nell'art. 3 del D.P.R.
06.06.2001, n. 380.
L'espressione "restauro e ripristino"
va quindi intesa in senso omnicomprensivo,
come relativa a qualsiasi attività di
recupero di una struttura edilizia che
presenti peculiari caratteri
storico-artistici (TAR Sardegna Cagliari,
sez. I, 24.10.2009, n. 1559) (TAR
Sicilia-Catania, Sez. III,
sentenza 17.01.2011 n. 87 - link
a www.ambientediritto.it). |
COMPETENZE PROFESSIONALI:
Oggetto: competenza perito termotecnico
per la progettazione di un impianto di
smaltimento acque nere e meteoriche di un
piano di lottizzazione residenziale
(Consiglio Nazionale dei Periti Industriali
e dei Periti Industriali Laureati,
nota 14.01.2011 n. 196
di prot.). |
COMPETENZE PROGETTUALI:
Oggetto: Competenze professionali - Consiglio di Stato,
Sez. VI, ordinanza 06.12.2010, n. 5540 (MIBAC,
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del
Veneto,
circolare 10.01.2011 n. 1/2011). |
anno 2010 |
|
COMPETENZE PRIGETTUALI:
A. Mafrica e M. Petrulli,
Richiesta di permesso di costruire con
progettazione firmata da geometra:
suggerimenti operativi per l'ufficio tecnico
comunale (Ufficio Tecnico n.
11-12/2010). |
COMPETENZE PROGETTUALI:
Prima del rilascio di un titolo
edilizio, l’autorità comunale deve sempre
anche accertare se la progettazione sia
stata affidata ad un professionista
competente in relazione alla natura ed
importanza della costruzione.
Il criterio per accertare se una costruzione
sia da considerare modesta, e rientri quindi
nella competenza professionale dei geometri,
va individuato nelle difficoltà tecniche
che la progettazione e l’esecuzione
dell’opera comportano e nelle capacità
occorrenti per superarle;
a questo fine assumono specifico rilievo,
oltre alla complessità della struttura e
delle relative modalità costruttive, anche,
ma in via complementare, il costo presunto
dell’opera, in quanto si tratta di un
elemento sintomatico che vale ad evidenziare
le difficoltà tecniche che coinvolgono la
costruzione.
La
competenza professionale dei geometri in
materia di progettazione e direzione dei
lavori di opere edili riguarda anche le
piccole costruzioni accessorie in cemento
armato che non richiedono particolari
operazioni di calcolo e che per la loro
destinazione non possono comunque implicare
pericolo per la incolumità delle persone.
E’ noto che prima del rilascio di un titolo
edilizio, l’autorità comunale deve sempre
anche accertare se la progettazione sia
stata affidata ad un professionista
competente in relazione alla natura ed
importanza della costruzione. Ed in questi
casi, come sembra evidente, l’attività
amministrativa di diritto pubblico non può
qualificarsi come strumento teso a
comprimere o negare un diritto soggettivo,
ma a verificarne il regolare esercizio
nell’ambito di un procedimento
amministrativo in relazione al quale la
disciplina della professione e della
capacità progettuale assume rilievo
meramente incidentale e la relativa
valutazione fatta dalla P.A. un effetto
meramente strumentale all’adozione del
provvedimento concessorio finale.
Inoltre, come pacificamente e costantemente
ritenuto dalla giurisprudenza amministrativa
(cfr., da ultimo, Cons. St., sez. IV,
12.03.2010, n. 1457), non appare seriamente
contestabile la sussistenza dell’interesse e
della legittimazione attiva del ricorrente a
dedurre l’illegittimità di un atto
certamente lesivo dei propri interessi.
---------------
La questione
che nella sostanza il Collego è chiamato a
risolvere è quella volta ad accertare se il
ricorrente, in possesso del diploma di
geometra, avrebbe potuto o meno redigere il
progetto dell’intervento costruttivo in
questione.
Come è noto, la materia trova la sua
disciplina fondamentale nell’art. 16 del
R.D. 11.02.1929, n. 274 (Regolamento per la
professione di geometra), che, nel precisare
l’oggetto ed i limiti dell’esercizio
professionale dei geometri, dispone alla
lettera l) che tali professionisti possano,
tra l’altro, svolgere attività di
progettazione di costruzioni rurali (“progetto,
direzione, sorveglianza e liquidazione di
costruzioni rurali e di edifici per uso
d’industrie agricole, di limitata
importanza, di struttura ordinaria, comprese
piccole costruzioni accessorie in cemento
armato, che non richiedono particolari
operazioni di calcolo e per la loro
destinazione non possono comunque implicare
pericolo per la incolumità delle persone;
nonché di piccole opere inerenti alle
aziende agrarie, come strade vicinali senza
rilevanti opere d'arte, lavori d'irrigazione
e di bonifica, provvista d'acqua per le
stesse aziende e riparto della spesa per
opere consorziali relative, esclusa,
comunque, la redazione di progetti generali
di bonifica idraulica ed agraria e relativa
direzione”) ed alla lettera m) che tali
professionisti possano, inoltre, svolgere
l’attività di progettazione, direzione e
vigilanza “di modeste costruzioni civili”.
Tali norme, come sembra evidente, nel
regolare l’esercizio ed i limiti di
applicazione delle professioni di geometra,
architetto ed ingegnere sono dettate per
assicurare che la compilazione dei progetti
e la direzione dei lavori siano assegnati a
chi abbia la preparazione adeguata
all’importanza delle opere, a salvaguardia
sia dell’economia pubblica e privata, che
dell’incolumità delle persone.
E va, al riguardo, evidenziato che
-relativamente agli edifici residenziali
quali quelli ora all’esame- l’espressione
utilizzata (“modeste costruzioni civili”)
è stata variamente interpretata dalla
giurisprudenza, talvolta in senso fortemente
restrittivo e tal’altra in senso più
permissivo, in relazione non solo alla
possibilità del geometra di redigere un
progetto, che preveda strutture in cemento
armato, ed alla possibilità di far
effettuare i relativi calcoli da un tecnico
abilitato, ma anche in relazione alla
individuazione di limiti quantitativi e
qualitativi che la costruzione deve
possedere, al fine di stabilire se la stessa
rientri o meno nella nozione di modesta
costruzione civile.
Invero, i limiti posti dal predetto art. 16,
lettera m), alla competenza professionale
dei geometri, se è pur vero che rispondono
ad una scelta inequivoca del legislatore
dettata da evidenti ragioni di pubblico
interesse, lasciano nella sostanza
all’interprete ampi margini in ordine alla
valutazione dei requisiti della “modestia”
della costruzione, della non necessità di
complesse operazioni di calcolo e
dell’assenza di implicazioni per la pubblica
incolumità.
Della questione, va ricordato, si è
recentemente già occupato con sentenza
05.03.2009, n. 134, anche questo Tribunale
che in tale occasione ha precisato che il
criterio per accertare se una costruzione
sia da considerare modesta, e rientri quindi
nella competenza professionale dei geometri,
vada individuato nelle difficoltà tecniche
che la progettazione e l’esecuzione
dell’opera comportano e nelle capacità
occorrenti per superarle; ed ha ritenuto che
a questo fine assumono specifico rilievo,
oltre alla complessità della struttura e
delle relative modalità costruttive, anche,
ma in via complementare, il costo presunto
dell’opera, in quanto si tratta di un
elemento sintomatico che vale ad evidenziare
le difficoltà tecniche che coinvolgono la
costruzione.
In aggiunta, ha anche precisato che la
competenza professionale dei geometri in
materia di progettazione e direzione dei
lavori di opere edili riguarda anche le
piccole costruzioni accessorie in cemento
armato che non richiedono particolari
operazioni di calcolo e che per la loro
destinazione non possono comunque implicare
pericolo per la incolumità delle persone. Ed
in tale occasione si è ritenuto che la
realizzazione di un garage di modeste
dimensioni ben avrebbe potuto essere
progettato da un geometra, in quanto, pur se
realizzato in cemento armato, tale manufatto
non richiedeva per la sua progettazione
particolari operazioni di calcolo e che,
inoltre, tale opera per la sua collocazione
(totalmente interrato) e per la sua
specifica destinazione (a garage) non poteva
comunque implicare pericolo per la
incolumità delle persone.
Da tali conclusione il Collegio non rinviene
allo stato motivi per discostarsi.
Ciò posto e per passare all’esame del caso
di specie, ritiene la Sezione che nella
specie la costruzione progettata non possa
ritenersi una “modesta costruzione civile”,
con riguardo sia alla struttura
dell’edificio che alle relative modalità
costruttive.
Dall’esame degli atti progettuali versati in
giudizio si rileva, infatti, che i due
edifici progettati sono costituiti da dieci
appartamenti, con una superficie totale di
mq. 727 e con un volume complessivo di circa
mc. 4000, con l’utilizzo del cemento armato,
sia pur limitato alla cordonatura
perimetrale dei solai; tali edifici hanno,
inoltre, un’altezza massima alla linea di
gronda di m. 7,50 e si articolano nella
sostanza su tre piani (un piano terra, un
primo piano ed un secondo piano, indicato
come sottotetto/soffitta non abitabile, di
circa 60 mq., avente un’altezza interna al
colmo di m. 3,14).
In definitiva, ritiene la Sezione che
l’opera progettata per le sue dimensioni e
per l’uso cui è destinata per un verso
richiede per la sua progettazione
particolari operazioni di calcolo e per
altro verso, in riferimento alla sua
specifica destinazione abitativa, può
implicare pericolo per la incolumità delle
persone. E tali circostanze sono state tutte
adeguatamente individuate e diffusamente
rappresentate nell’atto impugnato.
Né appaiono in merito rilevanti le
considerazioni sviluppate dal ricorrente con
il gravame secondo le quali gli edifici da
realizzare non hanno strutture portanti
verticali in cemento armato, l’opera non
presenta una particolare complessità
costruttiva, non si era tenuto conto del
fatto che è adeguatamente garantita la
sicurezza dall’opera, anche in relazione
alla indubbia capacità professionale del
ricorrente od al fatto che era stato
presentato un disegno di legge che consente
ai geometri di realizzare in zona sismica
anche edifici di due piani fuori terra.
In realtà, ad avviso del Collegio, non può
ritenersi “modesta”, così come
previsto dal diritto vigente, una
costruzione avente le particolari dimensioni
e caratteristiche sopra indicate; per cui,
prescindendo dalle capacità ed esperienze
professionali del ricorrente (che in questa
sede non sono contestate) tale costruzione
avrebbe potuto essere progettata solo da un
professionista laureato
(TAR Abruzzo-Pescara,
sentenza 16.11.2010 n. 1213 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE
PROGETTUALI - URBANISTICA:
Personale degli enti locali. Regolamento edilizio.
Atteso che la stesura del regolamento
edilizio comunale si configura quale attività finalizzata
alla redazione di atto regolamentare caratterizzato da
rilevante complessità (per la cui realizzazione sono
richieste conoscenze di natura giuridico-normativa, nonché
tecnico-specialistica), si ritiene che tale attività rientri
tra le mansioni e competenze riconducibili alla declaratoria
peculiare della categoria D.
Inoltre, essendo stato equiparato, il regolamento edilizio,
a strumenti urbanistici a carattere pianificatorio generale,
pare che la redazione dello stesso debba essere riservata a
soggetti muniti di idoneo titolo di laurea tecnica e che
abbiano superato l'esame di abilitazione professionale.
Il Comune chiede se sia ammissibile attribuire ad un proprio
dipendente, sprovvisto di titolo di studio universitario
(trattasi di geometra), l'incarico di procedere alla
revisione del regolamento edilizio comunale, nonché se, per
lo svolgimento di tale attività, sia possibile riconoscere
l'incentivo di cui all'art. 11, comma 3, della legge
regionale 31.05.2002, n. 14, stante le indicazioni contenute
nella determinazione dell'Autorità per la vigilanza sui
lavori pubblici n. 43 del 25.09.2000 [1].
Occorre, anzitutto, ricordare che il regolamento edilizio
comunale è stato in alcune occasioni equiparato per natura,
funzione e grado di incidenza, a strumenti urbanistici a
carattere pianificatorio generale, come il programma di
fabbricazione o il piano regolatore generale «in
considerazione dell'idoneità di tale strumento a
disciplinare l'attività costruttiva in tutto il territorio
comunale, al pari dei suddetti atti di pianificazione
urbanistica». [2]
Ancorché il regolamento edilizio comunale trovi la propria
disciplina nel contesto delle disposizioni concernenti la
materia edilizia [3]
e possieda contenuti e caratteristiche distinte da quelle
riconducibili allo strumento urbanistico
[4], in
considerazione dell'equiparazione sopra riportata, appare
necessario svolgere le seguenti, ulteriori, considerazioni.
Dalla lettura della legge urbanistica 17.08.1942, n. 1150,
della circolare del Ministero dei lavori pubblici 07.07.1954
[5], n.
2495 [6]
e della direttiva del Ministro dei lavori pubblici del
febbraio 1998 [7]
si evince che l'attività di pianificazione urbanistica si
avvale di competenze specializzate, tanto nell'ipotesi in
cui queste siano presenti all'interno dell'ufficio tecnico,
quanto ove si debba procedere all'affidamento dell'incarico
a liberi professionisti.
Anche se la legge 1150/1942 non individua una specifica
figura professionale alla quale affidare gli incarichi in
argomento, la circolare n. 2945/1954 chiarisce che gli
elaborati di progetto devono essere debitamente firmati da
un ingegnere o un architetto, iscritto all'Albo
professionale.
Successivamente, è stata istituita la laurea in urbanistica
ed è stato individuato l'ambito di attività del laureato in
tale disciplina, il quale opera nel settore pubblico e
privato anche attraverso l'elaborazione di piani urbanistici
e territoriali con relativi strumenti attuativi.
Più recentemente, con decreto del Presidente della
Repubblica 05.06.2001, n. 328, sono state apportate
modifiche ed integrazioni alla disciplina dei requisiti per
l'ammissione all'esame di Stato e delle relative prove per
l'esercizio di talune professioni (quali quelle di
architetto, di ingegnere e di geometra), nonché alla
disciplina dei relativi ordinamenti ed è stata istituita
-tra le altre- la figura professionale del pianificatore,
con conseguente individuazione delle relative competenze,
elencate all'art. 16, comma 2 e comma 5, lett. b)
[8].
Pertanto, pare doversi ritenere che la redazione di
strumenti urbanistici costituisca attività riservata a
soggetti muniti di idoneo titolo di laurea e che abbiano
superato l'esame di abilitazione professionale
[9].
Ciò posto, va anche evidenziato che la giurisprudenza, in
generale, ha delimitato la competenza del geometra,
affermando, ad esempio, che: 'è pacifico che la redazione
di un piano di lottizzazione costituisce attività che
chiaramente richiede una competenza programmatoria in tale
settore, anche se si limita l'attività a opere di modesta
entità, e nonostante che la stessa sia posta in attuazione
delle previsioni dello strumento urbanistico generale. [...]
La redazione di un tale strumento concerne indubbiamente la
realizzazione di un complesso di opere che richiede una
visione d'insieme e pone problemi di carattere
programmatorio che indubbiamente postulano valutazioni
complessive che non rientrano nella competenza professionale
del geometra, così come definita dall'art. 16 del r.d.
11.02.1929 n. 274' [10].
Occorre, inoltre, considerare la questione posta anche sotto
un profilo di inquadramento professionale/contrattuale.
A tal proposito, infatti, si osserva che il comma 4
dell'art. 35 del CCRL del 07.12.2006 precisa che le
categorie di classificazione del personale degli enti locali
sono individuate mediante le declaratorie riportate
nell'allegato A al contratto medesimo, ove è descritto
l'insieme dei requisiti professionali necessari per lo
svolgimento delle mansioni pertinenti a ciascuna di esse.
Esaminando la declaratoria relativa alla categoria D, emerge
che i lavoratori inquadrati nella stessa svolgono attività
caratterizzate da 'elevate conoscenze
pluri-specialistiche (la base teorica di conoscenze è
acquisibile con il diploma di laurea o con il diploma di
laurea specialistico) ed un grado di esperienza pluriennale'.
Atteso che la stesura del nuovo regolamento edilizio si
configura quale attività finalizzata alla redazione di atto
regolamentare caratterizzato da rilevante complessità (per
la cui realizzazione sono richieste conoscenze di natura
giuridico-normativa, nonché tecnico-specialistica), tale
compito è riconducibile alle mansioni e competenze proprie
della declaratoria riferita alla categoria D.
Si ritiene opportuno, inoltre, riportare anche le ulteriori
considerazioni espresse dalla Regione Piemonte, in sede
consultiva [11].
In un parere la citata regione, infatti, ha rilevato come,
sulla base di quanto previsto dalla legislazione, dalla
contrattazione e dalla giurisprudenza, sia ormai consolidato
che gli enti locali, nel caso scegliessero di reclutare
personale idoneo a redigere strumenti urbanistici generali,
debbano prevedere nella pianta organica il profilo di
funzionario direttivo categoria D) e richiedere, per
l'accesso a tale profilo, il possesso di una delle seguenti
lauree:
- ingegneria;
- architettura;
- urbanistica;
- pianificazione territoriale e urbanistica;
- pianificazione territoriale, urbanistica e ambientale,
oltre all'iscrizione negli appositi albi che ne consentano
l'esercizio della professione.
Pertanto, il personale assunto nella categoria C), pur se in
possesso del diploma di laurea specialistico, può svolgere
solo i compiti e le funzioni della categoria per la quale è
stato selezionato.
Per quanto concerne poi la seconda questione posta, si
rappresenta che l'Autorità per la vigilanza sui lavori
pubblici, con la citata determinazione n. 43/2000,
nell'interpretare la dizione 'atto di pianificazione
comunque denominato', contenuta nell'art. 18, comma 2,
della legge 11.02.1994, n. 109, ha ritenuto che, in detta
fattispecie, «possano ricomprendersi, oltre che i vari
tipi di atti di pianificazione, anche quegli atti a
contenuto normativo, quali per esempio i regolamenti
edilizi, che accedono alla pianificazione, purché completi e
idonei alla successiva approvazione da parte degli organi
competenti».
Considerato che la formulazione dall'art. 11, comma 3, della
l.r. 14/2002, è identica a quella utilizzata dal legislatore
nazionale, le predette considerazioni si reputano valide
anche nell'ambito degli enti territoriali della nostra
Regione, ferma restando la competenza del soggetto deputato
a redigere tale atto.
---------------
[1] «Incentivo per la progettazione ex art. 18 L.
109/1994 e successive modificazioni».
[2] Così parere A.N.C.I. del 02.12.1997, che si esprime in
relazione a quesito concernente la possibilità di
qualificare come atto di pianificazione il regolamento
edilizio comunale, ai fini del riconoscimento degli
incentivi per la progettazione.
Si segnala che il predetto parere richiama Consiglio di
Stato, sez. V, sentenze 04.11.1977, n. 969 e 21.02.1994, n.
104 e Corte di cassazione 12.11.1975, n. 3810, il cui testo
non è risultato reperibile.
[3] Vale a dire l'art. 4 del decreto del Presidente della
Repubblica 06.06.2001, n. 380, per il quale il regolamento
edilizio «deve contenere la disciplina delle modalità
costruttive, con particolare riguardo al rispetto delle
normative tecnico-estetiche, igienico-sanitarie, di
sicurezza e vivibilità degli immobili e delle pertinenze
degli stessi» e l'art. 7 della legge regionale 11.11.2009,
n. 9, secondo cui «Il regolamento edilizio disciplina, salvi
gli ulteriori contenuti prescritti dalle altre leggi di
settore aventi incidenza sulla materia edilizia e
igienico-sanitaria, le attività di costruzione e di
trasformazione fisica e funzionale delle opere edilizie
[...]».
[4] In quanto, mentre lo strumento urbanistico effettua la
suddivisione in 'zone' del territorio comunale, il
regolamento edilizio disciplina le 'modalità costruttive'
(disponendo, in particolare, in ordine alle altezze, alle
distanze dei fabbricati, all'ampiezza dei cortili e degli
spazi interni, all'aspetto dei fabbricati, ecc.) e possiede
carattere normativo.
[5] In alcuni documenti recanti, invece, la data del
07.07.1957.
[6] «Formazione dei piani regolatori generali e particolari.
Istruzioni ministeriali».
[7] «Indirizzi operativi e chiarimenti di alcune norme della
Legge quadro dei Lavori pubblici e in merito al decreto
legislativo 17.03.1995, n. 157. Affidamento di incarichi
professionali in materia di urbanistica e paesaggistica
(categoria 12 della classificazione comune dei prodotti n.
867 contenuta nell'allegato 1 del Dlgs 157/1995)».
[8] Per tale nuova figura è comunque richiesta la laurea e
l'iscrizione all'albo professionale.
[9] Da una ricerca effettuata in merito ai requisiti
prescritti per l'affidamento esterno dell'incarico di
redazione del regolamento edilizio comunale, è emerso come i
relativi bandi di gara o gli schemi di incarico
professionale prevedano il possesso della laurea tecnica
specifica in architettura o ingegneria, unitamente alla
relativa abilitazione professionale ed iscrizione all'albo.
[10] Cons. di Stato, sez. IV, sentenza n. 4620 del 2001 e
TAR Piemonte-Torino, sez. I, sentenza 15.06.2010, n. 2839.
Si è inoltre sancito che, ad esempio, laddove un piano di
recupero presenti, nella sostanza, contenuti esclusivamente
edilizi senza coinvolgere aspetti pianificatori tipici della
programmazione urbanistica, lo stesso è identificabile come
uno strumento attuativo costituito attraverso valutazioni ed
elaborati tipici di un permesso di costruire ed avente ad
oggetto un'opera di modesta entità, che rientra senz'altro
nella competenza professionale del geometra
[11] Cfr. parere n. 137/2008, consultabile sul sito:
www.regionepiemonte.it/autonomie/consulenza/htm
(22.09.2010 -
link a
www.regione.fvg.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI:
Piani comunali, architetti senza
esclusiva.
Nessuna esclusiva agli
architetti per gli incarichi relativi ai
Piani di governo del territorio comunale.
A dirlo il Consiglio di Stato Sez. V che,
nella
sentenza 10.09.2010 n. 6548,
boccia il ricorso sollevato dall'ordine
degli architetti della regione Lombardia e
dal Consiglio nazionale (costituito in
giudizio per sostenere le ragioni
dell'ordine territoriale) in merito
all'esclusione della categoria da una
selezione per l'affidamento di un incarico
di studio e consulenza tecnico-scientifica
per la redazione del Piano di governo del
territorio indetta dal comune di Pavia.
La riserva della selezione destinata,
infatti, solo agli istituti universitari, e
non a tutti gli altri operatori «particolarmente
dei liberi professioni operanti nel settore»,
ha sollevato le ire dell'ordine degli
architetti lombardi che aveva chiesto
l'annullamento dell'avviso della selezione
anche per «il prospettato conflitto di
interessi tra appartenenti alla medesima
categoria rappresentata».
Tutte motivazioni però respinte al mittente
già in primo grado, ma non sufficienti per
gli architetti che hanno deciso di
presentarsi davanti ai giudici di Palazzo
Spada. Questi in sostanza ribadiscono la
decisione già presa dal Tar della Lombardia
che aveva sancito come «il diritto
comunitario non impone in alcun modo alle
autorità pubbliche di ricorrere a una
particolare forma giuridica per assicurare
in comune le loro funzioni consentendo,
invece, alle amministrazioni aggiudicatrici,
in alternativa allo svolgimento di una
procedura di evidenza pubblica di scelta del
contraente, di stipulare un accordo a titolo
oneroso con altra amministrazione pubblica,
cui affidare il servizio".
Gli appellanti, poi avevano fatto leva su
una sentenza precedente (23.12.2009 in
C-305/08) con la quale si era affermato «che
i servizi offerti alle amministrazioni
aggiudicatrici da organismi che non agiscono
in base a un preminente fine di lucro
debbono considerarsi come appalti pubblici
soggetti alle regole della trasparenza e
della parità di trattamento». Anche
questo secondo il Consiglio di stato non è
corretto perché nella giurisprudenza
comunitaria è riconosciuta la possibilità
che le amministrazioni pubbliche, «ferma
la loro legittimazione a concorrere alla
pari delle imprese private nelle pubbliche
gare, concludano accordi diretti per il
perseguimento di fini di interesse pubblico»
(articolo ItaliaOggi del 18.09.2010, pag.
30). |
COMPETENZE PROGETTUALI: La
redazione di un piano di lottizzazione e, in
genere, di uno strumento di programmazione
urbanistica costituisce attività che
richiede una competenza specifica in tale
settore attraverso una visione di insieme e
la capacità di affrontare e risolvere i
problemi di carattere programmatorio che
postulano valutazioni complessive non
rientranti nella competenza professionale
del geometra.
Secondo la prevalente giurisprudenza (cfr.
TAR Brescia, sez. I, 29.10.2008 n. 1466,
Cons. St. Sez. IV 03.09.2001 n. 4620) la
redazione di un piano di lottizzazione e, in
genere, di uno strumento di programmazione
urbanistica costituisce attività che
richiede una competenza specifica in tale
settore attraverso una visione di insieme e
la capacità di affrontare e risolvere i
problemi di carattere programmatorio che
postulano valutazioni complessive non
rientranti nella competenza professionale
del geometra, così come definita dall'art.
16 del R.D. n. 274 del 1929
(TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 01.09.2010 n. 3354 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Comune – Rilascio permesso di
costruire per realizzazione di
sopraelevazione di un fabbricato e
sottotetto sovrastante – Denuncia mancato
rispetto delle distanze legali da parte di
proprietario fabbricato adiacente –
Competenza professionale del geometra per
opere in cemento armato – Fattispecie.
Quesito proposto dal Sig. … del Comune di
A. (Provincia di V.).
Questo Comune ha rilasciato:
1) il permesso
di costruire per la realizzazione di una
sopraelevazione al primo piano di un
fabbricato;
2) il permesso in variante per
la realizzazione di un sottotetto
sovrastante la sopraelevazione assentita;
3)
il permesso in variante per l’ampliamento
del sottotetto assentito in variante.
Un cittadino, dopo aver fatto presente di
essere proprietario di un terreno e di un
fabbricato adiacenti all’immobile in
costruzione, ha evidenziato varie violazioni
della normativa di settore, legate
principalmente al mancato rispetto delle
distanze legali, ed ha segnalato che,
nonostante la previsione di pilastrature in
cemento armato, l’opera è stata progettata
da un geometra, in spregio all’art. 16 e
segg. R.D. 11.02.1929, n. 274, che abilita
tale categoria professionale solo a modeste
costruzioni civili.
Tutto ciò premesso si chiede:
1) al titolare del terreno e del fabbricato
limitrofi è riconosciuta una posizione
legittimante l’impugnativa dei titoli
edilizi sopra menzionati?
2) la progettazione di cui sopra ricade
nella competenza professionale del geometra?
---------------
La legislazione vigente non vieta in modo
aprioristico al geometra di operare con
strutture in cemento armato nelle
costruzioni.
Infatti, la maggiore ampiezza normativa
della lett. l) del R.D. n. 274/1929, che
espressamente disciplina l’uso del cemento
armato nelle costruzioni a destinazione
agricola, non può autorizzare l’interprete a
concludere che il legislatore, formulando in
modo generico la norma contenuta nella
successiva lett. m) dello stesso articolo
(senza esplicito richiamo all’uso del
cemento armato), ne abbia vietato l’utilizzo
per le costruzioni civili.
Di conseguenza, la competenza dei geometri
per la realizzazione di opere in cemento
armato di piccole costruzioni accessorie di
edifici rurali o per uso di industrie
agricole deve essere estesa, ai temimi della
norma su richiamata, anche alle opere
accessorie alle costruzioni civili, purché
siano di dimensioni esigue e non presentino
particolari problemi strutturali come
accade, invece, per le costruzioni in zone
sismiche.
Tuttavia, la giurisprudenza della Corte di
cassazione ha costantemente evidenziato come
ai tecnici solo diplomati (geometri e periti
industriali: R.D. n. 275/1929), ai sensi
dell’art. 16, lett. m), del R.D. n.
274/1929, sono consentiti la progettazione,
la direzione e la vigilanza in ogni caso di
costruzioni che prevedono l’impiego di
strutture in cemento armato, salvo che non
si tratti di piccoli manufatti accessori,
nell’ambito di fabbricati agricoli o
destinati alle industrie agricole, che non
richiedano particolari operazioni di calcolo
e che per la loro destinazione non
comportino pericolo per l’incolumità
pubblica (cfr., ex multis,
Cassazione, sentenze nn. 8545/2005,
7778/2005, 3021/2005, 5961/2005).
Si tratta di una scelta inequivoca del
legislatore dettata da evidenti ragioni di
pubblico interesse.
I limitati margini di discrezionalità
accordati all’interprete attengono solo alla
valutazione dei requisiti della modestia
delle costruzioni, della non necessità di
complesse operazioni di calcolo ed assenza
di implicazioni per la pubblica incolumità,
mentre per l’altra condizione, costituita
dall’annesso agricolo o industriale agricolo
delle costruzioni, eccezionalmente
progettabili dai predetti tecnici anche nei
casi di impiego di c.a., stante la chiarezza
e la tassatività del precetto normativo non
vi sono margini di sorta, che esige un
preciso requisito: la suddetta destinazione,
che esiste o non esiste (cfr. Cass. civile,
Sez. II, sentenza 07.09.2009, n. 19292). In
altri termini, secondo la Suprema Corte, la
competenza dei tecnici diplomati è limitata
ai soli manufatti con destinazione ad
annesso agricolo o ad accessorio negli
edifici destinati alle industrie agricole.
Nel caso di cui al quesito, occorre tenere
presente il concetto della modestia della
costruzione e delimitare l’ambito della
competenza del geometra nell’espletamento di
incarichi progettuali nei limiti
quantitativi (volume) e qualitativi (tipo di
struttura e, in particolare, l’impiego del
c.a.).
Alla luce del su richiamato precetto
normativo, nonché della vigente
giurisprudenza, pur in assenza di ulteriori
precisazioni, per la stringatezza del
quesito, si ritiene che l’ampliamento del
sottotetto in variante, se è nei limiti
della modesta costruzione, come innanzi
precisata, non sembra revocarsi in dubbio la
competenza professionale del geometra.
Quanto all’altra denuncia del proprietario
dei fondi finitimi all’immobile in
costruzione, è da dire che non sempre
l’interesse dei privati finitimi, i quali,
non ricevendo un danno immediato e diretto,
ma solo un paventato pericolo per la
pubblica incolumità, vantano una posizione
qualificabile come diritto soggettivo, ma
solo un interesse riflesso al rispetto delle
leggi.
Nei procedimenti per violazioni
urbanistico-edilizie è essenzialmente il
Comune ad essere legittimato ad impedire una
costruzione illegittima, in quanto il danno
discende dall’offesa al bene specifico
individuato proprio nel territorio che
potrebbe subire un danno per l’incolumità
pubblica.
Tuttavia, quando la costruzione costituisca
violazione anche alle norme di natura
civilistica, quali quelle che stabiliscono
l’osservanza delle norme (previste dal c.c.,
dai regolamenti edilizi e dagli strumenti
urbanistici) sulle distanze, sulla
volumetria, sulle altezze (si pensi alla
c.d. servitus altius non tollendi:
alla servitù, cioè, di non sopraelevare,
ossia una servitù negativa e non apparente,
in base alla quale il proprietario del fondo
servente è tenuto, nei confronti del fondo
dominante, a non costruire oltre una certa
altezza), è ipotizzabile l’intervento
difensivo del vicino tutte le volte che
l’azione illecita possa cagionare anche la
lesione di un diritto privato. Ma occorre
pur sempre che il danno sia conseguenza
immediata e diretta dell’abusiva costruzione
(tratto da Nuova Rassegna n. 15
dell'01.08.2010). |
COMPETENZE PROFESSIONALI -
EDILIZIA PRIVATA: La
nomina del collaudatore quando il
costruttore esegue in proprio (art. 67,
comma 4, D.P.R. n. 380/2001) - Verifica e
denuncia dell'eventuale incompetenza del
progettista (Centro Studi Consiglio
Nazionale Ingegneri, luglio 2010 - link a
www.ordineingegneri.varese.it).
---------------
Il documento del Centro Studi del CNI
illustra la procedura di nomina e le
attività connesse del collaudatore quando il
costruttore esegue in proprio. Il documento
aggiorna la procedura ai sensi delle NTC (DM
14.01.2008) e fornisce indicazioni utili in
tutti i casi di collaudo di strutture anche
in zone sismiche.
Da notare il sottotitolo "Verifica
e denuncia dell'eventuale incompetenza del
progettista".
Nel testo dello studio si legge che "l'ordine
professionale è titolare di una funzione che
deve esercitare, sempre e comunque, a
richiesta del privato ed alla quale non può
ostare nessuna condizione, nemmeno
l'eventuale riscontrata incompetenza del
progettista" (dei C.A.), e che pertanto
"l'attività di controllo sul rispetto
delle competenze professionali del
progettista compete agli Uffici Tecnici
dell'Amministrazione", che ormai -a
seguito delle note deleghe in materia di
denunce C.A. concesse dalla Regione con L.R.
n. 1/2000- sappiamo
essere gli Uffici Tecnici comunali. |
EDILIZIA PRIVATA:
Chi
controlla la competenza progettuale nel
rilasciare il permesso di costruire ovvero
nell'istruire la DIA??
Con l'AGGIORNAMENTO AL
04.07.2010
abbiamo pubblicato l'interessante
sentenza 28.06.2010 n. 9772 del
TAR Campania-Salerno, Sez. II, con la quale
sono stati annullati:
- il permesso di costruire rilasciato dal
Comune per la realizzazione di una
sopraelevazione al primo piano di un
fabbricato;
- il permesso in variante rilasciato per la
realizzazione di un sottotetto sovrastante
la sopraelevazione assentita;
- il permesso in variante per l’ampliamento
del sottotetto assentito in variante.
E ciò si è verificato poiché il progetto
assentito contemplava la previsione di
pilastrature in cemento armato a firma di un
geometra, in spregio all’art. 16 e segg.
R.D. 11.02.1929 n. 274, che abilita tale
categoria professionale solo a modeste
costruzioni civili.
Invero, la sentenza de qua non è
affatto una novità in materia per gli "addetti
ai lavori"; tuttavia, ha il pregio di
ricordare (semmai ce ne fosse bisogno ...)
al responsabile del procedimento
amministrativo, ai membri della Commissione
Edilizia ed al Responsabile dell'Ufficio
Tecnico che non solo bisogna vagliare
attentamente il progetto presentato da un
mero punto di vista edilizio-urbanistico ma
anche dal punto di vista della competenza
progettuale del professionista che
sottoscrive il progetto.
Ci
voleva anche questa ... ho già poco da
fare!!
... state per caso sbuffando??
Forse, è bene tralasciare momentaneamente
altre cose e prestare maggiore attenzione a
questo dettaglio di non poco conto ... e
già, perché se il confinante si mette a "rognare"
e ad indagare sul cantiere in itinere
e, guarda caso, emerge (per esempio) che il
progettista è un geometra che ha firmato i
disegni per la costruzione di villette a
schiera piuttosto che una palazzina di tre
piani piuttosto che l'ampliamento di un
capannone e, conseguentemente, impugna il
provvedimento abilitativo dinanzi al TAR,
chi paga i danni per il "sicuro"
annullamento del provvedimento testé
citato??
Il
responsabile del procedimento amministrativo
che ha istruito la pratica?? I membri della
Commissione Edilizia che hanno avallato il
progetto?? Il Responsabile dell'Ufficio
Tecnico che ha firmato il permesso di
costruire??
La risposta è facile a trovarsi ... tuttavia
ci preme rappresentare, al riguardo, alcune
considerazioni.
L'Ufficio Tecnico comunale, nelle persone
del responsabile del procedimento
amministrativo istruttorio e del
Responsabile dell'Ufficio stesso che firma
il permesso di costruire, probabilmente già
oberato da innumerevoli incombenze non ha
molto tempo per valutare -di volta in volta-
anche il profilo dell'eventuale incompetenza
professionale dei vari progetti edilizi
presentati. Oppure, chi glielo fa fare di
sollevare un ulteriore "problema" per
il quale scontrarsi -poi- con
l'Amministrazione Comunale che già lo addìta
di essere troppo "burocrate" e,
conseguentemente, di ingessare la peraltro
precaria attività edilizia in forza della
sfavorevole congiuntura economica degli
ultimi tempi ... (in altre parole, detto
alla "parla come mangi", non entra in
cassa il contributo di costruzione e,
quindi, non si riescono a realizzare le
opere pubbliche!!).
Tuttavia, è bene non sottovalutare tale
evenienza nefasta, foriera di risarcimento
del danno, poiché la negligenza del proprio
operato istruttorio non troverà copertura
assicurativa alcuna.
E non ultimo, diciamocela tutta ..., in
Commissione Edilizia perché non si solleva e
verbalizza l'eventuale competenza
progettuale?? Forse, perché "cane non
mangia cane" e tenuto conto che, bene o
male, siede un rappresentante di ogni ordine
professionale (ingegneri, architetti,
geometri) non vale la pena scannarsi a
vicenda ...
In realtà, la cosa che fa sorridere è che,
di tanto in tanto, i vari ordini
professionali inviano a destra e manca
proprie circolari (tanto per esemplificare
leggere qui) per far risaltare
questa o quella sentenza che porta acqua al
proprio mulino, defraudando gli altri ordini
professionali in merito alla competenza
progettuale di una certa fattispecie
edilizia. Nulla quaestio in merito
... ma sarebbe altrettanto auspicabile,
opportuno e condivisibile che i vari ordini
emanassero ai propri iscritti -che sono
anche membri della Commissione Comunale per
l'Edilizia- una nota/circolare per ricordare
loro il potere/dovere di eccepire e
verbalizzare l'eventuale incompetenza
progettuale, con relativa e successiva
segnalazione all'ordine di appartenenza
dell'incauto professionista:
ognuno
faccia la sua parte con diligenza,
professionalità e correttezza
istituzionale!!
Ad onor del vero, a noi risulta un unico
precedente in tal senso (del 09.03.2007) e
cioè quello dell'Ordine degli Architetti di
Udine che si può
leggere qui ... stiamo a vedere,
adesso, se anche gli altri ordini saranno
altrettanto bravi ad emulare una siffatta
lodevole iniziativa e, comunque, di darne
ampia eco e pubblicità ai soggetti
interessati al fine di migliorare la serietà
e qualità progettuale nel solco, sempre,
della correttezza professionale di ogni
soggetto (privato e pubblico) che ruota
attorno ad ogni pratica edilizia.
26.07.2010 - LA SEGRETERIA PTPL |
COMPETENZE PROGETTUALI: L’Autorità
comunale, prima del rilascio del titolo
abilitativo, deve sempre accertare se la
progettazione sia stata affidata ad un
professionista competente in relazione alla
natura ed importanza della costruzione.
E’ illegittimo il titolo a costruire
assentito sul progetto, redatto da un
geometra, che preveda strutture in cemento
armato, se non siano specificate, con
motivazione adeguata, le ragioni per cui le
caratteristiche dell’opera e le sue modalità
costruttive rientrano nella sfera di
competenza professionale del progettista.
Se, a fronte di una progettazione che
prevede la realizzazione di strutture in
cemento armato, l'atto autorizzativo nulla
espone circa le ragioni per le quali l’opera
ricade nella competenza professionale del
geometra, lo stesso deve essere annullato.
Prima del rilascio di un titolo edilizio,
l’Autorità comunale deve sempre accertare se
la progettazione sia stata affidata ad un
professionista competente in relazione alla
natura ed importanza della costruzione, in
quanto le norme che regolano l’esercizio ed
i limiti di applicazione delle professioni
di geometra, architetto ed ingegnere sono
dettate per assicurare che la compilazione
dei progetti e la direzione dei lavori siano
assegnati a chi abbia la preparazione
adeguata all’importanza delle opere, a
salvaguardia sia dell’economia pubblica e
privata, sia dell’incolumità delle persone
(cfr. Cons. Stato, Sez. II, 13.12.2006 n.
3441).
E’ dunque illegittimo il titolo a costruire
assentito sul progetto, redatto da un
geometra, che preveda strutture in cemento
armato, se non siano specificate, con
motivazione adeguata, le ragioni per cui le
caratteristiche dell’opera e le sue modalità
costruttive rientrano nella sfera di
competenza professionale del progettista
(cfr. TAR Sicilia-Catania 13.10.1995 n.
2327; TAR Toscana, Sez. II, 17.04.1989 n.
144), spettando al giudice amministrativo il
sindacato sulla valutazione circa l’entità
quantitativa e qualitativa della
costruzione, al fine di stabilire se la
stessa, ancorché prevista con struttura in
cemento armato, rientri o meno nella nozione
di “modesta costruzione civile”, alla
cui progettazione è limitata la competenza
professionale del geometra, ai sensi degli
artt. 16 e segg. R.D. 11.02.1929 n. 274
(cfr. TAR Abruzzo 28.09.1999 n. 547).
Poiché, pur a fronte di una progettazione
che prevede la realizzazione di strutture in
cemento armato, gli atti autorizzativi nulla
espongono circa le ragioni per le quali
l’opera ricade nella competenza
professionale del geometra, ne consegue che
questi ultimi devono essere annullati
(TAR Campania-Salerno, Sez. II,
sentenza 28.06.2010 n. 9772 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI: La
redazione di un piano di lottizzazione
concerne indubbiamente la realizzazione di
un complesso di opere che richiede una
visione di insieme e pone problemi di
carattere programmatorio che indubbiamente
postulano valutazioni complessive che non
rientrano nella competenza professionale del
Geometra, così come definita dall'art. 16
del r.d. 11.02.1929 n. 274.
Ha statuito Cass. civ. sez. II 14.04.2005 n.
7778 che, benché non sia ex se
preclusa ai geometri la predisposizione di
piani di lottizzazione nel concreto “in
considerazione delle attività che l'art. 16
del R.D. 274 del 1929 riserva ai geometri (e
cioè la progettazione, direzione e vigilanza
di modeste costruzioni civili, con uso del
cemento armato solo per piccole costruzioni
di edifici rurali o per uso di industrie
agricole di limitata importanza) e nel
rispetto della ratio della norma, volta ad
assicurare che determinate attività siano
svolte da professionisti che, per la loro
capacità professionale siano in grado di
consentire la costruzione di opere non
pericolose per la pubblica incolumità, la
redazione di un piano di lottizzazione che
comprenda la progettazione di due complessi
residenziali, ciascuno di tre piani fuori
terra, oltre cantine e boxes, opere che
impongono la soluzione di problemi tecnici
non solo in ordine ai calcoli del cemento
armato, ma anche in relazione alle opere di
urbanizzazione primaria da realizzare, non
possa rientrare fra quelle attività che, con
riferimento alla modestia delle opere
consentite per legge al geometra, siano tali
da escludere un pericolo per la pubblica
incolumità e possano, conseguentemente,
essere consentite allo stesso”; ancora
secondo TAR Brescia 29.10.2008 n. 1466, pur
nell’ambito di un orientamento non
preclusivo della competenza in questione,
elemento discretivo che consente di
attribuire il piano di lottizzazione alla
competenza dei geometri sarebbe dato dalla
mancanza nel medesimo di elementi di
raccordo delle opere di urbanizzazione
primaria e secondaria, elementi come visto
presenti nel piano presentato. Infine
secondo Cons. St. sez. IV n. 4620 del 2001,
ancor più restrittiva: “Le disposizioni
contenute nel R.D. 11.02.1929 n. 274
stabiliscono che tale figura professionale
ha, per quanto concerne la progettazione,
direzione e vigilanza in materia edilizia,
competenza per "costruzioni rurali e di
edifici di uso d'industrie agricole, di
limitata importanza, di struttura ordinaria,
comprese piccole costruzioni accessorie in
cemento armato che non richiedono
particolari operazioni di calcolo...",
nonché per "modeste costruzioni civili".
La giurisprudenza ha precisato, in
proposito, che le indicate attività
professionali non possono che restare
limitate alle specifiche previsioni
normative, che non implicano alcuna
possibilità di estensione, anche in
considerazione di motivi di ordine pubblico
e di tutela della sicurezza collettiva.
È stato affermato, più in particolare, che
resta preclusa al Geometra la realizzazione
di un complesso di opere che richieda una
visione di insieme, che ponga problemi di
carattere organizzatorio (Cons. St., Sez. V,
n. 25 del 13.01.1999; n. 3 del 03.01.1992).
È facile osservare come nelle disposizioni
su citate non sia ravvisabile alcuna
indicazione che faccia riferimento a
strumenti di programmazione urbanistica,
mentre è pacifico che la redazione di un
piano di lottizzazione costituisce attività
che chiaramente richiede una competenza
programmatoria in tale settore, anche se si
limita l'attività a opere di modesta entità,
e nonostante che la stessa sia posta in
attuazione delle previsioni dello strumento
urbanistico generale.
In effetti, come già affermato da questa
Sezione, la redazione di un tale strumento
concerne indubbiamente la realizzazione di
un complesso di opere che richiede una
visione di insieme e pone problemi di
carattere programmatorio che indubbiamente
postulano valutazioni complessive che non
rientrano nella competenza professionale del
Geometra, così come definita dall'art. 16
del r.d. 11.02.1929 n. 274 (Cons. St., Sez.
IV, n. 765 del 09.11.1989)
(TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 15.06.2010 n. 2839 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI: PERITI
INDUSTRIALI/ Il tecnico diplomato non è
subordinato al laureato.
Respinto al mittente il
principio di subordinazione del tecnico
diplomato sul laureato. E rivendicata, nello
stesso tempo, la competenza del perito
industriale alla progettazione di impianti
di illuminazione pubblica.
Dopo circa otto anni da una pronuncia del
TAR della Sardegna che aveva messo in
discussione la competenza di questi
professionisti in materia, ci pensa ora la
nuova
sentenza 28.05.2010 n. 1361
sempre del tribunale della regione, a fare
chiarezza tra quelle stesse competenze
professionali, spesso stravolte dalla stessa
magistratura.
La vicenda prende il via da un ricorso
presentato da due società che avevano perso
una gara di appalto pubblico per i servizi
di illuminazione pubblica per un piccolo
comune della regione Sardegna. Una sconfitta
ingiustificata per le due imprese che, tra
gli altri motivi, avevano evidenziato la
assoluta mancanza di competenza
professionale alla progettazione del perito
industriale.
Ed è proprio qui che interviene la
magistratura che, accogliendo le
argomentazioni del Cnpi intervenuto ad
opponendum, sottolinea con forza un
principio: in materia di progettazione di
impianti di illuminazione pubblica la
competenza professionale del perito
industriale è «propria».
Ma non solo competenze, perché con la
sentenza la Prima Sezione del Tar Sardegna,
ha affermato un'altra importante regola: non
esiste subordinazione del tecnico diplomato
sul laureato.
In pratica «a prescindere dalla
competenza professionale propria del perito
industriale in materia di progettazione di
impianti di illuminazione pubblica, si
evidenzia che, nel caso di specie, il
progetto definitivo ed esecutivo, è stato
redatto da un gruppo di lavoro “misto” a
capo del quale vi è il progettista
responsabile, perito industriale, ma
all'interno di esso figurano specifiche
figure professionali». Inoltre, dal
progetto esecutivo risulta che le relazioni
di calcolo dei basamenti dei pali per
illuminazione pubblica è stato
specificamente redatto da un ingegnere.
Non ha alcun fondamento, quindi, la censura
proposta che parla di sconfinamento delle
competenze dei periti industriali perché,
nel caso in esame, il contributo delle
diverse professionalità nel gruppo di lavoro
misto non può esser messa in discussione.
Nel caso specifico, dicono i magistrati del
tribunale regionale, la progettazione
esecutiva dell'impianto di illuminazione è
stata eseguita dal perito industriale,
progettista responsabile del gruppo misto di
professionisti, all'interno del quale
figurano specifiche figure professionali
specialistiche (due ingegneri e tre periti
industriali, oltre cinque collaboratori).
E questo porta con sé un altro principio
fondamentale: è legittimo e incontroverso
che il perito industriale sia responsabile
di un gruppo di lavoro misto, costituito da
progettisti ingegneri, professionisti con
titolo di studio di livello superiore, in
quanto ognuno specificamente abilitato
all'attività di progetto da esso eseguita in
ordine all'affidamento pubblico delle opere
da realizzare.
Di conseguenza, è affermata la possibilità
che l'attività di progettazione definitiva
ed esecutiva possa essere svolta previa la
collaborazione «in subordinazione» di un
professionista ingegnere, in un gruppo misto
di figure professionali specifiche, rispetto
al progettista responsabile, che sia perito
industriale (articolo ItaliaOggi
del 09.07.2010, pag. 32). |
COMPETENZE PROGETTUALI - LAVORI PUBBLICI: Alla
luce dell’art. 84, comma 2, del d.lgs. n.
163 del 2006 e alla luce del citato
regolamento (ndr: art. 16 del r.d.
11.02.1929, n. 274) regolante i limiti
all’esercizio della professione di geometra,
poiché la progettazione dei lavori per la
mitigazione del rischio idrogeologico
costituisce un’opera pubblica di
sostanziale importanza, implicante la
risoluzione di problemi tecnici di una certa
complessità, due dei membri della
commissione, geometri del comune, non
possono progettare i lavori in
questione e conseguentemente non possono essere considerati esperti nello
specifico settore oggetto del contratto e
idonei a poter valutare con la dovuta
cognizione e preparazione i progetti
presentati.
Giusta la delicatezza e le specifiche
competenze tecniche richieste nel settore
del consolidamento delle aree franose, una
commissione di gara composta in prevalenza
da geometri, privi del necessario titolo di
studio attestante il possesso delle
specifiche competenze tecniche di tipo
geomorfologico, geotecniche, geologiche e
idrogeologiche e conseguentemente privi
dell’esperienza nel settore, non può
considerarsi composta da esperti e pertanto
non è idonea selezionare il miglior
progetto.
L’amministrazione, nel caso di specie, deve
fare applicazione dell’art. 84, comma 8, del
d.lgs. n. 163, del 2006, che laddove
stabilisce che i commissari siano
"selezionati tra i funzionari della stazione
appaltante" non ha inteso privilegiare e
dare priorità in senso assoluto al requisito
dell'inserimento nell'organico dell'ente
appaltante rispetto a quello del titolo di
studio, il quale, pertanto, deve comunque
essere adeguato rispetto alla prestazione
oggetto della gara.
Osserva il Collegio, che l’art. 84, comma 2,
del d.lgs. n. 163 del 2006 prevede che: “La
commissione, nominata dall’organo della
stazione appaltante competente ad effettuare
la scelta del soggetto affidatario del
contratto, è composta da un numero dispari
di componenti, in numero massimo di cinque,
esperti nello specifico settore cui si
riferisce l’oggetto del contratto”.
Il Consiglio di Stato, sez. VI, con sentenza
14.10.2009, n. 6297 ha chiarito che: «I
componenti di una Commissione giudicatrice
in una gara di appalto devono essere in
possesso delle capacità tecniche e
professionali adeguate all'importanza
dell'appalto. Essi possono essere
individuati come i "periti peritorum" della
materia sulla quale devono esprimere il loro
delicato giudizio, anche in relazione ai
concreti aspetti sui quali i medesimi devono
formulare il loro giudizio. Ciò al fine di
evitare che sussistano, a monte, elementi
che inducano in via anticipata i consociati
(ed i partecipanti alla gara, soprattutto) a
dubitare dell'adeguatezza professionale di
chi è chiamato a giudicare comparativamente
le proposte aggiudicatarie. Ovviamente,
nella impossibilità di saggiare in anticipo
ed in concreto la preparazione specifica dei
commissari, può farsi riferimento ad alcuni
dati che, in via presuntiva, consentano una
prognosi tranquillizzante sul punto. Tali
dati non possono che essere due: possesso di
un titolo di studio adeguato, e pregressa
esperienza nel settore».
La necessità del possesso in capo ai
commissari dei requisiti tecnici e della
professionalità necessaria a formulare un
giudizio pienamente consapevole, anche in
mancanza di una specifica previsione
concernente la composizione nel dettaglio
della commissione giudicatrice, costituisce
un canone ispirato a criteri di logicità e
ragionevolezza e riveste la natura di
principio immanente nell'ordinamento
generale, che risponde ai criteri di rango
costituzionale di buon andamento ed
imparzialità dell'azione amministrativa (in
tal senso cfr. Consiglio Stato, sez. V,
18.03.2004, n. 1408).
Nel caso di specie, relativo all'affidamento
della progettazione e direzione dei lavori
di mitigazione del rischio idrogeologico, la
Commissione giudicatrice era composta da un
ingegnere e due geometri. Solo uno dei
componenti la commissione, l’ingegnere,
rivestiva la qualità di esperto nello
specifico settore oggetto dell’appalto. I
due geometri dipendenti dell’amministrazione
comunale, invece, non avrebbero potuto
progettare ciò su cui erano chiamati ed
esprimere il proprio giudizio, non potendo
essere considerati esperti nella
progettazione di lavori di mitigazione del
rischio idrogeologico, nel senso richiesto
dall’art. 84, comma 2, del codice dei
contratti pubblici, in quanto la valutazione
di tale attività richiede competenze che
eccedono quanto previsto dall’art. 16 del
r.d. 11.02.1929, n. 274, recante il
regolamento per la professione di geometra,
che stabilisce proprio l’ oggetto ed i
limiti dell'esercizio di tale professione.
In particolare tale regolamento all’art. 16,
lett. q), riconosce ai geometri la
possibilità di svolgere mansioni di perito
comunale, ma solo per le funzioni tecniche
ordinarie nei Comuni con popolazione fino a
diecimila abitanti, escludendo i progetti di
opere pubbliche d'importanza o che
implichino la risoluzione di rilevanti
problemi tecnici.
Ne consegue che alla luce dell’art. 84,
comma 2, del d.lgs. n. 163 del 2006 e alla
luce del citato regolamento regolante i
limiti all’esercizio della professione di
geometra, poiché la progettazione dei lavori
per la mitigazione del rischio idrogeologico
costituisce un’opera pubblica di
sostanziale importanza, implicante la
risoluzione di problemi tecnici di una certa
complessità, due dei membri della
commissione, geometri del comune, non
avrebbero potuto progettare i lavori in
questione e conseguentemente non avrebbero
potuto essere considerati esperti nello
specifico settore oggetto del contratto e
idonei a poter valutare con la dovuta
cognizione e preparazione i progetti
presentati.
La delicatezza e le specifiche competenze
tecniche richieste nel settore del
consolidamento delle aree franose era
d’altra parte richiesta ai concorrenti nello
stesso bando di gara che al punto 4 prevede
che i professionisti partecipanti debbano
aver maturato un’esperienza riferibile e
riconducibile al settore del consolidamento
delle aree franose, con particolare
riferimento alle attività di progettazione
per siti similari. Sicché una commissione
composta in prevalenza da geometri, privi
del necessario titolo di studio attestante
il possesso delle specifiche competenze
tecniche di tipo geomorfologico,
geotecniche, geologiche e idrogeologiche e
conseguentemente privi dell’esperienza nel
settore, non poteva considerarsi composta da
esperti e pertanto non era idonea
selezionare il miglior progetto.
L’amministrazione, quindi, avrebbe dovuto
fare applicazione dell’art. 84, comma 8, del
d.lgs. n. 163, del 2006, che, come pure
osservato dal Consiglio di Stato con la
citata sentenza n. 6297 del 2009, laddove
stabilisce che i commissari siano "selezionati
tra i funzionari della stazione appaltante"
non ha inteso privilegiare e dare priorità
in senso assoluto al requisito
dell'inserimento nell'organico dell'ente
appaltante rispetto a quello del titolo di
studio, il quale, pertanto, deve comunque
essere adeguato rispetto alla prestazione
oggetto della gara.
L’art. 84, comma 8, del d.lgs. n. 163 del
2006, in primis prevede che i
commissari diversi dal presidente siano
selezionati tra i funzionari della stazione
appaltante, ma nel caso di accertata carenza
in organico di adeguate professionalità e
quindi di personale munito del necessario
titolo di studio, la scelta deve ricadere
tra funzionari di amministrazioni
aggiudicatrici, ovvero con un criterio di
rotazione tra gli appartenenti alle seguenti
categorie:
a) professionisti, con almeno dieci anni di
iscrizione nei rispettivi albi
professionali, nell’ambito di un elenco,
formato sulla base di rose di candidati
fornite dagli ordini professionali;
b) professori universitari di ruolo,
nell’ambito di un elenco, formato sulla base
di rose di candidati fornite dalle facoltà
di appartenenza.
Per le ragioni esposte, assorbita ogni altra
doglianza, atteso ché l’accoglimento della
censura relativa alla illegittima
composizione della commissione giudicatrice
invalida in radice tutti gli atti della
procedura di gara e della conclusiva
aggiudicazione, il ricorso in epigrafe deve
essere accolto e per l'effetto vanno
annullati i provvedimenti impugnati
(TAR Basilicata, Sez. I,
sentenza 17.05.2010 n. 280 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE
PROFESSIONALI: Se
la variante semplificata (L.R. Lombardia 23/1997) ha
finalità solo localizzative (ossia riguarda l’inserimento o
lo spostamento di un’opera pubblica all’interno di un quadro
urbanistico già definito) la complessità delle valutazioni
tecniche è molto minore e non giustifica la riserva a favore
dei professionisti laureati.
Pertanto, è legittima la variante predisposta da un tecnico
comunale geometra (e non laureato).
Il Comune di Bassano Bresciano con deliberazione consiliare
n. 47 del 12.11.1998 ha adottato una variante semplificata
al PRG ex art. 3 della LR 23.06.1997 n. 23 avente ad oggetto
il completamento di ambiti territoriali rientranti nelle
zone C e D, la localizzazione di un’opera pubblica comunale
e l’adeguamento di alcune previsioni di localizzazione del
PRG. Il progetto della variante era stato predisposto dal
tecnico comunale, funzionario in possesso del titolo di
studio di geometra.
Contro la suddetta deliberazione hanno proposto ricorso
l’Ordine degli architetti di Brescia e l’Ordine degli
ingegneri di Brescia con atto notificato il 29.01.1999 e
depositato l’11.02.1999.
Le censure possono essere sintetizzate nei punti seguenti:
(a)
violazione dell’art. 16 del RD 11.02.1929 n. 274
(regolamento della professione di geometra), in quanto la
progettazione urbanistica sarebbe estranea alle competenze
professionali dei geometri;
(b)
violazione degli art. 8 e 41-bis della legge 17.08.1942 n.
1150, in quanto la predisposizione degli strumenti
urbanistici costituirebbe una funzione esclusiva dei
professionisti abilitati e non potrebbe essere svolta da
pubblici dipendenti.
In proposito si osserva tuttavia che non sono stati proposti
argomenti idonei a far ipotizzare un sicuro accoglimento del
ricorso. Più in dettaglio si possono svolgere le seguenti
considerazioni:
(a)
La competenza professionale dei geometri ex art. 16 del RD
274/1929 non comprende la progettazione urbanistica, ma
d’altra parte neppure gli art. 51 e 52 del RD 23.10.1925 n.
2537 (regolamento delle professioni di ingegnere e
architetto) trattano espressamente la materia.
Il problema della progettazione urbanistica si è posto con
l’introduzione del piano regolatore generale (art. 7 della
legge 1150/1942), che al proprio interno prevede sia la
zonizzazione del territorio sia la localizzazione di opere
pubbliche.
La redazione di uno strumento di programmazione generale è
un’attività complessa collegabile al grado di preparazione
di ingegneri e architetti (e urbanisti), come confermato
dall’art. 5, comma 1, lett. c), della legge 02.03.1949 n.
143 (tariffa professionale di ingegneri e architetti).
Nel caso di varianti semplificate è però necessario
distinguere a seconda del contenuto.
In particolare se la variante semplificata ha finalità solo
localizzative (ossia riguarda l’inserimento o lo spostamento
di un’opera pubblica all’interno di un quadro urbanistico
già definito) la complessità delle valutazioni tecniche è
molto minore e non giustifica la riserva a favore dei
professionisti laureati (fermo restando che il progetto dei
lavori dovrà comunque essere firmato da un tecnico abilitato
per quel tipo di opera).
Parimenti non sembra sufficiente per escludere la competenza
dei geometri il fatto che alla localizzazione si
accompagnino variazioni marginali alla zonizzazione.
(b)
Dagli art. 8 e 41-bis della legge 1150/1942 non può
desumersi una riserva di attività a favore dei tecnici
libero-professionisti.
Il potere organizzativo dei comuni consente agli stessi di
dotarsi delle necessarie professionalità tecniche per
internalizzare anche la progettazione urbanistica, a maggior
ragione nel caso di varianti semplificate (TAR
Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 22.02.2010 n. 864 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI:
COMPETENZE PROFESSIONALI DEI GEOMETRI - Il
prof. Avv. Salvatore Alberto Romano, su
richiesta del C.N.G., esprime un suo parere
sulla Sentenza della Corte di Cassazione n.
19292/2009 (Il Triangolo n.
1/2010). |
anno 2009 |
|
COMPETENZE PROFESSIONALI: Competenze
professionali - Progettazione in c.a.
(Consiglio Nazionale Geometri e Geometri
Laureati,
nota
19.11.2009 n. 9988 di prot.). |
COMPETENTE
PROGETTUALI:
Competenze professionali ingegneri e geometri - Sentenza
Corte di Cassazione n. 19292/2009 (Consiglio Nazionale
degli Ingegneri,
circolare 04.11.2009 n. 5610 di prot. - link a
www.cni-online.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI - PUBBLICO IMPIEGO:
Incarico tecnico comunale di
progettazione.
Il sindaco del Comune di (omissis) chiede se
sia legittimo conferire al tecnico comunale
dell’ente l’incarico per predisporre
progetto di solo intonaco esterno su un
edificio (granaio) sottoposto a vincolo da
parte della Soprintendenza.
La soluzione alternativa è rappresentata
dalla necessità di affidare incarico
professionale ad ingegnere o architetto
esterni, con un evidente aggravio di spesa
sul bilancio comunale (Regione Piemonte,
parere n.
118/2009 - tratto da
www.regione.piemonte.it). |
COMPETENZE
PROGETTUALI:
Ai fini della valutazione o meno
dell'"esiguità" nelle dimensioni delle costruzioni, per
stabilire se possono ricadere nella sfera di competenza dei
geometri, devono rilevare sia il criterio “qualitativo” che
quello “economico”.
La competenza dei geometri è, infatti, limitata alle sole
costruzioni minori, di modeste dimensioni, con divieto di
progetto di opere per cui vi sia impiego di cemento armato,
tale da implicare un pregiudizio alle persone in caso di
difetto strutturale, stante anche l'evidente favore che le
varie norme pongono per la competenza esclusiva dei tecnici
laureati.
In materia di competenza professionale del geometra, va
premesso che il sistema, ricostruito attraverso il combinato
disposto dell'art. 16 del R.D. 11.02.1929 n. 274, della
legge 05.11.1971 n. 1086 e della legge 02.02.1974 n. 64 (che
hanno, rispettivamente, disciplinato le opere in
conglomerato cementizio e le costruzioni in zone sismiche),
prevede che la progettazione delle costruzioni civili, ove
si adottino strutture in cemento armato, è riservata solo
agli ingegneri ed agli architetti iscritti nei relativi albi
professionali (cfr. fra le recenti, Cass., Sez. II,
08.04.2009 n. 8543 e 14.04.2005 n. 7778).
Con sentenza della Corte Costituzionale n. 199 del
27.04.1993, è stato precisato che il parametro della
modestia delle costruzioni, stabilito dall'art. 16, lett. l)
e m) del R.D. 11.02.1929, n. 274, con cui è stato approvato
il regolamento sulla professione dei geometri, quale
criterio discriminatore tra la competenza dei geometri e
quella degli ingegneri ed architetti, non è generico, in
quanto si riferisce a nozioni tecniche di comune esperienza,
che consentono di valutare se la struttura dell'edificio e
le modalità costruttive, unitamente al criterio quantitativo
e economico, escludano che la costruzione possa essere
realizzata da professionisti di rango inferiore.
Pertanto, ai fini della valutazione o meno dell'"esiguità"
nelle dimensioni delle costruzioni in parola, per stabilire
se possono ricadere nella sfera di competenza dei geometri,
devono rilevare sia il criterio “qualitativo” che
quello “economico”.
La competenza dei geometri è, infatti, limitata alle sole
costruzioni minori, di modeste dimensioni, con divieto di
progetto di opere per cui vi sia impiego di cemento armato,
tale da implicare un pregiudizio alle persone in caso di
difetto strutturale, stante anche l'evidente favore che le
varie norme pongono per la competenza esclusiva dei tecnici
laureati (in tal senso, anche: Cons. Stato. Sez. V n. 25 del
13.01.1999, nonché Cass. sez. II n. 15327 del 29.11.2000).
Comunque, anche quando è ammessa la competenza del geometra
per la progettazione in strutture di cemento armato, essa va
sempre limitata alla opere di dimensioni minori, sicché, per
valutare l'idoneità del geometra a firmare il progetto di
natura edilizia che comporta l'uso del cemento armato,
occorre considerare le specifiche caratteristiche
dell'intervento, al fine di ammetterla solo se si tratti di
opera di modeste dimensioni (cfr. Cons. Stato, Sez V:
16.09.2004, n. 6004 e 31.01.2001, n. 348) (TAR
Calabria-Catanzaro, Sez. I,
sentenza 20.10.2009 n. 1116 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI: E'
inibito al geometra occuparsi di strutture
in cemento armato, salvo nel caso di piccole
costruzioni accessorie di carattere rurale,
che per intrinseca destinazione non possano
implicare pericolo per l’incolumità delle
persone, con la conseguenza che, ove il
rapporto professionale abbia invece avuto
oggetto costruzioni per civile abitazione
con impiego di cemento armato, esso è
affetto da nullità e non può fondare la
pretesa di alcun compenso.
La competenza professionale dei geometri in
materia di progettazione e direzione dei
lavori di opere edili riguarda le
costruzioni rurali e degli edifici per uso
di industrie agricole, di limitata
importanza, di struttura ordinaria, comprese
piccole costruzioni accessorie in cemento
armato che non richiedono particolari
operazioni di calcolo e che per la loro
destinazione non possono comunque implicare
pericolo per la incolumità delle persone,
nonché il progetto, la direzione e vigilanza
di modeste costruzioni civili.
La competenza
dei geometri è limitata alla progettazione,
direzione e vigilanza di modeste costruzioni
civili, con esclusione di quelle che
comportino l'adozione -anche parziale- di
strutture in cemento armato, mentre, in via
d'eccezione, si estende anche a queste
strutture solo con riguardo alle piccole
costruzioni accessorie nell'ambito degli
edifici rurali o destinati alle industrie
agricole, che non richiedano particolari
operazioni di calcolo e che per la loro
destinazione non comportino pericolo per le
persone, essendo riservata agli ingegneri la
competenza per le costruzioni civili, anche
modeste, che adottino strutture in cemento
armato. Pertanto, la progettazione e la
direzione di opere da parte di un geometra
in materia riservata alla competenza
professionale degli ingegneri o degli
architetti sono illegittime, a nulla
rilevando in proposito che un progetto
redatto da un geometra sia controfirmato o
vistato da un ingegnere ovvero che un
ingegnere esegua i calcoli in cemento
armato, atteso che il professionista
competente deve essere altresì titolare
della progettazione, trattandosi di
competenze inderogabilmente affidate dal
committente al professionista abilitato
secondo il proprio statuto professionale,
sul quale gravano le relative
responsabilità. Ne consegue che, qualora il
rapporto professionale abbia avuto ad
oggetto una costruzione per civili
abitazioni, è affetto da nullità il
contratto anche relativamente alla direzione
dei lavori affidata a un geometra, quando la
progettazione -richiedendo l'adozione anche
parziale dei calcoli in cemento armato- sia
riservata alla competenza degli ingegneri”.
La competenza dei geometri è limitata alla
progettazione, direzione e vigilanza di
modeste costruzioni civili, con esclusione
di quelle che comportino l'adozione -anche
parziale- di strutture in cemento armato,
mentre, in via d'eccezione, si estende anche
a queste strutture con riguardo alle piccole
costruzioni accessorie nell'ambito degli
edifici rurali o destinati alle industrie
agricole, non richiedenti particolari
operazioni di calcolo e per la loro
destinazione non comportanti pericolo per le
persone, restando la suddetta competenza
comunque esclusa nel campo delle costruzioni
civili ove si adottino strutture in cemento
armato, la cui progettazione e direzione,
qualunque ne sia l'importanza, è pertanto
riservata solo agli ingegneri ed architetti
iscritti nei relativi albi professionali.
La giurisprudenza della Corte di Cassazione
è consolidata nel ritenere che è inibito al
geometra occuparsi di strutture in cemento
armato, salvo nel caso di piccole
costruzioni accessorie di carattere rurale,
che per intrinseca destinazione non possano
implicare pericolo per l’incolumità delle
persone, con la conseguenza che, ove il
rapporto professionale abbia invece avuto
oggetto costruzioni per civile abitazione
con impiego di cemento armato, esso è
affetto da nullità e non può fondare la
pretesa di alcun compenso, come emerge
chiaramente dalle seguenti massime:
- “la competenza professionale dei
geometri in materia di progettazione e
direzione dei lavori di opere edili,
prevista dall'articolo 16 del r.d.
11.02.1929 n. 274, riguarda le costruzioni
rurali e degli edifici per uso di industrie
agricole, di limitata importanza, di
struttura ordinaria, comprese piccole
costruzioni accessorie in cemento armato che
non richiedono particolari operazioni di
calcolo e che per la loro destinazione non
possono comunque implicare pericolo per la
incolumità delle persone, nonché il
progetto, la direzione e vigilanza di
modeste costruzioni civili. (Nella specie la
S.C. ha rigettato il motivo di ricorso del
geometra -avverso la sentenza che gli aveva
negato i compensi per la ristrutturazione di
un fabbricato con travi e pilastri in
cemento armato- secondo cui erroneamente la
corte di merito aveva ritenuto che la
progettazione in cemento armato è esclusa
dalla competenza dei geometri
indipendentemente dalla modestia dell'opera)”
(Cass. 21.12.2006 n. 27441)
- “a norma dell'art. 16, lett. m), r.d.
11.02.1929, n. 274, che non è stato
modificato dalla legge n. 1068 del 1971, la
competenza dei geometri è limitata alla
progettazione, direzione e vigilanza di
modeste costruzioni civili, con esclusione
di quelle che comportino l'adozione -anche
parziale- di strutture in cemento armato,
mentre, in via d'eccezione, si estende anche
a queste strutture, a norma della lett. l)
del medesimo articolo, solo con riguardo
alle piccole costruzioni accessorie
nell'ambito degli edifici rurali o destinati
alle industrie agricole, che non richiedano
particolari operazioni di calcolo e che per
la loro destinazione non comportino pericolo
per le persone, essendo riservata agli
ingegneri la competenza per le costruzioni
civili, anche modeste, che adottino
strutture in cemento armato.
Pertanto, la progettazione e la direzione di
opere da parte di un geometra in materia
riservata alla competenza professionale
degli ingegneri o degli architetti sono
illegittime, a nulla rilevando in proposito
che un progetto redatto da un geometra sia
controfirmato o vistato da un ingegnere
ovvero che un ingegnere esegua i calcoli in
cemento armato, atteso che il professionista
competente deve essere altresì titolare
della progettazione, trattandosi di
competenze inderogabilmente affidate dal
committente al professionista abilitato
secondo il proprio statuto professionale,
sul quale gravano le relative
responsabilità.
Ne consegue che, qualora il rapporto
professionale abbia avuto ad oggetto una
costruzione per civili abitazioni, è affetto
da nullità il contratto anche relativamente
alla direzione dei lavori affidata a un
geometra, quando la progettazione
-richiedendo l'adozione anche parziale dei
calcoli in cemento armato- sia riservata
alla competenza degli ingegneri” (Cass.
26 luglio 2006 n. 17028);
- “a norma dell'art. 16, lett. m), r.d.
11.02.1929, n. 274 (d'attuazione della legge
n. 1395 del 1923), e come si ricava anche
dalle leggi n. 1068 del 1971 e n. 64 del
1974 (che hanno rispettivamente disciplinato
le opere in conglomerato cementizio e le
costruzioni in zone sismiche) nonché dalla
legge n. 144 del 1949 (recante la tariffa
professionale), la competenza dei geometri è
limitata alla progettazione, direzione e
vigilanza di modeste costruzioni civili, con
esclusione di quelle che comportino
l'adozione -anche parziale- di strutture in
cemento armato, mentre, in via d'eccezione,
si estende anche a queste strutture, a norma
della lett. l) del medesimo art., solo con
riguardo alle piccole costruzioni accessorie
nell'ambito degli edifici rurali o destinati
alle industrie agricole, non richiedenti
particolari operazioni di calcolo e per la
loro destinazione non comportanti pericolo
per le persone, restando la suddetta
competenza comunque esclusa nel campo delle
costruzioni civili ove si adottino strutture
in cemento armato, la cui progettazione e
direzione, qualunque ne sia l'importanza, è
pertanto riservata solo agli ingegneri ed
architetti iscritti nei relativi albi
professionali (In applicazione del
suindicato principio la Corte Cass. ha
escluso potersi considerare priva di
pericolo per la pubblica incolumità e
conseguentemente rientrare nella competenza
del geometra, la redazione di un piano di
lottizzazione comprendente la progettazione
di due complessi residenziali, ciascuno di
tre piani fuori terra, oltre a cantine e
boxes, trattandosi in tal caso di opere
comportanti la soluzione di problemi tecnici
non solo in ordine ai calcoli del cemento
armato, ma anche in relazione alle opere di
urbanizzazione primaria da realizzare)”
(Cass. 14.04.2005 n. 7778);
- “a norma dell'art. 16, lett. m), del
R.D. 11.02.1929 n. 274, la competenza dei
geometri è limitata alla progettazione,
direzione e vigilanza di modeste costruzioni
civili, con esclusione di quelle che
comportino l'adozione anche parziale di
strutture in cemento armato, mentre, in via
di eccezione, si estende anche a queste
strutture, a norma della lett. l) del
medesimo articolo, solo con riguardo alle
piccole strutture accessorie nell'ambito
degli edifici rurali o destinati alle
industrie agricole che non richiedano
particolari operazioni di calcolo e che per
la loro destinazione non comportino pericolo
per le persone, restando quindi esclusa la
suddetta competenza nel campo delle
costruzioni civili ove si adottino strutture
in cemento armato, la cui progettazione e
direzione, qualunque ne sia l'importanza, è
riservata solo agli ingegneri ed architetti
iscritti nei relativi albi professionali”
(Cass. 30.03.2005 n. 6649);
- “a norma dell'art. 16, lett. m), R.D.
11.02.1929, n. 274 (d'attuazione della legge
n. 1395 del 1923), e come si ricava anche
dalla legge n. 1068 del 1971 dalla legge n.
64 del 1974 (che hanno rispettivamente
disciplinato le opere in conglomerato
cementizio e le costruzioni in zone
sismiche) nonché dalla legge n. 144 del 1949
(recante la tariffa professionale), la
competenza dei geometri è limitata alla
progettazione, direzione e vigilanza di
modeste costruzioni civili, con esclusione
di quelle che comportino l'adozione -anche
parziale- di strutture in cemento armato,
mentre, in via d'eccezione, si estende anche
a queste strutture, a norma della lett. l)
del medesimo art., solo con riguardo alle
piccole costruzioni accessorie nell'ambito
degli edifici rurali o destinati alle
industrie agricole, che non richiedano
particolari operazioni di calcolo e che per
la loro destinazione non comportino pericolo
per le persone, restando la suddetta
competenza comunque esclusa nel campo delle
costruzioni civili ove si adottino strutture
in cemento armato, la cui progettazione e
direzione, qualunque ne sia l'importanza è
pertanto riservata solo agli ingegneri ed
architetti iscritti nei relativi albi
professionali (Nel fare applicazione del
suindicato principio la Corte Cass. ha
rigettato l'impugnazione, considerando
infondata la tesi del ricorrente secondo cui
nel suindicato divieto per i geometri non
ricadrebbero i manufatti "isostatici", da
realizzare per intero in conglomerato, senza
iterazione con corpi di fabbrica in muratura
tradizionale, altresì escludendo che le
innovazioni introdotte nei programmi
scolastici degli istituti tecnici possano
ritenersi avere ampliato, mediante
l'inclusione tra le materie di studio
d'alcuni argomenti attinenti alle strutture
in cemento armato, le competenze
professionali dei medesimi)” (Cass.
15.02.2005 n. 3021).
Nella specie, l’esame della documentazione
prodotta e della relazione del consulente
tecnico d’ufficio rivela che le prestazioni
professionali si riferiscono ad una villetta
per civile abitazione, libera su quattro
lati e disposta su un piano scosceso,
composta di tre piani fuori terra (compreso
il sottotetto) oltre al piano seminterrato,
non realizzata in semplice muratura, ma con
getti di calcestruzzo in cemento armato, sia
per le strutture di sostegno delle terre
scoscese, sia per l’ossatura centrale
portante dell’edificio, avente una
volumetria complessiva stimabile per difetto
in almeno 1.500 mc.. La non trascurabile
complessità della struttura edilizia e la
sua destinazione a civile abitazione fanno
categoricamente escludere la competenza
professionale del geometra per la
progettazione e la direzione lavori. Ne
segue che nessun compenso può essere preteso
dal ... per prestazioni che non poteva e non
doveva svolgere, sicché, in applicazione dei
principi giuridici esposti, l’impugnazione
va decisamente respinta
(Corte d'Appello di Firenze, Sez. I,
sentenza 04.06.2009 n. 762). |
COMPETENZE PROGETTUALI:
MODESTIA DELLA COSTRUZIONE.
Quanto al primo aspetto (modestia della
costruzione) va rilevato che data
l’apparente incertezza letterale della
norma, è stata la giurisprudenza a
stabilirne, in concreto, il significato.
Orbene, la giurisprudenza ha stabilito che
non si può a priori decidere quando una
costruzione sia modesta e quando no, perché
tale criterio è relativo (ossia da stabilire
volta per volta e demandato al giudice di
merito) e non assoluto e fisso.
Vale a dire che occorre, volta per volta,
una indagine di fatto, tesa ad accertare se
una costruzione destinata a civile
abitazione sia da considerarsi modesta o
meno e ciò anche con riferimento al mutare
delle conoscenze costruttive nel tempo
(dunque, mutevoli).
Per far ciò, occorre compiere una
valutazione caso per caso delle difficoltà
tecniche che la progettazione e l'esecuzione
dell'opera concreta comporta e dalla
capacità (cioè dalle cognizioni tecniche)
occorrente per superarle.
Il criterio, dunque, è tecnico-qualitativo e
non quantitativo, come chiarito oramai da moltissimi anni dalle sezioni Unite della
Corte di Cassazione nella sentenza n. 1474
del 13/05/1968: "modeste debbono
considerarsi le costruzioni che non
presentino difficoltà tecniche che, in
quanto di difficile soluzione, esulino dal
livello di conoscenze proprie del
geometra/perito industriale” e dalla
Corte Costituzionale (sentenza 27.04.1993 n.
199): “il criterio da seguire è quello
tecnico–qualitativo fondato sulla
valutazione della struttura dell'edificio e
delle relative modalità costruttive, che non
devono implicare la soluzione di problemi
particolari devoluti esclusivamente ai
professionisti di rango superiore, mentre il
criterio quantitativo e quello economico
possono soccorrere quali elementi
complementari di valutazione, in quanto
indicativi delle caratteristiche costruttive
e delle difficoltà tecniche presenti nella
realizzazione dell'opera”.
In detta indagine, quindi, devono
privilegiarsi gli aspetti tecnici e le
difficoltà che vanno, in concreto,
affrontate; soccorrono, però, anche elementi
quantitativi, tipo l’importo dell'opera
(costo presunto), la cubatura, il numero dei
piani, […] definiti “elementi
complementari di valutazione”
(3).
I tecnici diplomati, dunque, possono
progettare e dirigere lavori improntati a
criteri di semplicità, sia sotto il profilo
strutturale che edilizio.
In proposito, però, la casistica è assai
ampia e non sempre univoca proprio perché
lasciata alla interpretazione
giurisprudenziale, che ha seguito per
individuare i confini delle competenze
professionali dei diversi soggetti il
criterio che le vuole legare ai differenti
percorsi formativi.
---------------
(3)
“Il discrimine della competenza dei geometri
nel campo delle costruzioni civili è dato
dal criterio della "modestia" dell'opera,
così come stabilito dall'art. 16 r.d.
11.02.1929 n. 274, il quale, nel regolare
l'attività professionale dei geometri alla
lett. m), consente loro l'attività di
"progetto, direzione e vigilanza di modeste
costruzioni civili". Tale criterio è da
intendere in senso tecnico-qualitativo e con
riguardo ad una valutazione della struttura
dell'edificio e delle relative modalità
costruttive, che non devono implicare la
soluzione di problemi tecnici particolari,
devoluti esclusivamente alla competenza
professionale degli ingegneri e degli
architetti. Altri criteri, come quello
quantitativo, delle dimensioni e della
complessità, nonché quello economico,
possono soccorrere quali elementi
complementari di valutazione, in quanto
indicativi delle caratteristiche costruttive
e delle difficoltà tecniche presenti nella
realizzazione dell'opera”. Consiglio Stato,
sez. V, 03.10.2002, n. 5208.
Ciò che è
indubbio è che la giurisprudenza esclude che
il criterio possa essere guidato solo dalla
superficie della costruzione o dai suoi
costi, dato che l'una e gli altri non sono
di per sé indici inequivoci di specifiche
difficoltà tecniche (si spiega, così, la
previsione, nella tariffa professionale dei
geometri, di una voce per i compensi per
progettazioni di costruzioni di larga
superficie e di elevati costi) ma non
impedisce affatto che i costi e la
superficie (come la cubatura ed il numero
dei piani) possano essere considerati,
comunque, elementi sintomatici
complementari, ancorché di per se
insufficienti, siccome indicativi di
caratteristiche costruttive dell'opera e di
difficoltà tecniche che l'opera medesima
presenta, per l'apprezzamento del carattere
modesto o meno della costruzione.
Il criterio principe seguito dalla
giurisprudenza per stabilire se una
costruzione sia modesta, consiste, dunque,
nel valutare se il progetto, per i problemi
tecnici che implica, possa, in relazione
alla destinazione dell'opera, comportare un
pericolo per l'incolumità delle persone in
caso di difetto strutturale. Con ciò il
concetto di modesta costruzione finisce in
gran parte col coincidere con i criteri
dettati dalla lettera l) per quanto concerne
le opere in cemento armato, che possono
essere realizzate solo se i calcoli non sono
complessi e non c’è pericolo per la pubblica
incolumità.
In tal senso, si vedano le seguenti massime:
- Il criterio per accertare se una
costruzione sia da considerare modesta -e
rientri quindi nella competenza
professionale dei geometri, ai sensi
dell'art. 16, lett. m), R.D. 11.02.1929 n.
274– consiste nel valutare le difficoltà
tecniche che la progettazione e l'esecuzione
dell'opera comportano e le capacità
occorrenti per superarle; a questo fine
assumono rilievo, oltre alla complessità
della struttura e delle relative modalità
costruttive, anche, in via complementare, il
costo presunto dell'opera, in quanto si
tratta in ogni caso di elementi sintomatici
che valgono ad evidenziare le difficoltà
tecniche che coinvolgono la costruzione
(Nella specie la S.C. ha confermato la
decisione della corte territoriale, negando
la competenza dei geometri, rilevando che
gli impianti di depurazione non rientrano
tra le opere contemplate dalla tariffa
professionale, che l’entità dei lavori –14
miliardi di vecchie lire- esulasse dalle
competenze dei geometri e che la delicatezza
dei problemi tecnici relativi alla
progettazione di un'infrastruttura
reticolare e connessi all'interferenza con
altri impianti pure a rete (illuminazione,
cavi telefonici, ecc.) ed alla sostituzione
e/o recupero dell'impianto preesistente
ponesse serie problemi tecnici) (Corte
di Cassazione, Sez. I civile, sentenza
27.02.2008 n. 5203);
- La competenza professionale dei
geometri in materia di progettazione e
direzione dei lavori di opere edili,
prevista dall'art. 16, r.d. n. 274 del 1929,
riguarda le costruzioni rurali e degli
edifici per uso di industrie agricole, di
limitata importanza, di struttura ordinaria,
comprese piccole costruzioni accessorie in
cemento armato che non richiedono
particolari operazioni di calcolo e che per
la loro destinazione non possono comunque
implicare pericolo per la incolumità delle
persone, nonché il progetto, la direzione e
vigilanza di modeste costruzioni civili
(TAR Campania-Salerno, Sez. II,
sentenza 19.07.2007 n. 860);
- L'indagine intesa ad accertare se una
costruzione destinata a civile abitazione
sia da considerarsi modesta e rientri,
quindi, nella competenza professionale dei
periti industriali (o dei geometri), non può
prescindere dalla valutazione delle
difficoltà tecniche che la progettazione e
l'esecuzione dell'opera comporta e dalla
capacità (cioè dalle cognizioni tecniche)
occorrente per superarle, criterio che ha
valore fondamentale per l'esatta
interpretazione e l'applicazione dell'art.
16 del regolamento professionale (R.D.
11.02.1929 n. 275, per i periti industriali,
e R.D. 11.02.1929 n. 274, per i geometri),
in detta indagine si terrà conto anche degli
elementi dell'importo dell'opera (costo
presunto), della cubatura e del numero dei
piani (cosiddetti criteri di valore, od
economico, e quantitativo), ma soprattutto
per il loro valore sintomatico, in quanto
valgono a determinare le caratteristiche
costruttive dell'opera e ad illuminare sulle
difficoltà tecniche che l'opera medesima
presenta, al fine di apprezzare se questa
costituisca una costruzione modesta ai sensi
dell'ordinamento professionale, ovvero esuli
dalla capacita tecnica e dalla competenza
dei periti industriali (e dei geometri)
(Corte di Cassazione, Sez. III civile,
sentenza 14.06.2007 n. 13968);
- Nell'affidamento degli incarichi di
progettazione e direzione dei lavori il
discrimine tra la competenza dei geometri e
le attribuzioni riservate agli ingegneri è
costituito dalla modesta entità dei lavori
affidati, essendo preclusa ai geometri la
realizzazione di lavori richiedenti una
visione d'insieme e di carattere
programmatorio complessivo (nel caso
concreto si è ritenuto rientrasse nella
competenza dei geometri l'incarico di
progettazione e direzione lavori di
manutenzione straordinaria e sistemazione di
un'area pubblica a destinazione mercatale)
(TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 28.02.2007 n. 852);
- In base all'art. 16, R.D. 11.02.1929 n.
274 e dell'art. 54, L. 02.03.1949 n. 144,
non rientra nella competenza dei geometri la
realizzazione di un complesso di opere di
modesta entità o tenuità, bensì che richiede
una visione d'insieme, pone problemi di
carattere programmatorio ed impone la
valutazione complessiva di una serie di
situazioni la cui soluzione, sotto il
profilo tecnico, possa incontrare difficoltà
non facilmente superabili con il solo
bagaglio professionale del geometra (nella
specie, l'incarico di progettazione è di
sicura complessità, perché riguarda
l'adeguamento e la razionalizzazione
dell'acquedotto comunale, in funzione di una
nuova destinazione urbanistica e, quindi,
non è penalizzante della posizione
professionale dei geometri) (Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza
22.09.2001 n. 4985).
Interessante è
poi notare che nel concetto di modestia, si
deve tener conto dell'evoluzione della
tecnica edilizia nel tempo. Il limite,
dunque, non è assoluto ma flessibile
intrinsecamente correlato all’evoluzione
tecnica e scientifica dell’edilizia.
Pertanto il concetto di "modesta
costruzione civile" è, nel tempo,
inevitabilmente soggetto ad adeguarsi allo
stato della cultura tecnica dei
professionisti ed ai moderni metodi di
costruzione, data la sempre maggior
attenzione alla sicurezza e, quindi, al
ridursi del pericolo per l’incolumità delle
persone. In tal senso si è anche pronunziata
la Corte Costituzionale (sentenza 27.04.1993
n. 199) affermando la ragionevolezza di “ragguagliare
a presupposti "flessibili" la determinazione
di competenze che postulano cognizioni
necessariamente variabili in rapporto ai
progressi tecnico-scientifici che la materia
può subire nel tempo”.
Come già detto
l’espressione “modeste costruzioni civili”
è solo apparentemente generica e
indeterminata.
Perché apparentemente? Innanzitutto perché
la giurisprudenza della Corte
Costituzionale, chiamata a pronunziarsi più
volte sul punto, ha escluso che
l’espressione sia generica.
La Corte Costituzionale infatti ha rimarcato
che tutte le norme impongono al giudice una
normale interpretazione, e che
l’elaborazione giurisprudenziale sul punto è
numerosa e concorde nel ritenere che, per
accertare se una costruzione sia da
considerare "modesta", tale cioè da
rientrare nella competenza professionale dei
geometri/periti, il criterio basilare cui
fare appello é quello tecnico –qualitativo
fondato sulla valutazione della struttura
dell'edificio e delle relative modalità
costruttive.
Generalmente si ritengono “modeste”
quelle costruzioni che non superano i 5000
mc. e fino a due piani (4).
---------------
(4)
Ciò in ossequio all’art. 57 L. 144/1949
(tariffa dei geometri).
Vediamo
comunque alcuni esempi.
- Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza
12.11.1985 n. 390: ha ritenuto non
fosse modesta (e dunque esulare dalla
competenza dei geometri) la progettazione di
edifici abitativi a sei piani con strutture
in cemento armato e volume di 5.000 metri
cubi;
- Corte di Cassazione, penale, sentenza
27.03.1995 n. 5416: ha ritenuto la
competenza dei geometri la di capannone
industriale di circa 8200 m3 di volume, su
tre piani e con struttura in cemento armato;
- TAR Lombardia-Milano, sentenza
30.07.1996 n. 1269: ha ritenuto la
competenza dei geometri per un intervento
che consisteva nel ricomporre il
preesistente volume di due fabbricati, pari
a 255 metri cubi, in un'unica costruzione a
due piani, di cui uno seminterrato;
- Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 31.01.2001 n.
348: (confermando il TAR
Emilia-Romagna) ha escluso la competenza dei
geometri per la sopraelevazione di tre
piani, per una volumetria complessiva di
1700 metri cubi;
- Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 30.10.2003 n.
6747: ha escluso la competenza dei
geometri per la realizzazione di una
struttura in cemento armato di tre piani con
fondamenta del tutto nuove;
- TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 10.12.2003 n.
1784: ha escluso la competenza dei
geometri per opere di ampliamento della
struttura cimiteriale, in virtù del fatto
che era necessario raccordare le nuove opere
con quelle preesistenti;
- TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 28.02.2007 n. 852: ha ritenuto non complessa (e
quindi di competenza dei geometri)
l'incarico di progettazione e direzione di
lavori di manutenzione straordinaria e
sistemazione di un'area pubblica a
destinazione mercatale.
Per quanto
riguarda la progettazione di strade, la
lett. b del sopraccitato art. 16 R.D.
274/1929, sancisce che i geometri possono
progettare strade qualora ricorra la "tenue
importanza dell'opera".
Anche qui la giurisprudenza segue un
criterio tecnico–qualitativo (natura e
dimensione della strada da costruire), per
stabilire se la strada sia di tenue
importanza.
Pertanto si ritiene esuli dalle competenze
dei tecnici diplomati la progettazione di
strade pubbliche, da intendersi comprese
nella definizione anche le strade sviluppate
all’interno del tessuto urbano che non
possono essere qualificate di tenue
importanza in quanto comportano interventi
di una certa complessità (come la
progettazione di muri di contenimento,
ponti, gallerie) ed essendo destinate al
traffico ordinario (cfr. TAR Puglia Lecce,
sez. II, 10.02.2006, n. 902; TAR Calabria
Catanzaro, sez. I, 12.07.2005, n. 99; TAR
Campania-Salerno 17.11.2004 n. 2016; TAR
Sardegna, 19.04.1995, n. 547).
Un’ultima annotazione per quanto concerne le
competenze delle opere di urbanizzazione
all’interno di lottizzazioni.
In merito la giurisprudenza, quando si è
dovuta pronunziare, ha spesso escluso la
competenza dei tecnici diplomati, rilevando
che la redazione di un piano di
lottizzazione comporta la soluzione di
problemi tecnici non solo in ordine ai
calcoli del cemento armato, ma anche in
relazione alle opere di urbanizzazione
primaria da realizzare, di particolare
complessità, come tali esulanti dal concetto
di modeste costruzioni civili e implicanti
pericolo per la pubblica incolumità.
Ciò, però, non significa a priori escludere
la competenza dei geometri per le
lottizzazioni, anche perché la legge stessa
sulle tariffe per le prestazioni
professionali dei geometri, prevedendo, ai
sensi dell'art. 46 L. 144/1949, in caso di
lottizzazioni, la facoltà di aumentare dal
20 al 100% gli onorari di cui alla lettera a
tab.D5, prevede la loro competenza per le
lottizzazioni, ovviamente però se modeste.
Si veda, in proposito, la recente Cassazione
Civile, sez. II, 14.04.2005, n. 7778 che ha
statuito: “la redazione di un piano di
lottizzazione, in astratto, NON è attività
preclusa ai geometri; ma, in considerazione
delle attività che l'art. 16 del R.D. 274
del 1929 riserva ai geometri e nel rispetto
della ratio della norma, volta ad assicurare
che determinate attività siano svolte da
professionisti che, per la loro capacità
professionale siano in grado di consentire
la costruzione di opere non pericolose per
la pubblica incolumità, ha ritenuto, sulla
base delle risultanze della C.T.U., che la
redazione di un piano di lottizzazione che
comprenda la progettazione di due complessi
residenziali, ciascuno di tre piani fuori
terra, oltre cantine e boxes, opere che
impongono la soluzione di problemi tecnici
non solo in ordine ai calcoli del cemento
armato, ma anche in relazione alle opere di
urbanizzazione primaria da realizzare, non
possa rientrare fra quelle attività che, con
riferimento alla modestia delle opere
consentite per legge al geometra, siano tali
da escludere un pericolo per la pubblica
incolumità e possano, conseguentemente,
essere consentite allo stesso”.
Altre volte, invece, la competenza dei
tecnici diplomati per la redazione di un
piano di lottizzazione è stata esclusa in
radice, con la motivazione che tali opere
richiedono una visione di insieme che impone
problemi di carattere programmatorio che non
possono rientrare nella competenza se non di
persone laureate.
In tal senso, si veda Consiglio di Stato
03.09.2001 n. 4620 “è pacifico che la
redazione di un piano di lottizzazione
costituisce attività che chiaramente
richiede una competenza programmatoria in
tale settore, anche se si limita l'attività
a opere di modesta entità, e nonostante che
la stessa sia posta in attuazione delle
previsioni dello strumento urbanistico
generale.
In effetti, come già affermato da questa
Sezione, la redazione di un tale strumento
concerne indubbiamente la realizzazione di
un complesso di opere che richiede una
visione di insieme e pone problemi di
carattere programmatorio che indubbiamente
postulano valutazioni complessive che non
rientrano nella competenza professionale del
Geometra, così come definita dall'art. 16
del R.D. 11.02.1929 n. 274 - Cons. St., sez.
V, n. 25 del 13.01.1999; n. 3 del
03.01.1992; Cons. St., sez. IV, n. 765 del
09.11.1989” (conformi anche).
La recentissima
sentenza
29.10.2008 n. 1466 del TAR Lombardia-Brescia, superando la
dicotomia, sancisce che in generale è
precluso al geometra la redazione di un
piano di lottizzazione, anche se ciò non
significa vietarlo tout court, occorrendo,
sempre, una indagine fattuale volta a
valutare quali siano, in concreto, le
difficoltà di quello specifico piano (nel
caso di specie è stata ritenuta la
competenza dei geometri: “In linea
generale, la redazione di un piano di
lottizzazione (e, in genere, di uno
strumento di programmazione urbanistica)
costituisce attività che richiede una
competenza specifica in tale settore
attraverso una visione di insieme e la
capacità di affrontare e risolvere i
problemi di carattere programmatorio che
postulano valutazioni complessive non
rientranti nella competenza professionale
del geometra, così come definita dall'art.
16 del R.D. n. 274/1929 (cfr. Cons. Stato,
Sez. IV, 03.09.2001 n. 4620; Sez. IV,
09.11.1989 n. 765). Nel caso specifico va
tuttavia osservato che il Piano di recupero
in oggetto assume solo la connotazione
formale di un Piano urbanistico attuativo
poiché, nella sostanza, presenta contenuti
esclusivamente edilizi che riguardano la
ristrutturazione (mediante demolizione e
ricostruzione) di un edificio esistente. Non
sono invece coinvolti aspetti pianificatori
tipici della programmazione urbanistica,
come il raccordo tra l'edificazione e le
opere di urbanizzazione primaria e
secondaria, sia esistenti che di progetto.
Si tratta, pertanto, di un Piano di recupero
costituito attraverso valutazioni ed
elaborati tipici di un permesso di costruire
ed avente ad oggetto un'opera di modesta
entità che rientra senz'altro nella
competenza professionale del Geometra”
(tratto dal lavoro 02.04.2009 "Il
riparto delle competenze professionali dei
tecnici dell’edilizia" a cura
dell'Avv. Annalisa Padoa). |
COMPETENZE PROGETTUALI:
CEMENTO ARMATO.
La lettera m del succitato art. 16 riguardo
alle competenze dei Geometri in relazione
agli edifici di civile abitazione, non fa
alcun accenno alla possibilità -per tali
professionisti- di progettare e realizzare
anche edifici con strutture in cemento
armato, precisando, come detto, che debba
trattarsi comunque di “costruzioni
modeste” (6).
Con più specifico riferimento alle opere in
conglomerato cementizio semplice od armato,
si deve inoltre ricordare il R.D. 16.11.1939
n. 2229, che escludeva in via assoluta che i
tecnici non laureati fossero competenti per
la realizzazione di tal genere di
costruzioni e stabiliva, in proposito, che «ogni
opera di conglomerato cementizio semplice od
armato, la cui stabilità possa comunque
interessare l'incolumità delle persone, deve
essere costruita in base ad un progetto
esecutivo firmato da un ingegnere, ovvero da
un architetto iscritto nell'albo, nei limiti
delle rispettive attribuzioni […]».
---------------
(6)
L'art. 64, d.P.R. n. 380 del 2001
espressamente stabilisce:
<<1. La realizzazione delle opere di
conglomerato cementizio armato, normale e
precompresso ed a struttura metallica, deve
avvenire in modo tale da assicurare la
perfetta stabilità e sicurezza delle
strutture e da evitare qualsiasi pericolo
per la pubblica incolumità.
2. La costruzione delle opere di cui
all'articolo 53, comma 1, deve avvenire in
base ad un progetto esecutivo redatto da un
tecnico abilitato, iscritto nel relativo
albo, nei limiti delle proprie competenze
stabilite dalle leggi sugli ordini e collegi
professionali.
3. L'esecuzione delle opere deve aver luogo
sotto la direzione di un tecnico abilitato,
iscritto nel relativo albo, nei limiti delle
proprie competenze stabilite dalle leggi
sugli ordini e collegi professionali.
4. Il progettista ha la responsabilità
diretta della progettazione di tutte le
strutture dell'opera comunque realizzate.
5. Il direttore dei lavori e il costruttore,
ciascuno per la parte di sua competenza,
hanno la responsabilità della rispondenza
dell'opera al progetto, dell'osservanza
delle prescrizioni di esecuzione del
progetto, della qualità dei materiali
impiegati, nonché, per quanto riguarda gli
elementi prefabbricati, della posa in opera
».
A sua volta, Consiglio Stato , sez. V,
01.12.2003, n. 7821, ha statuito: “Per
valutare l'idoneità di un geometra a firmare
il progetto di un'opera edilizia comportante
l'uso del cemento armato, occorre
considerare le specifiche caratteristiche
dell'intervento, potendo ammetterla solo in
caso di opera di modeste dimensioni.
(Conferma TAR Liguria 20.09.1997 n. 333 ).
Successivamente
la L. 05.11.1971 n. 1086 ha ridisciplinato
la materia delle opere in conglomerato
cementizio armato, normale e precompresso ed
a struttura metallica, ma utilizzando una
formulazione ancor più generica, riguardo
alle competenze, rispetto a quella degli
anni venti e trenta.
L’art. 2 infatti, nel ridisciplinare la
progettazione e direzione lavori delle opere
in cemento armato, ha richiamato anche le
figure del Geometra e del Perito edile, pur
precisando per costoro la possibilità di
sottoscrivere i progetti nei limiti delle
rispettive competenze professionali
(formulazione che in effetti non porta
ulteriori chiarimenti) .
Infine, la disposizione del citato art. 2,
L. n. 1086/1971, è stata ripresa
integralmente dal T.U. in materia edilizia
(DPR n. 380/2001) il quale, ai commi 2 e 3
dell'art. 64, ha disciplinato le competenze
professionali proprio con riguardo alle
opere in conglomerato cementizia.
Stante il non sempre ottimale coordinamento
tra le diverse discipline normative sopra
citate e le differenti interpretazioni che
ne sono state date, ne è seguìto, nel corso
degli anni, un notevole contenzioso in
relazione alle attribuzioni professionali
dei tecnici non laureati, con riguardo alle
quali le sentenze della giurisprudenza si
sono dimostrate sempre univoche.
Tralasciando le competenze in materia di
costruzioni rurali, che poco ci riguardano
in questa sede, vi è da dire come la
giurisprudenza amministrativa –e non solo–
abbia finito per dar vita a due diversi
orientamenti.
Diversi orientamenti che comunque:
- o precludono tassativamente la possibilità
per i Geometri di progettare costruzioni in
cemento armato;
- o ne limitano la possibilità nella
progettazione di “costruzioni modeste”.
Secondo l'impostazione più restrittiva, è
stato sostenuto che, in mancanza di ogni
ulteriore specificazione da parte della
lett. m) di cui all'art. 16, RD n. 274 del
1929, la competenza dei geometri, nel campo
degli edifici civili, è limitata alla
realizzazione di edifici di carattere «modesto»,
in nessun modo implicanti l'utilizzo di
strutture in cemento armato, atteso che la
progettazione di tali opere in conglomerato
cementizio è ammessa dalla lettera l)
soltanto per piccole costruzioni accessorie
di edifici rurali ovvero adibiti ad uso di
industrie agricole.
In tal senso, si vedano Trib. Udine,
19.12.2006 n. 1790; Cass. Civ. 26.07.2006 n.
17028; Cass. Civ. sez. II, 15.02.2005 n.
3021 e Cons. Stato 22.05.2006 n. 3006 che ha
statuito: “esula dalla competenza dei
geometri la progettazione di costruzioni
civili con strutture in c.a., trattandosi di
attività che, qualunque ne sia l'importanza,
è riservata solo agli ingegneri ed
architetti iscritti nei relativi albi
professionali”.
Viceversa, secondo l'interpretazione diciamo
così più estensiva –soprattutto nella
giurisprudenza del TAR– non sarebbe precluso
al geometra (e al perito industriale) la
progettazione di opere in cemento armato, ma
limitatamente alle opere civili aventi
comunque «modeste dimensioni», così
da doversi escludere pericolo per
l'incolumità delle persone in caso di
difetto strutturale.
Piuttosto contrastante col dettato della
legge e con la giurisprudenza appare invece
la pratica applicazione di quanto sopra
esposto, nonostante il principio
indiscutibile in base al quale le opere in
cemento armato non debbano implicare
pericolo per la pubblica e privata
incolumità (cfr., fra le recenti, Cass., sez. II, 14.04.2005 n. 7778), in coerenza col
quale il Consiglio di Stato 13.06.2005 n.
3085 ha deliberato che “Anche quando è
ammessa la competenza del geometra per la
progettazione in strutture di cemento
armato, tale competenza è comunque limitata
alla opere di dimensioni minori, sicché per
valutare l'idoneità del geometra a firmare
il progetto di natura edilizia che comporta
l'uso del cemento armato occorre considerare
le specifiche caratteristiche
dell'intervento, al fine di ammetterla solo
se si tratti di opera di modeste dimensioni.
La competenza dei geometri, infatti, è
limitata alle sole costruzioni minori, di
modeste dimensioni, con divieto di progetto
di opere per cui vi sia impiego di cemento
armato, tale da implicare un pregiudizio
alle persone in caso di difetto strutturale,
stante anche l'evidente favore che le varie
norme pongono per la competenza esclusiva
dei tecnici laureati” (tratto dal
lavoro 02.04.2009 "Il
riparto delle competenze professionali dei
tecnici dell’edilizia" a cura
dell'Avv. Annalisa Padoa). |
COMPETENZE PROGETTUALI:
CONCETTO DI NON SCINDIBILITÀ DEL
PROGETTO - CONTROFIRMA DI UN INGEGNERE PER
LA PARTE STRUTTURALE SUL PROGETTO PRESENTATO
DA UN GEOMETRA.
L’invalidamento del progetto, redatto e
presentato da un tecnico diplomato non
competente in materia di cemento armato, non
viene eluso dal fatto che un tecnico
laureato (ingegnere o architetto) abbia
effettuato e firmato i calcoli strutturali e
diretto i relativi lavori delle strutture in
cemento armato.
Ma è noto come invece tale elusione
costituisca una prassi ormai consolidata,
anche per la scarsa vigilanza degli Enti
preposti al rilascio delle autorizzazioni.
A tale proposito si rimanda alla più recente
Sentenza del Consiglio Stato, sez. IV,
05.09.2007, n. 4652 ove si afferma con
estrema chiarezza e senza lasciare adito ad
interpretazioni che non rientrano nella
competenza dei geometri le opere in cemento
armato diverse dalle piccole costruzioni
accessorie, risultando ininfluente che il
calcolo del cemento armato sia stato
affidato ad un ingegnere o ad un architetto.
La medesima Sentenza afferma inoltre che,
allorché i calcoli siano stati fatti
eseguire ad un ingegnere o architetto, ciò
sia chiaro segnale del fatto che l’opera
esuli dalle competenze del geometra in
quanto evidentemente “non modesta”.
Risulta peraltro una copiosa giurisprudenza
finalizzata alla repressione della prassi,
assai diffusa, della “controfirma”
sul progetto e la direzione lavori di una
costruzione con strutture in cemento armato
presentato da un tecnico diplomato (non
abilitato) che, tra l’altro, ‘normalmente’,
ne dirige le opere edili
(7).
Chiara ed inequivocabile, al riguardo, la
recente Sentenza della Cassazione civile
26.07.2006 n. 17028 ove si afferma che: “La
progettazione e la direzione di opera da
parte di un geometra in materia riservata
alla competenza professionale degli
ingegneri o degli architetti sono
illegittime. In particolare, a rendere
illegittimo in tale ambito un progetto
redatto da un geometra non rileva che esso
sia controfirmato o vistato da un ingegnere
ovvero che un ingegnere esegua i calcoli del
cemento armato e diriga le relative opere,
perché è il professionista competente che
deve essere altresì titolare della
progettazione, trattandosi di incombenze che
devono essere inderogabilmente affidate dal
committente al professionista abilitato
secondo il proprio statuto professionale,
sul quale gravano le relative responsabilità”.
Essa chiaramente nega l’ipotetica
distinguibilità o scindibilità tra il
livello della progettazione per così dire
edilizia e quello, presunto successivo,
della progettazione strutturale.
---------------
(7)
Il principio, però, è assai risalente nel
tempo; si veda Consiglio di Stato 12.11.1985
n. 390: “Ai fini della
legittimità della concessione edilizia per
opere progettate e dirette da un
professionista incompetente non rileva
la circostanza che i calcoli siano stati
effettuati da un ingegnere laureato”.
La
giurisprudenza, salvo rare eccezioni
(8),
ha sancito infatti che le due fasi sono “ontologicamente
una”, non potendosi distinguere fra
progetto edilizio e struttura, né fra
progetto esecutivo, preliminare e
definitivo, perché anche questi ultimi,
riguardando le linee essenziali e generali
dell’opera, presuppongono le operazioni e le
competenze necessarie per la verifica della
sua realizzazione.
In altre parole, la giurisprudenza ha
evidenziato come progetto e struttura siano
un unicum inscindibile, stante
l’impossibilità di realizzare edifici
sicuri, in difetto di una corretta
progettazione architettonica globale; e la
ragione di un tale rigore giurisprudenziale
poggia dichiaratamente sul fatto che le
disposizioni di legge in materia di
competenze professionali nel settore delle
costruzioni sono finalizzate alla pubblica
incolumità, la cui tutela è di
competenza dello Stato.
---------------
(8)
Cons. Stato 04.06.2003 n. 3068, che ha
ammesso la cooperazione fra tecnici.
Principio che
ha, tra le conseguenze collaterali, anche il
fatto di escludere il diritto al compenso
del professionista non abilitato, col
richiamo dell’art. 1418 Codice Civile (che
sancisce la nullità di contratti contrari a
norme di ordine pubblico).
Ed al riguardo, si vedano le seguenti
massime:
- Corte di Cassazione, Sez. II civile,
sentenza 25.05.2007 n. 12193: “Non è
consentito di enucleare e distinguere, con
riferimento a un progetto generale di una
costruzione da destinare a civile abitazione
redatto da un geometra, privo di competenza
al riguardo, e che abbia assunto la
direzione dei lavori, un'autonoma attività,
per le parti di tali lavori inerenti a opere
in cemento armato, riconducibile a un
ingegnere o a un architetto. La competenza
dei geometri è limitata alla progettazione,
direzione e vigilanza di modeste costruzioni
civili, con esclusione di quelle che
comportino l'adozione, anche parziale, di
strutture in cemento armato, mentre è
ammessa la sua competenza in via di
eccezione anche a queste soltanto con
riguardo alle piccole costruzioni accessorie
nell'ambito degli edifici rurali o destinati
alle industrie agricole che non richiedano
particolari operazioni di calcolo e che per
la loro destinazione non comportino pericolo
per le persone.”
- Corte di Cassazione, Sez. II civile,
sentenza 26.07.2006 n. 17028: “È
nullo il contratto intercorso tra un
geometra e il committente avente a oggetto
la progettazione e la direzione di opere in
materia riservata alla competenza
professionale degli ingegneri o degli
architetti. In una tale eventualità il
professionista non ha titolo ad alcun
compenso, non essendo consentito di
enucleare e distinguere, con riferimento a
un progetto generale di una costruzione da
destinare a civile abitazione redatto da un
geometra privo di competenza al riguardo, e
che abbia assunto anche la direzione dei
lavori, un'autonoma attività, per la parte
di tali lavori inerenti a opere in cemento
armato, riconducibile a un ingegnere o a un
architetto”
- Corte di Cassazione, Sez. II civile,
sentenza 15.02.2005 n. 3021: “Il
contratto con il quale viene affidata a un
geometra la progettazione di una costruzione
civile in cemento armato è nullo, anche se
il compito, su richiesta dell'incaricato, è
poi svolto da un ingegnere o architetto”.
- Corte di Cassazione, Sez. II civile,
sentenza 05.11.2004 n. 21185: “Con
riferimento alle competenze dei geometri in
materia di progettazione, direzione e
vigilanza di modeste costruzioni civili,
l'art. 16 r.d. 274/1929, nel prevedere che i
geometri non possono redigere progetti di
costruzioni che comportino l'impiego di
conglomerati cementizi, semplici o armati,
in strutture statiche portanti, si riferisce
sia ai progetti di massima che a quelli
esecutivi, mentre nessun riscontro nella
legge ha la categoria del progetto
architettonico.”
Particolarmente
interessante risulta perciò la pronuncia del
TAR Veneto, Venezia, 28.01.2005 n. 381,
riferita, per similitudine,
all’inscindibilità del progetto di Restauro,
laddove la Soprintendenza, nel controllare
il progetto, aveva escluso la competenza
dell’Ingegnere in materia (anche “per la
parte tecnica del restauro”, essendo
essa strettamente connessa a quella
architettonica).
All’eccezione, sollevata dall’Ingegnere, in
base alla quale avrebbe dovuto essere
autorizzato, dovendosi considerare
consolidata una prassi in virtù di
precedenti progetti già all’Ingegnere
autorizzati, Il TAR Veneto nel merito
disponeva invece che “Deve e essere
rilevata l'infondatezza della pretesa del
ricorrente ingegnere a vedersi scomputare
dal complessivo progetto la sola parte
tecnica del progetto e ciò per l'evidente
ragione che il progetto di restauro per il
suo carattere unitario non consente uno
scorporo di tal fatta.
Infine deve essere disattesa la dedotta
contraddittorietà rispetto ai comportamenti
pregressi dell'Amministrazione e ciò perché
a prescindere dai dubbi sulla similitudine
delle fattispecie poste a confronto, qualora
pure la Sovrintendenza abbia in passato
approvato progetti di restauro sui immobili
artistici non per questo deve continuare a
violare la legge”
(tratto dal lavoro 02.04.2009 "Il
riparto delle competenze professionali dei
tecnici dell’edilizia" a cura
dell'Avv. Annalisa Padoa). |
COMPETENZE PROGETTUALI:
RESTAURO DI EDIFICI STORICI
VINCOLATI DALLA NORMATIVA STATALE DI TUTELA.
Per quanto concerne il settore del restauro
di edifici di valore storico-artistico, la
legge ne esclude la competenza anche degli
Ingegneri, “fatta eccezione per la parte
tecnica” (art. 52 R.D. 2537/1925).
Il restauro conservativo di un edificio
sottoposto a vincolo ai sensi delle leggi
che tutelano l'antichità e le belle arti è
riservato, infatti, dall'art. 52 del R.D.
23.10.1925, n. 2537, a chi esercita la
professione di Architetto.
Sono, dunque, riservati agli architetti:
- il restauro e ripristino degli edifici
vincolati dalla L. 1089/1939 e successive
(come da appositi elenchi);
- le opere edilizie che presentino carattere
artistico (9).
La giurisprudenza, in materia, è copiosa e
costante nell’affermare che ciò trae origine
“nello specifico corso di laurea che gli
architetti sono tenuti a percorrere e della
conseguente professionalità e sensibilità
artistica ed estetica che acquisiscono”
(cfr. Consiglio di Stato 16.05.2006 n.
2776).
La sentenza Cass. Pen. 14.12.1994, a sua
volta, nell’escludere che un geometra possa
operare nel settore del restauro di edifici,
chiarisce che non può essere ritenuto
intervento “modesto” quello volto al
restauro di bene tutelato ai sensi delle
leggi sull'antichità e le belle arti.
---------------
(9)
La giurisprudenza, in merito, sancisce: “La
competenza esclusiva a realizzare opere su
beni immobili sottoposti a vincolo storico e
artistico ai sensi della l. 01.06.1939 n.
1089 spettante agli architetti non è
limitata ai soli immobili oggetto di
notificazione a norma degli artt. 1-3 l. n.
1089 cit. ma riguarda anche gli immobili che
presentano comunque interesse storico ed
artistico e per questo tutelati "ope legis""
Cons. Stato 23.07.1997 n. 386
(tratto dal lavoro 02.04.2009 "Il
riparto delle competenze professionali dei
tecnici dell’edilizia" a cura
dell'Avv. Annalisa Padoa). |
COMPETENZE PROGETTUALI:
CONSEGUENZE CIVILI E PENALI
DELL’INOSSERVANZA DELLE COMPETENZE.
Il contratto di progettazione e direzione
lavori da parte di un tecnico non abilitato
per opere che esulano dalle sue competenze
(per esempio il cemento armato progettato da
un geometra/perito) è nullo ex art. 1418
(10),
2229 (11)
e 2231 (12)
Codice civile, per contrarietà a norme
imperative.
In tal senso, si segnala la recente
Cassazione civile, sez. II, sentenza 25.07.2007 n.
12193, ed il principio è completamente
affermato (13).
Tale nullità è assoluta e rilevabile anche
d’ufficio dal Giudice in ogni stato e grado
del procedimento, ai sensi dell’art. 1421
C.C., il che significa che è, fra le forme
di invalidità negoziale, ritenuta la più
grave.
Ne consegue –per fare alcuni esempi
concreti– che, allorché al tecnico non
abilitato non sia stato saldato l’onorario,
egli non ha la possibilità di intraprendere
alcuna azione legale in giudizio per
richiedere le proprie spettanze.
Ma anche il committente dei lavori, nel caso
in cui essi presentino difetti e problemi,
non può promuovere azioni contrattuali
contro il tecnico (il committente, infatti,
in quanto partecipe, per effetto del
volontario conferimento dell'incarico, della
violazione di norme di ordine pubblico, non
può dolersi delle conseguenze dannose
derivanti dal compimento di attività
illecite, cui scientemente o quanto meno
incautamente per colpevole ignoranza della
legge, ha dato causa.
Altre conseguenze si rinvengono a carico
dell’impresa appaltatrice, che è per legge
tenuta a rifiutarsi di eseguire opere se i
disegni non sono firmati e la Direzione dei
Lavori non è assunta da professionista
abilitato.
L’art. 4 L. 05.11.1971 n. 1086 infatti
impone l’obbligo a carico delle imprese
appaltatrici di denunciare all'Ufficio del
Genio Civile competente per territorio le
opere in cemento armato corredate dai
calcoli (pena sanzioni penali), prima
dell’inizio dei lavori.
L’appaltatore, in particolare, deve indicare
nella denuncia i nomi ed i recapiti del
committente, del progettista delle strutture
e del direttore dei lavori.
La ratio della norma è quella di
consentire di effettuare i dovuti controlli
al fine di escludere ogni pericolo per la
pubblica e privata incolumità, concetto che,
come abbiamo visto, è un po’ il leit
motiv del riparto di competenze fra
tecnici diplomati e laureati.
---------------
(10)
“Il contratto è nullo quando è contrario a
norme imperative”.
(11)
“La legge determina le professioni
intellettuali per l’esercizio delle quali è
necessaria l’iscrizione in appositi albi o
elenchi”.
(12)
“Quando l’esercizio di una attività
professionale è condizionato all’iscrizione
in un albo o elenco, la prestazione eseguita
da chi non è iscritto non gli dà azione per
il pagamento della retribuzione”.
(13)
Conforme Cass. Civ. 21.12.2006 n. 27441;
Cass. Civ. 15.02.1986 n. 1182: “La redazione
di un progetto eseguita da un geometra in
materia riservata alla competenza
professionale degli ingegneri è illegittima
e a renderla legittima non basta che il
progetto redatto dal geometra sia
controfirmato o vistato da un ingegnere
ovvero che un ingegnere esegua i calcoli del
cemento armato e diriga le relative opere,
perché è il professionista competente che
deve essere altresì titolare della
progettazione, assumendosi la responsabilità
dei calcoli delle strutture armate. (Nella
specie l'appaltatore aveva chiesto la
dichiarazione di nullità del contratto
avente ad oggetto la costruzione di una
piscina coperta per essere stato redatto il
progetto da un geometra).” In senso conforme
anche Cass. sez. 26.07.2006 n. 17028, Cass.
Civ. 06.03.2007 n. 5136.
Altri problemi
pratici insorgono nei casi di contenzioso,
dal momento che le assicurazioni dei tecnici
prevedono sempre clausole di esonero della
copertura nel caso in cui il professionista
abbia ecceduto i limiti delle sue competenze
professionali.
Dobbiamo, infine, considerare che nel
sistema delle “professioni protette”
lo svolgimento da parte del professionista
di attività che esulino dalle proprie
competenze di legge è assimilato all'ipotesi
di attività svolta da soggetto non iscritto
all'albo professionale, mancando in entrambi
i casi l'abilitazione derivante
dall'iscrizione.
Il che comporta conseguenze penali, ai sensi
dell’art. 348 Codice Penale sull’abusivo
esercizio della professione
(tratto dal lavoro 02.04.2009 "Il
riparto delle competenze professionali dei
tecnici dell’edilizia" a cura
dell'Avv. Annalisa Padoa). |
COMPETENZE PROGETTUALI:
ABUSIVO ESERCIZIO DI UNA
PROFESSIONE.
L’art. 348 Codice Penale sancisce: “Chiunque
abusivamente esercita una professione, per
la quale è richiesta una speciale
abilitazione dello Stato è punito con la
reclusione fino a sei mesi”.
Il delitto previsto dall'articolo 348 C.P.
può sussistere quando l'agente eserciti
un'attività privo dell'abilitazione
richiesta per la stessa, ovvero, pur in
possesso di un'abilitazione professionale,
compia in concreto atti che esulano
dall'ambito dell'attività legittimamente
esercitabile sulla base dell'abilitazione
posseduta, sconfinando così nel campo dalla
legge riservato ad altro professionista.
La giurisprudenza si è già pronunziata in
merito, ritenendo che risponde del reato di
esercizio abusivo della professione, il
geometra che procede alla progettazione e/o
alla direzione dei lavori di un edificio con
strutture di cemento armato che non sia di
modeste dimensioni anche se il progetto è
controfirmato o vistato da un professionista
abilitato o se i calcoli del cemento armato
sono stati fatti eseguire da un ingegnere
(cfr. Cassazione penale, sez. VI,
10.10.1995, n. 1147; Cassazione penale, sez.
VI, 13.12.1994; Consiglio Stato 31.01.2001
n. 348).
In questi casi, rammentiamo che l'art. 74
Codice di Procedura Penale riconosce facoltà
al soggetto danneggiato dal reato, ai sensi
dell'art. 185 Codice Penale, ad esercitare,
nel processo penale, l'azione civile per il
risarcimento del danno causato.
Va segnalato che, nel caso di progetto
controfirmato da ingegnere/architetto, non
vi è una causa di esclusione del reato, che
permane tale (14).
Gli Ordini Professionali (degli Architetti e
degli Ingegneri) possono dunque agire nel
caso di abusivo esercizio della loro
professione da parte di un tecnico non
laureato in quanto l’interesse protetto
dalla norma non è privato, ma pubblico (cfr.
Pretura Perugia, 14.05.1993).
---------------
(14) Risponde del reato di esercizio
abusivo della professione il geometra che
procede alla progettazione e alla
direzione dei lavori di un edificio con
strutture di cemento armato che non sia di
modeste dimensioni anche se il
progetto è controfirmato o vistato da un
professionista abilitato o se i calcoli del
cemento armato sono stati fatti
eseguire da un ingegnere. Cassazione penale,
sez. VI, 10.10.1995, n. 1147.
Né può considerarsi ammissibile la reiezione
dell’eccezione –che molti tecnici non
laureati propongono– “di aver studiato il
cemento armato”. La Cassazione infatti
ha ritenuto assolutamente irrilevante che
fra i programmi di insegnamento degli
Istituti Tecnici sia ricompreso nelle
materie di studio "il cemento armato",
perché il fatto comunque non abilita
all'esercizio della professione nel settore
specifico (cfr. Cass. Civ. 21.12.2006 n.
27441) (tratto dal lavoro 02.04.2009 "Il
riparto delle competenze professionali dei
tecnici dell’edilizia" a cura
dell'Avv. Annalisa Padoa). |
COMPETENZE PROGETTUALI:
VIGILANZA/VERIFICA DELLE
COMPETENZE PROFESSIONALI DA PARTE DEI
FUNZIONARI DEGLI ENTI PREPOSTI AL RILASCIO
DELLE AUTORIZZAZIONI.
Un altro aspetto importante del problema “competenze
professionali” riguarda il dovere di
vigilanza e di verifica delle stesse da
parte dei Comuni. Nel rilasciare le
autorizzazioni a costruire, infatti, gli
Uffici Comunali sono tenuti a vigilare ed a
verificare le competenze del professionista
richiedente, pena la declaratoria di
illegittimità dell’autorizzazione.
Lo stesso dicasi per le Soprintendenze, nel
caso di progetti di restauro su edifici
vincolati.
Il punto critico è costituito dal fatto,
generalmente, che i Comuni non rispettano
quanto previsto dalla normativa e non
verificano se i professionisti che
sottoscrivono progetti operino entro le
rispettive competenze; e gli Ordini
professionali, pertanto, non ne hanno
conoscenza.
La Giurisprudenza, però, ha già più volte
sancito l’obbligo comunale di verificare se
il progetto presentato rientri o meno nel
campo di attività del professionista che lo
ha sottoscritto; ad esempio:
- Consiglio di Stato, sentenza 12.11.1985
n. 390: “L’amministrazione deve di
volta in volta determinare se il progetto,
per i problemi tecnici che implica, rientri
o meno nella cognizione della categoria dei
geometri”.
- TAR Puglia, sentenza 23.11.1985 n. 498:
“Spetta all’amministrazione comunale
accertare caso per caso se la costruzione
edilizia da eseguire sia di modeste
dimensioni”.
- Consiglio di Stato, sentenza 13.01.1999
n. 25: “Per gli edifici destinati a
civile abitazione, la competenza dei
geometri è limitata alle sole costruzioni di
modeste dimensioni, con divieto di
progettare opere per cui vi sia impiego di
cemento armato, tale da implicare, in
relazione alla destinazione dell'opera, un
pericolo per l'incolumità della persone in
caso di difetto strutturale, stante
l'evidente favore che le varie norme pongono
per la competenza esclusiva dei tecnici
laureati, nonché l'obbligo della p.a., in
sede di rilascio della concessione edilizia,
di motivare congruamente in ordine alla
sufficienza della redazione di un progetto
da parte di un geometra”.
Ed anche per quanto concerne le
Soprintendenze, la giurisprudenza ha
stabilito che esse devono verificare
l’idoneità professionale del progettista:
- Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 21.03.2006 n.
5239: “Se è vero, infatti, che
spetta alla Soprintendenza ai sensi
dell’art. 18 L. 1089/1939 di autorizzare i
progetti delle opere concernenti i beni
sottoposti alla legge stessa, il controllo
del progetto –che mira ad assicurare la
conformità dell’intervento alla salvaguardia
del valore storico artistico del bene– non
può non estendersi anche alla verifica della
idoneità professionale del progettista (come
stabilita dal legislatore)”;
- TAR Veneto, Sez. II,
sentenza 28.1.2005 n.
381: “La Sovrintendenza per i beni
ambientali ed architettonici -quale
struttura preposta alla tutela dei beni
culturali e storici- ben può, nell'esercizio
della relativa funzione consultiva, rilevare
anche l'incompetenza del professionista che
ha redatto il progetto di restauro e
ripristino di un edificio avente valenza
culturale”;
- Consiglio di Stato, sentenza 23.07.1997
n. 386: “Il controllo sulla paternità
professionale dei progetti di opere da
realizzare su beni immobili sottoposti a
vincolo storico e artistico ai sensi della
l. 01.06.1939 n. 1089 rientra tra le
competenze istituzionali
dell'amministrazione dei beni culturali e
ambientali”.
Se tale
controllo non avviene, gli Ordini
professionali sono comunque legittimati ad
impugnare avanti al TAR le concessioni
edilizie rilasciate a soggetti non abilitati
(15).
La Giurisprudenza, in merito, afferma
costantemente che l’Ordine professionale è
legittimato a ricorrere contro un atto
amministrativo, per vizi attinenti alla
violazione dei limiti posti dalla legge
all'esercizio di una professione
concorrente, poiché, come persona giuridica
pubblica, ha un interesse individuale a
tutelare gli interessi della categoria
globalmente considerata, con l’unico limite
derivante dal divieto di occuparsi di
questioni concernenti i singoli iscritti e
di quelle relative ad attività che non sono
soggette alla disciplina o potestà
dell’Ordine (16).
Per tale genere di ricorsi “ad opponendum”
il termine per l'impugnazione del permesso
di costruire da parte dei terzi, che
assumano di aver subito pregiudizio dalla
costruzione, decorre dalla piena ed
effettiva conoscenza del provvedimento,
intendendosi tale conoscenza come un fatto,
la cui prova rigorosa incombe alla parte che
eccepisce la tardività.
In mancanza di inequivoci elementi
probatori, occorre far riferimento alla data
di ultimazione dei lavori (cioè da quando la
costruzione realizzata rivela in modo certo
ed univoco le caratteristiche dell'opera)
salvo che non emerga la prova di una
conoscenza anticipata che può essere
riferita anche alla data di inizio dei
lavori, allorquando già da tale momento la
nuova costruzione riveli in modo certo ed
univoco le essenziali caratteristiche
dell'opera e l'eventuale non conformità
della stessa al titolo o alla disciplina
urbanistica (17).
La giurisprudenza ha, altresì, statuito che
è legittimo l'annullamento mediante
esercizio del potere di autotutela di una
concessione edilizia in ragione
dell'incompetenza del progettista, da parte
del Comune (cfr. Consiglio Stato
22.05.2006).
---------------
(15)
In tal senso:
- Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 30.01.2002 n.
505: “Un ordine professionale locale
è legittimato al ricorso per la difesa degli
interessi di categoria dei soggetti di cui
ha la rappresentanza istituzionale non solo
quando si tratti di agire a tutela delle
professione stessa o di attribuzioni loro
proprie, ma anche al fine di perseguire
vantaggi strumentali giuridicamente
riferibili alla sfera categoriale”.
- TAR Abruzzo-Pescara, sentenza 08.04.1982 n. 82: “L’ordine
degli ingegneri è legittimato ad impugnare
la concessione edilizia il cui progetto sia
stato elaborato da un geometra in violazione
dell'art. 16, lett. m), r.d. 11.02.1929 n.
274, in quanto il ricorso è volto a tutelare
l'interesse della categoria ad impedire
l'abuso di quella professione a suo
discapito”.
- TAR Calabria-Catanzaro, Sez. II,
sentenza 05.05.2004 n.
1021: “Un ordine professionale locale
è legittimato al ricorso per la difesa degli
interessi di categoria dei soggetti di cui
ha la rappresentanza istituzionale ogni
qualvolta si tratti di agire a tutela della
professione stessa o di attribuzioni proprie
dei professionisti o, ancora, quando bisogna
perseguire vantaggi strumentali
giuridicamente riferibili alla sfera
categoriale; pertanto, sussiste la
legittimazione attiva dell’ordine
provinciale dei Dottori agronomi e Forestali
all'impugnazione del provvedimento della
giunta comunale di affidamento ad un
architetto dell'incarico di elaborare la
variante generale al PRG, il quale,
contemplando espressamente attività di
studio e analisi rientranti nelle competenze
degli appartenenti al citato ordine si
poneva come lesivo delle prerogative dei
predetti professionisti”;
- Consiglio di Stato, sentenza 12.11.1985
n. 390: “Gli ordini professionali sono
persone giuridiche pubbliche e, avendo, tra
l'altro, la finalità di tutelare gli
interessi di categoria, sono legittimati ad
impugnare i provvedimenti della p.a.
ritenuti lesivi di tali interessi”.
(16)
In tal senso TAR Veneto, sentenza
16.04.2003.
(17)
TAR Marche,
sentenza
26.09.2007 n. 1574: “Il termine per
l'impugnazione della concessione edilizia da
parte dei terzi, che assumano di aver subito
pregiudizio dalla costruzione assentita,
decorre dalla piena ed effettiva conoscenza
del provvedimento, intendendosi tale
conoscenza come un fatto, la cui prova
rigorosa incombe alla parte che eccepisce la
tardività. In mancanza di inequivoci
elementi probatori occorre far riferimento
alla data di ultimazione dei lavori, salvo
che non emerga la prova di una conoscenza
anticipata che può essere riferita anche
alla data di inizio dei lavori, allorquando
già da tale momento è possibile verificare
l'entità della modifica dei luoghi”
(tratto dal lavoro 02.04.2009 "Il
riparto delle competenze professionali dei
tecnici dell’edilizia" a cura
dell'Avv. Annalisa Padoa). |
COMPETENZE
PROGETTUALI: Il
criterio per accertare se una costruzione sia da considerare
modesta, e rientri quindi nella competenza professionale dei
geometri, va individuato nelle difficoltà tecniche che la
progettazione e l’esecuzione dell’opera comportano e nelle
capacità occorrenti per superarle; ed a questo fine si è
ritenuto che assumono rilievo, oltre alla complessità della
struttura e delle relative modalità costruttive, anche, in
via complementare, il costo presunto dell’opera, in quanto
si tratta di un elemento sintomatico che vale ad evidenziare
le difficoltà tecniche che coinvolgono la costruzione.
la competenza professionale dei geometri in materia di
progettazione e direzione dei lavori di opere edili riguarda
le costruzioni rurali e degli edifici per uso di industrie
agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria,
“comprese le piccole costruzioni accessorie in cemento
armato” che non richiedano particolari operazioni di calcolo
e che per la loro destinazione non possono comunque
implicare pericolo per la incolumità delle persone.
Secondo quanto costantemente
chiarito dalla giurisprudenza (Cass. Civ., sez. I,
27.02.2008, n. 5203, e sez. III, 14.06.2007, n. 13968), il
criterio per accertare se una costruzione sia da considerare
modesta, e rientri quindi nella competenza professionale dei
geometri, va individuato nelle difficoltà tecniche che la
progettazione e l’esecuzione dell’opera comportano e nelle
capacità occorrenti per superarle; ed a questo fine si è
ritenuto che assumono rilievo, oltre alla complessità della
struttura e delle relative modalità costruttive, anche, in
via complementare, il costo presunto dell’opera, in quanto
si tratta di un elemento sintomatico che vale ad evidenziare
le difficoltà tecniche che coinvolgono la costruzione.
In aggiunta, si è anche precisato che la competenza
professionale dei geometri in materia di progettazione e
direzione dei lavori di opere edili riguarda le costruzioni
rurali e degli edifici per uso di industrie agricole, di
limitata importanza, di struttura ordinaria, “comprese le
piccole costruzioni accessorie in cemento armato” che
non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per
la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo
per la incolumità delle persone (Cons. St., sez. IV,
05.09.2007, n. 4652 e TAR Campania, sez. Salerno, sez. II,
19.07.2007, n. 860).
Ciò posto, ritiene il Collegio che la realizzazione di un
garage, per le sue modeste dimensioni, ben avrebbe potuto
essere progettato da un geometra, in quanto, pur essendo
realizzato in cemento armato, il manufatto non richiedeva
per la sua progettazione particolari operazioni di calcolo;
inoltre, tale opera per la sua collocazione (totalmente
interrato) e per la sua specifica destinazione (a garage)
non può comunque implicare pericolo per la incolumità delle
persone
(TAR Abruzzo-Pescara, Sez.
I,
sentenza 05.03.2009 n. 134 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROFESSIONALI: Competenze
professionali dei Geometri (Il
Triangolo n. 01/2009). |
anno 2008 |
|
COMPETENZE
PROGETTUALI - PUBBLICO IMPIEGO:
Competenze Istruttore tecnico -
geometra.
Il Comune di
XXX dispone alle proprie dipendenze di n. 1 unità di
personale, assunta con contratto individuale di lavoro a
tempo indeterminato stipulato il 14.12.2007 nel profilo
professionale di "ISTRUTTORE TECNICO", categoria C.,
assegnata al Servizio Urbanistica–Edilizia Privata,
attualmente non iscritta all’Ordine degli Ingegneri ed in
possesso dei seguenti titoli di studio:
- diploma di Geometra;
- diploma di Laurea in Ingegneria per l’Ambiente e il
Territorio.
Il Comune chiede, ai sensi dell’art. 79 della L.R.
05/12/1977, n. 56:
1) se detto personale possa progettare per il Comune gli
strumenti urbanistici generali ed esecutivi, relative
revisioni, varianti (strutturali, parziali) e loro
modifiche, come contemplati dalla vigente Legge Regionale
Urbanistica;
2) se per lo svolgimento di dette o talune di dette
prestazioni il dipendente debba necessariamente essere
iscritto all’Albo degli Ingegneri;
3) quali siano gli elaborati, previsti dall’art. 14 comma 1
della Legge Regionale 56/1977 e s.m.i., che eventualmente
detto lavoratore NON è legittimato a formare (Regione
Piemonte,
parere n.
137/2008 -
tratto da
www.regione.piemonte.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Requisiti direttore lavori.
Il sindaco del
Comune di XXX chiede se un dipendente dell’ente, con la
laurea in architettura, può assumere il ruolo di direttore
di lavori relativi alla costruzione di una strada comunale
(Regione Piemonte,
parere n. 120/2008 - link a
www.regione.piemonte.it). |
COMPETENZE
PROFESSIONALI: Sulla
competenza o meno di un geometra a progettare un Piano di
Recupero.
In linea generale, la redazione di un piano di lottizzazione
(e, in genere, di uno strumento di programmazione
urbanistica) costituisce attività che richiede una
competenza specifica in tale settore attraverso una visione
di insieme e la capacità di affrontare e risolvere i
problemi di carattere programmatorio che postulano
valutazioni complessive non rientranti nella competenza
professionale del Geometra, così come definita dall'art. 16
del R.D. n. 274/1929 (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 03.09.2001
n. 4620; Sez. IV, 09.11.1989 n. 765).
Nel caso specifico va tuttavia osservato che il Piano di
recupero in oggetto assume solo la connotazione formale di
un Piano urbanistico attuativo poiché, nella sostanza,
presenta contenuti esclusivamente edilizi che riguardano la
ristrutturazione (mediante demolizione e ricostruzione) di
un edificio esistente. Non sono invece coinvolti aspetti
pianificatori tipici della programmazione urbanistica, come
il raccordo tra l’edificazione e le opere di urbanizzazione
primaria e secondaria, sia esistenti che di progetto. Si
tratta, pertanto, di un Piano di recupero costituito
attraverso valutazioni ed elaborati tipici di un permesso di
costruire ed avente ad oggetto un'opera di modesta entità
che rientra senz'altro nella competenza professionale del
Geometra (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 29.10.2008 n. 1466 -
link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI: Oggetto:
richiesta parere sulle competenze degli
Ingegneri in materia di opere
cimiteriali (Consiglio Nazionale degli
Ingegneri,
nota
14.07.2008 n. 770 di prot.). |
INCARICHI
PROFESSIONALI:
Le competenze professionali degli ingegneri juniores.
La pubblicazione analizza, ad oltre 6 anni dall'emanazione
del DPR 328/2001, le competenze professionali degli
ingegneri juniores (link a www.centrostudicni.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI:
OGGETTO: COMPETENZE PROFESSIONALI - TAR Veneto, Sez. II,
sentenza 31.10.2007 n. 3630 - DIRETTIVA (MIBAC, Direzione Regionale per i Beni Culturali e
Paesaggistici del Veneto,
nota
29.04.2008 n. 5407 di prot.). |
COMPETENZE
PROFESSIONALI: Atti
di aggiornamento geometrico - Circolare n. 3 del 14.04.2008.
Disposizioni in merito alla configurabilità o meno, in capo
agli Agrotecnici e agli Agrotecnici laureati, della
competenza a redigere e sottoscrivere atti di aggiornamento
catastale (link a www.agenziaterritorio.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI: La
progettazione delle opere viarie, idrauliche
ed igieniche, che non siano strettamente
connesse con i singoli fabbricati, è di
pertinenza degli ingegneri.
Parte ricorrente deduce che, nella specie,
la competenza per la redazione del progetto
per la realizzazione di opere per il
recupero, risanamento e potenziamento della
rete di distribuzione idrica sarebbe
attribuita ex lege esclusivamente
alla figura professionale dell’ingegnere.
Il capo IV del Regolamento per le
Professioni d'Ingegnere e di Architetto,
approvato con Regio Decreto 23.10.1925 n.
2537, di esecuzione della legge 24.06.1923
n. 1395 disciplina l'oggetto ed i limiti
delle competenze spettanti alle due figure
professionali.
L'art. 51 del R.D. 23.10.1925 n. 2537
determina la competenza degli ingegneri
nella progettazione e conduzione dei lavori
per "estrarre ed utilizzare i materiali
direttamente od indirettamente occorrenti
per le costruzioni e per le industrie, dei
lavori relativi alle vie ed ai mezzi di
trasporto di deflusso e di comunicazione,
alle costruzioni di ogni specie, alle
macchine ed agli impianti industriali,
nonché, in generale, alle applicazioni della
fisica, i rilievi geometrici e le operazioni
di estimo".
In tale formulazione ampia e comprensiva
sono ricomprese le costruzioni stradali, le
opere igienico-sanitarie (acquedotti,
fognature ed impianti di depurazione), gli
impianti elettrici, le opere idrauliche e,
di certo, anche le opere di edilizia civile
(nella espressione "costruzioni di ogni
specie").
L'art. 52 del medesimo Regio Decreto dispone
che rientrano nella competenza comune di
ingegneri ed architetti le "opere di
edilizia civile" ed il raccordo con la
norma che precede indica che questa
categoria è stata individuata nell'ambito
della più ampia e generale competenza degli
ingegneri "per costruzioni di ogni specie".
Il medesimo art. 52, comma II, riserva alla
competenza degli architetti le opere di
edilizia civile che presentano rilevante
carattere artistico e di restauro ed il
ripristino degli edifici di interesse
storico-artistico.
Tuttavia la parte residua (e quindi i
calcoli, i rilievi geometrici, le tecniche
di intervento strutturale, la parte
ricostruttiva) rientra in altra ipotesi di
competenza comune.
Orbene, non vi è dubbio che nella nozione di
"opere di edilizia civile" siano da
comprendere tutte le opere anche connesse ed
accessorie, purché, ovviamente, si tratti di
pertinenze al servizio di singoli fabbricati
o complessi edilizi.
Peraltro (e l'argomento assume un rilievo
decisivo ai fini della verifica dei
contenuti dispositivi degli artt. 51 e 52
del R.D. n. 2537 del 1925), l'art. 54,
ultimo comma, del R.D. 23.10.1925 n. 2537
contempla un allargamento della competenza
degli architetti, per i soli professionisti
appartenenti a questa categoria che abbiano
conseguito il diploma di architetto civile,
in questi termini: "sono autorizzati a
compiere le attività di cui all'art. 51"
(vale a dire quelle riservata agli
ingegneri) "ad eccezione però di quanto
riguarda le applicazioni industriali e della
fisica, nonché i lavori relativi alle vie,
ai mezzi di comunicazione e di trasporto ed
alle opere idrauliche".
Ne consegue, su tali basi normative, che la
regola da valere, salvo eccezione
espressamente individuata, non può affatto
essere quella della equivalenza delle
competenze professionali di ingegneri ed
architetti.
E' infatti pacifico che la progettazione
delle opere viarie, idrauliche ed igieniche,
che non siano strettamente connesse con i
singoli fabbricati, sia di pertinenza degli
ingegneri (cfr.: Cons. Stato, Sez. V,
06.04.1998, n. 416; Sez. IV, 19.02.1990, n.
92; Sez. III, 11.12.1984, n. 1538)
(TAR Calabria-Catanzaro, Sez. II,
sentenza 09.04.2008 n. 354 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE
PROGETTUALI:
Come risulta dagli atti,
la progettazione e la realizzazione dell’edificio
industriale assentito con l’impugnata concessione edilizia
non è imputabile unicamente -o comunque, in modo prevalente-
al Geometra ma anche ad altri professionisti laureati, e,
soprattutto, proprio per le opere in conglomerato
cementizio, circostanza peraltro già evidente prima del
rilascio della concessione stessa.
Del resto, in materia di progettazione di opere private,
deve ritenersi senz’altro consentito l’intervento di un
ingegnere (o di un architetto) ad integrazione dei limiti
della competenza dei geometri, dal momento che la finalità
delle norme a disciplina delle competenze professionali
degli ingegneri è quella di assicurare l’incolumità delle
persone e ciò ben può ravvisarsi nei casi in cui essi
provvedano ai calcoli statici delle strutture ed alla
verifica della loro idoneità, anziché alla redazione
integrale del progetto ed alla direzione altrettanto
integrale dei relativi lavori.
Il 06.04.1990 il Sindaco di Montegranaro ha rilasciato al
sig. Di Battista Vincenzo la concessione edilizia n. 78 per
la costruzione di un edificio industriale in località
Quazzetti, su progetto redatto sia dal Geom. Angelo
Squarcia, indicato anche come direttore dei lavori, sia
dall’ing. Paolo Enrico Svampa, indicato quale progettista e
direttore delle opere in conglomerato cementizio.
La concessione edilizia è stata impugnata dall’Ordine degli
Ingegneri di Ascoli Piceno con il ricorso in epigrafe
indicato, notificato il 02.06.1990 e depositato 12
successivo, deducendosene l’illegittimità per violazione
delle norme che disciplinano la competenza professionale dei
geometri, in quanto la progettazione dell’opera assentita,
per la sua consistenza, destinazione, ubicazione in zona
sismica ed impiego di strutture in cemento armato, è da
annoverarsi tra quelle riservate alla competenza
professionale degli ingegneri.
Nelle more del deposito del ricorso, il titolare della
concessione, con nota inviata al Comune di Montegranaro il
21.06.1990 e con riferimento a quanto già comunicato il
27.04.1990 nella denuncia depositata presso il Servizio
regionale decentrato oo.pp. di Ascoli Piceno (ex Genio
civile) ai sensi dell’art. 17 della legge n. 64/1974, ha
però, indicato il Geom. Angerlo Squarcia come progettista e
direttore dei lavori non strutturali, l’Ing. Silvano Rometta
come progettista delle strutture prefabbricate, l’ing.
Alberto Del Lago come progettista del tegolo prefabbricato “Ondal”,
l’ing. Paolo Enrico Svampa come progettista e direttore dei
lavori delle strutture in opera, l’ing. Gianni Sellavita
come direttore delle strutture prefabbricate, l’Arch. Fabio
Marcaccioli come direttore di montaggio delle strutture
prefabbricate ed il Geom. Maurizio Manfredini come capo
cantiere delle strutture prefabbricate.
Il 23.07.1990 si è costituito in giudizio il Geom. Angerlo
Squarcia, il cui difensore ha depositato il 18.01.2008 la
sua dichiarazione dell’11.04.1991 in merito all’attività
professionale effettivamente svolta (rilievi e pratiche
catastali, stesura grafica del progetto sulla base delle
bozze dell’Ing. Svampa, progettazione sistemazione area di
pertinenza, compilazione ed inoltro pratica edilizia,
rapporti con il cliente e con la società fornitrice dei
prefabbricati, operazioni topografiche di cantiere, misura e
contabilità dei lavori) nonché copia della relazione di
collaudo dell’Ing. Alteriano Renzi, depositata il 9.8.1991
presso il Servizio regionale decentrato oo.pp. di Ascoli
Piceno: con memoria depositata l’08.02.2008 ha, quindi,
replicato ai dedotti gravami, chiedendo che il ricorso sia
respinto in quanto infondato.
Le altre parti intimate non si sono costituite in giudizio.
Tanto premesso, il Collegio considera il ricorso infondato
perché, come risulta dagli atti sopra indicati, la
progettazione e la realizzazione dell’edificio industriale
assentito con l’impugnata concessione edilizia, non è
imputabile unicamente -o comunque, in modo prevalente- al
Geom. Angelo Squarcia, ma anche ad altri professionisti
laureati, e, soprattutto, proprio per le opere in
conglomerato cementizio, circostanza peraltro già evidente
prima del rilascio della concessione stessa.
Del resto, in materia di progettazione di opere private,
deve ritenersi senz’altro consentito l’intervento di un
ingegnere (o di un architetto) ad integrazione dei limiti
della competenza dei geometri, dal momento che la finalità
delle norme a disciplina delle competenze professionali
degli ingegneri è quella di assicurare l’incolumità delle
persone e ciò ben può ravvisarsi nei casi in cui essi
provvedano ai calcoli statici delle strutture ed alla
verifica della loro idoneità, anziché alla redazione
integrale del progetto ed alla direzione altrettanto
integrale dei relativi lavori (TAR Marche,
sentenza 13.03.2008 n. 194 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI:
Il criterio per accertare se una costruzione
sia da considerare modesta -e rientri
quindi nella
competenza professionale dei geometri– consiste nel valutare le difficoltà
tecniche che la progettazione e l'esecuzione
dell'opera comportano e le capacità
occorrenti per superarle; a questo fine
assumono rilievo,
oltre alla complessità della struttura e
delle relative modalità costruttive, anche,
in via
complementare, il costo presunto dell'opera,
in quanto si tratta in ogni caso di elementi
sintomatici che valgono ad evidenziare le
difficoltà tecniche che coinvolgono la
costruzione.
Il criterio per accertare se una costruzione
sia da considerare modesta -e rientri
quindi nella
competenza professionale dei geometri, ai
sensi dell'art. 16, lett. m), R.D. 11.02.1929 n.
274– consiste nel valutare le difficoltà
tecniche che la progettazione e l'esecuzione
dell'opera comportano e le capacità
occorrenti per superarle; a questo fine
assumono rilievo,
oltre alla complessità della struttura e
delle relative modalità costruttive, anche,
in via
complementare, il costo presunto dell'opera,
in quanto si tratta in ogni caso di elementi
sintomatici che valgono ad evidenziare le
difficoltà tecniche che coinvolgono la
costruzione (Nella specie la S.C. ha confermato la
decisione della corte territoriale, negando
la competenza
dei geometri, rilevando che gli impianti di
depurazione non rientrano tra le opere
contemplate
dalla tariffa professionale, che l’entità
dei lavori –14 miliardi di vecchie lire-
esulasse dalle
competenze dei geometri e che la delicatezza
dei problemi tecnici relativi alla
progettazione
di un'infrastruttura reticolare e connessi
all'interferenza con altri impianti pure a
rete
(illuminazione, cavi telefonici, ecc.) ed
alla sostituzione e/o recupero dell'impianto
preesistente ponesse serie problemi tecnici)
(Corte di
Cassazione, Sez. I civile, sentenza 27.02.2008 n. 5203). |
anno 2007 |
|
EDILIZIA
PRIVATA: Competenze
progettuali geometri.
Il Comune XXX richiede parere in merito alla questione della
competenza dei geometri nella progettazione di strutture in
cemento armato.
Il caso proposto riguarda la competenza di un geometra a
progettare e a dirigere i lavori di ricostruzione di un
solaio di circa 40 mq., realizzato in conglomerato
cementizio armato normale, precompresso e a struttura
metallica. L’intervento edilizio riguarda un fabbricato a
destinazione commerciale e residenziale.
Il professionista, a sostegno della propria competenza a
progettare opere in cemento armato, ha evidenziato la
modesta entità delle stesse e ha richiamato atti e sedi nei
quali sarebbe confermata la competenza medesima (Regione
Piemonte,
parere n. 113/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI - INCARICHI PROGETTUALI:
La progettazione di opere
di sistemazione idraulica di corsi d'acqua rientra nelle
competenze esclusive dell'ingegnere.
Lo svolgimento della progettazione richiamata in oggetto da
parte di professionisti geometri è illegittima e, pertanto,
non abilita la stazione appaltante al pagamento dei compensi
professionali.
Il sub-affidamento delle attività di verifica idrogeologica
ad un ingegnere è in contrasto con l'art. 91, comma 3, del
D.Lgs. n. 163/2006 e s.m., inerente il divieto di subappalto
dei servizi di ingegneria.
--------------
L'assegnazione degli incarichi in parola tramite affidamento
diretto non è conforme alle indicazioni dell'art. 57, comma
5, lett. b) e dell'art. 125, comma 11, del D.Lgs. n.
163/2006 (in via transitoria DPR n. 384/2001), non
ricorrendo i presupposti per l'applicazione delle norme
citate.
... il Consiglio:
2) rileva che la progettazione di opere di sistemazione
idraulica di corsi d'acqua rientra nelle competenze
esclusive dell'ingegnere;
3) rileva che lo svolgimento della progettazione richiamata
in oggetto da parte di professionisti geometri è illegittima
e che pertanto non abilita la stazione appaltante al
pagamento dei compensi professionali;
4) rileva che il sub-affidamento delle attività di verifica
idrogeologica ad un ingegnere è in contrasto con l'art. 91,
comma 3, del D.Lgs. n. 163/2006 e s.m., inerente il divieto
di subappalto dei servizi di ingegneria;
5) rileva che l'assegnazione degli incarichi in parola
tramite affidamento diretto non è conforme alle indicazioni
dell'art. 57, comma 5, lett. b) e dell'art. 125, comma 11,
del D.Lgs. n. 163/2006 (in via transitoria DPR n. 384/2001),
non ricorrendo i presupposti per l'applicazione delle norme
citate (Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di
Lavori, Servizi e Forniture,
deliberazione 20.12.2007 n. 316). |
COMPETENZE
PROFESSIONALI: Interventi
su beni immobili tutelati ai sensi del D.Lgs. n. 490/1999 -
Competenza esclusiva degli architetti - Art. 52 R.D. n.
2537/1925 - Disapplicazione - Disparità di trattamento tra
ingegneri civili italiani e ingegneri appartenenti a stati
membri - Equiparazione sul piano comunitario dei titoli di
ingegnere civile e architetto - Art. 3 Cost. - Dir.
348/85/CEE.
L’art. 52 del RD n. 2537/25 -che la Corte Costituzionale ha
affermato avere natura regolamentare- in ordine agli
interventi su beni immobili sottoposti alla speciale tutela
di cui al DLgs n. 490/1999 preclusi agli ingegneri civili,
viola il principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 della
Costituzione: esso realizza una evidente, ingiusta e
irragionevole, disparità di trattamento, atteso che agli
ingegneri civili che hanno conseguito il diploma di laurea
in Italia è impedito l’accesso ad attività professionali che
l’Amministrazione statuale non può, invece, per effetto
della direttiva comunitaria n. 384/1985, vietare agli
ingegneri civili che hanno ottenuto il titolo in altri Stati
membri. La norma va pertanto disapplicata in conformità al
principio di gerarchia delle fonti, che regola il conflitto
tra fonte primaria ed atto di normazione secondaria.
Peraltro, la norma in questione, limitando l’attività degli
ingegneri che abbiano conseguito il titolo in Italia
attraverso un percorso formativo analogo a quello degli
architetti, contrasta palesemente con il principio
comunitario (recepito dall’Italia con il DLgs n. 129/1992)
che stabilisce la equiordinazione sul piano comunitario dei
titoli di ingegnere civile ed architetto, nonché con il
principio di parità di trattamento tra cittadini italiani e
cittadini degli altri stati membri introdotto dall’art. 2, I
comma, lett. h) della legge comunitaria 2004 (legge
18.04.2005 n. 62) (TAR Veneto, Sez. II,
sentenza 15.11.2007 n. 3630
- link a www.ambientediritto.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI: Sussiste
l’incompetenza professionale di un geometra
quale titolare del progetto assentito che
vede la realizzazione di un’opera in cemento
armato di non modeste dimensioni, prevedendo
la realizzazione complessiva di un volume
pari a circa 2.000 mc..
La finalità dell’art. 16 r.d. 11.02.1929 n.
274 (che prevede la competenza dei geometri
solo per i progetti riguardanti modeste
costruzioni) è quella di evitare il pericolo
per l’incolumità delle persone.
Non possono rientrare nella competenza dei
geometri opere di cemento armato che non
siano piccole costruzioni accessorie e ciò
anche quando il calcolo del cemento armato
sia stato affidato ad un ingegnare o ad un
architetto.
Al riguardo, la
Sezione non ritiene di doversi distaccare
dall’orientamento anche recente assunto in
materia dalla Cassazione la quale, ribadendo
che la finalità dell’art. 16 r.d. 11.02.1929
n. 274 è quella di evitare il pericolo per
l’incolumità delle persone, ha escluso che
possano rientrare nella competenza dei
geometri opere di cemento armato che non
siano piccole costruzioni accessorie (Sez.
II n. 27441 del 21/12/2006; n. 17028 del
26/07/2006) e ciò anche quando il calcolo
del cemento armato sia stato affidato ad un
ingegnare o ad un architetto.
Pertanto, sussiste l’incompetenza
professionale di un geometra quale titolare
del progetto assentito che vede la
realizzazione di un’opera in cemento armato
di non modeste dimensioni, prevedendo la
realizzazione complessiva di un volume pari
a circa 2.000 mc.
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 05.09.2007 n. 4652 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI: Non
rientra nelle competenze progettuali dei
geometri l'incarico professionale per
l’esecuzione dei rilievi topografici, delle
indagini geognostiche, della progettazione
preliminare, definitiva ed esecutiva nonché
del piano della sicurezza e di coordinamento
relativamente ai lavori di riqualificazione
di una strada provinciale.
... Il Collegio dei Geometri della Provincia
di Cremona propone ricorso contro il bando
di gara di conferimento dell’incarico
professionale per l’esecuzione dei rilievi
topografici, delle indagini geognostiche,
della progettazione preliminare, definitiva
ed esecutiva nonché del piano della
sicurezza e di coordinamento relativamente
ai lavori di riqualificazione della S.P. n.
27 “Postumia”, mediante allargamento
dalla progr. Km 12+885 (confine comunale tra
Pieve S. Giacomo e Derovere) alla progr. Km
17+720, pubblicato dalla medesima
Amministrazione provinciale.
Il gravame è limitato alla parte del bando
in cui riserva la selezione ai soli laureati
in ingegneria o architettura escludendo, di
conseguenza, i geometri.
...
Per comprendere se l’opera possa rientrare o
meno nelle competenze istituzionali dei
geometri occorre esaminare la stessa nel suo
complesso e non secondo la visione
atomistica che analizza solo le sue singole
componenti. Sotto quest’ultimo profilo
potrebbe anche condividersi la conclusione
secondo cui, ad esempio, i singoli manufatti
in cemento armato (c.d. 9 ponti)
costituirebbero opere di modesta rilevanza
che, se collocati nel contesto delle strade
vicinali (la cui progettazione, direzione,
sorveglianza e liquidazione è espressamente
contemplata dall’art. 16, comma 1, lett. l),
del R.d. n. 274/1929), riterrebbero a pieno
titolo nella competenza del geometra.
Nel caso in esame si tratta, tuttavia, di
una porzione di strada provinciale che, da
quanto emerge dalle relazioni tecniche in
atti, sarà sottoposta ad un vero e proprio
intervento di ristrutturazione da cui
deriverà una strada sostanzialmente diversa
(per dimensioni e caratteristiche) da quella
esistente in vista dell’aumento di traffico
cui è destinata: traffico che chiaramente
non è circoscritto solo alla movimentazione
dei mezzi agricoli o locali e saltuari
spostamenti comportanti un limitato rischio
per la pubblica incolumità.
Non può quindi essere condivisa la posizione
espressa dal Collegio dei Geometri secondo
cui il progetto si limiterebbe al semplice
(e modesto) ampliamento (allargamento) senza
che possa assumere significativa rilevanza
l’intervento sulla parte esistente per
raccordarla funzionalmente, strutturalmente
e tecnicamente alla nuova costruzione (già
comunque di per sé rilevante sviluppandosi
per una lunghezza di circa 5 Km con opere
d’arte ed accessorie).
Come ricordato in precedenza, l’art. 16,
comma 1, lett. l), del R.d. n. 274/1929
attribuisce alla competenza piena del
geometra solo le “strade vicinali” purché
non contemplino “rilevanti opere d’arte”.
Le strade provinciali possono invece
rientrare nell’ampio concetto di “strade
ordinarie” che compare nella precedente
lett. b) del citato art. 16.
In questo caso, tuttavia, le competenze del
geometra sono limitate alle c.d. “operazioni
di tracciamento” che non possono farsi
coincidere con la completa redazione del
progetto comprensiva della risoluzione di
tutte le problematiche che possano sorgere
al riguardo.
Dalla letteratura tecnica riguardante la
teoria e la pratica delle costruzioni
stradali emerge che le operazioni di
“tracciamento” stradale riguardano
essenzialmente la fase esecutiva dei lavori
e costituiscono le operazioni preliminari
cui seguono i movimenti di terra (scavi,
trasporti e formazione rilevati),
l’esecuzione delle pavimentazioni, la
realizzazione delle opere d’arte (ponti,
muri di sostegno, tombini, ecc.) e le opere
di rifinitura.
In particolare il “tracciamento” consiste
nella determinazione, sul terreno, del corpo
stradale attraverso l’apposizione di tutti
quei segnali concorrenti alla materiale
esecuzione dell’opera (picchettatura
planimetrica e altimetrica del tracciato e
dei suoi tratti o parti caratteristiche come
rettifili, curve, pendenze, scarpate, ecc.).
La progettazione integrale dell’opera in
esame, data la sua dimensione e complessità,
va quindi esclusa dalla competenza dei
geometri così come disciplinata dal relativo
ordinamento professionale di cui al R.d. n.
274/1929.
Ad analoga a conclusione deve giungersi
anche con riferimento alle disposizioni
contenute nell’art. 57 della Legge 02.03.1949
n. 144 recante approvazione della relativa
tariffa.
Al riguardo deve escludersi la natura
complessivamente innovativa della stessa per
quanto concerne la determinazione delle
competenze (cfr., ad esempio per le opere in
c.a., Cassazione civile, Sez. II, 22.10.1997, n. 10365; TAR Valle d'Aosta, 23.08.1993, n. 96).
La circostanza che al richiamato art. 57 –voci E) ed F) della Categoria II– siano
citate genericamente le “costruzioni
stradali” non significa che la tariffa
professionale abbia voluto eliminare i
limiti già contenuti nell’art. 16 del R.d.
n. 274/1929: limiti chiaramente introdotti
con riferimento alla tipologia di strada in
esame (più contenuti per strade, come le
vicinali che non abbiano rilevanti opere
d’arte, dove il pericolo per la pubblica
incolumità è inferiore e limiti più
rilevanti dove tale pericolo è
obiettivamente maggiore come per le strade
ordinarie)
(TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 23.07.2007 n. 630 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI: La
competenza professionale dei geometri in
materia di progettazione e direzione dei
lavori di opere edili riguarda le
costruzioni rurali e degli edifici per uso
di industrie agricole, di limitata
importanza, di struttura ordinaria, comprese
piccole costruzioni accessorie in cemento
armato che non richiedono particolari
operazioni di calcolo e che per la loro
destinazione non possono comunque implicare
pericolo per la incolumità delle persone,
nonché il progetto, la direzione e vigilanza
di modeste costruzioni civili.
La competenza professionale dei geometri in
materia di progettazione e direzione dei
lavori di
opere edili, prevista dall'art. 16, r.d. n.
274 del 1929, riguarda le costruzioni rurali
e degli
edifici per uso di industrie agricole, di
limitata importanza, di struttura ordinaria,
comprese
piccole costruzioni accessorie in cemento
armato che non richiedono particolari
operazioni di
calcolo e che per la loro destinazione non
possono comunque implicare pericolo per la
incolumità delle persone, nonché il
progetto, la direzione e vigilanza di
modeste costruzioni
civili (TAR Campania-Salerno, Sez. II,
sentenza 19.07.2007 n. 860 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI: L'indagine intesa ad accertare se una
costruzione destinata a civile abitazione
sia da
considerarsi modesta e rientri, quindi,
nella competenza professionale dei periti
industriali (o
dei geometri), non può prescindere dalla
valutazione delle difficoltà tecniche che la
progettazione e l'esecuzione dell'opera
comporta e dalla capacità (cioè dalle
cognizioni
tecniche) occorrente per superarle, criterio
che ha valore fondamentale per l'esatta
interpretazione e l'applicazione dell'art.
16 del regolamento professionale.
L'indagine intesa ad accertare se una
costruzione destinata a civile abitazione
sia da
considerarsi modesta e rientri, quindi,
nella competenza professionale dei periti
industriali (o
dei geometri), non può prescindere dalla
valutazione delle difficoltà tecniche che la
progettazione e l'esecuzione dell'opera
comporta e dalla capacità (cioè dalle
cognizioni
tecniche) occorrente per superarle, criterio
che ha valore fondamentale per l'esatta
interpretazione e l'applicazione dell'art. 16
del regolamento professionale (R.D. 11.02.1929 n. 275, per i periti industriali, e
R.D. 11.02.1929 n 274, per i
geometri).
In detta
indagine si terrà conto anche degli elementi
dell'importo dell'opera (costo presunto),
della
cubatura e del numero dei piani (cosiddetti
criteri di valore, od economico, e
quantitativo), ma
soprattutto per il loro valore sintomatico,
in quanto valgono a determinare le
caratteristiche
costruttive dell'opera e ad illuminare sulle
difficoltà tecniche che l'opera medesima
presenta, al
fine di apprezzare se questa costituisca una
costruzione modesta ai sensi
dell'ordinamento
professionale, ovvero esuli dalla capacita
tecnica e dalla competenza dei periti
industriali (e dei geometri) (Corte di
Cassazione, Sez. III civile, sentenza 14.06.2007 n. 13968). |
EDILIZIA
PRIVATA:
L'Ufficio Tecnico
Comunale deve sindacare la competenza professionale in
ordine alle istanze edilizie presentate?
(Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggistici e
Conservatori della Provincia di Udine,
nota 09.03.2007). |
COMPETENZE PROGETTUALI: La
progettazione delle opere viarie, idrauliche
ed igieniche, che non siano strettamente
connesse con i singoli fabbricati, è di
pertinenza degli ingegneri.
Ed è ugualmente irrilevante il fatto che il
progetto sia stato firmato da un architetto
che ricopre la qualifica di responsabile
dell'ufficio tecnico poiché lo stesso TUEL,
all’art. 109 d.lgs. 18.08.2000 n. 267,
prevede che “gli incarichi dirigenziali sono
conferiti … secondo criteri di competenza
professionale”.
Con il
secondo motivo, si denuncia l’incompetenza
del tecnico firmatario del progetto, stante
il divieto normativo imposto agli architetti
di elaborare progettazioni di opere viarie
non connesse con opere di edilizia civile.
Anche tale censura è fondata.
Invero, è da ritenere tuttora persistente la
ripartizione di competenze professionali tra
ingegneri ed architetti sancita dagli art.
51 e 52, r.d. 23.10.1925 n. 2537, come
confermato dall’art. 1, comma 2, d.lgs. 27.01.1992 n. 129 di attuazione, tra
l’altro, della direttiva 85/384/Cee (TAR
Lombardia Brescia, 24.08.2004, n. 925).
Tali norme, emanate in sede di approvazione
del regolamento per le professioni
d’ingegnere e di architetto, in particolare
riservano alla competenza comune di
architetti ed ingegneri le sole opere di
edilizia civile, mentre attribuiscono alla
competenza generale degli ingegneri, quelle
concernenti: le costruzioni stradali, le
opere igienico sanitarie (depuratori,
acquedotti, fognatura e simili), gli
impianti elettrici, le opere idrauliche, le
operazioni di estimo, l’estrazione di
materiali, le opere industriali; ferma
rimanendo per i soli architetti, la
competenza in ordine alla progettazione
delle opere civili che presentino rilevanti
caratteri artistici e monumentali (art. 52,
2° comma, cit., che conserva però alla
concorrente competenza degli ingegneri,
secondo la regola generale, la parte tecnica
degli interventi costruttivi de quibus).
Da
ciò discende la regola, frutto
dell’interpretazione sistematica e
teleologica degli artt. 51, 52 e 54 del r.d.
23.10.1925, n. 2537 e pacificamente
accolta nella giurisprudenza di seconde
cure, secondo cui la progettazione delle
opere viarie, idrauliche ed igieniche, che
non siano strettamente connesse con i
singoli fabbricati, sia di pertinenza degli
ingegneri (cfr. sez. V, 06.04.1998, n.
416; sez. IV, 19.02.1990, n. 92; sez. III, 11.12.1984, n. 1538).
Calando la regola nel caso concreto se ne
ravvisa la violazione, atteso che
l’intervento progettato dalla resistente
Amministrazione consiste proprio in un’opera
esclusivamente stradale, che difatti prevede
la realizzazione di “circa 1.000 mq. di
superfici viarie, e 500 mq di pertinenze
stradali” (cfr. B.1. del progetto definitivo–esecutivo), da collocare peraltro
all’esterno del centro urbano di Capaccio
(oltre che di Laura) e pertanto da ritenere
non connessa con l’edilizia civile. Ne
consegue che l’intervento ricade nella
esclusiva competenza professionale propria
degli ingegneri, quando invece il
progettista (dott. Arch. Rodolfo Sabelli)
risulta avere, come denunciato, il titolo di
architetto.
A nulla rileva, ad onta di quanto
argomentato dalla Difesa tecnica
dell’Amministrazione in sede di memoria di
costituzione, che il predetto ha svolto la
sua attività progettuale nella veste di
Responsabile del Settore IV competente per
materia (“Lavori Pubblici – Espropri –
Manutenzione – Vigilanza – Servizi
Tecnologici – Cimitero – Informatica”), in
quanto la censura in esame involge la
verifica della competenza professionale di
chi ha elaborato il progetto invece che la
legittimazione a rappresentare la volontà
dell’Ente all’esterno attraverso l’adozione
di atti o provvedimenti, tant’è che lo
stesso TUEL, all’art. 109 d.lgs. 18.08.2000
n. 267, prevede che “gli incarichi
dirigenziali sono conferiti … secondo
criteri di competenza professionale”.
Per altro verso, nemmeno risulta dagli atti
di causa che l’elaborato progettuale abbia
superato il vaglio di altri Uffici
tecnicamente qualificati, eventualmente di
appartenenza statale come la Soprintendenza,
legittimati ad esaminare anche la
professionalità del progettista (TAR Campania-Salerno, Sez. I,
sentenza 26.04.2007 n. 457 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI:
Il discrimine tra la
competenza dei geometri e le attribuzioni
riservate agli ingegneri è costituito dalla
modesta entità dei lavori affidati, essendo
preclusa ai geometri la realizzazione di
lavori richiedenti una visione d'insieme e
di carattere programmatorio complessivo.
Nell'affidamento degli incarichi di
progettazione e direzione dei lavori il
discrimine tra la
competenza dei geometri e le attribuzioni
riservate agli ingegneri è costituito dalla
modesta
entità dei lavori affidati, essendo preclusa
ai geometri la realizzazione di lavori
richiedenti una
visione d'insieme e di carattere programmatorio complessivo (nel caso
concreto si è
ritenuto rientrasse nella competenza dei
geometri l'incarico di progettazione e
direzione lavori
di manutenzione straordinaria e sistemazione
di un'area pubblica a destinazione mercatale)
(TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 28.02.2007 n. 852 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI: La
linea di demarcazione tra la competenza dei
geometri e le attribuzioni riservate alla
professione di ingegnere è costituita dalla
modesta o tenuità dell’opera, essendo
preclusa al geometra la realizzazione di un
complesso di lavori che richiede una visione
d’insieme e di carattere programmatorio
complessivo.
Sono legittimi i lavori comunali affidati ad
un geometra che consistono nella
manutenzione e risistemazione delle
pavimentazioni di alcuni tratti del piazzale
e del piccolo edificio interno della
struttura mercatale
Questo TAR ha già osservato (sentenza della
prima sezione n. 777 del 2004) che la linea
di demarcazione tra la competenza dei
geometri e le attribuzioni riservate alla
professione di ingegnere è costituita, ove
non sia prevista un’esclusiva a favore di
questi ultimi professionisti, dalla modesta
o tenuità dell’opera, essendo preclusa al
geometra la realizzazione di un complesso di
lavori che richiede una visione d’insieme e
di carattere programmatorio complessivo.
Sono legittimi i lavori comunali affidati ad
un geometra che consistono nella
manutenzione e risistemazione delle
pavimentazioni di alcuni tratti del piazzale
e del piccolo edificio interno della
struttura mercatale, poiché non è dato
ravvisare quella complessità e difficoltà di
programmazione e realizzazione che
presuppone, con la necessità di affrontare
difficoltà non facilmente superabili, la
professionalità dell’ingegnere
(TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 28.02.2007 n. 852 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2006 |
|
COMPETENZE PROGETTUALI: Se
è vero che spetta alla Soprintendenza ai
sensi dell’art. 18 L. n. 1089/1939
autorizzare i progetti delle opere
concernenti i beni sottoposti alla legge
stessa, il controllo del progetto -che mira
ad assicurare la conformità dell’intervento
alla salvaguardia del valore
storico-artistico del bene– non può non
estendersi anche alla verifica della
idoneità professionale del progettista (come
stabilita dal legislatore).
Non la totalità degli interventi concernenti
gli immobili di interesse storico e
artistico deve essere affidata alla
specifica professionalità dell’architetto,
ma solo <<le parti di intervento di edilizia
civile che riguardino scelte culturali
connesse alla maggiore preparazione
accademica conseguita dagli architetti
nell’ambito del restauro e risanamento degli
immobili di interesse storico e artistico>>;
restando invece nella competenza
dell’ingegnere civile la cd. parte tecnica,
cioè <<le attività progettuali e di
direzione dei lavori che riguardano
l’edilizia civile vera e propria …>>.
Le questioni sulle quali il Collegio deve
pronunciarsi possono essere riassunte nei
termini che seguono:
a) se la limitazione posta dall’art. 52 del
regolamento approvato con R.D. 23.10.1925,
n. 2537 (che riserva alla “professione di
architetto” “le opere di edilizia
civile che presentano rilevante carattere
artistico, e il restauro e il ripristino
degli edifici contemplati dalla legge
20.06.1909, n. 364” (poi legge
01.06.1939, n. 1089), salvo che la “parte
tecnica” che può essere compiuta anche
dall’“ingegnere), risulti o meno superata
dalla legislazione successiva;
b) se in virtù della direttiva CEE
10.06.1985, n. 384 (recepita in Italia con
D.Lgs. 27.01.1992, n. 129) debba ritenersi
che il titolo di ingegnere in ingegneria
civile sia ormai equiparato a quello di
architetto, ai fini dell’accesso alle
attività nel settore dell’architettura, con
il conseguente superamento della limitazione
posta dal citato art. 52 R.D. n. 2537/1925;
c) se appartenga o meno alla competenza
della Soprintendenza stabilire quando il
progetto delle opere di cui al citato art.
52 debba essere redatto da un ingegnere o da
un architetto.
Iniziando, per ordine logico, da
quest’ultimo profilo non può essere
condivisa la tesi sostenuta nell’atto di
appello dell’ing. Rauty, che ha negato il
potere della Soprintendenza di verificare la
paternità professionale del progetto
richiamandosi ad un risalente parere del
Consiglio di Stato (parere Cons. St.,
12.07.1969, n. 663/1968).
Se è vero infatti che spetta alla
Soprintendenza ai sensi dell’art. 18 L. n.
1089/1939 di autorizzare i progetti delle
opere concernenti i beni sottoposti alla
legge stessa, il controllo del progetto -che
mira ad assicurare la conformità
dell’intervento alla salvaguardia del valore
storico-artistico del bene– non può non
estendersi anche alla verifica della
idoneità professionale del progettista (come
stabilita dal legislatore), secondo quanto
riconosciuto in un più recente parere di
questo Consiglio (Cfr. Cons. St. II,
23.07.1997, n. 386/1997).
Assodato, per quanto precede, che nella
fattispecie in esame il Soprintendente aveva
il potere di controllare se il progetto
presentato si conformasse alle regole in
tema di competenza professionale, si tratta
di stabilire se la disposizione contenuta
nell’art. 52 del Regolamento per la
professione di ingegnere e di architetto
(approvato con R.D. n. 2537/1925) debba
considerarsi abrogata, come hanno
prospettato gli odierni appellanti.
Nella ordinanza n. 2379 dell’11.05.2005, con
la quale era stato rimesso alla Corte di
Giustizia delle Comunità Europee di decidere
pregiudizialmente sulla interpretazione
della direttiva comunitaria n. 384/1985, la
Sezione ha già riconosciuto che tale
asserita abrogazione non può essere
comprovata facendo riferimento al T.U. del
1933 sulla istruzione superiore (art. 173 e
tabelle allegate), ove il legislatore si è
limitato ad equiparare le lauree di
architettura e di ingegneria civile in
funzione dell’accesso alla professione di
architetto; e neppure richiamando la legge
07.12.1961, n. 1264 (art. 15, 3° comma) che,
laddove prevede come requisito per ricoprire
il ruolo di architetto presso le
Soprintendenze il possesso della laurea in
architettura o in ingegneria civile, non
stabilisce con ciò alcuna equipollenza tra
le due lauree ai fini dello svolgimento
della attività professionale.
Occorre aggiungere che la ripartizione delle
competenze professionali tra architetto e
ingegnere, come delineata nel citato art.
52, R.D. n. 2537/1925, non è venuta meno per
effetto della normativa successiva che ha
innovato la disciplina per il conseguimento
del titolo di architetto e di ingegnere.
È bensì vero infatti che nel 1925 per
conseguire tali titoli era sufficiente il
semplice diploma di istruzione secondaria (e
non già il diploma di laurea), e che
nell’attuale ordinamento universitario il
laureato in ingegneria civile deve avere
acquisito una specifica preparazione anche
nel campo dell’architettura, talché potrebbe
ritenersi ormai anacronistica la limitazione
posta dal citato art. 52 alla competenza
professionale dell’odierno laureato in
ingegneria, e in ogni caso meritevole di
essere adeguata alla mutata disciplina delle
professioni di architetto e di ingegnere
civile.
Nondimeno la norma in questione, nella
misura in cui vuole garantire che a
progettare interventi edilizi su immobili di
interesse storico-artistico siano
professionisti forniti di una specifica
preparazione nel campo delle arti, e
segnatamente di un adeguata formazione
umanistica, deve ritenersi tuttora vigente.
Fermo restando che, alla stregua della
anzidetta disposizione, non la totalità
degli interventi concernenti gli immobili di
interesse storico e artistico deve essere
affidata alla specifica professionalità
dell’architetto, ma solo <<le parti di
intervento di edilizia civile che riguardino
scelte culturali connesse alla maggiore
preparazione accademica conseguita dagli
architetti nell’ambito del restauro e
risanamento degli immobili di interesse
storico e artistico>>; restando invece
nella competenza dell’ingegnere civile la
cd. parte tecnica, cioè <<le attività
progettuali e di direzione dei lavori che
riguardano l’edilizia civile vera e propria
…>> (in questi termini Cons. St. II, n.
2038/2002 del 24.11.2004).
Si deve infine passare alla questione sulla
quale si è maggiormente incentrato il
giudizio, vale a dire se la direttiva
comunitaria 10.06.1985, n. 384 abbia
determinato la equiparazione dei titoli di
architetto e di ingegnere civile ai fini
dell’esercizio delle attività professionali
nel campo della architettura, con
conseguente superamento della normativa
racchiusa nell’art. 52 R.D. cit..
Al riguardo giova premettere che gli artt. 2
e segg. della direttiva dettano le norme per
il reciproco riconoscimento dei titoli di
studio conseguiti dai cittadini degli Stati
membri a conclusione di studi universitari
riguardanti l’architettura, introducendo
anche un regime transitorio di reciproco
riconoscimento di taluni titoli
tassativamente indicati.
Tra i titoli che beneficiano di tale
riconoscimento automatico l’art. 11 menziona
per l’Italia:
<<- i diplomi di “laurea in architettura”
rilasciati dalle università, dagli istituti
politecnici e dagli istituti superiori di
architettura di Venezia e di Reggio
Calabria, accompagnati dal diploma di
abilitazione all’esercizio indipendente
della professione di architetto, rilasciato
dal ministro della Pubblica Istruzione una
volta che il candidato abbia sostenuto con
successo, davanti ad un’apposita
Commissione, l’esame di Stato che abilita
all’esercizio indipendente della professione
di architetto (dott. architetto);
- i diplomi di “laurea in ingegneria” nel
settore della costruzione civile rilasciati
dalle università e dagli istituti
politecnici, accompagnati dal diploma di
abilitazione all’esercizio indipendente di
una professione nel settore
dell’architettura, rilasciato dal ministro
della Pubblica Istruzione una volta che il
candidato abbia sostenuto con successo,
davanti ad un’apposita Commissione, l’esame
di Stato che lo abilita all’esercizio
indipendente della professione (dott. ing.
architetto o dott. ing. in ingegneria civile>>.
Con la ordinanza n. 2379 dell’11.05.2005 la
Sezione ha rimesso alla Corte di Giustizia
delle Comunità Europee di decidere
pregiudizialmente se per effetto della
applicazione degli artt. 10 e 11 della
Direttiva dovesse ritenersi attuata
nell’ordinamento interno la equiparazione
anzidetta. Con la stessa ordinanza si
sottoponeva alla Corte di Giustizia la
prospettazione degli odierni appellanti
secondo cui, in difetto di una siffatta
equiparazione, la normativa italiana avrebbe
potuto dar luogo ad una discriminazione alla
rovescia poiché, diversamente dagli
ingegneri civili che hanno conseguito il
titolo rilasciato in Italia, i soggetti in
possesso di un titolo di ingegnere civile
rilasciato da altro Stato membro avrebbero
accesso (ove tale titolo sia menzionato
nell’elenco di cui all’art. 11 della
Direttiva) alle attività che in Italia sono
riservate agli architetti, ai sensi del
ripetuto art. 52 R.D. n. 2537/1925.
Ma alla ordinanza della Sezione la Corte ha
risposto trasmettendo la decisione già
assunta in fattispecie del tutto identica a
quella in esame, nella quale si afferma che
<<la Direttiva 85/384 non si propone di
disciplinare le condizioni di accesso alla
professione di architetto, né di definire la
natura delle attività svolte da chi esercita
tale professione>>; ma ha invece ad oggetto
solamente <<il reciproco riconoscimento, da
parte degli Stati membri, dei diplomi, dei
certificati e degli altri titoli rispondenti
a determinati requisiti qualitativi e
quantitativi minimi in materia di formazione
allo scopo di agevolare l’esercizio
effettivo del diritto di stabilimento e di
libera prestazione dei servizi per le
attività del settore della architettura…>>.
In definitiva, secondo la Corte, la
direttiva non impone allo Stato membro di
porre i diplomi di laurea in architettura e
in ingegneria civile indicati all’art. 11 su
un piano di perfetta parità per quanto
riguarda l’accesso alla professione di
architetto in Italia; né tantomeno può
essere di ostacolo ad una normativa
nazionale che riservi ai soli architetti i
lavori riguardanti gli immobili d’interesse
storico-artistico sottoposti a vincolo.
Alla stregua delle conclusioni formulate
dalla Corte deve dunque ritenersi infondata
la tesi degli appellanti secondo cui la
disposizione dell’art. 52 R.D. cit. sarebbe
stata superata dalla direttiva comunitaria.
Residua il problema, prospettato nella
stessa pronuncia della Corte di Giustizia,
se la disposizione in questione per effetto
della direttiva comunitaria realizzi una
discriminazione vietata dal diritto
nazionale in relazione al trattamento che
sarebbe riservato a chi è in possesso di uno
dei titoli di ingegneria civile elencati
all’art. 11 della direttiva; e se dunque
possa essere sospettata di illegittimità
costituzionale per contrasto con gli artt.
3, 35 e 41 Cost. secondo quanto sostenuto
dalle parti appellanti.
Ma siffatti dubbi non hanno ragion d’essere
ove si consideri che la stessa Corte di
Giustizia ritiene che la direttiva non
imponga allo Stato membro di porre su un
piano di perfetta parità i diplomi di laurea
in architettura e in ingegneria civile per
quanto riguarda l’accesso all’attività di
architetto in Italia.
In altri termini, dalla applicazione della
direttiva non consegue affatto che chi è in
possesso di un diploma di laurea in
ingegneria civile conseguito in un altro
Stato della Comunità possa accedere
all’esercizio di attività professionali
riservate specificatamente agli architetti
(secondo la legislazione italiana), a
differenza di chi tale titolo abbia
conseguito in Italia.
Alla stregua delle considerazioni che
precedono i due atti di appello all’esame
del Collegio vanno respinti dovendosi
riconoscere che nelle fattispecie in
questione la Soprintendenza ha correttamente
applicato la disposizione di cui all’art. 52
R.D. n. 2537/1925
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 11.09.2006 n. 5239 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI:
Contratto di progettazione e
direzione lavori comprendente opere in
cemento armato concluso da un geometra -
Progetto controfirmato o vistato da un
ingegnere - Illegittimità - Diritto al
compenso - Esclusione - Contratto in
generale - Nullità.
La progettazione e la direzione di opere da
parte di un geometra in materia riservata
alla competenza professionale degli
ingegneri e degli architetti sono
illegittime, e per esse non è dovuto al
geometra alcun compenso, non essendo
sufficiente a rendere legittimo il progetto
che esso sia controfirmato o vistato da un
ingegnere o che l’ingegnere rediga i calcoli
in cemento armato o che diriga i lavori
relativi alla realizzazione delle strutture
di cemento armato, in quanto il
professionista competente deve essere unico
autore e responsabile della progettazione.
Progettazione -
Direzione dei lavori - Competenza dei
geometri - Strutture in cemento armato.
A norma dell'art. 16 R.D. 11.2.1929 n. 274
la competenza dei geometri é limitata alla
progettazione, direzione e vigilanza di
modeste costruzioni civili, con esclusione
di quelle che comportino l'adozione anche
parziale di strutture in cemento armato,
mentre in via di eccezione si estende anche
a queste strutture solo con riguardo alle
piccole costruzioni accessorie nell'ambito
degli edifici rurali o destinati alle
industrie agricole che non richiedano
particolari operazioni di calcolo e che per
la loro destinazione non comportino pericolo
per le persone; invece per le costruzioni
civili, sia pure modeste, ove si adottino
strutture in cemento armato, ogni competenza
è riservata ex art. 1 R.D. 16.11.1939 n.
2229 agli ingegneri ed architetti iscritti
nell'albo.
Sicché, tale normativa, non modificata dalla
l. 05.11.1971 n. 1086, che si limita a
rinviare per gli ingegneri, architetti e
geometri alla previgente ripartizione di
competenza, implica che ai geometri non
possa comunque essere affidata la
progettazione e la direzione dei lavori di
costruzioni civili comportanti l'impiego del
cemento armato (vedi "ex multis"
Cass. 28.07.1992 n. 9044; Cass. 19.04.1995
n. 4364) (Corte di Cassazione, Sez. II
civile,
sentenza 26.07.2006 n. 17028 -
link a www.ambientediritto.it). |
COMPETENZE
PROFESSIONALI: La
competenza professionale di un geometra non può estendersi
alla predisposizione ed alla vigilanza su quelle attività
che implicano l’utilizzo di vari principi della fisica, e si
configurano come funzionalmente autonomi rispetto alle opere
tipicamente murarie.
Con il primo articolato motivo di impugnazione i ricorrenti
muovono dalla normativa che abilita il geometra ad operare
nella progettazione, direzione e vigilanza di modeste
costruzioni civili (art. 16, lett. m del rd 11.02.1929, n.
274), per inferire che la legislazione successiva, che ha
previsto le modalità con cui possono essere realizzati gli
impianti di riscaldamento, non ha derogato alle generale
previsione del regolamento citato. La tesi sostenuta è in
sostanza che un geometra è abilitato ad occuparsi
dell’installazione di un impianto di riscaldamento, allorché
si tratti di una modesta costruzione civile, posto che il
bene di che si tratta costituisce una mera pertinenza
dell’immobile. In tale contesto la disciplina che il
legislatore ha introdotto in anni recenti avrebbe solo
specificato quali sono le caratteristiche che devono
assumere gli strumenti che devono apportare delle
temperature sopportabili per l’uomo, ma non ha fatto
rientrare nella competenza degli ingegneri o dei periti
industriali la possibilità di progettare ed installare tali
impianti. Gli architetti non hanno proposto un’autonoma
censura, che riguarda la posizione di pertinenza.
Il tribunale non può condividere questa argomentazione.
La giurisprudenza, che si condivide, ha infatti ritenuto
(TAR Liguria, 02.02.2005, n. 137, TAR Piemonte, 2004, n.
261; TAR Lazio, Roma, sez. III-ter 2003, n. 1698)
impossibile la prospettata interpretazione estensiva della
nozione di edilizia, nel sistema di ripartizione delle
competenze professionali derivante dal rd 23.10.1925, n.
2537; si devono pertanto espungere dal settore di competenza
i lavori, le opere od in genere le attività che comportano
le applicazioni della fisica, come previste dall’art. 54,
comma 4, del citato regio decreto. In particolare la
realizzazione di immobili per l’abitazione od il lavoro
dell’uomo non può essere concettualmente ristretta come
derivante da un’unica attività, posto che determinati
ritrovati devono rispondere ai requisiti di maggior tutela
degli utilizzatori degli edifici, che sono perseguiti dalle
norme applicate dall’impugnato diniego del comune di Genova.
E’ per ciò che l’art. 4 della legge 05.03.1990, n. 46 ha
imposto la redazione di un’autonoma relazione tecnica per
l’installazione degli strumenti elettrici, degli impianti di
terra, di quelli che utilizzano il gas, degli ascensori …,
ed ha con ciò scorporato concettualmente queste attività da
quelle volte alla mera realizzazione della costruzione. Va
perciò ritenuto che la competenza professionale di un
geometra non può estendersi alla predisposizione ed alla
vigilanza su quelle attività che implicano l’utilizzo di
vari principi della fisica, e si configurano come
funzionalmente autonomi rispetto alle opere tipicamente
murarie (TAR Liguria,
sentenza 02.03.2006 n. 166 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI:
La delimitazione della competenza del
geometra in materia di progettazione di
strade va effettuata secondo il
criterio tecnico-qualitativo della natura e
della dimensione della strada da costruire.
Nel caso de quo, si tratta di strade di
urbanizzazione che, pur sviluppandosi
all’interno del tessuto urbano, non possono
qualificarsi di tenue importanza, potendo
anche comportare opere di una certa
complessità, quali ponti o muri di
contenimento, ed essendo, comunque destinate
ad accogliere il traffico ordinario.
Anche alla luce della interpretazione
coordinata dell’art. 16 R.D. n. 274/1929, che
tenga conto delle novità introdotte dalla L.
n. 144/1949, (sicché si deve ritenere che la
quantificazione degli onorari relativi alle
strade spettanti ai geometri ai sensi
dell’art. 57, lett. E, riguardi le strade che
rientrano nelle competenze di questi in base
alle norme generali), si deve escludere che
possa essere ricondotta nella competenza
professionale del geometra la progettazione
di una nuova strada che, per le dimensioni e
la destinazione, non può qualificarsi come
strada di tenue importanza.
... per l'annullamento, previa sospensione
dell'esecuzione, dell’avviso pubblico, di
numero e data sconosciuti, con cui il
Responsabile dell’Area Tecnica del Comune di
Surbo ha reso noto il procedimento per il
"conferimento di incarico professionale per
la progettazione definitiva ed esecutiva,
direzione dei lavori, contabilità e
coordinamento della sicurezza in fase di
progettazione ed esecuzione dei lavori di
urbanizzazione primaria zona Fontanelle" del
Comune di Surbo;
...
... considerato che
l’operato del Comune di Surbo è immune dai
denunciati vizi di legittimità, per le
seguenti ragioni.
Va precisato che oggetto dell’incarico è la
realizzazione di opere di urbanizzazione
primaria, per cui l’esame del Collegio deve
appuntarsi sulla competenza dei geometri -in relazione alle opere di urbanizzazione
primaria- e di conseguenza sulla lamentata
violazione dell’art. 16 R.D. 274/1929.
Con specifico riferimento alle strade (che
rientrano tra le opere di urbanizzazione
primaria ai sensi dell’art. 4, primo comma,
della L. 847/1964), la sopra citata
disposizione, disciplinando l’oggetto e i
limiti dell’esercizio della professione dei
geometri, include tra le diverse competenze,
"le operazioni di tracciamento di strade
poderali e consorziali ed inoltre, quando
abbiano tenue importanza, di strade
ordinarie e di canali di irrigazione e di
scolo" .
La delimitazione della competenza del
geometra in materia di progettazione di
strade va quindi effettuata secondo il
criterio tecnico-qualitativo della natura e
della dimensione della strada da costruire.
Nel caso de quo, si tratta di strade di
urbanizzazione che, pur sviluppandosi
all’interno del tessuto urbano, non possono
qualificarsi di tenue importanza, potendo
anche comportare opere di una certa
complessità, quali ponti o muri di
contenimento, ed essendo, comunque destinate
ad accogliere il traffico ordinario.
Anche alla luce della interpretazione
coordinata dell’art. 16 R.D. n. 274/1929, che
tenga conto delle novità introdotte dalla L.
n. 144/1949, (sicché si deve ritenere che la
quantificazione degli onorari relativi alle
strade spettanti ai geometri ai sensi
dell’art. 57, lett. E, riguardi le strade che
rientrano nelle competenze di questi in base
alle norme generali), si deve escludere che
possa essere ricondotta nella competenza
professionale del geometra la progettazione
di una nuova strada che, per le dimensioni e
la destinazione, non può qualificarsi come
strada di tenue importanza.
L’incarico, unitariamente previsto per tutte
le opere di urbanizzazione, costituisce
un unicum ed è quindi estraneo alla
competenza dei geometri (TAR Puglia-Lecce, Sez. II,
sentenza 10.02.2006 n. 902 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2005 |
|
COMPETENZE PROFESSIONALI:
Segnalazione SENTENZE in materia di
Competenze dei Geometri (Ordine degli
Ingegneri della provincia di Ascoli Piceno,
nota 10.11.2005 n. 3149 di prot.
- link a link a www.ordine-ingegneri.ap.it). |
COMPETENZE PROFESSIONALI: Il
concetto di “piccole e modeste” costruzioni,
previsto dalla legge per l’individuazione
dell’ambito operativo riservato ai Geometri,
non è configurabile nel caso di costruzioni
per civile abitazioni realizzate in zona
sismica, con struttura in cemento armato, ma
solo nell’ipotesi di manufatti realizzati
con altri sistemi costruttivi (es.
muratura).
Il TAR Lazio-Latina con sentenza n.
320/2005, confermata dal Consiglio di Stato,
Sez. V, con
ordinanza 30.08.2005 n. 4112,
nell’annullare una concessione edilizia per
la realizzazione di un villino unifamiliare,
fa propria la tesi del ricorrente secondo
cui il concetto di “piccole e modeste”
costruzioni, previsto dalla legge per
l’individuazione dell’ambito operativo
riservato ai Geometri, non è configurabile
nel caso di costruzioni per civile
abitazioni realizzate in zona sismica, con
struttura in cemento armato, ma solo
nell’ipotesi di manufatti realizzati con
altri sistemi costruttivi (es. muratura).
Inoltre la sentenza ribadisce “che la
fondatezza del predetto motivo di gravame
non è ostacolata dalla circostanza –addotta
da controparte- che, nella specie, il
calcolo del cemento armato è stato operato
da un Ingegnere, dovendosi considerare la
“progettazione”, affidata nella specie ad un
“Geometra”, un unicum inscindibile,
riferibile solo al suo autore, anche se
questi si è avvalso per il calcolo delle
strutture in cemento armato di altri
professionisti competenti, non sanandosi, in
ipotesi, il difetto di competenza del
progettista titolare”
(TAR Lazio-Latina,
sentenza 29.04.2005 n. 320 - link a
www.ordine-ingegneri.ap.it). |
COMPETENZE
PROGETTUALI - URBANISTICA:
Personale degli enti locali. Variante urbanistica e
regolamento edilizio.
Si ritiene che la redazione di varianti
urbanistiche possa essere redatta esclusivamente da
dipendenti laureati, in possesso della relativa
abilitazione, in relazione a quanto disposto dall'art.
32-bis della L.R. 52/1991 e dall'art. 9, c. 2, della L.R.14/2002.
Inoltre, si reputa che l'attività di stesura del regolamento
edilizio rientri tra le mansioni e competenze ascrivibili
alla declaratoria della categoria professionale D.
Il Comune ha chiesto di conoscere il parere del Servizio in
ordine ad alcune problematiche concernenti la redazione
delle varianti urbanistiche e del regolamento edilizio
comunale. In particolare, l'ente si è posto la questione se
tali atti possano essere redatti e sottoscritti da personale
tecnico/diplomato e/o da personale laureato in architettura,
ma non in possesso dell'abilitazione professionale.
Sentito, per le vie brevi, il Servizio Affari generali,
amministrativi e consulenza-pianificazione della Direzione
centrale pianificazione territoriale, energia, mobilità e
infrastrutture di trasporto, si espongono le seguenti
considerazioni.
Per quanto concerne la stesura di una variante urbanistica,
si osserva che l'art. 32-bis della legge regionale
19.11.1991, n. 52 fa espresso riferimento al 'professionista
incaricato della redazione della variante' e, pertanto,
tale attività, per la sua natura e complessità, appare
assimilabile all'attività di progettazione. A tal proposito,
l'art. 9, comma 2, della legge regionale 31.05.2002, n. 14
prescrive che i progetti redatti, tra gli altri, dagli
uffici tecnici delle stazioni appaltanti siano firmati da
dipendenti in possesso del titolo di abilitazione o
equipollente, ai sensi della normativa vigente in materia.
L'abilitazione cui fa riferimento la norma consiste nel
superamento dell'esame di Stato, che conferisce titolo
all'eventuale esercizio di una determinata libera
professione [1].
Dall'esame, inoltre, di quanto disposto all'art. 5, lett.
c), della legge 02.03.1949, n. 143 [2],
emerge come lo 'studio di piani regolatori di viabilità
ed edilizia urbana' rientri fra le prestazioni peculiari
riconducibili alla specifica competenza della
professionalità di ingegneri ed architetti.
Pertanto, non pare possibile prescindere dal possesso dei su
richiamati requisiti (personale laureato ed abilitato
[3]),
anche per la redazione delle varianti urbanistiche.
Per quanto concerne, poi, la competenza alla stesura del
regolamento edilizio, si ritiene opportuno fare riferimento,
al di là del titolo di studio posseduto, alla categoria
professionale di appartenenza del dipendente.
In particolare, il comma 4 dell'art. 25 del CCRL del
01.08.2002 precisa che le categorie dell'ordinamento
professionale del personale degli enti locali sono
individuate mediante le declaratorie riportate nell'allegato
E) al contratto medesimo, ove è descritto l'insieme dei
requisiti professionali necessari per lo svolgimento delle
mansioni pertinenti a ciascuna di esse.
Esaminando la declaratoria relativa alla categoria D, emerge
che i lavoratori inquadrati nella medesima svolgono attività
caratterizzate da 'elevate conoscenze plurispecialistiche
(la base teorica di conoscenze è acquisibile con il diploma
di laurea o con il diploma di laurea specialistico) ed un
grado di esperienza pluriennale, con frequente necessità di
aggiornamento'. Tra le mansioni caratteristiche di tale
categoria è indicata, inoltre, 'la predisposizione di
schemi di atti e lo sviluppo di elaborazioni
amministrativo-contabili di rilevante complessità ed
ampiezza'.
Con riferimento alla natura del regolamento edilizio
comunale, tale atto è stato equiparato, per funzione e grado
di incidenza, a strumenti urbanistici a carattere
pianificatorio generale, come il programma di fabbricazione
o il piano regolatore generale [4],
in considerazione dell'idoneità di tale strumento a
disciplinare l'attività costruttiva in tutto il territorio
comunale, al pari dei suddetti atti di pianificazione
urbanistica.
Atteso che la redazione del regolamento edilizio si
configura, quindi, quale attività finalizzata alla stesura
di atto regolamentare caratterizzato da rilevante
complessità (per la cui realizzazione sono richieste
conoscenze di natura giuridico-normativa, nonché tecnico
specialistica), si reputa che tale attività rientri tra le
mansioni e competenze ascrivibili alla declaratoria
peculiare della categoria D.
---------------
[1] Vedasi, da ultimo, la disciplina introdotta dal
D.P.R. 05.06.2001, n. 328.
[2] 'Approvazione della tariffa professionale degli
ingegneri ed architetti'.
[3] Cfr. anche nota del 02.02.2005 del Consiglio Nazionale
degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori
(che si allega in copia), per quanto concerne l'ordinamento
della professione di architetto.
[4] Cfr. Cons. di Stato, sez. V, n. 104 del 21.02.1994 e
parere ANCI del 02.12.1997
(25.08.2005 -
link a
www.regione.fvg.it). |
COMPETENZE PROFESSIONALI: I
geometri non possono progettare opere di
carattere civile comportanti l’impiego anche
soltanto parziale di elementi in cemento
armato, sicché è vietata a questa categoria
di professionisti anche la progettazione di
manufatti isostatici, da realizzare per
intero in conglomerato, senza interazione
con corpi di fabbrica in muratura
tradizionale.
La Corte di Cassazione sancisce che i
geometri non possono progettare opere di
carattere civile comportanti l’impiego anche
soltanto parziale di elementi in cemento
armato, sicché è vietata a questa categoria
di professionisti anche la progettazione di
manufatti isostatici, da realizzare per
intero in conglomerato, senza interazione
con corpi di fabbrica in muratura
tradizionale.
Né, sul punto, è possibile ritenere che le
innovazioni introdotte nei programmi
scolastici degli istituti tecnici abbiano
ampliato le competenze professionali dei
geometri, mediante l’inclusione tra le
materie di studio di alcuni argomenti
attinenti alle strutture in cemento armato.
Si tratta, infatti di disposizioni aventi
oggetto e finalità ben diversi da quelli
delle norme che definiscono l’ambito
consentito di esercizio della professione
(Corte di cassazione, Sez. II,
sentenza 05.02.2005 n. 3021 - link a
www.ordine-ingegneri.ap.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI:
E' esclusa ogni competenza
professionale dell’Architetto nel campo
dell’impiantistica (nello specifico un
Architetto aveva curato il restauro di un
ristorante progettando, oltre alle opere
edilizie, anche l’impianto elettrico e
l’impianto a gas).
... Il Comune di Genova respinge il progetto
impiantistico per incompetenza professionale
dell’Architetto non ritenendolo legittimato
alla progettazione di impianti.
All’opposizione dell’Architetto il TAR della
Liguria, nel respingere il ricorso ha, fra
l’altro, sancito quanto segue:
“Dall’insieme dei riferimenti normativi,
…., emerge un quadro sufficientemente chiaro
in ordine alle differenti nozioni di
edilizia civile, come realizzazione di opere
murarie e di attività che costituiscono
applicazioni della fisica. In quest’ultimo
ambito rientrano le prestazioni basate
sull’utilizzazione dell’energia elettrica,
della termologia, della termodinamica oppure
della meccanica dei corpi dei fluidi o
dell’elettromagnetismo (TAR Lazio sez. III
n. 360/1995).
Ora nel caso … il progetto … riguardava
essenzialmente un impianto elettrico e a gas
relativo ad una unità immobiliare nella
quale viene esercitata una attività
commerciale.
Ne discende, attesa la natura dell’impianto
medesimo, che il relativo progetto non
poteva essere sottoscritto da un architetto,
ma da un professionista: ingegnere o perito
industriale iscritto nell’albo e, quindi, in
possesso delle necessarie cognizioni
tecnico-scientifiche” (TAR Liguria, Sez.
I,
sentenza 02.02.2005
n. 137). |
anno 2004 |
|
COMPETENZE PROFESSIONALI: Con
riferimento alle competenze dei geometri in
materia di progettazione, direzione e
vigilanza di modeste costruzioni civili,
l’art. 16 del R.D. 274/1929, nel prevedere
che i geometri non possono redigere progetti
di costruzioni che comportino l’impiego di
conglomerati cementiti, semplici o armati,
in strutture statiche portanti, si riferisce
sia ai progetti di massima che a quelli
esecutivi, mentre nessun riscontro ha nella
legge la categoria del progetto
architettonico.
La Corte di cassazione sancisce che con
riferimento alle competenze dei geometri in
materia di progettazione, direzione e
vigilanza di modeste costruzioni civili,
l’art. 16 del R.D. 274/1929, nel prevedere
che i geometri non possono redigere progetti
di costruzioni che comportino l’impiego di
conglomerati cementiti, semplici o armati,
in strutture statiche portanti, si riferisce
sia ai progetti di massima che a quelli
esecutivi, mentre nessun riscontro ha nella
legge la categoria del progetto
architettonico
(Corte di Cassazione, Sez. II civile,
sentenza 05.11.2004 n. 21185 - link a
www.ordine-ingegneri.ap.it). |
COMPETENZE PROFESSIONALI: La
violazione delle norme imperative sui limiti
dei poteri del professionista stabiliti
dalla legge professionale –nella specie
l’art. 16 del R.D. 274/1929 che consente al
geometra la progettazione, la direzione e la
vigilanza di modeste costruzioni civili–
determina la nullità del contratto di opera
professionale ex art. 1418 del codice civile
in relazione anche agli articoli 2229 e
seguenti dello stesso codice, con la
conseguenza che il geometra non ha diritto
ad alcun compenso per l’opera prestata.
La Corte di Cassazione sancisce il principio
che la violazione delle norme imperative sui
limiti dei poteri del professionista
stabiliti dalla legge professionale –nella
specie l’art. 16 del R.D. 274/1929 che
consente al geometra la progettazione, la
direzione e la vigilanza di modeste
costruzioni civili– determina la nullità del
contratto di opera professionale ex art.
1418 del codice civile in relazione anche
agli articoli 2229 e seguenti dello stesso
codice, con la conseguenza che il geometra
non ha diritto ad alcun compenso per l’opera
prestata
(Corte di Cassazione, Se. II civile,
sentenza 04.10.2004 n. 19821 - link a
www.ordine-ingegneri.ap.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI:
E' stato precisato che per gli
edifici destinati a civile abitazione la
competenza dei geometri è limitata alle sole
costruzioni di modeste dimensioni, con
divieto di progettare opere per cui vi sia
impiego di cemento armato, tale da implicare
in relazione alla destinazione dell’opera un
pericolo per l’incolumità delle persone in
caso di difetto strutturale, stante
l’evidente favore che le varie norme pongono
per la competenza esclusiva dei tecnici
laureati.
Inoltre, anche quando è stata ammessa la
competenza del geometra per la progettazione
di strutture in cemento armato, tale
competenza è stata comunque limitata alle
opere di dimensioni minori.
Pertanto, per valutare l’idoneità del
geometra a firmare il progetto di un’opera
edilizia che comporta l’uso del cemento
armato occorre considerare le specifiche
caratteristiche dell’intervento al fine di
ammetterla solo se si tratti di un’opera di
modeste dimensioni.
Il TAR con la sentenza in epigrafe ha
accolto il ricorso dell’Ordine, ritenendo
che l’opera progettata era destinata ad
attività industriale e non poteva ritenersi
di modeste dimensioni, per cui non rientrava
nelle competenze del geometra.
Detta conclusione del TAR deve essere
condivisa in quanto conforme
all’orientamento di questa Sezione, da cui
il Collegio non ha motivi per discostarsi.
Invero, è stato precisato che per gli
edifici destinati a civile abitazione la
competenza dei geometri è limitata alle sole
costruzioni di modeste dimensioni, con
divieto di progettare opere per cui vi sia
impiego di cemento armato, tale da implicare
in relazione alla destinazione dell’opera un
pericolo per l’incolumità delle persone in
caso di difetto strutturale, stante
l’evidente favore che le varie norme pongono
per la competenza esclusiva dei tecnici
laureati (V. la decisione di questa Sezione
n. 25 del 13.01.1999, nonché Cass. sez. II n.
15327 del 29.11.2000).
Inoltre, anche quando è stata ammessa la
competenza del geometra per la progettazione
di strutture in cemento armato, tale
competenza è stata comunque limitata alle
opere di dimensioni minori (V. la decisione
di questo Consiglio, sez. IV n. 784 del
del 09.08.1997 nonché Cass. pen., sez. III, n.
10125 del 26.11.1996).
Pertanto, per valutare l’idoneità del
geometra a firmare il progetto di un’opera
edilizia che comporta l’uso del cemento
armato occorre considerare le specifiche
caratteristiche dell’intervento al fine di
ammetterla solo se si tratti di un’opera di
modeste dimensioni (V. la decisione di
questa Sezione n. 348 del 31.01.2001).
Nella specie si trattava di laboratorio
industriale (con abitazione, uffici ed
esposizione), con altezza del capannone di
m. 5,40 e quella degli uffici m. 8,25, una
luce di m. 23,20 ed una lunghezza di m. 46,
con tutta la parte statica e portante
dell’edificio in cemento armato
precompresso, con collegamento con un
cordolo continuo dello stesso materiale, per
cui, tenuto conto non solo delle dimensioni
ma anche delle tecniche costruttive,
correttamente il TAR ha ritenuto che non
poteva considerarsi una costruzione di
modeste dimensioni.
Né vale invocare a proprio favore da parte
dell’appellante la decisione di questa
Sezione n. 5208 del 03.10.2002, la quale ha
ammesso la competenza del geometra in
relazione ad un magazzino piuttosto ampio
per il semplice fatto che la responsabilità
delle strutture portanti in quel caso era
stata assunta da professionista idoneo,
mentre solo la mera esecuzione era stata
curata da un geometra.
Nel caso in esame, invece, secondo quanto
risulta dal provvedimento di concessione
impugnato, l’interessato in qualità di
geometra aveva direttamente firmato il
relativo progetto, con funzione di direttore
dei lavori.
La circostanze che successivamente ai
sigg. Faggiolati ed altri sia stata
rilasciata l’autorizzazione ad eseguire i
lavori sulla base di calcoli di stabilità da
parte di professionista laureato, non fa
venir meno l’illegittimità originaria, salva
l’efficacia sanante in relazione
all’intervenuta esecuzione dell’opera (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 16.09.2004 n.
6004 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROFESSIONALI:
Competenze professionali (architetto e
geometra o perito edile) (Ordine degli
Architetti di Pisa,
nota 30.07.2004 n. 1264 di prot.
- link a www.pi.archiworld.it). |
COMPETENZE PROFESSIONALI: La
competenza dei geometri è limitata alla
progettazione, direzione e vigilanza di
modeste costruzioni civili, con esclusione
di quelle che comportino l’adozione anche
parziale di strutture in cemento armato,
mentre in via di eccezione si estende anche
a queste strutture solo con riguardo alle
piccole costruzioni accessorie, nell’ambito
di edifici rurali o destinati alle industrie
agricole, che non comportino particolari
operazioni di calcolo e che per la loro
destinazione non comportino pericolo per le
persone, restando comunque esclusa la
suddetta competenza nell’ambito delle
costruzioni in cemento armato, la cui
progettazione e direzione, qualunque ne sia
l’importanza, è, pertanto, riservata solo
agli ingegneri e agli architetti iscritti
nei relativi albi professionali.
La Corte di Cassazione ribadisce che, a
norma dell’art. 16, lettera m, del R.D.
11.02.1929, n, 274, la competenza dei
geometri è limitata alla progettazione,
direzione e vigilanza di modeste costruzioni
civili, con esclusione di quelle che
comportino l’adozione anche parziale di
strutture in cemento armato, mentre in via
di eccezione si estende anche a queste
strutture solo con riguardo alle piccole
costruzioni accessorie, nell’ambito di
edifici rurali o destinati alle industrie
agricole, che non comportino particolari
operazioni di calcolo e che per la loro
destinazione non comportino pericolo per le
persone, restando comunque esclusa la
suddetta competenza nell’ambito delle
costruzioni in cemento armato, la cui
progettazione e direzione, qualunque ne sia
l’importanza, è, pertanto, riservata solo
agli ingegneri e agli architetti iscritti
nei relativi albi professionali
(Corte di Cassazione, Sez. II civile,
sentenza 25.03.2004 n. 5961 - link a
www.ordine-ingegneri.ap.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Gli Ordini
professionali sono legittimati a difendere
in sede giurisdizionale gli interessi di
categoria dei soggetti di cui hanno la
rappresentanza istituzionale, non solo
quando si tratti della violazione di norme
poste a tutela della professione stessa, ma
anche ogniqualvolta si tratti di perseguire
comunque il conseguimento di vantaggi, sia
pure di carattere puramente strumentale,
giuridicamente riferibili alla sfera della
categoria.
Il presupposto legittimante è in ogni caso
costituito dalla riferibilità dell’incarico
alle competenze professionali della
categoria rappresentata dall’Ordine che
agisce; in difetto, l’Ordine non ha infatti
alcun interesse ad ottenere l’annullamento
di un incarico che comunque non potrebbe
essere affidato ad un suo iscritto (o almeno
ad un appartenente alla categoria medesima).
In linea di
principio deve convenirsi con la tesi
ricorrente, secondo cui gli Ordini
professionali sono legittimati a difendere
in sede giurisdizionale gli interessi di
categoria dei soggetti di cui hanno la
rappresentanza istituzionale, non solo
quando si tratti della violazione di norme
poste a tutela della professione stessa, ma
anche ogniqualvolta si tratti di perseguire
comunque il conseguimento di vantaggi, sia
pure di carattere puramente strumentale,
giuridicamente riferibili alla sfera della
categoria.
In questa prospettiva, la giurisprudenza ha
ritenuto legittimato un Ordine degli
Architetti a perseguire giudizialmente
l’osservanza di prescrizioni a garanzia
della partecipazione di tutti gli associati
alle procedure selettive per l’affidamento
di incarichi di progettazione, nonostante
fosse stato avvantaggiato un singolo
associato (Cons. St., V, 07.03.2001, n.
1339).
Il presupposto legittimante è in ogni caso
costituito dalla riferibilità dell’incarico
alle competenze professionali della
categoria rappresentata dall’Ordine che
agisce; in difetto, l’Ordine non ha infatti
alcun interesse ad ottenere l’annullamento
di un incarico che comunque non potrebbe
essere affidato ad un suo iscritto (o almeno
ad un appartenente alla categoria medesima)
(TAR Piemonte, Sez.
I,
sentenza
17.02.2004 n. 261 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI:
La
progettazione degli impianti di ventilazione
dei sotterranei del cimitero monumentale e
delle opere di risanamento connesse,
classificabili fra le applicazioni della
fisica, in quanto basati sullo studio della
dinamica dei fluidi, e non fra le opere
edilizie, formano oggetto della esclusiva
competenza professionale degli ingegneri.
L’incarico
conferito dal provvedimento impugnato
riguardava la progettazione degli impianti
di ventilazione dei sotterranei del cimitero
monumentale e delle opere di risanamento
connesse.
Ora, l’oggetto e i limiti delle professioni
di ingegnere e di architetto sono regolati
dal Capo IV del R.D. 23.10.1925, n. 2537, il
cui art. 51 stabilisce che sono di spettanza
della professione di ingegnere il progetto,
la condotta e la stima di una serie di
lavori, fra i quali quelli relativi «in
generale alle applicazioni della fisica».
Il successivo art. 52 individua nelle «opere
di edilizia civile» (nonché nei relativi
rilievi geometrici e operazioni di estimo)
il campo di attività degli architetti.
La giurisprudenza ha chiarito al riguardo
che, anche ammettendo in astratto che il
termine «edilizia civile» sia
riferibile non soltanto alla realizzazione
di edifici, secondo il suo più comune
significato, ma anche ad altri generi di
opere ed impianti, tale interpretazione
risulta, in concreto testualmente
incompatibile con la norma transitoria
contenuta nel successivo art. 54, ultimo
comma, del medesimo decreto, che, nel
prevedere un ampliamento della competenza
professionale di coloro i quali avevano
conseguito entro una certa data il diploma
di «architetto civile», previsto
dagli ordinamenti universitari dell’epoca,
autorizzava gli interessati a svolgere anche
mansioni indicate nel precedente art. 51
-proprie, come si è visto, della professione
di ingegnere- «ad eccezione però di
quanto riguarda le applicazioni industriali
e della fisica, nonché i lavori relativi
alle vie, ai mezzi di comunicazione o di
trasporto e alle opere idrauliche».
Questa disposizione dimostra, al di là del
suo carattere meramente eccezionale e
transitorio, che, secondo il sistema di
ripartizione delle competenze professionali
delineato dal R.D. 23.10.1925, n. 2537, la
nozione di «edilizia civile» non può
essere estensivamente interpretata, dovendo
da essa escludersi i lavori e le opere nella
medesima disposizione menzionati, fra i
quali le «applicazioni della fisica».
Ne consegue che gli impianti di
ventilazione, che nel caso in esame
costituiscono l’oggetto centrale
dell’incarico, classificabili fra le
applicazioni della fisica, in quanto basati
sullo studio della dinamica dei fluidi, e
non fra le opere edilizie, formano oggetto
della esclusiva competenza professionale
degli ingegneri.
Né può sostenersi che i limiti delle
competenze professionali degli ingegneri e
degli architetti, come delineati dal R.D.
23.10.1925, n. 2537, dovrebbero ritenersi
superati dalla evoluzione successivamente
intervenuta nei rispettivi corsi di studi
universitari, che consentirebbe
un'interpretazione estensiva delle
disposizioni che disciplinano la competenza
professionale degli architetti
(TAR Piemonte, Sez.
I,
sentenza
17.02.2004 n. 261 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROFESSIONALI:
D. Chinello,
Progettazione di edifici in cemento armato:
sui limiti di competenza dei geometri
(link a www.altalex.com). |
anno 2003 |
|
COMPETENZE PROGETTUALI:
Per gli edifici destinati a
civile abitazione la competenza dei geometri
è limitata alle sole costruzioni di modeste
dimensioni, con divieto di progettare opere
per cui vi sia impiego di cemento armato,
tale da implicare in relazione alla
destinazione dell’opera un pericolo per
l’incolumità delle persone in caso di
difetto strutturale, stante l’evidente
favore che le varie norme pongono per la
competenza esclusiva dei tecnici laureati.
Inoltre, anche quando è stata ammessa la
competenza del geometra per la progettazione
di strutture civili in cemento armato, tale
competenza è stata comunque limitata alle
opere di dimensioni minori.
Pertanto, per valutare l’idoneità del
geometra a firmare il progetto di un’opera
edilizia che comporta l’uso del cemento
armato occorre considerare le specifiche
caratteristiche dell’intervento al fine di
ammetterla solo se si tratti di un’opera di
modeste dimensioni.
Né vale sostenere che nella specie il
geometra si sarebbe limitato alla redazione
del progetto architettonico mentre la
progettazione ed i calcoli, nonché la
successiva direzione dei lavori, sarebbero
stati effettuati da tecnici laureati, in
quanto quello che rileva è che al momento
del rilascio della concessione edilizia si è
tenuto conto di un progetto redatto da
geometra.
Con l’appello in epigrafe, il geometra
Ratti ha fatto presente che l’Ordine degli
ingegneri della Provincia di La Spezia aveva
impugnato davanti al TAR Liguria la
concessione edilizia n. 455 del 04.10.1995,
rilasciata dal Sindaco del Comune di La
Spezia alla società Termomeccanica,
denunciando che il progetto assentito
risultava sottoscritto da un geometra
anziché da un ingegnere, nonostante la
complessità dell’opera da realizzare,
concernente la ristrutturazione con parziale
demolizione di un capannone industriale in
cemento armato di m. 37 x 636.
Il TAR con la sentenza in epigrafe ha
accolto il ricorso dell’Ordine, ritenendo
che l’opera progettata non potesse rientrare
nella competenza del geometra sia per
dimensioni (non trattandosi di modesta
costruzione per avere una superficie di mq.
2.330 ed un volume di c.a. di mc. 21.000) sia
in quanto l’opera da realizzare consisteva
in un capannone industriale, implicante una
destinazione alla produzione e quindi alla
continua o saltuaria presenza di persone che
dovevano lavorare nell’impianto.
Detta conclusione del TAR deve essere
condivisa in quanto conforme
all’orientamento di questa Sezione, da cui
il Collegio non ha motivi per discostarsi.
Invero, è stato precisato che per gli
edifici destinati a civile abitazione la
competenza dei geometri è limitata alle sole
costruzioni di modeste dimensioni, con
divieto di progettare opere per cui vi sia
impiego di cemento armato, tale da implicare
in relazione alla destinazione dell’opera un
pericolo per l’incolumità delle persone in
caso di difetto strutturale, stante
l’evidente favore che le varie norme pongono
per la competenza esclusiva dei tecnici
laureati (V. la decisione di questa Sezione
n. 25 del 13.01.1999, nonché Cass. sez. II n.
15327 del 29.11.2000).
Inoltre, anche quando è stata ammessa la
competenza del geometra per la progettazione
di strutture civili in cemento armato, tale
competenza è stata comunque limitata alle
opere di dimensioni minori (V. la decisione
di questo Consiglio, sez. IV n. n. 784 del
del 09.08.1997).
Pertanto, per valutare l’idoneità del
geometra a firmare il progetto di un’opera
edilizia che comporta l’uso del cemento
armato occorre considerare le specifiche
caratteristiche dell’intervento al fine di
ammetterla solo se si tratti di un’opera di
modeste dimensioni (V. la decisione di
questa Sezione n. 348 del 31.1.2001),
aspetto che è già stato valutato
negativamente dal TAR e che non è stato
oggetto di specifica contestazione da parte
dell’appellante.
Né vale sostenere che nella specie il
geometra si sarebbe limitato alla redazione
del progetto architettonico mentre la
progettazione ed i calcoli, nonché la
successiva direzione dei lavori, sarebbero
stati effettuati da tecnici laureati, in
quanto quello che rileva è che al momento
del rilascio della concessione edilizia si è
tenuto conto di un progetto redatto da
geometra (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 01.12.2003 n.
7821 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI:
L'art. 3 della legge 05.11.1971
n. 1086, nello stabilire che, con
riferimento alle opere di conglomerato
cementizio armato, "il progettista ha la
responsabilità diretta della progettazione
di tutte le strutture dell'opera comunque
realizzate", chiarisce il contenuto della
responsabilità di chi redige il progetto,
riferendola alla parte strutturale
dell'opera intesa nella sua globalità, ma di
certo non vieta né impedisce forme di
cooperazione nell'ambito del lavoro
progettuale.
Nel caso di specie, un ingegnere iscritto
nel relativo albo ha sottoscritto il
progetto qualificandosi come "progettista e
direttore lavori delle opere strutturali",
mentre un geometra ha aggiunto la sua firma
in qualità di "tecnico", con ciò
sottolineando la limitazione della
responsabilità alla sola parte
architettonica dell'opera stessa. È
evidente, infatti, che l'esigenza, imposta
dalla norma in discorso, di individuare un
responsabile per quel che attiene agli
aspetti strutturali del progetto, è
ampiamente soddisfatta dalla formula qui
impiegata.
Pertanto, avendo la presenza dell'ingegnere
progettista delle opere strutturali
assorbito per intero quella parte che poteva
esorbitare dalla competenza professionale
delle geometra, la contestazione circa
l'inidoneità del geometra a sottoscrivere il
progetto esaminato dal comune viene a cadere
e, quindi, tale aspetto della vicenda non è
suscettibile di incidere negativamente sulla
legittimità dell'impugnata concessione
edilizia.
Il Comune di Rocca San Giovanni, su
richiesta della S.n.c. Panoramica, ha
rilasciato in data 10.09.1992 la concessione
edilizia n. 50 per la realizzazione di un
fabbricato per civile abitazione, articolato
su due piani e composto da cinque
appartamenti, garage e cantine, su un'area
confinante con un terreno di proprietà del
signor Giovanni De Palma. Il progetto
esaminato dalla commissione edilizia
comunale venne sottoscritto dal geometra
Donato De Simone e, nella qualità di
progettista e direttore dei lavori delle
opere strutturali, dall'ingegner Italo Bona.
Con sentenza n. 463 del 1995, il TAR
Abruzzo, sezione staccata di Pescara, ha
accolto il ricorso proposto dal signor De
Palma per l'annullamento della concessione
edilizia in questione, ritenendo fondato
l'unico motivo di gravame con il quale
veniva contestata la violazione delle norme
sulla competenza professionale, prospettato
secondo l’assunto che l'opera, per la sua
consistenza e la previsione di strutture in
cemento armato, esorbitava dai compiti
affidati ai geometri e che nessun rilievo
poteva essere attribuito "alla
circostanza che i calcoli del cemento armato
siano stati affidati a parte a un
ingegnere..., giacché è il professionista
incaricato della progettazione della
direzione dei lavori che assume la
responsabilità dell'intera costruzione e non
gli eventuali suoi collaboratori (articolo 3
della legge 05.11.1971 n. 1086)."
La società Panoramica, con l'appello,
contesta sotto i profili giuridico e
fattuale la fondatezza dell'assunto e
conclude chiedendo, in riforma della
sentenza appellata, il rigetto del ricorso
di primo grado.
...
La questione di fondo intorno alla quale
ruota la controversia è quella di stabilire,
alla luce delle norme che disciplinano la
competenza professionale dei geometri e
degli ingegneri, se siano configurabili
situazioni di cooperazione professionale, in
base alle quali questi professionisti
possono assumere autonome responsabilità
nell'ambito delle rispettive competenze
professionali.
Secondo il primo giudice, ciò non sarebbe
possibile "giacché è il professionista
incaricato della progettazione e della
direzione dei lavori che assume la
responsabilità dell'intera costruzione e non
gli eventuali suoi collaboratori (articolo 3
della legge 05.11.1971 n. 1086)."
La tesi non può essere condivisa.
La norma richiamata della sentenza
appellata, nello stabilire che, con
riferimento alle opere di conglomerato
cementizio armato, "il progettista ha la
responsabilità diretta della progettazione
di tutte le strutture dell'opera comunque
realizzate", chiarisce il contenuto
della responsabilità di chi redige il
progetto, riferendola alla parte strutturale
dell'opera intesa nella sua globalità, ma di
certo non vieta né impedisce forme di
cooperazione nell'ambito del lavoro
progettuale, quale quella che si è
verificata nel caso di specie. Nel quale un
ingegnere iscritto nel relativo albo ha
sottoscritto il progetto qualificandosi come
"progettista e direttore lavori delle
opere strutturali", mentre un geometra
ha aggiunto la sua firma in qualità di "tecnico",
con ciò sottolineando la limitazione della
responsabilità alla sola parte
architettonica dell'opera stessa. È
evidente, infatti, che l'esigenza, imposta
dalla norma in discorso, di individuare un
responsabile per quel che attiene agli
aspetti strutturali del progetto, è
ampiamente soddisfatta dalla formula qui
impiegata.
Pertanto, avendo la presenza dell'ingegnere
progettista delle opere strutturali
assorbito per intero quella parte che poteva
esorbitare dalla competenza professionale
delle geometra, la contestazione circa
l'inidoneità del geometra a sottoscrivere il
progetto esaminato dal comune viene a cadere
e, quindi, tale aspetto della vicenda non è
suscettibile di incidere negativamente sulla
legittimità dell'impugnata concessione
edilizia (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 04.06.2003 n.
3068 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROFESSIONALI:
Direttive per le competenze dei Tecnici
diplomati. Delibera del Consiglio
dell'Ordine del 19.02.2003 (Ordine degli
Ingegneri della provincia di Ascoli Piceno,
nota 19.02.2003 n. 352 di prot. -
link a www.ordine-ingegneri.ap.it). |
anno 2002 |
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COMPETENZE PROGETTUALI:
Il discrimine della competenza dei geometri
nel campo delle costruzioni civili è dato
dal criterio della
"modestia" dell'opera, così come stabilito
dall'art. 16 r.d. 11.02.1929 n. 274,
il quale, nel regolare l'attività
professionale dei geometri alla lett. m),
consente loro l'attività di "progetto,
direzione e vigilanza di modeste
costruzioni civili".
Tale criterio è da
intendere in senso tecnico-qualitativo e
con riguardo ad una valutazione
della struttura dell'edificio e delle
relative modalità costruttive, che non
devono implicare la soluzione di
problemi tecnici particolari, devoluti
esclusivamente alla competenza professionale
degli ingegneri e degli
architetti.
Altri criteri, come quello
quantitativo, delle dimensioni e della
complessità, nonché quello economico,
possono soccorrere quali elementi
complementari di valutazione, in quanto
indicativi delle caratteristiche
costruttive e delle difficoltà tecniche
presenti nella realizzazione dell'opera.
Può ritenersi
ormai acquisito in giurisprudenza che, in
mancanza di ogni ulteriore specificazione da
parte del citato art. 16, lett. m), R.D. n.
274 del 1929, il discrimine della competenza
dei geometri nel campo delle costruzioni
civili è dato dalla “modestia”
dell’opera.
Criterio questo da intendere in senso
tecnico-qualitativo e con riguardo ad una
valutazione della struttura dell’edificio e
delle relative modalità costruttive, che non
devono implicare la soluzione di problemi
tecnici particolari, devoluti esclusivamente
alla competenza professionale degli
ingegneri e degli architetti. Altri criteri,
come quello quantitativo, delle dimensioni e
della complessità, nonché quello economico
possono soccorrere quali elementi
complementari di valutazione, in quanto
indicativi delle caratteristiche costruttive
e delle difficoltà tecniche presenti nella
realizzazione dell’opera (cfr. Corte Cost.
27.04.1993 n. 199).
Per valutare l’idoneità del geometra a
firmare il progetto di un’opera di edilizia
civile, occorre, quindi, considerare le
concrete caratteristiche dell’intervento. A
tal fine, peraltro, non possono essere
prefissati criteri rigidi e fissi, ma è
necessario considerare tutte le
particolarità della concreta vicenda, anche
in rapporto all’evoluzione
tecnico-scientifica ed economica che nel
settore edilizio può verificarsi nel tempo
(cfr. Cons. Stato, Sez. V, 31.01.2001 n.
348).
Nel caso di specie, come opportunamente
evidenziato dal Tribunale e come si evince
dalla relazione tecnica e dal certificato di
collaudo in atti, l’opera progettata è
costituita da un insieme di sette capannoni
ad un piano, destinati a magazzino o
deposito, la cui struttura in cemento armato
è stata progettata e calcolata da un
ingegnere, da realizzare a completamento di
un piano di lottizzazione. Si tratta di
costruzioni modulari, che, assunta da
professionista idoneo la responsabilità
delle strutture portanti, non presentano
particolari problemi tecnici e, delle quali,
nel caso che ci occupa, il geometra ha
curato in pratica la mera esecuzione secondo
la previsione del piano attuativo, insieme
alle opere complementari, come i parcheggi a
servizio.
Alla stregua dei canoni sopra enunciati e
considerate le concrete caratteristiche
dell’intervento, si ritiene che ricorrono
nella specie gli estremi della competenza
professionale del geometra (Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 03.10.2002 n. 5208 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI: Architetto
- Competenza professionale - Opere di
edilizia civile di rilevante carattere
artistico - Competenza esclusiva ex art. 52
R.D. 25/2537 - Valutazione caso per caso
dell’Autorità competente.
La norma dell’art. 52, 2° comma, del R.D.
23.10.1925 n. 2537 la quale prevede la
competenza esclusiva dell’architetto per le
opere di edilizia civile di rilevante
carattere artistico, implica che l’autorità
a cui è devoluta l’approvazione del progetto
effettui una valutazione del requisito
«rilevante », caso per caso, riferita sia
all’edificio oggetto dell’intervento e sia
all’intervento in sé.
Il Sindaco del Comune di Cavacurta
rilasciava concessione edilizia per il
restauro del complesso edilizio denominato «Convento
dei Padri Serviti».
Detta concessione veniva impugnata
dall’Ordine degli architetti, in base al
rilievo che trattandosi di immobile di
rilevante carattere artistico, ancorché non
soggetto al vincolo di cui alla L. n. 1089
del 1939, il progetto doveva essere
sottoscritto da un architetto e non, come
invece avvenuto, da un ingegnere.
Il TAR adito con la sentenza in epigrafe
accoglieva il ricorso, in base al rilievo
che qualunque intervento anche minimo su
edificio esistente, che abbia rilevanza
artistica, deve essere progettato
dall’architetto e non dall’ingegnere.
Hanno proposto appello l’ingegnere
firmatario del progetto e l’Ordine degli
ingegneri della provincia di Milano.
Osservano che in base alla legge
professionale, sono di competenza della
professione di architetto il restauro e
ripristino degli edifici soggetti al vincolo
di cui alla L. n. 1089 del 1939, mentre per
gli edifici non soggetti al vincolo sono di
competenza dell’architetto solo le opere di
edilizia civile che presentano rilevante
carattere artistico. Nella specie, gli
interventi di edilizia civile, relativi ad
immobile non vincolato, non presentavano
rilevante carattere artistico, e non
necessitavano pertanto di progetto firmato
da architetto.
L’appello è fondato.
La questione di diritto oggetto del presente
giudizio verte sulla corretta
interpretazione dell’art. 52, R.D.
23.10.1925 n. 2537, relativamente al riparto
di competenze tra architetti e ingegneri in
ordine alle opere soggette a vincolo
storico-artistico o comunque di carattere
artistico.
Dispone, in particolare, l’art. 52, R.D. n.
2537 del 1925, che sono di competenza della
professione di architetto, da un lato «le
opere di edilizia civile che presentano
rilevante carattere artistico» e
dall’altro lato «il restauro ed il
ripristino degli edifici contemplati dalla
legge 20.06.1899 n. 364 (ora L. n. 1089 del
1939)».
Se è chiaro che quando si tratta di immobili
soggetti a vincolo ai sensi della L. n. 1089
del 1939, il restauro e il ripristino sono
di spettanza della professione di
architetto, meno chiara è la previsione che
attribuisce all’architetto «le opere di
edilizia civile che presentano rilevante
carattere artistico».
La norma si riferisce, chiaramente, agli
immobili non soggetti a vincolo. L’assenza
di un vincolo formale, impone una
valutazione caso per caso non sul semplice
carattere artistico, bensì sul «rilevante»
carattere artistico.
Tale valutazione deve essere compiuta
dall’autorità che approva il progetto
dell’opera.
Trattasi di valutazione di merito,
sindacabile solo in caso di manifesta
illogicità o travisamento.
Quanto alla espressione «opere di
edilizia civile» la stessa va riferita
sia alle nuove opere, sia agli interventi
(ristrutturazione, manutenzione) su opere
già esistenti.
Il rilevante carattere artistico va riferito
non solo agli edifici cui accede
l’intervento, ma anche all’intervento in sé,
in quanto la norma parla non già di «interventi
su beni di rilevante carattere artistico»,
bensì di opere di edilizia civile, in sé
aventi rilevante carattere artistico.
Sicché, il rilevante carattere artistico va
di volta in volta valutato dall’autorità
competente ad approvare il progetto, con
riferimento alle opere da effettuare.
Tale interpretazione, oltre che conforme al
dato letterale della norma, è conforme alla
logica della stessa, che intende
differenziare gli immobili soggetti a
vincolo storico-artistico da quelli non
formalmente vincolati.
Per questi ultimi, non esistendo alcun
vincolo, si impone una valutazione rigorosa
sul carattere artistico dell’intervento,
onde evitare una non necessaria riserva di
competenza a favore di una categoria
professionale (gli architetti) e in danno di
un’altra (gli ingegneri).
Nel caso di specie, si tratta di interventi
di manutenzione e adeguamento su un immobile
non soggetto a vincolo ai sensi della L. n.
1089 del 1939, e ciò nonostante ritenuto di
valore artistico dagli strumenti urbanistici
comunali.
Occorreva dunque valutare se gli interventi
progettati fossero, a loro volta, di
rilevante carattere artistico, onde
stabilire se il progetto fosse di competenza
di architetto o ingegnere. Tale valutazione
competeva al Comune competente al rilascio
della concessione edilizia
(tratto da BLT n. 2/2002 - Consiglio di
Stato, Sez. VI,
sentenza 30.04.2002 n. 2303 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI: Architetto
- Competenza professionale - Opere marittime
- Incarico di coordinatore per la sicurezza
del cantiere – Esclusione.
Per un’opera marittima è legittima
l’esclusione degli architetti dalla
selezione per l’affidamento dell’incarico di
coordinatore della progettazione o di
coordinatore della esecuzione lavori, che
sono soggetti chiamati ad operare nel
settore della sicurezza dei cantieri per
lavori edili o di ingegneria civile «in
relazione alle specifiche competenze
connesse al titolo di studio», come dispone
l’art. 23 del D.Lgs. 19.11.1999 n. 528.
Il D.L.vo 14.08.1996 n. 494 concernente
attuazione della direttiva 92/57/C.E.E. ha
prescritto misure per la tutela della salute
e per la sicurezza dei lavoratori nei
cantieri temporanei o mobili definendo
all’art. 10 i requisiti professionali del
coordinatore per la progettazione e del
coordinatore per l’esecuzione, figura
quest’ultima che con la gara in questione si
intende affidare a professionista estraneo
all’Amministrazione.
La norma citata, al comma 1, individua tre
fasce di figure professionali che possono
acquisire la funzione del coordinatore per
l’esecuzione, graduando le stesse in ragione
dei diversi livelli di studio, dal diploma
di laurea ai diplomi universitari e infine
ai diplomi tecnici in genere disponendo al
comma 2 che i soggetti di cui al comma 1
devono essere in possesso di attestato di
frequenza a specifico corso in materia di
sicurezza.
È chiaro che, non avendo il corso, attesa la
sua brevità (120 ore), una funzione
sostitutiva dei singoli corsi di studio
delle diverse figure professionali, resta il
principio che la partecipazione ai medesimi
corsi integra le conoscenze dei soggetti
nell’ambito delle specifiche abilitazioni ad
operare nei diversi settori della tecnica.
Il citato D.L.vo n. 494 del 1996 non ha
quindi introdotto modifiche alle varie
competenze professionali, ma si è limitato
ad individuare una vasta gamma di
professionalità che, ciascuna nel proprio
settore di competenza, sono suscettibili di
svolgere le funzioni specifiche connesse
alla sicurezza previa partecipazione a corsi
per l’acquisizione di conoscenze sulle
specifiche attività.
Non appare superfluo rilevare che le
attività connesse alla sicurezza non possono
essere efficacemente svolte se non si
possiede una approfondita conoscenza delle
problematiche connesse alla tipologia di
opera da realizzare, alle tecnologie
costruttive della stessa, agli specifici e
spesso complessi mezzi d’opera utilizzati.
Il delicato aspetto della sicurezza dei
cantieri, per l’alto prezzo che viene pagato
con gli infortuni sul lavoro, impone
l’applicazione di criteri rigidi di
selezione degli operatori, secondo il
possesso di elevata e specifica
professionalità.
Detta esigenza è stata avvertita dal
Legislatore il quale -con il D.L.vo
19.11.1999 n. 528, modificativo ed
integrativo del D.L.vo n. 494 del 1996– ha
ritenuto opportuno precisare esplicitamente
(art. 23) che i lavori edili o di ingegneria
civile al coordinamento dei quali sono
abilitati i soggetti di cui all’art. 10,
comma 1, del D.L.vo n. 494 del 1996 sono
individuati, con uno o più decreti
interministeriali, «in relazione alle
specifiche competenze connesse al titolo di
studio».
Il citato D.L.vo è entrato in vigore il
18.04.2000 (art. 26) e, ancorché non siano
stati ancora emanati i suddetti decreti
interministeriali, la disposizione che
l’abilitazione ad operare nel settore della
sicurezza sia riferita alle specifiche
competenze connesse al titolo di studio deve
intendersi pienamente operante.
Nel caso specifico non sussistono dubbi che
le opere marittime esulino dalle competenze
professionali degli architetti e pertanto
legittimamente il bando ha limitato la
partecipazione ai soli ingegneri
(tratto da BLT n. 2/2002 - Consiglio di
Stato, Sez. IV, sentenza 28.02.2002 n.
1208). |
COMPETENZE PROGETTUALI: Architetto
- Competenza professionale - Progettazione
di impianto comunale di illuminazione
pubblica - Ammissibilità.
In una gara indetta per l’affidamento di
progettazione di un impianto comunale di
illuminazione pubblica -che è da considerare
opera di edilizia civile- è illegittima la
clausola del bando che esclude gli
architetti dalla partecipazione alla gara.
Atteso che, prima facie, pur non
potendosi addivenire, sulla base della
normativa vigente, ad una sostanziale
equiparazione del titolo di laurea in
architettura, con quello di ingegneria (più
spiccatamente caratterizzato quest’ultimo in
senso tecnico-scientifico), deve accedersi
ad una interpretazione della nozione di
edilizia civile sufficientemente estesa e
ritenersi pertanto che non si limiti l’opera
di progettazione dell’illuminazione viaria
pubblica in ambito comunale ad un fenomeno
di mera applicazione di energia elettrica,
potendo essa invece costituire un’efficace
mezzo di valorizzazione dei singoli
fabbricati e del complessivo patrimonio
edilizio comunale (tratto da BLT n. 2/2002 -
Consiglio di Stato, Sez. V, ordinanza
caut. 08.01.2002 n. 20). |
anno 2001 |
|
COMPETENZE
PROGETTUALI:
Il Collegio non intende disconoscere il più
recente orientamento della giurisprudenza amministrativa che
propende per l’esclusione dalla competenza dei geometri
della progettazione di co-struzioni civili che comportano
l’adozione di strutture in cemento armato, con la sola
eccezione delle piccole costruzioni accessorie nell’ambito
degli edifici rurali o destinate ad industrie agricole che
non richiedono particolari operazioni di calcolo e che per
la loro destinazione non comportano pericolo per la persona.
Per quanto riguarda la vicenda di cui è causa, non può
tuttavia essere ignorato che la legittimità degli atti
impugnati deve necessariamente essere valutata alla luce
dell’orientamento giurisprudenziale prevalente alla data di
rilascio delle concessioni edilizie oggetto di gravame (anni
1991/1992/1993), in tema di competenza progettuale dei
geometri che, per quanto concerne il parametro della
modestia delle costruzioni, caratterizzante tale competenza
professionale non aveva fornito univoci responsi,
soprattutto per quanto concerne l’individuazione dei limiti
volumetrici delle costruzioni esorbitanti tale competenza
progettuale, dal momento che l’art. 2 della legge
05.11.1971, n. 1086, recante la disciplina delle opere di
conglomerato cementizio armato normale precompresso ed a
struttura metallica non esclude in assoluto la competenza
dei geometri.
Ciò comporta che, alla luce delle genericità degli elementi
di discrimine tra la competenza professionale degli
ingegneri e dei geometri individuati dalla giurisprudenza
alla data d’adozione degli atti impugnati in questa sede, il
Collegio ritiene che gli stessi siano da valutare immuni dai
vizi denunciati dalla parte ricorrente, in quanto la
sottoscrizione dei progetti da parte di un geometra non può
essere di per sé ritenuta elusiva della riferita disciplina
in materia di opere in cemento armato, se si considera che,
come risulta provato in atti, i calcoli relativi alla
struttura in conglomerato cementizio dell’edificio oggetto
di concessione edilizia allegati al progetto sono stati
elaborati da un ingegnere che ha provveduto anche
all’effettuazione del collaudo statico degli elementi in
calcestruzzo armato e dell’intero fabbricato, garantendo in
tal modo l’affidabilità tecnica e strutturale della stessa,
ai fini della salvaguardia dell’incolumità delle persone che
la giurisprudenza si preoccupa di assicurare attraverso la
collaborazione tecnica e professionale degli ingegneri.
Il coinvolgimento nell’attività di progettazione degli
elementi strutturali dell’edificio di un ingegnere, ad
avviso del Collegio, contribuisce, quindi, nel caso che
occupa a legittimare l’attività progettuale del geometra che
ha sottoscritto gli elaborati grafici ed a dare necessarie
garanzie di professionalità all’intera attività di
elaborazione tecnica dell’intervento costruttivo in termini
di affidabilità statica ed edilizia.
Ad identiche conclusioni d’infondatezza conduce anche
l’esame della residua censura preordinata a far dipendere la
dedotta illegittimità delle impugnate concessioni edilizie
dalla circostanza che i progetti della costruzione con le
medesime assentiti sono stati sottoscritti da un geometra,
anziché da un ingegnere o da un architetto.
Al riguardo il Collegio non intende disconoscere il più
recente orientamento della giurisprudenza amministrativa che
propende per l’esclusione dalla competenza dei geometri
della progettazione di co-struzioni civili che comportano
l’adozione di strutture in cemento armato, con la sola
eccezione delle piccole costruzioni accessorie nell’ambito
degli edifici rurali o destinate ad industrie agricole che
non richiedono particolari operazioni di calcolo e che per
la loro destinazione non comportano pericolo per la persona
(ex multis, Cons. St., sez. V, 31.01.2001, n. 348).
Per quanto riguarda la vicenda di cui è causa, non può
tuttavia essere ignorato che la legittimità degli atti
impugnati deve necessariamente essere valutata alla luce
dell’orientamento giurisprudenziale prevalente alla data di
rilascio delle concessioni edilizie oggetto di gravame (anni
1991/1992/1993), in tema di competenza progettuale dei
geometri che, per quanto concerne il parametro della
modestia delle costruzioni, caratterizzante tale competenza
professionale non aveva fornito univoci responsi,
soprattutto per quanto concerne l’individuazione dei limiti
volumetrici delle costruzioni esorbitanti tale competenza
progettuale, dal momento che l’art. 2 della legge
05.11.1971, n. 1086, recante la disciplina delle opere di
conglomerato cementizio armato normale precompresso ed a
struttura metallica non esclude in assoluto la competenza
dei geometri (Corte Cost., 19/27.04.1993, n. 199).
Ciò comporta che, alla luce delle genericità degli elementi
di discrimine tra la competenza professionale degli
ingegneri e dei geometri individuati dalla giurisprudenza
alla data d’adozione degli atti impugnati in questa sede, il
Collegio ritiene che gli stessi siano da valutare immuni dai
vizi denunciati dalla parte ricorrente, in quanto la
sottoscrizione dei progetti da parte di un geometra non può
essere di per sé ritenuta elusiva della riferita disciplina
in materia di opere in cemento armato, se si considera che,
come risulta provato in atti, i calcoli relativi alla
struttura in conglomerato cementizio dell’edificio oggetto
di concessione edilizia allegati al progetto sono stati
elaborati da un ingegnere che ha provveduto anche
all’effettuazione del collaudo statico degli elementi in
calcestruzzo armato e dell’intero fabbricato (vedi
certificato di collaudo a firma dell’ing. Carlo Cingolani
del 27.08.1993 in atti), garantendo in tal modo
l’affidabilità tecnica e strutturale della stessa, ai fini
della salvaguardia dell’incolumità delle persone che la
giurisprudenza si preoccupa di assicurare attraverso la
collaborazione tecnica e professionale degli ingegneri.
Il coinvolgimento nell’attività di progettazione degli
elementi strutturali dell’edificio di un ingegnere, ad
avviso del Collegio, contribuisce, quindi, nel caso che
occupa a legittimare l’attività progettuale del geometra che
ha sottoscritto gli elaborati grafici ed a dare necessarie
garanzie di professionalità all’intera attività di
elaborazione tecnica dell’intervento costruttivo in termini
di affidabilità statica ed edilizia.
In conclusione, dalle considerazioni che precedono discende
che il ricorso deve essere in parte dichiarato improcedibile
per sopravvenuta carenza d’interesse, per quanto riguarda le
censure preordinate a denunciare, attraverso il rilascio
delle concessioni edilizie oggetto di impugnativa,
l’avvenuta realizzazione di abusi edilizi a fronte
dell’inter-venuta loro regolarizzazione in pendenza del
giudizio con il rilascio di apposita concessione in
sanatoria (TAR Marche,
sentenza 23.11.2001 n. 1220 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI:
In base all'art. 16, R.D. 11.02.1929
n. 274 e dell'art. 54, L. 02.03.1949 n.
144, non
rientra nella competenza dei geometri la
realizzazione di un complesso di opere di
modesta
entità o tenuità, bensì che richiede una
visione d'insieme, pone problemi di
carattere programmatorio ed impone la valutazione
complessiva di una serie di situazioni la
cui
soluzione, sotto il profilo tecnico, possa
incontrare difficoltà non facilmente
superabili con il
solo bagaglio professionale del geometra
(nella specie, l'incarico di progettazione è
di sicura
complessità, perché riguarda l'adeguamento e
la razionalizzazione dell'acquedotto
comunale,
in funzione di una nuova destinazione
urbanistica e, quindi, non è penalizzante
della posizione
professionale dei geometri).
L'articolo 16
del regio decreto 11.02.1929, n. 2174, nel
definire "l'oggetto ed i limiti
dell'esercizio professionale di geometra",
attribuisce alla competenza del medesimo,
per quel che concerne la fattispecie,
(lettera l) "progetto, direzione,
sorveglianza e liquidazione di costruzioni
rurali e di edifici per uso d'industrie
agricole, di limitata importanza, di
struttura ordinaria, comprese piccole
costruzioni accessorie in cemento armato,
che non richiedono particolari operazioni di
calcolo e per la loro destinazione non
possono comunque implicare pericolo per la
incolumità delle persone; nonché di piccole
opere inerenti alle aziende agrarie, come
strade vicinali senza rilevanti opere
d'arte, lavori d'irrigazione e di bonifica,
provvista d'acqua per le stesse aziende e
riparto della spesa per opere consorziali
relative, esclusa, comunque, la redazione di
progetti generali di bonifica idraulica ed
agraria e relativa direzione".
Contrariamente a quanto argomentato
dall’appellante, i limiti posti dalla norma,
nella parte in cui circoscrive la competenza
dei geometri ad opere strutturalmente
semplici, non sono stati modificati
dall'articolo 57 della legge 02.03.1949, n.
144, che contiene una classificazione delle
prestazioni professionali del geometra in
funzione dell'applicazione degli onorari
professionali e che definisce le costruzioni
in termini più generali. Infatti
dall'analisi comparativa delle due norme
emerge come “il criterio di delimitazione
del campo operativo del geometra, costituito
dalla modestia o tenuità dell'opera dev'essere
integrato con quello che preclude al
geometra la realizzazione di un complesso di
opere che richiede una visione di insieme,
pone problemi di carattere programmatorio,
ed impone una valutazione complessiva di una
serie di situazioni la cui soluzione, sotto
il profilo tecnico, può incontrare
difficoltà non facilmente superabili con la
competenza professionale del geometra.”
(Consiglio Stato sez. V 03.01.1992 n. 3).
Nel caso di specie, è pacifico che incarichi
di progettazione si riferivano ad interventi
di sicura complessità, trattandosi
dell'adeguamento e razionalizzazione
dell'acquedotto comunale, in funzione di una
nuova destinazione urbanistica (insediamenti
produttivi), e del recupero e riuso del
centro storico richiedente per sua natura
una visione di insieme di problemi la cui
soluzione involge questioni di notevole
spessore tecnico (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza
22.09.2001 n. 4985 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE
PROFESSIONALI: Il
Geometra non può firmare Piani Attuativi.
Le disposizioni contenute nel R.D. 11.02.1929 n. 274
stabiliscono che il Geometra ha, per quanto concerne la
progettazione, direzione e vigilanza in materia edilizia,
competenza per “costruzioni rurali e di edifici di uso
d’industrie agricole, di limitata importanza, di struttura
ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in
cemento armato che non richiedono particolari operazioni di
calcolo...”, nonché per “modeste costruzioni civili”.
La giurisprudenza ha precisato, in proposito, che le
indicate attività professionali non possono che restare
limitate alle specifiche previsioni normative, che non
implicano alcuna possibilità di estensione, anche in
considerazione di motivi di ordine pubblico e di tutela
della sicurezza collettiva. E’ stato affermato, più in
particolare, che resta preclusa al Geometra la realizzazione
di un complesso di opere che richieda una visione di
insieme, che ponga problemi di carattere organizzatorio
(Cons. St., Sez. V, n. 25 del 13.01.1999; n. 3 del
03.01.1992).
E’ facile osservare come nelle disposizioni su citate non
sia ravvisabile alcuna indicazione che faccia riferimento a
strumenti di programmazione urbanistica, mentre è pacifico
che la redazione di un piano di lottizzazione costituisce
attività che chiaramente richiede una competenza
programmatoria in tale settore, anche se si limita
l’attività a opere di modesta entità, e nonostante che la
stessa sia posta in attuazione delle previsioni dello
strumento urbanistico generale.
In effetti, come già affermato da questa Sezione, la
redazione di un tale strumento concerne indubbiamente la
realizzazione di un complesso di opere che richiede una
visione di insieme e pone problemi di carattere
programmatorio che indubbiamente postulano valutazioni
complessive che non rientrano nella competenza professionale
del Geometra, così come definita dall’art. 16 del r.d.
11.02.1929 n. 274 (Cons. St., Sez. IV, n. 765 del
09.11.1989) (Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 03.09.2001 n. 4620 -
link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROFESSIONALI:
Risponde al reato di esercizio
abusivo della professione il geometra che
procede alla progettazione ed alla direzione
dei lavori di un edificio con strutture in
cemento armato che non sia di modeste
dimensioni, anche se il progetto è vistato o
controfirmato da un professionista abilitato
o se i calcoli del cemento armato sono stati
fatti eseguire da un ingegnere.
L’opera progettata non può considerarsi di
modeste dimensioni, trattandosi della
sopraelevazione di ben tre piani, per una
volumetria complessiva di 1700 metri cubi.
Ne deriva, quindi, l’inidoneità del progetto
predisposto dal geometra.
La Sezione ha ripetutamente chiarito che per
gli edifici destinati a civile abitazione,
la competenza dei geometri è limitata alle
sole costruzioni di modeste dimensioni, con
divieto di progettare opere per cui vi sia
impiego di cemento armato, tale da
implicare, in relazione alla destinazione
dell'opera, un pericolo per l'incolumità
della persone in caso di difetto
strutturale, stante l'evidente favore che le
varie norme pongono per la competenza
esclusiva dei tecnici laureati, nonché
l'obbligo della p.a., in sede di rilascio
della concessione edilizia, di motivare
congruamente in ordine alla sufficienza
della redazione di un progetto da parte di
un geometra (Consiglio Stato sez. V,
13.01.1999, n. 25).
La competenza dei geometri per la
realizzazione in cemento armato di piccole
costruzioni accessorie di edifici rurali
deve essere estesa, ai sensi dell'art. 16
r.d. 11.02.1929 n. 274, anche alle opere
accessorie alle costruzioni civili, fermo
restando che deve trattarsi di costruzioni
di dimensioni esigue e tali da non
presentare particolari problemi strutturali
(Consiglio Stato sez. V, 08.06.1998, n.
779).
Secondo tale pronuncia, non rientra nella
competenza professionale del geometra la
progettazione e la realizzazione di opere in
cemento armato che eccedano i limiti posti
dagli art. 16 ss. r.d. 11.02.1929 n. 274,
ossia le piccole costruzioni accessorie di
edifici rurali e per uso di industrie
agricole, che non richiedano particolari
operazioni di calcolo e non costituiscano
comunque pericolo per l'incolumità delle
persone (nella specie, è illegittimo il
progetto firmato da un geometra per la
realizzazione di un grande capannone
industriale, poggiante su una fondazione di
pali e pilastri in cemento armato e con
solai in laterocemento e, comunque, di
natura e dimensioni tali da non poter esser
definito come una modesta costruzione
civile).
Questo rigoroso orientamento è solo in parte
contrastato da altre pronunce, secondo le
quali, dal complesso normativo risultante
dal r.d. 16.11.1939 n. 2229 e dalle l.
05.11.1971 n. 1086, 02.02.1974 n. 64 e
02.03.1949 n. 144 si deve trarre la
conclusione che ai tecnici diplomati non è
preclusa in assoluto la progettazione di
strutture in cemento armato: anzi la stessa
è specificamente prevista e consentita
sempre che si mantenga nei limiti della
competenza come determinata nella rispettiva
disciplina professionale: ne consegue che la
competenza dei geometri alla progettazione,
direzione e vigilanza di modeste costruzioni
civili non trova alcuna limitazione o
preclusione nella relativa struttura in
cemento armato e dovendo anzi tenersi conto
della specifica cultura di tali
professionisti accresciuta dall'evoluzione
delle relative conoscenze tecniche
(Consiglio Stato sez. IV, 09.08.1997, n.
784).
Infatti, anche tale decisione circoscrive il
proprio campo di azione alle opere di
dimensioni minori, senza generalizzare la
competenza progettuale dei geometri: poiché
l'art. 16, lett. m), r.d. 11.02.1929 n. 274,
concernente l'ordinamento professionale dei
geometri, consente l'attività di
progettazione, direzione e vigilanza di "modeste
costruzioni civili" senza ulteriori
specificazioni, rientra nella competenza dei
geometri anche la progettazione di
costruzioni in cemento armato, purché tali
costruzioni, sotto il profilo
tecnico-qualitativo, rientrino, per i
problemi tecnici che implicano, nella loro
preparazione professionale.
Va rilevato, poi, che un indirizzo più
restrittivo è sostenuto dalla Cassazione
civile, secondo la quale il r.d. 16.11.1939
n. 2229 esclude dalla competenza dei
geometri -essendo di competenza di
architetti ed ingegneri- i progetti di
lavori comportanti l'impiego di cemento
armato. Tale disciplina non è mutata dopo le
leggi 05.11.1971 n. 1086 sulle opere in
conglomerato cementizio e 02.02.1974 n. 64
sulle costruzioni in zone sismiche
(Cassazione civile sez. II, 30.03.1999, n.
3046).
In tale prospettiva, si afferma che a norma
dell'art. 16, lett. m), r.d. 11.02.1929 n.
274, la competenza dei geometri è limitata
alla progettazione, direzione e vigilanza di
modeste costruzioni civili, con esclusione
di quelle che comportino l'adozione anche
parziale di strutture in cemento armato,
mentre in via di eccezione, si estende anche
a queste strutture, a norma della lett. l)
del medesimo articolo, solo con riguardo
alle piccole costruzioni accessorie
nell'ambito degli edifici rurali o destinati
alle industrie agricole che non richiedano
particolari operazioni di calcolo e che per
la loro destinazione non comportino pericolo
per le persone, restando quindi comunque
esclusa la suddetta competenza nel campo
delle costruzioni civili ove si adottino
strutture in cemento armato, la cui
progettazione e direzione qualunque ne sia
l'importanza e' pertanto riservata solo agli
ingegneri e architetti iscritti nei relativi
albi professionali (Cassazione civile sez. II, 02.04.1997, n. 2861).
Tanto la progettazione quanto l'esecuzione
di opere in conglomerato cementizio,
semplice ed armato, riservata per legge agli
ingegneri ed agli architetti, esulano dalla
competenza professionale dei geometri, cui è
riconosciuta esclusivamente la facoltà (ex
art. 16 lettera L del regolamento di cui al
r.d. n. 274 del 1929) di progettare lavori
comportanti l'impiego di cemento armato
-limitatamente a piccole costruzioni
accessorie di edifici rurali ovvero adibiti
ad uso di industrie agricole- di limitata
importanza, di struttura ordinaria e che non
richiedano, comunque, particolari operazioni
di calcolo, tali, in definitiva, da non
poter comportare, per loro destinazione,
pericolo alcuno per l'incolumità delle
persone (Cassazione civile sez. II,
22.10.1997, n. 10365).
La giurisprudenza penale, poi, afferma che
l'art. 2 della legge 05.11.1971 n. 1086,
nell'indicare i professionisti abilitati
alla progettazione ed alla costruzione delle
opere in conglomerato cementizio armato,
normale e precompresso, fa espressamente
salvi i limiti delle singole competenze
professionali.
Per quanto riguarda i geometri, occorre fare
riferimento alle lettere l) e m) dell'art.
16 del r.d. 11.02.1929 n. 274, che segnano i
limiti della competenza del geometra in
materia di costruzioni rurali e civili, e da
cui può desumersi che, relativamente alle
costruzioni in cemento armato, il geometra
e' abilitato alla progettazione e direzione
di lavori afferenti a esse solo quando si
tratti di modeste costruzioni -intendendosi
con tale termine la limitata entità
dell'opera nel suo complesso e non la sola
semplicità di essa- che non richiedano
complessi calcoli delle strutture e non
comportino problemi di stabilità e pericolo
per la incolumità pubblica (fattispecie in
cui e' stata ritenuta corretta la
valutazione dei giudici di merito che
avevano escluso l'abilitazione del geometra
trattandosi di opere, realizzate in
difformità totale dalla concessione edilizia
e comportanti aumenti planivolumetrici e di
superficie, ritenute non di modesta entità
con riferimento all'edificio
complessivamente considerato) (Cassazione
penale sez. III, 16.10.1996, n. 10125).
Nello stesso senso, si è chiarito che
risponde del reato di esercizio abusivo
della professione il geometra che procede
alla progettazione ed alla direzione dei
lavori di un edificio con strutture di
cemento armato che non sia di modeste
dimensioni anche se il progetto è
controfirmato o vistato da un professionista
abilitato o se i calcoli del cemento armato
sono stati fatti eseguire da un ingegnere.
Al fine di valutare la entità dell'opera il
giudice dovrà tenere conto sia delle
dimensioni che della complessità oltre che
dell'importo economico. Non necessariamente
dovrà trattarsi di un'unica unità abitativa,
ma non potrà certo rientrare tra le
competenze del geometra la progettazione di
cubature utili ad edifici con una pluralità
di appartamenti.
Il testo fondamentale che fissa i limiti
della competenza dei geometri è ancora
l'art. 16 del r.d. 11.02.1929 n. 247, poiché
anche le norme successive che hanno
consentito la progettazione di struttura di
cemento armato, fanno riferimento ai limiti
posti da tale legge (Cassazione penale sez.
VI, 10.10.1995, n. 1147; Cassazione penale
sez. VI, 02.02.1993).
Dunque, per valutare la idoneità del
geometra a firmare il progetto di un’opera
edilizia che comporta l’uso di cemento
armato, occorre considerare le concrete
caratteristiche dell’intervento. A tal fine,
non possono essere prefissati criteri rigidi
e fissi, ma è necessario considerare tutte
le particolarità della concreta vicenda,
anche alla luce dell’evoluzione tecnica ed
economica del settore edilizio.
Nel caso di specie, come opportunamente
evidenziato dal tribunale, l’opera
progettata non può considerarsi di modeste
dimensioni, trattandosi della
sopraelevazione di ben tre piani, per una
volumetria complessiva di 1700 metri cubi.
Ne deriva, quindi, l’inidoneità del progetto
predisposto dal geometra (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 31.01.2001 n. 348 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI: Non
rientra nella competenza professionale del
geometra la progettazione e la realizzazione
di opere in cemento armato che eccedano i
limiti posti dagli art. 16 ss. r.d.
11.02.1929 n. 274, ossia le piccole
costruzioni accessorie di edifici rurali e
per uso di industrie agricole, che non
richiedano particolari operazioni di calcolo
e non costituiscano comunque pericolo per
l'incolumità delle persone (nella specie, e'
illegittimo il progetto firmato da un
geometra per la realizzazione di un grande
capannone industriale, poggiante su una
fondazione di pali e pilastri in cemento
armato e con solai in laterocemento e,
comunque, di natura e dimensioni tali da non
poter esser definito come una modesta
costruzione civile).
La Sezione ha ripetutamente chiarito che per
gli edifici destinati a civile abitazione,
la competenza dei geometri e' limitata alle
sole costruzioni di modeste dimensioni, con
divieto di progettare opere per cui vi sia
impiego di cemento armato, tale da
implicare, in relazione alla destinazione
dell'opera, un pericolo per l'incolumità
della persone in caso di difetto
strutturale, stante l'evidente favore che le
varie norme pongono per la competenza
esclusiva dei tecnici laureati, nonché
l'obbligo della p.a., in sede di rilascio
della concessione edilizia, di motivare
congruamente in ordine alla sufficienza
della redazione di un progetto da parte di
un geometra (Consiglio Stato sez. V,
13.01.1999, n. 25).
La competenza dei geometri per la
realizzazione in cemento armato di piccole
costruzioni accessorie di edifici rurali
deve essere estesa, ai sensi dell'art. 16
r.d. 11.02.1929 n. 274, anche alle opere
accessorie alle costruzioni civili, fermo
restando che deve trattarsi di costruzioni
di dimensioni esigue e tali da non
presentare particolari problemi strutturali
(Consiglio Stato sez. V, 08.06.1998, n.
779).
Secondo tale pronuncia, non rientra nella
competenza professionale del geometra la
progettazione e la realizzazione di opere in
cemento armato che eccedano i limiti posti
dagli art. 16 ss. r.d. 11.02.1929 n. 274,
ossia le piccole costruzioni accessorie di
edifici rurali e per uso di industrie
agricole, che non richiedano particolari
operazioni di calcolo e non costituiscano
comunque pericolo per l'incolumità delle
persone (nella specie, e' illegittimo il
progetto firmato da un geometra per la
realizzazione di un grande capannone
industriale, poggiante su una fondazione di
pali e pilastri in cemento armato e con
solai in laterocemento e, comunque, di
natura e dimensioni tali da non poter esser
definito come una modesta costruzione
civile).
Questo rigoroso orientamento è solo in parte
contrastato da altre pronunce, secondo le
quali, dal complesso normativo risultante
dal r.d. 16.11.1939 n. 2229 e dalle l.
05.11.1971 n. 1086, 02.02.1974 n. 64 e
02.03.1949 n. 144 si deve trarre la
conclusione che ai tecnici diplomati non è
preclusa in assoluto la progettazione di
strutture in cemento armato: anzi la stessa
e' specificamente prevista e consentita
sempre che si mantenga nei limiti della
competenza come determinata nella rispettiva
disciplina professionale: ne consegue che la
competenza dei geometri alla progettazione,
direzione e vigilanza di modeste costruzioni
civili non trova alcuna limitazione o
preclusione nella relativa struttura in
cemento armato e dovendo anzi tenersi conto
della specifica cultura di tali
professionisti accresciuta dall'evoluzione
delle relative conoscenze tecniche
(Consiglio Stato sez. IV, 09.08.1997, n.
784).
Infatti, anche tale decisione circoscrive il
proprio campo di azione alle opere di
dimensioni minori, senza generalizzare la
competenza progettuale dei geometri: poiché
l'art. 16 lett. m) r.d. 11.02.1929 n. 274,
concernente l'ordinamento professionale dei
geometri, consente l'attività di
progettazione, direzione e vigilanza di
"modeste costruzioni civili" senza ulteriori
specificazioni, rientra nella competenza dei
geometri anche la progettazione di
costruzioni in cemento armato, purché tali
costruzioni, sotto il profilo
tecnico-qualitativo, rientrino, per i
problemi tecnici che implicano, nella loro
preparazione professionale.
6. Va rilevato, poi, che un indirizzo più
restrittivo è sostenuto dalla Cassazione
civile, secondo la quale il r.d. 16.11.1939
n. 2229 esclude dalla competenza dei
geometri -essendo di competenza di
architetti ed ingegneri- i progetti di
lavori comportanti l'impiego di cemento
armato. Tale disciplina non e' mutata dopo
le leggi 05.11.1971 n. 1086 sulle opere in
conglomerato cementizio e 02.02.1974 n. 64
sulle costruzioni in zone sismiche
(Cassazione civile sez. II, 30.03.1999, n.
3046).
In tale prospettiva, si afferma che a norma
dell'art. 16 lett. m) r.d. 11.02.1929 n.
274, la competenza dei geometri e' limitata
alla progettazione, direzione e vigilanza di
modeste costruzioni civili, con esclusione
di quelle che comportino l'adozione anche
parziale di strutture in cemento armato,
mentre in via di eccezione, si estende anche
a queste strutture, a norma della lett. l)
del medesimo articolo, solo con riguardo
alle piccole costruzioni accessorie
nell'ambito degli edifici rurali o destinati
alle industrie agricole che non richiedano
particolari operazioni di calcolo e che per
la loro destinazione non comportino pericolo
per le persone, restando quindi comunque
esclusa la suddetta competenza nel campo
delle costruzioni civili ove si adottino
strutture in cemento armato, la cui
progettazione e direzione qualunque ne sia
l'importanza e' pertanto riservata solo agli
ingegneri e architetti iscritti nei relativi
albi professionali (Cassazione civile sez.
II, 02.04.1997, n. 2861).
Tanto la progettazione quanto l'esecuzione
di opere in conglomerato cementizio,
semplice ed armato, riservata per legge agli
ingegneri ed agli architetti, esulano dalla
competenza professionale dei geometri, cui è
riconosciuta esclusivamente la facoltà (ex
art. 16 lettera L del regolamento di cui al
r.d. n. 274 del 1929) di progettare lavori
comportanti l'impiego di cemento armato
-limitatamente a piccole costruzioni
accessorie di edifici rurali ovvero adibiti
ad uso di industrie agricole- di limitata
importanza, di struttura ordinaria e che non
richiedano, comunque, particolari operazioni
di calcolo, tali, in definitiva, da non
poter comportare, per loro destinazione,
pericolo alcuno per l'incolumità delle
persone (Cassazione civile sez. II,
22.10.1997, n. 10365).
La giurisprudenza penale, poi, afferma che
l'art. 2 della legge 05.11.1971 n. 1086,
nell'indicare i professionisti abilitati
alla progettazione ed alla costruzione delle
opere in conglomerato cementizio armato,
normale e precompresso, fa espressamente
salvi i limiti delle singole competenze
professionali.
Per quanto riguarda i geometri, occorre fare
riferimento alle lettere l) e m) dell'art.
16 del r.d. 11.02.1929 n. 274, che segnano i
limiti della competenza del geometra in
materia di costruzioni rurali e civili, e da
cui può desumersi che, relativamente alle
costruzioni in cemento armato, il geometra
e' abilitato alla progettazione e direzione
di lavori afferenti a esse solo quando si
tratti di modeste costruzioni -intendendosi
con tale termine la limitata entità
dell'opera nel suo complesso e non la sola
semplicità di essa- che non richiedano
complessi calcoli delle strutture e non
comportino problemi di stabilità e pericolo
per la incolumità pubblica (fattispecie
in cui e' stata ritenuta corretta la
valutazione dei giudici di merito che
avevano escluso l'abilitazione del geometra
trattandosi di opere, realizzate in
difformità totale dalla concessione edilizia
e comportanti aumenti planovolumetrici e di
superficie, ritenute non di modesta entità
con riferimento all'edificio
complessivamente considerato)
(Cassazione penale sez. III, 16.10.1996, n.
10125).
Nello stesso senso, si è chiarito che
risponde del reato di esercizio abusivo
della professione il geometra che procede
alla progettazione ed alla direzione dei
lavori di un edificio con strutture di
cemento armato che non sia di modeste
dimensioni anche se il progetto e'
controfirmato o vistato da un professionista
abilitato o se i calcoli del cemento armato
sono stati fatti eseguire da un ingegnere.
Al fine di valutare la entità dell'opera il
giudice dovrà tenere conto sia delle
dimensioni che della complessità oltre che
dell'importo economico. Non necessariamente
dovrà trattarsi di un'unica unità abitativa,
ma non potrà certo rientrare tra le
competenze del geometra la progettazione di
cubature utili ad edifici con una pluralità
di appartamenti.
Il testo fondamentale che fissa i limiti
della competenza dei geometri è ancora
l'art. 16 del r.d. 11.02.1929 n. 247,
poiché' anche le norme successive che hanno
consentito la progettazione di struttura di
cemento armato, fanno riferimento ai limiti
posti da tale legge (Cassazione penale sez.
VI, 10.10.1995, n. 1147; Cassazione penale
sez. VI, 02.02.1993).
Dunque, per valutare la idoneità del
geometra a firmare il progetto di un’opera
edilizia che comporta l’uso di cemento
armato, occorre considerare le concrete
caratteristiche dell’intervento.
A tal fine, non possono essere prefissati
criteri rigidi e fissi, ma è necessario
considerare tutte le particolarità della
concreta vicenda, anche alla luce
dell’evoluzione tecnica ed economica del
settore edilizio
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 31.01.2001 n. 348 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2000 |
|
COMPETENZE PROFESSIONALI:
I geometri non possono progettare
o dirigere costruzioni in cemento armato di
tipo civile, neppure di modesta entità:
possono progettare o dirigere costruzioni in
cemento armato, solo quando sono costruzioni
accessorie di tipo rurale e non presentino
particolare complessità
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 06.11.2000 n. 11287). |
COMPETENZE PROGETTUALI - PUBBLICO IMPIEGO:
La legge quadro, all’art. 17, riconosce ai diplomati
dipendenti la facoltà di svolgere attività di progettazione,
ma rimanda ai singoli ordinamenti professionali la
definizione di tipologie dei progetti la cui redazione può
essere affidata ai tecnici diplomati ed i relativi limiti (deliberazione
13.06.2000 - link a www.autoritalavoripubblici.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI: Architetto
- Competenza professionale - Progettazione
di opere stradali, idrauliche e igieniche -
Esclusione - Limiti.
Dall'interpretazione letterale, sistematica
e teleologica degli artt. 51, 52 e 54 del
R.D. 1925/2537 - che riservano alla
competenza comune di architetti e ingegneri
le sole opere di edilizia civile (delle
quali però quelle con carattere artistici
restano di competenza esclusiva degli
architetti) mentre attribuiscono alla
competenza generale degli ingegneri tutte le
altre - discende la regola secondo cui la
progettazione delle opere viarie, idrauliche
ed igieniche (in cui sono compresi i
cimiteri) che non siano strettamente
connesse con i singoli fabbricati è di
esclusiva pertinenza degli ingegneri.
È pacifico
nella giurisprudenza di questo Consiglio che
la progettazione delle opere viarie,
idrauliche ed igieniche, che non siano
strettamente connesse con i singoli
fabbricati, sia di pertinenza degli
ingegneri (cfr. sez. V, 06.04.1998, n. 416;
sez. IV, 19.02.1990 n. 92; sez. III
11.12.1984, n. 1538).
Tale regola discende dall'interpretazione
letterale, sistematica e teleologica degli
artt. 51, 52 e 54 del R.D. 23.10.1925 n.
2537 (Approvazione del regolamento per le
professioni d'ingegnere e di architetto) che
riservano alla competenza comune di
architetti ed ingegneri le sole opere di
edilizia civile; mentre attribuiscono alla
competenza generale degli ingegneri quelle
concernenti: le costruzioni stradali, le
opere igienico sanitarie (depuratori,
acquedotti, fognatura e simili), gli
impianti elettrici, le opere idrauliche, le
operazioni di estimo, l'estrazione di
materiali, le opere industriali; ferma
rimanendo per i soli architetti, la
competenza in ordine alla progettazione
delle opere civili che presentino rilevanti
caratteri artistici e monumentali (art. 52,
2° comma, cit., che conserva però alla
concorrente competenza degli ingegneri,
secondo la regola generale, la parte tecnica
degli interventi costruttivi de quibus).
Resta da stabilire se la progettazione di
opere cimiteriali integri o meno la nozione
di opera igienico-sanitaria.
Al quesito va data senz'altro risposta
positiva, giusta le convergenti indicazioni
provenienti dal complesso della normativa di
settore.
In ordine cronologico sovviene la
disposizione sancita dall'art. 17, R.D.
06.10.1912, n. 1306 (Regolamento provvisorio
per l'esecuzione della legge 25.06.1911, n.
586, sulle agevolezze ai comuni per la
provvista di acqua potabile, per i mutui per
le opere di igiene e per la costruzione e la
sistemazione di ospedali comunali e
consorziali) nella parte in cui,
espressamente, annovera i cimiteri fra le
opere riguardanti la pubblica igiene.
Nello stesso senso, il testo unico delle
leggi in materia sanitaria —R.D. 27.07.1934,
n. 1265, art. 337— prevede che ciascun
Comune debba avere almeno un cimitero a
sistema di inumazione, conformemente alle
norme del regolamento di polizia mortuaria
(cfr. l'art. 49, D.P.R. 10.09.1990 n. 285
—regolamento di polizia mortuaria— che
ribadisce tale obbligo), e ne affida la
sorveglianza all'autorità sanitaria per
evidenti ragioni di tutela degli interessi
igienico sanitari della popolazione.
Per le medesime esigenze, l’art. 338 del
testo unico su menzionato, introduce un
regime particolare disciplinante le zone di
rispetto dei cimiteri (cfr. C.d.S.
28.02.1996, n. 3031/1995, in ordine agli
scopi di tutela igienico-sanitaria della
disciplina dettata dall'art. 338 cit.; per
Cons. giust. amm. 29.10.1990 n. 365, la
prescrizione delle distanze delle aree
cimiteriali per la realizzazione di edifici
di qualsiasi natura risponde alla doppia
finalità di salvaguardare esigenze igieniche
e di assicurare adeguato decoro ai luoghi
destinati alla sepoltura)
(tratto da BLT n. 2/2002 - Consiglio di
Stato, Sez. IV, sentenza 22.05.2000
n. 2938). |
COMPETENZE PROGETTUALI: Architetti
- Competenza professionale - Impianti affini
o connessi con opere edili - Impianti di
illuminazione pubblica - Vi rientrano.
Rientra nell’attribuzione professionale
dell'architetto, la progettazione di tutti
gli impianti affini o connessi con i
progetti di opere di edilizia civile -qual'è
un impianto di illuminazione elettrica-
perché egli ha la stessa competenza
dell'ingegnere, avendo l'art. 52 R.D.
23.10.1925 n. 2537 totalmente equiparato le
due professioni per le materie ivi previste.
Con il primo motivo il ricorrente (Comune di
G.) ... assume che ai sensi degli artt. 51 e
52 del R.D. 23.10.1925 n. 2537 (approvazione
del regolamento per le professioni
d'ingegnere e di architetto) la
progettazione di un impianto di
illuminazione non può essere ricompresa fra
le attività consentite all'architetto con la
conseguenza che una sua prestazione al
riguardo sarebbe «contra legem» e
dunque insuscettibile di compenso.
La censura è infondata per un duplice ordine
di argomentazioni.
Anzitutto deve rilevarsi l'insussistenza
nella normativa ora citata di un divieto di
tal genere visto che, mentre l'art. 51 del
R.D. sopra menzionato contempla quale
oggetto di competenza esclusiva della
professione di ingegnere alcune attività tra
le quali non è prevista la progettazione di
impianti di illuminazione, l'art. 52, 1°
comma del medesimo R.D. prescrive che «formano
oggetto tanto della professione di ingegnere
quanto di quella di architetto le opere di
edilizia civile, nonché i rilievi geometrici
e le operazioni di stima ad esse relative».
Orbene se, come il ricorrente assume,
sussiste una competenza professionale
dell'ingegnere per i progetti di impianti di
illuminazione elettrica, evidentemente con
riferimento al citato art. 52, 1° comma,
ritenendo tali progetti affini o comunque
connessi a quelli relativi alle opere di
edilizia civile, alle stesse conclusioni
deve giungersi per l'architetto, attesa la
completa equiparazione che l'articolo
suddetto prevede tra le due professioni per
le materie ivi indicate.
Non può quindi affermarsi, con riferimento
al progetto di un impianto di illuminazione
pubblica, l'esistenza di una competenza
della figura professionale dell'ingegnere
intesa con «principale ed indispensabile»
e correlativamente attribuire all'architetto
una funzione «sussidiaria e di
complemento» ... in assenza di una
normativa che disciplini differentemente per
tale materia la competenza delle due
suddette professioni.
Alla luce di tali considerazioni pertanto si
ritiene di aderire all'orientamento già
espresso da questa Corte secondo il quale la
progettazione di un impianto di
illuminazione pubblica sul territorio
comunale rientra tra le attribuzioni
professionali degli ingegneri e degli
architetti (Cass. 05.11.1992 n. 11994).
Deve qui aggiungersi, per altro verso, che
l'accoglimento della domanda di indebito
arricchimento proposta in via sussidiaria
dal AA rende comunque superata la questione
proposta con il primo motivo: invero, posto
che la pretesa incapacità di AA, quale
architetto a progettare l'impianto di
illuminazione pubblica in questione
comporterebbe la nullità del relativo
rapporto contrattuale intercorso con il
Comune di G.; occorre richiamare
l’orientamento consolidato di questa Corte
secondo cui l’azione generale di indebito
arricchimento non è esclusa dall'esperimento
con esito negativo di altra azione tipica,
qualora la relativa domanda sia stata
respinta per carenza «ab origine»,
del titolo posto a suo fondamento (vedi, tra
le più recenti, Cass. 12.06.1995 n. 6613;
Cass. 25.09.1998 n. 9584)
(tratto da BLT n. 2/2002 - Corte di
Cassazione, Sez. II civile, sentenza
29.03.2000 n. 3814). |
anno 1999 |
|
COMPETENZE PROGETTUALI:
La competenza dei geometri è
limitata, per gli edifici destinati a civile
abitazione, alle costruzioni di modeste
dimensioni, e comunque sono precluse alla
progettazione dei geometri le opere per cui
vi sia impiego di cemento armato che possa
comportare, in relazione alla destinazione
dell'opera, pericolo per l'incolumità delle
persone.
---------------
Risulta la preclusione, per i geometri,
della progettazione di costruzioni di civile
abitazione che accedano le "modeste
dimensioni", o che abbiano comunque
un'ossatura in cemento armato o in ferro
potenzialmente pericolosa, in caso di
difetto strutturale, per l'incolumità delle
persone.
Queste previsioni normative generiche sono
state specificate, dalla giurisprudenza, in
relazione ad elementi quanti-qualitativi (e
con rilievo prevalente degli indici del
primo tipo ai fini dell'individuazione
limite della "modesta entità" della
costruzione).
Tra gli elementi quantitativi vengono in
primo luogo in rilievo la volumetria
dell'opera, quindi la sua altezza ed il
numero di piani (si veda, in proposito,
anche il limite di due indicato nel citato
art. 57); tra quelli qualitativi, rileva in
primo luogo "la circostanza che nel progetto
venga o meno previsto l'impiego del cemento
armato".
Dall'esegesi sistematica del R.D. 2229/1939
cit. e della legge 1086/1971 cit., la citata
giurisprudenza ha tratto la conclusione che
"non tutte le opere con impiego di cemento
armato sono precluse alla progettazione dei
geometri, ma solo quelle in cui, in
relazione alla loro destinazione, il
predetto impiego può comportare pericolo per
la incolumità delle persone": il che
tendenzialmente avviene per le costruzioni
destinate a civile abitazione, progettate su
più piani.
Per quanto invece attiene alla
specificazione del limite quantitativo della
"modesta entità" dell'opera -che comunque
deve essere rispettato anche a prescindere
da quanto si è sopra osservato a proposito
della pericolosità della struttura portante
in cemento armato- la citata giurisprudenza
si è attestata sulla soglia discriminatoria
dei 5.000 mc.
Trattasi, evidentemente, di un limite
pratico che non ha carattere assoluto, ma
che si combina con la valutazione dei
menzionati elementi qualitativi dell'opera.
Mentre dunque anche un'opera di poco
eccedente tale volumetria, la cui
costruzione non preveda però l'uso del
cemento armato o che non sia destinata a
civile abitazione, può essere progettata da
un geometra, al contrario invece la
progettazione di una costruzione prossima a
tale soglia, ma articolata su più piani, e
dunque con struttura portante in cemento
armato, comunque destinata all'abitazione
delle persone, deve ritenersi riservata ai
tecnici laureati (ingegneri ed architetti).
Nel caso di specie, si tratta di un progetto
per la realizzazione di una costruzione di
5.138,80 mc., su tre piani, destinata anche
a civile abitazione. Appare dunque evidente
che si è ben al di là dei limiti della
competenza progettuale dei geometri, per
quali enucleati dalla giurisprudenza e sopra
riassunti: e ciò sia sotto il profilo
"quantitativo" sia sotto quello "qualitativo
dell'entità e consistenza dell'opera.
Si aggiunga infine ad abundantiam, che nei
casi dubbi vige un favor per la competenza
esclusiva dei tecnici laureati (giustificato
da evidenti ragioni di tutela della pubblica
incolumità), dovendo in tali casi
l'Amministrazione concedente "specificare
nella concessione edilizia i motivi per cui
(ritiene) sufficiente la redazione dei ....
progetti da parte di un geometra", ed
altresì "congruamente esplicitare le
predette ragioni, almeno nei casi in cui le
caratteristiche del progetto siano
oggettivamente tali da far sorgere dubbi sui
limiti delle competenze professionali del
progettista".
Venendo quindi all'esame del primo motivo di
appello, la Sezione rileva che nel caso di
specie è stato presentato un progetto
redatto da un geometra, anziché da un
ingegnere o da un architetto, a corredo di
una domanda di concessione edilizia per la
realizzazione di un edificio avente
volumetria pari a 5138,80 mc., sviluppato su
tre piani.
In ordine ad esso, non può condividersi
l'avviso espresso dal primo giudice, secondo
cui la progettazione di tale opera rientra
nella competenza professionale del geometra.
Secondo la giurisprudenza di questo
Consiglio (C.d.S., V, 12.11.1985, n. 390),
la competenza dei geometri è limitata, per
gli edifici destinati a civile abitazione,
alle costruzioni di modeste dimensioni, e
comunque sono precluse alla progettazione
dei geometri le opere per cui vi sia impiego
di cemento armato che possa comportare, in
relazione alla destinazione dell'opera,
pericolo per l'incolumità delle persone.
Tale conclusione si fonda sulla base:
●
dell'art. 16 del R.D. 11.02.1929, n. 274 (che
determina "l'oggetto ed i limiti
dell'esercizio professionale di geometra
(tra l'altro) come segue: ....L) progetto,
direzione, sorveglianza e liquidazione di
costruzioni rurali e di edifici per uso
d'industrie agricole, di limitata
importanza, di struttura ordinaria, comprese
piccole costruzioni accessorie in cemento
armato, che non richiedono particolari
operazioni di calcolo e per la loro
destinazione non possono comunque implicare
pericolo per la incolumità delle persone,
.... M) progetto, direzione e vigilanza di
modeste costruzioni civili");
● dell'art. 1
del R.D. 16.11.1939, n. 2229 (a norma del
quale "ogni opera di conglomerato cementizio
semplice od armato, la cui stabilità possa
comunque interessare l'incolumità delle
persone, deve essere costruita in base ad un
progetto esecutivo firmato da un ingegnere,
ovvero da un architetto iscritto nell'albo,
nei limiti delle rispettive attribuzioni");
● degli artt. 1 e 2 della legge 05.11.1971, n.
1086 (per cui la costruzione delle "opere in
conglomerato cementizio armato normale,
....(delle) opere in conglomerato cementizio
armato precompresso, .... (delle) opere a
struttura metallica", "deve avvenire in base
ad un progetto esecutivo redatto da un
ingegnere o architetto o geometra o perito
industriale edile iscritti nel relativo
albo, nei limiti delle rispettive
competenze");
● dell'art. 57 della legge 02.03.1949, n. 144 (che, nel dettare le
tariffe per le prestazioni dei geometri,
ricomprende nelle loro competenze le
"modeste costruzioni civili" e le "case
d'abitazione comuni ed economiche,
costruzioni asismiche a due piani senza
ossatura in cemento armato o ferro").
Alla stregua di tali canoni normativi, e
sulla base dell'orientamento
giurisprudenziale di questo Consiglio sopra
ricordato, risulta dunque la preclusione,
per i geometri, della progettazione di
costruzioni di civile abitazione che
accedano le "modeste dimensioni", o che
abbiano comunque un'ossatura in cemento
armato o in ferro potenzialmente pericolosa,
in caso di difetto strutturale, per
l'incolumità delle persone.
Queste previsioni normative generiche sono
state specificate, dalla giurisprudenza, in
relazione ad elementi quanti-qualitativi
(e con rilievo prevalente degli indici del
primo tipo ai fini dell'individuazione
limite della "modesta entità" della
costruzione).
Tra gli elementi quantitativi vengono in
primo luogo in rilievo la volumetria
dell'opera, quindi la sua altezza ed il
numero di piani (si veda, in proposito,
anche il limite di due indicato nel citato
art. 57); tra quelli qualitativi, rileva in
primo luogo "la circostanza che nel progetto
venga o meno previsto l'impiego del cemento
armato" (C.d.S., V, 390/1985, cit.).
Dall'esegesi sistematica del R.D. 2229/1939
cit. e della legge 1086/1971 cit., la citata
giurisprudenza ha tratto la conclusione che
"non tutte le opere con impiego di cemento
armato sono precluse alla progettazione dei
geometri, ma solo quelle in cui, in
relazione alla loro destinazione, il
predetto impiego può comportare pericolo per
la incolumità delle persone": il che
tendenzialmente avviene per le costruzioni
destinate a civile abitazione, progettate su
più piani.
Per quanto invece attiene alla
specificazione del limite quantitativo della
"modesta entità" dell'opera -che comunque
deve essere rispettato anche a prescindere
da quanto si è sopra osservato a proposito
della pericolosità della struttura portante
in cemento armato- la citata giurisprudenza
si è attestata sulla soglia discriminatoria
dei 5.000 mc.
Trattasi, evidentemente, di un limite
pratico che non ha carattere assoluto, ma
che si combina con la valutazione dei
menzionati elementi qualitativi dell'opera.
Mentre dunque anche un'opera di poco
eccedente tale volumetria, la cui
costruzione non preveda però l'uso del
cemento armato o che non sia destinata a
civile abitazione, può essere progettata da
un geometra, al contrario invece la
progettazione di una costruzione prossima a
tale soglia, ma articolata su più piani, e
dunque con struttura portante in cemento
armato, comunque destinata all'abitazione
delle persone, deve ritenersi riservata ai
tecnici laureati (ingegneri ed architetti).
Nel caso di specie, si tratta di un progetto
per la realizzazione di una costruzione di
5.138,80 mc., su tre piani, destinata anche
a civile abitazione. Appare dunque evidente
che, contrariamente a quanto opinato dal
primo giudice, si è ben al di là dei limiti
della competenza progettuale dei geometri,
per quali enucleati dalla giurisprudenza e
sopra riassunti: e ciò sia sotto il profilo
"quantitativo" sia sotto quello "qualitativo
dell'entità e consistenza dell'opera.
Si aggiunga infine ad abundantiam, che -sempre alla stregua del citato orientamento
giurisprudenziale di questo Consiglio, dal
quale il Collegio non ravvisa ragioni per
discostarsi- nei casi dubbi (tra cui quello
in esame, alla stregua dei rilievi svolti,
neppure potrebbe rientrare) vige un favor
per la competenza esclusiva dei tecnici
laureati (giustificato da evidenti ragioni
di tutela della pubblica incolumità),
dovendo in tali casi l'Amministrazione
concedente "specificare nella concessione
edilizia i motivi per cui (ritiene)
sufficiente la redazione dei .... progetti
da parte di un geometra", ed altresì
"congruamente esplicitare le predette
ragioni, almeno nei casi in cui le
caratteristiche del progetto siano
oggettivamente tali da far sorgere dubbi sui
limiti delle competenze professionali del
progettista" (così C.d.S., V, 390/1985, cit.).
Nessun dubbio dunque può residuare circa il
fatto che la progettazione dell'opera del
cui assentimento si tratta trascenda la
competenza professionale di un geometra, con
l'effetto che il diniego di concessione
edilizia fondato su tale motivo -ed
impugnato in primo grado con il ricorso n.
1811/1989- era legittimo (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 13.01.1999 n.
25). |
anno 1998 |
|
COMPETENZE PROGETTUALI: Ingegneri
e architetti - Rispettive competenze ex
artt. 51, 52 e 54 R.D. 1925/2537.
L’art. 51 R.D. 1925/2537 prevede una
competenza di carattere generale degli
ingegneri e l’art. 52 delimita la competenza
professionale degli architetti alle sole
«opere di edilizia civile»; pertanto i
lavori relativi alla rete idrica comunale,
che non rientrano nell’«edilizia civile» ma
bensì nell’ingegneria idraulica, sono
riservati alla professione di ingegnere. Ciò
è confermato dal successivo art. 54.
È opportuno partire dall’esame delle censure
concernenti la denunciata discriminazione
degli architetti che più strettamente
riguardano la sfera degli interessi tutelati
dall’Ordine ricorrente, quale ente
esponenziale della categoria professionale
rappresentata.
Le doglianze sono infondate. Il capo IV del
regolamento per le professioni d’ingegnere e
di architetto, approvato con regio-decreto
n. 2537 del 1925, disciplina l’oggetto ed i
limiti delle competenze spettanti due figure
professionali.
Al riguardo, non è invero riscontrabile una
completa equiparazione tra tali categorie di
professionisti.
L’art. 51, concernente la professione di
ingegnere, prevede una competenza di
carattere generale comprendente interventi
di vario tipo, relativi alla progettazione,
conduzione e stima relativi alle «costruzioni
di ogni specie» ed all’impiantistica
civile ed industriale, alle infrastrutture
ed ai mezzi di trasporto, di deflusso e di
comunicazione, riconoscendo in senso lato
una abilitazione comprendente ogni forma di
applicazione delle tecniche relative alla
fisica, alla rilevazione geometrica ed alle
operazioni di estimo.
L’art. 52 delimita, invece, la competenza
professionale degli architetti alle solo
«opere di edilizia civile», che rientrano
pure nelle competenze degli ingegneri,
eccetto per quanto riguarda la parte non «tecnica»
degli interventi su edifici di rilevante
interesse artistico.
Orbene non vi è dubbio che nella nozione di
«edilizia civile» siano da
comprendere tutte le opere anche connesse ed
accessorie, purché ovviamente si tratti di
pertinenze al servizio di singoli fabbricati
o complessi edilizi.
Sennonché, nella specie la delibera
impugnata riguarda incarichi relativi
all’ammodernamento ed all’ampliamento della
rete idrica comunale. In proposito, tali
lavori, concernenti gli impianti della rete
urbana di condotta e distribuzione
dell’acqua, non sono riconducibili
all’ambito dell’«edilizia civile», ma
piuttosto rientrano nell’ingegneria
idraulica che ai sensi dell’art. 51 del
citato regolamento, forma bensì oggetto
riservato alla professione di ingegnere.
Ciò risulta confermato dal successivo art.
54 che, pur estendendo, in via eccezionale,
la competenza ordinaria degli architetti
diplomati entro una certa data, fa esplicita
eccezione per una serie di applicazioni, di
carattere più marcatamente
tecnico-scientifico, tra le quali appunto le
«opere idrauliche» (cfr. Cons. St. sez. IV,
19.02.1990, n. 92).
In definitiva è, quindi, da escludere che
gli incarichi in questione possano essere
conferiti ad architetti
(tratto da BLT n. 2/2002 - TAR
Campania-Napoli, Sez. I, sentenza
14.08.1998 n. 2751). |
anno 1997 |
|
COMPETENZE PROFESSIONALI: Esula
dalla competenza professionale di un
geometra il progetto di un capannone
industriale e deve essere progettato, cioè
pensato tecnicamente, da un soggetto in
grado di poterne valutare tutti gli aspetti
strutturali, non sembrando logico che
l’aspetto architettonico si disinteressi
delle soluzioni progettuali delle strutture
portanti dell’opera realizzata.
Il TAR LIGURIA (confermata da Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 01.12.2003 n. 7821, qui
in
versione stralciata)
nell’annullare la concessione edilizia
rilasciata dal Comune di La Spezia nel
riaffermare il principio che non può essere
riconosciuta ai geometri la competenza a
progettare capannoni industriali in cemento
armato ha rilevato: “qualunque sia
l’aspetto preso in considerazione, sia per
le dimensioni che per la complessità
dell’opera, che per la sua destinazione, il
progetto di un capannone industriale quale
quello commissionato, esuli dalla competenza
professionale di un geometra e debba essere
progettato, cioè pensato tecnicamente, da un
soggetto in grado di poterne valutare tutti
gli aspetti strutturali, non sembrando
logico che l’aspetto architettonico si
disinteressi delle soluzioni progettuali
delle strutture portanti dell’opera
realizzata"
(TAR Liguria, Sez. I,
sentenza 20.09.1997 n. 333 - link
a www.ordine-ingegneri.ap.it). |
anno 1995 |
|
COMPETENZE PROGETTUALI: 1.
Ingegneri - Costruzioni di ogni specie -
Competenza esclusiva - Competenza congiunta
con quella degli architetti per le «opere di
edilizia civile».
2. Architetti - Corso di studio per la
laurea - Dissimile da quello degli
ingegneri.
1. La dizione dell’art. 51 del R.D.
1925/2537 è onnicomprensiva di ogni
competenza costruttiva e di applicazione
delle scienze fisiche, esclusiva degli
ingegneri; mentre il successivo art. 52
rimette soltanto le «opere di edilizia
civile» alla competenza anche degli
architetti, non esclusiva ma congiunta con
quella degli ingegneri, come confermato
dall’art. 54.
2. Considerato che i contenuti di una
professione possono desumersi anche dalle
particolari conoscenze tecniche attestate
dal titolo di studio, proprio l’analisi dei
rispettivi corsi di studio di ingegneri ed
architetti vale a respingere la
prospettazione di questi ultimi secondo la
quale il loro corso di studi non sarebbe
dissimile ormai da quello degli ingegneri.
La questione di fondo sottoposta al Collegio
è quella di stabilire le competenze
professionali ai fini della corretta
applicazione della legge 05.03.1990 n. 46,
dettante norme per la sicurezza degli
impianti.
Per quanto concerne ingegneri e architetti
soccorre il R.D. 23.10.1925 n. 2537,
tutt’ora vigente, il cui capo IV individua
l’oggetto e i limiti delle rispettive
professioni. In particolare l’art. 51
stabilisce che spettano all’ingegnere il
progetto, la condotta e la stima dei lavori
relativi, tra l’altro, alle costruzioni di
ogni specie, alle macchine ed agli impianti
industriali, nonché, in generale, alle
applicazioni della fisica.
Alla luce di tale dizione onnicomprensiva di
ogni competenza costruttiva e di
applicazione delle scienze fisiche, non è
contestabile che rientrino appieno nelle
capacità professionali e nelle attribuzioni
degli ingegneri la progettazione e la
verifica degli impianti di cui alla legge n.
46, caratterizzati, come già detto,
dall’impiego di elevate conoscenze nel campo
delle scienze fisiche, il ricorso alle quali
è indispensabile per la soluzione dei
complessi problemi che comportano le
tipologie dei manufatti in questione.
Conoscenze che debbono possedere quel
carattere di specificità ed approfondimento
reso necessario anche dalla pericolosità
delle opere da realizzare e verificare.
Tanto non può dirsi per gli architetti, alla
cui competenza non esclusiva ma congiunta
con quella degli ingegneri il successivo
art. 52 rimette soltanto le «opere di
edilizia civile». Al riguardo gli architetti
invocano una lettura estensiva della norma,
facendovi ricomprendere, sulla scorta di un
insegnamento giurisprudenziale, anche tutti
gli impianti asserviti direttamente al
singolo fabbricato [Cons. St., sez. III,
par. 11.12.1984 n. 1538; sez. IV, 19.02.1990
n. 92; TAR Molise 23.05.1990 n. 147: TAR
Lazio, sez. II, 16.12.1991 n. 1920; TAR
Lazio, sez. I, 23.06.1992 n. 927; TAR Valle
d’Aosta, 17.12.1993 n. 147].
Ritiene il Collegio che una tale
interpretazione giurisprudenziale, riferita
in effetti a casi di opere non strumentali
al singolo edificio ma all’abitato nel suo
complesso, quali parcheggi, impianti di
illuminazione esterna, viabilità, fognature,
vada adattata al caso di specie ed alla
lettura della sopravvenuta legge n. 46, per
la quale viene in rilievo non più il
rapporto di strumentalità dell’impianto
rispetto all’edificio, quanto piuttosto la
sua specificità individuale ai ricordati
fini di tutela della sicurezza di persona e
cose perseguiti dalla legge in questione. Ed
infatti, come sopra evidenziato, essa impone
per la quasi totalità delle opere ivi
contemplate una progettazione distinta ed
autonoma rispetto a quella dell’edificio
effettuata dai professionisti nell’ambito
delle rispettive competenze, le quali vanno
individuate con riferimento alla natura
dell’intervento richiesto.
Al riguardo soccorrono considerazioni
identiche a quelle svolte dalla ricordata
giurisprudenza, i cui principi sono ben
adattabili al caso di specie. È stato
infatti evidenziato in linea generale come
dalla nozione di edilizia civile vanno
escluse attività che comunque rientrano nel
citato art. 51, per costituire «applicazioni
della fisica» in quanto basate
sull’utilizzazione dell’energia elettrica
[TAR Lazio, sez. II, 30.07.1990 n. 1424],
ovvero della termologia, della
termodinamica, della meccanica dei corpi e
dei fluidi, della fisica delle onde,
dell’elettromagnetismo etc., cioè del
complesso dei fenomeni -suscettibili di
analisi sempre più sofisticate in relazione,
allo stato di progressione della ricerca
pura ed applicata- che costituiscono
l’oggetto della fisica teorica, sperimentale
e tecnica.
D’altra parte non va sottaciuta la
circostanza che la legge n. 46 non si
riferisce solo agli impianti degli edifici
civili, ma anche a quelli elettrici
asserviti a tutti i tipi di immobili per i
quali, dunque, la nozione allargata di «edilizia
civile» invocata dagli architetti non
può essere sostenuta ai fini che
interessano, atteso che la legge, come si
evince anche da tale ultimo dato letterale,
ha considerato l’impiantistica come oggetto
ormai autonomo e distinto dall’opera muraria
nel suo complesso.
L’interpretazione ristretta che deve darsi
alla nozione di «edilizia civile»
alla luce della recente legge n. 46 del 1990
era peraltro già insita nello stesso R.D.
del 1925, il cui art. 54 nel prevedere, con
disposizione transitoria, un ampliamento
della competenza professionale di coloro che
avessero anteriormente conseguito il titolo
di «architetto civile» previsto dagli
ordinamenti universitari dell’epoca,
autorizzava gli interessati a svolgere anche
le mansioni di cui al precedente art. 51
-proprie dell’ingegnere- con esclusione,
però, delle applicazioni industriali e della
fisica, nonché i lavori relativi alle vie,
ai mezzi di comunicazione e di trasporto ed
alle opere idrauliche, che restavano
comunque riservate agli ingegneri, a riprova
di una loro specificità professionale, che
non poteva in alcun modo confonderli,
neppure in via transitoria, con gli
architetti.
Né può soccorrere a sostegno delle tesi
degli architetti la norma dell’art. 52 del
citato R.D. n. 2537, che affida loro
-congiuntamente agli ingegneri- la parte
tecnica degli immobili di interesse storico
ed artistico di cui alla legge n. 1089 del
1939 [cfr. TAR Emilia Romagna, sez. II,
24.01.1992 n. 24]. La norma, che affida agli
architetti in via esclusiva soltanto la
parte relativa al restauro, al ripristino ed
in genere all’edilizia di tali manufatti,
rappresenta un’eccezione -giustificata dalla
particolare natura del bene richiedente
anzitutto una sensibilità storica, estetica
ed urbanistica, prima che tecnica ai
professionisti chiamati ad intervenirvi-
alla esclusività professionale degli
ingegneri in materia tecnica, come tale non
suscettibile di interpretazione estensiva.
Neppure può aderirsi all’altra
prospettazione degli architetti, secondo la
quale il loro corso di studi non sarebbe
dissimile ormai da quello degli ingegneri.
Se è vero che i contenuti di una professione
possono desumersi anche dalle particolari
conoscenze tecniche attestate dal titolo di
studio [Cass., sez. un., 23.07.1993 n.
8239], proprio l’analisi dei rispettivi
corsi di studi di ingegneri ed architetti
vale a scalzare le pretese di questi ultimi:
basti solo pensare che i primi sostengono
ben due distinti esami di fisica (I e II),
un esame di fisica tecnica ed uno di chimica
generale ed inorganica.
Per quanto riguarda, poi, lo studio delle
materie attinenti agli impianti in
questione, è stato già ampiamente chiarito
che l’insegnamento di fisica tecnica ed
impianti, obbligatorio secondo l'ordinamento
degli studi della facoltà d’ingegneria, di
cui al DPR n. 995 del 1969, fino al momento
della proposizione dei ricorsi risulta
essere stato mantenuto, peraltro come
meramente opzionale, nell’ambito della
scelta di una tra le cinque discipline
comprese nell’area impiantistica, soltanto
per uno dei quattro indirizzi (quello
tecnologico) previsti dal DPR n. 806 del
1982, mentre è obbligatorio per tutti gli
indirizzi del corso di laurea in ingegneria,
che comprendono altresì una serie di materie
specifiche per l’attività impiantistica in
oggetto [TAR Lazio, sez. II, 30.07.1990 n.
14717].
A scalzare la sostanziale diversità delle
due professioni sia sotto il profilo
ordinamentale che sotto quello accademico
non può nemmeno invocarsi, come fanno gli
architetti, il D.M. 25.03.1985, relativo
all’iscrizione dei professionisti negli
elenchi del Min. dell’interno ai fini della
prevenzione incendi, di cui alla legge n.
818 del 1984. In particolare non basta il
richiamo all’art. 1 di tale regolamento, che
per rilascio delle certificazioni di cui
alla citata legge si riferisce
indifferenziatamente agli albi degli
architetti, chimici, ingegneri, geometri,
periti industriali; infatti il successivo
art. 2 dello stesso decreto -che gli
interessati hanno omesso di ricordare-
dispone che l’autorizzazione al rilascio
delle certificazioni opera «nell’ambito
delle rispettive competenze professionali
stabilite dalle leggi e dai regolamenti»:
con il che si torna al R.D. del 1925 ed agli
ordinamenti didattici sopra ricordati.
Semmai, c’è piuttosto da ricordare che, ad
esempio, la legge 30.12.1991 n. 428, in
materia di professionisti abilitati
all’omologazione e verifica di apparecchi,
macchine, impianti e attrezzature -tra cui
sono ricompresi taluni tipi di impianti
identici a quelli contemplati dalla legge n.
46 (ascensori e montacarichi)- affida tali
operazioni esclusivamente ad ingegneri e
periti industriali, con esclusione chiara
degli architetti (artt. 1 primo comma e 2).
Non può valere a mutare o innovare il quadro
normativo sopra delineato il richiamo al D.
L.vo 27.01.1992 n. 129, attuativo della
direttiva CEE nel campo degli studi di
architettura.
Anzitutto non risulta se e in che misura il
D. L.vo in parola sia stato recepito dai
singoli statuti universitari, secondo i
principi di autonomia didattica e
scientifica sanciti dall’art. 6 della legge
09.05.1989 n. 168. In secondo luogo, e
principalmente il decreto in parola impone
soltanto una «conoscenza adeguata»
dei problemi fisici e tecnologici al fine di
rendere gli edifici internamente
confortevoli e proteggerli dai fattori
climatici. La legge, cioè, finalizza le
conoscenze, tecniche e scientifiche
dell’architetto a quella a che -pur in
presenza dell’esplosione tecnologica
dell'architettura contemporanea- rimane la
funzione peculiare della progettazione
architettonica anche secondo le varie
correnti di pensiero espresse dai grandi
maestri italiani, olandesi, tedeschi,
americani, giapponesi, etc.: che è pur
sempre e prevalentemente quella di
organizzare lo spazio-ambiente secondo
concezioni e nozioni prevalentemente
estetico-umanistiche e
psico-socio-ambientali, rispetto alle quali
le ulteriori specifiche competenze tecniche
richieste agli architetti per la soluzione
dei molteplici problemi connessi ai fenomeni
dell’edificazione e dell’urbanizzazione
rimangono marginali in confronto con il
corso di laurea in ingegneria, o addirittura
estranee, pur nella loro complessiva
connessione funzionale, che però attiene al
campo dell’interdisciplinarietà degli
interventi (basti pensare alle conoscenze
attinenti la geologia).
Una riprova di ciò può cogliersi nel recente
corso di studi di architettura del
politecnico di Milano per l’anno 1994-1995,
versato in atti nel ricorso 4039/1992, e
peraltro relativo ad epoca successiva
rispetto all’adozione dell’atto impugnato;
ivi risulta un solo insegnamento
fondamentale propedeutico di «fisica
tecnica ed impianti», contro i ben tre
insegnamenti di fisica generale e tecnica
del corso di laurea in ingegneria come sopra
ricordato.
Anche il richiamo alla legge sulle tariffe
professionali del 1949 è improprio, atteso
che essa, come meglio si vedrà in seguito,
non è idonea a modificare le competenze
fissate dalla legge professionale innanzi
considerata.
Alla luce delle esposte considerazioni, deve
pertanto ritenersi perfettamente legittima
la scelta, operata con il decreto del
febbraio 1993, di tornare alla limitazione
ai soli ingegneri e periti industriali già
disposta con l’originario decreto, con la
conseguente abrogazione del decreto
dell’agosto, che in virtù di un improprio,
inconferente ed erroneo parere del CUN,
aveva inserito anche architetti e fisici,
questi ultimi neppure dotati di un proprio
albo professionale come inequivocabilmente
richiesto dalla legge n. 46.
Ancora è da respingere il profilo di eccesso
di potere per contraddittorietà con la
circolare del 05.03.1993 con la quale lo
stesso Ministero ha ritenuto gli architetti
idonei all’accertamento dei requisiti
tecnico professionali delle imprese
installatrici. Essendo diverse la materia e
la funzione del decreto e della circolare,
quest’ultima attinente non già alla
competenza operativa ma alla sola competenza
professionale ad effettuare un mero
riscontro formale tra requisiti
concretamente posseduti dai soggetti
aspiranti e quelli tassativamente richiesti
dagli artt. 3, 4 e 5 della legge e dall’art.
2 del regolamento, nessuna contraddittorietà
può rinvenirsi tra i due provvedimenti.
Un discorso a parte merita il ricorso n.
4177 proposto dall’ordine degli ingegneri
della Provincia di Roma contro il «provvedimento»
del Rettore dell'Università La Sapienza di
Roma del 31.07.1992, avente un oggetto solo
in parte coincidente con quella dei D.M.
sopra ricordati.
Infatti, tale provvedimento, qualificato in
ricorso come «decisione», costituisce
una risposta esplicativa a quanto segnalato
dalla nota dello stesso ordine del
29.01.1992 in merito a presunte situazioni
di irregolarità nell’affidamento di
incarichi professionali. Tale risposta è
senz’altro di contenuto ambiguo perché
mentre da un lato si dà un’interpretazione
estensiva al R.D. n. 2537/1925 (con richiami
del tutto impropri ed errati a «numerose
pronunce di TAR e del Cons. di Stato»
che avrebbero affermato l’equipollenza dei
due diplomi di laurea in architettura ed
ingegneria), come sopra contestata dal
Collegio con le argomentazioni cui si
rimanda, per altro verso si precisa che sono
gli ingegneri capo dei cinque uffici tecnici
dell’Ateneo a designare i vari direttori dei
lavori e a controllarne l’operato. Viene
altresì precisato che «in futuro saranno
prese tutte le misure necessarie a garantire
il rispetto delle sfere di competenza di
ciascun ordine professionale».
Ora, se è pur vero che la risposta in
questione contiene palesi errori
interpretativi e di presupposto in materia
di riparto di competenze, non appare men
vero che tali errori sono contenuti in una
mera partecipazione di un’opinione rivolta
esclusivamente a un soggetto privato («si
deve ritenere») priva perciò di ogni
contenuto volitivo e determinativo, come
invece sarebbe stato se essa fosse stata
formalizzata in un ordine di servizio o in
una circolare emanata nei confronti degli
organismi tecnici, ai quali, invece, viene
rimessa ogni decisione finale sulla scelta
dei professionisti competenti, da effettuare
nel rispetto dei principi dell’ordinamento,
come sopra esplicitati.
L’atto rettorale non è perciò idoneo a
produrre nessuna lesione concreta e diretta
dell’interesse della categoria, il cui
ricorso non appare assistito dal prescritto
interesse
(tratto da BLT n. 2/2002 - TAR Lazio-Roma,
Sez. III-ter, sentenza 14.02.1995 n. 360). |
anno 1994 |
|
COMPETENZE PROGETTUALI: 1.
Ricorso al TAR, collettivo (di ingegnere e
Ordine di appartenenza) - Ammissibilità -
Condizioni.
2. Ingegneri - Lavori relativi alle vie -
Competenza esclusiva.
1. Condizioni per l’ammissibilità del
ricorso cd. collettivo sono la mancanza di
un conflitto di interessi fra i ricorrenti,
l’identicità dei provvedimenti impugnati, il
comune interesse a ricorrere e l’identicità
almeno in parte dei motivi del ricorso.
2. I lavori relativi alle vie, ai sensi
degli artt. 51, 52 e 54 del R.D. 23.10.1925
n. 2537 sono di competenza esclusiva degli
ingegneri.
Si assume, in primo luogo, che il ricorso
collettivo proposto dall’Ing. AA e
dall’Ordine degli Ingegneri della Provincia
di Potenza non sarebbe ammissibile perché
ciascuno dei ricorrenti è rappresentato e
difeso nel presente giudizio da un proprio
difensore in forza di due distinti mandati «ad
litem» conferiti a margine dello stesso
atto.
L’assunto non può essere condiviso.
Per l’ammissibilità del ricorso e del
collettivo (ovvero rivolto da più soggetti
contro, il medesimo atto) è sufficiente e
necessario, oltre alla mancanza di un
conflitto di interessi, tra i ricorrenti,
che siano identici i provvedimenti
impugnati, che sia comune l’interesse a
ricorrere e che siano almeno in parte
identici i motivi di ricorso (cfr. tra le
tante, Cons. Stato - Sez. VI - 24.02.1994 n.
214, in Cons. stato 1994, I, 256; TAR
Toscana - I sez. - 18.06.1993 n. 484, in TAR
1993, I, 3185).
Sicché non assume alcuna rilevanza, ai fini
della ammissibilità del ricorso in esame, la
circostanza che ciascuno dei ricorrenti
abbia conferito mandato «ad litem» ad
un proprio difensore atteso, peraltro, che
le posizioni soggettive di ciascuno dei due
ricorrenti stessi rispetto all’atto
impugnato non si comunicano all’altro in
quanto il rimborso collettivo si risolve
nell’espressione di una pluralità di azioni
contestualmente proposte in un unico atto.
Nel merito il ricorso è fondato.
L’art. 51 del R.D. 23.10.1925 n. 2537
stabilisce che «sono di spettanza della
professione di ingegnere il progetto, la
condotta e la stima di una serie di lavori,
fra i quali quelli relativi alle vie».
Il successivo art. 52 individua nelle «opere
di edilizia civile» (nonché nei relativi
rilievi geometrici e operazioni di estimo)
il campo di attività degli architetti.
Ciò premesso, rileva il Collegio che, anche
a voler ammettere, secondo la linea
interpretativa sostenuta dai resistenti,
che, in astratto, il termine «edilizia
civile» sia riferibile non soltanto alla
realizzazione di edifici, secondo il suo più
comune significato, ma anche ad altri generi
di opere ed impianti, tale interpretazione
risulta, in concreto, testualmente
incompatibile con la norma transitoria
contenuta nel successivo art. 54, ultimo
comma, del medesimo decreto, che, nel
prevedere un ampliamento della competenza
professionale di coloro i quali avevano
conseguito entro una certa data il diploma
di «architetto civile», previsto
dagli ordinamenti universitari dell’epoca,
autorizzava gli interessati a svolgere anche
mansioni indicate nel precedente art. 51
-proprie, come si è visto, della professione
di ingegnere- «ad eccezione però di
quanto riguarda le applicazioni industriali
e della fisica, nonché i lavori relativi
alle vie, ai mezzi di comunicazione e di
trasporto e alle opere idrauliche».
Questa disposizione dimostra, al di là del
suo carattere meramente eccezionale e
transitorio, che, secondo il sistema di
ripartizione delle competenze professionali
delineato dal R.D. n. 2537 del 1925, la
nozione di «edilizia civile» non può
essere estensivamente interpretata, dovendo
da essa escludersi i lavori e le opere nella
medesima disposizione menzionati, fra i
quali «i lavori relativi alle vie». Ed
infatti essa non avrebbe senso se nel
concetto di opere «di edilizia civile»
di cui all’art. 52 si dovessero intendere
compresi anche i lavori relativi alle vie,
ai mezzi di comunicazione e di trasporto e
alle opere idrauliche.
Ne consegue che i progetti dei lavori
relativi alle vie, ivi compresi quelli
oggetto del contestato incarico
professionale (concernenti -secondo quanto
certificato dall’ufficio tecnico del Comune
di Fardella- il disfacimento ed il
rifacimento di tratti di pavimentazione
lungo la Via Italia e C. so V. Emanuele, la
realizzazione di una palificata con
susseguente cordolo di collegamento a
sostegno delle scarpate in frana delle
predette strade, la realizzazione di un
drenaggio a profondità di mt. 4 per
l’allontanamento delle acque di falda
presenti nella zona), formano oggetto
dall’esclusiva competenza professionale
degli ingegneri (cfr. in termini, TAR Lazio
- II Sez. - 16.12.1991 n. 1920 in TAR 1992,
I, 71).
Né appare conferente il richiamo, operato
dalla difesa del resistente Comune, alla
riconosciuta competenza degli architetti in
ordine alla redazione degli strumenti
urbanistici primari ed «attuativi»
(piani regolatori e piani
particolareggiati), essendo evidente -come
già chiarito da questo Tribunale
amministrativo con decisione n. 390 del
1985- che altro é, anche a livello di
pianificazione urbanistica, l’inserimento di
opere di urbanizzazione nel più ampio
contesto di una progettazione di carattere
stricto sensu urbanistico, altro é
progettare lavori relativi ad opere viarie
non collegati in alcun modo con attività di
progettazione urbanistica.
Del pari non può aderirsi alla tesi,
sviluppata sia dal resistente Comune che dal
controinteressato Arch. BB, secondo la quale
i limiti delle competenze professionali
degli ingegneri e degli architetti, come
delineati dal R.D. del 1925, dovrebbero
ritenersi superati dalla evoluzione
successivamente intervenuta nei rispettivi
corsi di studio universitari, che
consentirebbe un’interpretazione estensiva
delle disposizioni che disciplinano la
competenza professionale degli architetti.
Non può, infatti, dubitarsi che il corso di
laurea in ingegneria abbia sempre avuto e
tuttora conservi nei confronti di quello in
architettura, una più spiccata
caratterizzazione in senso
tecnico-scientifico. Infatti, nel corso di
laurea in architettura, per quanto in questa
sede interessa, la disciplina «costruzioni
stradarie e ferroviarie» non ha il
rilievo e l’autonomia ad essa attribuita
nell’ambito del corso di laurea in
ingegneria ove costituisce materia di
insegnamento fondamentale per la sezione
ingegneria civile.
Deve, quindi, escludersi che l’evoluzione
degli studi per il conseguimento della
laurea in architettura, pur avendo
comportato un ampliamento del bagaglio delle
conoscenze tecniche degli architetti,
rispetto alla situazione esistente al
momento dell’emanazione del decreto del
1925, abbia comportato una sostanziale
equiparazione dei due titoli di laurea, ai
fini che qui interessano, ove non si tratti,
come affermato da un ormai consolidato
orientamento giurisprudenziale (cfr., tra le
tante, Cons. Stato, sez. IV 19.02.1990 n. 92
in Cons. Stato 1992, I, 166; Cons. Stato,
Sez. III parere, 11.12.1984 n. 1538 in Cons.
Stato 1986, I, 1433) di opere ed impianti
posti al servizio di singoli fabbricati e,
perciò, riconducibili alla nozione di
edilizia civile.
Alla stregua delle svolte argomentazioni, il
ricorso va accolto
(tratto da BLT n. 2/2002 - TAR Basilicata,
sentenza 03.10.1994 n. 257). |
anno 1993 |
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COMPETENZE PROGETTUALI: Ingegneri
e architetti - Competenza professionale -
Art. 10 R.D. 1920 n. 1285 - Progetti per
piccole derivazioni di acqua - Stesura e
sottoscrizione - Limitazione ai soli
ingegneri - Esclusione.
In base all’interpretazione
sistematico-evolutiva della disciplina delle
competenze professionali degli ingegneri e
degli architetti ed agli effetti previsti
dall’art. 10 R.D. 14.08.1920 n. 1285, che
menziona solo i primi fra i professionisti
abilitati alla stesura e sottoscrizione di
progetti per piccole derivazioni di acqua,
la menzione stessa deve ritenersi utilizzata
dal legislatore nella sua originaria ed
ampia accezione, comprensiva di entrambe le
categorie professionali.
Il ricorrente Comune sostiene che il giudice
a quo -nel ritenere consentiti la
presentazione all’Ufficio del Genio civile e
l’esame da parte di esso di un progetto «per
piccola derivazione di lieve entità» ex
art. 10 del R.D. 14.08.1920 n. 1285, firmato
da un architetto ... anziché da un
ingegnere- sarebbe incorso nella violazione
e falsa applicazione dell’art. 2229 C.c. e
dell’art. 52 del R.D. 23.10.1925 n. 2637,
dato che a tenore di quest’ultima norma
l’architetto non risulta abilitato a
progettare opere idrauliche e dato altresì
che non sarebbe invocabile, rispetto
all’architetto, la previsione di cui al
citato art. 10 del R.D. n. 1285 del 1920
laddove sono abilitati alla firma dei
documenti tecnici relativi alle «piccole
derivazioni» professionisti dotati di
una diversa specializzazione tecnica, quali
i geometri ed i periti agronomi (oltre agli
ingegneri).
Questa censura è priva di fondamento ...
Occorre tenere presente che all’epoca della
emanazione del R.D. n. 1285 del 1920 -di
approvazione del regolamento per le
derivazioni ed utilizzazioni di acque
pubbliche- modificato dal R.D. n. 1412 del
1922, le competenze degli ingegneri e degli
architetti erano sostanzialmente
indifferenziate e disciplinate
unitariamente, tanto che con la legge
24.06.1923 n. 1395, istitutiva di un ordine
professionale unico degli ingegneri e degli
architetti, si prevedeva che le pubbliche
amministrazioni affidassero gli incarichi
agli iscritti in quell’albo quando dovessero
avvalersi dell’opera di ingegnere o
architetti (art. 4); e veniva rinviata
all’emanazione di un successivo regolamento
la normativa relativa alla determinazione
dell’oggetto e dei limiti delle due
professioni (art. 7); a parte la prevista
istituzione, di albi speciali per i periti
agrimensori (geometri) e per altre categorie
di periti tecnici.
Soltanto con il regolamento approvato con
R.D. 23.10.1925 n. 2537 gli ambiti delle
rispettive competenze professionali furono
delineati -per quanto in questa sede
interessa- nel senso di riconoscere che sono
di spettanza esclusiva della professione di
ingegnere le progettazioni di impianti
industriali e di spettanza esclusiva della
professione degli architetti le opere di
edilizia civile di rilevante carattere
artistico. Tuttavia sia nel disegno del R.D.
ora citato sia nella legislazione successiva
è residuata la previsione di vaste aree di
competenza promiscua, in senso oggettivo,
oltre che di competenza indifferenziata, in
senso soggettivo, per coloro che avessero
conseguito un diploma di laurea
d’ingegnere-architetto.
In siffatta situazione è opinione
comunemente ricevuta che, in linea di
principio, le competenze riconosciute alle
due professioni sono promiscue stante
l’equiparazione tra le due categorie (cfr.
la legge n. 143 del 1949 sulle tariffe
professionali), e che solo in linea
d’eccezione sussistono attribuzioni
riservate all’uno od all’altra professione
quando una tale privativa risulti
espressamente regolata dalla legge (cfr., ad
es. l’art. 1 del R.D. 16.11.1939 n. 2229),
di modo che dalla riserva all’una
professione derivi la preclusione allo
svolgimento delle stesse attività da parte
degli appartenenti all’altra professione. Ma
ove si adotti il suindicato metro della
riserva legislativa alla competenza
esclusiva dell’ingegnere (non architetto)
per la elaborazione di studi e progetti in
determinati specifici campi -richiedenti di
norma una più specializzata e raffinata
preparazione teorico-scientifica- chiaro
risulta che la suindicata privativa è
rimasta esclusa in materia di elaborazione
dei documenti tecnici delle piccole
derivazioni secondo la previsione di cui
all’art. 10 del R.D. 1285 del 1920.
Ed infatti la portata precettiva di tale
norma -del tutto specifica per l’oggetto
della attività tecnica considerata e per la
sua sfera d’azione, limitata al rapporto tra
soggetto richiedente la derivazione di lieve
entità e l’ufficio del Genio civile preposto
all’esame della domanda- ne denunzia
chiaramente il carattere di precetto di
ius singulare, non assorbito né derogato
dalla ben più generale previsione normativa
di cui all’art. 51 del R.D. n. 2537 del 1925
laddove si accenna genericamente alla
progettazione di impianti industriali.
Ne consegue che, in base alla
interpretazione sistematico-evolutiva della
disciplina delle competenze professionali ed
agli effetti previsti dall’art. 10 del R.D.
n. 1285 del 1920 la indicazione ivi
contenuta del progettista come «ingegnere»
deve tuttora ritenersi essere stata
utilizzata dal legislatore nella sua
originaria ampia accezione omnicomprensiva
delle categorie degli ingegneri e degli
architetti. La estensione -nella stessa
norma prevista- della abilitazione alla
progettazione de qua anche agli appartenenti
ad altre categorie professionali quali i
geometri ed i periti agronomi smentisce, del
resto ed ulteriormente, la esistenza di una
riserva di competenza in favore dei soli
ingegneri (non architetti), anche se
-contrariamente a quanto opinato dal
tribunale superiore- non costituisce dato di
per sé risolutivo per una affermazione a
fortiori della competenza, in materia, degli
architetti.
Competenza che, in definitiva, non si fonda
su di una più qualificata preparazione
tecnica degli appartenenti a tale
professione rispetto a quella dei geometri e
dei periti agronomi, quanto piuttosto trova
radice in quella primigenia ordinaria
unitarietà di disciplina e promiscuità di
attribuzioni professionali, tra ingegneri ed
architetti, alla quale l’art. 10 in esame,
nella sua portata di norma speciale, si è
sicuramente ispirato
(tratto da BLT n. 2/2002 - Corte di
Cassazione, S.U. civili, sentenza
26.07.1993 n. 8348). |
anno 1992 |
|
COMPETENZE PROGETTUALI: Architetti
- Competenza professionale - Non vi rientra
la progettazione e direzione lavori di opere
fognarie e opere viarie.
Nelle opere di «edilizia civile» non possono
rientrare, a norma degli artt. 52 e 54 R.D.
1925/2537, le opere fognarie e le opere
viarie che restano perciò escluse dalla
competenza degli architetti.
È costante giurisprudenza (Cons. Stato, IV,
19.02.1990 n. 92; III, 11.12.1984 n. 1538;
TAR Lazio, II, 30.07.1990 n. 1477; TAR
Molise, 23.05.1990 n. 147) e costante
orientamento dell’Amministrazione (parere
Consiglio Superiore LL.PP. 16.12.1983 n.
228) che deve escludersi che le opere
fognarie e le opere viarie rientrino,
nell’ambito della competenza professionale
dell’architetto.
Ed invero l’art. 52 del R.D. 23.10.1925 n.
2537, recante la disciplina della
professione degli ingegneri e degli
architetti, riserva agli architetti le sole
«opere di edilizia civile che presentano
rilevante carattere artistico ed il restauro
e il ripristino degli edifici contemplati
dalla legge ... per l’antichità e le belle
arti»; ed attribuisce alla competenza
sia degli ingegneri che degli architetti le
«opere di edilizia civile».
Il successivo art. 54, ultimo comma, nel
prevedere un ampliamento della competenza
professionale ordinaria di cui all’art. 52,
dispone che coloro che abbiano conseguito
-nel 1924-1925- il diploma di architetto
civile sono autorizzati a svolgere le
mansioni indicate all’art. 51 (competenze
della professione degli ingegneri) ad
eccezione di quanto riguarda le applicazioni
industriali e della fisica nonché i lavori
relativi alle vie, ai mezzi di comunicazione
e di trasporto e delle opere idrauliche.
Da tale ultima disposizione si evince che
nella logica della disciplina professionale
le opere stradali ed idrauliche non
rientrano nel concetto di «opere di
edilizia civile» (priva di senso
sarebbe, altrimenti, la citata eccezione) e,
non rientrando neppure nella speciale
competenza ad esaurimento prevista per gli
architetti diplomati nel 1924- 1925, non
possono -a fortiori- rientrare nella
competenza degli architetti diplomatisi,
dopo tale periodo
(tratto da BLT n. 2/2002 - CGARS,
sentenza 28.07.1992 n. 217). |
COMPETENZE PROGETTUALI: Architetti
- Competenza professionale - Strade -
Esclusione - Limiti.
Nelle «opere di edilizia civile» di cui
all’art. 52 del R.D. 1925/2537 -che sono di
competenza sia dell’ingegnere che
dell’architetto- non rientrano le strade, a
meno che si tratti di opere funzionalmente
collegate ad un edificio in modo diretto e
immediato.
La questione di diritto posta all’attenzione
del Collegio verte essenzialmente sulla
legittimità delle disposizioni (artt. 51, 52
e 54) del R.D. 23.10.1925 n. 2537 recante il
regolamento per le professioni di ingegnere
e architetto che determinano l’ambito delle
attività professionali, degli architetti e
segnatamente se spetti a questi
professionisti la progettazione di «vie»
da realizzare con opere e costruzioni anche
complesse che non presentino un carattere
meramente strumentale e di connessione con
singoli fabbricati.
Le censure poste in via autonoma contro il
parere dei Comitato tecnico Amministrativo
Regionale di Palermo (n . 1229 del
07.08.1984) acquisito agli atti di causa in
esito agli adempimenti istruttori disposti
con sentenza n. 1492/1985 di questa Sezione
sono, infatti, prive di pregio: risulta che
l'esame, del Comitato avente ad oggetto il
progetto della strada intercomunale S.
Agata-Acquedolci affidato all’attuale
ricorrente è stato accurato ed approfondito
e tra i vari rilievi mossi dall’organo
consultivo spicca, appunto, quello contenuto
nel secondo capoverso del dispositivo
secondo cui «data la particolare natura
delle opere d’arte (viadotto e
sottopassaggio) da realizzare nella strada
in esame anche per la funzione che riveste
di arteria intercomunale» il progetto di
cui trattasi doveva essere firmato quale
collaboratore per la parte strutturale da un
ingegnere. Sia il cennato parere che la
successiva determinazione sindacale (del
25.08.1984 e del 04.12.1984) con cui veniva
comunicata al ricorrente la pronuncia
dell’organo consultivo si fondano sulla
questione principale sollevata nel presente
giudizio: la incompetenza di un architetto a
sottoscrivere il progetto di cui trattasi.
Ritiene il Collegio che al quesito posto con
l’atto introduttivo del giudizio si debba
dare una risposta negativa. Sul punto si è
pronunciato il Consiglio di Stato sia in
sede consultiva che giurisdizionale (Sez.
III n. 1538 dell’11.12.1984 e Sez. IV n. 92
del 19.02.1990) affermando che non possono
ricomprendersi fra le competenze
dell’architetto l’esecuzione di strade e di
opere igieniche che non siano «strettamente
connesse con singoli fabbricati». La
dizione «opere di edilizia civile»
contenuta nell’art. 52 del R.D. 23.10.1925
n. 2537 che segna appunto la competenza dei
professionisti, in parola è stata
interpretata correttamente ad avviso del
Collegio - nel senso che solo le opere
edilizie funzionalmente collegate ad un
edificio in modo diretto ed immediato
possono essere progettate ed eseguite sotto
la direzione di un architetto.
Almeno due argomenti testuali sono univoci,
per sostenere tale interpretazione:
a) l’art. 51, 1° c., riserva espressamente
agli ingegneri «i lavori relativi alle
vie di deflusso e comunicazione nonché le
costruzioni di ogni specie» (con
riguardo al caso di specie non vi è dubbio
che anche una strada intercomunale rientra
in tale dizione e che il sottopassaggio ed
il viadotto anziché «opere di edilizia
civile», sono agevolmente riconducibili
alla nozione di «costruzioni di ogni
specie»).
b) l’art. 54 u.c. prevede una disciplina
particolare ampliativa del ricordato art.
52, per coloro che, ad una certa data,
avessero conseguito il diploma di architetto
civile. Ebbene questa disposizione nel
consentire la progettazione delle opere di
spettanza degli ingegneri espressamente
esclude le «applicazioni industriali, i
lavori relativi alle vie, ai mezzi di
comunicazione e trasporto e alle opere
idrauliche».
Con ciò è chiaro, ad avviso del Collegio,
che nella dizione «opere di edilizia
civile» di cui all’art. 52 del citato
regolamento, rientranti nella competenza
professionale degli architetti sono escluse
le strade.
Da quanto precede emerge la necessità per il
ricorrente di rimuovere l’assetto normativo
qui delineato. Da ciò quindi, scaturiscono
le censure di illegittimità rivolte contro
le norme regolamentari qui sopra riportate
che si risolvono essenzialmente nell’eccesso
di potere per illogicità e contraddittorietà
in quanto da un lato il corso di laurea di
architettura sarebbe non meno completo di
quelli di ingegneria ed, inoltre, da altra
angolazione, le modifiche intervenute nel
corso degli anni all’ordinamento degli studi
della facoltà di architettura renderebbero
necessario un adeguamento della disciplina e
delle competenze professionali degli
architetti che, con riguardo ad esempio al
settore della urbanistica, nessuno contesta.
Sarebbe, poi, illogico, che un ingegnere con
specializzazione in un settore diverso possa
progettare le opere di cui trattasi inibite,
invece, agli architetti.
L’assunto della difesa del ricorrente non
può essere condiviso.
Ed invero:
a) il piano di studi delle due facoltà
mantiene diversità di rilievo tali, da
giustificare una diversa disciplina degli
esami di abilitazione all’esercizio della
professione;
b) in questa disciplina è chiara
l’intenzione del legislatore di privilegiare
per gli ingegneri l’aspetto della
progettazione di opere complesse aventi ad
oggetto prevalentemente ma non
esclusivamente il settore prescelto (tra gli
undici in cui può articolarsi l’esame).
L’esame consta infatti di una prova scritta
o grafica consistente nello svolgimento di
un progetto specifico per il ramo di
ingegneria prescelto.
Sennonché l’indicazione del ramo che il
candidato deve effettuare nella domanda di
ammissione ha la funzione di segnalare la
prevalenza dell’interesse e non la
esclusività dello stesso in quanto la prova
può estendersi ad altri rami tra gli undici
individuati (cfr. D.M. 09.09.1957, art. 27,
I, II e III c.).
L’esame per l’abilitazione all’esercizio
della professione di architetto consta di
una prova grafica consistente nella
predisposizione di un ordinativo per
l’appalto di opere di costruzione di una
membratura architettonica implicante una
struttura ed un rivestimento di superficie
con il che è evidente la limitazione
dell’impegno ad una progettazione di minore
complessità per quanto concerne gli aspetti
costruttivi non interdisciplinare.
Rispetto a questa, previsione non ha poi
rilievo la circostanza che sia consentito
agli architetti progettare sistemazioni
urbanistiche o strumenti urbanistici
generali o attuativi. In effetti l’attività
direttamente finalizzata alla realizzazione
delle opere più complesse che in concreto
realizzano le previsioni urbanistiche
riservato agli ingegneri è con evidenza, ben
diversa dalla previsione di assetto del
territorio affidata ad una progettualità
essenzialmente ideativa sia pure di estrema
importanza che non è inibita agli
architetti.
Sono così confutate le censure avanzate
nell’atto introduttivo del ricorso contro le
norme regolamentari del R.D. 23.10.1925 n.
2437 ed inoltre anche il nucleo di base
delle argomentazioni che avevano indotto la
sezione di Latina di questo Tribunale con
sentenza n. 116 del 1984, annullata dal
Consiglio di Stato con la citata sentenza
della IV Sezione del 19.02.1990 n. 92 che
però non ha svolto considerazioni sul punto,
a sostenere la competenza professionale
degli architetti a realizzare opere di
costruzione più complesse e significative di
quanto prevede l’art. 52 del R.D. n. 2537
del 1925.
Per la Sezione di Latina, infatti, una volta
riconosciuta, pacificamente, agli architetti
la possibilità di progettare interventi
urbanistici non vi era alcun motivo ostativo
per riconoscere agli stessi professionisti
la facoltà di progettare e realizzare le
singole opere
(tratto da BLT n. 2/2002 - TAR Lazio-Roma,
sentenza 23.06.1992 n. 927). |
anno 1990 |
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COMPETENZE PROGETTUALI: 1.
Ingegneri - Impianti di pubblica
illuminazione - Competenza esclusiva.
2. Ingegneri e architetti - Equiparazione
dei rispettivi titoli di laurea - Esclusione
- Limiti.
1. La nozione di «edilizia civile» di cui
all’art. 52 del R.D. 1925/2537 non può
essere interpretata estensivamente; pertanto
gli impianti di illuminazione pubblica,
classificabili fra le applicazioni della
fisica in quanto basati sulla utilizzazione
dell’energia elettrica e non fra le opere
edilizie, sono di esclusiva competenza degli
ingegneri.
2. L’evoluzione degli studi per il
conseguimento della laurea in architettura,
pur avendo determinato un ampliamento del
bagaglio delle conoscenze tecniche degli
architetti rispetto alla situazione
esistente al momento dell’emanazione del
decreto del 1925, non ha comportato una
sostanziale equiparazione dei due titoli di
laurea, ove non si tratti di opere e
impianti posti a diretto servizio di singoli
fabbricati e perciò riconducibili alla
nozione di edilizia civile.
Con l’unico motivo l’Ordine degli Ingegneri
della Provincia di Frosinone deduce la
illegittimità della impugnata delibera del
Comune di Piedimonte San Germano, con cui
sono stati approvati il progetto generale e
il progetto esecutivo del primo stralcio
dell’impianto di pubblica illuminazione,
redatti dall’architetto AA, sul presupposto
che la progettazione di tale tipo di
impianti rientrerebbe nella esclusiva
competenza professionale degli ingegneri.
La tesi dell’Ordine ricorrente si basa sugli
artt. 31, 52 e 54 del R.D. 23.10.1925 n.
2537, che disciplinano l’esercizio delle
professioni di ingegnere e di architetto,
secondo una lettura che tiene conto del
diverso tipo di formazione delle due
categorie professionali, anche alla luce
delle modifiche successivamente intervenute
nell’ordinamento dei rispettivi corsi di
laurea.
Il ricorso è fondato.
L’art. 51 del citato R.D. n. 2537 del 1925
stabilisce che «sono di spettanza della
professione di ingegnere il progetto, la
condotta e la stima» di una serie di lavori,
fra i quali quelli relativi «in generale
alle applicazioni della fisica».
Il successivo art. 52 individua nelle «opere
di edilizia civile» (nonché nei relativi
rilievi geometrici e operazioni di estimo)
il campo di attività degli architetti.
Ciò premesso, la questione sulla quale vi è
contrasto fra le parti attiene alla
possibilità di qualificare un impianto di
pubblica illuminazione come opera di
edilizia civile, rientrante, in quanto tale,
nella competenza professionale degli
architetti.
Rileva il Collegio che analogo problema è
stato affrontato e risolto in senso negativo
dal Consiglio di Stato con il parere della
III Sezione n. 1538 in data 11.12.1984 e con
la recentissima decisione della IV Sezione
n. 92 del 19.02.1990, relativamente alle
opere igieniche e alle strade urbane. Le
argomentazioni che giustificano tale
orientamento giurisprudenziale, di carattere
testuale e logico-sistematico, appaiono
pienamente condivisibili e applicabili anche
alle opere che vengono in rilievo in questa
sede.
Invero, anche a voler ammettere, secondo la
linea interpretativa sostenuta dai
resistenti, che, in astratto, il termine «edilizia
civile» sia riferibile non soltanto alla
realizzazione di edifici, secondo il più
comune significato, ma anche ad altri generi
di opere ed impianti, tale interpretazione
risulta, in concreto testualmente
incompatibile con la norma transitoria
contenuta nel successivo art. 54, ultimo
comma, del medesimo decreto, che, nel
prevedere un ampliamento la competenza
professionale di coloro i quali avevano
conseguito entro una certa data il diploma
di «architetto civile», previsto
dagli ordinamenti universitari dell’epoca,
autorizzava gli interessati a svolgere anche
le mansioni indicate nel precedente art. 51
-proprie, come si è visto, della professione
di ingegnere- «ad eccezione però di
quanto riguarda le applicazioni industriali
e della fisica, nonché i lavori relativi
alle vie, ai mezzi di comunicazione e di
trasporto e alle opere idrauliche. Questa
disposizione dimostra, al di là del suo
carattere meramente eccezionale e
transitorio, che, secondo il sistema di
ripartizione delle competenze professionali
delineato dal R.D. del 1925, la nozione di
«edilizia civile» non può essere
estensivamente interpretata, dovendo da essa
escludersi i lavori e le opere nella
medesima disposizione menzionati, fra i
quali le «applicazioni della fisica».
Ne consegue che gli impianti di pubblica
illuminazione, classificabili fra le
applicazioni della fisica, in quanto basati
sulla utilizzazione dell’energia elettrica,
e non fra le opere edilizie, formano oggetto
della esclusiva competenza professionale
degli ingegneri.
Non é, al riguardo, condivisibile l’assunto
dell’Amministrazione comunale che l’opera
professionale nella specie fornita dal
progettista avrebbe un rilievo puramente
urbanistico, essendo intesa unicamente a
stabilire la posizione dei punti di luce,
per cui rientrerebbe nell’ambito della
competenza degli architetti. Risulta,
infatti, dalla delibera impugnata che
l’attività dell’arch. Antonelli non si è
limitata a tale particolare compito ma ha
eseguito tutti gli aspetti, strutturali,
funzionari ed economici, della
progettazione, generale ed esecutiva del
primo stralcio, comprendente lavori,
rispettivamente, per circa L. 1.179.000.000
e per circa L. 431.000.000.
Né può aderirsi alla tesi dell’Ordine degli
architetti, secondo la quale i limiti delle
competenze professionali degli ingegneri e
degli architetti, come delineati dal R.D.
del 1925, dovrebbero ritenersi superati
dalla evoluzione successivamente intervenuta
nei rispettivi corsi di studi universitari,
che avrebbe determinato un ampliamento delle
competenze degli architetti.
Non può, infatti, dubitarsi che il corso di
laurea in ingegneria, abbia sempre avuto e
tuttora conservi, nei confronti di quello in
architettura, una più spiccata
caratterizzazione in senso
tecnico-scientifico.
Per quanto riguarda, in particolare, lo
studio delle materie attinenti agli Impianti
in questione, deve osservarsi che
l’insegnamento di «fisica tecnica ed
Impianti», obbligatorio secondo
l’ordinamento degli studi della facoltà di
architettura di cui al D.P.R. 31.10.1969 n.
995, è stato mantenuto, peraltro come
meramente opzionale nell’ambito della scelta
di una fra le cinque discipline comprese
nell’area impiantistica, soltanto per uno
dei quattro indirizzi (quello tecnologico)
previsti dal più recente ordinamento,
introdotto con il D.P.R. 09.09.1982 n. 806,
mentre è obbligatorio per tutti gli
indirizzi previsti nel corso di laurea in
ingegneria, che comprendono altresì un
insegnamento biennale di «fisica» e
tino di «elettronica», oltre a quelli
di «misure elettriche» e «impianti
elettrici» propri della specializzazione
in ingegneria elettrotecnica (D.P.R.
31.01.1960 n. 53).
Deve, quindi, escludersi che l’evoluzione
degli studi per il conseguimento della
laurea in architettura, pur avendo
determinato un ampliamento del bagaglio
delle conoscenze tecniche degli architetti,
rispetto alla situazione esistente al
momento dell’emanazione del decreto del
1925, abbia comportato una sostanziale
equiparazione dei due titoli di laurea, ai
fini che qui interessano, ove non si tratti,
come affermato dal Consiglio di Stato nel
cit. parere n. 1538 del 1984, di opere e
impianti posti a diretto servizio di singoli
fabbricati e, perciò, riconducibili alla
nazione di edilizia civile.
Per le esposte ragioni il ricorso deve
essere accolto, con il conseguente
annullamento della delibera impugnata
(tratto da BLT n. 2/2002 - TAR Lazio-Roma,
Sez. II, sentenza 30.07.1990 n. 1477). |
COMPETENZE PROGETTUALI: Architetti
- Competenza professionale - Opere
idrauliche a servizio di un centro abitato -
Esclusione.
L’art. 52 R.D. 23.10.1925 n. 2537, ai sensi
del quale le opere di edilizia civile
rientrano nella competenza sia
dell’ingegnere che dell’architetto, non può
essere interpretato tanto estensivamente
sino ad includere nelle competenze
dell’architetto, oltre gli impianti igienici
asserviti ad un determinato fabbricato,
anche opere idrauliche, quali acquedotti,
fognature ed impianti di depurazione, poste
a servizio dell’abitato in genere e
riservate dalla legge all’ingegnere.
Nei confronti degli Ordini professionali,
che sono enti pubblici a formazione
esclusiva ed appartenenza necessaria,
esponenziali del relativo gruppo
professionale, la giurisprudenza ha sempre
ammesso la legittimazione attiva in ordine
all’impugnativa di atti amministrativi che
incidono negativamente non solo e non tanto
sugli interessi del singolo componente, ma
su quelli, omogenei, della categoria
unitariamente considerata; interessi, cioè,
non individuali ma neppure diffusi, bensì
qualificati come collettivi perché
appartenenti ad un gruppo di persone ben
determinato, organizzato e riconosciuto
dall’ordinamento (Cfr. da ultimo Cons.
Stato, IV Sez., 15.04.1986 n. 265 e VI Sez.,
14.07.1987 n. 468).
Pertanto nel caso in esame va affermata la
legittimazione dell’Ordine provinciale degli
architetti di Campobasso, il quale, mediante
l’impugnativa di un provvedimento con cui si
nega la competenza della categoria
rappresentata in relazione ad un certo tipo
di opere, ha inteso appunto tutelare gli
interessi collettivi della medesima
categoria.
Tuttavia il ricorso è infondato nel merito.
Il R.D. 23.10.1925 n. 2537 di disciplina
delle professioni di ingegnere, architetto e
geometra, dispone all’art. 51 che spettano
all’ingegnere la progettazione, la
conduzione e la stima dei lavori relativi,
tra l’altro, alle «vie ed ai mezzi di
trasporto, di deflusso e di comunicazione»,
mentre ai sensi dell’art. 52 le «opere di
edilizia civile» competono sia
all’ingegnere che all’architetto.
Nella specie, è stata negata la competenza
dell’architetto a dirigere i lavori
concernenti la rete idrica e fognante
comunale, sulla scorta del parere 11.12.1984
n. 1538, reso dalla Sezione terza del
Consiglio di Stato.
Con tale parere è stato affermato che nella
espressione «opere di edilizia civile»,
spettanti anche agli architetti, possono
ricomprendersi le opere igieniche
consistenti in acquedotti, fognature ed
impianti di depurazione, e la direzione dei
relativi lavori, ma a condizione che le
opere stesse siano strettamente connesse con
singoli fabbricati, restando invece escluse
quelle poste a servizio dell’abitato in
genere.
Ciò in quanto le disposizioni su riportate
non possono essere interpretate tanto
estensivamente fino a ricomprendervi
siffatte opere, ostandovi il dato testuale
ricavabile dal successivo art. 54, ultimo
comma, che, nel prevedere un ampliamento
delle competenze degli architetti civili che
abbiano conseguito il diploma ai sensi della
precedente normativa entro il 21.12.1925,
stabilisce che i medesimi sono autorizzati a
compiere le attività di ingegnere
specificate dall’art. 51 ad eccezione, tra
l’altro, delle «opere idrauliche».
Per vero, in giurisprudenza è stato
affermato che, in base ad una
interpretazione sistematica ed evolutiva
delle norme su esaminate, alla luce
dell’attuale ordinamento dei rispettivi
studi universitari e della tendenziale
equiparazione delle relative attività, gli
architetti possono occuparsi di opere di
urbanizzazione, ivi compresi gli impianti di
depurazione delle acque reflue di un abitato
(Cfr. TAR Sardegna, 30.09.1986 n. 410).
Il Collegio ritiene di non poter seguire
quest’ultima tesi, stante la perdurante
vigenza della disciplina professionale in
parola ed in assenza di modificazioni del
testo originario, e di dover invece aderire
all’orientamento espresso nel parere
riportato, peraltro non senza condividerne
anche il giudizio di inadeguatezza della
medesima disciplina in rapporto alle
evoluzioni della tecnica ed agli sviluppi
delle due professioni.
D’altra parte, la giurisprudenza più recente
ha assunto analogo orientamento limitativo
in ordine alle opere di cui trattasi,
richiedendone l’inerenza ad un determinato
fabbricato (Cfr. TRGA Trentino Alto Adige,
Trento, 03.10.1988 n. 348).
In base alle considerazioni svolte, non può
farsi a meno di concludere per il rigetto
del ricorso in esame, atteso che l’atto
impugnato concerne, come detto, lavori
relativi alla rete idrica e fognante
comunale e, dunque, opere idrauliche
generali
(tratto da BLT n. 2/2002 - TAR Molise,
sentenza 23.05.1990 n. 147). |
COMPETENZE PROGETTUALI: Architetti
- Competenza professionale - Non vi rientra
la progettazione e direzione lavori di opere
viarie e igieniche.
La competenza per le opere di cui all’art.
51 R.D. 1925/2537 è esclusiva degli
ingegneri mentre, ai sensi dell’art. 52, 1°
comma, dello stesso R.D., le opere di
edilizia civile sono di spettanza comune ad
ingegneri ed architetti (ma quelle di
carattere artistico sono di competenza
esclusiva degli architetti, come dispone
l’art. 52, 2° comma).
In base a tale conclusione, confermata
dall’art. 54 dello stesso R.D., sono di
competenza esclusiva degli ingegneri la
progettazione e direzione lavori di opere
viarie ed igieniche che non siano
strettamente connesse con singoli
fabbricati.
Giudica il Collegio, conformemente a quanto
ritenuto con il parere della III Sezione del
Consiglio di Stato n. 1538, in data
11.12.1984, che, secondo la normativa
vigente, non possono ricomprendersi fra le
competenze dell’architetto, anche
l’esecuzione di strade e di opere igieniche,
le quali non siano strettamente connesse con
singoli fabbricati.
In proposito deve essere sottolineato che
nessuna delle opere in relazione alle quali
agli appellati architetti erano stati
affidati gli incarichi di direttore dei
lavori e di ingegnere capo, di cui alle
delibere originariamente impugnate, potevano
considerarsi opere di rilievo modesto,
assimilabili ad opere strettamente connesse
con un singolo fabbricato (un’opera
consisteva nei lavori di costruzione di un
tronco fognario per un importo previsto nel
1981 di L. 200.000.000, le altre nella
realizzazione di una rete fognaria e di
parte della rete viaria di Anagni).
Per quanto riguarda le disposizioni degli
ordinamenti professionali degli ingegneri e
degli architetti, l’art. 51 R.D. 23 ottobre
1925 n. 2537 individua la competenza degli
ingegneri nella progettazione e conduzione
dei lavori relativi all’estrazione ed alla
trasformazione dei materiali occorrenti per
le costruzioni e le industrie; dei lavori
relativi alle vie e ai mezzi di trasporto di
deflusso e di comunicazione, alle
costruzioni di ogni specie, alle macchine ed
agli impianti industriali, nonché in
generale alle applicazioni della fisica,
rilievi geometrici e operazioni di estimo.
L’art. 52 del richiamato decreto, al primo
comma, dispone che sono di spettanza comune
a ingegneri e architetti le opere di
edilizia civile, mentre, al secondo comma,
prevede che le opere di edilizia civile, che
presentano rilevante carattere artistico e
di restauro e il ripristino degli edifici di
interesse storico-artistico formano
esclusivo oggetto soltanto della professione
di architetto.
Secondo tali disposizioni, quindi, deve
escludersi che le opere fognarie e le opere
viarie rientrino nell’ambito delle
competenze e degli architetti.
Tale conclusione è confermata dal disposto
dell’art. 54, ultimo comma, dello stesso
decreto, il quale, nel prevedere un
ampliamento della competenza ordinaria degli
architetti, indicata dall’art. 52, dispone
che coloro che abbiano conseguito il diploma
di architetto civile entro il 31.12.1924,
ovvero entro il 31.12.1924, sono autorizzati
a svolgere le mansioni indicate nell’art. 51
(competenze della professione di ingegneri),
ad eccezione di quanto riguarda le
applicazioni industriali e della fisica,
nonché i lavori relativi alle vie, ai mezzi
di comunicazione e di trasporto e alle opere
idrauliche.
Tale disposizione non avrebbe senso se nel
concetto di opere di edilizia civile di cui
all’art. 52 si dovessero intendere compresi
anche i lavori relativi alle vie, ai mezzi
di comunicazione di trasporto e alle opere
idrauliche.
La riportata conclusione non è contraddetta
dalla disposizione di cui all’art. 54,
secondo comma, che prevede un ampliamento
della competenza ordinaria degli architetti
-fino a ricomprendere tutta la materia di
spettanza degli ingegneri, eccettuate le
applicazioni industriali- per coloro che
abbiano conseguito il diploma di laurea di
ingegnere-architetto presso gli istituti di
istruzione superiore indicati nell’art. 1
della L. 24.06.1923 n. 1395 entro il
31.12.1925, secondo le norme di cui all’art.
6 R.D. 31.12.1923 n. 2909.
Infatti tutte le disposizioni di cui al
richiamato art. 54 si caratterizzano per la
loro dichiarata eccezionalità, in quanto
hanno per destinatari soltanto alcune
categorie di ingegneri e architetti, i quali
hanno conseguito particolari diplomi,
specificamente indicati entro un determinato
termine.
La disposizione di cui all’art. 54, secondo
comma, riportata, non può essere utilizzata
quale parametro di riferimento per una
estensione delle competenze degli
architetti, determinata dalla evoluzione del
corso di studi per conseguire la laurea in
architettura.
Infatti, indipendentemente dalla natura
eccezionale della disposizione di cui
all’art. 54, secondo comma, non vi è
assimilazione per quanto riguarda gli studi
rilevanti ai fini delle opere in questione
fra i due corsi di laurea; infatti, nel
corso di laurea in architettura «costruzioni
stradarie e ferroviarie», «costruzioni
idrauliche», «impianti speciali
idraulici», non hanno il rilievo e
l’autonomia che invece sono loro attribuiti
nell’ambito del corso di laurea in
ingegneria (la prima è materia di
insegnamento fondamentale per la sezione
ingegneria civile; le altre due
costituiscono materia della sottosezione
idraulica della sezione ingegneria civile).
Le argomentazioni di natura letterale,
logica e sistematica, sulle quali è fondata
la conclusione raggiunta, esimono il
Collegio da un esame analitico degli altri
rilievi logici svolti dall’Ordine degli
architetti di Frosinone, esame, che
imporrebbe una pronuncia incidentale sulle
competenze dei geometri e sulle competenze
in materia di pianificazione urbanistica
degli architetti, questioni che sono
estranee al presente giudizio
(tratto da BLT n. 2/2002 - Consiglio di
Stato, Sez. IV, sentenza 19.02.1990 n. 92). |
anno 1989 |
|
COMPETENZE PROGETTUALI: Architetti
- Competenza professionale - Acquedotti
rurali - Esclusione.
Sono di competenza esclusiva dell’ingegnere
le opere di cui all’art. 51 R.D. 1925/2537
mentre le opere di edilizia civile sono di
competenza sia dell’ingegnere che
dell’architetto (La progettazione di
acquedotti rurali, in quanto opere
idrauliche, esula dalla competenza degli
architetti).
Ai sensi dell’art. 54 del R.D. n. 2537 del
1925 -normativa tuttora vigente nonostante
l’introduzione delle disposizioni
sull’ordinamento didattico universitario di
cui al R.D. 30.09.1938 n. 1652- le
progettazioni di acquedotti rurali, in
quanto opere idrauliche, esulano dall’ambito
della competenza professionale degli
architetti.
... omissis ...
Il collegio ritiene che -contrariamente
all’assunto di parte ricorrente- le
disposizioni degli artt. 51-54 R.D.
23.10.1925 n. 2537, statuenti limitazioni
all’esercizio della professione di
architetto, non siano affatto superate con
l’introduzione delle norme sull’ordinamento
didattico universitario (R.D. 30.09.1938 n.
1652) ma che ad esse, in quanto normativa
vigente, occorra fare puntuale riferimento
ai fini della decisione della controversia
di cui è causa.
In particolare l’art. 51 provvede
all’individuazione, con elencazioni
esemplificative, delle opere di competenza
della professione di ingegnere, mentre il
successivo art. 52 sancisce invece al primo
comma una competenza concorrente delle
professioni di ingegnere e di architetto in
ordine alle «opere di edilizia civile»
nonché i rilievi geometrici e le operazioni
di estimo ad esse relative ed, al successivo
secondo comma una competenza esclusiva
(salvo che per la parte tecnica) per la
professione di architetto in ordine alle
opere di edilizia civile che presentano
rilevante carattere artistico ed il restauro
e il ripristino degli edifici soggetti alla
disciplina vincolistica a tutela delle case
d’interesse artistico e storico.
Il successivo art. 54, ultimo comma nel
prevedere, in via transitoria un ampliamento
delle competenze degli architetti che
abbiano conseguito il relativo diploma entro
il 31.12.1925, l’autorizza a compiere le
mansioni indicate nell’art. 51 (cioè quelle
di spettanza degli ingegneri), «ad
eccezione però di quanto riguarda le
applicazioni industriali e della fisica,
nonché i lavori relativi alle vie, ai mezzi
di comunicazione e di trasporto e alle opere
idrauliche».
A maggior ragione tali opere precluse anche
agli architetti in possesso degli specifici
requisiti sanciti dall’art. 54, ultimo
comma, R.D. 2537 del 1925 non possono
rientrare nella competenza degli architetti
-come l’odierno ricorrente- non in possesso
dei suddetti requisiti, ai quali è altresì
precluso lo svolgimento delle mansioni
indicate nell’art. 51, riservate alla
competenza degli ingegneri.
Tra le attività, oggetto di espressa
esclusione ai sensi del detto art. 54, sono
-tra l’altro- incluse le «opere
idrauliche».
Il Collegio ritiene che gli incarichi per la
progettazione dei due acquedotti rurali di
cui alle delibere annullate con le impugnate
ordinanze del CO.RE.CO. rientrino
nell’ambito di tale categoria di opere e che
pertanto non possono essere svolti da un
architetto, in quanto esulanti dall’ambito
della sua competenza professionale.
Infatti, pur non potendo rientrare in senso
stretto nell’ambito delle opere idrauliche
di cui al R.D. 25.07.1904 n. 523, risulta
più logico ricondurre la progettazione di un
acquedotto, sia pure di modeste dimensioni,
nell’ambito di tale tipo di opere, dato che
l’entità nell’opera non è certo elemento
idoneo a modificarne la natura sostanziale,
anziché -con una palese forzatura- ritenere
che la progettazione di un piccolo
acquedotto (nel caso di specie trattasi di
due acquedotti rurali della lunghezza di 800
metri e di 500 metri, destinati a soddisfare
le esigenze di due alpeggi montani) possa
considerarsi un’opera di edilizia civile al
fine di riconoscere la competenza di un
architetto in ordine alla sua progettazione.
Lo stesso Consiglio di Stato, pronunciandosi
in sede consultiva (parere 11.12.1984 n.
1538) ha escluso la competenza degli
architetti in ordine agli acquedotti.
Nello stesso senso si è espressa la
giurisprudenza, secondo cui «Nemmeno
esatto appare il richiamo -quand’anche
volesse attribuirvisi valore ermeneutico-
agli studi condotti dagli architetti nel
relativo corso di laurea, in quanto -come
rilevasi anche dal parere dell’Adunanza
generale del Consiglio superiore dei lavori
pubblici 16.12.1983 n. 62- il corso di
laurea per architetti non contiene alcuni
insegnamenti più strettamente ingegneristici
quali Idraulica e Costruzioni idrauliche e
inoltre -può aggiungersi, con specifico
riferimento alle opere in questione- gli
stessi studi non sono diretti
all’apprendimento di nozioni, quali quelle
attinenti alle variazioni e agli andamenti
climatici, che presentano particolare
importanza nella progettazione di reti
idriche e fognarie».
Lo stesso orientamento è stato ribadito
dalla dottrina che ha rilevato: «In
particolare i piani di studio per il
conseguimento della laurea in ingegneria
prevedono la costruzione di strade e
l’idraulica come corsi obbligatori sul piano
nazionale a norma del D.P.R. 26.05.1975 n.
513 mentre la disciplina specifica inerente
agli acquedotti e le fognature costituisce
corso obbligatorio sul piano di quasi tutte
le facoltà delle vane Università.
L’insegnamento di tali specifiche discipline
esula dal corso di studi previsto per il
conseguimento della laurea in architettura e
non può farsi rientrare nella materia
igiene-idraulica che comprende solo elementi
di carattere generale in materia di opere
igieniche.
Pertanto consegue che la progettazione delle
reti stradali, delle opere di fognatura e
relativi impianti di depurazione e degli
acquedotti, ad eccezione dei lavori di
allacciamento, prolungamento e ampliamento,
esula dalla competenza professionale degli
architetti.
Si è dell’avviso che, fondamentalmente,
tanto la progettazione quanto la direzione
lavori delle opere igieniche (acquedotti,
fognature, impianti idraulici, di
depurazione ecc.) esulano dalla competenza
degli architetti non solo per le
considerazioni suesposte ma anche perché gli
architetti mancano di adeguate cognizioni in
materia di geologia e l’espressione opere di
edilizia civile di cui all’art. 52 citato
non può comprendere quelle relative agli
impianti tecnologici».
Il Collegio ritiene che tali considerazioni
siano tanto più pertinenti nel caso di
specie in cui si tratta non
dell’allacciamento ad un acquedotto
preesistente, ma della progettazione di due
nuovi acquedotti
(tratto da BLT n. 2/2002 - TAR
Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza
13.03.1989 n. 201). |
anno 1985 |
|
COMPETENZE PROFESSIONALI:
Nei casi in cui le
caratteristiche di un progetto costruttivo
siano oggettivamente tali da far dubitare
della competenza del progettista,
l'Amministrazione deve motivare
adeguatamente sulle ragioni per cui ritiene
sufficiente tale competenza
(Corte di Cassazione, Sez. V civile,
sentenza 12.11.1985 n. 330). |
anno 1984 |
|
COMPETENZE PROGETTUALI: Architetti
- Competenza professionale - Edilizia civile
- Nozione.
Nell’espressione «edilizia civile» di cui
all’art. 52, 1° comma, R.D. 1925/2537 non è
compresa la progettazione né la direzione
dei lavori delle opere igieniche
(acquedotti, fognature, impianti di
depurazione, ecc.), che sono di competenza
esclusiva degli ingegneri; tale conclusione
poggia sull'interpretazione non estensiva
degli artt. 51 e 52 R.D. 1925/2537
confermata dall’art. 54, U.C..
Rientrano, però,
nella competenza degli architetti tutte le
opere poste a diretto servizio dei singoli
fabbricati, restando invece escluse quelle
poste a servizio dell’abitato in genere.
Il Ministero di grazia e giustizia,
acquisiti i pareri antitetici del Consiglio
nazionale degli architetti e del Consiglio
nazionale degli ingegneri, nonché il parere
nettamente contrario ad una interpretazione
estensiva delle norme relative alle
competenze professionali degli architetti
(art. 52 primo e secondo comma, R.D.
23.10.1925 n. 2537) espresso dal Consiglio
superiore dei lavori pubblici nell’adunanza
del 16.12.1983, chiede al Consiglio di Stato
di pronunciarsi in ordine
all’interpretazione dell’art. 52, primo
comma, del R.D. n. 2537 del 1925, ove si
stabilisce che «formano oggetto tanto
della professione di ingegnere quanto di
quella di architetto le opere di edilizia
civile, nonché i rilievi geometrici e le
operazioni di estimo ad essa relative».
In particolare, in seguito a specifica
richiesta di parere formulata dalla Regione
Molise, chiede se nell’espressione «edilizia
civile» possano essere ricomprese le
opere igieniche (acquedotti, fognature,
impianti di depurazione, ecc.) e la
direzione dei relativi lavori.
Ritiene la Sezione che al quesito, così come
proposto dalla Regione Molise, debba darsi,
allo stato della legislazione, risposta
negativa.
Tale conclusione poggia non tanto sulle
considerazioni svolte dal Consiglio
superiore dei lavori pubblici in ordine al
significato dell’espressione «edilizia
civile», che alla Sezione non sembrano
definire con sicurezza l’ambito della norma,
quanto sul dato testuale, ricavabile
dall’art. 54, ultimo comma, del R.D. n. 2537
del 1925, che non lascia alcuno spazio ad
interpretazioni estensive.
Quest’ultima disposizione, nel prevedere un
ampliamento della competenza professionale
degli architetti civili che abbiano
conseguito il diploma entro il 31.12.1924,
ovvero entro il 31.12.1923, ai sensi del
R.D. 31.12.1923 n. 1909, stabilisce
espressamente che essi sono autorizzati a
svolgere le mansioni indicate nell’art. 51
(di spettanza della professione di
ingegnere), ad eccezione «di quanto
riguarda le applicazioni industriali e della
fisica, nonché i lavori relativi alle vie,
ai mezzi di comunicazione e di trasporto
alle opere idrauliche».
Ne discende con tutta evidenza, che tali
opere, escluse anche dall’eccezione a favore
di architetti in possesso di specifici
requisiti, non sono di per sé ricomprese
nella generale competenza degli architetti,
ma sono riservate dalla legge agli
ingegneri.
In ordine al quesito proposto dalla Regione
Molise non si può, pertanto, giungere a
conclusione diversa da quella secondo cui
esulano dal campo professionale
dell’architetto le opere igieniche
consistenti in acquedotti, fognature e
relativi impianti di depurazione.
Ciò detto, la Sezione ritiene però di
doversi dare carico di altre perplessità,
emergenti dalla richiesta di parere, così
come formulata dal Ministero di grazia e
giustizia.
Oltre al problema degli impianti igienici
generali, posti cioè a servizio di un centro
abitato, di un insediamento di grandi
dimensioni, il Ministero sembra preoccuparsi
anche delle opere strettamente connesse con
i singoli fabbricati, per le quali esprime
il parere che rientrino nella competenza
degli architetti progettisti.
La Sezione ritiene di poter condividere tale
impostazione, nel senso che rientrano nella
competenza degli architetti tutte le opere
poste a diretto servizio dei singoli
fabbricati, restando escluse, invece, quelle
poste a servizio dell’abitato in genere.
Non si può far a meno di notare, comunque
-siccome già sottolineato dalla Regione
Molise, dagli Ordini professionali e dal
Consiglio superiore dei lavori pubblici- che
la ripartizione delle competenze
professionali tra ingegneri e architetti, in
quanto immaginata e disegnata dal
legislatore nel 1925, non è più consona alle
evoluzioni della tecnica e agli sviluppi
delle due professioni in questione, onde si
appalesa urgente la necessità
dell’aggiornamento delle norme che regolano
tutta l’attività professionale tecnica
(tratto da BLT n. 2/2002 - Consiglio di
Stato, Sez. III, parere 11.12.1984 n.
1538). |
anno 1973 |
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COMPETENZE PROFESSIONALI:
Spetta all'Amministrazione
accertare, caso per caso, valutando i
singoli progetti, se la costruzione da
erigere su un progetto firmato da un
geometra sia di modeste dimensioni, con
limitato impiego di strutture in
conglomerato cementizio, la cui stabilità
non possa interessare l'incolumità delle
persone; pertanto il rilascio puro e
semplice della licenza, senza alcuna
motivazione al riguardo, è viziato da
eccesso di potere
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza
23.10.1973 n. 714). |
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