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67-L.R. 31/2014
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69-LICENZA EDILIZIA (necessità)
70-LOTTO EDIFICABILE - ASSERVIMENTO AREA - CESSIONE CUBATURA
71-LOTTO INTERCLUSO
72-MAPPE e/o SCHEDE CATASTALI (valore probatorio o meno)
73-MOBBING
74-MURO DI CINTA/RECINZIONE, DI CONTENIMENTO/SOSTEGNO, ECC.
75-OPERE PRECARIE
76-PARERE DI REGOLARITA' TECNICA, CONTABILE E DI LEGITTIMITA'
77-PATRIMONIO
78-PERGOLATO e/o GAZEBO e/o BERCEAU e/o DEHORS e/o POMPEIANA e/o PERGOTENDA e/o TETTOIA
79-PERMESSO DI COSTRUIRE (annullamento e/o impugnazione)
80-PERMESSO DI COSTRUIRE (decadenza)
81-PERMESSO DI COSTRUIRE (deroga)
82-PERMESSO DI COSTRUIRE (legittimazione richiesta titolo)
83-PERMESSO DI COSTRUIRE (parere commissione edilizia)
84-PERMESSO DI COSTRUIRE (prescrizioni)
85-PERMESSO DI COSTRUIRE (proroga)
86-PERMESSO DI COSTRUIRE (verifica in istruttoria dei limiti privatistici al rilascio)
87
-
PERMESSO DI COSTRUIRE (volturazione)
88-
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89-PIANI PIANIFICATORI ED ATTUATIVI
90-PIANI PIANIFICATORI ED ATTUATIVI (aree a standard)
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92-PISCINE
93-PUBBLICO IMPIEGO
94-PUBBLICO IMPIEGO (quota annuale iscrizione ordine professionale)
95-RIFIUTI E BONIFICHE
96-
RINNOVO/PROROGA CONTRATTI
97-RUDERI
98-
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dossier COMPETENZE PROFESSIONALI/PROGETTUALI
giugno 2023

COMPETENZE PROGETTUALICol cemento armato progettisti ingegneri.
E' legittimo il permesso di costruire per la realizzazione di un edificio in cemento armato, se dal titolo edilizio risulti che progettista e direttore dei lavori delle opere strutturali è un ingegnere e che il ruolo di tecnico, per quanto e nei limiti di competenza, è stato assunto da un geometra.

Lo ha confermato il TAR Marche, Sez. I, sentenza 28.06.2023 n. 397.
Il comune di Treia aveva rilasciato un permesso di costruire relativo alla realizzazione di un immobile condominiale in cemento armato composto da 15 unità abitative, avente un'altezza di circa 10 metri e sviluppantesi per tre piani fuori terra.
L'Ordine degli Ingegneri della Provincia di Macerata aveva impugnato il provvedimento sostenendo che il suddetto titolo edilizio era stato rilasciato in violazione delle norme della legge professionale dei geometri, in base alle quali al geometra è preclusa la progettazione di opere in cemento armato e comunque di opere di non modesta entità.
Il Tar non è d'accordo con quanto affermato nel ricorso. Nodo centrale della vicenda è la vexata quaestio dei limiti, nella progettazione degli edifici in cemento armato, delle competenze dei geometri rispetto a quelle degli ingegneri.
Ebbene, proprio al fine di rispettare le prescrizioni della legge professionale, l'amministrazione ha verificato che un ingegnere fosse il responsabile della progettazione, mentre il geometra avrebbe svolto attività professionale coordinata di progettazione nei limiti delle sue competenze.
Il progetto, infatti, non sarebbe stato approvabile se lo stesso fosse stato sottoscritto solo dal geometra. Inoltre, nessuna norma o principio vietano ad un ingegnere e ad un geometra di collaborare, integrando le rispettive competenze, nella redazione di un progetto. Secondo i giudici poi l'inciso contenuto nel permesso di costruire, secondo cui un geometra ha assunto il ruolo di “…tecnico per quanto e nei limiti di competenza...” non ha nulla di illegittimo.
Ricorso respinto (articolo ItaliaOggi Sette del 07.08.2023).
---------------
SENTENZA
1. Nel presente giudizio viene in rilievo, quale profilo centrale della vicenda, la
vexata quaestio dei limiti, nella progettazione degli edifici in cemento armato, delle competenze dei geometri rispetto a quelle degli ingegneri.
Nella specie la controversia scaturisce dall’avvenuto rilascio, da parte del Comune di Treia, del permesso di costruire n. 2005/108, relativo alla realizzazione di un immobile condominiale in cemento armato composto da 15 unità abitative, avente un’altezza di circa 10 metri e sviluppantesi per tre piani fuori terra.
Dal titolo edilizio impugnato risulta che l’ing. Ma.Ma. è progettista e direttore dei lavori delle opere strutturali, mentre il geom. Re.Br. ha assunto il ruolo di “…tecnico per quanto e nei limiti di competenza…”.
2. L’Ordine ricorrente censura l’operato del Comune sostenendo che il suddetto titolo edilizio è stato rilasciato in violazione delle norme della legge professionale dei geometri, in base alle quali al geometra è preclusa la progettazione di opere in cemento armato e comunque di opere di non modesta entità.
Né, secondo l’Ordine, ad eliminare la predetta violazione di legge è sufficiente l’inciso contenuto nel titolo edilizio (inciso a sua volta apposto sulla base dell’atto di indirizzo adottato dalla Giunta Comunale di Treia con la deliberazione n. 96/2005) secondo cui il geometra firmatario del progetto ha svolto l’attività nei limiti delle sue competenze professionali, il che, ad avviso del Comune, dimostra invece che l’istruttoria è stata in parte qua attenta e ossequiosa del riparto delle competenze professionali fra geometri e ingegneri.
L’Ordine ricorrente aggiunge che in nessuna norma o principio generale di diritto (ma neanche nella comune logica e nei principi della scienza e della tecnica) è rinvenibile il concetto di “responsabilità progettuale frazionata” in porzioni autonome e del tutto indipendenti l’una dall'altra, ed in particolare in una “porzione” consistente nelle “opere strutturali” e un’altra consistente in non meglio precisate né meglio individuate “opere architettoniche”.
Nella specie, poi, mancherebbe anche la concreta individuazione delle parti di rispettiva competenza dell’ing. Ma. e del geom. Br., il che rileva nel caso in cui l’immobile dovesse presentare in futuro problematiche costruttive.
...
4. Il ricorso non è meritevole di accoglimento.
4.1. In ossequio al principio di sinteticità degli atti del giudice, l’odierno Collegio ritiene, da un punto di vista generale, di poter richiamare, ai sensi dell’art. 74 c.p.a., alcuni precedenti specifici del Tribunale in cui è stata esaminata la medesima questione di diritto oggetto principale del presente giudizio.
Si tratta in particolare delle sentenze nn. 130/2023, 634/2018, 559/2013, 355 e 356 del 2011, nelle quali si è affermato (o, meglio, ribadito) il principio per cui “…la presenza dell'ingegnere progettista delle opere strutturali assorbe per intero quella parte che poteva esorbitare dalla competenza professionale del geometra. Di conseguenza la contestazione circa l'inidoneità del geometra a sottoscrivere il progetto esaminato dal comune viene a cadere e, quindi, tale aspetto della vicenda non è suscettibile di incidere negativamente sulla legittimità dell'impugnata concessione edilizia (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 04.06.2003 n. 3068; v. anche Cons. Stato, Sez. V 03.10.2002 n. 5208 riguardante edifici analoghi).
Al riguardo il Collegio non ignora che esistono anche indirizzi giurisprudenziali di contrario avviso (cfr. da ultimo, Cons. Stato, Sez. V, 28.04.2011 n. 253), adottati sul rilievo che non sarebbe possibile enucleare e distinguere un’autonoma attività, per la parte di tali lavori, riconducibile ad un ingegnere o ad un architetto, il che (prosegue la citata giurisprudenza) apparirebbe senz’altro esatto, in quanto chi non è abilitato a delineare l’ossatura, neppure può essere ritenuto in grado di dare forma al corpo che deve esserne sorretto.
A giudizio del Collegio appare invece possibile, sulla base di comuni esperienze di fatto, scindere dette attività progettuali, poiché definita l’ossatura (o, meglio, la struttura portante di un edificio, dimensionata per reggere tutte le sollecitazioni, statiche e dinamiche, verticali e orizzontali, cui esso è o potrebbe essere sottoposto) da parte del tecnico a ciò abilitato, l’ulteriore attività progettuale si risolve nella definizione di elementi di chiusura della stessa, mediante opere di tamponamento interno ed esterno di natura essenzialmente architettonica; opere volte a delimitare gli spazi in cui si svolge l’attività umana e che non richiedono il possesso di specifiche competenze strutturali (attività che, spesso, viene svolta dai tecnici specializzati nei soli componenti d’arredo)…
” (così, in particolare, la sentenza n. 559/2013).
4.2. Con specifico riguardo al caso di specie, poi, si deve tenere conto dell’inciso apposto dal Comune di Treia nel titolo edilizio rilasciato in favore della società La Vi. S.r.l.
Al riguardo il Collegio non condivide l’assunto implicito da cui muove parte ricorrente, ossia che il suddetto inciso costituirebbe la tipica “foglia di fico” che l’amministrazione ha voluto utilizzare per salvaguardare la legittimità formale del provvedimento, ma abdicando all’obbligo di svolgere un’adeguata istruttoria finalizzata a preservare le prerogative professionali degli ingegneri.
Tale prospettazione, per quanto suggestiva, non tiene però conto del fatto che i funzionari pubblici hanno necessità di disporre di precisi indirizzi interpretativi che li guidino nel quotidiano esercizio dei propri munera, il che, peraltro, obbedisce anche all’esigenza dei cittadini di vedersi riservato il medesimo trattamento.
Nella specie è accaduto che proprio i funzionari dell’Ufficio Tecnico – IV Settore di Treia si sono trovati nell’incertezza di dover decidere se il progetto era o meno assentibile per il profilo qui controverso, il che ha portato l’organo di indirizzo politico-gestionale ad impartire la direttiva censurata in ricorso, dopo aver acquisito un parere legale.
Tale modus operandi, che, pur originandosi da un caso specifico, in sé non ha nulla di illegittimo, si è poi tradotto in una prescrizione che non poteva che essere scritta come è stata effettivamente scritta, ma che ha sicuramente consentito all’Ufficio di definire la pratica, adottando una linea di condotta che era replicabile in futuro in presenza di fattispecie analoghe.
La Giunta dunque non ha indebitamente invaso le competenze dei funzionari comunali preposti al settore.
5. Le altre argomentazioni di parte ricorrente sono invece inconferenti, visto che l’eventuale nullità del contratto di opera intellettuale dovuta alla violazione della legge professionale (violazione che il Tribunale reputa comunque insussistente) è questione che rileva solo nei rapporti fra il committente e il tecnico e che non incide di per sé sulla legittimità del titolo edilizio.
Men che meno rilevano profili di natura penalistica, visto che a tal riguardo l’unico aspetto essenziale è che i calcoli strutturali siano stati sottoscritti da un ingegnere e che il progetto sia stato depositato presso il Genio Civile prima dell’inizio dei lavori.
6. Per tali ragioni il ricorso va respinto.

settembre 2022

COMPETENZE PROGETTUALI: Sulla questione della nullità del contratto d’opera professionale stipulato con in geometra avente ad oggetto la progettazione di una costruzione contenente strutture in cemento armato.
Il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta -e quindi se la sua progettazione rientri nella competenza professionale dei geometri, ai sensi dell'art. 16, lett. m), del r.d. n. 274 del 1929- consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e l'esecuzione dell'opera comportano e le capacità occorrenti per superarle.
A questo fine, mentre non è decisivo il mancato uso del cemento armato, assume significativa rilevanza il fatto che la costruzione sorga in zona sismica, con conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa di cui alla l. n. 64 del 1974, la quale impone calcoli complessi, che esulano dalle competenze professionali dei geometri.

---------------
2. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c. e 345 c.p.c. e 1421 c.c. (in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c.), nonché degli artt. 16, comma 1, lett. l) e m), del r.d. n. 274/1929; 1 del r.d. n. 2229/1939; 1418, 15421, 2229, 2230 e 2231 c.c. e della legge n. 1086/1971 (in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.).
Non essendo in contestazione che l’edificio da progettare si fondasse su una struttura in cemento armato, avrebbe errato, secondo il ricorrente, la sentenza di merito a ritenere l’eccezione di nullità proposta in violazione dell’art. 345 c.p.c., per l’assorbente considerazione che trattasi di questione rilevabile d’ufficio, sulla scorta della giurisprudenza di legittimità di cui a Cass., Sez. Un., n. 14828/2012 e Cass., Sez. Un., n. 21095/2014.
Pertanto, dal momento che l’edificio in questione eccedeva certamente la nozione di “modesta costruzione civile” di cui all’art. 16, comma 1, lett. m), del r.d. n. 274/1929, il giudice di secondo grado avrebbe dovuto dichiarare nullo il contratto di prestazione d’opera intercorso tra le parti, con conseguente impossibilità per i controricorrenti di reclamare qualsivoglia compenso, ai sensi dell’art. 2231 c.c.
...
7. Il primo motivo è fondato, e il suo accoglimento determina l’assorbimento di tutti gli altri.
La Corte d’Appello di Perugia, nella sentenza impugnata, non ha esaminato la questione relativa alla nullità del contratto costituente il titolo della pretesa fatta valere dai controricorrenti con l’originario ricorso monitorio, dichiarando l’inammissibilità della relativa eccezione in quanto non sollevata in seno al processo di primo grado e non più sollevabile in appello, “secondo il disposto di cui all’art. 345 c.p.c. trattandosi di eccezione nuova”.
Tale statuizione, tuttavia, non tiene conto della rilevabilità d’ufficio della nullità del contratto, con conseguente applicabilità del secondo comma della disposizione citata, il quale, a contrario, consente la proposizione di nuove eccezioni, nella misura in cui si tratti -per l’appunto- di eccezioni rilevabili d’ufficio (si veda, di recente, Cass., n. 19161/2020, alla cui stregua “il giudice di appello è tenuto a procedere al rilievo officioso di una nullità contrattuale nonostante sia mancata la rilevazione in primo grado e l'eccezione di nullità sia stata sollevata in sede di gravame, venendo in rilievo un'eccezione in senso lato, come tale proponibile in appello a norma dell'art. 345, comma 2, c.p.c.”).
Già Cass., Sez. Un., n. 26242/2014, aveva affermato che “nel giudizio di appello ed in quello di cassazione, il giudice, in caso di mancata rilevazione officiosa, in primo grado, di una nullità contrattuale, ha sempre facoltà di procedere ad un siffatto rilievo”. A fronte dell’eccezione dell’appellante, il giudice di secondo grado avrebbe dovuto, pertanto, esaminare la questione della nullità del contratto d’opera professionale stipulato con i geometri odierni controricorrenti, avente ad oggetto la progettazione di una costruzione contenente strutture in cemento armato.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, infatti, “a norma dell'art. 16, lett. m), r.d. 11.02.1929, n. 274, che non è stato modificato dalla legge n. 1068 del 1971, la competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l'adozione -anche parziale- di strutture in cemento armato, mentre, in via d'eccezione, si estende anche a queste strutture, a norma della lett. l) del medesimo articolo, solo con riguardo alle piccole costruzioni accessorie nell'ambito degli edifici rurali o destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone, essendo riservata agli ingegneri la competenza per le costruzioni civili, anche modeste, che adottino strutture in cemento armato. Pertanto, la progettazione e la direzione di opere da parte di un geometra in materia riservata alla competenza professionale degli ingegneri o degli architetti sono illegittime, a nulla rilevando in proposito che un progetto redatto da un geometra sia controfirmato o vistato da un ingegnere ovvero che un ingegnere esegua i calcoli in cemento armato, atteso che il professionista competente deve essere altresì titolare della progettazione, trattandosi di competenze inderogabilmente affidate dal committente al professionista abilitato secondo il proprio statuto professionale, sul quale gravano le relative responsabilità” (in questi termini:
   - la recente Cass., n. 100/2021, ma si veda anche Cass., n. 29227/2019 -secondo cui “la disposizione, contenuta nell'art. 16 del r.d. n. 274 del 1929, secondo cui i geometri non sono abilitati a redigere "progetti di massima" ove riguardanti costruzioni in cemento armato, fuori dalle ipotesi eccezionalmente consentite dalla lett. l), risponde ad evidenti ragioni di pubblico interesse e lascia all'interprete ristretti margini di discrezionalità, attinenti alla valutazione dei requisiti della modestia della costruzione, della non necessità di complesse operazioni di calcolo e dell'assenza di implicazioni per la pubblica incolumità, indicando, invece, un preciso requisito, ovverosia la natura di annesso agricolo dei manufatti. Ne consegue l'inammissibilità di un'interpretazione estensiva o evolutiva di tale disposizione, che, in quanto norma eccezionale, non si presta ad applicazione analogica, non potendosi pervenire ad una diversa conclusione neppure in virtù delle norme -art. 2 della l. n. 1086 del 1971 e art. 17 della l. n. 64 del 1974- che disciplinano le costruzioni in cemento armato e quelle in zone sismiche, in quanto le stesse richiamano i limiti delle competenze professionali stabiliti per i geometri dalla vigente normativa professionale”- nonché, con precipuo riguardo al rilievo officioso della nullità,
   - Cass., n. 20438/2019, nella quale si legge che “è nullo il contratto di affidamento della direzione dei lavori di costruzioni civili ad un geometra, ove la progettazione richieda l'esecuzione, anche parziale, dei calcoli in cemento armato, attività demandata agli ingegneri, attese le limitate competenze attribuite ai geometri dall'art. 16 del r.d. n. 274 del 1929. Tale nullità è rilevabile, ai sensi dell'art. 1421 c.c., anche d'ufficio, in ogni stato e grado del procedimento, incontrando siffatto principio, in sede di legittimità, il limite del divieto degli accertamenti di fatto, sicché nel giudizio di cassazione la nullità è rilevabile solo se siano acquisiti agli atti tutti gli elementi di fatto dai quali possa desumersene l'esistenza”).
8. Alla cassazione della sentenza impugnata consegue, pertanto, il rinvio alla Corte d’Appello di Perugia (in diversa composizione), cui è demandata la valutazione di merito circa la tipologia ed entità delle opere in cemento armato contemplate dal progetto commissionato ai geometri Pa. e Ar., in ossequio alla regula iuris per cui “
il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta -e quindi se la sua progettazione rientri nella competenza professionale dei geometri, ai sensi dell'art. 16, lett. m), del r.d. n. 274 del 1929- consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e l'esecuzione dell'opera comportano e le capacità occorrenti per superarle; a questo fine, mentre non è decisivo il mancato uso del cemento armato, assume significativa rilevanza il fatto che la costruzione sorga in zona sismica, con conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa di cui alla l. n. 64 del 1974, la quale impone calcoli complessi, che esulano dalle competenze professionali dei geometri” (Cass., n. 5871/2017) (Corte di cassazione, Sez. II civile, ordinanza 20.09.2022 n. 27502).

marzo 2022

COMPETENZE PROGETTUALIA norma dell'art. 16, lett. m), r.d. 11.02.1929, n. 274, che non è stato modificato dalla legge n. 1068 del 1971, la competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l'adozione -anche parziale- di strutture in cemento armato, mentre, in via d'eccezione, si estende anche a queste strutture, a norma della lett. l) del medesimo articolo, solo con riguardo alle piccole costruzioni accessorie nell'ambito degli edifici rurali o destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone, essendo riservata agli ingegneri la competenza per le costruzioni civili, anche modeste, che adottino strutture in cemento armato.
Pertanto, la progettazione e la direzione di opere da parte di un geometra in materia riservata alla competenza professionale degli ingegneri o degli architetti sono illegittime, a nulla rilevando in proposito che un progetto redatto da un geometra sia controfirmato o vistato da un ingegnere ovvero che un ingegnere esegua i calcoli in cemento armato, atteso che il professionista competente deve essere altresì titolare della progettazione, trattandosi di competenze inderogabilmente affidate dal committente al professionista abilitato secondo il proprio statuto professionale, sul quale gravano le relative responsabilità.
Si è anche, in particolare, specificato –contrariamente a quanto assunto nell’impugnata sentenza- che i limiti posti dall'art. 16, lett. m), del r.d. 11.02.1929, n. 274 alla competenza professionale dei geometri rispondono ad una scelta inequivoca del legislatore, dettata da evidenti ragioni di pubblico interesse, che lascia all'interprete ristretti margini di discrezionalità, attinenti alla valutazione dei requisiti della modestia della costruzione, della non necessità di complesse operazioni di calcolo e dell'assenza di implicazioni per la pubblica incolumità, indicando invece un preciso requisito, ovverosia la natura di annesso agricolo dei manufatti (aspetto, questo, pacificamente da escludere con riferimento alla fattispecie), per le opere eccezionalmente progettabili dai predetti tecnici anche nei casi di impiego di cemento armato.
È da ritenersi, pertanto, esclusa la possibilità di un'interpretazione estensiva o "evolutiva" di tale disposizione, che, in quanto norma eccezionale, non si presta ad applicazione analogica, non potendosi pervenire ad una diversa conclusione neppure in virtù delle norme –quali l’art. 2 della legge 05.11.1971, n. 1086 e l’art. 17 della legge 02.02.1974, n. 64– che disciplinano le costruzioni in cemento armato e quelle in zone sismiche, in quanto le stesse richiamano i limiti delle competenze professionali stabiliti per i geometri dalla vigente normativa professionale.
Ne consegue che, qualora il rapporto professionale abbia avuto ad oggetto una costruzione per civili abitazioni, è affetto da nullità il contratto anche relativamente alla direzione dei lavori affidata a un geometra, quando la progettazione –richiedendo l'adozione anche parziale dei calcoli in cemento armato– sia riservata alla competenza degli ingegneri. Ed è anche pacifico che, a norma dell'art. 2231 c.c., quando l'esercizio di un'attività professionale è condizionato all'iscrizione in un albo o elenco, la prestazione eseguita da chi non è iscritto non gli dà azione per il pagamento del compenso, onde, in tali ipotesi, non può ritenersi esperibile neppure l'azione generale di arricchimento di cui all'art. 2041 c.c.
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1. Con il primo motivo la ricorrente ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 16 del R.D. 11.02.1929, n. 274 e dell’art. 1 del R.D. 16.11.1939, n. 2229, in relazione agli artt. 11, 12 e 14 delle disposizioni sulla legge in generale e agli artt. 1418, 2229 e 2231 c.c.
In particolare, la ricorrente, con questa doglianza, ha inteso dedurre che, sulla base delle caratteristiche dell’immobile in relazione al quale il geom. Pa. aveva prestato la sua opera professionale, consistenti –come accertato in sede di c.t.u.- nella realizzazione di una soletta di fondazione in cemento armato, di murature d’ambito sempre in cemento armato per il seminterrato, di solai latero-cementizi, di travi e di una scala in cemento armato, al citato geometra non avrebbe potuto essere riconosciuto il necessario titolo abilitativo per l’esecuzione delle contestate prestazioni, ragion per cui –alla stregua delle richiamate norme– egli non poteva aver diritto alla percezione di alcun compenso per la predetta attività svolta oltre i limiti delle proprie competenze.
...
3. Rileva il collegio che il primo motivo è fondato e deve essere, quindi, accolto per le ragioni che seguono.
Va, infatti, osservato che -essendo rimasto accertato in fatto che la prestazione del Pa., in qualità di geometra, fu eseguita in epoca antecedente al dicembre 2010 (ovvero prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 212/2010, con la quale fu disposta l’abrogazione dell’art. 1 del R.D. n. 2229/1939) e che la stessa non aveva ad oggetto una piccola costruzione accessoria nell’ambito di edifici agricoli (sulla scorta delle inequivoche caratteristiche precedentemente descritte, involgenti plurimi interventi edilizi comportanti l’utilizzo di cemento armato relativi alla ristrutturazione di un immobile adibito a civile abitazione)– la doglianza è meritevole di accoglimento alla stregua della consolidata giurisprudenza di questa Corte occupatasi della questione (cfr., ad es., Cass. n. 286/1984, Cass. n. 3021/2005, 19292/2009 e Cass. n. 5871/2016).
Secondo il principio univocamente dalla stessa affermato (al quale dovrà uniformarsi il giudice di rinvio), a norma dell'art. 16, lett. m), r.d. 11.02.1929, n. 274, che non è stato modificato dalla legge n. 1068 del 1971, la competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l'adozione -anche parziale- di strutture in cemento armato, mentre, in via d'eccezione, si estende anche a queste strutture, a norma della lett. l) del medesimo articolo, solo con riguardo alle piccole costruzioni accessorie nell'ambito degli edifici rurali o destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone, essendo riservata agli ingegneri la competenza per le costruzioni civili, anche modeste, che adottino strutture in cemento armato.
Pertanto, la progettazione e la direzione di opere da parte di un geometra in materia riservata alla competenza professionale degli ingegneri o degli architetti sono illegittime, a nulla rilevando in proposito che un progetto redatto da un geometra sia controfirmato o vistato da un ingegnere ovvero che un ingegnere esegua i calcoli in cemento armato, atteso che il professionista competente deve essere altresì titolare della progettazione, trattandosi di competenze inderogabilmente affidate dal committente al professionista abilitato secondo il proprio statuto professionale, sul quale gravano le relative responsabilità.
Si è anche, in particolare, specificato –contrariamente a quanto assunto nell’impugnata sentenza- che i limiti posti dall'art. 16, lett. m), del r.d. 11.02.1929, n. 274 alla competenza professionale dei geometri rispondono ad una scelta inequivoca del legislatore, dettata da evidenti ragioni di pubblico interesse, che lascia all'interprete ristretti margini di discrezionalità, attinenti alla valutazione dei requisiti della modestia della costruzione, della non necessità di complesse operazioni di calcolo e dell'assenza di implicazioni per la pubblica incolumità, indicando invece un preciso requisito, ovverosia la natura di annesso agricolo dei manufatti (aspetto, questo, pacificamente da escludere con riferimento alla fattispecie), per le opere eccezionalmente progettabili dai predetti tecnici anche nei casi di impiego di cemento armato.
È da ritenersi, pertanto, esclusa la possibilità di un'interpretazione estensiva o "evolutiva" di tale disposizione, che, in quanto norma eccezionale, non si presta ad applicazione analogica, non potendosi pervenire ad una diversa conclusione neppure in virtù delle norme –quali l’art. 2 della legge 05.11.1971, n. 1086 e l’art. 17 della legge 02.02.1974, n. 64– che disciplinano le costruzioni in cemento armato e quelle in zone sismiche, in quanto le stesse richiamano i limiti delle competenze professionali stabiliti per i geometri dalla vigente normativa professionale.
Ne consegue che, qualora il rapporto professionale abbia avuto ad oggetto una costruzione per civili abitazioni, è affetto da nullità il contratto anche relativamente alla direzione dei lavori affidata a un geometra, quando la progettazione –richiedendo l'adozione anche parziale dei calcoli in cemento armato– sia riservata alla competenza degli ingegneri. Ed è anche pacifico che, a norma dell'art. 2231 c.c., quando l'esercizio di un'attività professionale è condizionato all'iscrizione in un albo o elenco, la prestazione eseguita da chi non è iscritto non gli dà azione per il pagamento del compenso, onde, in tali ipotesi, non può ritenersi esperibile neppure l'azione generale di arricchimento di cui all'art. 2041 c.c. (Corte di Cassazione, Sez. II civile, ordinanza 21.03.2022 n. 9072).

dicembre 2021

COMPETENZE PROGETTUALI: La categoria del «progetto architettonico» non ha riscontro ai fini ed agli effetti dell'art. 16 del regolamento professionale di cui al r.d. 11.02.1929 n. 274, in base al quale i geometri non possono redigere progetti, sia di massima che esecutivi, di costruzioni che comportino l'impiego di conglomerati cementizi, semplici o armati, in strutture statiche e portanti.
La competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l'adozione -anche parziale- di strutture in cemento armato, mentre„ in via d'eccezione, si estende anche a queste strutture, a norma della lett. l) del medesimo articolo, solo con riguardo alle piccole costruzioni accessorie nell'ambito degli edifici rurali o destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone, essendo riservata agli ingegneri la competenza per le costruzioni civili, anche modeste, che adottino strutture in cemento armato.
Ne deriva che, "qualora il rapporto professionale abbia avuto ad oggetto una costruzione per civili abitazioni, è affetto da nullità il contratto anche relativamente alla direzione dei lavori affidata a un geometra, quando la progettazione -richiedendo l'adozione anche parziale dei calcoli in cemento armato- sia riservata alla competenza degli ingegneri".
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Il giudice di appello ha ritenuto di dover escludere tale nullità sul rilievo che, nel caso di specie, "l'attività dei professionisti si è incentrata esclusivamente sulla progettazione architettonica di un immobile da adibire a civile abitazione, sull'ottenimento delle relative autorizzazioni paesaggistico-ambientali, sulle pratiche edilizie, sull'autorizzazione sismica rilasciata a seguito della presentazione di calcoli antisismici ai sensi della legge 66/1974-d.lgs. 380/2001, non avendo, al contrario, mai avuto ad oggetto la progettazione strutturale dell'opera".
Così argomentando, tuttavia, la sentenza impugnata non ha considerato che "la categoria del «progetto architettonico» non ha riscontro, ai fini di causa, nella legge e nella giurisprudenza delle sezioni civili di questa Corte, la quale ha sempre affermato che i geometri, ai sensi dell'art. 16 del regolamento professionale di cui al r.d. 11.02.1929 n. 274, non possono redigere progetti, sia di massima che esecutivi, di costruzioni che comportino l'impiego di conglomerati cementizi, semplici o armati, in strutture statiche e portanti".
La Corte, inoltre, neppure ha chiarito in cosa si sia sostanziata la successiva attività di "progettazione strutturale" (e da chi sia stata svolta), ovvero se essa abbia messo capo ad un autonomo progetto e, eventualmente, da chi lo stesso sia stato firmato. Circostanze, ambedue, di grande rilievo, posto che, da un lato, "l'eventuale successivo intervento, nella fase esecutiva ed in quella della direzione dei lavori di un tecnico di livello superiore a quello del redattore del progetto originario, non può valere a sanare ex post la nullità per violazione di norme imperative, del contratto d'opera professionale, da valutarsi con esclusivo riferimento al momento genetico del rapporto", così come, dall'altro, non idonea ad assicurare il rispetto della suddetta normativa imperativa è la circostanza che "un progetto redatto da un geometra sia controfirmato o vistato da un ingegnere ovvero che un ingegnere esegua i calcoli in cemento armato, atteso che il professionista competente deve essere altresì titolare della progettazione, trattandosi di competenze inderogabilmente affidate dal committente al professionista abilitato secondo il proprio statuto professionale, sul quale gravano le relative responsabilità".
D'altra parte, la sentenza impugnata non sembra attribuire adeguato rilievo al fatto che l'attività edilizia in questione risulti avvenuta in zona sismica, circostanza che di per sé comporta il "conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa di cui alla legge n. 64 del 1974, la quale impone calcoli complessi che esulano dalle competenze professionali dei geometri".
Il terzo motivo di ricorso deve essere, pertanto, accolto, nei termini appena indicati, cassando in relazione la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di Appello perché decida nel merito, alla stregua del seguente principio di diritto: "la categoria del «progetto architettonico» non ha riscontro ai fini ed agli effetti dell'art. 16 del regolamento professionale di cui al r.d. 11.02.1929 n. 274, in base al quale i geometri non possono redigere progetti, sia di massima che esecutivi, di costruzioni che comportino l'impiego di conglomerati cementizi, semplici o armati, in strutture statiche e portanti
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5.3. Il terzo motivo, invece, è fondato, nei termini di seguito indicati.
5.3.1. Non è, infatti, corretto l'assunto con cui la Corte perugina ha escluso la nullità del contratto per cui è causa, derivante dalla violazione dell'art. 1 del regio decreto 16.11.1939, n. 2229 (norma applicabile, "ratione temporis", alla presente fattispecie, risultando il contratto "de quo" stipulato prima che tale norma fosse abrogata dal decreto legislativo 13.12.2010, n. 212, "atteso che la menzionata abrogazione, comportando l'introduzione di una disciplina innovativa e non già interpretativa della normativa previgente, non ha prodotto effetti retroattivi idonei ad incidere sulla qualificazione degli atti compiuti prima della sua entrata in vigore e non ha, dunque, influito sulla invalidità del contratto, regolata dalla legge del tempo in cui lo stesso è stato concluso"; cfr., da ultimo, Cass. Sez. 2, ord. 12.11.2019, n. 29227, Rv. 656184-01; nello stesso senso già Cass. Sez. 2, sent. 30.08.2013, n. 19989; Rv. 627757-01).
Sul punto, invero, occorre muovere dalla constatazione che la previsione normativa suddetta va coordinata con quella di cui all'art. 16, comma 1, lett. m), del regio decreto 11.02.1929, n. 274, secondo cui "la competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l'adozione -anche parziale- di strutture in cemento armato, mentre„ in via d'eccezione, si estende anche a queste strutture, a norma della lett. l) del medesimo articolo, solo con riguardo alle piccole costruzioni accessorie nell'ambito degli edifici rurali o destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone, essendo riservata agli ingegneri la competenza per le costruzioni civili, anche modeste, che adottino strutture in cemento armato".
Ne deriva che, "qualora il rapporto professionale abbia avuto ad oggetto una costruzione per civili abitazioni, è affetto da nullità il contratto anche relativamente alla direzione dei lavori affidata a un geometra, quando la progettazione -richiedendo l'adozione anche parziale dei calcoli in cemento armato- sia riservata alla competenza degli ingegneri" (così, da ultimo, Cass. Sez. 2, ord. 08.01.2021, n. 100, Rv. 659984-01).
5.3.2. Ciò premesso, il giudice di appello ha ritenuto di dover escludere tale nullità sul rilievo che, nel caso di specie, "l'attività dei professionisti si è incentrata esclusivamente sulla progettazione architettonica di un immobile da adibire a civile abitazione, sull'ottenimento delle relative autorizzazioni paesaggistico-ambientali, sulle pratiche edilizie, sull'autorizzazione sismica rilasciata a seguito della presentazione di calcoli antisismici ai sensi della legge 66/1974-d.lgs. 380/2001, non avendo, al contrario, mai avuto ad oggetto la progettazione strutturale dell'opera".
Così argomentando, tuttavia, la sentenza impugnata non ha considerato che "la categoria del «progetto architettonico» non ha riscontro, ai fini di causa, nella legge e nella giurisprudenza delle sezioni civili di questa Corte, la quale ha sempre affermato (cfr. sentenze di questa Corte n. 3262 del 1979 e 286 del 1984, non recenti, ma mai contraddette) che i geometri, ai sensi dell'art. 16 del regolamento professionale di cui al r.d. 11.02.1929 n. 274, non possono redigere progetti, sia di massima che esecutivi, di costruzioni che comportino l'impiego di conglomerati cementizi, semplici o armati, in strutture statiche e portanti" (così, in motivazione, Cass. Sez. 2, sent. 05.11.2004, n. 21185, Rv. 577961-01; si veda anche Cass. Sez. 2, sent. 07.09.2009, n. 19229, Rv. 609967-01, che nega, del pari, rilievo anche alla nozione di "progetto di massima").
La Corte perugina, inoltre, neppure ha chiarito in cosa si sia sostanziata la successiva attività di "progettazione strutturale" (e da chi sia stata svolta), ovvero se essa abbia messo capo ad un autonomo progetto e, eventualmente, da chi lo stesso sia stato firmato. Circostanze, ambedue, di grande rilievo, posto che, da un lato, "l'eventuale successivo intervento, nella fase esecutiva ed in quella della direzione dei lavori di un tecnico di livello superiore a quello del redattore del progetto originario, non può valere a sanare ex post la nullità per violazione di norme imperative, del contratto d'opera professionale, da valutarsi con esclusivo riferimento al momento genetico del rapporto" (Cass. Sez. 2, sent. n. 19229 del 2009, cit.), così come, dall'altro, non idonea ad assicurare il rispetto della suddetta normativa imperativa è la circostanza che "un progetto redatto da un geometra sia controfirmato o vistato da un ingegnere ovvero che un ingegnere esegua i calcoli in cemento armato, atteso che il professionista competente deve essere altresì titolare della progettazione, trattandosi di competenze inderogabilmente affidate dal committente al professionista abilitato secondo il proprio statuto professionale, sul quale gravano le relative responsabilità" (Cass. Sez. 2, ord. n. 100 del 2021, cit.).
D'altra parte, la sentenza impugnata non sembra attribuire adeguato rilievo al fatto che l'attività edilizia in questione risulti avvenuta in zona sismica, circostanza che di per sé comporta il "conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa di cui alla legge n. 64 del 1974, la quale impone calcoli complessi che esulano dalle competenze professionali dei geometri" (da ultimo, in motivazione, Cass. Sez. 2, sient. 08.03.2017, n. 5871, Rv. 643365-01; nello stesso senso Cass. Sez. 2, sent. 08.04.2009, n. 8543, Rv. 607639-01).
5.3.3. Il terzo motivo di ricorso deve essere, pertanto, accolto, nei termini appena indicati, cassando in relazione la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di Appello di Perugia perché decida nel merito, alla stregua del seguente principio di diritto: "la categoria del «progetto architettonico» non ha riscontro ai fini ed agli effetti dell'art. 16 del regolamento professionale di cui al r.d. 11.02.1929 n. 274, in base al quale i geometri non possono redigere progetti, sia di massima che esecutivi, di costruzioni che comportino l'impiego di conglomerati cementizi, semplici o armati, in strutture statiche e portanti" (Corte di Cassazione, Sez. III civile, ordinanza 10.12.2021 n. 39230).

ottobre 2021

COMPETENZE PROGETTUALICon riferimento alla sottoscrizione dell'offerta tecnica, consistente in migliorie da apportarsi al progetto esecutivo, da parte di un architetto piuttosto che di un ingegnere, trattandosi di opere idrauliche di competenza esclusiva di tale ultima categoria professionale, la stessa risulta illegittima tale da imporre alla stazione appaltante l'esclusione della concorrente poi divenuta aggiudicataria, senza alcuna possibilità di soccorso istruttorio, trattandosi di criticità direttamente inerenti all'offerta.
Invero, il riparto di competenze fra la professione di architetto e quella di ingegnere è stabilito ex lege in modo vincolante, non potendo neppure essere derogato –afferendo alla qualificazione funzionale delle diverse categorie professionali– dalla lex specialis di gara, peraltro nel caso di specie del tutto <<neutrale>> attesa la formulazione letterale della relativa disposizione (sopra cit.), di talché giova osservare, sotto un primo e generale profilo, che la categoria di opere previste dalla lex specialis coincida con la OG8 (i.e., «Opere fluviali, di difesa, di sistemazione idraulica e di bonifica»), quindi afferisca all’evidenza a opere che non rientrano nella nozione di «edilizia civile» di cui all’art. 52, comma 1, r.d. n. 2537 del 1925 (a tenore del quale «Formano oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad esse relative»), e che esulano pertanto dalla competenza degli architetti.
Sicché la categoria OG8, considerata sul piano astratto, insomma, già esula dalle lavorazioni di edilizia civile ricadenti nella “competenza concorrente” di architetto e ingegnere.
La costante giurisprudenza del Consiglio di Stato riconosce, in coerenza con quanto appena osservato, che <<Il R.D. 23.10.1925 n. 2537 recante il regolamento delle professioni di architetto e di ingegnere esclude per via degli artt. 51 e 54, comma 3, senza dubbi interpretativi la possibilità che un architetto possa, in luogo di un ingegnere, condurre i lavori relativi ad opere idrauliche>>.
In definitiva, la progettazione delle opere viarie, idrauliche ed igieniche, che non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati, è di pertinenza degli ingegneri, in base all’interpretazione letterale, sistematica e teleologica degli artt. 51, 52 e 54 del R.D..
...
Priva di pregio l’argomentazione spesa in senso contrario secondo la quale, non trattandosi di appalto integrato, ai concorrenti veniva richiesta non già l’elaborazione di un nuovo progetto, ma solo l’inserimento di elementi migliorativi od aggiuntivi ad un progetto esecutivo già redatto dalla stazione appaltante e posto a base di gara, con conseguente possibilità che l’offerta tecnica, concernente proposte migliorative e non varianti, fosse sottoscritta da un architetto.
A prescindere dalla configurazione come vere e proprie varianti ovvero mere migliorie, il dato incontrovertibile attiene all’incidenza oggettiva della tipologia di lavorazione prospettata, afferente la progettazione di opere idrauliche prive di connessione con attività di edilizia civile e pertanto esulanti dalla competenza degli architetti.
In tal senso è stato affermato che <<non è tanto l'incisività della proposta migliorativa, ossia la capacità della stessa di modificare l'originario progetto esecutivo, a costituire il criterio di individuazione della categoria professionale di appartenenza del tecnico redattore competente -tra l'altro, una variante sostanziale al progetto esecutivo non sarebbe nemmeno configurabile in termini di proposta migliorativa- quanto l'oggetto specifico di tale attività professionale, a prescindere dagli effetti modificativi che il contributo del tecnico possa determinare sull'assetto progettuale delle opere oggetto di affidamento; in altri termini, non conta se e quanto le proposte migliorative redatte dall'architetto fossero modificative del progetto esecutivo posto a base di gara, essendo rilevante piuttosto che qualsiasi contributo di natura tecnico progettuale fosse oggetto di elaborazione di un tecnico qualificato come competente, ossia un ingegnere>>.
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6. – Ciò posto, è fondato il primo motivo del ricorso principale, incentrato sull’incompetenza dell’architetto che ha sottoscritto l’offerta tecnica presentata dall’aggiudicataria.
6.1. – Premesso che il riparto di competenze fra la professione di architetto e quella di ingegnere è stabilito ex lege in modo vincolante, non potendo neppure essere derogato –afferendo alla qualificazione funzionale delle diverse categorie professionali– dalla lex specialis di gara (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 15.12.2020, n. 8027), peraltro nel caso di specie del tutto <<neutrale>> attesa la formulazione letterale della relativa disposizione (sopra cit.), giova osservare, sotto un primo e generale profilo, giustamente valorizzato da parte ricorrente, che la categoria di opere previste dalla lex specialis coincida con la OG8 (i.e., «Opere fluviali, di difesa, di sistemazione idraulica e di bonifica»), quindi afferisca all’evidenza a opere che non rientrano nella nozione di «edilizia civile» di cui all’art. 52, comma 1, r.d. n. 2537 del 1925 (a tenore del quale «Formano oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad esse relative»), e che esulano pertanto dalla competenza degli architetti (Cons. St., Sez. V, 22.07.2021, n. 5510).
6.1.1. – Sicché la categoria OG8, considerata sul piano astratto, insomma, già esula dalle lavorazioni di edilizia civile ricadenti nella “competenza concorrente” di architetto e ingegnere.
La costante giurisprudenza del Consiglio di Stato riconosce, in coerenza con quanto appena osservato, che <<Il R.D. 23.10.1925 n. 2537 recante il regolamento delle professioni di architetto e di ingegnere esclude per via degli artt. 51 e 54, comma 3, senza dubbi interpretativi la possibilità che un architetto possa, in luogo di un ingegnere, condurre i lavori relativi ad opere idrauliche>> (Cons. Stato, Sez. V, 19.05.2016 n. 2095; Cons. Stato, Sez. V, 21.11.2018, n. 6593; cfr. anche Id., III, 01.07.2020, n. 4208).
In definitiva, la progettazione delle opere viarie, idrauliche ed igieniche, che non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati, è di pertinenza degli ingegneri, in base all’interpretazione letterale, sistematica e teleologica degli artt. 51, 52 e 54 del R.D. (cfr. già Cons. Stato, Sez. IV, 22.05.2000, n. 2938; id., Sez. V, 06.04.1998, n. 416; id., Sez. IV, 19.02.1990, n. 92).
6.1.2. – Tale conclusione non muta, ma anzi è avvalorata, laddove (lungi dal far riferimento unicamente alla tipologia dell’opera nel suo complesso come genericamente descritta dall’attestazione SOA) si prendano in considerazione, come necessario, le proposte migliorative in concreto articolate dall’aggiudicataria.
Si consideri, in chiave puramente esemplificativa, la miglioria A1.5 <<Protezione dell’alveo con graticciate per il contenimento del terreno a monte delle gabbionate>>, di per sé involgente opera idraulica, ovvero il semplice tenore letterale della miglioria A1.8 <<Sistemazione idraulica di tratto aggiuntivo>>, ovvero ancora la miglioria A3.1 <<Realizzazione di briglie nei tratti con maggiore pendenza e a rischio erosione>> (con la quale si propone di realizzare delle briglie aggiuntive nei tratti dell'alveo caratterizzati da maggiore pendenza e nei tratti immediatamente precedenti alle anse più strette).
Trattasi, come evidente sulla base della mera descrizione delle singole proposte, di lavorazioni attinenti alla materia idraulica e del tutto prive di connessioni con il concetto di edilizia civile di cui al richiamato art. 52 del stesso regio decreto n. 2537 del 1925, pur se estensivamente interpretato alla luce della giurisprudenza (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 15.03.2013 n. 1550: <<si può affermare che il concetto di ‘opere di edilizia civile’ si estenda sicuramente oltre gli ambiti più specificamente strutturali, fino a ricomprendere l’intero complesso degli impianti tecnologici a corredo del fabbricato, e quindi non solo gli impianti idraulici ma anche quelli di riscaldamento compresi nell’edificazione>>).
6.2. – Priva di pregio l’argomentazione spesa in senso contrario dalla Ba.Ho. s.r.l., secondo la quale, non trattandosi di appalto integrato, ai concorrenti veniva richiesta non già l’elaborazione di un nuovo progetto, ma solo l’inserimento di elementi migliorativi od aggiuntivi ad un progetto esecutivo già redatto dalla stazione appaltante e posto a base di gara, con conseguente possibilità che l’offerta tecnica, concernente proposte migliorative e non varianti, fosse sottoscritta da un architetto.
A prescindere dalla configurazione come vere e proprie varianti ovvero mere migliorie, il dato incontrovertibile attiene all’incidenza oggettiva della tipologia di lavorazione prospettata, afferente la progettazione di opere idrauliche prive di connessione con attività di edilizia civile e pertanto esulanti dalla competenza degli architetti.
In tal senso è stato affermato che <<non è tanto l'incisività della proposta migliorativa, ossia la capacità della stessa di modificare l'originario progetto esecutivo, a costituire il criterio di individuazione della categoria professionale di appartenenza del tecnico redattore competente -tra l'altro, una variante sostanziale al progetto esecutivo non sarebbe nemmeno configurabile in termini di proposta migliorativa- quanto l'oggetto specifico di tale attività professionale, a prescindere dagli effetti modificativi che il contributo del tecnico possa determinare sull'assetto progettuale delle opere oggetto di affidamento; in altri termini, non conta se e quanto le proposte migliorative redatte dall'architetto Co. fossero modificative del progetto esecutivo posto a base di gara, essendo rilevante piuttosto che qualsiasi contributo di natura tecnico progettuale fosse oggetto di elaborazione di un tecnico qualificato come competente, ossia un ingegnere>> (TAR Campania, Napoli, sez. I, 03.05.2017, n. 2329).
6.3. – È fondato, conclusivamente, il primo motivo di impugnazione, con riferimento alla sottoscrizione dell'offerta tecnica, consistente in migliorie da apportarsi al progetto esecutivo, da parte di un architetto piuttosto che di un ingegnere, trattandosi di opere idrauliche di competenza esclusiva di tale ultima categoria professionale. Tale profilo di illegittimità avrebbe dovuto imporre alla stazione appaltante l'esclusione della concorrente poi divenuta aggiudicataria, senza alcuna possibilità di soccorso istruttorio, trattandosi di criticità direttamente inerenti all'offerta (Consiglio di Stato, sez. V, 21.11.2018, n. 6593) (TAR Campania-Salerno, Sez. I, sentenza 08.10.2021 n. 2113 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

luglio 2021

COMPETENZE PROGETTUALIIn termini generali, il riparto di competenze professionali fra architetti e ingegneri è regolato, in termini vincolanti, dal r.d. n. 2537 del 1925, in particolare dagli artt. 51 , 52 e 54, non superati dal d.P.R. n. 328 del 2001 (recante Modifiche ed integrazioni della disciplina dei requisiti per l’ammissione all’esame di Stato e delle relative prove per l’esercizio di talune professioni, nonché della disciplina dei relativi ordinamenti, incluse le professioni di ingegnere ed architetto ex art. 1), anche alla luce dei richiami di cui ai relativi artt. 16, comma 1, e 46, comma 2, che lasciano ferme «le riserve e le attribuzioni già stabilite dalla vigente normativa».
Il riparto di competenze fra l’una e l’altra professione è dunque stabilito ex lege in modo vincolante, non potendo neppure essere derogato -afferendo alla qualificazione funzionale delle diverse categorie professionali- dalla lex specialis di gara.
In tale contesto, la costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato riconosce, in chiave generale, che “la progettazione delle opere viarie, idrauliche ed igieniche, che non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati, è di pertinenza degli ingegneri, in base all’interpretazione letterale, sistematica e teleologica degli artt. 51, 52 e 54 del R.D.”.
In questa prospettiva, “nello stabilire l’ampiezza delle competenze riconosciute, rispettivamente, agli ingegneri e agli architetti ai sensi del combinato disposto degli articoli 51 e 52 dello stesso regio decreto n. 2537 del 1925, la giurisprudenza ha confermato l’orientamento tradizionale, in ordine alla ricomprensione nell’esclusivo appannaggio della professione di ingegnere delle opere di carattere più marcatamente tecnico-scientifico”, fra cui quelle “di ingegneria idraulica, di ammodernamento e ampliamento della rete idrica comunale”.
Alla luce del riparto di competenze così tracciato, in relazione alle opere esulanti dall’ambito funzionale dell’architetto quest’ultimo non è abilitato alla sottoscrizione di documenti tecnici neppure se relativi a proposte progettuali migliorative o varianti.
D’altra parte, solo in presenza di opere rigorosamente accessorie a quelle edili è ammissibile un’abilitazione estensiva in capo al professionista architetto, atteso che “il concetto di ‘opere di edilizia civile’ si estend[e] sicuramente oltre gli ambiti più specificamente strutturali, fino a ricomprendere l’intero complesso degli impianti tecnologici” se “a corredo del fabbricato”; occorre quindi che vi sia un nesso di precipua accessorietà fra l’intervento e l’edificio, e cioè che il primo risulti “strettamente servente un’opera di edilizia civile” per poter rientrare nel perimetro di competenza (anche) dell’architetto.
Alla luce di ciò, questa V Sezione ha affermato chiaramente che “Il r.d. 23.10.1925 n. 2537 recante il regolamento delle professioni di architetto e di ingegnere esclude per via degli artt. 51 e 54, comma 3, senza dubbi interpretativi la possibilità che un architetto possa, in luogo di un ingegnere, condurre i lavori relativi ad opere idrauliche".
Allo stesso modo, s’è affermato come “la progettazione delle opere viarie, idrauliche ed igieniche, che non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati, sia di pertinenza degli ingegneri, alla luce delle disposizioni di cui agli artt. 51, 52 e 54 r.d. 23.10.1925, n. 2537. Infatti, il discrimine tra le professioni di ingegnere e di architetto è rimasto segnato anche nelle sopravvenute disposizioni del d.P.R. n. 328 cit.; pertanto, se adeguamenti sono certamente possibili in riferimento al concetto di ‘edilizia civile’, interpretabile estensivamente, restano di pertinenza della professione di ingegnere le opere che richiedono una competenza tecnica specifica e che esulano dall’edilizia civile rientrante nella comune competenza. In particolare, le opere idrauliche, specialmente se interferenti con fiumi e corsi d’acqua, richiedono capacità professionali per l’analisi dei fenomeni idrologici ed idraulici e presuppongono l’applicazione di specifici metodi di calcolo (statistico, idrologico e idraulico); per contro, gli architetti non possono essere compresi tra i soggetti abilitati alla progettazione di opere idrauliche in quanto, sia ai sensi degli artt. 51 e 52 r.d. 23.10.1925, n. 2537, che ai sensi dell’art. 16 d.P.R. 05.06.2001, n. 328, non hanno competenze riconosciute in materia".
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4. Col terzo motivo l’appellante censura la sentenza nella parte in cui ha accolto il primo motivo di ricorso principale in primo grado.
Deduce al riguardo la De.Co. che le opere oggetto di affidamento ben rientrano nelle competenze del professionista architetto, cui compete l’intero ambito dell’edilizia civile; peraltro nel caso di specie non è prevista alcuna attività di progettazione esecutiva, bensì la mera presentazione di migliorie, varianti od opere aggiuntive, sicché le competenze dell’architetto risultano ben conformi ed appropriate alle opere previste.
A ciò si aggiunga che gli interventi programmati coincidono con opere di mitigazione del rischio frane a protezione degli edifici a monte dell’abitato, e ben rientrano perciò nel perimetro di competenza (anche) degli architetti ai sensi dell’art. 52 r.d. n. 2537 del 1925; né rilevano al riguardo le categorie Soa di pertinenza (i.e., OG8 e OS21) che riguardano piuttosto l’opera nel suo complesso.
In tale contesto, la riqualificazione degli interventi nel senso che essi non rientrerebbero fra le opere di edilizia civile riconducibili alle competenze (anche) del professionista architetto costituisce un vulnus allo spazio riservato alla valutazione discrezionale della stazione appaltante.
4.1. Col quarto motivo l’appellante prosegue nel dolersi dell’accoglimento del primo motivo di ricorso principale deducendo che, in ogni caso, il professionista firmatario dei documenti d’offerta è nella specie in possesso di laurea in “Architettura e Ingegneria Edile” (cod. “4/S”), che lascia libero il titolare di scegliere a quale dei due ordini professionali iscriversi.
Al riguardo la “abilitazione” richiamata dal disciplinare di gara è da ritenersi connessa alla competenza professionale posseduta, non già all’iscrizione a un albo piuttosto che a un altro; e d’altra parte l’art. 16 d.P.R. n. 328 del 2001 elenca fra le competenze dell’architetto iscritto al “settore architettura” -qual è il professionista firmatario dei documenti della De.Co.- anche attività di collaborazione rispetto a quelle di progettazione di opere edilizie, comprese le opere pubbliche, così includendovi senz’altro gli interventi oggetto dell’affidamento controverso.
4.2. I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per ragioni di connessione, sono infondati.
4.2.1. In termini generali, il riparto di competenze professionali fra architetti e ingegneri è regolato, in termini vincolanti, dal r.d. n. 2537 del 1925, in particolare dagli artt. 51 , 52 e 54, non superati dal d.P.R. n. 328 del 2001 (recante Modifiche ed integrazioni della disciplina dei requisiti per l’ammissione all’esame di Stato e delle relative prove per l’esercizio di talune professioni, nonché della disciplina dei relativi ordinamenti, incluse le professioni di ingegnere ed architetto ex art. 1), anche alla luce dei richiami di cui ai relativi artt. 16, comma 1, e 46, comma 2, che lasciano ferme «le riserve e le attribuzioni già stabilite dalla vigente normativa» (cfr., inter multis, Cons. Stato, V, 11.02.2021, n. 1255; 17.07.2019, n. 5012).
Il riparto di competenze fra l’una e l’altra professione è dunque stabilito ex lege in modo vincolante, non potendo neppure essere derogato -afferendo alla qualificazione funzionale delle diverse categorie professionali- dalla lex specialis di gara (cfr. Cons. Stato, V, 15.12.2020, n. 8027).
In tale contesto, la costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato riconosce, in chiave generale, che “la progettazione delle opere viarie, idrauliche ed igieniche, che non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati, è di pertinenza degli ingegneri, in base all’interpretazione letterale, sistematica e teleologica degli artt. 51, 52 e 54 del R.D. (cfr. Cons. Stato, IV, 22.05.2000, n. 2938; id., V, 06.04.1998, n. 416; id., IV, 19.02.1990, n. 92)” (Cons. Stato, n. 5012 del 2019, cit.).
In questa prospettiva, “nello stabilire l’ampiezza delle competenze riconosciute, rispettivamente, agli ingegneri e agli architetti ai sensi del combinato disposto degli articoli 51 e 52 dello stesso regio decreto n. 2537 del 1925, la giurisprudenza ha confermato l’orientamento tradizionale, in ordine alla ricomprensione nell’esclusivo appannaggio della professione di ingegnere delle opere di carattere più marcatamente tecnico-scientifico”, fra cui quelle “di ingegneria idraulica, di ammodernamento e ampliamento della rete idrica comunale” (cfr. Cons. Stato, V, 27.09.2018, n. 6552; VI, 15.03.2013, n. 1550).
Alla luce del riparto di competenze così tracciato, in relazione alle opere esulanti dall’ambito funzionale dell’architetto quest’ultimo non è abilitato alla sottoscrizione di documenti tecnici neppure se relativi a proposte progettuali migliorative o varianti (cfr. Cons. Stato, n. 1255 del 2021, cit.).
D’altra parte, solo in presenza di opere rigorosamente accessorie a quelle edili è ammissibile un’abilitazione estensiva in capo al professionista architetto (Cons. Stato, V, 12.03.2015, n. 1692; n. 1255 del 2021, cit.), atteso che “il concetto di ‘opere di edilizia civile’ si estend[e] sicuramente oltre gli ambiti più specificamente strutturali, fino a ricomprendere l’intero complesso degli impianti tecnologici” se “a corredo del fabbricato” (Cons. Stato, n. 1550 del 2013, cit.; n. 6552 del 2018, cit.); occorre quindi che vi sia un nesso di precipua accessorietà fra l’intervento e l’edificio, e cioè che il primo risulti “strettamente servente un’opera di edilizia civile” per poter rientrare nel perimetro di competenza (anche) dell’architetto (Cons. Stato, n. 1692 del 2015, cit.).
Alla luce di ciò, questa V Sezione ha affermato chiaramente che “Il r.d. 23.10.1925 n. 2537 recante il regolamento delle professioni di architetto e di ingegnere esclude per via degli artt. 51 e 54, comma 3, senza dubbi interpretativi la possibilità che un architetto possa, in luogo di un ingegnere, condurre i lavori relativi ad opere idrauliche" (Cons. Stato, V, 19.05.2016 n. 2095).
Allo stesso modo, s’è affermato come “la progettazione delle opere viarie, idrauliche ed igieniche, che non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati, sia di pertinenza degli ingegneri, alla luce delle disposizioni di cui agli artt. 51, 52 e 54 r.d. 23.10.1925, n. 2537. Infatti, il discrimine tra le professioni di ingegnere e di architetto è rimasto segnato anche nelle sopravvenute disposizioni del d.P.R. n. 328 cit.; pertanto, se adeguamenti sono certamente possibili in riferimento al concetto di ‘edilizia civile’, interpretabile estensivamente, restano di pertinenza della professione di ingegnere le opere che richiedono una competenza tecnica specifica e che esulano dall’edilizia civile rientrante nella comune competenza. In particolare, le opere idrauliche, specialmente se interferenti con fiumi e corsi d’acqua, richiedono capacità professionali per l’analisi dei fenomeni idrologici ed idraulici e presuppongono l’applicazione di specifici metodi di calcolo (statistico, idrologico e idraulico); per contro, gli architetti non possono essere compresi tra i soggetti abilitati alla progettazione di opere idrauliche in quanto, sia ai sensi degli artt. 51 e 52 r.d. 23.10.1925, n. 2537, che ai sensi dell’art. 16 d.P.R. 05.06.2001, n. 328, non hanno competenze riconosciute in materia" (Cons. Stato, V, 21.11.2018, n. 6593; cfr. anche Id., III, 01.07.2020, n. 4208).
4.2.2. Facendo applicazione dei suesposti principi alla caso in esame, va escluso che possa ravvisarsi nella specie una competenza in capo al professionista architetto per le opere oggetto dell’affidamento.
4.2.2.1. Va premesso anzitutto che lo stesso disciplinare di gara richiedeva, all’art. 16, che la documentazione d’offerta fosse sottoscritta da “tecnici abilitati”, quali “ingegneri, architetti, geometri” o altri, “per le rispettive competenze”.
4.2.2.2. In tale contesto, sotto un primo generale profilo, va rilevato come le categorie di opere previste dalla lex specialis coincidano con la OG8 (i.e., «Opere fluviali, di difesa, di sistemazione idraulica e di bonifica») e la OS21 («Opere strutturali speciali», categoria cd. “super-specialistica” che afferisce alla «costruzione di opere destinate a trasferire i carichi di manufatti poggianti su terreni non idonei a reggere i carichi stessi, di opere destinate a conferire ai terreni caratteristiche di resistenza e di indeformabilità tali da rendere stabili l’imposta dei manufatti e da prevenire dissesti geologici, di opere per rendere antisismiche le strutture esistenti e funzionanti»).
Trattasi all’evidenza di opere che non rientrano nella nozione di «edilizia civile» di cui all’art. 52, comma 1, r.d. n. 2537 del 1925 (a tenore del quale «Formano oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad esse relative»), e che esulano pertanto dalla competenza degli architetti.
4.2.2.3. D’altra parte, le opere migliorative su cui la sentenza si sofferma evidenziandone la eccentricità rispetto agli interventi di competenza degli architetti si collocano effettivamente al di fuori delle opere di edilizia civile ex art. 52 r.d. n. 2537 del 1925, né configurano opere accessorie o strumentali a edifici civili; si tratta, piuttosto, di opere di carattere essenzialmente idraulico quali
   - la “Realizzazione di dreni sub orizzontali”, di cui al capitolo 2/18 della relazione tecnica (“Si offre la realizzazione di dreni sub orizzontali tra i pali in numero di 64 per una lunghezza di 6.00. L’offerta prevede la perforazione e la posa in opera di tubo dreno del diametro di 125 mm avvolto in uno speciale tessuto che ne garantisce l’efficienza nel tempo”), oppure
   - l’opera aggiuntiva consistente nella “Realizzazione canaletta in trenchmat a valle della paratia”, sub capitolo 4/18 (“La canaletta che verrà eseguita con tecniche di ingegneria naturalistica raccoglierà tutte le acque di drenaggio a tergo della paratia per convogliarle alla tubazione anch’essa offerta come ulteriore proposta migliorativa. La canaletta è costituita da una geogriglia tridimensionale ottenuta per l’accoppiamento di uno strato impermeabile inferiore ed una geogriglia superiore che evita l’erosione del terreno. Per la stabilizzazione del telo è prevista la posa in opera di pali di castagno nella sezione trasversale e longitudinale […]”).
Lo stesso è a dirsi per opere aggiuntive quali
   - la “Realizzazione sistema di smaltimento delle acque di drenaggio” (sub capitolo 5/18), coincidenti con la “realizzazione di una condotta in polietilene da 315 mm SN8 lunga 140 m che, percorrendo la strada vicinale Fontaniello, recapita le acque dei drenaggi posti alle varie quote, per sversarli nel canale a valle dell’area d’intervento”; o
   - la “Realizzazione canaletta in trenchmat a monte della terra rinforzata” (sub capitolo 7/18), consistente anch’essa in una “canaletta che verrà eseguita con tecniche di ingegneria naturalistica raccoglierà tutte le acque di drenaggio superficiali che sul versante raggiungeranno la terra rinforzata. La canaletta è costituita da una geogriglia tridimensionale ottenuta per l’accoppiamento di uno strato impermeabile inferiore ed una geogriglia superiore che evita l’erosione del terreno. Per la stabilizzazione del telo è prevista la posa in opera di pali di castagno nella sezione trasversale e longitudinale […]”.
Si tratta all’evidenza di opere nient’affatto riconducibili all’edilizia civile, e che neppure risultano di carattere accessorio rispetto ad edifici civili.
Né una siffatta valutazione impinge del resto nella sfera di giudizio tecnico-discrezionale rimessa alla competenza della stazione appaltante, afferendo piuttosto alla cognizione dei profili di riparto funzionale secundum legem fra le varie figure professionali a norma del r.d. n. 2537 del 1925, così come interpretato e applicato dalla costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato.
Allo stesso modo, non assume rilievo di per sé la circostanza che il progetto esecutivo risultasse nella specie predisposto dall’amministrazione, atteso che -come già posto in risalto (retro, sub § 4.2.1)- neppure le singole varianti o proposte migliorative possono essere sottoscritte dal professionista non legittimato ratione materiae (cfr. Cons. Stato, n. 1255 del 2021, cit.; n. 6552 del 2018, cit.).
Né ancora può rilevare che lo scopo ultimo degli interventi fosse quello di assicurare la stabilità di edifici, atteso che tale rilievo, di carattere meramente finalistico, non vale a qualificare l’intervento -avente un diverso e ben definito oggetto strutturale- alla stregua di “edilizia civile”.
4.2.3. In tale contesto, a diversa conclusione non conduce neanche il richiamo alla circostanza che il professionista firmatario dei documenti fosse in possesso di laurea in “Architettura e Ingegneria Edile” sub cod. “4/S”, che prevede insegnamenti anche in materia ingegneristica consentendo l’iscrizione all’uno o all’altro albo professionale.
Come correttamente rilevato dalla sentenza, infatti, i documenti d’offerta andavano sottoscritti da professionisti abilitati allo svolgimento della professione riservata, non rilevando al riguardo il solo possesso del diploma di laurea, ancorché in materie pertinenti all’oggetto dell’affidamento: nel caso di specie, il professionista firmatario non risulta abilitato alla professione d’ingegnere né iscritto al relativo albo, e il che è sufficiente all’esclusione dell’offerta per mancata sottoscrizione dei relativi documenti da un professionista all’uopo abilitato.
Allo stesso modo, non valgono a superare le previsioni di legge relative al riparto di competenze fra architetti e ingegneri le solo esperienze professionali nel settore concretamente sviluppate dal singolo professionista.
Quanto al richiamo delle previsioni dell’art. 16 d.P.R. n. 238 del 2001 in ordine alle competenze dell’architetto iscritto al “settore architettura”, queste non valgono a superare il riparto funzionale fra ingegneri e architetti come sopra ricostruito sulla base della vigente normativa, e dunque a radicare la competenza dell’architetto per le opere qui in rilievo pur al di fuori degli ambiti riconosciutigli dal r.d. n. 2537 del 1925.
Per tali ragioni, entrambi i motivi di doglianza risultano infondati.
5. In conclusione, per i suesposti motivi l’appello è infondato e va respinto (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 22.07.2021 n. 5510 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALISecondo la comune interpretazione offerta dalla giurisprudenza in tema di competenza dei geometri alla progettazione di strade, agli stessi non è preclusa l’opera professionale, ai sensi dell’art. 16, lett. b), del R.D. 11.2.1929 n. 274, nella progettazione di strade di non particolare complessità, circostanza che si appaleserebbe (ad esempio) in caso di collegamenti di grande lunghezza o difficoltà progettuali, per la presenza di ponti, gallerie o grossi muri di contenimento.
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13. Con il quarto motivo di ricorso i ricorrenti eccepiscono la violazione dell'art. 16, lett. m), del R.D. 11.2.1929 n. 274, nella misura in cui il progetto è stato sottoscritto da un geometra, anziché da un ingegnere ovvero da un architetto.
Parte resistente replica, deducendo che, al contrario, l’opera è riconducibile nell’alveo delle competenze professionali del geometra, ai sensi dell’art. 16, lett. b), trattandosi di opere di collegamento di strade, rilevando altresì la non particolare complessità dell’intervento, anche sotto il profilo della lunghezza della strada (appena circa 600 metri).
Il Collegio non condivide la doglianza prospettata dai ricorrenti, osservando che, secondo la comune interpretazione offerta dalla giurisprudenza in tema di competenza dei geometri alla progettazione di strade, agli stessi non è preclusa l’opera professionale, ai sensi dell’art. 16, lett. b), del r.d. citato, nella progettazione di strade di non particolare complessità, circostanza che si appaleserebbe (ad esempio) in caso di collegamenti di grande lunghezza o difficoltà progettuali, per la presenza di ponti, gallerie o grossi muri di contenimento (v., in tal senso, Tar Salerno, 17.11.2004, n. 2016; conf., Tar Lecce, 10.02.2006, 902).
Nella fattispecie, parte ricorrente non ha apportato particolari ed idonei elementi probatori per fare ritenere che la progettazione dell’opera de qua possa rientrare fra le opere di particolare complessità, come tali non progettabili dal geometra (sugli anzidetti criteri di accertamento di tale complessità, cfr., Consiglio di Stato, 21.02.2020, n. 1341) (TAR Campania-Salerno, Sez. II, sentenza 15.07.2021 n. 1742 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

aprile 2021

COMPETENZE PROGETTUALILaddove l’intervento edilizio richieda l’esecuzione di opere in cemento armato, è quindi ben possibile affidare la progettazione e direzione dei lavori relativi a queste ultime al tecnico in grado di eseguire i calcoli necessari e di valutare i pericoli per la pubblica incolumità, affidando invece al geometra l’attività di progettazione e direzione dei lavori incentrata sugli aspetti architettonici della costruzione, purché questa possa considerarsi “modesta” alla stregua del sopra citato art. 16 r.d. n. 274 del 1929.
Ma in tal caso “non si tratta, tuttavia, di assicurare la mera presenza di un ingegnere progettista delle opere in cemento armato, che controfirmi o si limiti ad eseguire i calcoli”.
Il professionista, che svolge la progettazione con l’uso del cemento armato, deve pertanto essere competente a progettare e deve assumersi la responsabilità del segmento del progetto complessivo riferito alle opere in cemento armato, nel senso appunto che l’incarico non può essere affidato al geometra, che si avvarrà della collaborazione dell’ingegnere, ma deve essere sin dall’inizio affidato anche a quest’ultimo per la parte di sua competenza e sotto la sua responsabilità.
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212. Il quattordicesimo motivo concerne la violazione dell’art. 16, comma 1, lett. m), del r.d. n. 274/1929 per essere stato il progetto redatto e sottoscritto da un geometra, quando sono previste strutture in cemento armato la cui progettazione e direzione è riservata agli ingegneri e architetti.
213. Appare opportuno ricordare che l’oggetto ed i limiti dell’esercizio professionale di geometra sono regolati dall’art. 16 del r.d. 11.02.1929, n. 274 (Regolamento per la professione di geometra), che all’attività di progettazione, direzione e vigilanza (o sorveglianza) dedica al comma 1, le lett. l) e m).
214. La lettera l) ricomprende l’attività di “progetto, direzione, sorveglianza e liquidazione di costruzioni rurali e di edifici per uso di industrie agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone; nonché di piccole opere inerenti alle aziende agrarie, come strade vicinali senza rilevanti opere d’arte, lavori d’irrigazione e di bonifica, provvista d’acqua per le stesse aziende e riparto della spesa per opere consorziali relative, esclusa, comunque, la redazione di progetti generali di bonifica idraulica ed agraria e relativa direzione.”
215. La lettera m) concerne invece l’attività di “progetto, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili”.
216. Nell’ambito del quadro normativo in cui si inserisce la questione da esaminare, rientra anche la disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso e a struttura metallica, contenuta nella legge n. 1086 del 1971 (Norme per la disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica), confluita oggi nel D.P.R. 06.06.2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) che all’art. 64, intitolato “Progettazione, direzione, esecuzione responsabilità”, stabilisce -per quanto qui di interesse- che la costruzione delle opere di cui all’articolo 53, comma 1 (tra cui le opere in conglomerato cementizio armato normale), deve avvenire in base ad un progetto esecutivo redatto da un tecnico abilitato, iscritto nel relativo albo, nei limiti delle proprie competenze stabilite dalle leggi sugli ordini e collegi professionali e l’esecuzione delle stesse deve aver luogo sotto la direzione di un tecnico abilitato.
217. Inoltre, l’art. 65 del predetto T.U. n. 380/2001 in relazione alle opere realizzate con materiali e sistemi costruttivi disciplinati dalle norme tecniche in vigore, dispone che, prima del loro inizio, devono essere denunciate dal costruttore allo sportello unico tramite posta elettronica certificata (PEC) e che alla denuncia dev’essere allegato il progetto dell’opera firmato dal progettista, dal quale risultino in modo chiaro ed esauriente le calcolazioni eseguite, l’ubicazione, il tipo, le dimensioni delle strutture, e quanto altro occorre per definire l’opera sia nei riguardi dell’esecuzione sia nei riguardi della conoscenza delle condizioni di sollecitazione, nonché una relazione illustrativa firmata dal progettista e dal direttore dei lavori, dalla quale risultino le caratteristiche, le qualità e le prestazioni dei materiali che verranno impiegati nella costruzione.
218. Ovviamente il complessivo quadro regolamentare non esclude la collaborazione fra professionisti, come riconoscono peraltro gli stessi ricorrenti.
219. Laddove l’intervento edilizio richieda l’esecuzione di opere in cemento armato, è quindi ben possibile affidare la progettazione e direzione dei lavori relativi a queste ultime al tecnico in grado di eseguire i calcoli necessari e di valutare i pericoli per la pubblica incolumità, affidando invece al geometra l’attività di progettazione e direzione dei lavori incentrata sugli aspetti architettonici della costruzione, purché questa possa considerarsi “modesta” alla stregua del sopra citato art. 16 r.d. n. 274 del 1929 (cfr. Cons. Stato, Sezione II, 04.09.2015, n. 2359).
220. Ma in tal caso “non si tratta, tuttavia, di assicurare la mera presenza di un ingegnere progettista delle opere in cemento armato, che controfirmi o si limiti ad eseguire i calcoli (Cass. civ., Sez. II, 02.09.2011, n. 18038)” (cfr. TAR Campania, Napoli, Sezione VIII, 26.06.2020, n. 2684 e Cons. Stato, Sezione IV, 21.02.2020, n. 1341).
221. Il professionista, che svolge la progettazione con l’uso del cemento armato, deve pertanto essere competente a progettare e deve assumersi la responsabilità del segmento del progetto complessivo riferito alle opere in cemento armato (cfr. TRGA Bolzano 13.02.2020, n. 45 con ampi richiami; TAR Lombardia, Brescia, Sezione II, 18.04.2013, n. 361, ed implicitamente TAR Marche, Ancona, 11.07.2013, n. 559), nel senso appunto che l’incarico non può essere affidato al geometra, che si avvarrà della collaborazione dell’ingegnere, ma deve essere sin dall’inizio affidato anche a quest’ultimo per la parte di sua competenza e sotto la sua responsabilità (Cass. Civ., Sezione II, 30.08.2013, n. 19989) (TRGA Trentino Alto Adige-Bolzano, sentenza 29.04.2021 n. 128 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

febbraio 2021

COMPETENZE PROGETTUALIPer consolidato intendimento, la progettazione delle opere viarie che non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati, è di pertinenza degli ingegneri, in base all'interpretazione letterale, sistematica e teleologica degli art. 51, 52 e 54, r.d. 23.10.1925, n. 2537 (Regolamento per le professioni d'ingegnere e di architetto), in quanto le ridette previsioni regolamentari sono espressamente mantenute in vigore dall'art. 1, d.p.r. n. 328 del 05.06.2001, oltre che dagli art. 16 (per gli architetti) e 46, comma 2 (per gli ingegneri iscritti alla sezione A), di cui allo stesso d.p.r..
In particolare,
   - l’art. 51 cit. prevede che “sono di spettanza della professione d'ingegnere il progetto, la condotta e la stima dei lavori per estrarre, trasformare ed utilizzare i materiali direttamente od indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le industrie, dei lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto, di deflusso e di comunicazione, alle costruzioni di ogni specie, alle macchine ed agli impianti industriali, nonché in generale alle applicazioni della fisica, i rilievi geometrici e le operazioni di estimo”; e
   - l’art. 54, ai commi 2 e 3, precisa che, mentre gli ingegneri “sono autorizzati a compiere anche le mansioni indicate nell'art. 51 del presente regolamento, eccettuate le applicazioni industriali”, le competenze dell’architetto sono espressamente escluse “per le applicazioni industriali e della fisica, nonché i lavori relativi alle vie, ai mezzi di comunicazione e di trasporto e alle opere idrauliche”.
Se, perciò, è ancora ammissibile (alla luce di una nozione estensiva di “edilizia civile”) abilitare la figura professionale dell’architetto alla sottoscrizione dei progetti relativi alla realizzazioni tecniche di carattere rigorosamente accessorio, preordinate al mero collegamento di opere edilizie alla viabilità ad esse strettamente servente, alcuna estensione si legittima in relazione alle “proposte progettuali migliorative” ovvero alle “varianti” di cui all’art. 95, comma 14, e 94, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 50/2016, che, nella loro attitudine integrativa o modificativa, sono in ogni caso accessorie all’opera viaria, e non certamente alle opere di edilizia civile.

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2.- Con il primo motivo di gravame l’appellante si duole che la sentenza impugnata abbia disatteso la propria doglianza, con la quale aveva lamentato che l’offerta tecnica della controinteressata Tr.To. s.r.l. era stata sottoscritta da un architetto, non abilitato a curare la relativa progettazione in quanto privo delle specifiche competenze richieste per il tipo di lavorazioni poste a base di gara, secondo le prescrizioni di cui al R.D. n. 2537 del 1925.
In particolare, si duole che il primo giudice –premessa una articolata (quanto irrilevante) digressione in ordine alla distinzione tra i diversi concetti di “variante” e “proposta migliorativa”– avrebbe respinto la censura sull’assunto che le modifiche progettuali affidate alla elaborazione dell’arch. Vi., incaricato dalla Tr.To. per la predisposizione della offerta tecnica, attenessero, in concreto, ad opere di carattere meramente accessorio.
2.1.- Il motivo è fondato.
Importa rammentare che il disciplinare di gara individuava, relativamente alle opere da realizzare sulla base del progetto esecutivo validato dalla stazione appaltante, le categorie OG3, classe II (inerente la “costruzione, la manutenzione o la ristrutturazione di interventi a rete che siano necessari per consentire la mobilità su gomma, ferro e aerea, qualsiasi sia il loro grado di importanza, completi di ogni opera connessa, complementare o accessoria”) e OS2, classe I (inerente la “costruzione di opere destinate a trasferire i carichi di manufatti poggianti su terreni non idonei a reggere i carichi stessi, di opere destinate a conferire ai terreni caratteristiche di resistenza e di indeformabilità tali da rendere stabili l’imposta dei manufatti e da prevenire dissesti geologici, di opere per rendere antisismiche le strutture esistenti e funzionanti”).
Lo stesso disciplinare imponeva (al punto VI) la sottoscrizione, a pena di esclusione, degli elaborati tecnici posti a corredo dell’offerta a cura di un “tecnico abilitato”, alla luce della vigente normativa.
Ciò posto, per consolidato intendimento, la progettazione delle opere viarie che non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati, è di pertinenza degli ingegneri, in base all'interpretazione letterale, sistematica e teleologica degli art. 51, 52 e 54, r.d. 23.10.1925, n. 2537 (Regolamento per le professioni d'ingegnere e di architetto), in quanto le ridette previsioni regolamentari sono espressamente mantenute in vigore dall'art. 1, d.p.r. n. 328 del 05.06.2001, oltre che dagli art. 16 (per gli architetti) e 46, comma 2 (per gli ingegneri iscritti alla sezione A), di cui allo stesso d.p.r. (cfr. Cons. Stato, sez. V, 15.12.2020, n. 8027; Id., sez. V, 17.07.2019, n. 5012).
In particolare, l’art. 51 cit. prevede che “sono di spettanza della professione d'ingegnere il progetto, la condotta e la stima dei lavori per estrarre, trasformare ed utilizzare i materiali direttamente od indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le industrie, dei lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto, di deflusso e di comunicazione, alle costruzioni di ogni specie, alle macchine ed agli impianti industriali, nonché in generale alle applicazioni della fisica, i rilievi geometrici e le operazioni di estimo”; e l’art. 54, ai commi 2 e 3, precisa che, mentre gli ingegneri “sono autorizzati a compiere anche le mansioni indicate nell'art. 51 del presente regolamento, eccettuate le applicazioni industriali”, le competenze dell’architetto sono espressamente escluse “per le applicazioni industriali e della fisica, nonché i lavori relativi alle vie, ai mezzi di comunicazione e di trasporto e alle opere idrauliche”.
Se, perciò, è ancora ammissibile (alla luce di una nozione estensiva di “edilizia civile”) abilitare la figura professionale dell’architetto alla sottoscrizione dei progetti relativi alla realizzazioni tecniche di carattere rigorosamente accessorio, preordinate al mero collegamento di opere edilizie alla viabilità ad esse strettamente servente (cfr. Cons. Stato, sez. II, 12.03.2015, n. 1692/12 e Id., sez. VI, 15.03.2013, n. 1550), alcuna estensione si legittima in relazione alle “proposte progettuali migliorative” ovvero alle “varianti” di cui all’art. 95, comma 14, e 94, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 50/2016, che, nella loro attitudine integrativa o modificativa, sono in ogni caso accessorie all’opera viaria, e non certamente alle opere di edilizia civile (cfr., in termini, Cons. Stato, sez. V, 15.12.2020, n. 8027; Id., sez. V, 20.11.2018, n. 6552).
Nel caso di specie l’integrazione dell’offerta tecnica, operata da parte appellata ed affidata all’architetto Vi., è consistita:
   a) per un verso nella “rimodulazione della progettazione della strada in ragione degli scavi e delle sezioni reali terreno-roccia”, nonché nella “nuova progettazione degli scavi in riferimento alle indagini geognostiche effettuate in sito […] per i micropali a supporto dei muri di contenimento previsti in progetto a base di appalto” (considerati inutili in quanto “tutti i muri poggia[va]no sulla roccia”;
   b) per altro verso, nella “realizzazione dei muri perimetrali alla strada secondo la nuova progettazione”, con l’installazione di “gabbionature rinverdite alla sommità delle scarpate”.
Si tratta, con ogni evidenza –di là dal non rilevante distinguo che ha erroneamente orientato l’apprezzamento del primo giudice– di attività riservata, alla luce della richiamata normativa, alla figura professionale dell’ingegnere: il che è, di per sé, sufficiente a giustificare, in accoglimento del formulato motivo di doglianza e con assorbimento degli ulteriori motivi formulati, l’estromissione dell’aggiudicataria dalla procedura, con conseguente annullamento della disposta aggiudicazione a suo favore (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 11.02.2021 n. 1255 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

gennaio 2021

COMPETENZE PROGETTUALIPer un verso, a norma dell'art. 16, lett. m), del r.d. 11.02.1929, n. 274 (che non è stato modificato dalla legge n. 1068 del 1971), la competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l'adozione -anche parziale- di strutture in cemento armato, mentre, in via d'eccezione, si estende anche a queste strutture, a norma della lett. l) del medesimo articolo, solo con riguardo alle piccole costruzioni accessorie nell'ambito degli edifici rurali o destinati alle industrie agricole che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone, essendo riservata agli ingegneri la competenza per le costruzioni civili, anche modeste, che adottino strutture in cemento armato.
Con la conseguenza che la progettazione e la direzione di opere da parte di un geometra in materia riservata alla competenza professionale degli ingegneri o degli architetti sono illegittime, a nulla rilevando in proposito che un progetto redatto da un geometra sia controfirmato o vistato da un ingegnere ovvero che un ingegnere esegua i calcoli in cemento armato, atteso che il professionista competente deve essere altresì titolare della progettazione, trattandosi di competenze inderogabilmente da affidare dal committente al professionista abilitato secondo il proprio statuto professionale, sul quale gravano le relative responsabilità.
E con la conseguenza ulteriore che, qualora il rapporto professionale abbia avuto ad oggetto una costruzione per civili abitazioni, è affetto da nullità il contratto anche relativamente alla direzione dei lavori affidata a un geometra, quando la progettazione -richiedendo l'adozione anche parziale dei calcoli in cemento armato- sia riservata alla competenza degli ingegneri.
Evidentemente, alla luce dell'insegnamento testé riferito a nulla vale che si adduca che all'ingegnere contestualmente officiato è stato conferito l'incarico di provvedere alle progettazioni strutturali e che ad egli ricorrente è stato conferito l'incarico di occuparsi dell'aspetto architettonico e della direzione dei lavori.
Per altro verso, il contratto di progettazione e direzione dei lavori relativo a costruzioni civili che adottino strutture in cemento armato, stipulato da un geometra anteriormente all'abrogazione -ad opera del d.lgs. 13.12.2010, n. 212- del r.d. 16.11.1939, n. 2229 è nullo in quanto contrario a norme imperative.
Invero, la menzionata abrogazione, comportando l'introduzione di una disciplina innovativa e non già interpretativa della normativa previgente, non ha prodotto effetti retroattivi idonei ad incidere sulla qualificazione degli atti compiuti prima della sua entrata in vigore e non ha, dunque, influito sulla invalidità del contratto, regolata dalla legge del tempo in cui lo stesso è stato concluso.
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19. In tal guisa si osserva quanto segue.
Da un canto, nessuna delle figure di "anomalia motivazionale" destinate ad acquisire significato alla stregua della pronuncia delle sezioni unite testé menzionata -e tra le quali non è annoverabile il semplice difetto di "sufficienza" della motivazione- si scorge in relazione alle motivazioni cui la corte siciliana ha ancorato il suo dictum.
In particolare, con riferimento al paradigma della motivazione "apparente" -che ricorre allorquando il giudice di merito non procede ad una approfondita disamina logico-giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito (cfr. Cass. 21.07.2006, n. 16672)- la corte d'appello ha compiutamente ed intellegibilmente esplicitato il proprio iter argomentativo.
Più esattamente ha esplicitato che la struttura progettata -un piano di lottizzazione con la previsione di realizzazione di tre corpi di fabbrica in cemento armato di quaranta unità immobiliari- non poteva certo definirsi "modesta costruzione civile", in quanto postulante calcoli complessi e la soluzione di problematiche estranee, per definizione, alla competenza di un geometra. Ed ha soggiunto che l'invalidità dell'incarico professionale non era esclusa dalla presenza collaborativa di un ingegnere; segnatamente che l'invalidità del progetto redatto e presentato dal geometra La Ro. non era superata dalla circostanza per cui un ingegnere avesse effettuato e sottoscritto i calcoli strutturali e diretto i lavori relativi alle strutture in cemento armato.
D'altro canto, la corte di merito di certo non ha omesso la disamina del fatto controverso de quo agitur.
20. In ogni caso l'iter motivazionale che sorregge il dictum del secondo giudice risulta in toto ineccepibile sul piano della correttezza giuridica (tanto con precipuo riferimento al dedotto carattere flessibile del parametro legislativo espresso dalla locuzione "modesta costruzione civile": cfr. ricorso, pag. 10).
21. E' sufficiente ribadire gli insegnamenti di questa Corte.
21.1. Per un verso, l'insegnamento -menzionato pur dalla corte distrettuale- a tenor del quale, a norma dell'art. 16, lett. m), del r.d. 11.02.1929, n. 274 (che non è stato modificato dalla legge n. 1068 del 1971), la competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l'adozione -anche parziale- di strutture in cemento armato, mentre, in via d'eccezione, si estende anche a queste strutture, a norma della lett. l) del medesimo articolo, solo con riguardo alle piccole costruzioni accessorie nell'ambito degli edifici rurali o destinati alle industrie agricole [il che non è nella fattispecie di cui al presente ricorso] che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone, essendo riservata agli ingegneri la competenza per le costruzioni civili, anche modeste, che adottino strutture in cemento armato; con la conseguenza che la progettazione e la direzione di opere da parte di un geometra in materia riservata alla competenza professionale degli ingegneri o degli architetti sono illegittime, a nulla rilevando in proposito che un progetto redatto da un geometra sia controfirmato o vistato da un ingegnere ovvero che un ingegnere esegua i calcoli in cemento armato, atteso che il professionista competente deve essere altresì titolare della progettazione, trattandosi di competenze inderogabilmente da affidare dal committente al professionista abilitato secondo il proprio statuto professionale, sul quale gravano le relative responsabilità; e con la conseguenza ulteriore che, qualora il rapporto professionale abbia avuto ad oggetto una costruzione per civili abitazioni, è affetto da nullità il contratto anche relativamente alla direzione dei lavori affidata a un geometra, quando la progettazione -richiedendo l'adozione anche parziale dei calcoli in cemento armato- sia riservata alla competenza degli ingegneri (cfr. Cass. 26.07.2006, n. 17028).
Evidentemente, alla luce dell'insegnamento testé riferito a nulla vale che An. La Ro. adduca che all'ingegnere contestualmente officiato è stato conferito l'incarico di provvedere alle progettazioni strutturali e che ad egli ricorrente è stato conferito l'incarico di occuparsi dell'aspetto architettonico e della direzione dei lavori (cfr. ricorso, pagg. 11-12).
21.2. Per altro verso, l'insegnamento a tenor del quale il contratto di progettazione e direzione dei lavori relativo a costruzioni civili che adottino strutture in cemento armato, stipulato da un geometra anteriormente all'abrogazione -ad opera del d.lgs. 13.12.2010, n. 212- del r.d. 16.11.1939, n. 2229 [è il caso oggetto del presente ricorso], è nullo in quanto contrario a norme imperative; invero, la menzionata abrogazione, comportando l'introduzione di una disciplina innovativa e non già interpretativa della normativa previgente, non ha prodotto effetti retroattivi idonei ad incidere sulla qualificazione degli atti compiuti prima della sua entrata in vigore e non ha, dunque, influito sulla invalidità del contratto, regolata dalla legge del tempo in cui lo stesso è stato concluso (cfr. Cass. 30.8.2013, n. 19989; Cass. (ord.) 12.11.2019, n. 29227) (Corte di Cassazione, Sez. II civile, ordinanza 08.01.2021 n. 100).

COMPETENZE PROGETTUALILa competenza del Geometra è ben delineata dall’art. 16 del RD n. 274/1929, che consente a quest’ultimo, tra le altre attività, alle lett. l) ed m):
   l) progetto, direzione, sorveglianza e liquidazione di costruzioni rurali e di edifici per uso d'industrie agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone; nonché di piccole opere inerenti alle aziende agrarie, come strade vicinali senza rilevanti opere d'arte, lavori d'irrigazione e di bonifica, provvista d'acqua per le stesse aziende e riparto della spesa per opere consorziali relative, esclusa, comunque, la redazione di progetti generali di bonifica idraulica ed agraria e relativa direzione;
   m) progetto, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili.
Tenendo conto che il rilievo del riparto di competenze tra categorie di professionisti è di stretta interpretazione, in quanto rileva al punto di comportare, in caso di violazione, la nullità del contratto di affidamento di un incarico professionale di competenza di Architetti ed Ingegneri ad un Geometra, ha chiarito la giurisprudenza che “i geometri non sono abilitati a redigere progetti di massima ove riguardanti costruzioni in cemento armato, fuori dalle ipotesi eccezionalmente consentite dalla lett. l), risponde ad evidenti ragioni di pubblico interesse … lascia all'interprete ristretti margini di discrezionalità, attinenti alla valutazione dei requisiti della modestia della costruzione, della non necessità di complesse operazioni di calcolo e dell'assenza di implicazioni per la pubblica incolumità, indicando, invece, un preciso requisito, ovverosia la natura di annesso agricolo dei manufatti.
Ne consegue l'inammissibilità di un'interpretazione estensiva o evolutiva di tale disposizione, che, in quanto norma eccezionale, non si presta ad applicazione analogica, non potendosi pervenire ad una diversa conclusione neppure in virtù delle norme -art. 2 della l. n. 1086 del 1971 e art. 17 della l. n. 64 del 1974- che disciplinano le costruzioni in cemento armato e quelle in zone sismiche, in quanto le stesse richiamano i limiti delle competenze professionali stabiliti per i geometri dalla vigente normativa professionale”.
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L
a lett. “m”, art. 16, del RD n. 274/1929 consente le prestazioni professionali di progettazione e direzione lavori di “modeste costruzioni civili”, rimandando ad una indagine che va condotta caso per caso.
In tal senso, non è possibile predeterminare in via generale ed astratta quando una costruzione civile possa qualificarsi come “modesta” (ponendosi come mero criterio orientativo, non vincolante, le diverse eventuali determinazioni generali emanate dagli Ordini come quello degli Architetti, invocata da parte ricorrente, ai fini della predeterminazione di criteri planovolumetrici per individuare le costruzioni “modeste”) dovendosi fare riferimento all’interesse protetto dalla norma, che riconnette l’ambito prestazionale al grado di preparazione tecnica che la specifica figura professionale presuppone (e che è resto anche palese dall’interpretazione sistematica della disposizione di cui all’art. 16 cit., ossia in relazione comparativa con le altre competenze elencate nell’articolo in esame).
In tal senso, va condiviso quell’orientamento secondo il quale tale competenza presuppone la non necessità di complesse operazioni di calcolo e l'assenza di implicazioni per la pubblica incolumità: si veda a tal proposito, la più recente giurisprudenza secondo la quale il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta, e quindi, se la sua progettazione rientri nella competenza professionale dei geometri, ai sensi dell'art. 16, lett. m), r.d. n. 274/1929, consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e l'esecuzione dell'opera comportano e le capacità occorrenti per superarle; a questo fine, mentre non è decisivo il mancato uso del cemento armato, assume significativa rilevanza il fatto che la costruzione sorga in zona sismica, con conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa di cui alla l. n. 64/1974, la quale impone calcoli complessi che esulano dalle competenze professionali dei geometri.
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Espone parte ricorrente che in data 31.07.2014, veniva presentata al Comune intimato una DIA relativa alla ristrutturazione di un immobile, per il tramite di professionista incaricato, in persona del Geometra Se.Ma..
Riferisce che la DIA (nr. di protocollo 11562), aveva ad oggetto i seguenti interventi:
   - rimozione di tutti gli infissi e posa in opera di nuovi infissi di dimensioni, forma e aspetto architettonico uguale a quella degli esistenti;
   - scala esterna: sostituzione di alzate e pedata con lastre in pietra da taglio travertino, demolizione dell’attuale parapetto e delle colonnine in muratura e loro sostituzione con ringhiera in ferro a disegni lineari conformi alla linea architettonica dell’immobile;
   - rimozione delle parti d’intonaco instabili o deteriorate e rifacimento degli intonaci asportati;
   - tinteggiatura con materiali idonei a colori uguali a quelli applicati negli edifici del centro urbano in cui l’immobile insiste.
Il Geometra Ma., iscritto al relativo Albo di Roma dal 30.09.1965, assumeva le funzioni di Progettista e Direttore dei lavori ed allegava alla DIA, tra le altre documentazioni necessarie, anche la relazione tecnica di asseverazione, nella quale lo stesso precisava che “le opere non interessano la statica dell’edificio”.
Con provvedimento prot. 16468 del 31.10.2014, il Comune rilasciava l’autorizzazione paesaggistica.
Il 10.03.2015, la SITAS –Direzione Regionale Infrastrutture, Ambiente e Politiche Abitative– acquisiva la richiesta di autorizzazione ex artt. 93 e 94 del DPR n. 380/2001 presentata dal Geometra Ma. avente ad oggetto i lavori di manutenzione straordinaria dell’immobile dei committenti (che assumeva prot. 133561/2015 e posizione n. 27885).
Alla predetta istanza il Geom. Ma. allegava, tra gli altri, la Relazione tecnica amministrativa nella quale evidenziava gli interventi tecnico manutentivi da eseguirsi, consistenti nella “sostituzione delle strutture ammalorate di copertura del fabbricato costituite da capriate e correnti in legno massiccio e sovrastante tavolato e manto di tegole in laterizio. Le nuove capriate realizzate in legno lamellare saranno posizione con i medesimi interessi di quelle esistenti e lo schema statico rispetto alle condizioni ante operam resterà invariato…il tipo di intervento non implica sostanziali modifiche al comportamento strutturale dell’edificio rispetto alla configurazione ante operam”.
Il Piano di manutenzione, pure allegato, specificava che gli interventi riguardavano una singola parte della struttura, interessando una porzione limitata del fabbricato e che il progetto e le relative verifiche sarebbero state riferite solo alle parti interessate, non comportando l’intervento modifiche al comportamento strutturale dell’edificio; tale precisazione veniva replicata anche nella Relazione geotecnica.
Il 17.03.2015, con provvedimento n. 3935, notificato alla committenza il 18 marzo (atto impugnato), il Comune ordinava la sospensione dei lavori, asserendo che il Geometra Ma. “non è competente a svolgere l’incarico di progettista delle strutture nonché ad assumere la relativa direzione dei lavori, in quanto è un tecnico diplomato”. La presenza di un tecnico non competente, secondo il provvedimento impugnato, rendeva “inefficace la pratica strutturale” e imponeva la sospensione dei lavori.
Il Geometra Ma. replicava a tale provvedimento contestandone il contenuto (nota del 19.03.2015) e specificando che le opere previste consistevano nella rimozione di un tetto con strutture in legno e ripristino con medesimi materiali, senza strutture né solai in cemento armato richiedenti competenze particolari di calcoli statici, salvo un cordolo perimetrale per il consolidamento delle murature e la distribuzione uniforme dei carichi sulle murature stesse, per il quale non era necessario eseguire calcoli statici complessi.
Nonostante tali precisazioni, il Comune (nella persona del responsabile del procedimento, Architetto Al.Ol.) con determina 4278 del 24.03.2015, disponeva circa l’inefficacia della SCIA del 31.07.2014 prot. 11562, affermando che il Geometra Ma. era privo di competenze in ordine alle opere strutturali in cemento armato e non.
Precisava il Comune che “mentre non è decisivo il mancato uso del cemento armato…assume significativa rilevanza il fatto che la costruzione sorge in zona sismica, e precisamente in zona classificata 3°, con conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa di cui alla legge 02.02.1974, n. 64, la quale impone calcoli complessi che esulano dalle competenze dei geometri”, concludendo che la committenza ed il professionista erano diffidati dalla prosecuzione dei lavori strutturali fino alla nomina di un nuovo tecnico abilitato iscritto presso i rispettivi ordini professionali (ingegneri o architetti).
La committenza annullava la pratica e conferiva un nuovo incarico professionale ad altro tecnico, iscritto presso l’Ordine degli Ingegneri, che ripresentava, a proprio nome, la richiesta di autorizzazione ex artt. 93 e 94 del DPR 380/2001.
Il Geom. Ma., intanto, notiziava dell’accaduto il proprio ordine di appartenenza.
Il Consiglio Nazionale dei Geometri e dei Geometri Laureati emanava un apposito parere in data 30.04.2015, prot. 4879.
Il 15.05.2015, l’Ingegnere subentrato nella pratica della committenza nella pratica edilizia di cui si discute, elaborava la relazione tecnica, sul particolare del cordolo in cemento armato.
Parte ricorrente si sofferma poi sulla posizione del Responsabile del procedimento, che avrebbe agito in conflitto di interessi in quanto Architetto, Consigliere del Consiglio dell’Ordine degli Architetti PPC di Roma (per il quadriennio 2013-2017) ex Segretario del medesimo Consiglio nella precedente consiliatura ed, ancora, Consigliere in quella precedente ancora; avrebbe inoltre espresso una posizione contraria al riconoscimento di competenze professionali dei Geometri in diversi scritti e contributi pubblici (meglio indicati in atti).
Sulla base di tali presupposti, il Collegio ricorrente impugna gli atti elencati chiedendone l’annullamento per le seguenti ragioni di censura.
...
Nel merito delle altre censure, si osserva che la competenza del Geometra è ben delineata dall’art. 16 del RD n. 274/1929, che consente a quest’ultimo, tra le altre attività, alle lett. l) ed m):
   l) progetto, direzione, sorveglianza e liquidazione di costruzioni rurali e di edifici per uso d'industrie agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone; nonché di piccole opere inerenti alle aziende agrarie, come strade vicinali senza rilevanti opere d'arte, lavori d'irrigazione e di bonifica, provvista d'acqua per le stesse aziende e riparto della spesa per opere consorziali relative, esclusa, comunque, la redazione di progetti generali di bonifica idraulica ed agraria e relativa direzione;
   m) progetto, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili.
Tenendo conto che il rilievo del riparto di competenze tra categorie di professionisti è di stretta interpretazione, in quanto rileva al punto di comportare, in caso di violazione, la nullità del contratto di affidamento di un incarico professionale di competenza di Architetti ed Ingegneri ad un Geometra (Corte d’Appello, Firenze, 09/06/2020, n. 1066; Cassazione civile, sez. II, 29/07/2019, n. 20438; Cassazione civile, sez. II, 24/01/2019, n. 2038), ha chiarito la giurisprudenza che “i geometri non sono abilitati a redigere progetti di massima ove riguardanti costruzioni in cemento armato, fuori dalle ipotesi eccezionalmente consentite dalla lett. l), risponde ad evidenti ragioni di pubblico interesse … lascia all'interprete ristretti margini di discrezionalità, attinenti alla valutazione dei requisiti della modestia della costruzione, della non necessità di complesse operazioni di calcolo e dell'assenza di implicazioni per la pubblica incolumità, indicando, invece, un preciso requisito, ovverosia la natura di annesso agricolo dei manufatti. Ne consegue l'inammissibilità di un'interpretazione estensiva o evolutiva di tale disposizione, che, in quanto norma eccezionale, non si presta ad applicazione analogica, non potendosi pervenire ad una diversa conclusione neppure in virtù delle norme -art. 2 della l. n. 1086 del 1971 e art. 17 della l. n. 64 del 1974- che disciplinano le costruzioni in cemento armato e quelle in zone sismiche, in quanto le stesse richiamano i limiti delle competenze professionali stabiliti per i geometri dalla vigente normativa professionale” Cassazione civile, sez. II, 12/11/2019, n. 29235; cfr. anche Cassazione civile , sez. II , 12/11/2019 , n. 29227; per la giurisprudenza amministrativa, cfr. TAR, Napoli, sez. VIII, 23/08/2016, n. 409; Consiglio di Stato, sez. V, 23/02/2015, n. 883).
Posto che l’ambito dell’art. 16 lett. “l” citata non trova applicazione al caso odierno (non vertendosi in ordine a realizzazione di costruzioni agricole), la lett. “m” consente le prestazioni professionali di progettazione e direzione lavori di “modeste costruzioni civili”, rimandando ad una indagine che va condotta caso per caso.
In tal senso, non è possibile predeterminare in via generale ed astratta quando una costruzione civile possa qualificarsi come “modesta” (ponendosi come mero criterio orientativo, non vincolante, le diverse eventuali determinazioni generali emanate dagli Ordini come quello degli Architetti, invocata da parte ricorrente, ai fini della predeterminazione di criteri planovolumetrici per individuare le costruzioni “modeste”) dovendosi fare riferimento all’interesse protetto dalla norma, che riconnette l’ambito prestazionale al grado di preparazione tecnica che la specifica figura professionale presuppone (e che è resto anche palese dall’interpretazione sistematica della disposizione di cui all’art. 16 cit., ossia in relazione comparativa con le altre competenze elencate nell’articolo in esame).
In tal senso, va condiviso quell’orientamento secondo il quale tale competenza presuppone la non necessità di complesse operazioni di calcolo e l'assenza di implicazioni per la pubblica incolumità: si veda a tal proposito, la più recente giurisprudenza (Cassazione civile, sez. II, 07/02/2020, n. 2913) secondo la quale il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta, e quindi, se la sua progettazione rientri nella competenza professionale dei geometri, ai sensi dell'art. 16, lett. m), r.d. n. 274/1929, consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e l'esecuzione dell'opera comportano e le capacità occorrenti per superarle; a questo fine, mentre non è decisivo il mancato uso del cemento armato, assume significativa rilevanza il fatto che la costruzione sorga in zona sismica, con conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa di cui alla l. n. 64/1974, la quale impone calcoli complessi che esulano dalle competenze professionali dei geometri (orientamento puntualmente ripreso dalla motivazione del provvedimento impugnato che vi si è uniformato).
Sebbene l’indagine vada quindi condotta caso per caso (come deduce parte ricorrente) presupponendosi una specifica motivazione, quest’ultima esigenza non può essere assolta (e scrutinata) in via meramente formale, ovvero avendo riguardo al solo testo dell’atto impugnato, bensì deve aversi riguardo all’assetto di interessi sostanziale dedotto in giudizio.
Nel caso di specie, il provvedimento impugnato conferisce piana applicazione al criterio appena indicato e la correttezza di tale determinazione trova conferma nella relazione tecnica depositata dal professionista che ha sostituito il Geometra originariamente incaricato e nella deduzione difensiva dell’Ente locale che si è succintamente richiamata in premessa.
Nel caso di specie, infatti, il cordolo in calcestruzzo armato era previsto per il consolidamento delle murature e la distribuzione uniforme dei carichi su di esse; esigenza coerente con la necessaria relazione statica e strutturale che intercorre tra le murature e la copertura, quest’ultima oggetto di sostituzione.
Deve altresì precisarsi che erroneamente parte ricorrente vorrebbe ricondurre l’intervento edilizio –per quanto riguarda i fini dell’accertamento della sua corrispondenza alle competenze del Geometra– entro i limiti di una attività di mera manutenzione, con esclusione di calcoli complessi: invero, la nozione di “modesta costruzione” di cui all’art. 16, lett. “m” RD 274/1929 non è volta a definire (soltanto) i limiti dell’operazione edilizia in sé stessa, bensì ad individuare (anche) l’oggetto di quest’ultima: la norma identifica l’organismo edilizio entro il quale l’intervento (anche se “locale”) si inserisce, per la ragione che quest’ultimo può comunque interferire con le strutture ed implicare rischi per la pubblica incolumità o calcoli complessi (come peraltro si presume in zona sismica).
Nel caso di specie, come puntualmente chiarito dalla difesa dell’Ente, il titolo edilizio aveva ad oggetto un intervento non meramente “locale” nel senso descritto da parte ricorrente (ovvero limitato alla sostituzione di uno o più elementi della struttura dell’edificio), ma si inseriva in una “struttura portante in muratura ordinaria (spessore di cm 50) adibito ad abitazione civile, di tre piani, di cui uno seminterrato e due fuori terra (altezza massima dell’interpiano m, 3); di configurazione plano volumetrica regolare in pianta e in elevazione; del quale la consistenza della superficie è di mq 52,40 per piano; del quale il volume complessivo … è di mc 453,20 mentre dei due lati fuori terra è di soli mc 306,54; di cui l’altezza dei due piani fuori terra ammonta a ml 5,85”, sostituendone la copertura e quindi alterandone la struttura originaria, peraltro con materiali eterogenei rispetto a quelli originari e quindi potenzialmente soggetti a diverse risposte alle sollecitazioni sismiche.
Se ne deduce che correttamente si è ritenuta essenziale, ai fini del progetto e della sua esecuzione, la verifica della sostituzione della copertura e la funzione del cordolo in cemento armato.
Per tali ragioni, dunque, il ricorso non può trovare accoglimento e va respinto, sebbene con giuste ragioni per disporre la piena compensazione delle spese di lite tra le parti, avendo riguardo alla natura collettiva degli interessi a tutela dei quali si sono confrontate le parti del giudizio (TAR Lazio-Roma, Sez. II-bis, sentenza 07.01.2021 n. 220 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

dicembre 2020

COMPETENZE PROGETTUALILe proposte migliorative sottoscritte dall’architetto redattore, per quanto estremamente limitate, sono tutte inerenti a interventi di tipo impiantistico o di bonifica: in quanto tali esse rientrano nella competenza esclusiva di un ingegnere abilitato, e non possono rientrare anche nella competenza di un architetto abilitato, secondo quanto stabilito dal R.D. 23.10.1925, n. 2537 Regolamento per le professioni di ingegnere ed architetto.
Sicché, merita piena condivisione l’assunto della sentenza di prime cure secondo cui nel caso di interventi di carattere non edilizio, quali erano quelli di cui all’offerta migliorativa dell’a.t.i. aggiudicataria, la proposta doveva essere sottoscritta da un ingegnere, unico tecnico a ciò abilitato, non potendo la lex specialis derogare al riparto di competenze, fissato dalle norme, delle figure professionali dell’architetto e dell’ingegnere.
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13.5. Come esposto in fatto, la Sezione, considerato che la soluzione di tali aspetti controversi richiedesse l’apporto di specifiche cognizioni tecniche e specialistiche, ha disposto una verificazione al fine di accertare in concreto quale fosse il contenuto delle proposte migliorative, demandando al verificatore nominato di evidenziare “se e quali delle proposte migliorative sottoscritte dall’architetto redattore si debbano ritenere inerenti a interventi di tipo impiantistico o di bonifica e, in caso positivo, se esse rientrino nella competenza esclusiva dell’ingegnere abilitato ovvero se possano rientrare anche nella competenza dell’architetto abilitato”.
Ed infatti, considerato che, come bene rilevato dal primo giudice, il bando non conteneva alcun vincolo specifico quanto alla categoria di appartenenza dei tecnici di cui le imprese concorrenti si sarebbero dovute avvalere per la presentazione delle offerte tecniche, il Collegio ha ritenuto dirimente ai fini della decisione dell’appello la delibazione in concreto delle proposte migliorative presentate dall’aggiudicataria, al fine di individuare quali avrebbero dovuto essere le competenze del tecnico redattore e quale la categoria professionale di appartenenza.
Ciò in quanto, se è vero che il disciplinare consentiva la sottoscrizione da parte di un tecnico abilitato (ingegnere o architetto), tuttavia un tale riferimento non può che riferirsi al contenuto dell’offerta migliorativa concretamente proposta.
13.6. In risposta ai quesiti formulati dal Collegio, la relazione di verificazione depositata in atti, premesse talune considerazioni di carattere generale sulla discarica controllata (la cui progettazione è “tipicamente una progettazione impiantistica dei sistemi di drenaggio e captazione”), ha evidenziato che, come desumibile dal titolo dell’intervento a base di gara e dalla categoria prevalente dei lavori (OG12 - opere ed impianti di bonifica e protezione ambientale), nonché dal Bando e Disciplinare di gara (art. 11.2. ove si legge che “nell’attribuzione del previsto punteggio saranno favorevolmente valutate le soluzioni che tendono ad incrementare i livelli prestazionali attesi dei vari interventi di bonifica previsti nel progetto a base di gara”), il progetto di cui trattasi non può che essere considerato un intervento di tipo impiantistico o di bonifica: tale è dunque anche il progetto migliorativo presentato da tutti i partecipanti alla gara.
D’altro canto anche le lavorazioni accessorie (categorie scorporabili) non possono considerarsi di tipo edilizio, appartenendo alle categorie OS21 -opere strutturali speciali- e OG8 -opere fluviali, di difesa, di sistemazione idraulica e di bonifica.
13.7. Procedendo quindi ad analizzare la specifica offerta migliorativa dell’a.t.i. La Ca., il verificatore ha rilevato come nella stessa si legge testualmente che “particolare attenzione è stata posta ai sistemi di drenaggio, regimazione e collettamento delle acque e di captazione e dispersione del biogas, migliorando tutti gli aspetti possibili”, non lasciando perciò adito a dubbi sul fatto che si tratti di interventi impiantistici o di bonifica. Del resto, gli stessi estensori della proposta migliorativa definivano come impiantistici un’intera serie di interventi migliorativi (specificamente indicati nella relazione di verificazione: cfr. pag. 6).
Quanto poi ai c.d. interventi accessori la mera presenza, accanto a quelli tipicamente impiantistici o infrastrutturali e di bonifica (come quelli relativi alla messa in sicurezza permanente della discarica), anche di interventi di tipo edilizio, non consente di superare il rilievo per cui la progettazione, nel suo complesso e considerati tutti gli elementi e le componenti che ne costituiscono oggetto, è una progettazione di tipo impiantistico o di bonifica.
A conferma ulteriore di ciò, il verificatore ha accertato, nell’analizzare il progetto migliorativo risultante dalle tavole a firma dell’architetto e dal computo metrico estimativo, la presenza di varianti migliorative (“relative a modifiche dei diametri e dei materiali adoperati per le condotte”), comportanti, per quanto di modesta entità, un diverso regime idraulico all’interno della tubazione.
Tali interventi migliorativi, come pure quelli relativi al sistema di impermeabilizzazione, dovevano essere necessariamente sottoposti a verifica e a specifici calcoli progettuali: si infrange così l’assunto dell’a.t.i. appellante sulla natura di mera fornitura degli interventi impiantistici di cui alla proposta migliorativa, sul rilievo per cui non potrebbero comunque essere considerati accettabili unicamente i calcoli progettuali effettuati dai fornitori dei materiali, perché riferiti sempre a condizioni di esercizio standard, normalmente diverse da quelle che si realizzano, di volta in volta, nei vari interventi realizzativi.
13.8. A tale riguardo, nelle note in vista dell’udienza di discussione l’appellante riconosce che, nella redazione della proposta migliorativa, il professionista incaricato si sarebbe astenuto totalmente dalla redazione dei calcoli specialistici, limitandosi ad effettuare una mera attività di composizione funzionale delle diverse sezioni tecnologiche e attrezzature, progettate e realizzate direttamente dai costruttori delle stesse: tuttavia, da ciò non sarebbe potuto derivare l’esclusione dell’offerta migliorativa dell’a.t.i. La Ca., ma al più la mancata attribuzione di alcun punteggio in relazione alle prestazioni offerte, ma non verificate mediante effettuazione di calcoli specialistici.
L’assunto non ha pregio.
Contrariamente a quanto sostenuto da parte appellante, il verificatore nominato non si è limitato ad accertare la mancanza dei predetti calcoli, ma ha espressamente auspicato (evidenziandone così la necessità) che gli interventi migliorativi in parola, essenziali alla realizzazione della discarica e della bonifica oggetto dell’appalto da affidarsi, fossero stati sottoposti a verifica e a calcoli adeguati da parte del redattore del progetto migliorativo.
Le conseguenze che derivavano da tale carenza non possono dunque essere quelle indicate da parte appellante: a maggior ragione, in difetto dei calcoli progettuali, la proposta migliorativa non solo non meritava alcun punteggio, ma non poteva, infatti, essere oggetto di alcuna considerazione e valutazione da parte della Commissione esaminatrice, risultando tamquam non esset.
13.9. Su queste basi, il verificatore nominato ha concluso che le proposte migliorative sottoscritte dall’architetto redattore, per quanto estremamente limitate, sono tutte inerenti a interventi di tipo impiantistico o di bonifica: in quanto tali esse rientrano nella competenza esclusiva di un ingegnere abilitato, e non possono rientrare anche nella competenza di un architetto abilitato, secondo quanto stabilito dal R.D. 23.10.1925, n. 2537 Regolamento per le professioni di ingegnere ed architetto.
14. Alla luce degli approfondimenti istruttori disposti da questo Consiglio di Stato, merita dunque piena condivisione l’assunto della sentenza di prime cure secondo cui nel caso di interventi di carattere non edilizio, quali erano quelli di cui all’offerta migliorativa dell’a.t.i. aggiudicataria, la proposta doveva essere sottoscritta da un ingegnere, unico tecnico a ciò abilitato, non potendo la lex specialis derogare al riparto di competenze, fissato dalle norme, delle figure professionali dell’architetto e dell’ingegnere.
15. In conclusione, per le su esposte ragioni, l’appello va respinto e la sentenza impugnata deve essere integralmente confermata, con assorbimento degli altri motivi di censura non esaminati dal giudice di primo grado e qui riproposti ex art. 101, comma 2, Cod. proc. amm. dall’appellata (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 15.12.2020 n. 8027 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ottobre 2020

COMPETENZE PROGETTUALILe opere proposte (“modifica di alcune finestre e di taluni balconi siti al primo piano, alla realizzazione di una scala interna ed alla sostituzione di quella esterna”) non possono essere ascritte –sia per la loro natura, sia per l’oggettiva inerenza a profili di staticità e sicurezza– al novero delle “modeste costruzioni civili” che suffragano, quale competenza sufficiente per l’attività di progettazione, quella dei geometri ai sensi del R.D. 214/1929.
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Con ricorso ritualmente proposto il sig. Sa.Mo. ha impugnato e chiesto l’annullamento della disposizione dirigenziale n. 474 del 23.03.2017, con la quale il Servizio Sportello Unico Edilizia Privata, Direzione Centrale Pianificazione e Gestione del Territorio, ha rigettato la richiesta di rilascio di un permesso di costruire, ex art. 4 della legge regionale 19/2009 (c.d. Piano Casa), avente ad oggetto l’ampliamento volumetrico di un immobile sito in Napoli, alla Strada ... n. 27/b.
L’immobile oggetto del contendere, classificato in zona B (agglomerati urbani di recente formazione, sottozona Bb), è “individuato tra le attrezzature pubbliche come tra le attrezzature di quartiere”; in più, risulta azzonato in ambito territoriale “destinato a istruzione, interesse comune, parcheggi”.
Il ricorrente ha proposto di realizzare una “sopraelevazione ad un manufatto esistente composto da due piani fuori terra”: un intervento che per il Comune “non è compatibile con la specifica previsione del Prg”, oltre al fatto che “per la complessità dei calcoli strutturali e per le implicazioni che deriverebbero da un maggior carico sulle strutture esistenti è riservata solo agli ingegneri ed architetti iscritti nei relativi albi professionali”.
A fondamento del ricorso sono stati proposti i seguenti motivi:
1°) Difetto d’istruttoria e di motivazione; eccesso di potere per contraddittorietà; violazione dell’art. 4 della legge regionale 19/2009, dell’art. 9 del DPR 327/2001 e dell’art. 2 della legge 1187/1968.
   Il ricorrente ha evidenziato che il fabbricato in questione avrebbe conservato la propria destinazione iniziale, risultante dell’originario titolo abilitativo edilizio, in quanto impressa prima dell’adozione della variante generale al PRG della Città di Napoli: destinazione che resterebbe immutata per effetto del regime derogatorio introdotto dall’art. 4 della legge regionale 19/2009.
2°) Eccesso di potere per difetto d’istruttoria e violazione della legge 144/1949.
   Il ricorrente ha contestato la preclusione della competenza del geometra, sottolineando la necessità di scindere le attività progettuali.
...
Infondato è, altresì, il secondo motivo, dovendosi ritenere che le opere proposte (“modifica di alcune finestre e di taluni balconi siti al primo piano, alla realizzazione di una scala interna ed alla sostituzione di quella esterna”) non possono essere ascritte –sia per la loro natura, sia per l’oggettiva inerenza a profili di staticità e sicurezza– al novero delle “modeste costruzioni civili” che suffragano, quale competenza sufficiente per l’attività di progettazione, quella dei geometri ai sensi del R.D. 214/1929 (TAR Campania-Napoli, Sez. IV, sentenza 05.10.2020 n. 4232 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

luglio 2020

COMPETENZE PROGETTUALI: Sulla questione che il muro in cemento armato di contenimento, la cui sagoma non è alterata rispetto al disegno contenuto nel progetto esecutivo, viene spostato dalla destra alla sinistra del plinto con l’effetto di non fungere più da immediato contenimento alla scarpata e che ciò non comporta alcuna variazione in termini di stabilità dell’opera ma richiede, quantomeno, le preliminari verifiche necessarie da parte di un tecnico abilitato (laureato).
Per disciplinare la professione di geometra, il legislatore è intervenuto per la prima volta col Regio decreto 11.02.1929 n. 274, il cui art. 16 ne circoscrive l’oggetto ed i limiti relativi alla competenza tecnica.
In seguito, il legislatore, col regio decreto 16.11.1939 n. 2229 –contenente le “Norme per la esecuzione delle opere in conglomerato cementizio semplice od armato”- all’art. 1 ha introdotto un limite generale alla competenza dei geometri per le opere “di conglomerato cementizio semplice od armato la cui stabilità possa comunque interessare l'incolumità delle persone”, in precedenza inesistente, disponendo che tali opere dovessero “... essere costruite in base ad un progetto esecutivo firmato da un ingegnere, ovvero da un architetto iscritto nell'albo, nei limiti delle rispettive attribuzioni, ai sensi della Legge 24.06.1923 n. 1395 e del Regio decreto 23.10.1925 n. 2537, sull’esercizio delle professioni di ingegnere e di architetto e delle successive modificazioni”.
La disciplina regolamentare è stata successivamente modificata con l’approvazione della Legge 05.11.1971 n. 1086 e della Legge 02.02.1974 n. 64.
In particolare, riguardo alle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica, la menzionata legge n. 1086 del 1971, all’art. 2, ha chiarito che: “La costruzione delle opere di cui all'articolo 1 deve avvenire in base ad un progetto esecutivo redatto da un ingegnere o architetto o geometra o perito industriale edile iscritti nel relativo albo, nei limiti delle rispettive competenze. L'esecuzione delle opere deve aver luogo sotto la direzione di un ingegnere o architetto o geometra o perito industriale edile iscritto nel relativo albo, nei limiti delle rispettive competenze.”.
Il quadro normativo sopra delineato è rimasto sostanzialmente inalterato a seguito dell’intervento di riordino della materia operato dal d.p.r. 06.06.2001 n. 380, il testo unico dell’edilizia.
Con queste premesse, è quindi evidente che, in relazione ad una variazione significativa dell’assetto delle costruzioni in cemento armato poste a supporto e contenimento della palificazione, sarebbe stato necessario l’intervento professionale di un ingegnere o di un architetto, almeno ai fini della verifica circa l’immodificabilità delle condizioni di stabilità e quindi di sicurezza pubblica.
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9.- Rimane da analizzare la contestazione, contenuta nel terzo motivo del ricorso incidentale, concernente le variazioni alle opere in cemento armato per arretrare, rispetto al progetto esecutivo, il posizionamento sul marciapiede dei pali per la pubblica illuminazione, con conseguente inidoneità della firma apposta, su questa specifica proposta migliorativa, da un tecnico geometra in luogo di un ingegnere o architetto.
9.1.- Sul punto, It.Ap.i replica nel senso che la soluzione migliorativa proposta:
   - intende eliminare la condizione di pericolo presente nel progetto esecutivo in modo da realizzare una superficie calpestabile del marciapiede completamente libera da ostacoli e, quindi, evitare che i pedoni, per aggirare l’ostacolo rappresentato dal palo dell’illuminazione, fossero costretti a spostarsi verso la carreggiata stradale;
   - non comporta variazioni alle opere in cemento armato previste in progetto, in quanto la parete del muro di contenimento, posto a sostegno del marciapiede, non risulta interrotta dall’inserimento del blocco palo; pertanto per il profilo squisitamente tecnico-qualitativo, il posizionamento adottato per i pali d’illuminazione e ai relativi blocco del palo non comporta problematiche di tipo strutturale.
9.2.- La censura appare tuttavia meritevole di considerazione e, dunque, fondata posto che –come emerge dai grafici- il muro in cemento armato di contenimento, la cui sagoma effettivamente non è stata alterata rispetto al disegno contenuto nel progetto esecutivo, viene spostato dalla destra alla sinistra del plinto con l’effetto di non fungere più da immediato contenimento alla scarpata.
Se è vero che, come sostiene la ricorrente, tutto ciò non comporta alcuna variazione in termini di stabilità dell’opera, ciò avrebbe richiesto quantomeno le verifiche necessarie da parte di un tecnico abilitato.
9.3.- Giova sul punto ricordare che, per disciplinare la professione di geometra, il legislatore è intervenuto per la prima volta col Regio decreto 11.02.1929 n. 274, il cui art. 16 ne circoscrive l’oggetto ed i limiti relativi alla competenza tecnica.
In seguito, il legislatore, col regio decreto 16.11.1939 n. 2229 –contenente le “Norme per la esecuzione delle opere in conglomerato cementizio semplice od armato”- all’art. 1 ha introdotto un limite generale alla competenza dei geometri per le opere “di conglomerato cementizio semplice od armato la cui stabilità possa comunque interessare l'incolumità delle persone”, in precedenza inesistente, disponendo che tali opere dovessero “... essere costruite in base ad un progetto esecutivo firmato da un ingegnere, ovvero da un architetto iscritto nell'albo, nei limiti delle rispettive attribuzioni, ai sensi della Legge 24.06.1923 n. 1395 e del Regio decreto 23.10.1925 n. 2537, sull’esercizio delle professioni di ingegnere e di architetto e delle successive modificazioni”.
La disciplina regolamentare è stata successivamente modificata con l’approvazione della Legge 05.11.1971 n. 1086 e della Legge 02.02.1974 n. 64.
In particolare, riguardo alle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica, la menzionata legge n. 1086 del 1971, all’art. 2, ha chiarito che: “La costruzione delle opere di cui all'articolo 1 deve avvenire in base ad un progetto esecutivo redatto da un ingegnere o architetto o geometra o perito industriale edile iscritti nel relativo albo, nei limiti delle rispettive competenze. L'esecuzione delle opere deve aver luogo sotto la direzione di un ingegnere o architetto o geometra o perito industriale edile iscritto nel relativo albo, nei limiti delle rispettive competenze.”.
Il quadro normativo sopra delineato è rimasto sostanzialmente inalterato a seguito dell’intervento di riordino della materia operato dal d.p.r. 06.06.2001 n. 380, il testo unico dell’edilizia.
Con queste premesse, è quindi evidente che, in relazione ad una variazione significativa dell’assetto delle costruzioni in cemento armato poste a supporto e contenimento della palificazione, sarebbe stato necessario l’intervento professionale di un ingegnere o di un architetto, almeno ai fini della verifica circa l’immodificabilità delle condizioni di stabilità e quindi di sicurezza pubblica
(TAR Campania-Napoli, Sez. I, sentenza 10.07.2020 n. 3006 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALIL'art. 51, r.d. n. 2537 del 1925 dispone che "Sono di spettanza della professione d'ingegnere, il progetto, la condotta e la stima dei lavori per estrarre, trasformare ed utilizzare i materiali direttamente od indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le industrie, dei lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto [...]"; a mente del successivo art. 52, invece, "Formano oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad esse relative".
Si tratta di un riparto di competenze che, per giurisprudenza consolidata del giudice amministrativo, è ancora attuale, in quanto le previsioni regolamentari sono espressamente mantenute in vigore dall’art. 1, d.P.R. 05.06.2001, n. 328 (Modifiche ed integrazioni della disciplina dei requisiti per l'ammissione all'esame di Stato e delle relative prove per l'esercizio di talune professioni, nonché della disciplina dei relativi ordinamenti), oltre che dagli artt. 16 (per gli architetti) e 46, comma 2 (per gli ingegneri iscritti alla sezione A), di cui allo stesso d.P.R., e sono perciò tuttora applicabili.
Il riparto di competenza così delineato è stato dalla giurisprudenza letto nel senso che la progettazione delle opere viarie, idrauliche ed igieniche, che non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati, è di pertinenza degli ingegneri, in base all'interpretazione letterale, sistematica e teleologica degli artt. 51, 52 e 54, r.d. n. 2537 del 1923.
Più in particolare, la competenza concorrente di ingegneri e architetti si ha soltanto nell’ambito delle opere di edilizia civile e per gli impianti tecnologici strettamente connessi a edifici e fabbricati; restano pertanto di competenza esclusiva degli ingegneri, ai sensi dell’art. 51, r.d. n. 2357 del 1925, gli interventi edilizi ed urbanistici che consistano in “progettazione di costruzioni stradali, opere igienico-sanitarie, impianti elettrici, opere idrauliche”, quando non siano connessi a determinati edifici o fabbricati, cioè attengano alle opere di urbanizzazione primaria.
Sulla base di tale premessa il giudice di appello ha concluso nel senso che rientrano nell'esclusivo appannaggio della professione di ingegnere le opere di carattere più marcatamente tecnico-scientifico, che esulano dall'edilizia civile rientrante nella comune competenza.
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Con un unico, articolato motivo di appello si afferma che l’ingegnere ha una esclusiva competenza solo per le opere di carattere più marcatamente tecnico-scientifico, quali quelle di ingegneria idraulica, igienico-sanitarie, ecc.; l’edilizia civile, inoltre, non è solo quella abitativa, ma anche l’edilizia scolastica, commerciale, ospedaliera, ecc.. In ogni caso, la previsione era tanto poco chiara che, in applicazione del principio del favor partecipationis, il concorrente non avrebbe potuto essere escluso.
Il motivo non è suscettibile di positiva valutazione, e ciò consente di prescindere dall’esame dei profili in rito.
Giova premettere che l'art. 51, r.d. n. 2537 del 1925 dispone che "Sono di spettanza della professione d'ingegnere, il progetto, la condotta e la stima dei lavori per estrarre, trasformare ed utilizzare i materiali direttamente od indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le industrie, dei lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto [...]"; a mente del successivo art. 52, invece, "Formano oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad esse relative".
Si tratta di un riparto di competenze che, per giurisprudenza consolidata del giudice amministrativo, è ancora attuale, in quanto le previsioni regolamentari sono espressamente mantenute in vigore dall’art. 1, d.P.R. 05.06.2001, n. 328 (Modifiche ed integrazioni della disciplina dei requisiti per l'ammissione all'esame di Stato e delle relative prove per l'esercizio di talune professioni, nonché della disciplina dei relativi ordinamenti), oltre che dagli artt. 16 (per gli architetti) e 46, comma 2 (per gli ingegneri iscritti alla sezione A), di cui allo stesso d.P.R., e sono perciò tuttora applicabili (Cons. St., sez. V, 17.07.2019, n. 5012; id. 21.11.2018, n. 6593; id., sez. VI, 15.03.2013, n. 1550; id., sez. IV, 05.06.2009, n. 4866).
Il riparto di competenza così delineato è stato dalla giurisprudenza letto nel senso che la progettazione delle opere viarie, idrauliche ed igieniche, che non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati, è di pertinenza degli ingegneri, in base all'interpretazione letterale, sistematica e teleologica degli artt. 51, 52 e 54, r.d. n. 2537 del 1923 (Cons. St., sez. IV, 22.05.2000, n. 2938; id., sez. V, 06.04.1998, n. 416; id., sez. IV, 19.02.1990, n. 92).
Più in particolare, la competenza concorrente di ingegneri e architetti si ha soltanto nell’ambito delle opere di edilizia civile e per gli impianti tecnologici strettamente connessi a edifici e fabbricati; restano pertanto di competenza esclusiva degli ingegneri, ai sensi dell’art. 51, r.d. n. 2357 del 1925, gli interventi edilizi ed urbanistici che consistano in “progettazione di costruzioni stradali, opere igienico-sanitarie, impianti elettrici, opere idrauliche”, quando non siano connessi a determinati edifici o fabbricati, cioè attengano alle opere di urbanizzazione primaria (Cons. St., sez. V, 17.07.2019, n. 5012).
Sulla base di tale premessa il giudice di appello ha concluso nel senso che rientrano nell'esclusivo appannaggio della professione di ingegnere le opere di carattere più marcatamente tecnico-scientifico (Cons. St., sez. V, 20.11.2018, n. 6552), che esulano dall'edilizia civile rientrante nella comune competenza (Cons. St., sez. V, 21.11.2018, n. 6593).
Tutto ciò chiarito, il Collegio condivide le conclusioni alle quali è pervenuto il giudice di primo grado, e cioè che rientrano nelle opere marcatamente tecnico-scientifico, e non meramente di “edilizia civile”, quelle oggetto della presente controversia, id est la componente impiantistica dei gas medicali, posta a servizio del “reparto Speciale Unità Accoglienza Permanente S.U.A.P.” del complesso ospedaliero di Gragnano (NA), quale risulta dalla proposta migliorativa depositata dall’Ati Ru..
In relazione a tale voce il disciplinare (Criteri di valutazione, pag. 10, punto 2/a) assegna 40 punti sugli 80 totali previsti e richiede l’eliminazione del carico d’impianto tramite bombole ed il collegamento alla centrale dei gas medicinali nonché le migliorie sul testaletto a base di appalto.
Si tratta di una parte di progettazione del genus dell’edilizia sanitaria, che può ricomprendere sia opere di edilizia civile che la realizzazione di una vasta gamma di impianti (elettrici per sale operatorie e per rianimazione, climatizzazione, sterilizzazione, cucine, sterilizzazione e gas medicali); in questi ultimi rientra l’impiantistica dei gas medicali, che non può dunque essere considerata “opera impiantistica a corredo dell’edilizia civile”.
Corollario obbligato di tale premessa è che la proposta migliorativa non poteva che essere firmata da un ingegnere (Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza 01.07.2020 n. 4208 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

giugno 2020

COMPETENZE PROGETTUALI: Sull'illegittimità del rilasciato permesso di costruire laddove il progetto allegato risulta sottoscritto da un geometra, come tale non abilitato alla progettazione di costruzioni con cemento armato.
A norma dell'art. 16, lett. m), r.d. 11.02.1929, n. 274 e delle l. 05.11.1971, n. 1086 e 02.02.1974, n. 64, che hanno rispettivamente disciplinato le opere in conglomerato cementizio e le costruzioni in zone sismiche, nonché dalla l. 02.03.1949, n. 144 (recante la tariffa professionale), la competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle comportanti l'adozione —anche parziale— di strutture in cemento armato.
Solo in via di eccezione, la competenza in ordine alla progettazione da parte dei geometri si estende anche a queste strutture, a norma della lett. l), del medesimo art. 16, r.d. n. 274 cit., purché si tratti di piccole costruzioni accessorie nell'ambito di edifici rurali o destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che, per la loro destinazione, non comportino pericolo per le persone.
Per il resto, la suddetta competenza è, comunque, esclusa nel campo delle costruzioni civili, ove si adottino strutture in cemento armato, la cui progettazione e direzione, qualunque ne sia l'importanza, è pertanto riservata solo agli ingegneri ed architetti iscritti nei relativi albi professionali.
Anche in caso di sussistenza di complessiva modestia dell’opera, quindi, è comunque necessario che, in ogni caso, i calcoli relativi alle opere in cemento armato siano curati da un professionista abilitato e solo ciò può eventualmente consentire di considerare legittimo il titolo abilitativo rilasciato su progetto redatto da un geometra.
Infatti, stante quanto detto, in base al principio generale della collaborazione tra titolari di diverse competenze professionali, può essere consentito che la progettazione e direzione dei lavori relativi alle opere in cemento armato sia affidata al tecnico in grado di eseguire i calcoli necessari e di valutare i pericoli per la pubblica incolumità, e che l’attività di progettazione e direzione dei lavori, incentrata sugli aspetti architettonici della “modesta” costruzione civile, sia affidata, invece, al geometra.
Non si tratta, tuttavia, di assicurare la mera presenza di un ingegnere progettista delle opere in cemento armato, che controfirmi o si limiti ad eseguire i calcoli. Il professionista, che svolge la progettazione con l’uso del cemento armato, deve pertanto essere competente a progettare e ad assumersi la responsabilità del segmento del progetto complessivo riferito alle opere in cemento armato, nel senso appunto che l’incarico non può essere affidato al geometra, che si avvarrà della collaborazione dell’ingegnere, ma deve essere sin dall’inizio affidato anche a quest’ultimo per la parte di sua competenza e sotto la sua responsabilità.
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4) Nel merito il Collegio rileva come sia fondato il motivo di ricorso secondo cui il progetto allegato al permesso di costruire risulta sottoscritto da un geometra, come tale non abilitato alla progettazione di costruzioni con cemento armato.
4.1.- Al riguardo, a norma dell'art. 16, lett. m), r.d. 11.02.1929, n. 274 e delle l. 05.11.1971, n. 1086 e 02.02.1974, n. 64, che hanno rispettivamente disciplinato le opere in conglomerato cementizio e le costruzioni in zone sismiche, nonché dalla l. 02.03.1949, n. 144 (recante la tariffa professionale), la competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle comportanti l'adozione —anche parziale— di strutture in cemento armato.
Solo in via di eccezione, la competenza in ordine alla progettazione da parte dei geometri si estende anche a queste strutture, a norma della lett. l), del medesimo art. 16, r.d. n. 274 cit., purché si tratti di piccole costruzioni accessorie nell'ambito di edifici rurali o destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che, per la loro destinazione, non comportino pericolo per le persone.
Per il resto, la suddetta competenza è, comunque, esclusa nel campo delle costruzioni civili, ove si adottino strutture in cemento armato, la cui progettazione e direzione, qualunque ne sia l'importanza, è pertanto riservata solo agli ingegneri ed architetti iscritti nei relativi albi professionali (Tar Napoli, sez. VIII, 23.08.2016, n. 4092; Cons. St., sez. V, 23.02.2015, n. 833; id. 28.04.2011, n. 2537; Cass., sez. II, 24.03.2016, n. 5871; id. 02.09.2011, n. 18038; id. 26.07.2006, n. 17028).
Anche in caso di sussistenza di complessiva modestia dell’opera, quindi, è comunque necessario che, in ogni caso, i calcoli relativi alle opere in cemento armato siano curati da un professionista abilitato e solo ciò può eventualmente consentire di considerare legittimo il titolo abilitativo rilasciato su progetto redatto da un geometra (Cons. Stato, sez. IV, 28.11.2012, n. 6036).
Infatti, stante quanto detto, in base al principio generale della collaborazione tra titolari di diverse competenze professionali, può essere consentito che la progettazione e direzione dei lavori relativi alle opere in cemento armato sia affidata al tecnico in grado di eseguire i calcoli necessari e di valutare i pericoli per la pubblica incolumità, e che l’attività di progettazione e direzione dei lavori, incentrata sugli aspetti architettonici della “modesta” costruzione civile, sia affidata, invece, al geometra.
4.2.- Non si tratta, tuttavia, di assicurare la mera presenza di un ingegnere progettista delle opere in cemento armato, che controfirmi o si limiti ad eseguire i calcoli (Cass. civ., Sez. II, 02.09.2011, n. 18038). Il professionista, che svolge la progettazione con l’uso del cemento armato, deve pertanto essere competente a progettare e ad assumersi la responsabilità del segmento del progetto complessivo riferito alle opere in cemento armato (TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, 18.04.2013, n. 361, ed implicitamente TAR Marche, Ancona, 11.07.2013, n. 559), nel senso appunto che l’incarico non può essere affidato al geometra, che si avvarrà della collaborazione dell’ingegnere, ma deve essere sin dall’inizio affidato anche a quest’ultimo per la parte di sua competenza e sotto la sua responsabilità (Cass. Civ. Sez. II, 30.08.2013, n. 19989).
4.3.- Nel caso di specie il progettista che ha sottoscritto l’atto è unicamente un geometra, Geom. Ma., come tale a ciò non abilitato, né è stata comprovata l’intervento di un tecnico abilitato per quanto riguarda la progettazione delle strutture del cemento armato (partecipazione alla progettazione che peraltro dovrebbe possedere i requisiti indicati).
4.3.1.- Non trova riscontro in senso contrario l’allegazione del controinteressato secondo cui il medesimo progetto sarebbe stato sottoscritto anche da un architetto, Arch. Mo., che al contrario risulta chiaramente solo come direttore lavori. Allo stesso modo non trova riscontro la deduzione difensiva secondo cui il progetto depositato presso il genio civile sarebbe stato sottoscritto dall’Ing. Lo., di cui quello depositato presso il Comune avrebbe mero contenuto riproduttivo, in quanto sfornita di evidenze probatorie a supporto.
Per le suesposte ragioni il ricorso va accolto (TAR Campania-Napoli, Sez. VIII, sentenza 26.06.2020 n. 2684 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALI: Al geometra non è preclusa in termini assoluti la progettazione delle opere in cemento armato, dal momento che è rimesso alla sua competenza, nel settore costruttivo edilizio, un ambito residuale limitato alle costruzioni di dimensioni modeste ossia la progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, costruzioni rurali, di edifici per uso di industrie agricole comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e non implichino pericolo per l’incolumità delle persone.
Di recente la Cassazione ha puntualizzato che il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare “modesta”, sì da poter rientrare nelle competenze del geometra, consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e l’esecuzione dell’opera comporta e le capacità occorrenti per superarla.

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1. Con ricorso iscritto al n. 297/2017, i ricorrenti, quali soggetti abitanti, proprietari, inquilini e genitori di figli frequentanti le scuole di Cappelle sul Tavo, esponevano di essere venuti a conoscenza in data 08.06.2017 tramite affissione di cartello di cantiere, e successivo accesso agli atti, che il S.u.a.p. dell’Associazione dei Comuni del Comprensorio di Pescara aveva rilasciato in favore della società controinteressata In.Wi. il provvedimento autorizzativo unico n. 26 del 25.05.2017 prot. n. 2015 dell’08.06.2017 per l’installazione di una Stazione Radio Base per telefonia mobile su terreno sito alla via Pignatara del Comune di Cappelle sul Tavo indentificato in n.c.t. foglio 2, particella 1040.
Impugnavano pertanto il predetto titolo abilitativo, a tutela del loro interesse alla conservazione dell’aspetto urbano, della salubrità dell’ambiente e del valore commerciale dei propri immobili, deducendone la illegittimità per i seguenti motivi di diritto:
...
8.3 Del pari infondata si appalesa la questione inerente l’incompetenza del geometra a sottoscrivere il progetto ai sensi dell’art. 16 del r.d. 274/1929 sul presupposto che l’intervento comportava l’installazione di strutture in cemento armato che esulano dalle attribuzioni proprie di tale figura professionale.
Sul punto la società controinteressata ha dimostrato in atti che l’elaborato sottoscritto dal geometra e posto a base della domanda era comunque un progetto solo architettonico “di massima” destinato ad essere completato nella fase attuativa. E ciò nella specie è avvenuto, prima ancora della proposizione del presente ricorso, attraverso il deposito presso il Genio Civile del progetto di dettaglio definitivo redatto per la parte architettonica dallo stesso geometra incaricato, per la parte strutturale da un architetto e da un ingegnere, con la collaborazione della figura del geologo.
In ogni caso vale la pena osservare che al geometra non è preclusa in termini assoluti la progettazione delle opere in cemento armato, dal momento che è rimesso alla sua competenza, nel settore costruttivo edilizio, un ambito residuale limitato alle costruzioni di dimensioni modeste ossia la progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, costruzioni rurali, di edifici per uso di industrie agricole comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e non implichino pericolo per l’incolumità delle persone.
Di recente la Cassazione ha puntualizzato che il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare “modesta” sì da poter rientrare nelle competenze del geometra, consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e l’esecuzione dell’opera comporta e le capacità occorrenti per superarla (cfr Cass. Civ. ordinanza 29227/2019).
Nella specie parte ricorrente non ha dimostrato in concreto quali fossero le particolari difficoltà tecniche ed i difficili calcoli nella progettazione a livello architettonico del traliccio e, nel dedurre un pericolo per la pubblica incolumità si è limitata a fa riferimento all’altezza del traliccio ed alla sua esposizione in un territorio ampiamente esposto al vento.
Non si comprende pertanto per quali ragioni la progettazione architettonica di un traliccio del tipo di quello in oggetto e delle cabine accessorie esuli dalla nozione di modesta costruzione, e possa comportare un pericolo per la pubblica incolumità a differenza di un piccolo manufatto che esprime volumetria e che può essere destinato ad esigenze abitative e/o produttive.
La censura va pertanto disattesa
(TAR Abruzzo-Pescara, sentenza 19.06.2020 n. 193 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

maggio 2020

COMPETENZE PROGETTUALI: L’art. 51, r.d. n. 2537 del 1925, dispone che: “Sono di spettanza della professione d’ingegnere, il progetto, la condotta e la stima dei lavori per estrarre, trasformare ed utilizzare i materiali direttamente od indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le industrie, dei lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto […]”; a mente del successivo art. 52, invece, “Formano oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad esse relative”.
Sul punto, si osserva che è ancora attuale la ripartizione delle competenze tra architetti e ingegneri risultante dagli artt. 51 e 52, r.d. n. 2537 cit., che sono perciò tuttora applicabili.
Conseguentemente, il progetto per la realizzazione di infrastrutture viarie che non siano strettamente connesse a un fabbricato, perché poste a sua pertinenza, e che dunque costituiscano interventi di urbanizzazione primaria, rientra tra le competenze esclusive degli ingegneri, non essendo riconducibili alle “opere di edilizia civile” che formano oggetto tanto della professione di ingegnere, quanto di quella di architetto.

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5.3 Il secondo mezzo di impugnazione verte sulla violazione della normativa speciale in materia di competenze professionali degli ingegneri e degli architetti, facendo valere il fatto che la progettazione di un’opera di urbanizzazione primaria, quale è la viabilità pubblica, è riservata alla competenza degli ingegneri e che, pertanto, del tutto illegittimamente esso è stato affidato ad architetti da parte del Comune di Supino.
Il motivo all’esame è fondato.
L’art. 51, r.d. n. 2537 del 1925, dispone che: “Sono di spettanza della professione d’ingegnere, il progetto, la condotta e la stima dei lavori per estrarre, trasformare ed utilizzare i materiali direttamente od indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le industrie, dei lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto […]”; a mente del successivo art. 52, invece, “Formano oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad esse relative”.
Sul punto, si osserva preliminarmente che è ancora attuale la ripartizione delle competenze tra architetti e ingegneri risultante dagli artt. 51 e 52, r.d. n. 2537 cit., che sono perciò tuttora applicabili (Cons. Stato, sez. V, 17.07.2019 n. 5012; sez. V, 21.11.2018 n. 6593; sez. VI, 15.03.2013 n. 1550; sez. IV, 05.06.2009 n. 4866).
Conseguentemente, il progetto per la realizzazione di infrastrutture viarie che non siano strettamente connesse a un fabbricato, perché poste a sua pertinenza, e che dunque costituiscano interventi di urbanizzazione primaria, rientra tra le competenze esclusive degli ingegneri, non essendo riconducibili alle “opere di edilizia civile” che formano oggetto tanto della professione di ingegnere, quanto di quella di architetto (Cons. Stato, sez. V, 17.07.2019 n. 5012; sez. IV, 22.05.2000 n. 2938; sez. V, 06.04.1998 n. 416; sez. IV, 19.02.1990 n. 92; TAR Campania, Napoli, 20.02.2017 n. 1023; TAR Lazio, Latina, sez. I, 12.07.2013 n. 608; TAR Puglia, Lecce, sez. II, 31.05.2013 n. 1270).
Nella specie, come detto, il progetto esecutivo di cui è causa è stato sottoscritto dagli arch. Pa.Cu. e Fr. De An., con l’effetto che il mezzo di impugnazione all’esame si appalesa fondato (TAR Lazio-Latina, sentenza 25.05.2020 n. 170 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

marzo 2020

COMPETENZE PROGETTUALI: Laddove l’intervento edilizio richieda l’esecuzione di opere in cemento armato, è ben possibile affidare la progettazione e direzione dei lavori relativi a queste ultime al tecnico in grado di eseguire i calcoli necessari e di valutare i pericoli per la pubblica incolumità, affidando invece al geometra l'attività di progettazione e direzione dei lavori incentrata sugli aspetti architettonici della costruzione, purché questa possa considerarsi “modesta” alla stregua del sopra citato art. 16 r.d. n. 274/1929.
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2.3.6. Colgono nel segno le censure svolte con l’undicesimo motivo, indirizzato contro il punto 8. dell’ordinanza n. 253/2019, con cui il Comune richiede che le competenze del tecnico firmatario della relazione di asseveramento siano certificate dal collegio professionale di appartenenza.
La redazione e presentazione della S.C.I.A. è stata curata, per conto della società ricorrente, da un geometra, le cui competenze professionali riguardano, come stabilito dall’art. 16 del r.d. n. 274/1929, la progettazione, direzione, sorveglianza e liquidazione di “costruzioni rurali e di edifici per uso d'industrie agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone” (lett. l), nonché “progetto, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili” (lett. m).
In quanto connaturate alla professione di geometra, tali competenze debbono ritenersi sufficientemente comprovate dall’iscrizione del professionista all’albo tenuto dal collegio territoriale.
È stato condivisibilmente chiarito che, laddove l’intervento edilizio richieda l’esecuzione di opere in cemento armato, è ben possibile affidare la progettazione e direzione dei lavori relativi a queste ultime al tecnico in grado di eseguire i calcoli necessari e di valutare i pericoli per la pubblica incolumità, affidando invece al geometra l'attività di progettazione e direzione dei lavori incentrata sugli aspetti architettonici della costruzione, purché questa possa considerarsi “modesta” alla stregua del sopra citato art. 16 r.d. n. 274/1929 (si veda il parere reso da Cons. Stato, sez. II, 04.09.2015, n. 2359).
La criptica motivazione dei provvedimenti impugnati non consente di comprendere per quale aspetto il Comune di Campi Bisenzio dubiti della competenza del tecnico firmatario della S.C.I.A. e, cioè, se il dubbio attenga alla competenza degli altri professionisti coinvolti nella progettazione e direzione dei lavori, ovvero a quella del geometra in relazione alla natura non “modesta” della costruzione.
Nei termini esposti, la pretesa di ulteriori chiarimenti è ingiustificata (TAR Toscana, Sez. III, sentenza 24.03.2020 n. 360 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

febbraio 2020

COMPETENZE PROGETTUALISecondo l’art. 16 del r.d. 11.02.1929 n. 274 la competenza professionale dei geometri riguarda “progetto, direzione, sorveglianza e liquidazione di costruzioni rurali e di edifici per uso d'industrie agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone” (lett. l), nonché “progetto, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili” (lett. m).
Il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta e, quindi, se la sua progettazione rientri nella competenza professionale dei geometri, consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e l’esecuzione dell'opera comportano e le capacità occorrenti per superarle; a questo fine, mentre non è decisivo il mancato uso del cemento armato (ben potendo anche una costruzione “non modesta” essere realizzata senza di esso), assume significativa rilevanza il fatto che la costruzione sorga in zona sismica, con conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa di cui alla l. 02.02.1974 n. 64, la quale impone calcoli complessi che esulano dalle competenze professionali dei geometri.
Peraltro, in caso di complessiva modestia dell’opera, la circostanza che comunque i calcoli relativi alle opere in cemento armato siano stati curati da un professionista abilitato consente di considerare legittimo il titolo abilitativo rilasciato su progetto redatto da un geometra.
In base al principio generale della collaborazione tra titolari di diverse competenze professionali, nulla impedisce che la progettazione e direzione dei lavori relativi alle opere in cemento armato sia affidata al tecnico in grado di eseguire i calcoli necessari e di valutare i pericoli per la pubblica incolumità, e che l’attività di progettazione e direzione dei lavori, incentrata sugli aspetti architettonici della “modesta” costruzione civile, sia affidata, invece, al geometra.
Non si tratta, quindi, di assicurare la mera presenza di un ingegnere progettista delle opere in cemento armato, che controfirmi o si limiti ad eseguire i calcoli.
Il professionista, che svolge la progettazione con l’uso del cemento armato, deve pertanto essere competente a progettare e ad assumersi la responsabilità del segmento del progetto complessivo riferito alle opere in cemento armato, nel senso appunto che l’incarico non può essere affidato al geometra, che si avvarrà della collaborazione dell’ingegnere, ma deve essere sin dall’inizio affidato anche a quest’ultimo per la parte di sua competenza e sotto la sua responsabilità.
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9.2. Anche il motivo con cui si contesta la competenza professionale del geometra, direttore dei lavori, è infondato.
Le opere in contestazione consistono nella “realizzazione di una fondazione in cls. armato per la successiva posa in opera dei capannoni da allevamento a tunnel prefabbricati. Le sovrastrutture saranno realizzate in acciaio, con tamponature e copertura in pannelli ‘sandwich’”.
Al riguardo, sono stati gli stessi originari ricorrenti ad evidenziare, nel corpo del ricorso introduttivo che “il progetto c.d. strutturale è stato –correttamente– redatto da un Ingegnere, che ha proceduto al deposito ai fini dell’ottenimento dell’autorizzazione sismica” (pag. 16).
Essi hanno contestato, invece, che il geometra De Ca. sia stato designato “Direttore dei Lavori” e abbia firmato il “progetto architettonico”.
9.2.1. Secondo l’art. 16 del r.d. 11.02.1929 n. 274 la competenza professionale dei geometri riguarda “progetto, direzione, sorveglianza e liquidazione di costruzioni rurali e di edifici per uso d'industrie agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone” (lett. l), nonché “progetto, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili” (lett. m).
Il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta e, quindi, se la sua progettazione rientri nella competenza professionale dei geometri, consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e l’esecuzione dell'opera comportano e le capacità occorrenti per superarle; a questo fine, mentre non è decisivo il mancato uso del cemento armato (ben potendo anche una costruzione “non modesta” essere realizzata senza di esso), assume significativa rilevanza il fatto che la costruzione sorga in zona sismica, con conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa di cui alla l. 02.02.1974 n. 64, la quale impone calcoli complessi che esulano dalle competenze professionali dei geometri (cfr. Cons. Stato, sez. V, 23.02.2015, n. 883).
Peraltro, in caso di complessiva modestia dell’opera, la circostanza che comunque i calcoli relativi alle opere in cemento armato siano stati curati da un professionista abilitato consente di considerare legittimo il titolo abilitativo rilasciato su progetto redatto da un geometra (Cons. Stato, sez. IV, 28.11.2012, n. 6036).
Giova altresì richiamare quanto argomentato nel parere della Sez. II di questo Consiglio, n. 2539 del 04.09.2015.
In base al principio generale della collaborazione tra titolari di diverse competenze professionali, nulla impedisce che la progettazione e direzione dei lavori relativi alle opere in cemento armato sia affidata al tecnico in grado di eseguire i calcoli necessari e di valutare i pericoli per la pubblica incolumità, e che l’attività di progettazione e direzione dei lavori, incentrata sugli aspetti architettonici della “modesta” costruzione civile, sia affidata, invece, al geometra.
Non si tratta, quindi, di assicurare la mera presenza di un ingegnere progettista delle opere in cemento armato, che controfirmi o si limiti ad eseguire i calcoli (Cass. civ., Sez. II, 02.09.2011, n. 18038).
Il professionista, che svolge la progettazione con l’uso del cemento armato, deve pertanto essere competente a progettare e ad assumersi la responsabilità del segmento del progetto complessivo riferito alle opere in cemento armato (TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, 18.04.2013, n. 361, ed implicitamente TAR Marche, Ancona, 11.07.2013, n. 559), nel senso appunto che l’incarico non può essere affidato al geometra, che si avvarrà della collaborazione dell’ingegnere, ma deve essere sin dall’inizio affidato anche a quest’ultimo per la parte di sua competenza e sotto la sua responsabilità (Cass. Civ. Sez. II, 30.08.2013, n. 19989).
Nel caso di specie risulta, per come ammesso dagli stessi ricorrenti, che il “progetto c.d. strutturale è stato –correttamente– redatto da un Ingegnere, che ha proceduto al deposito ai fini dell’ottenimento dell’autorizzazione sismica”.
Si deve pertanto ritenere che lo stesso abbia redatto anche il segmento del progetto complessivo riferito alle opere in cemento armato, assumendosene la responsabilità (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 21.02.2020 n. 1341 - link a www.giustizia-amministrartiva.it).

COMPETENZE PROFESSIONALIE' legittima la possibilità per un geometra di svolgere consulenze tecniche d'ufficio (CTU) per la valutazione di opere che incidono sulla statica degli edifici.
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2. Con il secondo motivo si lamenta violazione degli artt. 16, 17, 18 del r.d. 11.02.1929, n. 274 nonché omessa valutazione di un punto decisivo della controversia, rilevando che solo ingegneri e architetti hanno la competenza a valutare opere che incidono sulla statica degli edifici, con la conseguenza che il parere espresso dal semplice geometra non potrebbe essere posto a fondamento di alcuna decisione.
La ricorrente aggiunge che la Corte d'appello e, prima ancora, il Tribunale ben avrebbero potuto disporre una consulenza tecnica d'ufficio.
La doglianza è infondata.
Secondo il costante orientamento di questa Corte, dal quale non vi è motivo di discostarsi, le norme relative alla scelta del consulente tecnico d'ufficio hanno natura e finalità esclusivamente direttive, essendo la scelta riservata, anche per quanto riguarda la categoria professionale di appartenenza del consulente e la competenza del medesimo a svolgere le indagini richieste, all'apprezzamento discrezionale del giudice di merito.
Ne consegue che la decisione di affidare l'incarico ad un professionista (nella specie, geometra) iscritto ad un albo diverso da quello pertinente alla materia al quale si riferisce la consulenza (nella specie, ingegneri), ovvero non iscritto in alcun albo professionale, non è censurabile in sede di legittimità e non richiede specifica motivazione (Cass. 12.03.2010, n. 6050; per la riaffermazione del principio generale, v., di recente, Cass. 28.09.2015, n. 19173).
Alla luce di tali rilievi, la doglianza che investe la mancata nomina di un diverso consulente tecnico è priva di qualunque fondamento (Corte di Cassazione, Sez. II civile, sentenza 20.02.2020 n. 4439).

COMPETENZE PROGETTUALIL’attività professionale dei geometri è disciplinata dal R.D. 11.02.1929, n. 274 “Regolamento per la professione di geometra”.
Afferma a tal riguardo consolidata giurisprudenza che è estranea alla competenza dei geometri la progettazione di costruzioni civili con strutture in cemento armato, atteso che si tratta di attività che, qualunque ne sia l'importanza, è riservata solo agli ingegneri ed agli architetti iscritti nei relativi albi professionali.
Solo in via di eccezione la competenza dei geometri si estende, a norma della lett. l) dell'art. 16 del R.D. n. 274 del 1929, anche alle strutture in cemento armato, purché si tratti di piccole costruzioni accessorie nell'ambito di edifici rurali o destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone.
Per il resto, la suddetta competenza è comunque esclusa nel campo delle costruzioni civili ove si adottino strutture in cemento armato, la cui progettazione e direzione, qualunque ne sia l'importanza, è riservata solo agli ingegneri e agli architetti iscritti nei relativi albi professionali.
Pertanto, la progettazione e la direzione di opere da parte di un geometra in materia riservata alla competenza professionale degli ingegneri o degli architetti sono illegittime, a nulla rilevando in proposito che un progetto redatto da un geometra sia controfirmato o vistato da un ingegnere o da un architetto ovvero che un ingegnere o un architetto esegua i calcoli in cemento armato, atteso che il professionista competente deve essere altresì titolare della progettazione, trattandosi di competenze inderogabilmente affidate dal committente al professionista abilitato secondo il proprio statuto professionale, sul quale gravano le relative responsabilità.
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Tra quelli formulati nel ricorso ritiene il Collegio che sia fondato, con portata assorbente di ogni altra censura, quello che attiene al dedotto difetto di competenza in capo al professionista (geometra) che ha elaborato il progetto posto a base dell’impugnata concessione edilizia, con conseguente illegittimità della stessa.
L’attività professionale dei geometri è disciplinata dal R.D. 11.02.1929, n. 274 “Regolamento per la professione di geometra”.
Afferma a tal riguardo consolidata giurisprudenza che è estranea alla competenza dei geometri la progettazione di costruzioni civili con strutture in cemento armato, atteso che si tratta di attività che, qualunque ne sia l'importanza, è riservata solo agli ingegneri ed agli architetti iscritti nei relativi albi professionali.
Solo in via di eccezione la competenza dei geometri si estende, a norma della lett. l) dell'art. 16 del R.D. n. 274 del 1929, anche alle strutture in cemento armato, purché si tratti -diversamente dal caso di specie- di piccole costruzioni accessorie nell'ambito di edifici rurali o destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone.
Per il resto, la suddetta competenza è comunque esclusa nel campo delle costruzioni civili ove si adottino strutture in cemento armato, la cui progettazione e direzione, qualunque ne sia l'importanza, è riservata solo agli ingegneri e agli architetti iscritti nei relativi albi professionali (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. V, 13.01.1999, n. 25; Cass., sez. II, 07.09.2009, n. 19292).
Pertanto, la progettazione e la direzione di opere da parte di un geometra in materia riservata alla competenza professionale degli ingegneri o degli architetti sono illegittime, a nulla rilevando in proposito che un progetto redatto da un geometra sia controfirmato o vistato da un ingegnere o da un architetto ovvero che un ingegnere o un architetto esegua i calcoli in cemento armato, atteso che il professionista competente deve essere altresì titolare della progettazione, trattandosi di competenze inderogabilmente affidate dal committente al professionista abilitato secondo il proprio statuto professionale, sul quale gravano le relative responsabilità (cfr. Cass., sez. 2, 26.07.2006, n. 17028; Cass., sez. 2, 21.03.2011, n. 6402; Cass., sez. 2, 02.09.2011, n. 18038).
Tenuto conto del quadro normativo e giurisprudenziale così sintetizzato, il Collegio rileva come l’impugnata concessione edilizia consenta al controinteressato di eseguire l’ampliamento qualitativo e quantitativo del “Residence Si.”, mediante la realizzazione di opere che esulano dalla competenza dei geometri, come sopra definita.
Non è sufficiente a superare il dedotto vizio di incompetenza l’apposizione sul progetto medesimo, in un secondo tempo e a seguito di rimostranze, anche del timbro e della firma di un ingegnere, quest’ultimo dotato di competenza, atteso che difettano chiari e incontrovertibili elementi dai quali potersi desumere la riferibilità della progettazione in questione a tale figura professionale (TRGA Trentino Alto Adige-Bolzano, sentenza 13.02.2020 n. 45 - link a www.giustizia-amministrartiva.it).

COMPETENZE PROGETTUALI: E' nullo il contratto di affidamento della direzione dei lavori di costruzioni civili ad un geometra, ove la progettazione richieda l'esecuzione, anche parziale, dei calcoli in cemento armato, attività demandata agli ingegneri, attese le limitate competenze attribuite ai geometri dall'art. 16 del r.d. n. 274 del 1929.
Il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta, e quindi se la sua progettazione rientri nella competenza professionale dei geometri, ai sensi dell'art. 16, lett. m), r.d. n. 274 del 1929, consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e l'esecuzione dell'opera comportano e le capacità occorrenti per superarle; a questo fine, mentre non è decisivo il mancato uso del cemento armato (ben potendo anche una costruzione non modesta essere realizzata senza di esso), assume significativa rilevanza il fatto che la costruzione sorga in zona sismica, con conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa di cui alla l. 64 del 1974, la quale impone calcoli complessi che esulano dalle competenze professionali dei geometri.
La corte di merito, ha verificato che
la costruzione sorgeva in zona sismica (tanto bastava per affermare l'esclusiva competenza professionale degli ingegneri e degli architetti ed escludere la competenza del geometra) e riguardava una casa rurale a due piani fuori terra con struttura portante in cemento armato, costituita da travi e pilastri, e quindi di una struttura architettonica particolarmente complessa, che comportava l'esecuzione, di complicati calcoli.
Ne consegue che,
correttamente, la corte ha ritenuto che la prestazione professionale del Ri. fosse contra legem ed ha dichiarato la nullità del contratto, ai sensi degli artt. 1418 c.c. e 2229 c.c., trattandosi di prestazioni non rientranti tra quelle consentite ai geometri.
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Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 16 del R.D. 274/1929, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c, per avere la Corte d'appello dichiarato nullo il contratto intercorso tra la committente ed il geometra Ri., in qualità di progettista della costruzione e direttore delle opere murarie, nonostante si trattasse della progettazione di un edificio rurale e destinato all'azienda agricola, che non richiedeva operazioni di calcolo o pericolo per l'incolumità delle persone.
In ogni caso -afferma il ricorrente- si tratterebbe di una "semplice costruzione civile" e non di un'opere in cemento armato, per la quale non sussiste il divieto per i geometri di redigere progetti esecutivi e di massima.
Il motivo non è fondato.
Le competenze del geometra, ai sensi dell'art. 16 del R.D. 274/1929 sono le seguenti:
   l) progetto, direzione, sorveglianza e liquidazione di costruzioni rurali e di edifici per uso d'industrie agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone; nonché di piccole opere inerenti alle aziende agrarie, come strade vicinali senza rilevanti opere d'arte, lavori d'irrigazione e di bonifica, provvista d'acqua per le stesse aziende e riparto della spesa per opere consorziali relative, esclusa, comunque, la redazione di progetti generali di bonifica idraulica ed agraria e relativa direzione;
   m) progetto, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili.
Questa Corte ha pacificamente affermato che è nullo il contratto di affidamento della direzione dei lavori di costruzioni civili ad un geometra, ove la progettazione richieda l'esecuzione, anche parziale, dei calcoli in cemento armato, attività demandata agli ingegneri, attese le limitate competenze attribuite ai geometri dall'art. 16 del r.d. n. 274 del 1929 (Cassazione civile sez. II, 24/03/2016, n. 5871, Cass. Civ., sez. 02, del 26/07/2006, n. 17028, Cass. Civ., sez. 02, del 21/03/2011, n. 6402).
Il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta, e quindi se la sua progettazione rientri nella competenza professionale dei geometri, ai sensi dell'art. 16, lett. m), r.d. n. 274 del 1929, consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e l'esecuzione dell'opera comportano e le capacità occorrenti per superarle; a questo fine, mentre non è decisivo il mancato uso del cemento armato (ben potendo anche una costruzione non modesta essere realizzata senza di esso), assume significativa rilevanza il fatto che la costruzione sorga in zona sismica, con conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa di cui alla l. 64 del 1974, la quale impone calcoli complessi che esulano dalle competenze professionali dei geometri (Cassazione civile sez. II, 17/11/2015, n. 23510).
La corte di merito, con accertamento di fatto incensurabile in sede di legittimità, ha verificato che la costruzione sorgeva in zona sismica (tanto bastava per affermare l'esclusiva competenza professionale degli ingegneri e degli architetti ed escludere la competenza del geometra) e riguardava una casa rurale a due piani fuori terra con struttura portante in cemento armato, costituita da travi e pilastri, e quindi di una struttura architettonica particolarmente complessa, che comportava l'esecuzione, di complicati calcoli (pag. 9-10 della sentenza impugnata).
Ne consegue che, correttamente, la corte ha ritenuto che la prestazione professionale del Ri. fosse contra legem ed ha dichiarato la nullità del contratto, ai sensi degli artt. 1418 c.c. e 2229 c.c., trattandosi di prestazioni non rientranti tra quelle consentite ai geometri (Corte di Cassazione, Sez. II civile, ordinanza 07.02.2020 n. 2913).

dicembre 2019

COMPETENZE PROGETTUALI: COMPETENZE PROFESSIONALI – COMPETENZA DEL GEOMETRA IN MERITO ALLA CERCHIATURA DI UN VANO PORTA PER UNA COSTRUZIONE IN MURATURA - RICHIESTA PARERE.
Viene richiesto parere al Consiglio Nazionale sulla possibilità per i Geometri di progettare la cerchiatura metallica per la modifica di un vano finestra a vano porta di accesso per i disabili, per una costruzione in muratura (o se, al contrario, trattasi di “competenza specifica dell’Ingegnere”).
Si precisa inoltre che l’intervento riguarda un edificio in muratura con una superficie coperta di mq. 250,00 circa, che si sviluppa per n. 4 piani in zona sismica.

Sulla questione si osserva quanto segue.
In primo luogo, in via generale, si rammenta che non spetta al Consiglio Nazionale, bensì al Ministero della Giustizia e al Ministero dell’Università, fornire interpretazioni ufficiali delle competenze professionali ai sensi del DPR 05/06/2001 n. 328 (“Modifiche ed integrazioni della disciplina dei requisiti per l’ammissione all’esame di Stato e delle relative prove per l’esercizio di talune professioni, nonché della disciplina dei relativi ordinamenti”).
Il Consiglio Nazionale, pertanto, può soltanto esprimere il proprio parere non vincolante, tramite formule generali, spettando poi all’Amministrazione chiamata ad esaminare il singolo progetto, di volta in volta, procedere ad applicare al caso concreto i principi e le regole generali, tramite una analisi puntuale e non astratta ed aprioristica delle caratteristiche dello specifico intervento.
Fermo restando quanto sopra –e dunque la necessità di una valutazione caso per caso, senza limitarsi ad una sintetica descrizione– al fine di fornire un ausilio e una indicazione di massima all’Ordine territoriale, in funzione di collaborazione istituzionale, si esprime l’avviso che, sul piano teorico, le attività sommariamente descritte nella nota trasmessa appaiano riconducibili alla competenza professionale (propria) dell’Ingegnere.
La progettazione di una cerchiatura si lega infatti ad una serie di considerazioni di merito su aspetti e questioni tecniche implicanti valutazioni di equivalenza di rigidezza, di resistenza della struttura e dunque di valutazione della sicurezza, sia pure di tipo locale.
Entrano in gioco, cioè, valutazioni che interagiscono necessariamente con la stabilità ed il comportamento strutturale del fabbricato e la sicurezza in generale.
Non a caso, nella circolare esplicativa delle NTC, si legge che l’intervento sulle costruzioni esistenti, proprio in forza della necessità di garantire la pubblica incolumità, determina “una particolare complessità delle problematiche coinvolte ed una difficile standardizzazione dei metodi di verifica e di progetto e dell’uso delle numerose tecnologie di intervento tradizionali e moderne oggi disponibili” (ivi).
Ebbene, a parere del Consiglio Nazionale, la progettazione di una cerchiatura metallica per la modifica di un vano, da vano-finestra a vano di una porta di accesso per disabili, all’interno di una costruzione in muratura e avente una superficie coperta di mq. 250.00 circa, che si sviluppa per 4 piani in zona sismica, non rientra –in linea generale e fatti salvi, come anticipato, gli approfondimenti comunque necessari sul caso concreto
(1)– nelle prerogative dei professionisti Geometri, esigendo la fattispecie una preparazione ed un percorso di studi di livello superiore e conoscenze approfondite (proprie della laurea specialistica o magistrale e dunque dell’Ingegnere e dell’Architetto).
Il tutto tenendo presente che per gli interventi in zona sismica la necessità di una valutazione caso per caso, che tenga conto in concreto dell’opera prevista e delle metodologie di calcolo utilizzate, dovrà essere “tanto più rigida e preclusiva, allorché l’area sia classificata con un maggiore rischio sismico” (Consiglio di Stato, 09/02/2012 n. 686).
In questi termini è il parere richiesto, salvo eventuale diverso avviso delle Autorità Ministeriali competenti.
Confidando di avere fornito i chiarimenti di pertinenza del Consiglio Nazionale, e restando impregiudicate le autonome valutazioni e considerazioni del Consiglio dell’Ordine territoriale, si inviano cordiali saluti.
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   (1) Ricordiamo, infatti, che secondo la sentenza del Consiglio di Stato, 09/02/2012 n. 686, “la ricorrenza del criterio legittimante previsto ex lege –costruzioni civili semplici, con l’uso di metodologie standardizzate– non può essere aprioristicamente escluso sempre e comunque, necessitando di una valutazione caso per caso” (ovvero: occorre sempre analizzare le caratteristiche del caso concreto, con motivazione concernente il singolo progetto; attività che ovviamente non è possibile compiere da parte del CNI, il quale si limita a rendere un parere di massima, di carattere generale, sulla base dei dati e degli elementi a disposizione). La pronuncia citata del Consiglio di Stato è analizzata nella circolare CNI 27/02/2012 n. 23 (Consiglio Nazionale degli Ingegneri, parere 30.12.2019 n. 8748 di prot. - link a www.cni-online.it).

novembre 2019

COMPETENZE PROGETTUALILa Cassazione ribadisce: niente cemento armato per i geometri (e il tecnico dice addio alla parcella). Dichiarato nullo il contratto da 52mila euro per il risanamento statico e funzionale di un condominio.
I geometri non possono progettare interventi su opere in cemento armato, a eccezione di piccole costruzioni rurali.

A ribadire il principio è la Corte di Cassazione, Sez. II civile, con l'ordinanza 12.11.2019 n. 29227, che si conclude con l'annullamento del contratto da oltre 52mila euro stipulato tra un condominio e un tecnico diplomato. A proporre ricorso era stato il geometra di fronte alla marcia indietro del condominio rispetto all'incarico di risanamento statico e funzionale di un edificio a Caserta.
Il condominio si era rifiutato di pagare la parcella per la progettazione dell'intervento in quanto «esorbitante le competenze del geometra che non consentono la progettazione e la direzione dei lavori di costruzioni civili che prevedono come nel caso di specie l'uso del cemento armato».
La Cassazione ricostruisce il ricco ventaglio di norme e giurisprudenza formatasi negli anni sul tema delle competenze dei geometri e conclude rigettando il ricorso del tecnico.
Per la Corte «la disposizione secondo la quale i geometri non siano abilitati a redigere progetti di massima» relative a costruzioni in cemento armato (al di fuori delle piccole costruzioni accessorie rurali previste dal Rd 274/1929, articolo 16, lett. l), «risponde ad una scelta inequivoca del legislatore, dettata da evidenti ragioni di pubblico interesse che lascia all'interprete ristretti margini di discrezionalità» e anzi indica «un preciso requisito, e cioè la natura di annesso agricolo dei manufatti, per le opere eccezionalmente progettabili dai geometri, anche nei casi di impiego di cemento armato» (articolo Edilizia e Territorio del 13.11.2019).
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MASSIMA
   - il motivo non merita accoglimento;
   - l'ermeneutica alternativa proposta dal ricorrente si fonda su una lettura della disciplina normativa contenuta nel r.d. 724/1929 in materia di competenze professionali dei geometri contraria alla sua ratio così come sistematicamente ricostruita dalla giurisprudenza e puntualmente richiamata dal giudice d'appello;
   - appare opportuno ricordare che l'oggetto ed i limiti dell'esercizio professionale di geometra sono regolati dall'art. 16, che all'attività di progettazione, direzione e vigilanza ( o sorveglianza) dedica le lettere l) ed m), rispettivamente riconprendendovi:
- alla lett. l) l'attività di progetto, direzione, sorveglianza e liquidazione di costruzioni rurali e di edifici per uso di industrie agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone; nonché piccole opere inerenti alle aziende agrarie, come strade vicinali senza rilevanti opere d'arte, lavori di irrigazione di bonifica (omissis) esclusa, comunque, la redazione di prospetti generali di bonifica idraulica ed agraria e relativa direzione;
- alla lett. m) l'attività di progetto, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili;
   - occorre, altresì, richiamare per completezza le norme disciplinanti l'esecuzione delle opere di conglomerato cementizio semplice od armato di cui al r.d. 2229 del 1939, il cui articolo 1 prevedeva che ogni opera in conglomerato semplice od armato, la cui stabilità potesse comunque interessare l'incolumità delle persone, dovesse essere costruita in base ad un progetto esecutivo firmato da un ingegnere ovvero da un architetto iscritto nell'albo nei limiti delle rispettive attribuzioni;
   - va chiarito poi che, benché si tratti di disposizione abrogata ad opera del d.lgs. n. 212 del 2010, per i contratti stipulati da un geometra anteriormente all'abrogazione non viene meno la nullità per contrarietà a norme imperative perché, come ritenuto da questa Corte, l'introduzione di una disciplina innovativa e non già interpretativa della normativa vigente non produce effetti retroattivi idonei ad incidere sulla qualificazione degli atti compiuti prima della sua entrata in vigore e non influisce, dunque, sulla invalidità del contratto, regolata dalla legge del tempo in cui lo stesso è stato concluso (cfr. Cass. 19989/2013; id. 6402/2011);
   - nell'ambito del quadro normativo in cui si inserisce la questione posta dal ricorrente, rientra anche la disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica, contenuta nella successiva legge n. 1086/1971, che all'articolo 2, intitolato "Progettazione, direzione ed esecuzione", stabilisce -per quanto qui di interesse- che la costruzione ed esecuzione delle opere deve avvenire in base ad un progetto esecutivo redatto da un ingegnere o architetto o geometra o perito industriale edile iscritti nel relativo albo, nei limiti delle rispettive competenze;
   - inoltre, l'art. 17 della legge 64/1974, in relazione alle costruzioni nelle zone sismiche, dispone che chi intenda procedere a costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni, è tenuto a darne preavviso (omissis) e che alla domanda deve essere unito il progetto, in doppio esemplare e debitamente firmato da un ingegnere, architetto, geometra o perito edile iscritto nell'albo, nei limiti delle rispettive competenze, nonché dal direttore dei lavori;
   - ebbene, ritiene il collegio che il complessivo quadro regolamentare frutto del coordinamento delle sin qui descritte disposizioni normative delinei un sistema coerente la cui consolidata interpretazione debba essere qui ribadita, mentre l'interpretazione alternativa proposta dal ricorrente si fonda, a fronte del mancato riferimento per le costruzioni civili di cui alla lett. m) al cemento armato, su una conclusione interpretativa estensiva del silenzio normativo che non trova conferma né nella disposizione originaria del r.d. 274 del 1929 né nei successivi interventi legislativi;
   -
la disposizione secondo la quale i geometri non siano abilitati a redigere "progetti di massima" ove riguardanti, fuori dalle ipotesi eccezionalmente consentite dalla lett. l), costruzioni richiedenti l'impiego di strutture in cemento armato (cfr. Cass. 19292/2009; id. 17028/2006) risponde ad una scelta inequivoca del legislatore, dettata da evidenti ragioni di pubblico interesse, che lascia all'interprete ristretti margini di discrezionalità, attinenti alla valutazione dei requisiti della modestia della costruzione, della non necessità di complesse operazioni di calcolo e dell'assenza di implicazioni per la pubblica incolumità, indicando invece un preciso requisito, e cioè la natura di annesso agricolo dei manufatti, per le opere eccezionalmente progettabili dai geometri anche nei casi di impiego di cemento armato;
   -
ne consegue l'inammissibilità di un'interpretazione estensiva ed evolutiva della previsione sub lett. m), che, in quanto norma eccezionale, non si presta ad applicazione analogica, non potendosi pervenire ad una diversa conclusione neppure in virtù delle norme -articolo 2 della legge n. 1086/1971 ed articolo 17 della legge n. 64/1974- che disciplinano le costruzioni in cemento armato e quelle in zone sismiche, in quanto le stesse richiamano i limiti delle competenze professionali stabiliti per i geometri dalla vigente normativa professionale (cfr. Cass. 1157/1996; id. 3046/1999; id. 3021/200; id. 27441/2006; id. 19292/2009);
   - sempre con riguardo alla lett. m),
si è ritenuto che il criterio per accertare se una costruzione civile sia da considerare "modesta" consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e l'esecuzione dell'opera comportano e le attività occorrenti per superarle, precisando che assume significativa rilevanza, secondo il criterio tecnico-qualitativo fondato sulla valutazione della struttura dell'edificio e delle relative modalità costruttive, la circostanza che la costruzione sorga in zona sismica, con conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa di cui alla legge n. 64/1974, la quale impone calcoli complessi che esulano dalle competenze professionali dei geometri (cfr. Cass. 8543/2009);
   -
la pregnanza di tale criterio distintivo comporta per la giurisprudenza di legittimità che neppure l'eventuale intervento nella fase esecutiva o di direzione dei lavori di un professionista di categoria a ciò abilitato può sanare la nullità, per violazione di norme imperative, del contratto d'opera professionale di progettazione sottoscritto da un geometra al di fuori dei casi di sua competenza (cfr. Cass. 19292/2009; id. 17028/2006);

COMPETENZE PROGETTUALI: Reati edilizi – Competenze professionali – Architetti, Ingegneri, Geometri – Limiti di competenze del geometra – Progettazione e direzione dei lavori di costruzioni civili – Opere in cemento armato – Opere eccezionalmente progettabili dai geometri – R.D. 274/1929 e Legge 1086/1971 – Legge n. 64/1974 – Giurisprudenza.
La disposizione secondo la quale i geometri non siano abilitati a redigere “progetti di massima” ove riguardanti, fuori dalle ipotesi eccezionalmente consentite dalla lett. l), dell’art. 16, del R.D. 274/1929, costruzioni richiedenti l’impiego di strutture in cemento armato, risponde ad una scelta inequivoca del legislatore, dettata da evidenti ragioni di pubblico interesse, che lascia all’interprete ristretti margini di discrezionalità, attinenti alla valutazione dei requisiti della modestia della costruzione, della non necessità di complesse operazioni di calcolo e dell’assenza di implicazioni per la pubblica incolumità, indicando invece un preciso requisito, e cioè la natura di annesso agricolo dei manufatti, per le opere eccezionalmente progettabili dai geometri anche nei casi di impiego di cemento armato.
Inoltre, deve ritenersi inammissibile l’interpretazione estensiva ed evolutiva della previsione sub lett. m), dell’art. 16, del R.D. 274/1929, che, in quanto norma eccezionale, non si presta ad applicazione analogica, non potendosi pervenire ad una diversa conclusione neppure in virtù delle norme –articolo 2 della legge n. 1086/1971 ed articolo 17 della legge n. 64/1974– che disciplinano le costruzioni in cemento armato e quelle in zone sismiche, in quanto le stesse richiamano i limiti delle competenze professionali stabiliti per i geometri dalla vigente normativa professionale
(Cass. 1157/1996; id. 3046/1999; id. 3021/200; id. 27441/2006; id. 19292/2009).

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Contratti d’opera professionale stipulati anteriormente all’abrogazione dell’art. 1 del R.D. 2229/1939 – Legge del tempo e conclusione del contratto – Abrogazione successiva – Effetti retroattivi – Esclusione.
Nonostante l’art. 1 del R.D. 2229/1939 tratti di disposizione abrogata ad opera del d.lgs. n. 212 del 2010, per i contratti stipulati da un geometra anteriormente all’abrogazione non viene meno la nullità per contrarietà a norme imperative perché l’introduzione di una disciplina innovativa e non già interpretativa della normativa vigente non produce effetti retroattivi idonei ad incidere sulla qualificazione degli atti compiuti prima della sua entrata in vigore e non influisce, dunque, sulla invalidità del contratto, regolata dalla legge del tempo in cui lo stesso è stato concluso (Cass. 19989/2013; id. 6402/2011).
...
Progettazione di costruzione civile “modesta” – Criteri di accertamento e criterio distintivo – Violazione di norme imperative – Nullità del contratto d’opera professionale – Intervento nella fase esecutiva o di direzione dei lavori di professionista abilitato – Insanabilità del vizio.
Il criterio, contenuto alla lett. m) dell’art. 16, del R.D. 274/1929, per accertare se una costruzione civile sia da considerare “modesta” consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e l’esecuzione dell’opera comportano e le attività occorrenti per superarle, precisando che assume significativa rilevanza, secondo il criterio tecnico-qualitativo fondato sulla valutazione della struttura dell’edificio e delle relative modalità costruttive, la circostanza che la costruzione sorga in zona sismica, con conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa di cui alla legge n. 64/1974, la quale impone calcoli complessi che esulano dalle competenze professionali dei geometri (Cass. 8543/2009).
Sicché, la pregnanza di tale criterio distintivo comporta che neppure l’eventuale intervento nella fase esecutiva o di direzione dei lavori di un professionista di categoria a ciò abilitato può sanare la nullità, per violazione di norme imperative, del contratto d’opera professionale di progettazione sottoscritto da un geometra al di fuori dei casi di sua competenza (cfr. Cass. 19292/2009; id. 17028/2006)
(Corte di Cassazione, Sez. II civile, ordinanza 12.11.2019 n. 29227 - link a www.ambientediritto.it).
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SENTENZA
   - con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 16, lett. l) ed m), r.d. 274/1929 per avere la corte territoriale interpretato la norma in esame nel senso di escludere la legittimazione dei geometri alla progettazione, direzione e vigilanza di costruzioni civili in cemento armato;
   - si censura che tale legittimazione sia stata ammessa limitatamente all'ipotesi contemplata nell'art. 16, lett. l), r.d. 274/1929, secondo un'interpretazione restrittiva della previsione normativa in collegamento alla lettera m), che ricomprende nell'oggetto e nei limiti dell'esercizio professionale del geometra "il progetto, la direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili" senza alcun riferimento al cemento armato;
   - tale mancato riferimento avallerebbe, secondo il ricorrente, la tesi secondo la quale il geometra potrebbe progettare e dirigere costruzioni civili in cemento armato purché "modeste", concentrandosi solo su tale limite la definizione del perimetro delle sue competenze e non anche sulla natura "civile" delle stesse;
   - in tale prospettiva interpretativa, il ricorrente censura poi l'interpretazione di "modesta costruzione civile" come intesa nella pronuncia gravata, e cioè secondo un criterio quantitativo piuttosto che secondo un criterio tecnico-qualitativo, ed in ogni caso denuncia la mancata valutazione della circostanza che il ricorso al cemento armato era limitato alle cordonature perimetrali dei solai;
   - il motivo non merita accoglimento;
   - l'ermeneutica alternativa proposta dal ricorrente si fonda su una lettura della disciplina normativa contenuta nel r.d. 724/1929 in materia di competenze professionali dei geometri contraria alla sua ratio così come sistematicamente ricostruita dalla giurisprudenza e puntualmente richiamata dal giudice d'appello;
   - appare opportuno ricordare che l'oggetto ed i limiti dell'esercizio professionale di geometra sono regolati dall'art. 16, che all'attività di progettazione, direzione e vigilanza (o sorveglianza) dedica le lettere l) ed m), rispettivamente riconprendendovi:
alla lett. l) l'attività di progetto, direzione, sorveglianza e liquidazione di costruzioni rurali e di edifici per uso di industrie agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone; nonché piccole opere inerenti alle aziende agrarie, come strade vicinali senza rilevanti opere d'arte, lavori di irrigazione di bonifica (omissis) esclusa, comunque, la redazione di prospetti generali di bonifica idraulica ed agraria e relativa direzione;
alla lett. m) l'attività di progetto, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili;
   - occorre, altresì, richiamare per completezza le norme disciplinanti l'esecuzione delle opere di conglomerato cementizio semplice od armato di cui al r.d. 2229 del 1939, il cui articolo 1 prevedeva che ogni opera in conglomerato semplice od armato, la cui stabilità potesse comunque interessare l'incolumità delle persone, dovesse essere costruita in base ad un progetto esecutivo firmato da un ingegnere ovvero da un architetto iscritto nell'albo nei limiti delle rispettive attribuzioni;
   - va chiarito poi che, benché si tratti di disposizione abrogata ad opera del d.lgs. n. 212 del 2010, per i contratti stipulati da un geometra anteriormente all'abrogazione non viene meno la nullità per contrarietà a norme imperative perché, come ritenuto da questa Corte, l'introduzione di una disciplina innovativa e non già interpretativa della normativa vigente non produce effetti retroattivi idonei ad incidere sulla qualificazione degli atti compiuti prima della sua entrata in vigore e non influisce, dunque, sulla invalidità del contratto, regolata dalla legge del tempo in cui lo stesso è stato concluso (cfr. Cass. 19989/2013; id. 6402/2011);
   - nell'ambito del quadro normativo in cui si inserisce la questione posta dal ricorrente, rientra anche la disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica, contenuta nella successiva legge n. 1086/1971, che all'articolo 2, intitolato "Progettazione, direzione ed esecuzione", stabilisce -per quanto qui di interesse- che la costruzione ed esecuzione delle opere deve avvenire in base ad un progetto esecutivo redatto da un ingegnere o architetto o geometra o perito industriale edile iscritti nel relativo albo, nei limiti delle rispettive competenze;
   - inoltre, l'art. 17 della legge 64/1974, in relazione alle costruzioni nelle zone sismiche, dispone che chi intenda procedere a costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni, è tenuto a darne preavviso (omissis) e che alla domanda deve essere unito il progetto, in doppio esemplare e debitamente firmato da un ingegnere, architetto, geometra o perito edile iscritto nell'albo, nei limiti delle rispettive competenze, nonché dal direttore dei lavori;
   - ebbene, ritiene il collegio che il complessivo quadro regolamentare frutto del coordinamento delle sin qui descritte disposizioni normative delinei un sistema coerente la cui consolidata interpretazione debba essere qui ribadita, mentre l'interpretazione alternativa proposta dal ricorrente si fonda, a fronte del mancato riferimento per le costruzioni civili di cui alla lett. m) al cemento armato, su una conclusione interpretativa estensiva del silenzio normativo che non trova conferma né nella disposizione originaria del r.d. 274 del 1929 né nei successivi interventi legislativi;
   - la disposizione secondo la quale i geometri non siano abilitati a redigere "progetti di massima" ove riguardanti, fuori dalle ipotesi eccezionalmente consentite dalla lett. l), costruzioni richiedenti l'impiego di strutture in cemento armato (cfr. Cass. 19292/2009; id. 17028/2006) risponde ad una scelta inequivoca del legislatore, dettata da evidenti ragioni di pubblico interesse, che lascia all'interprete ristretti margini di discrezionalità, attinenti alla valutazione dei requisiti della modestia della costruzione, della non necessità di complesse operazioni di calcolo e dell'assenza di implicazioni per la pubblica incolumità, indicando invece un preciso requisito, e cioè la natura di annesso agricolo dei manufatti, per le opere eccezionalmente progettabili dai geometri anche nei casi di impiego di cemento armato;
   - ne consegue l'inammissibilità di un'interpretazione estensiva ed evolutiva della previsione sub lett. m), che, in quanto norma eccezionale, non si presta ad applicazione analogica, non potendosi pervenire ad una diversa conclusione neppure in virtù delle norme -articolo 2 della legge n. 1086/1971 ed articolo 17 della legge n. 64/1974- che disciplinano le costruzioni in cemento armato e quelle in zone sismiche, in quanto le stesse richiamano i limiti delle competenze professionali stabiliti per i geometri dalla vigente normativa professionale (cfr. Cass. 1157/1996; id. 3046/1999; id. 3021/200; id. 27441/2006; id. 19292/2009);
   - sempre con riguardo alla lett. m), si è ritenuto che il criterio per accertare se una costruzione civile sia da considerare "modesta" consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e l'esecuzione dell'opera comportano e le attività occorrenti per superarle, precisando che assume significativa rilevanza, secondo il criterio tecnico-qualitativo fondato sulla valutazione della struttura dell'edificio e delle relative modalità costruttive, la circostanza che la costruzione sorga in zona sismica, con conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa di cui alla legge n. 64/1974, la quale impone calcoli complessi che esulano dalle competenze professionali dei geometri (cfr. Cass. 8543/2009);
   - la pregnanza di tale criterio distintivo comporta per la giurisprudenza di legittimità che neppure l'eventuale intervento nella fase esecutiva o di direzione dei lavori di un professionista di categoria a ciò abilitato può sanare la nullità, per violazione di norme imperative, del contratto d'opera professionale di progettazione sottoscritto da un geometra al di fuori dei casi di sua competenza (cfr. Cass. 19292/2009; id. 17028/2006);
   - risulta altresì assorbita la contestazione riguardante il requisito della modesta costruzione civile, dal momento che la valutazione presuppone che non ci sia impiego di cemento armato, giacché la sua presenza esclude ipso facto la competenza del geometra;
   - nel caso di specie, il geometra aveva sostenuto che l'impiego del cemento armato era limitato alle cordonature perimetrali dei solai e che le iniezioni di cemento liquido servivano solo a ricostituire l'eventuale malta tra i conci carenti di legante;
   - tuttavia, tale prospettazione non era stata ritenuta dalla corte territoriale idonea ad escludere l'incidenza sulla struttura portante dell'edificio sicché le verifiche statiche dovevano essere effettuate da un tecnico abilitato (cfr. pag. 11 della sentenza);
   - si tratta di interpretazione delle circostanze di fatto coerente con i principi giurisprudenziali vigenti e, pertanto, esente dalla censura mossa (Corte di Cassazione, Sez. II civile, ordinanza 12.11.2019 n. 29227).

ottobre 2019

COMPETENZE PROGETTUALINel nostro ordinamento, il riparto delle competenze professionali tra la figura dell'ingegnere e quella dell'architetto è tuttora dettato dal R.D. 23.10.1925 n. 2537 che, all'art. 51, riconosce spettanti alla professione d'ingegnere le progettazioni per le costruzioni e per le industrie, per i lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto, di deflusso e di comunicazione, per le costruzioni di ogni specie, per le macchine e gli impianti industriali, nonché in generale applicative della fisica, con i rilievi geometrici e le operazioni di estimo.
Ai sensi dell'art. 52, invece, formano oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad esse relative, ad eccezione delle opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico e il restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla legislazione sui beni culturali, che sono di spettanza esclusiva della professione di architetto.
In sostanza, la competenza professionale dell'architetto concorre con quella dell'ingegnere per la progettazione delle sole opere di edilizia civile, essendo riservate alla professione ingegneristica le progettazioni di tutti i lavori non compresi nella costruzione di edifici.
In estrema sintesi, tutte le progettazioni tecniche che non attengono all'edilizia civile rientrano nell'ambito delle competenze dei soli ingegneri, mentre la progettazione attinente all'edilizia civile può essere svolta anche dagli architetti, oltre che dagli ingegneri.
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È ancora attuale la giurisprudenza del Consiglio di Stato secondo cui la progettazione delle opere viarie, idrauliche ed igieniche, che non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati, sia di pertinenza degli ingegneri, in base all'interpretazione letterale, sistematica e teleologica degli artt. 51, 52 e 54 del R.D..
In particolare, sono ancora attuali le considerazioni svolte a proposito delle opere idrauliche nella sentenza della Sezione IV, 06.04.1998, n. 416 che ha reputato che nell'ampia e comprensiva formulazione dell'art. 51 del R.D. 23.10.1925 n. 2537 ("sono di spettanza della professione d'ingegnere il progetto, la condotta e la stima dei lavori per estrarre trasformare ed utilizzare i materiali direttamente od indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le industrie, dei lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto di deflusso e di comunicazione, alle costruzioni di ogni specie, alle macchine ed agli impianti industriali, nonché, in generale, alle applicazioni della fisica, i rilievi geometrici e le operazioni di estimo") "sono ricomprese le costruzioni stradali, le opere igienico-sanitarie (acquedotti, fognature ed impianti di depurazione), gli impianti elettrici, le opere idrauliche e, di certo, anche le opere di edilizia civile (nella espressione "costruzioni di ogni specie")".
Con la precisazione che -tenuto conto di quanto previsto dall'art. 52, comma 1 ("Formano oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad esse relative") dello stesso Regio Decreto- "non sembra corretto sostenere, su tali basi normative, che la regola da valere, salvo eccezione espressamente individuata, sia quella della equivalenza delle competenze professionali di ingegneri ed architetti".
Pur dovendosi riconoscere che la delimitazione di competenze risultante dalla normativa secondaria è basata su concetti di carattere descrittivo che consentono di adeguare la disciplina all'evoluzione della tecnica e delle qualificazioni professionali, il discrimine tra le due professioni è rimasto segnato anche nelle sopravvenute disposizioni del d.P.R. n. del 2001.
Pertanto, se adeguamenti sono certamente possibili in riferimento al concetto di "edilizia civile", interpretabile estensivamente, restano di appannaggio della professione di ingegnere le opere che richiedono una competenza tecnica specifica e che esulano dall'edilizia civile rientrante nella comune competenza.
In particolare, le opere idrauliche richiedono capacità professionali per l'analisi dei fenomeni idrologici ed idraulici, presupponendo l'applicazione di specifici metodi di calcolo (statistico, idrologico e idraulico).
Pertanto, fatte salve eventuali competenze di altri professionisti (come ad esempio i geologi o i dottori agronomi e forestali), gli ingegneri sono i professionisti abilitati alla progettazione di opere idrauliche o comunque di opere a questa progettazione assimilate o collegate, tanto da richiedere l'applicazione di calcoli idraulici; per contro, gli architetti non possono essere compresi tra i soggetti abilitati alla progettazione di opere idrauliche in quanto, sia ai sensi degli artt. 51 e 52 del R.D. 23.10.1925, n. 2537 sia ai sensi dell'art. 16 del d.P.R. 05.06.2001, n. 328, non hanno competenze riconosciute in materia.
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7.- Fondato viceversa si palesa il ricorso principale proposto dalla D.Pa. Srl assumendo portata decisiva almeno tre delle censure sollevate e potendosi, di conseguenza, dichiarare assorbiti i restanti motivi.
7.1.- Con il primo motivo di gravame parte ricorrente afferma l’invalidità dell'offerta tecnica presentata dalla GG Co. Srl, in quanto la proposta migliorativa dell'aggiudicataria sarebbe stata illegittimamente sottoscritta da un architetto laddove avrebbe dovuto essere firmata da un ingegnere.
Invero, nel rilevare che non è in contestazione la mancata sottoscrizione dei predetti elaborati tecnici dell'offerta della controinteressata da parte di un ingegnere, ritiene il Collegio di non discostarsi dal costante orientamento secondo cui "nel nostro ordinamento, il riparto delle competenze professionali tra la figura dell'ingegnere e quella dell'architetto è tuttora dettato dal R.D. 23.10.1925 n. 2537 che, all'art. 51, riconosce spettanti alla professione d'ingegnere le progettazioni per le costruzioni e per le industrie, per i lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto, di deflusso e di comunicazione, per le costruzioni di ogni specie, per le macchine e gli impianti industriali, nonché in generale applicative della fisica, con i rilievi geometrici e le operazioni di estimo; ai sensi dell'art. 52, invece, formano oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad esse relative, ad eccezione delle opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico e il restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla legislazione sui beni culturali, che sono di spettanza esclusiva della professione di architetto; in sostanza, la competenza professionale dell'architetto concorre con quella dell'ingegnere per la progettazione delle sole opere di edilizia civile, essendo riservate alla professione ingegneristica le progettazioni di tutti i lavori non compresi nella costruzione di edifici" (cfr. TAR Campania, Napoli, I Sezione 20.04.2016 n. 1968; Id. 14.09.2016, n. 4299).
In estrema sintesi tutte le progettazioni tecniche che non attengono all'edilizia civile rientrano nell'ambito delle competenze dei soli ingegneri, mentre la progettazione attinente all'edilizia civile può essere svolta anche dagli architetti, oltre che dagli ingegneri.
È indubbio che, nella specie, il Disciplinare di gara prevedeva espressamente che gli elaborati costituenti l'offerta migliorativa fossero "timbrati e firmati da un tecnico abilitato alla professione", nondimeno un tale riferimento non poteva considerarsi come preventiva autorizzazione alla sottoscrizione da parte di un architetto allorché il contenuto dell'offerta migliorativa concretamente proposta imponesse, viceversa, la sottoscrizione di un ingegnere, secondo l'ordinamento generale.
In altri termini, il riferimento contenuto nel disciplinare testé riportato doveva essere letto secondo diritto nel senso che occorreva comunque la sottoscrizione da parte di un tecnico abilitato -un ingegnere ovvero un architetto a seconda del contenuto dell'offerta migliorativa- con la conseguenza che nel caso di interventi di carattere non edilizio, e quindi non di competenza di un architetto, la proposta avrebbe dovuto essere sottoscritta da un ingegnere, in quanto unico tecnico abilitato a farlo, non potendo la lex specialis derogare al riparto di competenze ed imponendosi una sua lettura come operante un rinvio alle norme che disciplinano le competenze delle figure professionali menzionate (ingegnere e architetto).
Tanto premesso, nel caso di specie, gli interventi oggetto della proposta migliorativa, non consistevano in attività di carattere edilizio concretandosi nella progettazione di opere idrauliche e fognarie.
Pertanto, deve concludersi, stante l’inidoneità del suddetto professionista a sottoscrivere validamente la relazione compresa nell'offerta tecnica, che quest’ultima avrebbe dovuto essere esclusa (non potendosi ammettere il soccorso istruttorio con riguardo al contenuto dell'offerta), in applicazione della disposizione del bando di gara che prescriveva, a pena di esclusione, la sottoscrizione degli elaborati dell'offerta tecnica, oltre che dal legale rappresentante della ditta, anche da un tecnico "abilitato", dovendosi a tal fine intendere un tecnico in possesso del titolo prescritto dalla legge per sottoscrivere il progetto con le migliorie proposte dai concorrenti.
È ancora attuale, invero, la giurisprudenza del Consiglio di Stato secondo cui la progettazione delle opere viarie, idrauliche ed igieniche, che non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati, sia di pertinenza degli ingegneri, in base all'interpretazione letterale, sistematica e teleologica degli artt. 51, 52 e 54 del R.D. (cfr. CDS sez. V, 06.04.1998, n. 416; sez. IV, 19.02.1990, n. 92; sez. III, 11.12.1984, n. 1538; sez. IV, 22.05.2000, n. 2938).
In particolare, sono ancora attuali le considerazioni svolte a proposito delle opere idrauliche nella sentenza della Sezione IV, 06.04.1998, n. 416 che -richiamando la sentenza della sez. IV, n. 92 del 17.02.1990 ed il parere della sez. III, n. 1538 dell'11.12.1984- ha reputato che nell'ampia e comprensiva formulazione dell'art. 51 del R.D. 23.10.1925 n. 2537 ("sono di spettanza della professione d'ingegnere il progetto, la condotta e la stima dei lavori per estrarre trasformare ed utilizzare i materiali direttamente od indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le industrie, dei lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto di deflusso e di comunicazione, alle costruzioni di ogni specie, alle macchine ed agli impianti industriali, nonché, in generale, alle applicazioni della fisica, i rilievi geometrici e le operazioni di estimo") "sono ricomprese le costruzioni stradali, le opere igienico-sanitarie (acquedotti, fognature ed impianti di depurazione), gli impianti elettrici, le opere idrauliche e, di certo, anche le opere di edilizia civile (nella espressione "costruzioni di ogni specie")".
Con la precisazione che -tenuto conto di quanto previsto dall'art. 52, comma 1 ("Formano oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad esse relative") dello stesso Regio Decreto- "non sembra corretto sostenere, su tali basi normative, che la regola da valere, salvo eccezione espressamente individuata, sia quella della equivalenza delle competenze professionali di ingegneri ed architetti".
Pur dovendosi riconoscere che la delimitazione di competenze risultante dalla normativa secondaria è basata su concetti di carattere descrittivo che consentono di adeguare la disciplina all'evoluzione della tecnica e delle qualificazioni professionali (come osservato da Cons. Stato, IV, n. 4866/2009 e id., VI, n. 1550/2013 cit.), il discrimine tra le due professioni è rimasto segnato anche nelle sopravvenute disposizioni del d.P.R. n. del 2001.
Pertanto, se adeguamenti sono certamente possibili in riferimento al concetto di "edilizia civile", interpretabile estensivamente (cfr. Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., 21.01.2005, n. 9), restano di appannaggio della professione di ingegnere le opere che richiedono una competenza tecnica specifica e che esulano dall'edilizia civile rientrante nella comune competenza.
In particolare, le opere idrauliche richiedono capacità professionali per l'analisi dei fenomeni idrologici ed idraulici, presupponendo l'applicazione di specifici metodi di calcolo (statistico, idrologico e idraulico).
Pertanto, fatte salve eventuali competenze di altri professionisti (come ad esempio i geologi o i dottori agronomi e forestali), per quanto qui rileva, gli ingegneri sono i professionisti abilitati alla progettazione di opere idrauliche o comunque di opere a questa progettazione assimilate o collegate, tanto da richiedere l'applicazione di calcoli idraulici; per contro, gli architetti non possono essere compresi tra i soggetti abilitati alla progettazione di opere idrauliche in quanto, sia ai sensi degli artt. 51 e 52 del R.D. 23.10.1925, n. 2537 sia ai sensi dell'art. 16 del d.P.R. 05.06.2001, n. 328, non hanno competenze riconosciute in materia.
In conclusione, deve ritenersi violato da parte dell'aggiudicataria il punto del bando, che imponeva, a pena di esclusione, la sottoscrizione degli elaborati da parte di un tecnico abilitato, in quanto l'offerta tecnica di quest'ultima era stata sottoscritta da un architetto, mentre -per il contenuto delle proposte migliorative- avrebbe dovuto essere sottoscritta da un ingegnere.
Tale profilo di illegittimità avrebbe dovuto imporre alla stazione appaltante l'esclusione della concorrente poi divenuta aggiudicataria, tra l'altro, senza alcuna possibilità di soccorso istruttorio, trattandosi di criticità direttamente inerenti l’offerta (Consiglio di Stato sez. V, 21/11/2018, n. 6593) (TAR Campania-Salerno, Sez. I, sentenza 03.10.2019 n. 1704 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

luglio 2019

COMPETENZE PROGETTUALINel nostro ordinamento, il riparto delle competenze professionali tra la figura dell’ingegnere e quella dell’architetto è tuttora dettato dal R.D. 23.10.1925 n. 2537 che, all’art. 51, riconosce spettanti alla professione d'ingegnere le progettazioni per le costruzioni e per le industrie, per i lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto, di deflusso e di comunicazione, per le costruzioni di ogni specie, per le macchine e gli impianti industriali, nonché in generale applicative della fisica, con i rilievi geometrici e le operazioni di estimo.
Ai sensi dell’art. 52, invece, formano oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad esse relative, ad eccezione delle opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico e il restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla legislazione sui beni culturali, che sono di spettanza esclusiva della professione di architetto.
In sostanza, la competenza professionale dell’architetto concorre con quella dell’ingegnere per la progettazione delle sole opere di edilizia civile, essendo riservate alla professione ingegneristica le progettazioni di tutti i lavori non compresi nella costruzione di edifici.
In estrema sintesi tutte le progettazioni tecniche che non attengono all’edilizia civile rientrano nell’ambito delle competenze dei soli ingegneri, mentre la progettazione attinente all’edilizia civile può essere svolta anche dagli architetti, oltre che dagli ingegneri.
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Con il secondo motivo di ricorso parte ricorrente afferma che l’aggiudicataria avrebbe dovuto essere esclusa, in quanto la sua offerta tecnica, per la parte relativa alla componente impiantistica dei gas medicali, sarebbe stata illegittimamente sottoscritta da un architetto e non invece da un ingegnere, secondo quanto disposto dagli artt. 51, 52 e 54 del R.D. 13.10.1925 n. 2537 recante il Regolamento per le professioni di ingegnere e di architetto.
Il rilievo è fondato.
Sul punto il Collegio ritiene di non discostarsi dal proprio orientamento di recente confermato, secondo cui “nel nostro ordinamento, il riparto delle competenze professionali tra la figura dell’ingegnere e quella dell’architetto è tuttora dettato dal R.D. 23.10.1925 n. 2537 che, all’art. 51, riconosce spettanti alla professione d'ingegnere le progettazioni per le costruzioni e per le industrie, per i lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto, di deflusso e di comunicazione, per le costruzioni di ogni specie, per le macchine e gli impianti industriali, nonché in generale applicative della fisica, con i rilievi geometrici e le operazioni di estimo; ai sensi dell’art. 52, invece, formano oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad esse relative, ad eccezione delle opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico e il restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla legislazione sui beni culturali, che sono di spettanza esclusiva della professione di architetto; in sostanza, la competenza professionale dell’architetto concorre con quella dell’ingegnere per la progettazione delle sole opere di edilizia civile, essendo riservate alla professione ingegneristica le progettaioni di tutti i lavori non compresi nella costruzione di edifici” (cfr. TAR Campania, Napoli, I Sez. I, 20.04.2016 n. 1968; Id. 14.09.2016, n. 4299).
In estrema sintesi tutte le progettazioni tecniche che non attengono all’edilizia civile rientrano nell’ambito delle competenze dei soli ingegneri, mentre la progettazione attinente all’edilizia civile può essere svolta anche dagli architetti, oltre che dagli ingegneri (cfr. TAR Campania, Sez. I, 15.01.2019, n. 231).
Ora, è vero che il Disciplinare di gara (pag. 10) prevedeva espressamente che la documentazione relativa all’offerta tecnica dovesse essere timbrata e firmata “da un tecnico abilitato alla professione (ingegnere e/o architetto)”, ma tale riferimento doveva essere letto secondo diritto nel senso, cioè, che occorreva comunque la sottoscrizione da parte di un tecnico abilitato -un ingegnere ovvero un architetto a seconda del contenuto dell’offerta tecnica- con la conseguenza che nel caso di interventi di carattere non edilizio, e quindi non di competenza di un architetto, la proposta dovesse essere sottoscritta da un ingegnere, in quanto unico tecnico abilitato a farlo, non potendo la lex specialis derogare al riparto di competenze legislativamente disegnato, ma anzi dovendo essere letta (in tal senso deve intendersi l’alternativa “e/o" di cui al Disciplinare) come operante un rinvio alle predette norme di legge.
Del resto, ai fini della valutazione delle competenze necessarie alla sottoscrizione della parte impiantistica, occorre tenere conto che nel caso di specie oggetto dell’offerta migliorativa era un impianto relativo a gas medicali, ovvero una tipologia di intervento che non rientra nell’ambito delle opere ancillari a quelle civili (ad esempio impianti idraulici ed elettrici ad uso abitativo) sulle quali si potrebbe ipotizzare una competenza anche degli architetti, trattandosi di opere, appunto, normalmente collegate a quelle edili/civili.
Invece, l’impianto in questione è autonomo rispetto alle opere edilizie ed è verosimilmente connotato da proprie peculiarità tecniche di tipo ingegneristico, non rilevando quale fosse l’incidenza percentuale di tale lavorazione rispetto a quelle complessivamente richieste (cfr. Cons. Stato, sez. V, 21.11.2018, n. 2018) e senza che potesse ammettersi soccorso istruttorio, atteso che la sottoscrizione da parte di un professionista “abilitato” costituiva un elemento qualificante dell’offerta la cui mancanza era sanzionata espressamente a pena di esclusione nel Disciplinare.
In definitiva il motivo si rivela fondato l’offerta della controinteressata andava esclusa secondo quanto previsto espressamente dal Disciplinare.
Il ricorso deve pertanto essere accolto e l’aggiudicazione deve essere annullata, mentre nulla deve essere disposto con riguardo alla domanda di declaratoria di inefficacia del contratto e di subentro, avendo l’ASL intimata dichiarato che il contratto non è stato ancora stipulato (TAR Campania-Napoli, Sez. I, sentenza 30.07.2019 n. 4169 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALIE' nullo il contratto di affidamento della direzione dei lavori di costruzioni civili ad un geometra, ove la progettazione richieda l'esecuzione, anche parziale, dei calcoli in cemento armato, attività demandata agli ingegneri, attese le limitate competenze attribuite ai geometri dall'art. 16 del r.d. n. 274 del 1929.
Tuttavia, verificare in quali limiti l'opera sia da considerare modesta ovvero implichi l'utilizzo di cemento armato implica evidentemente accertamenti in fatto, essendosi specificamente precisato che la violazione delle norme imperative sui limiti dei poteri del professionista, stabiliti dalla legge professionale (nella specie, l'art. 16 del R.D. 11.02.1929 n. 274, che consente al geometra la progettazione, la direzione o la vigilanza di modeste costruzioni civili), determina la nullità del contratto di opera professionale, rilevabile, ai sensi dell'art. 1421 cod. civ., anche d'ufficio, in ogni stato e grado del procedimento, incontrando tale principio, in sede di legittimità, il limite del divieto degli accertamenti di fatto (nella specie, l'accertamento relativo alla modesta importanza della costruzione), sicché nel giudizio di cassazione la nullità è rilevabile solo se siano acquisiti agli atti tutti gli elementi di fatto dai quali possa desumersene l'esistenza.

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2. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 1141 (rectius 1421 c.c.) e dell'art. 16 del r.d. n. 274/1929.
Rileva la ricorrente che nel corso del giudizio di merito aveva eccepito che il contratto intercorso tra le parti aveva ad oggetto la progettazione di un capannone industriale di rilevanti dimensioni e con struttura in cemento armato che esorbitava dalle competenze che la legge riserva al geometra.
Ciò implica la nullità del contratto e l'assenza del diritto al corrispettivo da parte dell'opposto.
Il motivo è infondato.
La Corte d'Appello è pervenuta al rigetto della deduzione circa la nullità del contratto professionale intercorso tra le parti, in quanto avente ad oggetto la progettazione di opere che esulavano da quelle che la legge riserva alla competenza del geometra, non già ritenendo di escludere il rilievo d'ufficio della nullità ex art. 1421 c.c., né tanto meno ritenendo che l'eccezione di nullità fosse stata tardivamente sollevata (e ciò avendo ribadito che quella in esame costituisce un'eccezione in senso lato, liberamente deducibile in sede di appello e comunque rilevabile in ogni stato e grado anche d'ufficio), ma piuttosto osservando che non era stata in precedenza, e nei termini segnati dal codice di rito, contestata la ricorrenza dei fatti costitutivi della pretesa attorea, ed in particolare il possesso in capo al Pe. della qualifica professionale per svolgere l'incarico per il quale era stato richiesto ed ottenuto il decreto ingiuntivo.
Ed, invero, ribadita la correttezza del principio richiamato in ricorso, circa la possibilità per il giudice, anche in sede di legittimità di poter rilevare d'ufficio la nullità del contratto i cui effetti sono oggetto di causa (come nel caso in cui venga richiesto il pagamento del corrispettivo), principio che ha ricevuto ampia e definitiva consacrazione negli interventi delle Sezioni Unite di cui alle sentenze nn. 26242 e 26243 del 2014, va del pari ribadita la correttezza della conclusione secondo cui (cfr. da ultimo Cass. n. 5871/2016) è nullo il contratto di affidamento della direzione dei lavori di costruzioni civili ad un geometra, ove la progettazione richieda l'esecuzione, anche parziale, dei calcoli in cemento armato, attività demandata agli ingegneri, attese le limitate competenze attribuite ai geometri dall'art. 16 del r.d. n. 274 del 1929 (conf. Cass. n. 6402/2011; Cass. n. 19292/2009).
Tuttavia, verificare in quali limiti l'opera sia da considerare modesta ovvero implichi l'utilizzo di cemento armato implica evidentemente accertamenti in fatto (così Cass. n. 8543/2009), essendosi specificamente precisato che (cfr. Cass. n. 8576/1994) la violazione delle norme imperative sui limiti dei poteri del professionista, stabiliti dalla legge professionale (nella specie, l'art. 16 del R.D. 11.02.1929 n. 274, che consente al geometra la progettazione, la direzione o la vigilanza di modeste costruzioni civili), determina la nullità del contratto di opera professionale, rilevabile, ai sensi dell'art. 1421 cod. civ., anche d'ufficio, in ogni stato e grado del procedimento, incontrando tale principio, in sede di legittimità, il limite del divieto degli accertamenti di fatto (nella specie, l'accertamento relativo alla modesta importanza della costruzione), sicché nel giudizio di cassazione la nullità è rilevabile solo se siano acquisiti agli atti tutti gli elementi di fatto dai quali possa desumersene l'esistenza.
Alla luce di tali considerazioni, il riferimento alla non contestazione operato dal giudice di appello deve correttamente essere inteso come correlato alla circostanza che i fatti sulla scorta dei quali il Pe. reclamava il suo diritto al compenso, ivi inclusa la loro idoneità a giustificare la validità dell'incarico, non fossero mai stati in precedenza contestati, e che quindi l'asserzione solo in comparsa conclusionale circa l'invalidità del contratto, in assenza della dimostrazione dell'effettiva ricorrenza delle condizioni per ritenere invalidamente assunto l'incarico di progettazione, non consentiva alla Corte di merito di accedere alla tesi della nullità.
Il motivo di ricorso appare peraltro sul punto evidentemente carente del requisito di specificità, assumendo apoditticamente che si tratterebbe della progettazione di un capannone industriale di rilevanti dimensioni con struttura in cemento armato, senza però in alcun modo individuare le fonti di prova già raccolte nel giudizio di merito dalle quali si potrebbe evincere l'effettiva ricorrenza dei presupposti fondanti il rilievo di nullità (e ciò anche a tacere del fatto che in controricorso il Pe. richiama i progetti e le planimetrie progettuali elaborate e sottoscritte da un professionista abilitato al compimento di tali attività, adducendo che l'incarico conferitogli non implicasse lo svolgimento di alcuna attività di tipo progettuale concernente parti strutturali fondanti o comunque in cemento armato, né lo svolgimento dell'attività di direttore dei lavori) (Corte di Cassazione, Sez. II civile, ordinanza 29.07.2019 n. 20438).

COMPETENZE PROGETTUALIE' ancora attuale la ripartizione delle competenze tra architetti e ingegneri risultante dagli artt. 51 e 52 del R.D. 23.10.1925, n. 2537 (Regolamento per le professioni d’ingegnere e di architetto) e succ. mod., in quanto le previsioni regolamentari sono espressamente mantenute in vigore dall’art. 1 del d.P.R. n. 328 del 05.06.2001, oltre che dagli artt. 16 (per gli architetti) e 46, comma 2 (per gli ingegneri iscritti alla sezione A), di cui allo stesso d.P.R., e sono compatibili col nuovo assetto degli studi, perciò tuttora applicabili.
Pertanto, la progettazione delle opere viarie, idrauliche ed igieniche, che non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati, è di pertinenza degli ingegneri, in base all'interpretazione letterale, sistematica e teleologica degli artt. 51, 52 e 54 del R.D..

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   1) – la competenza concorrente di ingegneri e architetti si ha soltanto nell’ambito delle opere di edilizia civile e per gli impianti tecnologici strettamente connessi a edifici e fabbricati ed in tale senso ha deciso questo Consiglio di Stato nella sentenza n. 1550/2013 citata dagli appellanti;
Restano pertanto di competenza esclusiva degli ingegneri, ai sensi dell’art. 51 del R.D. n. 2357 del 1925, gli interventi edilizi ed urbanistici che consistano in “progettazione di costruzioni stradali, opere igienico-sanitarie, impianti elettrici, opere idrauliche”, quando non siano connessi a determinati edifici o fabbricati, cioè attengano alle opere di urbanizzazione primaria.
In senso contrario non si può argomentare, nel caso di specie, mediante il riferimento ad alcuni soltanto dei lavori di somma urgenza indicati dal Comune, per i quali varrebbe la competenza concorrente (poiché attinenti ad opere riguardanti edifici, scolastici o vincolati), senza considerare che nell’ordinanza sindacale n. 179 del 2014 sono elencati numerosi altri lavori non connessi ad edifici (interventi di riparazione di ponti, strade e infrastrutture idrauliche) e di portata tale da dover essere ascritti alla competenza esclusiva degli ingegneri.
Analogamente è a dirsi per le opere inserite nel Piano Triennale dei Lavori Pubblici, che comprende interventi dell’un tipo e dell’altro, e comunque interventi relativi alla viabilità ed alle infrastrutture di competenza esclusiva degli ingegneri;
   2) - quanto alla competenza esclusiva degli architetti sugli immobili di interesse storico-artistico, non risulta significativo, nell’economia della sentenza di primo grado, il riferimento alla competenza concorrente degli ingegneri per quanto riguarda la “parte tecnica”.
Piuttosto, il primo giudice ha inteso sottolineare, non tanto la marginalità in assoluto della competenza esclusiva degli architetti che interessa gli edifici civili con rilevante carattere artistico e quelli vincolati, quanto la marginale importanza che tali competenze rivestono se riferite al Settore Lavori Pubblici di un comune –tanto più che tale affermazione trova riscontro concreto nel Piano Triennale dei Lavori Pubblici del Comune che prevede un numero piuttosto ridotto di interventi su immobili vincolati.
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4. I motivi possono essere trattati unitariamente, prendendo le mosse dalla giurisprudenza richiamata in sentenza e negli atti di parte, secondo cui è ancora attuale la ripartizione delle competenze tra architetti e ingegneri risultante dagli artt. 51 e 52 del R.D. 23.10.1925, n. 2537 (Regolamento per le professioni d’ingegnere e di architetto) e succ. mod., in quanto le previsioni regolamentari sono espressamente mantenute in vigore dall’art. 1 del d.P.R. n. 328 del 05.06.2001, oltre che dagli artt. 16 (per gli architetti) e 46, comma 2 (per gli ingegneri iscritti alla sezione A), di cui allo stesso d.P.R., e sono compatibili col nuovo assetto degli studi, perciò tuttora applicabili (come riconosciuto da Cons. Stato, IV, 05.06.2009, n. 4866 e id., VI, 15.03.2013, n. 1550, nonché di recente id., V, 21.11.2018, n. 6593).
Pertanto, la progettazione delle opere viarie, idrauliche ed igieniche, che non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati, è di pertinenza degli ingegneri, in base all'interpretazione letterale, sistematica e teleologica degli artt. 51, 52 e 54 del R.D. (cfr. Cons. Stato, IV, 22.05.2000, n. 2938; id., V, 06.04.1998, n. 416; id., IV, 19.02.1990, n. 92).
4.1. Tutto ciò premesso, i motivi di appello, come appresso richiamati mediante l’indicazione del numero, vanno respinti per le ragioni seguenti:
   1) – la competenza concorrente di ingegneri e architetti si ha soltanto nell’ambito delle opere di edilizia civile e per gli impianti tecnologici strettamente connessi a edifici e fabbricati ed in tale senso ha deciso questo Consiglio di Stato nella sentenza n. 1550/2013 citata dagli appellanti; restano pertanto di competenza esclusiva degli ingegneri, ai sensi dell’art. 51 del R.D. n. 2357 del 1925, gli interventi edilizi ed urbanistici che consistano in “progettazione di costruzioni stradali, opere igienico-sanitarie, impianti elettrici, opere idrauliche”, quando non siano connessi a determinati edifici o fabbricati, cioè attengano alle opere di urbanizzazione primaria; in senso contrario non si può argomentare, nel caso di specie, mediante il riferimento ad alcuni soltanto dei lavori di somma urgenza indicati dal Comune di Novi Ligure, per i quali varrebbe la competenza concorrente (poiché attinenti ad opere riguardanti edifici, scolastici o vincolati), senza considerare che nell’ordinanza sindacale n. 179 del 2014 sono elencati numerosi altri lavori non connessi ad edifici (interventi di riparazione di ponti, strade e infrastrutture idrauliche) e di portata tale da dover essere ascritti alla competenza esclusiva degli ingegneri; analogamente è a dirsi per le opere inserite nel Piano Triennale dei Lavori Pubblici, che comprende interventi dell’un tipo e dell’altro, e comunque interventi relativi alla viabilità ed alle infrastrutture di competenza esclusiva degli ingegneri;
   2) - quanto alla competenza esclusiva degli architetti sugli immobili di interesse storico-artistico, non risulta significativo, nell’economia della sentenza di primo grado, il riferimento alla competenza concorrente degli ingegneri per quanto riguarda la “parte tecnica” (che trova parziale smentita nel precedente di questo Consiglio di Stato n. 12/2014 citato dagli appellanti); piuttosto, il primo giudice ha inteso sottolineare, non tanto la marginalità in assoluto della competenza esclusiva degli architetti che interessa gli edifici civili con rilevante carattere artistico e quelli vincolati, quanto la marginale importanza che tali competenze rivestono se riferite al Settore Lavori Pubblici di un comune –tanto più che tale affermazione trova riscontro concreto nel Piano Triennale dei Lavori Pubblici del Comune di Novi Ligure che prevede un numero piuttosto ridotto di interventi su immobili vincolati (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 17.07.2019 n. 5012 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

gennaio 2019

INCARICHI PROGETTUALIPrestazione professionale senza iscrizione all'Albo: niente compenso. Cassazione: è irrilevante la circostanza che l’elaborato sia controfirmato da un altro professionista competente in materia.
Con l'ordinanza 24.01.2019 n. 2038, la Corte di Cassazione -Sez. II civile- ha confermato che l'esecuzione di una prestazione d'opera professionale di natura intellettuale, effettuata da chi non sia iscritto nell'apposito albo previsto dalla legge, dà luogo a nullità assoluta del rapporto tra professionista e cliente, privando il contratto di qualsiasi effetto, in contrario non rilevando la circostanza che il progetto dell'opera realizzando risulti redatto da altro professionista (un ingegnere) cui quello incaricato (un geometra) si sia al riguardo rivolto, dal personale possesso del titolo abilitante da parte di quest'ultimo dipendendo la validità del negozio.
Secondo l'orientamento giurisprudenziale della suprema Corte, ricorda la sentenza, “la progettazione e la direzione di opere da parte di un geometra in materia riservata alla competenza professionale degli ingegneri e degli architetti sono illegittime, cosicché a rendere legittimo un progetto redatto da un geometra non rileva che esso sia controfirmato o vistato da un ingegnere ovvero che un ingegnere esegua i calcoli del cemento armato e diriga le relative opere, perché è il professionista competente che deve essere, altresì, titolare della progettazione, trattandosi di incombenze che devono essere inderogabilmente affidate dal committente al professionista abilitato secondo il proprio statuto professionale, sul quale gravano le relative responsabilità” (commento tratto da www.casaeclima.com).
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MASSIMA
10. Con il quinto motivo, il ricorrente Lo.Sa., lamentando la violazione e l'erronea interpretazione ed applicazione dell'art. 16 del r.d. n. 274 del 1929, dell'art. 17 della l. n. 64 del 1974, dell'art. 2 della l. n. 1086 del 1981 nonché degli artt. 1418 e 2231 c.c., in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d'appello ha rigettato la domanda riconvenzionale proposta ritenendo che il contratto di prestazione d'opera professionale stipulato da un geometra, tutte le volte in cui il progetto prevede l'adozione, anche in minima parte, di strutture in cemento armato in una futura costruzione civile, è nullo ai sensi dell'art. 1418 c.c., per violazione di una norma imperativa, e non dà diritto ad alcun compenso, laddove, al contrario, in base alle norme previste dal r.d. n. 274 del 1929, che disciplina le competenze professionali del geometra, dalla l. n. 144 del 1949, che ha approvato la relativa tariffa, dal r.d. n. 2229 del 1939, dalla successiva l. n. 1086 del 1971 e dalla l. n. 64 del 1964, rientra nella competenza dei geometri anche la progettazione di costruzioni di cemento armato, purché, secondo un'indagine da svolgere caso per caso, tali costruzioni, sotto il profilo tecnico-qualitativo, rientrino, per i problemi tecnici che implicano, nella loro competenza professionale, al pari della direzione dei relativi lavori, e che, secondo il criterio economico-quantitativo, non comportino pericoli per l'incolumità pubblica.
11. Il motivo è infondato.
Il ricorrente, infatti, ha riproposto argomenti già più volte esaminati e disattesi dal
la giurisprudenza civile di questa Corte, la quale ha costantemente evidenziato come ai geometri sia solo consentita, ai sensi della norma contenuta nell'art. 16, lett. m), del r.d. n. 274 del 1929, la progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione in ogni caso di opere che prevedono l'impiego di strutture in cemento armato, a meno che non si tratti di piccoli manufatti accessori, nell'ambito di fabbricati agricoli o destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per l'incolumità pubblica.
Peraltro, trattandosi di una scelta inequivoca del legislatore dettata da evidenti ragioni di pubblico interesse,
i limitati margini di discrezionalità accordati all'interprete attengono soltanto alla valutazione dei requisiti della modestia delle costruzioni, della non necessità di complesse operazioni di calcolo ed all'assenza di implicazioni per la pubblica incolumità, mentre invece, per l'altra condizione, costituita dalla natura di annesso agricolo o industriale agricolo dei manufatti, eccezionalmente progettabili dagli anzidetti tecnici anche nei casi di impiego di cemento armato, non vi sono margini di sorta, attesa la chiarezza e tassatività del precetto normativo, esigente un preciso requisito (la suddetta destinazione), che o c'è o non c'è.
Disattesa, per le suesposte considerazioni, la possibilità di un'interpretazione estensiva della citata disposizione, deve altresì escludersi, ai sensi dell'art. 14 disp. gen., l'applicabilità analogica della deroga, contenuta nell'art 16, lett. m), del r.d. cit., al generale divieto di progettazione di opere in cemento armato, in considerazione della evidenziata natura eccezionale della norma, che pertanto non si presta, de iure condito, ad adattamenti di tipo "evolutivo", quale che sia la meritevolezza delle esigenze al riguardo prospettate.
Va ancora precisato, per completezza, che di nessun apporto alla suddetta tesi è il richiamo alle previsioni contenute nei testi normativi disciplinanti le costruzioni in cemento armato e quelle nelle zone sismiche, considerato che sia l'art. 2 della l. n. 1086 del 1971, sia l'art. 17 della l. n. 64 del 1974 fanno riferimento, per quanto attiene alla progettazioni in questione da parte delle varie categorie di professionisti, ai limiti delle rispettive competenze, così chiaramente rinviando, senza introdurre autonomi ed innovativi criteri attributivi di competenza, alle previgenti rispettive normative professionali di riferimento, tra le quali, dunque, per quanto riguarda i geometri, quella in precedenza esaminata, che è rimasta immutata (Cass. n. 19292 del 2009; conf., Cass. n. 27441 del 2006; Cass. n. 6649 del 2005; Cass. n. 3021 del 2005; Cass. n. 5961 del 2004; Cass. n. 15327 del 2000; Cass. n. 5873 del 2000; Cass. n. 3046 del 1999; Cass. n. 1157 del 1996).
Ne
consegue la nullità del contratto di affidamento della direzione dei lavori di costruzioni civili ad un geometra, ove la progettazione richieda l'esecuzione, anche parziale, dei calcoli in cemento armato, trattandosi di attività demandata agli ingegneri, attese le limitate competenze attribuite ai geometri dall'art. 16 del r.d. n. 274 del 1929 (Cass. n. 5871 del 2016; Cass. n. 19989 del 2013, per cui il contratto di progettazione e direzione dei lavori relativo a costruzioni civili che adottino strutture in cemento armato stipulato da un geometra anteriormente all'abrogazione -ad opera del d.lgs. n. 212 del 2010- del r.d. n. 2229 del 1939, è nullo in quanto contrario a norme imperative, sul rilievo che la menzionata abrogazione, comportando l'introduzione di una disciplina innovativa e non già interpretativa della normativa previgente, non ha prodotto effetti retroattivi idonei ad incidere sulla qualificazione degli atti compiuti prima della sua entrata in vigore e non ha, dunque, influito sulla invalidità del contratto, regolata dalla legge del tempo in cui lo stesso è stato concluso).
La decisione impugnata è, dunque, sul punto giuridicamente corretta: la corte d'appello, infatti, dopo aver accertato, in fatto, che l'edificio progettato dal ricorrente era destinato ad abitazione e richiedeva la realizzazione di opere in cemento armato, ha giustamente ritenuto la nullità del relativo contatto trattandosi di progetto redatto da un geometra in materia estranea alla relativa competenza professionale.
...
14. Con il settimo motivo, il ricorrente Lo.Sa., lamentando la violazione e l'erronea interpretazione ed applicazione dell'art. 16 del r.d. n. 274 del 1929, dell'art. 17 della l. n. 64 del 1974, dell'art. 2 della l. n. 1086 del 1981 nonché degli artt. 1418 e 2231 c.c., in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d'appello, in accoglimento dell'eccezione di nullità contrattuale, ha rigettato la domanda riconvenzionale proposta ritenendo irrilevante che l'attività di progettazione e di direzione dei lavori delle strutture in cemento armato fosse stata eseguita, in accordo con i committenti, dall'arch.
Da., laddove, in realtà, ove il tecnico laureto abbia assunto, in modo esplicito, sia nei confronti del committente privato, che della pubblica amministrazione, la responsabilità per tutti quei profili che nell'ottica della tutela della pubblica incolumità richiedono specificamente il suo intervento, la normativa di legge sulle competenze professionali non può dirsi violata.
15. Il motivo è infondato.
Escluso, infatti, per quanto in precedenza esposto, ogni rilievo ai fatti che la sentenza non ha espressamente rappresentato quali oggetto del suo accertamento, non avendo il ricorrente dedotto il come e il quando ne avesse fatto allegazione nel corso del giudizio di merito, la Corte non può che ribadire il principio per cui il progetto redatto da un geometra in materia riservata alla competenza professionale degli ingegneri è illegittimo, a nulla rilevando né che sia stato controfirmato da un ingegnere, né che un ingegnere abbia eseguito i calcoli del cemento armato e diretto le relative opere, perché è il professionista competente che deve essere, altresì, titolare della progettazione, assumendosi la relativa responsabilità.
Ne consegue che, nella suddetta ipotesi, il rapporto tra il geometra ed il cliente è radicalmente nullo ed al primo non spetta alcun compenso per l'opera svolta, ai sensi dell'art. 2231 c.c. (Cass. n. 6402 del 2011).
È appena il caso di ricordare che nell'ambito della disciplina normativa sopra evidenziato, dal quale emerge una chiara ripartizione di competenze tra geometri ed altri professionisti in riferimento alla progettazione ed alla direzione di opere relative a costruzioni ed edifici, trova fondamento l'orientamento giurisprudenziale di questa Corte, dal quale non vi sono ragioni per discostarsi, secondo cui la progettazione e la direzione di opere da parte di un geometra in materia riservata alla competenza professionale degli ingegneri e degli architetti sono illegittime, cosicché a rendere legittimo un progetto redatto da un geometra non rileva che esso sia controfirmato o vistato da un ingegnere ovvero che un ingegnere esegua i calcoli del cemento armato e diriga le relative opere, perché è il professionista competente che deve essere, altresì, titolare della progettazione, trattandosi di incombenze che devono essere inderogabilmente affidate dal committente al professionista abilitato secondo il proprio statuto professionale, sul quale gravano le relative responsabilità.
Anche per tale ragione, dunque, correttamente la sentenza impugnata ha concluso per la nullità del contratto (Cass. n. 3021 del 2005, secondo cui,
per il disposto dell'art. 2231 c.c., l'esecuzione di una prestazione d'opera professionale di natura intellettuale effettuata da chi non sia iscritto nell'apposito albo previsto dalla legge, dà luogo a nullità assoluta del rapporto tra professionista e cliente, privando il contratto di qualsiasi effetto, in contrario non rilevando la circostanza che il progetto dell'opera realizzando risulti redatto da altro professionista (nel caso, un ingegnere) cui quello incaricato (nel caso, un geometra) si sia al riguardo rivolto, dal personale possesso del titolo abilitante da parte di quest'ultimo dipendendo la validità del negozio).

COMPETENZE PROGETTUALINel nostro ordinamento, il riparto delle competenze professionali tra la figura dell’ingegnere e quella dell’architetto è tuttora dettato dal R.D. 23.10.1925 n. 2537 che, all’art. 51, riconosce spettanti alla professione d'ingegnere le progettazioni per le costruzioni e per le industrie, per i lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto, di deflusso e di comunicazione, per le costruzioni di ogni specie, per le macchine e gli impianti industriali, nonché in generale applicative della fisica, con i rilievi geometrici e le operazioni di estimo.
Ai sensi dell’art. 52, invece, formano oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad esse relative, ad eccezione delle opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico e il restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla legislazione sui beni culturali, che sono di spettanza esclusiva della professione di architetto.
In sostanza, la competenza professionale dell’architetto concorre con quella dell’ingegnere per la progettazione delle sole opere di edilizia civile, essendo riservate alla professione ingegneristica le progettazioni di tutti i lavori non compresi nella costruzione di edifici.
In estrema sintesi, tutte le progettazioni tecniche che non attengono all’edilizia civile rientrano nell’ambito delle competenze dei soli ingegneri, mentre la progettazione attinente all’edilizia civile può essere svolta anche dagli architetti, oltre che dagli ingegneri.
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Con il primo motivo di gravame parte ricorrente afferma che l’offerta tecnica sarebbe invalida, in quanto la proposta migliorativa dell’aggiudicataria sarebbe stata illegittimamente sottoscritta da un architetto laddove avrebbe dovuto essere firmata da un ingegnere.
Invero, nel rilevare che non è in contestazione la mancata sottoscrizione dei predetti elaborati tecnici dell’offerta della controinteressata da parte di un ingegnere, ritiene il Collegio di non discostarsi dal proprio recente orientamento secondo cui “nel nostro ordinamento, il riparto delle competenze professionali tra la figura dell’ingegnere e quella dell’architetto è tuttora dettato dal R.D. 23.10.1925 n. 2537 che, all’art. 51, riconosce spettanti alla professione d'ingegnere le progettazioni per le costruzioni e per le industrie, per i lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto, di deflusso e di comunicazione, per le costruzioni di ogni specie, per le macchine e gli impianti industriali, nonché in generale applicative della fisica, con i rilievi geometrici e le operazioni di estimo; ai sensi dell’art. 52, invece, formano oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad esse relative, ad eccezione delle opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico e il restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla legislazione sui beni culturali, che sono di spettanza esclusiva della professione di architetto; in sostanza, la competenza professionale dell’architetto concorre con quella dell’ingegnere per la progettazione delle sole opere di edilizia civile, essendo riservate alla professione ingegneristica le progettazioni di tutti i lavori non compresi nella costruzione di edifici” (cfr. TAR Campania, Napoli, I Sezione 20.04.2016 n. 1968; Id. 14.09.2016, n. 4299).
In estrema sintesi tutte le progettazioni tecniche che non attengono all’edilizia civile rientrano nell’ambito delle competenze dei soli ingegneri, mentre la progettazione attinente all’edilizia civile può essere svolta anche dagli architetti, oltre che dagli ingegneri.
Ora, è vero che il Disciplinare di gara prevedeva espressamente che gli elaborati costituenti l’offerta migliorativa fossero “timbrati e firmati da un tecnico abilitato alla professione (ingegnere o architetto)”, nondimeno un tale riferimento non può considerarsi come preventiva autorizzazione alla sottoscrizione da parte di un architetto allorché il contenuto dell’offerta migliorativa concretamente proposta imponesse, invece, la sottoscrizione di un ingegnere, secondo l’ordinamento generale.
In altri termini, il riferimento contenuto nel disciplinare testé riportato doveva essere letto secondo diritto nel senso, cioè, che occorreva comunque la sottoscrizione da parte di un tecnico abilitato -un ingegnere ovvero un architetto a seconda del contenuto dell’offerta migliorativa- con la conseguenza che nel caso di interventi di carattere non edilizio, e quindi non di competenza di un architetto, la proposta dovesse essere sottoscritta da un ingegnere, in quanto unico tecnico abilitato a farlo, non potendo la lex specialis derogare al riparto di competenze ma anzi dovendo essere letta come operante un rinvio alle norme che disciplinano le competenze delle figure professionali menzionate (ingegnere e architetto).
Ciò premesso, nel caso di specie gli interventi oggetto della proposta migliorativa, come evidenziato anche nel parere formulato dall’Ordine degli Architetti, non consistono in attività di carattere edilizio concretandosi nelle seguenti:
   - Integrazione del Tubo Microfessurato;
   - Sostituzione tubazioni PEAD DE450 SN 2 con tubazioni PE DE 500 ECOPAL SN1+6;
   - Miglioramento dell’impermeabilizzazione della Vasca di Stoccaggio;
   - Sostituzione Tubazioni PE 80 DE90 MMPFA 8 con PE80DE 90 PFA 12,5;
   - Sostituzione di Pozzetti in PEAD DI Derivazione/Linea/Ispezione compensi di Soletta;
   - Sostituzione Vasche n. 2 in CLS con Materiale Plastico;
   - Impianto di Emungimento Acque ausiliarie;
   - Sistema di Stoccaggio delle Acque di Falda Contaminate Ausiliario.
Che non si tratti di mera fornitura come sostenuto dalla controinteressata La Castellese, si evince dalla lettura dell’offerta migliorativa dove, tra l’altro, si propone la realizzazione di un nuovo pozzo di estrazione percolato, la fornitura e posa in opera di un serbatoio per lo stoccaggio di acqua drenante, la fornitura e posa in opera di un nuovo impianto elettrico, la revisione delle tubazioni, ecc.
Sul punto, come evidenziato anche da parte ricorrente, il parere dell’Ordine degli architetti prodotto dalla controinteressata non appare coerente con i presupposti da esso stesso posti, laddove afferma che <<non rientrano tra le competenze degli architetti, la progettazione e collaudo di: - opere stradali, sistemi fognari, reti idriche, reti elettriche, reti telefoniche, impianti tecnici e tecnologici, quando non sono direttamente connesse alla realizzazione di un intervento edilizio” - impianti di depurazione, le opere idrauliche, gli acquedotti rurali, impianti di edilizia industriale>>; mentre si conclude nel senso che gli interventi proposti con riguardo alla discarica sarebbero invece inclusi nelle competenze degli architetti anche se all’evidenza non sono stati proposti solo interventi edilizi, ma anche di tipo impiantistico ovvero interventi che esulano dalle competenze degli architetti, come affermato nello stesso parere menzionato.
Pertanto, deve concludersi per la inidoneità del suddetto professionista a sottoscrivere validamente la relazione compresa nell’offerta tecnica con la conseguenza che essa avrebbe dovuto essere esclusa (non potendosi ammettere il soccorso istruttorio con riguardo al contenuto dell’offerta), in applicazione della disposizione del bando di gara che prescriveva, a pena di esclusione, la sottoscrizione degli elaborati dell’offerta tecnica, oltre che dal legale rappresentante della ditta, anche da un tecnico “abilitato”, dovendosi a tal fine intendere un tecnico in possesso del titolo prescritto dalla legge per sottoscrivere il progetto con le migliorie proposte dai concorrenti.
Come visto nella fattispecie, le migliorie che ha proposto la controinteressata ricorrente incidentale comportavano interventi che avrebbero richiesto la sottoscrizione -secondo quanto prescritto dai più volte menzionati artt. 51, 52 e 54 del R.D. 23.10.1925 n. 2537- da parte di un ingegnere avendo carattere non edilizio (TAR Campania-Napoli, Sez. I, sentenza 15.01.2019 n. 213 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

dicembre 2018

COMPETENZE PROGETTUALI: In ordine alla delimitazione delle competenze tra l’attività dei geometri e quella degli ingegneri, possono riportarsi le puntuali e condivisibili cui è giunta la giurisprudenza laddove si precisa quanto segue: “A norma dell'art. 16, lett. m), r.d. 11.02.1929, n. 274, e come si desume anche dalle ll. 05.11.1971, n. 1086, e 02.02.1974, n. 64, che hanno rispettivamente disciplinato le opere in conglomerato cementizio e le costruzioni in zone sismiche, nonché dalla l. 02.03.1949, n. 144 (recante la tariffa professionale), esula dalla competenza dei geometri la progettazione di costruzioni civili con strutture in cemento armato, trattandosi di attività che, qualunque ne sia l'importanza, è riservata solo agli ingegneri ed agli architetti iscritti nei relativi albi professionali.
Solo le opere in cemento armato relative a piccole costruzioni accessorie rientrano nella competenza dei geometri, risultando ininfluente che il calcolo del cemento armato sia stato affidato ad un ingegnere o ad un architetto.
In buona sostanza, la competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l'adozione -anche parziale- di strutture in cemento armato; solo in via di eccezione, si estende anche a queste strutture, a norma della lett. l) del medesimo articolo 16, r.d. n. 274 cit., purché si tratti di piccole costruzioni accessorie nell'ambito di edifici rurali o destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone.
Per il resto, la suddetta competenza è comunque esclusa nel campo delle costruzioni civili ove si adottino strutture in cemento armato, la cui progettazione e direzione, qualunque ne sia l'importanza è pertanto riservata solo agli ingegneri ed architetti iscritti nei relativi albi professionali; sotto tale angolazione deve escludersi che le innovazioni introdotte nei programmi scolastici degli istituti tecnici possano ritenersi avere ampliato, mediante l'inclusione tra le materie di studio di alcuni argomenti attinenti alle strutture in cemento armato, le competenze professionali dei medesimi.
I limiti posti dall'art. 16, lett. m) cit. alla competenza professionale dei geometri:
   a) rispondono ad una scelta inequivoca del legislatore, dettata da evidenti ragioni di pubblico interesse, che lascia all'interprete ristretti margini di discrezionalità, attinenti alla valutazione dei requisiti della modestia della costruzione, della non necessità di complesse operazioni di calcolo e dell'assenza di implicazioni per la pubblica incolumità;
   b) indicano, di contro, un preciso requisito, ovverosia la natura di annesso agricolo dei manufatti, per le opere eccezionalmente progettabili dai predetti tecnici anche nei casi di impiego di cemento armato.
E’ pertanto esclusa la possibilità di un'interpretazione estensiva o "evolutiva" di tale disposizione, che, in quanto norma eccezionale, non si presta ad applicazione analogica, non potendosi pervenire ad una diversa conclusione neppure in virtù delle norme -art. 2, l. 05.11.1971, n. 1086, e art. 17, l. 02.02.1974, n. 64- che disciplinano le costruzioni in cemento armato e quelle in zone sismiche, in quanto le stesse richiamano i limiti delle competenze professionali stabiliti per i geometri dalla vigente normativa professionale.
Il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta -e quindi se la sua progettazione rientri nella competenza professionale dei geometri- consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e l'esecuzione dell'opera comportano e le capacità occorrenti per superarle; a questo fine, mentre non è decisivo il mancato uso del cemento armato (ben potendo anche una costruzione "non modesta" essere realizzata senza di esso), assume significativa rilevanza il fatto che la costruzione sorga in zona sismica, con conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa di cui alla l. n. 64 cit., la quale impone calcoli complessi che esulano dalle competenze professionali dei geometri".

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6. Con il secondo e quinto motivo di appello si contesta il capo di sentenza che ha ravvisato la violazione dell’art. 16 del r.d. n. 274/1929 con riferimento alla professionalità specifica del geometra che ha redatto –come nella vicenda qui in esame- il progetto di ricostruzione di un edificio sulla cui base è stata rilasciata la concessione edilizia ritenuta illegittima dal giudice di prime cure.
In particolare, con il secondo motivo si lamenta: Mancata valutazione di un fatto. Omesso esame di motivo di diritto. Pronuncia ultra petita della sentenza di primo grado.
Il progetto della struttura, contrariamente a quanto affermato nella sentenza gravata, era assistito da progetto strutturale redatto da ingegnere. Su tale argomento il Tribunale non si pronuncia nonostante l'argomento sia stato spiegato a pag. 6 della memoria del 09.05.2012. Quindi, il progetto della struttura è stato all'origine redatto da un architetto mentre il geometra ha redatto il progetto d'insieme facendo proprie le valutazioni e gli elaborati relativi alla struttura già realizzati dal progettista laureato.
6.1. Con il quinto motivo si lamenta: Ulteriore violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Erroneità della motivazione. Carenza di presupposto.
Il Comune –con il presente motivo– riprende le considerazioni già svolte in riferimento alla professionalità specifica del geometra che dovrebbe essere parametrata al carattere modesto della costruzione aspetto questo rimesso alla piena discrezionalità tecnica del Comune e, dunque, sottratto alla valutazione del Collegio.
6.2. I motivi sono infondati.
Rispetto alle questioni agitate nella presente controversia il Collegio ritiene di dover richiamare il condiviso approdo giurisprudenziale cui è pervenuto il Consiglio di Stato (V, 23.02.2015, n. 883; su cui pure CGA, sentenza n. 74 del 03.03.2017) che in una vicenda del tutto analoga a quella qui in discussione ha avuto modo di precisare che: "In ordine alla delimitazione delle competenze tra l’attività dei geometri e quella degli ingegneri, possono riportarsi le puntuali e condivisibili cui è giunta la giurisprudenza, come si evincono dalla sentenza di questa stessa Sezione n. 2537 del 28.04.2011, nella quale si precisa quanto segue: “A norma dell'art. 16, lett. m), r.d. 11.02.1929, n. 274, e come si desume anche dalle ll. 05.11.1971, n. 1086, e 02.02.1974, n. 64, che hanno rispettivamente disciplinato le opere in conglomerato cementizio e le costruzioni in zone sismiche, nonché dalla l. 02.03.1949, n. 144 (recante la tariffa professionale), esula dalla competenza dei geometri la progettazione di costruzioni civili con strutture in cemento armato, trattandosi di attività che, qualunque ne sia l'importanza, è riservata solo agli ingegneri ed agli architetti iscritti nei relativi albi professionali.
Solo le opere in cemento armato relative a piccole costruzioni accessorie rientrano nella competenza dei geometri, risultando ininfluente che il calcolo del cemento armato sia stato affidato ad un ingegnere o ad un architetto.
In buona sostanza, la competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l'adozione -anche parziale- di strutture in cemento armato; solo in via di eccezione, si estende anche a queste strutture, a norma della lett. l) del medesimo articolo 16, r.d. n. 274 cit., purché si tratti di piccole costruzioni accessorie nell'ambito di edifici rurali o destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone.
Per il resto, la suddetta competenza è comunque esclusa nel campo delle costruzioni civili ove si adottino strutture in cemento armato, la cui progettazione e direzione, qualunque ne sia l'importanza è pertanto riservata solo agli ingegneri ed architetti iscritti nei relativi albi professionali; sotto tale angolazione deve escludersi che le innovazioni introdotte nei programmi scolastici degli istituti tecnici possano ritenersi avere ampliato, mediante l'inclusione tra le materie di studio di alcuni argomenti attinenti alle strutture in cemento armato, le competenze professionali dei medesimi.
I limiti posti dall'art. 16, lett. m) cit. alla competenza professionale dei geometri:
   a) rispondono ad una scelta inequivoca del legislatore, dettata da evidenti ragioni di pubblico interesse, che lascia all'interprete ristretti margini di discrezionalità, attinenti alla valutazione dei requisiti della modestia della costruzione, della non necessità di complesse operazioni di calcolo e dell'assenza di implicazioni per la pubblica incolumità;
   b) indicano, di contro, un preciso requisito, ovverosia la natura di annesso agricolo dei manufatti, per le opere eccezionalmente progettabili dai predetti tecnici anche nei casi di impiego di cemento armato.
E’ pertanto esclusa la possibilità di un'interpretazione estensiva o "evolutiva" di tale disposizione, che, in quanto norma eccezionale, non si presta ad applicazione analogica, non potendosi pervenire ad una diversa conclusione neppure in virtù delle norme -art. 2, l. 05.11.1971, n. 1086, e art. 17, l. 02.02.1974, n. 64- che disciplinano le costruzioni in cemento armato e quelle in zone sismiche, in quanto le stesse richiamano i limiti delle competenze professionali stabiliti per i geometri dalla vigente normativa professionale.
Il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta -e quindi se la sua progettazione rientri nella competenza professionale dei geometri- consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e l'esecuzione dell'opera comportano e le capacità occorrenti per superarle; a questo fine, mentre non è decisivo il mancato uso del cemento armato (ben potendo anche una costruzione "non modesta" essere realizzata senza di esso), assume significativa rilevanza il fatto che la costruzione sorga in zona sismica, con conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa di cui alla l. n. 64 cit., la quale impone calcoli complessi che esulano dalle competenze professionali dei geometri.".

Nella fattispecie qui in esame la concessione edilizia impugnata attiene alla ricostruzione di un edificio di tre elevazioni in zona sismica. Si tratta di un aspetto che il giudice di prime cure ha giustamente posto in rilievo e che depone nel senso della illegittimità della concessione impugnata per essere il progetto redatto da un geometra, mentre nessun rilievo può assumere il fatto che il parere favorevole del Genio Civile di Catania sia stato espresso sul progetto strutturale redatto da un architetto, perché trattasi di un aspetto estraneo alla doglianza avanzata dai ricorrenti introduttivi che hanno dedotto l’illegittimità della concessione edilizia perché il progetto di ricostruzione dell’edificio in questione è stato elaborato da un geometra.
Conseguentemente il Comune si è illegittimamente determinato in senso favorevole ai richiedenti, non curante che il territorio comunale ricade in zona sismica e che la ricostruzione di un edificio di tre elevazioni non può considerarsi un’opera modesta
(CGARS, sentenza 31.12.2018 n. 1041 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

novembre 2018

COMPETENZE PROGETTUALI: Gli architetti non hanno competenze riconosciute in materia di opere idrauliche, la quali sono riservate ai soli ingegneri.
E' ancora attuale la giurisprudenza di questo Consiglio che ha ritenuto che la progettazione delle opere viarie, idrauliche ed igieniche, che non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati, sia di pertinenza degli ingegneri, in base all'interpretazione letterale, sistematica e teleologica degli artt. 51, 52 e 54 del R.D..
In particolare, sono ancora attuali le considerazioni già svolte -a proposito delle opere idrauliche- secondo cui nell’ampia e comprensiva formulazione dell'art. 51 del R.D. 23.10.1925 n. 2537 (“sono di spettanza della professione d’ingegnere il progetto, la condotta e la stima dei lavori per estrarre trasformare ed utilizzare i materiali direttamente od indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le industrie, dei lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto di deflusso e di comunicazione, alle costruzioni di ogni specie, alle macchine ed agli impianti industriali, nonché, in generale, alle applicazioni della fisica, i rilievi geometrici e le operazioni di estimo") “sono ricomprese le costruzioni stradali, le opere igienico-sanitarie (acquedotti, fognature ed impianti di depurazione), gli impianti elettrici, le opere idrauliche e, di certo, anche le opere di edilizia civile (nella espressione "costruzioni di ogni specie”)”
Con la precisazione che -tenuto conto di quanto previsto dall’art. 52, comma 1 (“Formano oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad esse relative”) dello stesso Regio Decreto- “non sembra corretto sostenere, su tali basi normative, che la regola da valere, salvo eccezione espressamente individuata, sia quella della equivalenza delle competenze professionali di ingegneri ed architetti”.
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Pur dovendosi riconoscere che la delimitazione di competenze risultante dalla normativa secondaria è basata su concetti di carattere descrittivo che consentono di adeguare la disciplina all’evoluzione della tecnica e delle qualificazioni professionali, il discrimine tra le due professioni è rimasto segnato anche nelle sopravvenute disposizioni del d.P.R. n. del 2001.
Pertanto, se adeguamenti sono certamente possibili in riferimento al concetto di “edilizia civile”, interpretabile estensivamente, restano di appannaggio della professione di ingegnere le opere che richiedono una competenza tecnica specifica e che esulano dall’edilizia civile rientrante nella comune competenza.
In particolare, le opere idrauliche, in specie interferenti con fiumi e corsi d’acqua, quali quelle oggetto dell’appalto de quo, richiedono capacità professionali per l’analisi dei fenomeni idrologici ed idraulici e presuppongono l’applicazione di specifici metodi di calcolo (statistico, idrologico e idraulico).
Le nozioni relative vengono impartite nei corsi di laurea universitari della classe della Ingegneria civile e ambientale, nei cui piani di studio sono inseriti –come esposto anche nella relazione del verificatore- gli insegnamenti riguardanti i settori scientifico disciplinari ICAR/01 “Idraulica” e ICAR/02 “Costruzioni idrauliche e Marittime e Idrologia” (D.M. Miur 04.10.2000).
Pertanto, fatte salve eventuali competenze di altri professionisti (come ad esempio i geologi o i dottori agronomi e forestali), per quanto qui rileva, gli ingegneri sono i professionisti abilitati alla progettazione di opere idrauliche fluviali e di corsi d’acqua, o comunque di opere a questa progettazione assimilate o collegate, tanto da richiedere l’applicazione di calcoli idraulici; per contro, gli architetti non possono essere compresi tra i soggetti abilitati alla progettazione di opere idrauliche in quanto, sia ai sensi degli artt. 51 e 52 del R.D. 23.10.1925, n. 2537 sia ai sensi dell’art. 16 del d.P.R. 05.06.2001, n. 328, non hanno competenze riconosciute in materia.
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6. In risposta al secondo quesito –che è stato formulato tenendo conto di quanto dedotto col terzo motivo di gravame a proposito del superamento, per gli attuali percorsi formativi universitari, della ripartizione di competenze di cui agli artt. 51 e 52 del R.D. n. 2537 del 1925- il verificatore ha dato atto che “i curricula di studio dei laureati in architettura non contengono alcun insegnamento delle discipline idrauliche, settori ICAR/01 e ICAR/02” ed ha aggiunto che tra i due corsi di laurea vi è diversità di “approccio metodologico generale”, pur riconoscendo che l’autonomia degli atenei “permetta differenziazioni anche significative nello stesso corso di laurea tra atenei diversi”.
Quindi, in riferimento all’ateneo presso il quale ha conseguito la laurea magistrale il tecnico sottoscrittore dell’offerta tecnica dell’aggiudicataria, ha concluso nel senso che -anche tenuto conto della “zona di confine ambiguo” rappresentata dalla c.d. ingegneria naturalistica- essendo comunque previsti nel caso di specie interventi attinenti “l’idraulica fluviale”, il laureato in architettura era privo delle necessarie competenze, anche se in possesso di laurea specialistica della classe 4S (Architettura e Ingegneria Edile) di cui all’allegato 1 del D.M. 28.11.2000.
6.1. Le conclusioni raggiunte dal verificatore sono coerenti con la normativa di riferimento.
Considerate le deduzioni dell’appellante, è opportuno prendere le mosse dal D.P.R. 05.06.2001, n. 328 (Modifiche ed integrazioni della disciplina dei requisiti per l’ammissione all’esame di Stato e delle relative prove per l’esercizio di talune professioni, nonché della disciplina dei relativi ordinamenti), che è stato emanato proprio al fine di tenere conto dei nuovi percorsi formativi di accesso (lauree e lauree specialistiche) alla diverse professioni e di differenziare, in base a tali percorsi, sia le attività professionali consentite a ciascuna categoria professionale che i requisiti di ammissione agli esami di Stato (cfr. Cons. Stato, V. n. 776/2016 cit.).
L’impianto normativo sopravvenuto -pur lasciando fermo l’ambito stabilito dalla previgente normativa in ordine alle attività attribuite o riservate, in via esclusiva o meno, a ciascuna professione (art. 1, comma 2)- prevede, quanto alle attività professionali (art. 9):
   - per la professione di architetto (art. 16), in possesso di laurea specialistica (sezione A dell’Albo) – settore architettura (unico rilevante nella specie), che “formano oggetto dell’attività professionale … ai sensi e per gli effetti dell’art. 1, comma 2, restando immutate le riserve e attribuzioni già stabilite dalla vigente normativa, le attività già stabilite dalle disposizioni vigenti nazionali ed europee per la professione di architetto, ed in particolare quelle che implicano l’uso di metodologie avanzate, innovative o sperimentali”;
   - per la professione di ingegnere (artt. 45-46), in possesso di laurea specialistica (sezione A dell’Albo) –iscritti al settore a (sezione degli ingegneri- settore civile e ambientale), che le attività professionali che formano oggetto della professione sono: “la pianificazione, la progettazione, lo sviluppo, la direzione lavori, la stima, il collaudo, la gestione, la valutazione di impatto ambientale di opere edili e strutture, infrastrutture, territoriali e di trasporto, di opere per la difesa del suolo e per il disinquinamento e la depurazione, di opere geotecniche, di sistemi e impianti civili e per l’ambiente e il territorio”.
6.2. Orbene, tale normativa sull’assetto degli ordinamenti professionali, in relazione ai percorsi formativi di nuova istituzione, conclusi rispettivamente con laurea triennale o con laurea magistrale, conserva la ripartizione delle competenze tra architetti e ingegneri risultante dagli artt. 51 e 52 del R.D. 23.10.1925, n. 2537 (Regolamento per le professioni d’ingegnere e di architetto) e succ. mod..
Si tratta infatti di normativa secondaria (peraltro, nell’insieme, ripetutamente modificata e integrata da leggi e decreti successivi), non solo espressamente mantenuta in vigore dal menzionato art. 1 del d.P.R. n. 328 del 2001, oltre che dagli artt. 16 (per gli architetti) e 46, comma 2 (per gli ingegneri iscritti alla sezione A), ma compatibile col nuovo assetto degli studi, perciò tuttora applicabile (come, d’altronde, riconosciuto anche da diversi precedenti giurisprudenziali, tra cui Cons. Stato, IV, 05.06.2009, n. 4866 e id., VI, 15.03.2013, n. 1550).
6.3. Allora, è ancora attuale la giurisprudenza di questo Consiglio, richiamata nella sentenza appellata, che ha ritenuto che la progettazione delle opere viarie, idrauliche ed igieniche, che non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati, sia di pertinenza degli ingegneri, in base all'interpretazione letterale, sistematica e teleologica degli artt. 51, 52 e 54 del R.D. (cfr. sez. V, 06.04.1998, n. 416; sez. IV, 19.02.1990, n. 92; sez. III, 11.12.1984, n. 1538; sez. IV, 22.05.2000, n. 2938).
In particolare, sono ancora attuali le considerazioni svolte a proposito delle opere idrauliche nella sentenza della Sezione IV, 06.04.1998, n. 416 che –richiamando la sentenza della sez. IV, n. 92 del 17.02.1990 ed il parere della sez. III, n. 1538 dell’11.12.1984- ha reputato che nell’ampia e comprensiva formulazione dell'art. 51 del R.D. 23.10.1925 n. 2537 (“sono di spettanza della professione d’ingegnere il progetto, la condotta e la stima dei lavori per estrarre trasformare ed utilizzare i materiali direttamente od indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le industrie, dei lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto di deflusso e di comunicazione, alle costruzioni di ogni specie, alle macchine ed agli impianti industriali, nonché, in generale, alle applicazioni della fisica, i rilievi geometrici e le operazioni di estimo") “sono ricomprese le costruzioni stradali, le opere igienico-sanitarie (acquedotti, fognature ed impianti di depurazione), gli impianti elettrici, le opere idrauliche e, di certo, anche le opere di edilizia civile (nella espressione "costruzioni di ogni specie”)”
Con la precisazione che -tenuto conto di quanto previsto dall’art. 52, comma 1 (“Formano oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad esse relative”) dello stesso Regio Decreto- “non sembra corretto sostenere, su tali basi normative, che la regola da valere, salvo eccezione espressamente individuata, sia quella della equivalenza delle competenze professionali di ingegneri ed architetti”.
6.4. Pur dovendosi riconoscere che la delimitazione di competenze risultante dalla normativa secondaria è basata su concetti di carattere descrittivo che consentono di adeguare la disciplina all’evoluzione della tecnica e delle qualificazioni professionali (come osservato da Cons. Stato, IV, n. 4866/2009 e id., VI, n. 1550/2013 cit.), il discrimine tra le due professioni è rimasto segnato anche nelle sopravvenute disposizioni del d.P.R. n. del 2001.
Pertanto, se adeguamenti sono certamente possibili in riferimento al concetto di “edilizia civile”, interpretabile estensivamente (cfr. Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., 21.01.2005, n. 9), restano di appannaggio della professione di ingegnere le opere che richiedono una competenza tecnica specifica e che esulano dall’edilizia civile rientrante nella comune competenza.
In particolare, le opere idrauliche, in specie interferenti con fiumi e corsi d’acqua, quali quelle oggetto dell’appalto de quo, richiedono capacità professionali per l’analisi dei fenomeni idrologici ed idraulici e presuppongono l’applicazione di specifici metodi di calcolo (statistico, idrologico e idraulico).
Le nozioni relative vengono impartite nei corsi di laurea universitari della classe della Ingegneria civile e ambientale, nei cui piani di studio sono inseriti –come esposto anche nella relazione del verificatore- gli insegnamenti riguardanti i settori scientifico disciplinari ICAR/01 “Idraulica” e ICAR/02 “Costruzioni idrauliche e Marittime e Idrologia” (D.M. Miur 04.10.2000).
Pertanto, fatte salve eventuali competenze di altri professionisti (come ad esempio i geologi o i dottori agronomi e forestali), per quanto qui rileva, gli ingegneri sono i professionisti abilitati alla progettazione di opere idrauliche fluviali e di corsi d’acqua, o comunque di opere a questa progettazione assimilate o collegate, tanto da richiedere l’applicazione di calcoli idraulici; per contro, gli architetti non possono essere compresi tra i soggetti abilitati alla progettazione di opere idrauliche in quanto, sia ai sensi degli artt. 51 e 52 del R.D. 23.10.1925, n. 2537 sia ai sensi dell’art. 16 del d.P.R. 05.06.2001, n. 328, non hanno competenze riconosciute in materia.
6.5. Giova aggiungere alla disamina normativa fin qui svolta che, a seguito della verificazione, si è anche accertato in concreto il piano di studi prescritto per il conferimento della laurea specialistica della classe 4S (Architettura e Ingegneria Edile) conseguita presso l’Università degli Studi di Napoli dall’architetto incaricato da Co.Ge.Par. s.r.l. e si è constatata la mancanza di specifici insegnamenti di discipline idrauliche.
7. In conclusione, è corretta la sentenza impugnata laddove, ritenendo violato da parte dell’aggiudicataria il punto XI.3 del bando, che imponeva, a pena di esclusione, la sottoscrizione degli elaborati da parte di un tecnico abilitato, ha concluso per l’illegittimità dell’aggiudicazione in favore di Co.Ge.Par. s.r.l., in quanto l’offerta tecnica di quest’ultima era sottoscritta da un architetto, mentre -per il contenuto delle proposte migliorative- avrebbe dovuto essere sottoscritta da un ingegnere.
Tale profilo di illegittimità avrebbe dovuto imporre alla stazione appaltante l’esclusione della concorrente poi divenuta aggiudicataria, tra l’altro, senza alcuna possibilità di soccorso istruttorio, trattandosi di criticità direttamente inerenti all’offerta.
L’appello va respinto (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 21.11.2018 n. 6593 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALISi rammenta che
   - il citato art. 51 stabilisce: “Sono di spettanza della professione d'ingegnere, il progetto, la condotta e la stima dei lavori per estrarre, trasformare ed utilizzare i materiali direttamente od indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le industrie, dei lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto, di deflusso e di comunicazione, alle costruzioni di ogni specie, alle macchine ed agli impianti industriali, nonché in generale alle applicazioni della fisica, i rilievi geometrici e le operazioni di estimo”;
   - l’art. 54, secondo e terzo comma, prevede: “Coloro che abbiano conseguito il diploma di laurea d'ingegnere-architetto presso gli istituti d'istruzione superiore indicati nell'art. 1 della legge entro il 31.12.1924, ovvero lo conseguiranno entro il 31.12.1925, giusta le norme stabilite dall'art. 6 del R.D. 31.12.1923, n. 2909, sono autorizzati a compiere anche le mansioni indicate nell'art. 51 del presente regolamento, eccettuate le applicazioni industriali. La presente disposizione è applicabile anche a coloro che abbiano conseguito il diploma di architetto civile nei termini suddetti, ad eccezione però di quanto riguarda le applicazioni industriali e della fisica, nonché i lavori relativi alle vie, ai mezzi di comunicazione e di trasporto e alle opere idrauliche”.
Ciò detto, esse sfuggono alla competenza degli architetti, non rientrando nel concetto di edilizia civile di cui all’art. 52 (“Formano oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad esse relative. Tuttavia le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico ed il restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla L. 20.06.1909, n. 364, per l'antichità e le belle arti, sono di spettanza della professione di architetto; ma la parte tecnica ne può essere compiuta tanto dall'architetto quanto dall'ingegnere”), ancorché tale concetto sia considerato nella sua accezione più vasta, richiamata dalla giurisprudenza. Invero, “si può affermare che il concetto di ‘opere di edilizia civile’ si estenda sicuramente oltre gli ambiti più specificamente strutturali, fino a ricomprendere l’intero complesso degli impianti tecnologici a corredo del fabbricato, e quindi non solo gli impianti idraulici ma anche quelli di riscaldamento compresi nell’edificazione”.
Deve ancora rammentarsi che, nello stabilire l’ampiezza delle competenze riconosciute, rispettivamente, agli ingegneri e agli architetti ai sensi del combinato disposto degli articoli 51 e 52 dello stesso regio decreto n. 2537 del 1925, la giurisprudenza ha confermato l’orientamento tradizionale, in ordine alla ricomprensione nell’esclusivo appannaggio della professione di ingegnere delle opere di carattere più marcatamente tecnico-scientifico, di ingegneria idraulica, di ammodernamento e ampliamento della rete idrica comunale.
Recentemente la Sezione ha affermato che “Il r.d. 23.10.1925 n. 2537 recante il regolamento delle professioni di architetto e di ingegnere esclude per via degli artt. 51 e 54, comma 3, senza dubbi interpretativi la possibilità che un architetto possa, in luogo di un ingegnere, condurre i lavori relativi ad opere idrauliche”.
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Nessuna di tali considerazioni risulta tuttavia convincente e condivisibile.
2.1.1. Quanto alla prima, è priva di qualsiasi valenza dirimente la circostanza che la legge di gara abilitava anche gli architetti alla sottoscrizione dell’offerta tecnica, atteso che la società odierna appellante contesta proprio tale previsione.
La questione deve essere pertanto essere risolta facendo riferimento (indipendentemente da ogni considerazione circa la astratta differenza tra le migliorie e le varianti, come risultante dalla giurisprudenza amministrativa cui la sentenza fa riferimento, Cons. Stato, V, 10.01.2017 n. 42; ma vedasi anche tra altre, V, 09.09.2014 n. 4578 e, più di recente, V, 14.05.2018 n. 2853) alla concreta disciplina rinvenibile dal bando di gara e alla puntuale funzione rimessa agli elaborati tecnici siccome ivi previsti.
L’appalto de quo, avente a oggetto i lavori “Grande viabilità urbana – 1° lotto funzionale (tratto via Due Pozzi – via Paradiso)”, attiene alla realizzazione di opere viarie e idrauliche: in particolare, le opere rientranti nell’appalto rientrano (pag. 3 della lex specialis) nelle categorie SOA: prevalente OG3 (strade, autostrade e ponti); scorporabile OG6 (acquedotti); subappaltabile OG10 (impianti per la trasformazione alta/media tensione e per la distribuzione di energia elettrica in corrente alternata e continua e impianti di pubblica illuminazione).
L’offerta tecnica, secondo la previsione del bando (pag. 17), consta di una relazione tecnica contenente “proposte migliorative e aggiuntive” che vengono preconizzate anche in relazione: alla viabilità e al pacchetto stradale; all’inserimento di una pista ciclabile; alla regolazione degli innesti tra la viabilità e la pista ciclabile; all’aumento delle condizioni di sicurezza stradale; agli impianti fognari; all’impianto di smaltimento delle acque meteoriche; all’impianto di fogna nera.
Ciò posto, la conclusione che l’offerta tecnica delle partecipanti non avrebbe potuto sovvertire le caratteristiche progettuali già stabilite dall’Amministrazione non risulta innanzitutto decisiva, considerato che, quand’anche non nella forma più radicale della variante, le previste migliorie e integrazioni -e soprattutto queste ultime- avevano proprio l’obiettivo di impattare sulla viabilità e sulle opere idrauliche come risultante dal progetto posto a gara. Proprio per tali ragioni esse non possono che rientrare nella competenza esclusiva degli ingeneri, ai sensi degli artt. 51 e 54 del regio decreto 23.10.1925, n. 2537, “Approvazione del regolamento per le professioni di ingegnere e di architetto”.
Si rammenta che
   - il citato art. 51 stabilisce: “Sono di spettanza della professione d'ingegnere, il progetto, la condotta e la stima dei lavori per estrarre, trasformare ed utilizzare i materiali direttamente od indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le industrie, dei lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto, di deflusso e di comunicazione, alle costruzioni di ogni specie, alle macchine ed agli impianti industriali, nonché in generale alle applicazioni della fisica, i rilievi geometrici e le operazioni di estimo”;
   - l’art. 54, secondo e terzo comma, prevede: “Coloro che abbiano conseguito il diploma di laurea d'ingegnere-architetto presso gli istituti d'istruzione superiore indicati nell'art. 1 della legge entro il 31.12.1924, ovvero lo conseguiranno entro il 31.12.1925, giusta le norme stabilite dall'art. 6 del R.D. 31.12.1923, n. 2909, sono autorizzati a compiere anche le mansioni indicate nell'art. 51 del presente regolamento, eccettuate le applicazioni industriali. La presente disposizione è applicabile anche a coloro che abbiano conseguito il diploma di architetto civile nei termini suddetti, ad eccezione però di quanto riguarda le applicazioni industriali e della fisica, nonché i lavori relativi alle vie, ai mezzi di comunicazione e di trasporto e alle opere idrauliche”.
Per altro verso esse sfuggono alla competenza degli architetti, non rientrando nel concetto di edilizia civile di cui all’art. 52 (“Formano oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad esse relative. Tuttavia le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico ed il restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla L. 20.06.1909, n. 364, per l'antichità e le belle arti, sono di spettanza della professione di architetto; ma la parte tecnica ne può essere compiuta tanto dall'architetto quanto dall'ingegnere”), ancorché tale concetto sia considerato nella sua accezione più vasta, richiamata dalla giurisprudenza (Cons. Stato, VI, 15.03.2013 n. 1550: “si può affermare che il concetto di ‘opere di edilizia civile’ si estenda sicuramente oltre gli ambiti più specificamente strutturali, fino a ricomprendere l’intero complesso degli impianti tecnologici a corredo del fabbricato, e quindi non solo gli impianti idraulici ma anche quelli di riscaldamento compresi nell’edificazione”).
Deve al riguardo ancora rammentarsi che, nello stabilire l’ampiezza delle competenze riconosciute, rispettivamente, agli ingegneri e agli architetti ai sensi del combinato disposto degli articoli 51 e 52 dello stesso regio decreto n. 2537 del 1925, la giurisprudenza ha confermato l’orientamento tradizionale, in ordine alla ricomprensione nell’esclusivo appannaggio della professione di ingegnere delle opere di carattere più marcatamente tecnico-scientifico, di ingegneria idraulica, di ammodernamento e ampliamento della rete idrica comunale (Cons. Stato, VI, n. 1550/2013, cit.).
Recentemente la Sezione ha affermato che “Il r.d. 23.10.1925 n. 2537 recante il regolamento delle professioni di architetto e di ingegnere esclude per via degli artt. 51 e 54, comma 3, senza dubbi interpretativi la possibilità che un architetto possa, in luogo di un ingegnere, condurre i lavori relativi ad opere idrauliche” (Cons. Stato, V, 19.05.2016 n. 2095) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 20.11.2018 n. 6552 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ottobre 2018

COMPETENZE PROGETTUALI: Il Collegio reputa di dovere confermare quanto già statuito in sentenze piuttosto recenti pronunciate su analoghe vicende.
In particolare, s'è statuito che “l’art. 16 del RD 11.02.1929 n. 274 attribuisce alla competenza del geometra la progettazione direzione, sorveglianza e liquidazione di costruzioni rurali e di edifici per uso d'industrie agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone.
Nel caso in esame si tratta di un tradizionale capannone a pianta rettangolare (con dimensioni di ml. 20x25 circa), con struttura prefabbricata (articolata in pilastri con interasse ml. 6,33 su un lato e ml. 9,45 massimi sull’altro, che reggono la struttura di copertura), e che non presenta alcun elemento architettonico di rilievo o comunque complesso.
Va inoltre osservato che i progetti versati in atti (sulla base dei quali venivano poi rilasciate le varie concessioni edilizie per l’opera in esame) non rappresentano la versione esecutiva (che include la risoluzione dei problemi tecnici di dettaglio e i calcoli strutturali), ma la versione di massima (che riguarda essenzialmente il profilo architettonico dell’immobile), per cui il Collegio non intravede (perlomeno nell’odierna fase amministrativo-concessoria) particolari difficoltà tecniche implicanti complesse operazioni di calcolo, fuori dalla professionalità del geometra, al fine di evitare pericoli per la pubblica incolumità (che attengono, invece, alla fase di cantierabilità ed esecuzione dei lavori).
Dagli atti risulta, inoltre, che il progettista e il direttore dei lavori strutturali è stato l’Ing. ….. e che l’opera è stata regolarmente collaudata (sotto il profilo statico) dall’Ing. …..; circostanze che rafforzano la conclusione che il Geom. …… abbia operato entro i limiti della propria competenza professionale.
Trova pertanto applicazione anche l’orientamento giurisprudenziale secondo cui la presenza dell'ingegnere progettista delle opere strutturali assorbe per intero quella parte che poteva esorbitare dalla competenza professionale del geometra. Di conseguenza la contestazione circa l'inidoneità del geometra a sottoscrivere il progetto esaminato dal comune viene a cadere e, quindi, tale aspetto della vicenda non è suscettibile di incidere negativamente sulla legittimità dell'impugnata concessione edilizia.
Al riguardo il Collegio non ignora che esistono anche indirizzi giurisprudenziali di contrario avviso adottati sul rilievo che non sarebbe possibile enucleare e distinguere un’autonoma attività, per la parte di tali lavori, riconducibile ad un ingegnere o ad un architetto, il che (prosegue la citata giurisprudenza) apparirebbe senz’altro esatto, in quanto chi non è abilitato a delineare l’ossatura, neppure può essere ritenuto in grado di dare forma al corpo che deve esserne sorretto.
A giudizio del Collegio appare invece possibile, sulla base di comuni esperienze di fatto, scindere dette attività progettuali, poiché definita l’ossatura (o, meglio, la struttura portante di un edificio, dimensionata per reggere tutte le sollecitazioni, statiche e dinamiche, verticali e orizzontali, cui esso è o potrebbe essere sottoposto) da parte del tecnico a ciò abilitato, l’ulteriore attività progettuale si risolve nella definizione di elementi di chiusura della stessa, mediante opere di tamponamento interno ed esterno di natura essenzialmente architettonica; opere volte a delimitare gli spazi in cui si svolge l’attività umana e che non richiedono il possesso di specifiche competenze strutturali (attività che, spesso, viene svolta dai tecnici specializzati nei soli componenti d’arredo)….”.
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... per l'annullamento della concessione edilizia n. 2002 del 02.09.1996, rilasciata dal sindaco del Comune di Cupra Montana per la costruzione di un opificio industriale con annessi uffici, su progetto a firma del geometra Al.Co., nonché di tutti gli atti conseguenti e connessi, 
...
I. Con la concessione edilizia impugnata, il Comune di Cupramontana ha autorizzato la costruzione di un edificio industriale di rilevanti dimensioni (5.112 mc di volume e 720 mq di superficie complessiva), avente la tipologia di un capannone prefabbricato, sulla base di un progetto redatto e firmato dal geometra Al.Co..
Sul presupposto che detto progetto esuli dai limiti di competenza fissati dall’ordinamento per i professionisti iscritti all’albo dei geometri, il Consiglio dell’ordine degli ingegneri di Ancona ha impugnato la predetta concessione lamentandone l’illegittimità per violazione e falsa applicazione dell’art. 16 del R.D. n. 274 dell’11.02.1929, dell’art. 1 del R.D. n. 2229 del 16.11.1939 e dell’art. 57 della legge n. 144 del 02.03.1949, nonché per violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 07.08.1990 ed eccesso di potere.
...
II. Il ricorso non è fondato.
II.1. Con particolare riferimento al primo motivo, con cui si lamenta, in sostanza, la violazione delle norme sulle competenze professionali dei geometri (si assume, in particolare, che il progetto approvato, redatto appunto da un geometra, prevede la realizzazione di strutture in cemento armato di rilevanti dimensioni, come tali rientranti nelle competenze degli ingegneri e degli architetti) e su cui poggia quasi completamente il ricorso in esame, esso va respinto per le ragioni che si vanno ad illustrare.
Il Collegio non ignora l’esistenza di orientamenti giurisprudenziali contrastanti sul punto, tuttavia reputa di dovere confermare, condividendone i princìpi, quanto già statuito dal Tribunale in sentenze piuttosto recenti pronunciate su analoghe vicende.
In particolare, nella sentenza n. 559 del 2013, il Tribunale, facendo propri gli enunciati contenuti nella sentenza n. 355 del 2011, coeva alla sentenza n. 356 del 2011, entrambe di questo TAR, ha statuito che “l’art. 16 del RD 11.02.1929 n. 274 attribuisce alla competenza del geometra la progettazione direzione, sorveglianza e liquidazione di costruzioni rurali e di edifici per uso d'industrie agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone.
Nel caso in esame si tratta di un tradizionale capannone a pianta rettangolare (con dimensioni di ml. 20x25 circa), con struttura prefabbricata (articolata in pilastri con interasse ml. 6,33 su un lato e ml. 9,45 massimi sull’altro, che reggono la struttura di copertura), e che non presenta alcun elemento architettonico di rilievo o comunque complesso.
Va inoltre osservato che i progetti versati in atti (sulla base dei quali venivano poi rilasciate le varie concessioni edilizie per l’opera in esame) non rappresentano la versione esecutiva (che include la risoluzione dei problemi tecnici di dettaglio e i calcoli strutturali), ma la versione di massima (che riguarda essenzialmente il profilo architettonico dell’immobile), per cui il Collegio non intravede (perlomeno nell’odierna fase amministrativo-concessoria) particolari difficoltà tecniche implicanti complesse operazioni di calcolo, fuori dalla professionalità del geometra, al fine di evitare pericoli per la pubblica incolumità (che attengono, invece, alla fase di cantierabilità ed esecuzione dei lavori).
Dagli atti risulta, inoltre, che il progettista e il direttore dei lavori strutturali è stato l’Ing. ….. e che l’opera è stata regolarmente collaudata (sotto il profilo statico) dall’Ing. …..; circostanze che rafforzano la conclusione che il Geom. …… abbia operato entro i limiti della propria competenza professionale.
Trova pertanto applicazione anche l’orientamento giurisprudenziale, già condiviso da questo Tribunale (cfr. TAR Marche 13.03.2008 n. 194; 23.11.2001 n. 1220), secondo cui la presenza dell'ingegnere progettista delle opere strutturali assorbe per intero quella parte che poteva esorbitare dalla competenza professionale del geometra. Di conseguenza la contestazione circa l'inidoneità del geometra a sottoscrivere il progetto esaminato dal comune viene a cadere e, quindi, tale aspetto della vicenda non è suscettibile di incidere negativamente sulla legittimità dell'impugnata concessione edilizia (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 04.06.2003 n. 3068; v. anche Cons. Stato, Sez. V 03.10.2002 n. 5208 riguardante edifici analoghi).
Al riguardo il Collegio non ignora che esistono anche indirizzi giurisprudenziali di contrario avviso (cfr. da ultimo, Cons. Stato, Sez. V, 28.04.2011 n. 253), adottati sul rilievo che non sarebbe possibile enucleare e distinguere un’autonoma attività, per la parte di tali lavori, riconducibile ad un ingegnere o ad un architetto, il che (prosegue la citata giurisprudenza) apparirebbe senz’altro esatto, in quanto chi non è abilitato a delineare l’ossatura, neppure può essere ritenuto in grado di dare forma al corpo che deve esserne sorretto.
A giudizio del Collegio appare invece possibile, sulla base di comuni esperienze di fatto, scindere dette attività progettuali, poiché definita l’ossatura (o, meglio, la struttura portante di un edificio, dimensionata per reggere tutte le sollecitazioni, statiche e dinamiche, verticali e orizzontali, cui esso è o potrebbe essere sottoposto) da parte del tecnico a ciò abilitato, l’ulteriore attività progettuale si risolve nella definizione di elementi di chiusura della stessa, mediante opere di tamponamento interno ed esterno di natura essenzialmente architettonica; opere volte a delimitare gli spazi in cui si svolge l’attività umana e che non richiedono il possesso di specifiche competenze strutturali (attività che, spesso, viene svolta dai tecnici specializzati nei soli componenti d’arredo)….
”.
I suesposti principi, che il Collegio condivide integralmente, sono applicabili anche alla fattispecie, dal momento che il geometra Co. ha curato la progettazione solo dal punto di vista architettonico e con riguardo ad elementi che rientrano sicuramente nelle sue competenze professionali.
Viceversa, come si evince dalla documentazione depositata, tutti i manufatti in cemento armato sono stati progettati e collaudati da ingegneri, i quali non si sono limitati a controfirmare il progetto del geometra Co., ma hanno sottoscritto in proprio i rispettivi elaborati. Inoltre, l’indagine geologica sulla consistenza dei terreni è stata condotta da un professionista geologo.
Ne consegue che, nonostante si sia in presenza di un manufatto di non ridotte dimensioni, la sua realizzazione non può definirsi complessa per quel che attiene alle competenze di fatto esercitate dal geometra, il quale, sottoscrivendo il progetto assentito con la concessione per cui è causa, ha operato nell’ambito delle proprie professionalità.
II.2. Per tutto quanto sopra evidenziato, cade anche la censura di difetto di motivazione contenuta nel secondo motivo.
III. In conclusione, il ricorso è infondato e va respinto (TAR Marche, sentenza 02.10.2018 n. 634 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

settembre 2018

COMPETENZE PROGETTUALI: Si rammenta che:
   - l'art. 51 RD 23.10.1925 n. 2537
stabilisce che: “Sono di spettanza della professione d'ingegnere, il progetto, la condotta e la stima dei lavori per estrarre, trasformare ed utilizzare i materiali direttamente od indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le industrie, dei lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto, di deflusso e di comunicazione, alle costruzioni di ogni specie, alle macchine ed agli impianti industriali, nonché in generale alle applicazioni della fisica, i rilievi geometrici e le operazioni di estimo”;
   - l’art. 54, secondo e terzo comma, prevede che: “Coloro che abbiano conseguito il diploma di laurea d'ingegnere-architetto presso gli istituti d'istruzione superiore indicati nell'art. 1 della legge entro il 31.12.1924, ovvero lo conseguiranno entro il 31.12.1925, giusta le norme stabilite dall'art. 6 del R.D. 31.12.1923, n. 2909, sono autorizzati a compiere anche le mansioni indicate nell'art. 51 del presente regolamento, eccettuate le applicazioni industriali. La presente disposizione è applicabile anche a coloro che abbiano conseguito il diploma di architetto civile nei termini suddetti, ad eccezione però di quanto riguarda le applicazioni industriali e della fisica, nonché i lavori relativi alle vie, ai mezzi di comunicazione e di trasporto e alle opere idrauliche”.
Ciò detto, esse sfuggono alla competenza degli architetti, non rientrando nel concetto di edilizia civile di cui all’art. 52 (“Formano oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad esse relative. Tuttavia le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico ed il restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla L. 20.06.1909, n. 364, per l'antichità e le belle arti, sono di spettanza della professione di architetto; ma la parte tecnica ne può essere compiuta tanto dall'architetto quanto dall'ingegnere”), ancorché tale concetto sia considerato nella sua accezione più vasta, richiamata dalla giurisprudenza. Invero, “si può affermare che il concetto di ‘opere di edilizia civile’ si estenda sicuramente oltre gli ambiti più specificamente strutturali, fino a ricomprendere l’intero complesso degli impianti tecnologici a corredo del fabbricato, e quindi non solo gli impianti idraulici ma anche quelli di riscaldamento compresi nell’edificazione”.
Deve ancora rammentarsi che, nello stabilire l’ampiezza delle competenze riconosciute, rispettivamente, agli ingegneri e agli architetti ai sensi del combinato disposto degli articoli 51 e 52 dello stesso regio decreto n. 2537 del 1925, la giurisprudenza ha confermato l’orientamento tradizionale, in ordine alla ricomprensione nell’esclusivo appannaggio della professione di ingegnere delle opere di carattere più marcatamente tecnico-scientifico, di ingegneria idraulica, di ammodernamento e ampliamento della rete idrica comunale.
Recentemente la Sezione ha affermato che “Il r.d. 23.10.1925 n. 2537 recante il regolamento delle professioni di architetto e di ingegnere esclude per via degli artt. 51 e 54, comma 3, senza dubbi interpretativi la possibilità che un architetto possa, in luogo di un ingegnere, condurre i lavori relativi ad opere idrauliche”.
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2. Passando all’esame del primo motivo dell’appello principale, lo stesso si rivela fondato.
2.1. La sentenza appellata ha respinto il corrispondente primo motivo del ricorso della La.Ed. e St., ancorando la legittimità della sottoscrizione dell’offerta tecnica del Consorzio aggiudicatario da parte di un architetto (invece che ad un ingegnere) a due ordini di considerazioni:
   - la prima, secondo cui il fatto che l’offerta tecnica contenesse offerte migliorative non sovvertiva per definizione le caratteristiche essenziali del progetto esecutivo posto a base di gara (con la conseguenza che nel concreto l’offerto poteva essere indifferentemente sottoscritta da un ingegnere o da un architetto);
   - la seconda, secondo cui l’oggetto dell’appalto consisteva in un’articolata opera di (ri)sistemazione urbana, così che il contributo in termini di apporto tecnico progettuale sarebbe stato astrattamente fornibile tanto da un architetto quanto da un ingegnere, essendo le prestazioni professionali richieste del tutto equipollenti.
Nessuna di tali considerazioni risulta tuttavia convincente e condivisibile.
2.1.1. Quanto alla prima, è priva di qualsiasi valenza dirimente la circostanza che la legge di gara abilitava anche gli architetti alla sottoscrizione dell’offerta tecnica, atteso che la società odierna appellante contesta proprio tale previsione.
La questione deve essere pertanto essere risolta facendo riferimento (indipendentemente da ogni considerazione circa la astratta differenza tra le migliorie e le varianti, come risultante dalla giurisprudenza amministrativa cui la sentenza fa riferimento, Cons. Stato, V, 10.01.2017 n. 42; ma vedasi anche tra altre, V, 09.09.2014 n. 4578 e, più di recente, V, 14.05.2018 n. 2853) alla concreta disciplina rinvenibile dal bando di gara e alla puntuale funzione rimessa agli elaborati tecnici siccome ivi previsti.
L’appalto de quo, avente a oggetto i lavori “Grande viabilità urbana – 1° lotto funzionale (tratto via Due Pozzi – via Paradiso)”, attiene alla realizzazione di opere viarie e idrauliche: in particolare, le opere rientranti nell’appalto rientrano (pag. 3 della lex specialis) nelle categorie SOA: prevalente OG3 (strade, autostrade e ponti); scorporabile OG6 (acquedotti); subappaltabile OG10 (impianti per la trasformazione alta/media tensione e per la distribuzione di energia elettrica in corrente alternata e continua e impianti di pubblica illuminazione).
L’offerta tecnica, secondo la previsione del bando (pag. 17), consta di una relazione tecnica contenente “proposte migliorative e aggiuntive” che vengono preconizzate anche in relazione: alla viabilità e al pacchetto stradale; all’inserimento di una pista ciclabile; alla regolazione degli innesti tra la viabilità e la pista ciclabile; all’aumento delle condizioni di sicurezza stradale; agli impianti fognari; all’impianto di smaltimento delle acque meteoriche; all’impianto di fogna nera.
Ciò posto, la conclusione che l’offerta tecnica delle partecipanti non avrebbe potuto sovvertire le caratteristiche progettuali già stabilite dall’Amministrazione non risulta innanzitutto decisiva, considerato che, quand’anche non nella forma più radicale della variante, le previste migliorie e integrazioni -e soprattutto queste ultime- avevano proprio l’obiettivo di impattare sulla viabilità e sulle opere idrauliche come risultante dal progetto posto a gara. Proprio per tali ragioni esse non possono che rientrare nella competenza esclusiva degli ingeneri, ai sensi degli artt. 51 e 54 del regio decreto 23.10.1925, n. 2537, “Approvazione del regolamento per le professioni di ingegnere e di architetto”.
Si rammenta che
   - il citato art. 51 stabilisce: “Sono di spettanza della professione d'ingegnere, il progetto, la condotta e la stima dei lavori per estrarre, trasformare ed utilizzare i materiali direttamente od indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le industrie, dei lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto, di deflusso e di comunicazione, alle costruzioni di ogni specie, alle macchine ed agli impianti industriali, nonché in generale alle applicazioni della fisica, i rilievi geometrici e le operazioni di estimo”;
   - l’art. 54, secondo e terzo comma, prevede: “Coloro che abbiano conseguito il diploma di laurea d'ingegnere-architetto presso gli istituti d'istruzione superiore indicati nell'art. 1 della legge entro il 31.12.1924, ovvero lo conseguiranno entro il 31.12.1925, giusta le norme stabilite dall'art. 6 del R.D. 31.12.1923, n. 2909, sono autorizzati a compiere anche le mansioni indicate nell'art. 51 del presente regolamento, eccettuate le applicazioni industriali. La presente disposizione è applicabile anche a coloro che abbiano conseguito il diploma di architetto civile nei termini suddetti, ad eccezione però di quanto riguarda le applicazioni industriali e della fisica, nonché i lavori relativi alle vie, ai mezzi di comunicazione e di trasporto e alle opere idrauliche”.
Per altro verso esse sfuggono alla competenza degli architetti, non rientrando nel concetto di edilizia civile di cui all’art. 52 (“Formano oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad esse relative. Tuttavia le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico ed il restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla L. 20.06.1909, n. 364, per l'antichità e le belle arti, sono di spettanza della professione di architetto; ma la parte tecnica ne può essere compiuta tanto dall'architetto quanto dall'ingegnere”), ancorché tale concetto sia considerato nella sua accezione più vasta, richiamata dalla giurisprudenza (Cons. Stato, VI, 15.03.2013 n. 1550: “si può affermare che il concetto di ‘opere di edilizia civile’ si estenda sicuramente oltre gli ambiti più specificamente strutturali, fino a ricomprendere l’intero complesso degli impianti tecnologici a corredo del fabbricato, e quindi non solo gli impianti idraulici ma anche quelli di riscaldamento compresi nell’edificazione”).
Deve al riguardo ancora rammentarsi che, nello stabilire l’ampiezza delle competenze riconosciute, rispettivamente, agli ingegneri e agli architetti ai sensi del combinato disposto degli articoli 51 e 52 dello stesso regio decreto n. 2537 del 1925, la giurisprudenza ha confermato l’orientamento tradizionale, in ordine alla ricomprensione nell’esclusivo appannaggio della professione di ingegnere delle opere di carattere più marcatamente tecnico-scientifico, di ingegneria idraulica, di ammodernamento e ampliamento della rete idrica comunale (Cons. Stato, VI, n. 1550/2013, cit.).
Recentemente la Sezione ha affermato che “Il r.d. 23.10.1925 n. 2537 recante il regolamento delle professioni di architetto e di ingegnere esclude per via degli artt. 51 e 54, comma 3, senza dubbi interpretativi la possibilità che un architetto possa, in luogo di un ingegnere, condurre i lavori relativi ad opere idrauliche” (Cons. Stato, V, 19.05.2016 n. 2095).
2.1.2. Ad analoghe conclusioni, di non condivisibilità del convincimento del primo giudice, deve giungersi anche per il secondo ordine di considerazioni che, oltre a sottovalutare immotivatamente e in concreto la portata delle specifiche varianti migliorative e integrative costituenti, a termini del bando di gara, precipuo oggetto della offerta tecnica delle partecipanti alla procedura, si profila del tutto immotivata anche nel disattendere le distinzioni insistenti tra le due considerate categorie professionali, come pure lamentato dal primo motivo dell’appello in esame.
3. L’appello, assorbita ogni altra questione pure introdotta dalla parte appellante (e tra esse quella della possibilità di una contemporanea iscrizione agli ordini delle due considerate professioni di ingegnere e architetto), va pertanto accolto, con conseguente riforma della sentenza appellata e accoglimento della domanda demolitoria formulata in primo grado (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 27.09.2018 n. 6552 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

agosto 2018

COMPETENZE PROGETTUALI: Sulla competenza, o meno, di un ingegnere meccanico in materia di pianificazione urbanistica e territoriale.
Sino alla riforma dell’Albo degli ingegneri, avvenuta con gli artt. 45 ss. d.P.R. 05.06.2001, n. 328, la professione di ingegnere era unitaria.
Colui che era laureato in ingegneria meccanica, dunque, poteva, una volta superato l’esame di abilitazione alla professione e una volta iscritto all’Albo, esercitare la professione di ingegnere che, ai sensi dell’art. 51 r.d. 23.10.1925, n. 2537, ricomprende “il progetto, la condotta e la stima dei lavori per estrarre, trasformare ed utilizzare i materiali direttamente od indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le industrie, dei lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto, di deflusso e di comunicazione, alle costruzioni di ogni specie, alle macchine ed agli impianti industriali, nonché in generale alle applicazioni della fisica, i rilievi geometrici e le operazioni di estimo”.
Con il citato d.P.R. n. 328 del 2001 è stata prevista la ripartizione dell’Albo in due sezioni, la A (per coloro che abbiano conseguito la laurea magistrale) e la B (per coloro che abbiano conseguito la laurea triennale). Entrambe le sezioni sono articolate in tre settori: civile e ambientale; industriale; dell’informazione.
Ai sensi dell’art. 49 del testo normativo, coloro che già appartenevano all'Ordine degli ingegneri al momento della riforma dell’Albo sarebbero stati iscritti nella sezione A dell'albo degli ingegneri, nonché nel settore, o nei settori, per il quale ciascuno di essi dichiara di optare.

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MASSIMA
1. – Gi.An., ingegnere, ha impugnato d’innanzi a questo Tribunale Amministrativo Regionale il bando e il disciplinare di gara con i quali il Comune di Catanzaro ha messo a gara l’affidamento dell’incarico per la redazione del nuovo piano strutturale comunale, nonché le delibere prodromiche all’indizione della gara.
Con motivi aggiunti egli ha impugnato anche gli atti attraverso i quali si è giunti all’affidamento dell’incarico al R.T.I. St.As. d:rh architetti ed associati / Cr. S.r.l. Società di Ingegneria.
...
5. – Venendo all’esame dei motivi di ricorso, occorre interrogarsi sulla legittimazione del ricorrente a proporre l’azione oggi in esame.
5.1. – Va premesso, in proposito, che Gi.An. non ha partecipato alla gara.
Egli, infatti, ha conseguito nel 1955 la laurea in ingegneria meccanica, mentre il disciplinare di gara prevede che il progettista responsabile del gruppo di progettazione sia in possesso della laurea in pianificazione urbanistica e territoriale o in architettura o in ingegneria civile.
In proposito, ritiene il Collegio che non si si possa ritenere l’equipollenza tra la laurea in ingegnera meccanica conseguita dal ricorrente e quelle richieste dal bando.
Infatti, la giurisprudenza ha chiarito che, ove il bando richieda per la partecipazione ad un pubblico concorso il possesso di un determinato titolo di studio o di uno ad esso equipollente, la determinazione dello stesso deve essere intesa in senso tassativo, con riferimento alla valutazione di equipollenza formulata da un atto normativo e non può essere integrata da valutazioni di tipo sostanziale compiute ex post dall'amministrazione (Cons. Stato, Sez. V, 06.12.2012, n. 6260; TAR Sicilia–Palermo, Sez. III, 21.06.2007, n. 1677).
Ebbene, nel caso di specie nessuna norma sancisce l’equipollenza tra le due lauree in considerazione.
Dunque, il ricorrente non avrebbe potuto partecipare alla procedura di gara quale responsabile della progettazione, in quanto la laurea da lui conseguita non può essere considerata equipollente a quelle richieste dal bando.
5.2. – Ancorché non abbia partecipato alla procedura di gara, Gi.An. dunque legittimato a impugnare la clausola del disciplinare di gara, che risulta escludente nei suoi confronti (il principio è stato da ultimo ribadito da Cons. Stato, Ad Plen., 26.04.2018, n. 4).
5.3. – Sempre in via preliminare va affermato che, benché il bando e il disciplinare di gara siano stati preceduti da una delibera di Giunta comunale e da alcune determinazioni dirigenziali, pure fatte oggetto di impugnative da parte del ricorrente, è solo lex specialis di gara ad avere rilevanza esterna.
La tempestività dell’impugnazione, contestata dal Comune di Catanzaro, va dunque verificata in ragione della pubblicazione di tali atti, nel caso di specie avvenuta in data 24.10.2016,
Il ricorso, portato alla notifica il 22.11.2016, è pertanto tempestivo.
5.4. – Nel merito, il ricorrente contesta la previsione del disciplinare di gara avente effetto escludente nei suoi confronti, in quanto sarebbe irragionevole e si porrebbe in contrasto con l’art. 49 d.P.R. 05.06.2001.
5.5. – Va rilevato che, sino alla riforma dell’Albo degli ingegneri, avvenuta con gli artt. 45 ss. d.P.R. 05.06.2001, n. 328, la professione di ingegnere era unitaria.
Colui che era laureato in ingegneria meccanica, dunque, poteva, una volta superato l’esame di abilitazione alla professione e una volta iscritto all’Albo, esercitare la professione di ingegnere che, ai sensi dell’art. 51 r.d. 23.10.1925, n. 2537, ricomprende “il progetto, la condotta e la stima dei lavori per estrarre, trasformare ed utilizzare i materiali direttamente od indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le industrie, dei lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto, di deflusso e di comunicazione, alle costruzioni di ogni specie, alle macchine ed agli impianti industriali, nonché in generale alle applicazioni della fisica, i rilievi geometrici e le operazioni di estimo”.
Con il citato d.P.R. n. 328 del 2001 è stata prevista la ripartizione dell’Albo in due sezioni, la A (per coloro che abbiano conseguito la laurea magistrale) e la B (per coloro che abbiano conseguito la laurea triennale). Entrambe le sezioni sono articolate in tre settori: civile e ambientale; industriale; dell’informazione.
Ai sensi dell’art. 49 del testo normativo, coloro che già appartenevano all'Ordine degli ingegneri al momento della riforma dell’Albo sarebbero stati iscritti nella sezione A dell'albo degli ingegneri, nonché nel settore, o nei settori, per il quale ciascuno di essi dichiara di optare.
Dalla documentazione in atti risulta che l’odierno ricorrente è allo stato iscritto all’Albo degli Ingegneri, Sezione A, per tutti i settori previsti dalla legge.
Egli, pertanto, può, sin dalla sua iscrizione all’Albo –avvenuta nel 1956– svolgere l’attività di ingegnere civile.
5.6. – La previsione del disciplinare di gara oggetto di censura, da parte sua, non tiene conto dell’evoluzione normativa, escludendo dalla partecipazione alla gara chi, come il ricorrente, legittimamente esercita l’attività di ingegnere civile, sol perché ha conseguito la laurea sotto un regime normativo diverso, che non differenziava così nettamente come fa la legislazione attuale, le varie branche dell’ingegneria.
Tale esclusione è evidentemente irragionevole e si pone in contrasto con l’art. 49 d.P.R. n. 328 del 2001, il quale ha dettato una specifica disciplina transitoria per salvaguardare la posizione di chi si sia laureato e abbia avviato la propria attività di ingegnere sotto il precedente regime normativo.
5.7. – Il ricorso è sul punto fondato, essendo illegittima la previsione del disciplinare di gara che, all’art. 3.b.1., prevede che il soggetto responsabile del gruppo di progettazione sia in possesso della laurea in pianificazione urbanistica e territoriale, o in architettura o in ingegneria civile e non consente la partecipazione alla gara quali responsabili del gruppo di progettazione a coloro che siano iscritti all’Albo degli ingegneri, Sezione A, settore ingegneria civile e ambientale pur non avendo conseguito la laurea in ingegneria civile (
TAR Calabria-Catanzaro, Sez. I, la sentenza 02.08.2018 n. 1507 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

giugno 2018

COMPETENZE PROGETTUALI: Spetta all’architetto e non all’ingegnere la direzione lavori su un edificio vincolato.
Non si appalesa illegittima la scelta dell’amministrazione comunale di riservare la direzione dei lavori ad un professionista in possesso della qualifica di architetto.
Tanto in virtù dell’art. 52 del R.D. n. 2537/1925 recante il regolamento per le professioni di ingegnere e di architetto, secondo cui “le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico ed il restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla L. 20.06.1909, n. 364, per l'antichità e le belle arti, sono di spettanza della professione di architetto; ma la parte tecnica ne può essere compiuta tanto dall'architetto quanto dall'ingegnere”.
Ciò posto, secondo l’indirizzo espresso dalla giurisprudenza amministrativa la riserva di competenza degli architetti sussiste per ogni tipologia di intervento su immobili gravati da vincolo storico-artistico, ad eccezione delle attività propriamente tecniche di edilizia civile per le quali il citato art. 52 prevede la competenza anche degli ingegneri; la competenza degli architetti, poi, si estende anche agli interventi realizzati su immobili non assoggettati a vincolo quando presentino “rilevante interesse artistico”.
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L’ingegnere Si.Ad. premette che, con determinazione n. 669 del 15.10.2013, ha conseguito dal Comune di Cerreto Sannita l’affidamento dell’incarico per la progettazione esecutiva ed il coordinamento della sicurezza in fase di progettazione dei “Lavori di riqualificazione ed adeguamento della struttura comunale adiacente Palazzo S. Antonio da destinarsi a Centro Polifunzionale”.
Con il presente ricorso si duole della propria pretermissione disposta con determina dirigenziale n. 558 del 01.09.2014 dalla procedura successivamente indetta dall’ente locale per l’affidamento dell’incarico di direttore dei lavori de quibus, essendogli stato preferito l’architetto controinteressato. Nel provvedimento impugnato l’amministrazione ha richiamato una pronuncia del TAR Veneto n. 743/2014 secondo cui gli interventi di restauro e recupero di edifici vincolati come beni culturali e di interesse storico – artistico, come l’edificio oggetto dell’intervento, sono di competenza esclusiva degli architetti e non degli ingegneri; pertanto, l’amministrazione ha affidato l’incarico in parola all’architetto Onofrio Vittorino individuato all’esito di una specifica procedura selettiva.
L’istante espone di aver inoltrato invano atto di diffida all’esercizio del potere di autotutela, ma di non aver mai proposto impugnazione nel termine di legge.
Lamenta quindi la violazione dell’art. 130 del D.Lgs. n. 163/2006 che, nella formulazione vigente ratione temporis, sanciva un ordine di priorità nella scelta dei soggetti chiamati ad espletare l’incarico di direzione dei lavori in caso di carenza di personale tecnico nell’organico dell’amministrazione, indicando alla lett. b) il professionista incaricato della progettazione (“il progettista incaricato ai sensi dell’articolo 90, comma 6”); parte ricorrente ritiene quindi che, in forza di tale previsione, l’amministrazione avrebbe dovuto preferirlo, avendo il medesimo curato la progettazione esecutiva.
...
Nel merito, il ricorso è infondato per i motivi di seguito riportati.
E’ stata prodotta agli atti di causa la nota della Soprintendenza BB.AA.CC. di Caserta e Benevento prot. n. 20145 del 10.10.2013 recante parere favorevole ex art. 21 del D.Lgs. n. 42/2004 in ordine ai lavori di “riqualificazione ed adeguamento della struttura comunale adiacente al palazzo Sant’Antonio” (cfr. doc. 1 depositato il 06.05.2015) con cui l’amministrazione preposta alla tutela dei beni culturali rappresenta l’opportunità di affidare i lavori de quibus ad impresa qualificata per la categoria del restauro (OG2), dato l’interesse storico–artistico dell’immobile.
Alla luce di tale situazione di fatto, non si appalesa illegittima la scelta dell’amministrazione comunale resistente di riservare la direzione dei lavori ad un professionista in possesso della qualifica di architetto. Tanto in virtù dell’art. 52 del R.D. n. 2537/1925 recante il regolamento per le professioni di ingegnere e di architetto, secondo cui “le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico ed il restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla L. 20.06.1909, n. 364, per l'antichità e le belle arti, sono di spettanza della professione di architetto; ma la parte tecnica ne può essere compiuta tanto dall'architetto quanto dall'ingegnere”.
A tale proposito, non è condivisibile la tesi di parte ricorrente che riconduce l’intervento a meri lavori a carattere edile di completamento e di natura impiantistica; invero, la deduzione collide con le risultanze di causa e, segnatamente, con il descritto parere della Soprintendenza che, come si è visto, ha ritenuto imprescindibile la qualificazione della impresa incaricata per la categoria OG2 che, come noto, attiene più in generale al restauro e manutenzione dei beni immobili sottoposti a tutela ai sensi delle disposizioni in materia di beni culturali e ambientali (quindi ad un complesso di interventi più ampio rispetto alla mera attività di impiantistica e di completamento edile prospettato dalla parte istante).
Ciò posto, secondo l’indirizzo espresso dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. Consiglio di Stato, n. 21/2014; TAR Lazio, Roma, n. 7997/2011 e TAR Campania, Salerno, n. 149/2015) la riserva di competenza degli architetti sussiste per ogni tipologia di intervento su immobili gravati da vincolo storico-artistico, ad eccezione delle attività propriamente tecniche di edilizia civile per le quali il citato art. 52 prevede la competenza anche degli ingegneri; la competenza degli architetti, poi, si estende anche agli interventi realizzati su immobili non assoggettati a vincolo quando presentino “rilevante interesse artistico” (cfr. TAR Lazio, Roma, n. 7997/2011), come nel caso in trattazione.
Nel dettaglio, con sentenza n. 21/2014 (richiamata nella pronuncia del TAR Veneto n. 743/2014, a sua volta citata nel provvedimento impugnato) il Consiglio di Stato, richiamando anche giurisprudenza comunitaria, ha chiarito come non sia esatto affermare che l’ordinamento comunitario riconosca a tutti gli ingegneri di Paesi dell’U.E. diversi dall’Italia (con esclusione dei soli ingegneri italiani) l’indiscriminato esercizio delle attività tipiche della professione di architetto (tra cui le attività relative ad immobili di interesse storico-artistico); al contrario, giusta la normativa comunitaria, si è ritenuto che l’esercizio di tali attività -in regime di mutuo riconoscimento– è consentito ai soli professionisti che (al di là del nomen iuris del titolo posseduto) possano vantare un percorso formativo adeguatamente finalizzato all’esercizio delle attività tipiche della professione di architetto.
In altri termini, è sempre vigente ed applicabile, non contrastando con il diritto comunitario, la su citata normativa nazionale secondo cui la progettazione e la direzione lavori su beni di interesse storico e/o artistico è riservata agli architetti, ovvero a coloro che hanno compiuto un percorso formativo equiparabile a quello che in Italia è necessario per conseguire tale titolo.
Quindi, la giurisprudenza amministrativa ha concluso sul punto che la norma in questione, nella misura in cui vuole garantire che a progettare interventi edilizi su immobili di interesse storico-artistico siano professionisti forniti di una specifica preparazione nel campo delle arti, e segnatamente di una adeguata formazione umanistica, deve ritenersi tuttora vigente.
Quanto agli ulteriori rilievi, valgano le considerazioni di seguito illustrate;
   - il provvedimento reca compiuta indicazione delle ragioni logico–giuridiche, mediante per relationem con rinvio alla sentenza del TAR Veneto sopra indicata, tant’è che la parte ha potuto attivare il rimedio giurisdizionale con cognizione di causa, contestando nel merito il costrutto argomentativo svolto dall’ente locale;
   - la circostanza che la progettazione esecutiva sia stata eseguita da un ingegnere e non da un architetto non esclude che, avvedutasi delle proprie scelte, l’amministrazione non potesse legittimamente “correggere il tiro” e affidare la direzione dei lavori in conformità alla richiamata disposizione normativa.
In conclusione, non si ravvisa alcuna illegittimità nella scelta perseguita dall’azione amministrativa; la carenza di un presupposto dell’azione risarcitoria, costituita dalla illegittimità dell’azione amministrativa, conduce al rigetto della domanda risarcitoria.
In ragione della specificità delle questioni trattate, il Collegio ritiene di disporre l’integrale compensazione delle spese processuali tra le parti costituite (TAR Campania-Napoli, Sez. I, sentenza 05.06.2018 n. 3718 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

maggio 2018

COMPETENZE PROGETTUALI: Il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta -e quindi se la sua progettazione rientri nella competenza professionale dei geometri- consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e l’esecuzione dell’opera comportano e le capacità occorrenti per superarle.
A questo fine, mentre non è decisivo il mancato uso del cemento armato (ben potendo anche una costruzione “non modesta” essere realizzata senza di esso), assume significativa rilevanza il fatto che la costruzione sorga in zona sismica, con conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa di cui alla l. n. 64 cit., la quale impone calcoli complessi che esulano dalle competenze professionali dei geometri.

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Sulla qualificazione, infine, del professionista incaricato, il Comune rileva che il progetto -assentito in base alla legge n. 219/1981, recante «Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 19.03.1981, n. 75, recante ulteriori interventi in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del novembre 1980 e del febbraio 1981. Provvedimenti organici per la ricostruzione e lo sviluppo dei territori colpiti»- è sottoscritto da un perito edile, non abilitato a tal fine.
Per vero, il «Progetto di variante-stralcio mediante scorporo di unità abitativa “autonoma” dalla concessione con contributo n. 273/03 (Richiesta di nuova concessione) Aggiornamento richiesto con nota U.T.C. n. 4254 del 26/11/07» in data 04.12.2007 -approvato dal Comune di Roccapiemonte in data 25.02.2010 (verbale n. 138 Commissione ex art. 14 legge n. 219/1981)- e la Relazione tecnica allegata risultano elaborati dal perito edile Gi.Fa., il quale dichiara, tra l’altro, che:
   - «il danno subito dall’immobile è da ritenersi in stretta connessione con l’evento sismico dell’23/11/80 e successive scosse sismiche; e che pertanto l’intervento di riparazione proposto è indispensabile al fine di una tale rifusione dei danni subiti»;
   - «i lavori saranno diretti e collaudati dallo stesso».
Al riguardo, l’art. 16, R.D. n. 275/1929 (Regolamento per la professione di perito industriale), stabilisce che «spettano ai periti industriali, per ciascuno nei limiti delle rispettive specialità di meccanico, elettricista, edile, tessile, chimico, minerario, navale ed altre analoghe, le funzioni esecutive per i lavori alle medesime inerenti.
Possono inoltre essere adempiute: … b) dai periti edili anche la progettazione e direzione di modeste costruzioni civili, senza pregiudizio di quanto è disposto da speciali norme legislative, nonché la misura, contabilità e liquidazione dei lavori di costruzione…
».
Si tratta della medesima locuzione utilizzata dal Legislatore in relazione ai geometri (art. 16, lett. m, R.D. n. 274/1929: «L’oggetto ed i limiti dell’esercizio professionale di geometra sono regolati come segue: … m) progetto, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili»), rispetto ai quali il Consiglio di Stato ha affermato che «il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta -e quindi se la sua progettazione rientri nella competenza professionale dei geometri- consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e l’esecuzione dell’opera comportano e le capacità occorrenti per superarle; a questo fine, mentre non è decisivo il mancato uso del cemento armato (ben potendo anche una costruzione “non modesta” essere realizzata senza di esso), assume significativa rilevanza il fatto che la costruzione sorga in zona sismica, con conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa di cui alla l. n. 64 cit., la quale impone calcoli complessi che esulano dalle competenze professionali dei geometri» (Cons. di Stato, V, sent. n. 883/2015).
Le conclusioni raggiunte con riferimento alle predette questioni consentono di affermare la legittimità del provvedimento impugnato.
Il ricorso deve, pertanto, essere respinto (TAR Campania-Salerno, Sez. I, sentenza 14.05.2018 n. 742 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

aprile 2018

COMPETENZE PROGETTUALI: Sulla non equipollenza sostanziale tra il titolo di studio di perito tecnico edile e quello di geometra.
Se è vero che l’art. 16, comma 1, del R.D. n. 275/1929 ha previsto per i periti industriali una specializzazione (specialità di meccanico, elettricista, edile, tessile, chimico, minerario e navale), stabilendo, poi, nello specifico, che spettano loro le funzioni esecutive per i lavori ad essi inerenti tanto che, nell’introdurre il requisito dell’abilitazione professionale per l’iscrizione al relativo Albo, tale suddivisione in settori permane in ragione della specialità dei diplomi conseguiti (l. n. 17/1990), cionondimeno, l’equiparazione con l’attività e le prestazioni del geometra rimane limitata al solo caso della progettazione e direzione di modeste costruzioni edili non rimesse nell’esclusiva competenza degli Ingegneri od Architetti (art. 16, citato, lett. b), essendo, invece, riservata al geometra una competenza più estesa (cfr. art. 16, lett. a-q, del R.D. n. 274/1929).
D’altro canto, come riconosciuto dallo stesso Consiglio Nazionale dei Periti industriali e dei Periti industriali laureati, si è “in assenza di una disposizione legislativa o regolamentare” che sancisca l’equipollenza tra i titoli professionali di diploma di perito industriale in edilizia e di geometra rimanendo, invero, gli Albi per l’abilitazione all’esercizio delle rispettive professioni separati ed essendo, a tali fini, irrilevante la parziale coincidenza delle classi di laurea triennale che consentono, in relazione all’analoga preparazione, l’accesso all’esame di Stato per l’iscrizione ai relativi Albi per le corrispondenti figure laureate, appartenenti ad un diverso e più qualificato profilo.
Ed invero, secondo condiviso orientamento giurisprudenziale, dal quale il Collegio non ravvisa validi motivi per discostarsi:
   a) "l'equipollenza dei titoli di studio richiesti ai fini della ammissione ad un pubblico concorso può essere riconosciuta solo nei casi previsti dalla legge o dallo stesso bando di concorso (nella specie, è stata esclusa l'equipollenza fra il titolo di perito industriale e quello di geometra richiesto dal bando)" (Consiglio di Stato 954/1991);
   b) e, specificatamente, “in relazione alla valutazione di equipollenza va detto che essa è riservata alla legge e non è rimessa alla discrezionalità dell'amministrazione. Non vi è alcuna equipollenza ex lege tra il titolo di geometra e quello di perito industriale edile e non rileva in merito il fatto che esistano affinità e parziali coincidenze fra le attività svolte dai professionisti iscritti in albi diversi”; “se si esaminano le competenze previste dalle leggi sulla creazione dei rispettivi albi professionali si potrà constatare che le competenze dei geometri sono più ampie di quelle dei periti edili e pertanto la discriminazione operata nel bando di concorso che ha riservato la partecipazione ai soli geometri appare immune da vizi di illogicità o di arbitrarietà”;
   c) peraltro, “non può fondatamente contestarsi il potere discrezionale dell'Amministrazione, in relazione ad un certo tipo di incarico, di individuare i titoli professionali in concreto "adeguati", a prescindere dalla circostanza che, in astratto, altri titoli (nel caso quello di perito industriale edile) possano essere ritenuti equipollenti a quelli indicati”;
   d) in definitiva, “allorché il bando di concorso richieda tassativamente il possesso di un determinato titolo di studio per l'ammissione ad un concorso pubblico, senza prevedere il rilievo del titolo equipollente, non è consentita la valutazione di un titolo di studio diverso, salvo che l'equipollenza non sia stabilita da una norma di legge. Il principio poggia sul dovuto riconoscimento in capo all'Amministrazione che indice la procedura selettiva -ferma la definizione del livello del titolo, affidata alla legge o ad altra fonte normativa- di un potere discrezionale nell'individuazione della tipologia del titolo stesso, da esercitare tenendo conto della professionalità e della preparazione culturale richieste per il posto da ricoprire”;
   e) ed invero, “l'istituto dell'equipollenza fra i titoli di studio posseduti, ai fini della partecipazione ai pubblici concorsi, ha carattere eccezionale e non è quindi suscettibile di mera interpretazione analogica”.

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VI. Con il primo motivo di ricorso, la parte lamenta l’illegittimità del bando e del provvedimento di esclusione per omessa valutazione della equipollenza sostanziale tra il titolo di studio posseduto, perito tecnico edile, e quello richiesto dal bando, geometra, ritenuta sussistente in ragione della dedotta sovrapponibilità delle normative di riferimento, contenenti, nella specie, la disciplina regolamentare per la professione di perito industriale (art. 16 del R.D. n. 275/1929) e quella per la figura del geometra (art. 16 del R.D. n. 274/1929).
VI.1. La censura è priva di pregio, non essendo configurabile né una equiparazione sostanziale né una equiparazione legale.
VI.1.1. Se, infatti, è vero che l’art. 16, comma 1, del R.D. n. 275/1929 ha previsto per i periti industriali una specializzazione (specialità di meccanico, elettricista, edile, tessile, chimico, minerario e navale), stabilendo, poi, nello specifico, che spettano loro le funzioni esecutive per i lavori ad essi inerenti tanto che, nell’introdurre il requisito dell’abilitazione professionale per l’iscrizione al relativo Albo, tale suddivisione in settori permane in ragione della specialità dei diplomi conseguiti (l. n. 17/1990), cionondimeno, l’equiparazione con l’attività e le prestazioni del geometra rimane limitata al solo caso della progettazione e direzione di modeste costruzioni edili non rimesse nell’esclusiva competenza degli Ingegneri od Architetti (art. 16, citato, lett. b), essendo, invece, riservata al geometra una competenza più estesa (cfr. art. 16, lett. a-q, del R.D. n. 274/1929).
VI.1.2. D’altro canto, come riconosciuto dallo stesso Consiglio Nazionale dei Periti industriali e dei Periti industriali laureati, si è “in assenza di una disposizione legislativa o regolamentare” che sancisca l’equipollenza tra i titoli professionali di diploma di perito industriale in edilizia e di geometra (nota prot. n. 2418/GE/df dell’08.05.2015), rimanendo, invero, gli Albi per l’abilitazione all’esercizio delle rispettive professioni separati (nota prot. 1236 del 05.05.2015 dell’U.O.C. Affari legali) ed essendo, a tali fini, irrilevante la parziale coincidenza delle classi di laurea triennale che consentono, in relazione all’analoga preparazione, l’accesso all’esame di Stato per l’iscrizione ai relativi Albi per le corrispondenti figure laureate, appartenenti ad un diverso e più qualificato profilo.
VI.1.3. Ed invero, secondo condiviso orientamento giurisprudenziale, dal quale il Collegio non ravvisa validi motivi per discostarsi:
   a) "l'equipollenza dei titoli di studio richiesti ai fini della ammissione ad un pubblico concorso può essere riconosciuta solo nei casi previsti dalla legge o dallo stesso bando di concorso. (Nella specie, è stata esclusa l'equipollenza fra il titolo di perito industriale e quello di geometra richiesto dal bando)" (Consiglio di Stato 954/1991);
   b) e, specificatamente, “in relazione alla valutazione di equipollenza va detto che essa è riservata alla legge e non è rimessa alla discrezionalità dell'amministrazione (Consiglio di Stato 4902/2005). Non vi è alcuna equipollenza ex lege tra il titolo di geometra e quello di perito industriale edile e non rileva in merito il fatto che esistano affinità e parziali coincidenze fra le attività svolte dai professionisti iscritti in albi diversi”; “se si esaminano le competenze previste dalle leggi sulla creazione dei rispettivi albi professionali si potrà constatare che le competenze dei geometri sono più ampie di quelle dei periti edili e pertanto la discriminazione operata nel bando di concorso che ha riservato la partecipazione ai soli geometri appare immune da vizi di illogicità o di arbitrarietà”;
   c) peraltro, “non può fondatamente contestarsi il potere discrezionale dell'Amministrazione, in relazione ad un certo tipo di incarico, di individuare i titoli professionali in concreto "adeguati", a prescindere dalla circostanza che, in astratto, altri titoli (nel caso quello di perito industriale edile) possano essere ritenuti equipollenti a quelli indicati” (TAR Toscana, Firenze, sez. II, 11.04.2012 n. 708 e n. 707);
   d) in definitiva, “allorché il bando di concorso richieda tassativamente il possesso di un determinato titolo di studio per l'ammissione ad un concorso pubblico, senza prevedere il rilievo del titolo equipollente, non è consentita la valutazione di un titolo di studio diverso, salvo che l'equipollenza non sia stabilita da una norma di legge. Il principio poggia sul dovuto riconoscimento in capo all'Amministrazione che indice la procedura selettiva -ferma la definizione del livello del titolo, affidata alla legge o ad altra fonte normativa- di un potere discrezionale nell'individuazione della tipologia del titolo stesso, da esercitare tenendo conto della professionalità e della preparazione culturale richieste per il posto da ricoprire” (TAR Lombardia, Milano, sez. III, 19.07.2016 n. 1440);
   e) ed invero, “l'istituto dell'equipollenza fra i titoli di studio posseduti, ai fini della partecipazione ai pubblici concorsi, ha carattere eccezionale e non è quindi suscettibile di mera interpretazione analogica” (Cons. di St., sez. VI, 08.02.2016 n. 495).
VI.1.4. Conseguentemente risulta infondata anche ogni ulteriore censura avverso il bando di selezione, esente, nella scelta del reperimento della figura professionale del solo geometra e delle connesse competenze ad esso ascrivibili –certificate, oltre che dal titolo di studio, dal superamento dell’esame di abilitazione all’esercizio della relativa professione e dall’iscrizione all’Albo professionale corrispondente-, da ogni profilo di dedotta palese illogicità o irrazionalità.
VI.1.5. Eletta tale via, l’esclusione di coloro non in possesso del titolo richiesto nella lex specialis regolante la selezione diviene atto di natura vincolata (TAR Campania-Napoli, Sez. V, sentenza 18.04.2018 n. 2541 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

marzo 2018

COMPETENZE PROGETTUALIA norma dell’art. 16, lett. m), r.d. 11.02.1929, n. 274, e come si desume anche dalle ll. 05.11.1971, n. 1086 e 02.02.1974, n. 64, che hanno rispettivamente disciplinato le opere in conglomerato cementizio e le costruzioni in zone sismiche, nonché dalla l. 02.03.1949, n. 144 (recante la tariffa professionale), … la competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l’adozione -anche parziale- di strutture in cemento armato; solo in via di eccezione, si estende anche a queste strutture, a norma della lett. l) del medesimo articolo 16, r.d. n. 274 cit., purché si tratti di piccole costruzioni accessorie nell’ambito di edifici rurali o destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone …
Il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta -e quindi se la sua progettazione rientri nella competenza professionale dei geometri- consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e l’esecuzione dell’opera comportano e le capacità occorrenti per superarle; a questo fine, mentre non è decisivo il mancato uso del cemento armato (ben potendo anche una costruzione “non modesta” essere realizzata senza di esso), assume significativa rilevanza il fatto che la costruzione sorga in zona sismica, con conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa di cui alla l. n. 64 cit., la quale impone calcoli complessi che esulano dalle competenze professionali dei geometri.

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Sulla qualificazione, infine, del professionista incaricato, il Comune rileva che il progetto -assentito in base alla legge n. 219/1981 e riguardante interventi di ricostruzione in area colpita dal terremoto del novembre 1980 e del febbraio 1981- è sottoscritto da un perito edile, non abilitato a tal fine.
Al riguardo, il Consiglio di Stato ha precisato che «a norma dell’art. 16, lett. m), r.d. 11.02.1929, n. 274, e come si desume anche dalle ll. 05.11.1971, n. 1086 e 02.02.1974, n. 64, che hanno rispettivamente disciplinato le opere in conglomerato cementizio e le costruzioni in zone sismiche, nonché dalla l. 02.03.1949, n. 144 (recante la tariffa professionale), … la competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l’adozione -anche parziale- di strutture in cemento armato; solo in via di eccezione, si estende anche a queste strutture, a norma della lett. l) del medesimo articolo 16, r.d. n. 274 cit., purché si tratti di piccole costruzioni accessorie nell’ambito di edifici rurali o destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone …
Il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta -e quindi se la sua progettazione rientri nella competenza professionale dei geometri- consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e l’esecuzione dell’opera comportano e le capacità occorrenti per superarle; a questo fine, mentre non è decisivo il mancato uso del cemento armato (ben potendo anche una costruzione “non modesta” essere realizzata senza di esso), assume significativa rilevanza il fatto che la costruzione sorga in zona sismica, con conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa di cui alla l. n. 64 cit., la quale impone calcoli complessi che esulano dalle competenze professionali dei geometri
» (Cons. di Stato, V, sent. n. 883/2015) (TAR Campania-Salerno, Sez. I, sentenza 26.03.2018 n. 430 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALIIl criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta -e quindi se la sua progettazione rientri nella competenza professionale dei geometri, ai sensi dell'art. 16, lett. m), del r.d. n. 274 del 1929- consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e l'esecuzione dell'opera comportano e le capacità occorrenti per superarle e a tale fine, mentre non è decisivo il mancato uso del cemento armato, assume significativa rilevanza il fatto che la costruzione sorga in zona sismica, con conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa di cui alla legge n. 64 del 1974, la quale impone calcoli complessi che esulano dalle competenze professionali dei geometri.
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4. Le doglianze, che possono essere esaminate congiuntamente per l'evidente connessione, sono infondate.
4.1. La Corte d'appello ha escluso il requisito della modestia della costruzione con motivazione corretta sotto il profilo dell'applicazione dei principi che regolano la materia, e immune da vizi logici.
Richiamata la documentazione in atti e la CTU disposta in primo grado, la Corte territoriale ha chiarito che, oltre all'importo in sé rilevante, la tipologia dei lavori di completamento del primo piano dell'edificio e di sopraelevazione dell'ultimo coinvolgevano anche la statica dell'edificio, e quindi comportavano difficoltà tecniche di progettazione e di esecuzione che esulano dalla competenza professionale del geometra, dovendosi anche tenere conto della sismicità dei luoghi, con conseguente assoggettamento alla normativa contenuta nella legge n. 64 del 1974.
4.2. La sentenza impugnata si colloca nel solco della giurisprudenza di questa Corte, che afferma, con orientamento consolidato, che il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta -e quindi se la sua progettazione rientri nella competenza professionale dei geometri, ai sensi dell'art. 16, lett. m), del r.d. n. 274 del 1929- consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e l'esecuzione dell'opera comportano e le capacità occorrenti per superarle e a tale fine, mentre non è decisivo il mancato uso del cemento armato, assume significativa rilevanza il fatto che la costruzione sorga in zona sismica, con conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa di cui alla legge n. 64 del 1974, la quale impone calcoli complessi che esulano dalle competenze professionali dei geometri (ex plurimis, Cass., sent. 08/04/2009 n. 8543) (Corte di Cassazione, Sez. II civile, sentenza 08.03.2017 n. 5871).

febbraio 2018

COMPETENZE PROGETTUALILa possibilità di scindere la progettazione architettonica dai calcoli strutturali, attraverso distinti incarichi professionali affidati rispettivamente a un geometra e a un ingegnere, è coerente con la descrizione delle competenze professionali dei geometri contenuta nell’art. 16 del RD 274/1929.
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(f) per quanto riguarda le opere in cemento armato, la difesa del Comune (v. memoria depositata il 19.10.2017) ha chiarito che i relativi calcoli sono stati effettuati da un ingegnere. Sussistono dunque tutte le garanzie necessarie per l’incolumità delle persone. La possibilità di scindere la progettazione architettonica dai calcoli strutturali, attraverso distinti incarichi professionali affidati rispettivamente a un geometra e a un ingegnere, è coerente con la descrizione delle competenze professionali dei geometri contenuta nell’art. 16 del RD 274/1929 (v. CS Sez. II 04.09.2015 n. 2539; TAR Brescia Sez. II 18.04.2013 n. 361) (TAR Lombardia-Brescia, Sez, II, sentenza 19.02.2018 n. 194 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

marzo 2017

COMPETENZE PROGETTUALIAi sensi dell’art. 52, co. 2, r.d. n. 2537/1925, “…le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico ed il restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla L. 20.06.1909, n. 364, per l'antichità e le belle arti, sono di spettanza della professione di architetto; ma la parte tecnica ne può essere compiuta tanto dall'architetto quanto dall'ingegnere”.
Sicché, sul punto costituisce principio riconosciuto dalla giurisprudenza quello per il quale: “… la parziale riserva di cui al più volte richiamato articolo 52 non riguarda la totalità degli interventi concernenti immobili di interesse storico e artistico, ma inerisce alle sole parti di intervento di edilizia civile che implichino scelte culturali connesse alla maggiore preparazione accademica conseguita dagli architetti nell'ambito delle attività di restauro e risanamento di tale particolarissima tipologia di immobili …”.

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Nel caso di specie, la locale Soprintendenza ha predeterminato in termini di assoluto dettaglio il modo di esercizio dell’opera, i materiali da utilizzare, i recuperi di materiali da effettuare, la modalità di allocazione dei veicoli da ospitare a parcheggio, ecc.
Orbene, a fronte di un progetto avente contenuto così analitico, che definisce in termini di esaustività ogni possibile profilo di tutela degli aspetti culturali dell’opera in progetto, è evidente che l’attività oggetto di gara si risolve in una mera ingegnerizzazione del progetto stesso, con conseguente esclusione di scelte che fuoriescano dalla ordinaria competenza di un ingegnere.
Pertanto, la tipologia dell’opera, per come compiutamente definita dalla locale Soprintendenza, rende del tutto irragionevole –e dunque illegittima– la limitazione della partecipazione ai soli iscritti all’Albo degli Architetti, e non anche a quelli iscritti all’Albo degli Ingegneri.
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... per l'annullamento:
- dell'Avviso pubblico bandito dal Comune di Martano per l'indagine di mercato per l'affidamento dei servizi professionali di progettazione definitiva ed esecutiva, direzione lavori e coordinamento della sicurezza nella fase progettuale ed esecutiva per la "riqualificazione di via Marconi e Via degli Uffici";
- di ogni altro atto connesso, presupposto e/o consequenziale, ivi compresi: il parere reso dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Brindisi, Lecce e Taranto in data 10/12/2015 - 24/11/2016 (prot. n. 0007486 CL 34.19.04/68), ricevuto dal Comune di Martano il 24/11/2016 (prot. d'arrivo 0016507 del 24/11/2016);
...
1. È impugnato l'Avviso pubblico bandito dal Comune di Martano per l'indagine di mercato per l'affidamento dei servizi professionali di progettazione definitiva ed esecutiva, direzione lavori e coordinamento della sicurezza nella fase progettuale ed esecutiva per la "riqualificazione di via Marconi e Via degli Uffici", nella parte in cui (art. 7) indica quale requisito di idoneità quello della “Iscrizione nell’Albo professionale degli Architetti, giusto decreto MiBAC del 29.12.2011”.
A sostegno del ricorso, i ricorrenti hanno articolato i seguenti motivi di gravame, appresso sintetizzati: violazione dell’art. 52 r.d. n. 2537/1925; eccesso di potere per errore, difetto di motivazione, contraddittorietà manifesta.
Nella camera di consiglio dell’08.03.2017, fissata per la discussione della domanda cautelare, il Collegio, accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, sentite sul punto le parti costituite, ha definito il giudizio in camera di consiglio con sentenza in forma semplificata, ai sensi dell’art. 60 c.p.a..
2. Con un ampio e articolato motivo di gravame, deducono i ricorrenti l’illegittimità dell’atto impugnato, in quanto immotivatamente limitativo della possibilità, per gli iscritti all’Albo degli Ingegneri, di concorrere per l’aggiudicazione della gara in questione.
Il motivo è fondato.
2.2. Ai sensi dell’art. 52, co. 2, r.d. n. 2537/1925, “…le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico ed il restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla L. 20.06.1909, n. 364, per l'antichità e le belle arti, sono di spettanza della professione di architetto; ma la parte tecnica ne può essere compiuta tanto dall'architetto quanto dall'ingegnere”.
Tale essendo la previsione normativa di riferimento, occorre ora indagarne la portata.
2.2. Sul punto, costituisce principio riconosciuto dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, nonché di questo stesso TAR, quello per il quale: “… la parziale riserva di cui al più volte richiamato articolo 52 non riguarda la totalità degli interventi concernenti immobili di interesse storico e artistico, ma inerisce alle sole parti di intervento di edilizia civile che implichino scelte culturali connesse alla maggiore preparazione accademica conseguita dagli architetti nell'ambito delle attività di restauro e risanamento di tale particolarissima tipologia di immobili …” (C.d.S, VI, 09.01.2014, n. 21).
3. Tanto premesso, e venendo ora al caso di specie, vi è in atti Parere MIBAC 24.11.2016, con il quale la locale Soprintendenza ha predeterminato in termini di assoluto dettaglio il modo di esercizio dell’opera, i materiali da utilizzare, i recuperi di materiali da effettuare, la modalità di allocazione dei veicoli da ospitare a parcheggio, ecc.
Orbene, a fronte di un parere avente contenuto così analitico, che definisce in termini di esaustività ogni possibile profilo di tutela degli aspetti culturali dell’opera in progetto, è evidente che l’attività oggetto di gara si risolve in una mera ingegnerizzazione del progetto stesso, con conseguente esclusione di scelte che fuoriescano dalla ordinaria competenza di un ingegnere.
Pertanto, la tipologia dell’opera, per come compiutamente definita dalla locale Soprintendenza, rende del tutto irragionevole –e dunque illegittima– la limitazione della partecipazione ai soli iscritti all’Albo degli Architetti, e non anche a quelli iscritti all’Albo degli Ingegneri.
4. Per tali ragioni, il ricorso è fondato.
Ne consegue l’annullamento dell’atto impugnato (TAR Puglia-Lecce, Sez. I, sentenza 10.03.2017 n. 411 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALIAgronomi, no a competenza esclusiva in ambito forestale.
Agronomi senza esclusive nel settore forestale.

Lo ha chiarito il Consiglio di Stato, -Sez. V- con la sentenza 01.03.2017 n. 952, resa nota ieri, con cui palazzo Spada è tornato nuovamente sulla qualificazione delle competenze degli agronomi nel settore della progettazione e pianificazione forestale, dopo la sentenza n. 426/2017 del mese scorso.
In particolare, rende noto il Collegio degli agrotecnici, la sentenza stabilisce che le competenze forestali sono proprie anche degli iscritti nell'albo degli agrotecnici e degli agrotecnici laureati, con le competenze «interferenti» tra le due categorie che devono essere definite dai giudici del supremo organo della magistratura amministrativa.
In via generale il Consiglio di stato chiarisce che l'iscrizione nell'albo degli agronomi non prevede competenze riservate, ma solo comuni con altre categorie di professionisti. Nel settore agrario nessuno degli albi operanti ha competenze riservate, ma solamente tipiche e perciò comuni ad altre professioni sia del settore agrario sia non agrario.
La vicenda prende spunto da un ricorso promosso, e inizialmente vinto (sentenza Tar Toscana n. 196/2015), dagli ordini degli agronomi della Toscana, che avevano impugnato un bando del comune di Montecatini Terme che affidava alla facoltà di agraria dell'università di Pisa un incarico per la «manutenzione del patrimonio arboreo comunale».
I ricorrenti avevano contestato quell'affidamento sostenendo che le relative attività riservate in via esclusiva agli iscritti nell'albo degli agronomi e forestali, con proibizione per altri di svolgerle. In prima istanza, il Tar aveva dato loro ragione, mentre in seguito il collegio nazionale degli agrotecnici si è costituito in appello al Consiglio di stato insieme al dipartimento di scienze agrarie dell'università di Pisa.
I giudici hanno chiarito che «le attività professionali... meglio specificate dall'art. 2 della legge n. 3 del 1976, non risultano attribuite, alla stregua di un'interpretazione letterale della norma, e in ragione della sua ampiezza, anche in forza di una sua interpretazione funzionale, in modo esclusivo ai dottori agronomi e forestali
La sentenza prosegue affermando che l'art. 2 l. n. 3 del 1976 «non contiene una siffatta o similare clausola di riserva esclusiva alla competenza dei dottori agronomi e forestali. Riserva che, d'altro canto, difficilmente poteva ipotizzarsi, attesa l'estrema latitudine e differenziazione delle competenze enucleate dalla previsione» (articolo ItaliaOggi del 22.03.2017 - tratto da www.centrostudicni.it).
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MASSIMA
3. - Con il primo motivo di appello si deduce l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto che vi sia corrispondenza tra le prestazioni affidate dal Comune di Montecatini all’Università di Pisa e le attività professionali previste dall’art. 2 della legge n. 3 del 1976, e che le stesse siano riservate dalla legge alla competenza esclusiva dei dottori agronomi e dei dottori forestali.
Il motivo è fondato e meritevole di accoglimento.
In primo luogo, occorre precisare che
le attività professionali «volte a valorizzare e gestire i processi produttivi agricoli, zootecnici e forestali, a tutelare l’ambiente e, in generale, le attività riguardanti il mondo rurale», meglio specificate dall’art. 2 della legge n. 3 del 1976, non risultano attribuite, alla stregua di un’interpretazione letterale della norma, ed in ragione della sua ampiezza, anche in forza di una sua interpretazione funzionale, in modo esclusivo ai dottori agronomi e forestali.
Sotto tale profilo, può essere utile evidenziare, a titolo esemplificativo, la differenza tra la norma in esame e quella dell’art. 2 della legge 31.12.2012, n, 247, relativa alla disciplina della professione di avvocato, il cui quinto comma precisa specificamente che «sono attività esclusive dell’avvocato, fatti salvi i casi espressamente previsti dalla legge, l’assistenza, la rappresentanza e la difesa nei giudizi davanti a tutti gli organi giurisdizionali e nelle procedure arbitrali rituali».
L’art. 2 della legge n. 3 del 1976, oggetto di disamina, non contiene una siffatta o similare clausola di riserva esclusiva alla competenza dei dottori agronomi e forestali. Riserva che, d’altro canto, difficilmente poteva ipotizzarsi, attesa l’estrema latitudine e differenziazione delle competenze enucleate dalla previsione, che vanno dalla direzione, gestione delle imprese agrarie alla progettazione, direzione sorveglianza dei lavori relativi alle costruzioni rurali, alle operazioni dell’estimo, ai lavori ed incarichi relativi alla coltivazione delle piante, ai lavori catastali, alla valutazione e liquidazione degli usi civici, alle analisi fisico-chimico-microbiologiche del suolo, alle ricerche di mercato, alla progettazione dei lavori relativi al verde pubblico.
Così, ancora a titolo esemplificativo, è la giurisprudenza a porre in evidenza che
appartiene ad entrambe le categorie dei periti agrari e dei dottori agronomi o forestali la cura di boschi o foreste, rinvenendo il discrimine tra le competenze degli uni e degli altri, oltre che nel dato quantitativo, in quello qualitativo determinato dalla finalità degli interventi stessi (così Cons. Stato, III, 03.08.2015, n. 3816). Analogamente, emergono interferenze con le competenze professionali di architetti ed ingegneri (art. 51 r.d. 23.10.1925, n. 2537), come pure degli agrotecnici (art. 11 della legge 06.06.1986, n. 251).
In ogni caso, occorre aggiungere che non vi è totale sovrapponibilità tra le prestazioni oggetto dell’affidamento all’appellante e le attività professionali indicate nell’art. 2 della legge n. 3 del 1976, in quanto le prime descrivono servizi relativi ad attività propedeutiche e di supporto alla manutenzione ordinaria e straordinaria del verde pubblico, concentrandosi prevalentemente nell’analisi speditiva massale della popolazione arborea e nel supporto alla stesura di un capitolato di affidamento della gestione razionale ed ecocompatibile del verde pubblico.

settembre 2016

EDILIZIA PRIVATA: Terremoto, restauro parziale dell’edificio e responsabilità del direttore dei lavori.
In tema di responsabilità penale per violazione degli obblighi incombenti al progettista o al direttore dei lavori, l’obbligo di garanzia non può andare oltre l’oggetto del rapporto contrattuale, non potendo concernere opere che non siano investite dell’attività del progettista e/o direttore dei lavori.
Invero, ove si tratti di opere del tutto autonome rispetto ad altre già esistenti in situ o in via di realizzazione non può pretendersi dal tecnico delle prime che si faccia carico della conformità e più genericamente della sicurezza di opere rispetto alle quali non vi è norma di diritto privato o di diritto pubblico che gli riconosca un potere di intervento.

Con la sentenza 01.09.2016 n. 36285, la IV Sez. penale della Corte di Cassazione si è soffermata sulla responsabilità per i reati di omicidio colposo (art. 589 c.p.), lesioni colpose (art. 590 c.p.) e crollo di costruzioni colposo (art. 434, in relazione all’art. 449 c.p.) di un progettista e direttore dei lavori che aveva provveduto ad alcune opere di manutenzione straordinaria (incamiciatura di sei pilastri in calcestruzzo armato) nel 2002 in un condominio crollato in conseguenza del terremoto dell’Aquila del 2009.
In particolare, oltre al dato temporale intercorrente tra l’esecuzione dei lavori e il crollo dell’edificio, risulta di peculiare interesse la circostanza che i lavori commissionati all’imputato riguardassero esclusivamente delle opere autonome rispetto al complesso strutturale dello stabile.
La Cassazione, aderendo alla tesi della Corte d’Appello dell’Aquila, ha riconosciuto la posizione di garanzia del direttore dei lavori in quanto il suo intervento, pur essendo limitato e autonomo, aveva carattere strutturale «
sicché egli aveva l’obbligo giuridico di osservare la normativa antisismica all’epoca vigente, la quale implicava l’accertamento della consistenza dei pilastri sui quali eseguire l’intervento; dal che sarebbe derivata la conoscenza dei difetti strutturali che viziavano i sei pilastri».
Avendo poi il direttore dei lavori attestato la rispondenza delle opere alle norme edilizie, urbanistiche e di sicurezza vigenti, anche volendo considerare il suo intervento esclusivamente migliorativo, avrebbe dovuto comunque svolgere gli accertamenti di tipo statico che avrebbero evidenziato le bias dell’edificio e quindi segnalarle al committente, che avrebbe potuto predisporre un intervento di adeguamento del condominio, mettendolo in sicurezza da eventuali rischi sismici.
Tanto precisato e dopo aver rimarcato il profilo di responsabilità soggettiva, la Cassazione, in accoglimento del terzo motivo della difesa dell’imputato, ha annullato con rinvio la condanna della Corte di Appello, in quanto non sufficientemente motivato il nesso di causa tra i lavori svolti dal progettista e il crollo del condominio, verificatosi parecchi anni dopo.
Ad avviso degli Ermellini, difatti, a mero titolo di esempio, «
non è stato indagato quali fossero i rimedi concretamente adottabili, se essi fossero nella disponibilità del condominio, tanto per l’aspetto economico, che per quello dispositivo; se vi fosse una concreta possibilità di intervento dell’autorità pubblica, a fronte di una eventuale inattività dei condomini (…); quali fossero i tempi di adozione delle misure concretamente adottabili».
Non sono state, infine, vagliate o anche solo prese in considerazioni alternative ipotetiche ulteriori, quali la possibile persistenza dell’uso delle abitazioni pur in assenza di interventi di adeguamento sismico (commento tratto da www.giurisprudenzapenale.com).
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MASSIMA
4. Il ricorso è fondato, nei termini dì seguito precisati.
4.1. In ordine logico-giuridico si impone per prima la trattazione del tema relativo alla esistenza di una posizione di garanzia del Ci., nella qualità, posta in dubbio con il secondo motivo di ricorso.
La Corte di appello ha rammentato al riguardo due arresti giurisprudenziali (Cass. n. 34376/2005 e 18445/2008) che attengono alla posizione del direttore dei lavori, quale fu nella vicenda che occupa il Ci..
Con il primo si è affermato che,
in tema di costruzioni edilizie abusive, il direttore dei lavori ha una posizione di garanzia circa la regolare esecuzione dei lavori, con la conseguente responsabilità per le ipotesi di reato configurate, dalla quale questi può andare esente soltanto ottemperando agli obblighi di comunicazione e rinuncia all'incarico previsti dall'art. 29, comma secondo, d.P.R. n. 380 del 2001, sempre che il recesso dalla direzione dei lavori sia stato tempestivo, ossia sia intervenuto non appena l'illecito edilizio si sia evidenziato in via obiettiva, ovvero non appena avuta conoscenza che le direttive impartite erano state disattese o violate (Sez. 3, n. 34376 del 10/05/2005 - dep. 27/09/2005, Scimone ed altri, Rv. 232475).
Con il secondo che
il direttore dei lavori è responsabile a titolo di colpa del crollo di costruzioni anche nell'ipotesi di sua assenza dal cantiere, dovendo egli esercitare un'oculata attività di vigilanza sulla regolare esecuzione delle opere edilizie ed in caso di necessità adottare le necessarie precauzioni d'ordine tecnico, ovvero scindere immediatamente la propria posizione di garanzia da quella dell'assuntore dei lavori, rinunciando all'incarico ricevuto (Sez. 4, n. 18445 del 21/02/2008 - dep. 08/05/2008, Strazzanti, Rv. 240157).
Occorre dare atto al ricorrente che
la puntualizzazione operata dalla corte distrettuale attraverso il richiamo giurisprudenziale è opportuna ma non sufficiente perché il tema è più esattamente quello della attribuzione al tecnico che venga chiamato ad occuparsi di lavori che incidono su una limitata porzione dell'edificio dell'obbligo di garantire non solo la corretta esecuzione dei lavori affidatagli, ma anche la complessiva sicurezza dell'edificio.
Non sembra seriamente discutibile che il progettista e direttore dei lavori sia tenuto a garantire che gli stessi siano eseguiti a regola d'arte: lo è sulla scorta del contratto che lo lega al committente, tanto che la giurisprudenza civile afferma in termini diversificati ma convergenti l'obbligo (in specie per il direttore dei lavori) di garantire che l'esecuzione dei lavori sia non solo conforme a quanto previsto dal capitolato ma anche alle regole della tecnica (Sez. 3, Sentenza n. 7370 del 13/04/2015, Rv. 635038; Sez. 2, Sentenza n. 10728 del 24/04/2008, Rv. 603056; argomenti si ricavano anche da Cass. civ., Sez. 3, Sentenza n. 12995 del 31/05/2006, Rv. 591371, che ritiene sussistere, discendente dall'art. 1176 c.c., un obbligo di diligenza particolarmente rigoroso dell'appaltatore che sia anche progettista e direttore dei lavori, in forza del quale egli è tenuto, in presenza di situazioni rivelatrici di possibili fattori di rischio, ad eseguire gli opportuni interventi per accertarne la causa ed apprestare i necessari accorgimenti tecnici volti a garantire la realizzazione dell'opera senza difetti costruttivi).
Al contempo, è palese che l'obbligo di garanzia non può andare oltre l'oggetto del rapporto contrattuale; e quindi non può concernere opere che non siano investite dell'attività del progettista e/o direttore dei lavori.

Ove si tratti di opere del tutto autonome rispetto ad altre già esistenti in situ o in via di realizzazione non può pretendersi dal tecnico delle prime che si faccia carico della conformità e più genericamente della sicurezza di opere rispetto alle quali non vi è norma di diritto privato o di diritto pubblico che gli riconosca un potere di intervento.
Si immagini il direttore dei lavori di una piscina che si debba realizzare su un fondo ove già insiste un'abitazione, senza che vi siano interferenze di sorta tra i due manufatti. Non può ritenersi che sia elevabile nei confronti di quel direttore dei lavori la pretesa -non si dice di intervenire ma- anche solo di segnalare difetti strutturali, pur evidenti, dell'abitazione; la posizione di garanzia, espressione parafrastica dell'obbligo giuridico di impedire l'evento menzionato dall'art. 40 cpv. cod. pen., va tenuta ben distinta dalla possibilità materiale di agire così come da un dovere morale.

Ma nella vicenda in esame la Corte di appello -ben diversamente da quanto assume il ricorrente- non ha posto a carico del Ci. l'obbligo di verificare la qualità statica dell'intero edificio o anche solo di tutti i pilastri che lo sostenevano. Piuttosto, come già il primo giudice, ha affermato che il tipo di intervento affidato alle cure del Ci. aveva carattere strutturale perché si trattava di lavori di incamiciatura di sei pilastri, con effetti sullo stato tensionale dei medesimi (oggetto dell'intervento a sue cure).
Sicché egli aveva l'obbligo giuridico di osservare la normativa antisismica all'epoca vigente, la quale implicava l'accertamento della consistenza dei pilastri sui quali eseguire l'intervento; dal che sarebbe derivata la conoscenza dei difetti strutturali che viziavano i sei pilastri.
Non si è affermato, quindi, un obbligo di intervento o di segnalazione di difetti che attenevano a ulteriori e differenti porzioni dell'edificio; ma di un obbligo delimitato all'opera affidata alle cure del Ci.. E occorre intendersi: non già di un obbligo di segnalazione ai committenti ma di un obbligo di ben eseguire il mandato conferito; il che avrebbe di per sé attivato una serie di effetti a cascata senza alcun ulteriore intervento del Ci., poiché -per dire della più evidente delle conseguenza- sarebbe stato compito del committente nominare il collaudatore e questi sarebbe stato tenuto a riportare al medesimo l'esito -che si può certamente ritenere negativo- del collaudo.
Ne consegue che la Corte di appello ha esattamente delimitato la posizione di garanzia assunta dal Ci. ed ha rimproverato a questi nulla più della violazione degli obblighi da quella posizione discendenti.
4.2. Quanto al primo motivo, esso pure è infondato.
La condotta colposa ascritta al Ci. è stata ben identificata dalla Corte distrettuale: egli non ha osservato le norme della legislazione antisismica, le quali hanno per l'appunto la funzione di rendere l'edificato in grado di resistere agli eventi tellurici caratteristici dell'area dell'insediamento (non a caso esisteva al tempo una classificazione della aree del territorio nazionale, distinte per grado di rischio sismico, con effetti diretti sulla tipologia costruttiva da adottare). Inoltre, egli ha attestato che le opere erano rispondenti alle norme edilizie, urbanistiche e di sicurezza vigenti.
Il ricorrente assume che, trattandosi di intervento migliorativo, secondo la definizione datane dal d.m. 16.01.1996, punto C.9.1.2., non erano applicabili le disposizioni che imponevano adempimenti concernenti la sicurezza statica. Ma l'accertamento condotto nei gradi di merito ha avuto un differente esito.
Come già il Tribunale, sulla scorta di una perizia che non è stata investita da alcuna censura, anche la Corte di appello ha affermato che
i lavori di incamiciatura dei sei pilastri -che contemplavano demolizioni di massetto fino alle fondazioni, realizzazione di fori passanti nel pilastro ogni 30-40 cm., realizzazione di fori profondi 15-20 cm. sulla fondazione, collegamento ad essa dei nuovi ferri del pilastro- ebbero carattere di opera di risanamento strutturale e funzionale, con implicazioni importanti di natura statica, interessando essi parti strutturali in cemento armato; sicché era prescritta la verifica prevista dagli articoli 4, 6 e 7 della legge n. 1086/1971, dalla legge n. 64/1974, dalla legge Regione Abruzzo n. 138/1996 e dal d.m. 16.01.1996.
Si tratta di un accertamento di merito che questa Corte non può mettere in discussione, atteso che esso risulta sostenuto da motivazione non manifestamente illogica e che non ne viene neppure posta in discussione la rispondenza alle emergenze processuali.
Peraltro, non è inutile rilevare che, anche qualora si fosse trattato di intervento di miglioramento, sul Ci. sarebbe gravato comunque l'obbligo di svolgere le indagini concernenti la sicurezza statica dei sei pilastri. Il punto C.9.2.2. del d.m. 16.01.1996 prevedeva, infatti, che "nel caso di interventi di miglioramento il progetto deve contenere la documentazione prescritta per gli interventi di adeguamento limitatamente alle opere interessate. Nella relazione tecnica deve essere dimostrato che gli interventi progettati non producano sostanziali modifiche nel comportamento strutturale globale dell' edificio".
E, per gli interventi di adeguamento, il punto C. 9.2.1. prescriveva che "gli interventi di adeguamento antisismico di un edificio devono essere eseguiti sulla base di un progetto esecutivo ... completo ed esauriente per planimetria, piante, sezioni, particolari esecutivi, relazione tecnica, relazione sulle fondazioni e fascicolo dei calcoli per la verifica sismica. In particolare la relazione tecnica deve riferirsi anche a quanto indicato nei successivi punti C.9.2.3. e C.9.2.4.". Disposizioni, queste ultime, che indicavano le operazioni e le scelte progettuali richieste in funzione della sicurezza statica dell'opera da realizzare.
Pertanto, la variazione degli adempimenti tra l'una e l'altra tipologia di intervento non era tanto di carattere qualitativo quanto di carattere quantitativo.
Ancora in relazione al contenuto della condotta colposa va osservato che le disposizioni appena evocate recano regole cautelari di tipo rigido; sicché il richiamo alla prevedibilità ed evitabilità di un evento quale quello verificatosi il 06.04.2009 a L'Aquila in chiave di definizione di una regola cautelare 'generica' appare non pertinente.
Va poi rilevato che l'asserita impossibilità di procedere alla verifica sismica dei pilastri per la indisponibilità dei dati, lungi dal costituire un fattore interpretabile a favore del ricorrente, rappresenta circostanza che avrebbe dovuto condurre ad una ancora maggior cura per gli aspetti concernenti la sicurezza statica.
Del tutto improprio è il richiamo al principio di affidamento, che qui si evoca a giustificazione delle omissioni dei Ci., poiché questi era tenuto ad eseguire gli adempimenti richiesti dalla normativa antisismica ex novo, per la natura dell'intervento affidato alle sue cure, come precisato al superiore punto 4.1. Quanto ai cenni alla causalità della colpa (ovvero la pretesa irrilevanza causale della condotta colposa ascritta al Ci.), essi manifestano come non sia stato colto che -ben diversamente da quanto affermato dal ricorrente- l'omissione colposa attribuita all'odierno imputato  -nei termini sin qui ribaditi e non in quelli rimarcati dall'esponente- è stata ritenuta causalmente efficiente.
4.3. Ma se non vi è alcun dubbio che sul Ci. gravava l'obbligo di eseguire gli adempimenti funzionali alla conformità alla normativa antisismica dell'opera alla quale attendeva, e che la colpa in senso oggettivo è stata ben definita, sicché la sentenza impugnata non risulta censurabile su tali versanti, parimenti non v'è dubbio che prima di concludere per la responsabilità dell'imputato in parola per l'evento verificatosi nove anni dopo occorre accertare l'esistenza della relazione causale tra questo e l'omissione accertata.
Rimarcato che non è in discussione la prevedibilità del sisma che si verificò il 06.04.2009 (la giurisprudenza di questa Corte è sul punto ben consolidata; da ultimo, Sez. 4, n. 2536 del 23/10/2015 - dep. 21/01/2016, P.C. in proc. Bearzi e altro, Rv. 265794), i principi in materia sono ormai talmente noti che è sufficiente rammentarli con una delle più recenti formulazioni, avendo questa Corte ribadito che
nel reato colposo omissivo improprio, il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, che a sua volta deve essere fondato, oltre che su un ragionamento di deduzione logica basato sulle generalizzazioni scientifiche, anche su un giudizio di tipo induttivo elaborato sull'analisi della caratterizzazione del fatto storico e sulle particolarità del caso concreto (Sez. 4, n. 22378 del 19/03/2015 - dep. 27/05/2015, Pg in proc. Volcan e altri, Rv. 263494; Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014 - dep. 18/09/2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri, Rv. 261103).
Sotto tale profilo la sentenza impugnata appare del tutto carente, limitandosi ad affermare che, accortosi dei deficit strutturali, il Ci. "sarebbe stato in grado di far presente al committente la situazione di pericolo in cui versavano tutti coloro che abitavano nel palazzo ..."; ed ancora che "l'imputato avrebbe potuto far presente al committente la necessità di un intervento generale sull'intera struttura portante dell'edificio e ciò avrebbe consentito di porre in essere gli opportuni rimedi per rendere l'edificio più solido, così evitandone il crollo".
Né la lacuna è colmata dalla decisione di primo grado, nella quale allo stesso modo non è descritta la sequenza che dall'omissione degli adempimenti connessi alla normativa antisismica avrebbe condotto, secondo quel criterio di alta probabilità logica del quale si è scritto, all'adeguamento statico o ad altra misura che, a sua volta, avrebbe avuto l'effetto di evitare gli eventi illeciti per cui è processo.
In tal modo l'accertamento del nesso causale viene risolto in un giudizio esclusivamente di tipo deduttivo, basato su massime di esperienza (non rese esplicite dalla corte territoriale, ma chiaramente identificabili dal lettore), che tradisce la struttura bifasica di quell'accertamento, poiché non vi è un solo dato processuale che venga richiamato a sostegno della deduzione. Eppure non si trattava di assumere misure di agevole reperimento ed adozione.
Ben si comprende, proprio perché la corte distrettuale ha fatto riferimento ad interventi sull'intero edificio, che sarebbe stato necessario un notevole impegno di spesa. A mero titolo di esempio si può rilevare che non è stato indagato quali fossero i rimedi concretamente adottabili, se essi fossero nella disponibilità del condominio tanto per l'aspetto economico che per quello dispositivo; se vi fosse la concreta possibilità di un intervento dell'autorità pubblica, a fronte di una eventuale inattività dei condomini, ciò nonostante permanenti nelle rispettive abitazioni (anche solo perché confidenti nelle abitudine autoprotettive che sono state in altro procedimento accertate: Cass. Sez. 4, sent. n. 12478 del 19-20.11.2015, P.G. in proc. Barberi ed altri, n.m.); quali fossero i tempi di attuazione delle misure concretamente adottabili.
Ben possibili, poi, alternative ipotetiche ulteriori (una delle quali si è già menzionata: la persistenza dell'uso delle abitazioni pur in assenza di interventi di adeguamento sismico), che aprono a percorsi ricostruttivi del nesso causale invero del tutto peculiari, quali la causalità psichica (a riguardo della quale, con precipua attinenza alla vicenda aquilana, la già citata decisione in causa P.G. c. Barberi ed altri).
E' quindi fondato il terzo motivo di ricorso e, risultando non conforme alla previsione di legge in tema di causalità nei reati omissivi impropri, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio alla Corte di appello di Perugia per nuovo esame. Alla medesima corte va demandata la regolamentazione tra le parti delle spese di questo giudizio.

agosto 2016

COMPETENZE PROGETTUALIDal geometra i mini-interventi. All'ingegnere i calcoli sul cemento armato della casa. Progetti antisismici in aree a rischio: il Tar Campania sulle competenze professionali.
Anche il geometra può firmare la ristrutturazione della casa in zona sismica. Ma a condizione che i calcoli su cemento armato siano eseguiti da un ingegnere e che comunque l'opera da realizzare per l'abitazione risulti comunque di dimensioni modeste.

È quanto emerge dalla sentenza 23.08.2016 n. 4092, pubblicata dal TAR Campania-Napoli - Sez. VIII, che aderisce all'orientamento di giurisprudenza secondo cui in tali casi è ben possibile dividere in due la progettazione lasciando le strutture portanti al professionista abilitato e le opere di tamponamento al geometra.
Forma e sostanza. Nel caso di specie, il ricorso proposto dal vicino contro il permesso di costruire è accolto, ma per motivi inerenti le distanze fra edifici e l'indice volumetrico e non sulla titolarità a firmare il progetto.
In effetti l'ingegnere ha depositato al genio civile gli elaborati relativi alle strutture in cemento armato nell'ambito di una ristrutturazione che prevede l'ampliamento della parte abitata del fabbricato e l'innalzamento delle pareti portanti.
Per i giudici, tuttavia, non è necessario ricorre a un'interpretazione molto formale delle norme: quando nei fatti l'opera è di dimensioni ridotte si possono separare le due fasi con l'ingegnere che si assume la responsabilità dei calcoli per i quali non è autorizzato il geometra, al quale resta una progettazione di natura sostanzialmente architettonica, perché si risolve in opere di tamponamento interno ed esterno, un'attività che spesso è svolta dai tecnici specializzati nei soli componenti d'arredo.
Il fatto che i lavori si svolgano in zona sismica impone solo un particolare rigore nella verifica della modestia dell'opera.
Estetica e struttura. Sul riparto delle competenze fra professionisti per gli interventi post-terremoto è intervenuta la giurisprudenza amministrativa formatasi dopo il sisma in Emilia del 29.05.2012.
Lo studio di ingegneria, ad esempio, ben può aggiudicarsi i lavori di risanamento anche se l'immobile che desta preoccupazioni al Comune padano dopo la forte scossa tellurica è un edificio di interesse storico-artistico.
Inutile per i concorrenti rivendicare la competenza esclusiva degli architetti quando i lavori oggetto della procedura pubblica sono interventi di risanamento che non incidono sui profili estetici del fabbricato vincolato.
È quanto emerge dalla sentenza 36/2016, pubblicata dalla prima sezione del Tar Bologna. Deve rassegnarsi, l'architetto rimasto escluso dai lavori: stavolta non conta che l'ingegnere non abbia lo stesso senso estetico nella progettazione perché l'intervento che l'amministrazione intende far realizzare punta al mero ripristino strutturale della porzione delle strutture lesionate dal sisma; insomma: si deve procedere ad attività di riparazione con rafforzamento locale, tanto che le relative prestazioni da erogare restano inquadrate nella sfera del risanamento e della salvaguardia dell'immobile danneggiato.
Si tratta di intervenire sulla struttura dell'edificio per ripararla e consolidarla: si rientra quindi nelle opere di edilizia civile riconducibili alla «parte tecnica» di cui all'articolo 52, comma 2, del regio decreto 2537/1925, nella lettura ampia che ne ha dato la giurisprudenza, comprendendo tutte le lavorazioni che non incidono sui profili estetici e di rilievo culturale degli edifici vincolati.
Obbligo di comunicazione. Sulle sanzioni penali previste per l'inosservanza della legislazione antisismica è intervenuta la Cassazione poche ore dopo la terribile scossa che ha distrutto Amatrice, Accumoli, Arquata e gli altri Comuni al confine tra Lazio, Marche e Umbria.
Il progettista e direttore dei lavori va condannato insieme al titolare della ditta edile perché hanno costruito in zona a rischio terremoto senza l'autorizzazione dell'ufficio tecnico della regione. È quanto emerge dalla sentenza 35491/2016, pubblicata il 26 agosto dalla terza sezione penale della Cassazione.
Non conta che l'opera realizzata scaturisca da un appalto pubblico e il committente risulta il Comune: un altro dei profili illeciti sanzionati è proprio il mancato deposito del progetto presso lo sportello unico dell'edilizia dell'ente locale, che pure ha approvato i lavori con delibera.
Il punto è che gli articoli 93-95 del testo unico dell'edilizia puntano proprio a scoraggiare la realizzazione sul territorio di manufatti non conformi alle norme tecniche. E ciò anche se la legge regionale stabilisce che a essere obbligato alla denuncia è l'amministrazione committente: l'ente territoriale, infatti, esercita in via solo concorrente il potere legislativo sul governo del territorio, mentre la materia della staticità degli edifici in zona sismica resta di esclusiva competenza statale (articolo ItaliaOggi Sette del 05.09.2016 - tratto d www.centrostudicni.it).

COMPETENZE PROGETTUALI: Sulla possibilità di “scindere” la progettazione e affidare la parte relativa alle strutture di cemento armato a un ingegnere abilitato e limitare in capo al geometra quella relativa alle altre parti, sempre nei limiti delle costruzioni per civile abitazione di modeste dimensioni.
La competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l'adozione -anche parziale- di strutture in cemento armato.
Solo in via di eccezione, la competenza in ordine alla progettazione da parte dei geometri si estende anche a queste strutture, a norma della lett. l) del medesimo articolo 16, r.d. n. 274 cit., purché si tratti di piccole costruzioni accessorie nell'ambito di edifici rurali o destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone.
Per il resto, la suddetta competenza è, comunque, esclusa nel campo delle costruzioni civili ove si adottino strutture in cemento armato, la cui progettazione e direzione, qualunque ne sia l'importanza è, pertanto, riservata solo agli ingegneri ed architetti iscritti nei relativi albi professionali.
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V
i sono diversi orientamenti sulla possibilità di “scindere” la progettazione e affidare la parte relativa alle strutture di cemento armato a un ingegnere abilitato e limitare in capo al geometra quella relativa alle altre parti, sempre nei limiti delle costruzioni per civile abitazione di modeste dimensioni.
Un parte della giurisprudenza ritiene che, ai fini dell’incompetenza del geometra ad assumersi la progettazione, è irrilevante che l'incarico sia stato conferito per le parti in cemento armato a un geometra a un ingegnere o architetto, in quanto non è consentito neppure al committente scindere dalla progettazione generale quella relativa alle opere in cemento armato.
Non sarebbe, infatti, possibile enucleare e distinguere un'autonoma attività, per la parte di tali opere, riconducibile ad un ingegnere o ad un architetto, poiché chi non è abilitato a delineare l'ossatura, neppure può essere ritenuto in grado di dare forma al corpo che deve esserne sorretto.
Secondo altro orientamento giurisprudenziale, che il Collegio ritiene preferibile, sarebbe, invece, possibile scindere le due parti della progettazione, essendo consentito al geometra assumersi la progettazioni di modeste civili costruzioni, qualora la parte progettuale relativa alle strutture di cemento armato sia affidata a un ingegnere o architetto abilitato.
In sostanza, secondo questo orientamento, la presenza di un ingegnere progettista delle opere strutturali assorbe per intero quella parte che poteva esorbitare dalla competenza professionale del geometra.
Secondo quest‘ultimo orientamento giurisprudenziale, infatti, è possibile, sulla base di comuni esperienze di fatto, scindere dette attività progettuali, poiché definita l'ossatura (o, meglio, la struttura portante di un edificio, dimensionata per reggere tutte le sollecitazioni, statiche e dinamiche, verticali e orizzontali, cui esso è o potrebbe essere sottoposto) da parte del tecnico a ciò abilitato, l'ulteriore attività progettuale si risolve nella definizione di elementi di chiusura della stessa, mediante opere di tamponamento interno ed esterno di natura essenzialmente architettonica; opere volte a delimitare gli spazi in cui si svolge l'attività umana e che non richiedono il possesso di specifiche competenze strutturali (attività che, spesso, viene svolta dai tecnici specializzati nei soli componenti d'arredo).
In sostanza, per tale indirizzo, in caso di complessiva modestia dell'opera, la circostanza che comunque i calcoli relativi alle opere in cemento armato siano stati curati da un professionista abilitato consente di considerare legittimo il titolo abilitativo rilasciato su progetto redatto da un geometra.
Il Collegio rileva, in proposito, come questo orientamento meriti condivisione, tenendo presenti alcuni aspetti espressi dalla Seconda Sezione del Consiglio di Stato nel parere del 04.09.2015, n. 7477.
In base al principio generale della collaborazione tra titolari di diverse competenze professionali, infatti, nulla impedisce che la progettazione e direzione dei lavori relativi alle opere in cemento armato sia affidata al tecnico in grado di eseguire i calcoli necessari e di valutare i pericoli per la pubblica incolumità, e che l’attività di progettazione e direzione dei lavori, incentrata sugli aspetti architettonici della “modesta” costruzione civile, sia affidata, invece, al geometra.
Non si tratta, tuttavia, di assicurare la mera presenza di un ingegnere progettista delle opere in cemento armato, che controfirmi o si limiti ad eseguire i calcoli.
Il professionista, che svolge la progettazione con l’uso del cemento armato, deve essere competente a progettare e ad assumersi la responsabilità del segmento del progetto complessivo riferito alle opere in cemento armato, nel senso che l’incarico non può essere affidato al geometra, che si avvarrà della collaborazione dell’ingegnere, ma deve essere sin dall’inizio affidato anche a quest’ultimo per la parte di sua competenza e sotto la sua responsabilità.

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La circostanza che l’opera insista in zona sismica non è sufficiente a escludere, di per sé, che la costruzione civile possa ritenersi “modesta”, ai fini della competenza del geometra alla sua progettazione, anche per le parti non interessate dalle strutture di cemento armato.
Tale interpretazione, difatti, seppure ha trovato conferma in un risalente precedente, appare troppo formalistica e non suffragata da specifici elementi normativi.
Si deve, infatti, ritenere che, in caso di zona interessata dal rischio sismico, il requisito della “modestia” della costruzione civile debba essere valutato con maggiore rigore ma non escluso automaticamente.
In sostanza, quindi, per gli interventi comportanti l’uso del cemento armato, il grado di pericolo sismico della zona su cui insiste la costruzione deve portare a una valutazione di maggior rigore anche per quanto riguarda la competenza del progettista dell’intervento relativo a “modeste” costruzioni civili, nel senso appunto che la progettazione, esecuzione e direzione dei lavori delle opere statiche dovrà essere demandata alla responsabilità di un professionista titolare di specifiche competenze tecniche all’effettuazione dei calcoli necessari ed alla valutazione delle spinte, controspinte e sollecitazioni, cui può essere sottoposta la costruzione.
Ciò non esclude che, nel caso di specie, considerata la tipologia e l’entità dell’intervento, quest’ultimo possa considerarsi relativo a una modesta costruzione civile, ai fini delle competenze nella progettazione, e che il progetto redatto sia conforme alla normativa vigente, essendo stata demandata a un ingegnere la parte relativa alle strutture in cemento armato.
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... per l'annullamento del permesso di costruire n. 40 del 2015 del Comune di Maddaloni;
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FATTO
Le parti ricorrenti, comproprietarie di un edificio sito in Maddaloni, in via ... n. .., dove risiedono, hanno impugnato, con ricorso notificato il 06.11.2016, il Permesso di Costruire n. 40 del 18/05/2015, rilasciato su un lotto confinante a Ro. De Vi., per la ristrutturazione con ampliamento della parte residenziale del fabbricato, la realizzazione di un nuovo corpo di fabbrica, l'abbassamento del solaio di copertura, la demolizione della copertura esistente, l'innalzamento delle pareti portanti, con previsione dell'utilizzo del cemento armato per le strutture di nuova edificazione.
...
DIRITTO
3) Quanto al primo motivo di ricorso, le parti ricorrenti sostengono che la progettazione dell’intervento è stata effettuata da un geometra, ancorché le opere assentite prevedano la ristrutturazione con ampliamento della parte residenziale del fabbricato, la realizzazione di un nuovo corpo di fabbrica, l'abbassamento del solaio di copertura, la demolizione della copertura esistente, l'innalzamento delle pareti portanti, con utilizzo del cemento armato per tutte le strutture di nuova edificazione.
La progettazione di costruzioni civili, con strutture in cemento armato, esulerebbe dalla competenza dei geometri, trattandosi dì attività riservata ai soli ingegneri e architetti, tanto più che l’immobile si trova in zona a rischio sismico.
Replica il controinteressato che il motivo risulterebbe infondato alla luce della circostanza che la figura professionale del geometra è abilitata alla progettazione architettonica di modeste abitazioni civili, come quella in questione, e che, nel caso di specie, la parte relativa ai calcoli strutturali del cemento armato è stata curata da un ingegnere, mentre il geometra si è limitato alla progettazione delle restanti parti architettoniche.
In particolare, la parte relativa ai calcoli strutturali del cemento armato è stata curata dall’Ing. Pe., mentre il geom. Pa. si è occupato esclusivamente della progettazione architettonica.
Il motivo è infondato.
A norma dell'art. 16, lett. m), r.d. 11.02.1929 n. 274 e dalle l. 05.11.1971 n. 1086 e 02.02.1974 n. 64, che hanno rispettivamente disciplinato le opere in conglomerato cementizio e le costruzioni in zone sismiche, nonché dalla l. 02.03.1949 n. 144 (recante la tariffa professionale), la competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l'adozione -anche parziale- di strutture in cemento armato.
Solo in via di eccezione, la competenza in ordine alla progettazione da parte dei geometri si estende anche a queste strutture, a norma della lett. l) del medesimo articolo 16, r.d. n. 274 cit., purché si tratti di piccole costruzioni accessorie nell'ambito di edifici rurali o destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone.
Per il resto, la suddetta competenza è, comunque, esclusa nel campo delle costruzioni civili ove si adottino strutture in cemento armato, la cui progettazione e direzione, qualunque ne sia l'importanza è, pertanto, riservata solo agli ingegneri ed architetti iscritti nei relativi albi professionali (Cons. Stato Sez. V, 23.02.2015, n. 883; Cons. Stato Sez. V, 28.04.2011, n. 2537; Cass. civ. Sez. II, 24.03.2016, n. 5871; Cass. civ., sez. II, 02.09.2011, n. 18038; Cass. 26.07.2006, n. 17028).
Quanto indicato appare pacifico in giurisprudenza, mentre vi sono diversi orientamenti sulla possibilità di “scindere” la progettazione e affidare la parte relativa alle strutture di cemento armato a un ingegnere abilitato e limitare in capo al geometra quella relativa alle altre parti, sempre nei limiti delle costruzioni per civile abitazione di modeste dimensioni.
Un parte della giurisprudenza ritiene che, ai fini dell’incompetenza del geometra ad assumersi la progettazione, è irrilevante che l'incarico sia stato conferito per le parti in cemento armato a un geometra a un ingegnere o architetto, in quanto non è consentito neppure al committente scindere dalla progettazione generale quella relativa alle opere in cemento armato.
Non sarebbe, infatti, possibile enucleare e distinguere un'autonoma attività, per la parte di tali opere, riconducibile ad un ingegnere o ad un architetto, poiché chi non è abilitato a delineare l'ossatura, neppure può essere ritenuto in grado di dare forma al corpo che deve esserne sorretto (Cons. Stato Sez. V, 28.04.2011, n. 2537).
Secondo altro orientamento giurisprudenziale, che il Collegio ritiene preferibile, sarebbe, invece, possibile scindere le due parti della progettazione, essendo consentito al geometra assumersi la progettazioni di modeste civili costruzioni, qualora la parte progettuale relativa alle strutture di cemento armato sia affidata a un ingegnere o architetto abilitato.
In sostanza, secondo questo orientamento, la presenza di un ingegnere progettista delle opere strutturali assorbe per intero quella parte che poteva esorbitare dalla competenza professionale del geometra (TAR Marche Ancona Sez. I, 11/07/2013, n. 559, 13.03.2008 n. 194 e 23.11.2001 n. 1220).
Secondo quest‘ultimo orientamento giurisprudenziale, infatti, è possibile, sulla base di comuni esperienze di fatto, scindere dette attività progettuali, poiché definita l'ossatura (o, meglio, la struttura portante di un edificio, dimensionata per reggere tutte le sollecitazioni, statiche e dinamiche, verticali e orizzontali, cui esso è o potrebbe essere sottoposto) da parte del tecnico a ciò abilitato, l'ulteriore attività progettuale si risolve nella definizione di elementi di chiusura della stessa, mediante opere di tamponamento interno ed esterno di natura essenzialmente architettonica; opere volte a delimitare gli spazi in cui si svolge l'attività umana e che non richiedono il possesso di specifiche competenze strutturali (attività che, spesso, viene svolta dai tecnici specializzati nei soli componenti d'arredo).
In sostanza, per tale indirizzo, in caso di complessiva modestia dell'opera, la circostanza che comunque i calcoli relativi alle opere in cemento armato siano stati curati da un professionista abilitato consente di considerare legittimo il titolo abilitativo rilasciato su progetto redatto da un geometra (Cons. Stato Sez. IV, 28.11.2012, n. 6036).
Il Collegio rileva, in proposito, come questo orientamento meriti condivisione, tenendo presenti alcuni aspetti espressi dalla Seconda Sezione del Consiglio di Stato nel parere del 04.09.2015, n. 7477.
In base al principio generale della collaborazione tra titolari di diverse competenze professionali, infatti, nulla impedisce che la progettazione e direzione dei lavori relativi alle opere in cemento armato sia affidata al tecnico in grado di eseguire i calcoli necessari e di valutare i pericoli per la pubblica incolumità, e che l’attività di progettazione e direzione dei lavori, incentrata sugli aspetti architettonici della “modesta” costruzione civile, sia affidata, invece, al geometra.
Non si tratta, tuttavia, di assicurare la mera presenza di un ingegnere progettista delle opere in cemento armato, che controfirmi o si limiti ad eseguire i calcoli.
Il professionista, che svolge la progettazione con l’uso del cemento armato, deve essere competente a progettare e ad assumersi la responsabilità del segmento del progetto complessivo riferito alle opere in cemento armato, nel senso che l’incarico non può essere affidato al geometra, che si avvarrà della collaborazione dell’ingegnere, ma deve essere sin dall’inizio affidato anche a quest’ultimo per la parte di sua competenza e sotto la sua responsabilità.
Nel caso di specie un ingegnere (l’Ing. Pe.) ha provveduto all’effettuazione dei calcoli strutturali per le strutture in cemento armato, depositando i relativi elaborati progettuali presso il Genio Civile.
Si può pertanto ritenere che lo stesso abbia redatto il segmento del progetto complessivo riferito alle opere in cemento armato, assumendosene la responsabilità.
Né la circostanza che l’opera insista in zona sismica è sufficiente a escludere, di per sé, che la costruzione civile possa ritenersi “modesta”, ai fini della competenza del geometra alla sua progettazione, anche per le parti non interessate dalle strutture di cemento armato.
Tale interpretazione, difatti, seppure ha trovato conferma in un risalente precedente (Cons. Stato, 08.06.1998, n. 779), appare troppo formalistica e non suffragata da specifici elementi normativi.
Si deve, infatti, ritenere che, in caso di zona interessata dal rischio sismico, il requisito della “modestia” della costruzione civile debba essere valutato con maggiore rigore ma non escluso automaticamente.
In sostanza, quindi, per gli interventi comportanti l’uso del cemento armato, il grado di pericolo sismico della zona su cui insiste la costruzione deve portare a una valutazione di maggior rigore anche per quanto riguarda la competenza del progettista dell’intervento relativo a “modeste” costruzioni civili, nel senso appunto che la progettazione, esecuzione e direzione dei lavori delle opere statiche dovrà essere demandata alla responsabilità di un professionista titolare di specifiche competenze tecniche all’effettuazione dei calcoli necessari ed alla valutazione delle spinte, controspinte e sollecitazioni, cui può essere sottoposta la costruzione.
Ciò non esclude che, nel caso di specie, considerata la tipologia e l’entità dell’intervento, quest’ultimo possa considerarsi relativo a una modesta costruzione civile, ai fini delle competenze nella progettazione, e che il progetto redatto sia conforme alla normativa vigente, essendo stata demandata a un ingegnere la parte relativa alle strutture in cemento armato.
Il motivo di ricorso deve, quindi essere rigettato (TAR Campania-Napoli, Sez. VIII, sentenza 23.08.2016 n. 4092 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

luglio 2016

COMPETENZE PROGETTUALISecondo giurisprudenza, solo per gli interventi di ordine strutturale “in taluni casi (e non sempre) potrebbe ipotizzarsi un'assenza di competenze dei geometri”, mentre con riferimento a lavori di manutenzione straordinaria “detta competenza non può astrattamente escludersi, a meno che la concreta connotazione dell'intervento non lo imponga”.
Medesima giurisprudenza, al fine di delimitare la competenza dei geometri, ha affermato che “il criterio per accertare se la progettazione di una costruzione rientri nella competenza professionale dei geometri, ai sensi dell'art. 16, lett. m), r.d. 11.02.1929 n. 274, consiste, infatti, nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e l'esecuzione dell'opera comportano e le capacità occorrenti per superarle. La delimitazione della competenza dei geometri e geometri laureati in tale materia va effettuata anche in base al criterio economico e tecnico-qualitativo della modestia o tenuità dell'opera, cosicché agli stessi è preclusa la realizzazione di un complesso di opere che richieda una visione di insieme, che ponga problemi di carattere programmatorio, che imponga una valutazione complessiva di una serie di situazioni la cui soluzione, sotto il profilo tecnico, può incontrare difficoltà non facilmente superabili con la competenza professionale dei medesimi professionisti”;
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   Vista, nel merito, la censura con la quale viene dedotto che nessuno degli elaborati contenuti nella busta n. 2, concernenti la documentazione tecnica dell’impresa aggiudicataria, risulta firmato da un progettista abilitato, come richiesto a pena di esclusione dal punto XII.3 della lettera di invito, tale non potendo considerarsi il legale rappresentante della suddetta impresa, essendo egli in possesso della sola qualifica di geometra (e non di quella, asseritamente necessaria, di ingegnere);
   Rilevato preliminarmente che la lex specialis, al punto XII.3, effettivamente dispone che “tutti i documenti precedentemente indicati (relativi all’offerta tecnica: n.d.e.) dovranno essere sottoscritti, a pena di esclusione, con firma leggibile e per esteso, dal legale rappresentante del concorrente (…) nonché da un tecnico abilitato”;
   Evidenziato altresì che i documenti costitutivi dell’offerta tecnica dell’impresa aggiudicataria risultano effettivamente sottoscritti dal solo legale rappresentante dell’impresa, geom. Gu.Fa.;
   Considerato quindi che si rende necessario verificare se la sottoscrizione dei suddetti documenti da parte del solo rappresentante dell’impresa, in possesso del titolo di geometra, sia idonea ad assolvere sia al ruolo di elemento di riconoscimento della paternità del documento e di assunzione della responsabilità in ordine al suo contenuto, propria della sottoscrizione da parte del legale rappresentante dell’impresa offerente, sia a quello di garanzia della attendibilità ed affidabilità tecnica delle proposte migliorative trasfuse nell’offerta tecnica;
   Ritenuto che al quesito, con particolare riguardo al solo (ed unico controverso) secondo aspetto, debba darsi risposta affermativa;
   Evidenziato infatti che il progetto a base di gara, e la connessa offerta migliorativa dell’impresa aggiudicataria, ha ad oggetto “lavori di adeguamento normativo e di efficienza energetica” dell’edificio scolastico interessato, articolati nelle seguenti tipologie di interventi (cfr. II.1 della lex specialis):
- “isolamento termico dell’involucro edilizio”, ovvero “sostituzione degli infissi esistenti con infissi in alluminio a taglio termico con vetrate termoisolanti e di sicurezza”;
- “adeguamento impianto elettrico”, ovvero “impianto video-citofonico”, “lampade e lampade d’emergenza”, "sostituzione lampade interne per uffici, aule e disimpegni e lampade esterne per corte, scale metalliche, ascensore, area attualmente destinata a parcheggio”;
- “n. 2 scale esterne di sicurezza";
- “impianti idrici antincendio”: “impianti di rilevazione, segnalazione incendi e opere complementari”;
- “servizi igienici e opere complementari”;
- “ascensore”;
- “rifacimento facciate esterne conseguente alla realizzazione di ascensore”;
- “rifacimento superficie delle aree esterne relativamente a corte interna e spazio attualmente destinato a parcheggio e manovra di autoveicoli e raccordi rispetto alle scale metalliche esterne di sicurezza”;
   Evidenziato che i lavori suindicati sono riconducibili alla categoria edilizia della “manutenzione straordinaria”, senza implicazioni di carattere strutturale;
   Richiamato quindi, al fine di dimostrare l’infondatezza della censura in esame, quanto statuito dalla giurisprudenza (cfr. TAR Sicilia, Palermo, Sez. III, n. 3422 del 22.12.2014), nel senso che solo per gli interventi di ordine strutturale “in taluni casi (e non sempre) potrebbe ipotizzarsi un'assenza di competenze dei geometri”, mentre con riferimento a lavori di manutenzione straordinaria “detta competenza non può astrattamente escludersi, a meno che la concreta connotazione dell'intervento non lo imponga”;
   Rilevato che la medesima giurisprudenza, al fine di delimitare la competenza dei geometri, ha affermato che “il criterio per accertare se la progettazione di una costruzione rientri nella competenza professionale dei geometri, ai sensi dell'art. 16, lett. m), r.d. 11.02.1929 n. 274, consiste, infatti, nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e l'esecuzione dell'opera comportano e le capacità occorrenti per superarle. La delimitazione della competenza dei geometri e geometri laureati in tale materia va effettuata anche in base al criterio economico e tecnico-qualitativo della modestia o tenuità dell'opera, cosicché agli stessi è preclusa la realizzazione di un complesso di opere che richieda una visione di insieme, che ponga problemi di carattere programmatorio, che imponga una valutazione complessiva di una serie di situazioni la cui soluzione, sotto il profilo tecnico, può incontrare difficoltà non facilmente superabili con la competenza professionale dei medesimi professionisti”;
   Ribadito in proposito che, nella specie, i lavori che vengono in rilievo non presentano profili di particolare difficoltà o complessità né importano una “visione d’insieme”, mentre, con specifico riferimento alle opere impiantistiche, non può non rilevarsi che l’impresa aggiudicataria, avente forma di impresa individuale, è abilitata all’esecuzione delle opere impiantistiche di cui all’art. 1 d.m. n. 37 del 22.01.2008 ed il legale rappresentante della stessa, firmatario come si è detto dell’offerta tecnica e dei documenti che la compongono, ne è anche il responsabile tecnico (cfr. il certificato della Camera di Commercio di cui all’all. n. 5 della produzione difensiva dell’amministrazione intimata), ad ulteriore dimostrazione del possesso da parte dello stesso delle competenze e delle conoscenze tecniche necessarie per predisporre l’offerta migliorativa (TAR Campania-Salerno, Sez. I, sentenza 29.07.2016 n. 1803 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

maggio 2016

COMPETENZE PROGETTUALILa nozione di opere di edilizia civile, che ai sensi dell'art. 52 R.D. 23.10.1925 n. 2537 formano oggetto della professione sia dell'ingegnere che dell'architetto, si estende oltre gli ambiti più specificamente strutturali, fino a ricomprendere <l'intero complesso degli impianti tecnologici a corredo del fabbricato, e quindi non solo gli impianti idraulici ma anche quelli di riscaldamento compresi nell'edificazione>.
Sicché, "è illegittimo il rifiuto dell'ISPESL di procedere a verifica di un impianto di riscaldamento installato, in un plesso scolastico solo perché il relativo progetto era firmato da un architetto, trattandosi di opera accessoria all'edificazione".
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... per l'annullamento della determinazione del Responsabile Servizio, Area tecnica, del Comune di Lauro n. 80 del 29.02.2016, avente ad oggetto l’aggiudicazione definitiva dell’”appalto lavori di realizzazione di un nuovo plesso scolastico nel Comune di Lauro”, di tutti gli atti connessi e presupposti, nonché per la declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente stipulato e per la condanna al risarcimento del danno.
...
   Vista la censura con la quale viene dedotto che l’impresa aggiudicataria avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara, avendo prodotto un contratto di avvalimento sottoposto alla condizione sospensiva dell’aggiudicazione dei lavori a favore dell’impresa ausiliata, con la conseguenza che, nel corso del procedimento di gara, la stessa era da ritenersi priva del requisito OG 1, classifica IV-bis, per il cui prestito era stato stipulato il suddetto contratto di avvalimento;
   Ritenuta l’infondatezza della censura suindicata;
   Considerato infatti che il contratto di avvalimento oggetto di contestazione è subordinato ad una condizione sospensiva di efficacia di carattere non meramente potestativo, siccome coincidente con un evento (l’aggiudicazione dell’appalto a favore dell’impresa avvalente) di carattere oggettivo ed indipendente dalla mera volontà dell’impresa concorrente, con la conseguenza che esso costituisce un mezzo giuridicamente idoneo a garantire che l’impresa ausiliata disporrà, una volta intervenuta l’eventuale aggiudicazione a suo favore dell’appalto, delle risorse e dei mezzi necessari all’esecuzione della prestazione, in relazione al requisito oggetto di avvalimento;
   Rilevato che siffatta conclusione trova fondamento nel carattere obbligatorio del contratto di avvalimento, così come tipizzato dall’art. 49, comma 2, lett. f), d.lvo n. 163/2006 (che lo definisce come il “contratto in virtù del quale l'impresa ausiliaria si obbliga nei confronti del concorrente a fornire i requisiti e a mettere a disposizione le risorse necessarie per tutta la durata dell'appalto”) e nella necessaria coincidenza temporale della sua concreta operatività, come previsto dalla norma richiamata, con la “durata dell’appalto”, piuttosto che con quella del procedimento di aggiudicazione;
   Vista la censura con la quale l’esclusione dell’impresa aggiudicataria viene altresì invocata dalla parte ricorrente sulla scorta della sottoscrizione dell’offerta tecnica da essa presentata da parte di due architetti, piuttosto che da professionisti abilitati ed iscritti all’Albo degli Ingegneri, come sarebbe stato necessario prevedendo essa la realizzazione: a) di un impianto fotovoltaico; b) di un impianto solare termico; c) di un impianto di climatizzazione, ovvero di opere ad elevato contenuto innovativo e tecnologico;
   Ritenuta l’infondatezza della censura suindicata, alla luce della assenza di specifiche prescrizioni sul punto della lex specialis e, soprattutto, di quanto statuito dalla giurisprudenza (cfr. TAR Puglia-Lecce, Sez. III, n. 708 del 18.04.2012), nel senso che “la nozione di opere di edilizia civile, che ai sensi dell'art. 52 R.D. 23.10.1925 n. 2537 formano oggetto della professione sia dell'ingegnere che dell'architetto, si estende oltre gli ambiti più specificamente strutturali, fino a ricomprendere <l'intero complesso degli impianti tecnologici a corredo del fabbricato, e quindi non solo gli impianti idraulici ma anche quelli di riscaldamento compresi nell'edificazione>” (conforme Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 4866 del 31.07.2009, secondo cui "di conseguenza, è illegittimo il rifiuto dell'ISPESL di procedere a verifica di un impianto di riscaldamento installato, in un plesso scolastico solo perché il relativo progetto era firmato da un architetto, trattandosi di opera accessoria all'edificazione");
   Rilevato infatti che le suddette opere impiantistiche sono destinate ad integrarsi nella (ed hanno quindi carattere accessorio rispetto alla) realizzazione dell’opus principale oggetto di appalto, rappresentato dalla edificazione di un plesso scolastico (TAR Campania-Salerno, Sez. I, sentenza 25.05.2016 n. 1294 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALIIl r.d. 23.10.1925 n. 2537, recante il regolamento delle professioni di architetto e di ingegnere, esclude per via degli artt. 51 e 54, comma 3, senza dubbi interpretativi la possibilità che un architetto possa, in luogo di un ingegnere, condurre i lavori relativi ad opere idrauliche.
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Au.Soc.Coop. e Pr. S.r.l. partecipavano alla procedura di gara, indetta dal Comune di Arienzo, per l’affidamento del servizio di direzione lavori, misurazione e contabilità, assistenza al collaudo, nonché coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione dei lavori per l'intervento di potenziamento e sistemazione della rete idrica cittadina.
La gara era stata bandita con procedura aperta e con il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
La Pr. S.r.l. risultava aggiudicataria provvisoria e quindi definitiva, con un punteggio complessivo di 95, mentre la Au.Soc.Coop., unica altra concorrente rimasta in gara, si classificava seconda con un punteggio complessivo di 73,26.
Au.Soc.Coop. impugnava i risultati della gara con ricorso al TAR della Campania, iscritto al R.G. 745 del 2015, lamentando la mancata esclusione dell’aggiudicataria, in quanto quest’ultima aveva indicato quale direttore dei lavori un architetto e non un ingegnere, come invece avrebbe richiesto l’oggetto dell'appalto inerente al “potenziamento e sistemazione della rete idrica cittadina”, ai sensi degli artt. 51 e 54 del R.D. n. 2537/1925, alla luce dei quali sarebbe dovuta essere interpretata la normativa dettata dal bando di gara, da ritenersi illegittima ove interpretata nel senso inteso dalla stazione appaltante; inoltre la mancata esclusione dell’aggiudicataria anche per l’ulteriore ragione che questa non avrebbe dimostrato il possesso dei requisiti tecnici necessari, in quanto avrebbe riferito il requisito posseduto dal socio alla società, pur se ormai era scaduto il periodo di cinque anni dalla costituzione della società, previsto dall’art. 253, comma 15, del codice dei contratti pubblici, ribadendo, inoltre, anche sotto tale profilo, la violazione la violazione degli artt. 51 e 54 del R.D. n. 2537/1925.
...
Anche detti motivi sono fondati.
Il r.d. 23.10.1925 n. 2537, recante il regolamento delle professioni di architetto e di ingegnere, esclude per via degli artt. 51 e 54, comma 3, senza dubbi interpretativi la possibilità che un architetto possa, in luogo di un ingegnere, condurre i lavori relativi ad opere idrauliche: e la Pr. s.r.l. aveva indicato l’architetto Fr.Za., proprio amministratore unico e direttore tecnico, quale direttore dei lavori di sistemazione della rete idrica di Arienzo per cui è controversia.
Per le considerazioni suesposte i due appelli riuniti devono essere raccolti per quanto concerne la revoca dell’aggiudicazione definitiva, mentre va altresì accolto l’appello di Au.Soc.Coop. avverso quest’ultima in quanto affidata alla Pr. s.r.l. (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 19.05.2016 n. 2095 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

aprile 2016

COMPETENZE PROGETTUALI: Consiglio di Stato: gli atti di aggiornamento catastale esclusi dalle competenze degli agrotecnici.
Accolto il ricorso del Consiglio nazionale dei geometri e dei geometri laureati.
Gli agrotecnici non sono legittimati a redigere e sottoscrivere gli atti di aggiornamento geometrico di cui all'articolo 8 della legge n. 679/1969 e agli articoli 5 e 7 del D.P.R. n. 650/1972.
Lo ha confermato il Consiglio di Stato (Sez. IV) che con la sentenza 13.04.2016 n. 1458 ha accolto il ricorso del Consiglio Nazionale dei Geometri e dei Geometri Laureati che ha chiesto l’integrale riforma della sentenza di primo grado con cui il Tar Lazio ha dichiarato l’inammissibilità per carenza di interesse dei ricorsi introduttivi del giudizio.
I geometri hanno fatto presente che, in seguito alla sentenza della Corte Costituzionale, n. 154 del 2015 -con cui è stata dichiarata l’incostituzionalità, per violazione dell’art. 77, comma secondo Cost., dell’art. 26, comma 7-ter, del decreto legge n. 248 del 2007, in accoglimento della questione prospettata dal Consiglio di Stato con l'ordinanza n. 753 del 17.02.2014- risulta evidente non soltanto l’interesse al ricorso introduttivo del giudizio, ma anche la illegittimità dell’azione dell’Amministrazione.
L’art. 26, comma 7-ter, del decreto-legge 31.12.2007, n. 248 stabiliva che il comma 96 dell’art. 145 della legge 23.12.2000, n. 388 (legge finanziaria 2001), “si interpreta nel senso che gli atti ivi indicati possono essere redatti e sottoscritti anche dai soggetti in possesso del titolo di cui alla legge 06.06.1986, n. 251, e successive modificazioni”. La legge 06.06.1986, n. 251, cui faceva espresso rinvio la disposizione censurata, ha istituito l’albo professionale degli agrotecnici.
  I giudici di Palazzo Spada ricordano che secondo un costante orientamento del Consiglio di Stato, dal quale non c’è motivo per discostarsi, deve ritenersi che “la pronuncia di illegittimità costituzionale di una norma di legge determina la cessazione della sua efficacia erga omnes ed impedisce, dopo la pubblicazione della sentenza, che essa possa esser applicata ai rapporti, in relazione ai quali la norma dichiarata incostituzionale risulti anche rilevante, stante l’effetto retroattivo dell’annullamento escluso solo per i cd. rapporti esauriti” (cfr. Cons. di Stato, Sez. III, 14.03.2012, n. 1429).
La risoluzione n. 10/DF del 03.04.2008 del Ministero dell’Economia e delle Finanze, nonché la circolare dell’Agenzia del Territorio n. 3 del 14.04.2008, in seguito alla pronuncia della Corte Costituzionale n. 154 del 2015, “devono ritenersi viziate da una invalidità derivata: detti atti, infatti, costituiscono integrazione e non mera interpretazione, della disposizione dichiarata incostituzionale e, il venir meno del presupposto normativo, determina, in ultima analisi, la loro invalidità ed inidoneità a produrre effetti”.
Pertanto, conclude il Consiglio di Stato, “Alla luce delle suesposte argomentazioni, va accolto l’appello proposto dal sig. Fausto Savoldi e dal Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati e, per l’effetto, in riforma della sentenza del TAR per il Lazio sede di Roma n. 7395 del 30.08.2012, devono annullarsi i provvedimenti impugnati in primo grado” (commento tratto da www.casaeclima.com).

febbraio 2016

COMPETENZE PROGETTUALIIngegneri junior confinati alla collaborazione. Tecnici. I professionisti della sezione B sono autonomi solo per le costruzioni semplici.
Limiti severi per l’ingegnere junior nelle offerte di gara di appalto, qualora si tratti di offrire soluzioni migliorative.
Lo sottolinea il Consiglio di Stato, Sez. V, con la sentenza 25.02.2016 n. 776, relativa a una gara di appalto in cui l’offerta tecnica consentiva innovazioni rispetto al progetto predisposto da un Comune.
I lavori messi in gara (completamento della rete fognaria e di un impianto di depurazione), esigevano soluzioni avanzate, innovative e sperimentali, ritenute di competenza dell’ingegnere iscritto nella sezione “A” (laurea magistrale) del Dpr 328/2001.
Il Consiglio di Stato sottolinea che le progettazioni effettuate dall’ingegnere junior non erano ascrivibili a mero concorso e collaborazione alle attività di progettazione di un professionista abilitato per la realizzazione di opere edilizie; «ciò in quanto tale attività deve intendersi quale collaborazione concreta alla redazione di un progetto in fieri e non quale attività di apporto di migliorie ad un progetto già redatto, rispetto al quale (le innovazioni, ndr) assumono carattere di autonomia».
L’ingegnere junior -secondo il Consiglio di Stato- può partecipare a progettazioni complesse solo sotto la direzione e il controllo di un ingegnere iscritto nella sezione “A”, può collaborare esclusivamente riguardo a opere edilizie (realizzando, modificando, riparando o demolendo un edificio, comprese le opere pubbliche) ed è autonomo per le sole costruzioni civili semplici.
Tra tali competenze non vi sono quindi quelle «proposte tecniche migliorative» che il Comune chiedeva, finalizzate alla migliore funzionalità e fruibilità –nel caso esaminato– di una rete fognaria nonché quelle finalizzate alla riduzione dei costi di manutenzione e gestione dell’opera, alla funzionalità delle varie fasi del processo depurativo, quelle per la gestione della sicurezza e dell’organizzazione del cantiere.
Le rispettive competenze degli ingegneri juniores e seniores non sono separate dall’uso (per i soli seniores) di metodologie avanzate, innovative o sperimentali, ovvero standardizzate: secondo il Consiglio di Stato le competenze sono anche divise dalla possibilità, per gli juniores, di operare solo in concorso e in collaborazione alle attività proprie degli ingegneri per opere edilizie e di progettare autonomamente solo costruzioni civili semplici.
Tutto questo ragionamento, coerente alle esigenze dell’utenza che esige specifiche capacità, ha comunque un peccato originale: nel caso specifico il progetto posto a base d’asta, che era solo da migliorare, risultava redatto da un geometra
(articolo Il Sole 24 Ore dell'01.03.2016).

COMPETENZE PROGETTUALI: Sulle competenze dell'ingegnere "junior".
L’art. 46, del d.P.R. n. 328 del 2001 stabilisce che: ”1. Le attività professionali che formano oggetto della professione di ingegnere sono così ripartite tra i settori di cui all'articolo 45, comma 1:
   a) per il settore "ingegneria civile e ambientale": la pianificazione, la progettazione, lo sviluppo, la direzione lavori, la stima, il collaudo, la gestione, la valutazione di impatto ambientale di opere edili e strutture, infrastrutture, territoriali e di trasporto, di opere per la difesa del suolo e per il disinquinamento e la depurazione, di opere geotecniche, di sistemi e impianti civili e per l'ambiente e il territorio; ……
2. Ferme restando le riserve e le attribuzioni già stabilite dalla vigente normativa e oltre alle attività indicate nel comma 3, formano in particolare oggetto dell'attività professionale degli iscritti alla sezione A, ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 1, comma 2, le attività, ripartite tra i tre settori come previsto dal comma 1, che implicano l'uso di metodologie avanzate, innovative o sperimentali nella progettazione, direzione lavori, stima e collaudo di strutture, sistemi e processi complessi o innovativi.
3. Restando immutate le riserve e le attribuzioni già stabilite dalla vigente normativa, formano oggetto dell'attività professionale degli iscritti alla sezione B, ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 1, comma 2:
   a) per il settore "ingegneria civile e ambientale": 1) le attività basate sull'applicazione delle scienze, volte al concorso e alla collaborazione alle attività di progettazione, direzione dei lavori, stima e collaudo di opere edilizie comprese le opere pubbliche; 2) la progettazione, la direzione dei lavori, la vigilanza, la contabilità e la liquidazione relative a costruzioni civili semplici, con l'uso di metodologie standardizzate; 3) i rilievi diretti e strumentali sull'edilizia attuale e storica e i rilievi geometrici di qualunque natura; …
”..

La ratio della norma deve individuarsi nell’intento di attribuire all’ingegnere “junior” la possibilità di partecipare a progettazioni complesse sotto la direzione ed il controllo di un ingegnere iscritto nella sezione “A” al precipuo scopo di evitare che nella concreta fase di realizzazione delle stesse possano essere commessi, per inesperienza legata alla mancata conclusione del ciclo di studi completo, errori potenzialmente forieri di conseguenze negative nella progettazione di opere più rilevanti.
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L’art. 46, comma 3, lettera a), n. 1), del d.P.R. n. 328 del 2001 stabilisce che gli ingegneri “junior” con laurea triennale possano svolgere attività basate sull’applicazione delle scienze, con mera attività di concorso e collaborazione rispetto all’attività degli ingegneri della sezione “A” e solo nel settore delle opere edili; solo in materia di edilizia privata gli ingegneri “junior” avrebbero competenze proprie, nei casi regolati dal comma 3, lettera a), n. 2 di detto art. 46.
Per il settore ingegneria civile ed ambientale l’ingegnere “junior” può svolgere la prevista attività di collaborazione esclusivamente con riguardo ad opere edilizie (cioè le opere, lavorazioni e interventi che mirano a realizzare, modificare, riparare o demolire, di norma, un edificio, e che, comunque individuate, devono essere finalizzate alla realizzazione dello stesso comprese le opere pubbliche) ed attività autonoma per le costruzioni civili semplici
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Circa l
a tesi prospettata sul rilievo che le rispettive competenze dei suddetti ingegneri derivino dagli artt. 51 e 52 del r.d. n. 2537 del 1925, in base ai quali la distinzione qualitativa conseguente ai percorsi formativi di accesso (relativi, rispettivamente, alle lauree e alle lauree specialistiche) si estrinsecherebbe solo nel riservare agli iscritti nella sezione “A” le attività che implicano l’uso di metodologie avanzate, innovative, o sperimentali, osserva al riguardo la Sezione che dette norme non prevedono la differenziazione in questione, che è individuata dall’art. 46 del d.P.R. n. 328 del 2001, in precedenza riportato, le cui disposizioni non pongono come unico discrimine tra le attività consentite per gli ingegneri iscritti alla sezione “A” e gli ingegneri iscritti alla sezione “B” solo l’uso di metodologie avanzate, innovative o sperimentali, ovvero standardizzate, ma anche la possibilità per i secondi di operare solo in concorso e in collaborazione alle attività proprie degli ingegneri per opere edilizie e di progettare autonomamente solo costruzioni civili semplici.
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... per la riforma della sentenza del TAR Campania, Sezione staccata di Salerno, Sezione II, n. 797 del 2015;
...
1.- La Eredi Pi.Ru.Co. s.a.s. di Ru.Pa. ha impugnato presso il TAR Campania, Sezione staccata di Salerno, il provvedimento n. 296 del 19.01.2015 con cui il Comune di Lapio, previa approvazione degli atti di gara, ha disposto l'aggiudicazione definitiva dei lavori di completamento ed adeguamento della rete fognaria e dell'impianto di depurazione alla società Av.Co. di G.Av. & C. s.a.s.; con il gravame
è stata dedotta l’illegittimità dell’impugnato provvedimento per violazione dell’art. 46 del d.P.R. 328 del 2001, in quanto gli elaborati dell’offerta tecnica sarebbero stati redatti e sottoscritti da un ingegnere “junior”, appartenente alle Sezione “B” di detto d.P.R., non abilitato a redigere i progetti richiesti dal bando di gara, di competenza esclusiva degli ingegneri appartenenti alla Sezione “A”.
La società ricorrente ha quindi chiesto l’aggiudicazione della gara e, qualora il contratto fosse già stato stipulato, che sia dichiarata l’inefficacia dello stesso, con subentro della società ricorrente; in via subordinata, ha chiesto il risarcimento dei danni patiti.
2.- Il TAR, con la sentenza in epigrafe indicata, ha respinto il ricorso principale nel sostanziale assunto che l’attività dell’ingegnere di cui trattasi, appartenente alla sezione “B”, rientrava nelle ipotesi di concorso e collaborazione alle attività di progettazione, direzione dei lavori, stima e collaudo di opere edilizie (comprese le opere pubbliche) da esso effettuabili in quanto il progetto recante migliorie che aveva redatto si fondava su un progetto già posto in essere dalla stazione appaltante e, quindi, era stato elaborato in concorso o collaborazione ad una progettazione relativa ad opere pubbliche.
Ciò considerato che la società ricorrente non aveva provato che le migliorie indicate nel progetto contestato avessero vita a soluzioni avanzate, innovative o sperimentali, di competenza dell’ingegnere iscritto nella Sezione “A”, ben potendo un progetto contenente soluzioni migliorative rispetto a quello predisposto della stazione appaltante prevedere metodologie standardizzate.
3.- Con il ricorso in appello in esame la Eredi Pi.Ru.Co. s.a.s. di Ru.Pa. ha chiesto l’annullamento o la riforma di detta sentenza, nonché il risarcimento dei danni in forma specifica o per equivalente, deducendo i seguenti motivi:
   a) Carenza, insufficienza, erroneità, contraddittorietà, irrazionalità ed illogicità della motivazione. Error in iudicando. Violazione dell’art. 46 del d.P.R. n. 328 del 2001. Violazione del bando di gara, sezione IX.3 (pag. 14). Eccesso di potere per manifesta illogicità ed irrazionalità. Difetto di istruttoria. Nullità dell’offerta tecnica. Violazione dell’art. 90, comma 8, del d.lgs. n. 163 del 2006.
Il TAR avrebbe confuso l’attività di collaborazione che all’ingegnere “junior” è consentito effettuare in concorso con un ingegnere appartenente alla sezione “A” con quella esperibile in collaborazione con l’U.T.C. del Comune di Lapio; inoltre non avrebbe considerato che le attività esperibili dall’ingegnere “junior” sarebbero riferite a costruzioni semplici e non ad opere pubbliche.
4.- Con memoria depositata il 22.06.2015 si sono costituiti in giudizio l’ingegnere “junior” Si.Ci. ed il SIND.In.AR.3 (Sindacato Nazionale Ingegneri juniores e Architetti juniores) che hanno dedotto l’infondatezza dell’appello, concludendo per la reiezione, nonché hanno chiesto di essere ammessi a chiamare in causa il M.I.U.R., per chiarire l’origine e la ratio del d.P.R. n. 328 del 2001, e comunque che sia ordinato ad esso di depositare i relativi atti preparatori.
5.- Con memoria depositata il 30.10.2015 le suddette parti controinteressate hanno sostanzialmente ribadito tesi e richieste.
6.- Con memoria depositata il 06.11.2015 si è costituito in giudizio il Comune di Lapio, che ha dedotto l’infondatezza dell’appello, nonché ha escluso la possibilità di attribuzione del risarcimento in forma specifica (stante l’esecuzione di una parte notevole dei lavori appaltati) e per equivalente (tenuto conto che la società appellante avrebbe dovuto essere esclusa per le ragioni indicate nel ricorso incidentale proposto in primo grado dalla società aggiudicataria).
7.- Alla pubblica udienza del 17.11.2015 il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti, come da verbale di causa agli atti del giudizio.
8.- L’appello è fondato.
9.- Con il primo motivo di gravame è stato dedotto che il TAR avrebbe confuso l’attività di collaborazione e concorso che poteva essere svolta da parte dell’ingegnere “junior” per la presentazione del progetto di cui trattasi insieme ad altro tecnico qualificato appartenente alla sezione “A” (diverso dal progettista ed esterno), con quella esperibile in concorso con l’U.T.C. del Comune di Lapio, con cui l’ingegnere “junior” non avrebbe potuto aver collaborato in quanto non era in rapporto di dipendenza con esso; peraltro la tesi del primo giudice contrasterebbe con il disposto dell’art. 90 del d.lgs. n. 163 del 2006, che esclude dalla partecipazione agli appalti gli affidatari di incarichi di progettazione.
Inoltre le attività previste dall’art. 46, n. 2, lettera a), del d.P.R. n. 328 del 2001 sarebbero riferite a costruzioni semplici e non ad opere pubbliche.
Sarebbe stata violata la lex specialis, che prevedeva, pena l’esclusione, che gli elaborati dell’offerta tecnica fossero sottoscritti da un progettista abilitato alla progettazione, ai sensi della normativa vigente; nel caso di specie gli elaborati suddetti erano stati redatti e sottoscritti unicamente da un ingegnere “junior”, e quindi non abilitato, sicché la controinteressata avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara.
L’art. 46, comma 3, lettera a), n. 1), del d.P.R. n. 328 del 2001 stabilisce che gli ingegneri “junior” con laurea triennale possano svolgere attività basate sull’applicazione delle scienze, con mera attività di concorso e collaborazione rispetto all’attività degli ingegneri della sezione “A” e solo nel settore delle opere edili; solo in materia di edilizia privata gli ingegneri “junior” avrebbero competenze proprie, nei casi regolati dal comma 3, lettera a), n. 2 di detto art. 46.
Nel caso di specie quelle da progettare non sarebbero nemmeno state opere edili, ma opere per la difesa del suolo, per il disinquinamento e per le depurazioni, nonché sistemi ed impianti civili per l’ambiente ed il territorio, che, ex art. 45, comma 1, lettera a), del citato d.P.R., sarebbero di esclusiva competenza di ingegneri iscritti nella sezione “A” e per le quali non sarebbe prevista alcuna attività di concorso o collaborazione.
9.1.- Osserva la Sezione che il TAR ha respinto il ricorso introduttivo del giudizio nel sostanziale assunto che le prescrizioni della lex specialis circa la necessità che gli elaborati dell’offerta tecnica fossero sottoscritti da un progettista abilitato non erano state violate, perché l’attività svolta dall’ingegnere “junior” era consistita nel caso di specie nel concorso e collaborazione ad attività di progettazione di opere edilizie, comprese quelle pubbliche di cui trattasi, attività che era già stata svolta all’atto della redazione del progetto predisposto dalla stazione appaltante; ciò considerato che la società ricorrente non aveva provato che le migliorie indicate nel progetto redatto dal’ingegnere “junior” avessero dato vita a soluzioni avanzate, innovative o sperimentali, di esclusiva competenza dell’ingegnere iscritto nella Sezione “A”.
Il primo giudice ha quindi sostanzialmente ritenuto che le migliorie da apportare al progetto esecutivo redatto dalla stazione appaltante fossero identificabili in mera attività di collaborazione alla progettazione delle opere ivi indicate.
Osserva il collegio che il bando di gara, alla sezione IX - contenuti dell’offerta-, al punto IX.3 - documentazione tecnica-, prevedeva che, a pena di esclusione, gli elaborati dell’offerta tecnica avrebbero dovuto essere sottoscritti da un progettista abilitato all’esercizio della professione, ai sensi della normativa vigente e sottoscritti anche dal legale rappresentante in segno di accettazione; inoltre che le proposte contenute nell’offerta tecnica avrebbero dovuto essere sviluppate nel completo rispetto della normativa vigente nazionale e regionale ed avrebbero costituito integrazione delle corrispondenti indicazioni contenute negli elaborati progettuali posti a base di gara.
Il bando stesso, al punto VI.2.1) -Valutazione dell’offerta-, prevedeva che il progetto esecutivo non era suscettibile di modificazioni che ne alterassero in modo essenziale la sostanzialità e che erano ammesse proposte solo migliorative (cioè quelle che avessero apportato migliorie qualitativamente apprezzabili al progetto posto a base di gara, senza tuttavia stravolgerne l’identità, tali intendendosi solo le integrazioni esecutive, accorgimenti tecnici incidenti sulla funzionalità e sulla durata, proposte migliorative ed apporti di tecnologie innovative sul risparmio energetico).
L’art. 46, del d.P.R. n. 328 del 2001 stabilisce che: ”1. Le attività professionali che formano oggetto della professione di ingegnere sono così ripartite tra i settori di cui all'articolo 45, comma 1:
   a) per il settore "ingegneria civile e ambientale": la pianificazione, la progettazione, lo sviluppo, la direzione lavori, la stima, il collaudo, la gestione, la valutazione di impatto ambientale di opere edili e strutture, infrastrutture, territoriali e di trasporto, di opere per la difesa del suolo e per il disinquinamento e la depurazione, di opere geotecniche, di sistemi e impianti civili e per l'ambiente e il territorio; ……
2. Ferme restando le riserve e le attribuzioni già stabilite dalla vigente normativa e oltre alle attività indicate nel comma 3, formano in particolare oggetto dell'attività professionale degli iscritti alla sezione A, ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 1, comma 2, le attività, ripartite tra i tre settori come previsto dal comma 1, che implicano l'uso di metodologie avanzate, innovative o sperimentali nella progettazione, direzione lavori, stima e collaudo di strutture, sistemi e processi complessi o innovativi.
3. Restando immutate le riserve e le attribuzioni già stabilite dalla vigente normativa, formano oggetto dell'attività professionale degli iscritti alla sezione B, ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 1, comma 2:
   a) per il settore "ingegneria civile e ambientale": 1) le attività basate sull'applicazione delle scienze, volte al concorso e alla collaborazione alle attività di progettazione, direzione dei lavori, stima e collaudo di opere edilizie comprese le opere pubbliche; 2) la progettazione, la direzione dei lavori, la vigilanza, la contabilità e la liquidazione relative a costruzioni civili semplici, con l'uso di metodologie standardizzate; 3) i rilievi diretti e strumentali sull'edilizia attuale e storica e i rilievi geometrici di qualunque natura; …
”..

9.2.- Tanto premesso
ritiene il collegio fondate le censure in esame, in quanto nel caso che occupa, posto che non si verteva in materia di costruzioni civili semplici, non può ritenersi che le progettazioni effettuate dall’ingegnere “junior” fossero ascrivibili a mero concorso e collaborazione alle attività di progettazione di un professionista abilitato per la realizzazione di opere edilizie; ciò in quanto tale attività deve intendersi quale collaborazione concreta alla redazione di un progetto in fieri e non quale attività di apporto di migliorie ad un progetto già redatto, rispetto al quale assumono carattere di autonomia.
La ratio della norma deve infatti individuarsi nell’intento di attribuire all’ingegnere “junior” la possibilità di partecipare a progettazioni complesse sotto la direzione ed il controllo di un ingegnere iscritto nella sezione “A” al precipuo scopo di evitare che nella concreta fase di realizzazione delle stesse possano essere commessi, per inesperienza legata alla mancata conclusione del ciclo di studi completo, errori potenzialmente forieri di conseguenze negative nella progettazione di opere più rilevanti.

Nel caso che occupa le opere alle quali era previsto che le concorrenti potessero apportare migliorie mediante presentazione di elaborati redatti e sottoscritti da un progettista abilitato alla professione, consistevano nel completamento ed adeguamento della rete fognaria e di un impianto di depurazione.
In particolare, al punto VI.2.1) del bando di gara, era previsto che il progetto esecutivo era insuscettibile di modificazioni, ma erano ammesse solo proposte migliorie qualitativamente apprezzabili al progetto posto a base di gara, tali da non stravolgerne l’identità, tali intendendosi “esclusivamente le integrazioni esecutive, oltre agli accorgimenti tecnici incidenti sulla funzionalità e sulla durata, proposte migliorative ed apporti di tecnologie innovative sul risparmio energetico”.
Non vi è dubbio quindi che le migliorie in questione consistessero in autonoma attività professionale da svolgere da parte dell’ingegnere abilitato, senza alcuna collaborazione diretta e contestuale alla attività posta in essere dal redattore del progetto esecutivo posto a base di gara.
Peraltro dal tenore della norma sopra citata si evince con sufficiente chiarezza che
per il settore ingegneria civile ed ambientale l’ingegnere “junior” può svolgere la prevista attività di collaborazione esclusivamente con riguardo ad opere edilizie (cioè le opere, lavorazioni e interventi che mirano a realizzare, modificare, riparare o demolire, di norma, un edificio, e che, comunque individuate, devono essere finalizzate alla realizzazione dello stesso comprese le opere pubbliche) ed attività autonoma per le costruzioni civili semplici, tra le quali non sono computabili le opere previste dal bando di cui trattasi.
Dall’elenco degli elementi oggetto di valutazione indicati al bando di gara al punto VI.2.1) risulta infatti che le proposte tecniche migliorative sono state individuate:
1) in quelle finalizzate alla migliore funzionalità e fruibilità dell’intera rete fognaria durante i ciclo di vita utile dell’intera opera, nonché in quelle finalizzate alla durabilità delle opere ed alla riduzione dei costi di manutenzione e gestione dell’opera con disponibilità alla presa in carico del servizio di gratuita manutenzione ordinaria e straordinaria;
2) in quelle relative all’impianto di depurazione, con particolare riguardo alla funzionalità delle varie fasi del processo depurativo, nonché alla sistemazione dell’area esterna dell’impianto;
3) in quelle per la gestione della sicurezza e dell’organizzazione del cantiere e per la riduzione dei disagi, con minimizzazione delle interferenze con il traffico veicolare e pedonale e informativa all’utenza.
Come risulta dalle pagine da 30 a 32 della memoria difensiva di costituzione dei contro interessati, depositata il 22.06.2015, le migliorie sottoscritte dall’ingegnere “junior” Ci. consistevano, con riguardo alla rete fognaria, nella estensione della rete, nell’utilizzo di misto cemento all’interno degli scavi, nel ripristino della pavimentazione stradale, nella ottimizzazione delle stazioni di sollevamento, nel rifacimento di una strada di accesso ad una pompa di sollevamento, nel rifacimento di strade, nella sistemazione di un canale di deflusso delle acque, nella realizzazione di un muro di sostegno, nella progettazione e calcoli strutturali delle opere in cemento armato; con riguardo all’impianto depurativo consistevano nella fornitura e posa in opera di un sistema di automazione di un cancello, di una recinzione, nella messa in sicurezza di un apparecchio per la grigliatura, nella manutenzione di un canale di disabbiamento, nella fornitura di griglie, nella realizzazione di vasche di denitrificazione e di sedimentazione, nella fornitura di un nuovo sistema di areazione, nella realizzazione di un locale tecnico a servizio degli operatori, nel ripristino di una vasca di sedimentazione, nella riprofilatura di una vasca di contatto, nella fornitura di un sistema di dosaggio automatico di disinfettante e di un sistema di condizionamento, nella realizzazione di pavimentazione nella pulizia e sistemazione di area a verde, nella fornitura e posa in opera di un impianto di illuminazione con alimentazione fotovoltaica, nonché nella progettazione e calcoli strutturali per le opere in cemento armato.
Le opere progettate dall’ingegnere “junior” non erano qualificabili come opere civili semplici.
Ciò posto, non possono condividersi nella fattispecie i rilievi formulati dai controinteressati costituiti in giudizio che (posto che disposizioni di cui agli art. 16 e 46, del d.P.R. n. 328 del 2001 individuano le competenze degli iscritti alle Sezioni “A” e “B”, rispettivamente degli architetti e degli ingegneri, facendo esclusivo riferimento al concetto di "costruzioni civili semplici, con l'uso di metodologie standardizzate") hanno affermato che l’unico discrimine qualitativo tra le competenze dell’ingegnere iscritto nella sezione “A” e quelle dell’ingegnere “junior” sarebbe l’utilizzo di metodologie standardizzate da parte di quest’ultimo e di metodologie avanzate, innovative o sperimentali da parte del primo, mentre null’altro avrebbe a valere il concorso e collaborazione o i riferimenti a costruzioni civili semplici, che individuerebbero solo le caratteristiche maggiormente caratterizzanti la professione.
La tesi è basata sul rilievo che le rispettive competenze dei suddetti ingegneri derivino dagli artt. 51 e 52 del r.d. n. 2537 del 1925, in base ai quali la distinzione qualitativa conseguente ai percorsi formativi di accesso (relativi, rispettivamente, alle lauree e alle lauree specialistiche) si estrinsecherebbe solo nel riservare agli iscritti nella sezione “A” le attività che implicano l’uso di metodologie avanzate, innovative, o sperimentali.
Osserva al riguardo la Sezione che
dette norme non prevedono la differenziazione in questione, che è individuata dall’art. 46 del d.P.R. n. 328 del 2001, in precedenza riportato, le cui disposizioni non pongono come unico discrimine tra le attività consentite per gli ingegneri iscritti alla sezione “A” e gli ingegneri iscritti alla sezione “B” solo l’uso di metodologie avanzate, innovative o sperimentali, ovvero standardizzate, ma anche la possibilità per i secondi di operare solo in concorso e in collaborazione alle attività proprie degli ingegneri per opere edilizie e di progettare autonomamente solo costruzioni civili semplici.
A nulla vale, inoltre, che, come affermato nella memoria depositata dalle parti contro interessate il 30.10.2015, il progettista dell’opera oggetto della gara di cui trattasi fosse un geometra, non essendo stato tempestivamente impugnato il bando laddove ha previsto, al punto IX.3, che gli elaborati dell’offerta tecnica avrebbero dovuto essere redatti e sottoscritti da un progettista abilitato all’esercizio della professione; ciò comporta che, essendo le migliorie proposte dalla Av.Co. di G.Av. & C. s.a.s. sottoscritte dall’ingegner Ci.,
questi avrebbe dovuto comunque essere abilitato alla redazione dei relativi elaborati.
10.- L’appello deve essere conclusivamente accolto nei termini di cui in motivazione e, considerato che detta s.a.s. non ha riproposto in appello il ricorso incidentale formulato in primo grado, il collegio, in riforma della prima decisione, accoglie il ricorso introduttivo del giudizio e, per l’effetto, annulla i provvedimenti con esso impugnati.
...
12.- Nella complessità delle questioni trattate il collegio ravvisa eccezionali ragioni per compensare, ai sensi degli artt. 26, comma 1, del c.p.a. e 92, comma 2, del c.p.c., le spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente decidendo,
accoglie l’appello in esame nei termini e nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, accoglie il ricorso originario proposto dinanzi al TAR ed annulla i provvedimenti con esso impugnati (
Consiglio di Stato, Sez. V, con la sentenza 25.02.2016 n. 776 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

gennaio 2016

COMPETENZE PROGETTUALIL'ingegnere può lavorare su edifici storico-artistici. Tar Bologna.
Lo studio di ingegneria ben può aggiudicarsi i lavori di risanamento anche se è un edificio di interesse storico-artistico l'immobile che desta preoccupazioni al comune emiliano colpito dal terremoto del 2012. Inutile per i concorrenti rivendicare la competenza esclusiva degli architetti quando i lavori oggetto della procedura pubblica sono interventi di risanamento che non incidono sui profili estetici del fabbricato vincolato.

È quanto emerge dalla sentenza 13.01.2016 n. 36 pubblicata dalla I Sez. del TAR Emilia Romagna-Bologna.
Deve rassegnarsi, l'architetto rimasto escluso dai lavori: stavolta non conta che l'ingegnere non abbia lo stesso senso estetico nella progettazione perché l'intervento che l'amministrazione intende far realizzare punta al mero ripristino strutturale della porzione delle strutture lesionate dal sisma; insomma: si deve procedere ad attività di riparazione con rafforzamento locale, tanto che le relative prestazioni da erogare restano inquadrate nella sfera del risanamento e della salvaguardia dell'immobile danneggiato.
Si tratta di intervenire sulla struttura dell'edificio per ripararla e consolidarla: si rientra quindi nelle opere di edilizia civile riconducibili alla «parte tecnica» di cui all'articolo 52, comma 2, del regio decreto 2537/1925, nella lettura ampia che ne ha dato la giurisprudenza, comprendendo tutte le lavorazioni che non incidono sui profili estetici e di rilievo culturale degli edifici vincolati.
Spese di giudizio compensate per la complessità della questione (articolo ItaliaOggi del 09.02.2016 - tratto da www.centrostudicni.it).

COMPETENZE PROGETTUALI: Competenze professionali: il confine del riparto tra ingegneri e architetti.
Circa il compimento di attività di progettazione e direzione lavori che, riguardando opere relative ad un bene di interesse storico-artistico assoggettato a tutela ex d.lgs. n. 42 del 2004, sarebbero riservate alla competenza degli architetti, il Collegio ritiene necessario chiarire quale sia l’àmbito di applicabilità dell’invocato art. 52, comma 2, del r.d. n. 2537 del 1925.
Si tratta della previsione secondo cui “…le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico ed il restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla L. 20.06.1909, n. 364, per l’antichità e le belle arti, sono di spettanza della professione di architetto; ma la parte tecnica ne può essere compiuta tanto dall’architetto quanto dall’ingegnere”, da intendere –secondo un condivisibile orientamento giurisprudenziale– nel senso che non la totalità degli interventi concernenti gli immobili di interesse storico e artistico deve essere affidata alla specifica professionalità dell’architetto, ma solo le parti di intervento di edilizia civile che riguardino scelte culturali connesse alla maggiore preparazione accademica conseguita dagli architetti nell’àmbito del restauro e risanamento degli immobili di interesse storico e artistico, restando invece nella competenza dell’ingegnere civile la cd. parte tecnica, ossia le attività progettuali e di direzione dei lavori che riguardano l’edilizia civile vera e propria, quali –in particolare– le lavorazioni strutturali ed impiantistiche, se si limitano, ad es., alla messa in sicurezza dell’immobile e alla revisione degli impianti senza intaccare l’aspetto estetico dell’edificio.

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... per l'annullamento della determinazione n. 32 del 06.05.2015, con cui l’Unione Reno Galliera provvedeva all’aggiudicazione definitiva dei servizi di “ingegneria ed architettura, progettazione preliminare, definitiva, esecutiva, redazione del piano di manutenzione, direzione lavori, misure e contabilità, coordinamento progettazione ed esecuzione afferenti il recupero del Castello di Bentivoglio a seguito dei danni causati dal terremoto - 1° stralcio di attuazione”;
- per quanto occorrer possa, della determinazione n. 68 in data 19.09.2014 del Comune di Bentivoglio (relativa all’avvio della procedura di affidamento dell’incarico di progettazione e direzione lavori del primo stralcio degli interventi di ripristino sull’immobile Castello di Bentivoglio) nella sola parte in cui non prevede l’invio delle lettere di invito a soggetti professionalmente idonei, della determinazione n. 3 in data 06.02.2015 dell’Unione Reno Galliera nella sola parte in cui approva l’elenco dei soggetti da invitare alla gara, dell’elenco stilato dall’Unione Reno Galliera (circa i soggetti da invitare alla gara) nella sola parte in cui include anche l’ing. Ma.Pi, della lettera di invito alla gara inviata all’ing. Ma.Pi., dei verbali di gara nella sola parte in cui la Commissione ha prima ammesso, poi valutato ed infine aggiudicato provvisoriamente l’incarico all’ing. Ma.Pi. e alla Politecnica Ingegneria ed Architettura Soc. Coop., delle verifiche svolte in capo al soggetto aggiudicatario al fine di integrare l’efficacia dell’aggiudicazione provvisoria, della comunicazione di aggiudicazione definitiva inviata via PEC al ricorrente in data 18.05.2015;
- ...per la declaratoria…. di inefficacia del contratto stipulato tra l’Unione Reno Galliera e/o il Comune di Bentivoglio e il raggruppamento composto dall’ing. Ma.Pi. e dalla Politecnica Ingegneria ed Architettura Soc. Coop.;
- del diritto del ricorrente di subentrare nel suddetto contratto e/o nell’esecuzione dello stesso;
- ..per la condanna… delle Amministrazioni convenute al risarcimento del danno ingiusto, in forma specifica o, in mero subordine, per equivalente, determinandone il quantum in via equitativa;
...
Il ricorso è infondato.
Quanto, innanzitutto, al denunciato illegittimo invito alla gara dell’ing. Pi. per il compimento di attività di progettazione e direzione lavori che, riguardando opere relative ad un bene di interesse storico-artistico assoggettato a tutela ex d.lgs. n. 42 del 2004, sarebbero riservate alla competenza degli architetti, il Collegio ritiene necessario chiarire quale sia l’àmbito di applicabilità dell’invocato art. 52, comma 2, del r.d. n. 2537 del 1925.
Si tratta della previsione secondo cui “…le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico ed il restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla L. 20.06.1909, n. 364, per l’antichità e le belle arti, sono di spettanza della professione di architetto; ma la parte tecnica ne può essere compiuta tanto dall’architetto quanto dall’ingegnere”, da intendere –secondo un condivisibile orientamento giurisprudenziale– nel senso che non la totalità degli interventi concernenti gli immobili di interesse storico e artistico deve essere affidata alla specifica professionalità dell’architetto, ma solo le parti di intervento di edilizia civile che riguardino scelte culturali connesse alla maggiore preparazione accademica conseguita dagli architetti nell’àmbito del restauro e risanamento degli immobili di interesse storico e artistico, restando invece nella competenza dell’ingegnere civile la cd. parte tecnica, ossia le attività progettuali e di direzione dei lavori che riguardano l’edilizia civile vera e propria, quali –in particolare– le lavorazioni strutturali ed impiantistiche (v., tra le altre, Cons. Stato, Sez. VI, 09.01.2014 n. 21), se si limitano, ad es., alla messa in sicurezza dell’immobile e alla revisione degli impianti senza intaccare l’aspetto estetico dell’edificio (v. TAR Sicilia, Catania, Sez. I, 29.10.2015 n. 2519).
Orbene, nel deliberare l’avvio della procedura di ricerca dell’affidatario dell’incarico in questione, il Comune di Bentivoglio approvava il «documento preliminare all’avvio della progettazione» ex art. 15 del d.P.R. n. 207 del 2010, il quale precisava –tra l’altro– che “l’intervento è volto al ripristino strutturale della porzione delle strutture lesionate dal sisma” e che si doveva provvedere ad “interventi di riparazione con rafforzamento locale”, così inquadrando le relative prestazioni in una sfera di misure di risanamento e salvaguardia dell’immobile danneggiato da ricondurre all’àmbito di operatività dell’art. 3 del regolamento allegato all’ordinanza commissariale n. 120 del 2013 (“Per la realizzazione degli interventi di riparazione con rafforzamento locale degli edifici ricompresi nel Programma, che presentano danni lievi, oltre la riparazione del danno, si dovrà conseguire, tenendo conto del tipo e del livello del danno, un incremento della capacità dell’edificio di resistere al sisma mediante opere di rafforzamento locale progettate ai sensi del punto 8.4.3. delle “Norme tecniche per le costruzioni” approvate con il D.M. 14/01/2008”).
Si trattava, quindi, di intervenire essenzialmente sulla struttura dell’edificio per ripararla e consolidarla attraverso opere di edilizia civile riconducibili alla c.d. «parte tecnica» di cui all’art. 52, comma 2, del r.d. n. 2537 del 1925, nella lettura ampia che ne ha dato la giurisprudenza, ovvero restandone ricomprese tutte le lavorazioni che non incidono sui profili estetici e di rilievo culturale degli edifici vincolati.
Dal che, alla luce del particolare contesto in cui l’intervento di ripristino dell’edificio andava effettuato –ovvero la rimozione dei pregiudizi strutturali prodotti dagli eventi sismici del 20 e 29.05.2012 e l’apprestamento di misure idonee a proteggere l’immobile dal rischio di simili fatti naturali–, la corretta individuazione della figura professionale dell’ingegnere quale soggetto abilitato a curare la relativa progettazione e direzione dei lavori.
Peraltro, la stessa lettera di invito alla procedura negoziata, con valore di lex specialis della selezione, indicava tra quelli ammessi alla gara i “soggetti di cui all’art. 90, comma 1 lett. d), e), f), f-bis) del D.Lgs. 12.04. 2006 n. 163, nonché imprese e società, individuati dalla Centrale Unica di Committenza. Si specifica che: - le Società di Ingegneria …”, scelta dell’Amministrazione che il ricorrente non ha censurato (a pag. 11 del ricorso viene detto: “…La lettera di invito (DOC. 4A già allegato) in sé non è atto illegittimo, in quanto sul punto né vieta, né consente esplicitamente la partecipazione alla procedura di ingegneri, geometri, periti edili etc. essendo un documento molto generale; ciò che è illegittimo è l’invio della stessa ad un soggetto non legittimato a riceverla…”) e che ha invece necessariamente informato ogni ulteriore determinazione fondata sui requisiti di ammissione all’incarico, con la conseguenza che, anche ad eventualmente ritenere non corretta nella fattispecie l’applicazione dell’art. 52, comma 2, del r.d. n. 2537 del 1925, osta all’accoglimento della doglianza (e anche delle successive) la circostanza che la normativa di gara aveva chiaramente operato una scelta in ordine al novero delle figure professionali abilitate a parteciparvi.
Né, quindi, si può concordare con il ricorrente circa l’indebito impiego del modulo del raggruppamento temporaneo di professionisti per recuperare a posteriori un requisito di ammissione di cui il soggetto invitato sarebbe stato ab origine privo. Correttamente, insomma, l’ing. Pi., invitato uti singulus, ha presentato l’offerta quale mandatario del costituendo raggruppamento con la Politecnica Ingegneria ed Architettura Soc. Coop., ai sensi dell’art. 37, comma 12, del d.lgs. n. 163 del 2006.
Quanto, poi, alla circostanza che il raggruppamento aggiudicatario si sarebbe limitato ad indicare le quote di partecipazione del 51% e del 49%, senza asseritamente renderne comprensibili la corrispondenza ai requisiti di capacità spesi, alla parte di esecuzione dell’incarico e all’entità dei corrispettivi economici spettanti, il Collegio ritiene sufficiente richiamare quanto già rilevato dalla giurisprudenza in ordine alla tematica della corrispondenza tra quota di partecipazione, quota di esecuzione del servizio e quota di qualificazione in caso di raggruppamento temporaneo di professionisti affidatario di un’attività di progettazione.
A tal proposito, indipendentemente dalle variazioni medio tempore intervenute circa la previsione di cui all’art. 37, comma 13, del d.lgs. n. 163 del 2006, è stato evidenziato che la peculiarità del rapporto di progettazione, ove considerato in maniera unitaria dalla stessa Amministrazione, non richiede la corrispondenza tra qualificazione dell’operatore economico riunito ed effettiva esecuzione dell’incarico, dovendosi ritenere quest’ultima un’espressione unitaria dello staff progettista (v., tra le altre, TAR Puglia, Bari, Sez. II, 16.05.2014 n. 616). Donde l’infondatezza della doglianza, in assenza di residue incertezze circa l’effettivo ricorrere dei requisiti di ammissione alla gara.
Quanto, ancora, alla denunciata assegnazione dell’incarico di coordinamento delle attività specialistiche ad un architetto della società mandante e all’addotto necessario affidamento della sottoscrizione del progetto e della direzione dei lavori a quello stesso architetto, si tratta –ove e nei limiti in cui avverrà– del naturale riparto di funzioni tra i componenti del raggruppamento, in sé non rivelatore di un’elusione dei requisiti di ammissione alla gara, né indicativo di un’incompatibilità con le quote di partecipazione al raggruppamento (che si è già visto non assumere rilevanza nei termini prospettati dal ricorrente).
Né inficia l’esito della gara il rilievo che il raggruppamento aggiudicatario ha prevalso sugli altri concorrenti in virtù di un’offerta tecnica risultata meritevole per le esperienze professionali maturate dalla società mandante e solo in minima parte per i titoli vantati dall’ing. Pi., in quanto l’istituto del raggruppamento temporaneo fra operatori economici è uno strumento finalizzato proprio a rafforzare la compagine che si propone per l’appalto o l’incarico di progettazione, non solo per farvi partecipare soggetti singolarmente sprovvisti dei requisiti richiesti, ma anche per sommare titoli curriculari o attività pregresse nel settore che rendano più affidabile e competitiva l’offerta in gara.
Del resto, in linea con tale principio, la stessa lettera di invito alla procedura negoziata aveva nella fattispecie precisato, a proposito della «adeguatezza offerta sotto il profilo curriculare», che “…Tale documentazione può riguardare –nel caso di concorrente costituito da soggetti riuniti temporaneamente oppure da riunirsi o da consorziarsi– interventi, singolarmente considerati, progettati, da uno qualsiasi dei soggetti che costituisce o che costituirà il raggruppamento temporaneo…”.
Quanto, inoltre, alla mancata verifica di congruità dell’offerta prescelta, il ricorrente intende riferirsi alla previsione di cui all’art. 86, comma 2, del d.lgs. n. 163 del 2006 (“Nei contratti di cui al presente codice, quando il criterio di aggiudicazione è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, le stazioni appaltanti valutano la congruità delle offerte in relazione alle quali sia i punti relativi al prezzo, sia la somma dei punti relativi agli altri elementi di valutazione, sono entrambi pari o superiori ai quattro quinti dei corrispondenti punti massimi previsti dal bando di gara”).
Sennonché l’art. 266 del d.P.R. n. 207 del 2010 (Regolamento di esecuzione del Codice dei contratti pubblici), nell’occuparsi delle modalità di svolgimento delle gare relative ai servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria, stabilisce che l’offerta economica è costituita da un “ribasso percentuale unico, definito con le modalità previste dall’articolo 262, comma 3, in misura comunque non superiore alla percentuale che deve essere fissata nel bando in relazione alla tipologia dell’intervento”, per ragioni di affidabilità dell’offerta precisate nelle premesse del medesimo d.P.R. n. 207 del 2010 (“…Ritenuto che, in relazione all’articolo 266, comma 1, la disposizione che impone al bando di gara per l’affidamento dei servizi di ingegneria e di architettura di stabilire una misura percentuale massima di ribasso consentito, a seconda del tipo di intervento, sia necessaria a garantire la qualità delle prestazioni, minata da eccessivi ribassi …”); il che, come è evidente, rende non applicabile a simili selezioni l’accertamento automatico di cui all’art. 86, comma 2, del d.lgs. n. 163 del 2006, giacché è la stessa lex specialis della gara a stabilire ex ante la soglia di tollerabilità del ribasso, e semmai può operare la diversa previsione di cui all’art. 86, comma 3 (“In ogni caso le stazioni appaltanti possono valutare la congruità di ogni altra offerta che, in base ad elementi specifici, appaia anormalmente bassa”), in esito cioè ad una valutazione rimessa caso per caso all’apprezzamento discrezionale della stazione appaltante.
Nella fattispecie, allora, risultando rispettato il limite di ribasso del 30% fissato dalla lettera di invito, si sarebbe potuta al più avviare una verifica rimessa all’autonoma iniziativa dell’ente, che non ha però ritenuto sussistenti le condizioni particolari per promuoverla, né il ricorrente ha del resto fornito elementi utili in tal senso.
Né, infine, v’è motivo di lamentare la mancata effettuazione dei controlli sul possesso dei requisiti, da compiere ai sensi dell’art. 48 del d.lgs. n. 163 del 2006. In tale sede, a dire del ricorrente, sarebbero dovute emergere quelle stesse irregolarità e carenze già evidenziate con le precedenti censure, la cui accertata infondatezza però rende comprensibili le ragioni dell’esito positivo delle verifiche conclusive.
In definitiva, il ricorso va respinto (TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. I, sentenza 13.01.2016 n. 36 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ottobre 2015

COMPETENZE PROGETTUALISulla competenza progettuale dell'ingegnere relativamente ai lavori di adeguamento alle norme di sicurezza di una scuola media quale "bene monumentale”.
I
lavori realizzati sulla scuola media quale "bene monumentale" sono in prevalenza rivolti all’adeguamento impiantistico della struttura, oltre che a modificare parzialmente alcune parti strutturali, al fine di rimuovere le cosiddette barriere architettoniche e di realizzare le vie di fuga, e non sembrano quindi intaccare l’aspetto estetico dell’immobile. Ne consegue che non appaiono toccati, né tantomeno compromessi, gli interessi di natura culturale ed artistica che la Soprintendenza è deputata per legge a tutelare.
Pertanto, alla stregua del richiamato art. 52, co. 2, del R.D. 2537/1925, non si può ritenere sussistente nel caso in esame la asserita riserva di attività progettuale in favore degli architetti, dal momento che la citata norma, inserita nel “Regolamento per le professioni d'ingegnere e di architetto”, nell’individuare oggetto e limiti delle professioni in esame, stabilisce che “le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico ed il restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla L. 20.06.1909, n. 364, per l'antichità e le belle arti, sono di spettanza della professione di architetto;” precisando però subito dopo che “(…) la parte tecnica ne può essere compiuta tanto dall'architetto quanto dall'ingegnere”.
Ed, infatti, anche la giurisprudenza citata dalla resistente Soprintendenza (C.d.S., VI, 21/2014), pronunciando sulla (diversa) questione della compatibilità comunitaria della disciplina normativa italiana che riserva ai soli architetti le prestazioni principali sugli immobili di interesse culturale, ha precisato –in linea con la tesi qui sostenuta dal ricorrente– che tale riserva è comunque solo “parziale” in quanto “Ai sensi dell'art. 52 del R.D. n. 2537 del 1925 non la totalità degli interventi concernenti gli immobili di interesse storico e artistico deve essere affidata alla specifica professionalità dell'architetto, ma solo le parti di intervento di edilizia civile che riguardino scelte culturali connesse alla maggiore preparazione accademica conseguita dagli architetti nell'ambito del restauro e risanamento degli immobili di interesse storico e artistico, restando invece nella competenza dell'ingegnere civile la cd. parte tecnica, ossia le attività progettuali e di direzione dei lavori che riguardano l'edilizia civile vera e propria”.
E’ il caso di precisare che la sentenza del Consiglio di Stato appena esaminata ha dichiarato legittime le determinazioni amministrative che avevano escluso gli ingegneri dall'affidamento di un servizio diverso da quello oggi in esame: la direzione dei lavori ed il coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione dei lavori di restauro e di recuperi funzionale di un immobile di interesse storico e artistico.
Il servizio oggetto del presente contenzioso, invece, come già segnalato, attiene principalmente alla revisione impiantistica ed alla messa in sicurezza dell’immobile; ossia, per usare le stesse parole del Consiglio di Stato, a “(…) lavorazioni strutturali ed impiantistiche rientranti nell’edilizia civile propriamente intesa”.
Ed è condivisibile sul punto la giurisprudenza che ritiene che “La nozione di opere di edilizia civile, che ai sensi dell'art. 52 r.d. 23.10.1925 n. 2537 formano oggetto della professione sia dell'ingegnere che dell'architetto, si estende oltre gli ambiti più specificamente strutturali, fino a ricomprendere l'intero complesso degli impianti tecnologici a corredo del fabbricato, e quindi non solo gli impianti idraulici ma anche quelli di riscaldamento compresi nell'edificazione”.
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... per l'annullamento:
- del provvedimento della Soprintendenza ai BB.CC.AA. di Messina del 22.07.2014 con il quale è stata denegato il rilascio del parere di competenza sul progetto esecutivo relativo ai lavori di adeguamento alle norme di sicurezza della Scuola media Giuseppe Mazzini di Messina, perché redatto solo da un ingegnere; ed ove occorra, della nota prot. 7202 dell’11.12.2013;
- della nota del Comune di Messina prot. 216824 del 19.09.2014 con la quale è stato dichiarato concluso l’incarico di progettazione del ricorrente; ed ove occorra della nota comunale prot. 124539 del 19.05.2014;
...
L’Ing. Em.Pa. espone di essere un libero professionista, iscritto all’albo degli ingegneri, incaricato negli anni 2000 e 2001 dal Comune di Messina di redigere la progettazione di massima ed esecutiva dei “lavori di adeguamento alle norme di sicurezza della Scuola media Mazzini”.
Dopo aver presentato il progetto di massima nel mese di dicembre 2001, l’Ing. Pa. ha presentato nel mese di giugno 2005 quello esecutivo, che è stato sottoposto ad approvazione delle amministrazioni interessate -tra le quali, la Soprintendenza ai BB.CC.AA. di Messina– nel corso della conferenza dei servizi ch ha avuto luogo nel mese di novembre 2005.
Successivamente, aderendo alle richieste di modifica avanzate dai Vigili del fuoco con riguardo alle vie di fuga della struttura, l’Ing. Pa. ha rettificato il progetto esecutivo, depositandolo nel mese di Marzo 2011; ulteriori modifiche a quest’ultima versione sono state poi effettuate dallo stesso professionista in adesione ai rilievi formulati dall’ente locale interessato; sicché, la stesura finale del progetto esecutivo è stata presentata nel mese di Novembre 2013.
Per la definitiva approvazione dell’impianto progettuale è stata allora riconvocata la conferenza dei servizi nel mese di Dicembre 2013. In tale contesto, la Soprintendenza ai BB.CC.AA. di Messina ha rilevato che l’intervento interessa un vasto edificio vincolato con D.D.S. n. 2076 del 13/09/2012, e che i lavori progettati sono riconducibili al restauro, manutenzione straordinaria ed adeguamento tecnologico; conseguentemente, ha denegato il parere di propria competenza, ritenendo che il progetto avrebbe dovuto essere sottoscritto da un architetto ai sensi dell’articolo 52 del R.D. 2537/1925.
L’amministrazione comunale, adeguandosi al parere della Soprintendenza, ha comunicato all’Ing. Pa. la risoluzione dell’incarico professionale conferitogli.
È seguita una richiesta di revisione in autotutela delle predette determinazioni, formulata dall’Ing. Pa. agli enti interessati. Ma quest’istanza è stata respinta con i provvedimenti indicati in epigrafe, che hanno definitivamente confermato il precedente assetto.
Avverso tali atti, l’Ing. Pa. ha proposto il ricorso in epigrafe, con il quale denuncia i seguenti vizi:
1.- Violazione falsa ed erronea applicazione degli articoli 51 e 52 del R.D. 2537/1925 - eccesso di potere per difetto dei presupposti, contraddittorietà, difetto di motivazione ed illogicità manifesta;
Le invocate disposizioni –si osserva- operano una distinzione tra le due categorie professionali di architetti ed ingegneri ai fini della possibilità di eseguire prestazioni sugli immobili, riservando ai soli architetti le prestazioni principali sugli immobili di rilevante carattere artistico o sui beni di interesse storico e culturale; tuttavia, le stesse norme ammettono che in tali specifici settori la progettazione tecnica possa essere compiuta anche dall’ingegnere.
Nel caso di specie, la Soprintendenza -richiamando in motivazione una recente sentenza del Consiglio di Stato (n. 21/2014)- ha ritenuto che gli interventi progettati, riguardanti un immobile di interesse storico/culturale, richiedessero la specifica professionalità dell’architetto, acquisita attraverso la preparazione accademica specifica nell’ambito del restauro e risanamento degli immobili di interesse storico ed artistico.
In direzione contraria alla tesi dell’amministrazione, il ricorrente deduce invece che gli interventi avrebbero ben potuto essere progettati anche da un ingegnere, dal momento che (i) afferiscono esclusivamente alla cd. parte tecnica (impiantistica e messa in sicurezza dell’immobile: impianti elettrico ed idrico; di riscaldamento; di trasmissione dati, telefonico e TV; impianto rete antincendio, porte antincendio, nuove vie di fuga prescritte dai VV.FF.; nuova scala antincendio esterna al primo piano), e (ii) non interferiscono con i valori architettonici, artistici e culturali tutelati dalla Soprintendenza.
In aggiunta, il ricorrente sottolinea come la Soprintendenza avesse -già nel corso della conferenza di servizi tenutasi nel 2005- approvato il progetto redatto dall’ingegnere, sebbene il complesso risultasse già a quel tempo sottoposto a tutela ope legis.
Costituitasi in giudizio per resistere al ricorso la Soprintendenza ha rilevato, per un verso, che l’approvazione del progetto effettuata nell’anno 2005 è da ascrivere ad una mera svista; per altro verso, che i lavori programmati, oltre alla installazione di vari impianti, contemplano anche l’abbattimento di barriere architettoniche, l’adeguamento dei locali interni e dei servizi igienici, il rifacimento della copertura, ed integrano quindi interventi di restauro e risanamento conservativo, di esclusiva competenza dell’architetto allorquando incidono su beni di interesse storico ed artistico.
È intervenuto in giudizio, a supporto della posizione del ricorrente, anche l’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Messina, che ha inteso tutelare le prerogative professionali della categoria rappresentata.
Con
ordinanza 05.12.2014 n. 932 questa Sezione ha accolto l’istanza cautelare formulata dal ricorrente, ritenendo fondato il gravame.
All’udienza del 24.09.2015 la causa è passata in decisione.
Confermando la valutazione resa in fase cautelare, il Collegio ritiene di dover accogliere il ricorso valorizzando il dato fattuale della prevalentemente tecnica dei lavori previsti per la Scuola media Mazzini di Messina.
In particolare, tali lavori –come già visto- sono in prevalenza rivolti all’adeguamento impiantistico della struttura, oltre che a modificare parzialmente alcune parti strutturali, al fine di rimuovere le cosiddette barriere architettoniche e di realizzare le vie di fuga, e non sembrano quindi intaccare l’aspetto estetico dell’immobile. Ne consegue che non appaiono toccati, né tantomeno compromessi, gli interessi di natura culturale ed artistica che la Soprintendenza è deputata per legge a tutelare.
Pertanto, alla stregua del richiamato art. 52, co. 2, del R.D. 2537/1925, non si può ritenere sussistente nel caso in esame la asserita riserva di attività progettuale in favore degli architetti, dal momento che la citata norma, inserita nel “Regolamento per le professioni d'ingegnere e di architetto”, nell’individuare oggetto e limiti delle professioni in esame, stabilisce che “le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico ed il restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla L. 20.06.1909, n. 364, per l'antichità e le belle arti, sono di spettanza della professione di architetto;” precisando però subito dopo che “(…) la parte tecnica ne può essere compiuta tanto dall'architetto quanto dall'ingegnere”.
Ed, infatti, anche la giurisprudenza citata dalla resistente Soprintendenza (C.d.S., VI, 21/2014), pronunciando sulla (diversa) questione della compatibilità comunitaria della disciplina normativa italiana che riserva ai soli architetti le prestazioni principali sugli immobili di interesse culturale, ha precisato –in linea con la tesi qui sostenuta dal ricorrente– che tale riserva è comunque solo “parziale” in quanto “Ai sensi dell'art. 52 del R.D. n. 2537 del 1925 non la totalità degli interventi concernenti gli immobili di interesse storico e artistico deve essere affidata alla specifica professionalità dell'architetto, ma solo le parti di intervento di edilizia civile che riguardino scelte culturali connesse alla maggiore preparazione accademica conseguita dagli architetti nell'ambito del restauro e risanamento degli immobili di interesse storico e artistico, restando invece nella competenza dell'ingegnere civile la cd. parte tecnica, ossia le attività progettuali e di direzione dei lavori che riguardano l'edilizia civile vera e propria” (in questo senso anche C.d.S., VI, 5239/2006).
E’ il caso di precisare che la sentenza del Consiglio di Stato appena esaminata ha dichiarato legittime le determinazioni amministrative che avevano escluso gli ingegneri dall'affidamento di un servizio diverso da quello oggi in esame: la direzione dei lavori ed il coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione dei lavori di restauro e di recuperi funzionale di un immobile di interesse storico e artistico.
Il servizio oggetto del presente contenzioso, invece, come già segnalato, attiene principalmente alla revisione impiantistica ed alla messa in sicurezza dell’immobile; ossia, per usare le stesse parole del Consiglio di Stato, a “(…) lavorazioni strutturali ed impiantistiche rientranti nell’edilizia civile propriamente intesa”.
Ed è condivisibile sul punto la giurisprudenza che ritiene che “La nozione di opere di edilizia civile, che ai sensi dell'art. 52 r.d. 23.10.1925 n. 2537 formano oggetto della professione sia dell'ingegnere che dell'architetto, si estende oltre gli ambiti più specificamente strutturali, fino a ricomprendere l'intero complesso degli impianti tecnologici a corredo del fabbricato, e quindi non solo gli impianti idraulici ma anche quelli di riscaldamento compresi nell'edificazione” (Tar Lecce 708/2012).
In definitiva, sulla base di quanto argomentato, il ricorso va accolto col conseguente annullamento degli atti impugnati (TAR Sicilia-Catania, Sez. I, sentenza 29.10.2015 n. 2519 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

settembre 2015

COMPETENZE PROGETTUALI: Cemento armato, stop ai geometri. Parere Consiglio di Stato.
Le costruzioni in cemento armato o in zona sismica non possono essere progettate in autonomia da un geometra. La progettazione e la direzione lavori relative alle opere in cemento armato va affidata all'ingegnere o all'architetto. Questi ultimi infatti sono in grado di eseguire i calcoli e di valutare i pericoli per la pubblica incolumità pubblica.

Questo è quanto espresso dal Consiglio di Stato, Sez. II, nel parere 04.09.2015 n. 2539 in risposta ad una richiesta del ministero della giustizia.
Il parere del consiglio di stato proprio perché è in risposta al ministero delle giustizia ha il valore ricostruire il complicato quadro legislativo e dettare le linee di carattere generale sulla possibilità da parte dei geometri di costruire opere in cemento armato. Il professionista, che svolge la progettazione con l'uso del cemento armato, deve pertanto essere competente a progettare e ad assumersi la responsabilità delle opere in cemento armato.
I giudici del Cds sottolineano che non si tratta, quindi, di assicurare la mera presenza di un ingegnere progettista delle opere in cemento armato che controfirmi o si limiti ad eseguire i calcoli. Nel senso appunto che l'incarico non può essere affidato al geometra, che si avvarrà della collaborazione dell'ingegnere, ma deve essere fin dall'inizio affidata a quest'ultimo per la parte di sua competenza e sotto la sua responsabilità.
Per quanto concerne invece la formazione dei geometri, la costante giurisprudenza ha sostenuto la inidoneità a giustificare una competenza professionale, che attiene a calcoli complessi, i quali specie nelle zone sismiche, attengono a un gioco di spinte e controspinte e all'ipotizzazione di sollecitazioni, che esulano dalla specifica preparazione dei geometri. Del resto, la prova scritto grafica per il superamento dell'esame per l'abilitazione alla professione di geometra demanda al candidato di fissare liberamente le scelte ritenute utili e necessarie per la redazione del progetto fra le quali anche la struttura in cemento armato, la natura del terreno di fondazione, sicché anche l'esame stesso non esige necessariamente che il futuro geometra sia in grado di affrontare le difficoltà derivanti alle suddette variabili.
Ai geometri, infatti, «anche se in ipotesi tutte da dimostrare» risulterebbe concessa la possibilità di progettare in città piccoli edifici in cemento, mentre nel campo degli edifici agricoli tale possibilità sarebbe ridotta a «piccole costruzioni in cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e per la loro destinazione non possono comunque implicare un pericolo per le persone». L'attività di progettazione e la direzione lavori , incentrata sugli aspetti architettonici della «modesta» costruzione civile vanno affidati invece a un geometra (articolo ItaliaOggi del 09.09.2015 - tratto da www.centrostudicni.it).

COMPETENZE PROGETTUALICemento armato, progetti solo a ingegneri e architetti. Professioni. Il parere del Consiglio di Stato sulle competenze dei geometri.
Uno schiaffo alla professione. I geometri non possono progettare le strutture di opere in cemento armato o costruzioni in zona sismica, almeno stando a quanto è scritto nel parere 04.09.2015 n. 2539 del Consiglio di Stato (II Sez.) a seguito di una questione posta dalla Regione Toscana.
Il progetto andrà firmato e coordinato da un ingegnere o da un architetto. Nelle altre zone i geometri potranno invece effettuare la progettazione architettonica degli edifici in autonomia ma in ogni caso la firma sarà di un ingegnere o di un architetto.
Il parere del Consiglio di Stato parte da un dato di fatto normativo: l’abrogazione dell’articolo 1 del Regio decreto 2229/1939 che riservava a ingegneri e architetti la possibilità di progettare opere in cemento semplice o armato: di conseguenza, quanto meno per le “modeste costruzioni civili”, i geometri potrebbero progettare con il cemento armato.
Di fatto, sinora le sentenze sulla questione si dividevano: alcune ritengono che i geometri possono progettare opere in cemento (se di «modestia della costruzione»), altre «continuano ad applicare alla professione di geometra il divieto assoluto di progettazione» di opere in cemento armato.
Una liberalizzazione che per il Consiglio di Stato appare eccessiva: stando alla lettera della legge, i geometri possono progettare in città piccoli edifici in cemento, mentre per gli edifici agricoli dovrebbero limitarsi a «piccole costruzioni in cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e per la loro destinazione non possono comunque implicare un pericolo per le persone».
Per i giudici amministrativi questa situazione sarebbe «al di fuori di ogni ragionevolezza in relazione alla tutela della pubblica incolumità». Il Consiglio di Stato, dopo aver rilevato le due circolari dei consigli nazionali di geometri e ingegneri che pervengono “a conclusioni opposte” ha dettato un principio generale, che pende a favore di architetti e ingegneri.
In sostanza, quando entra in scena il cemento armato negli edifici civili spetterà a ingegneri e architetti il compito di calcolare le strutture, mentre il geometra (che non potrà fare lavori in autonomia) potrà occuparsi di progettazione e direzione lavori degli aspetti architettonici
(articolo Il Sole 24 Ore del 09.09.2015 - tratto da www.centrostudicni.it).

COMPETENZE PROGETTUALI: Competenze geometri vs ingegneri e architetti, il principio regolatore è la pubblica incolumità.
Anche per le “modeste” costruzioni civili il geometra può progettare, con l’uso del cemento armato, piccole costruzioni accessorie, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e non implichino per destinazione pericolo per l’incolumità delle persone.

Se ci si domanda, poi, in cosa consista in dettaglio la competenza di geometri alla progettazione ed esecuzione di “modeste costruzioni civili”, vista l’indeterminatezza del requisito della modestia, modestia che, secondo quanto ripetutamente affermato dalla giurisprudenza, va valutata sia sotto l’aspetto quantitativo che sotto quello qualitativo (con riferimento ai problemi tecnici che l’opera solleva), occorre mantenere ferme le limitazioni scaturenti dalla lett. l) dell’art. 16 R.D. n. 274 del 1929, ed in particolare quella del pericolo alla pubblica incolumità, che nel caso delle costruzioni civili implica sia valutata secondo criteri di particolare rigore.
Pertanto,
se non si può rinunciare alla competenza tecnica in ordine all’effettuazione dei calcoli ed alla direzione dei conseguenti lavori per i conglomerati cementizi, specificamente connessa alla funzionalità statica delle opere in cemento armato, non può, tuttavia, non essere mantenuta in capo al geometra la possibilità di procedere alla semplice progettazione architettonica delle modeste costruzioni civili, evitando nel contempo, però, comportamenti elusivi del combinato disposto delle lett. l) ed m) dell’art. 16 R.D. n. 274 del 1929.
In tale prospettiva, che si basa anche sul principio generale della collaborazione tra titolari di diverse competenze professionali,
nulla impedisce che la progettazione e direzione dei lavori relativi alle opere in cemento armato sia affidata al tecnico in grado di eseguire i calcoli necessari e di valutare i pericoli per la pubblica incolumità, e che l’attività di progettazione e direzione dei lavori, incentrata sugli aspetti architettonici della “modesta” costruzione civile, sia affidata, invece, al geometra. Non si tratta, quindi, di assicurare la mera presenza di un ingegnere progettista delle opere in cemento armato, che controfirmi o si limiti ad eseguire i calcoli.
Il professionista, che svolge la progettazione con l’uso del cemento armato, deve pertanto essere competente a progettare e ad assumersi la responsabilità del segmento del progetto complessivo riferito alle opere in cemento armato,
nel senso appunto che l’incarico non può essere affidato al geometra, che si avvarrà della collaborazione dell’ingegnere, ma deve essere sin dall’inizio affidato anche a quest’ultimo per la parte di sua competenza e sotto la sua responsabilità.
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Quanto, invece, alle fonti normative riguardanti la formazione del geometra, va rilevato come la costante giurisprudenza ne abbia affermato l’assoluta inidoneità a giustificare una competenza professionale che attiene a calcoli complessi, i quali, specie nelle zone sismiche, attengono ad un gioco di spinte e controspinte ed all’ipotizzazione di sollecitazioni, che esulano dalla specifica preparazione dei geometri.
Del resto, la prova scritto-grafica per il superamento dell’esame per l’abilitazione alla professione di geometra demanda al candidato di fissare liberamente le scelte ritenute utili e necessarie per la redazione del progetto, fra le quali anche la struttura in cemento armato, il calcolo delle sollecitazioni ammissibili dei materiali e la natura del terreno di fondazione, sicché l’esame stesso non esige necessariamente (e quindi non garantisce) che il futuro geometra sia in grado di affrontare le difficoltà derivanti alle suddette variabili.
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Pur non potendosi accettare nella sua assolutezza la tesi, per la quale nelle zone sismiche l’edificazione con l’uso del cemento armato esclude di per sé che la costruzione civile possa ritenersi “modesta”
, ché, altrimenti, si verrebbe a determinare un’irrazionale eccezione per le costruzioni rurali e per uso di industrie agricole– deve ritenersi che il grado di pericolo sismico della zona, in cui insiste la costruzione, non può non trovare considerazione nella valutazione di un progetto relativo alle piccole costruzioni accessorie e alle “modeste” costruzioni civili, nel senso appunto che ben possono le Amministrazioni competenti esigere che la “modestia” di una costruzione, che faccia uso di cemento armato, sia valutata con particolare rigore, al fine di considerare con prevalente attenzione la progettazione, esecuzione e direzione dei lavori delle opere statiche, che dovrà essere demandata alla responsabilità di un professionista titolare di specifiche competenze tecniche all’effettuazione dei calcoli necessari ed alla valutazione delle spinte, controspinte e sollecitazioni, cui può essere sottoposta la costruzione.
Sicché la progettazione statica, in questi casi, avrà prevalenza sulla progettazione architettonica e, se si vuole, il professionista capofila non potrà che essere l’ingegnere o l’architetto.

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OGGETTO: Regione Toscana. Limiti delle competenze professionali dei tecnici geometri per quanto rilevante ai fini dello svolgimento delle funzioni degli uffici tecnici regionali (c.d. genio civile) in ambito strutturale.
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PREMESSO
Il Presidente della Giunta regionale Toscana chiede un parere sui limiti delle competenze professionali esercitabili da questa categoria, in riferimento alla normativa di settore, ed in particolare all’art. 16 del R.D. 11.02.1929, n. 274, recante “Regolamento per la professione di geometra”, e ciò allo scopo di garantire il corretto esercizio delle funzioni amministrative degli uffici tecnici regionali in materia di denunce dei lavori di opere in conglomerato cementizio armato o da realizzarsi in zona sismica progettate da geometri.
Come già premesso nel parere interlocutorio del 17.10.2012, va ricordato che la Regione ha sottoposto una prima questione relativa alla competenza nella progettazione di civili costruzioni, che comportino la realizzazione di strutture in cemento armato, chiedendo se per tale tipo di costruzioni sia sempre da escludersi la competenza dei geometri per la progettazione di opere in cemento armato ovvero se sia ammissibile tale tecnica costruttiva con il limite della “modestia” dell’opera.
Ritiene, al riguardo, la Regione che la questione potrebbe essere rivalutata alla luce dell’abrogazione, per effetto dell’emanazione del d.lgs. 13.12.2010, n. 212, del R.D. 16.11.1939, n. 2229, che riserva all’ingegnere ovvero all’architetto iscritto all’albo la firma del progetto esecutivo di ogni opera di conglomerato cementizio semplice od armato, la cui stabilità possa comunque interessare l’incolumità delle persone.
Potrebbe, inoltre, costituire –secondo la Regione Toscana– indizio di un'estensione delle competenze professionali dei geometri la circostanza che sovente le prove d’esame somministrate in occasione degli esami di Stato per l’abilitazione all’esercizio della libera professione di geometra (che, secondo il D.M. 15.03.1986 pubblicato in G.U. n. 117 del 22.05.2006, devono attenere alle competenze professionali dei geometri) menzionino l’uso del cemento armato e che nella descrizione della tariffa professionale (art. 57 l. n. 144 del 1949) l’ossatura di cemento armato compaia esclusa solo per le costruzioni antisismiche a due piani.
La seconda questione sottoposta riguarda i limiti delle competenze di progettazione da parte dei geometri in riferimento alle costruzioni da realizzare in zona sismica (in cui ricade interamente la Regione Toscana).
In particolare, la Regione chiede se si possa considerare ammissibile la progettazione da parte di geometri di modeste costruzioni civili in zona sismica, valorizzando la portata del secondo comma dell’art. 93 d.P.R. n. 380 del 2001, che prevede la presentazione della domanda con allegato il progetto debitamente firmato “da un ingegnere, architetto, geometra o perito edile iscritto nell’albo, nei limiti delle rispettive competenze, nonché dal direttore dei lavori” e della già richiamata tariffa nonché considerando l’avvenuta estensione a tutto il territorio nazionale, con eccezione della sola Sardegna, della classificazione come zona sismica.
In conclusione, chiede se i tecnici geometri siano abilitati a svolgere la progettazione e la direzione di lavori per la realizzazione di costruzioni civili con strutture di cemento armato nei limiti della modestia della costruzione e se sia preclusa qualsiasi attività di progettazione e direzione di lavori di strutture civili in zona sismica.
...
CONSIDERATO
È opportuno preliminarmente richiamare le disposizioni che riguardano la materia oggetto della richiesta di parere, distinguendo tra:
a) quelle disposizioni che, regolando in generale l’esercizio della professione di geometra, ne disciplinano le competenze;
b) quelle riguardanti le costruzioni che utilizzano il conglomerato cementizio;
c) quelle che disciplinano specificamente le opere da realizzare nelle zone sismiche.
Quanto alla prima categoria, viene innanzitutto in rilievo l’art. 16 R.D. 11.02.1929, n. 274, recante il regolamento per la professione di geometra, che recita: “L’oggetto ed i limiti dell’esercizio professionale di geometra sono regolati come segue: …..
l) progetto, direzione, sorveglianza e liquidazione di costruzioni rurali e di edifici per uso d’industrie agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone; nonché di piccole opere inerenti alle aziende agrarie, come strade vicinali senza rilevanti opere d’arte, lavori d’irrigazione e di bonifica, provvista d’acqua per le stesse aziende e riparto della spesa per opere consorziali relative, esclusa, comunque, la redazione di progetti generali di bonifica idraulica ed agraria e relativa direzione;
m) progetto, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili...
”.
A tale disposizione si aggiunge l’art. 57 della legge 02.03.1949, n. 11, relativa alla tariffa degli onorari per le prestazioni professionali dei geometri, che nella categoria “Costruzioni rurali, modeste costruzioni civili, edifici pubblici per comuni fino a 10.000 abitanti", cui si applicano le tabelle H ed I, prevede le costruzioni per aziende rurali con annessi edifici per la conservazione dei prodotti o per industria agraria, le case di abitazione popolari nei centri urbani, gli edifici pubblici, magazzini, capannoni, rimesse in più locali ad uso di ricovero e di industrie, case di abitazione comuni ed economiche, costruzioni asismiche a due piani senza ossatura in cemento armato o ferro, edifici pubblici etc..
Quanto poi alle norme riguardanti le opere in conglomerato cementizio semplice ed armato, occorre far riferimento, sia pure da un punto di vista storico, all’art. 1 R.D. 16.11.1939, n. 2229, che recita: “Ogni opera di conglomerato cementizio semplice od armato, la cui stabilità possa comunque interessare l’incolumità delle persone, deve essere costruita in base ad un progetto esecutivo firmato da un ingegnere, ovvero da un architetto iscritto nell’albo, nei limiti delle rispettive attribuzioni, ai sensi della L. 24.06.1923, n. 1395, e del R.D. 23.10.1925, n. 2537, sull’esercizio delle professioni di ingegnere e di architetto e delle successive modificazioni”.
Tale disposizione risulta oggi abrogata dal D.lgs. 13.12.2010, n. 212.
Queste disposizioni erano completate dagli artt. 1 e 2 della L. 05.11.1971, n. 1086, oggi trasfusi all’interno del d.P.R. 06.06.2001, n. 380, recante il testo unico dell’edilizia, che reca l’art. 53, che prevede: “1. Ai fini del presente testo unico si considerano:
a) opere in conglomerato cementizio armato normale, quelle composte da un complesso di strutture in conglomerato cementizio ed armature che assolvono ad una funzione statica;
b) opere in conglomerato cementizio armato precompresso, quelle composte di strutture in conglomerato cementizio ed armature nelle quali si imprime artificialmente uno stato di sollecitazione addizionale di natura ed entità tali da assicurare permanentemente l’effetto statico voluto;
c) opere a struttura metallica quelle nelle quali la statica è assicurata in tutto o in parte da elementi strutturali in acciaio o in altri metalli
”.
Il successivo art. 64 disciplina la progettazione, esecuzione, direzione relative alle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso, stabilendo: “1. La realizzazione delle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica, deve avvenire in modo tale da assicurare la perfetta stabilità e sicurezza delle strutture e da evitare qualsiasi pericolo per la pubblica incolumità.
2. La costruzione delle opere di cui all’art. 53, comma 1, deve avvenire in base ad un progetto esecutivo redatto da un tecnico abilitato, iscritto nel relativo albo, nei limiti delle proprie competenze stabilite dalle leggi sugli ordini e collegi professionali.
3. L’esecuzione delle opere deve aver luogo sotto la direzione di un tecnico abilitato, iscritto nel relativo albo, nei limiti delle proprie competenze stabilite dalle leggi sugli ordini e collegi professionali.
4. Il progettista ha la responsabilità diretta della progettazione di tutte le strutture dell’opera comunque realizzate.
5. Il direttore dei lavori ed il costruttore, ciascuno per la parte di sua competenza, hanno la responsabilità della rispondenza dell’opera al progetto, dell’osservanza delle prescrizioni di esecuzione del progetto, della qualità dei materiali impiegati, nonché, per quanto riguarda gli elementi prefabbricati, della posa in opera
”.
Infine, per quanto riguarda le zone sismiche, l’art. 93 del d.P.R. n. 380 del 2001 cit. dispone, riprendendo gli artt. 17, 18 e 19 L. 02.02.1974, n. 64: “1. Nelle zone sismiche di cui all’art. 83, chiunque intenda procedere a costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni, è tenuto a darne preavviso scritto allo sportello unico, che provvede a trasmetterne copia al competente ufficio tecnico della regione, indicando il proprio domicilio, il nome e la residenza del progettista, del direttore dei lavori e dell’appaltatore.
2. Alla domanda deve essere allegato il progetto, in doppio esemplare e debitamente firmato da un ingegnere, architetto, geometra o perito edile iscritto nell’albo, nei limiti delle rispettive competenze, nonché dal direttore dei lavori.
3. Il contenuto minimo del progetto è determinato dal competente ufficio tecnico della regione. In ogni caso il progetto deve essere esauriente per planimetria, piante, prospetti e sezioni ed accompagnato da una relazione tecnica, dal fascicolo dei calcoli delle strutture portanti, sia in fondazione sia in elevazione, e dai disegni dei particolari esecutivi delle strutture.
4. Al progetto deve inoltre essere allegata una relazione sulla fondazione, nella quale devono essere illustrati i criteri seguiti nella scelta del tipo di fondazione, le ipotesi assunte, i calcoli svolti nei riguardi del complesso terreno-opera di fondazione.
5. La relazione sulla fondazione deve essere corredata da grafici o da documentazioni, in quanto necessari.
6. In ogni comune deve essere tenuto un registro delle denunzie di lavori di cui al presente articolo.
7. Il registro deve essere esibito, costantemente aggiornato, a semplice richiesta, ai funzionari, ufficiali ed agenti indicati nell’articolo 103
”.
L’art. 94 seguente prevede inoltre che: “1. Fermo restando l’obbligo del titolo abilitativo all’intervento edilizio, nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità all’uopo indicate nei decreti di cui all’articolo 83, non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione.
2. L’autorizzazione è rilasciata entro sessanta giorni dalla richiesta e viene comunicata al comune, subito dopo il rilascio, per i provvedimenti di sua competenza.
3. Avverso il provvedimento relativo alla domanda di autorizzazione, o nei confronti del mancato rilascio entro il termine di cui al comma 2, è ammesso ricorso al presidente della giunta regionale che decide con provvedimento definitivo.
4. I lavori devono essere diretti da un ingegnere, architetto, geometra o perito edile iscritto nell’albo, nei limiti delle rispettive competenze
".
La questione all’attenzione della Sezione,
già in passato ritenuta altamente controversa e non suscettibile di univoche soluzioni, si è ulteriormente complicata in seguito all’abrogazione dell’art. 1 R.D. 16.11.1939, n. 2229 cit., recante norme per la esecuzione delle opere in conglomerato cementizio semplice od armato.
Tale abrogazione, verificatasi in seguito al processo del c.d. taglia-leggi (D.lgs. 13.12.2010, n. 212), ha consentito che
la questione, oggetto del quesito principale, trovasse il principio di regolamentazione nell’art. 64 d.P.R. 06.06.2001, n. 380 cit., che, dopo aver stabilito il principio per cui la realizzazione delle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica, deve avvenire in modo tale da assicurare la stabilità e sicurezza delle strutture e da evitare qualsiasi pericolo per la pubblica incolumità, stabilisce che il progetto esecutivo delle opere debba essere redatto da un tecnico abilitato, iscritto nel relativo albo, nei limiti delle proprie competenze stabilite dalle leggi sugli ordini e collegi professionali, prevedendo che l’esecuzione delle opere debba aver luogo sotto la direzione di un tecnico abilitato, iscritto al relativo albo, nei limiti delle proprie competenze stabilite dalle leggi sugli ordini e collegi professionale.
Sembra pertanto che,
per quanto riguarda le opere in cemento armato normale o precompresso e di quelle a struttura metallica, ci si debba riferire alla normativa riguardante gli ordini professionali: id est, nel caso in esame, alla specifica normativa contenuta nell’art. 16 R.D. n. 274 del 1929, cui la giurisprudenza civile ed amministrativa avevano fatto costante ed indiscusso riferimento (exempli gratia Cons. Stato, Sez. IV, 09.02.2012, n. 686; Cass. civ., Sez. II, 02.09.2011, n. 18038; Cons. Stato, Sez. V, 28.04.2011, n. 2537; Cons. Stato, Sez. IV, 12.03.2010, n. 1457; Cons. Stato, Sez. IV, 28.11.2012, n. 6036; TAR Lombardia (Brescia), Sez. II, 18.04.2013, n. 361).
Salvo che
questa disposizione –così come formulata– si giustificava in presenza della regola generale, oggi abrogata, dell’art. 1 R.D. n. 2229 del 1939. Infatti, quest’ultima regola generale, mentre era idonea a porre un limite a quanto disposto della lett. m) dell’art. 16 R.D. n. 274 del 1929, per la quale oggetto e limiti dell’esercizio professionale del geometra sono costituiti da “progetto, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili”, poteva tollerare un’eccezione solo per quanto stabilito dalla lett. l) del medesimo articolo, che contempla “progetto, direzione, sorveglianza e liquidazione di costruzioni rurali e di edifici per uso di industria agricola, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone… (Cons. Stato, Sez. IV, 28.11.2012, n. 6036).
Ma, una volta abrogata la regola generale, la normativa introdotta dall’art. 16 appare squilibrata, nel senso che le modeste costruzioni civili potrebbero essere, in ipotesi tutta da dimostrare, progettate dai geometri, anche se implicanti strutture in cemento armato normale o precompresso, mentre per le costruzioni rurali e per gli edifici di uso industriale agricolo -certamente implicanti una ridotta frequentazione da parte di persone- i geometri potrebbero progettare solo “piccole costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone”.
Ciò che era un’eccezione nel senso dell’ampliamento delle funzioni dei geometri, diverrebbe, oggi, un’eccezione in senso riduttivo delle funzioni stesse, al di fuori di ogni ragionevolezza in relazione alla tutela della pubblica incolumità.
In tale situazione l’interpretazione delle norme ha visto schierarsi la giurisprudenza su due lati opposti.
Da un lato
,
vi è chi ritiene che ormai non sussistano più limiti alla possibilità che i geometri siano responsabili dei progetti, purché si tratti di modeste costruzioni civili, e che l’unico limite rinvenibile sia quello derivante dalla identificazione della c.d. “modestia” della costruzione (cfr. exempli gratia, Cons. Stato, Sez. IV, 09.08.1997, n. 784; TAR Puglia, Lecce, Sez. III, 15.05.2013, n. 1108).
Dall’altro,
vi sono, però, pronunce che, anche dopo l’entrata in vigore del D.lgs. n. 212 del 2010 –oltre a non dare a quest’ultima abrogazione efficacia retroattiva neppure sul piano interpretativo della normativa precedente (Cass. civ., sez. II, 30.08.2013, n. 19989)- continuano ad applicare alla professione di geometra il divieto assoluto di progettazione, allorché si tratti di costruzioni civili aventi strutture in cemento armato (cfr. exempli gratia, Cass. civ., Sez. II, 02.09.2011, n. 18038; 14.02.2012, n. 2153).
La prima soluzione data al problema
non regge, perché trascura quanto disposto dalla lett. l) dell’art. 16 R.D. n. 274 del 1929 (Cons. Stato, Sez. V, 28.04.2011, n. 2537) e perché non considera che quanto disposto dagli artt. 1 e 2 L. 05.11.1971, n. 1086, e 17 l. 02.02.1974, n. 64 faceva riferimento ad un consolidato sistema di competenze, che escludeva i geometri dalla progettazione di opere in cemento (cfr. Cass. Civ., Sez. II, 02.09.2011, n. 18038; 07.09.2009, n. 19292).
Essa, inoltre, rinvia ad un limite alquanto indeterminato, essendo stati finora del tutto diversi ed evanescenti i criteri secondo i quali la giurisprudenza stabilisce quando una costruzione civile possa dirsi “modesta” (cfr. in vario senso, le fattispecie concrete ricordate nella memoria del Consiglio nazionale dei geometri del 13.12.2012).
L’altra impostazione data al problema
sembra trascurare il dato inoppugnabile nascente dall’ordinamento positivo, che ha abrogato la riserva in favore degli architetti ed ingegneri della progettazione ed esecuzione di “ogni opera di conglomerato cementizio, semplice o armato, la cui stabilità possa comunque interessare l’incolumità delle persone”.
Ad avviso della Sezione la strada da percorrere è diversa da quelle sopra accennate.
Si tratta di individuare innanzitutto un principio regolatore, che deve sovrintendere all’esercizio delle competenze dei vari ordini professionali, e di applicare tale principio regolatore nel delineare la linea di demarcazione tra le competenze di ingegneri ed architetti, da un lato, e quelle di geometri o periti industriali, dall’altro.
Tale principio è senza dubbio ispirato al pubblico e preminente interesse rivolto alla tutela della pubblica incolumità
(Cass. civ., Sez. II, 07.09.2009, n. 19292; Cass. civ., Sez. II, 13.01.1984, n. 286; Cons. Stato, Sez. V, 10.03.1997, n. 248; Sez. IV, 14.03.2013, n. 1526).
Si tratta di un principio espressamente codificato nell’art. 64, co. 1, d.P.R. n. 380 del 2001 (e già prima nell’art. 1, co. 4, l. n. 1086 del 1971) e del quale l’art. 16, lett. l), R.D. n. 274 del 1929 faceva puntuale applicazione.
Del resto
la stessa L. 02.03.1949, n. 143 (Testo unico della tariffa degli onorari per le prestazioni professionali dell'ingegnere e dell'architetto), muove dal presupposto che per le costruzioni antisismiche a più di un piano l’ossatura in cemento armato non possa essere progettata da geometri.
Pertanto la lett. l) dell’art. 16 R.D. n. 274 del 1929 esprime un limite intrinseco all’attività professionale dei geometri, che non può esplicarsi per opere che fanno uso di conglomerato cementizio, se esse siano tali da “interessare l’incolumità delle persone”.
Ne deriva che
sarebbe illogico non applicare per analogia, anche con riferimento alle costruzioni civili, la facoltà di progettazione, che l’art. 16, lett. l), attribuisce ai geometri, per quanto riguarda l’uso del cemento armato in piccole costruzioni accessorie a quelle rurali ed agli edifici per uso di industrie agricole, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e non implichino per destinazione pericolo per l’incolumità delle persone; il che può esprimersi dicendo che le modeste costruzioni civili non debbono comportare l’impiego di conglomerati cementizi, semplici o armati, in strutture statiche e portanti astrattamente suscettibili di arrecare pericolo all’incolumità delle persone (Cass. civ., Sez. II, 13.01.1984, n. 286; Cons. Stato, Sez. V, 08.06.1998, n. 779).
In altri termini,
anche per le “modeste” costruzioni civili il geometra può progettare, con l’uso del cemento armato, piccole costruzioni accessorie, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e non implichino per destinazione pericolo per l’incolumità delle persone.
Se ci si domanda, poi, in cosa consista in dettaglio la competenza di geometri alla progettazione ed esecuzione di “modeste costruzioni civili”, vista l’indeterminatezza del requisito della modestia (come riconosciuto dallo stesso Consiglio nazionale dei geometri nella nota del 25.10.2012), modestia che, secondo quanto ripetutamente affermato dalla giurisprudenza (ex multis Cons. Stato, Sez. V, 12.11.1985, n. 390; Sez. II, 12.05.1993, n. 202), va valutata sia sotto l’aspetto quantitativo che sotto quello qualitativo (con riferimento ai problemi tecnici che l’opera solleva), occorre mantenere ferme le limitazioni scaturenti dalla lett. l) dell’art. 16 R.D. n. 274 del 1929, ed in particolare quella del pericolo alla pubblica incolumità, che nel caso delle costruzioni civili implica sia valutata secondo criteri di particolare rigore.
Pertanto,
se non si può rinunciare alla competenza tecnica in ordine all’effettuazione dei calcoli ed alla direzione dei conseguenti lavori per i conglomerati cementizi, specificamente connessa alla funzionalità statica delle opere in cemento armato, non può, tuttavia, non essere mantenuta in capo al geometra la possibilità di procedere alla semplice progettazione architettonica delle modeste costruzioni civili, evitando nel contempo, però, comportamenti elusivi del combinato disposto delle lett. l) ed m) dell’art. 16 R.D. n. 274 del 1929.
In tale prospettiva, che si basa anche sul principio generale della collaborazione tra titolari di diverse competenze professionali,
nulla impedisce che la progettazione e direzione dei lavori relativi alle opere in cemento armato sia affidata al tecnico in grado di eseguire i calcoli necessari e di valutare i pericoli per la pubblica incolumità, e che l’attività di progettazione e direzione dei lavori, incentrata sugli aspetti architettonici della “modesta” costruzione civile, sia affidata, invece, al geometra. Non si tratta, quindi, di assicurare la mera presenza di un ingegnere progettista delle opere in cemento armato, che controfirmi o si limiti ad eseguire i calcoli (Cass. civ., Sez. II, 02.09.2011, n. 18038).
Il professionista, che svolge la progettazione con l’uso del cemento armato, deve pertanto essere competente a progettare e ad assumersi la responsabilità del segmento del progetto complessivo riferito alle opere in cemento armato (TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, 18.04.2013, n. 361, ed implicitamente TAR Marche, Ancona, 11.07.2013, n. 559), nel senso appunto che l’incarico non può essere affidato al geometra, che si avvarrà della collaborazione dell’ingegnere, ma deve essere sin dall’inizio affidato anche a quest’ultimo per la parte di sua competenza e sotto la sua responsabilità (Cass. Civ. Sez. II, 30.08.2013, n. 19989).
Irrilevanti sembrano alla Sezione le ulteriori considerazioni riportate nella memoria inviata dal Consiglio Nazionale dei Geometri e dei Geometri laureati. Quanto ai decreti ministeriali relativi alle opere da eseguire in zone sismiche, essi si limitano a ripetere la formula dell’art. 64 d.P.R. n. 380 del 2001. Tale formula rinvia, come si è visto, alle discipline relative alle singole professioni e pertanto non vuole implicare un’attribuzione di competenza alla professione dei geometri.
Quanto, invece, alle fonti normative riguardanti la formazione del geometra, va rilevato come la costante giurisprudenza ne abbia affermato l’assoluta inidoneità a giustificare una competenza professionale che attiene a calcoli complessi, i quali, specie nelle zone sismiche, attengono ad un gioco di spinte e controspinte ed all’ipotizzazione di sollecitazioni, che esulano dalla specifica preparazione dei geometri.
Del resto, la prova scritto-grafica per il superamento dell’esame per l’abilitazione alla professione di geometra demanda al candidato di fissare liberamente le scelte ritenute utili e necessarie per la redazione del progetto, fra le quali anche la struttura in cemento armato, il calcolo delle sollecitazioni ammissibili dei materiali e la natura del terreno di fondazione, sicché l’esame stesso non esige necessariamente (e quindi non garantisce) che il futuro geometra sia in grado di affrontare le difficoltà derivanti alle suddette variabili.

In ordine al secondo quesito formulato dalla Regione Toscana –
pur non potendosi accettare nella sua assolutezza la tesi, per la quale nelle zone sismiche l’edificazione con l’uso del cemento armato esclude di per sé che la costruzione civile possa ritenersi “modesta (Cons. Stato, 08.06.1998, n. 779), ché, altrimenti, si verrebbe a determinare un’irrazionale eccezione per le costruzioni rurali e per uso di industrie agricole– deve ritenersi che il grado di pericolo sismico della zona, in cui insiste la costruzione, non può non trovare considerazione nella valutazione di un progetto relativo alle piccole costruzioni accessorie e alle “modeste” costruzioni civili, nel senso appunto che ben possono le Amministrazioni competenti esigere che la “modestia” di una costruzione, che faccia uso di cemento armato, sia valutata con particolare rigore, al fine di considerare con prevalente attenzione la progettazione, esecuzione e direzione dei lavori delle opere statiche, che dovrà essere demandata alla responsabilità di un professionista titolare di specifiche competenze tecniche all’effettuazione dei calcoli necessari ed alla valutazione delle spinte, controspinte e sollecitazioni, cui può essere sottoposta la costruzione.
Sicché la progettazione statica, in questi casi, avrà prevalenza sulla progettazione architettonica e, se si vuole, il professionista capofila non potrà che essere l’ingegnere o l’architetto
(Consiglio di Stato, Sez. II, parere 04.09.2015 n. 2539 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

agosto 2015

COMPETENZE PROGETTUALIPeriti agrari esclusi dalle competenze forestali.
Periti agrari esclusi dalle competenze in materia forestale. Gli interventi di miglioramento boschivo, infatti, non si inseriscono in una attività diretta alla produzione. Solo in questo specifico caso, infatti, può essere ammesso l'intervento dei periti agrari.

A stabilirlo, la sentenza 03.08.2015 n. 3816 del Consiglio di Stato -Sez. III- che ha dato vita a un tira e molla tra il Collegio nazionale degli agrotecnici e degli agrotecnici laureati e l'Ordine nazionale dei dottori agronomi e dottori forestali.
Diatriba che, nei giorni scorsi, ha portato a un botta e risposta tra le categorie tramite comunicati stampa. Ad avviso degli agronomi, infatti, gli interventi di natura boschiva spettano loro in via esclusiva insieme ai forestali mentre, ad avviso degli agrotecnici, la competenza non deve essere intesa in senso esclusivo essendo competenti per materia anche gli agrotecnici.
Ad avviso di questi ultimi, infatti, sono da ritenersi «prive di fondamento le rivendicazioni di esclusive professionali in materia di forestazione avanzate dall'Ordine degli agronomi, sulla scorta della sentenza del Consiglio di stato n. 3816/2015. Tale sentenza, infatti», si legge nella nota diffusa dal Collegio nazionale, «ha sancito l'incompetenza in materia di forestazione dei Periti agrari, arrivando ad una conclusione ovvia, posto che i Periti agrari non hanno specifiche competenze forestali declinate nel loro ordinamento professionale al contrario degli agrotecnici e agrotecnici laureati».
Di diverso avviso, invece, l'Ordine nazionale dei dottori agronomi e forestali secondo cui, in base a quanto espresso dal Consiglio di stato, la competenza debba essere intesa come esclusiva.
«Nel panorama delle professioni che hanno competenze in materia ambientale e paesaggistica o territoriale, unicamente i dottori agronomi e dottori forestali annoverano la competenza nel settore selvicolturale (ovvero in materia boschiva e forestale) la quale, pertanto», ha concluso il Conaf, «come confermato dal Cds è di natura esclusiva» (articolo ItaliaOggi del 15.08.2015).
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MASSIMA
6.- Pervenendo al merito, occorre premettere che l’iniziativa comunale di cui si controverte consiste nella “ricostruzione del potenziale forestale ed interventi preventivi”, si pone nel quadro della “Misura 226 Ricostituzione del potenziale forestale e interventi preventivi” del P.S.R. 2007/2013 e, più precisamente, della “Azione 226.1 - Interventi di gestione selvicolturale finalizzati alla prevenzione degli incendi”.
Nel definire le “motivazioni e logica dell’intervento”, la detta misura 226 precisa che “In un contesto internazionale che mette al centro dell’azione ambientale il contrasto ai cambiamenti climatici, la lotta all’avanzamento dei processi di desertificazione, la tutela della biodiversità, la difesa del suolo dai dissesti idrogeologici, assume carattere preminente la ‘conservazione’ del patrimonio forestale quale azione di sistema che nel suo complesso riunisce tutti gli obiettivi citati.
Conservare le risorse forestali significa soprattutto lavorare sul concetto di ‘prevenzione’, adottando le iniziative più efficaci affinché il rischio di danneggiamento diminuisca e contemporaneamente il sistema si presenti nelle migliori condizioni fisico-strutturali per affrontare l’evento negativo. Tuttavia conservare significa anche ‘recuperare’ e ‘ricostituire’ nel più breve tempo il potenziale danneggiato, favorendo e supportando i processi naturali di ripresa del sistema.
La conservazione delle risorse forestali passa attraverso la valutazione dell’interazione della copertura vegetale rispetto al sistema acqua-suolo, la mitigazione dei fattori di pressione antropica, la salvaguardia delle condizioni fitosanitarie. Per pianificare una buona prevenzione del patrimonio forestale occorre quindi adottare interventi mirati che, integrandosi fra loro, siano finalizzati a combattere gli incendi boschivi, il dissesto idrogeologico e le principali fitopatie
”.
7.- Va ancora premesso che,
secondo l’ordinamento della professione di perito agrario, competono a tale professionista, tra l’altro, “la progettazione, la direzione ed il collaudo di opere di miglioramento fondiario e di trasformazione di prodotti agrari e relative costruzioni, limitatamente alle medie aziende, il tutto in struttura ordinaria … (l’art. 2, co. 1, lett. b, della legge 28.03.1968 n. 434, come sostituito dall’art. 2, l. 21.02.1991 n. 54).
L’ordinamento della professione di dottore agronomo e di dottore forestale attribuisce ai medesimi “le attività volte a valorizzare e gestire i processi produttivi agricoli, zootecnici e forestali, a tutelare l'ambiente e, in generale, le attività riguardanti il mondo rurale”; in particolare “lo studio, la progettazione, la direzione … delle opere di trasformazione e di miglioramento fondiario, nonché delle opere di bonifica e delle opere di sistemazione idraulica e forestale, di utilizzazione e regimazione delle acque e di difesa e conservazione del suolo agrario …”, nonché “lo studio, la progettazione, la direzione … di opere inerenti ai rimboschimenti, alle utilizzazioni forestali, alle piste da sci ed attrezzature connesse, alla conservazione della natura, alla tutela del paesaggio ed all'assestamento forestale” (art. 2, co. 1, lett. b e c, della legge 07.01.1976 n. 3, come sostituito dall’art. 2, l. 10.02.1992 n. 152)
8.- Ciò posto, sia pure in tema di tariffa professionale del perito, la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, condivisa dal Collegio in assenza di ragioni di dissenso, ha affermato che,
alla stregua delle rispettive discipline professionali, ad entrambe le categorie dei periti agrari e dei dottori agronomi o forestali è affidabile la cura di boschi e/o foreste “allorché contenuti in aziende agrarie fino alla soglia di quelle medie”, onde la competenza in materia “rimane per i periti limitata … alla gestione, stima, consulenza … dei boschi, purché inseriti, da solo (se di superficie ristretta) o insieme ad altre colture, in un’azienda agraria di dimensioni piccole o anche medie … in funzione non ambientale, ma solo produttiva e nei limiti in cui la coltivazione … non presenti difficoltà insostenibili per la cultura astrattamente riconoscibile” ai periti agrari, precisandosi peraltro come “la conferma della medesima tariffa non equivale ad una sicura attribuzione di competenza per gli appartenenti ogni volta che si debba trattare della cura o della piantagione di un bosco (cfr. Cons. St., sez. IV, 30.07.1996 n. 915, richiamata da entrambi i contendenti).
In altri termini,
in materia di interventi boschivi il discrimine tra le competenze del perito agrario e quelle del dottore agronomo o forestale sta, oltre che nel dato quantitativo, in quello qualitativo determinato dalle finalità degli interventi stessi, potendo il primo professionista occuparsene solo se produttivi e spettando in via esclusiva al secondo se intesi “a tutelare l’ambiente” nei suoi vari aspetti, ivi compresa, in particolare, la “conservazione della natura”.

luglio 2015

COMPETENZE PROGETTUALI: E' legittima l'esclusione dei chimici dalla Commissione Edilizia Comunale.
La mancanza di una normativa di rango primario rimette la composizione delle commissioni edilizie alla potestà regolamentare dei Comuni.
Nel caso del Comune di specie, la mancata inclusione dei chimici dalle professionalità cui riservare la presenza nelle commissioni, oggi sancita normativamente, risponde a una scelta non irragionevole alla luce delle stesse affermazioni dell’Ordine ricorrente, che riconosce come le valutazioni demandate alla commissione edilizia ed involgenti il possesso di competenze di chimica applicata non siano riservate in esclusiva ai chimici: se così è, ben si giustifica infatti la preferenza dell’amministrazione per professionalità in grado di garantire un ventaglio di competenze il più completo e aderente possibile in relazione ai compiti consultivi affidati alla commissione, che investono essenzialmente il valore architettonico, estetico, paesaggistico e artistico, il decoro e l’ambientazione degli interventi edilizi (si veda l’art. 4 del regolamento edilizio comunale, nel testo vigente), vale a dire profili rispetto ai quali la professionalità del chimico è ictu oculi recessiva, coprendone una porzione assai esigua.
Di modo che l’esclusione dei chimici in favore di altre professionalità in grado di garantire, ove necessario, sufficienti cognizioni anche in ambito chimico, appare tutt’altro che arbitraria proprio in ossequio al principio generale della concorrenza interdisciplinare invocato in ricorso, e finisce per tradursi in una scelta di merito insindacabile.
... per l'annullamento della nota dell’Assessore all’Urbanistica e Centro Storico del Comune di Pistoia prot. n. 9984 del 15.02.2010, nella parte in cui dichiara l’esclusione dei chimici dalla rosa delle professionalità attivabili per la nomina dei membri delle Commissioni Urbanistiche del comune di Pistoia in ragione del fatto che le funzioni di tali Commissioni, in assenza di una specifica normativa, non richiedono le competenze proprie della figura professionale del chimico, pertanto tale figura non è inserita fra quelle che le compongono.
...
2. In via pregiudiziale, la difesa del Comune resistente eccepisce l’inammissibilità del gravame per difetto di interesse sotto il duplice profilo della mancata impugnativa congiunta delle disposizioni regolamentari che disciplinano la composizione delle commissioni e del carattere interlocutorio e non immediatamente lesivo dell’atto impugnato.
L’Ordine ricorrente replica, per un verso, che il regolamento edilizio vigente al momento dell’instaurazione del giudizio non conteneva alcuna norma impeditiva circa la presenza dei chimici nelle commissioni, ma anzi la consentiva attraverso la clausola generale di cui all’art. 4, co. 1, lett. g), che contemplava l’inclusione nell’organo (anche) di un esperto in materia storico-artistico-ambientale. Quanto alla lesività della nota impugnata, l’Ordine dei Chimici afferma che essa consisterebbe nell’espressione di un orientamento contrario alla presenza dei chimici nelle commissioni e nella natura di arresto procedimentale dell’atto, con il quale i chimici sarebbero stati aprioristicamente esclusi dalla composizione delle commissioni.
2.1. Le eccezioni sono fondate nei termini che seguono.
2.1.1. Collocandosi al di fuori di qualsivoglia procedimento amministrativo, alla nota comunale del 15.02.2010 non si attaglia la nozione di “arresto procedimentale”, la quale implica l’incisione immediata di un interesse pretensivo, mancante nella fattispecie proprio in virtù del carattere aprioristico, stigmatizzato dallo stesso Ordine ricorrente, dell’esclusione dei chimici dalla composizione delle commissioni comunali.
È l’astrattezza delle affermazioni contenute nella nota che non consente, in buona sostanza, di giustificarne l’immediata impugnazione: si tratta, a ben vedere, di un atto al quale può al più attribuirsi natura interpretativa della disciplina comunale in materia di composizione delle commissioni, rilasciato in un’ottica di leale collaborazione dall’ente locale interpellato dal soggetto esponenziale degli interessi di un ordine professionale, ma di per sé privo di autonoma lesività perché non riferibile al concreto esercizio di poteri di amministrazione attiva; e quand’anche lo si volesse reputare vincolante all’interno dell’amministrazione comunale quale atto di indirizzo/circolare (ma così non è, atteso che la nota è indirizzata all’Ordine dei Chimici e non ai funzionari del Comune), ai fini dell’attualizzazione del pregiudizio occorrerebbe pur sempre che l’indirizzo interpretativo ivi manifestato venisse riversato in un provvedimento applicativo, questo sì impugnabile.
2.1.2. L’interesse all’impugnazione è ulteriormente escluso dalla sopravvenuta approvazione delle modifiche al regolamento edilizio del Comune di Pistoia, approvate con deliberazione consiliare n. 14 dell’11.02.2013, le quali escludono la professionalità dei chimici dalla composizione delle commissioni edilizie (dal testo dell’art. 4 del regolamento è venuta meno l’indicazione di un esperto in materie ambientali, da quale l’Ordine ricorrente desumeva la legittimazione dei propri iscritti a essere chiamati a formare le commissioni).
L’Ordine dei Chimici osserva che l’eventuale impugnazione autonoma delle nuove disposizioni regolamentari sarebbe stata inammissibile per difetto di interesse, del che può anche dubitarsi, stante l’effetto immediatamente preclusivo –vincolante per la futura attività del Comune– della previsione regolamentare che non include i chimici fra i membri delle commissione; il rilievo del ricorrente, peraltro, non fa che rafforzare a contrario le conclusioni del collegio circa l’originaria assenza di interesse al ricorso dovuta alla non immediata e autonoma lesività dell’atto impugnato, sprovvista di qualsivoglia contenuto (normativo e) volitivo.
Resta poi fermo che non si vede quale vantaggio, anche solo strumentale, possa oramai derivare dall’annullamento di un atto che riflette un contesto normativo non più vigente.
3. Per completezza di trattazione, nel merito l’Ordine dei Chimici sostiene che la nota comunale del 15.02.2010, nella parte in cui manifesta il rifiuto di considerare l’inserimento di chimici nelle commissioni edilizie, sarebbe viziata da eccesso di potere per irragionevolezza, ingiustizia manifesta, disparità di trattamento, difetto di proporzionalità; né l’esclusione dei chimici dalle commissioni edilizie potrebbe essere argomentato dalla disciplina dettata dall’art. 148 D.Lgs. n. 42/2004 per le commissioni paesaggistiche.
Al riguardo, ribadita l’attitudine non provvedimentale della nota in questione, sia sufficiente osservare che la mancanza di una normativa di rango primario rimette la composizione delle commissioni edilizie alla potestà regolamentare dei Comuni.
Nel caso del Comune di Pistoia, la mancata inclusione dei chimici dalle professionalità cui riservare la presenza nelle commissioni, oggi sancita normativamente, risponde a una scelta non irragionevole alla luce delle stesse affermazioni dell’Ordine ricorrente, che riconosce come le valutazioni demandate alla commissione edilizia ed involgenti il possesso di competenze di chimica applicata non siano riservate in esclusiva ai chimici: se così è, ben si giustifica infatti la preferenza dell’amministrazione per professionalità in grado di garantire un ventaglio di competenze il più completo e aderente possibile in relazione ai compiti consultivi affidati alla commissione, che investono essenzialmente il valore architettonico, estetico, paesaggistico e artistico, il decoro e l’ambientazione degli interventi edilizi (si veda l’art. 4 del regolamento edilizio comunale, nel testo vigente), vale a dire profili rispetto ai quali la professionalità del chimico è ictu oculi recessiva, coprendone una porzione assai esigua; di modo che l’esclusione dei chimici in favore di altre professionalità in grado di garantire, ove necessario, sufficienti cognizioni anche in ambito chimico, appare tutt’altro che arbitraria proprio in ossequio al principio generale della concorrenza interdisciplinare invocato in ricorso, e finisce per tradursi in una scelta di merito insindacabile.
Alla rilevata inammissibilità della domanda si accompagna, dunque, l’infondatezza della stessa.
4. Il ricorso, in forza delle considerazioni che precedono, non può trovare accoglimento (TAR Toscana, Sez. I, sentenza 16.07.2015 n. 1103 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALICatasto, chiarezza sulle competenze. La sentenza della consulta.
Con la sentenza 15.07.2015 n. 154 la Corte costituzionale ha dichiarato illegittima la disposizione di legge che amplia le competenze degli agrotecnici in materia catastale ed estimativa nel settore immobiliare (art. 26, comma 7-ter, dl 248/2007).
La questione di legittimità era stata sollevata dal Consiglio di stato nel 2014 in base a osservazioni di merito e di sostanza. Nella sostanza, il contrasto con l'art. 77, comma 2 della Costituzione perché inserita all'interno di un «Milleproroghe» in assenza dei requisiti di straordinarietà e urgenza (nelle parole della Corte «uso improprio, da parte del Parlamento, di un potere che la Costituzione attribuisce a esso»).
Nel merito, il contrasto con l'art. 3 della Costituzione nella parte in cui «verrebbe a incidere sulla leale concorrenza in danno alla categoria dei geometri, ad onta della comprovata e più adeguata preparazione di questi ultimi nella materia catastale».
«La sentenza», commenta Maurizio Savoncelli, presidente del Cngegl, «rimanda ai profili culturali che abilitano ciascuna Categoria a svolgere specifiche attività intellettuali. Nella fattispecie, il catasto ha carattere di materia principale nel curriculum formativo di ogni geometra, abilitandolo a una competenza professionale specifica, non posseduta da altre categorie» (articolo ItaliaOggi del 30.07.2015).

giugno 2015

COMPETENZE PROGETTUALI: Regioni fuori dalle competenze. Accolto dal Cds i ricorso degli agrotecnici.
Le regioni non possono intervenire in materia di competenze professionali degli iscritti all'albo.

A stabilirlo, la sentenza 15.06.2015 n. 2944 del Consiglio di Stato - Sez. III, che i ricorrenti, agrotecnici e medici veterinari, definiscono storica perché impone agli organismi territoriali di non intervenire in materia di competenze professionali. La vicenda prende origine dall'applicazione della Misura 114 «Consulenza aziendale» del Psr 2007-2013 in tutte le regioni italiane, e in particolare da una delibera dell'Emilia Romagna che obbligava i liberi professionisti che volessero operare nell'ambito della Consulenza aziendale a dimostrare requisiti ulteriori all'iscrizione nell'albo professionale (pregressa esperienza nel settore, aggiornamento specifico,) al pari di qualsiasi altro soggetto che avesse due anni di esperienza professionale.
Contro la delibera erano intervenuti i due ordini professionali facendo ricorso ai giudici amministrativi che già in primo grado avevano giudicato illegittima la delibera. A quella decisione aveva fatto ricorso la regione davanti al consiglio di stato che ha respinto l'appello specificando che è la stessa istituzione degli albi, e quindi la relativa iscrizione, a garantire «il grado di professionalità e di competenza. Tantomeno la regione può, con proprie valutazioni di merito volte a dequotare i criteri e le modalità di iscrizione all'albo professionale, sostituirsi al valore abilitante dell'iscrizione stessa agli effetti del titolo allo svolgimento delle attività riservate ai soli soggetti inseriti nell'albo professionale».
Questa sentenza hanno commentato i ricorrenti sarà dunque «utilissima nell'orientare le regioni nella definizione delle regole sulla nuova Consulenza aziendale del Psr 2014-2020 ed in tutti quei contenziosi che vedono le regioni imporre ai liberi professionisti iscritti negli albi, per svolgere determinate attività previste negli ordinamenti professionali, l'illegittimo possesso di ulteriori requisiti» (articolo ItaliaOggi del 18.06.2015 - tratto da www.centrostudicni.it).

maggio 2015

COMPETENZE PROGETTUALI - PUBBLICO IMPIEGO: Sulla legittimità di indire un concorso pubblico per l'assunzione del dirigente del "settore Lavori Pubblici" riservato ai soli ingegneri e non anche agli architetti.
Il Collegio dà atto che secondo consolidato orientamento di giurisprudenza gli artt. 51 e 52 del R.D. 2537/1925, che sono ancora in vigore e che pertanto ancora oggi costituiscono il punto di riferimento normativo per stabilire il discrimine tra le competenze degli architetti e quelle degli ingegneri, debbono essere interpretati nel senso che appartiene alla esclusiva competenza degli ingegneri non solo la progettazione delle opere necessarie alla estrazione e lavorazione di materiali destinati alle costruzioni e la progettazione delle costruzioni industriali, ma anche la progettazione delle opere igienico-sanitarie e delle opere di urbanizzazione primaria, per tali dovendosi intendere le opere afferenti la viabilità, gli acquedotti, e depuratori, le condotte fognarie e gli impianti di illuminazione, salvo solo il caso che tali opere non siano di pertinenza di singoli edifici civili.
Tra le opere igienico-sanitarie la cui progettazione appartiene alla esclusiva competenza degli ingegneri, vanno incluse, tra le altre, anche gli impianti cimiteriali.
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L’elenco delle opere la cui progettazione è di esclusiva competenza degli ingegneri include, come si vede, larga parte delle opere pubbliche di necessaria competenza dei comuni, all’interno dei quali il Settore di riferimento è certamente quello che ha in carico, appunto, i lavori pubblici.
E’ evidente che le opere pubbliche di che trattasi non esauriscono il panorama delle opere pubbliche che un comune può decidere di realizzare (scuole, centri sportivi; biblioteche e centri culturali; etc. etc.); tuttavia è importante rimarcare che non tutte le opere classificabili come “pubbliche”, come tali rientranti nella competenza istituzionale del settore “Lavori pubblici” di un comune, sono di competenza concorrente degli ingegneri ed architetti, essendo che le opere di urbanizzazione primaria e quelle afferenti la sfera igienico-sanitaria appartengono alla sfera esclusiva di competenza degli ingegneri.
Valga inoltre la considerazione che la sfera di competenza esclusiva degli architetti finisce invece per interessare solo gli edifici civili con rilevante carattere artistico nonché quelli di cui alla L. 364/1909, -fermo restando che anche in tal caso sussiste una competenza concorrente tra architetti ed ingegneri per quanto riguarda la “parte tecnica” (art. 52 comma 2, R.D. 2537/1925)-, e risulta pertanto di marginale importanza se riferita al settore “Lavori Pubblici” di un comune: infatti, mentre ogni comune deve confrontarsi, prima o poi, con la necessità di dotarsi di opere di urbanizzazione primaria e di opere igienico-sanitarie, costituisce invece una mera evenienza il fatto che un comune risulti proprietario di beni di particolare interesse artistico in relazione ai quali intenda effettuare interventi edilizi.
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Il Collegio ritiene che la laurea in ingegneria e l’abilitazione alla professione di ingegnere costituiscono titoli aventi un collegamento diretto con l’attività del settore “Lavori Pubblici” di un qualsiasi comune e che, pertanto, il bando di concorso indetto per la selezione del dirigente di un tale settore non deve contenere una specifica motivazione a giustificazione della scelta di indicare la laurea in ingegneria e l’abilitazione alla professione di ingegnere quali requisiti di ammissione alla selezione.
Si deve ricordare che nella materia dei concorsi pubblici, ferma la definizione del titolo (laurea o altro titolo di studio), che è affidata alla legge, "deve essere riconosciuto all’Amministrazione un potere discrezionale nella determinazione della tipologia del titolo di studio richiesto, che deve essere correlato alla professionalità ed alla preparazione culturale richieste per lo svolgimento delle mansioni proprie dei posti che si intendono ricoprire”.
E’ ben vero che, in considerazione della attività propria del settore “Lavori Pubblici” di un comune, anche la laurea in architettura ed il titolo di architetto possono considerarsi pertinenti alle mansioni proprie del dirigente di tale settore. Tuttavia, in forza del principio dianzi richiamato non si può affermare che l’Amministrazione comunale abbia l’obbligo di indicare, tra i requisiti di partecipazione al concorso indetto per selezionare il dirigente di un tale settore, entrambi i titoli di studio e di abilitazione, né, correlativamente, che abbia l’obbligo di motivare in maniera specifica la scelta di circoscrivere ad una o all’altra categoria dei citati professionisti la possibilità di partecipare al concorso, scelta che essa Amministrazione effettuerà tenendo conto delle peculiarità della attività del proprio settore “lavori Pubblici” nonché delle proprie priorità.
Così, mentre una Amministrazione proprietaria di un ingente patrimonio immobiliare di rilevanza artistica potrà ritenere opportuno selezionare un architetto da preporre al proprio settore “Lavori Pubblici”, un’altra Amministrazione, che abbia tra le proprie priorità quella di procedere alla realizzazione di determinate opere che appartengano alla sfera di competenza esclusiva degli ingegneri, potrà invece legittimamente ritenere appropriato di affidare la dirigenza del settore competente ad un ingegnere, circoscrivendo ai soli ingegneri la partecipazione alla relativa selezione.
Ciascuna di tali scelte non abbisogna di particolare e specifica motivazione non solo perché, come già precisato, le Amministrazioni dispongono di un potere discrezionale nella scelta del titolo di studio richiesto per accedere ad una determinata selezione, il quale potere è soggetto a limiti solo nella misura in cui si richiede che il titolo di studio richiesto sia coerente con le mansioni proprie del posto da ricoprire: ciò che nella specie si è verificato.
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In ordine al fatto che il bando impugnato sia illegittimo perché prevede limiti di partecipazione che non si giustificano anche alla luce di quanto stabilisce l’art. 110 T.U.E.L. in ordine alla selezione del personale della dirigenza, il Collegio non ritiene che la previsione di un certo numero di anni di pregressa esperienza nel settore “Lavori Pubblici – Area Tecnica” ed in qualità di dipendente di enti pubblici, sia incoerente con le previsioni dell’art. 110 T.U.E.L., secondo il quale il personale dirigenziale deve essere in possesso di “comprovata esperienza pluriennale e specifica professionalità nelle materie oggetto dell’incarico”.
La norma, come si vede, stabilisce che la pregressa esperienza del dirigente non deve limitarsi ad un anno, ma neppure specifica un limite massimo di anni di esperienza che si può pretendere dall’aspirante dirigente: il periodo di esperienza pregressa può quindi ragionevolmente variare a seconda della complessità delle mansioni che il dirigente è chiamato a svolgere e bisogna dire che nella prassi esso è frequentemente indicato, come nel caso di specie, in un periodo variabile tra i tre ed i cinque anni.
L’art. 110 T.U.E.L. richiede poi che la pregressa esperienza sia specifica in relazione alle materie oggetto dell’incarico, e si deve ritenere che questa specificità possa comprendere, quantomeno quando il posto da ricoprire sia quello di dirigente del settore Lavori Pubblici di un comune, anche il contesto lavorativo in cui tale esperienza è maturata: ciò per la ragione che, come sopra precisato, il settore Lavori Pubblici di un Comune si occupa normalmente della realizzazione di opere (quelle di urbanizzazione primaria e le opere di natura igienico-sanitarie) di cui un libero professionista raramente si occupa in via continuativa, a meno che non sia specializzato nel settore e non sia organizzato in modo da poter partecipare a numerose gare per l’affidamento della progettazione di simili opere.
Il Settore Lavori Pubblici si occupa poi spesso, come emerso nel corso del giudizio, della gestione delle gare di affidamento di lavori, ed è evidente che anche in tale materia una esperienza significativa viene maturata solo alle dipendenze di una amministrazione pubblica che debba gestire gare d’appalto. Anche la richiesta che l’esperienza pregressa sia stata maturata nel settore “Area Tecnica-Lavori Pubblici” è evidentemente coerente con il posto messo a concorso.
I criteri di selezione introdotti dal bando di che trattasi sono, in definitiva, coerenti con quanto stabilito dall’art. 110 T.U.E.L.; conseguentemente da essi non è possibile trarre alcun argomento a sostegno dell’assunto secondo cui il Comune di Novi Ligure avrebbe inteso, consapevolmente, restringere la platea dei partecipanti alla selezione onde favorire l’ing. R..

... per l'annullamento:
1. dell'avviso pubblico indetto da Comune di Novi Ligure e relativo alla selezione per l'assunzione di n. 1 dirigente tecnico a tempo determinato e pieno, per anni tre, area Lavori Pubblici e Tutela Ambientale, approvato con determinazione n. 198/723 del 14.07.2014;
2. della determina del Comune di Novi Ligure n. 248/875 del 15.9.2014 Settore: Sett. 8 - Personale e Organizzazione - Affari generali, Ufficio: Personale, con cui sono stati ammessi i candidati della selezione per l'assunzione di n. 1 dirigente tecnico a tempo determinato e pieno, per anni tre, area Lavori Pubblici e Tutela Ambientale ed è stato escluso l'arch. C.P. per mancanza del titolo di studio richiesto nell'avviso di selezione;
3. della graduatoria del Comune di Novi Ligure approvata con determinazione n. 266/928 del 01/10/2014 Sett. 8 - Personale e organizzazione - Affari Generali - Ufficio Personale, con cui sono stati individuati i soggetti ammessi per l'assunzione di n. 1 dirigente tecnico a tempo determinato e pieno, per anni tre, area Lavori Pubblici e Tutela Ambientale;
4. del decreto del Comune di Novi Ligure n. 11 del 03.10.2014 con cui è stato conferito l'incarico di dirigente tecnico a tempo determinato e pieno, per anni tre, area Lavori Pubblici e Tutela Ambientale, all'ing. P.I.R. a seguito della procedura di selezione;
...
11. Procedendo nella disamina del merito del ricorso il Collegio dà atto che secondo consolidato orientamento di giurisprudenza gli artt. 51 e 52 del R.D. 2537/1925 (C.d.S. sez. IV, n. 2938/2000; TAR Palermo, sez. I, n. 2274/2002; TAR Catanzaro sez. II, n. 354/2008; TAR Veneto sez. I, n. 1153/2011; C.d.S. sez. VI, n. 1150/2013; TAR Lecce, sez. II, n. 1270/2013; TAR Lazio-Latina, sez. I, n. 608/2013), che sono ancora in vigore e che pertanto ancora oggi costituiscono il punto di riferimento normativo per stabilire il discrimine tra le competenze degli architetti e quelle degli ingegneri, debbono essere interpretati nel senso che appartiene alla esclusiva competenza degli ingegneri non solo la progettazione delle opere necessarie alla estrazione e lavorazione di materiali destinati alle costruzioni e la progettazione delle costruzioni industriali, ma anche la progettazione delle opere igienico-sanitarie e delle opere di urbanizzazione primaria, per tali dovendosi intendere le opere afferenti la viabilità, gli acquedotti, e depuratori, le condotte fognarie e gli impianti di illuminazione, salvo solo il caso che tali opere non siano di pertinenza di singoli edifici civili. Tra le opere igienico-sanitarie la cui progettazione appartiene alla esclusiva competenza degli ingegneri, vanno incluse, tra le altre, anche gli impianti cimiteriali (C.d.S. n. 2938/2000 cit.).
12. L’elenco delle opere la cui progettazione è di esclusiva competenza degli ingegneri include, come si vede, larga parte delle opere pubbliche di necessaria competenza dei comuni, all’interno dei quali il Settore di riferimento è certamente quello che ha in carico, appunto, i lavori pubblici.
E’ evidente che le opere pubbliche di che trattasi non esauriscono il panorama delle opere pubbliche che un comune può decidere di realizzare (scuole, centri sportivi; biblioteche e centri culturali; etc. etc.); tuttavia è importante rimarcare che non tutte le opere classificabili come “pubbliche”, come tali rientranti nella competenza istituzionale del settore “Lavori pubblici” di un comune, sono di competenza concorrente degli ingegneri ed architetti, essendo che le opere di urbanizzazione primaria e quelle afferenti la sfera igienico-sanitaria appartengono alla sfera esclusiva di competenza degli ingegneri.
Valga inoltre la considerazione che la sfera di competenza esclusiva degli architetti finisce invece per interessare solo gli edifici civili con rilevante carattere artistico nonché quelli di cui alla L. 364/1909, -fermo restando che anche in tal caso sussiste una competenza concorrente tra architetti ed ingegneri per quanto riguarda la “parte tecnica” (art. 52, comma 2, R.D. 2537/1925)-, e risulta pertanto di marginale importanza se riferita al settore “Lavori Pubblici” di un comune: infatti, mentre ogni comune deve confrontarsi, prima o poi, con la necessità di dotarsi di opere di urbanizzazione primaria e di opere igienico-sanitarie, costituisce invece una mera evenienza il fatto che un comune risulti proprietario di beni di particolare interesse artistico in relazione ai quali intenda effettuare interventi edilizi.
13. In base alle considerazioni che precedono il Collegio ritiene che la laurea in ingegneria e l’abilitazione alla professione di ingegnere costituiscono titoli aventi un collegamento diretto con l’attività del settore “Lavori Pubblici” di un qualsiasi comune e che, pertanto, il bando di concorso indetto per la selezione del dirigente di un tale settore non deve contenere una specifica motivazione a giustificazione della scelta di indicare la laurea in ingegneria e l’abilitazione alla professione di ingegnere quali requisiti di ammissione alla selezione.
13.1 Si deve ricordare che nella materia dei concorsi pubblici, ferma la definizione del titolo (laurea o altro titolo di studio), che è affidata alla legge, "deve essere riconosciuto all’Amministrazione un potere discrezionale nella determinazione della tipologia del titolo di studio richiesto, che deve essere correlato alla professionalità ed alla preparazione culturale richieste per lo svolgimento delle mansioni proprie dei posti che si intendono ricoprire” (TAR Puglia-Bari, sez. II, n. 1359/2013; C.d.S. sez. V, n. 5351/2012; C.d.S. sez. VI, n. 2994/2009; TAR Lazio sez. III, n. 253/2008).
13.2. E’ ben vero che, in considerazione della attività propria del settore “Lavori Pubblici” di un comune, anche la laurea in architettura ed il titolo di architetto possono considerarsi pertinenti alle mansioni proprie del dirigente di tale settore. Tuttavia, in forza del principio dianzi richiamato non si può affermare che l’Amministrazione comunale abbia l’obbligo di indicare, tra i requisiti di partecipazione al concorso indetto per selezionare il dirigente di un tale settore, entrambi i titoli di studio e di abilitazione, né, correlativamente, che abbia l’obbligo di motivare in maniera specifica la scelta di circoscrivere ad una o all’altra categoria dei citati professionisti la possibilità di partecipare al concorso, scelta che essa Amministrazione effettuerà tenendo conto delle peculiarità della attività del proprio settore “lavori Pubblici” nonché delle proprie priorità.
Così, mentre una Amministrazione proprietaria di un ingente patrimonio immobiliare di rilevanza artistica potrà ritenere opportuno selezionare un architetto da preporre al proprio settore “Lavori Pubblici”, un’altra Amministrazione, che abbia tra le proprie priorità quella di procedere alla realizzazione di determinate opere che appartengano alla sfera di competenza esclusiva degli ingegneri, potrà invece legittimamente ritenere appropriato di affidare la dirigenza del settore competente ad un ingegnere, circoscrivendo ai soli ingegneri la partecipazione alla relativa selezione.
Ciascuna di tali scelte non abbisogna di particolare e specifica motivazione non solo perché, come già precisato, le Amministrazioni dispongono di un potere discrezionale nella scelta del titolo di studio richiesto per accedere ad una determinata selezione, il quale potere è soggetto a limiti solo nella misura in cui si richiede che il titolo di studio richiesto sia coerente con le mansioni proprie del posto da ricoprire: ciò che nella specie si è verificato.
13.3. Il primo motivo di ricorso deve quindi essere respinto, non potendosi affermare che la sfera di competenze tra architetti ed ingegneri sia completamente sovrapponibile né potendosi ravvisare difetto di motivazione nel bando di concorso impugnato, nella parte in cui non ha giustificato la scelta di escludere la laurea in architettura tra i requisiti che legittimavano a partecipare alla selezione per cui è causa.
Alla luce di tali constatazioni diventa poi irrilevante il fatto che la delibera di Giunta n. 143 del 26/03/2014, che peraltro non è stata impugnata dai ricorrenti, non abbia dato indicazione specifiche in ordine al titolo di studio da richiedere per la copertura del posto di dirigente del settore Lavori Pubblici; né assume rilevanza il fatto che gli atti del procedimento non evidenzino le ragioni -esplicitate invece negli atti di questo giudizio- che in concreto avrebbero indotto l’Amministrazione a selezionare un ingegnere.
14. Con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano che il bando impugnato sia comunque illegittimo perché prevede limiti di partecipazione che non si giustificano anche alla luce di quanto stabilisce l’art. 110 T.U.E.L. in ordine alla selezione del personale della dirigenza.
14.1. Il Collegio premette, preliminarmente, che i ricorrenti hanno interesse alla decisione su tale motivo di ricorso, atteso che esso è sostanzialmente finalizzato ad evidenziare aspetti di sviamento di potere che nella specie avrebbero ispirato l’azione amministrativa e che sarebbero stati finalizzati a garantire l’assunzione dell’ing. R., che già lavorava per il Comune di Novi Ligure: l’interesse a verificare la sussistenza di possibili profili di sviamento di potere sussiste, in particolare, proprio in ragione della ampia discrezionalità che si deve riconoscere alle Pubbliche Amministrazioni nello stabilire i requisiti di partecipazione alle procedure concorsuali e nella correlativa insussistenza di uno specifico obbligo di motivare la scelta di tali requisiti.
14.2. Ebbene, il Collegio non ritiene che la previsione di un certo numero di anni di pregressa esperienza nel settore “Lavori Pubblici – Area Tecnica” ed in qualità di dipendente di enti pubblici, sia incoerente con le previsioni dell’art. 110 T.U.E.L., secondo il quale il personale dirigenziale deve essere in possesso di “comprovata esperienza pluriennale e specifica professionalità nelle materie oggetto dell’incarico”.
14.2.1. La norma, come si vede, stabilisce che la pregressa esperienza del dirigente non deve limitarsi ad un anno, ma neppure specifica un limite massimo di anni di esperienza che si può pretendere dall’aspirante dirigente: il periodo di esperienza pregressa può quindi ragionevolmente variare a seconda della complessità delle mansioni che il dirigente è chiamato a svolgere e bisogna dire che nella prassi esso è frequentemente indicato, come nel caso di specie, in un periodo variabile tra i tre ed i cinque anni.
14.2.3. L’art. 110 T.U.E.L. richiede poi che la pregressa esperienza sia specifica in relazione alle materie oggetto dell’incarico, e si deve ritenere che questa specificità possa comprendere, quantomeno quando il posto da ricoprire sia quello di dirigente del settore Lavori Pubblici di un comune, anche il contesto lavorativo in cui tale esperienza è maturata: ciò per la ragione che, come sopra precisato, il settore Lavori Pubblici di un Comune si occupa normalmente della realizzazione di opere (quelle di urbanizzazione primaria e le opere di natura igienico-sanitarie) di cui un libero professionista raramente si occupa in via continuativa, a meno che non sia specializzato nel settore e non sia organizzato in modo da poter partecipare a numerose gare per l’affidamento della progettazione di simili opere.
Il Settore Lavori Pubblici si occupa poi spesso, come emerso nel corso del giudizio, della gestione delle gare di affidamento di lavori, ed è evidente che anche in tale materia una esperienza significativa viene maturata solo alle dipendenze di una amministrazione pubblica che debba gestire gare d’appalto. Anche la richiesta che l’esperienza pregressa sia stata maturata nel settore “Area Tecnica-Lavori Pubblici” è evidentemente coerente con il posto messo a concorso.
14.3. I criteri di selezione introdotti dal bando di che trattasi sono, in definitiva, coerenti con quanto stabilito dall’art. 110 T.U.E.L.; conseguentemente da essi non è possibile trarre alcun argomento a sostegno dell’assunto secondo cui il Comune di Novi Ligure avrebbe inteso, consapevolmente, restringere la platea dei partecipanti alla selezione onde favorire l’ing. R..
15. Il ricorso va conclusivamente respinto (TAR Piemonte, Sez. II, sentenza 15.05.2015 n. 846 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALIIl servizio di prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro è certamente rientrante tra le competenze specifiche degli architetti.
... per l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia:
- dell'avviso pubblico dell'Azienda Sanitaria Provinciale di Enna, pubblicato nella G.U.R.I. del 23.012015, per titoli e colloquio, per la formazione di una graduatoria da utilizzare per il conferimento di eventuali incarichi a tempo determinato di dirigente ingegnere - ruolo professionale, nella parte in cui, richiedendo tra i requisiti di ammissione la sola laurea in ingegneria vecchio ordinamento o laurea specialistica, ha escluso dalla partecipazione alla selezione la categoria professionale degli architetti;
- dell'avviso pubblico dell'Azienda Sanitaria Provinciale di Enna, pubblicato nella G.U.R.I. del 23.01.2015, per titoli e colloquio, per la formazione di una graduatoria da utilizzare per il conferimento di eventuali incarichi a tempo determinato presso il servizio prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro, nella parte in cui, richiedendo tra i requisiti di ammissione la sola laurea in ingegneria vecchio ordinamento o laurea specialistica, ha escluso dalla partecipazione alla selezione la categoria professionale degli architetti;
...
- Ritenuto che appare assistito dal prescritto fumus di fondatezza il motivo di ricorso relativo al bando per “il servizio di prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro”, in quanto quest’ultimo è certamente rientrante tra le competenze specifiche degli architetti;
- Ritenuto che alla medesima conclusione non è possibile giungere per la diversa selezione di “dirigente ingegnere – ruolo professionale”, poiché non è prevista nel bando nessuna specifica indicazione in ordine alle concrete conseguenti mansioni da esercitare, sicché non è possibile stabilire a priori se gli incarichi conferibili rientrino o meno nella competenza degli architetti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia -Sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)– accoglie nel limiti di cui alla parte motiva (TAR Sicilia-Catania, Sez. VI, ordinanza 04.05.2015 n. 331 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

aprile 2015

COMPETENZE PROGETTUALI: Per quanto concerne i geometri, deve essere considerato che le loro competenze nella materia di cui al presente giudizio derivano da una competenza più generale alla progettazione di edifici ‘di modesta entità’.
Vanno quindi esaminate le disposizioni dell’art. 16, lett. m), del R.D. 11.02.1929, n. 274, che abilitano il geometra ad operare nella progettazione, nella direzione e nella vigilanza di modeste costruzioni civili.
Non vi sono ragioni per escludere che questa norma risponda al rinvio, del tutto aperto e privo di specificazioni o di esclusioni, operato dal soprarichiamato art. 6, primo comma, della legge 05.03.1990, n. 46, nei limiti del tipo di costruzioni considerate.
L’impianto di riscaldamento deve infatti considerarsi una parte essenziale della costruzione e il geometra è, in mancanza di esplicite disposizioni contrarie, certamente abilitato a progettarne la realizzazione nell’ambito delle progettazione complessiva, al pari dei numerosi altri impianti che la costruzione comporta, dato che la sua competenza è anche tecnicamente delimitata dalle dimensioni della costruzione alla quale l’impianto di riscaldamento non può non commisurarsi.
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Il geometra, così come può svolgere attività di progettazione, di direzione e di vigilanza con riferimento a «modeste costruzioni civili», può anche presentare domande riguardanti la verifica di impianti di riscaldamento nelle medesime costruzioni.

1. – Il Collegio dei Geometri della Provincia di Genova e il suo Presidente in carica, geometra L.P., appellano la sentenza del TAR Liguria n. 166/2006, che ha dichiarato in parte infondato ed in parte inammissibile il ricorso per l'annullamento della nota 28.01.2002, n. 4146, con cui il dirigente del Comune di Genova ha disposto la non conformità della relazione tecnica presentata dal geom. P. nell’ambito di una domanda in sanatoria di opere edilizie riguardante la verifica di un impianto di riscaldamento installato in un’abitazione.
Tale atto è stato emesso poiché questo documento non è stato sottoscritto da un professionista (ingegnere o perito industriale) abilitato alla redazione di progetti impiantistici, come richiesto, in base all’interpretazione sostenuta dal Comune, dall’art. 6, comma 1, della legge n. 46/1990 e dall’art. 4 del DPR n. 477/1991.
...
10. – L’appello è in parte fondato e deve essere accolto con conseguente riforma della sentenza appellata nei limiti di cui in motivazione.
10.1. – Deve innanzitutto essere disattesa, salvo che per quanto statuito dalla presente sentenza al punto 10.9., l’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata dall’Ordine degli ingegneri e dal Collegio dei periti industriali nella memoria depositata in data 24.12.2014, che asserisce che l’appello censura la sentenza impugnata solo in relazione al rigetto del primo motivo di ricorso con la conseguenza che si debba ritenere che il secondo e il terzo motivo siano stati rinunciati.
Entrambi i motivi sono stati trascritti nell’atto di appello e la censura, espressa in questi termini, è smentita dagli atti di causa.
Allo stesso modo deve essere disattesa la eccezione di improcedibilità per carenza di interesse sollevata dall'interveniente ad opponendum, il Consiglio nazionale dei Periti industriali e dei Periti laureati, in quanto la loro asserzione non è suffragata da alcun riscontro, mentre è in ogni caso evidente l’interesse a contestare la valutazione negativa operata dal Comune, a prescindere dall’esito dell’opera interessata, trattandosi di una questione di principio che incide sull’ambito delle competenze professionali da considerare conformi alla normativa del settore.
10.2. – Passando all'esame del merito, il Collegio ritiene che la questione sostanziale oggetto del giudizio deve essere decisa su base esclusivamente normativa. Spetta infatti al legislatore definire espressamente i limiti di competenza di tipo generale rispetto a quelle tecnicamente più specifiche.
10.3. – Vanno quindi valutati gli effetti del combinato disposto costituito dalla legge 05.03.1990, n. 46, e dagli ordinamenti professionali a cui rinvia in particolare l’art. 6, comma 1, della medesima legge, interpretato in modo opposto dalle parti nel presente giudizio: "Per l'installazione, la trasformazione e l'ampliamento degli impianti di cui ai commi 1, lettere a), b), c), e) e g), e 2 dell'articolo 1 è obbligatoria la redazione del progetto da parte di professionisti, iscritti negli albi professionali, nell'ambito delle rispettive competenze".
10.4. – Preliminarmente, va notato che tale comma si limita a prevedere la redazione di un progetto riferito alla installazione, alla trasformazione e all’ampliamento degli impianti e non alla loro progettazione. Pertanto la rubrica dell’articolo "progettazione degli impianti" deve essere interpretato secondo il contenuto della norma, che è assai più semplice e limitato.
10.5. – Delimitato l’ambito della questione, è determinante ai fini della sua soluzione la interpretazione della disposizione, che prevede la definizione delle caratteristiche professionali degli operatori dai quali il progetto deve essere necessariamente redatto. Tale disposizione rinvia in modo puntuale e inoppugnabile alle disposizioni che precisano la competenza per ciascuna categoria di professionisti, senza alcuna specificazione ed esclusione, prevedendo quindi che ai fini della installazione, della trasformazione o dell’ampliamento degli impianti il progetto possa essere redatto da ciascun appartenente alla singola categoria nell’ambito delle competenze già previste dai rispettivi ordinamenti.
Ne consegue che la questione deve essere risolta per ciascuna categoria professionale all’interno del rispettivo ordinamento e secondo le logiche specifiche che lo informano.
10.6. - Per quanto concerne i geometri, deve essere quindi considerato che le loro competenze nella materia di cui al presente giudizio derivano da una competenza più generale alla progettazione di edifici ‘di modesta entità’.
Vanno quindi esaminate le disposizioni dell’art. 16, lett. m), del R.D. 11.02.1929, n. 274, che abilitano il geometra ad operare nella progettazione, nella direzione e nella vigilanza di modeste costruzioni civili.
Non vi sono ragioni per escludere che questa norma risponda al rinvio, del tutto aperto e privo di specificazioni o di esclusioni, operato dal soprarichiamato art. 6, primo comma, della legge 05.03.1990, n. 46, nei limiti del tipo di costruzioni considerate.
L’impianto di riscaldamento deve infatti considerarsi una parte essenziale della costruzione e il geometra è, in mancanza di esplicite disposizioni contrarie, certamente abilitato a progettarne la realizzazione nell’ambito delle progettazione complessiva, al pari dei numerosi altri impianti che la costruzione comporta, dato che la sua competenza è anche tecnicamente delimitata dalle dimensioni della costruzione alla quale l’impianto di riscaldamento non può non commisurarsi.
10.7. – Non può considerarsi sufficiente a ricavare una indicazione contraria la previsione generale di cui all’art. 4 della più volte richiamata legge n. 46 del 1990, che ha imposto la redazione di un’autonoma relazione tecnica per l’installazione degli strumenti elettrici, degli impianti di terra, di quelli che utilizzano il gas, degli ascensori.
E’ al riguardo condivisibile la considerazione della parte appellante secondo la quale in altri casi vi sono norme che escludono espressamente la competenza del geometra, mentre ciò non avviene nel campo degli impianti termici, in quanto anche recentemente il d.P.R. n. 149 del 27.06.2013 in tema di affidamento della certificazione energetica degli edifici inserisce espressamente tra i tecnici abilitati i geometri.
10.8. - Si deve pertanto concludere nel senso che:
- per un principio di simmetria, il geometra, così come può svolgere attività di progettazione, di direzione e di vigilanza con riferimento a «modeste costruzioni civili», può anche presentare domande riguardanti la verifica di impianti di riscaldamento nelle medesime costruzioni;
- il provvedimento impugnato in primo grado risulta dunque viziato per violazione di legge e difetto di motivazione, poiché ha radicalmente ritenuto precluso che il geometra P. potesse presentare in sede amministrativa la domanda concernente la verifica dell’impianto di riscaldamento installato in un’abitazione, mentre avrebbe dovuto valutare se la progettazione dell’edificio oggetto della sua domanda rientrava o meno nelle sue competenze, e di conseguenza rientrava anche la medesima verifica.
10.9. – Le considerazioni che precedono risultano decisive per l’accoglimento dell’appello e, dunque, della domanda di annullamento formulata in primo grado. Risulta invece inammissibile la riproposizione della domanda di riconoscimento del diritto a svolgere le attività professionali in questione, per la quale il TAR ha affermato che non vi è giurisdizione del giudice amministrativo, senza che l’appello contenga una specifica contestazione al riguardo.
11. – In base alle considerazioni che precedono, l’appello deve essere in parte accolto e in parte dichiarato inammissibile e, di conseguenza, in riforma della sentenza del TAR, il ricorso di primo grado va in parte accolto, con conseguente annullamento del provvedimento comunale impugnato in primo grado (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 27.04.2015 n. 2107 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALIGli ingegneri juniores possono per il settore ingegneria civile e ambientale porre in essere attività di concorso e collaborazione alle attività di progettazione, direzione dei lavori, stima e collaudo di opere edilizie comprese le opere pubbliche.
Nel caso di specie, l’attività dell’ingegnere appartenente alla sezione B) rientra chiaramente in tali ipotesi, in quanto il progetto redatto si fonda su un progetto già posto in essere dalla stazione appaltante e, quindi, si tratta di un’opera di concorso o collaborazione ad un progettazione relativa alle opere pubbliche.
La ratio della norma è chiaramente quella di evitare che un ingegnere con una qualifica “ridotta” possa essere affidatario della progettazione di complesse opere pubbliche, ma tale perplessità non ricorre nel caso di specie, in quanto l’intervento collaborativo dell’ingegnere serve solo per fornite proposte migliorative che si innestano sul progetto formato dalla stazione appaltante.

--- per l'annullamento della determina n. 23, prot. 296/15 con cui il Comune ha approvato gli atti di gara e disposto l'aggiudicazione definitiva dei lavori di completamento ed adeguamento della rete fognaria e dell'impianto di depurazione.
...
Il ricorrente deduce l’illegittimità del provvedimento di aggiudicazione definitiva perché l’impresa contro interessata avrebbe dovuto essere esclusa in quanto gli elaborati dell’offerta tecnica sono stati firmati da un ingegnere “Junior” non abilitato per il progetto di gara.
L’art. 46, co. 1, lett. a), n. 1 prevede che formano oggetto dell'attività professionale degli iscritti alla sezione B (ingegnere junior), ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 1, comma 2:
a) per il settore "ingegneria civile e ambientale":
1) le attività basate sull'applicazione delle scienze, volte al concorso e alla collaborazione alle attività di progettazione, direzione dei lavori, stima e collaudo di opere edilizie comprese le opere pubbliche;
2) la progettazione, la direzione dei lavori, la vigilanza, la contabilità e la liquidazione relative a costruzioni civili semplici, con l'uso di metodologie standardizzate;
3) i rilievi diretti e strumentali sull'edilizia attuale e storica e i rilievi geometrici di qualunque natura.
Nel caso di specie, la società ricorrente sostiene che il progetto presentato dalla società controinteressata è stato firmato da un ingegnere non abilitato, appartenente alla Sezione B), mentre il progetto per cui è causa sarebbe di competenza esclusiva degli ingegneri appartenenti alla Sezione A.
Va premesso che il bando di gara ha ad oggetto il “Completamento e adeguamento della rete fognaria e impianto di depurazione da effettuarsi nel Comune di Lapo” e l’offerta economicamente più vantaggiosa viene individuata in base alla presentazione di progetti capaci di individuare soluzioni tecniche migliorative della rete fognaria e dell’impianto di depurazione.
Va, quindi, chiarito che il progetto contestato si innesta su un progetto già redatto dalla stazione appaltante e che nella sua intima struttura non può essere modificato, ma solo migliorato.
Orbene, gli ingegneri juniores possono per il settore ingegneria civile e ambientale porre in essere attività di concorso e collaborazione alle attività di progettazione, direzione dei lavori, stima e collaudo di opere edilizie comprese le opere pubbliche.
Nel caso di specie, l’attività dell’ingegnere appartenente alla sezione B) rientra chiaramente in tali ipotesi, in quanto il progetto redatto si fonda su un progetto già posto in essere dalla stazione appaltante e, quindi, si tratta di un’opera di concorso o collaborazione ad un progettazione relativa alle opere pubbliche.
La ratio della norma è chiaramente quella di evitare che un ingegnere con una qualifica “ridotta” possa essere affidatario della progettazione di complesse opere pubbliche, ma tale perplessità non ricorre nel caso di specie, in quanto l’intervento collaborativo dell’ingegnere serve solo per fornite proposte migliorative che si innestano sul progetto formato dalla stazione appaltante.
Peraltro, la società ricorrente non ha di certo provato che le migliorie indicate nel progetto contestato diano vita a soluzioni avanzate, innovative o sperimentali, di competenza dell’ingegnere iscritto nella Sezione A, ben potendo un progetto contenente soluzioni migliorative rispetto a quello della stazione appaltante prevedere metodologie standardizzate.
Ne deriva, pertanto, che il ricorso principale è infondato e va rigettato (TAR Campania-Salerno, Sez. II, sentenza 14.04.2015 n. 797 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

marzo 2015

COMPETENZE PROGETTUALICirca la ratio della separazione di competenze tra ingegneri ed architetti delineata dagli artt. 51 e 52 del R.D. n. 2537 del 1925, quest'ultimi vanno considerati tuttora vigenti.
Tale ratio non consiste nella necessità di garantire una buona qualità delle opere sotto il profilo estetico o funzionale, ma unicamente nell’assicurare l’incolumità delle persone, sicché il professionista, che deve intervenire in un progetto, deve assumersi la responsabilità della verifica di tutti i calcoli necessari e di tutte le soluzioni tecniche sotto il profilo della tutela dell’incolumità pubblica.
La progettazione di opere di viabilità, anche se attinenti alla viabilità rurale, rientra nella competenza degli ingegneri, non solo in forza degli artt. 51 e 54 R.D. n. 2537 del 1925, ma anche perché tali opere non rientrano nel concetto di edilizia civile.
E’ evidente che un’interpretazione evolutiva dell’edilizia civile può indurre tutt’al più a consentire che gli architetti firmino un progetto relativo alla viabilità strettamente servente un’opera di edilizia civile, tale perciò, da potersi considerare accessoria a quest’ultima.
Del resto, se si considera che anche una strada rurale può comportare –come ben sottolinea l’Amministrazione– complessi calcoli connessi ai problemi di possibili dissesti idrogeologici oppure alla resistenza del fondo stradale al traffico di mezzi pesanti, come le macchine agricole, o ancora la necessità di superare talune più gravi asperità del terreno, si vede come solo le conoscenze tecnico-scientifiche proprie della professione di ingegnere garantiscano una corretta e responsabile progettazione delle strade rurali.
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Quest’ultima considerazione introduce il secondo motivo di ricorso.
Per saggiarne la fondatezza occorre prendere avvio dalla ratio della separazione di competenze tra ingegneri ed architetti delineata dagli artt. 51 e 52 del succitato R.D. n. 2537 del 1925, che vanno considerati tuttora vigenti (Cons. Stato, Sez. VI, 11.09.2006, n. 5239).
Tale ratio non consiste nella necessità di garantire una buona qualità delle opere sotto il profilo estetico o funzionale, ma unicamente nell’assicurare l’incolumità delle persone, sicché il professionista, che deve intervenire in un progetto, deve assumersi la responsabilità della verifica di tutti i calcoli necessari e di tutte le soluzioni tecniche sotto il profilo della tutela dell’incolumità pubblica (Cons. Stato, Sez. V, 10.03.1997, n. 248).
La progettazione di opere di viabilità, anche se attinenti alla viabilità rurale, rientra nella competenza degli ingegneri, non solo in forza degli artt. 51 e 54 R.D. n. 2537 del 1925, ma anche perché tali opere non rientrano nel concetto di edilizia civile (Cons. Stato, Sez. IV, 19.02.1990, n. 92).
E’ evidente che un’interpretazione evolutiva dell’edilizia civile può indurre tutt’al più a consentire che gli architetti firmino un progetto relativo alla viabilità strettamente servente un’opera di edilizia civile, tale perciò, da potersi considerare accessoria a quest’ultima (Cons. Stato, Sez. VI, 15.03.2013, n. 1550).
Del resto, se si considera che anche una strada rurale può comportare –come ben sottolinea l’Amministrazione– complessi calcoli connessi ai problemi di possibili dissesti idrogeologici oppure alla resistenza del fondo stradale al traffico di mezzi pesanti, come le macchine agricole, o ancora la necessità di superare talune più gravi asperità del terreno, si vede come solo le conoscenze tecnico-scientifiche proprie della professione di ingegnere garantiscano una corretta e responsabile progettazione delle strade rurali (Consiglio di Stato, Sez. II, parere 12.03.2015 n. 723 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

febbraio 2015

COMPETENZE PROGETTUALI: Geometri. Cemento armato fuori uso.
I geometri non possono progettare edifici in cemento armato. E, a meno che non si tratti di «piccole costruzioni accessorie nell'ambito di edifici rurali o destinate alle industrie agricole», la competenza rimane di ingegneri e architetti.

È la sentenza 23.02.2015 n. 883 del Consiglio di Stato - Sez. V, questa volta, a fissare un altro tassello nella ripartizione delle competenze tra i professionisti di area tecnica in materia di cemento armato.
Oggetto del contendere una delibera del comune di Torri del Benaco secondo la quale i geometri possono progettare e dirigere i lavori di modeste costruzioni fino a 1.500 metri cubi sia pur «con la presenza di cemento armato». La disposizione comunale però non era piaciuta all'ordine degli ingegneri della zona che aveva presentato ricorso al Tar chiedendone l'annullamento. Nulla da fare perché secondo il tribunale amministrativo la normativa vigente (rd 2229/1939) non esclude completamente la competenza dei geometri in materia di progettazione delle costruzioni civili.
L'Ordine degli ingegneri aveva quindi fatto appello al Consiglio di stato che, con questa sentenza, ha rovesciato il disposto del giudice di primo grado, specificando che la progettazione delle strutture in cemento armato sia di competenza esclusiva di ingegneri e architetti iscritti all'albo. Fanno eccezione le piccole costruzioni accessorie nell'ambito di edifici rurali e destinati a industrie agricole che, dice il Cds, «non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone».
In particolare in materia di competenze i giudici di palazzo Spada fanno riferimento a una precedente sentenza (n. 2537 del 28.04.2011) secondo la quale «esula dalla competenza dei geometri la progettazione di costruzioni civili con strutture in cemento armato», le «piccole costruzioni accessorie» rientrano, invece, nella loro competenza giacché in questo caso «è ininfluente che il calcolo del cemento armato sia stato affidato a un ingegnere o ad un architetto» (articolo ItaliaOggi del 03.03.2015).

COMPETENZE PROGETTUALISecondo l’art. 117, comma 3, della Costituzione, la materia delle professioni rientra nell’ambito della legislazione concorrente tra Stato e Regioni.
Al riguardo, tuttavia, la Corte Costituzionale ha più volte precisato che la potestà legislativa regionale nella materia concorrente delle professioni deve rispettare il principio invalicabile di ordine generale, secondo cui l'individuazione delle figure professionali, con i relativi profili ed ordinamenti, è riservata allo Stato, potendo la potestà legislativa regionale disciplinare quei soli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà regionale.
Nessun potere normativo in materia, neppure a livello regolamentare, è rinvenibile in capo ai comuni, in quanto la competenza attribuita dall’articolo 42 del d.lgs. 18.08.2000, n. 267, ai consigli comunali si deve intendere circoscritta agli atti fondamentali dell'ente ivi espressamente indicati (laddove la giunta comunale ha una competenza residuale, potendo compiere tutti gli atti che dalla legge non sono riservati al consiglio comunale ovvero che non ricadono, secondo le previsioni legislative o dello statuto, nelle competente del Sindaco).

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A norma dell'art. 16, lett. m), r.d. 11.02.1929, n. 274, e come si desume anche dalle ll. 05.11.1971, n. 1086, e 02.02.1974, n. 64, che hanno rispettivamente disciplinato le opere in conglomerato cementizio e le costruzioni in zone sismiche, nonché dalla l. 02.03.1949, n. 144 (recante la tariffa professionale), esula dalla competenza dei geometri la progettazione di costruzioni civili con strutture in cemento armato, trattandosi di attività che, qualunque ne sia l'importanza, è riservata solo agli ingegneri ed agli architetti iscritti nei relativi albi professionali.
Solo le opere in cemento armato relative a piccole costruzioni accessorie rientrano nella competenza dei geometri, risultando ininfluente che il calcolo del cemento armato sia stato affidato ad un ingegnere o ad un architetto.
In buona sostanza, la competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l'adozione -anche parziale- di strutture in cemento armato; solo in via di eccezione, si estende anche a queste strutture, a norma della lett. l) del medesimo articolo 16, r.d. n. 274 cit., purché si tratti di piccole costruzioni accessorie nell'ambito di edifici rurali o destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone.
Per il resto, la suddetta competenza è comunque esclusa nel campo delle costruzioni civili ove si adottino strutture in cemento armato, la cui progettazione e direzione, qualunque ne sia l'importanza è pertanto riservata solo agli ingegneri ed architetti iscritti nei relativi albi professionali; sotto tale angolazione deve escludersi che le innovazioni introdotte nei programmi scolastici degli istituti tecnici possano ritenersi avere ampliato, mediante l'inclusione tra le materie di studio di alcuni argomenti attinenti alle strutture in cemento armato, le competenze professionali dei medesimi.
I limiti posti dall'art. 16, lett. m) cit. alla competenza professionale dei geometri:
a) rispondono ad una scelta inequivoca del legislatore, dettata da evidenti ragioni di pubblico interesse, che lascia all'interprete ristretti margini di discrezionalità, attinenti alla valutazione dei requisiti della modestia della costruzione, della non necessità di complesse operazioni di calcolo e dell'assenza di implicazioni per la pubblica incolumità;
b) indicano, di contro, un preciso requisito, ovverosia la natura di annesso agricolo dei manufatti, per le opere eccezionalmente progettabili dai predetti tecnici anche nei casi di impiego di cemento armato.
E’ pertanto esclusa la possibilità di un'interpretazione estensiva o "evolutiva" di tale disposizione, che, in quanto norma eccezionale, non si presta ad applicazione analogica, non potendosi pervenire ad una diversa conclusione neppure in virtù delle norme -art. 2, l. 05.11.1971, n. 1086, e art. 17, l. 02.02.1974, n. 64- che disciplinano le costruzioni in cemento armato e quelle in zone sismiche, in quanto le stesse richiamano i limiti delle competenze professionali stabiliti per i geometri dalla vigente normativa professionale.
Il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta -e quindi se la sua progettazione rientri nella competenza professionale dei geometri- consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e l'esecuzione dell'opera comportano e le capacità occorrenti per superarle; a questo fine, mentre non è decisivo il mancato uso del cemento armato (ben potendo anche una costruzione "non modesta" essere realizzata senza di esso), assume significativa rilevanza il fatto che la costruzione sorga in zona sismica, con conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa di cui alla l. n. 64 cit., la quale impone calcoli complessi che esulano dalle competenze professionali dei geometri.
E' stata inoltre esclusa l'illegittimità e quindi la disapplicabilità delle disposizioni dettate dall'art. 16 r.d. 274/1929, avente natura regolamentare, il quale non contrasta con norme costituzionali o ordinarie, essendo aderente ai criteri della disposizione legislativa cui ha dato attuazione (l'art. 7 l. 24.06.1923, n. 1395) e comportando una razionale delimitazione delle attività professionali consentite ai geometri, in rapporto alla loro preparazione.
In ordine alle prestazioni ulteriori (comprese in astratto nella competenza dei geometri, affidate loro insieme con quella della progettazione di costruzioni civili in cemento armato), si estende -o meno- la nullità del contratto, secondo che siano strumentalmente connesse con l'edificazione e implichino la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, come la redazione di un piano di lottizzazione, oppure siano autonome e distinte dalla realizzazione delle strutture in cemento armato, come l'individuazione dei confini di proprietà, la costituzione di servitù, lo svolgimento di pratiche amministrative.
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Anche secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione l’art. 16 del r.d. 11.02.1929, n. 274, ammette la competenza dei geometri per quanto riguarda le costruzioni in cemento armato solo relativamente a opere con destinazione agricola, che non comportino pericolo per l’incolumità delle persone, mentre per le costruzioni civili, che adottino strutture in cemento armato, sia pure modeste, ogni competenza è riservata, ai sensi del r.d. 16.11.1939, n. 2229, agli ingegneri e agli architetti iscritti all’albo, senza che nulla sia stato modificato dalle leggi 05.11.1971, n. 1086, e 02.02.1974, n. 64, con conseguente nullità del contratto d’opera professionale intercorso con un geometra, che abbia avuto ad oggetto una costruzione per civile abitazione, il cui progetto abbia richiesto l’adozione anche parziale dei calcoli in cemento armato.
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In ordine alla legittimazione ad agire degli ordini professionali, la giurisprudenza ha più volte affermato che essi sono legittimati ad agire per la tutela di posizioni soggettive proprie o di interessi unitari della collettività da loro istituzionalmente espressa, nel secondo caso potendo sia reagire alla violazione delle norme poste a tutela della professione, sia perseguire vantaggi, anche strumentali, riferibili alla sfera della categoria nel suo insieme, con il solo limite derivante dal divieto di occuparsi di questioni relative ad attività non soggette alla disciplina o potestà degli ordini medesimi, aggiungendo che sussiste, in particolare, in capo all'ordine professionale di appartenenza l'interesse all'impugnazione di un diniego al rilascio di un permesso di costruire, motivato in base alla presunta incompetenza del progettista, dal momento che è apprezzabile la perdurante lesività dell'atto stesso per il credito, il prestigio e l'estimazione sociale della parte ricorrente.
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I limiti posti dall’art. 16, lett. m), del r.d. 11.02.1929, n. 274, alla competenza professionale dei geometri rispondono ad una scelta inequivoca del legislatore, dettata da evidenti ragioni di pubblico interesse, che lascia all’interprete ristretti margini di discrezionalità, attinenti alla valutazione dei requisiti della modestia della costruzione, della non necessità di complesse operazioni di calcolo e dall’assenza di implicazioni per la pubblica incolumità, indicando invece un preciso requisito ovverosia la natura di annesso agricolo dei manufatti, per le opere eccezionalmente progettabili dai predetti tecnici anche nei casi di impiego di cemento armato.
E’ pertanto esclusa la possibilità di un’interpretazione estensiva o “evolutiva” di tale disposizione, che, in quanto norma eccezionale, non si presta ad applicazione analogica, non potendo pervenire ad una diversa conclusione neppure in virtù delle norme –art. 2 l. 05.11.1971, n. 1086, e art. 17 l. 02.02.1974, n. 64– che disciplinano le costruzioni in cemento armato e quelle in zone sismiche, in quanto le stesse richiamano i limiti delle competenze professionali stabiliti per i geometri della vigente normativa professionale.
Ciò rende irrilevante, diversamente da quanto ritenuto dai primi giudici, la disposta abrogazione del r.d. n. 2229 del 1929, dal momento che essa è stata disposta dal D.Lgs. 13.12.2010, n. 212, in attuazione del meccanismo legislativo introdotto dalla legge n. 246 del 2005 volto alla riduzione del numero delle legge presenti nell’ordinamento (c.d. taglia leggi), senza che perciò da detta abrogazione possa ricavarsi una sia pur implicita intenzione del legislatore di equiparare, quanto all’attività edilizia, le competenze dei geometri e quelli degli ingegneri.

... per la riforma della sentenza del TAR VENETO–VENEZIA, Sez. I, n. 1312 del 20.11.2013, resa tra le parti, la delibera della giunta del Comune di Torri del Benaco, n. 96 del 09.07.2012, recante indirizzi operativi relativi alle competenze professionali dei geometri in materia edilizia.
...
5.1. Secondo l’art. 117, comma 3, della Costituzione, la materia delle professioni rientra nell’ambito della legislazione concorrente tra Stato e Regioni.
Al riguardo, tuttavia, la Corte Costituzionale ha più volte precisato che la potestà legislativa regionale nella materia concorrente delle professioni deve rispettare il principio invalicabile di ordine generale, secondo cui l'individuazione delle figure professionali, con i relativi profili ed ordinamenti, è riservata allo Stato, potendo la potestà legislativa regionale disciplinare quei soli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà regionale (Corte Cost. 12.12.2003, n. 353; 26.07.2005, n. 319; 25.11.2005, n. 424; 08.02.2006, n. 40; 23.05.2013, n. 98; 18.06.2014, n. 178).
Nessun potere normativo in materia, neppure a livello regolamentare, è rinvenibile in capo ai comuni, in quanto la competenza attribuita dall’articolo 42 del d.lgs. 18.08.2000, n. 267, ai consigli comunali si deve intendere circoscritta agli atti fondamentali dell'ente ivi espressamente indicati (laddove la giunta comunale ha una competenza residuale, potendo compiere tutti gli atti che dalla legge non sono riservati al consiglio comunale ovvero che non ricadono, secondo le previsioni legislative o dello statuto, nelle competente del Sindaco): ex multis, tra le più recenti, Cons. St., sez. V, 13.12.2005, n. 7058; sez. V, 23.06.2014, n. 3137; 20.12.2013, n. 6115; 20.08.2013, n. 4192; 15.07.2013, n. 3809; 02.02.2012, n. 539).
5.2. In ordine alla delimitazione delle competenze tra l’attività dei geometri e quella degli ingegneri, possono riportarsi le puntuali e condivisibili cui è giunta la giurisprudenza, come si evincono dalla sentenza di questa stessa Sezione n. 2537 del 28.04.2011, nella quale si precisa quanto segue: “A norma dell'art. 16, lett. m), r.d. 11.02.1929, n. 274, e come si desume anche dalle ll. 05.11.1971, n. 1086, e 02.02.1974, n. 64, che hanno rispettivamente disciplinato le opere in conglomerato cementizio e le costruzioni in zone sismiche, nonché dalla l. 02.03.1949, n. 144 (recante la tariffa professionale), esula dalla competenza dei geometri la progettazione di costruzioni civili con strutture in cemento armato, trattandosi di attività che, qualunque ne sia l'importanza, è riservata solo agli ingegneri ed agli architetti iscritti nei relativi albi professionali.
Solo le opere in cemento armato relative a piccole costruzioni accessorie rientrano nella competenza dei geometri, risultando ininfluente che il calcolo del cemento armato sia stato affidato ad un ingegnere o ad un architetto.
In buona sostanza, la competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l'adozione -anche parziale- di strutture in cemento armato; solo in via di eccezione, si estende anche a queste strutture, a norma della lett. l) del medesimo articolo 16, r.d. n. 274 cit., purché si tratti di piccole costruzioni accessorie nell'ambito di edifici rurali o destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone.
Per il resto, la suddetta competenza è comunque esclusa nel campo delle costruzioni civili ove si adottino strutture in cemento armato, la cui progettazione e direzione, qualunque ne sia l'importanza è pertanto riservata solo agli ingegneri ed architetti iscritti nei relativi albi professionali; sotto tale angolazione deve escludersi che le innovazioni introdotte nei programmi scolastici degli istituti tecnici possano ritenersi avere ampliato, mediante l'inclusione tra le materie di studio di alcuni argomenti attinenti alle strutture in cemento armato, le competenze professionali dei medesimi.
I limiti posti dall'art. 16, lett. m) cit. alla competenza professionale dei geometri:
a) rispondono ad una scelta inequivoca del legislatore, dettata da evidenti ragioni di pubblico interesse, che lascia all'interprete ristretti margini di discrezionalità, attinenti alla valutazione dei requisiti della modestia della costruzione, della non necessità di complesse operazioni di calcolo e dell'assenza di implicazioni per la pubblica incolumità;
b) indicano, di contro, un preciso requisito, ovverosia la natura di annesso agricolo dei manufatti, per le opere eccezionalmente progettabili dai predetti tecnici anche nei casi di impiego di cemento armato.
E’ pertanto esclusa la possibilità di un'interpretazione estensiva o "evolutiva" di tale disposizione, che, in quanto norma eccezionale, non si presta ad applicazione analogica, non potendosi pervenire ad una diversa conclusione neppure in virtù delle norme -art. 2, l. 05.11.1971, n. 1086, e art. 17, l. 02.02.1974, n. 64- che disciplinano le costruzioni in cemento armato e quelle in zone sismiche, in quanto le stesse richiamano i limiti delle competenze professionali stabiliti per i geometri dalla vigente normativa professionale.
Il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta -e quindi se la sua progettazione rientri nella competenza professionale dei geometri- consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e l'esecuzione dell'opera comportano e le capacità occorrenti per superarle; a questo fine, mentre non è decisivo il mancato uso del cemento armato (ben potendo anche una costruzione "non modesta" essere realizzata senza di esso), assume significativa rilevanza il fatto che la costruzione sorga in zona sismica, con conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa di cui alla l. n. 64 cit., la quale impone calcoli complessi che esulano dalle competenze professionali dei geometri.
E' stata inoltre esclusa l'illegittimità e quindi la disapplicabilità delle disposizioni dettate dall'art. 16 r.d. 274/1929, avente natura regolamentare, il quale non contrasta con norme costituzionali o ordinarie, essendo aderente ai criteri della disposizione legislativa cui ha dato attuazione (l'art. 7 l. 24.06.1923, n. 1395) e comportando una razionale delimitazione delle attività professionali consentite ai geometri, in rapporto alla loro preparazione.
In ordine alle prestazioni ulteriori (comprese in astratto nella competenza dei geometri, affidate loro insieme con quella della progettazione di costruzioni civili in cemento armato), si estende -o meno- la nullità del contratto, secondo che siano strumentalmente connesse con l'edificazione e implichino la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, come la redazione di un piano di lottizzazione, oppure siano autonome e distinte dalla realizzazione delle strutture in cemento armato, come l'individuazione dei confini di proprietà, la costituzione di servitù, lo svolgimento di pratiche amministrative
.".
Anche secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione l’art. 16 del r.d. 11.02.1929, n. 274, ammette la competenza dei geometri per quanto riguarda le costruzioni in cemento armato solo relativamente a opere con destinazione agricola, che non comportino pericolo per l’incolumità delle persone, mentre per le costruzioni civili, che adottino strutture in cemento armato, sia pure modeste, ogni competenza è riservata, ai sensi del r.d. 16.11.1939, n. 2229, agli ingegneri e agli architetti iscritti all’albo, senza che nulla sia stato modificato dalle leggi 05.11.1971, n. 1086, e 02.02.1974, n. 64 (Cass. civ., sez. II, 02.09.2011, n. 18038), con conseguente nullità del contratto d’opera professionale intercorso con un geometra, che abbia avuto ad oggetto una costruzione per civile abitazione, il cui progetto abbia richiesto l’adozione anche parziale dei calcoli in cemento armato (Cass. civ., sez. II, 25.05.2007, n. 12193; 26.07.2006, n. 17028; 25.05.2007).
5.3. In ordine alla legittimazione ad agire degli ordini professionali, la giurisprudenza ha più volte affermato che essi sono legittimati ad agire per la tutela di posizioni soggettive proprie o di interessi unitari della collettività da loro istituzionalmente espressa, nel secondo caso potendo sia reagire alla violazione delle norme poste a tutela della professione, sia perseguire vantaggi, anche strumentali, riferibili alla sfera della categoria nel suo insieme (Cons. St., sez. V, 12.08.2011, n. 4776; Cons. Stato, sez. V, 18.12.2009, n. 8404, e 07.03.2001, n. 1339; Sez. VI, 22.09.2004 n. 6185), con il solo limite derivante dal divieto di occuparsi di questioni relative ad attività non soggette alla disciplina o potestà degli ordini medesimi, aggiungendo che sussiste, in particolare, in capo all'ordine professionale di appartenenza l'interesse all'impugnazione di un diniego al rilascio di un permesso di costruire, motivato in base alla presunta incompetenza del progettista, dal momento che è apprezzabile la perdurante lesività dell'atto stesso per il credito, il prestigio e l'estimazione sociale della parte ricorrente (Cons. St., sez. V, 30.09.2013, n. 4854),
6. Sulla base dei delineati indirizzi giurisprudenziali, dai quali non vi è ragione di discostarsi, i motivi dell’appello principale sono fondati.
6.1. Sussiste innanzitutto il dedotto vizio di incompetenza da cui è affetta la delibera impugnata, giacché, come rilevato nel paragrafo 5.1. gli enti locali non hanno alcun potere normativo, neppure a livello regolamentare, nella materia disciplinare.
Al riguardo deve rilevarsi che, diversamente da quanto ritenuto dai primi giudici ed è stato sostenuto dalle difese del Comune di Torri del Benaco e del Collegio dei geometri e dei geometri laureati della provincia di Verone, oltre che dal Consiglio nazionale dei geometri e dei geometri laureati, la delibera impugnata non impartisce affatto ai competenti uffici comunali alcune ‘mere direttive interne di natura organizzativa’, volte ad agevolare e semplificare, nel rispetto delle vigenti disposizioni normative di rango legislativo, l’istruttoria delle richieste di titoli edilizi ed il loro sollecito rilascio, incidendo invece, limitatamente al campo dell’attività edilizia, proprio sulla disciplina delle professioni di geometra ed ingegnere.
In tal senso è significativo non solo che, come si legge dalla motivazione della predetta delibera, la sua emanazione trova origine nell’annosa contrapposizione tra i rispettivi ordini professionali interessati in ordine alla corretta individuazione della rispettiva competenza sui progetti di opere edili, per quanto l’amministrazione sul dichiarato (ma errato, sulla scorta di quanto osservato al punto 5.2.) presupposto che “…nel quadro normativo vigente nessun provvedimento normativo espresso riserva in favore degli ingegneri ed architetti iscritti nei relativi albi professionali la progettazione di costruzioni civili con strutture di cemento armato” e sull’altrettanto errato presupposto (su cui infra par. 6.2.) dell’abrogazione del r.d. 16.11.1939, n. 2229, da parte del d.lgs. 13.12.2010, n. 212, finisce col disciplinare autonomamente (nell’apparente forma di direttiva agli uffici) i limiti della competenza dei geometri in materia edilizia, facendovi rientrare “la progettazione e direzione di modeste costruzioni almeno fino a mc. 1.500, adottando quindi il criterio tecnico–qualitativo in relazione alle caratteristiche dell’opera da realizzare che deve avere caratteristiche strutturali semplici con moduli ripetitivi, sia pur con la presenza del cemento armato, che non richiedano competenze tecniche, particolari e specifiche, riservate per legge ad un diverso professionista”, così sostituendosi inammissibilmente al legislatore statale nell’esercizio di un potere di cui essa non è titolare, neppure nell’ipotesi in cui fosse effettivamente esistito un vuoto normativo (evenienza che non ricorre).
Tali osservazioni rendono prive di rilevanza le deduzioni delle parti appellate sul preteso carattere non vincolante delle predette direttive, dovendosi precisare, per un verso, che a condividere il loro asserito carattere non vincolante per gli uffici comunali non sarebbe neppure comprensibile la necessità e l’opportunità della loro emanazione (venendo meno la stessa finalità di semplificazione e chiarimento cui sarebbero state ispirate), e per altro verso che la violazione di una direttiva da parte degli uffici è quanto meno possibile fonte di una responsabilità disciplinare per i funzionari cui le stesse sono impartite e contemporaneamente può rendere invalido l’atto adottato sotto il profilo dell’eccesso di potere.
6.2. Sussiste poi anche la dedotta violazione dell’articolo 16 del r.d. n. 274 del 1929, che individua l’oggetto ed i limiti dell’esercizio della professione di geometra, potendo al riguardo rinviarsi alle osservazioni già svolte al par. 5.2. e dovendo ancora aggiungersi che “i limiti posti dall’art. 16, lett. m), del r.d. 11.02.1929, n. 274, alla competenza professionale dei geometri rispondono ad una scelta inequivoca del legislatore, dettata da evidenti ragioni di pubblico interesse, che lascia all’interprete ristretti margini di discrezionalità, attinenti alla valutazione dei requisiti della modestia della costruzione, della non necessità di complesse operazioni di calcolo e dall’assenza di implicazioni per la pubblica incolumità, indicando invece un preciso requisito ovverosia la natura di annesso agricolo dei manufatti, per le opere eccezionalmente progettabili dai predetti tecnici anche nei casi di impiego di cemento armato. E’ pertanto esclusa la possibilità di un’interpretazione estensiva o “evolutiva” di tale disposizione, che, in quanto norma eccezionale, non si presta ad applicazione analogica, non potendo pervenire ad una diversa conclusione neppure in virtù delle norme –art. 2 l. 05.11.1971, n. 1086, e art. 17 l. 02.02.1974, n. 64– che disciplinano le costruzioni in cemento armato e quelle in zone sismiche, in quanto le stesse richiamano i limiti delle competenze professionali stabiliti per i geometri della vigente normativa professionale” (Cass. civ., sez. II, 07.09.2009, n. 19292).
Ciò rende irrilevante, diversamente da quanto ritenuto dai primi giudici, la disposta abrogazione del r.d. n. 2229 del 1929, dal momento che essa è stata disposta dal D.Lgs. 13.12.2010, n. 212, in attuazione del meccanismo legislativo introdotto dalla legge n. 246 del 2005 volto alla riduzione del numero delle legge presenti nell’ordinamento (c.d. taglia leggi), senza che perciò da detta abrogazione possa ricavarsi una sia pur implicita intenzione del legislatore di equiparare, quanto all’attività edilizia, le competenze dei geometri e quelli degli ingegneri (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 23.02.2015 n. 883 - link a www.giustizia-amminitrativa.it).

gennaio 2015

COMPETENZE PROGETTUALINel caso in cui l’Amministrazione, nell’indire la gara pubblica per l’affidamento dell’incarico di progettazione esecutiva finalizzato al restauro di un fabbricato di rilevante valore storico ed artistico, abbia espressamente richiesto, in considerazione della specifica natura dei beni oggetto di restauro e del carattere assolutamente prevalente dell’intervento artistico e di restauro rispetto alle parti tecniche, come requisito di partecipazione alla gara che i professionisti incaricati di redigere il progetto fossero esclusivamente architetti, è illegittimo il provvedimento che il suddetto incarico assegna ad un ingegnere essendo irrilevante, a fronte di una valutazione, poi trasfusa nella “lex specialis” a cui si è autovincolata, il richiamo negli scritti difensivi all’art. 52, comma 2, r.d. 23.10.1925 n. 2537, nella parte in cui stabilisce che le opere di edilizia civile, che presentano rilevante carattere artistico, ed il restauro ed il ripristino degli edifici contemplati dalla l. 20.06.1909, n. 364, per l’antichità e le belle arti, sono di spettanza della professione di architetto, ma la parte tecnica ne può essere compiuta tanto dall’architetto quanto dall’ingegnere, rendendo quindi possibile la partecipazione anche di questi ultimi per il profilo tecnico.
Dalla massima testé citata, e al netto delle differenze fattuali, riferibili a quella fattispecie concreta, si ricava che quanto la stazione appaltante si sia autovincolata al rispetto delle competenze specifiche di architetti e ingegneri, secondo il R.D. 2537/1925, “è illegittimo il provvedimento che il suddetto incarico assegna ad un ingegnere essendo irrilevante (…) il richiamo (…) all’art. 52, comma 2, r.d. 23.10.1925 n. 2537, nella parte in cui (…) la parte tecnica ne può essere compiuta tanto dall’architetto quanto dall’ingegnere”.
Poco conta, secondo il Tribunale, che in quella fattispecie concreta si vertesse dell’affidamento della progettazione esecutiva, per il restauro di un immobile vincolato, e nell’appalto “de quo”, della presentazione di un progetto migliorativo (ma, pur sempre, afferente un immobile di tal genere), con attribuzione di punteggio, nell’ambito di una gara condotta con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa; quel che conta è, invece, che si sia, o meno, in presenza di un bando, che espressamente si conforma alla diversificazione di tali competenze, secondo la legge professionale, con conseguente autovincolo della stazione appaltante (tale è il caso, per l’appunto, che si verifica nella specie).
Ancora più stringente, in tale direzione, la massima seguente, secondo la quale: “Dal disposto dell’art. 52, r.d. n. 2537/1925, si evince che la riserva di competenza degli architetti sussiste per ogni tipologia di intervento su immobili gravati da vincolo storico e artistico, ad eccezione delle attività propriamente tecniche di edilizia civile per le quali lo stesso art. 52 prevede la competenza anche degli ingegneri; la competenza degli architetti, poi, si estende anche agli interventi realizzati su immobili non assoggettati a vincolo storico e artistico quando presentino un rilevante interesse artistico”; si tenga pure presente, “a contrario”, la decisione seguente: “Nel caso in cui un fabbricato oggetto di appalto non sia soggetto al vincolo di cui alla l. 01.06.1939 n. 1089, gli elaborati progettuali, relativi al suo restauro, non devono essere necessariamente sottoscritti da un architetto”.
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Il progetto migliorativo dell’intervento in oggetto– prevedendo consistenti opere di ripristino, oltre che di manutenzione straordinaria del bene culturale (se non proprio di restauro)– doveva essere, necessariamente, sottoscritto da un architetto, ai sensi dell’art. 52 del R.D. 2537/1925 (come del resto stabilito, a pena d’esclusione, dal bando di gara).
Quand’anche, obliterando quanto sopra osservato, si volesse concludere nel senso, restrittivo, della natura di opere di mera manutenzione straordinaria degli interventi migliorativi “de quibus”, non per questo ne deriverebbe, secondo quanto opinato dalla difesa del Comune, il superamento della causa d’esclusione dalla gara dell’aggiudicataria, di cui sopra.
Si consideri, a tale proposito, la massima che segue: “La riserva di competenza in favore degli architetti ex art. 52 r.d. n. 2537 del 23.10.1925, (“Regolamento per le professioni di ingegnere e di architetto”) non può essere negata solo per il fatto che i lavori da appaltare consistano in un mero intervento di recupero e manutenzione straordinaria, e non di restauro in senso stretto, non essendovi ragioni per escludere tali tipologie di intervento da quelle riservate alla competenza degli architetti, tenuto anche conto che la norma in questione contempla in maniera generica le attività di restauro e ripristino”.
In parte motiva, la suddetta decisione reca l’ulteriore, importante, precisazione: “(…) La terminologia utilizzata dal legislatore del 1925 deve quindi essere considerata in senso atecnico, e non può essere riferita alle specifiche categorie di interventi sul patrimonio edilizio esistente poi codificate dall’art. 31 della legge 05.08.1978, n. 457 e oggi recepite nell’art. 3 del DPR 06.06.2001, n. 380. L’espressione “restauro e ripristino” va quindi intesa in senso omnicomprensivo, come relativa a qualsiasi attività di recupero di una struttura edilizia che presenti peculiari caratteri storico–artistici”.
Del resto, una delle massime, ricavate dalla sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, dell’11/09/2006, n. 5239, richiamata, quale precedente, in quella del Consiglio di Stato – Sez. VI, del 09/01/2014, n. 21, assunta dalla stazione appaltante quale decisiva ragione di rigetto delle doglianze sollevate, in corso di gara, dalla ricorrente, prevede: “La ripartizione delle competenze professionali tra architetto e ingegnere, delineata nell’art. 52 r.d. n. 2537 del 1925, deve considerarsi applicabile, garantendo che la progettazione dell’intervento edilizio su immobili di interesse storico–artistico sia affidata a professionisti dotati di una specifica preparazione nel campo delle arti e di un’adeguata formazione umanistica”.
Infine, “ad abundantiam”, s’osserva che nella recentissima decisione del TAR Veneto, Sez. I, del 03/06/2014, n. 743, s’è concluso, significativamente, nei termini seguenti: “In relazione alla disciplina normativa italiana che riserva ai soli architetti le prestazioni principali sugli immobili di interesse culturale, l’art. 52 del r.d. n. 2537 del 1925 (regolamento delle professioni di ingegnere e architetto) non determina –in danno degli ingegneri italiani nei confronti di ingegneri di un qualunque altro Paese dell’Unione Europea– un fenomeno di “discriminazione alla rovescia”: infatti, l’ordinamento comunitario non riconosce a tutti gli ingegneri di Paesi dell’UE diversi dall’Italia (con esclusione dei soli ingegneri italiani) l’indiscriminato esercizio delle attività tipiche della professione di architetto (tra cui le attività relative ad immobili di interesse storico–artistico), ma, al contrario, giusta la normativa comunitaria, l’esercizio di tali attività –in regime di mutuo riconoscimento– sarà consentito ai soli professionisti che (al di là del “nomen iuris” del titolo posseduto) possano vantare un percorso formativo adeguatamente finalizzato all’esercizio delle attività tipiche della professione di architetto; pertanto, anche volendo ammettere che un professionista non italiano con titolo di ingegnere sia legittimato, in base alla normativa del paese d’origine, a svolgere attività rientranti tra quelle abitualmente esercitate con il titolo di architetto, ciò non è sufficiente a determinare “ex se” una “discriminazione alla rovescia”, atteso che, in forza della direttiva 85/384/Cee, l’esercizio di tali attività sarà possibile (non sulla base del mero possesso del titolo di ingegnere, ma) in quanto tale professionista non italiano avrà seguito un percorso formativo adeguato ai fini dell’esercizio delle attività abitualmente esercitate con il titolo di architetto (nella fattispecie, relativa alla procedura di affidamento della progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva e direzione lavori ristrutturazione di un fabbricato comunale ex museo, <il collegio ha concluso che un ingegnere non avrebbe potuto partecipare alla procedura per mancanza del requisito consistente nel possesso del titolo di architetto>)”.
Conviene, quindi, analizzare l’art. 52 del R. D. n. 2357/1925 (“Approvazione del regolamento per le professioni d’ingegnere e di architetto”), del seguente testuale tenore: “Formano oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad esse relative. <Tuttavia le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico ed il restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla L. 20.06.1909, n. 364 (poi, l. 01.06.1939, n. 1089, abrogata dall’art. 166 del D.Lgs. 29.10.1999, n. 490, a sua volta abrogato dall’art. 184, D.Lgs. 22.01.2004, n. 42), per l’antichità e le belle arti, sono di spettanza della professione di architetto>; ma la parte tecnica ne può essere compiuta tanto dall’architetto quanto dall’ingegnere”.
Con la prima e la seconda censura dell’atto introduttivo del giudizio, le quali si prestano, per analogia di materia, ad essere esaminate congiuntamente, la ricorrente ha denunziato come, per effetto della sottoscrizione del progetto migliorativo dell’offerta tecnica, da parte di un ingegnere, anziché di un architetto (circostanza, incontestata tra le parti, e ricavabile, del resto, “ictu oculi” dalla lettura della copia del progetto in questione, in atti), la controinteressata–aggiudicataria dovesse:
a) essere estromessa dall’appalto, per non aver rispettato la prescrizione di gara, dettata, espressamente, “a pena di esclusione”, che richiedeva, mercé il riferimento alle competenze, disegnate nel R.D. 2537/1925, la sottoscrizione del progetto in questione, concernente immobili vincolati, d’interesse storico–artistico, da un architetto, anziché da un ingegnere;
b) a tutto concedere, in ogni caso, la non attribuzione di alcun punteggio, alla controinteressata, per l’offerta tecnica (anziché i 50 punti, invece assegnati dalla Commissione), con corrispondente decremento del punteggio complessivo raggiunto ed aggiudicazione della gara alla medesima ricorrente, a quel punto prima graduata.
La censura, come si diceva sopra, è fondata.
Lo testimonia l’analisi della giurisprudenza, nella quale si rinviene la seguente, rilevante, affermazione di principio: “Nel caso in cui l’Amministrazione, nell’indire la gara pubblica per l’affidamento dell’incarico di progettazione esecutiva finalizzato al restauro di un fabbricato di rilevante valore storico ed artistico, abbia espressamente richiesto, in considerazione della specifica natura dei beni oggetto di restauro e del carattere assolutamente prevalente dell’intervento artistico e di restauro rispetto alle parti tecniche, come requisito di partecipazione alla gara che i professionisti incaricati di redigere il progetto fossero esclusivamente architetti, è illegittimo il provvedimento che il suddetto incarico assegna ad un ingegnere essendo irrilevante, a fronte di una valutazione, poi trasfusa nella “lex specialis” a cui si è autovincolata, il richiamo negli scritti difensivi all’art. 52, comma 2, r.d. 23.10.1925 n. 2537, nella parte in cui stabilisce che le opere di edilizia civile, che presentano rilevante carattere artistico, ed il restauro ed il ripristino degli edifici contemplati dalla l. 20.06.1909, n. 364, per l’antichità e le belle arti, sono di spettanza della professione di architetto, ma la parte tecnica ne può essere compiuta tanto dall’architetto quanto dall’ingegnere, rendendo quindi possibile la partecipazione anche di questi ultimi per il profilo tecnico” (Consiglio di Stato – Sez. V, 07/11/2011, n. 5883).
Dalla massima testé citata, e al netto delle differenze fattuali, riferibili a quella fattispecie concreta, si ricava che quanto la stazione appaltante si sia autovincolata al rispetto delle competenze specifiche di architetti e ingegneri, secondo il R.D. 2537/1925, “è illegittimo il provvedimento che il suddetto incarico assegna ad un ingegnere essendo irrilevante (…) il richiamo (…) all’art. 52, comma 2, r.d. 23.10.1925 n. 2537, nella parte in cui (…) la parte tecnica ne può essere compiuta tanto dall’architetto quanto dall’ingegnere”.
Poco conta, secondo il Tribunale, che in quella fattispecie concreta si vertesse dell’affidamento della progettazione esecutiva, per il restauro di un immobile vincolato, e nell’appalto “de quo”, della presentazione di un progetto migliorativo (ma, pur sempre, afferente un immobile di tal genere), con attribuzione di punteggio, nell’ambito di una gara condotta con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa; quel che conta è, invece, che si sia, o meno, in presenza di un bando, che espressamente si conforma alla diversificazione di tali competenze, secondo la legge professionale, con conseguente autovincolo della stazione appaltante (tale è il caso, per l’appunto, che si verifica nella specie).
Ancora più stringente, in tale direzione, la massima seguente, secondo la quale: “
Dal disposto dell’art. 52, r.d. n. 2537/1925, si evince che la riserva di competenza degli architetti sussiste per ogni tipologia di intervento su immobili gravati da vincolo storico e artistico, ad eccezione delle attività propriamente tecniche di edilizia civile per le quali lo stesso art. 52 prevede la competenza anche degli ingegneri; la competenza degli architetti, poi, si estende anche agli interventi realizzati su immobili non assoggettati a vincolo storico e artistico quando presentino un rilevante interesse artistico” (TAR Lazio–Roma, Sez. II, 17/10/2011, n. 7997); si tenga pure presente, “a contrario”, la decisione seguente: “Nel caso in cui un fabbricato oggetto di appalto non sia soggetto al vincolo di cui alla l. 01.06.1939 n. 1089, gli elaborati progettuali, relativi al suo restauro, non devono essere necessariamente sottoscritti da un architetto” (Consiglio di Stato, Sez. V, 10/09/2014, n. 4595).
Il richiamo alle massime che precedono –e, segnatamente, alla prima– consente di ritenere prive di pregio le vivaci contestazioni della difesa della stazione appaltante e della controinteressata, fondate sulla ricorrente affermazione della giurisprudenza, secondo la quale: “Ai sensi dell’art. 52, comma 2 r.d. 23.10.1925 n. 2537 (“Regolamento per le professioni di ingegnere e di architetto”), non la totalità degli interventi concernenti gli immobili di interesse storico e artistico deve essere affidata alla specifica professionalità dell’architetto, ma solo “le parti di intervento di edilizia civile che riguardino scelte culturali connesse alla maggiore preparazione accademica conseguita dagli architetti nell’ambito del restauro e risanamento degli immobili di interesse storico e artistico”, restando invece nella competenza dell’ingegnere civile la cd. parte tecnica, ossia “le attività progettuali e di direzione dei lavori che riguardano l’edilizia civile vera e propria” (Consiglio di Stato – Sez. VI, 09/01/2014, n. 21; conforme: TAR Sicilia–Catania, Sez. I, 27/01/2011, n. 187).
Sul punto, s’è sviluppato un serrato dibattito, sostenendosi da parte della difesa del Comune e della controinteressata, sia pur con diversità di accenti, sostanzialmente l’inammissibilità e l’infondatezza dei primi due motivi di censura, posto che si trattava soltanto d’interventi di efficientamento energetico degli immobili vincolati “de quibus”; che le proposte migliorative erano state circoscritte a specifici aspetti progettuali (quelli riferiti in precedenza); che le opere migliorative di conseguenza proposte si limitavano a “lavori impiantistici e di natura squisitamente tecnica”, i quali non implicavano “scelte culturali” di specifica competenza della professione di architetto; ed ancora, che le prescrizioni della Soprintendenza erano dirette esclusivamente al Comune, che ne aveva debitamente tenuto conto, in sede di redazione del progetto esecutivo dei lavori; le predette argomentazioni erano oggetto d’ancor più ampio sviluppo, nell’ultima memoria difensiva della stazione appaltante, la quale concludeva, nel senso che gli interventi di efficientamento energetico dei quali si tratta, lungi dal poter essere compresi nella nozione di restauro, recupero o ripristino di un bene di rilevante interesse culturale, rientravano piuttosto nel concetto di manutenzione (ordinaria, o al più straordinaria) degli immobili tutelati, con conseguente impossibilità d’affermare la competenza esclusiva dell’architetto, nella sottoscrizione della proposta tecnica migliorativa in questione.
Dal canto suo, la ricorrente, con il supporto di relazione tecnica di parte, ha osservato come l’aggiudicataria, con l’offerta migliorativa, avesse previsto, tra l’altro, la sostituzione degli infissi esterni, l’isolamento termico mediante pannelli–sandwich, la realizzazione di un isolamento termico a cappotto e interventi di isolamento della copertura e capriata di progetto, ovvero opere “che incidono in modo rilevante sul bene culturale”; e, con la memoria di replica, da ultimo depositata, ha sostenuto, al contrario di quanto assunto dalle avverse difese, come rientrassero nella nozione di restauro, e, ancor più, di ripristino, tutti gli interventi eseguiti sul bene culturale, tanto più che erano previste demolizioni, e s’è soffermata in particolare –quanto alle migliorie proposte dall’aggiudicataria– sull’installazione di infissi, diversi da quelli previsti nel progetto esecutivo e di finestre con parti in alluminio anziché in legno, nonché sulla demolizione di tutte le pareti esterne per uno spessore di 7 cm., al fine di realizzare l’isolamento termico, mediante l’installazione di pannelli–sandwich, nonché sulla rimozione del pavimento e della struttura sottostante, per circa 11 cm., implicata dalla creazione dell’impianto di riscaldamento; sull’integrale demolizione del tetto di copertura, e il successivo ripristino dello stesso, al fine di garantire l’isolamento della copertura medesima e della capriata, per di più con installazione di pannelli fotovoltaici sul tetto, tutti interventi, in definitiva, atti a modificare sensibilmente l’aspetto esterno degli immobili vincolati, come tali richiedenti l’effettuazione di ben precise scelte culturali, riservate per legge alla professione di architetto, in virtù della specifica competenza acquisita, nel corso degli studi universitari, circa tali specifici aspetti.
Orbene, a fronte di tali ultime notazioni (e tenuto conto, altresì, di quanto sopra osservato, circa l’autovincolo, imposto dalla stazione appaltante alle proprie scelte di natura discrezionale –valutativa, mercé l’esplicito richiamo alla legge professionale del 1925), si deve concludere, nel senso che il progetto migliorativo dell’intervento in oggetto– prevedendo consistenti opere di ripristino, oltre che di manutenzione straordinaria del bene culturale (se non proprio di restauro)– dovesse essere, necessariamente, sottoscritto da un architetto, ai sensi dell’art. 52 del R.D. 2537/1925 (come del resto stabilito, a pena d’esclusione, dal bando di gara).
Con l’importante, ulteriore, osservazione che quand’anche, obliterando quanto sopra osservato, si volesse concludere nel senso, restrittivo, della natura di opere di mera manutenzione straordinaria degli interventi migliorativi “de quibus”, non per questo ne deriverebbe, secondo quanto opinato dalla difesa del Comune, il superamento della causa d’esclusione dalla gara dell’aggiudicataria, di cui sopra.
Si consideri, a tale proposito, la massima che segue: “La riserva di competenza in favore degli architetti ex art. 52 r.d. n. 2537 del 23.10.1925, (“Regolamento per le professioni di ingegnere e di architetto”) non può essere negata solo per il fatto che i lavori da appaltare consistano in un mero intervento di recupero e manutenzione straordinaria, e non di restauro in senso stretto, non essendovi ragioni per escludere tali tipologie di intervento da quelle riservate alla competenza degli architetti, tenuto anche conto che la norma in questione contempla in maniera generica le attività di restauro e ripristino” (TAR Sardegna, Sez. I, 24/10/2009, n. 1559).
In parte motiva, la suddetta decisione reca l’ulteriore, importante, precisazione: “(…) La terminologia utilizzata dal legislatore del 1925 deve quindi essere considerata in senso atecnico, e non può essere riferita alle specifiche categorie di interventi sul patrimonio edilizio esistente poi codificate dall’art. 31 della legge 05.08.1978, n. 457 e oggi recepite nell’art. 3 del DPR 06.06.2001, n. 380. L’espressione “restauro e ripristino” va quindi intesa in senso omnicomprensivo, come relativa a qualsiasi attività di recupero di una struttura edilizia che presenti peculiari caratteri storico–artistici”.
Del resto, una delle massime, ricavate dalla sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, dell’11/09/2006, n. 5239, richiamata, quale precedente, in quella del Consiglio di Stato – Sez. VI, del 09/01/2014, n. 21, assunta dalla stazione appaltante quale decisiva ragione di rigetto delle doglianze sollevate, in corso di gara, dalla ricorrente (cfr. il citato verbale della Commissione di gara, n. 6 del 03.09.2014, nonché il rigetto del preavviso di ricorso, presentato dalla stessa ricorrente, prot. n. 8178/2014/risc. del 04.09.2014, a firma del RUP), prevede: “La ripartizione delle competenze professionali tra architetto e ingegnere, delineata nell’art. 52 r.d. n. 2537 del 1925, deve considerarsi applicabile, garantendo che la progettazione dell’intervento edilizio su immobili di interesse storico–artistico sia affidata a professionisti dotati di una specifica preparazione nel campo delle arti e di un’adeguata formazione umanistica”.
Infine, “ad abundantiam”, s’osserva che nella recentissima decisione del TAR Veneto, Sez. I, del 03/06/2014, n. 743, s’è concluso, significativamente, nei termini seguenti: “In relazione alla disciplina normativa italiana che riserva ai soli architetti le prestazioni principali sugli immobili di interesse culturale, l’art. 52 del r.d. n. 2537 del 1925 (regolamento delle professioni di ingegnere e architetto) non determina –in danno degli ingegneri italiani nei confronti di ingegneri di un qualunque altro Paese dell’Unione Europea– un fenomeno di “discriminazione alla rovescia”: infatti, l’ordinamento comunitario non riconosce a tutti gli ingegneri di Paesi dell’UE diversi dall’Italia (con esclusione dei soli ingegneri italiani) l’indiscriminato esercizio delle attività tipiche della professione di architetto (tra cui le attività relative ad immobili di interesse storico–artistico), ma, al contrario, giusta la normativa comunitaria, l’esercizio di tali attività –in regime di mutuo riconoscimento– sarà consentito ai soli professionisti che (al di là del “nomen iuris” del titolo posseduto) possano vantare un percorso formativo adeguatamente finalizzato all’esercizio delle attività tipiche della professione di architetto; pertanto, anche volendo ammettere che un professionista non italiano con titolo di ingegnere sia legittimato, in base alla normativa del paese d’origine, a svolgere attività rientranti tra quelle abitualmente esercitate con il titolo di architetto, ciò non è sufficiente a determinare “ex se” una “discriminazione alla rovescia”, atteso che, in forza della direttiva 85/384/Cee, l’esercizio di tali attività sarà possibile (non sulla base del mero possesso del titolo di ingegnere, ma) in quanto tale professionista non italiano avrà seguito un percorso formativo adeguato ai fini dell’esercizio delle attività abitualmente esercitate con il titolo di architetto (nella fattispecie, relativa alla procedura di affidamento della progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva e direzione lavori ristrutturazione di un fabbricato comunale ex museo, <il collegio ha concluso che un ingegnere non avrebbe potuto partecipare alla procedura per mancanza del requisito consistente nel possesso del titolo di architetto>)”.
L’accoglimento del ricorso, per i profili dianzi evidenziati, con assorbimento (stante la natura dirimente del vizio, riscontrato dal Collegio) d’ogni altra doglianza, comporta l’annullamento dell’aggiudicazione definitiva, disposta in favore della controinteressata, la quale doveva essere esclusa dalla gara (e, comunque, non spettandole alcun punteggio per le migliorie proposte, non si sarebbe comunque classificata al primo posto della graduatoria, giusta le considerazioni dianzi svolte); nonché, ex art. 122 c.p.a., la dichiarazione d’inefficacia del contratto, rep. n. 6/2014 (cfr. l’all. 18 della memoria di costituzione del Comune di Polla) –stipulato il 15.10.2014, tra il Comune e la stessa controinteressata– ed il subentro della ricorrente, seconda classificata, come da sua specifica richiesta, nella stessa aggiudicazione e, di conseguenza, nel contratto di cui sopra, stipulato ma (cfr. gli allegati 19 e 20 alla stessa memoria di costituzione del Comune), non ancora portato ad esecuzione, per il sopravvenire del decreto cautelare monocratico, con cui il Presidente della Sezione ha accolto l’istanza, in tal senso rivolta dalla ricorrente medesima (in giurisprudenza: “Il giudice amministrativo, una volta che abbia annullata l’aggiudicazione definitiva dell’appalto oggetto del contendere, può ex art. 122 c. p.a. disporre il subentro della ricorrente nel contratto, ma a condizione che il vizio dell’aggiudicazione non comporti l’obbligo di rinnovare la gara, la domanda di subentro sia stata proposta e lo stato di esecuzione del contratto e la tipologia stessa del contratto consentano tale subentro” –Consiglio di Stato – Sez. V, 25/06/2014, n. 3220).
La tutela, in forma specifica, dell’interesse pretensivo (all’aggiudicazione della gara e al subentro nel contratto), della ricorrente, in tal modo apprestata, dal Collegio, in suo favore (al decreto monocratico di cui sopra è, infatti, seguita l’ordinanza cautelare, di conferma degli effetti del medesimo, e, quindi, la pubblicazione, in data 04.12.2014, del dispositivo con cui la presente causa è stata decisa) determina, giusta l’orientamento costantemente seguito dalla Sezione, il rigetto della domanda di risarcimento dei danni, per equivalente monetario, dalla medesima ricorrente, presentata in via subordinata, né risulta che siano stati dedotti danni, ulteriori o diversi (cfr. anche, in giurisprudenza, in senso conforme, la decisione del TAR Lazio–Roma, Sez. II, del 19/10/2012, n. 8695, nonché la specifica disciplina, dettata dall’art. 124, comma 1, c.p.a.: “L’accoglimento della domanda di conseguire l’aggiudicazione e il contratto è comunque condizionato alla dichiarazione di inefficacia del contratto ai sensi degli articoli 121, comma 1, e 122. Se il giudice non dichiara l’inefficacia del contratto dispone il risarcimento del danno per equivalente, subito e provato”).
Quanto alla richiesta di condanna del Comune di Polla al pagamento delle sanzioni pecuniarie, previste dall’art. 123 c.p.a., avanzata dal ricorrente, il Collegio ritiene che essa non vada pronunziata, posto che, ai sensi dell’art. 121, comma 4: “Nei casi in cui, nonostante le violazioni, il contratto sia considerato efficace o l’inefficacia sia temporalmente limitata si applicano le sanzioni alternative di cui all’articolo 123”; ma non è questo il caso, essendo stato il contratto, già stipulato, dichiarato inefficace; del resto, l’art. 123 c.p.a., nell’individuare le sanzioni alternative, da applicare alternativamente o cumulativamente, di cui alle lett. a) e b), ne restringe, espressamente, l’applicazione ai “casi di cui all’articolo 121, comma 4”; né pare che possa diversamente ritenersi, in base al comma 3 dello stesso art. 123 c.p.a., secondo cui: “Il giudice applica le sanzioni di cui al comma 1 anche qualora il contratto è stato stipulato senza rispettare il termine dilatorio stabilito per la stipulazione del contratto, ovvero è stato stipulato senza rispettare la sospensione della stipulazione derivante dalla proposizione del ricorso giurisdizionale avverso l’aggiudicazione definitiva, quando la violazione non abbia privato il ricorrente della possibilità di avvalersi di mezzi di ricorso prima della stipulazione del contratto e non abbia influito sulle possibilità del ricorrente di ottenere l’affidamento”, posto che il riferimento, in detta norma contenuto, alle “sanzioni di cui al comma 1”, pare debba ritenersi comprensivo anche della specifica limitazione, delle stesse sanzioni, ai soli “casi di cui all’articolo 121, comma 4”, in detto art. 123, comma 1, prevista.
In giurisprudenza, cfr, le massime seguenti, nelle quali l’applicazione delle sanzioni “de quibus“ viene sempre esplicitamente ristretta ai soli casi in cui il contratto sia, nonostante le violazioni, dichiarato efficace:
- “A seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione, non va dichiarata l’inefficacia del contratto stipulato dall’aggiudicataria nel caso in cui ricorrano esigenze imperative, incluse quelle imprescindibili di carattere tecnico o di altro tipo (art. 121, comma 2, c.p.a.), fra le quali devono ricomprendersi quelle connesse all’ipotesi in cui, come nella specie, il contratto sia stato da tempo eseguito e sia da tempo intervenuto il collaudo e l’utilizzo della fornitura da parte dell’Amministrazione. Tuttavia, non avendo l’Amministrazione rispettato il cosiddetto obbligo di stand still di cui all’art. 11, comma 10, d.lgs. n. 163 del 2006, va applicata –come previsto dall’art. 121, comma 4, c.p.a. ed in applicazione dei criteri di cui al successivo art. 123– nei confronti della amministrazione la sanzione alternativa di cui al medesimo art. 123” (TAR Sicilia–Catania, Sez. II, 11/11/2013, n. 2746);
- “La mancata applicazione dell’art. 121, comma 1, del Codice, in presenza della violazione del termine di cd. stand still, determina in ogni caso –ai sensi del successivo comma 4– l’applicazione delle sanzioni alternative di cui all’art. 123, come anche autonomamente confermato dal comma 3 del medesimo art. 123. In proposito ritiene il Collegio che le disposizioni richiamate introducano un automatismo che assume un’impronta sanzionatoria, come questo Tribunale ha già evidenziato nella propria precedente pronuncia in data 30.11.2011 n. 1673 (par. 10.1), non ritualmente impugnata: <L’applicazione delle predette sanzioni deve avvenire secondo quanto disposto dagli artt. 121, comma 4, e 123>. In base a questi ultimi quando, nonostante le violazioni, <il contratto sia considerato efficace> il giudice dispone (in via alternativa o cumulativa) il pagamento di una sanzione pecuniaria da versare al bilancio dello Stato di importo compreso tra lo 0,5 ed il 5 (%) del valore del contratto e/o la riduzione della durata del medesimo (da un minimo del 10 al massimo del 50 (%) della durata residua)” (TAR Lombardia–Brescia – Sez. II, 25/06/2013, n. 610) (TAR Campania-Salerno, Sez. I, sentenza 13.01.2015 n. 149 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

dicembre 2014

COMPETENZE PROGETTUALI: Il criterio per accertare se la progettazione di una costruzione rientri nella competenza professionale dei geometri, ai sensi dell'art. 16 lett. m) r.d. 11.02.1929 n. 274, consiste, infatti, nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e l'esecuzione dell'opera comportano e le capacità occorrenti per superarle.
La delimitazione della competenza dei geometri e geometri laureati in tale materia va effettuata anche in base al criterio economico e tecnico-qualitativo della modestia o tenuità dell'opera, cosicché agli stessi è preclusa la realizzazione di un complesso di opere che richieda una visione di insieme, che ponga problemi di carattere programmatorio, che imponga una valutazione complessiva di una serie di situazioni la cui soluzione, sotto il profilo tecnico, può incontrare difficoltà non facilmente superabili con la competenza professionale dei medesimi professionisti.
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L’inserimento dell’opera o dei lavori nel programma (o elenco annuale) non dà luogo, per ciò stesso, alla complessità nell’accezione di cui all’art. 16 del r.d. n. 274 del 1929, per la semplice ragione che ben può venire in evidenza la presenza di opere di importo elevato (con obbligo, pertanto, di inserimento nel programma o nell’elenco) ma di modesta difficoltà quale può essere, di regola, una semplice manutenzione anche straordinaria.
D’altronde, se da un lato è vero che l’obbligo per il consiglio comunale di inserire i lavori nel programma triennale o nell’elenco annuale assuma attualità qualora l’opera superi l’importo di centomila euro, è pur vero -ciò che smentisce ancor di più la necessaria correlazione tra detto importo e complessità dell’intervento- che siffatto valore altro non costituisce che la somma delle voci dell’intero quadro economico di cui all’art. 16 del d.P.R. n. 207 del 2010 (comprese, ad esempio, le somme a disposizione dell’amministrazione, non del tutto irrilevanti, inidonee in qualche modo a connotare le caratteristiche dell’opera).

... per l'annullamento dell'avviso per l'espletamento di un’indagine di mercato per l'affidamento di servizi tecnici, di cui all'articolo 91 del d.lgs 12.04.2006 n. 163 relativi ad edifici scolastici indetto dall'Area gestione del territorio del Comune di Palermo, nella parte in cui agli artt. 1 e 4 esclude la partecipazione dei geometri e dei geometri laureati;
...
5.- Il ricorso, poiché fondato nei termini di seguito specificati, deve essere accolto.
6.- La scelta del Comune di Palermo, che, come s’è detto, ha escluso i geometri ed i geometri laureati dal novero dei soggetti ammessi ad esprimere la propria manifestazione d’interesse sul potenziale conferimento «dei servizi tecnici di cui all’art. 91» del d. lgs. n. 163 del 2006, si mostra errata nel metodo e nel merito.
7.- La natura e la tipologia degli incarichi da conferirsi, in assenza di una puntuale dimostrazione che, in effetti, tutti gli interventi diano luogo a quella particolare complessità dalla quale far discendere l’impossibilità di affidarli ai geometri e geometri laureati, obiettivamente non giustifica, quantomeno per le modalità con cui è stata pensata, sul piano delle regole di concorrenza e di parità di trattamento, l’esclusione di siffatta categoria di professionisti dalla possibilità di manifestare il relativo interesse alla procedura.
Al di là della non proprio perspicua indicazione dell’avviso sull’oggetto delle prestazioni, il quale (vedasi l’oggetto e l’art. 2, comma 1), da un lato, mira a sollecitare la manifestazione di disponibilità per il conferimento di futuri incarichi «di servizi tecnici di cui all’art. 91 del d.lgs. n. 163 del 2006» (e non già di soli incarichi di progettazione, come invece ritenuto dalla difesa del Comune, cfr. pag. 3, par. 5, della memoria) e, per altro verso, richiama interventi di «carattere edilizio, impiantistico e strutturale» (art. 1), va osservato che l’importo della prestazione professionale (recte: del servizio) non può costituire sinonimo di complessità (o non complessità) degli interventi che della stessa costituiscono oggetto, da cui deriverebbe l’ipotetica delimitazione, sul versante soggettivo, delle categorie professionali ammesse.
Nel caso di specie, il tenore dell’avviso induce a ritenere che i lavori non siano esclusivamente caratterizzati da interventi strutturali per i quali, in taluni casi (e non sempre) potrebbe ipotizzarsi un’assenza di competenze dei geometri: l’avviso fa, invero, riferimento anche a lavori di manutenzione straordinaria e di edilizia per i quali detta competenza non può astrattamente escludersi, a meno che la concreta connotazione dell’intervento non lo imponga.
Il criterio per accertare se la progettazione di una costruzione rientri nella competenza professionale dei geometri, ai sensi dell'art. 16 lett. m) r.d. 11.02.1929 n. 274, consiste, infatti, nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e l'esecuzione dell'opera comportano e le capacità occorrenti per superarle. La delimitazione della competenza dei geometri e geometri laureati in tale materia va effettuata anche in base al criterio economico e tecnico-qualitativo della modestia o tenuità dell'opera, cosicché agli stessi è preclusa la realizzazione di un complesso di opere che richieda una visione di insieme, che ponga problemi di carattere programmatorio, che imponga una valutazione complessiva di una serie di situazioni la cui soluzione, sotto il profilo tecnico, può incontrare difficoltà non facilmente superabili con la competenza professionale dei medesimi professionisti.
Il Comune, benché abbia esattamente individuato gli interventi da rendere oggetto dei servizi di che trattasi (considerato che gli stessi sarebbero stati inseriti negli strumenti di programmazione), non ha affatto offerto elementi idonei a giustificare l’esclusione dei geometri e geometri laureati dalla procedura.
In tal senso, la scelta della civica amministrazione deve essere giudicata non conforme a canoni di buona amministrazione considerato, peraltro, che ove fosse venuto in rilievo un intervento escluso dalla «competenza» dei geometri, gli uffici ben avrebbero potuto disporre, in ipotesi, successivamente, l’espulsione di siffatti professionisti dal novero dei soggetti da ammettere (non già alla manifestazione di interesse ma) al sorteggio previsto dallo stesso avviso. Esclusione, questa, che, ovviamente, non avrebbe potuto prescindere dalla valutazione delle specifiche e concrete caratteristiche dell’intervento da realizzare, senza precludere, ab origine ed in via del tutto astratta, l’ammissione dei predetti soggetti alla predetta fase di manifestazione di interesse.
A diverse conclusioni non può condurre l’affermazione della difesa comunale, avente valore meramente assertivo poiché non supportata da nessun elemento idoneo a smentire le affermazioni di parte ricorrente, secondo cui tutti gli interventi di progettazione contemplerebbero l’adeguamento antisismico degli edifici: un espresso, esclusivo e specifico riferimento a tale categoria di interventi non è dato rinvenirsi né nell’avviso pubblico (il quale si limita genericamente a richiamare, tra gli altri, gli interventi «strutturali» che, peraltro, non necessariamente ricomprendono misure antisismiche) né nel novero dell’esperienza curriculare richiesta ai professionisti, che, per il vero, punta l’attenzione, tra le altre, sulle esperienze di tema di adeguamento alla normativa di igiene, sicurezza ex d.lgs. n. 81 del 2008 ed agibilità di edifici scolastici.
Sotto altro profilo, lo stesso asserito inserimento delle opere nel programma triennale dei lavori pubblici, circostanza alla quale la difesa del Comune di Palermo correla la complessità delle stesse e la (necessaria) susseguente impossibilità per i geometri e geometri laureati di essere chiamati allo svolgimento delle attività di cui trattasi, non infirma quanto finora detto. L’inserimento dell’opera o dei lavori nel predetto programma (o elenco annuale) non dà luogo, per ciò stesso, alla complessità nell’accezione di cui all’art. 16 del r.d. n. 274 del 1929, per la semplice ragione che ben può venire in evidenza la presenza di opere di importo elevato (con obbligo, pertanto, di inserimento nel programma o nell’elenco) ma di modesta difficoltà quale può essere, di regola, una semplice manutenzione anche straordinaria (cfr. TAR Piemonte, sentenza n. 852 del 2007).
D’altronde, se da un lato è vero che l’obbligo per il consiglio comunale di inserire i lavori nel programma triennale o nell’elenco annuale assuma attualità qualora l’opera superi l’importo di centomila euro, è pur vero -ciò che smentisce ancor di più la necessaria correlazione tra detto importo e complessità dell’intervento- che siffatto valore altro non costituisce che la somma delle voci dell’intero quadro economico di cui all’art. 16 del d.P.R. n. 207 del 2010 (comprese, ad esempio, le somme a disposizione dell’amministrazione, non del tutto irrilevanti, inidonee in qualche modo a connotare le caratteristiche dell’opera), così come previsto dall’art. 6 della l.r. n. 12 del 2011 nonché dal decreto dell’Assessorato alle infrastrutture e mobilità della Regione Siciliana n. 14/OSS del 10.08.2012 (ad oggetto «procedura e schemi-tipo per la redazione del programma triennale […] ai sensi dell'articolo 128 del decreto legislativo 12.04.2006, n. 163 […] e degli articoli 13 e 271 del decreto del Presidente della Repubblica 05.10.2010, n. 207»).
8.- L’esclusione dei geometri e dei geometri laureati, alla luce di quanto sopra esposto, siccome censurata dalla parte ricorrente e nei termini in cui è stato voluto dal Comune di Palermo, si pone in contrasto con i parametri normativi di riferimento, sicché il ricorso va accolto con conseguente annullamento dell’atto impugnato nei limiti della domanda, ossia nella parte in cui l’impugnato avviso preclude a siffatta categoria di professionisti di accedere alla fase preliminare della procedura per cui è causa (TAR Sicilia-Palermo, Sez. III, sentenza 22.12.2014 n. 3422 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALI: Sulla competenza progettuale dell'ingegnere relativamente ai lavori di adeguamento alle norme di sicurezza di una scuola media quale "bene monumentale”.
Nella progettazione esecutiva dei lavori appaiono prevalenti le opere di impiantistica rispetto alle opere civili vere e proprie, e queste ultime sembrano afferire più propriamente ad attività riguardante l’edilizia civile in senso stretto, che non l’edilizia di rilevante carattere artistico, per la quale soltanto opera la riserva di professione (architetto) contemplata dall’art. 52 del r.d. n. 2537/1925.
Pertanto, gli interventi previsti sembrano rientrare tutti nella sfera di competenze propria della figura professionale dell’ingegnere.
Inoltre, la Soprintendenza si era già pronunciata in senso favorevole alla realizzazione delle opere in argomento in sede di parere sul progetto definitivo redatto dal solo ingegnere, valutando le soluzioni progettuali previste per l’esecuzione dei lavori come idonee e compatibili con la rilevanza architettonica dell’immobile. Di talché la Soprintendenza avrebbe dovuto motivare puntualmente in ordine alle ragioni poste a fondamento del diverso apprezzamento espresso oggi sulla compatibilità dell’intervento con l’interesse affidato alla sue cure, e non limitarsi a rilevare genericamente la mancata applicazione del predetto art. 52.

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... per l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia,
- del provvedimento della Soprintendenza di Messina prot. n. 4595/6 del 22.07.2014, con il quale non è stato reso il parere di competenza sul progetto esecutivo relativo ai lavori di adeguamento alle norme di sicurezza della Scuola media Giuseppe Mazzini di Messina, “in quanto il progetto è stato redatto esclusivamente dalla figura professionale dell’ingegnere su bene monumentale”;
- ove occorra, della nota della stessa Soprintendenza prot. n. 7202 dell'11.12.2013;
- della nota del Comune di Messina, prot. n. 216824 del 19.09.2014, con cui è stato dichiarato concluso l'incarico di progettazione del ricorrente;
...
- Ritenuto che nella progettazione esecutiva dei lavori appaiono prevalenti le opere di impiantistica rispetto alle opere civili vere e proprie, e che queste ultime sembrano afferire più propriamente ad attività riguardante l’edilizia civile in senso stretto, che non l’edilizia di rilevante carattere artistico, per la quale soltanto opera la riserva di professione contemplata dall’art. 52 del r.d. n. 2537/1925;
- Ritenuto, pertanto, che gli interventi previsti sembrano rientrare tutti nella sfera di competenze propria della figura professionale dell’ingegnere;
- Rilevato, inoltre, che la Soprintendenza si era già pronunciata in senso favorevole alla realizzazione delle opere in argomento in sede di parere sul progetto definitivo redatto dal solo ingegnere, valutando le soluzioni progettuali previste per l’esecuzione dei lavori come idonee e compatibili con la rilevanza architettonica dell’immobile (nota 23.11.2005, in atti);
- Ritenuto, conseguentemente, che la Soprintendenza avrebbe dovuto motivare puntualmente in ordine alle ragioni poste a fondamento del diverso apprezzamento espresso oggi sulla compatibilità dell’intervento con l’interesse affidato alla sue cure, e non limitarsi a rilevare genericamente la mancata applicazione del predetto art. 52;
- Ritenuto che sussiste, pertanto, il necessario “fumus” di fondatezza e che, in presenza altresì del danno grave ed irreparabile, occorre ordinare alla Soprintendenza di riesaminare la fattispecie in controversia, alla luce delle censure in ricorso e di quanto statuito con la presente ordinanza, entro il termine di giorni quindici dalla comunicazione o notifica, se anteriore, della presente ordinanza.
- Considerato che le spese della presente fase cautelare possono essere compensate atteso il carattere propulsivo del presente provvedimento cautelare;
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Prima) accoglie l’istanza di misure cautelari, nei termini di cui in parte motiva (TAR Sicilia-Catania, Sez. I, ordinanza 05.12.2014 n. 932 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

settembre 2014

COMPETENZE PROGETTUALI: La Sezione non si discosta dalla stessa giurisprudenza di questo Consesso la quale conferma la competenza del geometra nella progettazione in cemento armato di dimensioni minori, tra le quali, alla luce della disposizione citata, non sembra proprio potersi iscrivere un fabbricato-villino di abitazione che consta di sei piani e livelli.
Quanto poi alla sostenuta esistenza del limite dei 5000 mc., sino al quale il geometra potrebbe progettare opere in cemento armato, il Collegio non rileva nell’argomentazione dell’appellante la fonte normativa recante detto parametro. Il limite compare invece in una datata pronunzia di questo Consiglio (sez. V, n. 25/1999), peraltro assolutamente ignorata dalla successiva e prevalente giurisprudenza.

Entrando nei profili sostanziali della controversia, il secondo motivo argomenta in sintesi che la normativa non vieta in assoluto al geometra la progettazione di costruzioni in cemento armato, consentendogli in tale modalità le piccole costruzioni; tale precisazione della competenza è del resto stata evidenziata dalla giurisprudenza amministrativa ed in particolare il limite dimensionale sarebbe da individuarsi nei 5000 mc., sicché presentando il progetto assentito un volume di mc. 479 rientrava pienamente nelle competenze del tecnico che lo ha redatto. La tesi accolta dal TAR, infine, contrasterebbe con il dettato dell’art. 2, c. 14, della legge n. 1086/1971, che riconosce la competenza in questione con riferimento alle opere in conglomerato cementizio. Al riguardo il Collegio osserva quanto segue.
Non v’è dubbio che il divieto non deriva “tout court” dalla tipologia costruttiva nel materiale previsto dal progetto (per la competenza in generale a progettare in cemento armato vedasi ad es. Cons. di Stato, sez. Sez. IV, sent. n. 784/1997), ma la questione in controversia si correla diversamente a complessità e natura funzionale dell’edificio nella fattispecie concreta progettato ed assentito; la tesi che il geometra poteva progettare la costruzione in esame è smentita dal dato letterale dell’art. 16 del r.d. n 274/1929, rapportato alle caratteristiche della costruzione, quali emergono dagli atti; la norma, alla lettera “l”, dispone che la competenza riguarda “progetto, direzione, sorveglianza e liquidazione di costruzioni rurali e di edifici per uso d'industrie agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone”.
Nell’applicare alla fattispecie questo orientamento, la Sezione, peraltro, non si discosta dalla stessa giurisprudenza di questo Consesso citata dall’appellante (cfr. Cons. di Stato, sez. V, n. 7121/2003), la quale conferma la competenza del geometra nella progettazione in cemento armato di dimensioni minori, tra le quali, alla luce della disposizione citata, non sembra proprio potersi iscrivere un fabbricato-villino di abitazione che (come riferisce a p. 14 la documentata consulenza tecnica in atti a firma dell’arch. Remo Colonna) consta di sei piani e livelli.
Quanto poi alla sostenuta esistenza del limite dei 5000 mc., sino al quale il geometra potrebbe progettare opere in cemento armato, il Collegio non rileva nell’argomentazione dell’appellante la fonte normativa recante detto parametro. Il limite compare invece in una datata pronunzia di questo Consiglio (sez. V, n. 25/1999), peraltro assolutamente ignorata dalla successiva e prevalente giurisprudenza.
Infine sulla portata del citato art. 2 legge n. 1086/1971, basti considerare il fatto noto che le opere in conglomerato cementizio e quelle in cemento armato costituiscono nozioni diverse
(Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 22.09.2014 n. 4751 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

giugno 2014

COMPETENZE PROGETTUALI: Va esclusa la competenza di un geometra a dirigere i lavori del progetto di realizzazione di un fabbricato urbano composto di piano terra, primo piano e sottotetto con strutture portanti in cemento armato ovvero del progetto per la costruzione di un capannone per attività cinotecnica con annessi uffici e servizi, con strutture e fondazioni in cemento armato, dato che esula dalla competenza dei geometri la progettazione, direzione e vigilanza di costruzioni civili con strutture in cemento armato, qualunque ne sia l’importanza.
A non diversa soluzione deve pervenirsi anche per il progetto di realizzazione di un fabbricato rurale con struttura in cemento armato che consta di una costruzione avente pianta di sei metri per cinque ed una altezza media di quattro metri, con bagno e antibagno.
Per un verso, infatti, perché sussista la competenza di un geometra non è sufficiente la natura rurale del manufatto, ma occorre anche che si tratti di piccola costruzione accessoria che per la sua destinazione non possa, comunque, implicare pericolo per l’incolumità delle persone, come, invece, tendenzialmente avviene per le costruzioni comunque destinate ad ospitare persone, sia pure per un limitato lasso temporale.
Per altro e, comunque, decisivo verso, trattandosi di autorizzazioni sismiche, deve rammentarsi che quando l’immobile ricade in zona a rischio sismico acquista uno specifico rilievo, ai fini in esame, l’assoggettabilità di ogni intervento edilizio alla normativa di cui alla richiamata legge n. 64 del 1974 «imponente particolari calcoli, per costante giurisprudenza, esulanti dalle competenze professionali dei geometri», proprio perché, come si è in precedenza detto, il limite delle loro competenze (richiamato nell’art. 17, co. 2, della stessa legge n. 64 del 1971) è anche nel fatto –a norma dell’art. 16. lett. l), r.d. n. 274 del 1929 cit.– che si tratti di costruzioni che «non richiedono particolari operazioni di calcolo».

... per l'annullamento delle determinazioni assunte dall’Ufficio del Genio Civile di Caserta con note prot. n. 535689 del 07.07.2011, n. 621346 del 09.08.2011, n. 593533 del 28.07.2011, aventi ad oggetto la sostituzione di direttore dei lavori (geometra) con un tecnico laureato (ingegnere o architetto) poiché i lavori riguardano una struttura in c.a., nonché per l’accertamento della piena competenza da parte dei geometri alla progettazione e direzione dei lavori per opere anche in cemento armato di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie (in cemento armato) e per la progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili (anche in cemento armato).
...
Il ricorso, tuttavia, è infondato nel merito.
Affidando le proprie doglianze a più motivi di ricorso e producendo a sostegno un parere professionale, il Collegio ricorrente propugna la tesi che la competenza dei geometri si estenda all’attività di progettazione e di direzione dei lavori anche per le opere in cemento armato, purché si tratti di modeste costruzioni civili (secondo una valutazione tecnico-qualitativa da effettuarsi in concreto, caso per caso), e, in generale, per le costruzioni rurali e le opere accessorie civili di dimensioni minori.
Al riguardo, invoca le seguenti disposizioni relative alla competenza dei geometri:
- l’art. 16, lettere l) e m), del r.d. 11.02.1929, n. 274, che, nel definire l’oggetto e i limiti dell'esercizio professionale di geometra, vi comprende: «l) progetto, direzione, sorveglianza e liquidazione di costruzioni rurali e di edifici per uso d'industrie agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone …»; «m) progetto, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili»;
- l’art. 2, commi 1 e 2, della legge 05.11.1971, n. 1086, a mente dei quali: «1. La costruzione delle opere di cui all'articolo 1 [i.e.: opere in conglomerato cementizio armato (normale o precompresso); opere a struttura metallica] deve avvenire in base ad un progetto esecutivo redatto da un ingegnere o architetto o geometra o perito industriale edile iscritti nel relativo albo, nei limiti delle rispettive competenze. 2. L'esecuzione delle opere deve aver luogo sotto la direzione di un ingegnere o architetto o geometra o perito industriale edile iscritto nel relativo albo, nei limiti delle rispettive competenze»;
- l’art. 17, comma 2, della legge 02.02.1974, n. 64, che in materia di denuncia dei lavori per le costruzioni in zone sismiche, prevede che: «Alla domanda deve essere unito il progetto, in doppio esemplare e debitamente firmato da un ingegnere, architetto, geometra o perito edile iscritto nell'albo, nei limiti delle rispettive competenze, nonché dal direttore dei lavori»; nonché l’analoga previsione a livello regionale contenuta nell’art. 2, comma 4, della l.r. della Campania 07.01.1983, n. 9, la quale, per altro verso, sottopone l’attività di direzione dei lavori al controllo diretto e costante di un collaudatore in corso d’opera (art. 5).
Alla luce di tutto ciò, il ricorrente lamenta anche la sproporzione degli atti impugnati, la discriminazione a favore di altre categorie professionali (architetti ed ingegneri), il difetto di motivazione sulla valutazione in concreto dell’entità dei lavori affidati alla direzione dei tre geometri interessati, nonché un duplice profilo di contraddittorietà (rispetto al fatto che l’Ufficio del Genio Civile di Caserta ne avrebbe riconosciuto la competenza alla progettazione architettonica, negandola però alla direzione dei lavori progettati, e rispetto alla diversa prassi amministrativa degli altri Uffici provinciali del Genio Civile della stessa Regione Campania).
La tesi principale di parte ricorrente, secondo cui i geometri avrebbero competenza a progettare e a dirigere lavori anche per opere in cemento armato, purché si tratti di modeste costruzioni civili, trova, tuttavia, smentita nella corretta interpretazione del predetto quadro normativo, ripetutamente ribadita dai Giudici amministrativi e ordinari di ultima istanza, alla cui giurisprudenza ci si può senz’altro richiamare.
In particolare, per quanto riguarda questa giurisdizione, è stato di recente osservato che: «pare opportuno uniformarsi al consolidato quadro ermeneutico tracciato dalla più recente giurisprudenza civile ed amministrativa, cui si rinvia a mente dell’art. 74 c.p.a. (cfr. Cass. civ., sez. II, 07.09.2009, n. 19292; 08.04.2009, n. 8543; 26.07.2006, n. 17028; 22.04.2005, n. 8545; 30.03.2005, n. 6649; Cons. St., sez. V, 28.04.2011, n. 2537, recentemente confermata dalla sez. IV dello stesso Cons. di Stato, 28.11.2012 n. 6036), secondo cui: “A norma dell’art. 16 lett. m), r.d. 11.02.1929 n. 274, e come si desume anche dalle ll. 05.11.1971 n. 1086 e 02.02.1974 n. 64, che hanno rispettivamente disciplinato le opere in conglomerato cementizio e le costruzioni in zone sismiche, nonché dalla l. 02.03.1949 n. 144 (recante la tariffa professionale), esula dalla competenza dei geometri la progettazione di costruzioni civili con strutture in cemento armato, trattandosi di attività che, qualunque ne sia l’importanza, è riservata solo agli ingegneri ed architetti iscritti nei relativi albi professionali.
Solo le opere in cemento armato relative a piccole costruzioni accessorie rientrano nella competenza dei geometri, risultando ininfluente che il calcolo del cemento armato sia stato affidato ad un ingegnere o ad un architetto.
In buona sostanza, la competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l’adozione -anche parziale- di strutture in cemento armato; solo in via di eccezione, si estende anche a queste strutture, a norma della lett. l) del medesimo articolo 16, r.d. n. 274 cit., purché si tratti di piccole costruzioni accessorie nell’ambito di edifici rurali o destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone.
Per il resto, la suddetta competenza è comunque esclusa nel campo delle costruzioni civili ove si adottino strutture in cemento armato, la cui progettazione e direzione, qualunque ne sia l’importanza è pertanto riservata solo agli ingegneri ed architetti iscritti nei relativi albi professionali; sotto tale angolazione deve escludersi che le innovazioni introdotte nei programmi scolastici degli istituti tecnici possano ritenersi avere ampliato, mediante l’inclusione tra le materie di studio di alcuni argomenti attinenti alle strutture in cemento armato, le competenze professionali dei medesimi.
I limiti posti dall’art. 16, lett. m) cit. alla competenza professionale dei geometri:
a) rispondono ad una scelta inequivoca del legislatore, dettata da evidenti ragioni di pubblico interesse, che lascia all’interprete ristretti margini di discrezionalità, attinenti alla valutazione dei requisiti della modestia della costruzione, della non necessità di complesse operazioni di calcolo e dell’assenza di implicazioni per la pubblica incolumità;
b) indicano, di contro, un preciso requisito, ovverosia la natura di annesso agricolo dei manufatti, per le opere eccezionalmente progettabili dai predetti tecnici anche nei casi di impiego di cemento armato.
E’ pertanto esclusa la possibilità di un’interpretazione estensiva o «evolutiva» di tale disposizione, che, in quanto norma eccezionale, non si presta ad applicazione analogica, non potendosi pervenire ad una diversa conclusione neppure in virtù delle norme -art. 2, l. 05.11.1971 n. 1086 e art. 17, l. 02.02.1974 n. 64- che disciplinano le costruzioni in cemento armato e quelle in zone sismiche, in quanto le stesse richiamano i limiti delle competenze professionali stabiliti per i geometri dalla vigente normativa professionale” (Cons. St., sez. V, 28.04.2011, n. 2537)
» (cfr. C.G.A. Reg. Siciliana, Sezioni riunite, parere n. 1450/2013 del 28.11.2013, affare n. 219/2013).
Per quanto riguarda la giurisdizione ordinaria, altrettanto recentemente la Corte di Cassazione ha ribadito il principio, dalla stessa costantemente affermato, per cui «ai tecnici solo diplomati (geometri e periti in edilizia) è consentita soltanto la progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione in ogni caso di opere che prevedano l'impiego di strutture in cemento armato a meno che non si tratti di piccoli manufatti accessori, trattandosi di una scelta inequivoca del legislatore dettata da evidenti ragioni di pubblico interesse, i limitati margini di discrezionalità attesa la chiarezza e tassatività del precetto normativo (v. Cass. 08/04/2009 n. 8543 e la giurisprudenza ivi richiamata: Cass. 8545/2005, 7778/2005, 6649/2005, 3021/2005, 19821/2004, 5961/2004, 15327/2000, 5873/2000);
- tale disciplina professionale non è stata modificata dalla L. 05.11.1971, n. 1086 e dalla L. 02.02.1974, n. 64, le quali si sono limitate, pur senza esplicito richiamo, a recepire la previgente ripartizione di competenze né tale disciplina professionale è stata modificata dalla L. 05.11.1971, n. 1086, e dalla L. 02.02.1974, n. 64, le quali si sono limitate, pur senza esplicito richiamo, a recepire la previgente ripartizione di competenze (cfr., ex multis, Cass. 02/09/2011 n. 18038);
- resta in ogni caso esclusa la competenza del geometra per le modeste costruzioni civili che siano anche in cemento armato
» (cfr. Cass., sez. II, 30.08.2013, n. 19989).
Infatti, rileva la medesima Corte, «il R.D. n. 274 del 1929, art. 16, alla lett. l) estende la competenza del geometra, quanto alle "costruzioni rurali e di edifici per uso d'industrie agricole di limitata importanza" alle piccole "costruzioni accessorie in cemento armato", ma solo a determinate condizioni, mentre la lett. m) non contiene identica estensione per le costruzioni civili di modesta importanza» (ibidem).
Ed è proprio perché le leggi n. 1086 del 1971 e n. 64 del 1974 confermano la limitazione di competenze dei geometri che i suddetti limiti non potrebbero dirsi superati dall’abrogazione del r.d. 16.11.1939, n. 2229 (che riservava a ingegneri e architetti le opere in conglomerato cementizio semplice od armato) da parte del D.Lgs. 13.12.2010, n. 212 (“Abrogazione di disposizioni legislative statali, a norma dell'articolo 14, comma 14-quater, della legge 28.11.2005, n. 246”), tanto più che quest’ultimo è del tutto privo di carattere interpretativo della disciplina in materia di competenze del geometra.
Tanto basta per escludere –con riferimento ai progetti all’origine degli atti per cui è causa– che possa fondatamente affermarsi la competenza di un geometra a dirigere i lavori del progetto di realizzazione di un fabbricato urbano composto di piano terra, primo piano e sottotetto con strutture portanti in cemento armato, cui si riferisce la nota impugnata prot. 593533 del 29.07.2011, o del progetto per la costruzione di un capannone per attività cinotecnica con annessi uffici e servizi, con strutture e fondazioni in cemento armato, cui si riferisce la nota impugnata prot. 621346 del 09.08.2011, dato che esula dalla competenza dei geometri la progettazione, direzione e vigilanza di costruzioni civili con strutture in cemento armato, qualunque ne sia l’importanza.
A non diversa soluzione deve pervenirsi anche per il progetto di realizzazione di un fabbricato rurale con struttura in cemento armato, di cui alla nota impugnata prot. 535689 del 07.07.2011, che consta di una costruzione avente pianta di sei metri per cinque ed una altezza media di quattro metri, con bagno e antibagno.
Per un verso, infatti, come si è visto, perché sussista la competenza di un geometra, non è sufficiente la natura rurale del manufatto, ma occorre anche che si tratti di piccola costruzione accessoria che per la sua destinazione non possa, comunque, implicare pericolo per l’incolumità delle persone, come, invece, tendenzialmente avviene per le costruzioni comunque destinate ad ospitare persone, sia pure per un limitato lasso temporale.
Per altro e, comunque, decisivo verso, trattandosi di autorizzazioni sismiche, deve rammentarsi che quando l’immobile ricade in zona a rischio sismico acquista uno specifico rilievo, ai fini in esame, l’assoggettabilità di ogni intervento edilizio alla normativa di cui alla richiamata legge n. 64 del 1974 «imponente particolari calcoli, per costante giurisprudenza, esulanti dalle competenze professionali dei geometri» (cfr. Cass., sez. II, 08.04.2009, n. 8543), proprio perché, come si è in precedenza detto, il limite delle loro competenze (richiamato nell’art. 17, co. 2, della stessa legge n. 64 del 1971) è anche nel fatto –a norma dell’art. 16. lett. l), r.d. n. 274 del 1929 cit.– che si tratti di costruzioni che «non richiedono particolari operazioni di calcolo».
Ne resta dimostrata l’infondatezza del motivo principale di doglianza proposto dal ricorrente Collegio dei geometri.
Infondata è, altresì, la censura di carenza di motivazione. Alla luce del quadro normativo innanzi detto, infatti, le ragioni delle prescrizioni dell’Ufficio del Genio civile sono congruamente indicate ed immediatamente percepibili –in seno ad atti relativi ad autorizzazioni sismiche– nel richiamo alla natura delle opere ed alla competenza legalmente circoscritta dei geometri, fermo restando, comunque, che la censura del difetto di motivazione non è idonea ad inficiare la legittimità dell’atto ai sensi dell'art. 21-octies comma 2, prima parte, della legge n. 241 del 1990, ove, come è nel caso in esame, il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, trattandosi di atto vincolato all'applicazione della normativa disciplinante la materia.
Allo stesso modo devono essere rigettate le censure di eccesso di potere, poiché per gli atti a contenuto vincolato rileva esclusivamente la relativa conformità alla normativa applicabile e non sono configurabili vizi tipici dell'attività discrezionale, quali appunto l'eccesso di potere per disparità di trattamento, per sproporzione o per contraddittorietà.
Per queste ragioni, in conclusione, il ricorso deve essere respinto (TAR Campania-Napoli, Sez. II, sentenza 26.06.2014 n. 3521 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALIEdifici storici vincolati. Progettazione e direzione lavori agli architetti. Il Tar del Veneto esclude gli ingegneri dalle opere di restauro e ripristino.
Vietata la progettazione e la direzione lavori di immobili vincolati nel settore dei beni culturali; la competenza è degli architetti e non esiste un problema di «discriminazione inversa» dei nostri ingegneri con i colleghi degli altri paesi europei.

È quanto afferma il TAR Veneto, Sez. I, con la sentenza 03.06.2014 n. 743 relativa a un affidamento di progettazione e di direzione dei lavori di un immobile culturale (ex museo) sito in una area vincolata, aggiudicato, a seguito di procedura negoziata, a un ingegnere, ma impugnato da un architetto per violazione dell'art. 52, comma 2, del rd 23.10.1925 n. 2537.
La norma del '25 affida infatti alle competenze dell'architetto le opere di edilizia civile di rilevante carattere artistico e il restauro e ripristino degli edifici contemplati dall'articolo 22 del codice dei beni culturali.
Secondo un orientamento precedente dello stesso Tar, questa norma si sarebbe posta in violazione del diritto comunitario, che avrebbe quindi equiparato i due titoli, e doveva essere disapplicata. A tale tesi ha fatto riferimento il comune nel disporre l'affidamento all'ingegnere, ritenendo che anche da quanto affermato in sede comunitaria si sarebbe potuto dedurre l'esistenza, nel caso contrario, di una forma di discriminazione inversa, o «alla rovescia», che avrebbe penalizzato gli ingegneri italiani rispetto ai colleghi europei.
Sul punto la sentenza della Corte europea del 21.02.2013 (C111-12) ha stabilito il principio per cui, in base alla normativa sul riconoscimento dei diplomi, certificati e altri titoli del settore dell'architettura e sulle misure destinate ad agevolare l'esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione della professione di architetto (artt. 10 e 11 della direttiva 85/384/Cee), i professionisti con un titolo rilasciato in un altro stato membro, che abilita all'esercizio di attività nel settore dell'architettura, «possono svolgere, in quest'ultimo stato, attività riguardanti immobili di interesse artistico solamente qualora dimostrino, eventualmente nell'ambito di una specifica verifica della loro idoneità professionale, di possedere particolari qualifiche nel settore dei beni culturali».
Sulla base di questo principio il Consiglio di stato (sezione VI, n. 21/2014) ha successivamente escluso, contrariamente alla tesi del comune veneto affidatario dell'incarico, che si possa produrre un effetto di «reverse discrimination». I giudici veneti, aderendo a quanto sostenuto dal Consiglio di stato, affermano adesso che le norme comunitarie non impongono all'Italia di ritenere che il diploma di laurea in architettura e quello in ingegneria civile si pongano sullo stesso piano (e quindi che i due titoli risultino equivalenti).
Inoltre le stesse norme, afferma la sentenza veneta, non consentono a tutti gli ingegneri europei (tranne gli italiani) di esercitare attività comprese anche nelle competenze degli architetti, perché quel che conta è avere svolto un corso di studi finalizzato dell'attività di architetto, anche se con diploma diverso. Da ciò quindi l'inidoneità dell'ingegnere a partecipare alla procedura e, quindi a essere affidatario dell'incarico (articolo ItaliaOggi del 09.07.2014 - tratto da www.centrostudicni.it).

aprile 2014

COMPETENZE PROGETTUALILe competenze professionali degli agrotecnici in materia di opere di trasformazione e miglioramento fondiario non comprendono interventi di sistemazione forestale, rimboschimento o difesa del suolo.
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Non può essere considerata arbitraria e, quindi, illegittima la differenziazione tra agronomi e periti agrari da una parte e agrotecnici dall’altro che ammette solo i primi alla presentazione di domande e progetti concernenti interventi di gestione selvicolturale, microinterventi idraulico forestali o per il controllo di fenomeni di dissesto del suolo o di canalizzazione e regimazione delle acque.
La competenza degli agrotecnici resta essenzialmente connotata dal riferimento alla gestione economica e aziendale dei processi produttivi agricoli.
Quindi la indubbia esistenza di aree comuni tra le due professionalità non giunge a comprendere anche la realizzazione di progetti di sistemazione forestale, rimboschimento o difesa del suolo e governo delle acque, non rilevando ai fini della distinzione qualitativa degli interventi la dimensione degli stessi.

Il Collegio Interprovinciale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici Laureati di Oristano, Cagliari, Carbonia/Iglesias, Medio Campidano, e e il Collegio Interprovinciale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici Laureati di Sassari, Nuoro, Olbia/Tempio, Ogliastra, hanno agito in giudizio con ricorso dinanzi al TAR della Sardegna per l’annullamento della “Nota esplicativa” del bando per l’ammissione ai finanziamenti di cui al P.S.R. (Programma di Sviluppo Rurale) 2007-2013 – Asse 2 – Misura 226 dedicata alla “Ricostituzione del potenziale forestale e interventi preventivi”, nella parte in cui detta Nota individua quali «liberi professionisti che possono essere abilitati alla compilazione telematica delle domande di aiuto e di pagamento per la Misura 226» solo gli iscritti all’Ordine Dottori Agronomi e Forestali e all’Ordine degli Ingegneri, ed esclude, conseguentemente, le categorie professionali rappresentate dai Collegi ricorrenti.
Il TAR, con sentenza n. 43/2013, respingeva il ricorso affermando la legittimità della nota impugnata che è adeguatamente motivata e conforme al bando e non viola le norme che disciplinano l’attività professionale degli agrotecnici né le loro competenze rivolte prevalentemente agli aspetti economici e gestionali dell’azienda agraria a differenza di quelle degli agronomi rivolte a valorizzare i processi produttivi dell’azienda agraria.
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L’appello è infondato.
6.1. – Il Collegio, dopo il necessario approfondimento sulla base dei motivi di appello, conferma l’orientamento già espresso da questa Sezione nel corso del giudizio di primo grado con la ordinanza n. 3572 del 04.07.2012, secondo il quale le competenze professionali degli agrotecnici in materia di opere di trasformazione e miglioramento fondiario non comprendono interventi di sistemazione forestale, rimboschimento o difesa del suolo quali quelli in questione.
6.2. – La questione centrale proposta dai motivi di appello riguarda la interpretazione della modifica aggiuntiva introdotta -nell’art. 11, comma 1, lett. c, della legge n. 251/1986 che definisce le competenze professionali degli agrotecnici- dall’art. 26, comma 7-ter, della legge n. 31/2008 e concernente l’attribuzione della competenza relativa alla progettazione e costruzione di opere di trasformazione e miglioramento fondiario.
6.3. Preliminarmente si deve osservare che, contrariamente a quanto sostenuto nell’appello, la norma nel testo modificato è interamente riportata al punto 8.1. della sentenza impugnata e quindi è stata da essa pienamente considerata.
6.4. – Nel merito è dirimente l’esame testuale di questa norma che non conferma l’interpretazione sostenuta dagli appellanti. Dopo la modifica aggiuntiva la citata lettera c) dell’art. 11 prevede: “c) l’assistenza tecnico-economica agli organismi cooperativi ed alle piccole e medie aziende, compresa la progettazione e direzione di piani colturali aziendali ed interaziendali, anche ai fini della concessione dei mutui fondiari, nonché le opere di trasformazione e miglioramento fondiario”.
L’aggiunta in questione recata dalla legge n. 31/2008 riguarda le parole dopo “nonché”. Se si fa la dovuta attenzione ai nessi sintattici e alle virgole è evidente che l’espressione introdotta da “nonché” è dipendente dalla parola “compresa”, che a sua volta specifica la precisa competenza attribuita dalla lettera c): “l’assistenza tecnico-economica agli organismi cooperativi ed alle piccole e medie aziende”; in ogni caso la proposizione introdotta da “nonché” non ha alcuna relazione sintattica con le parole progettazione e direzione che sono esclusivamente e certamente riferite solo ai “piani colturali aziendali ed interaziendali”, in riferimento ai quali tali parole hanno un diverso e coerente significato, avendo i piani colturali una prevalente valenza tecnico-economica nell’ambito della conduzione della Azienda agricola. E’ invece non corretta la connessione operata dagli appellanti -estrapolando liberamente e impropriamente le parole contenute nella disposizione- tra le parole “progettazione e direzione” e le parole “opere di trasformazione e miglioramento fondiario”.
6.5. – In base alla ricostruzione sopra riportata è dunque evidente che la competenza attribuita più di recente ai professionisti iscritti all’albo degli agrotecnici è una specificazione dell’assistenza tecnico-economica alle aziende agrarie e non estende oltre i limiti dell’assistenza tecnico-economica l’ambito riconosciuto a questa professionalità.
6.6. – Nello stesso senso va interpretata la disposizione del DM del Ministro dell’Interno 05.08.2011 (fonte non legislativa e dunque meramente attuativa dell’art. 11 della legge 251 più volte citata) che abilita l’agrotecnico iscritto all’albo a svolgere le attività di prevenzione degli incendi ed il rilascio dei relativi certificati e dunque a svolgere i relativi compiti in quanto connessi all’ amministrazione e gestione dell’azienda agricola .
6.7. Resta dunque pienamente valida e confermata dalla esegesi normativa della modifica apportata all’art. 11 più volte citato, la differenziazione ai fini del presente giudizio tra agrotecnici e periti agrari a cui è invece attribuita l’attività di progettazione relativa alle medesime opere di trasformazione e miglioramento fondiario e non l’assistenza tecnico economica. Non vi è quindi contraddizione tra la sentenza impugnata in questo giudizio e la diversa pronuncia adottata dallo stesso TAR nello stesso giorno con la sentenza n. 44/2013, che ha invece ammesso i periti agrari all’attività di progettazione per le medesime opere.
6.8. – Non contraddicono questa impostazione i pareri del Consiglio di Stato citati dall’appellante e segnatamente il più recente n. 4335 del 24.10.2012, ampiamente citato nell’appello, che riguarda l’equiparazione a vari fini tra i titoli di studio di agrotecnico e perito agrario. Lo stesso parere è chiarissimo nell’affermare che l’accesso di entrambi i titoli di studio all’esame di abilitazione per l’esercizio di entrambe le professioni non smentisce ma conferma che le aree professionali restano diverse, ma che la specificità professionale “è sufficientemente salvaguardata proprio dall’esame di abilitazione”.
6.9. – I restanti argomenti contenuti nell’appello quali la violazione della riserva di legge statale in materia di professioni o delle regole della concorrenza sono da respingere in quanto meramente consequenziali alla errata interpretazione delle norme di legge statale assunta dagli appellanti, che va nel senso di attribuire agli agrotecnici una autonoma e piena competenza alla progettazione di opere di trasformazione e miglioramento e non solo ai profili di assistenza tecnico-economica relativi a tali attività.
6.10. – In conclusione, debitamente approfonditi tutti i motivi di appello, non può essere considerata arbitraria e quindi illegittima la differenziazione tra agronomi e periti agrari da una parte e agrotecnici dall’altro che ammette solo i primi alla presentazione di domande e progetti concernenti interventi di gestione selvicolturale, microinterventi idraulico forestali o per il controllo di fenomeni di dissesto del suolo o di canalizzazione e regimazione delle acque. Le argomentazioni svolte confermano che la competenza degli agrotecnici resta essenzialmente connotata dal riferimento alla gestione economica e aziendale dei processi produttivi agricoli. Quindi la indubbia esistenza di aree comuni tra le due professionalità non giunge a comprendere anche la realizzazione di progetti di sistemazione forestale, rimboschimento o difesa del suolo e governo delle acque, non rilevando ai fini della distinzione qualitativa degli interventi la dimensione degli stessi (Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza 10.04.2014 n. 1738 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

gennaio 2014

COMPETENZE PROGETTUALIOggetto: competenze professionali - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 09.01.2014 n. 21 (MIBAC, Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Veneto, circolare 16.01.2014 n. 5/2014).

COMPETENZE PROGETTUALIGli architetti hanno la competenza esclusiva sugli edifici storici.
E’ quanto statuito dal Consiglio di Stato, Sez. VI, con la sentenza 09.01.2014 n. 21.
In Italia le professioni di ingegnere e di architetto sono disciplinate dal Regio Decreto 2537/1925.
L’art. 52 del decreto assegna la competenza per le opere di edilizia civile sia agli ingegneri che agli architetti.
La Corte di giustizia dell’UE ha chiarito che
la direttiva europea 85/384/CEE non impone allo Stato membro di porre i diplomi di laurea in architettura e in ingegneria civile su un piano di perfetta parità per quanto riguarda l’accesso alla professione di architetto in Italia né tantomeno essa può essere di ostacolo ad una normativa nazionale che riservi ai soli architetti i lavori riguardanti gli immobili d’interesse storico-artistico sottoposti a vincolo (in tal senso: Cons. Stato, sent. 5239/2006, cit.).
Successivamente la Corte ha chiarito che “
quando si tratti di una situazione puramente interna ad uno Stato membro, né la direttiva 85/384 -in particolare i suoi artt. 10 e 11, lett. g)- né il principio della parità di trattamento ostano ad una normativa nazionale che riconosce, in linea di principio, l'equivalenza dei titoli di architetto e di ingegnere civile, ma riserva ai soli architetti i lavori riguardanti in particolare gli immobili vincolati appartenenti al patrimonio artistico”.
L’esame della normativa comunitaria rende chiaro che l’inclusione negli elenchi nazionali predisposti –per così dire– ‘a regìme’ è consentita solo ai professionisti i quali abbiano svolto un adeguato percorso di formazione tipico della professione di architetto.
Ed infatti, la stessa direttiva 85/384/CEE, all’articolo 3, individua il contenuto minimo obbligatorio che i percorsi formativi nazionali devono possedere affinché i professionisti che abbiano seguito tali percorsi possano plenoiure essere inclusi negli elenchi nazionali che consentono ai relativi iscritti di vantare il diritto al mutuo riconoscimento e alla libera circolazione.
Esaminando il contenuto minimo obbligatorio che la direttiva europea impone affinché un determinato percorso di formazione sia incluso fra quelli che consentono di invocare il mutuo riconoscimento, ci si rende conto che tali requisiti sono pienamente compatibili con il consolidato orientamento del CdS il quale ha ritenuto del tutto congrua e non irragionevole la parziale riserva di cui all’articolo 52 del R.D. 2537 del 1925.
La giurisprudenza del CdS ha giustificato dal punto di vista sistematico la richiamata, parziale riserva sul rilievo secondo cui “
per quanto nel corso di studi degli ingegneri civili non manchino approfondimenti significativi nel settore dell’architettura, al professionista architetto si riconosce generalmente una maggiore capacità, frutto di maggiori studi e approfondimenti della evoluzione dell’architettura sul piano storico e di un più marcato approccio umanistico alla professione, di penetrare le problematiche e le sottese valutazioni tecniche afferenti gli immobili o le opere di rilevanza artistica” (in tal senso, da ultimo, la stessa ordinanza di rimessione di questa Sezione n. 386/2012, dinanzi richiamata).
Con le motivazioni di sopra riportate il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso in appello n. 2527/2009 proposto dagli Ordini degli ingegneri delle province di Venezia, Padova, Treviso, Vicenza, Verona, Rovigo e Belluno avente ad oggetto controversie insorte in ordine alla legittimità di determinazioni amministrative consistite essenzialmente nell’escludere professionisti italiani appartenenti alla categoria degli ingegneri dal conferimento in Italia di incarichi afferenti la direzione di lavori da eseguirsi su immobili di interesse storico-artistico (commento tratto da www.tecnici24.ilsole24ore.com).
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Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dal Ministero per i beni e le attività culturali avverso la sentenza del TAR del Veneto con cui è stato accolto il ricorso proposto dall’Ingegner Mosconi e dall’Ordine degli Ingegneri di Verona e provincia e per l’effetto –previa disapplicazione delle disposizioni di cui all’articolo 52 del r.d. 2537 del 23.10.1925 (‘Approvazione del regolamento per le professioni d’ingegnere e di architetto’)- è stato disposto l’annullamento del provvedimento con cui la competente Soprintendenza aveva negato il subentro dell’Ingegner Mosconi nella direzione di alcuni lavori da realizzarsi su un immobile sottoposto a vincolo ai sensi del decreto legislativo 29.10.1999, n. 490 (‘Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma dell'articolo 1 della L. 08.10.1997, n. 352’ – in seguito: decreto legislativo 22.01.2004, n. 42 -).
Giunge, altresì, alla decisione del Collegio il ricorso proposto da sette Ordini degli ingegneri della Regione Veneto avverso la sentenza del TAR del Veneto con cui è stato respinto il ricorso da essi proposto avverso il bando e il disciplinare di gara per l’affidamento del servizio di direzione dei lavori e di coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione dei lavori di restauro e recupero funzionale di alcuni immobili sottoposti a vincolo ai sensi del richiamato decreto legislativo n. 490 del 1999.
Va disposta anzitutto la riunione dei ricorsi in appello di cui in epigrafe atteso che gli stessi, supponendo la soluzione di analoghe questioni giuridiche, meritano di essere trattati congiuntamente per essere definiti con un’unica sentenza.
Nel merito, il ricorso n. 6736/2008 –proposto dal Ministero per i beni e le attività culturali– deve essere accolto, mentre deve essere respinto il ricorso n. 2527/2009 –proposto dagli Ordini degli Ingegneri delle Province del Veneto-.
Giova premettere che
la questione della complessiva compatibilità de iure communitario della parziale riserva di cui all’articolo 52 del R.D. 2537 del 1925 è stata scrutinata da questo Giudice di appello attraverso un filone giurisprudenziale ormai consolidato (e le cui conclusioni sono qui condivise) il quale è giunto a soluzioni sostanzialmente condivise circa l’insussistenza di profili di incompatibilità con i pertinenti dettami del diritto dell’Unione europea (ex multis: Sez. VI, 16.05.2006, n. 2776; id., VI, 11.09.2006, n. 5239; id., VI, 24.10.2006, n. 6343).
Con la presente decisione, quindi, ci si domanderà in particolare se le conclusioni cui il richiamato orientamento è sino ad oggi pervenuto possano essere in qualche misura revocate in dubbio in considerazione del paventato rischio che le disposizioni di cui al richiamato articolo 52 possano determinare, in danno degli Ingegneri italiani, un fenomeno di ‘reverse discrimination’ –o discriminazione alla rovescia– (un fenomeno, quest’ultimo, noto alla normativa e alla giurisprudenza nazionale e in relazione al quale il Legislatore ha da ultimo approntato un rimedio generale di tutela preventiva attraverso l’adozione dell’articolo 53 della l. 24.12.2012, n. 234 –sul punto, v. infra-).
Tanto premesso sotto l’aspetto generale, si svolgeranno qui di seguito alcune considerazioni utili a delimitare il campo d’indagine della presente decisione.
Per quanto riguarda, in primo luogo, la delimitazione dell’ambito oggettivo della richiamata, parziale riserva,
la giurisprudenza di questo Consiglio ha condivisibilmente osservato che, ai sensi dell’articolo 52, cit., non la totalità degli interventi concernenti gli immobili di interesse storico e artistico deve essere affidata alla specifica professionalità dell’architetto, ma solo “le parti di intervento di edilizia civile che riguardino scelte culturali connesse alla maggiore preparazione accademica conseguita dagli architetti nell’ambito del restauro e risanamento degli immobili di interesse storico e artistico”, restando invece nella competenza dell’ingegnere civile la cd. parte tecnica, ossia “le attività progettuali e di direzione dei lavori che riguardano l’edilizia civile vera e propria (…) (in tal senso: Cons. Stato, VI, 11.09.2006, n. 5239).
Il che, come è evidente, sortisce di per sé l’effetto di ridurre grandemente la portata di un eventuale effetto di ‘reverse discrimination’ (effetto che, comunque –e per le ragioni che nel prosieguo si esporranno– non è comunque nel caso di specie configurabile).
Ed infatti, nonostante alcune enfatizzazioni sul punto contenute nelle difese delle parti in causa, la presente controversia non involge la generale questione della delimitazione oggettiva delle professioni di architetto e di ingegnere (si tratta di una questione che, allo stato attuale di evoluzione dell’ordinamento comunitario, non conosce misure di armonizzazione al livello UE, né interventi di ravvicinamento delle legislazioni), né le condizioni di accesso a tali professioni.
Allo stesso modo,
la presente controversia non riguarda la più o meno integrale assimilazione fra i due ambiti professionali al livello comunitario o nazionale, ma concerne (anche all’esito delle indicazioni interpretative fornite dalla Corte di giustizia) la ben più limitata questione relativa al se la previsione di cui al più volte richiamato articolo 52 determini una ‘discriminazione alla rovescia’ in danno dell’ingegnere italiano nei confronti dell’ingegnere di un qualunque altro Paese dell’Unione europea e in relazione ad alcune soltanto delle attività che l’architetto può esercitare in relazione alle opere ed interventi che presentano rilevante carattere artistico o che riguardano beni di interesse storico e culturale (ci si riferisce alle sole opere di edilizia civile, con esclusione dell’ampio novero degli interventi inerenti la c.d. ‘parte tecnica’).
Sempre con riferimento all’ambito di applicazione della parziale riserva di cui al più volte richiamato articolo 52,
la giurisprudenza nazionale (ancora una volta, sulla scorta dei chiarimenti interpretativi forniti dalla Corte di giustizia dell’UE) ha ulteriormente chiarito che le disposizioni della direttiva 85/384/CEE (concernente il reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli del settore dell'architettura e comportante misure destinate ad agevolare l'esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione di servizi e da ultimo trasfusa nel corpus della direttiva 2005/37/CE) non hanno in alcun modo comportato la piena equiparazione dei titoli di architetto e di ingegnere civile ai fini dell’esercizio delle attività professionali nel campo dell’architettura.
Al riguardo, la stessa Corte di Giustizia ha chiarito che la direttiva 85/384/CEE non si propone di disciplinare le condizioni di accesso alla professione di architetto, né di definire la natura delle attività svolte da chi esercita tale professione. In particolare, dal nono “considerando” di tale direttiva risulta che il suo articolo 1, n. 2, non intende fornire una definizione giuridica delle attività del settore dell’architettura.
Spetta, piuttosto, alla normativa nazionale dello Stato membro ospitante individuare le attività che ricadono in tale settore.
Al contrario, la direttiva 85/384/CEE ha ad oggetto solamente il reciproco riconoscimento, da parte degli Stati membri, dei diplomi, dei certificati e degli altri titoli rispondenti a determinati requisiti qualitativi e quantitativi minimi in materia di formazione, allo scopo di agevolare l’esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione di servizi per le attività del settore dell’architettura, come emerge dal secondo “considerando” della medesima direttiva.
Tale direttiva prevede, inoltre, un regime transitorio diretto, in particolare, a preservare i diritti acquisiti dai possessori di titoli già rilasciati dagli Stati membri anche qualora tali titoli non soddisfino i detti requisiti minimi.
Inoltre (come chiarito dalla medesima Corte di giustizia), sebbene l’art. 11, lett. g), della direttiva 85/384 menzioni, per l’Italia, i diplomi di “laurea in architettura” e di “laurea in ingegneria” come titoli che beneficiano del regime transitorio previsto dall’art. 10 di tale direttiva, ciò è solo al fine di assicurare il riconoscimento di tali diplomi da parte degli altri Stati membri, e non allo scopo di armonizzare, nello Stato membro interessato, i diritti conferiti da tali diplomi per quanto riguarda l’accesso alle attività di architetto (in tal senso, l’ordinanza della Corte 05.04.2004 in causa C-3/02, resa nell’ambito di un rinvio pregiudiziale sollevato dal TAR del Veneto nell’ambito del ricorso di primo grado n. 1994/2001 –Mosconi Alessandro e altri-).
In definitiva, secondo la Corte di giustizia, la più volte richiamata direttiva non impone allo Stato membro di porre i diplomi di laurea in architettura e in ingegneria civile indicati all’articolo 11 su un piano di perfetta parità per quanto riguarda l’accesso alla professione di architetto in Italia; né tantomeno essa può essere di ostacolo ad una normativa nazionale che riservi ai soli architetti i lavori riguardanti gli immobili d’interesse storico-artistico sottoposti a vincolo (in tal senso: Cons. Stato, sent. 5239/2006, cit.).
La Corte di giustizia (la quale –come si è detto in precedenza– è stata adita per ben due volte nel corso della presente vicenda contenziosa ai sensi dell’articolo 234 del TCE –in seguito: articolo 267 del TFUE-) ha reso statuizioni che risultano determinanti al fine di delimitare e definire la controversia nel suo complesso.
Con la prima di tali decisioni (si tratta dell’ordinanza in data 05.04.2004 sul ricorso C-3/02, resa sull’ordinanza di rimessione del TAR del Veneto n. 4236/2001)
la Corte ha chiarito:
- che l’articolo 52, secondo comma, del R.D. 2537 del 1925 non è ex se incompatibile con la direttiva comunitaria 85/384/CEE, in quanto (come si è già anticipato) quest’ultima non si propone di disciplinare le condizioni di accesso alla professione di architetto né di definire la natura delle attività svolte da chi esercita tale professione, ma soltanto di garantire “il reciproco riconoscimento, da parte degli Stati membri, dei diplomi, dei certificati e degli altri titoli rispondenti a determinati requisiti qualitativi e quantitativi minimi in materia di formazione allo scopo di agevolare l'esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi per le attività del settore dell'architettura”;
- che la richiamata direttiva non obbliga in alcun modo gli Stati membri a porre i diplomi di laurea in architettura ed in ingegneria civile (con particolare riguardo a quelli indicati all'articolo 11) su un piano di perfetta parità ai fini dell'accesso alla professione di architetto in Italia, ma, in coerenza con il principio di non discriminazione tra Stati membri, impone soltanto di non escludere da tale accesso in Italia coloro che siano in possesso di un diploma di ingegneria civile o di un titolo analogo rilasciato da un altro Stato membro, laddove tuttavia (e si tratta di un chiarimento determinante ai fini della presente decisione) tale titolo risulti abilitante –in base alla normativa di quello Stato membro– all’esercizio di attività nel settore dell’architettura (e nel prosieguo della presente decisione si vedrà che tale possibilità non può essere ammessa in modo indiscriminato ai professionisti ingegneri, ma solo al ricorrere di alcune tassative condizioni);
- che la direttiva 85/384/CEE non trova in definitiva applicazione in relazione alla fattispecie di causa, poiché le relative disposizioni non impongono in alcun modo all’Italia di non escludere gli ingegneri civili che hanno conseguito in Italia il proprio titolo dall’attività di cui all’articolo 52, comma 2, del R.D. 2537 del 1925 (ma le impongono soltanto di non escludere –nella logica del mutuo riconoscimento e della libera circolazione che caratterizza la direttiva in parola- gli ingegneri civili o possessori di analoghi titoli conseguiti in altri Stati membri al ricorrere delle condizioni dinanzi richiamate).

Sotto tale aspetto, la Corte ha svolto una considerazione che ha in seguito assunto un rilievo dirimente nella complessiva economia del giudizio, laddove ha affermato che “
è vero che, come sostiene la Commissione, ne può derivare una discriminazione alla rovescia, poiché gli ingegneri civili che hanno conseguito i loro titoli in Italia non hanno accesso, in tale Stato membro, all'attività di cui all'art. 52, secondo comma, del R.D. 2537 del 1925, mentre tale accesso non può essere negato alle persone in possesso di un diploma di ingegnere civile o di un titolo analogo rilasciato in un altro Stato membro, qualora tale titolo sia menzionato nell'elenco redatto ai sensi dell'art. 7 della direttiva 85/384/CEE o in quello di cui all’art.11 della detta direttiva. 53. Tuttavia, dalla giurisprudenza della Corte emerge che, quando si tratta di una situazione puramente interna come quella di cui alla causa principale, il principio della parità di trattamento sancito dal diritto comunitario non può essere fatto valere. In una situazione del genere spetta al giudice nazionale stabilire se vi sia una discriminazione vietata dal diritto nazionale e, se del caso, decidere come essa debba essere eliminata (…)”.
Di conseguenza, la Corte ha concluso nel senso che “
quando si tratti di una situazione puramente interna ad uno Stato membro, né la direttiva 85/384 -in particolare i suoi artt. 10 e 11, lett. g) -né il principio della parità di trattamento ostano ad una normativa nazionale che riconosce, in linea di principio, l'equivalenza dei titoli di architetto e di ingegnere civile, ma riserva ai soli architetti i lavori riguardanti in particolare gli immobili vincolati appartenenti al patrimonio artistico”.
Con la seconda delle richiamate decisioni (si tratta della sentenza della quinta sezione del 21.02.2013 sul ricorso C-111/12, resa sull’ordinanza di rimessione del Consiglio di Stato n. 386/2012) la Corte ha dovuto pronunziarsi su un’ulteriore ipotesi ricostruttiva prospettata da questo Consiglio di Stato in sede di ordinanza di rimessione.
In particolare, questo Giudice di appello (mosso dall’evidente intento di rinvenire una sintesi fra –da un lato- l’obbligo di matrice comunitaria di operare il mutuo riconoscimento delle professionalità straniere coperte dalle previsioni della direttiva 85/384/CEE e –dall’altro- l’esigenza di prevenire i richiamati, possibili fenomeni di ‘reverse discrimination’) aveva ipotizzato un sistema applicativo volto a temperare entrambe le richiamate esigenze.
Segnatamente, con l’ordinanza di rimessione n. 386/2012 questo Consiglio aveva ipotizzato l’introduzione (invero, ex novo) di una prassi applicativa consistente nel sottoporre anche i professionisti provenienti da altri Paesi membri dell’UE (e ancorché muniti di titolo astrattamente idoneo all’esercizio delle attività rientranti nel settore dell’architettura), a una specifica ed ulteriore verifica di idoneità professionale (in tutto simile a quelle svolta nei confronti dei professionisti italiani in sede di esame di abilitazione alla professione di architetto) ai limitati fini dell’accesso alle attività professionali contemplate nell’art. 52, comma secondo, prima parte del Regio decreto n 2357 del 1925.
Come si è anticipato in narrativa,
la Corte di giustizia non ha condiviso l’ipotesi formulata da questo Consiglio di Stato e ha concluso nel senso che gli articoli 10 e 11 della direttiva 85/384/CEE devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa nazionale (rectius: a una prassi applicativa, quale quella ipotizzata in sede di ordinanza di rimessione) secondo cui persone in possesso di un titolo rilasciato da uno Stato membro diverso dallo Stato membro ospitante (titolo, questo, abilitante all’esercizio di attività nel settore dell’architettura ed espressamente menzionato al citato articolo 11), possono svolgere, in quest’ultimo Stato, attività riguardanti immobili di interesse artistico solamente qualora dimostrino, eventualmente nell’ambito di una specifica verifica della loro idoneità professionale, di possedere particolari qualifiche nel settore dei beni culturali.
In definitiva la Corte ha ritenuto di non potersi pronunziare in modo espresso sul se la normativa italiana rilevante comporti o meno un fenomeno di ‘discriminazione alla rovescia’ in danno dei professionisti italiani (giacché ciò esula dalle sue competenze istituzionali, le quali non includono le ‘situazioni puramente interne’, al cui ambito sono pacificamente da ricondurre le controversie in esame –punto 34 della motivazione-).
Tuttavia, la Corte ha ritenuto di dover comunque definire e chiarire ulteriormente i contorni applicativi della normativa comunitaria dinanzi richiamata (e segnatamente, degli obblighi di mutuo riconoscimento di cui agli articoli 7, 10 e 11 della direttiva 85/384/CEE) al fine di consentire a questo Giudice del rinvio di disporre di una quadro conoscitivo più completo per definire il giudizio –ad esso solo demandato in via esclusiva– relativo alla sussistenza o meno del richiamato fenomeno di discriminazione alla rovescia.
Ebbene, impostati in tal modo i termini concettuali della questione, il Collegio ritiene che l’esame degli atti di causa e della pertinente normativa comunitaria e nazionale non palesino i paventati profili di discriminazione alla rovescia in danno dell’ingegnere civile italiano, al quale (nella tesi degli ordini degli Ingegneri appellanti nel ricorso n. 2527/2009, condivisa dal TAR del Veneto con la sentenza n. 3630/2007) sarebbe indiscriminatamente e irrazionalmente vietato l’esercizio di alcune attività professionali (quelle inerenti gli interventi sui beni di interesse storico e artistico) le quali –al contrario– sarebbero altrettanto indiscriminatamente consentite agli Ingegneri di altri Paesi dell’Unione europea.
Al riguardo si osserva in primo luogo che la richiamata sentenza n. 3630/2007 sembra essere incorsa in una semplificazione eccessiva dei termini della questione laddove (indotta forse dalle abili prospettazioni di parte) ha descritto un quadro normativo e applicativo non coincidente con quello effettivamente riscontrabile.
Secondo il TAR, in particolare, sussisterebbe una ‘evidente’ disparità di trattamento ai danni degli ingegneri civili italiani (pag. 9 della motivazione) in quanto, di fatto, a tutti gli ingegneri civili italiani sarebbero indiscriminatamente vietate tutte le attività riconducibili all’articolo 52, cit., mentre –al contrario– a tutti gli ingegneri civili di altri Paesi dell’Unione l’esercizio di quelle stesse attività sarebbe indiscriminatamente consentito.
Secondo i primi Giudici, in particolare, “nel momento in cui la normativa europea afferma che l’ingegnere civile laureatosi in Italia può svolgere l’attività propria dell’architetto in tutta l’Europa, ma (in virtù di una norma interna) non in Italia, si offre al giudice italiano un parametro normativo per un giudizio di disapplicazione della norma interna contrastante con quella europea”.
Al riguardo i primi Giudici proseguono affermando che “è evidente l’arbitraria discriminazione a danno degli ingegneri civili italiani operata dalla norma in esame, i quali, equiparati agli ingegneri civili ed agli architetti europei dalla normativa comunitaria, possono esercitare, diversamente da questi ultimi, l’attività professionale riservata ai titolari di diploma di architetto in tutta l’Europa, ma non in Italia: discriminazione che, trovando causa nel contrasto tra la normativa nazionale e il diritto comunitario, va risolta con la disapplicazione della disciplina interna e la conseguente invalidità degli atti applicativi”.
Al riguardo si osserva:
- che, come più volte chiarito, nello stato attuale di evoluzione del diritto comunitario, la disciplina sostanziale dell’attività degli architetti e degli ingegneri non costituisce oggetto di armonizzazione, né di ravvicinamento delle legislazioni, così come risulta allo stato non armonizzata la disciplina delle condizioni di accesso a tali professioni, ragione per cui non risulta esatto affermare (contrariamente a quanto si legge a pag. 10 della sentenza n. 3630, cit.) che la direttiva 384, cit. avrebbe sancito la piena “equiordinazione sul piano comunitario dei titoli di ingegnere civile e di architetto”;
- che lo stesso passaggio dell’ordinanza della Corte di giustizia del 05.04.2004 il quale ha ipotizzato la sussistenza nell’ordinamento italiano di un’ipotesi di ‘reverse discrimination’ in danno dell’ingegnere civile italiano e in favore di ogni altro ingegnere di altri Paesi UE, non ha in alcun modo affermato la sicura sussistenza di una siffatta discriminazione, ma ne ha soltanto ipotizzato la possibilità, al ricorrere di taluni presupposti soggettivi e oggettivi, la cui ricorrenza dovrà essere scrutinata dal Giudice nazionale del rinvio. In particolare, con la decisione dell’aprile 2004, la Corte ha affermato che tale ipotesi potrebbe verificarsi nella sola ipotesi in cui il possesso di un diploma di ingegnere civile o di un titolo analogo rilasciato da altro Paese dell’UE fosse espressamente menzionato negli elenchi redatti –per così dire: - ‘a regìme’ ai sensi dell’articolo 7 della direttiva 85/384/CEE, ovvero nello speciale elenco transitorio di cui agli articoli 10 e 11 della medesima direttiva e laddove analoga possibilità fosse esclusa nei confronti di un professionista italiano in possesso dei medesimi requisiti.
Tuttavia,
è del tutto determinante osservare che (contrariamente a quanto affermato nell’impugnata sentenza n. 3630/2007 e a quanto sembrano sostenere gli Ordini degli ingegneri appellanti nel ricorso n. 2527/2009) non tutti i diplomi, certificati e altri titoli di ingegnere civile rilasciati da altri Paesi dell’UE consentono l’indifferenziato svolgimento di tutte le attività proprie della professione di architetto.
Al contrario, l’esame della pertinente normativa comunitaria (e, segnatamente, dell’articolo 7 della direttiva 85/384/CEE) rende chiaro che l’inclusione negli elenchi nazionali predisposti –per così dire– ‘a regìme’ ai sensi del medesimo articolo 7 è consentita solo ai professionisti i quali abbiano svolto un adeguato percorso di formazione tipico della professione di architetto.
Ed infatti, la stessa direttiva 85/384/CEE, all’articolo 3, individua il contenuto minimo obbligatorio che i percorsi formativi nazionali devono possedere affinché i professionisti che abbiano seguito tali percorsi possano plenoiure essere inclusi negli elenchi nazionali che consentono ai relativi iscritti di vantare il diritto al mutuo riconoscimento e alla libera circolazione (diritto in quale rappresenta, a ben vedere, l’ubi consistam del complesso sistema delineato dalla medesima direttiva 85/384/CEE).
Ma, se solo ci si sofferma ad esaminare il contenuto minimo obbligatorio che la direttiva in questione impone affinché un determinato percorso di formazione sia incluso fra quelli che consentono di invocare il richiamato mutuo riconoscimento, ci si rende conto che tali requisiti sono pienamente compatibili con il consolidato orientamento di questo Consiglio il quale ha ritenuto del tutto congrua e non irragionevole la parziale riserva di cui all’articolo 52 del R.D. 2537 del 1925.
Come è noto, infatti,
la giurisprudenza di questo Consiglio ha giustificato dal punto di vista sistematico la richiamata, parziale riserva sul rilievo secondo cui “per quanto nel corso di studi degli ingegneri civili non manchino approfondimenti significativi nel settore dell’architettura, al professionista architetto si riconosce generalmente una maggiore capacità, frutto di maggiori studi e approfondimenti della evoluzione dell’architettura sul piano storico e di un più marcato approccio umanistico alla professione, di penetrare le problematiche e le sottese valutazioni tecniche afferenti gli immobili o le opere di rilevanza artistica(in tal senso, da ultimo, la stessa ordinanza di rimessione di questa Sezione n. 386/2012, dinanzi richiamata).
Ebbene, l’approccio in questione risulta del tutto compatibile con l’ordito normativo di cui alla direttiva 85/384/CEE la quale (al di là della coincidenza nominalistica dei titoli professionali di riferimento –‘architetto’ piuttosto che ‘ingegnere’-) ammette l’esercizio in regìme di mutuo riconoscimento e di libera circolazione delle attività tipiche della professione di architetto a condizione che il professionista in questione possa vantare un cursus di studi e di formazione il cui contenuto minimo essenziale comprende studi (anche) di carattere storico e artistico quali quelli richiesti in via necessaria per operare con adeguata cognizione di causa nel settore dei beni storici e di interesse culturale.
Non a caso, lo stesso articolo 3 della direttiva richiama in modo espresso, fra i requisiti minimi necessari del percorso formativo che legittima un professionista ad invocare il regìme di mutuo riconoscimento nell’esercizio delle attività tipiche dell’architetto, “una adeguata conoscenza della storia e delle teorie dell’architettura nonché delle arti, tecnologie e scienze umane ad essa attinenti”, nonché “una conoscenza delle belle arti in quanto fattori che possono influire sulla qualità della concezione architettonica”.
Si tratta, come è evidente (e riguardando la questione secondo l’approccio sostanzialistico proprio dell’ordinamento comunitario, al di là delle distinzioni puramente nominalistiche) di un orientamento normativo in tutto coincidente con quello fatto proprio dalla giurisprudenza di questo Consiglio appena richiamato.
Concludendo sul punto:
- non è esatto affermare che l’ordinamento comunitario riconosca a tutti gli ingegneri di Paesi UE diversi dall’Italia (con esclusione dei soli ingegneri italiani) l’indiscriminato esercizio delle attività tipiche della professione di architetto (fra cui –ai fini che qui rilevano– le attività afferenti le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico, ovvero relative ad immobili di interesse storico e artistico);
- al contrario, in base alla pertinente normativa UE, l’esercizio di tali attività –in regìme di mutuo riconoscimento- sarà consentito ai soli professionisti i quali (al di là del nomen iuris del titolo professionale posseduto) possano vantare un percorso formativo adeguatamente finalizzato all’esercizio delle attività tipiche della professione di architetto. Come si è visto, l’articolo 3 della direttiva 85/384/CEE include in modo espresso gli studi della storia e delle teorie dell’architettura, nonché delle belle arti e delle scienze umane fra quelli che integrano il bagaglio culturale minimo e necessario perché un professionista possa svolgere in regìme di mutuo riconoscimento le richiamate attività (anche) in relazione ai beni di interesse storico e culturale;
- quindi, anche ad ammettere che un professionista non italiano con il titolo professionale di ingegnere sia legittimato sulla base della normativa del Paese di origine o di provenienza a svolgere attività rientranti fra quelle esercitate abitualmente col titolo professionale di architetto, ciò non è sufficiente a determinare ex se una discriminazione ‘alla rovescia’ in danno dell’ingegnere civile italiano. Ed infatti, sulla base della direttiva 85/384/CEE, l’esercizio di tali attività sarà possibile (non sulla base del mero possesso del titolo di ingegnere nel Paese di origine o di provenienza, bensì) in quanto tale professionista non italiano avrà seguito un percorso formativo adeguato ai fini dell’esercizio delle attività abitualmente esercitate con il titolo professionale di architetto;
- allo stesso modo, la sussistenza dei richiamati profili di ‘discriminazione alla rovescia’ è da escludere alla luce dell’articolo 11, lettera g), della direttiva 85/384/CEE, cit. Ed infatti, in base a tale disposizione, i soggetti che abbiano conseguito in Italia il diploma di laurea in ingegneria nel settore della costruzione civile rilasciati da Università o da istituti politecnici possono nondimeno esercitare le attività tipiche degli architetti (ivi comprese quelle di cui al più volte richiamato articolo 52) a condizione che abbiano altresì conseguito il diploma di abilitazione all'esercizio indipendente di una professione nel settore dell'architettura, rilasciato dal ministro della Pubblica Istruzione a seguito del superamento dell'esame di Stato che lo abilita all'esercizio indipendente della professione (in tal modo conseguendo il titolo di ‘dott. Ing. architetto’ o di ‘dott. Ing. in ingegneria civile’);
- conclusivamente, non è possibile affermare che il sistema normativo nazionale di parziale riserva in favore degli architetti delle attività previste dall’articolo 52 del R.D. 2537 del 1925 sia idoneo a sortire in danno degli ingegneri italiani l’effetto di ‘discriminazione alla rovescia’ richiamato dalla sentenza del TAR del Veneto n. 3630/2007 e la cui sussistenza in concreto la stessa Corte di giustizia ha demandato alla verifica in sede giudiziale da parte di questo Giudice del rinvio, trattandosi pur sempre –secondo quanto statuito dalla medesima Corte– di controversia nell’ambito della quale vengono pacificamente in rilievo ‘situazioni puramente interne’ (in tal senso: CGCE, sentenza in causa C-111/12, cit. punto 34).

E il richiamato (e meramente paventato) effetto di ‘reverse discrimination’ quale effetto della previsione di cui all’articolo 52, cit. deve essere escluso sia per quanto riguarda il particolare sistema transitorio e derogatorio di cui agli articoli 10 e 11 della direttiva 85/384/CEE, sia per quanto riguarda il sistema ‘a regime’ di cui all’articolo 7 della medesima direttiva.
Per quanto concerne, infatti, il particolare sistema (transitorio e derogatorio) di cui agli articoli 10 e 11 della direttiva 85/384/CEE, è noto che il primo di tali articoli ha previsto la possibilità per ciascuno degli Stati membri di individuare taluni diplomi, certificati e altri titoli del settore dell’architettura da ammettere sin da subito al regìme di mutuo riconoscimento, anche a prescindere dalla piena rispondenza ai requisiti minimi di formazione di cui all’articolo 3 della medesima direttiva.
Il successivo articolo 11 ha, quindi, individuato per ciascuno degli Stati membri tali diplomi, certificati ed altri titoli da ammettere immediatamente al richiamato regìme di mutuo riconoscimento (per l’Italia, tale regìme di immediata ammissione ha riguardato:
a) i diplomi di ‘laurea in architettura’ rilasciati dalle università, dagli istituti politecnici e dagli istituti superiori di architettura di Venezia e di Reggio Calabria, accompagnati dal diploma di abilitazione all'esercizio indipendente della professione di architetto, rilasciato dal ministro della Pubblica Istruzione una volta che il candidato abbia sostenuto con successo, davanti ad un'apposita Commissione, l'esame di Stato che abilita all'esercizio indipendente della professione di architetto (dott. architetto);
b) i diplomi di ‘laurea in ingegneria’ nel settore della costruzione civile rilasciati dalle università e dagli istituti politecnici, accompagnati dal diploma di abilitazione all'esercizio indipendente di una professione nel settore dell'architettura, rilasciato dal ministro della Pubblica Istruzione una volta che il candidato abbia sostenuto con successo, davanti ad un'apposita Commissione, l'esame di Stato che lo abilita all'esercizio indipendente della professione (dott. ing. architetto o dott. ing. in ingegneria civile)).
Ebbene, in relazione a tale periodo transitorio, non è dato individuare i paventati profili di ‘discriminazione alla rovescia’ in danno degli ingegneri civili italiani, laddove si consideri:
- che, esaminando gli elenchi delle professioni ammesse dagli altri Stati membri al regìme di immediata applicazione al mutuo riconoscimento, non è dato rinvenire pressoché alcun caso di professioni che, anche dal punto di vista del nomen iuris, si discostino dal tipico ambito della professione di architetto, fino a coincidere con il tipico ambito della professione di ingegnere.
Le uniche eccezioni a questa regola sostanzialmente generalizzata sono rappresentate:
a) dal caso belga dei diplomi di ‘ingegnere civile-architetto’ e di ‘ingegnere-architetto’ rilasciati dalle facoltà di scienze applicate delle università e dal politecnico di Mons;
b) dal caso portoghese del diploma di genio civile (licenciatura em engenharia civil) rilasciato dall'Istituto superiore tecnico dell'Università tecnica di Lisbona;
c) dai casi greci dei diplomi di ‘ingegnere-architetto’ rilasciati da alcuni Istituti di formazione e dei diplomi di ‘ingegnere-ingegnere civile’ rilasciati dal Metsovion Polytechnion di Atene (in ambo i casi, peraltro, a condizione che il possesso dei richiamati diplomi si accompagni a un attestato rilasciato dalla Camera tecnica di Grecia e conferente il diritto di esercitare le attività nel settore dell’architettura).
Si tratta, però, di eccezioni talmente puntuali e limitate da non poter essere assunte (nella richiamata ottica di carattere sostanzialistico) quali indizi dell’esistenza di un effettivo fenomeno di ‘reverse discrimination’ in danno degli ingegneri civili italiani e in favore di una platea indiscriminata o quanto meno significativa di ingegneri di altri Paesi dell’Unione europea;
- che, paradossalmente, esaminando gli elenchi nazionali di cui al richiamato articolo 11, è proprio il caso italiano dei professionisti in possesso del diploma di ‘laurea in ingegneria’ nel settore della costruzione civile (e nondimeno abilitati per il diritto italiano al’esercizio di una professione indipendente di una professione nel settore dell’architettura) a presentare (al pari dei richiamati casi belgi, portoghesi e greci) possibili profili di vantaggio in favore dei professionisti nazionali, con potenziali effetti distorsivi in danno degli ingegneri di altri Paesi dell’UE la cui normativa nazionale di riferimento non consenta agli ingegneri di conseguire una analoga abilitazione;
- che, in ogni caso, anche a voler ammettere (il che –per le ragioni appena esaminate– non è) che la disciplina transitoria e derogatoria di cui ai richiamati articoli 10 e 11 consenta in talune ipotesi a un limitato numero di ingegneri di alcuni Paesi dell’UE di svolgere in regìme di mutuo riconoscimento (e quindi anche in Italia) talune attività nel settore dell’architettura sui beni di interesse storico e culturale (attività tipicamente sottratte agli ingegneri italiani); ebbene, anche in questo caso, non si individuerebbero ragioni sufficienti per ritenere la sussistenza di un’ipotesi di ‘reverse discrimination’ in danno degli ingegneri italiani, sì da indurre alla generalizzata disapplicazione della previsione di cui all’articolo 52 del R.D. 2537 del 1925.
Al riguardo si osserva che non appare metodologicamente corretto assumere quale parametro stabile di valutazione, nell’ambito di un giudizio volto a stabilire se una discriminazione vi sia oppure no, talune situazioni per definizione transitorie ed eccezionali (quali quelle contemplate dagli articoli 10 e 11 della più volte richiamata direttiva del 1985).
E’ evidente al riguardo che, laddove si accedesse alla soluzione qui non condivisa, si perverrebbe alla inammissibile conseguenza per cui le situazioni e i dettami propri di una fase transitoria (assunti quali impropri parametri stabili di comparazione) costituirebbero essi stessi un ostacolo definitivo e insormontabile per la piena entrata a regìme di un sistema di mutuo riconoscimento basato, invece, sull’oggettiva valutazione di un determinato livello quali-quantitativo di formazione propedeutica all’esercizio della professione di architetto.
Per quanto concerne, poi, il sistema –per così dire– ‘a regìme’ delineato dall’articolo 7 della direttiva 85/384/CEE, l’assenza dei richiamati profili di ‘discriminazione alla rovescia’ emerge con tanto maggiore evidenza laddove si consideri:
- che l’iscrizione di una categoria di professionisti nell’ambito degli elenchi nazionali ‘a regime’ di cui all’articolo 7 della direttiva presuppone che il rilascio dei relativi diplomi, certificati o titoli faccia seguito a percorsi formativi i cui contenuti minimi e necessari siano conformi alle previsioni di cui all’articolo 3 della direttiva (e si è detto in precedenza che tali percorsi formativi devono comprendere in via necessaria un’adeguata conoscenza della storia e delle tecniche dell’architettura, nonché delle belle arti e delle scienze umane –ossia, di quel complesso di discipline umanistiche che caratterizzano il bagaglio culturale tipico dell’architetto e il cui possesso giustifica la parziale riserva professionale di cui al più volte richiamato articolo 52-);
- che, anche ad ammettere che un professionista di Paese dell’UE in possesso del titolo di ingegnere possa essere incluso negli elenchi di cui all’articolo 7, cit. (e sia, quindi, ammesso ad esercitare in Italia le attività tipiche dell’architetto anche in relazione ai beni di interesse storico ed artistico), ciò non costituirà di per sé una discriminazione in danno dell’ingegnere italiano (nei cui confronti l’esercizio di quelle stesse attività resta tipicamente escluso). E infatti, l’inclusione di quella particolare tipologia di ingegnere UE nell’ambito degli elenchi di cui all’articolo 7, cit. dimostrerà ex se che quel professionista ha seguito un percorso formativo idoneo (anche nei campi della storia e delle tecniche dell’architettura, nonché delle belle arti e delle scienze umane) tale da giustificare in modo pieno l’esercizio da parte di quel professionista ingegnere (e al di là delle limitazioni recate dal nomen iuris della qualifica professionale posseduta) delle attività abitualmente esercitate con il titolo professionale di architetto (ivi comprese quindi, ai fini che qui rilevano, le opere di edilizia che presentano rilevante carattere artistico e il ripristino degli edifici di cui alla legge 20.06.1909, n, 364).
Anche sotto tale aspetto, quindi, deve essere esclusa la sussistenza della paventata ipotesi di ‘discriminazione alla rovescia’ in danno degli ingegneri civili italiani.
Per le ragioni sin qui esposte il ricorso in appello n. 6736/2008 proposto dal Ministero per i beni e le attività culturali deve essere accolto e per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, deve essere respinto il ricorso di primo grado proposto dall’ingegner Alessandro Mosconi e dall’Ordine degli ingegneri di Verona e provincia e recante il n. 1994/2001.
Per le medesime ragioni il ricorso in appello n. 2527/2009 proposto dagli Ordini degli ingegneri delle province di Venezia, Padova, Treviso, Vicenza, Verona, Rovigo e Belluno, deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza del TAR n. 3651/2008 la quale ha sancito la legittimità degli atti e delle determinazioni amministrative le quali avevano escluso gli ingegneri dall’affidamento del servizio di direzione dei lavori e di coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione dei lavori di restauro e di recuperi funzionale di un immobile di interesse storico e artistico.
Per quanto riguarda, in particolare, il ricorso in appello n. 2527/2009 il Collegio deve ora esaminare i motivi di appello ulteriori e diversi rispetto a quelli inerenti la portata applicativa del più volte richiamato articolo 52 del R.D. 2537 del 1925.
In primo luogo si osserva che non può essere accolto il motivo di appello con cui (reiterando un analogo motivo di doglianza già articolato in primo grado e disatteso dal TAR) si è osservato che i servizi messi a gara con gli atti impugnati in primo grado non rientrano a pieno titolo nell’ambito di quelli per i quali opera la riserva parziale in favore degli architetti di cui al medesimo articolo 52, avendo essi ad oggetto ‘la parte tecnica’ delle lavorazioni (la quale, ai sensi del medesimo articolo 52, può essere demandata tanto all’architetto, quanto all’ingegnere).
Il motivo in questione non può essere condiviso, dovendo –al contrario– trovare puntuale conferma in parte qua la sentenza appellata, la quale ha affermato che l’attività di direzione dei lavori per il restauro di Palazzo Contarini del Bovolo in Venezia – San Marco 4299 implica con ogni evidenza scelte connesse “al restauro, al risanamento e al recupero funzionale dell’immobile, per la cui attuazione ottimale è conferente l’intervento dell’architetto in ragione dell’indubbia preminenza della sua professionalità nell’ambito delle belle arti, nel mentre risultano -con altrettanta evidenza– del tutto residuali le ulteriori lavorazioni strutturali ed impiantistiche rientranti nell’edilizia civile propriamente intesa”.
Al riguardo si osserva che, anche a voler enfatizzare la previsione di cui all’ultima parte del secondo comma dell’articolo 52, cit. (secondo cui la parte tecnica delle opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico e il restauro e ripristino degli edifici di interesse storico e artistico “ne può essere compiuta tanto dall’architetto quanto dall’ingegnere”), non può ritenersi che le attività relative al servizio di direzione dei lavori e di coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione dei lavori all’origine dei fatti di causa possano farsi rientrare fra quelle relative alla sola ‘parte tecnica’.
Al riguardo si osserva che, secondo un condiviso orientamento, la parziale riserva di cui al più volte richiamato articolo 52 non riguarda la totalità degli interventi concernenti immobili di interesse storico e artistico, ma inerisce alle sole parti di intervento di edilizia civile che implichino scelte culturali connesse alla maggiore preparazione accademica conseguita dagli architetti nell’ambito delle attività di restauro e risanamento di tale particolarissima tipologia di immobili (si richiama ancora una volta, al riguardo, la sentenza di questo Consiglio n. 5239 del 2006).
Tuttavia (e si tratta di una notazione dirimente ai fini della presente decisione) non può negarsi che la richiamata riserva operasse in relazione alle attività all’origine di fatti di causa, il cui contenuto essenziale e certamente prevalente riguardava –appunto- scelte connesse al restauro, al risanamento e al recupero funzionale di un immobile sottoposto a vincolo storico-artistico, sì da giustificare certamente sotto il profilo sistematico e funzionale la richiamata riserva.
Non può, pertanto, essere condivisa la tesi degli Ordini appellanti secondo cui l’attività di direzione dei lavori nel caso di specie potesse essere ricondotta alle attività di mero rilievo tecnico, in quanto tali esercitabili anche dai professionisti ingegneri.
Né può essere condiviso l’argomento secondo cui, a ben vedere, l’attività di direzione dei lavori coinciderebbe ex se con la nozione di ‘parte tecnica’ delle attività e delle lavorazioni, atteso che: i) di tale coincidenza non è traccia alcuna nell’ambito della normativa di riferimento; ii) laddove si accedesse a tale opzione interpretativa, di fatto, si priverebbe di senso compiuto la stessa individuazione di una ‘parte tecnica’ (intesa quale componente di una più ampia serie di attività) facendola coincidere, di fatto, con il più ampio e onnicomprensivo novero delle attività relative alla direzione dei lavori.
Ma la sentenza in epigrafe è altresì meritevole di conferma laddove ha osservato che gli atti della lex specialis impugnati in primo grado, lungi dall’aver irragionevolmente compresso le prerogative dei professionisti ingegneri, ne hanno –al contrario– tenuto in adeguata considerazione le peculiarità.
Ciò, in quanto la medesima lex specialis ha previsto l’istituzione di un organo collegiale di direzione dei lavori composto –fra gli altri– da un direttore operativo per gli impianti (ruolo, questo, che avrebbe certamente potuto essere ricoperto da un ingegnere), da un direttore operativo per le strutture e da un direttore operativo restauratore di beni culturali.
Neppure può essere condiviso il secondo motivo di appello, con il quale (reiterando un analogo motivo di doglianza già articolato in primo grado e disatteso dal TAR) si è lamentata la contraddittorietà intrinseca che sussisterebbe fra:
- (da un lato), gli atti impugnati in primo grado, con cui sono state precluse agli ingegneri le attività di direzione dei lavori e coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione dei richiamati lavori di restauro e recupero funzionale e
- (dall’altro) un diverso bando di gara, indetto dalla medesima amministrazione e relativo al medesimo immobile vincolato, con cui è stata –al contrario– consentita agli ingegneri la partecipazione (insieme agli architetti) alla gara avente ad oggetto la progettazione esecutiva dei lavori.
Al riguardo giova premettere (e si tratta di notazione dirimente ai fini del decidere) che, quand’anche il richiamato profilo di contraddittorietà fosse in concreto sussistente, ciò non sortirebbe l’effetto di consentire agli ingegneri la partecipazione alla gara per l’affidamento del servizio di direzione dei lavori e di coordinamento della sicurezza (si tratta di attività che, per le ragioni dinanzi richiamate, sono state legittimamente precluse agli ingegneri in coerente applicazione dell’articolo 52 del R.D. 2537 del 1925).
Al contrario, l’eventuale accoglimento del richiamato motivo potrebbe al più sortire l’unico effetto di palesare l’illegittimità delle determinazioni con cui l’amministrazione ha ammesso gli ingegneri a partecipare alla gara avente ad oggetto la progettazione esecutiva dei lavori.
Il che palesa altresì rilevanti dubbi in ordine alla sussistenza di un effettivo interesse in capo agli Ordini professionali appellanti alla proposizione del motivo di appello in esame.
Ma, anche a prescindere da tale assorbente rilievo, si osserva che la sentenza in epigrafe risulta comunque meritevole di conferma laddove ha osservato che, nel caso in esame, le scelte anche di dettaglio relative agli interventi di restauro, risanamento e recupero funzionale dell’immobile erano state effettuate in sede di stesura del progetto definitivo (progetto, quest’ultimo, che era stato peraltro approvato dalla competente Soprintendenza per i Beni architettonici e dalla Commissione per la salvaguardia di Venezia).
Ne consegue che –come condivisibilmente osservato dai primi Giudici– la stesura del progetto definitivo coincideva di fatto, nel caso in esame, con la mera ingegnerizzazione del progetto definitivo, in tal modo giustificando che la relativa attività potesse essere demandata anche ad ingegneri, senza contrasto alcuno con la previsione di cui all’articolo 52 del più volte richiamato R.D. n. 2537 del 1925.
Né può essere condiviso l’ulteriore motivo al riguardo profuso dagli Ordini appellanti (motivo che risulta basato su una sorte di argomento a fortiori, in base al quale:
i) se viene legittimamente demandata agli ingegneri un’attività puramente tecnica quale quella propria della progettazione esecutiva,
ii) a maggior ragione non potrà essere negata agli ingegneri l’effettuazione di un’attività –quella di direzione dei lavori– “più tecnica rispetto alla progettazione vera e propria” –pag. 19 dell’atto di appello-).
E’ evidente al riguardo che l’argomento in questione si fonda sull’assiomatica affermazione secondo cui, appunto, l’attività di direzione dei lavori risulterebbe “più tecnica” rispetto a quella di mera progettazione ed ingegnerizzazione. Si tratta di un’affermazione il cui carattere indimostrato non può evidentemente essere assunto a parametro di giudizio.
Infine, non può trovare accoglimento il terzo motivo di appello, con il quale (reiterando ancora una volta un motivo di doglianza già articolato in primo grado e disatteso dal TAR) si è lamentata l’illegittimità della scelta di riservare agli architetti anche il ruolo di coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione.
Secondo gli Ordini appellanti, la sentenza in epigrafe si sarebbe inammissibilmente limitata a motivare la reiezione in parte qua del ricorso sulla base dell’articolo 127 del d.P.R. 21.12.1999, n. 554 (il quale al comma 1, primo periodo, stabilisce che “le funzioni del coordinatore per l’esecuzione dei lavori previsti dalla vigente normativa sulla sicurezza nei cantieri sono svolte dal direttore dei lavori”).
Tuttavia, i primi Giudici avrebbero omesso di tenere in considerazione la previsione di cui all’articolo 10 della legge 14.08.1996, n. 494 il quale ammette –inter alios– gli ingegneri a svolgere i compiti tipici del coordinatore per l’esecuzione dei lavori.
Il motivo in esame non può trovare accoglimento in considerazione dell’evidente carattere di specialità che caratterizza la previsione di cui all’articolo 127 del d.P.R. 554 del 1999 (ora: articolo 152 del d.P.R. 207 del 2010) rispetto all’articolo 10 del decreto legislativo 494 del 1996.
Ed infatti, premesso che la vicenda di causa resta governata dalle pregresse disposizioni di cui al richiamato articolo 127, cit., è pacifico che tale disposizione imponesse la coincidenza soggettiva fra il direttore dei lavori e il coordinatore per l’esecuzione dei lavori (fatta salva l’ipotesi in cui il direttore dei lavori designato fosse privo dei requisiti previsti per svolgere altresì i compiti tipici del coordinatore per l’esecuzione dei lavori –ma sul punto non è stata sollevata contestazione alcuna in corso di causa-).
Tuttavia, nelle ipotesi in cui (come nel caso di specie e per le ragioni dinanzi esaminate) i compiti di direttore dei lavori fossero riservate a un professionista architetto, del tutto legittimamente l’amministrazione aggiudicatrice avrebbe potuto (rectius: dovuto) riservare a quest’ultimo anche le funzioni di coordinatore per l’esecuzione dei lavori (scil.: sempre che il professionista in questione fosse altresì munito dei prescritti requisiti).
Anche sotto questo aspetti, quindi, il ricorso in appello n. 2527/2009 deve essere respinto.
Conclusivamente, il ricorso in appello n. 6736/2008 proposto dal Ministero per i beni e le attività culturali deve essere accolto e per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, deve essere respinto il ricorso di primo grado proposto dall’ingegner Alessandro Mosconi e dall’Ordine degli ingegneri di Verona e provincia e recante il n. 1994/2001.
Per le medesime ragioni il ricorso in appello n. 2527/2009 proposto dagli Ordini degli ingegneri delle province di Venezia, Padova, Treviso, Vicenza, Verona, Rovigo e Belluno, deve essere respinto (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 09.01.2014 n. 21 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

novembre 2013

COMPETENZE PROGETTUALIOggetto: Sentenza TAR Veneto n. 1312//2013, Ordine Ingegneri Verona c/Comune Torri del Benaco e nei confronti Collegio Geometri Verona - Deliberazione comunale n. 96, 09.07.2012 (Consiglio Nazionale Geometri e Geometri e Geometri Laureati, nota 28.11.2013 n. 12759 di prot.).

COMPETENZE PROGETTUALIL'adottata delibera di giunta comunale ha stabilito che “tra le competenze professionali dei geometri e dei geometri laureati iscritti al Collegio professionale, possa rientrare la progettazione e direzione dei lavori di modeste costruzioni almeno fino a mc. 1500 adottando quindi il criterio tecnico-qualitativo in relazione alle caratteristiche dell’opera da realizzare che deve avere caratteristiche strutturali semplici con moduli ripetitivi sia pur con la presenza del cemento armato, che non richiedano competenze tecniche, particolari e specifiche, riservate per legge ad un diverso professionista, con esclusione di ogni ulteriore aggravio procedimentale a carico del richiedente”.
Orbene, l’impugnata deliberazione comunale deve farsi rientrare nell’ambito degli atti d’indirizzo politico-amministrativo con i quali gli organi politici degli enti comunali (sindaco, consiglio e giunta) fissano le linee generali cui gli uffici devono attenersi nell’esercizio delle loro funzioni istituzionali.
Trattandosi, dunque, di atto d’indirizzo occorre altresì evidenziare che la deliberazione in esame non assume carattere vincolante per gli uffici amministrativi cui essa è rivolta, atteso che questi dovranno pur sempre verificare, in base alla normativa di riferimento, se i progetti sottoposti al loro esame rientrino nella competenza professionale dei geometri, sulla scorta delle caratteristiche dell’opera da realizzare.
Sotto altro profilo, deve nondimeno essere rilevato che, nel caso di specie, la misura di mc. 1500, che la delibera impugnata assume quale criterio d’indirizzo ai fini della determinazione della competenza professionale dei geometri in materia di progettazione edilizia, non rappresenta un limite quantitativo entro il quale una costruzione in conglomerato cementizio possa essere progettata e firmata da un geometra, posto che a tenore della citata delibera, la progettazione dell’opera da realizzare da parte dei geometri rimane comunque subordinata all’applicazione del fondamentale parametro tecnico-qualitativo, in virtù del quale il progetto non deve implicare la soluzione di problemi particolari (devoluti esclusivamente ai professionisti di rango superiore) con riguardo alla struttura dell’edificio ed alle modalità costruttive.
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... per l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, della delibera di giunta comunale del Comune di Torri del Benaco in data 09.07.2012, n. 96, recante indirizzi in tema di competenze professionali dei geometri; nonché di ogni atto annesso, connesso o presupposto.
...
Con l’odierno gravame, l’Ordine degli Ingegneri di Verona e Provincia ha adito l’intestato Tribunale per chiedere l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, della delibera del Comune di Torri del Benaco in data 09.07.2012, n. 96, con la quale la giunta comunale ha stabilito che “tra le competenze professionali dei geometri e dei geometri laureati iscritti al Collegio professionale, possa rientrare la progettazione e direzione dei lavori di modeste costruzioni almeno fino a mc. 1500 adottando quindi il criterio tecnico-qualitativo in relazione alle caratteristiche dell’opera da realizzare che deve avere caratteristiche strutturali semplici con moduli ripetitivi sia pur con la presenza del cemento armato, che non richiedano competenze tecniche, particolari e specifiche, riservate per legge ad un diverso professionista, con esclusione di ogni ulteriore aggravio procedimentale a carico del richiedente”.
Nei confronti dell’impugnata delibera, parte ricorrente ha eccepito, in via principale, la carenza assoluta di potere in capo alla giunta comunale per aver esercitato de facto funzioni a carattere normativo in tema di competenze professionali, in assenza di una norma attributiva di tale potere; in subordine, è stata dedotta la violazione di legge e l’eccesso di potere nelle forme dell’illogicità, dello sviamento di potere e del difetto di motivazione.
...
Con il primo motivo di ricorso, parte ricorrente ha asserito la nullità dell’impugnata deliberazione per il difetto assoluto di attribuzione, deducendo che la giunta comunale avrebbe esercitato de facto funzioni a carattere normativo in tema di competenze professionali, in assenza di una norma attributiva di tale potere.
Il motivo è infondato e, pertanto, deve essere rigettato.
Infatti, ad avviso del Collegio, l’impugnata deliberazione comunale deve farsi rientrare nell’ambito degli atti d’indirizzo politico-amministrativo con i quali gli organi politici degli enti comunali (sindaco, consiglio e giunta) fissano le linee generali cui gli uffici devono attenersi nell’esercizio delle loro funzioni istituzionali (cfr., ex multis, Cons. St., sez. V, 07.04.2011, n. 2154).
Trattandosi, dunque, di atto d’indirizzo occorre altresì evidenziare che, contrariamente a quanto dedotto da parte ricorrente, la deliberazione in esame non assume carattere vincolante per gli uffici amministrativi cui essa è rivolta, atteso che questi dovranno pur sempre verificare, in base alla normativa di riferimento, se i progetti sottoposti al loro esame rientrino nella competenza professionale dei geometri, sulla scorta delle caratteristiche dell’opera da realizzare.
Sotto altro profilo, deve nondimeno essere rilevato che, nel caso di specie, la misura di mc. 1500, che la delibera impugnata assume quale criterio d’indirizzo ai fini della determinazione della competenza professionale dei geometri in materia di progettazione edilizia, non rappresenta un limite quantitativo entro il quale una costruzione in conglomerato cementizio possa essere progettata e firmata da un geometra, posto che a tenore della citata delibera, la progettazione dell’opera da realizzare da parte dei geometri rimane comunque subordinata all’applicazione del fondamentale parametro tecnico-qualitativo, in virtù del quale il progetto non deve implicare la soluzione di problemi particolari (devoluti esclusivamente ai professionisti di rango superiore) con riguardo alla struttura dell’edificio ed alle modalità costruttive (cfr., ex multis, Cass. Civ., sez. II, 27.01.1988, n. 736; Cons. St., sez. V, 03.10.2002, n. 5208).
Deve, altresì, essere respinto il secondo motivo di ricorso con cui parte ricorrente deduce che la normativa di specie escluderebbe in toto la competenza del geometra in ordine alla progettazione di costruzioni civili in cemento armato, posto che il d.lgs. 13.12.2010, n. 212 ha abrogato il r.d. 16.11.1939, n. 2229, ai sensi del quale “Ogni opera di conglomerato cementizio semplice od armato, la cui stabilità possa comunque interessare l’incolumità delle persone, deve essere costruita in base ad un progetto esecutivo firmato da un ingegnere, ovvero da un architetto iscritto all’albo”.
Va, infine, rigettata la censura con la quale l’ordine professionale ricorrente ha rilevato il difetto di motivazione della delibera in esame, avendo invero la giunta comunale accuratamente specificato le ragioni sottese all’adozione di tale atto (TAR Veneto, Sez. I, sentenza 20.11.2013 n. 1312 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALI: Competenze professionali dei geometri: limiti e rimedi al travalicamento.
Il TRIBUNALE di Lecce, Sez. distaccata di Maglie, con la sentenza 12.11.2013 n. 3571 ha dichiarato
la nullità del contratto di prestazione d’opera avente ad oggetto prestazioni progettuali di un opificio industriale poste in essere da un geometra, condannando quest’ultimo alla restituzione degli acconti versati in esecuzione del contratto nullo, dichiarando altresì l’inammissibilità e, comunque, l’infondatezza della domanda di arricchimento senza causa.
La questione nasce a seguito di un decreto ingiuntivo azionato dal geometra, sulla base di un incarico professionale, al fine di ottenere il compenso per prestazioni progettuali attinenti la progettazione di due capannoni industriali oltre struttura su due livelli, da realizzarsi previa mutazione di destinazione d’uso di immobile e seguendo la pratica di cui al D.P.R. n. 447/1998.
Avverso tale decreto di ingiunzione la società opponente ha presentato opposizione, deducendo la nullità del contratto per la violazione delle competenze proprie dei geometri.
Parte opponente ha altresì dedotto che il contratto è stato concluso con dolo e ne ha chiesto l'annullamento, chiedendo, in ogni caso la restituzione delle somme versate in esecuzione di un contratto nullo e/o annullabile.
Venendo al merito della vicenda, si rappresenta che la società opponente ha eccepito la nullità dell'incarico conferito al geometra, in quanto lo stesso sarebbe stato chiamato ad eseguire prestazioni che esulano dalla competenza specifica della categoria di appartenenza, ai sensi dell’art. 16, R.D. n. 274/1929.
Ebbene, accogliendo le tesi difensive della società opponente il Giudice, richiamando un consolidato orientamento della Suprema Corte di Cassazione, ha rilevato che “Il progetto redatto da un geometra in materia riservata alla competenza professionale degli ingegneri è illegittimo, a nulla rilevando che sia stato controfirmato da un ingegnere, o che un ingegnere esegua i calcoli del cemento armato e diriga le relative opere, perché è il professionista competente che deve essere, altresì, titolare della progettazione, assumendosi la relativa responsabilità. Ne consegue che, nella suddetta ipotesi, il rapporto tra il geometra ed il cliente è radicalmente nullo ed al primo non spetta alcun compenso per l'opera svolta, ai sensi dell'art. 2231 cod. civ.”.
Meritevoli di accoglimento sono state, altresì le deduzioni di parte opponente circa la non modesta entità dell’opera progettata. Ed invero, il Tribunale di Lecce ha chiarito che “il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta -e quindi se la sua progettazione rientri nella competenza professionale dei geometri, ai sensi dell'art. 16, letto m), del r.d. 11.02.1929, n. 274- consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e l'esecuzione dell'opera comportano e le capacità occorrenti per superarle; a questo fine, mentre non è decisivo il mancato uso del cemento armato (ben potendo anche una costruzione "non modesta" essere realizzata senza di esso), assume significativa rilevanza il fatto che la costruzione sorga in zona sismica, con conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa di cui alla legge 02.02.1974, n. 64, la quale impone calcoli complessi che esulano dalle competenze professionali dei geometri”.
Orbene, il Giudice del foro leccese ha rappresentato che nel corso di causa “è emerso che l'opera di progettazione del geom. XXX ha riguardato un edificio di 11.639,62 me, rispetto a due capannoni industriali e ad una costruzione su due livelli”.
Nel caso di specie, il Tribunale ha rilevato che “la cubatura dell'opera (11.639,62), la complessità della progettazione, il numero di piani (due fuori terra) ed il valore economico dell'operazione (è la stessa parte opposta ad affermare che il terreno ha avuto un incremento del 1000%, per arrivare a 300.000,00€) inducono a ritenere che la costruzione in cemento armato sia tutt'altro che modesta”.
Alla luce dei principi e della giurisprudenza richiamata, il Tribunale salentino ha dichiarato la nullità dell'opera prestata dal geometra opposto.
In conseguenza della nullità del contratto d’opera è stata, altresì, ordinata la restituzione delle somme versate dalla Società opponente al geometra opposto.
Infine, deve rilevarsi la declaratoria dell’inammissibilità dell’azione di arricchimento senza causa proposta da parte opposta e, comunque, la sua infondatezza nel merito “posto che la giurisprudenza esclude espressamente che nel caso di specie il geometra possa presentare domanda ai sensi dell'art. 2041 c.c.”.
La sentenza in commento non fa altro che ribadire una prassi ormai arcinota quanto illegale dei tecnici non laureati, i quali si arrogano competenze al di fuori del loro ambito di operatività con seri rischi per la sicurezza e per la pubblica incolumità (tratto da www.altalex.com).

ottobre 2013

COMPETENZE PROGETTUALI: Spetta al tecnico laureato, e non diplomato, l'incarico comunale inteso a rimodulare una significativa area comunale, sia sotto il profilo viario, che con riferimento ad insediamenti artigianali, nonché determinare le fasce di rispetto che si sostanziano nella individuazione delle distanze minime a protezione del nastro stradale dall’edificazione e coincidono, dunque, con le aree esterne al confine stradale finalizzate alla eliminazione o riduzione dell’impatto ambientale.
La competenza professionale dei geometri, a mente dell’art. 16 del RD 274/1929 non comprende, invero, la progettazione urbanistica, ma, di contro, neppure gli art. 51 e 52 del RD 23.10.1925 n. 2537 (regolamento delle professioni di ingegnere e architetto) prevedono esplicitamente tale esclusiva competenza in capo ai professionisti laureati.
Ciò perché il problema della progettazione urbanistica si è posto solo con l'introduzione del piano regolatore generale (art. 7 della legge 1150/1942), che al proprio interno prevede, sia la zonizzazione del territorio, sia la localizzazione di opere pubbliche.
La giurisprudenza che ha affrontato la questione ha ritenuto di dover distinguere le evenienze affidate legittimamente al professionista diplomato secondo il grado obiettivo di difficoltà della concreta progettazione urbanistica.
Mentre infatti la redazione di uno strumento di programmazione generale è un'attività complessa che richiede sicuramente adeguate ed approfondite conoscenze tecniche collegate certamente al grado di preparazione di ingegneri e architetti (e urbanisti), come confermato dall'art. 5, comma 1, lett. c), della legge 02.03.1949 n. 143 (tariffa professionale di ingegneri e architetti), nella ipotesi di varianti semplificate è però necessario distinguere a seconda del contenuto e della complessità dell’intervento professionale.
Invero, è stato affermato che “… se la variante semplificata ha finalità solo localizzative (ossia riguarda l'inserimento o lo spostamento di un'opera pubblica all'interno di un quadro urbanistico già definito) la complessità delle valutazioni tecniche è molto minore e non giustifica la riserva a favore dei professionisti laureati …”.
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Nel caso in questione, la disamina degli atti prodotti evidenzia che l’incarico professionale affidato al geometra è consistito nella individuazione di tratti di strada per il collegamento viario di una zona produttiva e nella ridistribuzione della stessa area artigianale al fine di razionalizzarne l’uso, nonché della nuova individuazione della fascia di massima tutela.
In altre parole il comune ha inteso rimodulare una significativa area comunale, sia sotto il profilo viario, che con riferimento ad insediamenti artigianali, nonché determinare le fasce di rispetto che si sostanziano nella individuazione delle distanze minime a protezione del nastro stradale dall’edificazione e coincidono, dunque, con le aree esterne al confine stradale finalizzate alla eliminazione o riduzione dell’impatto ambientale.
In buona sostanza, quindi, l’incarico riguarda un’attività professionale che richiede e necessita per il suo esatto adempimento adeguate e complesse cognizioni tecniche che non possono certo limitarsi a quelle proprie del tecnico diplomato.
Si è trattato, quindi, di incarico complesso ed articolato che ha richiesto sinanche i pareri del Genio civile e della ULSS.
Tale articolata e complessa attività professionale avrebbe dovuto, quindi, essere necessariamente affidata ad un tecnico laureato né, di contro, è sufficiente una non corretta, ovvero elusiva rappresentazione definitoria per alterare la sostanza dell’intervento così da utilizzare professionalità normativamente non adeguate.
Ritiene il Collegio, per ragioni di economia processuale, opportuno esaminare per primo il ricorso rubricato al n. 500/1999 con il quale il Consiglio dell’Ordine degli architetti della Provincia di Treviso ha censurato la delibera di giunta del comune di Crocetta del Montello - (Tv) n. 238 del 1998, pubblicata nell’Albo Pretorio il 17.12.1998, con la quale è stata adottata la variante cartografica al PRG per la sistemazione della zona artigianale D.1.1., ed affidato, all’attuale controinteressato, l’incarico per la redazione tecnica del progetto.
Il ricorrente, ente pubblico associativo a partecipazione necessaria, esponenziali della particolare categoria professionale, è legittimato ed ha interesse al ricorso.
Sostiene il ricorrente che l’originario affidamento per la realizzazione degli elaborati tecnici relativi alla variante parziale al PRG per la sistemazione della zona artigianale D.1.1. ad un geometra contrasterebbe con l’art. 16 del r.d. 11.02.1929, n. 274, che puntualmente precisa le competenze per tale categoria professionale.
In buona sostanza il ricorrente rileva che i geometri sono, ai sensi della legge professionale, competenti per la progettazione di manufatti e nelle connesse attività di vigilanza e direzione, soltanto se di modesta valenza, ossia attività che non implicano soluzioni di problemi tecnici di significativa rilevanza, come quello affidato ed in questa sede censurato.
Osserva il Collegio.
La competenza professionale dei geometri, a mente dell’art. 16 del RD 274/1929 non comprende, invero, la progettazione urbanistica, ma, di contro, neppure gli art. 51 e 52 del RD 23.10.1925 n. 2537 (regolamento delle professioni di ingegnere e architetto) prevedono esplicitamente tale esclusiva competenza in capo ai professionisti laureati.
Ciò perché il problema della progettazione urbanistica si è posto solo con l'introduzione del piano regolatore generale (art. 7 della legge 1150/1942), che al proprio interno prevede, sia la zonizzazione del territorio, sia la localizzazione di opere pubbliche.
La giurisprudenza che ha affrontato la questione ha ritenuto di dover distinguere le evenienze affidate legittimamente al professionista diplomato secondo il grado obiettivo di difficoltà della concreta progettazione urbanistica.
Mentre infatti la redazione di uno strumento di programmazione generale è un'attività complessa che richiede sicuramente adeguate ed approfondite conoscenze tecniche collegate certamente al grado di preparazione di ingegneri e architetti (e urbanisti), come confermato dall'art. 5, comma 1, lett. c), della legge 02.03.1949 n. 143 (tariffa professionale di ingegneri e architetti), nella ipotesi di varianti semplificate è però necessario distinguere a seconda del contenuto e della complessità dell’intervento professionale.
… se la variante semplificata ha finalità solo localizzative (ossia riguarda l'inserimento o lo spostamento di un'opera pubblica all'interno di un quadro urbanistico già definito) la complessità delle valutazioni tecniche è molto minore e non giustifica la riserva a favore dei professionisti laureati …” (TAR Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 22.02.2010, n. 864).
Nel caso di specie l’incarico è stato definito dall’organo comunale come mera variante cartografica, le cui modifiche costituiscono prestazioni tecniche elementari che non alterano lo strumento urbanistico.
In realtà, più che limitarsi alla mera definizione formale relativa all’incarico, così come rappresentata dalla resistente, è necessario, invece, valutare quello che concretamente risulta essere stato affidato in sede di incarico professionale.
Nel caso in questione, la disamina degli atti prodotti evidenzia che l’incarico professionale affidato al geometra è consistito nella individuazione di tratti di strada per il collegamento viario di una zona produttiva e nella ridistribuzione della stessa area artigianale al fine di razionalizzarne l’uso, nonché della nuova individuazione della fascia di massima tutela.
In altre parole il comune ha inteso rimodulare una significativa area comunale, sia sotto il profilo viario, che con riferimento ad insediamenti artigianali, nonché determinare le fasce di rispetto che si sostanziano nella individuazione delle distanze minime a protezione del nastro stradale dall’edificazione e coincidono, dunque, con le aree esterne al confine stradale finalizzate alla eliminazione o riduzione dell’impatto ambientale.
In buona sostanza, quindi, l’incarico riguarda un’attività professionale che richiede e necessita per il suo esatto adempimento adeguate e complesse cognizioni tecniche che non possono certo limitarsi a quelle proprie del tecnico diplomato.
Si è trattato, quindi, di incarico complesso ed articolato che ha richiesto sinanche i pareri del Genio civile e della ULSS.
Tale articolata e complessa attività professionale avrebbe dovuto, quindi, essere necessariamente affidata ad un tecnico laureato né, di contro, è sufficiente una non corretta, ovvero elusiva rappresentazione definitoria per alterare la sostanza dell’intervento così da utilizzare professionalità normativamente non adeguate.
Per tali motivi il provvedimento impugnato deve essere annullato.
Successivamente il ricorrente ha anche impugnato, sia la delibera del Consiglio comunale n. 14 del 15.02.1999 di approvazione (rectius adozione) variante cartografica al PRG per la sistemazione della zona artigianale D 1.1, nei termini formulati dalla delibera di giunta già cassata, che la determina dirigenziale, n. 305 del 31.12.1998, con allegata convenzione, con la quale è stato affidato al geometra Gianpaolo Bressan l’incarico per la redazione della variante.
Tali ulteriori provvedimenti, costituiscono, all’evidenza, la necessaria e diretta conseguenza dell’atto di giunta, come detto, già annullato dal Collegio.
Nel caso in questione emerge, dall’obiettivo dato fattuale, un chiaro, palese, stretto ed inscindibile legame logico-giuridico che cementa tra loro gli atti censurati e consente di rilevare che la cassazione dell’atto presupposto assume significativa valenza anche e, soprattutto, nei confronti di tali atti che dal primo ricavano la loro ragione esistenziale.
Si può dire che il rapporto tra tutti gli atti in sequenza, in questa sede censurati, evidenzia una loro relazione diretta e necessaria, nel senso che i secondi costituiscono il naturale sviluppo e completamento del primo, anche perché la loro adozione non ha comportato alcuna valutazione di nuovi ed ulteriori interessi rispetto a quelli originariamente scrutinati con il provvedimento presupposto.
Quindi, nel caso di specie, la proposizione di una autonomo ricorso, consente solo di ravvisare, senz’altro e senza ulteriori disamine, la chiare ed univoca manifestazione di interesse alla caducazione dei diversi e successivi atti, atteso che il riferito legale teleologico-funzione comporta, necessariamente, che all’annullamento dell’atto presupposto conseguano affetti imprescindibili ed automatici anche per gli atti conseguenti e connessi al primo.
In altri termini il riconosciuto vizio dell’atto presupposto si ripercuote, per i motivi sopra indicati, sull’atto/i presupponente/i proprio in virtù del vincolo che lega gli stessi, per cui il venir meno dell’atto originario ha un effetto travolgente, proprio dell’invalidità derivata, di quelli a valle nei termini propri dell’invalidità ad effetto caducante, considerato che gli atti in esame hanno la loro unica ragione nel genetico collegamento con quello annullato (Con. St., sez. V, 07.02.2000, 672).
Ne consegue che l’eliminazione automatica di tali atti dal mondo giuridico rende il ricorso conseguentemente proposto improcedibile in conseguenza della sopravvenuta carenza di interesse, atteso che l’annullamento dell’originario provvedimento travolge automaticamente quelli conseguenti che ripetono dal primo, come nel caso di specie, l’imprescindibile presupposto della loro esistenza, costituendo gli stessi una evenienza meramente confermativa della originaria determinazione ormai cassata (TAR Veneto, Sez. I, sentenza 15.10.2013 n. 1171 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALI - EDILIZIA PRIVATA: Oggetto: Applicazione del DM 37/2008 (in particolare per gli Impianti Elettronici nei lavori Pubblici e Privati - rispetto delle prescrizioni e privativa per gli Ingegneri del Settore dell'Informazione) (Consiglio Nazionale degli Ingegneri, circolare 11.10.2013 n. 279).

COMPETENZE PROGETTUALIDa una interpretazione letterale e sistematica della legge 07.01.1976 n. 3, emerge che soltanto ai dottori agronomi viene riconosciuta una competenza esclusiva in materia forestale, come chiaramente indicato dal precitato art. 2, lett. c), che riserva agli stessi l’esercizio dell’attività di progettazione di opere di imboschimento.
Invero, per quanto concerne le competenze dei dottori agronomi, occorre fare riferimento alle attività di valorizzazione e gestione dei processi produttivi agricoli, zootecnici e forestali con la tutela dell'ambiente e del mondo rurale, mentre, per quanto concerne la competenza dei periti, occorre fare riferimento alla direzione e gestione di aziende agrarie e zootecniche piccole e medie e di progettazione, direzione e collaudo di opere di miglioramento fondiario, fino al limite della media azienda, nella cui nozione può anche rientrare la coltivazione di un bosco ceduo, di un castagneto, di limitati accorpamenti di alberi da frutta fra loro associati.
Sussiste, dunque, la competenza concorrente dei periti agrari e dei dottori agronomi e forestali soltanto nelle ipotesi inerenti le attività di progettazione di opere di trasformazione e di miglioramento fondiario in “medie aziende”, che potrebbero comprendere, sia in quanto già insediati sia in progetto di impianto, anche boschi non irrilevanti, purché concepiti in funzione della produzione agraria.
In tale ottica, è stato affermato che, dal raffronto fra le due leggi professionali, non emerge che possa essere “potenzialmente esclusa l'affidabilità ad entrambe le categorie della cura dei boschi, allorché contenuti in aziende agrarie fino alla soglia di quelle medie. Infatti, se per i dottori si tratta delle attività di valorizzazione e gestione dei processi produttivi agricoli zootecnici e forestali con la tutela dell'ambiente e del mondo rurale, per i periti si parla di direzione e gestione di aziende agrarie e zootecniche piccole e medie e di progettazione, direzione e collaudo di opere di miglioramento fondiario, di nuovo fino al limite della media azienda”.
Invero, va riconosciuta, in capo ai periti agrari, una competenza residuale nella materia quando si tratti di boschi pertinenti ad aziende agrarie, purché in funzione solo produttiva e non ambientale, e sempre nei limiti in cui la coltivazione del bosco non presenti difficoltà insostenibili per la cultura astrattamente riconoscibile ai periti medesimi, in base alle cognizioni apprese in ambiente scolastico.

L’art. 2, comma 1, lettera b), della legge 28.03.1968 n. 434, nel testo sostituito dall'art. 2 della legge 21.02.1991 n. 54, attribuisce ai periti agrari “la progettazione, la direzione ed il collaudo di opere di miglioramento fondiario e di trasformazione di prodotti agrari e relative costruzioni, limitatamente alle medie aziende, il tutto in struttura ordinaria, secondo la tecnologia del momento, anche se ubicate fuori dai fondi”.
L’art. 2 della legge 07.01.1976 n. 3, al comma 1, lettere b) e c), nel testo sostituito dall'art. 2, della legge 10.02.1992 n. 152, riserva ai dottori agronomi “lo studio, la progettazione, la direzione, la sorveglianza, la liquidazione, la misura, la stima, la contabilità e il collaudo delle opere di trasformazione e di miglioramento fondiario, nonché delle opere di bonifica e delle opere di sistemazione idraulica e forestale, di utilizzazione e regimazione delle acque e di difesa e conservazione del suolo agrario, sempreché queste ultime, per la loro natura prevalentemente extraagricola o per le diverse implicazioni professionali non richiedano anche la specifica competenza di professionisti di altra estrazione” nonché “c) lo studio, la progettazione, la direzione, la sorveglianza, la liquidazione, la misura, la stima, la contabilità e il collaudo di opere inerenti ai rimboschimenti, alle utilizzazioni forestali, alle piste da sci ed attrezzature connesse, alla conservazione della natura, alla tutela del paesaggio ed all'assestamento forestale”.
Il medesimo art. 2, comma 1, della legge 07.01.1976 n. 3 prevede la competenza dei dottori agronomi e forestali anche con riferimento alle seguenti ipotesi: "q) gli studi di assetto territoriale ed i piani zonali, urbanistici e paesaggistici; la programmazione, per quanto attiene alle componenti agricolo - forestali ed ai rapporti città-campagna; i piani di sviluppo di settore e la redazione nei piani regolatori di specifici studi per la classificazione del territorio rurale, agricolo e forestale;
r) lo studio, la progettazione, la direzione, la sorveglianza, la misura, la stima, la contabilità ed il collaudo di lavori inerenti alla pianificazione territoriale ed ai piani ecologici per la tutela dell'ambiente; la valutazione di impatto ambientale ed il successivo monitoraggio per quanto attiene agli effetti sulla flora e la fauna; i piani paesaggistici e ambientali per lo sviluppo degli ambiti naturali, urbani ed extraurbani; i piani ecologici e i rilevamenti del patrimonio agricolo e forestale
".
Da una interpretazione letterale e sistematica della legge 07.01.1976 n. 3, emerge che soltanto ai dottori agronomi viene riconosciuta una competenza esclusiva in materia forestale, come chiaramente indicato dal precitato art. 2, lett. c), che riserva agli stessi l’esercizio dell’attività di progettazione di opere di imboschimento.
Invero, per quanto concerne le competenze dei dottori agronomi, occorre fare riferimento alle attività di valorizzazione e gestione dei processi produttivi agricoli, zootecnici e forestali con la tutela dell'ambiente e del mondo rurale, mentre, per quanto concerne la competenza dei periti, occorre fare riferimento alla direzione e gestione di aziende agrarie e zootecniche piccole e medie e di progettazione, direzione e collaudo di opere di miglioramento fondiario, fino al limite della media azienda, nella cui nozione può anche rientrare la coltivazione di un bosco ceduo, di un castagneto, di limitati accorpamenti di alberi da frutta fra loro associati.
Sussiste, dunque, la competenza concorrente dei periti agrari e dei dottori agronomi e forestali soltanto nelle ipotesi inerenti le attività di progettazione di opere di trasformazione e di miglioramento fondiario in “medie aziende”, che potrebbero comprendere, sia in quanto già insediati sia in progetto di impianto, anche boschi non irrilevanti, purché concepiti in funzione della produzione agraria.
In tale ottica, è stato affermato che, dal raffronto fra le due leggi professionali, non emerge che possa essere “potenzialmente esclusa l'affidabilità ad entrambe le categorie della cura dei boschi, allorché contenuti in aziende agrarie fino alla soglia di quelle medie. Infatti, se per i dottori si tratta delle attività di valorizzazione e gestione dei processi produttivi agricoli zootecnici e forestali con la tutela dell'ambiente e del mondo rurale, per i periti si parla di direzione e gestione di aziende agrarie e zootecniche piccole e medie e di progettazione, direzione e collaudo di opere di miglioramento fondiario, di nuovo fino al limite della media azienda” (cfr.: Cons. St., Sez. IV, 30.07.1996, n. 915).
Invero, va riconosciuta, in capo ai periti agrari, una competenza residuale nella materia quando si tratti di boschi pertinenti ad aziende agrarie, purché in funzione solo produttiva e non ambientale, e sempre nei limiti in cui la coltivazione del bosco non presenti difficoltà insostenibili per la cultura astrattamente riconoscibile ai periti medesimi, in base alle cognizioni apprese in ambiente scolastico (conf.: Tar Sardegna 08.07.1999 n. 901)
(TAR Calabria-Catanzaro, Sez. II, sentenza 01.10.2013 n. 936 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

settembre 2013

COMPETENZE PROGETTUALIGli Ordini professionali hanno legittimazione a difendere in sede giurisdizionale gli interessi della categoria di soggetti di cui abbiano la rappresentanza istituzionale qualora si tratti della violazione di norme poste a tutela della professione stessa, o allorché si tratti comunque di conseguire determinati vantaggi -sia pure di carattere strumentale- giuridicamente riferibili alla intera categoria, con il limite derivante dal divieto di occuparsi di questioni relative ad attività non soggette alla disciplina o potestà degli Ordini medesimi.
Ossia, detto altrimenti, sussiste nel nostro ordinamento la legittimazione di un Ordine professionale a tutelare anche in via contenziosa l’interesse collettivo dei professionisti suoi iscritti in modo generale e indistinto.
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L’art. 2, lett. d), della L. 07.01.1976 n. 3, recante l’ordinamento della professione di dottore agronomo, riconduce testualmente alla relativa competenza professionale anche “la progettazione... ed il collaudo dei lavori relativi alle costruzioni rurali e di quelli attinenti alle industrie agrarie e forestali”.
A suo tempo questo stesso giudice ha già avuto modo di affermare la legittimità di un titolo edilizio per la realizzazione di un complesso industriale per la lavorazione di carni suine e di pollame su progetto redatto da un dottore agronomo, posto che la disposizione testé riportata consente la prestazione professionale di quest’ultimo relativamente alle industrie, tra le quali devono essere annoverate le “industrie agrarie” e, quindi, il complesso in questione, essendo indubitabile che nella disposizione medesima il termine “industria” è sempre usato nel senso tecnico-giuridico di attività diretta alla produzione di beni o di servizi di cui all’art. 2195, n. 1 c.c. e che l’opera in questione è –per l’appunto- relativa ad industria agraria.
Lo stesso ragionamento non può -quindi- non valere anche per la realizzazione di un frantoio, trattandosi parimenti di “industria agraria” nel senso ora descritto.
Va comunque precisato che se il progetto eventualmente fuoriesce dai caratteri propri della semplice edilità e richiede, ad esempio, opere di “conglomerato cementizio semplice od armato, la cui stabilità possa comunque interessare la incolumità delle persone”, la competenza professionale spetta inderogabilmente, a’ sensi del tuttora vigente art. 1, primo comma, del R.D.L. 16.11.1939 n. 2229, agli ingegneri e agli architetti iscritti ai relativi albi, “nei limiti delle rispettive attribuzioni, ai sensi della L. 24.06.1923 n. 1395 e del R.D. 23.10.1925 n. 2537, sull’esercizio delle professioni di ingegnere e di architetto, e delle successive modificazioni”.

Nella sentenza resa in primo grado si afferma “che il diniego fu comunicato il 21 e 22.12.1998, sia al presidente della Cooperativa istante, che al progettista, dott. M.C., ma avverso di esso non fu proposto ricorso e la Cantina Cooperativa richiedente curò, invece, la redazione di un nuovo progetto, a firma questa volta di un ingegnere, che fu approvato in forza di atto di concessione rilasciato il 16.07.1999. … (Gli) effetti del gravato diniego ebbero come loro destinataria immediata e diretta la Cantina Cooperativa, titolare della facoltà di costruire incisa negativamente dal diniego stesso. Al riguardo, il redattore del progetto assume la posizione di terzo rispetto alla relazione giuridica, intercorrente tra concedente e l’aspirante concessionario; lo stesso, per effetto del contratto d’opera intercorso con il committente proprietario dell’area, al più avrebbe avuto titolo ad intervenire nel giudizio eventualmente promosso da quest’ultimo contro il rifiuto, ma non mai a porsi come ricorrente in via principale (cfr. TAR Veneto, 22.01.1982 n. 101).
Peraltro, -e sul punto il Tribunale non ritiene di doversi discostare dall’insegnamento del giudice amministrativo, da ultimo confermato con le sentenze del Consiglio di Stato (Sez. V) 20.08.1996, n. 929, e 23.05.1997 n. 527, e del Csi n. 254 del 14.06.1999- gli Ordini professionali non sono persone giuridiche di diritto pubblico aventi, tra l'altro, anche la finalità di tutelare gli interessi della categoria; ma sono, invece, soggetti pubblici che, per le professioni, per l’esercizio delle quali occorre una speciale abilitazione dello Stato, hanno, in base alle disposizioni degli artt. 2229 e 2233 del Codice civile e delle varie leggi istitutive dei singoli Ordini, le specifiche competenze della tenuta degli albi, dell'esercizio della funzione disciplinare, nonché, della redazione e proposta delle tariffe e della liquidazione dei compensi a richiesta del professionista o del privato. Le predette funzioni -ha sottolineato il giudice amministrativo- sono assegnate dalla legge agli Ordini essenzialmente per la tutela della collettività nei confronti degli esercenti la professione, la quale solo giustifica l’obbligo dell'appartenenza all'Ordine stesso, e non già per una tutela degli interessi della categoria professionale, che farebbe degli Ordini un'abnorme figura d'associazione obbligatoria, munita di potestà pubblica, per la difesa di interessi privati settoriali.
In particolare, poi, l’interesse azionato dall’Ordine ricorrente fa capo ad ognuno dei soggetti abilitati all’esercizio della professione di agronomo e non può definirsi, quindi, come interesse collettivo, poiché di quest’ultimo è, invece, connotato essenziale l’essere l’ente esponenziale in veste di ente collettivo il legittimo, esclusivo portatore della situazione di vantaggio a carattere metaindividuale, perché l’anzidetta condizione, pur astrattamente riferibile a ciascuno degli individui facenti parte del gruppo sociale che si riconosce nel soggetto collettivo, tuttavia, non è “frazionabile” e non è, dunque, tutelabile singolarmente. Il difetto di legittimazione dell’Ordine ricorrente (e la conforme eccezione sollevata dall’amministrazione resistente risulta, perciò, fondata) deve pertanto essere affermato, alla luce di quanto appena detto, pure sotto il profilo sostanziale, poiché si è agito a difesa, in realtà, della posizione giuridica nella titolarità del redattore del progetto respinto e ciò in violazione dell’art. 81 c.p.c. in base al quale, fuori dai casi espressamente previsti dalla legge di sostituzione processuale o di rappresentanza, nessuno può far valere in giudizio un diritto altrui in nome proprio. In definitiva, alla stregua delle su esposte considerazioni, il ricorso in esame è inammissibile
".
La giurisprudenza di questo Consiglio citata dal giudice di primo grado a supporto della statuizione da lui assunta non è stata infatti da quest’ultimo ben intesa, e ciò in quanto le predette decisioni n. 929 dd. 20.08.1996 e n. 527 dd. 23.05.1997 non relegano –come sembrerebbe– gli Ordini professionali allo svolgimento delle mere competenze della tenuta degli albi, dell’esercizio delle azioni disciplinari, della redazione e della proposta delle tariffe e della liquidazione dei compensi a richiesta del professionista o del privato, ossia ad attività preordinate “essenzialmente per la tutela della collettività nei confronti degli esercenti la professione, la quale solo giustifica l’obbligo dell'appartenenza all'Ordine stesso, e non già per una tutela degli interessi della categoria professionale” (così a pag. 4 la sentenza impugnata).
Nelle predette due decisioni si afferma infatti che l’attività degli Ordini professionali comunque concerne -ancorché in vista dell’interesse della collettività e, solo di riflesso, anche degli stessi professionisti– gli iscritti agli ordini medesimi, ossia coloro che esercitano la libera professione mediante contratti d’opera direttamente con il pubblico dei clienti o, in alcuni casi, pure alle dipendenze di privati, mentre sfugge al controllo degli Ordini la posizione dei pubblici dipendenti che, svolgendo una prestazione di lavoro subordinato presso una pubblica amministrazione, effettuino compiti il cui contenuto corrispondente a quello di una libera professione, posto che costoro sono retribuiti in base a stipendi prefissati e soggiacciono alle regole disciplinari stabilite dalla p.a. datrice di lavoro e non dall'ordine professionale (cfr., negli stessi termini, le due sentenze dianzi citate).
E’ evidente, quindi, l’inconferenza di tali due richiami giurisprudenziali contenuti nella sentenza impugnata, posto che nelle due decisioni non si affronta in linea di principio la tematica della legittimazione processuale degli Ordini professionali.
Solo la decisione n. 254 dd. 14.06.1999 resa dalla Sezione consultiva del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, parimenti riferita nella sentenza impugnata, in effetti afferma –tra l’altro– che “per le attività e per l'esercizio gli ordini e i collegi professionali sono enti pubblici, per i quali serve un tipo di abilitazione dello Stato, in base agli art. 2229 e 2233 c.c. e secondo le diverse leggi istitutive dei singoli ordini, sono provvisti delle precise competenze della tenuta degli albi, dell’esercizio della funzione disciplinare, tanto più della redazione e proposta delle tariffe e dei pagamenti dei compensi secondo il privato o il professionista; perciò, queste funzioni si considerano elargite a difesa della collettività nei confronti degli esercenti la professione e non ormai a difesa dei vantaggi della classe professionale”.
Tali ultimi enunciati sono invero parzialmente conformi a quelli del giudice di primo grado: ma da essi comunque non è dato di ricavare la conseguenza da quest’ultimo affermata, ossia il difetto, per il caso di specie, della legittimazione processuale dell’Ordine professionale.
Tale affermazione si configura, pertanto, come del tutto autonomamente elaborata dal giudice di primo grado senza alcun previo supporto giurisprudenziale, avendo in particolar modo riguardo alla paventata ipotesi che l’Ordine professionale divenga –come detto innanzi– “un’abnorme figura d'associazione obbligatoria, munita di potestà pubblica, per la difesa di interessi privati settoriali”, e posto che l’interesse azionato dall’Ordine, facendo capo a ciascuno dei soggetti abilitati all’esercizio della relativa professione comunque non potrebbe definirsi secondo lo stesso giudice come “collettivo”, né sarebbe “frazionabile” e, quindi, tutelabile dall’Ordine medesimo in vece del singolo suo iscritto.
La tesi del giudice di primo grado è –viceversa– smentita da esplicita e del tutto unanime giurisprudenza formatasi sul punto in discussione, secondo la quale gli Ordini professionali hanno legittimazione a difendere in sede giurisdizionale gli interessi della categoria di soggetti di cui abbiano la rappresentanza istituzionale qualora si tratti della violazione di norme poste a tutela della professione stessa, o allorché si tratti comunque di conseguire determinati vantaggi -sia pure di carattere strumentale- giuridicamente riferibili alla intera categoria, con il limite (che qui non rileva) derivante dal divieto di occuparsi di questioni relative ad attività non soggette alla disciplina o potestà degli Ordini medesimi (così, ad es., Cons. Stato, Sez. V, 10.11.2010 n. 8006; cfr., altresì, la decisione n. 8404 resa sempre dalla Sez. V); ossia, detto altrimenti, sussiste nel nostro ordinamento la legittimazione di un Ordine professionale a tutelare anche in via contenziosa l’interesse collettivo dei professionisti suoi iscritti in modo generale e indistinto (così Cons. Stato, Sez. II, 24.01.2011 n. 2783).
Nel caso in esame, quindi, non è ravvisabile –a differenza di quanto affermato dal giudice di primo grado– una sostituzione processuale da parte dell’Ordine nei riguardi della posizione del singolo professionista, per certo preclusa a’ sensi dell’art. 81 c.p.c., ma è sussistente –anche al di là della lesione arrecata sia alla sfera dell’interesse individuale del progettista, sia alla sfera del committente dell’opera, i quali peraltro liberamente non hanno ritenuto di tutelarsi in sede giudiziale– un concomitante e del tutto autonomo interesse dell’Ordine a veder assicurata l’applicazione delle disposizioni normative che disciplinano la competenza professionale dei suoi iscritti -anche se materialmente non coinvolti nel presente procedimento giudiziale– proprio in quanto soggetto ex lege esponenziale di tutti gli iscritti medesimi.
Tale interesse alla decisione del ricorso perdura anche allorquando –come, per l’appunto, nel caso di specie– l’annullamento dell’atto impugnato non può dispiegare effetti concreti ma è apprezzabile comunque la perdurante lesività dell’atto stesso per il credito, il prestigio e l’estimazione sociale della parte ricorrente, ossia allorquando comunque persistano come fatti storici valutazioni e giudizi negativi su qualità e capacità della parte medesima (così, ad es., Cons. Stato, Sez. IV, 30.07.2002 n. 4076 e Sez. V, 05.03.2001 n. 1250).
Nel caso di specie, è indiscutibile la permanenza a tutt’oggi dell’interesse dell’Ordine a rimuovere ope iudicis un provvedimento che, se considerato nel suo intrinseco contenuto, si pone come non corretta valutazione dell’idoneità professionale non solo –contingentemente- del dott. Cassandro ma di qualsivoglia iscritto all’Ordine professionale degli agronomi se chiamato a progettare un frantoio, configurandosi quindi come un precedente ostativo –anche perché reiterabile dallo stesso Comune, nonché da altre pubbliche amministrazioni- per le opportunità professionali di tutti i suoi iscritti.
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Il ricorso proposto in primo grado va accolto, in quanto –come detto innanzi- l’art. 2, lett. d), della L. 07.01.1976 n. 3, recante l’ordinamento della professione di dottore agronomo, riconduce testualmente alla relativa competenza professionale anche “la progettazione... ed il collaudo dei lavori relativi alle costruzioni rurali e di quelli attinenti alle industrie agrarie e forestali”.
A suo tempo questo stesso giudice ha già avuto modo di affermare la legittimità di un titolo edilizio per la realizzazione di un complesso industriale per la lavorazione di carni suine e di pollame su progetto redatto da un dottore agronomo, posto che la disposizione testé riportata consente la prestazione professionale di quest’ultimo relativamente alle industrie, tra le quali devono essere annoverate le “industrie agrarie” e, quindi, il complesso in questione, essendo indubitabile che nella disposizione medesima il termine “industria” è sempre usato nel senso tecnico-giuridico di attività diretta alla produzione di beni o di servizi di cui all’art. 2195, n. 1 c.c. e che l’opera in questione è –per l’appunto- relativa ad industria agraria (cfr. al riguardo Cons. Stato, Sez. V, 29.10.1992 n. 1078).
Lo stesso ragionamento non può -quindi- non valere anche per la realizzazione di un frantoio, trattandosi parimenti di “industria agraria” nel senso ora descritto.
Va comunque precisato che se il progetto eventualmente fuoriesce dai caratteri propri della semplice edilità e richiede, ad esempio, opere di “conglomerato cementizio semplice od armato, la cui stabilità possa comunque interessare la incolumità delle persone”, la competenza professionale spetta inderogabilmente, a’ sensi del tuttora vigente art. 1, primo comma, del R.D.L. 16.11.1939 n. 2229, agli ingegneri e agli architetti iscritti ai relativi albi, “nei limiti delle rispettive attribuzioni, ai sensi della L. 24.06.1923 n. 1395 e del R.D. 23.10.1925 n. 2537, sull’esercizio delle professioni di ingegnere e di architetto, e delle successive modificazioni” (cfr. ivi; cfr., altresì, sul punto, ad es., Cassazione civ., Sez. II, 02.09.2011 n. 18038)
(Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 30.09.2013 n. 4854 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALI - EDILIZIA PRIVATAOggetto: DPR 16.04.2013 n. 75 - Regolamento recante disciplina dei criteri di accreditamento per assicurare la qualificazione e l'indipendenza degli esperti e degli organismi a cui affidare la certificazione energetica degli edifici - requisiti dei soggetti abilitati alla certificazione energetica degli edifici mancata previsione di una disciplina transitoria - Ingegneri vecchio ordinamento - problemi applicativi - richiesta urgente di parere ed intervento (Consiglio Nazionale degli Ingegneri, nota 09.09.2013 n. 4693 di prot.).
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Ingegneri: i corsi formativi ai novizi. Ape, i certificatori esperti già abilitati.
Per i tecnici che da anni (e prima del 12 luglio scorso) redigono la certificazione energetica degli edifici non è necessaria la partecipazione a specifici corsi di formazione con esame finale e conseguimento dell'attestato di frequenza per il rilascio dell'Ape. Il possesso dell'attestato di frequenza, con superamento dell'esame finale, relativo a specifici corsi di formazione per la certificazione energetica degli edifici può avere un senso e valere unicamente se riferita a coloro che si troveranno ad operare a partire dall'entrata in vigore del dpr 16.04.2013 n. 75 (e cioè dal 12.07.2013), facendo così salva l'attività dei tecnici già operanti nel settore (anche appartenenti ad altre professioni aventi competenza in materia).

Questa è la precisazione contenuta nella circolare del 09.09.2013 n. U-rsp/4693/2013 del Consiglio nazionale degli ingegneri con la quale viene richiesto un chiarimento al ministero dello sviluppo economico, al ministero dell'ambiente e alle infrastrutture sulla mancanza di disciplina transitoria rivolta a salvaguardare le competenze acquisite dai professionisti operanti nel settore.
Ricordiamo che il 12 luglio è entrato in vigore il dpr 16.04.2013 n. 75 con il quale sono stati definiti i requisiti che devono aver i tecnici chiamati a redigere l'attestato di prestazione energetica (Ape) (si veda Italia Oggi del 26 giugno scorso). Il dpr elenca i titoli di studio da possedere: in pratica tutte le lauree tecniche e tutti i diplomi tecnici. Per l'abilitazione bisogna essere iscritti a un ordine professionale (laddove ne esista uno) e ottenere una certificazione attestante il possesso dell'esperienza nella progettazione di edifici o di impianti.
Alcuni laureati (per esempio in matematica o in fisica o in ingegneria), però, devono frequentare un corso abilitante di 64 ore che è organizzato da ordini, università, enti di ricerca, regioni, province autonome (art. 2, comma 4, lett. b), del dpr n. 75/2013). Nella nota del 9 settembre scorso il Consiglio nazionale degli ingegneri afferma che l'art. 2, comma 4, lett. b), del dpr n. 75 del 2013 debba essere applicato unicamente a coloro che si troveranno a operare a partire dall'entrata in vigore del dpr 16.04.2013 n. 75 e cioè dal 12 luglio scorso, facendo salva l'attività dei tecnici già operanti nel settore.
L'articolo 2, comma 4, lett. b), del dpr 75 prevede, infatti, la frequenza, con superamento dell'esame finale, relativo a specifici corsi di formazione per la certificazione energetica degli edifici anche per chi è in possesso di uno dei seguenti titoli: «Laurea magistrale fisica, ingegneria, matematica, scienze chimiche, scienze della natura, scienze e tecnologie geologiche, scienze e tecnologie per l'ambiente e il territorio, scienze geofisiche ovvero laurea specialistica in fisica» (articolo ItaliaOggi del 12.09.2013).

agosto 2013

COMPETENZE PROGETTUALI: Geometri, il cemento armato solo dal 2010.
Il geometra può progettare delle modeste abitazioni civili con l'impiego di strutture in cemento armato solo dopo la riforma attuata dal legislatore con il dlgs 212 del 2010. Per le opere fatte prima in violazione delle norme allora vigenti il professionista non ha diritto al compenso anche in caso di assoluzione, nel processo penale, dalle accuse di esercizio abusivo della professione.

Lo ha sancito la Corte di Cassazione -Sez. II civile- che, con la sentenza 30.08.2013 n. 19989, ha respinto il ricorso di un geometra che chiedeva il pagamento del compenso per la progettazione di una villa che aveva richiesto anche l'impiego di opere in cemento armato. Insomma per la seconda sezione civile del Palazzaccio è del tutto irrilevante che l'uomo sia stato assolto dalle accuse di esercizio abusivo della professione. E soprattutto che l'intervento di un ingegnere successivo alla sua iniziale progettazione dell'abitazione non sana la sua posizione e non fa scattare il diritto al compenso.
In proposito il Collegio di legittimità, interpretando le norme precedenti la riforma classe 2010, ha ribadito che ai tecnici solo diplomati (geometri e periti in edilizia) è consentita soltanto la progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione in ogni caso di opere che prevedano l'impiego di strutture in cemento armato a meno che non si tratti di piccoli manufatti accessori, trattandosi di una scelta inequivoca del legislatore dettata da evidenti ragioni di pubblico interesse, i limitati margini di discrezionalità attesa la chiarezza e tassatività del precetto normativo.
In ogni caso -dice ancora la Corte- resta esclusa (fino al 2010) la competenza del geometra per le modeste costruzioni civili che siano anche in cemento armato. In definitiva la Cassazione ha escluso il diritto al compenso del professionista anche perché, spiegano i Supremi giudici, il negozio giuridico nullo, all'epoca della sua perfezione, perché contrario a norme imperative, non può divenire valido e acquistare efficacia per effetto della semplice abrogazione di tali. In altri termini la riforma non può incidere in alcun modo sulle cause già pendenti. Alla stessa conclusione è giunta la Procura generale di Piazza Cavour (articolo ItaliaOggi del 31.08.2013).

COMPETENZE PROGETTUALI: Il ricorrente pone due quesiti e chiede:
se le norme sulle competenze professionali dei geometri vietino la scissione della progettazione architettonica da quella strutturale ponendo come obbligatorio che sia lo stesso soggetto a realizzare entrambe;
se le norme sulle competenze professionali dei geometri escludono che tali professionisti possano svolgere progettazione di modeste costruzioni civili ogni qual volta sia richiesta l'utilizzazione di strutture, anche molto semplici, in cemento armato.
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Il successivo intervento, nella fase esecutiva ed in quella della direzione dei lavori di un tecnico di livello superiore a quello del redattore del progetto originario, non può valere a sanare ex post la nullità per violazione di norme imperative, del contratto d'opera professionale, da valutarsi con esclusivo riferimento al momento genetico del rapporto
.
Occorre inoltre osservare che
non è consentito neppure al committente scindere dalla progettazione generale quella relativa alle opere in cemento armato poiché non possibile enucleare e distinguere un'autonoma attività, per la parte di tali lavori, riconducibile ad un ingegnere o ad un architetto; infatti chi non è abilitato a delineare l'ossatura, neppure può essere ritenuto in grado di dare forma al corpo che deve esserne sorretto.
L'esclusione del compenso professionale, nel caso considerato, discende dall'applicazione del disposto dell'art. 2331, comma primo c.c. che, nei casi in cui l'esercizio di un'attività professionale sia condizionato all'iscrizione in un albo o elenco, espressamente nega l'azione per il pagamento del compenso al professionista non iscritto.
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La legge n. 1086 del 1971 disciplina le opere di conglomerato cementizio armato e all'art. 2 stabilisce che la costruzione di tali opere deve avvenire in base ad un progetto esecutivo redatto da un ingegnere o architetto o geometra o perito industriale edile iscritti nel relativo albo, nei limiti delle rispettive competenze. L'esecuzione delle opere deve aver luogo sotto la direzione di un ingegnere o architetto o geometra o perito industriale edile iscritto nel relativo albo, nei limiti delle rispettive competenze.
La normativa, nel ribadire i "limiti delle rispettive competenze", chiaramente rinvia, senza introdurre autonomi ed innovativi criteri attributivi di competenza, alle previgenti rispettive normative professionali di riferimento, tra le quali, dunque, per quanto riguarda i geometri, quella in precedenza esaminata, che è rimasta immutata.
La norma, in altri termini, non incide sull'ambito delle competenze fissate dalle norme precedenti, ma stabilisce che
ogni qual volta si deve realizzare un'opera in cemento armato la costruzione deve avvenire in base ad un progetto esecutivo redatto da un ingegnere o architetto o geometra o perito industriale edile iscritti nel relativo albo e la direzione lavori e l'esecuzione delle opere deve avere luogo sotto la direzione di un ingegnere o architetto o geometra o perito industriale edile iscritto nel relativo albo.

Siccome l'art. 16 r.d. 274/1929 alla lettera l) estende la competenza del geometra, quanto alle "costruzioni rurali e di edifici per uso d'industrie agricole di limitata importanza" alle piccole "costruzioni accessorie in cemento armato", ma solo a determinate condizioni, mentre la lettera m) non contiene identica estensione per le costruzioni civili di modesta importanza,
si deve ritenere che resti confermata l'esclusione della competenza del geometra per le modeste costruzioni civili in cemento armato.
Ne consegue che la normativa all'epoca vigente non consentiva al geometra la progettazione e la direzione delle costruzioni civili, ancorché modeste, ma in cemento armato.
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Giusta quanto assolutamente pacifico, in dottrina come in giurisprudenza, e contrariamente a quanto si invoca da parte del ricorrente,
i requisiti di validità dei contratti sono regolati dalla legge del tempo in cui essi vengono conclusi.
Alla luce di tale consolidato insegnamento si deve concludere che
il negozio giuridico nullo, all'epoca della sua perfezione, perché contrario a norme imperative, non può divenire valido e acquistare efficacia per effetto della semplice abrogazione di tali disposizioni, in quanto, perché questo effetto si determini, è necessario che la nuova legge operi retroattivamente, incidendo sulla qualificazione degli atti compiuti prima della sua entrata in vigore
.
Il ricorrente nella successiva memoria sostiene che la soluzione da lui patrocinata oggi si imporrebbe in ragione anche della nuova disposizione contenuta nel D.Lgs. n. 212/010 che disciplinerebbe in modo diverso la materia ed avrebbe altresì carattere interpretativo di quello precedente.
La normativa di cui al D.Lgs. 212/2010 ha abrogato il R.D. n. 2229/1939, introducendo, per quanto qui interessa, una diversa disciplina e, alla luce della giurisprudenza, sopra richiamata, deve considerarsi innovativa; la nuova normativa è inoltre del tutto priva di carattere interpretativo della disciplina in materia di competenze del geometra non rinvenendosi in essa alcun dato testuale che possa portare a questa conclusione. Lo stesso ricorrente, del resto, non indica alcun elemento in favore della sua tesi.
Per contro va qui ribadito il principio che
la natura interpretativa di una disposizione normativa, comportando una deroga al principio della irretroattività della legge, dal momento che porta ad applicare la nuova disposizione anche al passato, principio senz'altro valido anche nel diritto comunitario, deve risultare chiaramente dal suo contenuto, che deve non solo enunciare il significato da attribuire ad una norma precedente, ma anche la volontà del legislatore di imporre questa interpretazione, escludendone ogni altra.
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In conclusione devono essere confermati, nella fattispecie, i principi costantemente affermati da questa Corte secondo i quali:
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ai tecnici solo diplomati (geometri e periti in edilizia) è consentita soltanto la progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione in ogni caso di opere che prevedano l'impiego di strutture in cemento armato a meno che non si tratti di piccoli manufatti accessori, trattandosi di una scelta inequivoca del legislatore dettata da evidenti ragioni di pubblico interesse, i limitati margini di discrezionalità attesa la chiarezza e tassatività del precetto normativo;
- tale disciplina professionale non è stata modificata dalla legge 05.11.1971, n. 1086 e dalla legge 02.02.1974, n. 64, le quali si sono limitate, pur senza esplicito richiamo, a recepire la previgente ripartizione di competenze né tale disciplina professionale è stata modificata dalla legge 05.11.1971, n. 1086, e dalla legge 02.02.1974, n. 64, le quali si sono limitate, pur senza esplicito richiamo, a recepire la previgente ripartizione di competenze;
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resta in ogni caso esclusa la competenza del geometra per le modeste costruzioni civili che siano anche in cemento armato.
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Con citazione del 06/06/1992 De L.D. proponeva opposizione al decreto ingiuntivo con il quale gli era stato ingiunto di pagare al geometra Vitale Donato un compenso di lire 41.105.604 per attività professionale.
Il D.L. assumeva di avere conferito al V. l'incarico di progettare la costruzione di un edificio, di averlo altresì incaricato della direzione lavori, del disbrigo delle pratiche amministrative e della predisposizione dei calcoli del cemento armato che il V. aveva fatto redigere, a sue spese, da un ingegnere; per tutte le prestazioni era stato convenuto il corrispettivo di lire 12.000.000 oltre lire 4.000.000 per le pratiche di accatastamento e per quelle necessarie per i certificato di abitabilità ed era stata già pagata la complessiva somma di lire 16.400.000 senza emissione di fattura.
...
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo il ricorrente deduce il vizio di motivazione e la violazione dell'art. 2231 c.c. e delle norme sulla competenza dei geometri e, in particolare, la violazione del R.D. 11.02.1929, n. 274, art. 16, lett. m), e della L. n. 1086 del 1971, art. 2 (contenente norme per la disciplina delle opere in conglomerato cementizio armato).
Il ricorrente censura la ritenuta esclusione della competenza dei geometri nella progettazione di opere in cemento armato sostenendo di avere limitato il proprio intervento alla progettazione architettonica affidando i compiti relativi alla progettazione strutturale, relativa ai calcoli delle strutture in cemento armato ad un ingegnere che, quindi si è assunto le responsabilità sugli aspetti rilevanti per la pubblica incolumità.
Il ricorrente formulando il quesito di diritto ex art. 366-bis c.p.c. ora abrogato, ma applicabile ratione temporis, chiede se le norme sulle competenze professionali dei geometri vietino la scissione della progettazione architettonica da quella strutturale ponendo come obbligatorio che sia lo stesso soggetto a realizzare entrambe.
2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce il vizio di motivazione e la violazione dell'art. 2231 c.c. e delle norme sulla competenza dei geometri e, in particolare la violazione del R.D. 11.02.1929, n. 274, art. 16, lett. m), e dell'art. 2 L. n. 1086/1971.
Il ricorrente sostiene che le norme in materia di competenza professionale dei geometri non sarebbero state correttamente applicate dalla Corte di Appello che avrebbe escluso la legittimazione del geometra a progettare e dirigere costruzioni dotate anche solo parzialmente di cemento armato, mentre l'art. 2 L. n. 1086/1971 prevede che la costruzione di opere in conglomerato cementizio possa avvenire in base ad un progetto esecutivo redatto anche da un geometra iscritto nel relativo albo nei limiti delle sue competenze e, nel caso concreto, la competenza sarebbe riconosciuta dallo stesso r.d. 274/1929 che, all'art. 16, lett. m), attribuisce ai geometri la competenza in materia di progetto, direzione vigilanza di modeste costruzioni civili.
Il ricorrente formulando il quesito di diritto ex art. 366-bis c.p.c. ora abrogato, ma applicabile ratione temporis, chiede se le norme sulle competenze professionali dei geometri escludono che tali professionisti possano svolgere progettazione di modeste costruzioni civili ogni qual volta sia richiesta l'utilizzazione di strutture, anche molto semplici, in cemento armato.
2. I due motivi devono essere esaminati congiuntamente in considerazione della loro stretta connessione e interdipendenza.
3.1 Il primo motivo, che ripropone argomenti già più volte esaminati e disattesi dalla giurisprudenza civile di questa Corte, è infondato e il quesito non pertinente rispetto alla fattispecie.
Il successivo intervento, nella fase esecutiva ed in quella della direzione dei lavori di un tecnico di livello superiore a quello del redattore del progetto originario, non può valere a sanare ex post la nullità per violazione di norme imperative, del contratto d'opera professionale, da valutarsi con esclusivo riferimento al momento genetico del rapporto (v. Cass. 08/04/2009 n. 8543 e, in precedenza, Cass. 467/1976).
Occorre inoltre osservare che
non è consentito neppure al committente scindere dalla progettazione generale quella relativa alle opere in cemento armato poiché non possibile enucleare e distinguere un'autonoma attività, per la parte di tali lavori, riconducibile ad un ingegnere o ad un architetto; infatti chi non è abilitato a delineare l'ossatura, neppure può essere ritenuto in grado di dare forma al corpo che deve esserne sorretto (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 28.04.2011, n. 2537).
L'esclusione del compenso professionale, nel caso considerato, discende dall'applicazione del disposto dell'art. 2331, comma primo c.c. che, nei casi in cui l'esercizio di un'attività professionale sia condizionato all'iscrizione in un albo o elenco, espressamente nega l'azione per il pagamento del compenso al professionista non iscritto (Cass. 02/09/2011 n. 18038).
Il quesito non è pertinente in quanto non si nega la astratta possibilità di scindere la progettazione architettonica da quella strutturale, ma si nega che ciò possa assumere rilievo alcuno al fine di escludere la nullità del contratto quando il contratto, nel suo momento genetico non l'abbia prevista essendo stato, invece, conferito al geometra, con il contratto, l'incarico di progettazione e direzione della costruzione.
3.2 Anche il secondo motivo è infondato e al quesito si deve dare risposta negativa.
L'art. 1 R.D. 16.11.1939 n. 22291 (ora abrogato dal DLVO n. 212/2010) per quanto attiene alle costruzioni civili che adottino strutture in cemento armato, sia pure modeste, prevedeva che ogni competenza dovesse essere riservata agli ingegneri ed architetti iscritti nell'albo.
L'art. 16 r.d. 274/1929, per quanto interessa ai fini della presente controversia, così delimita l'ambito delle competenze professionali dei geometri:
- alla lettera l) prevede la legittimazione del geometra relativamente a: progetto, direzione, sorveglianza e liquidazione di costruzioni rurali e di edifici per uso d'industrie agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone;
- al punto m) prevede la legittimazione del geometra relativamente a: progetto, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili.
La legge n. 1086 del 1971 disciplina le opere di conglomerato cementizio armato e all'art. 2 stabilisce che
la costruzione di tali opere deve avvenire in base ad un progetto esecutivo redatto da un ingegnere o architetto o geometra o perito industriale edile iscritti nel relativo albo, nei limiti delle rispettive competenze. L'esecuzione delle opere deve aver luogo sotto la direzione di un ingegnere o architetto o geometra o perito industriale edile iscritto nel relativo albo, nei limiti delle rispettive competenze.
La normativa, nel ribadire i "limiti delle rispettive competenze", chiaramente rinvia, senza introdurre autonomi ed innovativi criteri attributivi di competenza, alle previgenti rispettive normative professionali di riferimento, tra le quali, dunque, per quanto riguarda i geometri, quella in precedenza esaminata, che è rimasta immutata (v. Cass. 08/04/2009 n. 8543).
La norma, in altri termini, non incide sull'ambito delle competenze fissate dalle norme precedenti, ma stabilisce che
ogni qual volta si deve realizzare un'opera in cemento armato la costruzione deve avvenire in base ad un progetto esecutivo redatto da un ingegnere o architetto o geometra o perito industriale edile iscritti nel relativo albo e la direzione lavori e l'esecuzione delle opere deve avere luogo sotto la direzione di un ingegnere o architetto o geometra o perito industriale edile iscritto nel relativo albo.
Siccome l'art. 16 r.d. 274/1929 alla lettera l) estende la competenza del geometra, quanto alle "costruzioni rurali e di edifici per uso d'industrie agricole di limitata importanza" alle piccole "costruzioni accessorie in cemento armato", ma solo a determinate condizioni, mentre la lettera m) non contiene identica estensione per le costruzioni civili di modesta importanza,
si deve ritenere che resti confermata l'esclusione della competenza del geometra per le modeste costruzioni civili in cemento armato.
Ne consegue che la normativa all'epoca vigente non consentiva al geometra la progettazione e la direzione delle costruzioni civili, ancorché modeste, ma in cemento armato.
Giusta quanto assolutamente pacifico, in dottrina come in giurisprudenza, e contrariamente a quanto si invoca da parte del ricorrente,
i requisiti di validità dei contratti sono regolati dalla legge del tempo in cui essi vengono conclusi (cfr. Cass. 12.10.1979, n. 5349; Cass. 12.04.1980, n. 2370; Cass. 27/03/2002 n. 4434).
Alla luce di tale consolidato insegnamento si deve concludere che
il negozio giuridico nullo, all'epoca della sua perfezione, perché contrario a norme imperative, non può divenire valido e acquistare efficacia per effetto della semplice abrogazione di tali disposizioni, in quanto, perché questo effetto si determini, è necessario che la nuova legge operi retroattivamente, incidendo sulla qualificazione degli atti compiuti prima della sua entrata in vigore (Cass. 21.02.1995, n. 1877).
3.3 Il ricorrente nella successiva memoria sostiene che la soluzione da lui patrocinata oggi si imporrebbe in ragione anche della nuova disposizione contenuta nel D.Lgs. n. 212/010 che disciplinerebbe in modo diverso la materia ed avrebbe altresì carattere interpretativo di quello precedente.
3.4 La normativa di cui al D.Lgs. 212/2010 ha abrogato il R.D. n. 2229/1939, introducendo, per quanto qui interessa, una diversa disciplina e, alla luce della giurisprudenza, sopra richiamata, deve considerarsi innovativa; la nuova normativa è inoltre del tutto priva di carattere interpretativo della disciplina in materia di competenze del geometra non rinvenendosi in essa alcun dato testuale che possa portare a questa conclusione. Lo stesso ricorrente, del resto, non indica alcun elemento in favore della sua tesi.
Per contro va qui ribadito il principio che
la natura interpretativa di una disposizione normativa, comportando una deroga al principio della irretroattività della legge, dal momento che porta ad applicare la nuova disposizione anche al passato, principio senz'altro valido anche nel diritto comunitario, deve risultare chiaramente dal suo contenuto, che deve non solo enunciare il significato da attribuire ad una norma precedente, ma anche la volontà del legislatore di imporre questa interpretazione, escludendone ogni altra (cfr. Cass. 23827/2012; Cass. n. 9895 del 2003; Cass. n. 7182 del 1986), aspetti che non si rinvengono nel D.Lgs. 212/2010.
3.5 In conclusione devono essere confermati, nella fattispecie, i principi costantemente affermati da questa Corte secondo i quali:
-
ai tecnici solo diplomati (geometri e periti in edilizia) è consentita soltanto la progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione in ogni caso di opere che prevedano l'impiego di strutture in cemento armato a meno che non si tratti di piccoli manufatti accessori, trattandosi di una scelta inequivoca del legislatore dettata da evidenti ragioni di pubblico interesse, i limitati margini di discrezionalità attesa la chiarezza e tassatività del precetto normativo (v. Cass. 08/04/2009 n. 8543 e la giurisprudenza ivi richiamata: Cass. 8545/2005, 7778/2005, 6649/2005, 3021/2005, 19821/2004, 5961/2004, 15327/2000, 5873/2000);
- tale disciplina professionale non è stata modificata dalla legge 05.11.1971, n. 1086 e dalla legge 02.02.1974, n. 64, le quali si sono limitate, pur senza esplicito richiamo, a recepire la previgente ripartizione di competenze né tale disciplina professionale è stata modificata dalla legge 05.11.1971, n. 1086, e dalla legge 02.02.1974, n. 64, le quali si sono limitate, pur senza esplicito richiamo, a recepire la previgente ripartizione di competenze (cfr., ex multis, Cass. 02/09/2011 n. 18038);
-
resta in ogni caso esclusa la competenza del geometra per le modeste costruzioni civili che siano anche in cemento armato (con riferimento all'ultimo quesito del secondo motivo).

4. Con il terzo motivo il ricorrente deduce il vizio di motivazione della sentenza impugnata quanto alla valutazione delle caratteristiche della costruzione essendo stato escluso che potesse trattarsi di costruzione modesta.
Il ricorrente sostiene che la Corte di Appello avrebbe escluso che la costruzione potesse considerarsi di modesta importanza ai fini della legittimazione del geometra riconosciuta dal r.d. 274/1929 all'art. 16, lett. m), secondo un criterio meramente quantitativo, fondato sulle dimensioni dell'edificio, senza considerare il criterio tecnico-qualitativo con riferimento alla struttura dell'edificio e alle relative modalità costruttive.
Invece, secondo il ricorrente, la costruzione, di cubatura di poco superiore ai 2000 metri cubi fuori terra e, comunque, di struttura semplice, non richiedeva soluzioni di particolari problemi tecnici; richiama al riguardo giurisprudenza del Consiglio di Stato che individua la soglia della modesta entità dell'opera nei 5000 metri cubi e una sentenza della Cassazione penale che avrebbe ritenuto rientrare nella competenza dei geometri la costruzione di un capannone industriale di 8.200 metri cubi.
3.1 La questione come sopra introdotta con il motivo di ricorso diventa una questione di puro merito (sulla quale peraltro la Corte di Appello ha adeguatamente motivato) che comunque resta assorbita dal rilievo (v. supra) che è in ogni caso esclusa la competenza del geometra per le modeste costruzioni civili in cemento armato come, appunto, quella per la quale è chiesto il compenso (Corte di
Cassazione, Sez. II civile, sentenza 30.08.2013 n. 19989).

luglio 2013

COMPETENZE PROGETTUALI: La progettazione delle opere di viabilità, non strettamente connesse ai singoli fabbricati, è di pertinenza degli ingegneri.
Con atto spedito per la notifica il 25.02.2013, depositato il 05.03.2013, il ricorrente espone di aver ricevuto avviso, di cui all’articolo 11 del d.P.R. 08.06.2001, n. 327, per la realizzazione della strada alternativa di collegamento “Via Calarossano - Via Parata Grande” interessante un’area in cui è compreso anche suolo di sua proprietà, al quale è seguito avviso di occupazione di urgenza in forza di decreto n. 4389 del 21.12.2012. Agisce quindi per l’annullamento di tutti gli atti in epigrafe indicati.
Con decreto presidenziale n. 86 del 06.03.2013, è stata respinta la tutela cautelare anticipata.
Il comune di Ventotene ha depositato documentazione il 09.05.2013 ed opposto, con memoria del successivo 17, l’infondatezza del ricorso.
Alla pubblica udienza del 20.06.2013, il ricorso è stato chiamato e dopo la discussione è stato introdotto per la decisione.
Il Collegio ritiene di dover esaminare in primo luogo il quarto motivo di diritto con il quale il ricorrente, nel prospettare la violazione degli articoli 51, 52 e 54 del R.D. 23.10.1925, n. 2537 argomenta l’illegittimità degli atti impugnati versandosi in ipotesi di progettazione di un’opera viaria pubblica di indubbia rilevanza, costituente infrastruttura primaria non riconducibile alla competenza dell’architetto.
Il motivo è fondato e va accolto.
Il regolamento di cui al R.D. 23.10.1925, n. 2537, adottato in esecuzione della legge 24.06.1923, n. 1395, disciplina le competenze dell’ingegnere e dell’architetto.
L’articolo 51 riconduce a quella degli ingegneri la progettazione e conduzione dei lavori per “estrarre ed utilizzare i materiali direttamente od indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le industrie, dei lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto di deflusso e di comunicazione, alle costruzioni di ogni specie, alle macchine ed agli impianti industriali, nonché, in generale, alle applicazioni della fisica, i rilievi geometrici e le operazioni di estimo.”. In tale previsione sono incluse le costruzioni per opere stradali ed igienico-sanitarie (acquedotti, fognature, impianti di depurazione), gli impianti elettrici, le opere idrauliche e le opere di edilizia civile riconducibili alle “costruzioni di ogni specie”.
Per l’articolo 52 rientrano nella competenza comune, di ingegneri ed architetti, le “opere di edilizia civile”. Il secondo comma di detta norma poi, riconduce alla competenza degli architetti le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico e di restauro ed il ripristino degli edifici di interesse storico-artistico.
Le citate norme sono state pacificamente interpretate (Tar Venezia Veneto sez. I 08.07.2011, n. 1153; in termini anche: Tar Lecce Puglia sez. III, 18.04.2012, n. 708) nel senso che la progettazione delle opere di viabilità, non strettamente connesse ai singoli fabbricati, sia di pertinenza degli ingegneri (Consiglio Stato, sez. V, 06.04.1998, n. 416; sez. IV, 19.02.1990, n. 92).
Tale ricostruzione resiste agli argomenti addotti dal comune in sede di memoria conclusiva.
In via preliminare deve esser evidenziato che la progettazione riguarda una struttura di trasporto, deflusso e comunicazione, quindi un’opera di rilevante importanza perché tesa ad eliminare lo stato di pericolo e gli inconvenienti, conseguenti allo sgrottamento dell’ambito sottostante la strada comunale Calarossano, elencati nella relazione tecnica predisposta dal progettista, quali:
- l’isolamento di circa quindici nuclei familiari, comprese due attività turistico-ricettive, irraggiungibili in caso di emergenza sanitaria;
- l’impossibilità di accesso all’area dell’eliporto, in caso di emergenza sanitaria;
- l’impossibilità di accesso al cimitero comunale, con conseguenze igienico-sanitarie in caso di decesso;
- l’impossibilità di raggiungere le aree destinate all’approvvigionamento delle merci, del gas g.p.l. e del carburante;
- l’impossibilità di provvedere alla raccolta dei r.s.u. Ciò posto il comune ha contrastato il motivo in esame: - depositando copia del titolo di studio del progettista (Laurea Specialistica in Architettura Classe N. 4/S Architettura ed Ingegneria Edile) nonché l’allegato 2 tabella di Corrispondenza tra le Classi di laurea relative al D.M. 270/2004 e le Classi di laurea relative al D.M. 509/1999;
- argomentando che la Classe di Laurea Specialistica 4/S Architettura ed ingegneria edile di cui al D.M. 509/1999 corrisponde, attualmente alla Classe di Laurea Magistrale LM - 4 Architettura e ingegneria edile - architettura con l’ovvia conseguenza per la quale gli architetti che hanno conseguito il titolo posseduto dal progettista incaricato sono abilitati alla progettazione di cui alle norme in esame, anche di quelle viarie.
Tuttavia tale tesi non può esser condivisa dovendosi ad essa opporre, in via risolutiva, come dette indicazioni rilevano sul piano delle condizioni fissate per il conseguimento del titolo di studio quindi di accesso alle distinte professioni, nel mentre la disciplina invocata dai ricorrenti, diversamente, annette rilievo alla natura delle attività professionali svolte e che sostanziano i contenuti della competenza presupposta ai fini dell’applicazione delle menzionate norme regolamentari.
In definitiva i provvedimenti impugnati presuppongono una progettazione predisposta in violazione delle norme che fissano le competenze degli ingegneri e degli architetti, in particolare delle prescrizioni che impediscono a quest’ultimi di progettare opere di urbanizzazione primaria (opere viarie). La fondatezza del motivo in esame travolge, anche in via derivata ed assorbente rispetto ad ogni altra censura, tutti gli atti della procedura. Il ricorso va quindi accolto con l’annullamento degli atti impugnati (TAR Lazio-Latina, sentenza 12.07.2013 n. 609 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALI: La progettazione delle opere di viabilità, non strettamente connesse ai singoli fabbricati, è di pertinenza degli ingegneri.
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E' illegittimo l'affidamento del progetto ad un architetto in violazione delle norme che individuano le competenze degli ingegneri e degli architetti, in particolare delle prescrizioni che impediscono a quest’ultimi di progettare opere di urbanizzazione primaria (opere viarie).

... per l’annullamento, previa sospensiva:
1 - della deliberazione del Consiglio Comunale n. 22 dell’08.08.2012 non notificata, di “Approvazione progetto definitivo e approvazione variante urbanistica ai sensi dell’art. 19 DPR 327/2001 per intervento “Strada alternativa via Calarossano via Parata Grande”;
2 - della deliberazione del Consiglio Comunale n. 33 del 04.12.2012, mai notificata, avente ad oggetto: Strada alternativa di collegamento via Calarossano - via Parata Grande, compreso di percorso pedonale temporaneo per accesso alle abitazioni isolate. Progetto definitivo in variante al PdF. Adottato con DCC n. 22 dell’08.08.2012 ai sensi dell’art. 19 DPR 327/2001. Ratifica approvazione definitiva;
...
Con un primo motivo di diritto i ricorrenti, nel prospettare la violazione degli articoli 51, 52, 53 e 54 del R.D. 23.10.1925, n. 2537 argomentano l’illegittimità di tutti gli atti impugnati ed, in particolare, degli atti di approvazione e ratifica dei progetti nonché di conferimento dell’incarico, versandosi in ipotesi di progettazione di un’opera viaria pubblica di indubbia rilevanza, costituente infrastruttura primaria non riconducibile alla competenza dell’architetto; la fondatezza del motivo travolgerebbe conseguentemente e in via derivata tutti gli altri atti connessi.
Il motivo è fondato e va accolto sulla base di quanto già anticipato in sede cautelare.
Il regolamento di cui al R.D. 23.10.1925, n. 2537, adottato in esecuzione della legge 24.06.1923, n. 1395, disciplina le competenze dell’ingegnere e dell’architetto.
L’articolo 51 riconduce a quella degli ingegneri la progettazione e conduzione dei lavori per “estrarre ed utilizzare i materiali direttamente od indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le industrie, dei lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto di deflusso e di comunicazione, alle costruzioni di ogni specie, alle macchine ed agli impianti industriali, nonché, in generale, alle applicazioni della fisica, i rilievi geometrici e le operazioni di estimo”. In tale previsione sono incluse le costruzioni per opere stradali ed igienico-sanitarie (acquedotti, fognature, impianti di depurazione), gli impianti elettrici, le opere idrauliche e le opere di edilizia civile riconducibili alle “costruzioni di ogni specie”.
Per l’articolo 52 rientrano nella competenza comune, di ingegneri ed architetti, le “opere di edilizia civile”. Il secondo comma di detta norma poi, riconduce alla competenza degli architetti le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico e di restauro ed il ripristino degli edifici di interesse storico-artistico.
Le citate norme sono state pacificamente interpretate (Tar Venezia Veneto sez. I 08.07.2011, n. 1153; in termini anche: Tar Lecce Puglia sez. III, 18.04.2012, n. 708) nel senso che la progettazione delle opere di viabilità, non strettamente connesse ai singoli fabbricati, sia di pertinenza degli ingegneri (Consiglio Stato, sez. V, 06.04.1998, n. 416; sez. IV, 19.02.1990, n. 92).
Tale tesi accolta in sede cautelare, va qui confermata ed anche rispetto agli argomenti addotti dal comune con l’atto di costituzione e con la memoria conclusiva. Il resistente, richiamata la predisposizione del progetto preliminare da parte dall’ufficio comunale, oppone innanzitutto la rilevanza della competenza per “opere di edilizia civile”, competenza comune ad entrambe le figure professionali, nella quale dovrebbe esser sicuramente incluso l’intervento progettato, interessante una struttura che, tra l’altro, utilizzerebbe il tracciato della viabilità esistente per la realizzazione di un percorso pedonale di accesso ai fabbricati presenti in zona.
Siffatta indicazione non può esser condivisa, deponendo in senso contrario gli atti versati dallo stesso comune dai quali emerge che la progettazione riguarda una struttura di trasporto, deflusso e comunicazione, quindi un’opera di rilevante importanza perché tesa ad eliminare lo stato di pericolo e gli inconvenienti, conseguenti allo sgrottamento dell’ambito sottostante la strada comunale Calarossano, elencati nella relazione tecnica predisposta dal progettista, quali:
- l’isolamento di circa quindici nuclei familiari, comprese due attività turistico-ricettive, irraggiungibili in caso di emergenza sanitaria;
- l’impossibilità di accesso all’area dell’eliporto, in caso di emergenza sanitaria;
- l’impossibilità di accesso al cimitero comunale, con conseguenze igienico-sanitarie in caso di decesso;
- l’impossibilità di raggiungere le aree destinate all’approvvigionamento delle merci, del gas g.p.l. e del carburante;
- l’impossibilità di provvedere alla raccolta dei r.s.u..
Per un secondo aspetto ha quindi contrastato il motivo in esame:
- depositando copia del titolo di studio del progettista (Laurea Specialistica in Architettura Classe N. 4/S Architettura ed Ingegneria Edile) nonché l’allegato 2 tabella di Corrispondenza tra le Classi di laurea relative al D.M. 270/2004 e le Classi di laurea relative al D.M. 509/1999;
- argomentando che la Classe di Laurea Specialistica 4/S Architettura ed ingegneria edile di cui al D.M. 509/1999 corrisponde, attualmente alla Classe di Laurea Magistrale LM - 4 Architettura e ingegneria edile-architettura con l’ovvia conseguenza per la quale gli architetti che hanno conseguito il titolo posseduto dal progettista incaricato sono abilitati alla progettazione di cui alle norme in esame, anche di quelle viarie.
Anche siffatta tesi non può esser condivisa dovendosi ad essa opporre, in via risolutiva, come dette indicazioni rilevano sul piano delle condizioni fissate per il conseguimento del titolo di studio quindi di accesso alle distinte professioni, nel mentre la disciplina invocata dai ricorrenti, diversamente, annette rilievo alla natura delle attività professionali svolte e che sostanziano i contenuti della competenza presupposta ai fini dell’applicazione delle menzionate norme regolamentari.
In definitiva il progetto è stato illegittimamente affidato ad un professionista in violazione delle norme che individuano le competenze degli ingegneri e degli architetti, in particolare delle prescrizioni che impediscono a quest’ultimi di progettare opere di urbanizzazione primaria (opere viarie).
La fondatezza del motivo in esame travolge, anche in via derivata ed assorbente rispetto ad ogni altra censura, tutti gli atti della procedura, esito questo al quale concorre anche la fondatezza della dedotta violazione dell’articolo 11 del d.P.R. 08.06.2001, n. 327, motivo che resiste alle contrarie indicazioni perché:
- la pubblicazione all’albo pretorio della comunicazione dell’avvio del procedimento per l’apposizione del vincolo preordinato all’espropriazione, non può surrogare un adempimento che riguarda personalmente ed individualmente i soggetti interessati;
- le allegazioni relative alle comunicazioni personali interessanti i ricorrenti M. Bosco e B. Gargiulo, certificano solo la spedizione non ricavandosi, dagli avvisi di ricevimento prodotti, alcuna “firma per esteso del ricevente” idonea a certificare la ricezione.
Il ricorso va quindi accolto con l’annullamento della determina di affidamento dell’incarico, delle delibere consiliari di approvazione e ratifica della approvazione definitiva nonché dei decreti di occupazione d’urgenza (TAR Lazio-Latina, sentenza  12.07.2013 n. 608 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALI: Va osservato che l’art. 16 del RD 11.02.1929 n. 274 attribuisce alla competenza del geometra la progettazione direzione, sorveglianza e liquidazione di costruzioni rurali e di edifici per uso d'industrie agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone.
Nel caso in esame si tratta di un tradizionale capannone a pianta rettangolare (con dimensioni di ml. 20x25 circa), con struttura prefabbricata (articolata in pilastri con interasse ml. 6,33 su un lato e ml. 9,45 massimi sull’altro, che reggono la struttura di copertura), e che non presenta alcun elemento architettonico di rilievo o comunque complesso.
Va inoltre osservato che i progetti versati in atti (sulla base dei quali venivano poi rilasciate le varie concessioni edilizie per l’opera in esame) non rappresentano la versione esecutiva (che include la risoluzione dei problemi tecnici di dettaglio e i calcoli strutturali), ma la versione di massima (che riguarda essenzialmente il profilo architettonico dell’immobile), per cui il Collegio non intravede (perlomeno nell’odierna fase amministrativo-concessoria) particolari difficoltà tecniche implicanti complesse operazioni di calcolo, fuori dalla professionalità del geometra, al fine di evitare pericoli per la pubblica incolumità (che attengono, invece, alla fase di cantierabilità ed esecuzione dei lavori).
Dagli atti risulta, inoltre, che il progettista e il direttore dei lavori strutturali è stato l’Ing. ….. e che l’opera è stata regolarmente collaudata (sotto il profilo statico) dall’Ing. …..; circostanze che rafforzano la conclusione che il Geom. …… abbia operato entro i limiti della propria competenza professionale.
Trova pertanto applicazione anche l’orientamento giurisprudenziale, già condiviso da questo Tribunale, secondo cui la presenza dell'ingegnere progettista delle opere strutturali assorbe per intero quella parte che poteva esorbitare dalla competenza professionale del geometra. Di conseguenza la contestazione circa l'inidoneità del geometra a sottoscrivere il progetto esaminato dal comune viene a cadere e, quindi, tale aspetto della vicenda non è suscettibile di incidere negativamente sulla legittimità dell'impugnata concessione edilizia.
Al riguardo il Collegio non ignora che esistono anche indirizzi giurisprudenziali di contrario avviso, adottati sul rilievo che non sarebbe possibile enucleare e distinguere un’autonoma attività, per la parte di tali lavori, riconducibile ad un ingegnere o ad un architetto, il che (prosegue la citata giurisprudenza) apparirebbe senz’altro esatto, in quanto chi non è abilitato a delineare l’ossatura, neppure può essere ritenuto in grado di dare forma al corpo che deve esserne sorretto.
A giudizio del Collegio appare invece possibile, sulla base di comuni esperienze di fatto, scindere dette attività progettuali, poiché definita l’ossatura (o, meglio, la struttura portante di un edificio, dimensionata per reggere tutte le sollecitazioni, statiche e dinamiche, verticali e orizzontali, cui esso è o potrebbe essere sottoposto) da parte del tecnico a ciò abilitato, l’ulteriore attività progettuale si risolve nella definizione di elementi di chiusura della stessa, mediante opere di tamponamento interno ed esterno di natura essenzialmente architettonica; opere volte a delimitare gli spazi in cui si svolge l’attività umana e che non richiedono il possesso di specifiche competenze strutturali (attività che, spesso, viene svolta dai tecnici specializzati nei soli componenti d’arredo)….”.

Passando quindi al ricorso principale, va anzitutto rigettato il primo motivo, per le ragioni che di seguito si espongono.
Pur consapevole dell’esistenza di orientamenti giurisprudenziali molto diversificati sul punto, il Tribunale ritiene di confermare quanto già statuito in sentenze recenti relative a vicende analoghe.
In particolare, nella sentenza n. 355/2011 (nonché nella coeva decisione n. 356/2011), il Tribunale ha statuito che “….Al riguardo va osservato che l’art. 16 del RD 11.02.1929 n. 274 attribuisce alla competenza del geometra la progettazione direzione, sorveglianza e liquidazione di costruzioni rurali e di edifici per uso d'industrie agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone.
Nel caso in esame si tratta di un tradizionale capannone a pianta rettangolare (con dimensioni di ml. 20x25 circa), con struttura prefabbricata (articolata in pilastri con interasse ml. 6,33 su un lato e ml. 9,45 massimi sull’altro, che reggono la struttura di copertura), e che non presenta alcun elemento architettonico di rilievo o comunque complesso.
Va inoltre osservato che i progetti versati in atti (sulla base dei quali venivano poi rilasciate le varie concessioni edilizie per l’opera in esame) non rappresentano la versione esecutiva (che include la risoluzione dei problemi tecnici di dettaglio e i calcoli strutturali), ma la versione di massima (che riguarda essenzialmente il profilo architettonico dell’immobile), per cui il Collegio non intravede (perlomeno nell’odierna fase amministrativo-concessoria) particolari difficoltà tecniche implicanti complesse operazioni di calcolo, fuori dalla professionalità del geometra, al fine di evitare pericoli per la pubblica incolumità (che attengono, invece, alla fase di cantierabilità ed esecuzione dei lavori).
Dagli atti risulta, inoltre, che il progettista e il direttore dei lavori strutturali è stato l’Ing. ….. e che l’opera è stata regolarmente collaudata (sotto il profilo statico) dall’Ing. …..; circostanze che rafforzano la conclusione che il Geom. …… abbia operato entro i limiti della propria competenza professionale.
Trova pertanto applicazione anche l’orientamento giurisprudenziale, già condiviso da questo Tribunale (cfr. TAR Marche 13.03.2008 n. 194; 23.11.2001 n. 1220), secondo cui la presenza dell'ingegnere progettista delle opere strutturali assorbe per intero quella parte che poteva esorbitare dalla competenza professionale del geometra. Di conseguenza la contestazione circa l'inidoneità del geometra a sottoscrivere il progetto esaminato dal comune viene a cadere e, quindi, tale aspetto della vicenda non è suscettibile di incidere negativamente sulla legittimità dell'impugnata concessione edilizia (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 04.06.2003 n. 3068; v. anche Cons. Stato, Sez. V 03.10.2002 n. 5208 riguardante edifici analoghi).
Al riguardo il Collegio non ignora che esistono anche indirizzi giurisprudenziali di contrario avviso (cfr. da ultimo, Cons. Stato, Sez. V, 28.04.2011 n. 253), adottati sul rilievo che non sarebbe possibile enucleare e distinguere un’autonoma attività, per la parte di tali lavori, riconducibile ad un ingegnere o ad un architetto, il che (prosegue la citata giurisprudenza) apparirebbe senz’altro esatto, in quanto chi non è abilitato a delineare l’ossatura, neppure può essere ritenuto in grado di dare forma al corpo che deve esserne sorretto.
A giudizio del Collegio appare invece possibile, sulla base di comuni esperienze di fatto, scindere dette attività progettuali, poiché definita l’ossatura (o, meglio, la struttura portante di un edificio, dimensionata per reggere tutte le sollecitazioni, statiche e dinamiche, verticali e orizzontali, cui esso è o potrebbe essere sottoposto) da parte del tecnico a ciò abilitato, l’ulteriore attività progettuale si risolve nella definizione di elementi di chiusura della stessa, mediante opere di tamponamento interno ed esterno di natura essenzialmente architettonica; opere volte a delimitare gli spazi in cui si svolge l’attività umana e che non richiedono il possesso di specifiche competenze strutturali (attività che, spesso, viene svolta dai tecnici specializzati nei soli componenti d’arredo)….
”.
Come si vede, tali principi sono perfettamente applicabili al caso di specie, visto che il geom. M. ha curato la progettazione solo dal punto di vista architettonico e con riguardo ad impianti che rientrano sicuramente nelle sue competenze professionali. Viceversa tutti i manufatti in cemento armato sono stati progettati e collaudati da ingegneri, i quali non si sono limitati a controfirmare il progetto del geom. M., ma hanno sottoscritto in proprio i rispettivi elaborati.
Non si comprende poi l’eccezione riferita al fatto che il deposito degli elaborati progettuali presso la Provincia di Ancona non sanerebbe l’illegittimità. Il ricorrente non tiene conto infatti della disciplina di cui agli artt. 65 e 93 del T.U. n. 380/2001, i quali prevedono espressamente che il deposito degli elaborati presso il Genio Civile deve precedere l’inizio dei lavori, il che vuol dire che tali elaborati non debbono necessariamente essere prodotti in sede autorizzatoria. Fra l’altro, avendo la Provincia partecipato alla conferenza di servizi, sarebbe stato agevole per essa rilevare l’omissione e sollecitare la ditta proponente a produrre i calcoli strutturali, mentre nessuna obiezione è stata mossa al riguardo in seno alla conferenza di servizi (TAR Marche, sentenza 11.07.2013 n. 559 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

maggio 2013

COMPETENZE PROGETTUALI: Opere idrauliche solo a ingegneri. Il Tar Puglia esclude gli architetti.
Le opere idrauliche sono di esclusiva competenza degli ingegneri e non degli architetti. Gli impianti della rete urbana di condotta e distribuzione dell'acqua «non sono riconducibili all'ambito dell'edilizia civile, ma piuttosto rientrano nell'ingegneria idraulica che, ai sensi dell'art.51 del regolamento (regio decreto 23.10.1925 n. 2537), è riservata alla professione di ingegnere».
Questo è quanto emerge dalla sentenza 31.05.2013 n. 1270 del Tar Puglia-Lecce, Sez. II.
Il fatto: veniva presentato ricorso dagli ordini territoriali di Brindisi e Lecce contro la decisione di un ente locale di affidare la direzione dei lavori a un architetto. Dopo aver evidenziato che non sussiste una completa equiparazione delle competenze di architetti e ingegneri, i giudici amministrativi ricordano che l'art. 51 del regolamento per le professioni d'ingegnere e di architetto (regio decreto 23.10.1925 n. 2537), dedicato alla professione di ingegnere, prevede una competenza di carattere generale, comprendente interventi di vario tipo, riconoscendo in senso lato un'abilitazione che racchiude «ogni forma di applicazione delle tecniche relative alla fisica, alla rilevazione geometrica ed alle operazioni di estimo».
L'art. 52 del rd 2537/1925, relativo agli architetti, delimita invece la loro competenza alle sole «opere di edilizia civile». Inoltre i giudici chiariscono come «i principi suddetti, oltre che per la progettazione, non possono non valere anche per la direzione lavori», dato che le disposizioni del codice dei contratti pubblici non incidono sul riparto di competenze tra le diverse figure professionali.
I giudici amministrativi concludono affermando che rimane riservata alla competenza generale degli ingegneri (con conseguente esclusione degli architetti) «la progettazione di costruzioni stradali, opere igienicosanitarie, impianti elettrici, opere idrauliche, operazioni di estimo, estrazione di materiali, opere industriali» (articolo ItaliaOggi del 12.07.2013).

COMPETENZE PROGETTUALIRete idrica, lavori diretti da ingegneri, no architetti.
Non può essere aggiudicata a un architetto la direzione dei lavori per l'adeguamento della rete idrica del Comune: l'attività rientra nelle opere idrauliche, e va dunque riservata a un ingegnere, perché esula dal concetto di «edilizia civile», laddove quest'ultima prevede invece anche la partecipazione dell'architetto.

È quanto emerge dalla sentenza 31.05.2013 n. 1270 emessa dal TAR Puglia-Lecce, Sez, II..
Fonte sovraordinata - Accolto il ricorso dell'Ordine degli ingegneri, rimasti esclusi dall'appalto. I lavori sugli impianti della rete urbana di condotta e distribuzione dell'acqua costituiscono un'opera idraulica vera e propria. Nella nozione di «edilizia civile» sono invece comprese tutte le opere anche connesse e accessorie, purché ovviamente si tratti di pertinenze al servizio di singoli fabbricati o complessi edilizi. Ma non vi rientrano anche i lavori di ingegneria idraulica.
Il regolamento dell'ente locale, poi, non può derogare alla disciplina portata da fonti sovraordinate come, fra l'altro, il dlgs 129/92, che agli art. 1 e 2 ha attribuito una specifica riserva a favore degli ingegneri per quanto concerne la progettazione di opere viarie non connesse con opere di edilizia civile. È in particolare riservata agli ingegneri la progettazione di costruzioni stradali, opere igienico-sanitarie, impianti elettrici, opere idrauliche, operazioni di estimo, estrazione di materiali, opere industriali.
Legittimazione attiva - Nessun dubbio che l'organismo professionale sia legittimato a far annullare l'attribuzione dell'incarico. Gli Ordini degli ingegneri, degli architetti, dei geologi, devono ritenersi, infatti, legittimati a impugnare avvisi o bandi di gara o, più in generale, atti di procedure selettive poste in essere da pubbliche amministrazioni per la scelta dei professionisti cui affidare incarichi di progettazione, ogni qual volta le regole di scelta del contraente e gli atti della procedura siano idonei a determinare la lesione di profili della professionalità dei professionisti partecipanti.
La legittimazione sussiste se le regole della procedura incidono direttamente sulle regole professionali. Spese di giudizio compensate (articolo ItaliaOggi del 09.07.2013).

ATTI AMMINISTRATIVI - COMPETENZE PROGETTUALILa giurisprudenza amministrativa <<ha da tempo riconosciuto ampia legittimazione al ricorso giurisdizionale in capo agli Ordini e Collegi professionali a tutela sia di interessi propri dell’ente che di interessi propri ed esponenziali del gruppo professionale nel suo complesso. Gli Ordini degli ingegneri, degli architetti, dei geologi, devono ritenersi, infatti, legittimati ad impugnare avvisi o bandi di gara o, più in generale, atti di procedure selettive poste in essere da pubbliche amministrazioni per la scelta dei professionisti cui affidare incarichi di progettazione, ogni qual volta le regole di scelta del contraente e gli atti della procedura siano idonei a determinare la lesione di profili della professionalità dei professionisti partecipanti. Detta legittimazione sussiste […] qualora le regole della procedura siano direttamente incidenti sulle regole professionali (ad es. ammissione di altre professionalità allo svolgimento di attività riservate alla categoria ricorrente>>.
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Non vi è dubbio che nella nozione di “edilizia civile” siano da comprendere tutte le opere anche connesse ed accessorie, purché ovviamente si tratti di pertinenze al servizio di singoli fabbricati o complessi edilizi.
Sennonché, nella specie, la delibera impugnata riguarda incarichi relativi all’ammodernamento ed all’ampliamento della rete idrica comunale.
In proposito, tali lavori, concernenti gli impianti della rete urbana di condotta e distribuzione dell’acqua, non sono riconducibili all’ambito dell’“edilizia civile”, ma piuttosto rientrano nell’ingegneria idraulica che, ai sensi dell’art. 51 del citato regolamento, forma bensì oggetto riservato alla professione di ingegnere.
Ciò risulta confermato dal successivo art. 54 che, pur estendendo, in via eccezionale, la competenza ordinaria degli architetti diplomati entro una certa data, fa esplicita eccezione per una serie di applicazioni, di carattere più marcatamente tecnico-scientifico, tra le quali appunto le “opere idrauliche”.
In definitiva è, quindi, da escludere che gli incarichi in questione possano essere conferiti ad architetti.
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Quanto all’applicabilità dei principi appena richiamati al caso in esame, gli stessi non possono non rilevare anche con riferimento all’attività di direzione lavori.
Invero, gli articoli 51 e 52 del r.d. n. 2537/1925, confermato nella sua piena vigenza e nel suo contenuto dall’art. 1, comma 2, del d.lgs. 129/1992 (di attuazione, tra l’altro, della direttiva Cee n. 384/85), riservano alla comune competenza di architetti e ingegneri le sole opere di edilizia civile, mentre rimane riservata alla competenza generale degli ingegneri la progettazione di costruzioni stradali, opere igienico-sanitarie, impianti elettrici, opere idrauliche, operazioni di estimo, estrazione di materiali, opere industriali.
Né può valere l’obiezione per cui, per la direzione dei lavori […], varrebbe una diversa regola rispetto a quella valevole per la progettazione, in quanto ormai la sede della disciplina della direzione dei lavori si trova nel “Codice dei contratti pubblici” (art. 130), atteso che l’art. 130 del d.lgs. 163/2011 manifesta solo una opzione per quanto concerne la direzione dei lavori, da svolgersi preferibilmente all’interno della stazione appaltante, ma non è norma che riguarda il riparto di competenze tra diverse figure professionali, che rimane invece, regolato dal r.d. n. 2537/1925.
Inoltre, l’art. 148 del d.p.r. 207/2010 (regolamento di esecuzione del d.lgs. 163/2011), sancisce che il direttore dei lavori cura che i lavori cui è preposto siano eseguiti a regola d’arte e in conformità del progetto; sembra pertanto logico che se la progettazione dei lavori è rimessa, secondo l’ordine delle competenze professionali di cui si è detto, alla categoria degli ingegneri anche la direzione dei lavori deve essere affidata per quelle opere alla stessa categoria.
Né può essere accolta la tesi comunale, in base alla quale la distinzione delle competenze tra architetti e ingegneri, in quanto disciplinata da una norma regolamentare (r.d. n. 2357/1925), sarebbe modificabile da regolamenti successivi dei singoli enti locali, e ciò per due ordini di motivi: in primo luogo, in ragione della circostanza per cui il citato r.d., pur non essendo una norma di rango legislativo primario, è fonte sovraordinata rispetto ai regolamenti degli enti locali e, in secondo luogo, in quanto il riparto delle competenze tra le due figure professionali ivi fissato è stato cristallizzato, come detto, dal d.lgs. 129/1992, che agli articoli 1 e 2 ha attribuito una specifica riserva a favore degli ingegneri per quanto concerne la progettazione di opere viarie non connesse con opere di edilizia civile, qual è all’evidenza l’opera pubblica in parola.

1.- Premesso che gli Ordini professionali ricorrenti censurano il provvedimento con il quale l’Amministrazione Comunale intimata aggiudicava, relativamente ai disposti <<lavori di adeguamento dei recapiti finali di reti di fognatura pluviale che scaricano nel sottosuolo attraverso pozzi assorbenti>>, i servizi di <<direzione lavori, misura e contabilità, nonché coordinamento in materia di sicurezza nella fase esecutiva>>.
2.- Rilevato che, in particolare, essi contestano la riconducibilità dei servizi in parola alle competenze degli iscritti all’Albo degli Architetti (tale è l’aggiudicataria) piuttosto che a quelle degli iscritti all’Albo degli Ingegneri.
3.- Osservato in via preliminare, quanto al tema della legittimazione al gravame, che la giurisprudenza amministrativa <<ha da tempo riconosciuto ampia legittimazione al ricorso giurisdizionale in capo agli Ordini e Collegi professionali a tutela sia di interessi propri dell’ente che di interessi propri ed esponenziali del gruppo professionale nel suo complesso. Gli Ordini degli ingegneri, degli architetti, dei geologi, devono ritenersi, infatti, legittimati ad impugnare avvisi o bandi di gara o, più in generale, atti di procedure selettive poste in essere da pubbliche amministrazioni per la scelta dei professionisti cui affidare incarichi di progettazione, ogni qual volta le regole di scelta del contraente e gli atti della procedura siano idonei a determinare la lesione di profili della professionalità dei professionisti partecipanti. Detta legittimazione sussiste […] qualora le regole della procedura siano direttamente incidenti sulle regole professionali (ad es. ammissione di altre professionalità allo svolgimento di attività riservate alla categoria ricorrente […])>> (Tar Basilicata, I, 08.06.2011, n. 352; v. anche Tar Veneto, I, 25.11.2003, n. 5909; Tar Campania Napoli, I, 22.02.2000, n. 500).
3.1 Osservato ancora, quanto alla pure dedotta inammissibilità del gravame per mancata censura degli atti inditivi della selezione, che gli atti stessi non esplicitavano, a ben vedere, l’apertura della medesima -anche- a categorie professionali diverse da quella degli ingegneri (<<Soggetti che possono presentare manifestazioni d’interesse per il conferimento dell’incarico: Liberi professionisti in forma singola o associata […]>>), sicché di per sé non risultavano concretamente lesivi dell’interesse oggi azionato.
4.- Ritenuto, quanto al ‘merito’ delle questioni in esame, che secondo l’indirizzo della giurisprudenza amministrativa <<il capo IV del regolamento per le professioni d’ingegnere e di architetto, approvato con regio decreto n. 2537 del 1925, disciplina l’oggetto ed i limiti delle competenze spettanti alle due figure professionali.
Al riguardo, non è invero riscontrabile una completa equiparazione tra tali categorie di professionisti. L’art. 51, concernente la professione di ingegnere, prevede una competenza di carattere generale comprendente interventi di vario tipo, relativi alla progettazione, conduzione e stima relativi alle “costruzioni di ogni specie” ed all’impiantistica civile ed industriale, alle infrastrutture ed ai mezzi di trasporto, di deflusso e di comunicazione, riconoscendo in senso lato una abilitazione comprendente ogni forma di applicazione delle tecniche relative alla fisica, alla rilevazione geometrica ed alle operazioni di estimo.
L’art. 52 delimita, invece, la competenza professionale degli architetti alle sole “opere di edilizia civile”, che rientrano pure nelle competenze degli ingegneri, eccetto per quanto riguarda la parte non “tecnica” degli interventi su edifici di rilevante interesse artistico.
Orbene non vi è dubbio che nella nozione di “edilizia civile” siano da comprendere tutte le opere anche connesse ed accessorie, purché ovviamente si tratti di pertinenze al servizio di singoli fabbricati o complessi edilizi.
Sennonché, nella specie, la delibera impugnata riguarda incarichi relativi all’ammodernamento ed all’ampliamento della rete idrica comunale.
In proposito, tali lavori, concernenti gli impianti della rete urbana di condotta e distribuzione dell’acqua, non sono riconducibili all’ambito dell’“edilizia civile”, ma piuttosto rientrano nell’ingegneria idraulica che, ai sensi dell’art. 51 del citato regolamento, forma bensì oggetto riservato alla professione di ingegnere.
Ciò risulta confermato dal successivo art. 54 che, pur estendendo, in via eccezionale, la competenza ordinaria degli architetti diplomati entro una certa data, fa esplicita eccezione per una serie di applicazioni, di carattere più marcatamente tecnico-scientifico, tra le quali appunto le “opere idrauliche” (cfr. Cons. St., IV, 19.02.1990, n. 92).
In definitiva è, quindi, da escludere che gli incarichi in questione possano essere conferiti ad architetti
>> (Tar Campania Napoli, I, 14.08.1998, n. 2751; più di recente, v. Tar Calabria Catanzaro, II, 09.04.2008, n. 354; Consiglio di Stato, IV, 09.05.2001, n. 2600).
4.1 Ritenuto inoltre, quanto all’applicabilità dei principi appena richiamati al caso in esame, che gli stessi non possono non rilevare anche con riferimento all’attività di direzione lavori, secondo quanto correttamente precisato dal Tar Emilia Romagna Parma nella sentenza n. 389 del 09.11.2011: <<gli articoli 51 e 52 del r.d. n. 2537/1925, confermato nella sua piena vigenza e nel suo contenuto dall’art. 1, comma 2, del d.lgs. 129/1992 (di attuazione, tra l’altro, della direttiva Cee n. 384/85), riservano alla comune competenza di architetti e ingegneri le sole opere di edilizia civile, mentre rimane riservata alla competenza generale degli ingegneri la progettazione di costruzioni stradali, opere igienico-sanitarie, impianti elettrici, opere idrauliche, operazioni di estimo, estrazione di materiali, opere industriali.
Né può valere l’obiezione per cui, per la direzione dei lavori […], varrebbe una diversa regola rispetto a quella valevole per la progettazione, in quanto ormai la sede della disciplina della direzione dei lavori si trova nel “Codice dei contratti pubblici” (art. 130), atteso che l’art. 130 del d.lgs. 163/2011 manifesta solo una opzione per quanto concerne la direzione dei lavori, da svolgersi preferibilmente all’interno della stazione appaltante, ma non è norma che riguarda il riparto di competenze tra diverse figure professionali, che rimane invece, regolato dal r.d. n. 2537/1925.
Inoltre, l’art. 148 del d.p.r. 207/2010 (regolamento di esecuzione del d.lgs. 163/2011), sancisce che il direttore dei lavori cura che i lavori cui è preposto siano eseguiti a regola d’arte e in conformità del progetto; sembra pertanto logico che se la progettazione dei lavori è rimessa, secondo l’ordine delle competenze professionali di cui si è detto, alla categoria degli ingegneri anche la direzione dei lavori deve essere affidata per quelle opere alla stessa categoria.
Né può essere accolta la tesi comunale, in base alla quale la distinzione delle competenze tra architetti e ingegneri, in quanto disciplinata da una norma regolamentare (r.d. n. 2357/1925), sarebbe modificabile da regolamenti successivi dei singoli enti locali, e ciò per due ordini di motivi: in primo luogo, in ragione della circostanza per cui il citato r.d., pur non essendo una norma di rango legislativo primario, è fonte sovraordinata rispetto ai regolamenti degli enti locali e, in secondo luogo, in quanto il riparto delle competenze tra le due figure professionali ivi fissato è stato cristallizzato, come detto, dal d.lgs. 129/1992, che agli articoli 1 e 2 ha attribuito una specifica riserva a favore degli ingegneri per quanto concerne la progettazione di opere viarie non connesse con opere di edilizia civile, qual è all’evidenza l’opera pubblica in parola
>>).
4.2 Ritenuto, infine, che la presenza di un ingegnere all’interno dell’ufficio di direzione dei lavori (l’ing. Martina, ispettore di cantiere) non incide, giuridicamente, sulla questione della legittimazione -in questo caso insussistente- degli architetti a ricoprire l’incarico di cui oggi si discute (TAR Puglia-Lecce, Sez. II,  sentenza 31.05.2013 n. 1270 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALI: Fotovoltaico, oltre i sei kW progettazione agli ingegneri.
No alla progettazione da parte dei geometri di un impianto fotovoltaico di potenza superiore a 6 kW. Il geometra può solo progettare un impianto di potenza inferiore ai 6 kW in qualità di tecnico abilitato ai sensi dell'articolo 4 del dm n. 37/2008. Il solo iscritto all'albo potrà dunque progettare un impianto fotovoltaico di potenza superiore a 6 kW mentre per quelli di potenza inferiore la progettazione potrà essere eseguita dal tecnico abilitato dipendente dell'azienda installatrice. Il professionista abilitato dovrà quindi avere uno dei seguenti requisiti: diploma di laurea in materia tecnica specifica; qualifica conseguita al termine di scuola secondaria seguita da un periodo di inserimento di almeno due anni continuativi alle dirette dipendenze di una impresa del settore; attestato di formazione professionale conseguito dopo un periodo di inserimento di almeno quattro anni consecutivi alle dirette dipendenze di una impresa del settore; prestazione lavorativa svolta, alle dirette dipendenze di una impresa abilitata nel ramo di attività per un periodo non inferiore a tre anni, escluso quello computato ai fini dell'apprendistato e quello svolto come operaio installatore.

Questa è la conclusione a cui è giunto il Centro studi del consiglio nazionale ingegneri, con lo studio dell'aprile scorso.
Il consiglio sottolinea da un lato che il regio decreto 247/1929 (ordinamento professionale geometri) all'art. 16 «non ricomprende fra le competenze professionali la redazione di progetti di impianti, tanto meno quelli elettrici», dall'altro il dm n. 37/2008 precisa che per installazione, trasformazione e ampliamento degli impianti di produzione di energia elettrica, il progetto deve essere redatto da professionisti iscritti in albi professionali e stabilisce che se la potenza dell'impianto supera i 6 kW, la progettazione può essere eseguita solo da un professionista iscritto all'albo (articolo ItaliaOggi del 23.05.2013).

COMPETENZE PROGETTUALINei limiti del carattere “modesto” dell’edificio civile, la progettazione può essere eseguita in zona sismica anche da un geometra e tale competenza del professionista permane anche -ai sensi dell’art. 2 della l. n. 1086/1971 (Norme per la disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso e a struttura metallica), ora ribadito anche dall’art. 64, comma 2, del T.U. Edilizia approvato con d.P.R. n. 380/2001- nelle ipotesi in cui il progetto di un edificio modesto preveda l’impiego di cemento armato.
È stato in proposito affermato da condivisibile giurisprudenza:
A) che spetta "al G.A. il sindacato sulla valutazione circa l’entità quantitativa e qualitativa della costruzione al fine di stabilire se la stessa … rientri o meno nella nozione di “modesta costruzione civile”, alla cui progettazione è limitata la competenza professionale del geometra, ai sensi degli art. 16 ss. r.d. 274/1929";
B) che “il geometra è sempre abilitato alla progettazione di “modeste costruzioni civili”; e che tale competenza permane anche per le costruzioni a struttura metallica o per quelle che richiedano l’impiego di conglomerato cementizio armato normale o precompresso, a condizione -in questo caso- che persista la qualificazione di edificio civile “modesto”…";
C) che i limiti posti dal predetto art. 16, lettera m), alla competenza professionale dei geometri, se è pur vero che rispondono a una scelta inequivoca del legislatore dettata da evidenti ragioni di pubblico interesse, lasciano nella sostanza all’interprete ampi margini in ordine alla valutazione dei requisiti della “modestia” della costruzione, della non necessità di complesse operazioni di calcolo e dell’assenza d’implicazioni per la pubblica incolumità.

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Il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta, e rientri quindi nella competenza professionale dei geometri, va individuato nelle difficoltà tecniche che la progettazione e l’esecuzione dell’opera comportano e nelle capacità occorrenti per superarle; a questo fine assumono specifico rilievo, oltre alla complessità della struttura e delle relative modalità costruttive, anche, ma in via complementare, il costo presunto dell’opera, in quanto si tratta di un elemento sintomatico che vale ad evidenziare le difficoltà tecniche che coinvolgono la costruzione.
In aggiunta, competenza professionale dei geometri in materia di progettazione e direzione dei lavori di opere edili riguarda anche le piccole costruzioni accessorie in cemento armato che non richiedono particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone.
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In materia di progettazione delle opere private, lo scopo perseguito dalla disciplina legislativa che stabilisce i limiti di competenza dei geometri e periti edili e indica i progetti per i quali è invece necessario l’intervento di un ingegnere o di un architetto (art. 16 r.d. 11.02.1929, n. 275, art. 1 r.d. 16.11.1939 n. 2229, l. 24.06.1923 n. 1395 e r.d. 23.10.1925 n. 2537) consiste, non nel garantire una buona qualità delle opere sotto il profilo estetico e funzionale, ma unicamente nell’assicurare l’incolumità delle persone; …. e se -a tali fini- viene ritenuta sufficiente in giurisprudenza la “ratifica, con assunzione di responsabilità” ad opera di un ingegnere del progetto redatto da un geometra, allora si deve ritenere che -a maggior ragione- sia legittimo ed ammissibile il progetto che un geometra abbia redatto solo per la parte architettonica, allorquando lo stesso contempli gli elaborati tecnico strutturali firmati tutti da un ingegnere.

Il ricorrente, in qualità di professionista iscritto all’Albo dei Geometri, impugna il provvedimento del dirigente del Servizio tecnico e di Pianificazione territoriale provinciale di non accettazione del deposito del progetto elaborato per la realizzazione di un’edicola funeraria, in quanto “il direttore dei lavori delle strutture in c.a. relativi alle costruzioni in oggetto è un geometra laureato” nonché la conseguente nota del responsabile dell’U.T.C. comunale nella quale si specifica che “in assenza dell’attestazione di cui agli artt. 93-94 del d.P.R. 380/2001 i lavori relativi alle strutture in c.a. non possono essere eseguiti”.
...
Il ricorso è fondato nei termini di seguito esposti.
Va premesso che in zona sismica, ai sensi dell’art. 17 della L. 64/1974, possono essere eseguite costruzioni su progetto d’ingegneri, architetti, geometri o periti edili iscritti nell’albo, nei limiti delle rispettive competenze.
Per delineare, allora, le competenze dei geometri occorre fare riferimento alle norme che disciplinano la specifica figura professionale e, quindi, all’art. 16 del R.D. 274/1929 (Regolamento per la professione di geometra).
Dispone, per quanto d’interesse, tale noma: “L’oggetto ed i limiti dell’esercizio professionale di geometra sono regolati come segue: …
l) progetto, direzione, sorveglianza e liquidazione di costruzioni rurali e di edifici per uso d’industrie agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone; …
m) progetto, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili; ...
”.
Ne consegue, in primo luogo, che nei limiti del carattere “modesto” dell’edificio civile, la progettazione può essere eseguita in zona sismica anche da un geometra e, in secondo luogo, che tale competenza del professionista permane anche -ai sensi dell’art. 2 della l. n. 1086/1971 (Norme per la disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso e a struttura metallica), ora ribadito anche dall’art. 64, comma 2, del T.U. Edilizia approvato con d.P.R. n. 380/2001- nelle ipotesi in cui il progetto di un edificio modesto preveda l’impiego di cemento armato.
È stato in proposito affermato da condivisibile giurisprudenza:
A) che spetta "al G.A. il sindacato sulla valutazione circa l’entità quantitativa e qualitativa della costruzione al fine di stabilire se la stessa … rientri o meno nella nozione di “modesta costruzione civile”, alla cui progettazione è limitata la competenza professionale del geometra, ai sensi degli art. 16 ss. r.d. 274/1929" (Tar Salerno 9772/2010);
B) che “il geometra è sempre abilitato alla progettazione di “modeste costruzioni civili”; e che tale competenza permane anche per le costruzioni a struttura metallica o per quelle che richiedano l’impiego di conglomerato cementizio armato normale o precompresso, a condizione -in questo caso- che persista la qualificazione di edificio civile “modesto”…" (TAR Sicilia, Catania, sez. I, 22.04.2011, n. 1022; nello stesso senso: Cons. St., sez. V, 16.09.2004, n. 6004);
C) che i limiti posti dal predetto art. 16, lettera m), alla competenza professionale dei geometri, se è pur vero che rispondono a una scelta inequivoca del legislatore dettata da evidenti ragioni di pubblico interesse, lasciano nella sostanza all’interprete ampi margini in ordine alla valutazione dei requisiti della “modestia” della costruzione, della non necessità di complesse operazioni di calcolo e dell’assenza d’implicazioni per la pubblica incolumità.
Della questione, va ricordato, si è già occupato, tra gli altri, con sentenza 05.03.2009, n. 134, il anche il TAR Abruzzo, “che in tale occasione ha precisato che il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta, e rientri quindi nella competenza professionale dei geometri, vada individuato nelle difficoltà tecniche che la progettazione e l’esecuzione dell’opera comportano e nelle capacità occorrenti per superarle; ed ha ritenuto che a questo fine assumono specifico rilievo, oltre alla complessità della struttura e delle relative modalità costruttive, anche, ma in via complementare, il costo presunto dell’opera, in quanto si tratta di un elemento sintomatico che vale ad evidenziare le difficoltà tecniche che coinvolgono la costruzione.
In aggiunta, ha anche precisato che la competenza professionale dei geometri in materia di progettazione e direzione dei lavori di opere edili riguarda anche le piccole costruzioni accessorie in cemento armato che non richiedono particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone
” (TAR Abruzzo, Pescara, sez. I, 16.11.2010, n. 1213).
Il Collegio non ignora la sussistenza di un contrario orientamento, manifestato dalla giurisprudenza civile (Cass., II, 17028/2006, e 19292/2009), che ha considerato nulli sul piano civilistico i contratti d’opera professionale stipulati da geometri in quanto aventi ad oggetto la realizzazione di opere in cemento armato.
Si tratta, tuttavia, di una ricostruzione del dato normativo non condividibile in quanto non tiene conto del fatto che anche le norme relative alle costruzioni in cemento armato, così come quelle dettate per le zone sismiche, fanno espresso richiamo “per relationem” alle competenze stabilite dall’ordinamento professionale dei geometri (TAR Sicilia, Catania, sez. I, 22.04.2011, n. 1022).
Ciò posto e per passare all’esame del caso di specie, ritiene la Sezione che nella specie la costruzione progettata possa essere ascritta fra le modeste costruzioni, di cui all’art. 16, lett. m), del R.D. n. 274/1929, assimilabili a quelle accessorie in cemento armato, di cui alla precedente lett. l), atteso che, per un verso, non richiede per la sua progettazione particolari operazioni di calcolo e, per altro verso, non implica pericolo per l’incolumità delle persone proprio in riferimento alla sua specifica destinazione a edicola funeraria - ove l’utilizzo del cemento armato, peraltro, riguarda opere interne (strutture di divisione dei n. 6 loculi, il relativo basamento e i setti).
Quanto esposto vale come inquadramento generale della problematica sulla quale si incentra il giudizio.
Deve essere, tuttavia, evidenziato il fatto che nel caso sono presenti delle peculiari circostanze che conferiscono alla vicenda una specifica singolarità: se è vero che il progettista architettonico e direttore dei lavori è un geometra laureato (il ricorrente), calcolatore delle strutture è, invece, un ingegnere (dott. ing. Salvatore Miceli).
In altri termini, non siamo in presenza di un progetto ascritto solo al geometra; ma di una progettazione effettuata a più mani, nella quale l’apporto dell’ingegnere risulta prevalente sul piano quantitativo e tecnico, mentre quello del progettista/geometra è secondario e per certi versi atecnico, essendo limitato a definire l’aspetto esteriore dell’edificio.
La predetta conclusione risulta avvalorata anche dalla giurisprudenza (Cons. Stato, V, 83/1999) che ha precisato il ruolo da attribuire, nella progettazione, all’intervento del tecnico laureato: “In materia di progettazione delle opere private, lo scopo perseguito dalla disciplina legislativa che stabilisce i limiti di competenza dei geometri e periti edili e indica i progetti per i quali è invece necessario l’intervento di un ingegnere o di un architetto (art. 16 r.d. 11.02.1929, n. 275, art. 1 r.d. 16.11.1939 n. 2229, l. 24.06.1923 n. 1395 e r.d. 23.10.1925 n. 2537) consiste, non nel garantire una buona qualità delle opere sotto il profilo estetico e funzionale, ma unicamente nell’assicurare l’incolumità delle persone; …. e se -a tali fini- viene ritenuta sufficiente in giurisprudenza la “ratifica, con assunzione di responsabilità” ad opera di un ingegnere del progetto redatto da un geometra; allora si deve ritenere che -a maggior ragione- sia legittimo ed ammissibile il progetto che un geometra abbia redatto solo per la parte architettonica, allorquando lo stesso contempli gli elaborati tecnico strutturali firmati tutti da un ingegnere" (TAR Sicilia, Catania, sez. I, 22.04.2011, n. 1022).
Sulla base delle sovra esposte considerazioni, il ricorso va accolto, con assorbimento delle ulteriori censure dedotte (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 15.05.2013 n. 1108 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALI: Competenza professionale dei geometri in materia di progettazione e direzione dei lavori di opere edili.
La competenza professionale dei geometri in materia di progettazione e direzione dei lavori di opere edili è circoscritta alle costruzioni in cemento armato con destinazione agricola, in quanto non richiedenti particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per la incolumità delle persone, mentre per le costruzioni civili con struttura portante in cemento armato, ancorché di modeste dimensioni, ogni competenza è riservata ad ingegneri ed architetti.
Inoltre, la legge n. 1086/1971 (“Norme per la disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato”), non ha innovato la ripartizione di competenze tra geometri da una parte ed architetti ed ingegneri dall’altra quale definita dai citati testi legislativi del 1929, ma la ha semplicemente recepita (massima tratta da www.lexambiente.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 14.05.2013 n. 2617 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALI: Ancora di recente questo Consiglio di Stato ha ricordato che è inibita al geometra la progettazione di opere in cemento armato a destinazione abitativa strutturate su più piani.
Su posizioni non dissimili si pone l’incontrastata giurisprudenza della Cassazione.
Secondo il giudice di legittimità, la competenza professionale dei geometri in materia di progettazione e direzione dei lavori di opere edili è circoscritta alle costruzioni in cemento armato con destinazione agricola, in quanto non richiedenti particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per la incolumità delle persone, mentre per le costruzioni civili con struttura portante in cemento armato, ancorché di modeste dimensioni, ogni competenza è riservata ad ingegneri ed architetti.
Nelle sentenze ora citate la stessa Cassazione ha anche precisato che la legge n. 1086/1971 non ha innovato la ripartizione di competenze tra geometri da una parte ed architetti ed ingegneri dall’altra quale definita dai citati testi legislativi del 1929, ma la ha semplicemente recepita.
Il TAR non si è attenuto a questo indirizzo, enucleando un criterio di carattere quantitativo, vale a dire la cubatura dell’edificio, sfornito di base normativa, risultando invece, sulla scorta di tali rilievi, evidente che l’edificio realizzato non potesse, per caratteristiche costruttive e destinazione, essere progettato da un geometra.
Tra l'altro, è evidente che una palazzina residenziale di tre piani fuori terra importa l’adozione di accurati e complessi calcoli strutturali, al fine di assicurarne la stabilità, chiaramente esorbitanti dal limitato ambito entro il quale la legge circoscrive la competenza professionale dei geometri in materia.

Venendo al merito della doglianza, risulta innanzitutto in fatto, sulla base della documentazione progettuale versata agli atti di causa, ed anche per deduzione dei fratelli Galiandro, che tale costruzione si sostanzia in un fabbricato di civile abitazione su tre piani fuori terra, oltre che uno interrato, con strutture portanti in cemento armato.
In diritto, per contro, in base al regolamento professionale di cui al citato r.d. n. 274/1929, e precisamente l’art. 16, lett. m), il geometra può essere incaricato di progettare “modeste costruzioni civili”, laddove, ai sensi dell’art. 1 del r.d. n. 2229/1939 (“Norme per la esecuzione di opere in conglomerato cementizio semplice od armato”), la progettazione delle opere comportanti l’impiego di tale tecnica costruttiva, “la cui stabilità possa comunque interessate l’incolumità delle persone”, è riservata agli ingegneri o agli architetti.
In aderenza al dato normativo in questione, che si impernia dunque sul pericolo per l’incolumità pubblica, ancora di recente questo Consiglio di Stato ha ricordato che è inibita al geometra la progettazione di opere in cemento armato a destinazione abitativa strutturate su più piani (Sez. IV, sentenza 14.03.2013 n. 1526).
Su posizioni non dissimili si pone l’incontrastata giurisprudenza della Cassazione.
Secondo il giudice di legittimità, la competenza professionale dei geometri in materia di progettazione e direzione dei lavori di opere edili è circoscritta alle costruzioni in cemento armato con destinazione agricola, in quanto non richiedenti particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per la incolumità delle persone, mentre per le costruzioni civili con struttura portante in cemento armato, ancorché di modeste dimensioni, ogni competenza è riservata ad ingegneri ed architetti (da ultimo: Sez. II, 02.09.2011, n. 18038; in precedenza: 30.03.1999, n. 3046; 21.12.2006, n. 27441; 07.09.2009, n. 19292).
Nelle sentenze ora citate la stessa Cassazione ha anche precisato, per rispondere alle difese svolte sul punto dagli appellati, che la legge n. 1086/1971 (“Norme per la disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato”), non ha innovato la ripartizione di competenze tra geometri da una parte ed architetti ed ingegneri dall’altra quale definita dai citati testi legislativi del 1929, ma la ha semplicemente recepita.
Il TAR non si è attenuto a questo indirizzo, enucleando un criterio di carattere quantitativo, vale a dire la cubatura dell’edificio, sfornito di base normativa, risultando invece, sulla scorta di tali rilievi, evidente che l’edificio realizzato dai fratelli Galiandro non potesse, per caratteristiche costruttive e destinazione, essere progettato da un geometra.
Del tutto infondatamente questi ultimi asseriscono che l’appellante non avrebbe indicato quale soluzione tecnica di particolare difficoltà ponga la realizzazione del manufatto edificato sul terreno di proprietà, essendo evidente che una palazzina residenziale di tre piani fuori terra importa l’adozione di accurati e complessi calcoli strutturali, al fine di assicurarne la stabilità, chiaramente esorbitanti dal limitato ambito entro il quale la legge circoscrive la competenza professionale dei geometri in materia.
L’accoglimento di tale censura comporta l’assorbimento di tutte le altre, qui riproposte, concernenti le asserite difformità progettuali rispetto agli standard fissati nei citati decreti ministeriali, rivestendo la stessa piena idoneità ad invalidare ab imis la concessione in sanatoria n. 79/1994 impugnata da Longo (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 14.05.2013 n. 2617 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

aprile 2013

COMPETENZE PROGETTUALI: L’incompetenza dei geometri nella progettazione degli impianti fotovoltaici (Centro Studi Consiglio Nazionale Ingegneri, aprile 2013).

COMPETENZE PROGETTUALIPremesso che l'art. 17 del RD 06.10.1912 n. 1306 include le opere relative ai cimiteri nel novero delle "opere riguardanti la pubblica igiene", è pacifico in giurisprudenza che la progettazione delle opere viarie, idrauliche ed igieniche che non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati è di pertinenza esclusiva degli ingegneri.
Appare dirimente, al fine di sostenere l’incompetenza dei geometri alla progettazione delle opere di cui è causa (ndr: nuovi loculi cimiteriali), la considerazione che in base all'art. 16 del RD 11.02.1929 n. 274 la competenza professionale dei geometri in materia di progettazione e direzione dei lavori di opere edili riguarda le costruzioni in cemento armato solo relativamente ad opere con destinazione agricola che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per la incolumità delle persone, mentre per le costruzioni civili che adottino strutture in cemento armato –tale è l’opera oggetto della presente controversia-, sia pure di modeste dimensioni, ogni competenza è riservata ad ingegneri ed architetti ai sensi dell'art. 1 del RD 16.11.1939 n. 2229: né tale disciplina professionale è stata modificata dalla legge 05.11.1971 n. 1086 e dalla legge 02.02.1974 n. 64, le quali si sono limitate, pur senza esplicito richiamo, a recepire la previgente ripartizione di competenze.

... per l'annullamento:
- della delibera n. 18 del 13.02.2013 della Giunta Comunale del Comune di Sona con la quale è stato approvato il progetto definitivo-esecutivo relativo ai lavori di "realizzazione di nuovi loculi presso il cimitero di Lugagnano" redatto dal geom. Alessandro Colognato;
- della determinazione n. 143 dell'08.02.2013 con la quale è stato affidato al geom. Alessandro Colognato l'incarico professionale per la progettazione definitiva ed esecutiva dei lavori di cui sopra;
...
- che nel merito –premesso che l'art. 17 del RD 06.10.1912 n. 1306 include le opere relative ai cimiteri nel novero delle "opere riguardanti la pubblica igiene" e che “è pacifico in giurisprudenza che la progettazione delle opere viarie, idrauliche ed igieniche che non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati è di pertinenza esclusiva degli ingegneri” (cfr. CdS, IV, 22.05.2000 n. 2938), sicché in tale contesto va sicuramente esclusa la competenza dei geometri- appare dirimente, al fine di sostenere l’incompetenza dei geometri alla progettazione delle opere di cui è causa, la considerazione che in base all'art. 16 del RD 11.02.1929 n. 274 la competenza professionale dei geometri in materia di progettazione e direzione dei lavori di opere edili riguarda le costruzioni in cemento armato solo relativamente ad opere con destinazione agricola che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per la incolumità delle persone, mentre per le costruzioni civili che adottino strutture in cemento armato –tale è l’opera oggetto della presente controversia-, sia pure di modeste dimensioni, ogni competenza è riservata ad ingegneri ed architetti ai sensi dell'art. 1 del RD 16.11.1939 n. 2229: né tale disciplina professionale è stata modificata dalla legge 05.11.1971 n. 1086 e dalla legge 02.02.1974 n. 64, le quali si sono limitate, pur senza esplicito richiamo, a recepire la previgente ripartizione di competenze (cfr. Cass. civ. II, 02.09.2011 n. 18038; 08.04.2009 n. 8543 e 14.04.2005 n. 7778);
- che, dunque, per le su estese considerazioni
il ricorso è fondato e va accolto, con conseguente annullamento degli atti impugnati e declaratoria di inefficacia del contratto (eventualmente) stipulato: l’Amministrazione, pertanto, si rideterminerà in ordine all’affidamento dei lavori di cui trattasi tenendo conto di quanto stabilito con la presente decisione ... (TAR Veneto, Sez. I, sentenza 30.04.2013 n. 633 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALI: Gli architetti e i geometri. Cosa dice la sentenza del TAR (commento a TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 18.04.2013 n. 361) (articolo L'Eco di Bergamo del 27.04.2013 - tratto da www.architettibergamo.it).

COMPETENZE PROGETTUALI: E' illegittimo il progetto edilizio assentito a firma di un geometra consistente nella demolizione di un vecchio fabbricato in muratura, inserito in un contesto intensamente edificato, e la costruzione, nel medesimo sito, di un edificio di 3 piani fuori terra e copertura.
Per pacifica Giurisprudenza, ai sensi dell'art. 16 lett. e) e m), r.d. 11.02.1929 n. 274, la competenza professionale dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l'adozione, anche parziale, di strutture in cemento armato; solo in via di eccezione, si estende anche a queste strutture, ma a condizione che si tratti di piccole costruzioni accessorie nell'ambito di edifici rurali o destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone; per il resto, detta competenza è comunque esclusa nel campo delle costruzioni civili, ove si adottino strutture in cemento armato, la cui progettazione e direzione, qualunque ne sia l'importanza, è riservata solo agli ingegneri ed architetti.
In tal senso anche Cassazione civile secondo la quale l'art. 16 r.d. n. 274/1929 ammette la competenza dei geometri per quanto riguarda le costruzioni in cemento armato solo relativamente a opere con destinazione agricola, che non comportino pericolo per l'incolumità delle persone, mentre per le costruzioni civili che adottino strutture in cemento armato, sia pure modeste, ogni competenza è riservata, ai sensi dell'art. 1 r.d. 16.11.1939 n. 2229, agli ingegneri e architetti iscritti nell'albo; con le ulteriori precisazioni che tale disciplina professionale non è stata modificata dalle l. n. 1086/1971 e n. 64/1974, la quale, sia pure senza un esplicito richiamo delle fonti normative, si limita a recepire la previgente ripartizione di competenze e che a rendere legittimo in tale ambito un progetto redatto da un geometra non rileva che esso sia controfirmato o vistato da un ingegnere ovvero che un ingegnere esegua i calcoli del cemento armato e diriga le relative opere, perché è il professionista competente che deve essere altresì titolare della progettazione e assumere le conseguenti responsabilità.
Alla stregua di tale condivisibile orientamento, il progetto in base al quale è stata rilasciata la concessione edilizia impugnata non poteva essere affidato ad un geometra, trattandosi di demolire, all’interno di un centro abitato di un comune ricadente in zona sismica 2, una preesistente costruzione ed edificare una (certo non modesta) palazzina di tre piani, e per di più mediante l’utilizzo di cemento armato, e senza che possa rilevare (ai fini di attenuare la delicatezza dell’intervento) la circostanza che, come precisato dal controinteressato, la costruzione è separata dagli edifici confinanti da un giunto tecnico di (appena) 10 cm.
Da un canto, infatti, la Giurisprudenza ritiene che l’ipotesi di mancato uso del cemento armato non è decisivo al fine di qualificare la costruzione come “modesta", in quanto assume significativa rilevanza il fatto che la costruzione sorga in zona sismica, con conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa di cui alla l. 02.02.1974 n. 64, la quale impone calcoli complessi che esulano dalle competenze professionali dei geometri.
Dall’altro, secondo la Giurisprudenza, esulano dalla competenza professionale dei geometri le costruzioni che comportino l'adozione, anche parziale, di strutture in cemento armato, salvo le piccole costruzioni accessorie nell'ambito di edifici rurali o destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone.
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Come condivisibilmente affermato dalla Giurisprudenza, prima del rilascio di un titolo edilizio, l'autorità comunale deve sempre accertare se la progettazione sia stata affidata ad un professionista competente in relazione alla natura ed importanza della costruzione, in quanto le norme che regolano l'esercizio ed i limiti di applicazione delle professioni di geometra, architetto ed ingegnere sono dettate per assicurare che la compilazione dei progetti e la direzione dei lavori siano assegnati a chi abbia la preparazione adeguata all'importanza delle opere, a salvaguardia sia dell'economia pubblica e privata, sia dell'incolumità delle persone; è dunque illegittimo il titolo a costruire assentito sul progetto, redatto da un geometra, al di fuori delle ipotesi di sua competenza.
Non giova al controinteressato opporre né la circostanza che i calcoli strutturali siano stati eseguiti da un ingegnere né che il progetto, in seguito, sia stato fatto proprio, approvato e controfirmato da un architetto.
Oltre la sentenza della S.C. di Cassazione sopra citata, che esclude l’ammissibilità di tale operato, è stato altresì statuito:
- il progetto redatto da un geometra in materia riservata alla competenza professionale degli ingegneri è illegittimo, a nulla rilevando né che sia stato controfirmato da un ingegnere, né che un ingegnere esegua i calcoli del cemento armato e diriga le relative opere, perché è il professionista competente che deve essere, altresì, titolare della progettazione, assumendosi la relativa responsabilità ;
- è irrilevante che i calcoli in cemento armato siano stati eseguiti da un professionista abilitato, che ne sia stato officiato dal geometra originario incaricato ovvero dal committente stesso, in quanto non è consentito neppure al committente scindere dalla progettazione generale quella relativa alle opere in cemento armato poiché non è possibile enucleare e distinguere un'autonoma attività, per la parte di tali lavori, riconducibile ad un ingegnere o ad un architetto, il che appare senz'altro esatto, poiché chi non è abilitato a delineare l'ossatura, neppure può essere ritenuto in grado di dare forma al corpo che deve esserne sorretto.

Il Collegio, preso in esame il primo motivo di ricorso, lo ritiene fondato.
Occorre premettere che il Comune di Bronte ricade (ai sensi dell'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274/2003, aggiornata con la Delibera della Giunta Regionale della Sicilia n. 408 del 19.12.2003) in zona sismica 2 (zona con pericolosità sismica media dove possono verificarsi terremoti abbastanza forti), secondo la mappa di pericolosità sismica per come definita nell'Ordinanza del PCM n. 3519/2006, che ha suddiviso l'intero territorio nazionale in quattro zone sismiche.
L’intervento in questione, per come pacifico dagli atti di causa, consiste nella demolizione di un vecchio fabbricato in muratura, inserito in un contesto intensamente edificato, e la costruzione, nel medesimo sito, di un edificio di 3 piani fuori terra e copertura.
Per pacifica Giurisprudenza (tra le più recenti Consiglio di Stato sez. IV 28.11.2012 n. 6036), ai sensi dell'art. 16 lett. e) e m), r.d. 11.02.1929 n. 274, la competenza professionale dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l'adozione, anche parziale, di strutture in cemento armato; solo in via di eccezione, si estende anche a queste strutture, ma a condizione che si tratti di piccole costruzioni accessorie nell'ambito di edifici rurali o destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone; per il resto, detta competenza è comunque esclusa nel campo delle costruzioni civili, ove si adottino strutture in cemento armato, la cui progettazione e direzione, qualunque ne sia l'importanza, è riservata solo agli ingegneri ed architetti.
In tal senso anche Cassazione civile, sez. II, 02.09.2011 n. 18038, secondo la quale l'art. 16 r.d. n. 274/1929 ammette la competenza dei geometri per quanto riguarda le costruzioni in cemento armato solo relativamente a opere con destinazione agricola, che non comportino pericolo per l'incolumità delle persone, mentre per le costruzioni civili che adottino strutture in cemento armato, sia pure modeste, ogni competenza è riservata, ai sensi dell'art. 1 r.d. 16.11.1939 n. 2229, agli ingegneri e architetti iscritti nell'albo; con le ulteriori precisazioni che tale disciplina professionale non è stata modificata dalle l. n. 1086/1971 e n. 64/1974, la quale, sia pure senza un esplicito richiamo delle fonti normative, si limita a recepire la previgente ripartizione di competenze e che a rendere legittimo in tale ambito un progetto redatto da un geometra non rileva che esso sia controfirmato o vistato da un ingegnere ovvero che un ingegnere esegua i calcoli del cemento armato e diriga le relative opere, perché è il professionista competente che deve essere altresì titolare della progettazione e assumere le conseguenti responsabilità.
Alla stregua di tale condivisibile orientamento, il progetto in base al quale è stata rilasciata la concessione edilizia impugnata non poteva essere affidato ad un geometra, trattandosi di demolire, all’interno di un centro abitato di un comune ricadente in zona sismica 2, una preesistente costruzione ed edificare una (certo non modesta) palazzina di tre piani, e per di più mediante l’utilizzo di cemento armato, e senza che possa rilevare (ai fini di attenuare la delicatezza dell’intervento) la circostanza che, come precisato dal controinteressato, la costruzione è separata dagli edifici confinanti da un giunto tecnico di (appena) 10 cm.
Da un canto, infatti, la Giurisprudenza (cfr. Consiglio di Stato sez. IV, 09.02.2012 n. 686) ritiene che l’ipotesi di mancato uso del cemento armato non è decisivo al fine di qualificare la costruzione come “modesta", in quanto assume significativa rilevanza il fatto che la costruzione sorga in zona sismica, con conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa di cui alla l. 02.02.1974 n. 64, la quale impone calcoli complessi che esulano dalle competenze professionali dei geometri.
Dall’altro, secondo la Giurisprudenza, esulano dalla competenza professionale dei geometri le costruzioni che comportino l'adozione, anche parziale, di strutture in cemento armato, salvo le piccole costruzioni accessorie nell'ambito di edifici rurali o destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone.
Ne consegue la sussistenza del vizio dedotto dai ricorrenti.
Infatti, come condivisibilmente affermato dalla Giurisprudenza (cfr. TAR Campania sez. II Salerno, 28.06.2010 n. 9772) prima del rilascio di un titolo edilizio, l'autorità comunale deve sempre accertare se la progettazione sia stata affidata ad un professionista competente in relazione alla natura ed importanza della costruzione, in quanto le norme che regolano l'esercizio ed i limiti di applicazione delle professioni di geometra, architetto ed ingegnere sono dettate per assicurare che la compilazione dei progetti e la direzione dei lavori siano assegnati a chi abbia la preparazione adeguata all'importanza delle opere, a salvaguardia sia dell'economia pubblica e privata, sia dell'incolumità delle persone; è dunque illegittimo il titolo a costruire assentito sul progetto, redatto da un geometra, al di fuori delle ipotesi di sua competenza.
Non giova al controinteressato opporre né la circostanza che i calcoli strutturali siano stati eseguiti da un ingegnere né che il progetto, in seguito, sia stato fatto proprio, approvato e controfirmato da un architetto.
Oltre la sentenza della S.C. di Cassazione sopra citata, che esclude l’ammissibilità di tale operato, si vedano anche:
- Cassazione civile sez. II, 21.03.2011 n. 6402, secondo la quale il progetto redatto da un geometra in materia riservata alla competenza professionale degli ingegneri è illegittimo, a nulla rilevando né che sia stato controfirmato da un ingegnere, né che un ingegnere esegua i calcoli del cemento armato e diriga le relative opere, perché è il professionista competente che deve essere, altresì, titolare della progettazione, assumendosi la relativa responsabilità ;
- Consiglio di Stato, sez. IV, 28.11.2012 n. 6036, secondo cui è irrilevante che i calcoli in cemento armato siano stati eseguiti da un professionista abilitato, che ne sia stato officiato dal geometra originario incaricato ovvero dal committente stesso, in quanto non è consentito neppure al committente scindere dalla progettazione generale quella relativa alle opere in cemento armato poiché non è possibile enucleare e distinguere un'autonoma attività, per la parte di tali lavori, riconducibile ad un ingegnere o ad un architetto, il che appare senz'altro esatto, poiché chi non è abilitato a delineare l'ossatura, neppure può essere ritenuto in grado di dare forma al corpo che deve esserne sorretto.
Conclusivamente, previo assorbimento degli ulteriori motivi, il ricorso dev’essere accolto, con il conseguente annullamento degli atti impugnati (
TAR Sicilia-Catania, Sez. I, sentenza 24.04.2013 n. 1163 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALITar Lombardia. Edifici piccoli. Progettazione per i geometri.
Anche i geometri possono occuparsi della progettazione e della direzione dei lavori di costruzioni civili di modesta entità. Se lo scorporo delle attività professionali riguardanti il cemento armato è effettivo e non simulato, e ciascun professionista (geometra da un lato, architetto o ingegnere dall'altro) riceve dal committente un incarico rientrante nel rispettivo ambito professionale assumendosi una responsabilità piena circa il contenuto della propria prestazione, con il solo vincolo di coordinarsi con gli altri professionisti dato il carattere unitario dell'edificazione.
In una simile prospettiva è infatti possibile trovare un punto di equilibrio tra la parte della norma che esclude il cemento armato dalla competenza professionale dei geometri in relazione alle costruzioni civili e quella che estende ai geometri la progettazione e la direzione lavori con riferimento alle costruzioni civili di modesta importanza.

È quanto afferma il TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, con la sentenza 18.04.2013 n. 361
(articolo ItaliaOggi dell'11.05.2013).

COMPETENZE PROGETTUALI: La prima questione da affrontare è il rapporto tra le opere in cemento armato e le tipologie di progettazioni rientranti nella sfera di competenza professionale dei geometri.
Il punto di partenza ineludibile è la disposizione che impone ai geometri di astenersi dalla progettazione e dalla direzione lavori aventi ad oggetto opere in cemento armato, con la sola eccezione delle piccole costruzioni accessorie in zona agricola. Secondo un’interpretazione letterale le costruzioni civili in ambito non agricolo che comportino l’uso di cemento armato sarebbero sempre escluse dalla competenza dei geometri, anche quando si mantengano nei limiti delle modeste costruzioni.
La rigidità dell’interpretazione letterale è però attenuata dalla prassi di suddividere la progettazione e la direzione lavori in due segmenti, uno riferito alle opere in cemento armato e uno incentrato sugli aspetti architettonici. Questa soluzione si muove lungo un confine incerto, e potrebbe facilmente prestarsi a comportamenti elusivi della norma. Sono considerati comportamenti elusivi la controfirma o il visto del progetto da parte di un ingegnere o architetto e l’affidamento a questi ultimi dei calcoli relativi al cemento armato.
Tuttavia, se lo scorporo delle attività professionali riguardanti il cemento armato è effettivo e non simulato, e ciascun professionista (geometra da un lato, architetto o ingegnere dall’altro) riceve dal committente un incarico rientrante nel rispettivo ambito professionale assumendosi una responsabilità piena circa il contenuto della propria prestazione, con il solo vincolo di coordinarsi con gli altri professionisti dato il carattere unitario dell’edificazione, si apre la via verso una soluzione ragionevole consentita dall’art. 16 del RD 274/1929. In una simile prospettiva è infatti possibile trovare un punto di equilibrio tra la parte della norma che esclude il cemento armato dalla competenza professionale dei geometri in relazione alle costruzioni civili (lett. l) e quella che estende ai geometri la progettazione e la direzione lavori con riferimento alle costruzioni civili di modesta importanza (lett. m).
Poiché anche le costruzioni civili di modesta importanza possono richiedere l’impiego di cemento armato, non sarebbe corretto interdire in questi casi ai geometri una porzione rilevante della loro competenza professionale, quando sia invece possibile scorporare in modo chiaro ed effettivo dalla progettazione e dalla direzione lavori tutta l’attività riferibile al cemento armato, che richiede calcoli complessi. Lo scorporo appare la soluzione preferibile anche alla luce del principio di proporzionalità (non devono essere inflitte alla competenza professionale dei geometri limitazioni maggiori di quelle strettamente necessarie a garantire la sicurezza delle persone e degli edifici).
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Occorre poi sottolineare che in ogni caso l’eventuale superamento del confine tra le competenze dei diversi ordini professionali rileva sul piano privatistico come causa di nullità dell’incarico professionale ma non su quello pubblicistico come vizio del permesso di costruire. Affinché il titolo edilizio sia legittimo è sufficiente da un lato che i calcoli del cemento armato siano effettuati da un ingegnere o architetto, e dall’altro che il progetto redatto dal geometra (o in relazione al quale il geometra svolga la direzione lavori) non oltrepassi la tipologia delle modeste costruzioni civili.
In altri termini, quando i calcoli provengano da un ingegnere o architetto si può presumere che sussistano adeguate garanzie per la sicurezza delle persone e degli edifici. Di conseguenza l’interesse pubblico è pienamente tutelato e non si oppone alla realizzazione della costruzione, il che consente agli uffici comunali di limitarsi a verificare se l’opera sia effettivamente una modesta costruzione civile, tralasciando valutazioni di tipo privatistico sull’esistenza o meno di un valido incarico professionale tra il committente e il geometra.
Quando il titolo edilizio risulti legittimo nel senso appena chiarito, non vi sono ragioni per impedire il collaudo delle opere in cemento armato che compongono la costruzione assentita.
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Gli ordini e i collegi professionali hanno interesse e legittimazione a tutelare le prerogative delle rispettive categorie di professionisti, tanto in sede giurisdizionale quanto davanti all’autorità amministrativa, ma non possono utilizzare le procedure amministrative previste ad altri fini per ostacolare o sanzionare i professionisti della categoria concorrente che effettuano un’invasione di campo. In mancanza di norme puntuali un simile potere non è desumibile neppure dalle funzioni di interesse pubblico svolte da questi organismi.
Nello specifico quindi l’Ordine degli Architetti non è legittimato a bloccare la procedura di collaudo statico rifiutandosi di designare le terne per la scelta dei collaudatori. In questo modo infatti verrebbe interrotto l’iter che porta al rilascio del certificato di agibilità (v. art. 25, comma 3, e art. 67, comma 8, del DPR 380/2001) e vi sarebbe un’intromissione nei poteri di controllo dell’amministrazione comunale, la quale è l’unico soggetto titolato a decidere delle condizioni di utilizzabilità di un edificio.
L’Ordine degli Architetti può invece intervenire a difesa della categoria con altri strumenti:
(a) all’inizio del percorso di edificazione, impugnando il titolo edilizio che approva il progetto redatto dal professionista non competente, o invitando l’amministrazione comunale a effettuare un annullamento in autotutela;
(b) alla fine, segnalando all’amministrazione comunale che dal collaudo emerge il mancato rispetto della riserva sul cemento armato, o impugnando il certificato di agibilità che non tenga conto della violazione della suddetta riserva.

... per l'annullamento:
a) nel ricorso introduttivo:
- della nota dell’Ordine degli Architetti di Bergamo prot. n. 2011/5398 del 06.12.2011, con la quale è stata respinta la richiesta di designare una terna di professionisti per il collaudo di opere in cemento armato eseguite affidando a un geometra la direzione lavori per il progetto architettonico;
- della nota del 30.11.2011, con la quale l’Ordine degli Architetti di Bergamo ha rifiutato a Eurocostruzioni srl la designazione della terna di nomi per il collaudo di opere strutturali (in quanto progettista architettonico e direttore lavori per il progetto architettonico risulta essere stato un geometra);
b) nei motivi aggiunti:
- della deliberazione del consiglio dell’Ordine degli Architetti di Bergamo n. 135/2011 del 12.09.2011, con la quale è stata respinta la richiesta dell’impresa edile Bena Costruzioni srl finalizzata alla designazione della terna di professionisti per il collaudo di opere in cemento armato (in quanto direttore lavori per il progetto architettonico risulta essere stato un geometra);
- della nota del 10.02.2012, con la quale l’Ordine degli Architetti di Bergamo ha rifiutato a Edil 62 srl la designazione della terna di nomi per il collaudo di opere strutturali (in quanto progettista architettonico e direttore lavori per il progetto architettonico risulta essere stato un geometra);
...
Sulla competenza professionale dei geometri
11. Passando all’esame del merito, la prima questione da affrontare è il rapporto tra le opere in cemento armato e le tipologie di progettazioni rientranti nella sfera di competenza professionale dei geometri.
12. Il punto di partenza ineludibile è la disposizione che impone ai geometri di astenersi dalla progettazione e dalla direzione lavori aventi ad oggetto opere in cemento armato, con la sola eccezione delle piccole costruzioni accessorie in zona agricola. Secondo un’interpretazione letterale le costruzioni civili in ambito non agricolo che comportino l’uso di cemento armato sarebbero sempre escluse dalla competenza dei geometri, anche quando si mantengano nei limiti delle modeste costruzioni (v. Cass. civ. Sez. II 14.02.2012 n. 2153).
13. La rigidità dell’interpretazione letterale è però attenuata dalla prassi di suddividere la progettazione e la direzione lavori in due segmenti, uno riferito alle opere in cemento armato e uno incentrato sugli aspetti architettonici. Questa soluzione si muove lungo un confine incerto, e potrebbe facilmente prestarsi a comportamenti elusivi della norma. Sono considerati comportamenti elusivi la controfirma o il visto del progetto da parte di un ingegnere o architetto e l’affidamento a questi ultimi dei calcoli relativi al cemento armato (v. Cass. civ. Sez. II 02.09.2011 n. 18038).
14. Tuttavia, se lo scorporo delle attività professionali riguardanti il cemento armato è effettivo e non simulato, e ciascun professionista (geometra da un lato, architetto o ingegnere dall’altro) riceve dal committente un incarico rientrante nel rispettivo ambito professionale assumendosi una responsabilità piena circa il contenuto della propria prestazione, con il solo vincolo di coordinarsi con gli altri professionisti dato il carattere unitario dell’edificazione, si apre la via verso una soluzione ragionevole consentita dall’art. 16 del RD 274/1929. In una simile prospettiva è infatti possibile trovare un punto di equilibrio tra la parte della norma che esclude il cemento armato dalla competenza professionale dei geometri in relazione alle costruzioni civili (lett. l) e quella che estende ai geometri la progettazione e la direzione lavori con riferimento alle costruzioni civili di modesta importanza (lett. m).
15. Poiché anche le costruzioni civili di modesta importanza possono richiedere l’impiego di cemento armato, non sarebbe corretto interdire in questi casi ai geometri una porzione rilevante della loro competenza professionale, quando sia invece possibile scorporare in modo chiaro ed effettivo dalla progettazione e dalla direzione lavori tutta l’attività riferibile al cemento armato, che richiede calcoli complessi. Lo scorporo appare la soluzione preferibile anche alla luce del principio di proporzionalità (non devono essere inflitte alla competenza professionale dei geometri limitazioni maggiori di quelle strettamente necessarie a garantire la sicurezza delle persone e degli edifici).
Sulla necessità di separare questioni privatistiche e pubblicistiche
16. Occorre poi sottolineare che in ogni caso l’eventuale superamento del confine tra le competenze dei diversi ordini professionali rileva sul piano privatistico come causa di nullità dell’incarico professionale ma non su quello pubblicistico come vizio del permesso di costruire. Affinché il titolo edilizio sia legittimo è sufficiente da un lato che i calcoli del cemento armato siano effettuati da un ingegnere o architetto, e dall’altro che il progetto redatto dal geometra (o in relazione al quale il geometra svolga la direzione lavori) non oltrepassi la tipologia delle modeste costruzioni civili (v. CS Sez. IV 28.11.2012 n. 6036).
17. In altri termini, quando i calcoli provengano da un ingegnere o architetto si può presumere che sussistano adeguate garanzie per la sicurezza delle persone e degli edifici. Di conseguenza l’interesse pubblico è pienamente tutelato e non si oppone alla realizzazione della costruzione, il che consente agli uffici comunali di limitarsi a verificare se l’opera sia effettivamente una modesta costruzione civile, tralasciando valutazioni di tipo privatistico sull’esistenza o meno di un valido incarico professionale tra il committente e il geometra.
18. Quando il titolo edilizio risulti legittimo nel senso appena chiarito, non vi sono ragioni per impedire il collaudo delle opere in cemento armato che compongono la costruzione assentita.
Sui poteri di autotutela degli ordini professionali
19. Sotto un diverso profilo si osserva che gli ordini e i collegi professionali hanno interesse e legittimazione a tutelare le prerogative delle rispettive categorie di professionisti, tanto in sede giurisdizionale quanto davanti all’autorità amministrativa, ma non possono utilizzare le procedure amministrative previste ad altri fini per ostacolare o sanzionare i professionisti della categoria concorrente che effettuano un’invasione di campo. In mancanza di norme puntuali un simile potere non è desumibile neppure dalle funzioni di interesse pubblico svolte da questi organismi.
20. Nello specifico quindi l’Ordine degli Architetti non è legittimato a bloccare la procedura di collaudo statico rifiutandosi di designare le terne per la scelta dei collaudatori. In questo modo infatti verrebbe interrotto l’iter che porta al rilascio del certificato di agibilità (v. art. 25, comma 3, e art. 67, comma 8, del DPR 380/2001) e vi sarebbe un’intromissione nei poteri di controllo dell’amministrazione comunale, la quale è l’unico soggetto titolato a decidere delle condizioni di utilizzabilità di un edificio.
21. L’Ordine degli Architetti può invece intervenire a difesa della categoria con altri strumenti: (a) all’inizio del percorso di edificazione, impugnando il titolo edilizio che approva il progetto redatto dal professionista non competente, o invitando l’amministrazione comunale a effettuare un annullamento in autotutela; (b) alla fine, segnalando all’amministrazione comunale che dal collaudo emerge il mancato rispetto della riserva sul cemento armato, o impugnando il certificato di agibilità che non tenga conto della violazione della suddetta riserva. Queste circostanze sono però, come è evidente, estranee al presente giudizio.
Conclusioni
22. In base alle considerazioni sopra esposte il ricorso deve essere accolto, con il conseguente annullamento degli atti impugnati. L’Ordine degli Architetti è quindi tenuto a prestare la propria collaborazione nella formazione delle terne per la scelta dei collaudatori.
23. Questo accertamento appare satisfattivo dell’interesse della parte ricorrente, e dunque, tenuto conto anche della pronuncia cautelare anticipatoria del merito, non residuano margini per riconoscere un danno risarcibile, neppure sul piano morale.
24. La complessità di alcune questioni consente la compensazione delle spese di giudizio. Il contributo unificato è a carico dell’Ordine degli Architetti ai sensi dell’art. 13, comma 6-bis.1, del DPR 30.05.2002 n. 115 (TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 18.04.2013 n. 361 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

marzo 2013

COMPETENZE PROGETTUALI: Impianti tecnologici, gli architetti possono progettarli. CdS: devono servire da completamento al fabbricato per rientrare tra le opere di edilizia civile.
La disciplina del regio decreto n. 2537 del 1925, fondamentale nella questione, è stata più volte vagliata dalla giurisprudenza, la quale ne ha dovuto sottolineare con maggior dettaglio le fattispecie comprese. In effetti, la delimitazione delle rispettive competenze è data da concetti non meglio definiti normativamente di “applicazioni della fisica” (art. 51) ed “opere di edilizia civile” (art. 52), e quindi di carattere descrittivo.
La natura di tali elementi, che fanno riferimento a dati extragiuridici, è implicitamente collegata alla necessità di adeguare la disciplina all’evoluzione della tecnica e delle qualificazioni professionali, permettendo così la sopravvivenza di norme anche risalenti nel tempo ma flessibili nella loro applicazione in concreto.
Le ragioni appena richiamate inducono la Sezione a valutare gli apporti recenti, conseguenti alla funzione interpretativa ed adeguatrice svolta dalla giurisprudenza nella decisione di casi contermini.
Non può quindi non notarsi che, sempre valorizzando il discrimine tra le due professioni di architetto e di ingegnere, la giurisprudenza recente postula una lettura riduttiva del concetto di applicazione delle leggi della fisica, sulla ovvia considerazione che, in una lettura ampia, qualsiasi tipo di manufatto dovrebbe esservi considerato. Sono quindi esclusivo appannaggio della professione di ingegnere solo le opere di carattere più marcatamente tecnico-scientifico (ad esempio le opere di ingegneria idraulica, di ammodernamento e ampliamento della rete idrica comunale).
Per altro verso, il secondo polo normativo di riferimento, ossia il concetto di edilizia civile, viene interpretato estensivamente, facendovi ricadere le realizzazioni tecniche anche di carattere accessorio che vengono collegate al fabbricato mediante l'esecuzione delle necessarie opere murarie (vedi Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd., 21.01.2005 n. 9, che, in relazione ad un sistema di videosorveglianza, ha ritenuto che si verta in un mero profilo di realizzazione di edilizia civile, dove invece il concetto di “applicazione della fisica” può rilevare semmai nella progettazione e realizzazione degli apparati industriali).
Si tratta di una tendenza interpretativa che la Sezione ritiene di condividere e fare propria, perché consona ad una lettura aggiornata e coerente della norma, che privilegi il momento unitario della costruzione dell’opera di edilizia civile, senza artificiose frammentazioni, e che tenga conto sia della trasformazione dei sistemi produttivi che dell’evoluzione tecnologica anche nelle applicazioni civili.
Nel caso in specie, si può affermare che il concetto di “opere di edilizia civile” si estenda sicuramente oltre gli ambiti più specificamente strutturali, fino a ricomprendere l’intero complesso degli impianti tecnologici a corredo del fabbricato, e quindi non solo gli impianti idraulici ma anche quelli di riscaldamento compresi nell’edificazione. Non è dato quindi cogliere il profilo di razionalità del provvedimento gravato in primo grado che, di fronte alla progettazione di un impianto di riscaldamento e quindi di un’opera accessoria all’edificazione, ritiene che questo, poiché proposto come impianto collegato ad un edificio già esistente e non da realizzare, debba essere predisposto da un ingegnere.
Al contrario, trattandosi di impianto accessorio ad un edificio, la circostanza che il progetto sia presentato autonomamente non fa venire meno il collegamento univoco e funzionale con l’opera di edilizia civile e, quindi, permette che il progetto stesso sia sottoscritto anche da un architetto.

Come si è anticipato in narrativa, il fulcro del thema decidendum consiste nello stabilire l’ampiezza delle competenze riconosciute –rispettivamente– agli ingegneri e agli architetti ai sensi del combinato disposto degli articoli 51 e 52 del regio decreto 23.10.1925, n. 2537 (‘Approvazione del regolamento per le professioni di ingegnere e di architetto’).
In particolare, si tratta di stabilire se la previsione di cui al primo comma dell’articolo 52 (secondo cui “formano oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad esse relative”) comporti o meno la competenza degli architetti in materia di impianti soggetti ad omologazione ISPESL comunque afferenti ad opere di edilizia civile.
Al quesito deve essere fornita risposta in senso affermativo.
Come già affermato dalla giurisprudenza di questo Consiglio (sentenza 31.07.2009, n. 4866), la centralità delle disposizioni sopra indicate (articoli 51 e 52 del regio decreto n. 2537 del 1925) è confermata dal fatto che anche le successive normative in tema di progettazione d’impianti, ed in particolare la legge 05.03.1990, n. 46 (recante “Norme per la sicurezza degli impianti”), vigente al momento dell’emissione del provvedimento gravato, prevede che sia “obbligatoria la redazione del progetto da parte di professionisti, iscritti negli albi professionali, nell'ambito delle rispettive competenze”, facendo in tal modo implicito rinvio alla disciplina del 1924.
La disciplina del regio decreto n. 2537 del 1925, fondamentale nella questione, è stata più volte vagliata dalla giurisprudenza, la quale ne ha dovuto sottolineare con maggior dettaglio le fattispecie comprese. In effetti, la delimitazione delle rispettive competenze è data da concetti non meglio definiti normativamente di “applicazioni della fisica” (art. 51) ed “opere di edilizia civile” (art. 52), e quindi di carattere descrittivo. La natura di tali elementi, che fanno riferimento a dati extragiuridici, è implicitamente collegata alla necessità di adeguare la disciplina all’evoluzione della tecnica e delle qualificazioni professionali, permettendo così la sopravvivenza di norme anche risalenti nel tempo ma flessibili nella loro applicazione in concreto.
Le ragioni appena richiamate inducono la Sezione a valutare gli apporti recenti, conseguenti alla funzione interpretativa ed adeguatrice svolta dalla giurisprudenza nella decisione di casi contermini.
Non può quindi non notarsi che, sempre valorizzando il discrimine tra le due professioni di architetto e di ingegnere, la giurisprudenza recente postula una lettura riduttiva del concetto di applicazione delle leggi della fisica, sulla ovvia considerazione che, in una lettura ampia, qualsiasi tipo di manufatto dovrebbe esservi considerato. Sono quindi esclusivo appannaggio della professione di ingegnere solo le opere di carattere più marcatamente tecnico-scientifico (ad esempio le opere di ingegneria idraulica, di ammodernamento e ampliamento della rete idrica comunale, TAR Campania Napoli, sez. I, 14.08.1998 n. 2751).
Per altro verso, il secondo polo normativo di riferimento, ossia il concetto di edilizia civile, viene interpretato estensivamente, facendovi ricadere le realizzazioni tecniche anche di carattere accessorio che vengono collegate al fabbricato mediante l'esecuzione delle necessarie opere murarie (vedi Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd., 21.01.2005 n. 9, che, in relazione ad un sistema di videosorveglianza, ha ritenuto che si verta in un mero profilo di realizzazione di edilizia civile, dove invece il concetto di “applicazione della fisica” può rilevare semmai nella progettazione e realizzazione degli apparati industriali).
Si tratta di una tendenza interpretativa che la Sezione ritiene di condividere e fare propria, perché consona ad una lettura aggiornata e coerente della norma, che privilegi il momento unitario della costruzione dell’opera di edilizia civile, senza artificiose frammentazioni, e che tenga conto sia della trasformazione dei sistemi produttivi che dell’evoluzione tecnologica anche nelle applicazioni civili.
Nel caso in specie, si può affermare che il concetto di “opere di edilizia civile” si estenda sicuramente oltre gli ambiti più specificamente strutturali, fino a ricomprendere l’intero complesso degli impianti tecnologici a corredo del fabbricato, e quindi non solo gli impianti idraulici ma anche quelli di riscaldamento compresi nell’edificazione. Non è dato quindi cogliere il profilo di razionalità del provvedimento gravato in primo grado che, di fronte alla progettazione di un impianto di riscaldamento e quindi di un’opera accessoria all’edificazione, ritiene che questo, poiché proposto come impianto collegato ad un edificio già esistente e non da realizzare, debba essere predisposto da un ingegnere.
Al contrario, trattandosi di impianto accessorio ad un edificio, la circostanza che il progetto sia presentato autonomamente non fa venire meno il collegamento univoco e funzionale con l’opera di edilizia civile e, quindi, permette che il progetto stesso sia sottoscritto anche da un architetto (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 15.03.2013 n. 1550 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALI: Va affermata l’illegittimità del titolo edilizio formatosi, per effetto della DIA presentata, che ha permesso la nuova edificazione di 5 villette a schiera, nella sola parte che ne ha affidato la progettazione a professionista geometra.
Dalla esegesi sistematica del R.D. 11.02.1929 n. 274, del R.D. 16.11.1939 n. 2229, della L. 02.03.1949 n. 144 e della L. 05.11.1971 n. 1086, è desumibile che non tutte le opere edilizie con impiego di cemento armato sono precluse alla progettazione dei geometri, ma solo quelle in cui, in relazione alla loro destinazione, il predetto impiego possa comportare pericolo per l'incolumità delle persone, il che tendenzialmente avviene per le costruzioni destinate a civile abitazione e progettate su più piani, ……. con struttura portante in cemento armato, comunque destinata all'abitazione delle persone, intervento che deve ritenersi riservato ai tecnici laureati (ingegneri ed architetti).

Nel merito, tra i motivi di ricorso proposti e per i quali la ricorrente sostiene l’illegittimità del mancato esercizio dei poteri repressivi della DIA, il Collegio ritiene, in ordine procedimentale, di dover dare la priorità alla censura (rubricata al n. 7 del ricorso) che, in base alle disposizioni ivi invocate, evidenzia la redazione del progetto da parte di un tecnico, quale il geometra, non abilitato a redigerlo; la doglianza è fondata.
Al riguardo la giurisprudenza di questo Consiglio ha da tempo affermato, con orientamento dal quale non sussistono ragioni per discostarsi, che “Dalla esegesi sistematica del R.D. 11.02.1929 n. 274, del R.D. 16.11.1939 n. 2229, della L. 02.03.1949 n. 144 e della L. 05.11.1971 n. 1086, è desumibile che non tutte le opere edilizie con impiego di cemento armato sono precluse alla progettazione dei geometri, ma solo quelle in cui, in relazione alla loro destinazione, il predetto impiego possa comportare pericolo per l'incolumità delle persone, il che tendenzialmente avviene per le costruzioni destinate a civile abitazione e progettate su più piani, ……. con struttura portante in cemento armato, comunque destinata all'abitazione delle persone, intervento che deve ritenersi riservato ai tecnici laureati (ingegneri ed architetti)” (v., fra le altre, Cons. di Stato, sez. V, n. 25/1999).
Pertanto, avendo riguardo al criterio basilare cui fare riferimento e costituito (come riconosce lo stesso Comune) dalla valutazione di struttura e modalità costruttive di un edificio di più piani, non possono essere condivise le argomentazioni dell’amministrazione secondo le quali l’intervento edilizio (ndr: di nuova edificazione costituito dalle cinque villette a schiera) sarebbe di assai modesta dimensione e rientrerebbe quindi nella competenza professionale del geometra.
...
Va in conclusione affermata l’illegittimità del titolo edilizio formatosi per effetto della DIA n. 18/2005, sulla particella n. 216, e che ha permesso la nuova edificazione di 5 villette a schiera, nella sola parte che ne ha affidato la progettazione a professionista geometra (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 14.03.2013 n. 1526 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALI: OGGETTO: competenze professionali in “valutazioni di incidenza ambientale”. Direttiva n. 92/43/CEE e DPR n. 357/1997. Circolare pubblica (Collegio Nazionale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici Laureati, nota 12.03.2013 n. 1130/ARA di prot.).

COMPETENZE PROGETTUALI: Oggetto: Nuova circolare relativa alle competenze dell'architetto junior ed del pianificatore junior alla luce di fatti e mutamenti finora intervenuti (Consiglio Nazionale degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori, circolare 07.03.2013 n. 21).

febbraio 2013

COMPETENZE PROGETTUALISentenza della Corte Ue. Ingegneri con le mani legate. Attività preclusa sugli immobili di interesse artistico.
Una normativa nazionale sull'esercizio di un'attività professionale non può aggiungere titoli diversi rispetto a quelli stabiliti da una direttiva comunitaria. E quindi, nel caso specifico italiano, le competenze degli ingegneri civili non possono essere estese alle attività che riguardano gli immobili di interesse artistico che restano prerogativa degli architetti.

A stabilirlo, la Corte di giustizia Europea che, con la sentenza 21.02.2013 n. C-111/12, V Sez., cerca di dirimere un annoso contenzioso che ha visto coinvolti il Consiglio nazionale degli ingegneri e quello degli architetti e ha portato a due pronunce contrastanti del Tar Veneto, ad altrettanti ricorsi davanti al Consiglio di stato e a un'ordinanza del 2004 della Corte di giustizia europea.
Il punto di partenza è che in Italia, la normativa contenuta nel regio decreto n. 2537 del 1925, stabilisce che gli ingegneri italiani non sono equiparati agli architetti, in materia di immobili di interesse artistico, in apparente contrasto con le regole comunitarie. La sentenza, però, su questo punto è chiara sottolineando come la direttiva 85/384 non si propone di disciplinare le condizioni di accesso alla professione né la natura delle attività svolte. Spetta quindi allo stato ospitante individuare le attività rientranti in tale settore, anche se, da tale competenza dello stato ospitante, «non può dedursi che la direttiva 85/384 gli consenta di subordinare l'esercizio delle attività su immobili di interesse artistico alla verifica delle qualifiche degli interessati in questo settore».
Se, dunque, si stabilisce il principio che lo stato membro ospitante non può imporre condizioni aggiuntive per l'esercizio delle attività rientranti nel settore della professione di architetto, così la Corte europea apre agli stranieri ingegneri che arrivano in Italia. Per questi, infatti, l'accesso alle attività riguardanti immobili di interesse artistico non può essere negato alle persone in possesso di un diploma di ingegneria civile o di un titolo analogo rilasciato in uno stato membro diverso dall'Italia. Ogni paese membro è tenuto, infatti, a riconoscere i diplomi di laurea rilasciati dagli altri paesi membri, in base alla direttiva.
E non è possibile, in questo caso, «subordinare l'esercizio delle attività su immobili di interesse artistico alla verifica delle qualifiche degli interessati». Agli ingegneri stranieri, in questo modo, viene riconosciuta una competenza più ampia rispetto al passato. L'unica limitazione consiste nel fatto che il loro diploma di laurea deve essere menzionato nell'elenco della direttiva. Una pronuncia che, però, crea una situazione contraddittoria perché di fatto agli ingegneri provenienti da altri paesi membri vengono, riconosciute prerogative delle quali gli ingegneri italiani non godono. Gli stranieri, quindi, potranno lavorare sugli immobili di interesse artistico, mentre ai professionisti italiani questa possibilità è ancora negata (articolo ItaliaOggi del 22.02.2013).

novembre 2012

COMPETENZE PROGETTUALI: Sia il Consiglio di Stato che la Corte di Cassazione hanno a più riprese affermato che le disposizioni in materia di competenza professionale dei geometri rispondono ad esigenze di pubblico interesse a tutela della pubblica incolumità. Invero, rispettivamente è stato affermato che:
è affetto da nullità il contratto di prestazione d'opera che affidi a un geometra calcoli in cemento armato e ciò anche ove il compito, limitatamente a quelle strutture, venga poi svolto da un professionista abilitato, che ne sia stato officiato dall'originario incaricato; è irrilevante, a tali fini, che l'incarico sia distinto per le parti in conglomerato e non sia stato subdelegato dal geometra, ma conferito direttamente dal committente stesso a un ingegnere o architetto, in quanto non è consentito neppure al committente scindere dalla progettazione generale quella relativa alle opere in cemento armato poiché non è possibile enucleare e distinguere un'autonoma attività, per la parte di tali lavori, riconducibile ad un ingegnere o ad un architetto -il che appare senz'altro esatto, poiché chi non è abilitato a delineare l'ossatura, neppure può essere ritenuto in grado di dare forma al corpo che deve esserne sorretto-;
i limiti posti dall'art. 16, lett. m, r.d. 11.02.1929 n. 274 alla competenza professionale dei geometri rispondono ad una scelta inequivoca del legislatore, dettata da evidenti ragioni di pubblico interesse, che lascia all'interprete ristretti margini di discrezionalità, attinenti alla valutazione dei requisiti della modestia della costruzione, della non necessità di complesse operazioni di calcolo e dell'assenza di implicazioni per la pubblica incolumità, indicando invece un preciso requisito, ovverosia la natura di annesso agricolo dei manufatti, per le opere eccezionalmente progettabili dai predetti tecnici anche nei casi di impiego di cemento armato.
È pertanto esclusa la possibilità di un'interpretazione estensiva o "evolutiva" di tale disposizione, che, in quanto norma eccezionale, non si presta ad applicazione analogica, non potendosi pervenire ad una diversa conclusione neppure in virtù delle norme -art. 2 l. 05.11.1971 n. 1086 e art. 17 l. 02.02.1974 n. 64- che disciplinano le costruzioni in cemento armato e quelle in zone sismiche, in quanto le stesse richiamano i limiti delle competenze professionali stabiliti per i geometri dalla vigente normativa professionale.
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Qualora il rapporto professionale abbia avuto ad oggetto una costruzione per civili abitazioni, è affetto da nullità il contratto anche relativamente alla direzione dei lavori affidata a un geometra, quando la progettazione -richiedendo l'adozione anche parziale dei calcoli in cemento armato- sia riservata alla competenza degli ingegneri.
Sennonché non può trarsi dalla nullità del contratto d’opera professionale sotteso, la conseguenza indefettibile della illegittimità del titolo abilitativo rilasciato.
Invero costituisce approdo condiviso in giurisprudenza quello per cui “è legittimo l'annullamento mediante esercizio del potere di autotutela di una concessione edilizia in ragione dell'incompetenza del geometra progettista, rilevabile sotto il profilo dell'assenza di abilitazione alla progettazione di costruzioni civili che non siano di modesta entità e che prevedano l'adozione di strutture in cemento armato”.
Si è detto del pari, in passato, che “non è illegittima la concessione edilizia avente ad oggetto un edificio in cemento armato, rilasciata sulla base di un progetto firmato da un geometra, e controfirmato da un ingegnere limitatamente agli aspetti strutturali del progetto“.
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Per concludere sul punto, si deve marcare una netta distinzione tra la nullità del contratto affidato al professionista (geometra) non abilitato e la supposta illegittimità del titolo abilitativo formato su progetto “redatto” dal professionista incompetente.
Con riferimento a tale ultimo profilo, la circostanza che il progetto fosse accompagnato dai calcoli in c.a. redatti da professionista a ciò abilitato (si rammenta che la finalità della disposizione sulla competenza professionale dei geometri è diretta a prevenire problematiche di tutela della pubblica incolumità) milita per la esclusione di profili di illegittimità della variante medesima, trattandosi di una irregolarità formale non investente profili di natura sostanziale.

Stabilisce infatti il Regio decreto 11.02.1929, n. 274, all’art. 16 che: “L'oggetto ed i limiti dell'esercizio professionale di geometra sono regolati come segue:
a) operazioni topografiche di rilevamento e misurazione, di triangolazioni secondarie a lati rettilinei e di poligonazione, di determinazione e verifica di confini; operazioni catastali ed estimi relativi;
b) operazioni di tracciamento di strade poderali e consorziali ed inoltre, quando abbiano tenue importanza, di strade ordinarie e di canali di irrigazione e di scolo;
c) misura e divisione di fondi rustici;
d) misura e divisione di aree urbane e di modeste costruzioni civili;
e) stima di aree e di fondi rustici, anche ai fini di mutui fondiari e di espropriazione, stima dei danni prodotti ai fondi rustici dalla grandine o dagli incendi, e valutazione di danni colonici a culture erbacee, legnose, da frutto, da foglia e da bosco. È fatta eccezione per i casi di notevole importanza economica e per quelli che, per la complessità di elementi di valutazione, richiedano le speciali cognizioni scientifiche e tecniche proprie dei dottori in scienze agrarie;
f) stima, anche ai fini di mutui fondiari e di espropriazione, di aree urbane e di modeste costruzioni civili; stima dei danni prodotti dagli incendi;
g) stima di scorte morte, operazioni di consegna e riconsegna dei beni rurali e relativi bilanci e liquidazioni; stima per costituzione ed eliminazione di servitù rurali; stima delle acque irrigue nei rapporti dei fondi agrari serviti. È fatta eccezione per i casi di notevole importanza economica e per quelli che, per la complessità di elementi di valutazione, richiedano le speciali cognizioni scientifiche e tecniche proprie dei dottori in scienze agrarie;
h) funzioni puramente contabili ed amministrative nelle piccole e medie aziende agrarie;
i) curatele di piccole e medie aziende agrarie, in quanto non importino durata superiore ad un anno ed una vera e propria direzione tecnica; assistenza nei contratti agrari;
l) progetto, direzione, sorveglianza e liquidazione di costruzioni rurali e di edifici per uso d'industrie agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone; nonché di piccole opere inerenti alle aziende agrarie, come strade vicinali senza rilevanti opere d'arte, lavori d'irrigazione e di bonifica, provvista d'acqua per le stesse aziende e riparto della spesa per opere consorziali relative, esclusa, comunque, la redazione di progetti generali di bonifica idraulica ed agraria e relativa direzione;
m) progetto, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili;
n) misura, contabilità e liquidazione delle costruzioni civili indicate nella lettera m) ;
o) misura, contabilità e liquidazione di lavori di costruzioni rurali sopra specificate;
p) funzioni peritali ed arbitramentali in ordine alle attribuzioni innanzi menzionate;
q) mansioni di perito comunale per le funzioni tecniche ordinarie nei Comuni con popolazione fino a diecimila abitanti, esclusi i progetti di opere pubbliche d'importanza o che implichino la risoluzione di rilevanti problemi tecnici
.” .
Circa la legittimazione a sollevare la relativa eccezione, ritiene il Collegio che essa sussistesse pienamente in capo alla odierna appellante –titolare di immobile limitrofo a quello per cui è causa- con esclusivo riferimento alla circostanza che si trattava di opere in cemento armato.
Si rileva in proposito che sia il Consiglio di Stato (“è affetto da nullità il contratto di prestazione d'opera che affidi a un geometra calcoli in cemento armato e ciò anche ove il compito, limitatamente a quelle strutture, venga poi svolto da un professionista abilitato, che ne sia stato officiato dall'originario incaricato; è irrilevante, a tali fini, che l'incarico sia distinto per le parti in conglomerato e non sia stato subdelegato dal geometra, ma conferito direttamente dal committente stesso a un ingegnere o architetto, in quanto non è consentito neppure al committente scindere dalla progettazione generale quella relativa alle opere in cemento armato poiché non è possibile enucleare e distinguere un'autonoma attività, per la parte di tali lavori, riconducibile ad un ingegnere o ad un architetto -il che appare senz'altro esatto, poiché chi non è abilitato a delineare l'ossatura, neppure può essere ritenuto in grado di dare forma al corpo che deve esserne sorretto-;” Consiglio Stato, sez. V, 28.04.2011, n. 2537) che la Corte di Cassazione (Cassazione civile, sez. II, 07.09.2009, n. 19292: “i limiti posti dall'art. 16, lett. m, r.d. 11.02.1929 n. 274 alla competenza professionale dei geometri rispondono ad una scelta inequivoca del legislatore, dettata da evidenti ragioni di pubblico interesse, che lascia all'interprete ristretti margini di discrezionalità, attinenti alla valutazione dei requisiti della modestia della costruzione, della non necessità di complesse operazioni di calcolo e dell'assenza di implicazioni per la pubblica incolumità, indicando invece un preciso requisito, ovverosia la natura di annesso agricolo dei manufatti, per le opere eccezionalmente progettabili dai predetti tecnici anche nei casi di impiego di cemento armato. È pertanto esclusa la possibilità di un'interpretazione estensiva o "evolutiva" di tale disposizione, che, in quanto norma eccezionale, non si presta ad applicazione analogica, non potendosi pervenire ad una diversa conclusione neppure in virtù delle norme -art. 2 l. 05.11.1971 n. 1086 e art. 17 l. 02.02.1974 n. 64- che disciplinano le costruzioni in cemento armato e quelle in zone sismiche, in quanto le stesse richiamano i limiti delle competenze professionali stabiliti per i geometri dalla vigente normativa professionale”) hanno a più riprese affermato che le disposizioni in materia di competenza professionale dei geometri rispondono ad esigenze di pubblico interesse a tutela della pubblica incolumità.
L’appellante, in quanto titolare di una abitazione ubicata nelle immediate vicinanze del plesso in costruzione aveva quindi immediato e diretto interesse a sollevare la relativa eccezione in considerazione dei profili di salvaguardia della incolumità.
Il motivo di ricorso di primo grado riproposto in appello doveva essere dichiarato ammissibile, pertanto, in parte qua.
Non ad identiche considerazioni può pervenirsi per ciò che concerne la supposta “incompetenza” motivata con riferimento alla circostanza che le aree insistevano su zona soggetta a vincolo laddove, all’evidenza, non sussistono problematiche di possibile compromissione investente profili di pubblica incolumità ed è carente il diretto ed immediato interesse dell’appellante a sollevare la detta eccezione, per cui la statuizione di inammissibilità del mezzo di primo grado sul punto deve essere confermata.
Rimossa la –per le già chiarite ragioni, e nei ristretti termini sopra individuati- statuizione di inammissibilità, pertiene al Collegio il compito di vagliare il merito della doglianza (è appena il caso di precisare che all’erronea declaratoria della inammissibilità dell’impugnazione non segue l’annullamento con rinvio della appellata decisione, non ricorrendo l’ipotesi di “difetto di procedura o vizio di forma” di cui all’art. 35 della legge n. 1034/1971 – oggi: art. 105 c.p.a.; per il passato, si veda, ex multis, sul punto Consiglio di Stato , sez. V, 23.04.1998, n. 474).
Resta in proposito, quindi, da interrogarsi in ordine alla fondatezza del motivo e alla refluenza dello stesso sulla variante autorizzata.
Ritiene sul punto il Collegio che la doglianza tesa a sostenere la complessiva illegittimità della variante e del permesso di costruire del 2009 a cagione della riscontrata “incompetenza professionale” del progettista sia infondata.
Risulta dagli atti di causa, infatti, che il progetto di variante venne corredato da relazione sui calcoli svolta da un ingegnere a ciò abilitato.
E’ noto al Collegio –che lo condivide– l’orientamento di recente affermato da questo Consiglio di Stato sez. V, 28.04.2011, n. 2537 e prima riportato.
Tale principio –che si attaglia a perfezione alla odierna vicenda processuale- esclude quindi il rilievo sotto il profilo privatistico dell’avvenuto espletamento del calcolo da parte dell’ingegnere abilitato e si inquadra, confermandolo ed ampliandolo, nel consolidato filone giurisprudenziale secondo il quale “qualora il rapporto professionale abbia avuto ad oggetto una costruzione per civili abitazioni, è affetto da nullità il contratto anche relativamente alla direzione dei lavori affidata a un geometra, quando la progettazione -richiedendo l'adozione anche parziale dei calcoli in cemento armato- sia riservata alla competenza degli ingegneri” (Cassazione civile, sez. II, 26.07.2006, n. 17028, ma anche Cassazione civile, sez. II, 15.02.1996, n. 1157 che afferma in tali casi “la conseguenza della nullità del rapporto tra il geometra ed il cliente”).
Sennonché non può trarsi dalla nullità del contratto d’opera professionale sotteso, la conseguenza indefettibile della illegittimità del titolo abilitativo rilasciato.
Invero costituisce approdo condiviso in giurisprudenza quello per cui “è legittimo l'annullamento mediante esercizio del potere di autotutela di una concessione edilizia in ragione dell'incompetenza del geometra progettista, rilevabile sotto il profilo dell'assenza di abilitazione alla progettazione di costruzioni civili che non siano di modesta entità e che prevedano l'adozione di strutture in cemento armato” (Consiglio Stato, sez. IV, 22.05.2006, n. 3006).
Si è detto del pari, in passato, che “non è illegittima la concessione edilizia avente ad oggetto un edificio in cemento armato, rilasciata sulla base di un progetto firmato da un geometra, e controfirmato da un ingegnere limitatamente agli aspetti strutturali del progetto“ (Consiglio Stato, sez. V, 04.06.2003, n. 3068).
La questione quindi va risolta avuto riguardo all’interesse pubblicistico sotteso al riparto di competenza professionale in capo al geometra e, quindi, alla possibile sussistenza di pericoli per la pubblica incolumità.
Nel caso di specie può convenirsi con parte appellata che la complessiva modestia dell’opera e la circostanza che comunque i calcoli relativi alle opere in cemento armato (sia per ciò che concerne il permesso di costruire che per la variante del 2009) fossero stati redatti da un professionista abilitato consentono di inferire dalla data circostanza la complessiva legittimità del titolo abilitativo in variante.
Appare essenziale in proposito rilevare che, comunque, i calcoli in cemento armato furono svolti; e furono svolti da un ingegnere abilitato, il che in concreto elide il profilo della illegittimità dedotto (pur essendo, come si è prima chiarito, circostanza del tutto neutra con riguardo al sotteso rapporto privatistico tra committente e geometra -elemento quest’ultimo, comunque, che non rileva nel caso di specie in questa sede-).
Per concludere sul punto: premesso che non può tenersi conto in questa sede delle allusive affermazioni contenute nelle memorie prodotte dall’appellante con le quali si adombra la possibilità che la detta documentazione non sia veridica (si rammenta sul punto che l’appellante non ha impugnato per falsità la detta documentazione e gli atti pubblici alla stessa sottesi, anche con riguardo al momento di presentazione della stessa, e non rileva sotto il profilo sostanziale che la stessa non avesse avuto conoscenza, in passato, della detta comunicazione, mentre costituisce incongruenza non decisiva la circostanza che il nominativo della impresa costruttrice indicato fosse diverso, perché ciò che è decisivo è che i calcoli si riferiscano alle opere per cui è causa) si deve marcare una netta distinzione tra la nullità del contratto affidato al professionista (geometra) non abilitato e la supposta illegittimità del titolo abilitativo formato su progetto “redatto” dal professionista incompetente.
Con riferimento a tale ultimo profilo (che è quello che maggiormente, se non unicamente, rileva in questa sede) la –per le già chiarite ragioni incontestabile in punto di fatto- circostanza che il progetto fosse accompagnato dai calcoli in c.a. redatti da professionista a ciò abilitato, in uno con la modestia complessiva dell’opera in variante (si rammenta che la finalità della disposizione sulla competenza professionale dei geometri è diretta a prevenire problematiche di tutela della pubblica incolumità, palesemente non sussistenti nel caso di specie) milita per la esclusione di profili di illegittimità della variante medesima, trattandosi di una irregolarità formale non investente profili di natura sostanziale
(Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 28.11.2012 n. 6036 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALI - INCARICHI PROGETTUALILe determinazioni con cui le pubbliche amministrazioni stabiliscono i criteri per selezionare i collaboratori costituisce manifestazione di ampia discrezionalità rientrante nel merito amministrativo, e possono quindi essere sindacate solo in caso di errore manifesto o manifesta irragionevolezza.
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Le competenze dei geometri in tema di ricognizione della viabilità sono limitate alle “operazioni di tracciamento di strade poderali e consorziali ed inoltre, quando abbiano tenue importanza, di strade ordinarie…” (art. 16, comma primo, lett. b] R.D. 274/1929).
Dalla competenza dei geometri esulano anche alcune delle attività richieste per l’incarico in questione, come le verifiche sulle condizioni di manutenzione e transitabilità delle strade nonché delle preclusioni al traffico esistenti, e la definizione della loro importanza dal punto di vista funzionale, storico e paesaggistico.
Coglie quindi nel segno la difesa dell’Amministrazione laddove evidenzia che l’oggetto dell’incarico da affidare è più ampio rispetto alle competenze legislativamente stabilite per la categoria dei geometri, ed è quindi logico che essi ne siano stati esclusi.

... per l'annullamento della determinazione dirigenziale n. 694 del 06.07.2009 della Comunità Montana Colline Metallifere, contenente l’avviso pubblico per il conferimento di un incarico esterno di collaborazione autonoma per la ricognizione e classificazione della viabilità extraurbana di pubblico interesse, nonché della determinazione n. 866 del 26.08.2009 di assegnazione dell’incarico, nonché infine di tutti gli atti presupposti e/o consequenziali tra cui, in particolare, i verbali di aggiudicazione in prima e seconda seduta rispettivamente del 24.07.2009 e del 14.08.2009, nonché gli artt. 11 e 11-bis del Regolamento di organizzazione degli uffici e dei servizi approvato con delibera della Giunta Esecutiva della Comunità Montana delle Colline Metallifere n. 87 del 25.9.2003 e modificato con successiva delibera della Giunta Esecutiva n. 1 del 20.01.2009, ovvero di tutte quelle norme regolamentari della Comunità Montana che disciplinano e limitano l’affidamento di incarichi a soggetti esterni.
...
Va rilevato in primo luogo che le determinazioni con cui le pubbliche amministrazioni stabiliscono i criteri per selezionare i collaboratori costituisce manifestazione di ampia discrezionalità rientrante nel merito amministrativo, e possono quindi essere sindacate solo in caso di errore manifesto o manifesta irragionevolezza.
Nel caso di specie non si rilevano tali vizi nella decisione di limitare l’accesso alla procedura in esame ai soli laureati escludendo, tra l’altro, la categoria ricorrente dei geometri poiché l’oggetto della gara è più ampio di quanto previsto dall’art. 16, R.D. 11.02.1929, n. 274 che regolamenta l’esercizio di tale professione.
Per quanto qui interessa, le competenze dei geometri in tema di ricognizione della viabilità sono limitate alle “operazioni di tracciamento di strade poderali e consorziali ed inoltre, quando abbiano tenue importanza, di strade ordinarie…” (art. 16, comma primo, lett. b] R.D. 274/1929). Dalla competenza dei geometri esulano anche alcune delle attività richieste per l’incarico in questione, come le verifiche sulle condizioni di manutenzione e transitabilità delle strade nonché delle preclusioni al traffico esistenti, e la definizione della loro importanza dal punto di vista funzionale, storico e paesaggistico. Coglie quindi nel segno la difesa dell’Amministrazione laddove evidenzia che l’oggetto dell’incarico da affidare è più ampio rispetto alle competenze legislativamente stabilite per la categoria dei geometri, ed è quindi logico che essi ne siano stati esclusi.
Non ha pregio il richiamo al diritto al libero esercizio della professione poiché i provvedimenti gravati non limitano in alcun modo l’esercizio libero professionale del mestiere di geometra (TAR Toscana, Sez. I, sentenza 22.11.2012 n. 1890 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

settembre 2012

COMPETENZE PROFESSIONALI - PROGETTUALIOggetto: Progettazione e direzione lavori di modeste costruzioni civili con strutture in cemento armato. Competenze professionali Geometri liberi professionisti (Regione Sicilia, Assessorato delle Infrastrutture e della Mobilità, nota 18.09.2012 n. 82824 di prot.).
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Di contro, pronta la risposta della Consulta Ordini Ingegneri Sicilia con la nota 04.10.2012 n. 98 di prot.: Oggetto: Progettazione e direzione lavori di modeste costruzioni civili con strutture in cemento armato – Competenze professionali.

giugno 2012

COMPETENZE PROGETTUALI: Oggetto: sentenza del TAR dell'Emilia Romagna in materia di competenze professionali degli Ingegneri e degli Architetti nel settore delle opere stradali (Ordine degli Ingegneri di Bergamo, nota 29.06.2012 n. 766 di prot.).

maggio 2012

ATTI AMMINISTRATIVI - COMPETENZE PROGETTUALI:  La progettazione di una villa in cemento armato e in zona sismica deve ritenersi rientrare nella competenza professionale di ingegneri e architetti.
L’atto di convalida –pur costituendo un nuovo e autonomo provvedimento amministrativo, come tale impugnabile– non si sostituisce all’atto convalidato, ma ad esso si ricollega “al fine di mantenerne fermi gli effetti fin dal momento in cui esso venne emanato (c.d. efficacia ex tunc della convalida); gli effetti giuridici, pertanto, si imputano all'atto convalidato, rispetto al quale quello convalidante si pone soltanto come causa ostativa all'eventuale annullamento per illegittimità, sempreché l'amministrazione non abbia già perso la disponibilità dell'effetto”.
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Non condivisibile è l'assunto della sanabilità dei soli vizi formali; ed infatti il tradizionale orientamento sfavorevole alla sanabilità dei vizi sostanziali -fondato sulla disposizione dell'articolo 6 della legge 18.03.1968, n. 249- può ritenersi superato dall'articolo 21-nonies della legge n. 241 che non pone limitazioni in materia, riferendosi genericamente al provvedimento amministrativo annullabile (e non ai soli atti viziati da incompetenza o comunque da vizi di forma), con conseguente ammissibilità della convalida di vizi sostanziali, ovviamente allorché il vizio sia in concreto eliminabile; non può quindi in linea di principio escludersi che anche il vizio consistente nella progettazione da parte di un tecnico non abilitato -che è vizio non formale ma sostanziale perché la progettazione ad opera di professionisti laureati mira a tutelare la sicurezza delle opere in funzione di tutela di coloro che le utilizzeranno una volta ultimate- possa essere convalidato a seguito della verifica della idoneità del progetto da parte di un professionista laureato con specifica assunzione da parte di quest'ultimo della relativa responsabilità; ed infatti la giurisprudenza è orientata a ritenere che i limiti di competenza dei tecnici non laureati nella progettazione di opere civili in cemento armato sono inderogabilmente stabiliti dalla legge non in funzione della buona qualità dell'edificio dal punto di vista estetico-funzionale, bensì dell'esigenza di assicurare l'incolumità delle persone che lo utilizzeranno una volta ultimato.
Ciò che conta è, quindi, che i calcoli relativi alle strutture siano esatti e che tutte le soluzioni tecniche finalizzate alla sicurezza degli esseri umani siano idonee; la circostanza che -anche in via successiva- vi sia un intervento con cui un tecnico dotato di adeguata qualificazione verifichi ed asseveri la sussistenza di queste condizioni non può pertanto essere escluso.
Di conseguenza la convalida deve essere annullata e ciò impone l'esame del motivo proposto con il primo ricorso con cui si è dedotta la esorbitanza dalle competenze professionali del geometra della progettazione dell'immobile in contestazione.
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Costituisce giurisprudenza assolutamente pacifica e consolidata che "a norma dell'art. 16, lett. m), del r.d. 11.02.1929 n. 274, e come si desume anche dalle leggi 05.11.1971 n. 1086 e 02.02.1974 n. 64, che hanno rispettivamente disciplinato le opere in conglomerato cementizio e le costruzioni in zone sismiche, nonché dalla legge 02.03.1949 n. 144 (recante la tariffa professionale), esula dalla competenza dei geometri la progettazione di costruzioni civili con strutture in cemento armato, trattandosi di attività che, qualunque ne sia l'importanza, è riservata solo agli ingegneri ed architetti iscritti nei relativi albi professionali".
Né questo principio è reso inapplicabile dalla circostanza che la progettazione del geometra era accompagnata da una relazione di calcolo a firma di un ingegnere: infatti la giurisprudenza ha considerato anche questa evenienza ribadendo che "i geometri possono progettare e dirigere lavori relativi ad opere di cemento armato purché si tratti di piccole costruzioni accessorie di costruzioni rurali e di edifici per industrie agricole che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non implicano comunque pericolo per l'incolumità delle persone, a nulla rilevando che i calcoli di cemento armato siano stati fatti da ingegnere, giacché è il professionista incaricato della generale progettazione e della direzione dei lavori che si assume la responsabilità anche dei calcoli delle strutture armate".

... per l'annullamento, quanto al ricorso n. 1124 del 2004, del permesso di costruire n. 93 del 06.05.2004 rilasciato alle controinteressate per la realizzazione di un villino unifamiliare;
...
Il Collegio rileva in proposito che l’atto di convalida –pur costituendo un nuovo e autonomo provvedimento amministrativo, come tale impugnabile– non si sostituisce all’atto convalidato, ma ad esso si ricollega “al fine di mantenerne fermi gli effetti fin dal momento in cui esso venne emanato (c.d. efficacia ex tunc della convalida); gli effetti giuridici, pertanto, si imputano all'atto convalidato, rispetto al quale quello convalidante si pone soltanto come causa ostativa all'eventuale annullamento per illegittimità, sempreché l'amministrazione non abbia già perso la disponibilità dell'effetto” (così TAR Lazio, Latina, 05.05.2006, n. 311).
...
Con il primo ricorso (RG 1124/04) la ricorrente denuncia che il progetto assentito dal comune è stato redatto da un geometra in violazione della disciplina dell’articolo 16 del r.d. 11.02.1929 n. 274 che, per quanto qui interessa, limita la competenza professionale dei geometri alla progettazione di “piccole costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone”; la tesi della ricorrente è che nella fattispecie, venendo in rilievo un edificio di due piani da adibire a residenza e da realizzare nel centro di Formia, che ricade in zona sismica, il limite sopra indicato è chiaramente superato, cosicché il progetto avrebbe dovuto essere redatto da un professionista laureato (cioè un ingegnere o un architetto).
Come già accennato, il permesso di costruire impugnato, relativamente al profilo all’esame, è stato convalidato dal comune su istanza delle controinteressate: queste infatti hanno presentato al comune tutti gli elaborati del progetto originariamente assentito “timbrati, controfirmati e asseverati” da un ingegnere e chiesto al comune la convalida; in data 11.07.2006 il comune a sua volta –facendo applicazione dell’articolo 21-nonies della legge 07.08.1990, n. 241– ha operato la convalida del permesso di costruire “considerato che, nella legittimità del titolo ad edificare, e nella considerazione che l’immobile è stato già realizzato e quasi completato, sussiste l’interesse pubblico alla conservazione degli atti”.
Come pure accennato, la ricorrente ha impugnato la vista convalida con il ricorso successivo (RG 1233/06).
Le suesposte censure vanno accolte.
Il Collegio condivide infatti, sotto il profilo difetto d’istruttoria e della motivazione, l’assunto secondo cui illegittimamente il comune non ha fornito una motivazione persuasiva in punto di interesse pubblico alla convalida né in alcun modo considerato gli interessi della ricorrente.
Invero la necessità di ponderare l'interesse dei controinteressati si deduce dall'articolo 21-nonies della legge 07.08.1990, n. 241 che, nel disciplinare il cd. annullamento d'ufficio -che costituisce, al pari della convalida, uno dei possibile esiti del procedimento cd. di riesame- impone, oltre alla sussistenza di ragioni di interesse pubblico, che si tenga conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati.
Non condivisibile è invece l'assunto della sanabilità dei soli vizi formali; ed infatti il tradizionale orientamento sfavorevole alla sanabilità dei vizi sostanziali -fondato sulla disposizione dell'articolo 6 della legge 18.03.1968, n. 249- può ritenersi superato dall'articolo 21-nonies della legge n. 241 che non pone limitazioni in materia, riferendosi genericamente al provvedimento amministrativo annullabile (e non ai soli atti viziati da incompetenza o comunque da vizi di forma), con conseguente ammissibilità della convalida di vizi sostanziali, ovviamente allorché il vizio sia in concreto eliminabile; non può quindi in linea di principio escludersi che anche il vizio consistente nella progettazione da parte di un tecnico non abilitato -che è vizio non formale ma sostanziale perché la progettazione ad opera di professionisti laureati mira a tutelare la sicurezza delle opere in funzione di tutela di coloro che le utilizzeranno una volta ultimate- possa essere convalidato a seguito della verifica della idoneità del progetto da parte di un professionista laureato con specifica assunzione da parte di quest'ultimo della relativa responsabilità; ed infatti la giurisprudenza è orientata a ritenere che i limiti di competenza dei tecnici non laureati nella progettazione di opere civili in cemento armato sono inderogabilmente stabiliti dalla legge non in funzione della buona qualità dell'edificio dal punto di vista estetico-funzionale, bensì dell'esigenza di assicurare l'incolumità delle persone che lo utilizzeranno una volta ultimato.
Ciò che conta è, quindi, che i calcoli relativi alle strutture siano esatti e che tutte le soluzioni tecniche finalizzate alla sicurezza degli esseri umani siano idonee; la circostanza che -anche in via successiva- vi sia un intervento con cui un tecnico dotato di adeguata qualificazione verifichi ed asseveri la sussistenza di queste condizioni non può pertanto essere escluso.
Di conseguenza la convalida deve essere annullata e ciò impone l'esame del motivo proposto con il primo ricorso con cui si è dedotta la esorbitanza dalle competenze professionali del geometra della progettazione dell'immobile in contestazione.
Tale motivo è fondato dato che costituisce giurisprudenza assolutamente pacifica e consolidata che "a norma dell'art. 16, lett. m), del r.d. 11.02.1929 n. 274, e come si desume anche dalle leggi 05.11.1971 n. 1086 e 02.02.1974 n. 64, che hanno rispettivamente disciplinato le opere in conglomerato cementizio e le costruzioni in zone sismiche, nonché dalla legge 02.03.1949 n. 144 (recante la tariffa professionale), esula dalla competenza dei geometri la progettazione di costruzioni civili con strutture in cemento armato, trattandosi di attività che, qualunque ne sia l'importanza, è riservata solo agli ingegneri ed architetti iscritti nei relativi albi professionali" (Consiglio di Stato, sez. IV, 22.05.2006, n. 3006).
Né questo principio è reso inapplicabile dalla circostanza -evidenziata dalle resistenti- che la progettazione del geometra era accompagnata da una relazione di calcolo a firma di un ingegnere: infatti la giurisprudenza ha considerato anche questa evenienza ribadendo che "i geometri possono progettare e dirigere lavori relativi ad opere di cemento armato purché si tratti di piccole costruzioni accessorie di costruzioni rurali e di edifici per industrie agricole che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non implicano comunque pericolo per l'incolumità delle persone, a nulla rilevando che i calcoli di cemento armato siano stati fatti da ingegnere, giacché è il professionista incaricato della generale progettazione e della direzione dei lavori che si assume la responsabilità anche dei calcoli delle strutture armate" (TAR Abruzzo, Pescara, 02.11.1995, n. 463, TAR Emilia Romagna, Bologna, II Sez., 17.02.1995 n. 71).
Di conseguenza -venendo nella fattispecie in rilievo la progettazione di una villa in cemento armato e in zona sismica- deve ritenersi che il progetto rientrasse nella competenza professionale di ingegneri e architetti (TAR Lazio-Latina, Sez. I, sentenza 30.05.2012 n. 415 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALI: (i) in base alla norma sulla competenza professionale, i geometri devono astenersi dalla progettazione e dalla direzione lavori che riguardino opere in cemento armato, con la sola eccezione delle piccole costruzioni accessorie in ambito agricolo. Dunque le costruzioni civili che comportano l’uso di cemento armato fuoriescono dalla competenza dei geometri, anche se si mantengono nei limiti delle “modeste costruzioni”.
(ii) la severità della norma è attenuata dalla prassi di suddividere la progettazione e la direzione lavori in due parti, una riferita alle opere in cemento armato e una incentrata sugli aspetti architettonici. Questa soluzione si muove lungo un confine incerto, e potrebbe facilmente prestarsi a comportamenti elusivi della norma. Sono considerati comportamenti elusivi la controfirma o il visto del progetto da parte di un ingegnere o architetto e l’affidamento a questi ultimi dei calcoli relativi al cemento armato.
(iii) tuttavia, se la separazione delle attività di progettazione e direzione lavori è effettiva e non simulata, e a ciascun professionista è riservata nel suo ambito piena responsabilità, questa appare una via praticabile per coordinare le due parti che qui interessano dell’art. 16 del RD 274/1929, quella che esclude il cemento armato dalla competenza professionale dei geometri in relazione alle costruzioni civili (lett. l) e quella che estende ai geometri la progettazione e la direzione lavori con riferimento alle costruzioni civili di modesta importanza (lett. m).
Poiché anche le costruzioni civili di modesta importanza possono richiedere l’impiego di cemento armato, non sarebbe corretto interdire in questi casi ai geometri una porzione rilevante della loro competenza professionale, quando sia invece possibile scorporare in modo chiaro ed effettivo dalla progettazione e dalla direzione lavori tutta l’attività riferibile al cemento armato. Lo scorporo appare la soluzione preferibile alla luce del principio di proporzionalità (non devono essere inflitte alla competenza professionale dei geometri limitazioni maggiori di quelle strettamente necessarie a garantire la sicurezza delle persone).
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(iv) gli ordini e i collegi professionali hanno interesse e legittimazione a tutelare le prerogative delle rispettive categorie di professionisti, tanto in sede giurisdizionale quanto davanti all’autorità amministrativa. Non vi sono però norme puntuali che consentano agli ordini e ai collegi professionali di agire direttamente in autotutela contro i professionisti della categoria concorrente che effettuano un’invasione di campo, né un simile potere è desumibile in via generale dalle funzioni di interesse pubblico svolte da questi organismi.
(v) nello specifico, quindi, l’Ordine degli Architetti non è legittimato a bloccare la procedura di collaudo statico rifiutandosi di designare la terna di nomi per la scelta del collaudatore. In questo modo infatti verrebbe interrotto l’iter che porta al rilascio del certificato di agibilità (v. art. 25, comma 3, e art. 67, comma 8, del DPR 380/2001) e vi sarebbe un’intromissione nei poteri di controllo dell’amministrazione comunale, la quale è l’unico soggetto titolato a decidere delle condizioni di utilizzabilità di un edificio.
(vi) l’Ordine degli Architetti può invece intervenire a difesa della categoria con altri strumenti: (1) all’inizio del percorso di edificazione, impugnando il titolo edilizio che approva il progetto redatto dal professionista non competente, o invitando l’amministrazione comunale a effettuare un annullamento in autotutela; (2) alla fine, segnalando all’amministrazione comunale che dal collaudo emerge il mancato rispetto della riserva sul cemento armato, o impugnando il certificato di agibilità che non tenga conto della violazione della suddetta riserva. Questi profili sono però, come è evidente, estranei al presente giudizio.

Il presente ricorso, promosso dal Collegio dei Geometri e dei Geometri Laureati di Bergamo, riguarda il rifiuto dell’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori di Bergamo di designare la terna di nomi per la scelta del collaudatore ai fini del collaudo statico delle opere in cemento armato (v. art. 67, comma 4, del DPR 06.06.2001 n. 380) quando alla realizzazione abbiano prestato la loro attività professionale dei geometri. Nei casi portati all’attenzione del TAR le prestazioni professionali consistono nella progettazione architettonica e nella direzione lavori per il progetto architettonico.
La vicenda è stata marginalmente esaminata da questo TAR nella sentenza non definitiva n. 635 del 17.04.2012 in relazione a un’istanza di accesso.
La tesi dell’Ordine degli Architetti si può così riassumere:
(a) la competenza professionale dei geometri (v. art. 16 del RD 11.02.1929 n. 274) consiste in “progetto, direzione, sorveglianza e liquidazione di costruzioni rurali e di edifici per uso d'industrie agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone” (lett. l), nonché in “progetto, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili” (lett. m);
(b) non sono ricomprese in tali elenchi le attività di progettazione e direzione lavori riguardanti le costruzioni civili in cemento armato, che restano pertanto affidate in via esclusiva a ingegneri e architetti;
(c) la necessità del rispetto delle competenze professionali è ribadita, rispettivamente per la progettazione e la direzione lavori relative a opere in cemento armato, dall’art. 64, commi 2 e 3, del DPR 380/2001;
(d) di conseguenza non è possibile per gli architetti partecipare al collaudo di opere in cemento armato in relazione alle quali i geometri, non attenendosi alle proprie competenze professionali, abbiano svolto attività di progettazione architettonica e di direzione lavori per il progetto architettonico (sarebbe come chiedere di avallare un abuso edilizio).
Sulla vicenda così sintetizzata si possono svolgere le seguenti considerazioni:
(i) in base alla norma sulla competenza professionale, i geometri devono astenersi dalla progettazione e dalla direzione lavori che riguardino opere in cemento armato, con la sola eccezione delle piccole costruzioni accessorie in ambito agricolo. Dunque le costruzioni civili che comportano l’uso di cemento armato fuoriescono dalla competenza dei geometri, anche se si mantengono nei limiti delle “modeste costruzioni” (v. Cass. civ. Sez. II 14.02.2012 n. 2153);
(ii) la severità della norma è attenuata dalla prassi di suddividere la progettazione e la direzione lavori in due parti, una riferita alle opere in cemento armato e una incentrata sugli aspetti architettonici. Questa soluzione si muove lungo un confine incerto, e potrebbe facilmente prestarsi a comportamenti elusivi della norma. Sono considerati comportamenti elusivi la controfirma o il visto del progetto da parte di un ingegnere o architetto e l’affidamento a questi ultimi dei calcoli relativi al cemento armato (v. Cass. civ. Sez. II 02.09.2011 n. 18038);
(iii) tuttavia, se la separazione delle attività di progettazione e direzione lavori è effettiva e non simulata, e a ciascun professionista è riservata nel suo ambito piena responsabilità, questa appare una via praticabile per coordinare le due parti che qui interessano dell’art. 16 del RD 274/1929, quella che esclude il cemento armato dalla competenza professionale dei geometri in relazione alle costruzioni civili (lett. l) e quella che estende ai geometri la progettazione e la direzione lavori con riferimento alle costruzioni civili di modesta importanza (lett. m).
Poiché anche le costruzioni civili di modesta importanza possono richiedere l’impiego di cemento armato, non sarebbe corretto interdire in questi casi ai geometri una porzione rilevante della loro competenza professionale, quando sia invece possibile scorporare in modo chiaro ed effettivo dalla progettazione e dalla direzione lavori tutta l’attività riferibile al cemento armato. Lo scorporo appare la soluzione preferibile alla luce del principio di proporzionalità (non devono essere inflitte alla competenza professionale dei geometri limitazioni maggiori di quelle strettamente necessarie a garantire la sicurezza delle persone);
(iv) gli ordini e i collegi professionali hanno interesse e legittimazione a tutelare le prerogative delle rispettive categorie di professionisti, tanto in sede giurisdizionale quanto davanti all’autorità amministrativa. Non vi sono però norme puntuali che consentano agli ordini e ai collegi professionali di agire direttamente in autotutela contro i professionisti della categoria concorrente che effettuano un’invasione di campo, né un simile potere è desumibile in via generale dalle funzioni di interesse pubblico svolte da questi organismi;
(v) nello specifico quindi l’Ordine degli Architetti non è legittimato a bloccare la procedura di collaudo statico rifiutandosi di designare la terna di nomi per la scelta del collaudatore. In questo modo infatti verrebbe interrotto l’iter che porta al rilascio del certificato di agibilità (v. art. 25, comma 3, e art. 67, comma 8, del DPR 380/2001) e vi sarebbe un’intromissione nei poteri di controllo dell’amministrazione comunale, la quale è l’unico soggetto titolato a decidere delle condizioni di utilizzabilità di un edificio;
(vi) l’Ordine degli Architetti può invece intervenire a difesa della categoria con altri strumenti: (1) all’inizio del percorso di edificazione, impugnando il titolo edilizio che approva il progetto redatto dal professionista non competente, o invitando l’amministrazione comunale a effettuare un annullamento in autotutela; (2) alla fine, segnalando all’amministrazione comunale che dal collaudo emerge il mancato rispetto della riserva sul cemento armato, o impugnando il certificato di agibilità che non tenga conto della violazione della suddetta riserva. Questi profili sono però, come è evidente, estranei al presente giudizio.
Sussistono pertanto i presupposti per l’accoglimento della domanda cautelare. L’Ordine degli Architetti è tenuto a procedere, nel termine di 30 giorni dal deposito della presente ordinanza, alla designazione delle terne per la scelta dei collaudatori in risposta alle richieste già pervenute, e a effettuare sollecitamente le designazioni con riguardo alle richieste che arriveranno in futuro (TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, ordinanza 10.05.2012 n. 207 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

aprile 2012

COMPETENZE PROFESSIONALIProve su terre e rocce, la direzione è del geologo.
Vittoria per i geologi. Va annullata la circolare ministeriale in cui si prevede che anche un architetto o ingegnere possano diventare direttori dei laboratori autorizzati per l'esecuzione e la certificazione di prove su terre e rocce di cui all'articolo 59 del testo unico sull'edilizia.

È quanto emerge dalla
sentenza 26.04.2012 n. 3757, pubblicata dalla III Sez. del TAR Lazio-Roma.
Sanatoria esclusa - Veniamo al merito: in mancanza di indicazioni più precise, è necessario rifarsi alle leggi professionali. E il prelievo e l'esame di campioni dal terreno rientra nell'ambito delle competenze dei geologi, anche se nelle opere geotecniche hanno voce in capitolo anche gli ingegneri civili. Deve allora essere bocciato l'atto esplicativo pubblicato nel 2010 dal ministero delle Infrastrutture laddove prevede indifferentemente la laurea in architettura e in ingegneria, oltre che in geologia, come titolo per sedere al vertice dei laboratori autorizzati: il direttore, infatti, non ha soltanto compiti gestionali ma è l'autorità che certifica i risultati delle analisi svolte.
Il ricorso proposto dal Consiglio nazionale dei geometri, tuttavia, è solo parzialmente fondato: rientra nell'ampia discrezionalità dell'amministrazione disciplinare le autorizzazioni già rilasciate, comunque valide ed efficaci. E la prescrizione non appare irragionevole: non prevede una generale sanatoria, ma richiede l'adeguamento al nuovo regime.
Forma e sostanza - Inutile, per l'avvocatura dello stato, contestare l'impugnazione della circolare: l'interesse immediato ad agire sussiste senza necessità di attendere l'atto applicativo, a patto che il provvedimento amministrativo incida direttamente su posizioni giuridiche soggettive o contenga disposizioni integrative dell'ordinamento e non solo interpretative. L'atto impugnato porta sì la denominazione di «circolare», ma è in realtà ha contenuto normativo, perché introduce prescrizioni sull'autorizzazione ai laboratori con rilevanza esterna e non risulta soltanto indirizzata agli uffici.
Ciò che viene dedotto innanzi al giudice amministrativo è l'illegittimità dei criteri dettati dall'amministrazione nell'ambito del potere di disciplinare l'autorizzazione di cui al testo unico dell'edilizia. E la disciplina si deve ritenere immediatamente impugnabile di fronte al Tar perché può determinare di per sé un «vulnus» immediato nell'interesse dei destinatari delle norme. Vale a dire i geologi (articolo ItaliaOggi del 12.05.2012).

COMPETENZE PROGETTUALI: Geologi, competenze univoche.
I percorsi professionali di geologi, ingegneri e architetti non sono totalmente equiparabili. Così, per assegnare un incarico dirigenziale in un ambito specifico di una delle tre professioni non si può non tenere conto della differente preparazione e competenza.

Lo ha stabilito il TAR Lazio-Roma, Sez. III, con la sentenza 26.04.2012 n. 3757, annullando la circolare del ministero delle infrastrutture e dei trasporti (presidenza del Consiglio superiore dei lavori pubblici n. 7618/Stc dell'08.09.2010), recante i «Criteri per il rilascio dell'autorizzazione ai laboratori per l'esecuzione e certificazione di prove su terre e rocce di cui all'art. 59 del dpr n. 380/2001».
In particolare, il Tar ha accolto parzialmente il ricorso presentato, tra gli altri, dal Consiglio nazionale dei geologi, guidato da Gian Vito Graziano, contestando la circolare nella parte in cui prevedeva, per il direttore di tali laboratori, indifferentemente il possesso della laurea in geologia, ingegneria e architettura. Questo perché, secondo i giudici, sia la legge n. 112/1963 (Disposizioni per la tutela del titolo e della professione di geologo), sia il dpr n. 328/2001, indicano tali prove come specifiche dell'attività del geologo. «Invece», prosegue la sentenza, «tali attività, non figurano rispetto alla disciplina degli architetti (art. 16 dpr 328/2001) e solo in parte per gli ingeneri (art. 46 dpr 328/2001 che fa riferimento alle opere geotecniche solo per l'ingegneria civile)».
Lo stesso Tribunale, comunica il Cng in una nota, con la sentenza n. 3761/2012 ha annullato anche la circolare del ministero delle infrastrutture e dei trasporti, recante i Criteri per il rilascio dell'autorizzazione ai laboratori per l'esecuzione e certificazione di indagini geognostiche, prelievo di campioni e prove in sito di cui all'art. 59 del dpr n. 380/2001, «ritenendo che l'art. 59 del dpr 380/2001 e le norme tecniche per le costruzioni si riferiscono alle indagini e prove geotecniche, ma non alle indagini geognostiche, al prelievo di campioni e alle prove in sito» (articolo ItaliaOggi del 28.04.2012).

COMPETENZE PROGETTUALIE' vietato agli architetti la progettazione di opere di urbanizzazione primaria o di ingegneria idraulica quali una rete di distribuzione idrica o fognaria; può, invece, essere legittimamente progettata da un architetto una costruzione civile con sistema idrico-fognario pertinenziale, quale quella in esame, opera di edilizia civile con annessa parte tecnica, non coinvolgente conoscenze specifiche degli ingegneri.
In particolare, “la nozione di opere di edilizia civile, che ai sensi dell’art. 52, r.d. 23.10.1925 n. 2537 formano oggetto della professione sia dell’ingegnere che dell’architetto, si estende oltre gli ambiti più specificamente strutturali, fino a ricomprendere l’intero complesso degli impianti tecnologici a corredo del fabbricato, e quindi non solo gli impianti idraulici ma anche quelli di riscaldamento compresi nell’edificazione” .

Le previsioni contenute negli art. 51-54 r.d. 23.10.1925 n. 2537, individuanti le rispettive competenze degli ingegneri e degli architetti vietano a quest’ultimi la progettazione di opere di urbanizzazione primaria o di ingegneria idraulica quali una rete di distribuzione idrica o fognaria; può, invece, essere legittimamente progettata da un architetto una costruzione civile con sistema idrico-fognario pertinenziale, quale quella in esame, opera di edilizia civile con annessa parte tecnica, non coinvolgente conoscenze specifiche degli ingegneri (TAR Veneto, Venezia, sez. I, 08.07.2011, n. 1153; TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, 09.04.2008).
In particolare, “la nozione di opere di edilizia civile, che ai sensi dell’art. 52, r.d. 23.10.1925 n. 2537 formano oggetto della professione sia dell’ingegnere che dell’architetto, si estende oltre gli ambiti più specificamente strutturali, fino a ricomprendere l’intero complesso degli impianti tecnologici a corredo del fabbricato, e quindi non solo gli impianti idraulici ma anche quelli di riscaldamento compresi nell’edificazione” (Consiglio Stato, sez. IV, 31.07.2009, n. 4866)
(TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 18.04.2012 n. 708 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALIOGGETTO: Competenze professionali Affidamento di incarichi tecnici ad ingegneri e architetti su beni sottoposti alla tutela di cui al Codice dei beni culturali (MIBAC, Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Veneto, circolare 17.04.2012 n. 22/2012).

COMPETENZE PROGETTUALIOggetto: Affidamento incarichi tecnici per ingegneri e architetti su beni sottoposti a tutela - Richiesta parere di cui alla nota 2019/07.04.00/4 del 28.02.2012 - Parere di competenza (MIBAC, nota 03.04.2012 n. 9974 di prot.).

marzo 2012

COMPETENZE PROGETTUALIGeometri, competenze limitate. Professioni. Un lodo arbitrale ribadisce il divieto di incarico per opere in cemento armato. Il contratto «esorbitante» è nullo e la parcella diventa inesigibile.
IL FASCICOLO/ Al tecnico era stata commissionata la realizzazione di un chiosco nel parco municipale.

Il progetto redatto da un geometra in un campo esorbitante dalle sue prerogative professionali «è e rimane illegittimo, anche se controfirmato o vistato da un ingegnere e anche se un ingegnere esegua calcoli del cemento armato e diriga le relative opere».
Con questa motivazione, contenuta nel lodo arbitrale 14.03.2012, il Comune di Mezzegra, paese sulle sponde occidentali del Lago di Como, si è visto confermare la nullità dell'incarico di un professionista con il conseguente azzeramento di tutte le pendenze collegate.
Il geometra dal canto suo rivendicava il pagamento del compenso –circa 31 mila euro più interessi– per il progetto preliminare e poi definitivo di un chiosco ad uso commerciale all'interno del parco pubblico del paese, realizzati sulla base di due delibere conformi di Giunta risalenti al 2008. Il contenzioso era sorto dopo che il Comune aveva sospeso la progettazione esecutiva, rifiutandosi di pagare qualsiasi compenso al geometra.
La questione, come al solito, verteva sull'interpretazione dell'articolo 16 del regolamento professionale (Rd 274/1929) che limita la competenza del geometra alla progettazione, direzione e vigilanza di «modeste costruzioni civili» con esclusione di quelle che comportino l'adozione anche parziale di strutture in cemento armato; unica eccezione, la realizzazione di piccole costruzioni accessorie nell'ambito degli edifici rurali o destinati alle industrie agricole che, per la loro destinazione, non comportino pericolo per le persone.
Secondo il collegio arbitrale (presidente Claudio Bocchietti, Daniela Corengia, Sergio Sartori) il divieto di utilizzo del cemento armato per i geometri nelle costruzioni civili è confermato nel Dpr 26/08/1959 che, in accoglimento del ricorso straordinario al Capo dello Stato proposto dall'Ordine degli ingegneri di Venezia, aveva annullato una circolare del ministro dei Lavori pubblici che apriva qualche spiraglio per l'attività dei geometri in questo ambito.
Il collegio ha respinto come infondata anche la comanda del professionista di salvare (il diritto al pagamento per) la progettazione di massima e quella definitiva, dovendosi ritenere illegittima la sola progettazione esecutiva dell'opera in cemento armato: il lodo taccia di nullità l'intero contratto negando «qualunque competenza progettuale» in materia di cementi.
In ultimo, la decisione del collegio respinge anche la domanda residuale di un'azione di arricchimento senza causa (del Comune) poiché il diritto al compenso nascerebbe comunque da una prestazione professionale abusiva.
La decisione del collegio arbitrale lariano si inserisce nel filone giurisprudenziale anche più recente sul punto.
La II Sez. civile della Cassazione, il 2 settembre scorso (sentenza 18038/2011), aveva statuito che il professionista non ha diritto a ottenere il compenso per prestazioni per le quali non è abilitato, anche se queste siano state inserite, non contestate, nella fattura. Stessa decisione nella sentenza 6402 del marzo 2011, che esclude il diritto al compenso se la prestazione non si attiene alla competenza stretta dei geometri, definita dal regolamento professionale.
Secondo il presidente della categoria, Fausto Savoldi, «spesso i giudici non tengono conto che il nostro ordinamento professionale è del 1929, quando il cemento armato era agli albori. I tempi sono cambiati. È diversa la progettazione e sono differenti anche i sistemi di calcolo: ora c'è il computer. Un regolamento di ottant'anni fa non può rispecchiare l'attuale professione. Dobbiamo aggiornare quelle regole. Del resto la legge di stabilità dice che tutte le attività che non sono vietate devono ritenersi libere» (articolo Il Sole 24 Ore dell'11.04.2012).
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Sull'argomento, si legga anche:
la nota 16.04.2012 dell'Avv. Roberto Rossi, resa nei confronti dell'Ordine degli Architetti di Vercelli
l'articolo 18.04.2012 del giornale LA PROVINCIA

COMPETENZE PROGETTUALI: Sulla diatriba circa le competenze progettuali tra geometri ed architetti (Ordine degli Architetti di Bergamo, nota 08.03.2012 n. 20121416 di prot.).

febbraio 2012

COMPETENZE PROGETTUALI: Ingegneri junior abilitati a progettare nelle zone sismiche.
Il Consiglio di stato abilita gli ingegneri e gli architetti junior a operare «in proprio senza collaborare o concorrere con alcuno». Seppure in alcune precise attività.
Con la recente sentenza 09.02.2012 n. 686, infatti, i giudici di Palazzo Spada -Sez. IV- stabiliscono che gli iscritti alla sezione B dell'Albo hanno autonoma capacità progettuale e che questa è estesa alle zone sismiche purché, certo, si operi nell'ambito «di costruzioni civili semplici e con l'utilizzo di metodologie standardizzate». La vicenda prende il via da un progetto di un'abitazione rurale presentato da un ingegnere junior a un comune e al Servizio Sismico della Regione. Il prospetto non era stato autorizzato perché le amministrazioni competenti avevano ritenuto che la progettazione in zona sismica non rientrasse nella sua competenza.
Così l'ingegnere, con il sostegno del Sind.In.Ar 3, il Sindacato nazionale ingegneri juniores e architetti juniores, aveva fatto ricorso al Tar. Il Tribunale regionale, però, ricorrendo in un difetto di forma, aveva rigettato il ricorso. Il Cds seppure partendo dagli stessi principi contenuti nel provvedimento in questione e ricordando le competenze contenute nel dpr 328/01 rispettivamente degli iscritti alle sezioni A e B, sottolinea che l'elencazione delle attività attribuite agli iscritti ai diversi settori delle due sezioni ha il solo scopo di ripartire le competenze, esplicitando quelle maggiormente caratterizzanti la professione.
I giudici di Palazzo Spada, dunque, nella sentenza concordano sull'assenza, nelle norme che disciplinano l'attività degli juniores, di qualsivoglia preclusione alle costruzioni in area sismica e dicono, pur riconoscendo la specificità della progettazione in area sismica, che è necessaria una valutazione caso per caso dei progetti in zona sismica, che tenga conto in concreto dell'opera prevista, delle metodologie di calcolo utilizzate, e che potrà essere tanto più rigida quanto maggiore sia il rischio sismico in cui l'area è classificata.
E in questo caso, dice la sentenza, tale valutazione è del tutto mancata. I giudici di ultimo grado, quindi, hanno accolto l'appello e annullato il diniego obbligando l'amministrazione a ripronunciarsi sul progetto (articolo ItaliaOggi del 16.02.2012).

COMPETENZE PROGETTUALI: I geometri non sono abilitati alla progettazione in aree sismiche salvo che per le “costruzioni civili semplici, con l'uso di metodologie standardizzate” da valutarsi caso per caso.
Il Consiglio di Stato, nella sentenza in esame ha evidenziato come la giurisprudenza amministrativa, ma anche la Suprema Corte di Cassazione hanno più volte chiarito la particolarità e specificità dell’attività di progettazione direzione di lavori, etc, con riferimento ad opere da erigersi in zona sismica. Si è così pervenuti ad una serie di affermazioni, tutte tra loro legate da un comune filo conduttore, volto a valorizzare la specificità di tale attività.
Si è pertanto affermato che:
- “il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta -e quindi se la sua progettazione rientri nella competenza professionale dei geometri, ai sensi dell'art. 16, lett. m, r.d. 11.02.1929 n. 274- consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e l'esecuzione dell'opera comportano e le capacità occorrenti per superarle; a questo fine, mentre non è decisivo il mancato uso del cemento armato (ben potendo anche una costruzione «non modesta» essere realizzata senza di esso), assume significativa rilevanza il fatto che la costruzione sorga in zona sismica, con conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa di cui alla l. 02.02.1974 n. 64, la quale impone calcoli complessi che esulano dalle competenze professionali dei geometri. -Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva dichiarato nullo, ex art. 2231 c.c., il contratto d'opera stipulato da un geometra, ed avente ad oggetto la trasformazione di un fabbricato artigianale fatiscente in un complesso residenziale-.” (Cassazione civile, sez. II, 08.04.2009, n. 8543);
- “la realizzazione di una struttura in cemento armato dalle notevoli dimensioni (tre piani con fondamenta del tutto nuove), per di più localizzata in una zona sismica, non può farsi rientrare nella nozione di "modeste costruzioni civili", per le quali sono abilitati alla progettazione i geometri a tenore dell'art. 16 r.d. 11.02.1929 n. 274.” (Consiglio Stato, sez. V, 30.10.2003, n. 6747);
- “l'acquisizione della relazione geologica non può essere soggetta a valutazioni discrezionali da parte della p.a., essendo essa obbligatoriamente prevista in ciascuna delle fasi della progettazione in zona sismica.” (Consiglio Stato, sez. VI, 23.09.2009, n. 5666).
Escluso quindi che una costruzione in zona sismica possa considerarsi “modesta”, ed escluso quindi che i geometri siano abilitati alla progettazione in dette aree, non pare al Collegio di potere stabilire (siccome sostanzialmente avvenuto nella decisione di primo grado) una equivalenza tra la qualificazione di “non modestia” affermata dalla giurisprudenza e quella di “semplice” individuata ex lege. Ciò, a tacere d’altro, giungerebbe alla illogica conclusione di sovrapporre la preclusione vigente per i geometri a quella asseritamente attingente le categorie juniores, di fatto equiparando queste ultime a quella dei geometri.
Ciò appare conseguenza non voluta dalla legge, tanto più laddove si consideri che, che, a seguito del Decreto del Ministero delle Infrastrutture 14.01.2008 n. 29581 (recante Approvazione delle nuove norme tecniche per le costruzioni), sostanzialmente non esistono più aree del territorio italiano non classificate quali “zone sismiche”, ma soltanto zone a basso rischio sismico.
Se così è, una affermazione “categoriale” assoluta appare non aderente al dato normativo, finendo con l’introdurre un divieto non espressamente previsto ex lege ed al di fuori da un quadro legislativo e regolamentare (ma anche giurisprudenziale) che autorizzi una simile drastica conclusione. Tanto più che è rimasta incontestata la deduzione degli appellanti secondo cui anche per le costruzioni in area sismica può farsi riferimento a metodologie di calcolo standardizzate.
Traendo le conclusioni da quanto sinora rappresentato, il Collegio ha ritenuto che, non sottacendosi la specificità della progettazione in area sismica, la ricorrenza del criterio legittimante previsto ex lege -“costruzioni civili semplici, con l'uso di metodologie standardizzate”- non possa essere aprioristicamente escluso sempre e comunque, allorché si verta nel campo della progettazione e direzione dei lavori in dette aree, e necessiti di una valutazione caso per caso, che tenga conto in concreto dell’opera prevista, delle metodologie di calcolo utilizzate, e che potrà essere tanto più rigida e “preclusiva”, allorché l’area sia classificata con un maggiore rischio sismico.
Tale valutazione deve specificamente riferirsi, di volta in volta, al singolo progetto presentato, con motivazione che, ancorché sintetica, abbia portata “individualizzante” (sia in ipotesi di favorevole delibazione, ovviamente, che in ipotesi di riscontrata preclusione) (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 09.02.2012 n. 686 - massima tratta da www.gazzettaamministrativa.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

gennaio 2012

COMPETENZE PROGETTUALI: Competenze professionali nel settore dell’architettura in caso di interventi su immobili storici e artistici. Dubbi circa la compatibilità con le direttive comunitarie (il Consiglio di Stato rimette alla Corte di giustizia dell’Unione europea, ai sensi dell’art. 267 del TFUE, varie questioni interpretative pregiudiziali).
In materia di disciplina delle competenze professionali degli architetti per le prestazioni sugli immobili di interesse culturale, vanno sottoposti alla Corte di Giustizia dell’Unione europea i seguenti quesiti:
a) se la direttiva comunitaria n. 85/384/CE, nella parte in cui ammette (artt. 10 e 11), in via transitoria, all’esercizio delle attività nel settore dell’architettura i soggetti migranti muniti dei titoli specificamente indicati, non osta a che in Italia sia ritenuta legittima una prassi amministrativa, avente come base giuridica l’art. 52, 2° comma, parte prima del r.d. n. 2537 del 1925, che riservi specificamente taluni interventi sugli immobili di interesse artistico soltanto ai candidati muniti del titolo di "architetto" ovvero ai candidati che dimostrino di possedere particolari requisiti curriculari, specifici nel settore dei beni culturali e aggiuntivi rispetto a quelli genericamente abilitanti l’accesso alle attività rientranti nell’architettura ai sensi della citata direttiva;
b) se in particolare tale prassi può consistere nel sottoporre anche i professionisti provenienti da Paesi membri diversi dall’Italia, ancorché muniti di titolo astrattamente idoneo all’esercizio delle attività rientranti nel settore dell’architettura, alla specifica verifica di idoneità professionale (ciò che avviene anche per i professionisti italiani in sede di esame di abilitazione alla professione di architetto) ai limitati fini dell’accesso alle attività professionali contemplate nell’art. 52, comma secondo, prima parte del Regio decreto n. 2357 del 1925 (massima tratta da www.regione.piemonte.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, ordinanza 27.01.2012 n. 386 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2011

COMPETENZE PROGETTUALINella competenza all’autorizzazione dei progetti delle opere eseguite sugli edifici soggetti a vincolo culturale rientra anche quella alla verifica dell’idoneità professionale del progettista.
Pertanto, è legittimo che la Soprintendenza rifiuti la valutazione dei progetti relativi ad un intervento di manutenzione di un edificio tutelato in quanto redatti da un ingegnere e non da un architetto abilitato, regolarmente iscritto al relativo albo professionale.

Alberto Maria ... ha conseguito la laurea in ingegneria civile presso l’Università di Padova nel 1973 e, abilitato all’esercizio della professione, opera da molti anni nel settore.
Con provvedimento del 21.04.2010 la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Vicenza, Verona e Rovigo ha rifiutato la valutazione dei progetti relativi ad un intervento di manutenzione di un edificio tutelato in quanto redatti dal ... e, dunque, da un ingegnere e non da un architetto abilitato, regolarmente iscritto al relativo albo professionale ed in considerazione di alcune carenze documentali, segnatamente riferite alla relazione tecnica ed alla descrizione dei serramenti previsti.
...
Privo di pregio si palesa il primo motivo di ricorso, con il quale la difesa di parte ricorrente ha dedotto la violazione della direttiva CEE n. 85/384 e del d.lgs. n. 129 del 1992, in considerazione della piena equiparazione dei titoli di ingegnere civile e di architetto ai fini dell’accesso alle attività nel campo dell’architettura, quanto meno in relazione ai titoli conseguiti in epoca antecedente alla direttiva in argomento e presi in considerazione dal legislatore comunitario ai fini della parificazione.
Come chiarito, infatti, dalla consolidata giurisprudenza del giudice d’appello, gli artt. 2 e segg. della direttiva comunitaria sopra citata dettano le norme per il reciproco riconoscimento dei titoli di studio conseguiti dai cittadini degli Stati membri a conclusione di studi universitari riguardanti l'architettura, introducendo anche un regime transitorio di reciproco riconoscimento di taluni titoli tassativamente indicati (cfr., ex multis, Cons. St., sez. VI, 11.09.2006, n. 5239).
La stessa Corte di Giustizia delle Comunità Europee ha affermato che la direttiva in argomento non ha attuato nell’ordinamento interno alcuna equiparazione dei titoli di ingegnere civile e di architetto ai fini dell’esercizio delle attività professionali nel campo dell’architettura.
Con ordinanza del 05.04.2004, infatti, la Corte ha evidenziato che "la Direttiva 85/384 non si propone di disciplinare le condizioni di accesso alla professione di architetto, né di definire la natura delle attività svolte da chi esercita tale professione"; ma ha invece ad oggetto solamente "il reciproco riconoscimento, da parte degli Stati membri, dei diplomi, dei certificati e degli altri titoli rispondenti a determinati requisiti qualitativi e quantitativi minimi in materia di formazione allo scopo di agevolare l'esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi per le attività del settore della architettura...".
In definitiva, secondo la Corte, la direttiva non impone allo Stato membro di porre i diplomi di laurea in architettura e in ingegneria civile indicati all'art. 11 su un piano di perfetta parità per quanto riguarda l'accesso alla professione di architetto in Italia; né tantomeno può essere di ostacolo ad una normativa nazionale che riservi ai soli architetti i lavori riguardanti gli immobili d'interesse storico-artistico sottoposti a vincolo.
Alla stregua delle conclusioni formulate dalla Corte deve dunque ritenersi infondata la tesi di parte ricorrente, secondo cui la disposizione dell'art. 52 R.D. cit. sarebbe in contrasto con la direttiva comunitaria.
Per completezza di analisi si evidenzia, inoltre, che nella competenza all’autorizzazione dei progetti delle opere eseguite sugli edifici soggetti a vincolo culturale rientra anche quella alla verifica dell’idoneità professionale del progettista (Cons. St., sez. VI, 11.09.2006, n. 5239) (TAR Veneto, Sez. II, sentenza 14.12.2011 n. 1833 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALI: Oggetto: competenze professionali dei geometri (Collegio dei Geometri di Bergamo, nota 02.12.2011 n. 2507 di prot.).
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La nota de qua è resa in risposta alla nota 23.11.2011 n. 20115159 di prot. dell'Ordine degli Architetti di Bergamo.

COMPETENZE PROGETTUALI: OGGETTO: Competenze professionali architetti, ingegneri e geometri (Ordine degli Architetti di Bergamo, nota 23.11.2011 n. 20115159 di prot.).
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All'interno della nota de qua il comunicato della Consulta Regionale Lombarda degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della Lombardia relativamente "alla richiesta di chiarimento circa i comportamenti da adottare -quali componenti di Commissione Edilizia, o di Funzionari di Ufficio Tecnico Comunale- a fronte di progetti di costruzioni civili con strutture in cemento armato".

COMPETENZE PROGETTUALI: La direzione dei lavori delle opere stradali è riservata alla categoria degli ingegneri.
Gli articoli 51 e 52 del R.D. n. 2537/1925 riservano alla comune competenza di architetti e ingegneri le sole opere di edilizia civile, mentre rimane riservata alla competenza generale degli ingegneri la progettazione di costruzioni stradali, opere igienico-sanitarie, impianti elettrici, opere idrauliche, operazioni di estimo, estrazione di materiali, opere industriali.
Se la progettazione dei lavori è rimessa, secondo l’ordine delle competenze professionali di cui si è detto, alla categoria degli ingegneri anche la direzione dei lavori deve essere affidata per quelle opere alla stessa categoria.

Con il ricorso in epigrafe, l’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Parma si duole dell’asserita illegittimità della determinazione dirigenziale, con la quale la funzione di direttore lavori, nell’ambito delle opere di adeguamento della strada provinciale SP12, comprendente la rettifica del tracciato e il suo ampliamento (pari a € 2.054.638,46), è stata affidata ad un architetto, il dirigente del settore U.T.C. Assetto del territorio del Comune di Fidenza, arch. Gilioli.
...
In particolare, gli articoli 51 e 52 del R.D. n. 2537/1925, confermato nella sua piena vigenza e nel suo contenuto dall’art. 1 comma 2 del d.lgs. 129/1992 (di attuazione, tra l’altro, della direttiva Cee n. 384/85), riservano alla comune competenza di architetti e ingegneri le sole opere di edilizia civile, mentre rimane riservata alla competenza generale degli ingegneri la progettazione di costruzioni stradali, opere igienico-sanitarie, impianti elettrici, opere idrauliche, operazioni di estimo, estrazione di materiali, opere industriali.
Né può valere l’obiezione per cui, per la direzione dei lavori delle opere stradali, varrebbe una diversa regola rispetto a quella valevole per la progettazione, in quanto ormai la sede della disciplina della direzione dei lavori si trova nel “Codice dei contratti pubblici” (art. 130), atteso che l’art. 130 del d.lgs. 163/2011 manifesta solo una opzione per quanto concerne la direzione dei lavori, da svolgersi preferibilmente all’interno della stazione appaltante, ma non è norma che riguarda il riparto di competenze tra diverse figure professionali, che rimane invece, regolato dal R.D. n. 2537/1925.
Inoltre, l’art. 148 del d.P.R. 207/2010 (regolamento di esecuzione del d.lgs. 163/2011), sancisce che il direttore dei lavori cura che i lavori cui è preposto siano eseguiti a regola d’arte e in conformità del progetto; sembra pertanto logico che se la progettazione dei lavori è rimessa, secondo l’ordine delle competenze professionali di cui si è detto, alla categoria degli ingegneri anche la direzione dei lavori deve essere affidata per quelle opere alla stessa categoria.
Né può essere accolta la tesi comunale, in base alla quale la distinzione delle competenze tra architetti e ingegneri, in quanto disciplinata da una norma regolamentare (R.D. n. 2357/1925), sarebbe modificabile da regolamenti successivi dei singoli enti locali, e ciò per due ordini di motivi: in primo luogo, in ragione della circostanza per cui il citato R.D., pur non essendo una norma di rango legislativo primario, è fonte sovraordinata rispetto ai regolamenti degli enti locali e, in secondo luogo, in quanto il riparto delle competenze tra le due figure professionali ivi fissato è stato cristallizzato, come detto, dal d.lgs. 129/1992, che agli articoli 1 e 2 ha attribuito una specifica riserva a favore degli ingegneri per quanto concerne la progettazione di opere viarie non connesse con opere di edilizia civile, qual è all’evidenza l’opera pubblica in parola (TAR Emilia Romagna-Parma, sentenza 09.11.2011 n. 389 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALIIl potere spettante alla Soprintendenza ai sensi dell'art. 18 L. n. 1089/1939 di autorizzare i progetti delle opere concernenti i beni sottoposti alla legge stessa, che mira ad assicurare la conformità dell'intervento alla salvaguardia del valore storico-artistico del bene, non può non estendersi anche alla verifica della idoneità professionale del progettista (come stabilita dal legislatore).
● La ripartizione delle competenze professionali tra architetto e ingegnere, come delineata nel citato art. 52, R.D. n. 2537/1925, non è venuta meno per effetto della normativa successiva che ha innovato la disciplina per il conseguimento del titolo di architetto e di ingegnere.
È bensì vero, infatti, che nel 1925 per conseguire tali titoli era sufficiente il semplice diploma di istruzione secondaria (e non già il diploma di laurea), e che nell'attuale ordinamento universitario il laureato in ingegneria civile deve avere acquisito una specifica preparazione anche nel campo dell'architettura, talché potrebbe ritenersi ormai anacronistica la limitazione posta dal citato art. 52 alla competenza professionale dell'odierno laureato in ingegneria, e in ogni caso meritevole di essere adeguata alla mutata disciplina delle professioni di architetto e di ingegnere civile.
Nondimeno la norma in questione, nella misura in cui vuole garantire che a progettare interventi edilizi su immobili di interesse storico-artistico siano professionisti forniti di una specifica preparazione nel campo delle arti, e segnatamente di una adeguata formazione umanistica, deve ritenersi tuttora vigente.
● Non sussiste l’incostituzionalità dell’art. 52, comma 2, del R.D. n. 2357/1925 in quanto “il principio di uguaglianza deve ritenersi nella specie rispettato atteso che, gli architetti in ragione dello specifico corso di laurea che sono tenuti a percorrere e della conseguente professionalità (e sensibilità) artistica ed estetica che acquisiscono devono ritenersi più idonei (rispetto agli ingegneri) a tutelare l’interesse pubblico connesso alla tutela dei beni artistici e storici e quindi a redigere i progetti di restauro e ripristino degli edifici che si caratterizzano per la loro valenza culturale”.
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● L’art. 52 del R.D. n. 2537/1925 che recita: "Formano oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad esse relative. Tuttavia le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico ed il restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla L. 20.06.1909, n. 364, per l'antichità e le belle arti, sono di spettanza della professione di architetto; ma la parte tecnica ne può essere compiuta tanto dall'architetto quanto dall'ingegnere".
La giurisprudenza ha già chiarito che la terminologia usata dal Legislatore del 1925 deve essere considerata in senso atecnico, e non può essere riferita alle specifiche categorie di interventi sul patrimonio edilizio esistente poi codificate dall'art. 31 della legge 05.08.1978, n. 457 e oggi recepite nell'art. 3 del D.P.R. 06.06.2001, n. 380.
L'espressione "restauro e ripristino" va quindi intesa in senso omnicomprensivo, come relativa a qualsiasi attività di recupero di una struttura edilizia assoggettata a vincolo storico artistico.
Inoltre, la norma distingue nettamente tra “le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico” ed “il restauro ed il ripristino degli edifici contemplati dalla legge 20.06.1909 n. 364” (ora R.D. n. 1089/1939).
● Il Consiglio di Stato ha chiarito che la nozione di “opere di edilizia civile che presentano rilevante interesse artistico” si riferisce sia alle nuove opere, sia agli interventi su opere già esistenti (consistenti quindi in manutenzioni, ristrutturazioni, ecc.), effettuate su immobili non assoggettati a vincolo storico artistico.
Ne consegue che per sussistere la riserva di competenza degli architetti nella progettazione di interventi su immobili non soggetti a vincolo storico artistico, deve ricorrere il presupposto costituito dal “rilevante” interesse artistico dell’intervento.
Infine, l’art. 52 attribuisce alla competenza dell'ingegnere civile la cd. parte tecnica, cioè «le attività progettuali e di direzione dei lavori che riguardano l'edilizia civile vera e propria ...».
Pertanto, secondo l’interpretazione della norma fornita dalla giurisprudenza, le cui affermazioni sono condivise dal Collegio, la riserva di competenza degli architetti sussiste per ogni tipologia di intervento su immobili gravati da vincolo storico artistico ai sensi della L. 1089/1939 (oggi D.Lgs. 42/2004), ad eccezione delle attività propriamente tecniche di edilizia civile per le quali lo stesso art. 52 prevede la competenza anche degli ingegneri; la competenza degli architetti, poi, si estende anche agli interventi realizzati su immobili non assoggettati a vincolo storico artistico quando presentino “rilevante interesse artistico”.
● I progetti di intervento sui beni vincolati devono essere sottoscritti da un architetto, potendosi prevedere l’intervento dell’ingegnere soltanto per ciò che concerne la sola parte tecnica, ma con la necessaria ed imprescindibile stretta collaborazione con l’architetto e dunque mediante la sottoscrizione congiunta del progetto da parte dei due professionisti.

Con il ricorso R.G. 10073/1998 i ricorrenti hanno impugnato il provvedimento del 25.05.1998 con il quale la Soprintendenza per i Beni Ambientali ed Architettonici di Verona ha reso noto ai Consigli dell’Ordine degli Architetti e degli Ingegneri e al Collegio dei Geometri delle Province limitrofe (Verona, Vicenza, Rovigo, Trento e Bolzano) che dalla data di adozione dell’atto non avrebbe più esaminato i progetti di restauro di immobili di interesse storico artistico se non sottoscritti da un architetto in conformità alle disposizioni di cui all’art. 52 del R.D. 22.10.1925 n. 2537 bensì avrebbe esaminato i progetti cofirmati, ove l’intervento richiedesse ambiti di competenza diversi.
Con il successivo ricorso R.G. 9247/1999 i ricorrenti hanno impugnato il provvedimento del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, con il quale è stata ribadita la vigenza dell’art. 52 del R.D. n. 2537 del 1925 e la conseguente competenza esclusiva degli architetti in materia di immobili vincolati ai sensi della L. 1089/1939.
Avverso detti provvedimenti i ricorrenti –rispettivamente il Consiglio dell’Ordine degli Ingegneri di Verona e gli Ingegneri Montresor Giovanni, Rubinelli Gaetano, Sartori Alberto Maria, Zocca Mario– hanno dedotto, in estrema sintesi:
a) che l’Amministrazione non potrebbe esimersi dall’esaminare i progetti facendo riferimento soltanto alla qualifica del progettista;
b) che la norma dell’art. 25 del R.D. n. 2537/1925 sarebbe stata superata dalla legislazione successiva, ed in particolare dall’art. 173 del R.D. 31.08.1933 n. 1592 e dalla tabella L annessa a tale decreto;
c) che la norma di cui all’art. 25 del R.D. n. 2537/1925 sarebbe stata superata dalla direttiva comunitaria n. 85/384 recepita con L. n. 129/1992;
d) che l’art. 25 del R.D. n. 2537/1925 sarebbe stato falsamente interpretato, in quanto detta disposizione non precluderebbe agli ingegneri di firmare progetti su immobili di interesse storico artistico, ove riguardanti la sola parte tecnica e non quella tipicamente artistica, ovvero riguardanti immobili soggetti a vincoli diversi da quelli previsti dall’attuale L. 1089/39, unica normativa richiamata nell’art. 25 del R.D. n. 2537/1925, ovvero riguardanti interventi differenti dal restauro e ripristino, uniche attività individuate nella norma.
I primi tre punti sono stati compiutamente esaminati dalla giurisprudenza, le cui conclusioni sono pienamente condivise dal Collegio (Cons. Stato Sez. VI 11/09/1906 n. 5239; TAR Lombardia Sez. Brescia 24/08/2004 n. 925; Cons. Stato Sez. VI 16/05/2006 n. 2776; TAR Sardegna Cagliari, sez. I, 03.01.2005, n. 2; TAR Veneto Sez. II 28/01/2005 n. 381).
In particolare, con riferimento al primo aspetto, il Consiglio di Stato con la decisione della Sez. VI, 11.09.2006, n. 5239, ha chiarito che il potere spettante alla Soprintendenza ai sensi dell'art. 18 L. n. 1089/1939 di autorizzare i progetti delle opere concernenti i beni sottoposti alla legge stessa, che mira ad assicurare la conformità dell'intervento alla salvaguardia del valore storico-artistico del bene, non può non estendersi anche alla verifica della idoneità professionale del progettista (come stabilita dal legislatore), secondo quanto riconosciuto anche in un precedente parere del Consiglio di Stato (Cfr. Cons. St. II, 23.07.1997, n. 386/1997).
Con riferimento al secondo punto, il Consiglio di Stato nella già citata sentenza n. 5239/2006 ha rilevato che “Nella ordinanza n. 2379 dell'11.05.2005, con la quale era stato rimesso alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee di decidere pregiudizialmente sulla interpretazione della direttiva comunitaria n. 384/1985, la Sezione ha già riconosciuto che tale asserita abrogazione non può essere comprovata facendo riferimento al T.U. del 1933 sulla istruzione superiore (art. 173 e tabelle allegate), ove il legislatore si è limitato ad equiparare le lauree di architettura e di ingegneria civile in funzione dell'accesso alla professione di architetto; e neppure richiamando la legge 07.12.1961, n. 1264 (art. 15, 3° comma) che, laddove prevede come requisito per ricoprire il ruolo di architetto presso le Soprintendenze il possesso della laurea in architettura o in ingegneria civile, non stabilisce con ciò alcuna equipollenza tra le due lauree ai fini dello svolgimento della attività professionale.
Occorre aggiungere che la ripartizione delle competenze professionali tra architetto e ingegnere, come delineata nel citato art. 52, R.D. n. 2537/1925, non è venuta meno per effetto della normativa successiva che ha innovato la disciplina per il conseguimento del titolo di architetto e di ingegnere.
È bensì vero, infatti, che nel 1925 per conseguire tali titoli era sufficiente il semplice diploma di istruzione secondaria (e non già il diploma di laurea), e che nell'attuale ordinamento universitario il laureato in ingegneria civile deve avere acquisito una specifica preparazione anche nel campo dell'architettura, talché potrebbe ritenersi ormai anacronistica la limitazione posta dal citato art. 52 alla competenza professionale dell'odierno laureato in ingegneria, e in ogni caso meritevole di essere adeguata alla mutata disciplina delle professioni di architetto e di ingegnere civile.
Nondimeno la norma in questione, nella misura in cui vuole garantire che a progettare interventi edilizi su immobili di interesse storico-artistico siano professionisti forniti di una specifica preparazione nel campo delle arti, e segnatamente di una adeguata formazione umanistica, deve ritenersi tuttora vigente
”.
Con riferimento alla terza questione, relativa al superamento della normativa di cui all’art. 25 del R.D. 2537/1925 per effetto della direttiva comunitaria del 10.06.1985 n. 384 che ha equiparato i titoli di architetto e di ingegnere civile ai fini dell'esercizio delle attività professionali nel campo della architettura, il Consiglio di Stato nella già citata decisione n. 5239/2006 ha rilevato che “… gli artt. 2 e segg. della direttiva dettano le norme per il reciproco riconoscimento dei titoli di studio conseguiti dai cittadini degli Stati membri a conclusione di studi universitari riguardanti l'architettura, introducendo anche un regime transitorio di reciproco riconoscimento di taluni titoli tassativamente indicati.
Tra i titoli che beneficiano di tale riconoscimento automatico l'art. 11 menziona per l'Italia:
<<- i diplomi di "laurea in architettura" rilasciati dalle università, dagli istituti politecnici e dagli istituti superiori di architettura di Venezia e di Reggio Calabria, accompagnati dal diploma di abilitazione all'esercizio indipendente della professione di architetto, rilasciato dal ministro della Pubblica Istruzione una volta che il candidato abbia sostenuto con successo, davanti ad un'apposita Commissione, l'esame di Stato che abilita all'esercizio indipendente della professione di architetto (dott. architetto);
- i diplomi di "laurea in ingegneria" nel settore della costruzione civile rilasciati dalle università e dagli istituti politecnici, accompagnati dal diploma di abilitazione all'esercizio indipendente di una professione nel settore dell'architettura, rilasciato dal ministro della Pubblica Istruzione una volta che il candidato abbia sostenuto con successo, davanti ad un'apposita Commissione, l'esame di Stato che lo abilita all'esercizio indipendente della professione (dott. ing. architetto o dott. ing. in ingegneria civile>>.
Con la ordinanza n. 2379 dell'11.05.2005 la Sezione ha rimesso alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee di decidere pregiudizialmente se per effetto della applicazione degli artt. 10 e 11 della Direttiva dovesse ritenersi attuata nell'ordinamento interno la equiparazione anzidetta. Con la stessa ordinanza si sottoponeva alla Corte di Giustizia la prospettazione degli odierni appellanti secondo cui, in difetto di una siffatta equiparazione, la normativa italiana avrebbe potuto dar luogo ad una discriminazione alla rovescia poiché, diversamente dagli ingegneri civili che hanno conseguito il titolo rilasciato in Italia, i soggetti in possesso di un titolo di ingegnere civile rilasciato da altro Stato membro avrebbero accesso (ove tale titolo sia menzionato nell'elenco di cui all'art. 11 della Direttiva) alle attività che in Italia sono riservate agli architetti, ai sensi del ripetuto art. 52 R.D. n. 2537/1925.
Ma alla ordinanza della Sezione la Corte ha risposto trasmettendo la decisione già assunta in fattispecie del tutto identica a quella in esame, nella quale si afferma che <<la Direttiva 85/384 non si propone di disciplinare le condizioni di accesso alla professione di architetto, né di definire la natura delle attività svolte da chi esercita tale professione>>; ma ha invece ad oggetto solamente <<il reciproco riconoscimento, da parte degli Stati membri, dei diplomi, dei certificati e degli altri titoli rispondenti a determinati requisiti qualitativi e quantitativi minimi in materia di formazione allo scopo di agevolare l'esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi per le attività del settore della architettura...>>.
In definitiva, secondo la Corte, la direttiva non impone allo Stato membro di porre i diplomi di laurea in architettura e in ingegneria civile indicati all'art. 11 su un piano di perfetta parità per quanto riguarda l'accesso alla professione di architetto in Italia e tantomeno può essere di ostacolo ad una normativa nazionale che riservi ai soli architetti i lavori riguardanti gli immobili d'interesse storico-artistico sottoposti a vincolo.
Alla stregua delle conclusioni formulate dalla Corte deve dunque ritenersi infondata la tesi degli appellanti secondo cui la disposizione dell'art. 52 R.D. cit. sarebbe stata superata dalla direttiva comunitaria.
Residua il problema, prospettato nella stessa pronuncia della Corte di Giustizia, se la disposizione in questione per effetto della direttiva comunitaria realizzi una discriminazione vietata dal diritto nazionale in relazione al trattamento che sarebbe riservato a chi è in possesso di uno dei titoli di ingegneria civile elencati all'art. 11 della direttiva; e se dunque possa essere sospettata di illegittimità costituzionale per contrasto con gli artt. 3, 35 e 41 Cost. secondo quanto sostenuto dalle parti appellanti.
Ma siffatti dubbi non hanno ragion d'essere ove si consideri che la stessa Corte di Giustizia ritiene che la direttiva non imponga allo Stato membro di porre su un piano di perfetta parità i diplomi di laurea in architettura e in ingegneria civile per quanto riguarda l'accesso all'attività di architetto in Italia
” (così testualmente Cons. Stato Sez. VI 11/09/2006 n. 5239).
Del resto sul punto si era già pronunciato il TAR Veneto Sez. II 28/01/2005 n. 381 che nel richiamare il proprio precedente n. 1089/1999 ed il parere del Consiglio di Stato n. 386 del 1997, ha rilevato che non sussiste l’incostituzionalità dell’art. 52, comma 2, del R.D. n. 2357/1925 in quanto “il principio di uguaglianza deve ritenersi nella specie rispettato atteso che, gli architetti in ragione dello specifico corso di laurea che sono tenuti a percorrere e della conseguente professionalità (e sensibilità) artistica ed estetica che acquisiscono devono ritenersi più idonei (rispetto agli ingegneri) a tutelare l’interesse pubblico connesso alla tutela dei beni artistici e storici e quindi a redigere i progetti di restauro e ripristino degli edifici che si caratterizzano per la loro valenza culturale”.
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Resta da esaminare l’ultimo aspetto, più prettamente connesso con lo specifico contenuto del provvedimento impugnato con il ricorso R.G. 10073/1998.
I ricorrenti sostengono, infatti, che la Soprintendenza avrebbe mal interpretato la norma dell’art. 52 del R.D. n. 2537/1925 che recita: "Formano oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad esse relative. Tuttavia le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico ed il restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla L. 20.06.1909, n. 364, per l'antichità e le belle arti, sono di spettanza della professione di architetto; ma la parte tecnica ne può essere compiuta tanto dall'architetto quanto dall'ingegnere".
La giurisprudenza ha già chiarito che la terminologia usata dal Legislatore del 1925 deve essere considerata in senso atecnico, e non può essere riferita alle specifiche categorie di interventi sul patrimonio edilizio esistente poi codificate dall'art. 31 della legge 05.08.1978, n. 457 e oggi recepite nell'art. 3 del D.P.R. 06.06.2001, n. 380.
L'espressione "restauro e ripristino" va quindi intesa in senso omnicomprensivo, come relativa a qualsiasi attività di recupero di una struttura edilizia assoggettata a vincolo storico artistico (cfr. TAR Sardegna Sez. I 24/10/2009 n. 1559).
Inoltre, la norma distingue nettamente tra “le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico” ed “il restauro ed il ripristino degli edifici contemplati dalla legge 20.06.1909 n. 364” (ora R.D. n. 1089/1939).
Se non possono sussistere dubbi in merito all’identificazione della seconda categoria, trattandosi evidentemente di immobili sottoposti a vincolo storico-artistico, più complessa è l’identificazione della prima.
Il Consiglio di Stato, nella decisione della Sez. VI 30/04/2002 n. 2303, ha chiarito che la nozione di “opere di edilizia civile che presentano rilevante interesse artistico” si riferisce sia alle nuove opere, sia agli interventi su opere già esistenti (consistenti quindi in manutenzioni, ristrutturazioni, ecc.), effettuate su immobili non assoggettati a vincolo storico artistico.
Ne consegue che per sussistere la riserva di competenza degli architetti nella progettazione di interventi su immobili non soggetti a vincolo storico artistico, deve ricorrere il presupposto costituito dal “rilevante” interesse artistico dell’intervento.
Infine, l’art. 52 attribuisce alla competenza dell'ingegnere civile la cd. parte tecnica, cioè «le attività progettuali e di direzione dei lavori che riguardano l'edilizia civile vera e propria ...» (Consiglio Stato, sez. VI, 11.09.2006, n. 5239).
Pertanto, secondo l’interpretazione della norma fornita dalla giurisprudenza, le cui affermazioni sono condivise dal Collegio, la riserva di competenza degli architetti sussiste per ogni tipologia di intervento su immobili gravati da vincolo storico artistico ai sensi della L. 1089/1939 (oggi D.Lgs. 42/2004), ad eccezione delle attività propriamente tecniche di edilizia civile per le quali lo stesso art. 52 prevede la competenza anche degli ingegneri; la competenza degli architetti, poi, si estende anche agli interventi realizzati su immobili non assoggettati a vincolo storico artistico quando presentino “rilevante interesse artistico”.
Ne consegue che il provvedimento impugnato, che riguarda specificatamente i “beni immobili di interesse artistico-storico” e che richiede per i progetti di restauro di detti beni la sottoscrizione di un architetto, in conformità a quanto previsto dall’art. 25 del R.D. n. 2537/1925, è immune dai vizi denunciati.
Il provvedimento della Soprintendenza, nel richiamare l’art. 52 del R.D. n. 2537/1925, implicitamente riconosce l’ambito di competenza degli ingegneri –per quanto concerne la parte tecnica dell’intervento– prevedendo, infatti, la disamina dei progetti cofirmati.
Come ha correttamente rilevato il Ministero nel provvedimento impugnato con il ricorso RG. 9247/1999, richiamando il parere del Consiglio di Stato n. 382/1997, i progetti di intervento sui beni vincolati devono essere sottoscritti da un architetto, potendosi prevedere l’intervento dell’ingegnere soltanto per ciò che concerne la sola parte tecnica, ma con la necessaria ed imprescindibile stretta collaborazione con l’architetto e dunque mediante la sottoscrizione congiunta del progetto da parte dei due professionisti
(TAR Lazio-Roma, Sez. II-quater, sentenza 17.10.2011 n. 7997 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROFESSIONALI: Lottizzazione e ruolo del notaio.
Pure essendo il notaio tenuto, quale professionista, ad una prestazione di mezzi e comportamento e non di risultato l'opera di cui è richiesto non si riduce al mero compito di accertamento della volontà delle parti e di direzione della compilazione dell'atto, ma si estende a quelle attività preparatorie e successive necessarie perché sia garantita la serietà e certezza dell'atto da rogarsi ed in particolare la sua attitudine ad assicurare il conseguimento dello scopo tipico di esso e del risultato pratico voluto dalle parti (tratto da www.lexambiente.it - Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 07.10.2011 n. 36413).

COMPETENZE PROGETTUALI: Competenze dei geometri in materia edilizia.
A norma dell'art. 16, lett. m), del R.D. 11.02.1929 n. 274, e come si desume anche dalle leggi 05.11.1971 n. 1086 e 02.02.1974 n. 64, che hanno rispettivamente disciplinato le opere in conglomerato cementizio e le costruzioni in zone sismiche, nonché dalla legge 02.03.1949 n. 144 (recante la tariffa professionale), esula dalla competenza dei geometri la progettazione di costruzioni civili con strutture in cemento armato, trattandosi di attività che, qualunque ne sia l'importanza, è riservata solo agli ingegneri ed architetti iscritti nei relativi albi professionali. Solo le opere in cemento armato relative a piccole costruzioni accessorie rientrano nella competenza dei geometri, risultando ininfluente che il calcolo del cemento armato sia stato affidato ad un ingegnere o ad un architetto (2).
La competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l'adozione -anche parziale- di strutture in cemento armato; solo in via di eccezione si estende anche a queste strutture, a norma della lett. l) del medesimo articolo 16, R.D. n. 274/1929, purché si tratti di piccole costruzioni accessorie nell'ambito di edifici rurali o destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone. Per il resto, la suddetta competenza è comunque esclusa nel campo delle costruzioni civili ove si adottino strutture in cemento armato, la cui progettazione e direzione, qualunque ne sia l'importanza è pertanto riservata solo agli ingegneri ed architetti iscritti nei relativi albi professionali (3).
E’ legittimo il provvedimento di annullamento, in via di autotutela, di una concessione edilizia per la demolizione di un fabbricato (e la sua ricostruzione, con nuova destinazione d'uso residenziale e commerciale), per l'incompetenza del geometra progettista, sia sotto il profilo dell'entità della costruzione, atteso che la competenza dei geometri è limitata alla progettazione di modeste costruzioni civili, sia sotto il profilo della necessità del rispetto delle prescrizioni antisismiche; il contratto con il quale viene affidata a un geometra la progettazione di una costruzione civile in cemento armato è comunque nullo, indipendentemente dalle dimensioni eventualmente ridotte dell'opera o dalla circostanza che il compito, su richiesta dell'incaricato, è poi svolto da un ingegnere o architetto.
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(1) V. per tutte TAR Campania-Napoli, sez. III, 01.12.2008 n. 20723.
(2-3) Giurisprudenza costante: v. Cass. civ., sez. II, 07.09.2009 n. 19292; id., 08.04.2009 n. 8543; 25.05.2007 n. 12193; Cons. Stato, sez. V, 28.04.2011 n. 2537, id., sez. IV, 05.09.2007 n. 4652, Cass. pen., sez. III, 26.09.2000
(massima tratta da www.regione.piemonte.it -
TAR Lazio-Roma, Sez. II-bis, sentenza 03.10.2011 n. 7670 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALI: Esula dalla competenza dei geometri la progettazione di costruzioni civili con strutture in cemento armato, trattandosi di attività che, qualunque ne sia l'importanza, è riservata solo agli ingegneri ed architetti iscritti nei relativi albi professionali.
Solo le opere in cemento armato relative a piccole costruzioni accessorie rientrano nella competenza dei geometri, risultando ininfluente che il calcolo del cemento armato sia stato affidato ad un ingegnere o ad un architetto.
In buona sostanza, la competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l'adozione -anche parziale- di strutture in cemento armato; solo in via di eccezione si estende anche a queste strutture, a norma della lett. l) del medesimo articolo 16, R.D. n. 274/1929 cit., purché si tratti di piccole costruzioni accessorie nell'ambito di edifici rurali o destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone.
Per il resto, la suddetta competenza è comunque esclusa nel campo delle costruzioni civili ove si adottino strutture in cemento armato, la cui progettazione e direzione, qualunque ne sia l'importanza è pertanto riservata solo agli ingegneri ed architetti iscritti nei relativi albi professionali; sotto tale angolazione deve escludersi che le innovazioni introdotte nei programmi scolastici degli istituti tecnici possano ritenersi avere ampliato, mediante l'inclusione tra le materie di studio di alcuni argomenti attinenti alle strutture in cemento armato, le competenze professionali dei medesimi.
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In ordine alle prestazioni ulteriori (comprese in astratto nella competenza dei geometri, affidate loro insieme con quella della progettazione di costruzioni civili in cemento armato), si estende -o meno- la nullità del contratto, secondo che siano strumentalmente connesse con l'edificazione e implichino la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, come la redazione di un piano di lottizzazione, oppure siano autonome e distinte dalla realizzazione delle strutture in cemento armato, come l'individuazione dei confini di proprietà, la costituzione di servitù, lo svolgimento di pratiche amministrative.
Conseguentemente:
a) è legittimo il provvedimento di annullamento, in via di autotutela, di una concessione edilizia per la demolizione di un fabbricato (e la sua ricostruzione, con nuova destinazione d'uso residenziale e commerciale), per l'incompetenza del geometra progettista, sia sotto il profilo dell'entità della costruzione, atteso che la competenza dei geometri è limitata alla progettazione di modeste costruzioni civili, sia sotto il profilo della necessità del rispetto delle prescrizioni antisismiche;
b) il contratto con il quale viene affidata a un geometra la progettazione di una costruzione civile in cemento armato è nullo, indipendentemente dalle dimensioni eventualmente ridotte dell'opera o dalla circostanza che il compito, su richiesta dell'incaricato, è poi svolto da un ingegnere o architetto;
c) è affetto da nullità il contratto di prestazione d'opera che affidi a un geometra calcoli in cemento armato e ciò anche ove il compito, limitatamente a quelle strutture, venga poi svolto da un professionista abilitato, che ne sia stato officiato dall'originario incaricato; è irrilevante, a tali fini, che l'incarico sia distinto per le parti in conglomerato e non sia stato (sub)delegato dal geometra, ma conferito direttamente dal committente stesso a un ingegnere o architetto, in quanto non è consentito neppure al committente scindere dalla progettazione generale quella relativa alle opere in cemento armato poiché non è possibile enucleare e distinguere un'autonoma attività, per la parte di tali lavori, riconducibile ad un ingegnere o ad un architetto (il che appare senz'altro esatto, poiché chi non è abilitato a delineare l'ossatura, neppure può essere ritenuto in grado di dare forma al corpo che deve esserne sorretto);
d) solo le prestazioni accessorie, autonome e distinte dalla realizzazione delle strutture in conglomerato, come l'individuazione dei confini di proprietà, la costituzione di servitù, lo svolgimento di pratiche amministrative, possono farsi rientrare nella competenza dei geometri;
e) è nullo, ex art. 2231 c.c., il contratto d'opera stipulato da un geometra, ed avente ad oggetto la trasformazione di un fabbricato artigianale fatiscente in un complesso residenziale.

Il collegio non intende discostarsi dal consolidato quadro ermeneutico tracciato dalla più recente giurisprudenza civile, amministrativa e penale, cui si rinvia a mente dell'art. 74 c.p.a. (Cass. civ., II, 07.09.2009 n. 19292; id., 08.04.2009 n. 8543; 25.05.2007 n. 12193; Cons. St., V, 26.04.2011 n. 2537; id.,. IV, 05.09.2007 n. 4652; Cass. pen., III, 26.09.2000, secondo cui anche in tali ipotesi sussiste il reato di esercizio abusivo della professione di ingegnere o architetto).
A norma dell'art. 16, lett. m), R.D. 11.02.1929 n. 274, e come si desume anche dalle leggi 05.11.1971 n. 1086 e 02.02.1974 n. 64, che hanno rispettivamente disciplinato le opere in conglomerato cementizio e le costruzioni in zone sismiche, nonché dalla legge 02.03.1949 n. 144 (recante la tariffa professionale), esula dalla competenza dei geometri la progettazione di costruzioni civili con strutture in cemento armato, trattandosi di attività che, qualunque ne sia l'importanza, è riservata solo agli ingegneri ed architetti iscritti nei relativi albi professionali.
Solo le opere in cemento armato relative a piccole costruzioni accessorie rientrano nella competenza dei geometri, risultando ininfluente che il calcolo del cemento armato sia stato affidato ad un ingegnere o ad un architetto.
In buona sostanza, la competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l'adozione -anche parziale- di strutture in cemento armato; solo in via di eccezione si estende anche a queste strutture, a norma della lett. l) del medesimo articolo 16, R.D. n. 274/1929 cit., purché si tratti di piccole costruzioni accessorie nell'ambito di edifici rurali o destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone.
Per il resto, la suddetta competenza è comunque esclusa nel campo delle costruzioni civili ove si adottino strutture in cemento armato, la cui progettazione e direzione, qualunque ne sia l'importanza è pertanto riservata solo agli ingegneri ed architetti iscritti nei relativi albi professionali; sotto tale angolazione deve escludersi che le innovazioni introdotte nei programmi scolastici degli istituti tecnici possano ritenersi avere ampliato, mediante l'inclusione tra le materie di studio di alcuni argomenti attinenti alle strutture in cemento armato, le competenze professionali dei medesimi.
I limiti posti dall'art. 16, lett. m) cit. alla competenza professionale dei geometri:
a) rispondono ad una scelta inequivoca del legislatore, dettata da evidenti ragioni di pubblico interesse, che lascia all'interprete ristretti margini di discrezionalità, attinenti alla valutazione dei requisiti della modestia della costruzione, della non necessità di complesse operazioni di calcolo e dell'assenza di implicazioni per la pubblica incolumità;
b) indicano, di contro, un preciso requisito, ovverosia la natura di annesso agricolo dei manufatti, per le opere eccezionalmente progettabili dai predetti tecnici anche nei casi di impiego di cemento armato.
È pertanto esclusa la possibilità di un'interpretazione estensiva o "evolutiva" di tale disposizione, che, in quanto norma eccezionale, non si presta ad applicazione analogica, non potendosi pervenire ad una diversa conclusione neppure in virtù delle norme -art. 2, L. 05.11.1971 n. 1086 e art. 17, L. 02.02.1974 n. 64- che disciplinano le costruzioni in cemento armato e quelle in zone sismiche, in quanto le stesse richiamano i limiti delle competenze professionali stabiliti per i geometri dalla vigente normativa professionale.
È stata inoltre esclusa l'illegittimità, e quindi la disapplicabilità, delle disposizioni dettate dall'art. 16 R.D. 274/1929, avente natura regolamentare, il quale non contrasta con norme costituzionali o ordinarie, essendo aderente ai criteri della disposizione legislativa cui ha dato attuazione (l'art. 7 L. 24.06.1923 n. 1395) e comportando una razionale delimitazione delle attività professionali consentite ai geometri, in rapporto alla loro preparazione.
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In ordine alle prestazioni ulteriori (comprese in astratto nella competenza dei geometri, affidate loro insieme con quella della progettazione di costruzioni civili in cemento armato), si estende -o meno- la nullità del contratto, secondo che siano strumentalmente connesse con l'edificazione e implichino la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, come la redazione di un piano di lottizzazione, oppure siano autonome e distinte dalla realizzazione delle strutture in cemento armato, come l'individuazione dei confini di proprietà, la costituzione di servitù, lo svolgimento di pratiche amministrative.
Dai su esposti principi si sono tratti i seguenti corollari applicativi:
a) è legittimo il provvedimento di annullamento, in via di autotutela, di una concessione edilizia per la demolizione di un fabbricato (e la sua ricostruzione, con nuova destinazione d'uso residenziale e commerciale), per l'incompetenza del geometra progettista, sia sotto il profilo dell'entità della costruzione, atteso che la competenza dei geometri è limitata alla progettazione di modeste costruzioni civili, sia sotto il profilo della necessità del rispetto delle prescrizioni antisismiche;
b) il contratto con il quale viene affidata a un geometra la progettazione di una costruzione civile in cemento armato è nullo, indipendentemente dalle dimensioni eventualmente ridotte dell'opera o dalla circostanza che il compito, su richiesta dell'incaricato, è poi svolto da un ingegnere o architetto;
c) è affetto da nullità il contratto di prestazione d'opera che affidi a un geometra calcoli in cemento armato e ciò anche ove il compito, limitatamente a quelle strutture, venga poi svolto da un professionista abilitato, che ne sia stato officiato dall'originario incaricato; è irrilevante, a tali fini, che l'incarico sia distinto per le parti in conglomerato e non sia stato (sub)delegato dal geometra, ma conferito direttamente dal committente stesso a un ingegnere o architetto, in quanto non è consentito neppure al committente scindere dalla progettazione generale quella relativa alle opere in cemento armato poiché non è possibile enucleare e distinguere un'autonoma attività, per la parte di tali lavori, riconducibile ad un ingegnere o ad un architetto (il che appare senz'altro esatto, poiché chi non è abilitato a delineare l'ossatura, neppure può essere ritenuto in grado di dare forma al corpo che deve esserne sorretto);
d) solo le prestazioni accessorie, autonome e distinte dalla realizzazione delle strutture in conglomerato, come l'individuazione dei confini di proprietà, la costituzione di servitù, lo svolgimento di pratiche amministrative, possono farsi rientrare nella competenza dei geometri;
e) è nullo, ex art. 2231 c.c., il contratto d'opera stipulato da un geometra, ed avente ad oggetto la trasformazione di un fabbricato artigianale fatiscente in un complesso residenziale.
Da quanto esposto discende che ai fini dell’autorizzazione amministrativa nessun valore legale -o di presupposto legale– avrebbe potuto assumere il progetto di costruzione redatto e sottoscritto da tecnico con qualifica di geometra, considerato che la realizzazione è prevista in conglomerato cementizio (TAR Lazio-Roma, Sez. II-bis, sentenza 03.10.2011 n. 7670 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALI - LAVORI PUBBLICIIn virtù di quanto disposto dall’art. 84, comma 2, del d.lgs. n. 163 del 2006 i componenti di una Commissione giudicatrice in una gara di appalto devono essere in possesso delle capacità tecniche e professionali adeguate all'importanza dell'appalto, tali da poterli considerare "periti peritorum" in relazione ai concreti aspetti sui quali i medesimi devono formulare il loro giudizio, e tale capacità non può che essere desunta dal possesso di un titolo di studio adeguato e da una pregressa esperienza nel settore.
La necessità del possesso in capo ai commissari dei requisiti tecnici e della professionalità necessaria a formulare un giudizio pienamente consapevole, anche in mancanza di una specifica previsione concernente la composizione nel dettaglio della commissione giudicatrice, costituisce un canone ispirato a criteri di logicità e ragionevolezza e riveste la natura di principio immanente nell'ordinamento generale, che risponde ai criteri di rango costituzionale di buon andamento ed imparzialità dell'azione amministrativa. Conseguentemente, è illegittima la Commissione giudicatrice composta da un ingegnere e due geometri sull’assunto che: <<Solo uno dei componenti la commissione, l’ingegnere, rivestiva la qualità di esperto nello specifico settore oggetto dell’appalto, precisando, altresì, che “i due geometri dipendenti dell’amministrazione comunale, invece, non avrebbero potuto progettare ciò su cui erano chiamati ed esprimere il proprio giudizio, non potendo essere considerati esperti nella progettazione di lavori di mitigazione del rischio idrogeologico, nel senso richiesto dall’art. 84, comma 2, del codice dei contratti pubblici, in quanto la valutazione di tale attività richiede competenze che eccedono quanto previsto dall’art. 16 del r.d. 11.02.1929, n. 274, recante il regolamento per la professione di geometra, che stabilisce proprio l’oggetto ed i limiti dell'esercizio di tale professione. In particolare tale regolamento all’art. 16, lett. q), riconosce ai geometri la possibilità di svolgere mansioni di perito comunale, ma solo per le funzioni tecniche ordinarie nei Comuni con popolazione fino a diecimila abitanti, escludendo i progetti di opere pubbliche d'importanza o che implichino la risoluzione di rilevanti problemi tecnici">>.
Alla luce dell’art. 84, comma 2, del d.lgs. n. 163 del 2006 e alla luce del citato regolamento
(ndr: art. 16 del r.d. 11.02.1929, n. 274) regolante i limiti all’esercizio della professione di geometra, poiché la progettazione dei lavori per la mitigazione del rischio idrogeologico costituisce un’ opera pubblica di sostanziale importanza, implicante la risoluzione di problemi tecnici di una certa complessità, due dei membri della commissione, geometri del comune, non avrebbero potuto progettare i lavori in questione e conseguentemente non avrebbero potuto essere considerati esperti nello specifico settore oggetto del contratto e idonei a poter valutare con la dovuta cognizione e preparazione i progetti presentati, perché privi del necessario titolo di studio attestante il possesso delle specifiche competenze tecniche di tipo geomorfologico, geotecniche, geologiche e idrogeologiche e conseguentemente privi dell’esperienza nel settore>>.
● Rilevato che con sentenza TAR Basilicata 17.05.2010, n. 280:
- è stato accolto il ricorso della Riunione temporanea di professionisti (R.T.P. ) Giusti, Spicciarelli, D’Amico, Palma, Di Lucchio, per l’annullamento dell’aggiudicazione definitiva in favore della C & G Engineering s.r.l concernente l’affidamento dell’incarico “per la progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva, direzione lavori e coordinamento sicurezza (d.lgs. 494/1996) in fase di progettazione e di esecuzione e direzione relativamente ai lavori di mitigazione del rischio idrogeologico in località Cornale”;
- è stato accolto il motivo di doglianza relativo al lamentato vizio nella composizione della Commissione giudicatrice, sull’assunto che in virtù di quanto disposto dall’art. 84, comma 2, del d.lgs. n. 163 del 2006 i componenti di una Commissione giudicatrice in una gara di appalto devono essere in possesso delle capacità tecniche e professionali adeguate all'importanza dell'appalto, tali da poterli considerare "periti peritorum" in relazione ai concreti aspetti sui quali i medesimi devono formulare il loro giudizio, e tale capacità non può che essere desunta dal possesso di un titolo di studio adeguato e da una pregressa esperienza nel settore;
- è stato altresì chiarito che: <<la necessità del possesso in capo ai commissari dei requisiti tecnici e della professionalità necessaria a formulare un giudizio pienamente consapevole, anche in mancanza di una specifica previsione concernente la composizione nel dettaglio della commissione giudicatrice, costituisce un canone ispirato a criteri di logicità e ragionevolezza e riveste la natura di principio immanente nell'ordinamento generale, che risponde ai criteri di rango costituzionale di buon andamento ed imparzialità dell'azione amministrativa (in tal senso cfr. Consiglio Stato, sez. V, 18.03.2004, n. 1408)>>;
- è stata quindi ritenuta illegittima la Commissione giudicatrice composta da un ingegnere e due geometri sull’assunto che: <<Solo uno dei componenti la commissione, l’ingegnere, rivestiva la qualità di esperto nello specifico settore oggetto dell’appalto, precisando, altresì, che “i due geometri dipendenti dell’amministrazione comunale, invece, non avrebbero potuto progettare ciò su cui erano chiamati ed esprimere il proprio giudizio, non potendo essere considerati esperti nella progettazione di lavori di mitigazione del rischio idrogeologico, nel senso richiesto dall’art. 84, comma 2, del codice dei contratti pubblici, in quanto la valutazione di tale attività richiede competenze che eccedono quanto previsto dall’art. 16 del r.d. 11.02.1929, n. 274, recante il regolamento per la professione di geometra, che stabilisce proprio l’oggetto ed i limiti dell'esercizio di tale professione. In particolare tale regolamento all’art. 16, lett. q), riconosce ai geometri la possibilità di svolgere mansioni di perito comunale, ma solo per le funzioni tecniche ordinarie nei Comuni con popolazione fino a diecimila abitanti, escludendo i progetti di opere pubbliche d'importanza o che implichino la risoluzione di rilevanti problemi tecnici">>;
- è stato pertanto concluso che <<alla luce dell’art. 84, comma 2, del d.lgs. n. 163 del 2006 e alla luce del citato regolamento regolante i limiti all’esercizio della professione di geometra, poiché la progettazione dei lavori per la mitigazione del rischio idrogeologico costituisce un’ opera pubblica di sostanziale importanza, implicante la risoluzione di problemi tecnici di una certa complessità, due dei membri della commissione, geometri del comune, non avrebbero potuto progettare i lavori in questione e conseguentemente non avrebbero potuto essere considerati esperti nello specifico settore oggetto del contratto e idonei a poter valutare con la dovuta cognizione e preparazione i progetti presentati, perché privi del necessario titolo di studio attestante il possesso delle specifiche competenze tecniche di tipo geomorfologico, geotecniche, geologiche e idrogeologiche e conseguentemente privi dell’esperienza nel settore>>;
● Considerato che anche con sentenza in ottemperanza TAR Basilicata 23.03.2011, n. 221, è stato chiarito che un geometra non potesse far parte della Commissione di gara in questione e ciò era desumibile dall’affermazione che: <<le prestazioni che l’amministrazione intende far salve (progettazione preliminare e definitiva) sono frutto di una attività valutativa invalida, in quanto posta in essere da una Commissione priva della legittimazione a giudicare, poiché composta per due terzi da geometri, che non avevano, in relazione allo specifico oggetto di gara, le competenze tecniche necessarie per potere selezionare i progetti>>;
● Ritenuto, in conclusione, che:
- la formulazione dell’art. 84 del d.lgs. n. 163/2006, anche quando dispone che “La commissione è presieduta di norma da un dirigente della stazione appaltante e, in caso di mancanza in organico, da un funzionario della stazione appaltante incaricato di funzioni apicali, nominato dall’organo competente” non ha inteso privilegiare e dare priorità in senso assoluto al requisito dell'inserimento nell'organico dell'ente appaltante rispetto a quello del titolo di studio, il quale, pertanto, deve comunque essere adeguato rispetto alle prestazioni che dovranno essere valutate in sede di gara;
- tale interpretazione, contrariamente a quanto controdedotto dal Comune intimato, è corroborata dalla formulazione della disposizione in commento la quale, nel prevedere che la Commissione sia “di norma” presieduta da un dipendente della stazione appaltante (dirigente o, in mancanza, da un funzionario apicale), contempla implicitamente la possibilità che in casi eccezionali- quali quella verificatasi nella fattispecie di mancanza di professionalità adeguate nell’organico dell’ente- il Presidente sia scelto tra esperti esterni all’amministrazione;
- secondo un’interpretazione analogica per la nomina di esperti esterni con funzioni di Presidente della Commissione di gara, in caso di mancanza di professionalità adeguate tra i dirigenti o i funzionari in posizione apicale nell’ente, si applicano sempre i criteri dettati dall’art. 84, comma 8, del d.lgs. n. 163/2006;
● Ritenuto, alla luce di tutto quanto sopra esposto:
- che per realizzare pienamente l’effetto conformativo della sentenza e quindi adeguare la situazione di fatto alla situazione di diritto il Comune intimato, stante la carenza in organico di adeguate professionalità, è tenuto a nominare anche il Presidente della Commissione tra professionisti esperti nella progettazione di lavori di mitigazione del rischio idrogeologico, da scegliersi tra gli appartenenti ad una delle seguenti categorie:
a) professionisti, con almeno dieci anni di iscrizione nei rispettivi albi professionali, nell’ambito di un elenco, formato sulla base di rose di candidati fornite dagli ordini professionali;
b) professori universitari di ruolo, nell’ambito di un elenco, formato sulla base di rose di candidati fornite dalle facoltà di appartenenza;
● Considerato, in accoglimento del ricorso che:
- a norma dell’art. 114, comma 4, lett. b), del cod. proc. amm. è dichiarata la nullità della determina 31.05.2011, n. 126, nella parte in cui nomina quale componente, nella qualità di Presidente, della Commissione giudicatrice per la valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa per l’affidamento dei lavori in discorso, nuovamente un geometra nella persona del Responsabile del Settore Tecnico del Comune di Episcopia;
- è assegnato all’Amministrazione resistente il termine di 30 (trenta) giorni decorrenti dalla comunicazione (o notifica) della presente sentenza per conformarsi alla statuizione contenuta nella sentenza, così come chiarito;
- può disporsi sin da ora, per il caso di ulteriore inerzia del Comune intimato, la conferma della nomina di Commissario “ad acta” nella persona del dott. Fabrizio D’Andrea, dirigente a.r. della Regione Basilicata, nato a Roma il 16.04.1940, residente in Lavello al vico 3 Leonardo da Vinci, n. 8, perché, decorsi i termini di adempimento assegnati all’Amministrazione, a semplice richiesta della parte ricorrente adotti tutti gli atti necessari a dare esecuzione, nei sensi sopraindicati, alla sentenza di cui trattasi nel termine di gg. 30 (trenta) decorrenti dalla scadenza di quelli già assegnati all’Amministrazione;
● Ritenuto, infine, che:
- l’istanza di condanna del Comune intimato al pagamento di una somma di denaro per ogni inosservanza successiva o ritardo nell’esecuzione del giudicato a norma dell’art. 114, comma 4, lett. e), è inammissibile in virtù dei principi del giusto processo di cui all’art. 2 del cod. proc. amm., in quanto non contenuta nell’atto introduttivo della presente fase di giudizio, ma formulata per la prima volta all’udienza camerale, alla quale peraltro il Comune non ha partecipato (il che non ha consentito la formazione di un pieno contraddittorio sul punto);
- non può accogliersi la domanda di condanna dell’amministrazione al pagamento di una somma di denaro ex art. 26, comma 2, cod. proc. amm., stante l’assenza di un consolidato orientamento giurisprudenziale sul “dictum” della sentenza oggetto della presente ottemperanza (TAR Basilicata, sentenza 23.09.2011 n. 479 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALIGeometri, niente cemento armato. La Cassazione conferma l'orientamento.
Il geometra non ha diritto al compenso per la progettazione di opere in cemento armato. Infatti nella sua competenza professionale rientrano solo le costruzioni che non richiedono particolari operazioni di calcolo.
Lo ha ribadito la Corte di Cassazione che, con la
sentenza 02.09.2011 n. 18038, ha confermato la decisione presa dalla Corte d'appello di Trieste che aveva escluso il compenso chiesto da un geometra a un'azienda per la costruzione di un centro commerciale (in cemento armato) e per l'attività di coordinamento di un pool.
L'impresa aveva corrisposto al professionista solo una parte della parcella, quella relativa alla direzione dei lavori. Per questo lui l'aveva citata in giudizio. Ma i giudici di Trieste avevano respinto parte delle istanze presentate dal geometra. Dunque il ricorso in Cassazione, quello principale presentato dalla cliente e nel quale si contesta la misura del compenso liquidato dai giudici. E quello incidentale presentato dal geometra che insiste sul diritto al compenso per tutte le attività di progettazione.
La seconda sezione civile del Palazzaccio li ha respinti entrambi. In particolare, confermando la decisione di merito, il Collegio di legittimità ha ricordato che «l'art. 16 rd 11.02.1929 n. 274 ammette la competenza dei geometri per quanto riguarda le costruzioni in cemento armato solo relativamente a opere con destinazione agricola, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per l'incolumità delle persone, mentre per le costruzioni civili che adottino strutture in cemento armato, sia pure modeste, ogni competenza è riservata, ai sensi dell'art. 1 rd 16.11.1939 n. 2229, agli ingegneri e architetti iscritti nell'albo; con le ulteriori precisazioni che tale disciplina professionale non è stata modificata dalla legge 05.11.1971 n. 1086 e 02.02.1974 n. 64, la quale, sia pure senza un esplicito richiamo delle normative si limita a recepire la previgente ripartizione di competenze e che a rendere legittimo in tale ambito un progetto redatto da un geometra non rileva che esso sia controfirmato o visitato da un ingegnere ovvero che un ingegnere esegua i calcoli del cemento armato e diriga le relative opere, perché è il professionista competente che deve essere altresì titolare della progettazione e assumere le conseguenti responsabilità» (articolo ItaliaOggi del 03.09.2011).

COMPETENZE PROGETTUALI: Progettazione di opere viarie - Competenza degli ingegneri - Affidamento della progettazione ad un architetto - Illegittimità - Artt. 51 e 54 R.D. n. 2437/1925.
Ai sensi degli artt. 51-54 del R.D. 23.10.1925, n. 2437, individuanti le rispettive competenze degli ingegneri e degli architetti ed in modo particolare le specifiche prescrizioni che vietano a quest’ultimi la progettazione di opere di urbanizzazione primaria (opere viarie), deve ritenersi precluso agli architetti la progettazione di un tratto di strada comunale, anche se di dimensioni contenute (TAR Veneto, Sez. I, sentenza 08.07.2011 n. 1153 - link a www.ambientediritto.it).

COMPETENZE PROGETTUALIEsula dalla competenza dei geometri la progettazione di costruzioni civili con strutture in cemento armato.
Il Collegio dei geometri di una provincia lombarda ha impugnato il bando di progettazione per la riqualificazione e messa in sicurezza di 5 km di una strada provinciale, nella parte in cui ha riservato l’affidamento della progettazione ai soli ingegneri, architetti e geologi (nella specie la progettazione aveva ad oggetto indagini geognostiche e di prospezione, l’allargamento della strada, le opere di risanamento e consolidamento dei terreni residuati di una roggia, nonché la realizzazione di nove ponti in cemento armato anche precompresso, di cui due in attraversamento alla strada provinciale).
Secondo i ricorrenti i geometri possono progettare (e dirigerne l’esecuzione) opere edilizie in conglomerato cementizio nell’ambito delle loro competenze da individuarsi in chiave evolutiva alla luce delle innovazioni e dello sviluppo della normativa antisismica, delle tecnologie costruttive, dei programmi di studio professionali riservati ai geometri.
Considerando l’appello infondato i giudici del Consiglio di Stato ribadiscono di non voler discostarsi dal consolidato quadro ermeneutico tracciato dalla più recente giurisprudenza civile, amministrativa e penale, cui si rinvia a mente dell’art. 74 c.p.a. (cfr. Cass. civ., sez. II, 07.09.2009, n. 19292; 08.04.2009, n. 8543; 26.07.2006, n. 17028; 22.04.2005, n. 8545; 30.03.2005, n. 6649; Cons. St., sez. IV, 05.09.2007, n. 4652; sez. IV, 22.05.2006, n. 3006; Cass. pen., sez. III, 26.09.2000, Brena, secondo cui anche in tali ipotesi sussiste il reato di esercizio abusivo della professione di ingegnere o architetto).
I giudici di Palazzo Spada segnalano, infatti, che a norma dell’art. 16, lett. m), r.d. 11.02.1929 n. 274, e come si desume anche dalle ll. 05.11.1971 n. 1086 e 02.02.1974 n. 64, che hanno rispettivamente disciplinato le opere in conglomerato cementizio e le costruzioni in zone sismiche, nonché dalla l. 02.03.1949 n. 144 (recante la tariffa professionale), esula dalla competenza dei geometri la progettazione di costruzioni civili con strutture in cemento armato, trattandosi di attività che, qualunque ne sia l’importanza, è riservata solo agli ingegneri ed architetti iscritti nei relativi albi professionali. Solo le opere in cemento armato relative a piccole costruzioni accessorie rientrano nella competenza dei geometri, risultando ininfluente che il calcolo del cemento armato sia stato affidato ad un ingegnere o ad un architetto.
In buona sostanza, la competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l’adozione -anche parziale- di strutture in cemento armato; solo in via di eccezione, si estende anche a queste strutture, a norma della lett. l) del medesimo articolo 16, r.d. n. 274 cit., purché si tratti di piccole costruzioni accessorie nell’ambito di edifici rurali o destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone.
Per il resto, la suddetta competenza è comunque esclusa nel campo delle costruzioni civili ove si adottino strutture in cemento armato, la cui progettazione e direzione, qualunque ne sia l’importanza è pertanto riservata solo agli ingegneri ed architetti iscritti nei relativi albi professionali; sotto tale angolazione deve escludersi che le innovazioni introdotte nei programmi scolastici degli istituti tecnici possano ritenersi avere ampliato, mediante l’inclusione tra le materie di studio di alcuni argomenti attinenti alle strutture in cemento armato, le competenze professionali dei medesimi.
I limiti posti dall’art. 16, lett. m) cit. alla competenza professionale dei geometri:
a) rispondono ad una scelta inequivoca del legislatore, dettata da evidenti ragioni di pubblico interesse, che lascia all’interprete ristretti margini di discrezionalità, attinenti alla valutazione dei requisiti della modestia della costruzione, della non necessità di complesse operazioni di calcolo e dell’assenza di implicazioni per la pubblica incolumità;
b) indicano, d contro, un preciso requisito, ovverosia la natura di annesso agricolo dei manufatti, per le opere eccezionalmente progettabili dai predetti tecnici anche nei casi di impiego di cemento armato.
E’ pertanto esclusa la possibilità di un’interpretazione estensiva o «evolutiva» di tale disposizione, che, in quanto norma eccezionale, non si presta ad applicazione analogica, non potendosi pervenire ad una diversa conclusione neppure in virtù delle norme -art. 2, l. 05.11.1971 n. 1086 e art. 17, l. 02.02.1974 n. 64- che disciplinano le costruzioni in cemento armato e quelle in zone sismiche, in quanto le stesse richiamano i limiti delle competenze professionali stabiliti per i geometri dalla vigente normativa professionale (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 28.04.2011 n. 2537 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALIE' illegittimo il titolo a costruire assentito sul progetto, redatto da un geometra, che preveda strutture in cemento armato, se non siano specificate, con motivazione adeguata, le ragioni per cui le caratteristiche dell'opera e le sue modalità costruttive rientrano nella sfera di competenza professionale del progettista, spettando al g.a. il sindacato sulla valutazione circa l'entità quantitativa e qualitativa della costruzione, al fine di stabilire se la stessa, ancorché prevista con struttura in cemento armato, rientri o meno nella nozione di "modesta costruzione civile", alla cui progettazione è limitata la competenza professionale del geometra, ai sensi degli art. 16 ss. r.d. 274/1929.
Il geometra è sempre abilitato alla progettazione di “modeste costruzioni civili”; e che tale competenza permane anche per le costruzioni a struttura metallica o per quelle che richiedano l’impiego di conglomerato cementizio armato normale o precompresso, a condizione –in questo caso- che persista la qualificazione di edificio civile “modesto".
E' illegittimo il progetto firmato da un geometra per la realizzazione di un grande capannone industriale, poggiante su una fondazione di pali e pilastri in cemento armato e con solai in laterocemento e, comunque, di natura e dimensioni tali da non poter esser definito come una modesta costruzione civile.
In materia di progettazione delle opere private, lo scopo perseguito dalla disciplina legislativa che stabilisce i limiti di competenza dei geometri e periti edili e indica i progetti per i quali è invece necessario l'intervento di un ingegnere o di un architetto (art. 16 r.d. 11.02.1929, n. 275, art. 1 r.d. 16.11.1939 n. 2229, l. 24.06.1923 n. 1395 e r.d. 23.10.1925 n. 2537) consiste non nel garantire una buona qualità delle opere sotto il profilo estetico e funzionale ma unicamente nell'assicurare l'incolumità delle persone; pertanto, per le opere per le quali è prescritto l'intervento di un ingegnere o di un architetto, non è necessario che quest'ultimo abbia ideato il progetto assumendone la paternità, ma è sufficiente che, mediante la sottoscrizione, abbia effettuato la supervisione del progetto stesso elaborato da un geometra o da un perito, assumendone la responsabilità dopo aver verificato l'esattezza di tutti i calcoli statici delle strutture, nonché l'idoneità di tutte le soluzioni tecniche e architettoniche sotto il profilo della tutela della pubblica incolumità.

Il progetto relativo alla costruzione di tre piccole unità immobiliari presentato dal geometra ricorrente si compone di diverse tavole tecnico/progettuali; alcune di queste (ed in particolare, “calcolo balcone, solaio, gradino scala”; “disegno armature, travi di fondazione, pilastri”; “disegno armature travi del 1° e unico impalcato”; “piante degli impalcati, armatura setti; armatura solaio; armatura gradino; armatura setti”) sono redatte da un ingegnere abilitato; invece, il cd. “progetto architettonico” è stato redatto direttamente dal ricorrente, nella qualità di geometra, ed è stato solo sottoscritto “per presa visione” dall’ingegnere.
E’ questa l’anomalia riscontrata dall’Ufficio del Genio civile, che ha negato il rilascio del nulla osta ex art. 18 L. 64/1974 ritenendo che anche quest’ultima tavola avrebbe dovuto essere redatta e sottoscritta da un ingegnere (o, comunque, da un tecnico laureato).
Nel merito il ricorso risulta fondato per la dedotta “violazione e falsa applicazione delle disposizioni contenute nell’art. 17 della L. 64/1974 e negli artt. 2 e 4 della L. 1086/1971 – eccesso di potere per travisamento dei fatti”.
Va premesso che in zona sismica, ai sensi dell’art. 17 della L. 64/1974, possono essere eseguite costruzioni su progetto di ingegneri, architetti, geometri o periti edili iscritti nell'albo, nei limiti delle rispettive competenze. Per delineare, allora, le competenze dei geometri occorre fare riferimento alle norme che disciplinano la specifica figura professionale, e quindi all’art. 16 lett. m del R.D. 274/1929 (Regolamento per la professione di geometra) che contempla chiaramente –tra le varie ipotesi- le attività di “progetto, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili”.
Nei limiti del carattere “modesto” dell’edificio civile, la progettazione può essere eseguita quindi in zona sismica anche da un geometra. Si può aggiungere poi che tale competenza del professionista permane anche –ai sensi dell’art. 2 della L. 1086/1971 (Norme per la disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica), ora ribadito anche dall’art. 64. co. 2, del T.U. Edilizia approvato con D.P.R. 380/2001– nelle ipotesi in cui il progetto (di edificio modesto) preveda l’impiego di cemento armato.
E’ stato in proposito affermato in giurisprudenza che “(…) è dunque illegittimo il titolo a costruire assentito sul progetto, redatto da un geometra, che preveda strutture in cemento armato, se non siano specificate, con motivazione adeguata, le ragioni per cui le caratteristiche dell'opera e le sue modalità costruttive rientrano nella sfera di competenza professionale del progettista, spettando al g.a. il sindacato sulla valutazione circa l'entità quantitativa e qualitativa della costruzione, al fine di stabilire se la stessa, ancorché prevista con struttura in cemento armato, rientri o meno nella nozione di "modesta costruzione civile", alla cui progettazione è limitata la competenza professionale del geometra, ai sensi degli art. 16 ss. r.d. 274/1929.” (Tar Salerno 9772/2010); che “il geometra è sempre abilitato alla progettazione di “modeste costruzioni civili”; e che tale competenza permane anche per le costruzioni a struttura metallica o per quelle che richiedano l’impiego di conglomerato cementizio armato normale o precompresso, a condizione –in questo caso- che persista la qualificazione di edificio civile “modesto”.” (Tar Catania, I, 1253/2010).
Anche il Consiglio di Stato (sezione V, 779/1998) ha posto l’accento sul carattere modesto della costruzione, quale limite alla competenza del geometra, affermando che “è illegittimo il progetto firmato da un geometra per la realizzazione di un grande capannone industriale, poggiante su una fondazione di pali e pilastri in cemento armato e con solai in laterocemento e, comunque, di natura e dimensioni tali da non poter esser definito come una modesta costruzione civile”.
Il Collegio non ignora la sussistenza di un contrario orientamento, manifestato dalla giurisprudenza civile (Cass., II, 17028/2006, e 19292/2009), che ha considerato nulli sul piano civilistico i contratti d’opera professionale stipulati da geometri in quanto aventi ad oggetto la realizzazione di opere in cemento armato. Si tratta, tuttavia, di una ricostruzione del dato normativo non condividibile in quanto non tiene conto del fatto che anche le norme relative alle costruzioni in cemento armato, così come quelle dettate per le zone sismiche, fanno espresso richiamo per relationem alle competenze stabilite dall’ordinamento professionale dei geometri.
Quanto fin qui esposto vale come inquadramento generale della problematica sulla quale si incentra il giudizio.
Deve essere, tuttavia, evidenziato col dovuto risalto il fatto che nel caso a mani sono presenti delle peculiari circostanze di grande rilievo, che conferiscono alla vicenda una specifica singolarità: ci si riferisce al fatto che solo il progetto architettonico –ossia, quello concernente l’aspetto estetico, la collocazione spaziale, e l’immagine dimensionale dell’edificio– è stato redatto da un geometra (e poi sottoscritto “per presa visione” da un ingegnere); mentre tutte le altre tavole progettuali, che potremmo definire come veri “progetti strutturali” (elencate come tavole nn. 4, 5, 6 e 7), sono state regolarmente redatte da un ingegnere. Cioè, in altri termini, non siamo in presenza di un progetto ascritto solo al geometra; ma di una progettazione effettuata a più mani, nella quale l’apporto dell’ingegnere risulta prevalente sul piano quantitativo e tecnico, mentre quello del progettista/geometra è secondario e per certi versi atecnico, essendo limitato a definire l’aspetto esteriore dell’edificio.
Va sottolineato il fatto –dirimente- che tutto ciò che attiene alla sicurezza, staticità e robustezza dell’edificio è stato regolarmente progettato da un tecnico laureato in ingegneria, di guisa che appare giuridicamente irrilevante la circostanza che il geometra abbia semplicemente confezionato l’aspetto esteriore della costruzione, lasciando correttamente all’ingegnere il compito di determinare gli aspetti tecnico/costruttivi del “disegno” proposto.
La predetta conclusione risulta avvalorata anche dalla giurisprudenza (Cons. Stato, V, 83/1999) che ha precisato il ruolo da attribuire, nella progettazione, all’intervento del tecnico laureato: “In materia di progettazione delle opere private, lo scopo perseguito dalla disciplina legislativa che stabilisce i limiti di competenza dei geometri e periti edili e indica i progetti per i quali è invece necessario l'intervento di un ingegnere o di un architetto (art. 16 r.d. 11.02.1929, n. 275, art. 1 r.d. 16.11.1939 n. 2229, l. 24.06.1923 n. 1395 e r.d. 23.10.1925 n. 2537) consiste non nel garantire una buona qualità delle opere sotto il profilo estetico e funzionale ma unicamente nell'assicurare l'incolumità delle persone; pertanto, per le opere per le quali è prescritto l'intervento di un ingegnere o di un architetto, non è necessario che quest'ultimo abbia ideato il progetto assumendone la paternità, ma è sufficiente che, mediante la sottoscrizione, abbia effettuato la supervisione del progetto stesso elaborato da un geometra o da un perito, assumendone la responsabilità dopo aver verificato l'esattezza di tutti i calcoli statici delle strutture, nonché l'idoneità di tutte le soluzioni tecniche e architettoniche sotto il profilo della tutela della pubblica incolumità.” (in termini analoghi Tar Marche Ancona, 1241/2001).
Se dunque il legislatore ha richiesto l’intervento dell’ingegnere (o architetto) al fine di tutelare direttamente la staticità dell’edificio e, indirettamente, la sicurezza pubblica; e se –a tali fini– viene ritenuta sufficiente in giurisprudenza la “ratifica, con assunzione di responsabilità” ad opera di un ingegnere del progetto redatto da un geometra; allora si deve ritenere che –a maggior ragione– sia legittimo ed ammissibile il progetto che un geometra abbia redatto solo per la parte architettonica, allorquando lo stesso contempli gli elaborati tecnico strutturali firmati tutti da un ingegnere.
Né d’altra parte si può concordare con la difesa dell’Amministrazione resistente, laddove dichiara l’inammissibilità della figura di un ingegnere mero “calcolista” che affianchi il progettista senza assumersi la responsabilità della progettazione e dell’esecuzione (v. memoria Avvocatura Stato del 20.10.2009): come si è già evidenziato, nel caso in esame l’ingegnere non è intervenuto con una forma di supporto collaterale ed interno limitato ai soli calcoli delle strutture in cemento armato, ma si è direttamente assunto, anche verso l’esterno, la responsabilità di tutti i progetti tecnici sottoscritti, che altro non sono se non una traduzione in termini tecnici del progetto esteriore confezionato dal geometra (TAR Sicilia-Catania, Sez. I, sentenza 22.04.2011 n. 1022 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROFESSIONALI: Oggetto: Competenze professionali (Consiglio Nazionale dei Periti Industriali e dei Periti Industriali Laureati, circolare 14.04.2011 n. 22/2011).

COMPETENZE PROGETTUALI: Geometri senza cemento armato. Fanno eccezione le costruzioni rurali o relative a industrie agricole di modesta entità.
Per i geometri il cemento armato resta "bandito". La Corte di cassazione non ha dubbi in proposito e, pur pronunciandosi su una vicenda risalente al 1992, ribadisce la netta demarcazione tra le competenze degli ingegneri e quelle dei geometri.
Scrivono i giudici della Corte di Cassazione, Sez. II civile, nella sentenza 21.03.2011 n. 6402, basandosi sul quadro normativo di riferimento per le professioni tecniche (il r.d. 274 del 1929 e il r.d. 2229 del 1939): «La competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l'adozione anche parziale di strutture di cemento armato».
L'intervento dei geometri, quando è necessario utilizzare il cemento armato, è possibile, in via eccezionale, solo quando si tratta di «piccole costruzioni accessorie nell'ambito degli edifici rurali o destinati alle industrie agricole che non richiedono particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone».
Nel caso sottoposto alla Cassazione, il progetto riguardava un edificio industriale, composto da un capannone prefabbricato con un solo piano nella parte destinata a laboratorio e due piani nella parte destinata agli uffici. Dunque, una «struttura architettonica complessa» per la quale non può riconoscersi un ruolo di progettazione, direzione e vigilanza a un geometra. Neppure se interviene insieme al geometra un altro professionista –un ingegnere– che rediga insieme al primo il progetto ed effettui la direzione dei lavori.
 «È il caso di ricordare –precisa, infatti, la Cassazione– che nell'ambito della disciplina normativa, dalla quale emerge una chiara ripartizione di competenze tra geometri e altri professionisti in riferimento alla progettazione e alla direzione di opere relative a costruzioni ed edifici, trova fondamento l'orientamento giurisprudenziale di questa corte, dal quale non vi sono ragioni per discostarsi, secondo cui la progettazione e la direzione di opera da parte di un geometra in materia riservata alla competenza professionale degli ingegneri e degli architetti sono illegittime, cosicché a rendere legittimo un progetto redatto da un geometra non rileva che esso sia stato controfirmato o vistato da un ingegnere ovvero che un ingegnere esegua i calcoli del cemento armato e diriga le relative opere, perché è il professionista competente che deve essere, altresì, titolare della progettazione, trattandosi di incombenze che devono essere inderogabilmente affidate dal committente al professionista abilitato secondo il proprio statuto professionale, sul quale gravano le relative responsabilità».
In definitiva per la Cassazione (che ha confermato la sentenza d'appello) quando l'esercizio di un'attività professionale è condizionato all'iscrizione in un albo, la prestazione eseguita da chi non è iscritto, «dando luogo a nullità assoluta del rapporto fra professionista e cliente, rilevabile anche d'ufficio», priva il contratto di qualsiasi effetto. Per cui l'eventuale compenso va restituito (commento tratto da www.ilsole24ore.com).

COMPETENZE PROGETTUALIImpianti elettrici della p.a. ai periti. Riconosciuta alla professione la competenza sulla progettazione. Il Cnpi vince la sua battaglia e ottiene dal Consiglio di stato chiarezza sui confini tra professioni.
Periti industriali competenti nel progettare impianti elettrici per la pubblica illuminazione. Senza alcuna subordinazione del tecnico diplomato sul laureato. E riconosciuta nello stesso tempo la competenza a pieno titolo dei periti industriali.
Il Consiglio di Stato, Sez. V, con sentenza 26.01.2011 n. 571 ribadisce così, senza lasciar spazio ad ulteriori dubbi, due principi fondamentali in passato oggetto di fuorvianti interpretazioni da parte della stessa magistratura.
La vicenda prende il via da un ricorso presentato da due società escluse dall'affidamento pubblico di una gara di appalto per i servizi di illuminazione per un piccolo comune della Sardegna e che per tale motivo contestavano, tra l'altro, la competenza alla progettazione in materia del perito industriale.
Eccezione respinta immediatamente dal Tar della regione che, nella sentenza di primo grado (n. 11361 del 2010), aveva sottolineato con forza il principio che in materia di progettazione di impianti di illuminazione pubblica la competenza del perito industriale è «propria», affermando contestualmente la regola che non esiste subordinazione del tecnico diplomato sul laureato.
Proprio da qui ripartono i giudici di Palazzo Spada che nella sentenza mostrano di seguire pedissequamente tutte le argomentazioni tecniche sviluppate dall'intervento ad opponendum del Consiglio nazionale dei periti.
Il Cds riconduce la problematica relativa alla progettazione di impianti elettrici alla competenza professionale dei periti industriali così come descritta nel decreto che regola la professione. E lo fa passando attraverso l'intera disciplina di settore (legge 46/1990 e dm 37/2008), sbriciolando così il limite del calcolo infinitesimale che fino ad ora aveva limitato l'attività dei periti industriali alle opere impiantistiche.
Ma non solo competenze, perché il Cds ha ribadito un altro principio: non esiste subordinazione del tecnico diplomato sul laureato. I ricorrenti in appello avevano infatti contestato che la direzione del gruppo di lavoro, costituito, tra l'altro, da tre ingeneri strutturisti, fosse affidata a un perito industriale con specializzazione in elettrotecnica.
Già il Tar aveva riconosciuto la legittimità del perito industriale a essere responsabile di un gruppo di lavoro misto, costituito da progettisti ingegneri, professionisti con titolo di studio di livello superiore, in quanto ognuno specificamente abilitato all'attività di progetto da esso eseguita in ordine all'affidamento pubblico delle opere da realizzare. Di conseguenza, è affermata la possibilità che l'attività di progettazione definitiva ed esecutiva possa essere svolta previa la collaborazione «in subordinazione» di un professionista ingegnere, in un gruppo misto di figure professionali specifiche, rispetto al progettista responsabile, che sia perito industriale.
Sulla stessa scia i giudici di palazzo Spada per i quali la direzione del perito industriale è assolutamente legittima e non «sussiste pertanto alcuna violazione della disciplina sulle professioni così come la presentazione al progetto non appare in alcun modo inficiata dalla sottoscrizione da parte del perito industriale».
«Finalmente», precisa il presidente del Consiglio nazionale dei periti industriali Giuseppe Jogna, «dopo sentenze talvolta contraddittorie tra loro e cavalcate spesso in maniera strumentale, ci pensa il più alto grado della magistratura di legittimità a mettere ordine in materia di competenze professionali del perito industriale. E ciò che è particolarmente apprezzabile è che questo è avvenuto attraverso la semplice ma corretta applicazione delle norme sulla sicurezza degli impianti e soprattutto del decreto che regola la professione di perito industriale. Senza alcuna forzatura interpretativa» (articolo ItaliaOggi del 11.02.2011).

COMPETENZE PROGETTUALI: Immobili di interesse storico e artistico - Interventi di edilizia civile - Competenza dell’architetto - Art. 52 R.D. n. 2537/1925.
E’ tuttora vigente la limitazione posta dall’art. 52 del regolamento approvato con r.d. 2537/1925, che riserva alla professione di architetto «le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico, e il restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla l. 364/1909», poi legge n. 1089/1939.
Alla stregua della anzidetta disposizione, non la totalità degli interventi concernenti gli immobili di interesse storico e artistico deve essere affidata alla specifica professionalità dell’architetto, ma solo «le parti di intervento di edilizia civile che riguardino scelte culturali connesse alla maggiore preparazione accademica conseguita dagli architetti nell’ambito del restauro e risanamento degli immobili di interesse storico e artistico» (Consiglio Stato, sez. VI, 11.09.2006, n. 5239; Consiglio Stato, sez. IV, 16.05.2006, n. 2776, TAR Sardegna Cagliari, sez. I, 24.10.2009, n. 1559).
Interventi su edifici esistenti di interesse storico-artistico - Interesse pubblico alla tutela dei beni artistici - Progetti di restauro e ripristino - Architetti.
Ogni intervento -seppure minimo- su edificio esistente che presenti dei particolari aspetti architettonici, e che necessiti di particolari conoscenze tecniche idonee a preservare il complesso di dette caratteristiche architettoniche, è di competenza esclusiva dell'architetto, e ciò non solo in ipotesi di beni sottoposti a vincolo, ma anche di quelli che, seppure non oggetto di uno specifico provvedimento, presentino un interesse storico-artistico (TAR Veneto Venezia, sez. I, 28.06.1999, n. 1098).
Difatti gli architetti, in ragione dello specifico corso di laurea che sono tenuti a percorrere e della conseguente professionalità (e sensibilità) artistica ed estetica che acquistano, devono ritenersi più idonei (rispetto agli ingegneri) a tutelare l'interesse pubblico connesso alla tutela dei beni artistici e storici e, quindi, a redigere i progetti di restauro e ripristino degli edifici che si caratterizzano per la loro valenza culturale (TAR Veneto Venezia, sez. II, 28.01.2005, n. 381).
Riserva di competenza degli architetti ex art. 52 R.D. n. 2537/1925 -Attività di restauro e ripristino - Terminologia atecnica - Corrispondenza con le definizioni di cui all’art. 3 del D.P.R. n. 380/2001 - Esclusione.
La riserva di competenza ex art. 52 R.D. n. 2537/1925, non può essere negata solo per il fatto che i lavori da appaltare consistano in un mero intervento di recupero e manutenzione straordinaria, e non di restauro in senso stretto, non essendovi ragioni per escludere tali tipologie di intervento da quelle riservate alla competenza degli architetti, tenuto anche conto che la norma in questione contempla in maniera generica le attività di restauro e ripristino.
La terminologia utilizzata dal legislatore del 1925 deve quindi essere considerata in senso atecnico, e non può essere riferita alle specifiche categorie di interventi sul patrimonio edilizio esistente poi codificate dall'art. 31 della legge 05.08.1978, n. 457 e oggi recepite nell'art. 3 del D.P.R. 06.06.2001, n. 380.
L'espressione "restauro e ripristino" va quindi intesa in senso omnicomprensivo, come relativa a qualsiasi attività di recupero di una struttura edilizia che presenti peculiari caratteri storico-artistici (TAR Sardegna Cagliari, sez. I, 24.10.2009, n. 1559) (TAR Sicilia-Catania, Sez. III, sentenza 17.01.2011 n. 87 - link a www.ambientediritto.it).

COMPETENZE PROFESSIONALI: Oggetto: competenza perito termotecnico per la progettazione di un impianto di smaltimento acque nere e meteoriche di un piano di lottizzazione residenziale (Consiglio Nazionale dei Periti Industriali e dei Periti Industriali Laureati, nota 14.01.2011 n. 196 di prot.).

COMPETENZE PROGETTUALI: Oggetto: Competenze professionali - Consiglio di Stato, Sez. VI, ordinanza 06.12.2010, n. 5540 (MIBAC, Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Veneto, circolare 10.01.2011 n. 1/2011).

anno 2010

COMPETENZE PRIGETTUALI: A. Mafrica e M. Petrulli, Richiesta di permesso di costruire con progettazione firmata da geometra: suggerimenti operativi per l'ufficio tecnico comunale (Ufficio Tecnico n. 11-12/2010).

COMPETENZE PROGETTUALI: Prima del rilascio di un titolo edilizio, l’autorità comunale deve sempre anche accertare se la progettazione sia stata affidata ad un professionista competente in relazione alla natura ed importanza della costruzione.
Il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta, e rientri quindi nella competenza professionale dei geometri, va individuato nelle difficoltà tecniche che la progettazione e l’esecuzione dell’opera comportano e nelle capacità occorrenti per superarle; a questo fine assumono specifico rilievo, oltre alla complessità della struttura e delle relative modalità costruttive, anche, ma in via complementare, il costo presunto dell’opera, in quanto si tratta di un elemento sintomatico che vale ad evidenziare le difficoltà tecniche che coinvolgono la costruzione.
La competenza professionale dei geometri in materia di progettazione e direzione dei lavori di opere edili riguarda anche le piccole costruzioni accessorie in cemento armato che non richiedono particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone.

E’ noto che prima del rilascio di un titolo edilizio, l’autorità comunale deve sempre anche accertare se la progettazione sia stata affidata ad un professionista competente in relazione alla natura ed importanza della costruzione. Ed in questi casi, come sembra evidente, l’attività amministrativa di diritto pubblico non può qualificarsi come strumento teso a comprimere o negare un diritto soggettivo, ma a verificarne il regolare esercizio nell’ambito di un procedimento amministrativo in relazione al quale la disciplina della professione e della capacità progettuale assume rilievo meramente incidentale e la relativa valutazione fatta dalla P.A. un effetto meramente strumentale all’adozione del provvedimento concessorio finale.
Inoltre, come pacificamente e costantemente ritenuto dalla giurisprudenza amministrativa (cfr., da ultimo, Cons. St., sez. IV, 12.03.2010, n. 1457), non appare seriamente contestabile la sussistenza dell’interesse e della legittimazione attiva del ricorrente a dedurre l’illegittimità di un atto certamente lesivo dei propri interessi.
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La questione che nella sostanza il Collego è chiamato a risolvere è quella volta ad accertare se il ricorrente, in possesso del diploma di geometra, avrebbe potuto o meno redigere il progetto dell’intervento costruttivo in questione.
Come è noto, la materia trova la sua disciplina fondamentale nell’art. 16 del R.D. 11.02.1929, n. 274 (Regolamento per la professione di geometra), che, nel precisare l’oggetto ed i limiti dell’esercizio professionale dei geometri, dispone alla lettera l) che tali professionisti possano, tra l’altro, svolgere attività di progettazione di costruzioni rurali (“progetto, direzione, sorveglianza e liquidazione di costruzioni rurali e di edifici per uso d’industrie agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone; nonché di piccole opere inerenti alle aziende agrarie, come strade vicinali senza rilevanti opere d'arte, lavori d'irrigazione e di bonifica, provvista d'acqua per le stesse aziende e riparto della spesa per opere consorziali relative, esclusa, comunque, la redazione di progetti generali di bonifica idraulica ed agraria e relativa direzione”) ed alla lettera m) che tali professionisti possano, inoltre, svolgere l’attività di progettazione, direzione e vigilanza “di modeste costruzioni civili”.
Tali norme, come sembra evidente, nel regolare l’esercizio ed i limiti di applicazione delle professioni di geometra, architetto ed ingegnere sono dettate per assicurare che la compilazione dei progetti e la direzione dei lavori siano assegnati a chi abbia la preparazione adeguata all’importanza delle opere, a salvaguardia sia dell’economia pubblica e privata, che dell’incolumità delle persone.
E va, al riguardo, evidenziato che -relativamente agli edifici residenziali quali quelli ora all’esame- l’espressione utilizzata (“modeste costruzioni civili”) è stata variamente interpretata dalla giurisprudenza, talvolta in senso fortemente restrittivo e tal’altra in senso più permissivo, in relazione non solo alla possibilità del geometra di redigere un progetto, che preveda strutture in cemento armato, ed alla possibilità di far effettuare i relativi calcoli da un tecnico abilitato, ma anche in relazione alla individuazione di limiti quantitativi e qualitativi che la costruzione deve possedere, al fine di stabilire se la stessa rientri o meno nella nozione di modesta costruzione civile.
Invero, i limiti posti dal predetto art. 16, lettera m), alla competenza professionale dei geometri, se è pur vero che rispondono ad una scelta inequivoca del legislatore dettata da evidenti ragioni di pubblico interesse, lasciano nella sostanza all’interprete ampi margini in ordine alla valutazione dei requisiti della “modestia” della costruzione, della non necessità di complesse operazioni di calcolo e dell’assenza di implicazioni per la pubblica incolumità.
Della questione, va ricordato, si è recentemente già occupato con sentenza 05.03.2009, n. 134, anche questo Tribunale che in tale occasione ha precisato che il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta, e rientri quindi nella competenza professionale dei geometri, vada individuato nelle difficoltà tecniche che la progettazione e l’esecuzione dell’opera comportano e nelle capacità occorrenti per superarle; ed ha ritenuto che a questo fine assumono specifico rilievo, oltre alla complessità della struttura e delle relative modalità costruttive, anche, ma in via complementare, il costo presunto dell’opera, in quanto si tratta di un elemento sintomatico che vale ad evidenziare le difficoltà tecniche che coinvolgono la costruzione.
In aggiunta, ha anche precisato che la competenza professionale dei geometri in materia di progettazione e direzione dei lavori di opere edili riguarda anche le piccole costruzioni accessorie in cemento armato che non richiedono particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone. Ed in tale occasione si è ritenuto che la realizzazione di un garage di modeste dimensioni ben avrebbe potuto essere progettato da un geometra, in quanto, pur se realizzato in cemento armato, tale manufatto non richiedeva per la sua progettazione particolari operazioni di calcolo e che, inoltre, tale opera per la sua collocazione (totalmente interrato) e per la sua specifica destinazione (a garage) non poteva comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone.
Da tali conclusione il Collegio non rinviene allo stato motivi per discostarsi.
Ciò posto e per passare all’esame del caso di specie, ritiene la Sezione che nella specie la costruzione progettata non possa ritenersi una “modesta costruzione civile”, con riguardo sia alla struttura dell’edificio che alle relative modalità costruttive.
Dall’esame degli atti progettuali versati in giudizio si rileva, infatti, che i due edifici progettati sono costituiti da dieci appartamenti, con una superficie totale di mq. 727 e con un volume complessivo di circa mc. 4000, con l’utilizzo del cemento armato, sia pur limitato alla cordonatura perimetrale dei solai; tali edifici hanno, inoltre, un’altezza massima alla linea di gronda di m. 7,50 e si articolano nella sostanza su tre piani (un piano terra, un primo piano ed un secondo piano, indicato come sottotetto/soffitta non abitabile, di circa 60 mq., avente un’altezza interna al colmo di m. 3,14).
In definitiva, ritiene la Sezione che l’opera progettata per le sue dimensioni e per l’uso cui è destinata per un verso richiede per la sua progettazione particolari operazioni di calcolo e per altro verso, in riferimento alla sua specifica destinazione abitativa, può implicare pericolo per la incolumità delle persone. E tali circostanze sono state tutte adeguatamente individuate e diffusamente rappresentate nell’atto impugnato.
Né appaiono in merito rilevanti le considerazioni sviluppate dal ricorrente con il gravame secondo le quali gli edifici da realizzare non hanno strutture portanti verticali in cemento armato, l’opera non presenta una particolare complessità costruttiva, non si era tenuto conto del fatto che è adeguatamente garantita la sicurezza dall’opera, anche in relazione alla indubbia capacità professionale del ricorrente od al fatto che era stato presentato un disegno di legge che consente ai geometri di realizzare in zona sismica anche edifici di due piani fuori terra.
In realtà, ad avviso del Collegio, non può ritenersi “modesta”, così come previsto dal diritto vigente, una costruzione avente le particolari dimensioni e caratteristiche sopra indicate; per cui, prescindendo dalle capacità ed esperienze professionali del ricorrente (che in questa sede non sono contestate) tale costruzione avrebbe potuto essere progettata solo da un professionista laureato
(TAR Abruzzo-Pescara, sentenza 16.11.2010 n. 1213 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALI - URBANISTICA: Personale degli enti locali. Regolamento edilizio.
Atteso che la stesura del regolamento edilizio comunale si configura quale attività finalizzata alla redazione di atto regolamentare caratterizzato da rilevante complessità (per la cui realizzazione sono richieste conoscenze di natura giuridico-normativa, nonché tecnico-specialistica), si ritiene che tale attività rientri tra le mansioni e competenze riconducibili alla declaratoria peculiare della categoria D.
Inoltre, essendo stato equiparato, il regolamento edilizio, a strumenti urbanistici a carattere pianificatorio generale, pare che la redazione dello stesso debba essere riservata a soggetti muniti di idoneo titolo di laurea tecnica e che abbiano superato l'esame di abilitazione professionale.

Il Comune chiede se sia ammissibile attribuire ad un proprio dipendente, sprovvisto di titolo di studio universitario (trattasi di geometra), l'incarico di procedere alla revisione del regolamento edilizio comunale, nonché se, per lo svolgimento di tale attività, sia possibile riconoscere l'incentivo di cui all'art. 11, comma 3, della legge regionale 31.05.2002, n. 14, stante le indicazioni contenute nella determinazione dell'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici n. 43 del 25.09.2000
[1].
Occorre, anzitutto, ricordare che il regolamento edilizio comunale è stato in alcune occasioni equiparato per natura, funzione e grado di incidenza, a strumenti urbanistici a carattere pianificatorio generale, come il programma di fabbricazione o il piano regolatore generale «in considerazione dell'idoneità di tale strumento a disciplinare l'attività costruttiva in tutto il territorio comunale, al pari dei suddetti atti di pianificazione urbanistica».
[2]
Ancorché il regolamento edilizio comunale trovi la propria disciplina nel contesto delle disposizioni concernenti la materia edilizia
[3] e possieda contenuti e caratteristiche distinte da quelle riconducibili allo strumento urbanistico [4], in considerazione dell'equiparazione sopra riportata, appare necessario svolgere le seguenti, ulteriori, considerazioni.
Dalla lettura della legge urbanistica 17.08.1942, n. 1150, della circolare del Ministero dei lavori pubblici 07.07.1954
[5], n. 2495 [6] e della direttiva del Ministro dei lavori pubblici del febbraio 1998 [7] si evince che l'attività di pianificazione urbanistica si avvale di competenze specializzate, tanto nell'ipotesi in cui queste siano presenti all'interno dell'ufficio tecnico, quanto ove si debba procedere all'affidamento dell'incarico a liberi professionisti.
Anche se la legge 1150/1942 non individua una specifica figura professionale alla quale affidare gli incarichi in argomento, la circolare n. 2945/1954 chiarisce che gli elaborati di progetto devono essere debitamente firmati da un ingegnere o un architetto, iscritto all'Albo professionale.
Successivamente, è stata istituita la laurea in urbanistica ed è stato individuato l'ambito di attività del laureato in tale disciplina, il quale opera nel settore pubblico e privato anche attraverso l'elaborazione di piani urbanistici e territoriali con relativi strumenti attuativi.
Più recentemente, con decreto del Presidente della Repubblica 05.06.2001, n. 328, sono state apportate modifiche ed integrazioni alla disciplina dei requisiti per l'ammissione all'esame di Stato e delle relative prove per l'esercizio di talune professioni (quali quelle di architetto, di ingegnere e di geometra), nonché alla disciplina dei relativi ordinamenti ed è stata istituita -tra le altre- la figura professionale del pianificatore, con conseguente individuazione delle relative competenze, elencate all'art. 16, comma 2 e comma 5, lett. b)
[8].
Pertanto, pare doversi ritenere che la redazione di strumenti urbanistici costituisca attività riservata a soggetti muniti di idoneo titolo di laurea e che abbiano superato l'esame di abilitazione professionale
[9].
Ciò posto, va anche evidenziato che la giurisprudenza, in generale, ha delimitato la competenza del geometra, affermando, ad esempio, che: 'è pacifico che la redazione di un piano di lottizzazione costituisce attività che chiaramente richiede una competenza programmatoria in tale settore, anche se si limita l'attività a opere di modesta entità, e nonostante che la stessa sia posta in attuazione delle previsioni dello strumento urbanistico generale. [...] La redazione di un tale strumento concerne indubbiamente la realizzazione di un complesso di opere che richiede una visione d'insieme e pone problemi di carattere programmatorio che indubbiamente postulano valutazioni complessive che non rientrano nella competenza professionale del geometra, così come definita dall'art. 16 del r.d. 11.02.1929 n. 274'
[10].
Occorre, inoltre, considerare la questione posta anche sotto un profilo di inquadramento professionale/contrattuale.
A tal proposito, infatti, si osserva che il comma 4 dell'art. 35 del CCRL del 07.12.2006 precisa che le categorie di classificazione del personale degli enti locali sono individuate mediante le declaratorie riportate nell'allegato A al contratto medesimo, ove è descritto l'insieme dei requisiti professionali necessari per lo svolgimento delle mansioni pertinenti a ciascuna di esse.
Esaminando la declaratoria relativa alla categoria D, emerge che i lavoratori inquadrati nella stessa svolgono attività caratterizzate da 'elevate conoscenze pluri-specialistiche (la base teorica di conoscenze è acquisibile con il diploma di laurea o con il diploma di laurea specialistico) ed un grado di esperienza pluriennale'.
Atteso che la stesura del nuovo regolamento edilizio si configura quale attività finalizzata alla redazione di atto regolamentare caratterizzato da rilevante complessità (per la cui realizzazione sono richieste conoscenze di natura giuridico-normativa, nonché tecnico-specialistica), tale compito è riconducibile alle mansioni e competenze proprie della declaratoria riferita alla categoria D.
Si ritiene opportuno, inoltre, riportare anche le ulteriori considerazioni espresse dalla Regione Piemonte, in sede consultiva
[11].
In un parere la citata regione, infatti, ha rilevato come, sulla base di quanto previsto dalla legislazione, dalla contrattazione e dalla giurisprudenza, sia ormai consolidato che gli enti locali, nel caso scegliessero di reclutare personale idoneo a redigere strumenti urbanistici generali, debbano prevedere nella pianta organica il profilo di funzionario direttivo categoria D) e richiedere, per l'accesso a tale profilo, il possesso di una delle seguenti lauree:
- ingegneria;
- architettura;
- urbanistica;
- pianificazione territoriale e urbanistica;
- pianificazione territoriale, urbanistica e ambientale,
oltre all'iscrizione negli appositi albi che ne consentano l'esercizio della professione.
Pertanto, il personale assunto nella categoria C), pur se in possesso del diploma di laurea specialistico, può svolgere solo i compiti e le funzioni della categoria per la quale è stato selezionato.
Per quanto concerne poi la seconda questione posta, si rappresenta che l'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, con la citata determinazione n. 43/2000, nell'interpretare la dizione 'atto di pianificazione comunque denominato', contenuta nell'art. 18, comma 2, della legge 11.02.1994, n. 109, ha ritenuto che, in detta fattispecie, «possano ricomprendersi, oltre che i vari tipi di atti di pianificazione, anche quegli atti a contenuto normativo, quali per esempio i regolamenti edilizi, che accedono alla pianificazione, purché completi e idonei alla successiva approvazione da parte degli organi competenti».
Considerato che la formulazione dall'art. 11, comma 3, della l.r. 14/2002, è identica a quella utilizzata dal legislatore nazionale, le predette considerazioni si reputano valide anche nell'ambito degli enti territoriali della nostra Regione, ferma restando la competenza del soggetto deputato a redigere tale atto.
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[1] «Incentivo per la progettazione ex art. 18 L. 109/1994 e successive modificazioni».
[2] Così parere A.N.C.I. del 02.12.1997, che si esprime in relazione a quesito concernente la possibilità di qualificare come atto di pianificazione il regolamento edilizio comunale, ai fini del riconoscimento degli incentivi per la progettazione.
Si segnala che il predetto parere richiama Consiglio di Stato, sez. V, sentenze 04.11.1977, n. 969 e 21.02.1994, n. 104 e Corte di cassazione 12.11.1975, n. 3810, il cui testo non è risultato reperibile.
[3] Vale a dire l'art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica 06.06.2001, n. 380, per il quale il regolamento edilizio «deve contenere la disciplina delle modalità costruttive, con particolare riguardo al rispetto delle normative tecnico-estetiche, igienico-sanitarie, di sicurezza e vivibilità degli immobili e delle pertinenze degli stessi» e l'art. 7 della legge regionale 11.11.2009, n. 9, secondo cui «Il regolamento edilizio disciplina, salvi gli ulteriori contenuti prescritti dalle altre leggi di settore aventi incidenza sulla materia edilizia e igienico-sanitaria, le attività di costruzione e di trasformazione fisica e funzionale delle opere edilizie [...]».
[4] In quanto, mentre lo strumento urbanistico effettua la suddivisione in 'zone' del territorio comunale, il regolamento edilizio disciplina le 'modalità costruttive' (disponendo, in particolare, in ordine alle altezze, alle distanze dei fabbricati, all'ampiezza dei cortili e degli spazi interni, all'aspetto dei fabbricati, ecc.) e possiede carattere normativo.
[5] In alcuni documenti recanti, invece, la data del 07.07.1957.
[6] «Formazione dei piani regolatori generali e particolari. Istruzioni ministeriali».
[7] «Indirizzi operativi e chiarimenti di alcune norme della Legge quadro dei Lavori pubblici e in merito al decreto legislativo 17.03.1995, n. 157. Affidamento di incarichi professionali in materia di urbanistica e paesaggistica (categoria 12 della classificazione comune dei prodotti n. 867 contenuta nell'allegato 1 del Dlgs 157/1995)».
[8] Per tale nuova figura è comunque richiesta la laurea e l'iscrizione all'albo professionale.
[9] Da una ricerca effettuata in merito ai requisiti prescritti per l'affidamento esterno dell'incarico di redazione del regolamento edilizio comunale, è emerso come i relativi bandi di gara o gli schemi di incarico professionale prevedano il possesso della laurea tecnica specifica in architettura o ingegneria, unitamente alla relativa abilitazione professionale ed iscrizione all'albo.
[10] Cons. di Stato, sez. IV, sentenza n. 4620 del 2001 e TAR Piemonte-Torino, sez. I, sentenza 15.06.2010, n. 2839. Si è inoltre sancito che, ad esempio, laddove un piano di recupero presenti, nella sostanza, contenuti esclusivamente edilizi senza coinvolgere aspetti pianificatori tipici della programmazione urbanistica, lo stesso è identificabile come uno strumento attuativo costituito attraverso valutazioni ed elaborati tipici di un permesso di costruire ed avente ad oggetto un'opera di modesta entità, che rientra senz'altro nella competenza professionale del geometra
[11] Cfr. parere n. 137/2008, consultabile sul sito: www.regionepiemonte.it/autonomie/consulenza/htm
(22.09.2010 - link a www.regione.fvg.it).

COMPETENZE PROGETTUALI: Piani comunali, architetti senza esclusiva.
Nessuna esclusiva agli architetti per gli incarichi relativi ai Piani di governo del territorio comunale.
A dirlo il Consiglio di Stato Sez. V che, nella sentenza 10.09.2010 n. 6548, boccia il ricorso sollevato dall'ordine degli architetti della regione Lombardia e dal Consiglio nazionale (costituito in giudizio per sostenere le ragioni dell'ordine territoriale) in merito all'esclusione della categoria da una selezione per l'affidamento di un incarico di studio e consulenza tecnico-scientifica per la redazione del Piano di governo del territorio indetta dal comune di Pavia.
La riserva della selezione destinata, infatti, solo agli istituti universitari, e non a tutti gli altri operatori «particolarmente dei liberi professioni operanti nel settore», ha sollevato le ire dell'ordine degli architetti lombardi che aveva chiesto l'annullamento dell'avviso della selezione anche per «il prospettato conflitto di interessi tra appartenenti alla medesima categoria rappresentata».
Tutte motivazioni però respinte al mittente già in primo grado, ma non sufficienti per gli architetti che hanno deciso di presentarsi davanti ai giudici di Palazzo Spada. Questi in sostanza ribadiscono la decisione già presa dal Tar della Lombardia che aveva sancito come «il diritto comunitario non impone in alcun modo alle autorità pubbliche di ricorrere a una particolare forma giuridica per assicurare in comune le loro funzioni consentendo, invece, alle amministrazioni aggiudicatrici, in alternativa allo svolgimento di una procedura di evidenza pubblica di scelta del contraente, di stipulare un accordo a titolo oneroso con altra amministrazione pubblica, cui affidare il servizio".
Gli appellanti, poi avevano fatto leva su una sentenza precedente (23.12.2009 in C-305/08) con la quale si era affermato «che i servizi offerti alle amministrazioni aggiudicatrici da organismi che non agiscono in base a un preminente fine di lucro debbono considerarsi come appalti pubblici soggetti alle regole della trasparenza e della parità di trattamento». Anche questo secondo il Consiglio di stato non è corretto perché nella giurisprudenza comunitaria è riconosciuta la possibilità che le amministrazioni pubbliche, «ferma la loro legittimazione a concorrere alla pari delle imprese private nelle pubbliche gare, concludano accordi diretti per il perseguimento di fini di interesse pubblico» (articolo ItaliaOggi del 18.09.2010, pag. 30).

COMPETENZE PROGETTUALILa redazione di un piano di lottizzazione e, in genere, di uno strumento di programmazione urbanistica costituisce attività che richiede una competenza specifica in tale settore attraverso una visione di insieme e la capacità di affrontare e risolvere i problemi di carattere programmatorio che postulano valutazioni complessive non rientranti nella competenza professionale del geometra.
Secondo la prevalente giurisprudenza (cfr. TAR Brescia, sez. I, 29.10.2008 n. 1466, Cons. St. Sez. IV 03.09.2001 n. 4620) la redazione di un piano di lottizzazione e, in genere, di uno strumento di programmazione urbanistica costituisce attività che richiede una competenza specifica in tale settore attraverso una visione di insieme e la capacità di affrontare e risolvere i problemi di carattere programmatorio che postulano valutazioni complessive non rientranti nella competenza professionale del geometra, così come definita dall'art. 16 del R.D. n. 274 del 1929 (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 01.09.2010 n. 3354 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Comune – Rilascio permesso di costruire per realizzazione di sopraelevazione di un fabbricato e sottotetto sovrastante – Denuncia mancato rispetto delle distanze legali da parte di proprietario fabbricato adiacente – Competenza professionale del geometra per opere in cemento armato – Fattispecie.
Quesito proposto dal Sig. … del Comune di A. (Provincia di V.).
Questo Comune ha rilasciato:
1) il permesso di costruire per la realizzazione di una sopraelevazione al primo piano di un fabbricato;
2) il permesso in variante per la realizzazione di un sottotetto sovrastante la sopraelevazione assentita;
3) il permesso in variante per l’ampliamento del sottotetto assentito in variante.
Un cittadino, dopo aver fatto presente di essere proprietario di un terreno e di un fabbricato adiacenti all’immobile in costruzione, ha evidenziato varie violazioni della normativa di settore, legate principalmente al mancato rispetto delle distanze legali, ed ha segnalato che, nonostante la previsione di pilastrature in cemento armato, l’opera è stata progettata da un geometra, in spregio all’art. 16 e segg. R.D. 11.02.1929, n. 274, che abilita tale categoria professionale solo a modeste costruzioni civili.
Tutto ciò premesso si chiede:
1) al titolare del terreno e del fabbricato limitrofi è riconosciuta una posizione legittimante l’impugnativa dei titoli edilizi sopra menzionati?
2) la progettazione di cui sopra ricade nella competenza professionale del geometra?

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La legislazione vigente non vieta in modo aprioristico al geometra di operare con strutture in cemento armato nelle costruzioni.
Infatti, la maggiore ampiezza normativa della lett. l) del R.D. n. 274/1929, che espressamente disciplina l’uso del cemento armato nelle costruzioni a destinazione agricola, non può autorizzare l’interprete a concludere che il legislatore, formulando in modo generico la norma contenuta nella successiva lett. m) dello stesso articolo (senza esplicito richiamo all’uso del cemento armato), ne abbia vietato l’utilizzo per le costruzioni civili.
Di conseguenza, la competenza dei geometri per la realizzazione di opere in cemento armato di piccole costruzioni accessorie di edifici rurali o per uso di industrie agricole deve essere estesa, ai temimi della norma su richiamata, anche alle opere accessorie alle costruzioni civili, purché siano di dimensioni esigue e non presentino particolari problemi strutturali come accade, invece, per le costruzioni in zone sismiche.
Tuttavia, la giurisprudenza della Corte di cassazione ha costantemente evidenziato come ai tecnici solo diplomati (geometri e periti industriali: R.D. n. 275/1929), ai sensi dell’art. 16, lett. m), del R.D. n. 274/1929, sono consentiti la progettazione, la direzione e la vigilanza in ogni caso di costruzioni che prevedono l’impiego di strutture in cemento armato, salvo che non si tratti di piccoli manufatti accessori, nell’ambito di fabbricati agricoli o destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per l’incolumità pubblica (cfr., ex multis, Cassazione, sentenze nn. 8545/2005, 7778/2005, 3021/2005, 5961/2005).
Si tratta di una scelta inequivoca del legislatore dettata da evidenti ragioni di pubblico interesse.
I limitati margini di discrezionalità accordati all’interprete attengono solo alla valutazione dei requisiti della modestia delle costruzioni, della non necessità di complesse operazioni di calcolo ed assenza di implicazioni per la pubblica incolumità, mentre per l’altra condizione, costituita dall’annesso agricolo o industriale agricolo delle costruzioni, eccezionalmente progettabili dai predetti tecnici anche nei casi di impiego di c.a., stante la chiarezza e la tassatività del precetto normativo non vi sono margini di sorta, che esige un preciso requisito: la suddetta destinazione, che esiste o non esiste (cfr. Cass. civile, Sez. II, sentenza 07.09.2009, n. 19292). In altri termini, secondo la Suprema Corte, la competenza dei tecnici diplomati è limitata ai soli manufatti con destinazione ad annesso agricolo o ad accessorio negli edifici destinati alle industrie agricole.
Nel caso di cui al quesito, occorre tenere presente il concetto della modestia della costruzione e delimitare l’ambito della competenza del geometra nell’espletamento di incarichi progettuali nei limiti quantitativi (volume) e qualitativi (tipo di struttura e, in particolare, l’impiego del c.a.).
Alla luce del su richiamato precetto normativo, nonché della vigente giurisprudenza, pur in assenza di ulteriori precisazioni, per la stringatezza del quesito, si ritiene che l’ampliamento del sottotetto in variante, se è nei limiti della modesta costruzione, come innanzi precisata, non sembra revocarsi in dubbio la competenza professionale del geometra.
Quanto all’altra denuncia del proprietario dei fondi finitimi all’immobile in costruzione, è da dire che non sempre l’interesse dei privati finitimi, i quali, non ricevendo un danno immediato e diretto, ma solo un paventato pericolo per la pubblica incolumità, vantano una posizione qualificabile come diritto soggettivo, ma solo un interesse riflesso al rispetto delle leggi.
Nei procedimenti per violazioni urbanistico-edilizie è essenzialmente il Comune ad essere legittimato ad impedire una costruzione illegittima, in quanto il danno discende dall’offesa al bene specifico individuato proprio nel territorio che potrebbe subire un danno per l’incolumità pubblica.
Tuttavia, quando la costruzione costituisca violazione anche alle norme di natura civilistica, quali quelle che stabiliscono l’osservanza delle norme (previste dal c.c., dai regolamenti edilizi e dagli strumenti urbanistici) sulle distanze, sulla volumetria, sulle altezze (si pensi alla c.d. servitus altius non tollendi: alla servitù, cioè, di non sopraelevare, ossia una servitù negativa e non apparente, in base alla quale il proprietario del fondo servente è tenuto, nei confronti del fondo dominante, a non costruire oltre una certa altezza), è ipotizzabile l’intervento difensivo del vicino tutte le volte che l’azione illecita possa cagionare anche la lesione di un diritto privato. Ma occorre pur sempre che il danno sia conseguenza immediata e diretta dell’abusiva costruzione (tratto da Nuova Rassegna n. 15 dell'01.08.2010).

COMPETENZE PROFESSIONALI - EDILIZIA PRIVATALa nomina del collaudatore quando il costruttore esegue in proprio (art. 67, comma 4, D.P.R. n. 380/2001) - Verifica e denuncia dell'eventuale incompetenza del progettista (Centro Studi Consiglio Nazionale Ingegneri, luglio 2010 - link a www.ordineingegneri.varese.it).
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Il documento del Centro Studi del CNI illustra la procedura di nomina e le attività connesse del collaudatore quando il costruttore esegue in proprio. Il documento aggiorna la procedura ai sensi delle NTC (DM 14.01.2008) e fornisce indicazioni utili in tutti i casi di collaudo di strutture anche in zone sismiche.
Da notare il sottotitolo "
Verifica e denuncia dell'eventuale incompetenza del progettista". Nel testo dello studio si legge che "l'ordine professionale è titolare di una funzione che deve esercitare, sempre e comunque, a richiesta del privato ed alla quale non può ostare nessuna condizione, nemmeno l'eventuale riscontrata incompetenza del progettista" (dei C.A.), e che pertanto "l'attività di controllo sul rispetto delle competenze professionali del progettista compete agli Uffici Tecnici dell'Amministrazione", che ormai -a seguito delle note deleghe in materia di denunce C.A. concesse dalla Regione con L.R. n. 1/2000- sappiamo essere gli Uffici Tecnici comunali.

EDILIZIA PRIVATA: Chi controlla la competenza progettuale nel rilasciare il permesso di costruire ovvero nell'istruire la DIA??
Con l'
AGGIORNAMENTO AL 04.07.2010 abbiamo pubblicato l'interessante sentenza 28.06.2010 n. 9772 del TAR Campania-Salerno, Sez. II, con la quale sono stati annullati:
- il permesso di costruire rilasciato dal Comune per la realizzazione di una sopraelevazione al primo piano di un fabbricato;
- il permesso in variante rilasciato per la realizzazione di un sottotetto sovrastante la sopraelevazione assentita;
- il permesso in variante per l’ampliamento del sottotetto assentito in variante.

E ciò si è verificato poiché il progetto assentito contemplava la previsione di pilastrature in cemento armato a firma di un geometra, in spregio all’art. 16 e segg. R.D. 11.02.1929 n. 274, che abilita tale categoria professionale solo a modeste costruzioni civili.
Invero, la sentenza de qua non è affatto una novità in materia per gli "addetti ai lavori"; tuttavia, ha il pregio di ricordare (semmai ce ne fosse bisogno ...) al responsabile del procedimento amministrativo, ai membri della Commissione Edilizia ed al Responsabile dell'Ufficio Tecnico che non solo bisogna vagliare attentamente il progetto presentato da un mero punto di vista edilizio-urbanistico ma anche dal punto di vista della competenza progettuale del professionista che sottoscrive il progetto.
Ci voleva anche questa ... ho già poco da fare!! ... state per caso sbuffando??
Forse, è bene tralasciare momentaneamente altre cose e prestare maggiore attenzione a questo dettaglio di non poco conto ... e già, perché se il confinante si mette a "rognare" e ad indagare sul cantiere in itinere e, guarda caso, emerge (per esempio) che il progettista è un geometra che ha firmato i disegni per la costruzione di villette a schiera piuttosto che una palazzina di tre piani piuttosto che l'ampliamento di un capannone e, conseguentemente, impugna il provvedimento abilitativo dinanzi al TAR, chi paga i danni per il "sicuro" annullamento del provvedimento testé citato??
Il responsabile del procedimento amministrativo che ha istruito la pratica?? I membri della Commissione Edilizia che hanno avallato il progetto?? Il Responsabile dell'Ufficio Tecnico che ha firmato il permesso di costruire??
La risposta è facile a trovarsi ... tuttavia ci preme rappresentare, al riguardo, alcune considerazioni.
L'Ufficio Tecnico comunale, nelle persone del responsabile del procedimento amministrativo istruttorio e del Responsabile dell'Ufficio stesso che firma il permesso di costruire, probabilmente già oberato da innumerevoli incombenze non ha molto tempo per valutare -di volta in volta- anche il profilo dell'eventuale incompetenza professionale dei vari progetti edilizi presentati. Oppure, chi glielo fa fare di sollevare un ulteriore "problema" per il quale scontrarsi -poi- con l'Amministrazione Comunale che già lo addìta di essere troppo "burocrate" e, conseguentemente, di ingessare la peraltro precaria attività edilizia in forza della sfavorevole congiuntura economica degli ultimi tempi ... (in altre parole, detto alla "parla come mangi", non entra in cassa il contributo di costruzione e, quindi, non si riescono a realizzare le opere pubbliche!!).
Tuttavia, è bene non sottovalutare tale evenienza nefasta, foriera di risarcimento del danno, poiché la negligenza del proprio operato istruttorio non troverà copertura assicurativa alcuna.
E non ultimo, diciamocela tutta ..., in Commissione Edilizia perché non si solleva e verbalizza l'eventuale competenza progettuale?? Forse, perché "cane non mangia cane" e tenuto conto che, bene o male, siede un rappresentante di ogni ordine professionale (ingegneri, architetti, geometri) non vale la pena scannarsi a vicenda ...
In realtà, la cosa che fa sorridere è che, di tanto in tanto, i vari ordini professionali inviano a destra e manca proprie circolari (tanto per esemplificare leggere qui) per far risaltare questa o quella sentenza che porta acqua al proprio mulino, defraudando gli altri ordini professionali in merito alla competenza progettuale di una certa fattispecie edilizia. Nulla quaestio in merito ... ma sarebbe altrettanto auspicabile, opportuno e condivisibile che i vari ordini emanassero ai propri iscritti -che sono anche membri della Commissione Comunale per l'Edilizia- una nota/circolare per ricordare loro il potere/dovere di eccepire e verbalizzare l'eventuale incompetenza progettuale, con relativa e successiva segnalazione all'ordine di appartenenza dell'incauto professionista:
ognuno faccia la sua parte con diligenza, professionalità e correttezza istituzionale!!
Ad onor del vero, a noi risulta un unico precedente in tal senso (del 09.03.2007) e cioè quello dell'Ordine degli Architetti di Udine che si può leggere qui ... stiamo a vedere, adesso, se anche gli altri ordini saranno altrettanto bravi ad emulare una siffatta lodevole iniziativa e, comunque, di darne ampia eco e pubblicità ai soggetti interessati al fine di migliorare la serietà e qualità progettuale nel solco, sempre, della correttezza professionale di ogni soggetto (privato e pubblico) che ruota attorno ad ogni pratica edilizia.
26.07.2010 - LA SEGRETERIA PTPL

COMPETENZE PROGETTUALIL’Autorità comunale, prima del rilascio del titolo abilitativo, deve sempre accertare se la progettazione sia stata affidata ad un professionista competente in relazione alla natura ed importanza della costruzione.
E’ illegittimo il titolo a costruire assentito sul progetto, redatto da un geometra, che preveda strutture in cemento armato, se non siano specificate, con motivazione adeguata, le ragioni per cui le caratteristiche dell’opera e le sue modalità costruttive rientrano nella sfera di competenza professionale del progettista.
Se, a fronte di una progettazione che prevede la realizzazione di strutture in cemento armato, l'atto autorizzativo nulla espone circa le ragioni per le quali l’opera ricade nella competenza professionale del geometra, lo stesso deve essere annullato.

Prima del rilascio di un titolo edilizio, l’Autorità comunale deve sempre accertare se la progettazione sia stata affidata ad un professionista competente in relazione alla natura ed importanza della costruzione, in quanto le norme che regolano l’esercizio ed i limiti di applicazione delle professioni di geometra, architetto ed ingegnere sono dettate per assicurare che la compilazione dei progetti e la direzione dei lavori siano assegnati a chi abbia la preparazione adeguata all’importanza delle opere, a salvaguardia sia dell’economia pubblica e privata, sia dell’incolumità delle persone (cfr. Cons. Stato, Sez. II, 13.12.2006 n. 3441).
E’ dunque illegittimo il titolo a costruire assentito sul progetto, redatto da un geometra, che preveda strutture in cemento armato, se non siano specificate, con motivazione adeguata, le ragioni per cui le caratteristiche dell’opera e le sue modalità costruttive rientrano nella sfera di competenza professionale del progettista (cfr. TAR Sicilia-Catania 13.10.1995 n. 2327; TAR Toscana, Sez. II, 17.04.1989 n. 144), spettando al giudice amministrativo il sindacato sulla valutazione circa l’entità quantitativa e qualitativa della costruzione, al fine di stabilire se la stessa, ancorché prevista con struttura in cemento armato, rientri o meno nella nozione di “modesta costruzione civile”, alla cui progettazione è limitata la competenza professionale del geometra, ai sensi degli artt. 16 e segg. R.D. 11.02.1929 n. 274 (cfr. TAR Abruzzo 28.09.1999 n. 547).
Poiché, pur a fronte di una progettazione che prevede la realizzazione di strutture in cemento armato, gli atti autorizzativi nulla espongono circa le ragioni per le quali l’opera ricade nella competenza professionale del geometra, ne consegue che questi ultimi devono essere annullati (TAR Campania-Salerno, Sez. II, sentenza 28.06.2010 n. 9772 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALILa redazione di un piano di lottizzazione concerne indubbiamente la realizzazione di un complesso di opere che richiede una visione di insieme e pone problemi di carattere programmatorio che indubbiamente postulano valutazioni complessive che non rientrano nella competenza professionale del Geometra, così come definita dall'art. 16 del r.d. 11.02.1929 n. 274.
Ha statuito Cass. civ. sez. II 14.04.2005 n. 7778 che, benché non sia ex se preclusa ai geometri la predisposizione di piani di lottizzazione nel concreto “in considerazione delle attività che l'art. 16 del R.D. 274 del 1929 riserva ai geometri (e cioè la progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con uso del cemento armato solo per piccole costruzioni di edifici rurali o per uso di industrie agricole di limitata importanza) e nel rispetto della ratio della norma, volta ad assicurare che determinate attività siano svolte da professionisti che, per la loro capacità professionale siano in grado di consentire la costruzione di opere non pericolose per la pubblica incolumità, la redazione di un piano di lottizzazione che comprenda la progettazione di due complessi residenziali, ciascuno di tre piani fuori terra, oltre cantine e boxes, opere che impongono la soluzione di problemi tecnici non solo in ordine ai calcoli del cemento armato, ma anche in relazione alle opere di urbanizzazione primaria da realizzare, non possa rientrare fra quelle attività che, con riferimento alla modestia delle opere consentite per legge al geometra, siano tali da escludere un pericolo per la pubblica incolumità e possano, conseguentemente, essere consentite allo stesso”; ancora secondo TAR Brescia 29.10.2008 n. 1466, pur nell’ambito di un orientamento non preclusivo della competenza in questione, elemento discretivo che consente di attribuire il piano di lottizzazione alla competenza dei geometri sarebbe dato dalla mancanza nel medesimo di elementi di raccordo delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, elementi come visto presenti nel piano presentato. Infine secondo Cons. St. sez. IV n. 4620 del 2001, ancor più restrittiva: “Le disposizioni contenute nel R.D. 11.02.1929 n. 274 stabiliscono che tale figura professionale ha, per quanto concerne la progettazione, direzione e vigilanza in materia edilizia, competenza per "costruzioni rurali e di edifici di uso d'industrie agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato che non richiedono particolari operazioni di calcolo...", nonché per "modeste costruzioni civili".
La giurisprudenza ha precisato, in proposito, che le indicate attività professionali non possono che restare limitate alle specifiche previsioni normative, che non implicano alcuna possibilità di estensione, anche in considerazione di motivi di ordine pubblico e di tutela della sicurezza collettiva.
È stato affermato, più in particolare, che resta preclusa al Geometra la realizzazione di un complesso di opere che richieda una visione di insieme, che ponga problemi di carattere organizzatorio (Cons. St., Sez. V, n. 25 del 13.01.1999; n. 3 del 03.01.1992).
È facile osservare come nelle disposizioni su citate non sia ravvisabile alcuna indicazione che faccia riferimento a strumenti di programmazione urbanistica, mentre è pacifico che la redazione di un piano di lottizzazione costituisce attività che chiaramente richiede una competenza programmatoria in tale settore, anche se si limita l'attività a opere di modesta entità, e nonostante che la stessa sia posta in attuazione delle previsioni dello strumento urbanistico generale.
In effetti, come già affermato da questa Sezione, la redazione di un tale strumento concerne indubbiamente la realizzazione di un complesso di opere che richiede una visione di insieme e pone problemi di carattere programmatorio che indubbiamente postulano valutazioni complessive che non rientrano nella competenza professionale del Geometra, così come definita dall'art. 16 del r.d. 11.02.1929 n. 274 (Cons. St., Sez. IV, n. 765 del 09.11.1989) (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 15.06.2010 n. 2839 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALIPERITI INDUSTRIALI/ Il tecnico diplomato non è subordinato al laureato.
Respinto al mittente il principio di subordinazione del tecnico diplomato sul laureato. E rivendicata, nello stesso tempo, la competenza del perito industriale alla progettazione di impianti di illuminazione pubblica.
Dopo circa otto anni da una pronuncia del TAR della Sardegna che aveva messo in discussione la competenza di questi professionisti in materia, ci pensa ora la nuova sentenza 28.05.2010 n. 1361 sempre del tribunale della regione, a fare chiarezza tra quelle stesse competenze professionali, spesso stravolte dalla stessa magistratura.
La vicenda prende il via da un ricorso presentato da due società che avevano perso una gara di appalto pubblico per i servizi di illuminazione pubblica per un piccolo comune della regione Sardegna. Una sconfitta ingiustificata per le due imprese che, tra gli altri motivi, avevano evidenziato la assoluta mancanza di competenza professionale alla progettazione del perito industriale.
Ed è proprio qui che interviene la magistratura che, accogliendo le argomentazioni del Cnpi intervenuto ad opponendum, sottolinea con forza un principio: in materia di progettazione di impianti di illuminazione pubblica la competenza professionale del perito industriale è «propria».
Ma non solo competenze, perché con la sentenza la Prima Sezione del Tar Sardegna, ha affermato un'altra importante regola: non esiste subordinazione del tecnico diplomato sul laureato.
In pratica «a prescindere dalla competenza professionale propria del perito industriale in materia di progettazione di impianti di illuminazione pubblica, si evidenzia che, nel caso di specie, il progetto definitivo ed esecutivo, è stato redatto da un gruppo di lavoro “misto” a capo del quale vi è il progettista responsabile, perito industriale, ma all'interno di esso figurano specifiche figure professionali». Inoltre, dal progetto esecutivo risulta che le relazioni di calcolo dei basamenti dei pali per illuminazione pubblica è stato specificamente redatto da un ingegnere.
Non ha alcun fondamento, quindi, la censura proposta che parla di sconfinamento delle competenze dei periti industriali perché, nel caso in esame, il contributo delle diverse professionalità nel gruppo di lavoro misto non può esser messa in discussione.
Nel caso specifico, dicono i magistrati del tribunale regionale, la progettazione esecutiva dell'impianto di illuminazione è stata eseguita dal perito industriale, progettista responsabile del gruppo misto di professionisti, all'interno del quale figurano specifiche figure professionali specialistiche (due ingegneri e tre periti industriali, oltre cinque collaboratori).
E questo porta con sé un altro principio fondamentale: è legittimo e incontroverso che il perito industriale sia responsabile di un gruppo di lavoro misto, costituito da progettisti ingegneri, professionisti con titolo di studio di livello superiore, in quanto ognuno specificamente abilitato all'attività di progetto da esso eseguita in ordine all'affidamento pubblico delle opere da realizzare.
Di conseguenza, è affermata la possibilità che l'attività di progettazione definitiva ed esecutiva possa essere svolta previa la collaborazione «in subordinazione» di un professionista ingegnere, in un gruppo misto di figure professionali specifiche, rispetto al progettista responsabile, che sia perito industriale (articolo ItaliaOggi del 09.07.2010, pag. 32).

COMPETENZE PROGETTUALI - LAVORI PUBBLICIAlla luce dell’art. 84, comma 2, del d.lgs. n. 163 del 2006 e alla luce del citato regolamento (ndr: art. 16 del r.d. 11.02.1929, n. 274) regolante i limiti all’esercizio della professione di geometra, poiché la progettazione dei lavori per la mitigazione del rischio idrogeologico costituisce un’opera pubblica di sostanziale importanza, implicante la risoluzione di problemi tecnici di una certa complessità, due dei membri della commissione, geometri del comune, non possono progettare i lavori in questione e conseguentemente non possono essere considerati esperti nello specifico settore oggetto del contratto e idonei a poter valutare con la dovuta cognizione e preparazione i progetti presentati.
Giusta la delicatezza e le specifiche competenze tecniche richieste nel settore del consolidamento delle aree franose, una commissione di gara composta in prevalenza da geometri, privi del necessario titolo di studio attestante il possesso delle specifiche competenze tecniche di tipo geomorfologico, geotecniche, geologiche e idrogeologiche e conseguentemente privi dell’esperienza nel settore, non può considerarsi composta da esperti e pertanto non è idonea selezionare il miglior progetto.
L’amministrazione, nel caso di specie, deve fare applicazione dell’art. 84, comma 8, del d.lgs. n. 163, del 2006, che laddove stabilisce che i commissari siano "selezionati tra i funzionari della stazione appaltante" non ha inteso privilegiare e dare priorità in senso assoluto al requisito dell'inserimento nell'organico dell'ente appaltante rispetto a quello del titolo di studio, il quale, pertanto, deve comunque essere adeguato rispetto alla prestazione oggetto della gara.

Osserva il Collegio, che l’art. 84, comma 2, del d.lgs. n. 163 del 2006 prevede che: “La commissione, nominata dall’organo della stazione appaltante competente ad effettuare la scelta del soggetto affidatario del contratto, è composta da un numero dispari di componenti, in numero massimo di cinque, esperti nello specifico settore cui si riferisce l’oggetto del contratto”.
Il Consiglio di Stato, sez. VI, con sentenza 14.10.2009, n. 6297 ha chiarito che: «I componenti di una Commissione giudicatrice in una gara di appalto devono essere in possesso delle capacità tecniche e professionali adeguate all'importanza dell'appalto. Essi possono essere individuati come i "periti peritorum" della materia sulla quale devono esprimere il loro delicato giudizio, anche in relazione ai concreti aspetti sui quali i medesimi devono formulare il loro giudizio. Ciò al fine di evitare che sussistano, a monte, elementi che inducano in via anticipata i consociati (ed i partecipanti alla gara, soprattutto) a dubitare dell'adeguatezza professionale di chi è chiamato a giudicare comparativamente le proposte aggiudicatarie. Ovviamente, nella impossibilità di saggiare in anticipo ed in concreto la preparazione specifica dei commissari, può farsi riferimento ad alcuni dati che, in via presuntiva, consentano una prognosi tranquillizzante sul punto. Tali dati non possono che essere due: possesso di un titolo di studio adeguato, e pregressa esperienza nel settore».
La necessità del possesso in capo ai commissari dei requisiti tecnici e della professionalità necessaria a formulare un giudizio pienamente consapevole, anche in mancanza di una specifica previsione concernente la composizione nel dettaglio della commissione giudicatrice, costituisce un canone ispirato a criteri di logicità e ragionevolezza e riveste la natura di principio immanente nell'ordinamento generale, che risponde ai criteri di rango costituzionale di buon andamento ed imparzialità dell'azione amministrativa (in tal senso cfr. Consiglio Stato, sez. V, 18.03.2004, n. 1408).
Nel caso di specie, relativo all'affidamento della progettazione e direzione dei lavori di mitigazione del rischio idrogeologico, la Commissione giudicatrice era composta da un ingegnere e due geometri. Solo uno dei componenti la commissione, l’ingegnere, rivestiva la qualità di esperto nello specifico settore oggetto dell’appalto. I due geometri dipendenti dell’amministrazione comunale, invece, non avrebbero potuto progettare ciò su cui erano chiamati ed esprimere il proprio giudizio, non potendo essere considerati esperti nella progettazione di lavori di mitigazione del rischio idrogeologico, nel senso richiesto dall’art. 84, comma 2, del codice dei contratti pubblici, in quanto la valutazione di tale attività richiede competenze che eccedono quanto previsto dall’art. 16 del r.d. 11.02.1929, n. 274, recante il regolamento per la professione di geometra, che stabilisce proprio l’ oggetto ed i limiti dell'esercizio di tale professione. In particolare tale regolamento all’art. 16, lett. q), riconosce ai geometri la possibilità di svolgere mansioni di perito comunale, ma solo per le funzioni tecniche ordinarie nei Comuni con popolazione fino a diecimila abitanti, escludendo i progetti di opere pubbliche d'importanza o che implichino la risoluzione di rilevanti problemi tecnici.
Ne consegue che alla luce dell’art. 84, comma 2, del d.lgs. n. 163 del 2006 e alla luce del citato regolamento regolante i limiti all’esercizio della professione di geometra, poiché la progettazione dei lavori per la mitigazione del rischio idrogeologico costituisce un’opera pubblica di sostanziale importanza, implicante la risoluzione di problemi tecnici di una certa complessità, due dei membri della commissione, geometri del comune, non avrebbero potuto progettare i lavori in questione e conseguentemente non avrebbero potuto essere considerati esperti nello specifico settore oggetto del contratto e idonei a poter valutare con la dovuta cognizione e preparazione i progetti presentati.
La delicatezza e le specifiche competenze tecniche richieste nel settore del consolidamento delle aree franose era d’altra parte richiesta ai concorrenti nello stesso bando di gara che al punto 4 prevede che i professionisti partecipanti debbano aver maturato un’esperienza riferibile e riconducibile al settore del consolidamento delle aree franose, con particolare riferimento alle attività di progettazione per siti similari. Sicché una commissione composta in prevalenza da geometri, privi del necessario titolo di studio attestante il possesso delle specifiche competenze tecniche di tipo geomorfologico, geotecniche, geologiche e idrogeologiche e conseguentemente privi dell’esperienza nel settore, non poteva considerarsi composta da esperti e pertanto non era idonea selezionare il miglior progetto.
L’amministrazione, quindi, avrebbe dovuto fare applicazione dell’art. 84, comma 8, del d.lgs. n. 163, del 2006, che, come pure osservato dal Consiglio di Stato con la citata sentenza n. 6297 del 2009, laddove stabilisce che i commissari siano "selezionati tra i funzionari della stazione appaltante" non ha inteso privilegiare e dare priorità in senso assoluto al requisito dell'inserimento nell'organico dell'ente appaltante rispetto a quello del titolo di studio, il quale, pertanto, deve comunque essere adeguato rispetto alla prestazione oggetto della gara.
L’art. 84, comma 8, del d.lgs. n. 163 del 2006, in primis prevede che i commissari diversi dal presidente siano selezionati tra i funzionari della stazione appaltante, ma nel caso di accertata carenza in organico di adeguate professionalità e quindi di personale munito del necessario titolo di studio, la scelta deve ricadere tra funzionari di amministrazioni aggiudicatrici, ovvero con un criterio di rotazione tra gli appartenenti alle seguenti categorie:
a) professionisti, con almeno dieci anni di iscrizione nei rispettivi albi professionali, nell’ambito di un elenco, formato sulla base di rose di candidati fornite dagli ordini professionali;
b) professori universitari di ruolo, nell’ambito di un elenco, formato sulla base di rose di candidati fornite dalle facoltà di appartenenza.
Per le ragioni esposte, assorbita ogni altra doglianza, atteso ché l’accoglimento della censura relativa alla illegittima composizione della commissione giudicatrice invalida in radice tutti gli atti della procedura di gara e della conclusiva aggiudicazione, il ricorso in epigrafe deve essere accolto e per l'effetto vanno annullati i provvedimenti impugnati (TAR Basilicata, Sez. I, sentenza 17.05.2010 n. 280 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROFESSIONALISe la variante semplificata (L.R. Lombardia 23/1997) ha finalità solo localizzative (ossia riguarda l’inserimento o lo spostamento di un’opera pubblica all’interno di un quadro urbanistico già definito) la complessità delle valutazioni tecniche è molto minore e non giustifica la riserva a favore dei professionisti laureati.
Pertanto, è legittima la variante predisposta da un tecnico comunale geometra (e non laureato).

Il Comune di Bassano Bresciano con deliberazione consiliare n. 47 del 12.11.1998 ha adottato una variante semplificata al PRG ex art. 3 della LR 23.06.1997 n. 23 avente ad oggetto il completamento di ambiti territoriali rientranti nelle zone C e D, la localizzazione di un’opera pubblica comunale e l’adeguamento di alcune previsioni di localizzazione del PRG. Il progetto della variante era stato predisposto dal tecnico comunale, funzionario in possesso del titolo di studio di geometra.
Contro la suddetta deliberazione hanno proposto ricorso l’Ordine degli architetti di Brescia e l’Ordine degli ingegneri di Brescia con atto notificato il 29.01.1999 e depositato l’11.02.1999.
Le censure possono essere sintetizzate nei punti seguenti:
(a) violazione dell’art. 16 del RD 11.02.1929 n. 274 (regolamento della professione di geometra), in quanto la progettazione urbanistica sarebbe estranea alle competenze professionali dei geometri;
(b) violazione degli art. 8 e 41-bis della legge 17.08.1942 n. 1150, in quanto la predisposizione degli strumenti urbanistici costituirebbe una funzione esclusiva dei professionisti abilitati e non potrebbe essere svolta da pubblici dipendenti.
In proposito si osserva tuttavia che non sono stati proposti argomenti idonei a far ipotizzare un sicuro accoglimento del ricorso. Più in dettaglio si possono svolgere le seguenti considerazioni:
(a) La competenza professionale dei geometri ex art. 16 del RD 274/1929 non comprende la progettazione urbanistica, ma d’altra parte neppure gli art. 51 e 52 del RD 23.10.1925 n. 2537 (regolamento delle professioni di ingegnere e architetto) trattano espressamente la materia.
Il problema della progettazione urbanistica si è posto con l’introduzione del piano regolatore generale (art. 7 della legge 1150/1942), che al proprio interno prevede sia la zonizzazione del territorio sia la localizzazione di opere pubbliche.
La redazione di uno strumento di programmazione generale è un’attività complessa collegabile al grado di preparazione di ingegneri e architetti (e urbanisti), come confermato dall’art. 5, comma 1, lett. c), della legge 02.03.1949 n. 143 (tariffa professionale di ingegneri e architetti).
Nel caso di varianti semplificate è però necessario distinguere a seconda del contenuto.
In particolare se la variante semplificata ha finalità solo localizzative (ossia riguarda l’inserimento o lo spostamento di un’opera pubblica all’interno di un quadro urbanistico già definito) la complessità delle valutazioni tecniche è molto minore e non giustifica la riserva a favore dei professionisti laureati (fermo restando che il progetto dei lavori dovrà comunque essere firmato da un tecnico abilitato per quel tipo di opera).
Parimenti non sembra sufficiente per escludere la competenza dei geometri il fatto che alla localizzazione si accompagnino variazioni marginali alla zonizzazione.
(b) Dagli art. 8 e 41-bis della legge 1150/1942 non può desumersi una riserva di attività a favore dei tecnici libero-professionisti.
Il potere organizzativo dei comuni consente agli stessi di dotarsi delle necessarie professionalità tecniche per internalizzare anche la progettazione urbanistica, a maggior ragione nel caso di varianti semplificate (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 22.02.2010 n. 864 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALI: COMPETENZE PROFESSIONALI DEI GEOMETRI - Il prof. Avv. Salvatore Alberto Romano, su richiesta del C.N.G., esprime un suo parere sulla Sentenza della Corte di Cassazione n. 19292/2009 (Il Triangolo n. 1/2010).

anno 2009

COMPETENZE PROFESSIONALICompetenze professionali - Progettazione in c.a. (Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati, nota 19.11.2009 n. 9988 di prot.).

COMPETENTE PROGETTUALI: Competenze professionali ingegneri e geometri - Sentenza Corte di Cassazione n. 19292/2009 (Consiglio Nazionale degli Ingegneri, circolare 04.11.2009 n. 5610 di prot. - link a www.cni-online.it).

COMPETENZE PROGETTUALI - PUBBLICO IMPIEGO: Incarico tecnico comunale di progettazione.
Il sindaco del Comune di (omissis) chiede se sia legittimo conferire al tecnico comunale dell’ente l’incarico per predisporre progetto di solo intonaco esterno su un edificio (granaio) sottoposto a vincolo da parte della Soprintendenza.
La soluzione alternativa è rappresentata dalla necessità di affidare incarico professionale ad ingegnere o architetto esterni, con un evidente aggravio di spesa sul bilancio comunale (Regione Piemonte, parere n. 118/2009 - tratto da www.regione.piemonte.it).

COMPETENZE PROGETTUALI: Ai fini della valutazione o meno dell'"esiguità" nelle dimensioni delle costruzioni, per stabilire se possono ricadere nella sfera di competenza dei geometri, devono rilevare sia il criterio “qualitativo” che quello “economico”.
La competenza dei geometri è, infatti, limitata alle sole costruzioni minori, di modeste dimensioni, con divieto di progetto di opere per cui vi sia impiego di cemento armato, tale da implicare un pregiudizio alle persone in caso di difetto strutturale, stante anche l'evidente favore che le varie norme pongono per la competenza esclusiva dei tecnici laureati.

In materia di competenza professionale del geometra, va premesso che il sistema, ricostruito attraverso il combinato disposto dell'art. 16 del R.D. 11.02.1929 n. 274, della legge 05.11.1971 n. 1086 e della legge 02.02.1974 n. 64 (che hanno, rispettivamente, disciplinato le opere in conglomerato cementizio e le costruzioni in zone sismiche), prevede che la progettazione delle costruzioni civili, ove si adottino strutture in cemento armato, è riservata solo agli ingegneri ed agli architetti iscritti nei relativi albi professionali (cfr. fra le recenti, Cass., Sez. II, 08.04.2009 n. 8543 e 14.04.2005 n. 7778).
Con sentenza della Corte Costituzionale n. 199 del 27.04.1993, è stato precisato che il parametro della modestia delle costruzioni, stabilito dall'art. 16, lett. l) e m) del R.D. 11.02.1929, n. 274, con cui è stato approvato il regolamento sulla professione dei geometri, quale criterio discriminatore tra la competenza dei geometri e quella degli ingegneri ed architetti, non è generico, in quanto si riferisce a nozioni tecniche di comune esperienza, che consentono di valutare se la struttura dell'edificio e le modalità costruttive, unitamente al criterio quantitativo e economico, escludano che la costruzione possa essere realizzata da professionisti di rango inferiore.
Pertanto, ai fini della valutazione o meno dell'"esiguità" nelle dimensioni delle costruzioni in parola, per stabilire se possono ricadere nella sfera di competenza dei geometri, devono rilevare sia il criterio “qualitativo” che quello “economico”.
La competenza dei geometri è, infatti, limitata alle sole costruzioni minori, di modeste dimensioni, con divieto di progetto di opere per cui vi sia impiego di cemento armato, tale da implicare un pregiudizio alle persone in caso di difetto strutturale, stante anche l'evidente favore che le varie norme pongono per la competenza esclusiva dei tecnici laureati (in tal senso, anche: Cons. Stato. Sez. V n. 25 del 13.01.1999, nonché Cass. sez. II n. 15327 del 29.11.2000).
Comunque, anche quando è ammessa la competenza del geometra per la progettazione in strutture di cemento armato, essa va sempre limitata alla opere di dimensioni minori, sicché, per valutare l'idoneità del geometra a firmare il progetto di natura edilizia che comporta l'uso del cemento armato, occorre considerare le specifiche caratteristiche dell'intervento, al fine di ammetterla solo se si tratti di opera di modeste dimensioni (cfr. Cons. Stato, Sez V: 16.09.2004, n. 6004 e 31.01.2001, n. 348) (TAR Calabria-Catanzaro, Sez. I, sentenza 20.10.2009 n. 1116 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALIE' inibito al geometra occuparsi di strutture in cemento armato, salvo nel caso di piccole costruzioni accessorie di carattere rurale, che per intrinseca destinazione non possano implicare pericolo per l’incolumità delle persone, con la conseguenza che, ove il rapporto professionale abbia invece avuto oggetto costruzioni per civile abitazione con impiego di cemento armato, esso è affetto da nullità e non può fondare la pretesa di alcun compenso.
La competenza professionale dei geometri in materia di progettazione e direzione dei lavori di opere edili riguarda le costruzioni rurali e degli edifici per uso di industrie agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato che non richiedono particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone, nonché il progetto, la direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili.
La competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l'adozione -anche parziale- di strutture in cemento armato, mentre, in via d'eccezione, si estende anche a queste strutture solo con riguardo alle piccole costruzioni accessorie nell'ambito degli edifici rurali o destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone, essendo riservata agli ingegneri la competenza per le costruzioni civili, anche modeste, che adottino strutture in cemento armato. Pertanto, la progettazione e la direzione di opere da parte di un geometra in materia riservata alla competenza professionale degli ingegneri o degli architetti sono illegittime, a nulla rilevando in proposito che un progetto redatto da un geometra sia controfirmato o vistato da un ingegnere ovvero che un ingegnere esegua i calcoli in cemento armato, atteso che il professionista competente deve essere altresì titolare della progettazione, trattandosi di competenze inderogabilmente affidate dal committente al professionista abilitato secondo il proprio statuto professionale, sul quale gravano le relative responsabilità. Ne consegue che, qualora il rapporto professionale abbia avuto ad oggetto una costruzione per civili abitazioni, è affetto da nullità il contratto anche relativamente alla direzione dei lavori affidata a un geometra, quando la progettazione -richiedendo l'adozione anche parziale dei calcoli in cemento armato- sia riservata alla competenza degli ingegneri”.
La competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l'adozione -anche parziale- di strutture in cemento armato, mentre, in via d'eccezione, si estende anche a queste strutture con riguardo alle piccole costruzioni accessorie nell'ambito degli edifici rurali o destinati alle industrie agricole, non richiedenti particolari operazioni di calcolo e per la loro destinazione non comportanti pericolo per le persone, restando la suddetta competenza comunque esclusa nel campo delle costruzioni civili ove si adottino strutture in cemento armato, la cui progettazione e direzione, qualunque ne sia l'importanza, è pertanto riservata solo agli ingegneri ed architetti iscritti nei relativi albi professionali.

La giurisprudenza della Corte di Cassazione è consolidata nel ritenere che è inibito al geometra occuparsi di strutture in cemento armato, salvo nel caso di piccole costruzioni accessorie di carattere rurale, che per intrinseca destinazione non possano implicare pericolo per l’incolumità delle persone, con la conseguenza che, ove il rapporto professionale abbia invece avuto oggetto costruzioni per civile abitazione con impiego di cemento armato, esso è affetto da nullità e non può fondare la pretesa di alcun compenso, come emerge chiaramente dalle seguenti massime:
- “la competenza professionale dei geometri in materia di progettazione e direzione dei lavori di opere edili, prevista dall'articolo 16 del r.d. 11.02.1929 n. 274, riguarda le costruzioni rurali e degli edifici per uso di industrie agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato che non richiedono particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone, nonché il progetto, la direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili. (Nella specie la S.C. ha rigettato il motivo di ricorso del geometra -avverso la sentenza che gli aveva negato i compensi per la ristrutturazione di un fabbricato con travi e pilastri in cemento armato- secondo cui erroneamente la corte di merito aveva ritenuto che la progettazione in cemento armato è esclusa dalla competenza dei geometri indipendentemente dalla modestia dell'opera)” (Cass. 21.12.2006 n. 27441)
- “a norma dell'art. 16, lett. m), r.d. 11.02.1929, n. 274, che non è stato modificato dalla legge n. 1068 del 1971, la competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l'adozione -anche parziale- di strutture in cemento armato, mentre, in via d'eccezione, si estende anche a queste strutture, a norma della lett. l) del medesimo articolo, solo con riguardo alle piccole costruzioni accessorie nell'ambito degli edifici rurali o destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone, essendo riservata agli ingegneri la competenza per le costruzioni civili, anche modeste, che adottino strutture in cemento armato.
Pertanto, la progettazione e la direzione di opere da parte di un geometra in materia riservata alla competenza professionale degli ingegneri o degli architetti sono illegittime, a nulla rilevando in proposito che un progetto redatto da un geometra sia controfirmato o vistato da un ingegnere ovvero che un ingegnere esegua i calcoli in cemento armato, atteso che il professionista competente deve essere altresì titolare della progettazione, trattandosi di competenze inderogabilmente affidate dal committente al professionista abilitato secondo il proprio statuto professionale, sul quale gravano le relative responsabilità.
Ne consegue che, qualora il rapporto professionale abbia avuto ad oggetto una costruzione per civili abitazioni, è affetto da nullità il contratto anche relativamente alla direzione dei lavori affidata a un geometra, quando la progettazione -richiedendo l'adozione anche parziale dei calcoli in cemento armato- sia riservata alla competenza degli ingegneri
” (Cass. 26 luglio 2006 n. 17028);
- “a norma dell'art. 16, lett. m), r.d. 11.02.1929, n. 274 (d'attuazione della legge n. 1395 del 1923), e come si ricava anche dalle leggi n. 1068 del 1971 e n. 64 del 1974 (che hanno rispettivamente disciplinato le opere in conglomerato cementizio e le costruzioni in zone sismiche) nonché dalla legge n. 144 del 1949 (recante la tariffa professionale), la competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l'adozione -anche parziale- di strutture in cemento armato, mentre, in via d'eccezione, si estende anche a queste strutture, a norma della lett. l) del medesimo art., solo con riguardo alle piccole costruzioni accessorie nell'ambito degli edifici rurali o destinati alle industrie agricole, non richiedenti particolari operazioni di calcolo e per la loro destinazione non comportanti pericolo per le persone, restando la suddetta competenza comunque esclusa nel campo delle costruzioni civili ove si adottino strutture in cemento armato, la cui progettazione e direzione, qualunque ne sia l'importanza, è pertanto riservata solo agli ingegneri ed architetti iscritti nei relativi albi professionali (In applicazione del suindicato principio la Corte Cass. ha escluso potersi considerare priva di pericolo per la pubblica incolumità e conseguentemente rientrare nella competenza del geometra, la redazione di un piano di lottizzazione comprendente la progettazione di due complessi residenziali, ciascuno di tre piani fuori terra, oltre a cantine e boxes, trattandosi in tal caso di opere comportanti la soluzione di problemi tecnici non solo in ordine ai calcoli del cemento armato, ma anche in relazione alle opere di urbanizzazione primaria da realizzare)” (Cass. 14.04.2005 n. 7778);
- “a norma dell'art. 16, lett. m), del R.D. 11.02.1929 n. 274, la competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l'adozione anche parziale di strutture in cemento armato, mentre, in via di eccezione, si estende anche a queste strutture, a norma della lett. l) del medesimo articolo, solo con riguardo alle piccole strutture accessorie nell'ambito degli edifici rurali o destinati alle industrie agricole che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone, restando quindi esclusa la suddetta competenza nel campo delle costruzioni civili ove si adottino strutture in cemento armato, la cui progettazione e direzione, qualunque ne sia l'importanza, è riservata solo agli ingegneri ed architetti iscritti nei relativi albi professionali” (Cass. 30.03.2005 n. 6649);
- “a norma dell'art. 16, lett. m), R.D. 11.02.1929, n. 274 (d'attuazione della legge n. 1395 del 1923), e come si ricava anche dalla legge n. 1068 del 1971 dalla legge n. 64 del 1974 (che hanno rispettivamente disciplinato le opere in conglomerato cementizio e le costruzioni in zone sismiche) nonché dalla legge n. 144 del 1949 (recante la tariffa professionale), la competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l'adozione -anche parziale- di strutture in cemento armato, mentre, in via d'eccezione, si estende anche a queste strutture, a norma della lett. l) del medesimo art., solo con riguardo alle piccole costruzioni accessorie nell'ambito degli edifici rurali o destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone, restando la suddetta competenza comunque esclusa nel campo delle costruzioni civili ove si adottino strutture in cemento armato, la cui progettazione e direzione, qualunque ne sia l'importanza è pertanto riservata solo agli ingegneri ed architetti iscritti nei relativi albi professionali (Nel fare applicazione del suindicato principio la Corte Cass. ha rigettato l'impugnazione, considerando infondata la tesi del ricorrente secondo cui nel suindicato divieto per i geometri non ricadrebbero i manufatti "isostatici", da realizzare per intero in conglomerato, senza iterazione con corpi di fabbrica in muratura tradizionale, altresì escludendo che le innovazioni introdotte nei programmi scolastici degli istituti tecnici possano ritenersi avere ampliato, mediante l'inclusione tra le materie di studio d'alcuni argomenti attinenti alle strutture in cemento armato, le competenze professionali dei medesimi)” (Cass. 15.02.2005 n. 3021).
Nella specie, l’esame della documentazione prodotta e della relazione del consulente tecnico d’ufficio rivela che le prestazioni professionali si riferiscono ad una villetta per civile abitazione, libera su quattro lati e disposta su un piano scosceso, composta di tre piani fuori terra (compreso il sottotetto) oltre al piano seminterrato, non realizzata in semplice muratura, ma con getti di calcestruzzo in cemento armato, sia per le strutture di sostegno delle terre scoscese, sia per l’ossatura centrale portante dell’edificio, avente una volumetria complessiva stimabile per difetto in almeno 1.500 mc.. La non trascurabile complessità della struttura edilizia e la sua destinazione a civile abitazione fanno categoricamente escludere la competenza professionale del geometra per la progettazione e la direzione lavori. Ne segue che nessun compenso può essere preteso dal ... per prestazioni che non poteva e non doveva svolgere, sicché, in applicazione dei principi giuridici esposti, l’impugnazione va decisamente respinta (Corte d'Appello di Firenze, Sez. I, sentenza 04.06.2009 n. 762).

COMPETENZE PROGETTUALI: MODESTIA DELLA COSTRUZIONE.
Quanto al primo aspetto (modestia della costruzione) va rilevato che data l’apparente incertezza letterale della norma, è stata la giurisprudenza a stabilirne, in concreto, il significato.
Orbene, la giurisprudenza ha stabilito che non si può a priori decidere quando una costruzione sia modesta e quando no, perché tale criterio è relativo (ossia da stabilire volta per volta e demandato al giudice di merito) e non assoluto e fisso.
Vale a dire che occorre, volta per volta, una indagine di fatto, tesa ad accertare se una costruzione destinata a civile abitazione sia da considerarsi modesta o meno e ciò anche con riferimento al mutare delle conoscenze costruttive nel tempo (dunque, mutevoli).
Per far ciò, occorre compiere una valutazione caso per caso delle difficoltà tecniche che la progettazione e l'esecuzione dell'opera concreta comporta e dalla capacità (cioè dalle cognizioni tecniche) occorrente per superarle.
Il criterio, dunque, è tecnico-qualitativo e non quantitativo, come chiarito oramai da moltissimi anni dalle sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza n. 1474 del 13/05/1968: "modeste debbono considerarsi le costruzioni che non presentino difficoltà tecniche che, in quanto di difficile soluzione, esulino dal livello di conoscenze proprie del geometra/perito industriale” e dalla Corte Costituzionale (sentenza 27.04.1993 n. 199): “il criterio da seguire è quello tecnico–qualitativo fondato sulla valutazione della struttura dell'edificio e delle relative modalità costruttive, che non devono implicare la soluzione di problemi particolari devoluti esclusivamente ai professionisti di rango superiore, mentre il criterio quantitativo e quello economico possono soccorrere quali elementi complementari di valutazione, in quanto indicativi delle caratteristiche costruttive e delle difficoltà tecniche presenti nella realizzazione dell'opera”.
In detta indagine, quindi, devono privilegiarsi gli aspetti tecnici e le difficoltà che vanno, in concreto, affrontate; soccorrono, però, anche elementi quantitativi, tipo l’importo dell'opera (costo presunto), la cubatura, il numero dei piani, […] definiti “elementi complementari di valutazione
(3).
I tecnici diplomati, dunque, possono progettare e dirigere lavori improntati a criteri di semplicità, sia sotto il profilo strutturale che edilizio.
In proposito, però, la casistica è assai ampia e non sempre univoca proprio perché lasciata alla interpretazione giurisprudenziale, che ha seguito per individuare i confini delle competenze professionali dei diversi soggetti il criterio che le vuole legare ai differenti percorsi formativi.
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(3) “Il discrimine della competenza dei geometri nel campo delle costruzioni civili è dato dal criterio della "modestia" dell'opera, così come stabilito dall'art. 16 r.d. 11.02.1929 n. 274, il quale, nel regolare l'attività professionale dei geometri alla lett. m), consente loro l'attività di "progetto, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili". Tale criterio è da intendere in senso tecnico-qualitativo e con riguardo ad una valutazione della struttura dell'edificio e delle relative modalità costruttive, che non devono implicare la soluzione di problemi tecnici particolari, devoluti esclusivamente alla competenza professionale degli ingegneri e degli architetti. Altri criteri, come quello quantitativo, delle dimensioni e della complessità, nonché quello economico, possono soccorrere quali elementi complementari di valutazione, in quanto indicativi delle caratteristiche costruttive e delle difficoltà tecniche presenti nella realizzazione dell'opera”. Consiglio Stato, sez. V, 03.10.2002, n. 5208.

Ciò che è indubbio è che la giurisprudenza esclude che il criterio possa essere guidato solo dalla superficie della costruzione o dai suoi costi, dato che l'una e gli altri non sono di per sé indici inequivoci di specifiche difficoltà tecniche (si spiega, così, la previsione, nella tariffa professionale dei geometri, di una voce per i compensi per progettazioni di costruzioni di larga superficie e di elevati costi) ma non impedisce affatto che i costi e la superficie (come la cubatura ed il numero dei piani) possano essere considerati, comunque, elementi sintomatici complementari, ancorché di per se insufficienti, siccome indicativi di caratteristiche costruttive dell'opera e di difficoltà tecniche che l'opera medesima presenta, per l'apprezzamento del carattere modesto o meno della costruzione.
Il criterio principe seguito dalla giurisprudenza per stabilire se una costruzione sia modesta, consiste, dunque, nel valutare se il progetto, per i problemi tecnici che implica, possa, in relazione alla destinazione dell'opera, comportare un pericolo per l'incolumità delle persone in caso di difetto strutturale. Con ciò il concetto di modesta costruzione finisce in gran parte col coincidere con i criteri dettati dalla lettera l) per quanto concerne le opere in cemento armato, che possono essere realizzate solo se i calcoli non sono complessi e non c’è pericolo per la pubblica incolumità.
In tal senso, si vedano le seguenti massime:
- Il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta -e rientri quindi nella competenza professionale dei geometri, ai sensi dell'art. 16, lett. m), R.D. 11.02.1929 n. 274– consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e l'esecuzione dell'opera comportano e le capacità occorrenti per superarle; a questo fine assumono rilievo, oltre alla complessità della struttura e delle relative modalità costruttive, anche, in via complementare, il costo presunto dell'opera, in quanto si tratta in ogni caso di elementi sintomatici che valgono ad evidenziare le difficoltà tecniche che coinvolgono la costruzione (Nella specie la S.C. ha confermato la decisione della corte territoriale, negando la competenza dei geometri, rilevando che gli impianti di depurazione non rientrano tra le opere contemplate dalla tariffa professionale, che l’entità dei lavori –14 miliardi di vecchie lire- esulasse dalle competenze dei geometri e che la delicatezza dei problemi tecnici relativi alla progettazione di un'infrastruttura reticolare e connessi all'interferenza con altri impianti pure a rete (illuminazione, cavi telefonici, ecc.) ed alla sostituzione e/o recupero dell'impianto preesistente ponesse serie problemi tecnici) (Corte di Cassazione, Sez. I civile, sentenza 27.02.2008 n. 5203);
- La competenza professionale dei geometri in materia di progettazione e direzione dei lavori di opere edili, prevista dall'art. 16, r.d. n. 274 del 1929, riguarda le costruzioni rurali e degli edifici per uso di industrie agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato che non richiedono particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone, nonché il progetto, la direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili (TAR Campania-Salerno, Sez. II,
sentenza 19.07.2007 n. 860);
- L'indagine intesa ad accertare se una costruzione destinata a civile abitazione sia da considerarsi modesta e rientri, quindi, nella competenza professionale dei periti industriali (o dei geometri), non può prescindere dalla valutazione delle difficoltà tecniche che la progettazione e l'esecuzione dell'opera comporta e dalla capacità (cioè dalle cognizioni tecniche) occorrente per superarle, criterio che ha valore fondamentale per l'esatta interpretazione e l'applicazione dell'art. 16 del regolamento professionale (R.D. 11.02.1929 n. 275, per i periti industriali, e R.D. 11.02.1929 n. 274, per i geometri), in detta indagine si terrà conto anche degli elementi dell'importo dell'opera (costo presunto), della cubatura e del numero dei piani (cosiddetti criteri di valore, od economico, e quantitativo), ma soprattutto per il loro valore sintomatico, in quanto valgono a determinare le caratteristiche costruttive dell'opera e ad illuminare sulle difficoltà tecniche che l'opera medesima presenta, al fine di apprezzare se questa costituisca una costruzione modesta ai sensi dell'ordinamento professionale, ovvero esuli dalla capacita tecnica e dalla competenza dei periti industriali (e dei geometri) (Corte di Cassazione, Sez. III civile, sentenza 14.06.2007 n. 13968);
- Nell'affidamento degli incarichi di progettazione e direzione dei lavori il discrimine tra la competenza dei geometri e le attribuzioni riservate agli ingegneri è costituito dalla modesta entità dei lavori affidati, essendo preclusa ai geometri la realizzazione di lavori richiedenti una visione d'insieme e di carattere programmatorio complessivo (nel caso concreto si è ritenuto rientrasse nella competenza dei geometri l'incarico di progettazione e direzione lavori di manutenzione straordinaria e sistemazione di un'area pubblica a destinazione mercatale) (TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 28.02.2007 n. 852);
- In base all'art. 16, R.D. 11.02.1929 n. 274 e dell'art. 54, L. 02.03.1949 n. 144, non rientra nella competenza dei geometri la realizzazione di un complesso di opere di modesta entità o tenuità, bensì che richiede una visione d'insieme, pone problemi di carattere programmatorio ed impone la valutazione complessiva di una serie di situazioni la cui soluzione, sotto il profilo tecnico, possa incontrare difficoltà non facilmente superabili con il solo bagaglio professionale del geometra (nella specie, l'incarico di progettazione è di sicura complessità, perché riguarda l'adeguamento e la razionalizzazione dell'acquedotto comunale, in funzione di una nuova destinazione urbanistica e, quindi, non è penalizzante della posizione professionale dei geometri) (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 22.09.2001 n. 4985).

Interessante è poi notare che nel concetto di modestia, si deve tener conto dell'evoluzione della tecnica edilizia nel tempo. Il limite, dunque, non è assoluto ma flessibile intrinsecamente correlato all’evoluzione tecnica e scientifica dell’edilizia.
Pertanto il concetto di "modesta costruzione civile" è, nel tempo, inevitabilmente soggetto ad adeguarsi allo stato della cultura tecnica dei professionisti ed ai moderni metodi di costruzione, data la sempre maggior attenzione alla sicurezza e, quindi, al ridursi del pericolo per l’incolumità delle persone. In tal senso si è anche pronunziata la Corte Costituzionale (sentenza 27.04.1993 n. 199) affermando la ragionevolezza di “ragguagliare a presupposti "flessibili" la determinazione di competenze che postulano cognizioni necessariamente variabili in rapporto ai progressi tecnico-scientifici che la materia può subire nel tempo”.

Come già detto l’espressione “modeste costruzioni civili” è solo apparentemente generica e indeterminata.
Perché apparentemente? Innanzitutto perché la giurisprudenza della Corte Costituzionale, chiamata a pronunziarsi più volte sul punto, ha escluso che l’espressione sia generica.
La Corte Costituzionale infatti ha rimarcato che tutte le norme impongono al giudice una normale interpretazione, e che l’elaborazione giurisprudenziale sul punto è numerosa e concorde nel ritenere che, per accertare se una costruzione sia da considerare "modesta", tale cioè da rientrare nella competenza professionale dei geometri/periti, il criterio basilare cui fare appello é quello tecnico –qualitativo fondato sulla valutazione della struttura dell'edificio e delle relative modalità costruttive.
Generalmente si ritengono “modeste” quelle costruzioni che non superano i 5000 mc. e fino a due piani
(4).
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(4) Ciò in ossequio all’art. 57 L. 144/1949 (tariffa dei geometri).

Vediamo comunque alcuni esempi.
- Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 12.11.1985 n. 390: ha ritenuto non fosse modesta (e dunque esulare dalla competenza dei geometri) la progettazione di edifici abitativi a sei piani con strutture in cemento armato e volume di 5.000 metri cubi;
- Corte di Cassazione, penale, sentenza 27.03.1995 n. 5416: ha ritenuto la competenza dei geometri la di capannone industriale di circa 8200 m3 di volume, su tre piani e con struttura in cemento armato;
- TAR Lombardia-Milano, sentenza 30.07.1996 n. 1269: ha ritenuto la competenza dei geometri per un intervento che consisteva nel ricomporre il preesistente volume di due fabbricati, pari a 255 metri cubi, in un'unica costruzione a due piani, di cui uno seminterrato;
- Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 31.01.2001 n. 348: (confermando il TAR Emilia-Romagna) ha escluso la competenza dei geometri per la sopraelevazione di tre piani, per una volumetria complessiva di 1700 metri cubi;
- Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 30.10.2003 n. 6747: ha escluso la competenza dei geometri per la realizzazione di una struttura in cemento armato di tre piani con fondamenta del tutto nuove;
- TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 10.12.2003 n. 1784: ha escluso la competenza dei geometri per opere di ampliamento della struttura cimiteriale, in virtù del fatto che era necessario raccordare le nuove opere con quelle preesistenti;
- TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 28.02.2007 n. 852: ha ritenuto non complessa (e quindi di competenza dei geometri) l'incarico di progettazione e direzione di lavori di manutenzione straordinaria e sistemazione di un'area pubblica a destinazione mercatale.

Per quanto riguarda la progettazione di strade, la lett. b del sopraccitato art. 16 R.D. 274/1929, sancisce che i geometri possono progettare strade qualora ricorra la "tenue importanza dell'opera".
Anche qui la giurisprudenza segue un criterio tecnico–qualitativo (natura e dimensione della strada da costruire), per stabilire se la strada sia di tenue importanza.
Pertanto si ritiene esuli dalle competenze dei tecnici diplomati la progettazione di strade pubbliche, da intendersi comprese nella definizione anche le strade sviluppate all’interno del tessuto urbano che non possono essere qualificate di tenue importanza in quanto comportano interventi di una certa complessità (come la progettazione di muri di contenimento, ponti, gallerie) ed essendo destinate al traffico ordinario (cfr. TAR Puglia Lecce, sez. II, 10.02.2006, n. 902; TAR Calabria Catanzaro, sez. I, 12.07.2005, n. 99; TAR Campania-Salerno 17.11.2004 n. 2016; TAR Sardegna, 19.04.1995, n. 547).

Un’ultima annotazione per quanto concerne le competenze delle opere di urbanizzazione all’interno di lottizzazioni.
In merito la giurisprudenza, quando si è dovuta pronunziare, ha spesso escluso la competenza dei tecnici diplomati, rilevando che la redazione di un piano di lottizzazione comporta la soluzione di problemi tecnici non solo in ordine ai calcoli del cemento armato, ma anche in relazione alle opere di urbanizzazione primaria da realizzare, di particolare complessità, come tali esulanti dal concetto di modeste costruzioni civili e implicanti pericolo per la pubblica incolumità.
Ciò, però, non significa a priori escludere la competenza dei geometri per le lottizzazioni, anche perché la legge stessa sulle tariffe per le prestazioni professionali dei geometri, prevedendo, ai sensi dell'art. 46 L. 144/1949, in caso di lottizzazioni, la facoltà di aumentare dal 20 al 100% gli onorari di cui alla lettera a tab.D5, prevede la loro competenza per le lottizzazioni, ovviamente però se modeste.
Si veda, in proposito, la recente Cassazione Civile, sez. II, 14.04.2005, n. 7778 che ha statuito: “la redazione di un piano di lottizzazione, in astratto, NON è attività preclusa ai geometri; ma, in considerazione delle attività che l'art. 16 del R.D. 274 del 1929 riserva ai geometri e nel rispetto della ratio della norma, volta ad assicurare che determinate attività siano svolte da professionisti che, per la loro capacità professionale siano in grado di consentire la costruzione di opere non pericolose per la pubblica incolumità, ha ritenuto, sulla base delle risultanze della C.T.U., che la redazione di un piano di lottizzazione che comprenda la progettazione di due complessi residenziali, ciascuno di tre piani fuori terra, oltre cantine e boxes, opere che impongono la soluzione di problemi tecnici non solo in ordine ai calcoli del cemento armato, ma anche in relazione alle opere di urbanizzazione primaria da realizzare, non possa rientrare fra quelle attività che, con riferimento alla modestia delle opere consentite per legge al geometra, siano tali da escludere un pericolo per la pubblica incolumità e possano, conseguentemente, essere consentite allo stesso”.
Altre volte, invece, la competenza dei tecnici diplomati per la redazione di un piano di lottizzazione è stata esclusa in radice, con la motivazione che tali opere richiedono una visione di insieme che impone problemi di carattere programmatorio che non possono rientrare nella competenza se non di persone laureate.
In tal senso, si veda Consiglio di Stato 03.09.2001 n. 4620 “è pacifico che la redazione di un piano di lottizzazione costituisce attività che chiaramente richiede una competenza programmatoria in tale settore, anche se si limita l'attività a opere di modesta entità, e nonostante che la stessa sia posta in attuazione delle previsioni dello strumento urbanistico generale.
In effetti, come già affermato da questa Sezione, la redazione di un tale strumento concerne indubbiamente la realizzazione di un complesso di opere che richiede una visione di insieme e pone problemi di carattere programmatorio che indubbiamente postulano valutazioni complessive che non rientrano nella competenza professionale del Geometra, così come definita dall'art. 16 del R.D. 11.02.1929 n. 274 - Cons. St., sez. V, n. 25 del 13.01.1999; n. 3 del 03.01.1992; Cons. St., sez. IV, n. 765 del 09.11.1989
” (conformi anche).

La recentissima sentenza 29.10.2008 n. 1466 del TAR Lombardia-Brescia, superando la dicotomia, sancisce che in generale è precluso al geometra la redazione di un piano di lottizzazione, anche se ciò non significa vietarlo tout court, occorrendo, sempre, una indagine fattuale volta a valutare quali siano, in concreto, le difficoltà di quello specifico piano (nel caso di specie è stata ritenuta la competenza dei geometri: “In linea generale, la redazione di un piano di lottizzazione (e, in genere, di uno strumento di programmazione urbanistica) costituisce attività che richiede una competenza specifica in tale settore attraverso una visione di insieme e la capacità di affrontare e risolvere i problemi di carattere programmatorio che postulano valutazioni complessive non rientranti nella competenza professionale del geometra, così come definita dall'art. 16 del R.D. n. 274/1929 (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 03.09.2001 n. 4620; Sez. IV, 09.11.1989 n. 765). Nel caso specifico va tuttavia osservato che il Piano di recupero in oggetto assume solo la connotazione formale di un Piano urbanistico attuativo poiché, nella sostanza, presenta contenuti esclusivamente edilizi che riguardano la ristrutturazione (mediante demolizione e ricostruzione) di un edificio esistente. Non sono invece coinvolti aspetti pianificatori tipici della programmazione urbanistica, come il raccordo tra l'edificazione e le opere di urbanizzazione primaria e secondaria, sia esistenti che di progetto. Si tratta, pertanto, di un Piano di recupero costituito attraverso valutazioni ed elaborati tipici di un permesso di costruire ed avente ad oggetto un'opera di modesta entità che rientra senz'altro nella competenza professionale del Geometra” (tratto dal lavoro 02.04.2009 "Il riparto delle competenze professionali dei tecnici dell’edilizia" a cura dell'Avv. Annalisa Padoa).

COMPETENZE PROGETTUALI: CEMENTO ARMATO.
La lettera m del succitato art. 16 riguardo alle competenze dei Geometri in relazione agli edifici di civile abitazione, non fa alcun accenno alla possibilità -per tali professionisti- di progettare e realizzare anche edifici con strutture in cemento armato, precisando, come detto, che debba trattarsi comunque di “costruzioni modeste(6).
Con più specifico riferimento alle opere in conglomerato cementizio semplice od armato, si deve inoltre ricordare il R.D. 16.11.1939 n. 2229, che escludeva in via assoluta che i tecnici non laureati fossero competenti per la realizzazione di tal genere di costruzioni e stabiliva, in proposito, che «ogni opera di conglomerato cementizio semplice od armato, la cui stabilità possa comunque interessare l'incolumità delle persone, deve essere costruita in base ad un progetto esecutivo firmato da un ingegnere, ovvero da un architetto iscritto nell'albo, nei limiti delle rispettive attribuzioni […]».
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(6) L'art. 64, d.P.R. n. 380 del 2001 espressamente stabilisce:
<<1. La realizzazione delle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica, deve avvenire in modo tale da assicurare la perfetta stabilità e sicurezza delle strutture e da evitare qualsiasi pericolo per la pubblica incolumità.
2. La costruzione delle opere di cui all'articolo 53, comma 1, deve avvenire in base ad un progetto esecutivo redatto da un tecnico abilitato, iscritto nel relativo albo, nei limiti delle proprie competenze stabilite dalle leggi sugli ordini e collegi professionali.
3. L'esecuzione delle opere deve aver luogo sotto la direzione di un tecnico abilitato, iscritto nel relativo albo, nei limiti delle proprie competenze stabilite dalle leggi sugli ordini e collegi professionali.
4. Il progettista ha la responsabilità diretta della progettazione di tutte le strutture dell'opera comunque realizzate.
5. Il direttore dei lavori e il costruttore, ciascuno per la parte di sua competenza, hanno la responsabilità della rispondenza dell'opera al progetto, dell'osservanza delle prescrizioni di esecuzione del progetto, della qualità dei materiali impiegati, nonché, per quanto riguarda gli elementi prefabbricati, della posa in opera ».
A sua volta, Consiglio Stato , sez. V, 01.12.2003, n. 7821, ha statuito: “Per valutare l'idoneità di un geometra a firmare il progetto di un'opera edilizia comportante l'uso del cemento armato, occorre considerare le specifiche caratteristiche dell'intervento, potendo ammetterla solo in caso di opera di modeste dimensioni.
(Conferma TAR Liguria 20.09.1997 n. 333 ).

Successivamente la L. 05.11.1971 n. 1086 ha ridisciplinato la materia delle opere in conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica, ma utilizzando una formulazione ancor più generica, riguardo alle competenze, rispetto a quella degli anni venti e trenta.
L’art. 2 infatti, nel ridisciplinare la progettazione e direzione lavori delle opere in cemento armato, ha richiamato anche le figure del Geometra e del Perito edile, pur precisando per costoro la possibilità di sottoscrivere i progetti nei limiti delle rispettive competenze professionali (formulazione che in effetti non porta ulteriori chiarimenti) .
Infine, la disposizione del citato art. 2, L. n. 1086/1971, è stata ripresa integralmente dal T.U. in materia edilizia (DPR n. 380/2001) il quale, ai commi 2 e 3 dell'art. 64, ha disciplinato le competenze professionali proprio con riguardo alle opere in conglomerato cementizia.
Stante il non sempre ottimale coordinamento tra le diverse discipline normative sopra citate e le differenti interpretazioni che ne sono state date, ne è seguìto, nel corso degli anni, un notevole contenzioso in relazione alle attribuzioni professionali dei tecnici non laureati, con riguardo alle quali le sentenze della giurisprudenza si sono dimostrate sempre univoche.
Tralasciando le competenze in materia di costruzioni rurali, che poco ci riguardano in questa sede, vi è da dire come la giurisprudenza amministrativa –e non solo– abbia finito per dar vita a due diversi orientamenti.

Diversi orientamenti che comunque:
- o precludono tassativamente la possibilità per i Geometri di progettare costruzioni in cemento armato;
- o ne limitano la possibilità nella progettazione di “costruzioni modeste”.
Secondo l'impostazione più restrittiva, è stato sostenuto che, in mancanza di ogni ulteriore specificazione da parte della lett. m) di cui all'art. 16, RD n. 274 del 1929, la competenza dei geometri, nel campo degli edifici civili, è limitata alla realizzazione di edifici di carattere «modesto», in nessun modo implicanti l'utilizzo di strutture in cemento armato, atteso che la progettazione di tali opere in conglomerato cementizio è ammessa dalla lettera l) soltanto per piccole costruzioni accessorie di edifici rurali ovvero adibiti ad uso di industrie agricole.
In tal senso, si vedano Trib. Udine, 19.12.2006 n. 1790; Cass. Civ. 26.07.2006 n. 17028; Cass. Civ. sez. II, 15.02.2005 n. 3021 e Cons. Stato 22.05.2006 n. 3006 che ha statuito: “esula dalla competenza dei geometri la progettazione di costruzioni civili con strutture in c.a., trattandosi di attività che, qualunque ne sia l'importanza, è riservata solo agli ingegneri ed architetti iscritti nei relativi albi professionali”.
Viceversa, secondo l'interpretazione diciamo così più estensiva –soprattutto nella giurisprudenza del TAR– non sarebbe precluso al geometra (e al perito industriale) la progettazione di opere in cemento armato, ma limitatamente alle opere civili aventi comunque «modeste dimensioni», così da doversi escludere pericolo per l'incolumità delle persone in caso di difetto strutturale.

Piuttosto contrastante col dettato della legge e con la giurisprudenza appare invece la pratica applicazione di quanto sopra esposto, nonostante il principio indiscutibile in base al quale le opere in cemento armato non debbano implicare pericolo per la pubblica e privata incolumità (cfr., fra le recenti, Cass., sez. II, 14.04.2005 n. 7778), in coerenza col quale il Consiglio di Stato 13.06.2005 n. 3085 ha deliberato che “Anche quando è ammessa la competenza del geometra per la progettazione in strutture di cemento armato, tale competenza è comunque limitata alla opere di dimensioni minori, sicché per valutare l'idoneità del geometra a firmare il progetto di natura edilizia che comporta l'uso del cemento armato occorre considerare le specifiche caratteristiche dell'intervento, al fine di ammetterla solo se si tratti di opera di modeste dimensioni. La competenza dei geometri, infatti, è limitata alle sole costruzioni minori, di modeste dimensioni, con divieto di progetto di opere per cui vi sia impiego di cemento armato, tale da implicare un pregiudizio alle persone in caso di difetto strutturale, stante anche l'evidente favore che le varie norme pongono per la competenza esclusiva dei tecnici laureati” (tratto dal lavoro 02.04.2009 "Il riparto delle competenze professionali dei tecnici dell’edilizia" a cura dell'Avv. Annalisa Padoa).

COMPETENZE PROGETTUALI: CONCETTO DI NON SCINDIBILITÀ DEL PROGETTO - CONTROFIRMA DI UN INGEGNERE PER LA PARTE STRUTTURALE SUL PROGETTO PRESENTATO DA UN GEOMETRA.
L’invalidamento del progetto, redatto e presentato da un tecnico diplomato non competente in materia di cemento armato, non viene eluso dal fatto che un tecnico laureato (ingegnere o architetto) abbia effettuato e firmato i calcoli strutturali e diretto i relativi lavori delle strutture in cemento armato.
Ma è noto come invece tale elusione costituisca una prassi ormai consolidata, anche per la scarsa vigilanza degli Enti preposti al rilascio delle autorizzazioni.
A tale proposito si rimanda alla più recente Sentenza del Consiglio Stato, sez. IV, 05.09.2007, n. 4652 ove si afferma con estrema chiarezza e senza lasciare adito ad interpretazioni che non rientrano nella competenza dei geometri le opere in cemento armato diverse dalle piccole costruzioni accessorie, risultando ininfluente che il calcolo del cemento armato sia stato affidato ad un ingegnere o ad un architetto. La medesima Sentenza afferma inoltre che, allorché i calcoli siano stati fatti eseguire ad un ingegnere o architetto, ciò sia chiaro segnale del fatto che l’opera esuli dalle competenze del geometra in quanto evidentemente “non modesta”.

Risulta peraltro una copiosa giurisprudenza finalizzata alla repressione della prassi, assai diffusa, della “controfirma” sul progetto e la direzione lavori di una costruzione con strutture in cemento armato presentato da un tecnico diplomato (non abilitato) che, tra l’altro, ‘normalmente’, ne dirige le opere edili (7).
Chiara ed inequivocabile, al riguardo, la recente Sentenza della Cassazione civile 26.07.2006 n. 17028 ove si afferma che: “La progettazione e la direzione di opera da parte di un geometra in materia riservata alla competenza professionale degli ingegneri o degli architetti sono illegittime. In particolare, a rendere illegittimo in tale ambito un progetto redatto da un geometra non rileva che esso sia controfirmato o vistato da un ingegnere ovvero che un ingegnere esegua i calcoli del cemento armato e diriga le relative opere, perché è il professionista competente che deve essere altresì titolare della progettazione, trattandosi di incombenze che devono essere inderogabilmente affidate dal committente al professionista abilitato secondo il proprio statuto professionale, sul quale gravano le relative responsabilità”.
Essa chiaramente nega l’ipotetica distinguibilità o scindibilità tra il livello della progettazione per così dire edilizia e quello, presunto successivo, della progettazione strutturale.
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(7) Il principio, però, è assai risalente nel tempo; si veda Consiglio di Stato 12.11.1985 n. 390: “Ai fini della
legittimità della concessione edilizia per opere progettate e dirette da un professionista incompetente non rileva
la circostanza che i calcoli siano stati effettuati da un ingegnere laureato”.

La giurisprudenza, salvo rare eccezioni (8), ha sancito infatti che le due fasi sono “ontologicamente una”, non potendosi distinguere fra progetto edilizio e struttura, né fra progetto esecutivo, preliminare e definitivo, perché anche questi ultimi, riguardando le linee essenziali e generali dell’opera, presuppongono le operazioni e le competenze necessarie per la verifica della sua realizzazione.
In altre parole, la giurisprudenza ha evidenziato come progetto e struttura siano un unicum inscindibile, stante l’impossibilità di realizzare edifici sicuri, in difetto di una corretta progettazione architettonica globale; e la ragione di un tale rigore giurisprudenziale poggia dichiaratamente sul fatto che le disposizioni di legge in materia di competenze professionali nel settore delle costruzioni sono finalizzate alla pubblica incolumità, la cui tutela è di
competenza dello Stato.
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(8) Cons. Stato 04.06.2003 n. 3068, che ha ammesso la cooperazione fra tecnici.

Principio che ha, tra le conseguenze collaterali, anche il fatto di escludere il diritto al compenso del professionista non abilitato, col richiamo dell’art. 1418 Codice Civile (che sancisce la nullità di contratti contrari a norme di ordine pubblico).
Ed al riguardo, si vedano le seguenti massime:
- Corte di Cassazione, Sez. II civile, sentenza 25.05.2007 n. 12193: “Non è consentito di enucleare e distinguere, con riferimento a un progetto generale di una costruzione da destinare a civile abitazione redatto da un geometra, privo di competenza al riguardo, e che abbia assunto la direzione dei lavori, un'autonoma attività, per le parti di tali lavori inerenti a opere in cemento armato, riconducibile a un ingegnere o a un architetto. La competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l'adozione, anche parziale, di strutture in cemento armato, mentre è ammessa la sua competenza in via di eccezione anche a queste soltanto con riguardo alle piccole costruzioni accessorie nell'ambito degli edifici rurali o destinati alle industrie agricole che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone.”
- Corte di Cassazione, Sez. II civile, sentenza 26.07.2006 n. 17028: “È nullo il contratto intercorso tra un geometra e il committente avente a oggetto la progettazione e la direzione di opere in materia riservata alla competenza professionale degli ingegneri o degli architetti. In una tale eventualità il professionista non ha titolo ad alcun compenso, non essendo consentito di enucleare e distinguere, con riferimento a un progetto generale di una costruzione da destinare a civile abitazione redatto da un geometra privo di competenza al riguardo, e che abbia assunto anche la direzione dei lavori, un'autonoma attività, per la parte di tali lavori inerenti a opere in cemento armato, riconducibile a un ingegnere o a un architetto
- Corte di Cassazione, Sez. II civile, sentenza 15.02.2005 n. 3021: “Il contratto con il quale viene affidata a un geometra la progettazione di una costruzione civile in cemento armato è nullo, anche se il compito, su richiesta dell'incaricato, è poi svolto da un ingegnere o architetto”.
- Corte di Cassazione, Sez. II civile, sentenza 05.11.2004 n. 21185: “Con riferimento alle competenze dei geometri in materia di progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, l'art. 16 r.d. 274/1929, nel prevedere che i geometri non possono redigere progetti di costruzioni che comportino l'impiego di conglomerati cementizi, semplici o armati, in strutture statiche portanti, si riferisce sia ai progetti di massima che a quelli esecutivi, mentre nessun riscontro nella legge ha la categoria del progetto architettonico.”

Particolarmente interessante risulta perciò la pronuncia del TAR Veneto, Venezia, 28.01.2005 n. 381, riferita, per similitudine, all’inscindibilità del progetto di Restauro, laddove la Soprintendenza, nel controllare il progetto, aveva escluso la competenza dell’Ingegnere in materia (anche “per la parte tecnica del restauro”, essendo essa strettamente connessa a quella architettonica).
All’eccezione, sollevata dall’Ingegnere, in base alla quale avrebbe dovuto essere autorizzato, dovendosi considerare consolidata una prassi in virtù di precedenti progetti già all’Ingegnere autorizzati, Il TAR Veneto nel merito disponeva invece che “Deve e essere rilevata l'infondatezza della pretesa del ricorrente ingegnere a vedersi scomputare dal complessivo progetto la sola parte tecnica del progetto e ciò per l'evidente ragione che il progetto di restauro per il suo carattere unitario non consente uno scorporo di tal fatta.
Infine deve essere disattesa la dedotta contraddittorietà rispetto ai comportamenti pregressi dell'Amministrazione e ciò perché a prescindere dai dubbi sulla similitudine delle fattispecie poste a confronto, qualora pure la Sovrintendenza abbia in passato approvato progetti di restauro sui immobili artistici non per questo deve continuare a violare la legge
(tratto dal lavoro 02.04.2009 "Il riparto delle competenze professionali dei tecnici dell’edilizia" a cura dell'Avv. Annalisa Padoa).

COMPETENZE PROGETTUALI: RESTAURO DI EDIFICI STORICI VINCOLATI DALLA NORMATIVA STATALE DI TUTELA.
Per quanto concerne il settore del restauro di edifici di valore storico-artistico, la legge ne esclude la competenza anche degli Ingegneri, “fatta eccezione per la parte tecnica” (art. 52 R.D. 2537/1925).
Il restauro conservativo di un edificio sottoposto a vincolo ai sensi delle leggi che tutelano l'antichità e le belle arti è riservato, infatti, dall'art. 52 del R.D. 23.10.1925, n. 2537, a chi esercita la professione di Architetto.
Sono, dunque, riservati agli architetti:
- il restauro e ripristino degli edifici vincolati dalla L. 1089/1939 e successive (come da appositi elenchi);
- le opere edilizie che presentino carattere artistico
(9).
La giurisprudenza, in materia, è copiosa e costante nell’affermare che ciò trae origine “nello specifico corso di laurea che gli architetti sono tenuti a percorrere e della conseguente professionalità e sensibilità artistica ed estetica che acquisiscono” (cfr. Consiglio di Stato 16.05.2006 n. 2776).
La sentenza Cass. Pen. 14.12.1994, a sua volta, nell’escludere che un geometra possa operare nel settore del restauro di edifici, chiarisce che non può essere ritenuto intervento “modesto” quello volto al restauro di bene tutelato ai sensi delle leggi sull'antichità e le belle arti.
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(9) La giurisprudenza, in merito, sancisce: “La competenza esclusiva a realizzare opere su beni immobili sottoposti a vincolo storico e artistico ai sensi della l. 01.06.1939 n. 1089 spettante agli architetti non è limitata ai soli immobili oggetto di notificazione a norma degli artt. 1-3 l. n. 1089 cit. ma riguarda anche gli immobili che presentano comunque interesse storico ed artistico e per questo tutelati "ope legis"" Cons. Stato 23.07.1997 n. 386 (tratto dal lavoro 02.04.2009 "Il riparto delle competenze professionali dei tecnici dell’edilizia" a cura dell'Avv. Annalisa Padoa).

COMPETENZE PROGETTUALI: CONSEGUENZE CIVILI E PENALI DELL’INOSSERVANZA DELLE COMPETENZE.
Il contratto di progettazione e direzione lavori da parte di un tecnico non abilitato per opere che esulano dalle sue competenze (per esempio il cemento armato progettato da un geometra/perito) è nullo ex art. 1418 (10), 2229 (11) e 2231 (12) Codice civile, per contrarietà a norme imperative.
In tal senso, si segnala la recente Cassazione civile, sez. II, sentenza 25.07.2007 n. 12193, ed il principio è completamente affermato
(13).
Tale nullità è assoluta e rilevabile anche d’ufficio dal Giudice in ogni stato e grado del procedimento, ai sensi dell’art. 1421 C.C., il che significa che è, fra le forme di invalidità negoziale, ritenuta la più grave.
Ne consegue –per fare alcuni esempi concreti– che, allorché al tecnico non abilitato non sia stato saldato l’onorario, egli non ha la possibilità di intraprendere alcuna azione legale in giudizio per richiedere le proprie spettanze.
Ma anche il committente dei lavori, nel caso in cui essi presentino difetti e problemi, non può promuovere azioni contrattuali contro il tecnico (il committente, infatti, in quanto partecipe, per effetto del volontario conferimento dell'incarico, della violazione di norme di ordine pubblico, non può dolersi delle conseguenze dannose derivanti dal compimento di attività illecite, cui scientemente o quanto meno incautamente per colpevole ignoranza della legge, ha dato causa.
Altre conseguenze si rinvengono a carico dell’impresa appaltatrice, che è per legge tenuta a rifiutarsi di eseguire opere se i disegni non sono firmati e la Direzione dei Lavori non è assunta da professionista abilitato.
L’art. 4 L. 05.11.1971 n. 1086 infatti impone l’obbligo a carico delle imprese appaltatrici di denunciare all'Ufficio del Genio Civile competente per territorio le opere in cemento armato corredate dai calcoli (pena sanzioni penali), prima dell’inizio dei lavori.
L’appaltatore, in particolare, deve indicare nella denuncia i nomi ed i recapiti del committente, del progettista delle strutture e del direttore dei lavori.
La ratio della norma è quella di consentire di effettuare i dovuti controlli al fine di escludere ogni pericolo per la pubblica e privata incolumità, concetto che, come abbiamo visto, è un po’ il leit motiv del riparto di competenze fra tecnici diplomati e laureati.
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(10) “Il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative”.
(11) “La legge determina le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi o elenchi”.
(12) “Quando l’esercizio di una attività professionale è condizionato all’iscrizione in un albo o elenco, la prestazione eseguita da chi non è iscritto non gli dà azione per il pagamento della retribuzione”.
(13) Conforme Cass. Civ. 21.12.2006 n. 27441; Cass. Civ. 15.02.1986 n. 1182: “La redazione di un progetto eseguita da un geometra in materia riservata alla competenza professionale degli ingegneri è illegittima e a renderla legittima non basta che il progetto redatto dal geometra sia controfirmato o vistato da un ingegnere ovvero che un ingegnere esegua i calcoli del cemento armato e diriga le relative opere, perché è il professionista competente che deve essere altresì titolare della progettazione, assumendosi la responsabilità dei calcoli delle strutture armate. (Nella specie l'appaltatore aveva chiesto la dichiarazione di nullità del contratto avente ad oggetto la costruzione di una piscina coperta per essere stato redatto il progetto da un geometra).” In senso conforme anche Cass. sez. 26.07.2006 n. 17028, Cass. Civ. 06.03.2007 n. 5136.

Altri problemi pratici insorgono nei casi di contenzioso, dal momento che le assicurazioni dei tecnici prevedono sempre clausole di esonero della copertura nel caso in cui il professionista abbia ecceduto i limiti delle sue competenze professionali.
Dobbiamo, infine, considerare che nel sistema delle “professioni protette” lo svolgimento da parte del professionista di attività che esulino dalle proprie competenze di legge è assimilato all'ipotesi di attività svolta da soggetto non iscritto all'albo professionale, mancando in entrambi i casi l'abilitazione derivante dall'iscrizione.
Il che comporta conseguenze penali, ai sensi dell’art. 348 Codice Penale sull’abusivo esercizio della professione
(tratto dal lavoro 02.04.2009 "Il riparto delle competenze professionali dei tecnici dell’edilizia" a cura dell'Avv. Annalisa Padoa).

COMPETENZE PROGETTUALI: ABUSIVO ESERCIZIO DI UNA PROFESSIONE.
L’art. 348 Codice Penale sancisce: “Chiunque abusivamente esercita una professione, per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato è punito con la reclusione fino a sei mesi”.
Il delitto previsto dall'articolo 348 C.P. può sussistere quando l'agente eserciti un'attività privo dell'abilitazione richiesta per la stessa, ovvero, pur in possesso di un'abilitazione professionale, compia in concreto atti che esulano dall'ambito dell'attività legittimamente esercitabile sulla base dell'abilitazione posseduta, sconfinando così nel campo dalla legge riservato ad altro professionista.
La giurisprudenza si è già pronunziata in merito, ritenendo che risponde del reato di esercizio abusivo della professione, il geometra che procede alla progettazione e/o alla direzione dei lavori di un edificio con strutture di cemento armato che non sia di modeste dimensioni anche se il progetto è controfirmato o vistato da un professionista abilitato o se i calcoli del cemento armato sono stati fatti eseguire da un ingegnere (cfr. Cassazione penale, sez. VI, 10.10.1995, n. 1147; Cassazione penale, sez. VI, 13.12.1994; Consiglio Stato 31.01.2001 n. 348).
In questi casi, rammentiamo che l'art. 74 Codice di Procedura Penale riconosce facoltà al soggetto danneggiato dal reato, ai sensi dell'art. 185 Codice Penale, ad esercitare, nel processo penale, l'azione civile per il risarcimento del danno causato.
Va segnalato che, nel caso di progetto controfirmato da ingegnere/architetto, non vi è una causa di esclusione del reato, che permane tale (14).
Gli Ordini Professionali (degli Architetti e degli Ingegneri) possono dunque agire nel caso di abusivo esercizio della loro professione da parte di un tecnico non laureato in quanto l’interesse protetto dalla norma non è privato, ma pubblico (cfr. Pretura Perugia, 14.05.1993).
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(14) Risponde del reato di esercizio abusivo della professione il geometra che procede alla progettazione e alla direzione dei lavori di un edificio con strutture di cemento armato che non sia di modeste dimensioni anche se il progetto è controfirmato o vistato da un professionista abilitato o se i calcoli del cemento armato sono stati fatti eseguire da un ingegnere. Cassazione penale, sez. VI, 10.10.1995, n. 1147.

Né può considerarsi ammissibile la reiezione dell’eccezione –che molti tecnici non laureati propongono– “di aver studiato il cemento armato”. La Cassazione infatti ha ritenuto assolutamente irrilevante che fra i programmi di insegnamento degli Istituti Tecnici sia ricompreso nelle materie di studio "il cemento armato", perché il fatto comunque non abilita all'esercizio della professione nel settore specifico (cfr. Cass. Civ. 21.12.2006 n. 27441) (tratto dal lavoro 02.04.2009 "Il riparto delle competenze professionali dei tecnici dell’edilizia" a cura dell'Avv. Annalisa Padoa).

COMPETENZE PROGETTUALI: VIGILANZA/VERIFICA DELLE COMPETENZE PROFESSIONALI DA PARTE DEI FUNZIONARI DEGLI ENTI PREPOSTI AL RILASCIO DELLE AUTORIZZAZIONI.
Un altro aspetto importante del problema “competenze professionali” riguarda il dovere di vigilanza e di verifica delle stesse da parte dei Comuni. Nel rilasciare le autorizzazioni a costruire, infatti, gli Uffici Comunali sono tenuti a vigilare ed a verificare le competenze del professionista richiedente, pena la declaratoria di illegittimità dell’autorizzazione.
Lo stesso dicasi per le Soprintendenze, nel caso di progetti di restauro su edifici vincolati.
Il punto critico è costituito dal fatto, generalmente, che i Comuni non rispettano quanto previsto dalla normativa e non verificano se i professionisti che sottoscrivono progetti operino entro le rispettive competenze; e gli Ordini professionali, pertanto, non ne hanno conoscenza.

La Giurisprudenza, però, ha già più volte sancito l’obbligo comunale di verificare se il progetto presentato rientri o meno nel campo di attività del professionista che lo ha sottoscritto; ad esempio:
- Consiglio di Stato, sentenza 12.11.1985 n. 390: “L’amministrazione deve di volta in volta determinare se il progetto, per i problemi tecnici che implica, rientri o meno nella cognizione della categoria dei geometri”.
- TAR Puglia, sentenza 23.11.1985 n. 498: “Spetta all’amministrazione comunale accertare caso per caso se la costruzione edilizia da eseguire sia di modeste dimensioni”.
- Consiglio di Stato, sentenza 13.01.1999 n. 25: “Per gli edifici destinati a civile abitazione, la competenza dei geometri è limitata alle sole costruzioni di modeste dimensioni, con divieto di progettare opere per cui vi sia impiego di cemento armato, tale da implicare, in relazione alla destinazione dell'opera, un pericolo per l'incolumità della persone in caso di difetto strutturale, stante l'evidente favore che le varie norme pongono per la competenza esclusiva dei tecnici laureati, nonché l'obbligo della p.a., in sede di rilascio della concessione edilizia, di motivare congruamente in ordine alla sufficienza della redazione di un progetto da parte di un geometra”.

Ed anche per quanto concerne le Soprintendenze, la giurisprudenza ha stabilito che esse devono verificare l’idoneità professionale del progettista:
- Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 21.03.2006 n. 5239: “Se è vero, infatti, che spetta alla Soprintendenza ai sensi dell’art. 18 L. 1089/1939 di autorizzare i progetti delle opere concernenti i beni sottoposti alla legge stessa, il controllo del progetto –che mira ad assicurare la conformità dell’intervento alla salvaguardia del valore storico artistico del bene– non può non estendersi anche alla verifica della idoneità professionale del progettista (come stabilita dal legislatore)”;
- TAR Veneto, Sez. II, sentenza 28.1.2005 n. 381: “La Sovrintendenza per i beni ambientali ed architettonici -quale struttura preposta alla tutela dei beni culturali e storici- ben può, nell'esercizio della relativa funzione consultiva, rilevare anche l'incompetenza del professionista che ha redatto il progetto di restauro e ripristino di un edificio avente valenza culturale”;
- Consiglio di Stato, sentenza 23.07.1997 n. 386: “Il controllo sulla paternità professionale dei progetti di opere da realizzare su beni immobili sottoposti a vincolo storico e artistico ai sensi della l. 01.06.1939 n. 1089 rientra tra le competenze istituzionali dell'amministrazione dei beni culturali e ambientali”.

Se tale controllo non avviene, gli Ordini professionali sono comunque legittimati ad impugnare avanti al TAR le concessioni edilizie rilasciate a soggetti non abilitati (15).
La Giurisprudenza, in merito, afferma costantemente che l’Ordine professionale è legittimato a ricorrere contro un atto amministrativo, per vizi attinenti alla violazione dei limiti posti dalla legge all'esercizio di una professione concorrente, poiché, come persona giuridica pubblica, ha un interesse individuale a tutelare gli interessi della categoria globalmente considerata, con l’unico limite derivante dal divieto di occuparsi di questioni concernenti i singoli iscritti e di quelle relative ad attività che non sono soggette alla disciplina o potestà dell’Ordine
(16).
Per tale genere di ricorsi “ad opponendum” il termine per l'impugnazione del permesso di costruire da parte dei terzi, che assumano di aver subito pregiudizio dalla costruzione, decorre dalla piena ed effettiva conoscenza del provvedimento, intendendosi tale conoscenza come un fatto, la cui prova rigorosa incombe alla parte che eccepisce la tardività.
In mancanza di inequivoci elementi probatori, occorre far riferimento alla data di ultimazione dei lavori (cioè da quando la costruzione realizzata rivela in modo certo ed univoco le caratteristiche dell'opera) salvo che non emerga la prova di una conoscenza anticipata che può essere riferita anche alla data di inizio dei lavori, allorquando già da tale momento la nuova costruzione riveli in modo certo ed univoco le essenziali caratteristiche dell'opera e l'eventuale non conformità della stessa al titolo o alla disciplina urbanistica
(17).
La giurisprudenza ha, altresì, statuito che è legittimo l'annullamento mediante esercizio del potere di autotutela di una concessione edilizia in ragione dell'incompetenza del progettista, da parte del Comune (cfr. Consiglio Stato 22.05.2006).
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(15) In tal senso:
- Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 30.01.2002 n. 505: “Un ordine professionale locale è legittimato al ricorso per la difesa degli interessi di categoria dei soggetti di cui ha la rappresentanza istituzionale non solo quando si tratti di agire a tutela delle professione stessa o di attribuzioni loro proprie, ma anche al fine di perseguire vantaggi strumentali giuridicamente riferibili alla sfera categoriale”.
- TAR Abruzzo-Pescara, sentenza 08.04.1982 n. 82: “L’ordine degli ingegneri è legittimato ad impugnare la concessione edilizia il cui progetto sia stato elaborato da un geometra in violazione dell'art. 16, lett. m), r.d. 11.02.1929 n. 274, in quanto il ricorso è volto a tutelare l'interesse della categoria ad impedire l'abuso di quella professione a suo discapito”.
- TAR Calabria-Catanzaro, Sez. II, sentenza 05.05.2004 n. 1021: “Un ordine professionale locale è legittimato al ricorso per la difesa degli interessi di categoria dei soggetti di cui ha la rappresentanza istituzionale ogni qualvolta si tratti di agire a tutela della professione stessa o di attribuzioni proprie dei professionisti o, ancora, quando bisogna perseguire vantaggi strumentali giuridicamente riferibili alla sfera categoriale; pertanto, sussiste la legittimazione attiva dell’ordine provinciale dei Dottori agronomi e Forestali all'impugnazione del provvedimento della giunta comunale di affidamento ad un architetto dell'incarico di elaborare la variante generale al PRG, il quale, contemplando espressamente attività di studio e analisi rientranti nelle competenze degli appartenenti al citato ordine si poneva come lesivo delle prerogative dei predetti professionisti”;
- Consiglio di Stato, sentenza 12.11.1985 n. 390: “Gli ordini professionali sono persone giuridiche pubbliche e, avendo, tra l'altro, la finalità di tutelare gli interessi di categoria, sono legittimati ad impugnare i provvedimenti della p.a. ritenuti lesivi di tali interessi”.
(16) In tal senso TAR Veneto, sentenza 16.04.2003.
(17) TAR Marche, sentenza 26.09.2007 n. 1574: “Il termine per l'impugnazione della concessione edilizia da parte dei terzi, che assumano di aver subito pregiudizio dalla costruzione assentita, decorre dalla piena ed effettiva conoscenza del provvedimento, intendendosi tale conoscenza come un fatto, la cui prova rigorosa incombe alla parte che eccepisce la tardività. In mancanza di inequivoci elementi probatori occorre far riferimento alla data di ultimazione dei lavori, salvo che non emerga la prova di una conoscenza anticipata che può essere riferita anche alla data di inizio dei lavori, allorquando già da tale momento è possibile verificare l'entità della modifica dei luoghi”
(tratto dal lavoro 02.04.2009 "Il riparto delle competenze professionali dei tecnici dell’edilizia" a cura dell'Avv. Annalisa Padoa).

COMPETENZE PROGETTUALIIl criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta, e rientri quindi nella competenza professionale dei geometri, va individuato nelle difficoltà tecniche che la progettazione e l’esecuzione dell’opera comportano e nelle capacità occorrenti per superarle; ed a questo fine si è ritenuto che assumono rilievo, oltre alla complessità della struttura e delle relative modalità costruttive, anche, in via complementare, il costo presunto dell’opera, in quanto si tratta di un elemento sintomatico che vale ad evidenziare le difficoltà tecniche che coinvolgono la costruzione.
la competenza professionale dei geometri in materia di progettazione e direzione dei lavori di opere edili riguarda le costruzioni rurali e degli edifici per uso di industrie agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, “comprese le piccole costruzioni accessorie in cemento armato” che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone.

Secondo quanto costantemente chiarito dalla giurisprudenza (Cass. Civ., sez. I, 27.02.2008, n. 5203, e sez. III, 14.06.2007, n. 13968), il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta, e rientri quindi nella competenza professionale dei geometri, va individuato nelle difficoltà tecniche che la progettazione e l’esecuzione dell’opera comportano e nelle capacità occorrenti per superarle; ed a questo fine si è ritenuto che assumono rilievo, oltre alla complessità della struttura e delle relative modalità costruttive, anche, in via complementare, il costo presunto dell’opera, in quanto si tratta di un elemento sintomatico che vale ad evidenziare le difficoltà tecniche che coinvolgono la costruzione.
In aggiunta, si è anche precisato che la competenza professionale dei geometri in materia di progettazione e direzione dei lavori di opere edili riguarda le costruzioni rurali e degli edifici per uso di industrie agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, “comprese le piccole costruzioni accessorie in cemento armato” che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone (Cons. St., sez. IV, 05.09.2007, n. 4652 e TAR Campania, sez. Salerno, sez. II, 19.07.2007, n. 860).
Ciò posto, ritiene il Collegio che la realizzazione di un garage, per le sue modeste dimensioni, ben avrebbe potuto essere progettato da un geometra, in quanto, pur essendo realizzato in cemento armato, il manufatto non richiedeva per la sua progettazione particolari operazioni di calcolo; inoltre, tale opera per la sua collocazione (totalmente interrato) e per la sua specifica destinazione (a garage) non può comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone
(TAR Abruzzo-Pescara, Sez. I, sentenza 05.03.2009 n. 134 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROFESSIONALICompetenze professionali dei Geometri (Il Triangolo n. 01/2009).

anno 2008

COMPETENZE PROGETTUALI - PUBBLICO IMPIEGO: Competenze Istruttore tecnico - geometra.
Il Comune di XXX dispone alle proprie dipendenze di n. 1 unità di personale, assunta con contratto individuale di lavoro a tempo indeterminato stipulato il 14.12.2007 nel profilo professionale di "ISTRUTTORE TECNICO", categoria C., assegnata al Servizio Urbanistica–Edilizia Privata, attualmente non iscritta all’Ordine degli Ingegneri ed in possesso dei seguenti titoli di studio:
- diploma di Geometra;
- diploma di Laurea in Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio.
Il Comune chiede, ai sensi dell’art. 79 della L.R. 05/12/1977, n. 56:
1) se detto personale possa progettare per il Comune gli strumenti urbanistici generali ed esecutivi, relative revisioni, varianti (strutturali, parziali) e loro modifiche, come contemplati dalla vigente Legge Regionale Urbanistica;
2) se per lo svolgimento di dette o talune di dette prestazioni il dipendente debba necessariamente essere iscritto all’Albo degli Ingegneri;
3) quali siano gli elaborati, previsti dall’art. 14 comma 1 della Legge Regionale 56/1977 e s.m.i., che eventualmente detto lavoratore NON è legittimato a formare (Regione Piemonte,
parere n. 137/2008 - tratto da www.regione.piemonte.it).

LAVORI PUBBLICI: Requisiti direttore lavori.
Il sindaco del Comune di XXX chiede se un dipendente dell’ente, con la laurea in architettura, può assumere il ruolo di direttore di lavori relativi alla costruzione di una strada comunale (Regione Piemonte, parere n. 120/2008 - link a www.regione.piemonte.it).

COMPETENZE PROFESSIONALISulla competenza o meno di un geometra a progettare un Piano di Recupero.
In linea generale, la redazione di un piano di lottizzazione (e, in genere, di uno strumento di programmazione urbanistica) costituisce attività che richiede una competenza specifica in tale settore attraverso una visione di insieme e la capacità di affrontare e risolvere i problemi di carattere programmatorio che postulano valutazioni complessive non rientranti nella competenza professionale del Geometra, così come definita dall'art. 16 del R.D. n. 274/1929 (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 03.09.2001 n. 4620; Sez. IV, 09.11.1989 n. 765).
Nel caso specifico va tuttavia osservato che il Piano di recupero in oggetto assume solo la connotazione formale di un Piano urbanistico attuativo poiché, nella sostanza, presenta contenuti esclusivamente edilizi che riguardano la ristrutturazione (mediante demolizione e ricostruzione) di un edificio esistente. Non sono invece coinvolti aspetti pianificatori tipici della programmazione urbanistica, come il raccordo tra l’edificazione e le opere di urbanizzazione primaria e secondaria, sia esistenti che di progetto. Si tratta, pertanto, di un Piano di recupero costituito attraverso valutazioni ed elaborati tipici di un permesso di costruire ed avente ad oggetto un'opera di modesta entità che rientra senz'altro nella competenza professionale del Geometra (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 29.10.2008 n. 1466 -
link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALIOggetto: richiesta parere sulle competenze degli Ingegneri in  materia di opere cimiteriali (Consiglio Nazionale degli Ingegneri, nota 14.07.2008 n. 770 di prot.).

INCARICHI PROFESSIONALI: Le competenze professionali degli ingegneri juniores.
La pubblicazione analizza, ad oltre 6 anni dall'emanazione del DPR 328/2001, le competenze professionali degli ingegneri juniores (link a www.centrostudicni.it).

COMPETENZE PROGETTUALI: OGGETTO: COMPETENZE PROFESSIONALI - TAR Veneto, Sez. II, sentenza 31.10.2007 n. 3630 - DIRETTIVA (MIBAC, Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Veneto, nota 29.04.2008 n. 5407 di prot.).

COMPETENZE PROFESSIONALIAtti di aggiornamento geometrico - Circolare n. 3 del 14.04.2008.
Disposizioni in merito alla configurabilità o meno, in capo agli Agrotecnici e agli Agrotecnici laureati, della competenza a redigere e sottoscrivere atti di aggiornamento catastale (link a www.agenziaterritorio.it).

COMPETENZE PROGETTUALILa progettazione delle opere viarie, idrauliche ed igieniche, che non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati, è di pertinenza degli ingegneri.
Parte ricorrente deduce che, nella specie, la competenza per la redazione del progetto per la realizzazione di opere per il recupero, risanamento e potenziamento della rete di distribuzione idrica sarebbe attribuita ex lege esclusivamente alla figura professionale dell’ingegnere.
Il capo IV del Regolamento per le Professioni d'Ingegnere e di Architetto, approvato con Regio Decreto 23.10.1925 n. 2537, di esecuzione della legge 24.06.1923 n. 1395 disciplina l'oggetto ed i limiti delle competenze spettanti alle due figure professionali.
L'art. 51 del R.D. 23.10.1925 n. 2537 determina la competenza degli ingegneri nella progettazione e conduzione dei lavori per "estrarre ed utilizzare i materiali direttamente od indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le industrie, dei lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto di deflusso e di comunicazione, alle costruzioni di ogni specie, alle macchine ed agli impianti industriali, nonché, in generale, alle applicazioni della fisica, i rilievi geometrici e le operazioni di estimo".
In tale formulazione ampia e comprensiva sono ricomprese le costruzioni stradali, le opere igienico-sanitarie (acquedotti, fognature ed impianti di depurazione), gli impianti elettrici, le opere idrauliche e, di certo, anche le opere di edilizia civile (nella espressione "costruzioni di ogni specie").
L'art. 52 del medesimo Regio Decreto dispone che rientrano nella competenza comune di ingegneri ed architetti le "opere di edilizia civile" ed il raccordo con la norma che precede indica che questa categoria è stata individuata nell'ambito della più ampia e generale competenza degli ingegneri "per costruzioni di ogni specie".
Il medesimo art. 52, comma II, riserva alla competenza degli architetti le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico e di restauro ed il ripristino degli edifici di interesse storico-artistico.
Tuttavia la parte residua (e quindi i calcoli, i rilievi geometrici, le tecniche di intervento strutturale, la parte ricostruttiva) rientra in altra ipotesi di competenza comune.
Orbene, non vi è dubbio che nella nozione di "opere di edilizia civile" siano da comprendere tutte le opere anche connesse ed accessorie, purché, ovviamente, si tratti di pertinenze al servizio di singoli fabbricati o complessi edilizi.
Peraltro (e l'argomento assume un rilievo decisivo ai fini della verifica dei contenuti dispositivi degli artt. 51 e 52 del R.D. n. 2537 del 1925), l'art. 54, ultimo comma, del R.D. 23.10.1925 n. 2537 contempla un allargamento della competenza degli architetti, per i soli professionisti appartenenti a questa categoria che abbiano conseguito il diploma di architetto civile, in questi termini: "sono autorizzati a compiere le attività di cui all'art. 51" (vale a dire quelle riservata agli ingegneri) "ad eccezione però di quanto riguarda le applicazioni industriali e della fisica, nonché i lavori relativi alle vie, ai mezzi di comunicazione e di trasporto ed alle opere idrauliche".
Ne consegue, su tali basi normative, che la regola da valere, salvo eccezione espressamente individuata, non può affatto essere quella della equivalenza delle competenze professionali di ingegneri ed architetti.
E' infatti pacifico che la progettazione delle opere viarie, idrauliche ed igieniche, che non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati, sia di pertinenza degli ingegneri (cfr.: Cons. Stato, Sez. V, 06.04.1998, n. 416; Sez. IV, 19.02.1990, n. 92; Sez. III, 11.12.1984, n. 1538) (TAR Calabria-Catanzaro, Sez. II, sentenza 09.04.2008 n. 354 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALI: Come risulta dagli atti, la progettazione e la realizzazione dell’edificio industriale assentito con l’impugnata concessione edilizia non è imputabile unicamente -o comunque, in modo prevalente- al Geometra ma anche ad altri professionisti laureati, e, soprattutto, proprio per le opere in conglomerato cementizio, circostanza peraltro già evidente prima del rilascio della concessione stessa.
Del resto, in materia di progettazione di opere private, deve ritenersi senz’altro consentito l’intervento di un ingegnere (o di un architetto) ad integrazione dei limiti della competenza dei geometri, dal momento che la finalità delle norme a disciplina delle competenze professionali degli ingegneri è quella di assicurare l’incolumità delle persone e ciò ben può ravvisarsi nei casi in cui essi provvedano ai calcoli statici delle strutture ed alla verifica della loro idoneità, anziché alla redazione integrale del progetto ed alla direzione altrettanto integrale dei relativi lavori.

Il 06.04.1990 il Sindaco di Montegranaro ha rilasciato al sig. Di Battista Vincenzo la concessione edilizia n. 78 per la costruzione di un edificio industriale in località Quazzetti, su progetto redatto sia dal Geom. Angelo Squarcia, indicato anche come direttore dei lavori, sia dall’ing. Paolo Enrico Svampa, indicato quale progettista e direttore delle opere in conglomerato cementizio.
La concessione edilizia è stata impugnata dall’Ordine degli Ingegneri di Ascoli Piceno con il ricorso in epigrafe indicato, notificato il 02.06.1990 e depositato 12 successivo, deducendosene l’illegittimità per violazione delle norme che disciplinano la competenza professionale dei geometri, in quanto la progettazione dell’opera assentita, per la sua consistenza, destinazione, ubicazione in zona sismica ed impiego di strutture in cemento armato, è da annoverarsi tra quelle riservate alla competenza professionale degli ingegneri.
Nelle more del deposito del ricorso, il titolare della concessione, con nota inviata al Comune di Montegranaro il 21.06.1990 e con riferimento a quanto già comunicato il 27.04.1990 nella denuncia depositata presso il Servizio regionale decentrato oo.pp. di Ascoli Piceno (ex Genio civile) ai sensi dell’art. 17 della legge n. 64/1974, ha però, indicato il Geom. Angerlo Squarcia come progettista e direttore dei lavori non strutturali, l’Ing. Silvano Rometta come progettista delle strutture prefabbricate, l’ing. Alberto Del Lago come progettista del tegolo prefabbricato “Ondal”, l’ing. Paolo Enrico Svampa come progettista e direttore dei lavori delle strutture in opera, l’ing. Gianni Sellavita come direttore delle strutture prefabbricate, l’Arch. Fabio Marcaccioli come direttore di montaggio delle strutture prefabbricate ed il Geom. Maurizio Manfredini come capo cantiere delle strutture prefabbricate.
Il 23.07.1990 si è costituito in giudizio il Geom. Angerlo Squarcia, il cui difensore ha depositato il 18.01.2008 la sua dichiarazione dell’11.04.1991 in merito all’attività professionale effettivamente svolta (rilievi e pratiche catastali, stesura grafica del progetto sulla base delle bozze dell’Ing. Svampa, progettazione sistemazione area di pertinenza, compilazione ed inoltro pratica edilizia, rapporti con il cliente e con la società fornitrice dei prefabbricati, operazioni topografiche di cantiere, misura e contabilità dei lavori) nonché copia della relazione di collaudo dell’Ing. Alteriano Renzi, depositata il 9.8.1991 presso il Servizio regionale decentrato oo.pp. di Ascoli Piceno: con memoria depositata l’08.02.2008 ha, quindi, replicato ai dedotti gravami, chiedendo che il ricorso sia respinto in quanto infondato.
Le altre parti intimate non si sono costituite in giudizio.
Tanto premesso, il Collegio considera il ricorso infondato perché, come risulta dagli atti sopra indicati, la progettazione e la realizzazione dell’edificio industriale assentito con l’impugnata concessione edilizia, non è imputabile unicamente -o comunque, in modo prevalente- al Geom. Angelo Squarcia, ma anche ad altri professionisti laureati, e, soprattutto, proprio per le opere in conglomerato cementizio, circostanza peraltro già evidente prima del rilascio della concessione stessa.
Del resto, in materia di progettazione di opere private, deve ritenersi senz’altro consentito l’intervento di un ingegnere (o di un architetto) ad integrazione dei limiti della competenza dei geometri, dal momento che la finalità delle norme a disciplina delle competenze professionali degli ingegneri è quella di assicurare l’incolumità delle persone e ciò ben può ravvisarsi nei casi in cui essi provvedano ai calcoli statici delle strutture ed alla verifica della loro idoneità, anziché alla redazione integrale del progetto ed alla direzione altrettanto integrale dei relativi lavori (TAR Marche, sentenza 13.03.2008 n. 194 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALI: Il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta -e rientri quindi nella competenza professionale dei geometri– consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e l'esecuzione dell'opera comportano e le capacità occorrenti per superarle; a questo fine assumono rilievo, oltre alla complessità della struttura e delle relative modalità costruttive, anche, in via complementare, il costo presunto dell'opera, in quanto si tratta in ogni caso di elementi sintomatici che valgono ad evidenziare le difficoltà tecniche che coinvolgono la costruzione.
Il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta -e rientri quindi nella competenza professionale dei geometri, ai sensi dell'art. 16, lett. m), R.D. 11.02.1929 n. 274– consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e l'esecuzione dell'opera comportano e le capacità occorrenti per superarle; a questo fine assumono rilievo, oltre alla complessità della struttura e delle relative modalità costruttive, anche, in via complementare, il costo presunto dell'opera, in quanto si tratta in ogni caso di elementi sintomatici che valgono ad evidenziare le difficoltà tecniche che coinvolgono la costruzione (Nella specie la S.C. ha confermato la decisione della corte territoriale, negando la competenza dei geometri, rilevando che gli impianti di depurazione non rientrano tra le opere contemplate dalla tariffa professionale, che l’entità dei lavori –14 miliardi di vecchie lire- esulasse dalle competenze dei geometri e che la delicatezza dei problemi tecnici relativi alla progettazione di un'infrastruttura reticolare e connessi all'interferenza con altri impianti pure a rete (illuminazione, cavi telefonici, ecc.) ed alla sostituzione e/o recupero dell'impianto preesistente ponesse serie problemi tecnici) (Corte di Cassazione, Sez. I civile, sentenza 27.02.2008 n. 5203).

anno 2007

EDILIZIA PRIVATACompetenze progettuali geometri.
Il Comune XXX richiede parere in merito alla questione della competenza dei geometri nella progettazione di strutture in cemento armato.
Il caso proposto riguarda la competenza di un geometra a progettare e a dirigere i lavori di ricostruzione di un solaio di circa 40 mq., realizzato in conglomerato cementizio armato normale, precompresso e a struttura metallica. L’intervento edilizio riguarda un fabbricato a destinazione commerciale e residenziale.
Il professionista, a sostegno della propria competenza a progettare opere in cemento armato, ha evidenziato la modesta entità delle stesse e ha richiamato atti e sedi nei quali sarebbe confermata la competenza medesima (Regione Piemonte, parere n. 113/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

COMPETENZE PROGETTUALI - INCARICHI PROGETTUALI: La progettazione di opere di sistemazione idraulica di corsi d'acqua rientra nelle competenze esclusive dell'ingegnere.
Lo svolgimento della progettazione richiamata in oggetto da parte di professionisti geometri è illegittima e, pertanto, non abilita la stazione appaltante al pagamento dei compensi professionali.
Il sub-affidamento delle attività di verifica idrogeologica ad un ingegnere è in contrasto con l'art. 91, comma 3, del D.Lgs. n. 163/2006 e s.m., inerente il divieto di subappalto dei servizi di ingegneria.
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L'assegnazione degli incarichi in parola tramite affidamento diretto non è conforme alle indicazioni dell'art. 57, comma 5, lett. b) e dell'art. 125, comma 11, del D.Lgs. n. 163/2006 (in via transitoria DPR n. 384/2001), non ricorrendo i presupposti per l'applicazione delle norme citate.

... il Consiglio:
2) rileva che la progettazione di opere di sistemazione idraulica di corsi d'acqua rientra nelle competenze esclusive dell'ingegnere;
3) rileva che lo svolgimento della progettazione richiamata in oggetto da parte di professionisti geometri è illegittima e che pertanto non abilita la stazione appaltante al pagamento dei compensi professionali;
4) rileva che il sub-affidamento delle attività di verifica idrogeologica ad un ingegnere è in contrasto con l'art. 91, comma 3, del D.Lgs. n. 163/2006 e s.m., inerente il divieto di subappalto dei servizi di ingegneria;
5) rileva che l'assegnazione degli incarichi in parola tramite affidamento diretto non è conforme alle indicazioni dell'art. 57, comma 5, lett. b) e dell'art. 125, comma 11, del D.Lgs. n. 163/2006 (in via transitoria DPR n. 384/2001), non ricorrendo i presupposti per l'applicazione delle norme citate (Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture, deliberazione 20.12.2007 n. 316).

COMPETENZE PROFESSIONALIInterventi su beni immobili tutelati ai sensi del D.Lgs. n. 490/1999 - Competenza esclusiva degli architetti - Art. 52 R.D. n. 2537/1925 - Disapplicazione - Disparità di trattamento tra ingegneri civili italiani e ingegneri appartenenti a stati membri - Equiparazione sul piano comunitario dei titoli di ingegnere civile e architetto - Art. 3 Cost. - Dir. 348/85/CEE.
L’art. 52 del RD n. 2537/25 -che la Corte Costituzionale ha affermato avere natura regolamentare- in ordine agli interventi su beni immobili sottoposti alla speciale tutela di cui al DLgs n. 490/1999 preclusi agli ingegneri civili, viola il principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 della Costituzione: esso realizza una evidente, ingiusta e irragionevole, disparità di trattamento, atteso che agli ingegneri civili che hanno conseguito il diploma di laurea in Italia è impedito l’accesso ad attività professionali che l’Amministrazione statuale non può, invece, per effetto della direttiva comunitaria n. 384/1985, vietare agli ingegneri civili che hanno ottenuto il titolo in altri Stati membri. La norma va pertanto disapplicata in conformità al principio di gerarchia delle fonti, che regola il conflitto tra fonte primaria ed atto di normazione secondaria. Peraltro, la norma in questione, limitando l’attività degli ingegneri che abbiano conseguito il titolo in Italia attraverso un percorso formativo analogo a quello degli architetti, contrasta palesemente con il principio comunitario (recepito dall’Italia con il DLgs n. 129/1992) che stabilisce la equiordinazione sul piano comunitario dei titoli di ingegnere civile ed architetto, nonché con il principio di parità di trattamento tra cittadini italiani e cittadini degli altri stati membri introdotto dall’art. 2, I comma, lett. h) della legge comunitaria 2004 (legge 18.04.2005 n. 62) (TAR Veneto, Sez. II,
sentenza 15.11.2007 n. 3630 - link a www.ambientediritto.it).

COMPETENZE PROGETTUALISussiste l’incompetenza professionale di un geometra quale titolare del progetto assentito che vede la realizzazione di un’opera in cemento armato di non modeste dimensioni, prevedendo la realizzazione complessiva di un volume pari a circa 2.000 mc..
La finalità dell’art. 16 r.d. 11.02.1929 n. 274 (che prevede la competenza dei geometri solo per i progetti riguardanti modeste costruzioni) è quella di evitare il pericolo per l’incolumità delle persone.
Non possono rientrare nella competenza dei geometri opere di cemento armato che non siano piccole costruzioni accessorie e ciò anche quando il calcolo del cemento armato sia stato affidato ad un ingegnare o ad un architetto.

Al riguardo, la Sezione non ritiene di doversi distaccare dall’orientamento anche recente assunto in materia dalla Cassazione la quale, ribadendo che la finalità dell’art. 16 r.d. 11.02.1929 n. 274 è quella di evitare il pericolo per l’incolumità delle persone, ha escluso che possano rientrare nella competenza dei geometri opere di cemento armato che non siano piccole costruzioni accessorie (Sez. II n. 27441 del 21/12/2006; n. 17028 del 26/07/2006) e ciò anche quando il calcolo del cemento armato sia stato affidato ad un ingegnare o ad un architetto.
Pertanto, sussiste l’incompetenza professionale di un geometra quale titolare del progetto assentito che vede la realizzazione di un’opera in cemento armato di non modeste dimensioni, prevedendo la realizzazione complessiva di un volume pari a circa 2.000 mc.
(Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 05.09.2007 n. 4652 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALINon rientra nelle competenze progettuali dei geometri l'incarico professionale per l’esecuzione dei rilievi topografici, delle indagini geognostiche, della progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva nonché del piano della sicurezza e di coordinamento relativamente ai lavori di riqualificazione di una strada provinciale.
... Il Collegio dei Geometri della Provincia di Cremona propone ricorso contro il bando di gara di conferimento dell’incarico professionale per l’esecuzione dei rilievi topografici, delle indagini geognostiche, della progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva nonché del piano della sicurezza e di coordinamento relativamente ai lavori di riqualificazione della S.P. n. 27 “Postumia”, mediante allargamento dalla progr. Km 12+885 (confine comunale tra Pieve S. Giacomo e Derovere) alla progr. Km 17+720, pubblicato dalla medesima Amministrazione provinciale.
Il gravame è limitato alla parte del bando in cui riserva la selezione ai soli laureati in ingegneria o architettura escludendo, di conseguenza, i geometri.
...
Per comprendere se l’opera possa rientrare o meno nelle competenze istituzionali dei geometri occorre esaminare la stessa nel suo complesso e non secondo la visione atomistica che analizza solo le sue singole componenti. Sotto quest’ultimo profilo potrebbe anche condividersi la conclusione secondo cui, ad esempio, i singoli manufatti in cemento armato (c.d. 9 ponti) costituirebbero opere di modesta rilevanza che, se collocati nel contesto delle strade vicinali (la cui progettazione, direzione, sorveglianza e liquidazione è espressamente contemplata dall’art. 16, comma 1, lett. l), del R.d. n. 274/1929), riterrebbero a pieno titolo nella competenza del geometra.
Nel caso in esame si tratta, tuttavia, di una porzione di strada provinciale che, da quanto emerge dalle relazioni tecniche in atti, sarà sottoposta ad un vero e proprio intervento di ristrutturazione da cui deriverà una strada sostanzialmente diversa (per dimensioni e caratteristiche) da quella esistente in vista dell’aumento di traffico cui è destinata: traffico che chiaramente non è circoscritto solo alla movimentazione dei mezzi agricoli o locali e saltuari spostamenti comportanti un limitato rischio per la pubblica incolumità.
Non può quindi essere condivisa la posizione espressa dal Collegio dei Geometri secondo cui il progetto si limiterebbe al semplice (e modesto) ampliamento (allargamento) senza che possa assumere significativa rilevanza l’intervento sulla parte esistente per raccordarla funzionalmente, strutturalmente e tecnicamente alla nuova costruzione (già comunque di per sé rilevante sviluppandosi per una lunghezza di circa 5 Km con opere d’arte ed accessorie).
Come ricordato in precedenza, l’art. 16, comma 1, lett. l), del R.d. n. 274/1929 attribuisce alla competenza piena del geometra solo le “strade vicinali” purché non contemplino “rilevanti opere d’arte”.
Le strade provinciali possono invece rientrare nell’ampio concetto di “strade ordinarie” che compare nella precedente lett. b) del citato art. 16.
In questo caso, tuttavia, le competenze del geometra sono limitate alle c.d. “operazioni di tracciamento” che non possono farsi coincidere con la completa redazione del progetto comprensiva della risoluzione di tutte le problematiche che possano sorgere al riguardo.
Dalla letteratura tecnica riguardante la teoria e la pratica delle costruzioni stradali emerge che le operazioni di “tracciamento” stradale riguardano essenzialmente la fase esecutiva dei lavori e costituiscono le operazioni preliminari cui seguono i movimenti di terra (scavi, trasporti e formazione rilevati), l’esecuzione delle pavimentazioni, la realizzazione delle opere d’arte (ponti, muri di sostegno, tombini, ecc.) e le opere di rifinitura.
In particolare il “tracciamento” consiste nella determinazione, sul terreno, del corpo stradale attraverso l’apposizione di tutti quei segnali concorrenti alla materiale esecuzione dell’opera (picchettatura planimetrica e altimetrica del tracciato e dei suoi tratti o parti caratteristiche come rettifili, curve, pendenze, scarpate, ecc.).
La progettazione integrale dell’opera in esame, data la sua dimensione e complessità, va quindi esclusa dalla competenza dei geometri così come disciplinata dal relativo ordinamento professionale di cui al R.d. n. 274/1929.
Ad analoga a conclusione deve giungersi anche con riferimento alle disposizioni contenute nell’art. 57 della Legge 02.03.1949 n. 144 recante approvazione della relativa tariffa.
Al riguardo deve escludersi la natura complessivamente innovativa della stessa per quanto concerne la determinazione delle competenze (cfr., ad esempio per le opere in c.a., Cassazione civile, Sez. II, 22.10.1997, n. 10365; TAR Valle d'Aosta, 23.08.1993, n. 96).
La circostanza che al richiamato art. 57 –voci E) ed F) della Categoria II– siano citate genericamente le “costruzioni stradali” non significa che la tariffa professionale abbia voluto eliminare i limiti già contenuti nell’art. 16 del R.d. n. 274/1929: limiti chiaramente introdotti con riferimento alla tipologia di strada in esame (più contenuti per strade, come le vicinali che non abbiano rilevanti opere d’arte, dove il pericolo per la pubblica incolumità è inferiore e limiti più rilevanti dove tale pericolo è obiettivamente maggiore come per le strade ordinarie) (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 23.07.2007 n. 630 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALILa competenza professionale dei geometri in materia di progettazione e direzione dei lavori di opere edili riguarda le costruzioni rurali e degli edifici per uso di industrie agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato che non richiedono particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone, nonché il progetto, la direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili.
La competenza professionale dei geometri in materia di progettazione e direzione dei lavori di opere edili, prevista dall'art. 16, r.d. n. 274 del 1929, riguarda le costruzioni rurali e degli edifici per uso di industrie agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato che non richiedono particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone, nonché il progetto, la direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili (TAR Campania-Salerno, Sez. II, sentenza 19.07.2007 n. 860 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALIL'indagine intesa ad accertare se una costruzione destinata a civile abitazione sia da considerarsi modesta e rientri, quindi, nella competenza professionale dei periti industriali (o dei geometri), non può prescindere dalla valutazione delle difficoltà tecniche che la progettazione e l'esecuzione dell'opera comporta e dalla capacità (cioè dalle cognizioni tecniche) occorrente per superarle, criterio che ha valore fondamentale per l'esatta interpretazione e l'applicazione dell'art. 16 del regolamento professionale.
L'indagine intesa ad accertare se una costruzione destinata a civile abitazione sia da considerarsi modesta e rientri, quindi, nella competenza professionale dei periti industriali (o dei geometri), non può prescindere dalla valutazione delle difficoltà tecniche che la progettazione e l'esecuzione dell'opera comporta e dalla capacità (cioè dalle cognizioni tecniche) occorrente per superarle, criterio che ha valore fondamentale per l'esatta interpretazione e l'applicazione dell'art. 16 del regolamento professionale (R.D. 11.02.1929 n. 275, per i periti industriali, e R.D. 11.02.1929 n 274, per i geometri).
In detta indagine si terrà conto anche degli elementi dell'importo dell'opera (costo presunto), della cubatura e del numero dei piani (cosiddetti criteri di valore, od economico, e quantitativo), ma soprattutto per il loro valore sintomatico, in quanto valgono a determinare le caratteristiche costruttive dell'opera e ad illuminare sulle difficoltà tecniche che l'opera medesima presenta, al fine di apprezzare se questa costituisca una costruzione modesta ai sensi dell'ordinamento professionale, ovvero esuli dalla capacita tecnica e dalla competenza dei periti industriali (e dei geometri) (Corte di Cassazione, Sez. III civile, sentenza 14.06.2007 n. 13968).

EDILIZIA PRIVATA: L'Ufficio Tecnico Comunale deve sindacare la competenza professionale in ordine alle istanze edilizie presentate? (Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggistici e Conservatori della Provincia di Udine, nota 09.03.2007).

COMPETENZE PROGETTUALILa progettazione delle opere viarie, idrauliche ed igieniche, che non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati, è di pertinenza degli ingegneri.
Ed è ugualmente irrilevante il fatto che il progetto sia stato firmato da un architetto che ricopre la qualifica di responsabile dell'ufficio tecnico poiché lo stesso TUEL, all’art. 109 d.lgs. 18.08.2000 n. 267, prevede che “gli incarichi dirigenziali sono conferiti … secondo criteri di competenza professionale”.

Con il secondo motivo, si denuncia l’incompetenza del tecnico firmatario del progetto, stante il divieto normativo imposto agli architetti di elaborare progettazioni di opere viarie non connesse con opere di edilizia civile.
Anche tale censura è fondata.
Invero, è da ritenere tuttora persistente la ripartizione di competenze professionali tra ingegneri ed architetti sancita dagli art. 51 e 52, r.d. 23.10.1925 n. 2537, come confermato dall’art. 1, comma 2, d.lgs. 27.01.1992 n. 129 di attuazione, tra l’altro, della direttiva 85/384/Cee (TAR Lombardia Brescia, 24.08.2004, n. 925).
Tali norme, emanate in sede di approvazione del regolamento per le professioni d’ingegnere e di architetto, in particolare riservano alla competenza comune di architetti ed ingegneri le sole opere di edilizia civile, mentre attribuiscono alla competenza generale degli ingegneri, quelle concernenti: le costruzioni stradali, le opere igienico sanitarie (depuratori, acquedotti, fognatura e simili), gli impianti elettrici, le opere idrauliche, le operazioni di estimo, l’estrazione di materiali, le opere industriali; ferma rimanendo per i soli architetti, la competenza in ordine alla progettazione delle opere civili che presentino rilevanti caratteri artistici e monumentali (art. 52, 2° comma, cit., che conserva però alla concorrente competenza degli ingegneri, secondo la regola generale, la parte tecnica degli interventi costruttivi de quibus).
Da ciò discende la regola, frutto dell’interpretazione sistematica e teleologica degli artt. 51, 52 e 54 del r.d. 23.10.1925, n. 2537 e pacificamente accolta nella giurisprudenza di seconde cure, secondo cui la progettazione delle opere viarie, idrauliche ed igieniche, che non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati, sia di pertinenza degli ingegneri (cfr. sez. V, 06.04.1998, n. 416; sez. IV, 19.02.1990, n. 92; sez. III, 11.12.1984, n. 1538).
Calando la regola nel caso concreto se ne ravvisa la violazione, atteso che l’intervento progettato dalla resistente Amministrazione consiste proprio in un’opera esclusivamente stradale, che difatti prevede la realizzazione di “circa 1.000 mq. di superfici viarie, e 500 mq di pertinenze stradali” (cfr. B.1. del progetto definitivo–esecutivo), da collocare peraltro all’esterno del centro urbano di Capaccio (oltre che di Laura) e pertanto da ritenere non connessa con l’edilizia civile. Ne consegue che l’intervento ricade nella esclusiva competenza professionale propria degli ingegneri, quando invece il progettista (dott. Arch. Rodolfo Sabelli) risulta avere, come denunciato, il titolo di architetto.
A nulla rileva, ad onta di quanto argomentato dalla Difesa tecnica dell’Amministrazione in sede di memoria di costituzione, che il predetto ha svolto la sua attività progettuale nella veste di Responsabile del Settore IV competente per materia (“Lavori Pubblici – Espropri – Manutenzione – Vigilanza – Servizi Tecnologici – Cimitero – Informatica”), in quanto la censura in esame involge la verifica della competenza professionale di chi ha elaborato il progetto invece che la legittimazione a rappresentare la volontà dell’Ente all’esterno attraverso l’adozione di atti o provvedimenti, tant’è che lo stesso TUEL, all’art. 109 d.lgs. 18.08.2000 n. 267, prevede che “gli incarichi dirigenziali sono conferiti … secondo criteri di competenza professionale”.
Per altro verso, nemmeno risulta dagli atti di causa che l’elaborato progettuale abbia superato il vaglio di altri Uffici tecnicamente qualificati, eventualmente di appartenenza statale come la Soprintendenza, legittimati ad esaminare anche la professionalità del progettista
(TAR Campania-Salerno, Sez. I, sentenza 26.04.2007 n. 457 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALI: Il discrimine tra la competenza dei geometri e le attribuzioni riservate agli ingegneri è costituito dalla modesta entità dei lavori affidati, essendo preclusa ai geometri la realizzazione di lavori richiedenti una visione d'insieme e di carattere programmatorio complessivo.
Nell'affidamento degli incarichi di progettazione e direzione dei lavori il discrimine tra la competenza dei geometri e le attribuzioni riservate agli ingegneri è costituito dalla modesta entità dei lavori affidati, essendo preclusa ai geometri la realizzazione di lavori richiedenti una visione d'insieme e di carattere programmatorio complessivo (nel caso concreto si è ritenuto rientrasse nella competenza dei geometri l'incarico di progettazione e direzione lavori di manutenzione straordinaria e sistemazione di un'area pubblica a destinazione mercatale) (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 28.02.2007 n. 852 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALILa linea di demarcazione tra la competenza dei geometri e le attribuzioni riservate alla professione di ingegnere è costituita dalla modesta o tenuità dell’opera, essendo preclusa al geometra la realizzazione di un complesso di lavori che richiede una visione d’insieme e di carattere programmatorio complessivo.
Sono legittimi i lavori comunali affidati ad un geometra che consistono nella manutenzione e risistemazione delle pavimentazioni di alcuni tratti del piazzale e del piccolo edificio interno della struttura mercatale

Questo TAR ha già osservato (sentenza della prima sezione n. 777 del 2004) che la linea di demarcazione tra la competenza dei geometri e le attribuzioni riservate alla professione di ingegnere è costituita, ove non sia prevista un’esclusiva a favore di questi ultimi professionisti, dalla modesta o tenuità dell’opera, essendo preclusa al geometra la realizzazione di un complesso di lavori che richiede una visione d’insieme e di carattere programmatorio complessivo.
Sono legittimi i lavori comunali affidati ad un geometra che consistono nella manutenzione e risistemazione delle pavimentazioni di alcuni tratti del piazzale e del piccolo edificio interno della struttura mercatale, poiché non è dato ravvisare quella complessità e difficoltà di programmazione e realizzazione che presuppone, con la necessità di affrontare difficoltà non facilmente superabili, la professionalità dell’ingegnere (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 28.02.2007 n. 852 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2006

COMPETENZE PROGETTUALISe è vero che spetta alla Soprintendenza ai sensi dell’art. 18 L. n. 1089/1939 autorizzare i progetti delle opere concernenti i beni sottoposti alla legge stessa, il controllo del progetto -che mira ad assicurare la conformità dell’intervento alla salvaguardia del valore storico-artistico del bene– non può non estendersi anche alla verifica della idoneità professionale del progettista (come stabilita dal legislatore).
Non la totalità degli interventi concernenti gli immobili di interesse storico e artistico deve essere affidata alla specifica professionalità dell’architetto, ma solo <<le parti di intervento di edilizia civile che riguardino scelte culturali connesse alla maggiore preparazione accademica conseguita dagli architetti nell’ambito del restauro e risanamento degli immobili di interesse storico e artistico>>; restando invece nella competenza dell’ingegnere civile la cd. parte tecnica, cioè <<le attività progettuali e di direzione dei lavori che riguardano l’edilizia civile vera e propria …>>.

Le questioni sulle quali il Collegio deve pronunciarsi possono essere riassunte nei termini che seguono:
a) se la limitazione posta dall’art. 52 del regolamento approvato con R.D. 23.10.1925, n. 2537 (che riserva alla “professione di architetto” “le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico, e il restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla legge 20.06.1909, n. 364” (poi legge 01.06.1939, n. 1089), salvo che la “parte tecnica” che può essere compiuta anche dall’“ingegnere), risulti o meno superata dalla legislazione successiva;
b) se in virtù della direttiva CEE 10.06.1985, n. 384 (recepita in Italia con D.Lgs. 27.01.1992, n. 129) debba ritenersi che il titolo di ingegnere in ingegneria civile sia ormai equiparato a quello di architetto, ai fini dell’accesso alle attività nel settore dell’architettura, con il conseguente superamento della limitazione posta dal citato art. 52 R.D. n. 2537/1925;
c) se appartenga o meno alla competenza della Soprintendenza stabilire quando il progetto delle opere di cui al citato art. 52 debba essere redatto da un ingegnere o da un architetto.
Iniziando, per ordine logico, da quest’ultimo profilo non può essere condivisa la tesi sostenuta nell’atto di appello dell’ing. Rauty, che ha negato il potere della Soprintendenza di verificare la paternità professionale del progetto richiamandosi ad un risalente parere del Consiglio di Stato (parere Cons. St., 12.07.1969, n. 663/1968).
Se è vero infatti che spetta alla Soprintendenza ai sensi dell’art. 18 L. n. 1089/1939 di autorizzare i progetti delle opere concernenti i beni sottoposti alla legge stessa, il controllo del progetto -che mira ad assicurare la conformità dell’intervento alla salvaguardia del valore storico-artistico del bene– non può non estendersi anche alla verifica della idoneità professionale del progettista (come stabilita dal legislatore), secondo quanto riconosciuto in un più recente parere di questo Consiglio (Cfr. Cons. St. II, 23.07.1997, n. 386/1997).
Assodato, per quanto precede, che nella fattispecie in esame il Soprintendente aveva il potere di controllare se il progetto presentato si conformasse alle regole in tema di competenza professionale, si tratta di stabilire se la disposizione contenuta nell’art. 52 del Regolamento per la professione di ingegnere e di architetto (approvato con R.D. n. 2537/1925) debba considerarsi abrogata, come hanno prospettato gli odierni appellanti.
Nella ordinanza n. 2379 dell’11.05.2005, con la quale era stato rimesso alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee di decidere pregiudizialmente sulla interpretazione della direttiva comunitaria n. 384/1985, la Sezione ha già riconosciuto che tale asserita abrogazione non può essere comprovata facendo riferimento al T.U. del 1933 sulla istruzione superiore (art. 173 e tabelle allegate), ove il legislatore si è limitato ad equiparare le lauree di architettura e di ingegneria civile in funzione dell’accesso alla professione di architetto; e neppure richiamando la legge 07.12.1961, n. 1264 (art. 15, 3° comma) che, laddove prevede come requisito per ricoprire il ruolo di architetto presso le Soprintendenze il possesso della laurea in architettura o in ingegneria civile, non stabilisce con ciò alcuna equipollenza tra le due lauree ai fini dello svolgimento della attività professionale.
Occorre aggiungere che la ripartizione delle competenze professionali tra architetto e ingegnere, come delineata nel citato art. 52, R.D. n. 2537/1925, non è venuta meno per effetto della normativa successiva che ha innovato la disciplina per il conseguimento del titolo di architetto e di ingegnere.
È bensì vero infatti che nel 1925 per conseguire tali titoli era sufficiente il semplice diploma di istruzione secondaria (e non già il diploma di laurea), e che nell’attuale ordinamento universitario il laureato in ingegneria civile deve avere acquisito una specifica preparazione anche nel campo dell’architettura, talché potrebbe ritenersi ormai anacronistica la limitazione posta dal citato art. 52 alla competenza professionale dell’odierno laureato in ingegneria, e in ogni caso meritevole di essere adeguata alla mutata disciplina delle professioni di architetto e di ingegnere civile.
Nondimeno la norma in questione, nella misura in cui vuole garantire che a progettare interventi edilizi su immobili di interesse storico-artistico siano professionisti forniti di una specifica preparazione nel campo delle arti, e segnatamente di un adeguata formazione umanistica, deve ritenersi tuttora vigente.
Fermo restando che, alla stregua della anzidetta disposizione, non la totalità degli interventi concernenti gli immobili di interesse storico e artistico deve essere affidata alla specifica professionalità dell’architetto, ma solo <<le parti di intervento di edilizia civile che riguardino scelte culturali connesse alla maggiore preparazione accademica conseguita dagli architetti nell’ambito del restauro e risanamento degli immobili di interesse storico e artistico>>; restando invece nella competenza dell’ingegnere civile la cd. parte tecnica, cioè <<le attività progettuali e di direzione dei lavori che riguardano l’edilizia civile vera e propria …>> (in questi termini Cons. St. II, n. 2038/2002 del 24.11.2004).
Si deve infine passare alla questione sulla quale si è maggiormente incentrato il giudizio, vale a dire se la direttiva comunitaria 10.06.1985, n. 384 abbia determinato la equiparazione dei titoli di architetto e di ingegnere civile ai fini dell’esercizio delle attività professionali nel campo della architettura, con conseguente superamento della normativa racchiusa nell’art. 52 R.D. cit..
Al riguardo giova premettere che gli artt. 2 e segg. della direttiva dettano le norme per il reciproco riconoscimento dei titoli di studio conseguiti dai cittadini degli Stati membri a conclusione di studi universitari riguardanti l’architettura, introducendo anche un regime transitorio di reciproco riconoscimento di taluni titoli tassativamente indicati.
Tra i titoli che beneficiano di tale riconoscimento automatico l’art. 11 menziona per l’Italia:
<<- i diplomi di “laurea in architettura” rilasciati dalle università, dagli istituti politecnici e dagli istituti superiori di architettura di Venezia e di Reggio Calabria, accompagnati dal diploma di abilitazione all’esercizio indipendente della professione di architetto, rilasciato dal ministro della Pubblica Istruzione una volta che il candidato abbia sostenuto con successo, davanti ad un’apposita Commissione, l’esame di Stato che abilita all’esercizio indipendente della professione di architetto (dott. architetto);
- i diplomi di “laurea in ingegneria” nel settore della costruzione civile rilasciati dalle università e dagli istituti politecnici, accompagnati dal diploma di abilitazione all’esercizio indipendente di una professione nel settore dell’architettura, rilasciato dal ministro della Pubblica Istruzione una volta che il candidato abbia sostenuto con successo, davanti ad un’apposita Commissione, l’esame di Stato che lo abilita all’esercizio indipendente della professione (dott. ing. architetto o dott. ing. in ingegneria civile
>>.
Con la ordinanza n. 2379 dell’11.05.2005 la Sezione ha rimesso alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee di decidere pregiudizialmente se per effetto della applicazione degli artt. 10 e 11 della Direttiva dovesse ritenersi attuata nell’ordinamento interno la equiparazione anzidetta. Con la stessa ordinanza si sottoponeva alla Corte di Giustizia la prospettazione degli odierni appellanti secondo cui, in difetto di una siffatta equiparazione, la normativa italiana avrebbe potuto dar luogo ad una discriminazione alla rovescia poiché, diversamente dagli ingegneri civili che hanno conseguito il titolo rilasciato in Italia, i soggetti in possesso di un titolo di ingegnere civile rilasciato da altro Stato membro avrebbero accesso (ove tale titolo sia menzionato nell’elenco di cui all’art. 11 della Direttiva) alle attività che in Italia sono riservate agli architetti, ai sensi del ripetuto art. 52 R.D. n. 2537/1925.
Ma alla ordinanza della Sezione la Corte ha risposto trasmettendo la decisione già assunta in fattispecie del tutto identica a quella in esame, nella quale si afferma che <<la Direttiva 85/384 non si propone di disciplinare le condizioni di accesso alla professione di architetto, né di definire la natura delle attività svolte da chi esercita tale professione>>; ma ha invece ad oggetto solamente <<il reciproco riconoscimento, da parte degli Stati membri, dei diplomi, dei certificati e degli altri titoli rispondenti a determinati requisiti qualitativi e quantitativi minimi in materia di formazione allo scopo di agevolare l’esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi per le attività del settore della architettura…>>.
In definitiva, secondo la Corte, la direttiva non impone allo Stato membro di porre i diplomi di laurea in architettura e in ingegneria civile indicati all’art. 11 su un piano di perfetta parità per quanto riguarda l’accesso alla professione di architetto in Italia; né tantomeno può essere di ostacolo ad una normativa nazionale che riservi ai soli architetti i lavori riguardanti gli immobili d’interesse storico-artistico sottoposti a vincolo.
Alla stregua delle conclusioni formulate dalla Corte deve dunque ritenersi infondata la tesi degli appellanti secondo cui la disposizione dell’art. 52 R.D. cit. sarebbe stata superata dalla direttiva comunitaria.
Residua il problema, prospettato nella stessa pronuncia della Corte di Giustizia, se la disposizione in questione per effetto della direttiva comunitaria realizzi una discriminazione vietata dal diritto nazionale in relazione al trattamento che sarebbe riservato a chi è in possesso di uno dei titoli di ingegneria civile elencati all’art. 11 della direttiva; e se dunque possa essere sospettata di illegittimità costituzionale per contrasto con gli artt. 3, 35 e 41 Cost. secondo quanto sostenuto dalle parti appellanti.
Ma siffatti dubbi non hanno ragion d’essere ove si consideri che la stessa Corte di Giustizia ritiene che la direttiva non imponga allo Stato membro di porre su un piano di perfetta parità i diplomi di laurea in architettura e in ingegneria civile per quanto riguarda l’accesso all’attività di architetto in Italia.
In altri termini, dalla applicazione della direttiva non consegue affatto che chi è in possesso di un diploma di laurea in ingegneria civile conseguito in un altro Stato della Comunità possa accedere all’esercizio di attività professionali riservate specificatamente agli architetti (secondo la legislazione italiana), a differenza di chi tale titolo abbia conseguito in Italia.
Alla stregua delle considerazioni che precedono i due atti di appello all’esame del Collegio vanno respinti dovendosi riconoscere che nelle fattispecie in questione la Soprintendenza ha correttamente applicato la disposizione di cui all’art. 52 R.D. n. 2537/1925 (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 11.09.2006 n. 5239 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALI: Contratto di progettazione e direzione lavori comprendente opere in cemento armato concluso da un geometra - Progetto controfirmato o vistato da un ingegnere - Illegittimità - Diritto al compenso - Esclusione - Contratto in generale - Nullità.
La progettazione e la direzione di opere da parte di un geometra in materia riservata alla competenza professionale degli ingegneri e degli architetti sono illegittime, e per esse non è dovuto al geometra alcun compenso, non essendo sufficiente a rendere legittimo il progetto che esso sia controfirmato o vistato da un ingegnere o che l’ingegnere rediga i calcoli in cemento armato o che diriga i lavori relativi alla realizzazione delle strutture di cemento armato, in quanto il professionista competente deve essere unico autore e responsabile della progettazione.
Progettazione - Direzione dei lavori - Competenza dei geometri - Strutture in cemento armato.
A norma dell'art. 16 R.D. 11.2.1929 n. 274 la competenza dei geometri é limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l'adozione anche parziale di strutture in cemento armato, mentre in via di eccezione si estende anche a queste strutture solo con riguardo alle piccole costruzioni accessorie nell'ambito degli edifici rurali o destinati alle industrie agricole che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone; invece per le costruzioni civili, sia pure modeste, ove si adottino strutture in cemento armato, ogni competenza è riservata ex art. 1 R.D. 16.11.1939 n. 2229 agli ingegneri ed architetti iscritti nell'albo.
Sicché, tale normativa, non modificata dalla l. 05.11.1971 n. 1086, che si limita a rinviare per gli ingegneri, architetti e geometri alla previgente ripartizione di competenza, implica che ai geometri non possa comunque essere affidata la progettazione e la direzione dei lavori di costruzioni civili comportanti l'impiego del cemento armato (vedi "ex multis" Cass. 28.07.1992 n. 9044; Cass. 19.04.1995 n. 4364) (Corte di Cassazione, Sez. II civile, sentenza 26.07.2006 n. 17028 - link a www.ambientediritto.it).

COMPETENZE PROFESSIONALILa competenza professionale di un geometra non può estendersi alla predisposizione ed alla vigilanza su quelle attività che implicano l’utilizzo di vari principi della fisica, e si configurano come funzionalmente autonomi rispetto alle opere tipicamente murarie.
Con il primo articolato motivo di impugnazione i ricorrenti muovono dalla normativa che abilita il geometra ad operare nella progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili (art. 16, lett. m del rd 11.02.1929, n. 274), per inferire che la legislazione successiva, che ha previsto le modalità con cui possono essere realizzati gli impianti di riscaldamento, non ha derogato alle generale previsione del regolamento citato. La tesi sostenuta è in sostanza che un geometra è abilitato ad occuparsi dell’installazione di un impianto di riscaldamento, allorché si tratti di una modesta costruzione civile, posto che il bene di che si tratta costituisce una mera pertinenza dell’immobile. In tale contesto la disciplina che il legislatore ha introdotto in anni recenti avrebbe solo specificato quali sono le caratteristiche che devono assumere gli strumenti che devono apportare delle temperature sopportabili per l’uomo, ma non ha fatto rientrare nella competenza degli ingegneri o dei periti industriali la possibilità di progettare ed installare tali impianti. Gli architetti non hanno proposto un’autonoma censura, che riguarda la posizione di pertinenza.
Il tribunale non può condividere questa argomentazione.
La giurisprudenza, che si condivide, ha infatti ritenuto (TAR Liguria, 02.02.2005, n. 137, TAR Piemonte, 2004, n. 261; TAR Lazio, Roma, sez. III-ter 2003, n. 1698) impossibile la prospettata interpretazione estensiva della nozione di edilizia, nel sistema di ripartizione delle competenze professionali derivante dal rd 23.10.1925, n. 2537; si devono pertanto espungere dal settore di competenza i lavori, le opere od in genere le attività che comportano le applicazioni della fisica, come previste dall’art. 54, comma 4, del citato regio decreto. In particolare la realizzazione di immobili per l’abitazione od il lavoro dell’uomo non può essere concettualmente ristretta come derivante da un’unica attività, posto che determinati ritrovati devono rispondere ai requisiti di maggior tutela degli utilizzatori degli edifici, che sono perseguiti dalle norme applicate dall’impugnato diniego del comune di Genova.
E’ per ciò che l’art. 4 della legge 05.03.1990, n. 46 ha imposto la redazione di un’autonoma relazione tecnica per l’installazione degli strumenti elettrici, degli impianti di terra, di quelli che utilizzano il gas, degli ascensori …, ed ha con ciò scorporato concettualmente queste attività da quelle volte alla mera realizzazione della costruzione. Va perciò ritenuto che la competenza professionale di un geometra non può estendersi alla predisposizione ed alla vigilanza su quelle attività che implicano l’utilizzo di vari principi della fisica, e si configurano come funzionalmente autonomi rispetto alle opere tipicamente murarie (TAR Liguria, sentenza 02.03.2006 n. 166 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALI: La delimitazione della competenza del geometra in materia di progettazione di strade va effettuata secondo il criterio tecnico-qualitativo della natura e della dimensione della strada da costruire.
Nel caso de quo, si tratta di strade di urbanizzazione che, pur sviluppandosi all’interno del tessuto urbano, non possono qualificarsi di tenue importanza, potendo anche comportare opere di una certa complessità, quali ponti o muri di contenimento, ed essendo, comunque destinate ad accogliere il traffico ordinario.
Anche alla luce della interpretazione coordinata dell’art. 16 R.D. n. 274/1929, che tenga conto delle novità introdotte dalla L. n. 144/1949, (sicché si deve ritenere che la quantificazione degli onorari relativi alle strade spettanti ai geometri ai sensi dell’art. 57, lett. E, riguardi le strade che rientrano nelle competenze di questi in base alle norme generali), si deve escludere che possa essere ricondotta nella competenza professionale del geometra la progettazione di una nuova strada che, per le dimensioni e la destinazione, non può qualificarsi come strada di tenue importanza.

... per l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione, dell’avviso pubblico, di numero e data sconosciuti, con cui il Responsabile dell’Area Tecnica del Comune di Surbo ha reso noto il procedimento per il "conferimento di incarico professionale per la progettazione definitiva ed esecutiva, direzione dei lavori, contabilità e coordinamento della sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione dei lavori di urbanizzazione primaria zona Fontanelle" del Comune di Surbo;
...
... considerato che l’operato del Comune di Surbo è immune dai denunciati vizi di legittimità, per le seguenti ragioni.
Va precisato che oggetto dell’incarico è la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria, per cui l’esame del Collegio deve appuntarsi sulla competenza dei geometri -in relazione alle opere di urbanizzazione primaria- e di conseguenza sulla lamentata violazione dell’art. 16 R.D. 274/1929.
Con specifico riferimento alle strade (che rientrano tra le opere di urbanizzazione primaria ai sensi dell’art. 4, primo comma, della L. 847/1964), la sopra citata disposizione, disciplinando l’oggetto e i limiti dell’esercizio della professione dei geometri, include tra le diverse competenze, "le operazioni di tracciamento di strade poderali e consorziali ed inoltre, quando abbiano tenue importanza, di strade ordinarie e di canali di irrigazione e di scolo" .
La delimitazione della competenza del geometra in materia di progettazione di strade va quindi effettuata secondo il criterio tecnico-qualitativo della natura e della dimensione della strada da costruire.
Nel caso de quo, si tratta di strade di urbanizzazione che, pur sviluppandosi all’interno del tessuto urbano, non possono qualificarsi di tenue importanza, potendo anche comportare opere di una certa complessità, quali ponti o muri di contenimento, ed essendo, comunque destinate ad accogliere il traffico ordinario.
Anche alla luce della interpretazione coordinata dell’art. 16 R.D. n. 274/1929, che tenga conto delle novità introdotte dalla L. n. 144/1949, (sicché si deve ritenere che la quantificazione degli onorari relativi alle strade spettanti ai geometri ai sensi dell’art. 57, lett. E, riguardi le strade che rientrano nelle competenze di questi in base alle norme generali), si deve escludere che possa essere ricondotta nella competenza professionale del geometra la progettazione di una nuova strada che, per le dimensioni e la destinazione, non può qualificarsi come strada di tenue importanza.
L’incarico, unitariamente previsto per tutte le opere di urbanizzazione, costituisce un unicum ed è quindi estraneo alla competenza dei geometri (TAR Puglia-Lecce, Sez. II, sentenza 10.02.2006 n. 902 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2005

COMPETENZE PROFESSIONALI: Segnalazione SENTENZE in materia di Competenze dei Geometri (Ordine degli Ingegneri della provincia di Ascoli Piceno, nota 10.11.2005 n. 3149 di prot. - link a link a www.ordine-ingegneri.ap.it).

COMPETENZE PROFESSIONALIIl concetto di “piccole e modeste” costruzioni, previsto dalla legge per l’individuazione dell’ambito operativo riservato ai Geometri, non è configurabile nel caso di costruzioni per civile abitazioni realizzate in zona sismica, con struttura in cemento armato, ma solo nell’ipotesi di manufatti realizzati con altri sistemi costruttivi (es. muratura).
Il TAR Lazio-Latina con sentenza n. 320/2005, confermata dal Consiglio di Stato, Sez. V, con ordinanza 30.08.2005 n. 4112, nell’annullare una concessione edilizia per la realizzazione di un villino unifamiliare, fa propria la tesi del ricorrente secondo cui il concetto di “piccole e modeste” costruzioni, previsto dalla legge per l’individuazione dell’ambito operativo riservato ai Geometri, non è configurabile nel caso di costruzioni per civile abitazioni realizzate in zona sismica, con struttura in cemento armato, ma solo nell’ipotesi di manufatti realizzati con altri sistemi costruttivi (es. muratura).
Inoltre la sentenza ribadisce “che la fondatezza del predetto motivo di gravame non è ostacolata dalla circostanza –addotta da controparte- che, nella specie, il calcolo del cemento armato è stato operato da un Ingegnere, dovendosi considerare la “progettazione”, affidata nella specie ad un “Geometra”, un unicum inscindibile, riferibile solo al suo autore, anche se questi si è avvalso per il calcolo delle strutture in cemento armato di altri professionisti competenti, non sanandosi, in ipotesi, il difetto di competenza del progettista titolare” (TAR Lazio-Latina, sentenza 29.04.2005 n. 320 - link a www.ordine-ingegneri.ap.it).

COMPETENZE PROGETTUALI - URBANISTICA: Personale degli enti locali. Variante urbanistica e regolamento edilizio.
Si ritiene che la redazione di varianti urbanistiche possa essere redatta esclusivamente da dipendenti laureati, in possesso della relativa abilitazione, in relazione a quanto disposto dall'art. 32-bis della L.R. 52/1991 e dall'art. 9, c. 2, della L.R.14/2002.
Inoltre, si reputa che l'attività di stesura del regolamento edilizio rientri tra le mansioni e competenze ascrivibili alla declaratoria della categoria professionale D.

Il Comune ha chiesto di conoscere il parere del Servizio in ordine ad alcune problematiche concernenti la redazione delle varianti urbanistiche e del regolamento edilizio comunale. In particolare, l'ente si è posto la questione se tali atti possano essere redatti e sottoscritti da personale tecnico/diplomato e/o da personale laureato in architettura, ma non in possesso dell'abilitazione professionale.
Sentito, per le vie brevi, il Servizio Affari generali, amministrativi e consulenza-pianificazione della Direzione centrale pianificazione territoriale, energia, mobilità e infrastrutture di trasporto, si espongono le seguenti considerazioni.
Per quanto concerne la stesura di una variante urbanistica, si osserva che l'art. 32-bis della legge regionale 19.11.1991, n. 52 fa espresso riferimento al 'professionista incaricato della redazione della variante' e, pertanto, tale attività, per la sua natura e complessità, appare assimilabile all'attività di progettazione. A tal proposito, l'art. 9, comma 2, della legge regionale 31.05.2002, n. 14 prescrive che i progetti redatti, tra gli altri, dagli uffici tecnici delle stazioni appaltanti siano firmati da dipendenti in possesso del titolo di abilitazione o equipollente, ai sensi della normativa vigente in materia.
L'abilitazione cui fa riferimento la norma consiste nel superamento dell'esame di Stato, che conferisce titolo all'eventuale esercizio di una determinata libera professione
[1].
Dall'esame, inoltre, di quanto disposto all'art. 5, lett. c), della legge 02.03.1949, n. 143
[2], emerge come lo 'studio di piani regolatori di viabilità ed edilizia urbana' rientri fra le prestazioni peculiari riconducibili alla specifica competenza della professionalità di ingegneri ed architetti.
Pertanto, non pare possibile prescindere dal possesso dei su richiamati requisiti (personale laureato ed abilitato
[3]), anche per la redazione delle varianti urbanistiche.
Per quanto concerne, poi, la competenza alla stesura del regolamento edilizio, si ritiene opportuno fare riferimento, al di là del titolo di studio posseduto, alla categoria professionale di appartenenza del dipendente.
In particolare, il comma 4 dell'art. 25 del CCRL del 01.08.2002 precisa che le categorie dell'ordinamento professionale del personale degli enti locali sono individuate mediante le declaratorie riportate nell'allegato E) al contratto medesimo, ove è descritto l'insieme dei requisiti professionali necessari per lo svolgimento delle mansioni pertinenti a ciascuna di esse.
Esaminando la declaratoria relativa alla categoria D, emerge che i lavoratori inquadrati nella medesima svolgono attività caratterizzate da 'elevate conoscenze plurispecialistiche (la base teorica di conoscenze è acquisibile con il diploma di laurea o con il diploma di laurea specialistico) ed un grado di esperienza pluriennale, con frequente necessità di aggiornamento'. Tra le mansioni caratteristiche di tale categoria è indicata, inoltre, 'la predisposizione di schemi di atti e lo sviluppo di elaborazioni amministrativo-contabili di rilevante complessità ed ampiezza'.
Con riferimento alla natura del regolamento edilizio comunale, tale atto è stato equiparato, per funzione e grado di incidenza, a strumenti urbanistici a carattere pianificatorio generale, come il programma di fabbricazione o il piano regolatore generale
[4], in considerazione dell'idoneità di tale strumento a disciplinare l'attività costruttiva in tutto il territorio comunale, al pari dei suddetti atti di pianificazione urbanistica.
Atteso che la redazione del regolamento edilizio si configura, quindi, quale attività finalizzata alla stesura di atto regolamentare caratterizzato da rilevante complessità (per la cui realizzazione sono richieste conoscenze di natura giuridico-normativa, nonché tecnico specialistica), si reputa che tale attività rientri tra le mansioni e competenze ascrivibili alla declaratoria peculiare della categoria D.
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[1] Vedasi, da ultimo, la disciplina introdotta dal D.P.R. 05.06.2001, n. 328.
[2] 'Approvazione della tariffa professionale degli ingegneri ed architetti'.
[3] Cfr. anche nota del 02.02.2005 del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori (che si allega in copia), per quanto concerne l'ordinamento della professione di architetto.
[4] Cfr. Cons. di Stato, sez. V, n. 104 del 21.02.1994 e parere ANCI del 02.12.1997
(25.08.2005 - link a www.regione.fvg.it).

COMPETENZE PROFESSIONALII geometri non possono progettare opere di carattere civile comportanti l’impiego anche soltanto parziale di elementi in cemento armato, sicché è vietata a questa categoria di professionisti anche la progettazione di manufatti isostatici, da realizzare per intero in conglomerato, senza interazione con corpi di fabbrica in muratura tradizionale.
La Corte di Cassazione sancisce che i geometri non possono progettare opere di carattere civile comportanti l’impiego anche soltanto parziale di elementi in cemento armato, sicché è vietata a questa categoria di professionisti anche la progettazione di manufatti isostatici, da realizzare per intero in conglomerato, senza interazione con corpi di fabbrica in muratura tradizionale.
Né, sul punto, è possibile ritenere che le innovazioni introdotte nei programmi scolastici degli istituti tecnici abbiano ampliato le competenze professionali dei geometri, mediante l’inclusione tra le materie di studio di alcuni argomenti attinenti alle strutture in cemento armato.
Si tratta, infatti di disposizioni aventi oggetto e finalità ben diversi da quelli delle norme che definiscono l’ambito consentito di esercizio della professione (Corte di cassazione, Sez. II, sentenza 05.02.2005 n. 3021 - link a www.ordine-ingegneri.ap.it).

COMPETENZE PROGETTUALI: E' esclusa ogni competenza professionale dell’Architetto nel campo dell’impiantistica (nello specifico un Architetto aveva curato il restauro di un ristorante progettando, oltre alle opere edilizie, anche l’impianto elettrico e l’impianto a gas).
... Il Comune di Genova respinge il progetto impiantistico per incompetenza professionale dell’Architetto non ritenendolo legittimato alla progettazione di impianti.
All’opposizione dell’Architetto il TAR della Liguria, nel respingere il ricorso ha, fra l’altro, sancito quanto segue:
Dall’insieme dei riferimenti normativi, …., emerge un quadro sufficientemente chiaro in ordine alle differenti nozioni di edilizia civile, come realizzazione di opere murarie e di attività che costituiscono applicazioni della fisica. In quest’ultimo ambito rientrano le prestazioni basate sull’utilizzazione dell’energia elettrica, della termologia, della termodinamica oppure della meccanica dei corpi dei fluidi o dell’elettromagnetismo (TAR Lazio sez. III n. 360/1995).
Ora nel caso … il progetto … riguardava essenzialmente un impianto elettrico e a gas relativo ad una unità immobiliare nella quale viene esercitata una attività commerciale.
Ne discende, attesa la natura dell’impianto medesimo, che il relativo progetto non poteva essere sottoscritto da un architetto, ma da un professionista: ingegnere o perito industriale iscritto nell’albo e, quindi, in possesso delle necessarie cognizioni tecnico-scientifiche
” (TAR Liguria, Sez. I, sentenza 02.02.2005 n. 137).

anno 2004

COMPETENZE PROFESSIONALICon riferimento alle competenze dei geometri in materia di progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, l’art. 16 del R.D. 274/1929, nel prevedere che i geometri non possono redigere progetti di costruzioni che comportino l’impiego di conglomerati cementiti, semplici o armati, in strutture statiche portanti, si riferisce sia ai progetti di massima che a quelli esecutivi, mentre nessun riscontro ha nella legge la categoria del progetto architettonico.
La Corte di cassazione sancisce che con riferimento alle competenze dei geometri in materia di progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, l’art. 16 del R.D. 274/1929, nel prevedere che i geometri non possono redigere progetti di costruzioni che comportino l’impiego di conglomerati cementiti, semplici o armati, in strutture statiche portanti, si riferisce sia ai progetti di massima che a quelli esecutivi, mentre nessun riscontro ha nella legge la categoria del progetto architettonico (Corte di Cassazione, Sez. II civile, sentenza 05.11.2004 n. 21185 - link a www.ordine-ingegneri.ap.it).

COMPETENZE PROFESSIONALILa violazione delle norme imperative sui limiti dei poteri del professionista stabiliti dalla legge professionale –nella specie l’art. 16 del R.D. 274/1929 che consente al geometra la progettazione, la direzione e la vigilanza di modeste costruzioni civili– determina la nullità del contratto di opera professionale ex art. 1418 del codice civile in relazione anche agli articoli 2229 e seguenti dello stesso codice, con la conseguenza che il geometra non ha diritto ad alcun compenso per l’opera prestata.
La Corte di Cassazione sancisce il principio che la violazione delle norme imperative sui limiti dei poteri del professionista stabiliti dalla legge professionale –nella specie l’art. 16 del R.D. 274/1929 che consente al geometra la progettazione, la direzione e la vigilanza di modeste costruzioni civili– determina la nullità del contratto di opera professionale ex art. 1418 del codice civile in relazione anche agli articoli 2229 e seguenti dello stesso codice, con la conseguenza che il geometra non ha diritto ad alcun compenso per l’opera prestata (Corte di Cassazione, Se. II civile, sentenza 04.10.2004 n. 19821 - link a www.ordine-ingegneri.ap.it).

COMPETENZE PROGETTUALI: E' stato precisato che per gli edifici destinati a civile abitazione la competenza dei geometri è limitata alle sole costruzioni di modeste dimensioni, con divieto di progettare opere per cui vi sia impiego di cemento armato, tale da implicare in relazione alla destinazione dell’opera un pericolo per l’incolumità delle persone in caso di difetto strutturale, stante l’evidente favore che le varie norme pongono per la competenza esclusiva dei tecnici laureati.
Inoltre, anche quando è stata ammessa la competenza del geometra per la progettazione di strutture in cemento armato, tale competenza è stata comunque limitata alle opere di dimensioni minori.
Pertanto, per valutare l’idoneità del geometra a firmare il progetto di un’opera edilizia che comporta l’uso del cemento armato occorre considerare le specifiche caratteristiche dell’intervento al fine di ammetterla solo se si tratti di un’opera di modeste dimensioni.

Il TAR con la sentenza in epigrafe ha accolto il ricorso dell’Ordine, ritenendo che l’opera progettata era destinata ad attività industriale e non poteva ritenersi di modeste dimensioni, per cui non rientrava nelle competenze del geometra.
Detta conclusione del TAR deve essere condivisa in quanto conforme all’orientamento di questa Sezione, da cui il Collegio non ha motivi per discostarsi.
Invero, è stato precisato che per gli edifici destinati a civile abitazione la competenza dei geometri è limitata alle sole costruzioni di modeste dimensioni, con divieto di progettare opere per cui vi sia impiego di cemento armato, tale da implicare in relazione alla destinazione dell’opera un pericolo per l’incolumità delle persone in caso di difetto strutturale, stante l’evidente favore che le varie norme pongono per la competenza esclusiva dei tecnici laureati (V. la decisione di questa Sezione n. 25 del 13.01.1999, nonché Cass. sez. II n. 15327 del 29.11.2000).
Inoltre, anche quando è stata ammessa la competenza del geometra per la progettazione di strutture in cemento armato, tale competenza è stata comunque limitata alle opere di dimensioni minori (V. la decisione di questo Consiglio, sez. IV n. 784 del del 09.08.1997 nonché Cass. pen., sez. III, n. 10125 del 26.11.1996).
Pertanto, per valutare l’idoneità del geometra a firmare il progetto di un’opera edilizia che comporta l’uso del cemento armato occorre considerare le specifiche caratteristiche dell’intervento al fine di ammetterla solo se si tratti di un’opera di modeste dimensioni (V. la decisione di questa Sezione n. 348 del 31.01.2001).
Nella specie si trattava di laboratorio industriale (con abitazione, uffici ed esposizione), con altezza del capannone di m. 5,40 e quella degli uffici m. 8,25, una luce di m. 23,20 ed una lunghezza di m. 46, con tutta la parte statica e portante dell’edificio in cemento armato precompresso, con collegamento con un cordolo continuo dello stesso materiale, per cui, tenuto conto non solo delle dimensioni ma anche delle tecniche costruttive, correttamente il TAR ha ritenuto che non poteva considerarsi una costruzione di modeste dimensioni.
Né vale invocare a proprio favore da parte dell’appellante la decisione di questa Sezione n. 5208 del 03.10.2002, la quale ha ammesso la competenza del geometra in relazione ad un magazzino piuttosto ampio per il semplice fatto che la responsabilità delle strutture portanti in quel caso era stata assunta da professionista idoneo, mentre solo la mera esecuzione era stata curata da un geometra.
Nel caso in esame, invece, secondo quanto risulta dal provvedimento di concessione impugnato, l’interessato in qualità di geometra aveva direttamente firmato il relativo progetto, con funzione di direttore dei lavori.
La circostanze che successivamente ai sigg. Faggiolati ed altri sia stata rilasciata l’autorizzazione ad eseguire i lavori sulla base di calcoli di stabilità da parte di professionista laureato, non fa venir meno l’illegittimità originaria, salva l’efficacia sanante in relazione all’intervenuta esecuzione dell’opera (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 16.09.2004 n. 6004 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROFESSIONALI: Competenze professionali (architetto e geometra o perito edile) (Ordine degli Architetti di Pisa, nota 30.07.2004 n. 1264 di prot. - link a www.pi.archiworld.it).

COMPETENZE PROFESSIONALILa competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l’adozione anche parziale di strutture in cemento armato, mentre in via di eccezione si estende anche a queste strutture solo con riguardo alle piccole costruzioni accessorie, nell’ambito di edifici rurali o destinati alle industrie agricole, che non comportino particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone, restando comunque esclusa la suddetta competenza nell’ambito delle costruzioni in cemento armato, la cui progettazione e direzione, qualunque ne sia l’importanza, è, pertanto, riservata solo agli ingegneri e agli architetti iscritti nei relativi albi professionali.
La Corte di Cassazione ribadisce che, a norma dell’art. 16, lettera m, del R.D. 11.02.1929, n, 274, la competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l’adozione anche parziale di strutture in cemento armato, mentre in via di eccezione si estende anche a queste strutture solo con riguardo alle piccole costruzioni accessorie, nell’ambito di edifici rurali o destinati alle industrie agricole, che non comportino particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone, restando comunque esclusa la suddetta competenza nell’ambito delle costruzioni in cemento armato, la cui progettazione e direzione, qualunque ne sia l’importanza, è, pertanto, riservata solo agli ingegneri e agli architetti iscritti nei relativi albi professionali (Corte di Cassazione, Sez. II civile, sentenza 25.03.2004 n. 5961 - link a www.ordine-ingegneri.ap.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Gli Ordini professionali sono legittimati a difendere in sede giurisdizionale gli interessi di categoria dei soggetti di cui hanno la rappresentanza istituzionale, non solo quando si tratti della violazione di norme poste a tutela della professione stessa, ma anche ogniqualvolta si tratti di perseguire comunque il conseguimento di vantaggi, sia pure di carattere puramente strumentale, giuridicamente riferibili alla sfera della categoria.
Il presupposto legittimante è in ogni caso costituito dalla riferibilità dell’incarico alle competenze professionali della categoria rappresentata dall’Ordine che agisce; in difetto, l’Ordine non ha infatti alcun interesse ad ottenere l’annullamento di un incarico che comunque non potrebbe essere affidato ad un suo iscritto (o almeno ad un appartenente alla categoria medesima).

In linea di principio deve convenirsi con la tesi ricorrente, secondo cui gli Ordini professionali sono legittimati a difendere in sede giurisdizionale gli interessi di categoria dei soggetti di cui hanno la rappresentanza istituzionale, non solo quando si tratti della violazione di norme poste a tutela della professione stessa, ma anche ogniqualvolta si tratti di perseguire comunque il conseguimento di vantaggi, sia pure di carattere puramente strumentale, giuridicamente riferibili alla sfera della categoria.
In questa prospettiva, la giurisprudenza ha ritenuto legittimato un Ordine degli Architetti a perseguire giudizialmente l’osservanza di prescrizioni a garanzia della partecipazione di tutti gli associati alle procedure selettive per l’affidamento di incarichi di progettazione, nonostante fosse stato avvantaggiato un singolo associato (Cons. St., V, 07.03.2001, n. 1339).
Il presupposto legittimante è in ogni caso costituito dalla riferibilità dell’incarico alle competenze professionali della categoria rappresentata dall’Ordine che agisce; in difetto, l’Ordine non ha infatti alcun interesse ad ottenere l’annullamento di un incarico che comunque non potrebbe essere affidato ad un suo iscritto (o almeno ad un appartenente alla categoria medesima)
(TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 17.02.2004 n. 261 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALI: La progettazione degli impianti di ventilazione dei sotterranei del cimitero monumentale e delle opere di risanamento connesse, classificabili fra le applicazioni della fisica, in quanto basati sullo studio della dinamica dei fluidi, e non fra le opere edilizie, formano oggetto della esclusiva competenza professionale degli ingegneri.
L’incarico conferito dal provvedimento impugnato riguardava la progettazione degli impianti di ventilazione dei sotterranei del cimitero monumentale e delle opere di risanamento connesse.
Ora, l’oggetto e i limiti delle professioni di ingegnere e di architetto sono regolati dal Capo IV del R.D. 23.10.1925, n. 2537, il cui art. 51 stabilisce che sono di spettanza della professione di ingegnere il progetto, la condotta e la stima di una serie di lavori, fra i quali quelli relativi «in generale alle applicazioni della fisica».
Il successivo art. 52 individua nelle «opere di edilizia civile» (nonché nei relativi rilievi geometrici e operazioni di estimo) il campo di attività degli architetti.
La giurisprudenza ha chiarito al riguardo che, anche ammettendo in astratto che il termine «edilizia civile» sia riferibile non soltanto alla realizzazione di edifici, secondo il suo più comune significato, ma anche ad altri generi di opere ed impianti, tale interpretazione risulta, in concreto testualmente incompatibile con la norma transitoria contenuta nel successivo art. 54, ultimo comma, del medesimo decreto, che, nel prevedere un ampliamento della competenza professionale di coloro i quali avevano conseguito entro una certa data il diploma di «architetto civile», previsto dagli ordinamenti universitari dell’epoca, autorizzava gli interessati a svolgere anche mansioni indicate nel precedente art. 51 -proprie, come si è visto, della professione di ingegnere- «ad eccezione però di quanto riguarda le applicazioni industriali e della fisica, nonché i lavori relativi alle vie, ai mezzi di comunicazione o di trasporto e alle opere idrauliche».
Questa disposizione dimostra, al di là del suo carattere meramente eccezionale e transitorio, che, secondo il sistema di ripartizione delle competenze professionali delineato dal R.D. 23.10.1925, n. 2537, la nozione di «edilizia civile» non può essere estensivamente interpretata, dovendo da essa escludersi i lavori e le opere nella medesima disposizione menzionati, fra i quali le «applicazioni della fisica».
Ne consegue che gli impianti di ventilazione, che nel caso in esame costituiscono l’oggetto centrale dell’incarico, classificabili fra le applicazioni della fisica, in quanto basati sullo studio della dinamica dei fluidi, e non fra le opere edilizie, formano oggetto della esclusiva competenza professionale degli ingegneri.
Né può sostenersi che i limiti delle competenze professionali degli ingegneri e degli architetti, come delineati dal R.D. 23.10.1925, n. 2537, dovrebbero ritenersi superati dalla evoluzione successivamente intervenuta nei rispettivi corsi di studi universitari, che consentirebbe un'interpretazione estensiva delle disposizioni che disciplinano la competenza professionale degli architetti
(TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 17.02.2004 n. 261 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROFESSIONALI: D. Chinello, Progettazione di edifici in cemento armato: sui limiti di competenza dei geometri (link a www.altalex.com).

anno 2003

COMPETENZE PROGETTUALI: Per gli edifici destinati a civile abitazione la competenza dei geometri è limitata alle sole costruzioni di modeste dimensioni, con divieto di progettare opere per cui vi sia impiego di cemento armato, tale da implicare in relazione alla destinazione dell’opera un pericolo per l’incolumità delle persone in caso di difetto strutturale, stante l’evidente favore che le varie norme pongono per la competenza esclusiva dei tecnici laureati.
Inoltre, anche quando è stata ammessa la competenza del geometra per la progettazione di strutture civili in cemento armato, tale competenza è stata comunque limitata alle opere di dimensioni minori.
Pertanto, per valutare l’idoneità del geometra a firmare il progetto di un’opera edilizia che comporta l’uso del cemento armato occorre considerare le specifiche caratteristiche dell’intervento al fine di ammetterla solo se si tratti di un’opera di modeste dimensioni.
Né vale sostenere che nella specie il geometra si sarebbe limitato alla redazione del progetto architettonico mentre la progettazione ed i calcoli, nonché la successiva direzione dei lavori, sarebbero stati effettuati da tecnici laureati, in quanto quello che rileva è che al momento del rilascio della concessione edilizia si è tenuto conto di un progetto redatto da geometra.

Con l’appello in epigrafe, il geometra Ratti ha fatto presente che l’Ordine degli ingegneri della Provincia di La Spezia aveva impugnato davanti al TAR Liguria la concessione edilizia n. 455 del 04.10.1995, rilasciata dal Sindaco del Comune di La Spezia alla società Termomeccanica, denunciando che il progetto assentito risultava sottoscritto da un geometra anziché da un ingegnere, nonostante la complessità dell’opera da realizzare, concernente la ristrutturazione con parziale demolizione di un capannone industriale in cemento armato di m. 37 x 636.
Il TAR con la sentenza in epigrafe ha accolto il ricorso dell’Ordine, ritenendo che l’opera progettata non potesse rientrare nella competenza del geometra sia per dimensioni (non trattandosi di modesta costruzione per avere una superficie di mq. 2.330 ed un volume di c.a. di mc. 21.000) sia in quanto l’opera da realizzare consisteva in un capannone industriale, implicante una destinazione alla produzione e quindi alla continua o saltuaria presenza di persone che dovevano lavorare nell’impianto.
Detta conclusione del TAR deve essere condivisa in quanto conforme all’orientamento di questa Sezione, da cui il Collegio non ha motivi per discostarsi.
Invero, è stato precisato che per gli edifici destinati a civile abitazione la competenza dei geometri è limitata alle sole costruzioni di modeste dimensioni, con divieto di progettare opere per cui vi sia impiego di cemento armato, tale da implicare in relazione alla destinazione dell’opera un pericolo per l’incolumità delle persone in caso di difetto strutturale, stante l’evidente favore che le varie norme pongono per la competenza esclusiva dei tecnici laureati (V. la decisione di questa Sezione n. 25 del 13.01.1999, nonché Cass. sez. II n. 15327 del 29.11.2000).
Inoltre, anche quando è stata ammessa la competenza del geometra per la progettazione di strutture civili in cemento armato, tale competenza è stata comunque limitata alle opere di dimensioni minori (V. la decisione di questo Consiglio, sez. IV n. n. 784 del del 09.08.1997).
Pertanto, per valutare l’idoneità del geometra a firmare il progetto di un’opera edilizia che comporta l’uso del cemento armato occorre considerare le specifiche caratteristiche dell’intervento al fine di ammetterla solo se si tratti di un’opera di modeste dimensioni (V. la decisione di questa Sezione n. 348 del 31.1.2001), aspetto che è già stato valutato negativamente dal TAR e che non è stato oggetto di specifica contestazione da parte dell’appellante.
Né vale sostenere che nella specie il geometra si sarebbe limitato alla redazione del progetto architettonico mentre la progettazione ed i calcoli, nonché la successiva direzione dei lavori, sarebbero stati effettuati da tecnici laureati, in quanto quello che rileva è che al momento del rilascio della concessione edilizia si è tenuto conto di un progetto redatto da geometra (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 01.12.2003 n. 7821 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALI: L'art. 3 della legge 05.11.1971 n. 1086, nello stabilire che, con riferimento alle opere di conglomerato cementizio armato, "il progettista ha la responsabilità diretta della progettazione di tutte le strutture dell'opera comunque realizzate", chiarisce il contenuto della responsabilità di chi redige il progetto, riferendola alla parte strutturale dell'opera intesa nella sua globalità, ma di certo non vieta né impedisce forme di cooperazione nell'ambito del lavoro progettuale.
Nel caso di specie, un ingegnere iscritto nel relativo albo ha sottoscritto il progetto qualificandosi come "progettista e direttore lavori delle opere strutturali", mentre un geometra ha aggiunto la sua firma in qualità di "tecnico", con ciò sottolineando la limitazione della responsabilità alla sola parte architettonica dell'opera stessa. È evidente, infatti, che l'esigenza, imposta dalla norma in discorso, di individuare un responsabile per quel che attiene agli aspetti strutturali del progetto, è ampiamente soddisfatta dalla formula qui impiegata.
Pertanto, avendo la presenza dell'ingegnere progettista delle opere strutturali assorbito per intero quella parte che poteva esorbitare dalla competenza professionale delle geometra, la contestazione circa l'inidoneità del geometra a sottoscrivere il progetto esaminato dal comune viene a cadere e, quindi, tale aspetto della vicenda non è suscettibile di incidere negativamente sulla legittimità dell'impugnata concessione edilizia.

Il Comune di Rocca San Giovanni, su richiesta della S.n.c. Panoramica, ha rilasciato in data 10.09.1992 la concessione edilizia n. 50 per la realizzazione di un fabbricato per civile abitazione, articolato su due piani e composto da cinque appartamenti, garage e cantine, su un'area confinante con un terreno di proprietà del signor Giovanni De Palma. Il progetto esaminato dalla commissione edilizia comunale venne sottoscritto dal geometra Donato De Simone e, nella qualità di progettista e direttore dei lavori delle opere strutturali, dall'ingegner Italo Bona.
Con sentenza n. 463 del 1995, il TAR Abruzzo, sezione staccata di Pescara, ha accolto il ricorso proposto dal signor De Palma per l'annullamento della concessione edilizia in questione, ritenendo fondato l'unico motivo di gravame con il quale veniva contestata la violazione delle norme sulla competenza professionale, prospettato secondo l’assunto che l'opera, per la sua consistenza e la previsione di strutture in cemento armato, esorbitava dai compiti affidati ai geometri e che nessun rilievo poteva essere attribuito "alla circostanza che i calcoli del cemento armato siano stati affidati a parte a un ingegnere..., giacché è il professionista incaricato della progettazione della direzione dei lavori che assume la responsabilità dell'intera costruzione e non gli eventuali suoi collaboratori (articolo 3 della legge 05.11.1971 n. 1086)."
La società Panoramica, con l'appello, contesta sotto i profili giuridico e fattuale la fondatezza dell'assunto e conclude chiedendo, in riforma della sentenza appellata, il rigetto del ricorso di primo grado.
...
La questione di fondo intorno alla quale ruota la controversia è quella di stabilire, alla luce delle norme che disciplinano la competenza professionale dei geometri e degli ingegneri, se siano configurabili situazioni di cooperazione professionale, in base alle quali questi professionisti possono assumere autonome responsabilità nell'ambito delle rispettive competenze professionali.
Secondo il primo giudice, ciò non sarebbe possibile "giacché è il professionista incaricato della progettazione e della direzione dei lavori che assume la responsabilità dell'intera costruzione e non gli eventuali suoi collaboratori (articolo 3 della legge 05.11.1971 n. 1086)."
La tesi non può essere condivisa.
La norma richiamata della sentenza appellata, nello stabilire che, con riferimento alle opere di conglomerato cementizio armato, "il progettista ha la responsabilità diretta della progettazione di tutte le strutture dell'opera comunque realizzate", chiarisce il contenuto della responsabilità di chi redige il progetto, riferendola alla parte strutturale dell'opera intesa nella sua globalità, ma di certo non vieta né impedisce forme di cooperazione nell'ambito del lavoro progettuale, quale quella che si è verificata nel caso di specie. Nel quale un ingegnere iscritto nel relativo albo ha sottoscritto il progetto qualificandosi come "progettista e direttore lavori delle opere strutturali", mentre un geometra ha aggiunto la sua firma in qualità di "tecnico", con ciò sottolineando la limitazione della responsabilità alla sola parte architettonica dell'opera stessa. È evidente, infatti, che l'esigenza, imposta dalla norma in discorso, di individuare un responsabile per quel che attiene agli aspetti strutturali del progetto, è ampiamente soddisfatta dalla formula qui impiegata.
Pertanto, avendo la presenza dell'ingegnere progettista delle opere strutturali assorbito per intero quella parte che poteva esorbitare dalla competenza professionale delle geometra, la contestazione circa l'inidoneità del geometra a sottoscrivere il progetto esaminato dal comune viene a cadere e, quindi, tale aspetto della vicenda non è suscettibile di incidere negativamente sulla legittimità dell'impugnata concessione edilizia (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 04.06.2003 n. 3068 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROFESSIONALI: Direttive per le competenze dei Tecnici diplomati. Delibera del Consiglio dell'Ordine del 19.02.2003 (Ordine degli Ingegneri della provincia di Ascoli Piceno, nota 19.02.2003 n. 352 di prot. - link a www.ordine-ingegneri.ap.it).

anno 2002

COMPETENZE PROGETTUALIIl discrimine della competenza dei geometri nel campo delle costruzioni civili è dato dal criterio della "modestia" dell'opera, così come stabilito dall'art. 16 r.d. 11.02.1929 n. 274, il quale, nel regolare l'attività professionale dei geometri alla lett. m), consente loro l'attività di "progetto, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili".
Tale criterio è da intendere in senso tecnico-qualitativo e con riguardo ad una valutazione della struttura dell'edificio e delle relative modalità costruttive, che non devono implicare la soluzione di problemi tecnici particolari, devoluti esclusivamente alla competenza professionale degli ingegneri e degli architetti.
Altri criteri, come quello quantitativo, delle dimensioni e della complessità, nonché quello economico, possono soccorrere quali elementi complementari di valutazione, in quanto indicativi delle caratteristiche costruttive e delle difficoltà tecniche presenti nella realizzazione dell'opera.

Può ritenersi ormai acquisito in giurisprudenza che, in mancanza di ogni ulteriore specificazione da parte del citato art. 16, lett. m), R.D. n. 274 del 1929, il discrimine della competenza dei geometri nel campo delle costruzioni civili è dato dalla “modestia” dell’opera.
Criterio questo da intendere in senso tecnico-qualitativo e con riguardo ad una valutazione della struttura dell’edificio e delle relative modalità costruttive, che non devono implicare la soluzione di problemi tecnici particolari, devoluti esclusivamente alla competenza professionale degli ingegneri e degli architetti. Altri criteri, come quello quantitativo, delle dimensioni e della complessità, nonché quello economico possono soccorrere quali elementi complementari di valutazione, in quanto indicativi delle caratteristiche costruttive e delle difficoltà tecniche presenti nella realizzazione dell’opera (cfr. Corte Cost. 27.04.1993 n. 199).
Per valutare l’idoneità del geometra a firmare il progetto di un’opera di edilizia civile, occorre, quindi, considerare le concrete caratteristiche dell’intervento. A tal fine, peraltro, non possono essere prefissati criteri rigidi e fissi, ma è necessario considerare tutte le particolarità della concreta vicenda, anche in rapporto all’evoluzione tecnico-scientifica ed economica che nel settore edilizio può verificarsi nel tempo (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 31.01.2001 n. 348).
Nel caso di specie, come opportunamente evidenziato dal Tribunale e come si evince dalla relazione tecnica e dal certificato di collaudo in atti, l’opera progettata è costituita da un insieme di sette capannoni ad un piano, destinati a magazzino o deposito, la cui struttura in cemento armato è stata progettata e calcolata da un ingegnere, da realizzare a completamento di un piano di lottizzazione. Si tratta di costruzioni modulari, che, assunta da professionista idoneo la responsabilità delle strutture portanti, non presentano particolari problemi tecnici e, delle quali, nel caso che ci occupa, il geometra ha curato in pratica la mera esecuzione secondo la previsione del piano attuativo, insieme alle opere complementari, come i parcheggi a servizio.
Alla stregua dei canoni sopra enunciati e considerate le concrete caratteristiche dell’intervento, si ritiene che ricorrono nella specie gli estremi della competenza professionale del geometra (
Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 03.10.2002 n. 5208 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALIArchitetto - Competenza professionale - Opere di edilizia civile di rilevante carattere artistico - Competenza esclusiva ex art. 52 R.D. 25/2537 - Valutazione caso per caso dell’Autorità competente.
La norma dell’art. 52, 2° comma, del R.D. 23.10.1925 n. 2537 la quale prevede la competenza esclusiva dell’architetto per le opere di edilizia civile di rilevante carattere artistico, implica che l’autorità a cui è devoluta l’approvazione del progetto effettui una valutazione del requisito «rilevante », caso per caso, riferita sia all’edificio oggetto dell’intervento e sia all’intervento in sé.  

Il Sindaco del Comune di Cavacurta rilasciava concessione edilizia per il restauro del complesso edilizio denominato «Convento dei Padri Serviti».
Detta concessione veniva impugnata dall’Ordine degli architetti, in base al rilievo che trattandosi di immobile di rilevante carattere artistico, ancorché non soggetto al vincolo di cui alla L. n. 1089 del 1939, il progetto doveva essere sottoscritto da un architetto e non, come invece avvenuto, da un ingegnere.
Il TAR adito con la sentenza in epigrafe accoglieva il ricorso, in base al rilievo che qualunque intervento anche minimo su edificio esistente, che abbia rilevanza artistica, deve essere progettato dall’architetto e non dall’ingegnere.
Hanno proposto appello l’ingegnere firmatario del progetto e l’Ordine degli ingegneri della provincia di Milano.
Osservano che in base alla legge professionale, sono di competenza della professione di architetto il restauro e ripristino degli edifici soggetti al vincolo di cui alla L. n. 1089 del 1939, mentre per gli edifici non soggetti al vincolo sono di competenza dell’architetto solo le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico. Nella specie, gli interventi di edilizia civile, relativi ad immobile non vincolato, non presentavano rilevante carattere artistico, e non necessitavano pertanto di progetto firmato da architetto.
L’appello è fondato.
La questione di diritto oggetto del presente giudizio verte sulla corretta interpretazione dell’art. 52, R.D. 23.10.1925 n. 2537, relativamente al riparto di competenze tra architetti e ingegneri in ordine alle opere soggette a vincolo storico-artistico o comunque di carattere artistico.
Dispone, in particolare, l’art. 52, R.D. n. 2537 del 1925, che sono di competenza della professione di architetto, da un lato «le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico» e dall’altro lato «il restauro ed il ripristino degli edifici contemplati dalla legge 20.06.1899 n. 364 (ora L. n. 1089 del 1939)».
Se è chiaro che quando si tratta di immobili soggetti a vincolo ai sensi della L. n. 1089 del 1939, il restauro e il ripristino sono di spettanza della professione di architetto, meno chiara è la previsione che attribuisce all’architetto «le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico».
La norma si riferisce, chiaramente, agli immobili non soggetti a vincolo. L’assenza di un vincolo formale, impone una valutazione caso per caso non sul semplice carattere artistico, bensì sul «rilevante» carattere artistico.
Tale valutazione deve essere compiuta dall’autorità che approva il progetto dell’opera.
Trattasi di valutazione di merito, sindacabile solo in caso di manifesta illogicità o travisamento.
Quanto alla espressione «opere di edilizia civile» la stessa va riferita sia alle nuove opere, sia agli interventi (ristrutturazione, manutenzione) su opere già esistenti.
Il rilevante carattere artistico va riferito non solo agli edifici cui accede l’intervento, ma anche all’intervento in sé, in quanto la norma parla non già di «interventi su beni di rilevante carattere artistico», bensì di opere di edilizia civile, in sé aventi rilevante carattere artistico.
Sicché, il rilevante carattere artistico va di volta in volta valutato dall’autorità competente ad approvare il progetto, con riferimento alle opere da effettuare.
Tale interpretazione, oltre che conforme al dato letterale della norma, è conforme alla logica della stessa, che intende differenziare gli immobili soggetti a vincolo storico-artistico da quelli non formalmente vincolati.
Per questi ultimi, non esistendo alcun vincolo, si impone una valutazione rigorosa sul carattere artistico dell’intervento, onde evitare una non necessaria riserva di competenza a favore di una categoria professionale (gli architetti) e in danno di un’altra (gli ingegneri).
Nel caso di specie, si tratta di interventi di manutenzione e adeguamento su un immobile non soggetto a vincolo ai sensi della L. n. 1089 del 1939, e ciò nonostante ritenuto di valore artistico dagli strumenti urbanistici comunali.
Occorreva dunque valutare se gli interventi progettati fossero, a loro volta, di rilevante carattere artistico, onde stabilire se il progetto fosse di competenza di architetto o ingegnere. Tale valutazione competeva al Comune competente al rilascio della concessione edilizia (tratto da BLT n. 2/2002 - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 30.04.2002 n. 2303 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALIArchitetto - Competenza professionale - Opere marittime - Incarico di coordinatore per la sicurezza del cantiere – Esclusione.
Per un’opera marittima è legittima l’esclusione degli architetti dalla selezione per l’affidamento dell’incarico di coordinatore della progettazione o di coordinatore della esecuzione lavori, che sono soggetti chiamati ad operare nel settore della sicurezza dei cantieri per lavori edili o di ingegneria civile «in relazione alle specifiche competenze connesse al titolo di studio», come dispone l’art. 23 del D.Lgs. 19.11.1999 n. 528.  

Il D.L.vo 14.08.1996 n. 494 concernente attuazione della direttiva 92/57/C.E.E. ha prescritto misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori nei cantieri temporanei o mobili definendo all’art. 10 i requisiti professionali del coordinatore per la progettazione e del coordinatore per l’esecuzione, figura quest’ultima che con la gara in questione si intende affidare a professionista estraneo all’Amministrazione.
La norma citata, al comma 1, individua tre fasce di figure professionali che possono acquisire la funzione del coordinatore per l’esecuzione, graduando le stesse in ragione dei diversi livelli di studio, dal diploma di laurea ai diplomi universitari e infine ai diplomi tecnici in genere disponendo al comma 2 che i soggetti di cui al comma 1 devono essere in possesso di attestato di frequenza a specifico corso in materia di sicurezza.
È chiaro che, non avendo il corso, attesa la sua brevità (120 ore), una funzione sostitutiva dei singoli corsi di studio delle diverse figure professionali, resta il principio che la partecipazione ai medesimi corsi integra le conoscenze dei soggetti nell’ambito delle specifiche abilitazioni ad operare nei diversi settori della tecnica.
Il citato D.L.vo n. 494 del 1996 non ha quindi introdotto modifiche alle varie competenze professionali, ma si è limitato ad individuare una vasta gamma di professionalità che, ciascuna nel proprio settore di competenza, sono suscettibili di svolgere le funzioni specifiche connesse alla sicurezza previa partecipazione a corsi per l’acquisizione di conoscenze sulle specifiche attività.
Non appare superfluo rilevare che le attività connesse alla sicurezza non possono essere efficacemente svolte se non si possiede una approfondita conoscenza delle problematiche connesse alla tipologia di opera da realizzare, alle tecnologie costruttive della stessa, agli specifici e spesso complessi mezzi d’opera utilizzati.
Il delicato aspetto della sicurezza dei cantieri, per l’alto prezzo che viene pagato con gli infortuni sul lavoro, impone l’applicazione di criteri rigidi di selezione degli operatori, secondo il possesso di elevata e specifica professionalità.
Detta esigenza è stata avvertita dal Legislatore il quale -con il D.L.vo 19.11.1999 n. 528, modificativo ed integrativo del D.L.vo n. 494 del 1996– ha ritenuto opportuno precisare esplicitamente (art. 23) che i lavori edili o di ingegneria civile al coordinamento dei quali sono abilitati i soggetti di cui all’art. 10, comma 1, del D.L.vo n. 494 del 1996 sono individuati, con uno o più decreti interministeriali, «in relazione alle specifiche competenze connesse al titolo di studio».
Il citato D.L.vo è entrato in vigore il 18.04.2000 (art. 26) e, ancorché non siano stati ancora emanati i suddetti decreti interministeriali, la disposizione che l’abilitazione ad operare nel settore della sicurezza sia riferita alle specifiche competenze connesse al titolo di studio deve intendersi pienamente operante.
Nel caso specifico non sussistono dubbi che le opere marittime esulino dalle competenze professionali degli architetti e pertanto legittimamente il bando ha limitato la partecipazione ai soli ingegneri (tratto da BLT n. 2/2002 - Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 28.02.2002 n. 1208).

COMPETENZE PROGETTUALIArchitetto - Competenza professionale - Progettazione di impianto comunale di illuminazione pubblica - Ammissibilità.
In una gara indetta per l’affidamento di progettazione di un impianto comunale di illuminazione pubblica -che è da considerare opera di edilizia civile- è illegittima la clausola del bando che esclude gli architetti dalla partecipazione alla gara.

Atteso che, prima facie, pur non potendosi addivenire, sulla base della normativa vigente, ad una sostanziale equiparazione del titolo di laurea in architettura, con quello di ingegneria (più spiccatamente caratterizzato quest’ultimo in senso tecnico-scientifico), deve accedersi ad una interpretazione della nozione di edilizia civile sufficientemente estesa e ritenersi pertanto che non si limiti l’opera di progettazione dell’illuminazione viaria pubblica in ambito comunale ad un fenomeno di mera applicazione di energia elettrica, potendo essa invece costituire un’efficace mezzo di valorizzazione dei singoli fabbricati e del complessivo patrimonio edilizio comunale (tratto da BLT n. 2/2002 - Consiglio di Stato, Sez. V, ordinanza caut. 08.01.2002 n. 20).

anno 2001

COMPETENZE PROGETTUALI: Il Collegio non intende disconoscere il più recente orientamento della giurisprudenza amministrativa che propende per l’esclusione dalla competenza dei geometri della progettazione di co-struzioni civili che comportano l’adozione di strutture in cemento armato, con la sola eccezione delle piccole costruzioni accessorie nell’ambito degli edifici rurali o destinate ad industrie agricole che non richiedono particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportano pericolo per la persona.
Per quanto riguarda la vicenda di cui è causa, non può tuttavia essere ignorato che la legittimità degli atti impugnati deve necessariamente essere valutata alla luce dell’orientamento giurisprudenziale prevalente alla data di rilascio delle concessioni edilizie oggetto di gravame (anni 1991/1992/1993), in tema di competenza progettuale dei geometri che, per quanto concerne il parametro della modestia delle costruzioni, caratterizzante tale competenza professionale non aveva fornito univoci responsi, soprattutto per quanto concerne l’individuazione dei limiti volumetrici delle costruzioni esorbitanti tale competenza progettuale, dal momento che l’art. 2 della legge 05.11.1971, n. 1086, recante la disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato normale precompresso ed a struttura metallica non esclude in assoluto la competenza dei geometri.
Ciò comporta che, alla luce delle genericità degli elementi di discrimine tra la competenza professionale degli ingegneri e dei geometri individuati dalla giurisprudenza alla data d’adozione degli atti impugnati in questa sede, il Collegio ritiene che gli stessi siano da valutare immuni dai vizi denunciati dalla parte ricorrente, in quanto la sottoscrizione dei progetti da parte di un geometra non può essere di per sé ritenuta elusiva della riferita disciplina in materia di opere in cemento armato, se si considera che, come risulta provato in atti, i calcoli relativi alla struttura in conglomerato cementizio dell’edificio oggetto di concessione edilizia allegati al progetto sono stati elaborati da un ingegnere che ha provveduto anche all’effettuazione del collaudo statico degli elementi in calcestruzzo armato e dell’intero fabbricato, garantendo in tal modo l’affidabilità tecnica e strutturale della stessa, ai fini della salvaguardia dell’incolumità delle persone che la giurisprudenza si preoccupa di assicurare attraverso la collaborazione tecnica e professionale degli ingegneri.
Il coinvolgimento nell’attività di progettazione degli elementi strutturali dell’edificio di un ingegnere, ad avviso del Collegio, contribuisce, quindi, nel caso che occupa a legittimare l’attività progettuale del geometra che ha sottoscritto gli elaborati grafici ed a dare necessarie garanzie di professionalità all’intera attività di elaborazione tecnica dell’intervento costruttivo in termini di affidabilità statica ed edilizia.

Ad identiche conclusioni d’infondatezza conduce anche l’esame della residua censura preordinata a far dipendere la dedotta illegittimità delle impugnate concessioni edilizie dalla circostanza che i progetti della costruzione con le medesime assentiti sono stati sottoscritti da un geometra, anziché da un ingegnere o da un architetto.
Al riguardo il Collegio non intende disconoscere il più recente orientamento della giurisprudenza amministrativa che propende per l’esclusione dalla competenza dei geometri della progettazione di co-struzioni civili che comportano l’adozione di strutture in cemento armato, con la sola eccezione delle piccole costruzioni accessorie nell’ambito degli edifici rurali o destinate ad industrie agricole che non richiedono particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportano pericolo per la persona (ex multis, Cons. St., sez. V, 31.01.2001, n. 348).
Per quanto riguarda la vicenda di cui è causa, non può tuttavia essere ignorato che la legittimità degli atti impugnati deve necessariamente essere valutata alla luce dell’orientamento giurisprudenziale prevalente alla data di rilascio delle concessioni edilizie oggetto di gravame (anni 1991/1992/1993), in tema di competenza progettuale dei geometri che, per quanto concerne il parametro della modestia delle costruzioni, caratterizzante tale competenza professionale non aveva fornito univoci responsi, soprattutto per quanto concerne l’individuazione dei limiti volumetrici delle costruzioni esorbitanti tale competenza progettuale, dal momento che l’art. 2 della legge 05.11.1971, n. 1086, recante la disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato normale precompresso ed a struttura metallica non esclude in assoluto la competenza dei geometri (Corte Cost., 19/27.04.1993, n. 199).
Ciò comporta che, alla luce delle genericità degli elementi di discrimine tra la competenza professionale degli ingegneri e dei geometri individuati dalla giurisprudenza alla data d’adozione degli atti impugnati in questa sede, il Collegio ritiene che gli stessi siano da valutare immuni dai vizi denunciati dalla parte ricorrente, in quanto la sottoscrizione dei progetti da parte di un geometra non può essere di per sé ritenuta elusiva della riferita disciplina in materia di opere in cemento armato, se si considera che, come risulta provato in atti, i calcoli relativi alla struttura in conglomerato cementizio dell’edificio oggetto di concessione edilizia allegati al progetto sono stati elaborati da un ingegnere che ha provveduto anche all’effettuazione del collaudo statico degli elementi in calcestruzzo armato e dell’intero fabbricato (vedi certificato di collaudo a firma dell’ing. Carlo Cingolani del 27.08.1993 in atti), garantendo in tal modo l’affidabilità tecnica e strutturale della stessa, ai fini della salvaguardia dell’incolumità delle persone che la giurisprudenza si preoccupa di assicurare attraverso la collaborazione tecnica e professionale degli ingegneri.
Il coinvolgimento nell’attività di progettazione degli elementi strutturali dell’edificio di un ingegnere, ad avviso del Collegio, contribuisce, quindi, nel caso che occupa a legittimare l’attività progettuale del geometra che ha sottoscritto gli elaborati grafici ed a dare necessarie garanzie di professionalità all’intera attività di elaborazione tecnica dell’intervento costruttivo in termini di affidabilità statica ed edilizia.
In conclusione, dalle considerazioni che precedono discende che il ricorso deve essere in parte dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse, per quanto riguarda le censure preordinate a denunciare, attraverso il rilascio delle concessioni edilizie oggetto di impugnativa, l’avvenuta realizzazione di abusi edilizi a fronte dell’inter-venuta loro regolarizzazione in pendenza del giudizio con il rilascio di apposita concessione in sanatoria (TAR Marche, sentenza 23.11.2001 n. 1220 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALI: In base all'art. 16, R.D. 11.02.1929 n. 274 e dell'art. 54, L. 02.03.1949 n. 144, non rientra nella competenza dei geometri la realizzazione di un complesso di opere di modesta entità o tenuità, bensì che richiede una visione d'insieme, pone problemi di carattere programmatorio ed impone la valutazione complessiva di una serie di situazioni la cui soluzione, sotto il profilo tecnico, possa incontrare difficoltà non facilmente superabili con il solo bagaglio professionale del geometra (nella specie, l'incarico di progettazione è di sicura complessità, perché riguarda l'adeguamento e la razionalizzazione dell'acquedotto comunale, in funzione di una nuova destinazione urbanistica e, quindi, non è penalizzante della posizione professionale dei geometri).
L'articolo 16 del regio decreto 11.02.1929, n. 2174, nel definire "l'oggetto ed i limiti dell'esercizio professionale di geometra", attribuisce alla competenza del medesimo, per quel che concerne la fattispecie, (lettera l) "progetto, direzione, sorveglianza e liquidazione di costruzioni rurali e di edifici per uso d'industrie agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone; nonché di piccole opere inerenti alle aziende agrarie, come strade vicinali senza rilevanti opere d'arte, lavori d'irrigazione e di bonifica, provvista d'acqua per le stesse aziende e riparto della spesa per opere consorziali relative, esclusa, comunque, la redazione di progetti generali di bonifica idraulica ed agraria e relativa direzione".
Contrariamente a quanto argomentato dall’appellante, i limiti posti dalla norma, nella parte in cui circoscrive la competenza dei geometri ad opere strutturalmente semplici, non sono stati modificati dall'articolo 57 della legge 02.03.1949, n. 144, che contiene una classificazione delle prestazioni professionali del geometra in funzione dell'applicazione degli onorari professionali e che definisce le costruzioni in termini più generali. Infatti dall'analisi comparativa delle due norme emerge come “il criterio di delimitazione del campo operativo del geometra, costituito dalla modestia o tenuità dell'opera dev'essere integrato con quello che preclude al geometra la realizzazione di un complesso di opere che richiede una visione di insieme, pone problemi di carattere programmatorio, ed impone una valutazione complessiva di una serie di situazioni la cui soluzione, sotto il profilo tecnico, può incontrare difficoltà non facilmente superabili con la competenza professionale del geometra.” (Consiglio Stato sez. V 03.01.1992 n. 3).
Nel caso di specie, è pacifico che incarichi di progettazione si riferivano ad interventi di sicura complessità, trattandosi dell'adeguamento e razionalizzazione dell'acquedotto comunale, in funzione di una nuova destinazione urbanistica (insediamenti produttivi), e del recupero e riuso del centro storico richiedente per sua natura una visione di insieme di problemi la cui soluzione involge questioni di notevole spessore tecnico
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 22.09.2001 n. 4985 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROFESSIONALIIl Geometra non può firmare Piani Attuativi.
Le disposizioni contenute nel R.D. 11.02.1929 n. 274 stabiliscono che il Geometra ha, per quanto concerne la progettazione, direzione e vigilanza in materia edilizia, competenza per “costruzioni rurali e di edifici di uso d’industrie agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato che non richiedono particolari operazioni di calcolo...”, nonché per “modeste costruzioni civili”.
La giurisprudenza ha precisato, in proposito, che le indicate attività professionali non possono che restare limitate alle specifiche previsioni normative, che non implicano alcuna possibilità di estensione, anche in considerazione di motivi di ordine pubblico e di tutela della sicurezza collettiva. E’ stato affermato, più in particolare, che resta preclusa al Geometra la realizzazione di un complesso di opere che richieda una visione di insieme, che ponga problemi di carattere organizzatorio (Cons. St., Sez. V, n. 25 del 13.01.1999; n. 3 del 03.01.1992).
E’ facile osservare come nelle disposizioni su citate non sia ravvisabile alcuna indicazione che faccia riferimento a strumenti di programmazione urbanistica, mentre è pacifico che la redazione di un piano di lottizzazione costituisce attività che chiaramente richiede una competenza programmatoria in tale settore, anche se si limita l’attività a opere di modesta entità, e nonostante che la stessa sia posta in attuazione delle previsioni dello strumento urbanistico generale.
In effetti, come già affermato da questa Sezione, la redazione di un tale strumento concerne indubbiamente la realizzazione di un complesso di opere che richiede una visione di insieme e pone problemi di carattere programmatorio che indubbiamente postulano valutazioni complessive che non rientrano nella competenza professionale del Geometra, così come definita dall’art. 16 del r.d. 11.02.1929 n. 274 (Cons. St., Sez. IV, n. 765 del 09.11.1989) (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 03.09.2001 n. 4620 -
link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROFESSIONALI: Risponde al reato di esercizio abusivo della professione il geometra che procede alla progettazione ed alla direzione dei lavori di un edificio con strutture in cemento armato che non sia di modeste dimensioni, anche se il progetto è vistato o controfirmato da un professionista abilitato o se i calcoli del cemento armato sono stati fatti eseguire da un ingegnere.
L’opera progettata non può considerarsi di modeste dimensioni, trattandosi della sopraelevazione di ben tre piani, per una volumetria complessiva di 1700 metri cubi. Ne deriva, quindi, l’inidoneità del progetto predisposto dal geometra.

La Sezione ha ripetutamente chiarito che per gli edifici destinati a civile abitazione, la competenza dei geometri è limitata alle sole costruzioni di modeste dimensioni, con divieto di progettare opere per cui vi sia impiego di cemento armato, tale da implicare, in relazione alla destinazione dell'opera, un pericolo per l'incolumità della persone in caso di difetto strutturale, stante l'evidente favore che le varie norme pongono per la competenza esclusiva dei tecnici laureati, nonché l'obbligo della p.a., in sede di rilascio della concessione edilizia, di motivare congruamente in ordine alla sufficienza della redazione di un progetto da parte di un geometra (Consiglio Stato sez. V, 13.01.1999, n. 25).
La competenza dei geometri per la realizzazione in cemento armato di piccole costruzioni accessorie di edifici rurali deve essere estesa, ai sensi dell'art. 16 r.d. 11.02.1929 n. 274, anche alle opere accessorie alle costruzioni civili, fermo restando che deve trattarsi di costruzioni di dimensioni esigue e tali da non presentare particolari problemi strutturali (Consiglio Stato sez. V, 08.06.1998, n. 779).
Secondo tale pronuncia, non rientra nella competenza professionale del geometra la progettazione e la realizzazione di opere in cemento armato che eccedano i limiti posti dagli art. 16 ss. r.d. 11.02.1929 n. 274, ossia le piccole costruzioni accessorie di edifici rurali e per uso di industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e non costituiscano comunque pericolo per l'incolumità delle persone (nella specie, è illegittimo il progetto firmato da un geometra per la realizzazione di un grande capannone industriale, poggiante su una fondazione di pali e pilastri in cemento armato e con solai in laterocemento e, comunque, di natura e dimensioni tali da non poter esser definito come una modesta costruzione civile).
Questo rigoroso orientamento è solo in parte contrastato da altre pronunce, secondo le quali, dal complesso normativo risultante dal r.d. 16.11.1939 n. 2229 e dalle l. 05.11.1971 n. 1086, 02.02.1974 n. 64 e 02.03.1949 n. 144 si deve trarre la conclusione che ai tecnici diplomati non è preclusa in assoluto la progettazione di strutture in cemento armato: anzi la stessa è specificamente prevista e consentita sempre che si mantenga nei limiti della competenza come determinata nella rispettiva disciplina professionale: ne consegue che la competenza dei geometri alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili non trova alcuna limitazione o preclusione nella relativa struttura in cemento armato e dovendo anzi tenersi conto della specifica cultura di tali professionisti accresciuta dall'evoluzione delle relative conoscenze tecniche (Consiglio Stato sez. IV, 09.08.1997, n. 784).
Infatti, anche tale decisione circoscrive il proprio campo di azione alle opere di dimensioni minori, senza generalizzare la competenza progettuale dei geometri: poiché l'art. 16, lett. m), r.d. 11.02.1929 n. 274, concernente l'ordinamento professionale dei geometri, consente l'attività di progettazione, direzione e vigilanza di "modeste costruzioni civili" senza ulteriori specificazioni, rientra nella competenza dei geometri anche la progettazione di costruzioni in cemento armato, purché tali costruzioni, sotto il profilo tecnico-qualitativo, rientrino, per i problemi tecnici che implicano, nella loro preparazione professionale.
Va rilevato, poi, che un indirizzo più restrittivo è sostenuto dalla Cassazione civile, secondo la quale il r.d. 16.11.1939 n. 2229 esclude dalla competenza dei geometri -essendo di competenza di architetti ed ingegneri- i progetti di lavori comportanti l'impiego di cemento armato. Tale disciplina non è mutata dopo le leggi 05.11.1971 n. 1086 sulle opere in conglomerato cementizio e 02.02.1974 n. 64 sulle costruzioni in zone sismiche (Cassazione civile sez. II, 30.03.1999, n. 3046).
In tale prospettiva, si afferma che a norma dell'art. 16, lett. m), r.d. 11.02.1929 n. 274, la competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l'adozione anche parziale di strutture in cemento armato, mentre in via di eccezione, si estende anche a queste strutture, a norma della lett. l) del medesimo articolo, solo con riguardo alle piccole costruzioni accessorie nell'ambito degli edifici rurali o destinati alle industrie agricole che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone, restando quindi comunque esclusa la suddetta competenza nel campo delle costruzioni civili ove si adottino strutture in cemento armato, la cui progettazione e direzione qualunque ne sia l'importanza e' pertanto riservata solo agli ingegneri e architetti iscritti nei relativi albi professionali (Cassazione civile sez. II, 02.04.1997, n. 2861).
Tanto la progettazione quanto l'esecuzione di opere in conglomerato cementizio, semplice ed armato, riservata per legge agli ingegneri ed agli architetti, esulano dalla competenza professionale dei geometri, cui è riconosciuta esclusivamente la facoltà (ex art. 16 lettera L del regolamento di cui al r.d. n. 274 del 1929) di progettare lavori comportanti l'impiego di cemento armato -limitatamente a piccole costruzioni accessorie di edifici rurali ovvero adibiti ad uso di industrie agricole- di limitata importanza, di struttura ordinaria e che non richiedano, comunque, particolari operazioni di calcolo, tali, in definitiva, da non poter comportare, per loro destinazione, pericolo alcuno per l'incolumità delle persone (Cassazione civile sez. II, 22.10.1997, n. 10365).
La giurisprudenza penale, poi, afferma che l'art. 2 della legge 05.11.1971 n. 1086, nell'indicare i professionisti abilitati alla progettazione ed alla costruzione delle opere in conglomerato cementizio armato, normale e precompresso, fa espressamente salvi i limiti delle singole competenze professionali.
Per quanto riguarda i geometri, occorre fare riferimento alle lettere l) e m) dell'art. 16 del r.d. 11.02.1929 n. 274, che segnano i limiti della competenza del geometra in materia di costruzioni rurali e civili, e da cui può desumersi che, relativamente alle costruzioni in cemento armato, il geometra e' abilitato alla progettazione e direzione di lavori afferenti a esse solo quando si tratti di modeste costruzioni -intendendosi con tale termine la limitata entità dell'opera nel suo complesso e non la sola semplicità di essa- che non richiedano complessi calcoli delle strutture e non comportino problemi di stabilità e pericolo per la incolumità pubblica (fattispecie in cui e' stata ritenuta corretta la valutazione dei giudici di merito che avevano escluso l'abilitazione del geometra trattandosi di opere, realizzate in difformità totale dalla concessione edilizia e comportanti aumenti planivolumetrici e di superficie, ritenute non di modesta entità con riferimento all'edificio complessivamente considerato) (Cassazione penale sez. III, 16.10.1996, n. 10125).
Nello stesso senso, si è chiarito che risponde del reato di esercizio abusivo della professione il geometra che procede alla progettazione ed alla direzione dei lavori di un edificio con strutture di cemento armato che non sia di modeste dimensioni anche se il progetto è controfirmato o vistato da un professionista abilitato o se i calcoli del cemento armato sono stati fatti eseguire da un ingegnere.
Al fine di valutare la entità dell'opera il giudice dovrà tenere conto sia delle dimensioni che della complessità oltre che dell'importo economico. Non necessariamente dovrà trattarsi di un'unica unità abitativa, ma non potrà certo rientrare tra le competenze del geometra la progettazione di cubature utili ad edifici con una pluralità di appartamenti.
Il testo fondamentale che fissa i limiti della competenza dei geometri è ancora l'art. 16 del r.d. 11.02.1929 n. 247, poiché anche le norme successive che hanno consentito la progettazione di struttura di cemento armato, fanno riferimento ai limiti posti da tale legge (Cassazione penale sez. VI, 10.10.1995, n. 1147; Cassazione penale sez. VI, 02.02.1993).
Dunque, per valutare la idoneità del geometra a firmare il progetto di un’opera edilizia che comporta l’uso di cemento armato, occorre considerare le concrete caratteristiche dell’intervento. A tal fine, non possono essere prefissati criteri rigidi e fissi, ma è necessario considerare tutte le particolarità della concreta vicenda, anche alla luce dell’evoluzione tecnica ed economica del settore edilizio.
Nel caso di specie, come opportunamente evidenziato dal tribunale, l’opera progettata non può considerarsi di modeste dimensioni, trattandosi della sopraelevazione di ben tre piani, per una volumetria complessiva di 1700 metri cubi. Ne deriva, quindi, l’inidoneità del progetto predisposto dal geometra (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 31.01.2001 n. 348 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALINon rientra nella competenza professionale del geometra la progettazione e la realizzazione di opere in cemento armato che eccedano i limiti posti dagli art. 16 ss. r.d. 11.02.1929 n. 274, ossia le piccole costruzioni accessorie di edifici rurali e per uso di industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e non costituiscano comunque pericolo per l'incolumità delle persone (nella specie, e' illegittimo il progetto firmato da un geometra per la realizzazione di un grande capannone industriale, poggiante su una fondazione di pali e pilastri in cemento armato e con solai in laterocemento e, comunque, di natura e dimensioni tali da non poter esser definito come una modesta costruzione civile).
La Sezione ha ripetutamente chiarito che per gli edifici destinati a civile abitazione, la competenza dei geometri e' limitata alle sole costruzioni di modeste dimensioni, con divieto di progettare opere per cui vi sia impiego di cemento armato, tale da implicare, in relazione alla destinazione dell'opera, un pericolo per l'incolumità della persone in caso di difetto strutturale, stante l'evidente favore che le varie norme pongono per la competenza esclusiva dei tecnici laureati, nonché l'obbligo della p.a., in sede di rilascio della concessione edilizia, di motivare congruamente in ordine alla sufficienza della redazione di un progetto da parte di un geometra (Consiglio Stato sez. V, 13.01.1999, n. 25).
La competenza dei geometri per la realizzazione in cemento armato di piccole costruzioni accessorie di edifici rurali deve essere estesa, ai sensi dell'art. 16 r.d. 11.02.1929 n. 274, anche alle opere accessorie alle costruzioni civili, fermo restando che deve trattarsi di costruzioni di dimensioni esigue e tali da non presentare particolari problemi strutturali (Consiglio Stato sez. V, 08.06.1998, n. 779).
Secondo tale pronuncia, non rientra nella competenza professionale del geometra la progettazione e la realizzazione di opere in cemento armato che eccedano i limiti posti dagli art. 16 ss. r.d. 11.02.1929 n. 274, ossia le piccole costruzioni accessorie di edifici rurali e per uso di industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e non costituiscano comunque pericolo per l'incolumità delle persone (nella specie, e' illegittimo il progetto firmato da un geometra per la realizzazione di un grande capannone industriale, poggiante su una fondazione di pali e pilastri in cemento armato e con solai in laterocemento e, comunque, di natura e dimensioni tali da non poter esser definito come una modesta costruzione civile).
Questo rigoroso orientamento è solo in parte contrastato da altre pronunce, secondo le quali, dal complesso normativo risultante dal r.d. 16.11.1939 n. 2229 e dalle l. 05.11.1971 n. 1086, 02.02.1974 n. 64 e 02.03.1949 n. 144 si deve trarre la conclusione che ai tecnici diplomati non è preclusa in assoluto la progettazione di strutture in cemento armato: anzi la stessa e' specificamente prevista e consentita sempre che si mantenga nei limiti della competenza come determinata nella rispettiva disciplina professionale: ne consegue che la competenza dei geometri alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili non trova alcuna limitazione o preclusione nella relativa struttura in cemento armato e dovendo anzi tenersi conto della specifica cultura di tali professionisti accresciuta dall'evoluzione delle relative conoscenze tecniche (Consiglio Stato sez. IV, 09.08.1997, n. 784).
Infatti, anche tale decisione circoscrive il proprio campo di azione alle opere di dimensioni minori, senza generalizzare la competenza progettuale dei geometri: poiché l'art. 16 lett. m) r.d. 11.02.1929 n. 274, concernente l'ordinamento professionale dei geometri, consente l'attività di progettazione, direzione e vigilanza di "modeste costruzioni civili" senza ulteriori specificazioni, rientra nella competenza dei geometri anche la progettazione di costruzioni in cemento armato, purché tali costruzioni, sotto il profilo tecnico-qualitativo, rientrino, per i problemi tecnici che implicano, nella loro preparazione professionale.
6. Va rilevato, poi, che un indirizzo più restrittivo è sostenuto dalla Cassazione civile, secondo la quale il r.d. 16.11.1939 n. 2229 esclude dalla competenza dei geometri -essendo di competenza di architetti ed ingegneri- i progetti di lavori comportanti l'impiego di cemento armato. Tale disciplina non e' mutata dopo le leggi 05.11.1971 n. 1086 sulle opere in conglomerato cementizio e 02.02.1974 n. 64 sulle costruzioni in zone sismiche (Cassazione civile sez. II, 30.03.1999, n. 3046).
In tale prospettiva, si afferma che a norma dell'art. 16 lett. m) r.d. 11.02.1929 n. 274, la competenza dei geometri e' limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l'adozione anche parziale di strutture in cemento armato, mentre in via di eccezione, si estende anche a queste strutture, a norma della lett. l) del medesimo articolo, solo con riguardo alle piccole costruzioni accessorie nell'ambito degli edifici rurali o destinati alle industrie agricole che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone, restando quindi comunque esclusa la suddetta competenza nel campo delle costruzioni civili ove si adottino strutture in cemento armato, la cui progettazione e direzione qualunque ne sia l'importanza e' pertanto riservata solo agli ingegneri e architetti iscritti nei relativi albi professionali (Cassazione civile sez. II, 02.04.1997, n. 2861).
Tanto la progettazione quanto l'esecuzione di opere in conglomerato cementizio, semplice ed armato, riservata per legge agli ingegneri ed agli architetti, esulano dalla competenza professionale dei geometri, cui è riconosciuta esclusivamente la facoltà (ex art. 16 lettera L del regolamento di cui al r.d. n. 274 del 1929) di progettare lavori comportanti l'impiego di cemento armato -limitatamente a piccole costruzioni accessorie di edifici rurali ovvero adibiti ad uso di industrie agricole- di limitata importanza, di struttura ordinaria e che non richiedano, comunque, particolari operazioni di calcolo, tali, in definitiva, da non poter comportare, per loro destinazione, pericolo alcuno per l'incolumità delle persone (Cassazione civile sez. II, 22.10.1997, n. 10365).
La giurisprudenza penale, poi, afferma che l'art. 2 della legge 05.11.1971 n. 1086, nell'indicare i professionisti abilitati alla progettazione ed alla costruzione delle opere in conglomerato cementizio armato, normale e precompresso, fa espressamente salvi i limiti delle singole competenze professionali.
Per quanto riguarda i geometri, occorre fare riferimento alle lettere l) e m) dell'art. 16 del r.d. 11.02.1929 n. 274, che segnano i limiti della competenza del geometra in materia di costruzioni rurali e civili, e da cui può desumersi che, relativamente alle costruzioni in cemento armato, il geometra e' abilitato alla progettazione e direzione di lavori afferenti a esse solo quando si tratti di modeste costruzioni -intendendosi con tale termine la limitata entità dell'opera nel suo complesso e non la sola semplicità di essa- che non richiedano complessi calcoli delle strutture e non comportino problemi di stabilità e pericolo per la incolumità pubblica (fattispecie in cui e' stata ritenuta corretta la valutazione dei giudici di merito che avevano escluso l'abilitazione del geometra trattandosi di opere, realizzate in difformità totale dalla concessione edilizia e comportanti aumenti planovolumetrici e di superficie, ritenute non di modesta entità con riferimento all'edificio complessivamente considerato) (Cassazione penale sez. III, 16.10.1996, n. 10125).
Nello stesso senso, si è chiarito che risponde del reato di esercizio abusivo della professione il geometra che procede alla progettazione ed alla direzione dei lavori di un edificio con strutture di cemento armato che non sia di modeste dimensioni anche se il progetto e' controfirmato o vistato da un professionista abilitato o se i calcoli del cemento armato sono stati fatti eseguire da un ingegnere.
Al fine di valutare la entità dell'opera il giudice dovrà tenere conto sia delle dimensioni che della complessità oltre che dell'importo economico. Non necessariamente dovrà trattarsi di un'unica unità abitativa, ma non potrà certo rientrare tra le competenze del geometra la progettazione di cubature utili ad edifici con una pluralità di appartamenti.
Il testo fondamentale che fissa i limiti della competenza dei geometri è ancora l'art. 16 del r.d. 11.02.1929 n. 247, poiché' anche le norme successive che hanno consentito la progettazione di struttura di cemento armato, fanno riferimento ai limiti posti da tale legge (Cassazione penale sez. VI, 10.10.1995, n. 1147; Cassazione penale sez. VI, 02.02.1993).
Dunque, per valutare la idoneità del geometra a firmare il progetto di un’opera edilizia che comporta l’uso di cemento armato, occorre considerare le concrete caratteristiche dell’intervento.
A tal fine, non possono essere prefissati criteri rigidi e fissi, ma è necessario considerare tutte le particolarità della concreta vicenda, anche alla luce dell’evoluzione tecnica ed economica del settore edilizio (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 31.01.2001 n. 348 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2000

COMPETENZE PROFESSIONALI: I geometri non possono progettare o dirigere costruzioni in cemento armato di tipo civile, neppure di modesta entità: possono progettare o dirigere costruzioni in cemento armato, solo quando sono costruzioni accessorie di tipo rurale e non presentino particolare complessità (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 06.11.2000 n. 11287).

COMPETENZE PROGETTUALI - PUBBLICO IMPIEGO: La legge quadro, all’art. 17, riconosce ai diplomati dipendenti la facoltà di svolgere attività di progettazione, ma rimanda ai singoli ordinamenti professionali la definizione di tipologie dei progetti la cui redazione può essere affidata ai tecnici diplomati ed i relativi limiti (deliberazione 13.06.2000 - link a www.autoritalavoripubblici.it).

COMPETENZE PROGETTUALIArchitetto - Competenza professionale - Progettazione di opere stradali, idrauliche e igieniche - Esclusione - Limiti.
Dall'interpretazione letterale, sistematica e teleologica degli artt. 51, 52 e 54 del R.D. 1925/2537 - che riservano alla competenza comune di architetti e ingegneri le sole opere di edilizia civile (delle quali però quelle con carattere artistici restano di competenza esclusiva degli architetti) mentre attribuiscono alla competenza generale degli ingegneri tutte le altre - discende la regola secondo cui la progettazione delle opere viarie, idrauliche ed igieniche (in cui sono compresi i cimiteri) che non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati è di esclusiva pertinenza degli ingegneri.
È pacifico nella giurisprudenza di questo Consiglio che la progettazione delle opere viarie, idrauliche ed igieniche, che non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati, sia di pertinenza degli ingegneri (cfr. sez. V, 06.04.1998, n. 416; sez. IV, 19.02.1990 n. 92; sez. III 11.12.1984, n. 1538).
Tale regola discende dall'interpretazione letterale, sistematica e teleologica degli artt. 51, 52 e 54 del R.D. 23.10.1925 n. 2537 (Approvazione del regolamento per le professioni d'ingegnere e di architetto) che riservano alla competenza comune di architetti ed ingegneri le sole opere di edilizia civile; mentre attribuiscono alla competenza generale degli ingegneri quelle concernenti: le costruzioni stradali, le opere igienico sanitarie (depuratori, acquedotti, fognatura e simili), gli impianti elettrici, le opere idrauliche, le operazioni di estimo, l'estrazione di materiali, le opere industriali; ferma rimanendo per i soli architetti, la competenza in ordine alla progettazione delle opere civili che presentino rilevanti caratteri artistici e monumentali (art. 52, 2° comma, cit., che conserva però alla concorrente competenza degli ingegneri, secondo la regola generale, la parte tecnica degli interventi costruttivi de quibus).
Resta da stabilire se la progettazione di opere cimiteriali integri o meno la nozione di opera igienico-sanitaria.
Al quesito va data senz'altro risposta positiva, giusta le convergenti indicazioni provenienti dal complesso della normativa di settore.
In ordine cronologico sovviene la disposizione sancita dall'art. 17, R.D. 06.10.1912, n. 1306 (Regolamento provvisorio per l'esecuzione della legge 25.06.1911, n. 586, sulle agevolezze ai comuni per la provvista di acqua potabile, per i mutui per le opere di igiene e per la costruzione e la sistemazione di ospedali comunali e consorziali) nella parte in cui, espressamente, annovera i cimiteri fra le opere riguardanti la pubblica igiene.
Nello stesso senso, il testo unico delle leggi in materia sanitaria —R.D. 27.07.1934, n. 1265, art. 337— prevede che ciascun Comune debba avere almeno un cimitero a sistema di inumazione, conformemente alle norme del regolamento di polizia mortuaria (cfr. l'art. 49, D.P.R. 10.09.1990 n. 285 —regolamento di polizia mortuaria— che ribadisce tale obbligo), e ne affida la sorveglianza all'autorità sanitaria per evidenti ragioni di tutela degli interessi igienico sanitari della popolazione.
Per le medesime esigenze, l’art. 338 del testo unico su menzionato, introduce un regime particolare disciplinante le zone di rispetto dei cimiteri (cfr. C.d.S. 28.02.1996, n. 3031/1995, in ordine agli scopi di tutela igienico-sanitaria della disciplina dettata dall'art. 338 cit.; per Cons. giust. amm. 29.10.1990 n. 365, la prescrizione delle distanze delle aree cimiteriali per la realizzazione di edifici di qualsiasi natura risponde alla doppia finalità di salvaguardare esigenze igieniche e di assicurare adeguato decoro ai luoghi destinati alla sepoltura)
(tratto da BLT n. 2/2002 - Consiglio di Stato, Sez.  IV, sentenza 22.05.2000 n. 2938).

COMPETENZE PROGETTUALIArchitetti - Competenza professionale - Impianti affini o connessi con opere edili - Impianti di illuminazione pubblica - Vi rientrano.
Rientra nell’attribuzione professionale dell'architetto, la progettazione di tutti gli impianti affini o connessi con i progetti di opere di edilizia civile -qual'è un impianto di illuminazione elettrica- perché egli ha la stessa competenza dell'ingegnere, avendo l'art. 52 R.D. 23.10.1925 n. 2537 totalmente equiparato le due professioni per le materie ivi previste.

Con il primo motivo il ricorrente (Comune di G.) ... assume che ai sensi degli artt. 51 e 52 del R.D. 23.10.1925 n. 2537 (approvazione del regolamento per le professioni d'ingegnere e di architetto) la progettazione di un impianto di illuminazione non può essere ricompresa fra le attività consentite all'architetto con la conseguenza che una sua prestazione al riguardo sarebbe «contra legem» e dunque insuscettibile di compenso.
La censura è infondata per un duplice ordine di argomentazioni.
Anzitutto deve rilevarsi l'insussistenza nella normativa ora citata di un divieto di tal genere visto che, mentre l'art. 51 del R.D. sopra menzionato contempla quale oggetto di competenza esclusiva della professione di ingegnere alcune attività tra le quali non è prevista la progettazione di impianti di illuminazione, l'art. 52, 1° comma del medesimo R.D. prescrive che «formano oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di stima ad esse relative».
Orbene se, come il ricorrente assume, sussiste una competenza professionale dell'ingegnere per i progetti di impianti di illuminazione elettrica, evidentemente con riferimento al citato art. 52, 1° comma, ritenendo tali progetti affini o comunque connessi a quelli relativi alle opere di edilizia civile, alle stesse conclusioni deve giungersi per l'architetto, attesa la completa equiparazione che l'articolo suddetto prevede tra le due professioni per le materie ivi indicate.
Non può quindi affermarsi, con riferimento al progetto di un impianto di illuminazione pubblica, l'esistenza di una competenza della figura professionale dell'ingegnere intesa con «principale ed indispensabile» e correlativamente attribuire all'architetto una funzione «sussidiaria e di complemento» ... in assenza di una normativa che disciplini differentemente per tale materia la competenza delle due suddette professioni.
Alla luce di tali considerazioni pertanto si ritiene di aderire all'orientamento già espresso da questa Corte secondo il quale la progettazione di un impianto di illuminazione pubblica sul territorio comunale rientra tra le attribuzioni professionali degli ingegneri e degli architetti (Cass. 05.11.1992 n. 11994).
Deve qui aggiungersi, per altro verso, che l'accoglimento della domanda di indebito arricchimento proposta in via sussidiaria dal AA rende comunque superata la questione proposta con il primo motivo: invero, posto che la pretesa incapacità di AA, quale architetto a progettare l'impianto di illuminazione pubblica in questione comporterebbe la nullità del relativo rapporto contrattuale intercorso con il Comune di G.; occorre richiamare l’orientamento consolidato di questa Corte secondo cui l’azione generale di indebito arricchimento non è esclusa dall'esperimento con esito negativo di altra azione tipica, qualora la relativa domanda sia stata respinta per carenza «ab origine», del titolo posto a suo fondamento (vedi, tra le più recenti, Cass. 12.06.1995 n. 6613; Cass. 25.09.1998 n. 9584) (tratto da BLT n. 2/2002 - Corte di Cassazione, Sez. II civile, sentenza 29.03.2000 n. 3814).

anno 1999

COMPETENZE PROGETTUALI: La competenza dei geometri è limitata, per gli edifici destinati a civile abitazione, alle costruzioni di modeste dimensioni, e comunque sono precluse alla progettazione dei geometri le opere per cui vi sia impiego di cemento armato che possa comportare, in relazione alla destinazione dell'opera, pericolo per l'incolumità delle persone.
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Risulta la preclusione, per i geometri, della progettazione di costruzioni di civile abitazione che accedano le "modeste dimensioni", o che abbiano comunque un'ossatura in cemento armato o in ferro potenzialmente pericolosa, in caso di difetto strutturale, per l'incolumità delle persone.
Queste previsioni normative generiche sono state specificate, dalla giurisprudenza, in relazione ad elementi quanti-qualitativi (e con rilievo prevalente degli indici del primo tipo ai fini dell'individuazione limite della "modesta entità" della costruzione).
Tra gli elementi quantitativi vengono in primo luogo in rilievo la volumetria dell'opera, quindi la sua altezza ed il numero di piani (si veda, in proposito, anche il limite di due indicato nel citato art. 57); tra quelli qualitativi, rileva in primo luogo "la circostanza che nel progetto venga o meno previsto l'impiego del cemento armato".
Dall'esegesi sistematica del R.D. 2229/1939 cit. e della legge 1086/1971 cit., la citata giurisprudenza ha tratto la conclusione che "non tutte le opere con impiego di cemento armato sono precluse alla progettazione dei geometri, ma solo quelle in cui, in relazione alla loro destinazione, il predetto impiego può comportare pericolo per la incolumità delle persone": il che tendenzialmente avviene per le costruzioni destinate a civile abitazione, progettate su più piani.
Per quanto invece attiene alla specificazione del limite quantitativo della "modesta entità" dell'opera -che comunque deve essere rispettato anche a prescindere da quanto si è sopra osservato a proposito della pericolosità della struttura portante in cemento armato- la citata giurisprudenza si è attestata sulla soglia discriminatoria dei 5.000 mc.
Trattasi, evidentemente, di un limite pratico che non ha carattere assoluto, ma che si combina con la valutazione dei menzionati elementi qualitativi dell'opera.
Mentre dunque anche un'opera di poco eccedente tale volumetria, la cui costruzione non preveda però l'uso del cemento armato o che non sia destinata a civile abitazione, può essere progettata da un geometra, al contrario invece la progettazione di una costruzione prossima a tale soglia, ma articolata su più piani, e dunque con struttura portante in cemento armato, comunque destinata all'abitazione delle persone, deve ritenersi riservata ai tecnici laureati (ingegneri ed architetti).
Nel caso di specie, si tratta di un progetto per la realizzazione di una costruzione di 5.138,80 mc., su tre piani, destinata anche a civile abitazione. Appare dunque evidente che si è ben al di là dei limiti della competenza progettuale dei geometri, per quali enucleati dalla giurisprudenza e sopra riassunti: e ciò sia sotto il profilo "quantitativo" sia sotto quello "qualitativo dell'entità e consistenza dell'opera.
Si aggiunga infine ad abundantiam, che nei casi dubbi vige un favor per la competenza esclusiva dei tecnici laureati (giustificato da evidenti ragioni di tutela della pubblica incolumità), dovendo in tali casi l'Amministrazione concedente "specificare nella concessione edilizia i motivi per cui (ritiene) sufficiente la redazione dei .... progetti da parte di un geometra", ed altresì "congruamente esplicitare le predette ragioni, almeno nei casi in cui le caratteristiche del progetto siano oggettivamente tali da far sorgere dubbi sui limiti delle competenze professionali del progettista".
Venendo quindi all'esame del primo motivo di appello, la Sezione rileva che nel caso di specie è stato presentato un progetto redatto da un geometra, anziché da un ingegnere o da un architetto, a corredo di una domanda di concessione edilizia per la realizzazione di un edificio avente volumetria pari a 5138,80 mc., sviluppato su tre piani.
In ordine ad esso, non può condividersi l'avviso espresso dal primo giudice, secondo cui la progettazione di tale opera rientra nella competenza professionale del geometra.
Secondo la giurisprudenza di questo Consiglio (C.d.S., V, 12.11.1985, n. 390), la competenza dei geometri è limitata, per gli edifici destinati a civile abitazione, alle costruzioni di modeste dimensioni, e comunque sono precluse alla progettazione dei geometri le opere per cui vi sia impiego di cemento armato che possa comportare, in relazione alla destinazione dell'opera, pericolo per l'incolumità delle persone.
Tale conclusione si fonda sulla base:
● dell'art. 16 del R.D. 11.02.1929, n. 274 (che determina "l'oggetto ed i limiti dell'esercizio professionale di geometra (tra l'altro) come segue: ....L) progetto, direzione, sorveglianza e liquidazione di costruzioni rurali e di edifici per uso d'industrie agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone, .... M) progetto, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili");
● dell'art. 1 del R.D. 16.11.1939, n. 2229 (a norma del quale "ogni opera di conglomerato cementizio semplice od armato, la cui stabilità possa comunque interessare l'incolumità delle persone, deve essere costruita in base ad un progetto esecutivo firmato da un ingegnere, ovvero da un architetto iscritto nell'albo, nei limiti delle rispettive attribuzioni");
● degli artt. 1 e 2 della legge 05.11.1971, n. 1086 (per cui la costruzione delle "opere in conglomerato cementizio armato normale, ....(delle) opere in conglomerato cementizio armato precompresso, .... (delle) opere a struttura metallica", "deve avvenire in base ad un progetto esecutivo redatto da un ingegnere o architetto o geometra o perito industriale edile iscritti nel relativo albo, nei limiti delle rispettive competenze");
● dell'art. 57 della legge 02.03.1949, n. 144 (che, nel dettare le tariffe per le prestazioni dei geometri, ricomprende nelle loro competenze le "modeste costruzioni civili" e le "case d'abitazione comuni ed economiche, costruzioni asismiche a due piani senza ossatura in cemento armato o ferro").
Alla stregua di tali canoni normativi, e sulla base dell'orientamento giurisprudenziale di questo Consiglio sopra ricordato, risulta dunque la preclusione, per i geometri, della progettazione di costruzioni di civile abitazione che accedano le "modeste dimensioni", o che abbiano comunque un'ossatura in cemento armato o in ferro potenzialmente pericolosa, in caso di difetto strutturale, per l'incolumità delle persone.
Queste previsioni normative generiche sono state specificate, dalla giurisprudenza, in relazione ad elementi quanti-qualitativi (e con rilievo prevalente degli indici del primo tipo ai fini dell'individuazione limite della "modesta entità" della costruzione).
Tra gli elementi quantitativi vengono in primo luogo in rilievo la volumetria dell'opera, quindi la sua altezza ed il numero di piani (si veda, in proposito, anche il limite di due indicato nel citato art. 57); tra quelli qualitativi, rileva in primo luogo "la circostanza che nel progetto venga o meno previsto l'impiego del cemento armato" (C.d.S., V, 390/1985, cit.).
Dall'esegesi sistematica del R.D. 2229/1939 cit. e della legge 1086/1971 cit., la citata giurisprudenza ha tratto la conclusione che "non tutte le opere con impiego di cemento armato sono precluse alla progettazione dei geometri, ma solo quelle in cui, in relazione alla loro destinazione, il predetto impiego può comportare pericolo per la incolumità delle persone": il che tendenzialmente avviene per le costruzioni destinate a civile abitazione, progettate su più piani.
Per quanto invece attiene alla specificazione del limite quantitativo della "modesta entità" dell'opera -che comunque deve essere rispettato anche a prescindere da quanto si è sopra osservato a proposito della pericolosità della struttura portante in cemento armato- la citata giurisprudenza si è attestata sulla soglia discriminatoria dei 5.000 mc.
Trattasi, evidentemente, di un limite pratico che non ha carattere assoluto, ma che si combina con la valutazione dei menzionati elementi qualitativi dell'opera.
Mentre dunque anche un'opera di poco eccedente tale volumetria, la cui costruzione non preveda però l'uso del cemento armato o che non sia destinata a civile abitazione, può essere progettata da un geometra, al contrario invece la progettazione di una costruzione prossima a tale soglia, ma articolata su più piani, e dunque con struttura portante in cemento armato, comunque destinata all'abitazione delle persone, deve ritenersi riservata ai tecnici laureati (ingegneri ed architetti).
Nel caso di specie, si tratta di un progetto per la realizzazione di una costruzione di 5.138,80 mc., su tre piani, destinata anche a civile abitazione. Appare dunque evidente che, contrariamente a quanto opinato dal primo giudice, si è ben al di là dei limiti della competenza progettuale dei geometri, per quali enucleati dalla giurisprudenza e sopra riassunti: e ciò sia sotto il profilo "quantitativo" sia sotto quello "qualitativo dell'entità e consistenza dell'opera.
Si aggiunga infine ad abundantiam, che -sempre alla stregua del citato orientamento giurisprudenziale di questo Consiglio, dal quale il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi- nei casi dubbi (tra cui quello in esame, alla stregua dei rilievi svolti, neppure potrebbe rientrare) vige un favor per la competenza esclusiva dei tecnici laureati (giustificato da evidenti ragioni di tutela della pubblica incolumità), dovendo in tali casi l'Amministrazione concedente "specificare nella concessione edilizia i motivi per cui (ritiene) sufficiente la redazione dei .... progetti da parte di un geometra", ed altresì "congruamente esplicitare le predette ragioni, almeno nei casi in cui le caratteristiche del progetto siano oggettivamente tali da far sorgere dubbi sui limiti delle competenze professionali del progettista" (così C.d.S., V, 390/1985, cit.).
Nessun dubbio dunque può residuare circa il fatto che la progettazione dell'opera del cui assentimento si tratta trascenda la competenza professionale di un geometra, con l'effetto che il diniego di concessione edilizia fondato su tale motivo -ed impugnato in primo grado con il ricorso n. 1811/1989- era legittimo (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 13.01.1999 n. 25).

anno 1998

COMPETENZE PROGETTUALIIngegneri e architetti - Rispettive competenze ex artt. 51, 52 e 54 R.D. 1925/2537.
L’art. 51 R.D. 1925/2537 prevede una competenza di carattere generale degli ingegneri e l’art. 52 delimita la competenza professionale degli architetti alle sole «opere di edilizia civile»; pertanto i lavori relativi alla rete idrica comunale, che non rientrano nell’«edilizia civile» ma bensì nell’ingegneria idraulica, sono riservati alla professione di ingegnere. Ciò è confermato dal successivo art. 54.

È opportuno partire dall’esame delle censure concernenti la denunciata discriminazione degli architetti che più strettamente riguardano la sfera degli interessi tutelati dall’Ordine ricorrente, quale ente esponenziale della categoria professionale rappresentata.
Le doglianze sono infondate. Il capo IV del regolamento per le professioni d’ingegnere e di architetto, approvato con regio-decreto n. 2537 del 1925, disciplina l’oggetto ed i limiti delle competenze spettanti due figure professionali.
Al riguardo, non è invero riscontrabile una completa equiparazione tra tali categorie di professionisti.
L’art. 51, concernente la professione di ingegnere, prevede una competenza di carattere generale comprendente interventi di vario tipo, relativi alla progettazione, conduzione e stima relativi alle «costruzioni di ogni specie» ed all’impiantistica civile ed industriale, alle infrastrutture ed ai mezzi di trasporto, di deflusso e di comunicazione, riconoscendo in senso lato una abilitazione comprendente ogni forma di applicazione delle tecniche relative alla fisica, alla rilevazione geometrica ed alle operazioni di estimo.
L’art. 52 delimita, invece, la competenza professionale degli architetti alle solo «opere di edilizia civile», che rientrano pure nelle competenze degli ingegneri, eccetto per quanto riguarda la parte non «tecnica» degli interventi su edifici di rilevante interesse artistico.
Orbene non vi è dubbio che nella nozione di «edilizia civile» siano da comprendere tutte le opere anche connesse ed accessorie, purché ovviamente si tratti di pertinenze al servizio di singoli fabbricati o complessi edilizi.
Sennonché, nella specie la delibera impugnata riguarda incarichi relativi all’ammodernamento ed all’ampliamento della rete idrica comunale. In proposito, tali lavori, concernenti gli impianti della rete urbana di condotta e distribuzione dell’acqua, non sono riconducibili all’ambito dell’«edilizia civile», ma piuttosto rientrano nell’ingegneria idraulica che ai sensi dell’art. 51 del citato regolamento, forma bensì oggetto riservato alla professione di ingegnere.
Ciò risulta confermato dal successivo art. 54 che, pur estendendo, in via eccezionale, la competenza ordinaria degli architetti diplomati entro una certa data, fa esplicita eccezione per una serie di applicazioni, di carattere più marcatamente tecnico-scientifico, tra le quali appunto le «opere idrauliche» (cfr. Cons. St. sez. IV, 19.02.1990, n. 92).
In definitiva è, quindi, da escludere che gli incarichi in questione possano essere conferiti ad architetti (tratto da BLT n. 2/2002 - TAR Campania-Napoli, Sez. I, sentenza 14.08.1998 n. 2751).

anno 1997

COMPETENZE PROFESSIONALIEsula dalla competenza professionale di un geometra il progetto di un capannone industriale e deve essere progettato, cioè pensato tecnicamente, da un soggetto in grado di poterne valutare tutti gli aspetti strutturali, non sembrando logico che l’aspetto architettonico si disinteressi delle soluzioni progettuali delle strutture portanti dell’opera realizzata.
Il TAR LIGURIA (confermata da Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 01.12.2003 n. 7821, qui in versione stralciata) nell’annullare la concessione edilizia rilasciata dal Comune di La Spezia nel riaffermare il principio che non può essere riconosciuta ai geometri la competenza a progettare capannoni industriali in cemento armato ha rilevato: “qualunque sia l’aspetto preso in considerazione, sia per le dimensioni che per la complessità dell’opera, che per la sua destinazione, il progetto di un capannone industriale quale quello commissionato, esuli dalla competenza professionale di un geometra e debba essere progettato, cioè pensato tecnicamente, da un soggetto in grado di poterne valutare tutti gli aspetti strutturali, non sembrando logico che l’aspetto architettonico si disinteressi delle soluzioni progettuali delle strutture portanti dell’opera realizzata" (TAR Liguria, Sez. I, sentenza 20.09.1997 n. 333 - link a www.ordine-ingegneri.ap.it).

anno 1995

COMPETENZE PROGETTUALI1. Ingegneri - Costruzioni di ogni specie - Competenza esclusiva - Competenza congiunta con quella degli architetti per le «opere di edilizia civile».
2. Architetti - Corso di studio per la laurea - Dissimile da quello degli ingegneri.
1. La dizione dell’art. 51 del R.D. 1925/2537 è onnicomprensiva di ogni competenza costruttiva e di applicazione delle scienze fisiche, esclusiva degli ingegneri; mentre il successivo art. 52 rimette soltanto le «opere di edilizia civile» alla competenza anche degli architetti, non esclusiva ma congiunta con quella degli ingegneri, come confermato dall’art. 54.
2. Considerato che i contenuti di una professione possono desumersi anche dalle particolari conoscenze tecniche attestate dal titolo di studio, proprio l’analisi dei rispettivi corsi di studio di ingegneri ed architetti vale a respingere la prospettazione di questi ultimi secondo la quale il loro corso di studi non sarebbe dissimile ormai da quello degli ingegneri.

La questione di fondo sottoposta al Collegio è quella di stabilire le competenze professionali ai fini della corretta applicazione della legge 05.03.1990 n. 46, dettante norme per la sicurezza degli impianti.
Per quanto concerne ingegneri e architetti soccorre il R.D. 23.10.1925 n. 2537, tutt’ora vigente, il cui capo IV individua l’oggetto e i limiti delle rispettive professioni. In particolare l’art. 51 stabilisce che spettano all’ingegnere il progetto, la condotta e la stima dei lavori relativi, tra l’altro, alle costruzioni di ogni specie, alle macchine ed agli impianti industriali, nonché, in generale, alle applicazioni della fisica.
Alla luce di tale dizione onnicomprensiva di ogni competenza costruttiva e di applicazione delle scienze fisiche, non è contestabile che rientrino appieno nelle capacità professionali e nelle attribuzioni degli ingegneri la progettazione e la verifica degli impianti di cui alla legge n. 46, caratterizzati, come già detto, dall’impiego di elevate conoscenze nel campo delle scienze fisiche, il ricorso alle quali è indispensabile per la soluzione dei complessi problemi che comportano le tipologie dei manufatti in questione. Conoscenze che debbono possedere quel carattere di specificità ed approfondimento reso necessario anche dalla pericolosità delle opere da realizzare e verificare.
Tanto non può dirsi per gli architetti, alla cui competenza non esclusiva ma congiunta con quella degli ingegneri il successivo art. 52 rimette soltanto le «opere di edilizia civile». Al riguardo gli architetti invocano una lettura estensiva della norma, facendovi ricomprendere, sulla scorta di un insegnamento giurisprudenziale, anche tutti gli impianti asserviti direttamente al singolo fabbricato [Cons. St., sez. III, par. 11.12.1984 n. 1538; sez. IV, 19.02.1990 n. 92; TAR Molise 23.05.1990 n. 147: TAR Lazio, sez. II, 16.12.1991 n. 1920; TAR Lazio, sez. I, 23.06.1992 n. 927; TAR Valle d’Aosta, 17.12.1993 n. 147].
Ritiene il Collegio che una tale interpretazione giurisprudenziale, riferita in effetti a casi di opere non strumentali al singolo edificio ma all’abitato nel suo complesso, quali parcheggi, impianti di illuminazione esterna, viabilità, fognature, vada adattata al caso di specie ed alla lettura della sopravvenuta legge n. 46, per la quale viene in rilievo non più il rapporto di strumentalità dell’impianto rispetto all’edificio, quanto piuttosto la sua specificità individuale ai ricordati fini di tutela della sicurezza di persona e cose perseguiti dalla legge in questione. Ed infatti, come sopra evidenziato, essa impone per la quasi totalità delle opere ivi contemplate una progettazione distinta ed autonoma rispetto a quella dell’edificio effettuata dai professionisti nell’ambito delle rispettive competenze, le quali vanno individuate con riferimento alla natura dell’intervento richiesto.
Al riguardo soccorrono considerazioni identiche a quelle svolte dalla ricordata giurisprudenza, i cui principi sono ben adattabili al caso di specie. È stato infatti evidenziato in linea generale come dalla nozione di edilizia civile vanno escluse attività che comunque rientrano nel citato art. 51, per costituire «applicazioni della fisica» in quanto basate sull’utilizzazione dell’energia elettrica [TAR Lazio, sez. II, 30.07.1990 n. 1424], ovvero della termologia, della termodinamica, della meccanica dei corpi e dei fluidi, della fisica delle onde, dell’elettromagnetismo etc., cioè del complesso dei fenomeni -suscettibili di analisi sempre più sofisticate in relazione, allo stato di progressione della ricerca pura ed applicata- che costituiscono l’oggetto della fisica teorica, sperimentale e tecnica.
D’altra parte non va sottaciuta la circostanza che la legge n. 46 non si riferisce solo agli impianti degli edifici civili, ma anche a quelli elettrici asserviti a tutti i tipi di immobili per i quali, dunque, la nozione allargata di «edilizia civile» invocata dagli architetti non può essere sostenuta ai fini che interessano, atteso che la legge, come si evince anche da tale ultimo dato letterale, ha considerato l’impiantistica come oggetto ormai autonomo e distinto dall’opera muraria nel suo complesso.
L’interpretazione ristretta che deve darsi alla nozione di «edilizia civile» alla luce della recente legge n. 46 del 1990 era peraltro già insita nello stesso R.D. del 1925, il cui art. 54 nel prevedere, con disposizione transitoria, un ampliamento della competenza professionale di coloro che avessero anteriormente conseguito il titolo di «architetto civile» previsto dagli ordinamenti universitari dell’epoca, autorizzava gli interessati a svolgere anche le mansioni di cui al precedente art. 51 -proprie dell’ingegnere- con esclusione, però, delle applicazioni industriali e della fisica, nonché i lavori relativi alle vie, ai mezzi di comunicazione e di trasporto ed alle opere idrauliche, che restavano comunque riservate agli ingegneri, a riprova di una loro specificità professionale, che non poteva in alcun modo confonderli, neppure in via transitoria, con gli architetti.
Né può soccorrere a sostegno delle tesi degli architetti la norma dell’art. 52 del citato R.D. n. 2537, che affida loro -congiuntamente agli ingegneri- la parte tecnica degli immobili di interesse storico ed artistico di cui alla legge n. 1089 del 1939 [cfr. TAR Emilia Romagna, sez. II, 24.01.1992 n. 24]. La norma, che affida agli architetti in via esclusiva soltanto la parte relativa al restauro, al ripristino ed in genere all’edilizia di tali manufatti, rappresenta un’eccezione -giustificata dalla particolare natura del bene richiedente anzitutto una sensibilità storica, estetica ed urbanistica, prima che tecnica ai professionisti chiamati ad intervenirvi- alla esclusività professionale degli ingegneri in materia tecnica, come tale non suscettibile di interpretazione estensiva.
Neppure può aderirsi all’altra prospettazione degli architetti, secondo la quale il loro corso di studi non sarebbe dissimile ormai da quello degli ingegneri.
Se è vero che i contenuti di una professione possono desumersi anche dalle particolari conoscenze tecniche attestate dal titolo di studio [Cass., sez. un., 23.07.1993 n. 8239], proprio l’analisi dei rispettivi corsi di studi di ingegneri ed architetti vale a scalzare le pretese di questi ultimi: basti solo pensare che i primi sostengono ben due distinti esami di fisica (I e II), un esame di fisica tecnica ed uno di chimica generale ed inorganica.
Per quanto riguarda, poi, lo studio delle materie attinenti agli impianti in questione, è stato già ampiamente chiarito che l’insegnamento di fisica tecnica ed impianti, obbligatorio secondo l'ordinamento degli studi della facoltà d’ingegneria, di cui al DPR n. 995 del 1969, fino al momento della proposizione dei ricorsi risulta essere stato mantenuto, peraltro come meramente opzionale, nell’ambito della scelta di una tra le cinque discipline comprese nell’area impiantistica, soltanto per uno dei quattro indirizzi (quello tecnologico) previsti dal DPR n. 806 del 1982, mentre è obbligatorio per tutti gli indirizzi del corso di laurea in ingegneria, che comprendono altresì una serie di materie specifiche per l’attività impiantistica in oggetto [TAR Lazio, sez. II, 30.07.1990 n. 14717].
A scalzare la sostanziale diversità delle due professioni sia sotto il profilo ordinamentale che sotto quello accademico non può nemmeno invocarsi, come fanno gli architetti, il D.M. 25.03.1985, relativo all’iscrizione dei professionisti negli elenchi del Min. dell’interno ai fini della prevenzione incendi, di cui alla legge n. 818 del 1984. In particolare non basta il richiamo all’art. 1 di tale regolamento, che per rilascio delle certificazioni di cui alla citata legge si riferisce indifferenziatamente agli albi degli architetti, chimici, ingegneri, geometri, periti industriali; infatti il successivo art. 2 dello stesso decreto -che gli interessati hanno omesso di ricordare- dispone che l’autorizzazione al rilascio delle certificazioni opera «nell’ambito delle rispettive competenze professionali stabilite dalle leggi e dai regolamenti»: con il che si torna al R.D. del 1925 ed agli ordinamenti didattici sopra ricordati.
Semmai, c’è piuttosto da ricordare che, ad esempio, la legge 30.12.1991 n. 428, in materia di professionisti abilitati all’omologazione e verifica di apparecchi, macchine, impianti e attrezzature -tra cui sono ricompresi taluni tipi di impianti identici a quelli contemplati dalla legge n. 46 (ascensori e montacarichi)- affida tali operazioni esclusivamente ad ingegneri e periti industriali, con esclusione chiara degli architetti (artt. 1 primo comma e 2).
Non può valere a mutare o innovare il quadro normativo sopra delineato il richiamo al D. L.vo 27.01.1992 n. 129, attuativo della direttiva CEE nel campo degli studi di architettura.
Anzitutto non risulta se e in che misura il D. L.vo in parola sia stato recepito dai singoli statuti universitari, secondo i principi di autonomia didattica e scientifica sanciti dall’art. 6 della legge 09.05.1989 n. 168. In secondo luogo, e principalmente il decreto in parola impone soltanto una «conoscenza adeguata» dei problemi fisici e tecnologici al fine di rendere gli edifici internamente confortevoli e proteggerli dai fattori climatici. La legge, cioè, finalizza le conoscenze, tecniche e scientifiche dell’architetto a quella a che -pur in presenza dell’esplosione tecnologica dell'architettura contemporanea- rimane la funzione peculiare della progettazione architettonica anche secondo le varie correnti di pensiero espresse dai grandi maestri italiani, olandesi, tedeschi, americani, giapponesi, etc.: che è pur sempre e prevalentemente quella di organizzare lo spazio-ambiente secondo concezioni e nozioni prevalentemente estetico-umanistiche e psico-socio-ambientali, rispetto alle quali le ulteriori specifiche competenze tecniche richieste agli architetti per la soluzione dei molteplici problemi connessi ai fenomeni dell’edificazione e dell’urbanizzazione rimangono marginali in confronto con il corso di laurea in ingegneria, o addirittura estranee, pur nella loro complessiva connessione funzionale, che però attiene al campo dell’interdisciplinarietà degli interventi (basti pensare alle conoscenze attinenti la geologia).
Una riprova di ciò può cogliersi nel recente corso di studi di architettura del politecnico di Milano per l’anno 1994-1995, versato in atti nel ricorso 4039/1992, e peraltro relativo ad epoca successiva rispetto all’adozione dell’atto impugnato; ivi risulta un solo insegnamento fondamentale propedeutico di «fisica tecnica ed impianti», contro i ben tre insegnamenti di fisica generale e tecnica del corso di laurea in ingegneria come sopra ricordato.
Anche il richiamo alla legge sulle tariffe professionali del 1949 è improprio, atteso che essa, come meglio si vedrà in seguito, non è idonea a modificare le competenze fissate dalla legge professionale innanzi considerata.
Alla luce delle esposte considerazioni, deve pertanto ritenersi perfettamente legittima la scelta, operata con il decreto del febbraio 1993, di tornare alla limitazione ai soli ingegneri e periti industriali già disposta con l’originario decreto, con la conseguente abrogazione del decreto dell’agosto, che in virtù di un improprio, inconferente ed erroneo parere del CUN, aveva inserito anche architetti e fisici, questi ultimi neppure dotati di un proprio albo professionale come inequivocabilmente richiesto dalla legge n. 46.
Ancora è da respingere il profilo di eccesso di potere per contraddittorietà con la circolare del 05.03.1993 con la quale lo stesso Ministero ha ritenuto gli architetti idonei all’accertamento dei requisiti tecnico professionali delle imprese installatrici. Essendo diverse la materia e la funzione del decreto e della circolare, quest’ultima attinente non già alla competenza operativa ma alla sola competenza professionale ad effettuare un mero riscontro formale tra requisiti concretamente posseduti dai soggetti aspiranti e quelli tassativamente richiesti dagli artt. 3, 4 e 5 della legge e dall’art. 2 del regolamento, nessuna contraddittorietà può rinvenirsi tra i due provvedimenti.
Un discorso a parte merita il ricorso n. 4177 proposto dall’ordine degli ingegneri della Provincia di Roma contro il «provvedimento» del Rettore dell'Università La Sapienza di Roma del 31.07.1992, avente un oggetto solo in parte coincidente con quella dei D.M. sopra ricordati.
Infatti, tale provvedimento, qualificato in ricorso come «decisione», costituisce una risposta esplicativa a quanto segnalato dalla nota dello stesso ordine del 29.01.1992 in merito a presunte situazioni di irregolarità nell’affidamento di incarichi professionali. Tale risposta è senz’altro di contenuto ambiguo perché mentre da un lato si dà un’interpretazione estensiva al R.D. n. 2537/1925 (con richiami del tutto impropri ed errati a «numerose pronunce di TAR e del Cons. di Stato» che avrebbero affermato l’equipollenza dei due diplomi di laurea in architettura ed ingegneria), come sopra contestata dal Collegio con le argomentazioni cui si rimanda, per altro verso si precisa che sono gli ingegneri capo dei cinque uffici tecnici dell’Ateneo a designare i vari direttori dei lavori e a controllarne l’operato. Viene altresì precisato che «in futuro saranno prese tutte le misure necessarie a garantire il rispetto delle sfere di competenza di ciascun ordine professionale».
Ora, se è pur vero che la risposta in questione contiene palesi errori interpretativi e di presupposto in materia di riparto di competenze, non appare men vero che tali errori sono contenuti in una mera partecipazione di un’opinione rivolta esclusivamente a un soggetto privato («si deve ritenere») priva perciò di ogni contenuto volitivo e determinativo, come invece sarebbe stato se essa fosse stata formalizzata in un ordine di servizio o in una circolare emanata nei confronti degli organismi tecnici, ai quali, invece, viene rimessa ogni decisione finale sulla scelta dei professionisti competenti, da effettuare nel rispetto dei principi dell’ordinamento, come sopra esplicitati.
L’atto rettorale non è perciò idoneo a produrre nessuna lesione concreta e diretta dell’interesse della categoria, il cui ricorso non appare assistito dal prescritto interesse (tratto da BLT n. 2/2002 - TAR Lazio-Roma, Sez. III-ter, sentenza 14.02.1995 n. 360).

anno 1994

COMPETENZE PROGETTUALI1. Ricorso al TAR, collettivo (di ingegnere e Ordine di appartenenza) - Ammissibilità - Condizioni.
2. Ingegneri - Lavori relativi alle vie - Competenza esclusiva.
1. Condizioni per l’ammissibilità del ricorso cd. collettivo sono la mancanza di un conflitto di interessi fra i ricorrenti, l’identicità dei provvedimenti impugnati, il comune interesse a ricorrere e l’identicità almeno in parte dei motivi del ricorso.
2. I lavori relativi alle vie, ai sensi degli artt. 51, 52 e 54 del R.D. 23.10.1925 n. 2537 sono di competenza esclusiva degli ingegneri.

Si assume, in primo luogo, che il ricorso collettivo proposto dall’Ing. AA e dall’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Potenza non sarebbe ammissibile perché ciascuno dei ricorrenti è rappresentato e difeso nel presente giudizio da un proprio difensore in forza di due distinti mandati «ad litem» conferiti a margine dello stesso atto.
L’assunto non può essere condiviso.
Per l’ammissibilità del ricorso e del collettivo (ovvero rivolto da più soggetti contro, il medesimo atto) è sufficiente e necessario, oltre alla mancanza di un conflitto di interessi, tra i ricorrenti, che siano identici i provvedimenti impugnati, che sia comune l’interesse a ricorrere e che siano almeno in parte identici i motivi di ricorso (cfr. tra le tante, Cons. Stato - Sez. VI - 24.02.1994 n. 214, in Cons. stato 1994, I, 256; TAR Toscana - I sez. - 18.06.1993 n. 484, in TAR 1993, I, 3185).
Sicché non assume alcuna rilevanza, ai fini della ammissibilità del ricorso in esame, la circostanza che ciascuno dei ricorrenti abbia conferito mandato «ad litem» ad un proprio difensore atteso, peraltro, che le posizioni soggettive di ciascuno dei due ricorrenti stessi rispetto all’atto impugnato non si comunicano all’altro in quanto il rimborso collettivo si risolve nell’espressione di una pluralità di azioni contestualmente proposte in un unico atto.
Nel merito il ricorso è fondato.
L’art. 51 del R.D. 23.10.1925 n. 2537 stabilisce che «sono di spettanza della professione di ingegnere il progetto, la condotta e la stima di una serie di lavori, fra i quali quelli relativi alle vie».
Il successivo art. 52 individua nelle «opere di edilizia civile» (nonché nei relativi rilievi geometrici e operazioni di estimo) il campo di attività degli architetti.
Ciò premesso, rileva il Collegio che, anche a voler ammettere, secondo la linea interpretativa sostenuta dai resistenti, che, in astratto, il termine «edilizia civile» sia riferibile non soltanto alla realizzazione di edifici, secondo il suo più comune significato, ma anche ad altri generi di opere ed impianti, tale interpretazione risulta, in concreto, testualmente incompatibile con la norma transitoria contenuta nel successivo art. 54, ultimo comma, del medesimo decreto, che, nel prevedere un ampliamento della competenza professionale di coloro i quali avevano conseguito entro una certa data il diploma di «architetto civile», previsto dagli ordinamenti universitari dell’epoca, autorizzava gli interessati a svolgere anche mansioni indicate nel precedente art. 51 -proprie, come si è visto, della professione di ingegnere- «ad eccezione però di quanto riguarda le applicazioni industriali e della fisica, nonché i lavori relativi alle vie, ai mezzi di comunicazione e di trasporto e alle opere idrauliche».
Questa disposizione dimostra, al di là del suo carattere meramente eccezionale e transitorio, che, secondo il sistema di ripartizione delle competenze professionali delineato dal R.D. n. 2537 del 1925, la nozione di «edilizia civile» non può essere estensivamente interpretata, dovendo da essa escludersi i lavori e le opere nella medesima disposizione menzionati, fra i quali «i lavori relativi alle vie». Ed infatti essa non avrebbe senso se nel concetto di opere «di edilizia civile» di cui all’art. 52 si dovessero intendere compresi anche i lavori relativi alle vie, ai mezzi di comunicazione e di trasporto e alle opere idrauliche.
Ne consegue che i progetti dei lavori relativi alle vie, ivi compresi quelli oggetto del contestato incarico professionale (concernenti -secondo quanto certificato dall’ufficio tecnico del Comune di Fardella- il disfacimento ed il rifacimento di tratti di pavimentazione lungo la Via Italia e C. so V. Emanuele, la realizzazione di una palificata con susseguente cordolo di collegamento a sostegno delle scarpate in frana delle predette strade, la realizzazione di un drenaggio a profondità di mt. 4 per l’allontanamento delle acque di falda presenti nella zona), formano oggetto dall’esclusiva competenza professionale degli ingegneri (cfr. in termini, TAR Lazio - II Sez. - 16.12.1991 n. 1920 in TAR 1992, I, 71).
Né appare conferente il richiamo, operato dalla difesa del resistente Comune, alla riconosciuta competenza degli architetti in ordine alla redazione degli strumenti urbanistici primari ed «attuativi» (piani regolatori e piani particolareggiati), essendo evidente -come già chiarito da questo Tribunale amministrativo con decisione n. 390 del 1985- che altro é, anche a livello di pianificazione urbanistica, l’inserimento di opere di urbanizzazione nel più ampio contesto di una progettazione di carattere stricto sensu urbanistico, altro é progettare lavori relativi ad opere viarie non collegati in alcun modo con attività di progettazione urbanistica.
Del pari non può aderirsi alla tesi, sviluppata sia dal resistente Comune che dal controinteressato Arch. BB, secondo la quale i limiti delle competenze professionali degli ingegneri e degli architetti, come delineati dal R.D. del 1925, dovrebbero ritenersi superati dalla evoluzione successivamente intervenuta nei rispettivi corsi di studio universitari, che consentirebbe un’interpretazione estensiva delle disposizioni che disciplinano la competenza professionale degli architetti.
Non può, infatti, dubitarsi che il corso di laurea in ingegneria abbia sempre avuto e tuttora conservi nei confronti di quello in architettura, una più spiccata caratterizzazione in senso tecnico-scientifico. Infatti, nel corso di laurea in architettura, per quanto in questa sede interessa, la disciplina «costruzioni stradarie e ferroviarie» non ha il rilievo e l’autonomia ad essa attribuita nell’ambito del corso di laurea in ingegneria ove costituisce materia di insegnamento fondamentale per la sezione ingegneria civile.
Deve, quindi, escludersi che l’evoluzione degli studi per il conseguimento della laurea in architettura, pur avendo comportato un ampliamento del bagaglio delle conoscenze tecniche degli architetti, rispetto alla situazione esistente al momento dell’emanazione del decreto del 1925, abbia comportato una sostanziale equiparazione dei due titoli di laurea, ai fini che qui interessano, ove non si tratti, come affermato da un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale (cfr., tra le tante, Cons. Stato, sez. IV 19.02.1990 n. 92 in Cons. Stato 1992, I, 166; Cons. Stato, Sez. III parere, 11.12.1984 n. 1538 in Cons. Stato 1986, I, 1433) di opere ed impianti posti al servizio di singoli fabbricati e, perciò, riconducibili alla nozione di edilizia civile.
Alla stregua delle svolte argomentazioni, il ricorso va accolto (tratto da BLT n. 2/2002 - TAR Basilicata, sentenza 03.10.1994 n. 257).

anno 1993

COMPETENZE PROGETTUALIIngegneri e architetti - Competenza professionale - Art. 10 R.D. 1920 n. 1285 - Progetti per piccole derivazioni di acqua - Stesura e sottoscrizione - Limitazione ai soli ingegneri - Esclusione.
In base all’interpretazione sistematico-evolutiva della disciplina delle competenze professionali degli ingegneri e degli architetti ed agli effetti previsti dall’art. 10 R.D. 14.08.1920 n. 1285, che menziona solo i primi fra i professionisti abilitati alla stesura e sottoscrizione di progetti per piccole derivazioni di acqua, la menzione stessa deve ritenersi utilizzata dal legislatore nella sua originaria ed ampia accezione, comprensiva di entrambe le categorie professionali.

Il ricorrente Comune sostiene che il giudice a quo -nel ritenere consentiti la presentazione all’Ufficio del Genio civile e l’esame da parte di esso di un progetto «per piccola derivazione di lieve entità» ex art. 10 del R.D. 14.08.1920 n. 1285, firmato da un architetto ... anziché da un ingegnere- sarebbe incorso nella violazione e falsa applicazione dell’art. 2229 C.c. e dell’art. 52 del R.D. 23.10.1925 n. 2637, dato che a tenore di quest’ultima norma l’architetto non risulta abilitato a progettare opere idrauliche e dato altresì che non sarebbe invocabile, rispetto all’architetto, la previsione di cui al citato art. 10 del R.D. n. 1285 del 1920 laddove sono abilitati alla firma dei documenti tecnici relativi alle «piccole derivazioni» professionisti dotati di una diversa specializzazione tecnica, quali i geometri ed i periti agronomi (oltre agli ingegneri).
Questa censura è priva di fondamento ...
Occorre tenere presente che all’epoca della emanazione del R.D. n. 1285 del 1920 -di approvazione del regolamento per le derivazioni ed utilizzazioni di acque pubbliche- modificato dal R.D. n. 1412 del 1922, le competenze degli ingegneri e degli architetti erano sostanzialmente indifferenziate e disciplinate unitariamente, tanto che con la legge 24.06.1923 n. 1395, istitutiva di un ordine professionale unico degli ingegneri e degli architetti, si prevedeva che le pubbliche amministrazioni affidassero gli incarichi agli iscritti in quell’albo quando dovessero avvalersi dell’opera di ingegnere o architetti (art. 4); e veniva rinviata all’emanazione di un successivo regolamento la normativa relativa alla determinazione dell’oggetto e dei limiti delle due professioni (art. 7); a parte la prevista istituzione, di albi speciali per i periti agrimensori (geometri) e per altre categorie di periti tecnici.
Soltanto con il regolamento approvato con R.D. 23.10.1925 n. 2537 gli ambiti delle rispettive competenze professionali furono delineati -per quanto in questa sede interessa- nel senso di riconoscere che sono di spettanza esclusiva della professione di ingegnere le progettazioni di impianti industriali e di spettanza esclusiva della professione degli architetti le opere di edilizia civile di rilevante carattere artistico. Tuttavia sia nel disegno del R.D. ora citato sia nella legislazione successiva è residuata la previsione di vaste aree di competenza promiscua, in senso oggettivo, oltre che di competenza indifferenziata, in senso soggettivo, per coloro che avessero conseguito un diploma di laurea d’ingegnere-architetto.
In siffatta situazione è opinione comunemente ricevuta che, in linea di principio, le competenze riconosciute alle due professioni sono promiscue stante l’equiparazione tra le due categorie (cfr. la legge n. 143 del 1949 sulle tariffe professionali), e che solo in linea d’eccezione sussistono attribuzioni riservate all’uno od all’altra professione quando una tale privativa risulti espressamente regolata dalla legge (cfr., ad es. l’art. 1 del R.D. 16.11.1939 n. 2229), di modo che dalla riserva all’una professione derivi la preclusione allo svolgimento delle stesse attività da parte degli appartenenti all’altra professione. Ma ove si adotti il suindicato metro della riserva legislativa alla competenza esclusiva dell’ingegnere (non architetto) per la elaborazione di studi e progetti in determinati specifici campi -richiedenti di norma una più specializzata e raffinata preparazione teorico-scientifica- chiaro risulta che la suindicata privativa è rimasta esclusa in materia di elaborazione dei documenti tecnici delle piccole derivazioni secondo la previsione di cui all’art. 10 del R.D. 1285 del 1920.
Ed infatti la portata precettiva di tale norma -del tutto specifica per l’oggetto della attività tecnica considerata e per la sua sfera d’azione, limitata al rapporto tra soggetto richiedente la derivazione di lieve entità e l’ufficio del Genio civile preposto all’esame della domanda- ne denunzia chiaramente il carattere di precetto di ius singulare, non assorbito né derogato dalla ben più generale previsione normativa di cui all’art. 51 del R.D. n. 2537 del 1925 laddove si accenna genericamente alla progettazione di impianti industriali.
Ne consegue che, in base alla interpretazione sistematico-evolutiva della disciplina delle competenze professionali ed agli effetti previsti dall’art. 10 del R.D. n. 1285 del 1920 la indicazione ivi contenuta del progettista come «ingegnere» deve tuttora ritenersi essere stata utilizzata dal legislatore nella sua originaria ampia accezione omnicomprensiva delle categorie degli ingegneri e degli architetti. La estensione -nella stessa norma prevista- della abilitazione alla progettazione de qua anche agli appartenenti ad altre categorie professionali quali i geometri ed i periti agronomi smentisce, del resto ed ulteriormente, la esistenza di una riserva di competenza in favore dei soli ingegneri (non architetti), anche se -contrariamente a quanto opinato dal tribunale superiore- non costituisce dato di per sé risolutivo per una affermazione a fortiori della competenza, in materia, degli architetti.
Competenza che, in definitiva, non si fonda su di una più qualificata preparazione tecnica degli appartenenti a tale professione rispetto a quella dei geometri e dei periti agronomi, quanto piuttosto trova radice in quella primigenia ordinaria unitarietà di disciplina e promiscuità di attribuzioni professionali, tra ingegneri ed architetti, alla quale l’art. 10 in esame, nella sua portata di norma speciale, si è sicuramente ispirato (tratto da BLT n. 2/2002 - Corte di Cassazione, S.U. civili, sentenza 26.07.1993 n. 8348).

anno 1992

COMPETENZE PROGETTUALIArchitetti - Competenza professionale - Non vi rientra la progettazione e direzione lavori di opere fognarie e opere viarie.
Nelle opere di «edilizia civile» non possono rientrare, a norma degli artt. 52 e 54 R.D. 1925/2537, le opere fognarie e le opere viarie che restano perciò escluse dalla competenza degli architetti.

È costante giurisprudenza (Cons. Stato, IV, 19.02.1990 n. 92; III, 11.12.1984 n. 1538; TAR Lazio, II, 30.07.1990 n. 1477; TAR Molise, 23.05.1990 n. 147) e costante orientamento dell’Amministrazione (parere Consiglio Superiore LL.PP. 16.12.1983 n. 228) che deve escludersi che le opere fognarie e le opere viarie rientrino, nell’ambito della competenza professionale dell’architetto.
Ed invero l’art. 52 del R.D. 23.10.1925 n. 2537, recante la disciplina della professione degli ingegneri e degli architetti, riserva agli architetti le sole «opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico ed il restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla legge ... per l’antichità e le belle arti»; ed attribuisce alla competenza sia degli ingegneri che degli architetti le «opere di edilizia civile».
Il successivo art. 54, ultimo comma, nel prevedere un ampliamento della competenza professionale ordinaria di cui all’art. 52, dispone che coloro che abbiano conseguito -nel 1924-1925- il diploma di architetto civile sono autorizzati a svolgere le mansioni indicate all’art. 51 (competenze della professione degli ingegneri) ad eccezione di quanto riguarda le applicazioni industriali e della fisica nonché i lavori relativi alle vie, ai mezzi di comunicazione e di trasporto e delle opere idrauliche.
Da tale ultima disposizione si evince che nella logica della disciplina professionale le opere stradali ed idrauliche non rientrano nel concetto di «opere di edilizia civile» (priva di senso sarebbe, altrimenti, la citata eccezione) e, non rientrando neppure nella speciale competenza ad esaurimento prevista per gli architetti diplomati nel 1924- 1925, non possono -a fortiori- rientrare nella competenza degli architetti diplomatisi, dopo tale periodo (tratto da BLT n. 2/2002 - CGARS, sentenza 28.07.1992 n. 217).

COMPETENZE PROGETTUALIArchitetti - Competenza professionale - Strade - Esclusione - Limiti.
Nelle «opere di edilizia civile» di cui all’art. 52 del R.D. 1925/2537 -che sono di competenza sia dell’ingegnere che dell’architetto- non rientrano le strade, a meno che si tratti di opere funzionalmente collegate ad un edificio in modo diretto e immediato.

La questione di diritto posta all’attenzione del Collegio verte essenzialmente sulla legittimità delle disposizioni (artt. 51, 52 e 54) del R.D. 23.10.1925 n. 2537 recante il regolamento per le professioni di ingegnere e architetto che determinano l’ambito delle attività professionali, degli architetti e segnatamente se spetti a questi professionisti la progettazione di «vie» da realizzare con opere e costruzioni anche complesse che non presentino un carattere meramente strumentale e di connessione con singoli fabbricati.
Le censure poste in via autonoma contro il parere dei Comitato tecnico Amministrativo Regionale di Palermo (n . 1229 del 07.08.1984) acquisito agli atti di causa in esito agli adempimenti istruttori disposti con sentenza n. 1492/1985 di questa Sezione sono, infatti, prive di pregio: risulta che l'esame, del Comitato avente ad oggetto il progetto della strada intercomunale S. Agata-Acquedolci affidato all’attuale ricorrente è stato accurato ed approfondito e tra i vari rilievi mossi dall’organo consultivo spicca, appunto, quello contenuto nel secondo capoverso del dispositivo secondo cui «data la particolare natura delle opere d’arte (viadotto e sottopassaggio) da realizzare nella strada in esame anche per la funzione che riveste di arteria intercomunale» il progetto di cui trattasi doveva essere firmato quale collaboratore per la parte strutturale da un ingegnere. Sia il cennato parere che la successiva determinazione sindacale (del 25.08.1984 e del 04.12.1984) con cui veniva comunicata al ricorrente la pronuncia dell’organo consultivo si fondano sulla questione principale sollevata nel presente giudizio: la incompetenza di un architetto a sottoscrivere il progetto di cui trattasi.
Ritiene il Collegio che al quesito posto con l’atto introduttivo del giudizio si debba dare una risposta negativa. Sul punto si è pronunciato il Consiglio di Stato sia in sede consultiva che giurisdizionale (Sez. III n. 1538 dell’11.12.1984 e Sez. IV n. 92 del 19.02.1990) affermando che non possono ricomprendersi fra le competenze dell’architetto l’esecuzione di strade e di opere igieniche che non siano «strettamente connesse con singoli fabbricati». La dizione «opere di edilizia civile» contenuta nell’art. 52 del R.D. 23.10.1925 n. 2537 che segna appunto la competenza dei professionisti, in parola è stata interpretata correttamente ad avviso del Collegio - nel senso che solo le opere edilizie funzionalmente collegate ad un edificio in modo diretto ed immediato possono essere progettate ed eseguite sotto la direzione di un architetto.
Almeno due argomenti testuali sono univoci, per sostenere tale interpretazione:
a) l’art. 51, 1° c., riserva espressamente agli ingegneri «i lavori relativi alle vie di deflusso e comunicazione nonché le costruzioni di ogni specie» (con riguardo al caso di specie non vi è dubbio che anche una strada intercomunale rientra in tale dizione e che il sottopassaggio ed il viadotto anziché «opere di edilizia civile», sono agevolmente riconducibili alla nozione di «costruzioni di ogni specie»).
b) l’art. 54 u.c. prevede una disciplina particolare ampliativa del ricordato art. 52, per coloro che, ad una certa data, avessero conseguito il diploma di architetto civile. Ebbene questa disposizione nel consentire la progettazione delle opere di spettanza degli ingegneri espressamente esclude le «applicazioni industriali, i lavori relativi alle vie, ai mezzi di comunicazione e trasporto e alle opere idrauliche».
Con ciò è chiaro, ad avviso del Collegio, che nella dizione «opere di edilizia civile» di cui all’art. 52 del citato regolamento, rientranti nella competenza professionale degli architetti sono escluse le strade.
Da quanto precede emerge la necessità per il ricorrente di rimuovere l’assetto normativo qui delineato. Da ciò quindi, scaturiscono le censure di illegittimità rivolte contro le norme regolamentari qui sopra riportate che si risolvono essenzialmente nell’eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà in quanto da un lato il corso di laurea di architettura sarebbe non meno completo di quelli di ingegneria ed, inoltre, da altra angolazione, le modifiche intervenute nel corso degli anni all’ordinamento degli studi della facoltà di architettura renderebbero necessario un adeguamento della disciplina e delle competenze professionali degli architetti che, con riguardo ad esempio al settore della urbanistica, nessuno contesta. Sarebbe, poi, illogico, che un ingegnere con specializzazione in un settore diverso possa progettare le opere di cui trattasi inibite, invece, agli architetti.
L’assunto della difesa del ricorrente non può essere condiviso.
Ed invero:
a) il piano di studi delle due facoltà mantiene diversità di rilievo tali, da giustificare una diversa disciplina degli esami di abilitazione all’esercizio della professione;
b) in questa disciplina è chiara l’intenzione del legislatore di privilegiare per gli ingegneri l’aspetto della progettazione di opere complesse aventi ad oggetto prevalentemente ma non esclusivamente il settore prescelto (tra gli undici in cui può articolarsi l’esame).
L’esame consta infatti di una prova scritta o grafica consistente nello svolgimento di un progetto specifico per il ramo di ingegneria prescelto.
Sennonché l’indicazione del ramo che il candidato deve effettuare nella domanda di ammissione ha la funzione di segnalare la prevalenza dell’interesse e non la esclusività dello stesso in quanto la prova può estendersi ad altri rami tra gli undici individuati (cfr. D.M. 09.09.1957, art. 27, I, II e III c.).
L’esame per l’abilitazione all’esercizio della professione di architetto consta di una prova grafica consistente nella predisposizione di un ordinativo per l’appalto di opere di costruzione di una membratura architettonica implicante una struttura ed un rivestimento di superficie con il che è evidente la limitazione dell’impegno ad una progettazione di minore complessità per quanto concerne gli aspetti costruttivi non interdisciplinare.
Rispetto a questa, previsione non ha poi rilievo la circostanza che sia consentito agli architetti progettare sistemazioni urbanistiche o strumenti urbanistici generali o attuativi. In effetti l’attività direttamente finalizzata alla realizzazione delle opere più complesse che in concreto realizzano le previsioni urbanistiche riservato agli ingegneri è con evidenza, ben diversa dalla previsione di assetto del territorio affidata ad una progettualità essenzialmente ideativa sia pure di estrema importanza che non è inibita agli architetti.
Sono così confutate le censure avanzate nell’atto introduttivo del ricorso contro le norme regolamentari del R.D. 23.10.1925 n. 2437 ed inoltre anche il nucleo di base delle argomentazioni che avevano indotto la sezione di Latina di questo Tribunale con sentenza n. 116 del 1984, annullata dal Consiglio di Stato con la citata sentenza della IV Sezione del 19.02.1990 n. 92 che però non ha svolto considerazioni sul punto, a sostenere la competenza professionale degli architetti a realizzare opere di costruzione più complesse e significative di quanto prevede l’art. 52 del R.D. n. 2537 del 1925.
Per la Sezione di Latina, infatti, una volta riconosciuta, pacificamente, agli architetti la possibilità di progettare interventi urbanistici non vi era alcun motivo ostativo per riconoscere agli stessi professionisti la facoltà di progettare e realizzare le singole opere (tratto da BLT n. 2/2002 - TAR Lazio-Roma, sentenza 23.06.1992 n. 927).

anno 1990

COMPETENZE PROGETTUALI:  1. Ingegneri - Impianti di pubblica illuminazione - Competenza esclusiva.
2. Ingegneri e architetti - Equiparazione dei rispettivi titoli di laurea - Esclusione - Limiti.
1. La nozione di «edilizia civile» di cui all’art. 52 del R.D. 1925/2537 non può essere interpretata estensivamente; pertanto gli impianti di illuminazione pubblica, classificabili fra le applicazioni della fisica in quanto basati sulla utilizzazione dell’energia elettrica e non fra le opere edilizie, sono di esclusiva competenza degli ingegneri.
2. L’evoluzione degli studi per il conseguimento della laurea in architettura, pur avendo determinato un ampliamento del bagaglio delle conoscenze tecniche degli architetti rispetto alla situazione esistente al momento dell’emanazione del decreto del 1925, non ha comportato una sostanziale equiparazione dei due titoli di laurea, ove non si tratti di opere e impianti posti a diretto servizio di singoli fabbricati e perciò riconducibili alla nozione di edilizia civile.

Con l’unico motivo l’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Frosinone deduce la illegittimità della impugnata delibera del Comune di Piedimonte San Germano, con cui sono stati approvati il progetto generale e il progetto esecutivo del primo stralcio dell’impianto di pubblica illuminazione, redatti dall’architetto AA, sul presupposto che la progettazione di tale tipo di impianti rientrerebbe nella esclusiva competenza professionale degli ingegneri.
La tesi dell’Ordine ricorrente si basa sugli artt. 31, 52 e 54 del R.D. 23.10.1925 n. 2537, che disciplinano l’esercizio delle professioni di ingegnere e di architetto, secondo una lettura che tiene conto del diverso tipo di formazione delle due categorie professionali, anche alla luce delle modifiche successivamente intervenute nell’ordinamento dei rispettivi corsi di laurea.
Il ricorso è fondato.
L’art. 51 del citato R.D. n. 2537 del 1925 stabilisce che «sono di spettanza della professione di ingegnere il progetto, la condotta e la stima» di una serie di lavori, fra i quali quelli relativi «in generale alle applicazioni della fisica».
Il successivo art. 52 individua nelle «opere di edilizia civile» (nonché nei relativi rilievi geometrici e operazioni di estimo) il campo di attività degli architetti.
Ciò premesso, la questione sulla quale vi è contrasto fra le parti attiene alla possibilità di qualificare un impianto di pubblica illuminazione come opera di edilizia civile, rientrante, in quanto tale, nella competenza professionale degli architetti.
Rileva il Collegio che analogo problema è stato affrontato e risolto in senso negativo dal Consiglio di Stato con il parere della III Sezione n. 1538 in data 11.12.1984 e con la recentissima decisione della IV Sezione n. 92 del 19.02.1990, relativamente alle opere igieniche e alle strade urbane. Le argomentazioni che giustificano tale orientamento giurisprudenziale, di carattere testuale e logico-sistematico, appaiono pienamente condivisibili e applicabili anche alle opere che vengono in rilievo in questa sede.
Invero, anche a voler ammettere, secondo la linea interpretativa sostenuta dai resistenti, che, in astratto, il termine «edilizia civile» sia riferibile non soltanto alla realizzazione di edifici, secondo il più comune significato, ma anche ad altri generi di opere ed impianti, tale interpretazione risulta, in concreto testualmente incompatibile con la norma transitoria contenuta nel successivo art. 54, ultimo comma, del medesimo decreto, che, nel prevedere un ampliamento la competenza professionale di coloro i quali avevano conseguito entro una certa data il diploma di «architetto civile», previsto dagli ordinamenti universitari dell’epoca, autorizzava gli interessati a svolgere anche le mansioni indicate nel precedente art. 51 -proprie, come si è visto, della professione di ingegnere- «ad eccezione però di quanto riguarda le applicazioni industriali e della fisica, nonché i lavori relativi alle vie, ai mezzi di comunicazione e di trasporto e alle opere idrauliche. Questa disposizione dimostra, al di là del suo carattere meramente eccezionale e transitorio, che, secondo il sistema di ripartizione delle competenze professionali delineato dal R.D. del 1925, la nozione di «edilizia civile» non può essere estensivamente interpretata, dovendo da essa escludersi i lavori e le opere nella medesima disposizione menzionati, fra i quali le «applicazioni della fisica».
Ne consegue che gli impianti di pubblica illuminazione, classificabili fra le applicazioni della fisica, in quanto basati sulla utilizzazione dell’energia elettrica, e non fra le opere edilizie, formano oggetto della esclusiva competenza professionale degli ingegneri.
Non é, al riguardo, condivisibile l’assunto dell’Amministrazione comunale che l’opera professionale nella specie fornita dal progettista avrebbe un rilievo puramente urbanistico, essendo intesa unicamente a stabilire la posizione dei punti di luce, per cui rientrerebbe nell’ambito della competenza degli architetti. Risulta, infatti, dalla delibera impugnata che l’attività dell’arch. Antonelli non si è limitata a tale particolare compito ma ha eseguito tutti gli aspetti, strutturali, funzionari ed economici, della progettazione, generale ed esecutiva del primo stralcio, comprendente lavori, rispettivamente, per circa L. 1.179.000.000 e per circa L. 431.000.000.
Né può aderirsi alla tesi dell’Ordine degli architetti, secondo la quale i limiti delle competenze professionali degli ingegneri e degli architetti, come delineati dal R.D. del 1925, dovrebbero ritenersi superati dalla evoluzione successivamente intervenuta nei rispettivi corsi di studi universitari, che avrebbe determinato un ampliamento delle competenze degli architetti.
Non può, infatti, dubitarsi che il corso di laurea in ingegneria, abbia sempre avuto e tuttora conservi, nei confronti di quello in architettura, una più spiccata caratterizzazione in senso tecnico-scientifico.
Per quanto riguarda, in particolare, lo studio delle materie attinenti agli Impianti in questione, deve osservarsi che l’insegnamento di «fisica tecnica ed Impianti», obbligatorio secondo l’ordinamento degli studi della facoltà di architettura di cui al D.P.R. 31.10.1969 n. 995, è stato mantenuto, peraltro come meramente opzionale nell’ambito della scelta di una fra le cinque discipline comprese nell’area impiantistica, soltanto per uno dei quattro indirizzi (quello tecnologico) previsti dal più recente ordinamento, introdotto con il D.P.R. 09.09.1982 n. 806, mentre è obbligatorio per tutti gli indirizzi previsti nel corso di laurea in ingegneria, che comprendono altresì un insegnamento biennale di «fisica» e tino di «elettronica», oltre a quelli di «misure elettriche» e «impianti elettrici» propri della specializzazione in ingegneria elettrotecnica (D.P.R. 31.01.1960 n. 53).
Deve, quindi, escludersi che l’evoluzione degli studi per il conseguimento della laurea in architettura, pur avendo determinato un ampliamento del bagaglio delle conoscenze tecniche degli architetti, rispetto alla situazione esistente al momento dell’emanazione del decreto del 1925, abbia comportato una sostanziale equiparazione dei due titoli di laurea, ai fini che qui interessano, ove non si tratti, come affermato dal Consiglio di Stato nel cit. parere n. 1538 del 1984, di opere e impianti posti a diretto servizio di singoli fabbricati e, perciò, riconducibili alla nazione di edilizia civile.
Per le esposte ragioni il ricorso deve essere accolto, con il conseguente annullamento della delibera impugnata (tratto da BLT n. 2/2002 - TAR Lazio-Roma, Sez. II, sentenza 30.07.1990 n. 1477).

COMPETENZE PROGETTUALI:  Architetti - Competenza professionale - Opere idrauliche a servizio di un centro abitato - Esclusione.
L’art. 52 R.D. 23.10.1925 n. 2537, ai sensi del quale le opere di edilizia civile rientrano nella competenza sia dell’ingegnere che dell’architetto, non può essere interpretato tanto estensivamente sino ad includere nelle competenze dell’architetto, oltre gli impianti igienici asserviti ad un determinato fabbricato, anche opere idrauliche, quali acquedotti, fognature ed impianti di depurazione, poste a servizio dell’abitato in genere e riservate dalla legge all’ingegnere.

Nei confronti degli Ordini professionali, che sono enti pubblici a formazione esclusiva ed appartenenza necessaria, esponenziali del relativo gruppo professionale, la giurisprudenza ha sempre ammesso la legittimazione attiva in ordine all’impugnativa di atti amministrativi che incidono negativamente non solo e non tanto sugli interessi del singolo componente, ma su quelli, omogenei, della categoria unitariamente considerata; interessi, cioè, non individuali ma neppure diffusi, bensì qualificati come collettivi perché appartenenti ad un gruppo di persone ben determinato, organizzato e riconosciuto dall’ordinamento (Cfr. da ultimo Cons. Stato, IV Sez., 15.04.1986 n. 265 e VI Sez., 14.07.1987 n. 468).
Pertanto nel caso in esame va affermata la legittimazione dell’Ordine provinciale degli architetti di Campobasso, il quale, mediante l’impugnativa di un provvedimento con cui si nega la competenza della categoria rappresentata in relazione ad un certo tipo di opere, ha inteso appunto tutelare gli interessi collettivi della medesima categoria.
Tuttavia il ricorso è infondato nel merito.
Il R.D. 23.10.1925 n. 2537 di disciplina delle professioni di ingegnere, architetto e geometra, dispone all’art. 51 che spettano all’ingegnere la progettazione, la conduzione e la stima dei lavori relativi, tra l’altro, alle «vie ed ai mezzi di trasporto, di deflusso e di comunicazione», mentre ai sensi dell’art. 52 le «opere di edilizia civile» competono sia all’ingegnere che all’architetto.
Nella specie, è stata negata la competenza dell’architetto a dirigere i lavori concernenti la rete idrica e fognante comunale, sulla scorta del parere 11.12.1984 n. 1538, reso dalla Sezione terza del Consiglio di Stato.
Con tale parere è stato affermato che nella espressione «opere di edilizia civile», spettanti anche agli architetti, possono ricomprendersi le opere igieniche consistenti in acquedotti, fognature ed impianti di depurazione, e la direzione dei relativi lavori, ma a condizione che le opere stesse siano strettamente connesse con singoli fabbricati, restando invece escluse quelle poste a servizio dell’abitato in genere.
Ciò in quanto le disposizioni su riportate non possono essere interpretate tanto estensivamente fino a ricomprendervi siffatte opere, ostandovi il dato testuale ricavabile dal successivo art. 54, ultimo comma, che, nel prevedere un ampliamento delle competenze degli architetti civili che abbiano conseguito il diploma ai sensi della precedente normativa entro il 21.12.1925, stabilisce che i medesimi sono autorizzati a compiere le attività di ingegnere specificate dall’art. 51 ad eccezione, tra l’altro, delle «opere idrauliche».
Per vero, in giurisprudenza è stato affermato che, in base ad una interpretazione sistematica ed evolutiva delle norme su esaminate, alla luce dell’attuale ordinamento dei rispettivi studi universitari e della tendenziale equiparazione delle relative attività, gli architetti possono occuparsi di opere di urbanizzazione, ivi compresi gli impianti di depurazione delle acque reflue di un abitato (Cfr. TAR Sardegna, 30.09.1986 n. 410).
Il Collegio ritiene di non poter seguire quest’ultima tesi, stante la perdurante vigenza della disciplina professionale in parola ed in assenza di modificazioni del testo originario, e di dover invece aderire all’orientamento espresso nel parere riportato, peraltro non senza condividerne anche il giudizio di inadeguatezza della medesima disciplina in rapporto alle evoluzioni della tecnica ed agli sviluppi delle due professioni.
D’altra parte, la giurisprudenza più recente ha assunto analogo orientamento limitativo in ordine alle opere di cui trattasi, richiedendone l’inerenza ad un determinato fabbricato (Cfr. TRGA Trentino Alto Adige, Trento, 03.10.1988 n. 348).
In base alle considerazioni svolte, non può farsi a meno di concludere per il rigetto del ricorso in esame, atteso che l’atto impugnato concerne, come detto, lavori relativi alla rete idrica e fognante comunale e, dunque, opere idrauliche generali (tratto da BLT n. 2/2002 - TAR Molise, sentenza 23.05.1990 n. 147).

COMPETENZE PROGETTUALIArchitetti - Competenza professionale - Non vi rientra la progettazione e direzione lavori di opere viarie e igieniche.
La competenza per le opere di cui all’art. 51 R.D. 1925/2537 è esclusiva degli ingegneri mentre, ai sensi dell’art. 52, 1° comma, dello stesso R.D., le opere di edilizia civile sono di spettanza comune ad ingegneri ed architetti (ma quelle di carattere artistico sono di competenza esclusiva degli architetti, come dispone l’art. 52, 2° comma).
In base a tale conclusione, confermata dall’art. 54 dello stesso R.D., sono di competenza esclusiva degli ingegneri la progettazione e direzione lavori di opere viarie ed igieniche che non siano strettamente connesse con singoli fabbricati.

Giudica il Collegio, conformemente a quanto ritenuto con il parere della III Sezione del Consiglio di Stato n. 1538, in data 11.12.1984, che, secondo la normativa vigente, non possono ricomprendersi fra le competenze dell’architetto, anche l’esecuzione di strade e di opere igieniche, le quali non siano strettamente connesse con singoli fabbricati.
In proposito deve essere sottolineato che nessuna delle opere in relazione alle quali agli appellati architetti erano stati affidati gli incarichi di direttore dei lavori e di ingegnere capo, di cui alle delibere originariamente impugnate, potevano considerarsi opere di rilievo modesto, assimilabili ad opere strettamente connesse con un singolo fabbricato (un’opera consisteva nei lavori di costruzione di un tronco fognario per un importo previsto nel 1981 di L. 200.000.000, le altre nella realizzazione di una rete fognaria e di parte della rete viaria di Anagni).
Per quanto riguarda le disposizioni degli ordinamenti professionali degli ingegneri e degli architetti, l’art. 51 R.D. 23 ottobre 1925 n. 2537 individua la competenza degli ingegneri nella progettazione e conduzione dei lavori relativi all’estrazione ed alla trasformazione dei materiali occorrenti per le costruzioni e le industrie; dei lavori relativi alle vie e ai mezzi di trasporto di deflusso e di comunicazione, alle costruzioni di ogni specie, alle macchine ed agli impianti industriali, nonché in generale alle applicazioni della fisica, rilievi geometrici e operazioni di estimo.
L’art. 52 del richiamato decreto, al primo comma, dispone che sono di spettanza comune a ingegneri e architetti le opere di edilizia civile, mentre, al secondo comma, prevede che le opere di edilizia civile, che presentano rilevante carattere artistico e di restauro e il ripristino degli edifici di interesse storico-artistico formano esclusivo oggetto soltanto della professione di architetto.
Secondo tali disposizioni, quindi, deve escludersi che le opere fognarie e le opere viarie rientrino nell’ambito delle competenze e degli architetti.
Tale conclusione è confermata dal disposto dell’art. 54, ultimo comma, dello stesso decreto, il quale, nel prevedere un ampliamento della competenza ordinaria degli architetti, indicata dall’art. 52, dispone che coloro che abbiano conseguito il diploma di architetto civile entro il 31.12.1924, ovvero entro il 31.12.1924, sono autorizzati a svolgere le mansioni indicate nell’art. 51 (competenze della professione di ingegneri), ad eccezione di quanto riguarda le applicazioni industriali e della fisica, nonché i lavori relativi alle vie, ai mezzi di comunicazione e di trasporto e alle opere idrauliche.
Tale disposizione non avrebbe senso se nel concetto di opere di edilizia civile di cui all’art. 52 si dovessero intendere compresi anche i lavori relativi alle vie, ai mezzi di comunicazione di trasporto e alle opere idrauliche.
La riportata conclusione non è contraddetta dalla disposizione di cui all’art. 54, secondo comma, che prevede un ampliamento della competenza ordinaria degli architetti -fino a ricomprendere tutta la materia di spettanza degli ingegneri, eccettuate le applicazioni industriali- per coloro che abbiano conseguito il diploma di laurea di ingegnere-architetto presso gli istituti di istruzione superiore indicati nell’art. 1 della L. 24.06.1923 n. 1395 entro il 31.12.1925, secondo le norme di cui all’art. 6 R.D. 31.12.1923 n. 2909.
Infatti tutte le disposizioni di cui al richiamato art. 54 si caratterizzano per la loro dichiarata eccezionalità, in quanto hanno per destinatari soltanto alcune categorie di ingegneri e architetti, i quali hanno conseguito particolari diplomi, specificamente indicati entro un determinato termine.  
La disposizione di cui all’art. 54, secondo comma, riportata, non può essere utilizzata quale parametro di riferimento per una estensione delle competenze degli architetti, determinata dalla evoluzione del corso di studi per conseguire la laurea in architettura.
Infatti, indipendentemente dalla natura eccezionale della disposizione di cui all’art. 54, secondo comma, non vi è assimilazione per quanto riguarda gli studi rilevanti ai fini delle opere in questione fra i due corsi di laurea; infatti, nel corso di laurea in architettura «costruzioni stradarie e ferroviarie», «costruzioni idrauliche», «impianti speciali idraulici», non hanno il rilievo e l’autonomia che invece sono loro attribuiti nell’ambito del corso di laurea in ingegneria (la prima è materia di insegnamento fondamentale per la sezione ingegneria civile; le altre due costituiscono materia della sottosezione idraulica della sezione ingegneria civile).
Le argomentazioni di natura letterale, logica e sistematica, sulle quali è fondata la conclusione raggiunta, esimono il Collegio da un esame analitico degli altri rilievi logici svolti dall’Ordine degli architetti di Frosinone, esame, che imporrebbe una pronuncia incidentale sulle competenze dei geometri e sulle competenze in materia di pianificazione urbanistica degli architetti, questioni che sono estranee al presente giudizio (tratto da BLT n. 2/2002 - Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 19.02.1990 n. 92).

anno 1989

COMPETENZE PROGETTUALIArchitetti - Competenza professionale - Acquedotti rurali - Esclusione.
Sono di competenza esclusiva dell’ingegnere le opere di cui all’art. 51 R.D. 1925/2537 mentre le opere di edilizia civile sono di competenza sia dell’ingegnere che dell’architetto (La progettazione di acquedotti rurali, in quanto opere idrauliche, esula dalla competenza degli architetti).

Ai sensi dell’art. 54 del R.D. n. 2537 del 1925 -normativa tuttora vigente nonostante l’introduzione delle disposizioni sull’ordinamento didattico universitario di cui al R.D. 30.09.1938 n. 1652- le progettazioni di acquedotti rurali, in quanto opere idrauliche, esulano dall’ambito della competenza professionale degli architetti.
... omissis ...
Il collegio ritiene che -contrariamente all’assunto di parte ricorrente- le disposizioni degli artt. 51-54 R.D. 23.10.1925 n. 2537, statuenti limitazioni all’esercizio della professione di architetto, non siano affatto superate con l’introduzione delle norme sull’ordinamento didattico universitario (R.D. 30.09.1938 n. 1652) ma che ad esse, in quanto normativa vigente, occorra fare puntuale riferimento ai fini della decisione della controversia di cui è causa.
In particolare l’art. 51 provvede all’individuazione, con elencazioni esemplificative, delle opere di competenza della professione di ingegnere, mentre il successivo art. 52 sancisce invece al primo comma una competenza concorrente delle professioni di ingegnere e di architetto in ordine alle «opere di edilizia civile» nonché i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad esse relative ed, al successivo secondo comma una competenza esclusiva (salvo che per la parte tecnica) per la professione di architetto in ordine alle opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico ed il restauro e il ripristino degli edifici soggetti alla disciplina vincolistica a tutela delle case d’interesse artistico e storico.
Il successivo art. 54, ultimo comma nel prevedere, in via transitoria un ampliamento delle competenze degli architetti che abbiano conseguito il relativo diploma entro il 31.12.1925, l’autorizza a compiere le mansioni indicate nell’art. 51 (cioè quelle di spettanza degli ingegneri), «ad eccezione però di quanto riguarda le applicazioni industriali e della fisica, nonché i lavori relativi alle vie, ai mezzi di comunicazione e di trasporto e alle opere idrauliche».
A maggior ragione tali opere precluse anche agli architetti in possesso degli specifici requisiti sanciti dall’art. 54, ultimo comma, R.D. 2537 del 1925 non possono rientrare nella competenza degli architetti -come l’odierno ricorrente- non in possesso dei suddetti requisiti, ai quali è altresì precluso lo svolgimento delle mansioni indicate nell’art. 51, riservate alla competenza degli ingegneri.
Tra le attività, oggetto di espressa esclusione ai sensi del detto art. 54, sono -tra l’altro- incluse le «opere idrauliche».
Il Collegio ritiene che gli incarichi per la progettazione dei due acquedotti rurali di cui alle delibere annullate con le impugnate ordinanze del CO.RE.CO. rientrino nell’ambito di tale categoria di opere e che pertanto non possono essere svolti da un architetto, in quanto esulanti dall’ambito della sua competenza professionale.
Infatti, pur non potendo rientrare in senso stretto nell’ambito delle opere idrauliche di cui al R.D. 25.07.1904 n. 523, risulta più logico ricondurre la progettazione di un acquedotto, sia pure di modeste dimensioni, nell’ambito di tale tipo di opere, dato che l’entità nell’opera non è certo elemento idoneo a modificarne la natura sostanziale, anziché -con una palese forzatura- ritenere che la progettazione di un piccolo acquedotto (nel caso di specie trattasi di due acquedotti rurali della lunghezza di 800 metri e di 500 metri, destinati a soddisfare le esigenze di due alpeggi montani) possa considerarsi un’opera di edilizia civile al fine di riconoscere la competenza di un architetto in ordine alla sua progettazione.
Lo stesso Consiglio di Stato, pronunciandosi in sede consultiva (parere 11.12.1984 n. 1538) ha escluso la competenza degli architetti in ordine agli acquedotti.
Nello stesso senso si è espressa la giurisprudenza, secondo cui «Nemmeno esatto appare il richiamo -quand’anche volesse attribuirvisi valore ermeneutico- agli studi condotti dagli architetti nel relativo corso di laurea, in quanto -come rilevasi anche dal parere dell’Adunanza generale del Consiglio superiore dei lavori pubblici 16.12.1983 n. 62- il corso di laurea per architetti non contiene alcuni insegnamenti più strettamente ingegneristici quali Idraulica e Costruzioni idrauliche e inoltre -può aggiungersi, con specifico riferimento alle opere in questione- gli stessi studi non sono diretti all’apprendimento di nozioni, quali quelle attinenti alle variazioni e agli andamenti climatici, che presentano particolare importanza nella progettazione di reti idriche e fognarie».
Lo stesso orientamento è stato ribadito dalla dottrina che ha rilevato: «In particolare i piani di studio per il conseguimento della laurea in ingegneria prevedono la costruzione di strade e l’idraulica come corsi obbligatori sul piano nazionale a norma del D.P.R. 26.05.1975 n. 513 mentre la disciplina specifica inerente agli acquedotti e le fognature costituisce corso obbligatorio sul piano di quasi tutte le facoltà delle vane Università.
L’insegnamento di tali specifiche discipline esula dal corso di studi previsto per il conseguimento della laurea in architettura e non può farsi rientrare nella materia igiene-idraulica che comprende solo elementi di carattere generale in materia di opere igieniche.
Pertanto consegue che la progettazione delle reti stradali, delle opere di fognatura e relativi impianti di depurazione e degli acquedotti, ad eccezione dei lavori di allacciamento, prolungamento e ampliamento, esula dalla competenza professionale degli architetti.
Si è dell’avviso che, fondamentalmente, tanto la progettazione quanto la direzione lavori delle opere igieniche (acquedotti, fognature, impianti idraulici, di depurazione ecc.) esulano dalla competenza degli architetti non solo per le considerazioni suesposte ma anche perché gli architetti mancano di adeguate cognizioni in materia di geologia e l’espressione opere di edilizia civile di cui all’art. 52 citato non può comprendere quelle relative agli impianti tecnologici
».
Il Collegio ritiene che tali considerazioni siano tanto più pertinenti nel caso di specie in cui si tratta non dell’allacciamento ad un acquedotto preesistente, ma della progettazione di due nuovi acquedotti (tratto da BLT n. 2/2002 - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 13.03.1989 n. 201).

anno 1985

COMPETENZE PROFESSIONALI: Nei casi in cui le caratteristiche di un progetto costruttivo siano oggettivamente tali da far dubitare della competenza del progettista, l'Amministrazione deve motivare adeguatamente sulle ragioni per cui ritiene sufficiente tale competenza (Corte di Cassazione, Sez. V civile, sentenza 12.11.1985 n. 330).

anno 1984

COMPETENZE PROGETTUALIArchitetti - Competenza professionale - Edilizia civile - Nozione.
Nell’espressione «edilizia civile» di cui all’art. 52, 1° comma, R.D. 1925/2537 non è compresa la progettazione né la direzione dei lavori delle opere igieniche (acquedotti, fognature, impianti di depurazione, ecc.), che sono di competenza esclusiva degli ingegneri; tale conclusione poggia sull'interpretazione non estensiva degli artt. 51 e 52 R.D. 1925/2537 confermata dall’art. 54, U.C..
Rientrano, però, nella competenza degli architetti tutte le opere poste a diretto servizio dei singoli fabbricati, restando invece escluse quelle poste a servizio dell’abitato in genere.

Il Ministero di grazia e giustizia, acquisiti i pareri antitetici del Consiglio nazionale degli architetti e del Consiglio nazionale degli ingegneri, nonché il parere nettamente contrario ad una interpretazione estensiva delle norme relative alle competenze professionali degli architetti (art. 52 primo e secondo comma, R.D. 23.10.1925 n. 2537) espresso dal Consiglio superiore dei lavori pubblici nell’adunanza del 16.12.1983, chiede al Consiglio di Stato di pronunciarsi in ordine all’interpretazione dell’art. 52, primo comma, del R.D. n. 2537 del 1925, ove si stabilisce che «formano oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad essa relative».
In particolare, in seguito a specifica richiesta di parere formulata dalla Regione Molise, chiede se nell’espressione «edilizia civile» possano essere ricomprese le opere igieniche (acquedotti, fognature, impianti di depurazione, ecc.) e la direzione dei relativi lavori.
Ritiene la Sezione che al quesito, così come proposto dalla Regione Molise, debba darsi, allo stato della legislazione, risposta negativa.
Tale conclusione poggia non tanto sulle considerazioni svolte dal Consiglio superiore dei lavori pubblici in ordine al significato dell’espressione «edilizia civile», che alla Sezione non sembrano definire con sicurezza l’ambito della norma, quanto sul dato testuale, ricavabile dall’art. 54, ultimo comma, del R.D. n. 2537 del 1925, che non lascia alcuno spazio ad interpretazioni estensive.
Quest’ultima disposizione, nel prevedere un ampliamento della competenza professionale degli architetti civili che abbiano conseguito il diploma entro il 31.12.1924, ovvero entro il 31.12.1923, ai sensi del R.D. 31.12.1923 n. 1909, stabilisce espressamente che essi sono autorizzati a svolgere le mansioni indicate nell’art. 51 (di spettanza della professione di ingegnere), ad eccezione «di quanto riguarda le applicazioni industriali e della fisica, nonché i lavori relativi alle vie, ai mezzi di comunicazione e di trasporto alle opere idrauliche».
Ne discende con tutta evidenza, che tali opere, escluse anche dall’eccezione a favore di architetti in possesso di specifici requisiti, non sono di per sé ricomprese nella generale competenza degli architetti, ma sono riservate dalla legge agli ingegneri.
In ordine al quesito proposto dalla Regione Molise non si può, pertanto, giungere a conclusione diversa da quella secondo cui esulano dal campo professionale dell’architetto le opere igieniche consistenti in acquedotti, fognature e relativi impianti di depurazione.
Ciò detto, la Sezione ritiene però di doversi dare carico di altre perplessità, emergenti dalla richiesta di parere, così come formulata dal Ministero di grazia e giustizia.
Oltre al problema degli impianti igienici generali, posti cioè a servizio di un centro abitato, di un insediamento di grandi dimensioni, il Ministero sembra preoccuparsi anche delle opere strettamente connesse con i singoli fabbricati, per le quali esprime il parere che rientrino nella competenza degli architetti progettisti.
La Sezione ritiene di poter condividere tale impostazione, nel senso che rientrano nella competenza degli architetti tutte le opere poste a diretto servizio dei singoli fabbricati, restando escluse, invece, quelle poste a servizio dell’abitato in genere.
Non si può far a meno di notare, comunque -siccome già sottolineato dalla Regione Molise, dagli Ordini professionali e dal Consiglio superiore dei lavori pubblici- che la ripartizione delle competenze professionali tra ingegneri e architetti, in quanto immaginata e disegnata dal legislatore nel 1925, non è più consona alle evoluzioni della tecnica e agli sviluppi delle due professioni in questione, onde si appalesa urgente la necessità dell’aggiornamento delle norme che regolano tutta l’attività professionale tecnica (tratto da BLT n. 2/2002 - Consiglio di Stato, Sez. III, parere 11.12.1984 n. 1538).

anno 1973

COMPETENZE PROFESSIONALI: Spetta all'Amministrazione accertare, caso per caso, valutando i singoli progetti, se la costruzione da erigere su un progetto firmato da un geometra sia di modeste dimensioni, con limitato impiego di strutture in conglomerato cementizio, la cui stabilità non possa interessare l'incolumità delle persone; pertanto il rilascio puro e semplice della licenza, senza alcuna motivazione al riguardo, è viziato da eccesso di potere (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 23.10.1973 n. 714).