dossier RUMORE
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per approfondimenti vedi anche:
Elenco nazionale dei tecnici competenti in acustica ex art. 21 d.lgs.
17.02.2017 n. 42 |
agosto 2021 |
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CONDOMINIO:
Vicini di casa, vademecum anti-liti.
Rumori, immissioni, condizionatori, animali: come affrontare i conflitti che
più spesso ostacolano la convivenza.
Rumori
e schiamazzi, specie adesso che con l’estate è ripresa la vita notturna,
disturbi provenienti dagli animali domestici, ma anche scarso rispetto delle
regole condominiali e di civile convivenza.
Sono queste le principali cause
di lite tra i vicini. Secondo una recente ricerca dell’Osservatorio Sara
Assicurazioni, ben un proprietario su cinque sarebbe persino disposto a
cambiare casa pur di risolvere il problema che lo affligge.
Tuttavia per una
persona su due la soluzione migliore è il dialogo, mentre soltanto il 5% del
campione ricorrerebbe a un avvocato. Vediamo allora quali sono e come si
possono affrontare i dissidi che più spesso ostacolano la pacifica
convivenza nello stesso caseggiato o in edifici limitrofi. (...continua) (articolo ItaliaOggi Sette del 23.08.2021). |
gennaio 2021 |
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AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Scopo
della pianificazione acustica.
In termini generale va osservato
che il Piano di classificazione acustica ha
la funzione di procedere a ricognizione del
territorio comunale al fine di individuare,
tenendo conto delle destinazioni d'uso delle
varie zone, i "valori di qualità" di
inquinamento acustico da applicare a
ciascuna di esse: ciò al duplice fine di
contenere il livello di emissioni sonore nei
limiti stabiliti in considerazione della
concreta destinazione delle varie porzioni
di territorio, e di fornire un criterio
utile a verificare le attività eventualmente
autorizzabili in ciascuna di esse.
La pianificazione acustica non si esaurisce
in un'attività di programmazione
dell'assetto territoriale in senso stretto,
essendo piuttosto diretta ad orientare lo
sviluppo non dal punto di vista
urbanistico-edilizio, che pure costituisce
un aspetto connesso e correlato, ma sotto il
particolare profilo della tutela ambientale
e della salute umana, attraverso la
localizzazione delle attività antropiche in
relazione alla loro rumorosità.
La normativa di riferimento valorizza il
profilo funzionale, inteso ad assicurare la
vivibilità dei luoghi preservandoli da fonti
di inquinamento acustico: l'impianto
normativo dunque assume ad indice
quantitativo l'assetto urbanistico attuale,
e lo integra con quello qualitativo della
fruizione collettiva dei luoghi per il
miglioramento delle condizioni di vita. La
stessa L.R. 13/2001, all'art. 4, stabilisce
che ogni Comune assicura il "coordinamento"
tra la classificazione acustica e gli
strumenti urbanistici, esigendo pertanto
l'integrazione tra i due strumenti senza
prescrivere una perfetta sovrapposizione.
Proprio perché la pianificazione acustica è
rivolta a governare l'assetto del territorio
sotto il distinto profilo della tutela
ambientale e della salute umana, attraverso
la più coerente ed opportuna localizzazione
delle attività umane in relazione alla loro
rumorosità, deve escludersi che essa abbia
come scopo il mantenimento della situazione
esistente, ma deve perseguire la riduzione
dei rumori al fine di realizzare la piena
tutela del riposo e della salute, la
conservazione degli ecosistemi, dei beni
materiali, dei monumenti, dell'ambiente
abitativo e dell'ambiente esterno
(TAR Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 04.01.2021 n. 1 - commento tratto da
https://camerainsubria.blogspot.com).
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Il Collegio premette che, sotto un profilo
normativo, la legge 26.10.1995 n. 447,
recante la “Legge quadro sull'inquinamento
acustico”, rappresenta la prima fonte
normativa organica in materia di tutela
dell’ambiente esterno e abitativo
dall’inquinamento acustico (art. 1, comma
1).
Nel ripartire le competenze in detta materia
fra Stato, Regioni, Province e Comuni, la
legge quadro ha previsto (all’art. 3) che:
“Sono di competenza dello Stato:
a) la determinazione, ai sensi della L. 08.07.1986, n. 349, e successive
modificazioni, con decreto del Presidente
del Consiglio dei ministri, su proposta del
Ministro dell'ambiente, di concerto con il
Ministro della sanità e sentita la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, dei valori di cui
all'articolo 2; …”.
In attuazione di tale previsione è stato
adottato il D.P.C.M. 14.11.1997,
recante la determinazione dei “valori limite
di emissione, i valori limite di immissione,
i valori di attenzione ed i valori di
qualità…”, i quali, specifica ancora il
decreto, “sono riferiti alle classi di
destinazione d'uso del territorio riportate
nella tabella A allegata al presente decreto
e adottate dai comuni ai sensi e per gli
effetti dell'art. 4, comma 1, lett. a) e
dell'art. 6, comma 1, lett. a), della
legge 26.10.1995, n. 447” (cfr. art. 1,
co. 2, d.P.C.M. 14.11.1997).
La Tabella A, dal canto proprio, prevede la
classificazione del territorio comunale in
sei classi.
Per quanto qui rileva:
- in classe “IV” sono ricomprese le “aree di
intensa attività umana” (in cui rientrano
quelle interessate da intenso traffico
veicolare, con alta densità di popolazione,
con elevata presenza di attività commerciali
e uffici, con presenza di attività
artigianali; le aree in prossimità di strade
di grande comunicazione e di linee
ferroviarie; le aree portuali, le aree con
limitata presenza di piccole industrie);
- in classe “V” rientrano le “aree
prevalentemente industriali” (ove rientrano
quelle interessate da insediamenti
industriali e con scarsità di abitazioni).
- in classe “VI” rientrano le aree
esclusivamente industriali (le aree
esclusivamente interessate da attività
industriali e prive di insediamenti
abitativi).
A completamento del quadro normativo è, poi,
intervenuto il legislatore regionale della
Lombardia che, con la legge n. 13 del 10.08.2001, ha stabilito tempi e modi della
classificazione acustica territoriale da
parte comunale, siccome preordinata “a
suddividere il territorio in zone acustiche
omogenee così come individuate dalla tabella
A allegata al decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri 14.11.1997” (cfr.
art. 2, co. 1, L.r. cit.).
In termini generale va poi osservato che il
Piano di classificazione acustica ha la
funzione di procedere a ricognizione del
territorio comunale al fine di individuare,
tenendo conto delle destinazioni d'uso delle
varie zone, i "valori di qualità" di
inquinamento acustico da applicare a
ciascuna di esse: ciò al duplice fine di
contenere il livello di emissioni sonore nei
limiti stabiliti in considerazione della
concreta destinazione delle varie porzioni
di territorio, e di fornire un criterio
utile a verificare le attività eventualmente
autorizzabili in ciascuna di esse (TAR
Brescia, Sez. I, 15.11.2012 n. 1792).
La pianificazione acustica non si esaurisce
in un'attività di programmazione
dell'assetto territoriale in senso stretto,
essendo piuttosto diretta ad orientare lo
sviluppo non dal punto di vista
urbanistico-edilizio, che pure costituisce
un aspetto connesso e correlato, ma sotto il
particolare profilo della tutela ambientale
e della salute umana, attraverso la
localizzazione delle attività antropiche in
relazione alla loro rumorosità.
La normativa di riferimento valorizza il
profilo funzionale, inteso ad assicurare la
vivibilità dei luoghi preservandoli da fonti
di inquinamento acustico: l'impianto
normativo dunque assume ad indice
quantitativo l'assetto urbanistico attuale,
e lo integra con quello qualitativo della
fruizione collettiva dei luoghi per il
miglioramento delle condizioni di vita. La
stessa L.R. 13/2001, all'art. 4, stabilisce
che ogni Comune assicura il "coordinamento"
tra la classificazione acustica e gli
strumenti urbanistici, esigendo pertanto
l'integrazione tra i due strumenti senza
prescrivere una perfetta sovrapposizione
(TAR Brescia, Sez. I n. 1792/2012 cit.).
Proprio perché la pianificazione acustica è
rivolta a governare l'assetto del territorio
sotto il distinto profilo della tutela
ambientale e della salute umana, attraverso
la più coerente ed opportuna localizzazione
delle attività umane in relazione alla loro
rumorosità, deve escludersi che essa abbia
come scopo il mantenimento della situazione
esistente, ma deve perseguire la riduzione
dei rumori al fine di realizzare la piena
tutela del riposo e della salute, la
conservazione degli ecosistemi, dei beni
materiali, dei monumenti, dell'ambiente
abitativo e dell'ambiente esterno (TAR
Milano sez. IV 14.01.2015, n. 133). |
luglio 2020 |
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AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Il
Piano di classificazione acustica ha la funzione di procedere a ricognizione
del territorio comunale al fine di individuare, tenendo conto delle
destinazioni d'uso delle varie zone, i "valori di qualità" di inquinamento
acustico da applicare a ciascuna di esse: ciò al duplice fine di contenere
il livello di emissioni sonore nei limiti stabiliti in considerazione della
concreta destinazione delle varie porzioni di territorio, e di fornire un
criterio utile a verificare le attività eventualmente autorizzabili in
ciascuna di esse.
La pianificazione acustica non si esaurisce in un'attività di programmazione
dell'assetto territoriale in senso stretto, essendo piuttosto diretta ad
orientare lo sviluppo non dal punto di vista urbanistico-edilizio, che pure
costituisce un aspetto connesso e correlato, ma sotto il particolare profilo
della tutela ambientale e della salute umana, attraverso la localizzazione
delle attività antropiche in relazione alla loro rumorosità.
La normativa di riferimento valorizza il profilo funzionale, inteso ad
assicurare la vivibilità dei luoghi preservandoli da fonti di inquinamento
acustico: l'impianto normativo dunque assume ad indice quantitativo
l'assetto urbanistico attuale, e lo integra con quello qualitativo della
fruizione collettiva dei luoghi per il miglioramento delle condizioni di
vita. La stessa L.R. 13/2001, all'art. 4, stabilisce che ogni Comune
assicura il "coordinamento" tra la classificazione acustica e gli strumenti
urbanistici, esigendo pertanto l'integrazione tra i due strumenti senza
prescrivere una perfetta sovrapposizione.
Proprio perché la pianificazione acustica è rivolta a governare l'assetto
del territorio sotto il distinto profilo della tutela ambientale e della
salute umana, attraverso la più coerente ed opportuna localizzazione delle
attività umane in relazione alla loro rumorosità, deve escludersi che essa
abbia come scopo il mantenimento della situazione esistente, ma deve
perseguire la riduzione dei rumori al fine di realizzare la piena tutela del
riposo e della salute, la conservazione degli ecosistemi, dei beni
materiali, dei monumenti, dell'ambiente abitativo e dell'ambiente esterno.
---------------
A completamento del quadro normativo è, poi, intervenuto il legislatore
regionale della Lombardia che, con la legge n. 13 del 10.08.2001, ha
stabilito tempi e modi della classificazione acustica territoriale da parte
comunale, siccome preordinata “a suddividere il territorio in zone
acustiche omogenee così come individuate dalla tabella A allegata al decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri 14.11.1997” (cfr. art. 2, co.
1, L.r. cit.).
In termini generale va poi osservato che il Piano di classificazione
acustica ha la funzione di procedere a ricognizione del territorio comunale
al fine di individuare, tenendo conto delle destinazioni d'uso delle varie
zone, i "valori di qualità" di inquinamento acustico da applicare a
ciascuna di esse: ciò al duplice fine di contenere il livello di emissioni
sonore nei limiti stabiliti in considerazione della concreta destinazione
delle varie porzioni di territorio, e di fornire un criterio utile a
verificare le attività eventualmente autorizzabili in ciascuna di esse (TAR
Brescia, Sez. I, 15.11.2012 n. 1792).
La pianificazione acustica non si esaurisce in un'attività di programmazione
dell'assetto territoriale in senso stretto, essendo piuttosto diretta ad
orientare lo sviluppo non dal punto di vista urbanistico-edilizio, che pure
costituisce un aspetto connesso e correlato, ma sotto il particolare profilo
della tutela ambientale e della salute umana, attraverso la localizzazione
delle attività antropiche in relazione alla loro rumorosità.
La normativa di riferimento valorizza il profilo funzionale, inteso ad
assicurare la vivibilità dei luoghi preservandoli da fonti di inquinamento
acustico: l'impianto normativo dunque assume ad indice quantitativo
l'assetto urbanistico attuale, e lo integra con quello qualitativo della
fruizione collettiva dei luoghi per il miglioramento delle condizioni di
vita. La stessa L.R. 13/2001, all'art. 4, stabilisce che ogni Comune
assicura il "coordinamento" tra la classificazione acustica e gli strumenti
urbanistici, esigendo pertanto l'integrazione tra i due strumenti senza
prescrivere una perfetta sovrapposizione (TAR Brescia, Sez. I n. 1792/2012
cit.).
Proprio perché la pianificazione acustica è rivolta a governare l'assetto
del territorio sotto il distinto profilo della tutela ambientale e della
salute umana, attraverso la più coerente ed opportuna localizzazione delle
attività umane in relazione alla loro rumorosità, deve escludersi che essa
abbia come scopo il mantenimento della situazione esistente, ma deve
perseguire la riduzione dei rumori al fine di realizzare la piena tutela del
riposo e della salute, la conservazione degli ecosistemi, dei beni
materiali, dei monumenti, dell'ambiente abitativo e dell'ambiente esterno
(TAR Milano sez. IV 14.01.2015, n. 133)
(TAR Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 06.08.2020 n. 1532 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO – Emissioni sonore (ristorante) –
Schiamazzi degli avventori – Abuso di strumenti di
riproduzione sonora (impianto musicale) – Rumori idonei ad
arrecare disturbo o a turbare la quiete e le occupazioni –
Attività svolta in ambito condominiale – Risarcimento dei
danni subiti dalla parte civile – Art. 659 cod. pen..
Per la configurabilità della
contravvenzione di cui all’art. 659 cod. pen. non sono
necessarie né la vastità dell’area interessata dalle
emissioni sonore, né il disturbo di un numero rilevante di
persone, essendo sufficiente che il disturbo venga arrecato
a un gruppo indeterminato di persone e non solo a un
singolo, anche se raccolte in un ambito ristretto, come, ad
esempio in un condominio.
In altri termini, perché sussista la contravvenzione di cui
all’art. 659 cod. pen. relativamente ad attività che si
svolge in ambito condominiale, è necessaria la produzione di
rumori idonei ad arrecare disturbo o a turbare la quiete e
le occupazioni non solo degli abitanti dell’appartamento
sovrastante o sottostante la fonte di propagazione, ma di
una più consistente parte degli occupanti il medesimo
edificio (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 03.07.2020 n. 19988 - link a www.ambientediritto.it). |
maggio 2020 |
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AMBIENTE-ECOLOGIA: INQUINAMENTO
ACUSTICO – Svolgimento di attività temporanee in luogo pubblico o aperto al
pubblico – Autorizzazione in deroga ai valori limite di immissioni sonore –
Art. 6, c. 1, lett. h), L. n. 447/1995 – Fattispecie: spettacoli pirotecnici.
E' utile premettere che gli spettacoli pirotecnici a
scopo di svago costituiscono attività economica lecita, ancorché soggetta,
per la sua intrinseca pericolosità, ad autorizzazioni preventive di pubblica
sicurezza e a una serie di precauzioni nel suo concreto svolgimento. In
particolare, l’accessione dei fuochi deve essere preventivamente autorizzata
dal Comune ai sensi dell’articolo 57 R.D. n. 773/1931 e deve essere
effettuata da un soggetto abilitato ai sensi dell’articolo 101 R.D. n.
635/1940.
A sua volta la commercializzazione, la catalogazione e la verifica di
conformità degli articoli pirotecnici in genere e dei fuochi d’artificio in
particolare è disciplinata dal D.Lgs. n. 123/2015, di attuazione della
Direttiva 2013/29/UE.
Trattandosi di attività economica lecita, l’accensione di fuochi d’artificio
non può essere vietata in termini assoluti, ancorché il suo esercizio possa
e debba essere assoggettato a prescrizioni e cautele, volte a contemperare
gli interessi (alla quiete e all’incolumità pubblica) che possono essere
negativamente incisi da siffatta attività.
---------------
Nel caso di specie, emerge
che gli eventi autorizzati sono meno di una ventina l’anno, ancorché
concentrati tra la primavera e l’estate, che gli spettacoli hanno breve
durata (qualche decina di minuti al massimo), che i fuochi sparati sono di
quelli a terra (ovverosia, con altezza, ampiezza e sonorità limitata), che è
prevista una distanza della zona di accensione dalle abitazioni conforme a
quanto previsto nella circolare del Ministero dell’Interno n. 559/C.25055.XV dell’ 11.01.2001, che
è prescritto che al termine degli spettacoli le zone contermini siano
bonificate da bossoli e fuochi inesplosi.
Complessivamente, nel caso in esame il Comune non ha violato alcuna norma
positiva ed ha, inoltre, operato un ragionevole bilanciamento tra
l’interesse di ristoratori e pirotecnici al libero dispiegarsi
dell’iniziativa privata e l’interesse alla incolumità e alla quiete dei
residenti in prossimità dei luoghi di svolgimento degli spettacoli
pirotecnici.
Naturalmente, ciò non esclude che le immissioni derivanti da
tali attività possano essere considerate direttamente lesive di diritti
della persona, che non spetta peraltro a questo giudice tutelare.
---------------
In ogni caso, ai sensi dell’articolo 6, comma 1,
lettera h), L.
n 4471995 i Comuni possono autorizzare «lo svolgimento di attività
temporanee e di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico e […]
spettacoli a carattere temporaneo ovvero mobile» anche in deroga ai valori
limite di immissioni sonore proprie della classificazione acustica operata
in via generale.
Non vi è dubbio che lo spettacolo pirotecnico, proprio perché occasionale e
temporaneo rientra nella suvviste ipotesi di deroga.
---------------
1. Vengono in decisione il ricorso principale e i cinque ricorsi
per motivi aggiunti promossi dai signori Gi.Ba.Ba., Pa.Ba., Ma.Ge.Ca., Gi.Ra. e R.Vi.Fr.
avverso le autorizzazioni (tutte in epigrafe indicate) rilasciate dal Comune
di Misano di Gera d’Adda tra il 2014 e il 2019 a una pluralità di
pirotecnici per l’accensione di fuochi d’artificio nell’ambito di feste
private svolte presso il ristorante Be. e presso il
ristorante De., non distante dalle loro case di abitazione.
2. E’ necessario affrontare pregiudizialmente la questione della
giurisdizione sollevata dalla difesa della signora Fe.Fe., quale
titolare dell’impresa individuale Fe.Fi. destinataria di parte dei
provvedimenti autorizzativi qui impugnati.
Contrariamente a quanto sostiene la controinteressata, oggetto del presente
giudizio non sono le condotte dei pirotecnici, in tesi illecite in quanto
non rispettose delle prescrizioni contenute nelle autorizzazioni comunali, e
fonti di danno a terzi. Il presente giudizio verte sulla prospettata
illegittimità dei provvedimenti amministrativi adottati dal Comune, rispetto
ai quali la posizione dei ricorrenti ha natura di interesse legittimo: il
che radica, in funzione della causa petendi, la giurisdizione di questo
Giudice.
3. Si può, invece, prescindere dalla disamina delle plurime eccezioni in
rito sollevate dalla difesa del Comune e di cui si è dato conto in
narrativa, stante l’infondatezza di tutti e sei i gravami presentati dai
ricorrenti.
4.1. In tutti e sei i ricorsi i vizi di legittimità prospettati sono sempre
i medesimi, il che consente una trattazione congiunta dei ricorsi medesimi.
4.2.1. Prima di entrare nel merito delle singole doglianze, è utile
premettere che gli spettacoli pirotecnici a scopo di svago costituiscono
attività economica lecita, ancorché soggetta, per la sua intrinseca
pericolosità, ad autorizzazioni preventive di pubblica sicurezza e a una
serie di precauzioni nel suo concreto svolgimento. In particolare,
l’accessione dei fuochi deve essere preventivamente autorizzata dal Comune
ai sensi dell’articolo 57 R.D. n. 773/1931 e deve essere effettuata da un
soggetto abilitato ai sensi dell’articolo 101 R.D. n. 635/1940.
A sua volta la commercializzazione, la catalogazione e la verifica di
conformità degli articoli pirotecnici in genere e dei fuochi d’artificio in
particolare è disciplinata dal D.Lgs. n. 123/2015, di attuazione della
Direttiva 2013/29/UE.
Trattandosi di attività economica lecita, l’accensione di fuochi d’artificio
non può essere vietata in termini assoluti, ancorché il suo esercizio possa
e debba essere assoggettato a prescrizioni e cautele, volte a contemperare
gli interessi (alla quiete e all’incolumità pubblica) che possono essere
negativamente incisi da siffatta attività.
4.2.2. Ora, dalla documentazione in atti emerge che gli eventi autorizzati
sono meno di una ventina l’anno, ancorché concentrati tra la primavera e
l’estate, che gli spettacoli hanno breve durata (qualche decina di minuti al
massimo), che i fuochi sparati sono di quelli a terra (ovverosia, con
altezza, ampiezza e sonorità limitata), che è prevista una distanza della
zona di accensione dalle abitazioni conforme a quanto previsto nella
circolare del Ministero dell’Interno n. 559/C.25055.XV dell’ 11.01.2001, che
è prescritto che al termine degli spettacoli le zone contermini siano
bonificate da bossoli e fuochi inesplosi.
Complessivamente, nel caso in esame il Comune non ha violato alcuna norma
positiva ed ha, inoltre, operato un ragionevole bilanciamento tra
l’interesse di ristoratori e pirotecnici al libero dispiegarsi
dell’iniziativa privata e l’interesse alla incolumità e alla quiete dei
residenti in prossimità dei luoghi di svolgimento degli spettacoli
pirotecnici; naturalmente, ciò non esclude che le immissioni derivanti da
tali attività possano essere considerate direttamente lesive di diritti
della persona, che non spetta peraltro a questo giudice tutelare.
5.1. Fatte queste premesse, è, pertanto, infondato il primo motivo di
impugnazione, con il quale i ricorrenti lamentano la violazione delle norme
di cautela imposte dal Regolamento Comunale di Polizia Urbana del Comune di Misano Gera d’Adda per l’accensione dei fuochi nelle aree verdi, quelle a
tutela degli animali e quelle volte a prevenire l’inquinamento acustico.
5.2. E’ innanzitutto inconferente il richiamo operato dai ricorrenti al
succitato Regolamento comunale, risultando gli spettacoli pirotecnici
assoggettati a una specifica disciplina e non essendo riconducibili né ai
fuochi all’aperto, né alle attività rumorose di cui si occupa il Regolamento
in questione.
5.3. In secondo luogo, trattandosi di eventi contenuti e che tendono a
riproporsi nelle modalità di realizzazione, il rilascio dell’autorizzazione
allo svolgimento dello spettacolo pirotecnico non richiedeva un particolare
approfondimento istruttorio, oltre all’accertamento che l’istante fosse
dotato delle necessarie autorizzazioni di pubblica sicurezza, e oltre
l’imposizione delle ordinarie prescrizioni di cautela.
6.1. E’, parimenti, infondato il
secondo motivo di impugnazione, con il
quale i ricorrenti lamentano la violazione della zonizzazione acustica del
territorio comunale, e, segnatamente, delle aree in cui essi vivono e
vengono effettuati i contestati spettacoli pirotecnici.
6.2. Fermo restando che i ristoranti presso i quali gli spettacoli
pirotecnici vengono svolti sono ascritti alla classe 2 e in parte alla
classe 3 di zonizzazione acustica, e non alla classe 1 così come sostengono
i ricorrenti, in ogni caso ai sensi dell’articolo 6, comma 1, lettera h), L.
n 4471995 i Comuni possono autorizzare «lo svolgimento di attività
temporanee e di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico e […]
spettacoli a carattere temporaneo ovvero mobile» anche in deroga ai valori
limite di immissioni sonore proprie della classificazione acustica operata
in via generale.
Non vi è dubbio che lo spettacolo pirotecnico, proprio perché occasionale e
temporaneo rientra nella suvviste ipotesi di deroga.
7.1. E’ infondato anche il
terzo motivo di impugnazione, con il quale i
ricorrenti lamentano che non si sia tenuto conto dell’impatto ambientale
provocato dai fuochi pirotecnici non solo sotto il profilo acustico ma anche
in termini di inquinamento atmosferico.
7.2. Al riguardo non può che rinviarsi alle considerazioni svolte ai punti
che precedono in ordine al fatto che l’utilizzo degli articoli pirotecnici
sia lecito laddove i fuochi d’artificio che vengono accesi sia conformi alle
prescrizioni di legge e abbiano la certificazione CE.
Peraltro, tenuto conto che negli spettacoli pirotecnici, oggetto del
presente giudizio, l’uso di fuochi di artificio è circoscritto e limitato,
possono escludersi problemi di inquinamento atmosferico in conseguenza delle
polveri che vengono sprigionate.
8.1. Infine, è pure infondato il
quarto motivo di impugnazione, con il quale
i ricorrenti si dolgono del fatto che il Comune non abbia effettuato alcuna
attività di verifica e di controllo del rispetto delle prescrizioni
contenute nelle autorizzazioni impugnate.
8.2. Come condivisibilmente osservato dalla difesa del Comune resistente, la
prospettata inosservanza da parte dei pirotecnici delle prescrizioni
contenute nelle autorizzazioni qui impugnate, così come la prospettata
omissione da parte dell’Amministrazione dei controlli in ordine al rispetto
delle ridette prescrizioni, anche ove –in ipotesi– sussistenti, non
incidono sulla legittimità dei provvedimenti in esame, situandosi dette
violazioni nella fase esecutiva di essi, anziché nella relativa fase
genetica.
9.1. In conclusione, il ricorso principale e i cinque successivi ricorsi per
motivi aggiunti sono respinti, in quanto infondati
(TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 14.05.2020 n. 355 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
aprile 2020 |
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AMBIENTE-ECOLOGIA: Competenza
del Comune ad adottare misure di contenimento dell’inquinamento acustico non
direttamente collegate con il superamento dei limiti fissati per le
immissioni sonore.
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Inquinamento – Inquinamento acustico - Misure di contenimento - Non
direttamente collegate con il superamento dei limiti fissati per le
immissioni sonore – Competenza - Individuazione.
Deve riconoscersi ai Comuni la competenza ad
adottare misure di contenimento dell’inquinamento acustico, anche
introducendo fasce orarie, non direttamente collegate con il superamento dei
limiti fissati per le immissioni sonore (1).
---------------
(1) Ha ricordato la sezione che la giurisprudenza ha chiarito che
la tutela del bene giuridico protetto dalla legge quadro n. 447 del
26.10.1995, la quale mira alla salvaguardia di un complesso di valori (cfr.
art. 2, comma 1, lett. a) rispetto al fenomeno dell’inquinamento acustico,
coesiste con la tutela del diverso bene giuridico che è costituito dalla
pubblica tranquillità, trattandosi di beni presidiati da norme con obiettivi
e struttura diversi, e ha riconosciuto perciò, al di là di quanto
specificamente previsto dall’art. 6, comma 3, l. n. 447 del 1995 per i
comuni il cui territorio presenti un rilevante interesse
paesaggistico-ambientale e turistico, che la legislazione sull’inquinamento
acustico «non impedisce … ai comuni di adottare una più specifica
regolamentazione dell’emissione e dell’immissione dei rumori nel loro
territorio, la quale, nel rispetto dei vincoli derivanti dalla l. n. 447 del
1995, prenda in considerazione, non già il dato oggettivo del superamento di
una certa soglia di rumorosità -considerato, per presunzione iuris et de
iure, come generativo di un fenomeno di inquinamento acustico, a prescindere
dall’accertamento dell’effettiva lesione del complesso di valori indicati
nell’art. 1, comma 1, lett. a), della Legge- ma i concreti effetti negativi
provocati dall’impiego di determinate sorgenti sonore sulle occupazioni o
sul riposo delle persone, e quindi sulla tranquillità pubblica o privata (Cass.,
09.10.2003, n. 15081)» (Cass. civ., sez. I, 01.09.2006, n. 18953,
chiarendo, pertanto, che nello specifico caso ivi affrontato «non si
trattava di stabilire se fossero stati osservati i limiti massimi al
riguardo introdotti da detto D.P.C.M., né di compiere le rilevazioni nelle
località e con i criteri individuati dalle norme dianzi indicate, tali da
richiedere l’utilizzazione di appositi apparecchi di precisione; bensì di
accertare se il rumore generato dalla condotta ascrivibile al ricorrente
fosse idoneo a determinare l’evento di disturbo della tranquillità pubblica
avuto di mira dalla norma regolamentare»).
Si tratta di un indirizzo che in passato è già stato fatto proprio dal
Consiglio di Stato, il quale ha affermato un principio valevole, in coerenza
con la giurisprudenza richiamata, per tutti i comuni e non soltanto per
quelli di rilevante interesse paesaggistico-ambientale e turistico.
Si è detto infatti (Cons. St., sez. V, 28.02.2011, n. 1265) che «[p]ur
non potendo … gli enti locali introdurre, nell’esercizio della propria
potestà regolamentare, limiti alle immissioni sonore diversi e comunque
inferiori a quelli previsti dalla l. n. 447 del 1995, i Comuni possono
dettare disposizioni particolari, anche presidiate da sanzione
amministrativa, che vietino non già le immissioni sonore che superino una
soglia acustica prestabilita, ma tutte quelle che comunque nuocciano alla
quiete e alla tranquillità pubblica o privata, quale che sia il loro livello
acustico (Cass. civ., sez. I, 01.09.2006, n. 18953).
Deve, quindi, riconoscersi ai Comuni la competenza ad adottare misure di
contenimento dell’inquinamento acustico, anche introducendo fasce orarie,
non direttamente collegate con il superamento dei limiti fissati per le
immissioni sonore»
(Consiglio di Stato, Sez. II,
sentenza 27.04.2020 n. 2684 -
commento tratto da e link a www.giustizia-amministrartiva.it). |
febbraio 2020 |
|
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Immissioni acustiche, normativa
pubblicistica e limite di tollerabilità.
Come è stato affermato
da questa Corte, in materia di immissioni
sonore, mentre è senz’altro illecito il
superamento dei limiti di accettabilità
stabiliti dalla normativa rilevante in
materia, l’eventuale rispetto degli stessi
non può far considerare senz’altro lecite le
immissioni, dovendo il giudizio sulla loro
tollerabilità formularsi alla stregua dei
principi di cui all’art. 844 c.c.
Invero, se le emissioni acustiche superano,
per la loro particolare intensità e capacità
diffusiva, la soglia di accettabilità
prevista dalla normativa a tutela dei
interessi della collettività, a maggior
ragione le stesse, ove si risolvano in
immissioni nell’ambito della proprietà del
vicino, devono per ciò solo considerarsi
intollerabili ai sensi dell’art. 844 cc e,
pertanto, illecite, anche sotto il profilo
civilistico.
L’eventuale rispetto dei limiti previsti
dalla legge non può, tuttavia, fare
considerare senz’altro lecite le immissioni,
dovendo il giudizio sulla loro tollerabilità
formularsi in relazione alla situazione
ambientale, variabile da luogo a luogo,
secondo le caratteristiche della zona e le
abitudini degli abitanti, e non può
prescindere dalla rumorosità di fondo, ossia
da quel complesso di suoni di origine varia
e spesso non identificabile, continui e
caratteristici del luogo, sui quali vengono
ad innestarsi i rumori denunciati come
immissioni abnormi (c.d. criterio
comparativo).
Spetta, peraltro, al giudice di merito
accertare in concreto gli accorgimenti
idonei a ricondurre tali immissioni
nell’ambito della normale tollerabilità
(Corte di Cassazione, Sez. VI civile,
ordinanza 06.02.2020
n. 2757 - commento tratto da
https://camerainsubria.blogspot.com).
---------------
La censura non può trovare ingresso.
Come è stato già affermato da questa Corte
(Cass. n. 1069 del 2017), in materia di
immissioni sonore, mentre è senz'altro
illecito il superamento dei limiti di
accettabilità stabiliti dalla normativa
rilevante in materia, l'eventuale rispetto
degli stessi non può far considerare
senz'altro lecite le immissioni, dovendo il
giudizio sulla loro tollerabilità formularsi
alla stregua dei principi di cui all'art.
844 c.c.
Invero, se le emissioni acustiche superano,
per la loro particolare intensità e capacità
diffusiva, la soglia di accettabilità
prevista dalla normativa a tutela di
interessi della collettività, a maggior
ragione le stesse, ove si risolvano in
immissioni nell'ambito della proprietà del
vicino, devono per ciò solo considerarsi
intollerabili ai sensi dell'art. 844 c.c.,
e, pertanto, illecite, anche, sotto il
profilo civilistico.
L'eventuale rispetto dei limiti previsti
dalla legge non può, tuttavia, fare
considerare senz'altro lecite le immissioni,
dovendo il giudizio sulla loro tollerabilità
formularsi in relazione alla situazione
ambientale, variabile da luogo a luogo,
secondo le caratteristiche della zona e le
abitudini degli abitanti, e non può
prescindere dalla rumorosità di fondo, ossia
da quel complesso di suoni di origine varia
e spesso non identificabile, continui e
caratteristici del luogo, sui quali vengono
ad innestarsi i rumori denunciati come
immissioni abnormi (c.d. criterio
comparativo).
Spetta, peraltro, al giudice di merito
accertare in concreto gli accorgimenti
idonei a ricondurre tali immissioni
nell'ambito della normale tollerabilità
(Cass. n. 887 del 2011). |
gennaio 2020 |
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AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO – Avventori di una discoteca –
Provvedimento comunale – Prescrizioni in ordine al
contenimento del rumore antropico – Adozione delle cautele
ordinarie.
L’Amministrazione comunale ben può
rammentare, in un proprio provvedimento, il dovere di
contenimento del rumore, nei limiti di quanto possa
rientrare nelle facoltà proprie del gestore di una
discoteca, venendo in rilievo un interesse generale,
strettamente connesso alla salute pubblica e alla vivibilità
generale degli abitati e dei luoghi.
Non è infatti in discussione alcun obbligo di contenimento
di rumorosità esterna indefinita o comunque aliena rispetto
alle attività o alle appartenenze della struttura della
discoteca in questione (nemo ad impossibilia tenetur), bensì
l’esigenza concreta di non causare, con comportamenti
gestori inappropriati, l’amplificazione della rumorosità,
causata dagli avventori anche nel transito, in ingresso o in
uscita, in ore notturne, nella discoteca.
Il provvedimento, in altri termini, può legittimamente
sollecitare l’adozione, in conformità al dettato normativo,
delle cautele ordinarie, volte a contenere con diligenza il
cd. rumore antropico, causato dagli avventori, in
particolare nelle ore notturne, relativamente al locale e
alle sue pertinenze (TAR
Abruzzo-Pescara,
sentenza 21.01.2020 n. 27 - link a www.ambientediritto.it). |
luglio 2019 |
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AMBIENTE-ECOLOGIA: Scelta
delle misure per far cessare le immissioni
da rumore e prova del danno patrimoniale da
immissioni superiori alla normale
tollerabilità.
Nell'accogliere la
domanda volta a far cessare le immissioni,
il giudice del merito, pur avendo la facoltà
di scegliere tra le diverse misure
consentite dalla norma, ha tuttavia
l'obbligo di precisare le ragioni della
scelta dell'una o dell'altra e di indicare
con sufficiente determinazione le misure in
concreto adottate, soprattutto quando
ritenga impossibile adottare misure meno
invasive ed indispensabile condannare il
convenuto alla cessazione delle immissioni e
quindi anche dell'attività che ad esse dà
luogo.
Il danno non patrimoniale subito in
conseguenza di immissioni di rumore
superiore alla normale tollerabilità non può
ritenersi sussistente in re ipsa, atteso che
tale concetto giunge ad identificare il
danno risarcibile con la lesione del diritto
(nella specie quello al normale svolgimento
della vita familiare all'interno della
propria abitazione ed alla libera e piena
esplicazione delle proprie abitudini di vita
quotidiane) ed a configurare un vero e
proprio danno punitivo, per il quale non vi
è copertura normativa, ponendosi così in
contrasto sia con l'insegnamento delle
Sezioni Unite della S.C. (sent. n. 26972 del
2008), secondo il quale quel che rileva ai
fini risarcitori è il danno-conseguenza, che
deve essere allegato e provato, sia con
l'ulteriore e più recente intervento
nomofilattico (sent. n. 16601 del 2017) che
ha riconosciuto la compatibilità del danno
punitivo con l'ordinamento solo nel caso di
espressa sua previsione normativa, in
applicazione dell'art. 23 Cost.;
Ne consegue che il danneggiato che ne chieda
in giudizio il risarcimento è tenuto a
provare di aver subito un effettivo
pregiudizio in termini di disagi sofferti in
dipendenza della difficile vivibilità della
casa, potendosi a tal fine avvalersi anche
di presunzioni gravi, precise e concordanti,
sulla base però di elementi indiziari (da
allegare e provare da parte del preteso
danneggiato) diversi dal fatto in sé
dell'esistenza di immissioni di rumore
superiori alla normale tollerabilità
(Corte di Cassazione, Sez. VI civile,
ordinanza 18.07.2019 n. 19434 -
commento tratto da
https://camerainsubria.blogspot.com).
---------------
MASSIMA
7. È altresì fondato il terzo motivo,
di rilievo logico preliminare rispetto al
secondo.
La pronunzia impugnata conferma la decisione
di primo grado, che aveva riconosciuto il
danno in questione nella misura sopra
indicata —in quanto derivante dalla lesione
del diritto (non alla salute ma) al normale
svolgimento della vita familiare all'interno
della propria abitazione ed il diritto alla
libera e piena esplicazione delle proprie
abitudini di vita quotidiane, quali diritti
costituzionalmente garantiti, nonché
tutelati dall'art. 8 della Convenzione
europea dei diritti dell'uomo— limitandosi a
richiamare il principio rinvenibile in
alcune pronunce di questa Corte, predicativo
dell'esistenza di un danno in re ipsa
ogniqualvolta venga accertata la non
tollerabilità delle immissioni (Cass.
18/10/1978, n. 4693; 12/03/1987, n. 2580 Rv.
451713; 13/03/2007, n. 5844).
Siffatto principio,
tralaticiamente ribadito ancora di recente
(v. Cass. 12/02/2016, n. 2864),
non è condiviso da più recente
giurisprudenza, secondo la quale, anche
nell'ipotesi considerata, il danno non può
essere considerato in re ipsa ma deve
essere provato secondo la regola generale
dell'art. 2697 cod. civ.. Ne consegue che la
relativa allegazione deve essere
circostanziata e riferirsi a fatti specifici
e precisi non potendo risolversi in mere
enunciazioni di carattere generico,
astratto, eventuale ed ipotetico
(Cass. 09/11/2018, n. 28742; 29/01/2018, n.
2056).
A tale secondo indirizzo si intende qui dare
continuità.
È invero ormai generalmente riconosciuta,
almeno in via di principio, l'antiteticità
del concetto di danno in re ipsa —il
quale, anche letteralmente, postula la
coincidenza del danno risarcibile con
l'evento dannoso (e al quale pure, in
passato, non va dimenticato, si era fatto
ricorso, per giustificare la risarcibilità
del danno biologico, attraverso
l'elaborazione del concetto, sovrapponibile,
di danno- vento: v. Corte cost. n. 184 del
1986)— rispetto al sistema di responsabilità
civile, fondato all'opposto sulla netta
distinzione, ex artt. 1223 e 2056 cod. civ.,
tra fatto illecito, contrattuale o
extracontrattuale, produttivo del danno e il
danno stesso, da identificare nelle
conseguenze pregiudizievoli di quel fatto,
nella loro duplice possibile fenomenologia
di «danno emergente» (danno «interno»,
che incide sul patrimonio già esistente del
soggetto) e di «lucro cessante» (che,
di quel patrimonio, è proiezione dinamica ed
esterna), come tale apprezzabile sia in
ambito patrimoniale che non patrimoniale (v.
Cass. 17/01/2018, n. 901, in motivazione,
pag. 27): perdita-danno emergente-sofferenza
interiore, da un lato, e, dall'altro,
mancato guadagno-lucro cessante-danno alla
persona nei suoi aspetti
esteriori/relazionali.
In ambito di responsabilità aquiliana ciò è
definitivamente chiarito dalle già
richiamate sentenze c.d. di San Martino
(Cass. Sez. U. 11/11/2008, nn. 26972-26975)
che, proprio con riferimento al danno non
patrimoniale, evidenziano come il sistema
fornisce una struttura dell'illecito «articolata
negli elementi costituiti dalla condotta,
dal nesso causale tra questa e l'evento
dannoso, e dal danno che da quello consegue
(danno-conseguenza)», essendo l'evento
dannoso rappresentato dalla «lesione
dell'interesse protetto».
Pertanto quel che rileva ai fini risarcitori
è il danno-conseguenza, «che deve essere
allegato e provato»; non è accettabile
la tesi che identifica il danno con l'evento
dannoso, ovvero come danno-evento, e
parimenti da disattendere è la tesi che
colloca il danno appunto in re ipsa,
perché così «snatura la funzione del
risarcimento, che verrebbe concesso non in
conseguenza dell'effettivo accertamento di
un danno, ma quale pena privata per un
comportamento lesivo».
Può peraltro al riguardo rammentarsi che già
Cass. Sez. U. 11/01/2008, n. 576, di poco
anteriore, in materia di responsabilità da
trasfusione di sangue infetto, avvertiva che
«il danno rileva ... sotto due profili
diversi: come evento lesivo e come insieme
di conseguenze risarcibili, retto il primo
dalla causalità materiale ed il secondo da
quella giuridica. Il danno oggetto
dell'obbligazione risarcitoria aquiliana è
... esclusivamente il danno conseguenza del
fatto lesivo (di cui è un elemento l'evento
lesivo). Se sussiste solo il fatto lesivo,
ma non vi è un danno-conseguenza, non vi è
l'obbligazione risarcitoria».
È ben vero che la prova del pregiudizio
(sofferto a causa della lesione del diritto
al normale svolgimento della vita familiare
all'interno della propria abitazione ed il
diritto alla libera e piena esplicazione
delle proprie abitudini di vita quotidiane
assolta conseguente alle immissioni
intollerabili) può —e anzi normalmente non
potrà che— essere fornita attraverso
presunzioni (come nel caso considerato da
Cass. 03/10/2018, n. 23754, ove si evidenzia
che il complessivo materiale probatorio
comprovava «un quadro sufficientemente
chiaro e completo dei disagi sofferti dalla
famiglia ..., con i trasferimenti fuori di
casa, le assenze a scuola dei figli e le
altre circostanze sopravvenute in dipendenza
della difficile vivibilità della casa»).
Ciò tuttavia è ben diverso dall'affermare
che il danno da immissioni intollerabili sia
da considerare in re ipsa.
Ed invero, una cosa è dire che il danno è
presunto (con inversione dell'onere della
prova, addossandosi al danneggiante quello
di provare il contrario), altra è dire che
può essere provato per presunzioni.
La «presunzione» del danno, in quest'ultima
corretta prospettiva, è solo il risultato
finale della valutazione da compiere ed
equivale a dire «convincimento basato su
ragionamento probatorio di tipo presuntivo,
ex art. 2729 cod. civ.», il quale però
non può mancare e deve poter essere
verificabile. Nel senso usato invece secondo
l'orientamento qui respinto, mancando
sovente ogni riferimento a tale necessario
passaggio logico intermedio, esso acquista
il diverso significato di mera regola di
giudizio che solleva (il «presunto»
danneggiato) dall'onere di fornire elementi
indiziari (diversi rispetto al mero fatto
lesivo) che possano giustificare quel
convincimento e pone piuttosto l'onere della
prova contraria a carico del «presunto»
danneggiante.
Mette conto al riguardo ancora soggiungere
che, in mancanza di allegazione e prova di
tali elementi indiziari, il riconoscimento
di un danno risarcibile comporta la
sovrapposizione tra danno-evento e
danno-conseguenza, con il che si trasmoda
dal «tradizionale danno compensativo/ripristinatorio»
a quello del risarcimento con funzione
punitiva in contrasto anche con l'ulteriore
intervento nomofilattico di Cass. Sez. U.
05/07/2017, n. 16601, che ha riconosciuto la
compatibilità del danno punitivo con
l'ordinamento ponendo però come limite
l'espressa sua previsione normativa, in
applicazione dell'art. 23 Cost..
Ogni elemento sanzionatorio che venga a
sostituire —in ultima analisi— quello
risarcitorio non può, dunque, derivare da
volontà del giudicante, bensì esige riserva
di legge (v. in tal senso, sia pure in
ambito di danno patrimoniale, ma alla
stregua di considerazioni certamente valide
anche, mutatis mutandis, nel presente
contesto, Cass. 04/12/2018, n. 31233;
25/05/2018, n. 13071).
Deve sul punto in conclusione affermarsi il
seguente principio di diritto:
il danno non
patrimoniale subito in conseguenza di
immissioni di rumore superiore alla normale
tollerabilità non può ritenersi sussistente
in re ipsa, atteso che tale concetto giunge
ad identificare il danno risarcibile con la
lesione del diritto (nella specie quello al
normale svolgimento della vita familiare
all'interno della propria abitazione ed alla
libera e piena esplicazione delle proprie
abitudini di vita quotidiane) ed a
configurare un vero e proprio danno
punitivo, per il quale non vi è copertura
normativa, ponendosi così in contrasto sia
con l'insegnamento delle Sezioni Unite della
S.C. (sent. n. 26972 del 2008) secondo il
quale quel che rileva ai fini risarcitori è
il danno-conseguenza, che deve essere
allegato e provato, sia con l'ulteriore e
più recente intervento nomofilattico (sent.
n. 16601 del 2017) che ha riconosciuto la
compatibilità del danno punitivo con
l'ordinamento solo nel caso di espressa sua
previsione normativa, in applicazione
dell'art. 23 Cost..
Ne consegue che il danneggiato che ne chieda
in giudizio il risarcimento è tenuto a
provare di aver subito un effettivo
pregiudizio in termini di disagi sofferti in
dipendenza della difficile vivibilità della
casa, potendosi a tal fine avvalersi anche
di presunzioni gravi, precise e concordanti,
sulla base però di elementi indiziari (da
allegare e provare da parte del preteso
danneggiato) diversi dal fatto in sé
dell'esistenza di immissioni di rumore
superiori alla normale tollerabilità.
La sentenza impugnata applica una regola di
giudizio evidentemente difforme da tale
principio e va pertanto, anche sul punto,
cassata, restando assorbito l'esame dei
restanti due motivi di ricorso. |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO - Disturbo alle occupazioni o al
riposo delle persone - Momento consumativo del reato - Unica
condotta rumorosa o di schiamazzo - Configurabilità - Natura
di reato eventualmente permanente - Art. 659, comma primo,
cod. pen. - Giurisprudenza.
La contravvenzione di cui all'art. 659,
comma primo, cod. pen., è reato solo eventualmente
permanente, che si può consumare anche con un'unica condotta
rumorosa o di schiamazzo recante, in determinate
circostanze, un effettivo disturbo alle occupazioni o al
riposo delle persone, in quanto non è necessaria la prova
che il rumore abbia concretamente molestato una platea più
diffusa di persone, essendo sufficiente l'idoneità del fatto
a disturbare un numero indeterminato di individui
(Sez. 3, n. 8351 del 24/06/2014, dep. 2015, Calvarese).
In definitiva, quindi, per l'integrazione
del reato è sufficiente l'idoneità della condotta ad
arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone, non
occorrendo l'effettivo disturbo alle stesse (in specie è
stata così ritenuta integrata la fattispecie a carico del
proprietario di cani, tenuti in un giardino recintato, che
non aveva impedito il loro continuo abbaiare, tale da
arrecare disturbo al riposo delle persone dimoranti in
abitazioni contigue)
(Sez. 1, n. 7748 del 24/01/2012, Giacomasso e altro).
Sì che la ricerca di una platea più diffusa
di persone che possano essere state effettivamente
disturbate riguarda l'intensità e la diffusività del danno,
non la sussistenza del reato. Nella specie, i rumori avevano
una potenzialità diffusa, ancorché solamente alcune persone
se ne potessero lamentare in concreto, anche a prescindere
comunque dal fatto che la sussistenza degli elementi
costitutivi del reato era fornita dalla stessa costituzione
di un comitato di cittadini della zona e dalle segnalazioni
degli abitanti.
...
INQUINAMENTO ACUSTICO - Reato di disturbo delle occupazioni
e del riposo delle persone - Responsabilità del gestore di
un pubblico esercizio - Schiamazzi provocati degli avventori
- Qualità di titolare della gestione dell'esercizio pubblico
- Obbligo giuridico di controllare - Art. 659 c.p..
Risponde del reato di disturbo delle
occupazioni e del riposo delle persone il gestore di un
pubblico esercizio (in specie, un locale di intrattenimento)
che non impedisca i continui schiamazzi provocati degli
avventori in sosta davanti al locale anche nelle ore
notturne, poiché al gestore è imposto l'obbligo giuridico di
controllare, anche con ricorso allo ius excludendi o
all'autorità, che la frequenza del locale da parte degli
utenti non sfoci in condotte contrastanti con le norme poste
a tutela dell'ordine e della tranquillità pubblica
(Sez. F, n. 34283 del 28/07/2015, Gallo; Sez. 1, n. 48122
del 03/12/2008, Baruffaldi).
Infatti la qualità di titolare della
gestione dell'esercizio pubblico comporta l'assunzione
dell'obbligo giuridico di controllare che la frequentazione
del locale da parte dei clienti non sfoci in condotte
contrastanti con le norme concernenti la polizia di
sicurezza (Sez. 1,
n. 16686 del 28/03/2003, Massazza) (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 02.07.2019 n. 28570 - link a www.ambientediritto.it). |
giugno 2019 |
|
AMBIENTE-ECOLOGIA: Quanto
alla legittimità dell’esercizio del particolare potere di ordinanza
sindacale contingibile e urgente delineato dall'art. 9 della legge
26.10.1995 n. 447 esso deve ritenersi "normalmente" consentito allorquando
gli appositi accertamenti tecnici effettuati dalle competenti agenzie
Regionali di Protezione Ambientale rivelino la presenza di un fenomeno di
inquinamento acustico, tenuto conto sia che quest'ultimo -ontologicamente
(per esplicita previsione dell'art. 2 della legge n. 447 del 1995)-
rappresenta una minaccia per la salute pubblica, sia che la legge quadro
sull'inquinamento acustico non configura alcun potere di intervento
amministrativo ordinario che consenta di ottenere il risultato
dell'immediato abbattimento delle emissioni sonore inquinanti.
In siffatto contesto normativo, l'accertata presenza di un fenomeno di
inquinamento acustico (pur se non coinvolgente l'intera collettività) appare
sufficiente a concretare l'eccezionale ed urgente necessità di intervenire a
tutela della salute pubblica con l'efficace strumento previsto soltanto
dall'art. 9, comma 1, della citata legge n. 447 del 1995.
Più in dettaglio e facendo applicazione dei principi enucleati dalla
giurisprudenza amministrativa in materia, si osserva che:
- l’art. 9, comma 1, della legge n. 447 del 1995 “non può essere
riduttivamente intesa come una mera (e, quindi, pleonastica) riproduzione,
nell'ambito della normativa di settore in tema di tutela dall'inquinamento
acustico, del generale potere di ordinanza contingibile ed urgente
tradizionalmente riconosciuto dal nostro ordinamento giuridico al Sindaco
(quale Ufficiale di Governo) in materia di sanità ed igiene pubblica, ma che
invece la stessa deve essere logicamente e sistematicamente interpretata nel
particolare significato che assume all'interno di una normativa dettata -in
attuazione del principio di tutela della salute dei cittadini previsto
dall'art. 32 della Costituzione- allo scopo primario di realizzare un
efficace contrasto al fenomeno dell'inquinamento acustico, tenendo nel
dovuto conto il fatto che la Legge n. 447/1995 (nell'art. 2 primo comma
lettera "a") ha ridefinito il concetto di inquinamento acustico,
qualificandolo come "l'introduzione di rumore nell'ambiente abitativo o
nell'ambiente esterno tale da provocare fastidio o disturbo al riposo ed
alle attività umane", sancendo espressamente che esso concreta (in ogni
caso) "un pericolo per la salute umana"”;
- conseguentemente, l'utilizzo del particolare potere di ordinanza
contingibile e urgente delineato dal menzionato art. 9 è legittimo laddove
ha a presupposto l’accertamento da parte delle competenti Agenzie Regionali
di Protezione Ambientale (nel caso di specie sussistente), effettuato sulla
base di appositi rilievi tecnici, di un fenomeno di inquinamento acustico;
- l'accertata presenza di detto fenomeno (pur se non coinvolgente
l'intera collettività, ma una singola persona o famiglia) giustifica il
ricorso allo strumento previsto dall'art. 9, comma 1, della legge n. 447 del
1995.
---------------
... per l'annullamento dell’ordinanza del Sindaco di San Benedetto del
Tronto n. 56 del 01.10.2018, notificata tramite PEC in data 02.10.2018,
avente ad oggetto “Ordinanza Sindacale ai sensi dell’art. 9 della Legge
n. 447/1995 – Inquinamento acustico prodotto da attività in Via ... a San
Benedetto del Tronto”, nonché di ogni atto conseguente, presupposto o
comunque connesso, anche non conosciuto, ivi inclusi:
...
3. Passando all’esame degli ulteriori motivi, essi sono infondati e vanno
respinti.
3.1. Quanto alla legittimità dell’esercizio del particolare potere di
ordinanza contingibile e urgente delineato dall'art. 9 della legge
26.10.1995 n. 447, il Collegio non ha motivo per discostarsi
-condividendolo- dall’orientamento secondo cui esso deve ritenersi "normalmente"
consentito allorquando gli appositi accertamenti tecnici effettuati dalle
competenti agenzie Regionali di Protezione Ambientale rivelino la presenza
di un fenomeno di inquinamento acustico, tenuto conto sia che quest'ultimo
-ontologicamente (per esplicita previsione dell'art. 2 della legge n. 447
del 1995)- rappresenta una minaccia per la salute pubblica, sia che la legge
quadro sull'inquinamento acustico non configura alcun potere di intervento
amministrativo ordinario che consenta di ottenere il risultato
dell'immediato abbattimento delle emissioni sonore inquinanti.
In siffatto contesto normativo, l'accertata presenza di un fenomeno di
inquinamento acustico (pur se non coinvolgente l'intera collettività) appare
sufficiente a concretare l'eccezionale ed urgente necessità di intervenire a
tutela della salute pubblica con l'efficace strumento previsto soltanto
dall'art. 9, comma 1, della citata legge n. 447 del 1995 (TAR Umbria-Perugia,
sez. I, 15.05.2015, n. 215; TAR Lombardia Brescia, sez. I, 30.08.2011, n.
1276; TAR Campania Napoli, sez. V, 06.07.2011, n. 3556).
Più in dettaglio e facendo applicazione dei principi enucleati dalla
giurisprudenza amministrativa in materia, si osserva che:
- l’art. 9, comma 1, della legge n. 447 del 1995 “non può essere
riduttivamente intesa come una mera (e, quindi, pleonastica) riproduzione,
nell'ambito della normativa di settore in tema di tutela dall'inquinamento
acustico, del generale potere di ordinanza contingibile ed urgente
tradizionalmente riconosciuto dal nostro ordinamento giuridico al Sindaco
(quale Ufficiale di Governo) in materia di sanità ed igiene pubblica, ma che
invece la stessa deve essere logicamente e sistematicamente interpretata nel
particolare significato che assume all'interno di una normativa dettata -in
attuazione del principio di tutela della salute dei cittadini previsto
dall'art. 32 della Costituzione- allo scopo primario di realizzare un
efficace contrasto al fenomeno dell'inquinamento acustico, tenendo nel
dovuto conto il fatto che la Legge n. 447/1995 (nell'art. 2 primo comma
lettera "a") ha ridefinito il concetto di inquinamento acustico,
qualificandolo come "l'introduzione di rumore nell'ambiente abitativo o
nell'ambiente esterno tale da provocare fastidio o disturbo al riposo ed
alle attività umane", sancendo espressamente che esso concreta (in ogni
caso) "un pericolo per la salute umana"” (testualmente, TAR Lombardia
Brescia, sentenza n. 1276 del 2011, citata);
- conseguentemente, l'utilizzo del particolare potere di ordinanza
contingibile e urgente delineato dal menzionato art. 9 è legittimo laddove
ha a presupposto l’accertamento da parte delle competenti Agenzie Regionali
di Protezione Ambientale (nel caso di specie sussistente), effettuato sulla
base di appositi rilievi tecnici, di un fenomeno di inquinamento acustico;
- l'accertata presenza di detto fenomeno (pur se non coinvolgente
l'intera collettività, ma una singola persona o famiglia) giustifica il
ricorso allo strumento previsto dall'art. 9, comma 1, della legge n. 447 del
1995 (sul punto, oltre alle sentenze innanzi richiamate, si segnalano
ulteriormente TAR Trento, sez. I, 29.01.2014, n. 19; TAR Piemonte-Torino,
sez. I, 05.04.2013, n. 422; TAR Lombardia Milano, sez. IV, 27.12.2007, n.
6819).
Facendo applicazione dei suesposti principi al caso in esame, va, dunque,
respinto il primo motivo di ricorso
(TAR Marche,
sentenza 26.06.2019 n. 435 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
maggio 2019 |
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AMBIENTE-ECOLOGIA: Danno
da rumore causato dal supermercato: sentenza della Cassazione.
L'evento di disturbo deve essere potenzialmente idoneo
ad essere risentito da un numero indeterminato di persone. Il fastidio non
deve essere limitato agli appartamenti attigui alla sorgente rumorosa o agli
abitanti dell'appartamento sovrastante o sottostante alla fonte di
propagazione.
---------------
1. Il primo ed il secondo motivo di ricorso, per come
articolati, non sono inammissibili; sono infondati il terzo ed il quarto
motivo di ricorso, per le ragioni che seguono.
1.1. Dal contenuto della motivazione deve ritenersi che la condanna sia
stata pronunciata per la contravvenzione di cui al comma 1 dell'art. 659
cod. pen.
La condotta sanzionata dal secondo comma dell'art. 659 cod. pen. è soltanto
quella costituita dalla violazione delle disposizioni della legge o delle
prescrizioni dell'autorità che disciplinano l'esercizio della professione o
del mestiere, mentre l'emissione di rumori eccedenti la normale
tollerabilità ed idonei a disturbare le occupazioni o il riposo delle
persone rientra nella previsione del comma 1, indipendentemente dalla fonte
sonora dalla quale i rumori provengono, quindi anche nel caso in cui l'abuso
si concretizzi in un uso smodato dei mezzi tipici di esercizio della
professione o del mestiere rumoroso.
1.2. Il disturbo della pubblica quiete può essere causato esorbitando dal
normale esercizio di una determinata attività con condotte concretamente
idonee a disturbare il riposo e le occupazioni di un numero indeterminato di
persone.
I concetti di rumori eccedenti la normale tollerabilità ed idonei a
disturbare le occupazioni o il riposo delle persone, oggetto dell'art. 659
comma 1 cod. pen., sono diversi dai limiti massimi o differenziali di
emissione del rumore il cui superamento integra l'illecito amministrativo di
cui all'art. 10, comma secondo, della legge 26.10.1995, n. 447.
Per la ricostruzione dell'ambito applicativo dell'art. 659, comma 1, del
comma 2 dell'art. 659 cod. pen. e dell'art. 10, comma secondo, della legge
26.10.1995, n. 447, può richiamarsi Cass. Sez. 3, n. 11031 del 05/02/2015,
Rv. 263433, Montoli e altro.
1.3. Nel reato previsto dall'art. 659 cod. pen. l'oggetto della tutela
penale è dato dall'interesse dello Stato alla salvaguardia dell'ordine
pubblico, considerato nel particolare aspetto della tranquillità pubblica,
consistente in quella condizione psicologica collettiva, inerente
all'assenza di perturbamento e di molestia nel corpo sociale.
Il bene giuridico protetto viene offeso dal disturbo delle occupazioni e del
riposo delle persone, cagionato mediante rumori, e cioè da suoni intensi e
prolungati, di qualunque specie e natura, atti a determinare il turbamento
della tranquillità pubblica, o da schiamazzi.
1.4. Secondo la giurisprudenza, invero, per integrare il reato di cui
all'art. 659, comma 1, è necessario che il fastidio non sia limitato agli
appartamenti attigui alla sorgente rumorosa (Sez. 3, 13.05.2014, n. 23529,
Ioniez, Rv. 259194), o agli abitanti dell'appartamento sovrastante o
sottostante alla fonte di propagazione (Sez. 1, 14.10.2013, n. 45616,
Virgillito, Rv. 257345), occorrendo invece la prova che la propagazione
delle onde sonore sia estesa quanto meno ad una consistente parte degli
occupanti l'edificio, in modo da avere una diffusa attitudine offensiva ed
una idoneità a turbare la pubblica quiete.
La rilevanza penale della condotta produttiva di rumori, censurati come
fonte di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, richiede
l'incidenza sulla tranquillità pubblica, in quanto l'interesse tutelato dal
legislatore è la pubblica quiete, sicché i rumori devono avere una tale
diffusività che l'evento di disturbo sia potenzialmente idoneo ad essere
risentito da un numero indeterminato di persone, pur se poi concretamente
solo taluna se ne possa lamentare (Cass. Sez. 1, 29.11.2011, n. 47298, lori,
Rv. 251406; Sez. 3, 27.01.2015, n. 7912, Contino).
1.5. Tanto premesso, deve rilevarsi che dalla sentenza impugnata risulta che
le fonti di rumore fossero costituite in origine dall'attività
dell'esercizio commerciale, quindi a partire dalla loro installazione, dai
frigoriferi esterni, rimossi nel settembre 2012. Secondo la sentenza, pagina
2, anche dopo la rimozione dei frigoriferi esterni le immissioni sonore non
erano state neutralizzate; nel novembre del 2012 si accertò il superamento
dei limiti per le emissioni sonore da parte dei frigoriferi interni. Tale
ultima fonte rumorosa fu neutralizzata nell'aprile del 2013.
1.6. Deve però rilevarsi che non risulta motivato il requisito della
diffusività; come già indicato, l'evento di disturbo deve essere
potenzialmente idoneo ad essere risentito da un numero indeterminato di
persone. Il fastidio non deve essere limitato agli appartamenti attigui alla
sorgente rumorosa o agli abitanti dell'appartamento sovrastante o
sottostante alla fonte di propagazione.
Dalla sentenza emerge che il disturbo è stato di fatto percepito solo da due
famiglie, quella di Po.Al. e quella di Mo.; dal provvedimento
impugnato risulta che l'indicazione delle altre famiglie che avrebbero
riferito di subire le immissioni sonore è avvenuta senza neanche indicare
con precisione la fonte dell'informazione
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 22.05.2019 n. 22459). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO - Immissioni rumorose - Disturbo della
pubblica quiete - Verifica del superamento della soglia
della normale tollerabilità - Elementi probatori -
Dichiarazioni.
La verifica del superamento della soglia
della normale tollerabilità non deve essere necessariamente
effettuato mediante perizia o consulenza tecnica, ben
potendo il giudice fondare il suo convincimento in ordine
alla sussistenza di un fenomeno in grado di arrecare
oggettivamente disturbo della pubblica quiete su elementi
probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di
coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e
gli effetti dei rumori percepiti, occorrendo, ciò nondimeno
accertare la diffusa capacità offensiva del rumore in
relazione al caso concreto.
...
INQUINAMENTO ACUSTICO - Attività di un bar regolarmente
autorizzato dall'autorità amministrativa - Esercizio di un "mestiere
rumoroso" - Disturbo delle occupazioni e del riposo
delle persone - Piano di zonizzazione acustica - Calcolo dei
cd. limiti differenziali - Contenuto del documento unico
attività produttive (DUAP) - Fattispecie - Giurisprudenza.
In tema di disturbo delle occupazioni e
del riposo delle persone, l'attività di un bar regolarmente
autorizzato dall'autorità amministrativa a rimanere aperto
fino a tarda notte e all'uso di strumenti musicali e di
diffusione sonora, va classificata come esercizio di un
"mestiere rumoroso", in quanto l'uso di tali strumenti è
strettamente connesso e necessario all'esercizio
dell'attività autorizzata, con la conseguenza che il
superamento, mediante gli strumenti stessi, dei limiti
massimi o differenziali di emissione del rumore integra
l'illecito amministrativo di cui all'art. 10, comma 2, l.
26.10.1995, n. 447
(Sez. 3, n. 34920 del 11/06/2015 - dep. 18/08/2015,
Masselli).
Nella fattispecie, tuttavia, non risulta
che il bar fosse stato autorizzato dall'autorità
amministrativa a rimanere aperto fino a tarda notte e
all'uso di strumenti musicali e di diffusione sonora, di
talché l'attività svolta da detto bar non è classificabile
come esercizio di un "mestiere rumoroso", con conseguente
applicazione della fattispecie di cui al comma 1 dell'art.
659 cod. pen..
Difatti nel DUAP, nell'ambito delle attività di
somministrazione di alimenti e di bevande del locale, non
era stata indicata anche l'emissione sonora effettuata
tramite strumentazione meccanica e casse acustiche con la
prescritta predisposizione della documentazione di impatto
acustico.
...
INQUINAMENTO ACUSTICO - Bene tutelato dall'art. 659 cod.
pen. - Nozione di quiete pubblica - Configurabilità del
reato - Diffusività dell'evento di disturbo.
Il bene tutelato dall'art. 659 cod. pen.
è rappresentato dalla quiete pubblica, la quale implica di
per sé l'assenza di disturbo per la pluralità dei
consociati, per la sussistenza del reato è necessario che i
rumori abbiano una tale diffusività che l'evento di disturbo
sia idoneo ad essere risentito dalla collettività, in tale
accezione ricomprendendosi ovviamente il novero dei soggetti
che si trovino nell'ambiente o, comunque, in zone limitrofe
alla provenienza della fonte sonora, atteso che la
valutazione circa l'entità del fenomeno rumoroso va fatta in
relazione alla sensibilità media del gruppo sociale in cui
il fenomeno stesso si verifica.
...
INQUINAMENTO ACUSTICO - Società in accomandita semplice -
Responsabilità ex art. 659 cod. pen. - Individuazione.
Nelle società in accomandita semplice,
per il reato di cui all'art. 659 cod. pen., la
responsabilità della società spetta al socio accomandatario
al quale è stata conferita l'amministrazione della società
e, quindi, la rappresentanza nei rapporti con i terzi (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 07.05.2019 n. 19230 - link a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Rumore.
Superamento della normale tollerabilità: non è sempre necessaria una
perizia.
In tema di inquinamento acustico, la verifica del
superamento della soglia della normale tollerabilità non deve essere
necessariamente effettuato mediante perizia o consulenza tecnica, ben
potendo il giudice fondare il suo convincimento in ordine alla sussistenza
di un fenomeno in grado di arrecare oggettivamente disturbo della pubblica
quiete su elementi probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di
coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei
rumori percepiti, occorrendo, ciò nondimeno, accertare la diffusa capacità
offensiva del rumore in relazione al caso concreto
(massima tratta da www.tuttoambiente.it).
---------------
3. Il secondo e il terzo motivo, che possono essere esaminati
congiuntamente stante la stretta correlazione logica e giuridica delle
questioni dedotte, sono infondati.
3.1. Invero, in tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle
persone, l'attività di un bar regolarmente autorizzato dall'autorità
amministrativa a rimanere aperto fino a tarda notte e all'uso di strumenti
musicali e di diffusione sonora, va classificata come esercizio di un "mestiere
rumoroso", in quanto l'uso di tali strumenti è strettamente connesso e
necessario all'esercizio dell'attività autorizzata, con la conseguenza che
il superamento, mediante gli strumenti stessi, dei limiti massimi o
differenziali di emissione del rumore integra l'illecito amministrativo di
cui all'art. 10, comma 2, l. 26.10.1995, n. 447 (così, da ultimo, Sez. 3, n.
34920 del 11/06/2015 - dep. 18/08/2015, Masselli, Rv. 264739).
Nel caso in esame, tuttavia, non risulta che il bar fosse stato autorizzato
dall'autorità amministrativa a rimanere aperto fino a tarda notte e all'uso
di strumenti musicali e di diffusione sonora, di talché l'attività svolta da
detto bar non è classificabile come esercizio di un "mestiere rumoroso",
con conseguente applicazione della fattispecie di cui al comma 1 dell'art.
659 cod. pen.; e difatti il Tribunale ha correttamente osservato che nel
DUAP, nell'ambito delle attività di somministrazione di alimenti e di
bevande del locale, non era stata indicata anche l'emissione sonora
effettuata tramite strumentazione meccanica e casse acustiche con la
prescritta predisposizione della documentazione di impatto acustico.
3.2. A tal proposito, non rileva nemmeno l'invocata disciplina regionale di
cui agli artt. 22, 23 e 28 l.r. Sardegna n. 5 del 2006; invero, è dirimente
osservare che l'art. 28, al comma 3, stabilisce espressamente quanto segue:
"resta inteso che l'esercizio delle attività del comma 2" -che
contempla, ai fini che qui rilevano, l'effettuazione di piccoli
trattenimenti musicali senza ballo"-, "deve necessariamente avvenire nel
rispetto di tutte le disposizioni vigenti, in quanto applicabili, ed in
particolare di quelle in materia (...) di inquinamento acustico".
Stante il chiaro dettato letterale della norma, è perciò evidente che i "piccoli
trattenimenti musicali" non possono derogare alla disciplina dettata dal
comma 1 dell'art. 659 cod. pen.
4. Il quarto motivo è infondato.
Invero, poiché il bene tutelato dalla fattispecie in esame è rappresentato
dalla quiete pubblica, la quale implica di per sé l'assenza di disturbo per
la pluralità dei consociati, per la sussistenza del reato è necessario che i
rumori abbiano una tale diffusività che l'evento di disturbo sia idoneo ad
essere risentito dalla collettività, in tale accezione ricomprendendosi
ovviamente il novero dei soggetti che si trovino nell'ambiente o, comunque,
in zone limitrofe alla provenienza della fonte sonora, atteso che la
valutazione circa l'entità del fenomeno rumoroso va fatta in relazione alla
sensibilità media del gruppo sociale in cui il fenomeno stesso si verifica.
Il Tribunale ha, perciò, ritenuto la sussistenza del reato, desumendolo
dalla diffusività del rumore, ben percepibile al di fuori dell'edificio da
cui proveniva, anche in pieno orario notturno, arrecando così disturbo al
riposo di un numero indeterminato di persone: non solo le due persone offese
che abitano nell'appartamento sopra il bar (che, proprio per la contiguità
tra i due edifici, erano maggiormente esposte all'inquinamento acustico in
orario notturno), ma anche chi abita nelle vicinanze, essendo l'esercizio
pubblico ubicato non in un luogo isolato, ma in una zona centrale della
città, come emerge dalla sentenza impugnata (p. 4) (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 07.05.2019 n. 19230). |
aprile 2019 |
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AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ATMOSFERICO - Aria - Emissioni in atmosfera -
Condotta di esercizio abusivo di attività produttiva di
emissioni in atmosfera - Artt. 256 e 279, d.lgs. n. 152/2006
- Fattispecie: esercizio di attività di lavorazione marmi e
ceramica, in assenza di autorizzazione alle emissioni in
atmosfera - Violazione delle semplici prescrizioni
autorizzative - Possesso dell'autorizzazione - Sanzione
amministrativa.
La condotta di esercizio abusivo di
attività produttiva di emissioni in atmosfera, è una
condotta prevista e punita dal comma 1 dell'art. 279, d.Lgs.
n. 152 del 2006, in quanto tale costituente tutt'ora reato,
laddove invece, il richiamo alla sanzionabilità
amministrativa, previsto dal comma 2-bis della citata
disposizione, è relativo alla sola violazione delle semplici
prescrizioni autorizzative, che evidentemente presuppongo il
possesso dell'autorizzazione, situazione non ravvisabile nel
caso di specie, in cui l'attività veniva svolta senza
l'autorizzazione prevista dalla legge.
Trova, quindi, applicazione il principio per cui la
contravvenzione prevista dall'art. 279, comma 1, del d.lgs.
03.04.2006, n. 152 è un reato proprio riferibile al "gestore
dell'attività" da cui provengono le emissioni, quale
soggetto obbligato a richiedere l'autorizzazione ai sensi
dell'art. 269 del citato d.lgs. n. 152 del 2006 (Corte
di Cassazione, Sez. VII penale,
ordinanza 17.04.2019 n. 16669 - link a www.ambientediritto.it). |
gennaio 2019 |
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AMBIENTE-ECOLOGIA - VARI: Il
locale notturno ha licenza di suonare.
Il comune non può ordinare la chiusura di un pubblico esercizio notturno
solo perché ritenuto rumoroso. Specialmente se si tratta di un locale
posizionato lontano dalle abitazioni in una zona industriale che ha
solamente ecceduto con il volume musicale.
Lo ha stabilito il TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, con la
sentenza 26.01.2019 n. 85.
Il comune di Bergamo ha accertato che un lounge bar posizionato nei pressi
dell'aeroporto e conosciuto per l'intrattenimento serale e notturno ha
ecceduto con il volume musicale e per questo motivo ha ordinato la chiusura
anticipata del locale alle 00,30. Praticamente dichiarando la cessazione
dell'attività.
Contro questa severa determinazione l'interessato ha proposto
doglianze al collegio evidenziando che nel locale non si sono mai verificati
episodi di cronaca o altre irregolarità e che l'unica violazione contestata
è stata quella del volume musicale.
Il Tar ha accolto le censure
dell'imprenditore evidenziando che la determinazione comunale è eccessiva e
sproporzionata. Al massimo si sarebbe potuto ordinare all'esercente di
adottare limitazioni alle immissioni sonore. Non certo disporre la chiusura
anticipata del bar
(articolo ItaliaOggi Sette del 25.03.2019). |
marzo 2018 |
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AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO - Emissioni rumorose -
Sfogo con impeti iracondi - Reato di cui all'art. 659 c.p. -
Natura di reato di pericolo presunto - Potenziale disturbo
delle occupazioni o il riposo di un numero indiscriminato di
persone - Reato di cui all'art. 659 c.p. - Configurabilità -
Giurisprudenza.
Il reato di cui all'art. 659, comma 1 cod. pen. si configura
come reato di pericolo presunto, occorrendo ai fini del
perfezionamento della fattispecie criminosa che le emissioni
sonore siano potenzialmente idonee a disturbare le
occupazioni o il riposo di un numero indiscriminato di
persone secondo il parametro della normale tollerabilità,
indipendentemente da quanti se ne possano in concreto
lamentare (Cass. Sez. 1, n. 7748, 28/02/2012; Sez. 1, n.
44905, 02/12/2011, Sez. 1, n. 246, 07/01/2008; Sez. 1, n.
40393, 14/10/2004; Sez. 3, n. 27366, 06/07/2001; Sez. 1, n.
1284, 13/02/1997; Sez. 1, n. 12418, 17/12/1994).
Essendo invero l'interesse tutelato dal legislatore quello
della pubblica quiete, la quale implica di per sé l'assenza
di disturbo per la pluralità dei consociati, è necessario
che i rumori abbiano una tale diffusività che l'evento di
disturbo sia potenzialmente idoneo ad essere risentito dalla
collettività, in tale accezione ricomprendendosi ovviamente
il novero dei soggetti che si trovino nell'ambiente o
comunque in zone limitrofe alla provenienza della fonte
sonora, atteso che la valutazione circa l'entità del
fenomeno rumoroso va fatta in relazione alla sensibilità
media del gruppo sociale in cui il fenomeno stesso si
verifica (Sez. 3, n. 3678 del 01/12/2005 - dep. 31/01/2006,
Giusti).
Fattispecie: configurabilità del reato ex art. 659 c.p. per
avere mediante rumori, urla e schiamazzi durante l'orario
notturno all'interno di un edificio condominiale disturbato
il riposo dei condomini.
INQUINAMENTO ACUSTICO - Disturbo della
pubblica quiete - Verifica del superamento della soglia
della normale tollerabilità - Necessità di perizia o
consulenza tecnica - Esclusione.
In ordine all'accertamento della fattispecie criminosa, di
cui all'art. 659 c.p., non è necessario che la verifica del
superamento della soglia della normale tollerabilità sia
effettuato mediante perizia o consulenza tecnica, ben
potendo il giudice fondare il suo convincimento in ordine
alla sussistenza di un fenomeno in grado di arrecare
oggettivamente disturbo della pubblica quiete su elementi
probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di
coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e
gli effetti dei rumori percepiti, (Cass. Sez. 1, n. 20954
del 18/01/2011 - dep. 25/05/2011, Torna), occorrendo ciò
nondimeno accertare la diffusa capacità offensiva del rumore
in relazione al caso concreto (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 01.03.2018 n. 9361 - link a
www.ambientediritto.it). |
febbraio 2018 |
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AMBIENTE-ECOLOGIA: La
strada non può diventare un bar.
La strada non può diventare un bar. Troppi avventori lasciati in strada a
consumare bevande alcoliche con musica, rumori e disagio conclamato per i
residenti determinano un grave pregiudizio per l'ordine ed il decoro urbano.
E alla fine il conto lo pagano tutti.
Lo ha evidenziato il TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. II, con la
sentenza
26.02.2018 n. 188.
Il comune di Bologna ha ordinato ad un esercente di limitare i rumori e gli
assembramenti in prossimità del esercizio pubblico, meta abituale di persone
particolarmente rumorose e negligenti. Contro questa decisione l'interessato
ha proposto censure al collegio ma senza successo.
L'ordinanza sindacale adottata ai sensi dell'art. 50 del tuel è giustamente
finalizzata al ripristino delle normali condizioni di vivibilità di un'area
urbana deturpata da un uso smodato del territorio.
Gli avventori del locale, infatti, oltre ad occupare strada e marciapiedi
impedendo anche il transito veicolare con il rumore impediscono da anni il
riposo dei residenti.
Per questo motivo il Tar non si è limitato a rigettare il ricorso.
Ma ha anche trasferito gli atti sia all'Ispettorato del lavoro, alla
Prefettura e alla Procura per le necessarie opportune valutazioni
conseguenti (articolo
ItaliaOggi Sette del 19.03.2018). |
settembre 2017 |
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AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA:
B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 37 del 14.09.2017, "Pubblicazione
ai sensi dell’articolo 5 del regolamento regionale
21.01.2000, n. 1, dei nominativi e degli estremi dei
provvedimenti di riconoscimento di tecnico competente in
acustica ambientale alla data del 31.08.2017, in attuazione
dell’articolo 2, commi 6 e 7, della legge 26.10.1995, n. 447
e della deliberazione di Giunta regionale 06.08.2012, n. IX/3935"
(comunicato
regionale 05.09.2017 n. 139). |
EDILIZIA PRIVATA:
B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 37 del 14.09.2017, "Pubblicazione
dell’elenco, istituito con d.d.u.o. 21.04.2017, n. 4578,
dei membri di indicazione regionale per le commissioni
d’esame dei corsi in acustica di cui al d.lgs. 17.02.2017,
n. 42, allegato 2, parte b, punto 2. Aggiornamento al
31.08.2017" (comunicato
regionale 05.09.2017 n. 138). |
marzo 2017 |
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AMBIENTE-ECOLOGIA -
COMPETENZE GESTIONALI: Ai
sensi dell’art. 9 l. 26.10.1995, n. 447 spetta al sindaco e
non ai dirigenti comunali, la competenza ad adottare
ordinanze per il contenimento o l’abbattimento delle
emissioni sonore, compresa l’inibotoria totale o parziale di
determinate attività trattandosi di potere analogo a quello
attribuito allo stesso sindaco dagli artt. 50 e 54 Tuel.
----------------
... per l'annullamento dell'ordinanza comunale n. 62/16 di
cessazione delle emissioni sonore prodotte dalle attività
indagate generate nel pubblico esercizio ga.in.bi..
...
Con ricorso la Ga.ea. s.r.l. chiedeva di annullare
l’ordinanza inquinamento acustico descritta in ricorso con
cui veniva ordinato alla ricorrente la cessazione delle
emissioni sonore prodotte dalle attività indagate, generate
nel pubblico esercizio Ga.In.Bi., nonché di tutti gli atti
presupposti indicati in ricorso.
Si costituiva il comune resistente chiedendo di rigettare il
ricorso.
Il ricorso proposto deve trovare accoglimento come già
evidenziato in sede di ordinanza cautelare emessa in corso
di giudizio.
Come da prevalente orientamento della giurisprudenza
amministrativa, ai sensi dell’art. 9 l. 26.10.1995, n. 447
spetta al sindaco e non ai dirigenti comunali, la competenza
ad adottare ordinanze per il contenimento o l’abbattimento
delle emissioni sonore, compresa l’inibotoria totale o
parziale di determinate attività trattandosi di potere
analogo a quello attribuito allo stesso sindaco dagli artt.
50 e 54 Tuel (cfr. Tar Venezia n. 377/2015; Tar Latina,
210/2014; Tar Torino 708/2013; Tar Potenza 156/2017). Deve
infatti ritenersi che il provvedimento in questione non
rientri tra i poteri ordinari di controllo in materia di
inquinamento acustico ma consista in un provvedimento
contingibile e urgente di competenza del sindaco.
Il vizio in questione ha carattere assorbente e comporta
l’annullamento dell’atto, sono ovviamente salvi gli
ulteriori atti della pubblica amministrazione relativi a
differenti vizi o problematiche relativi alla gestione
dell’attività
(TAR Calabria-Catanzaro, Sez. II,
sentenza 07.03.2017 n. 382 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
febbraio 2017 |
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AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO - RUMORE - Disturbo delle
occupazioni o del riposo delle persone - Natura di reato di
pericolo presunto - Prova dell'effettivo disturbo di più
persone - Esclusione della perizia o consulenza tecnica -
Superamento della soglia della normale tollerabilità -
Configurabilità del reato di cui all’art. 659 cod. pen. -
Giurisprudenza - Fattispecie.
In tema di disturbo delle occupazioni o del riposo delle
persone, l'affermazione di responsabilità per la fattispecie
di cui all’art.659 cod. pen., non implica, attesa la natura
di reato di pericolo presunto, la prova dell'effettivo
disturbo di più persone, essendo sufficiente l'idoneità
della condotta a disturbarne un numero indeterminato (Cass.,
Sez. 3, n. 8351 del 24/06/2014, Calvarese).
Sicché, l'attitudine dei rumori a disturbare il riposo o le
occupazioni delle persone non va necessariamente accertata
mediante perizia o consulenza tecnica, di tal ché il Giudice
ben può fondare il proprio convincimento su elementi
probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di
coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e
gli effetti dei rumori percepiti, sì che risulti
oggettivamente superata la soglia della normale
tollerabilità (Cass., Sez. 3, n. 11031 del 05/02/2015,
Montali, a mente della quale in tema di disturbo delle
occupazioni e del riposo delle persone, l'effettiva idoneità
delle emissioni sonore ad arrecare pregiudizio ad un numero
indeterminato di persone costituisce un accertamento di
fatto rimesso all'apprezzamento del giudice di merito, il
quale non è tenuto a basarsi esclusivamente
sull'espletamento di specifiche indagini tecniche, ben
potendo fondare il proprio convincimento su altri elementi
probatori in grado di dimostrare la sussistenza di un
fenomeno in grado di arrecare oggettivamente disturbo della
pubblica quiete (fattispecie: disturbo al riposo ed alle
occupazioni dei vicini, non impedendo ai propri due cani di
latrare ed abbaiare di giorno e di notte) (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 07.02.2017 n. 5613
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gennaio 2017 |
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AMBIENTE-ECOLOGIA:
RUMORE - INQUINAMENTO ACUSTICO - Accertamento
della intollerabilità delle immissioni rumorose - Criterio
valutabile caso per caso o criterio comparativo - Situazione
ambientale - Poteri del giudice di merito - Accorgimenti
idonei o tecnici per ridurre le immissioni - Artt. 844, 2043
e 1226 c.c. - Giurisprudenza.
Il limite di tollerabilità delle immissioni rumorose non è,
invero, mai assoluto, ma relativo proprio alla situazione
ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le
caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti, e
non può prescindere dalla rumorosità di fondo, ossia dalla
fascia rumorosa costante, sulla quale vengono ad innestarsi
i rumori denunciati come immissioni abnormi (c.d. criterio
comparativo), sicché la valutazione ex art. 844 c.c.,
diretta a stabilire se i rumori restino compresi o meno nei
limiti della norma, deve essere riferita, da un lato, alla
sensibilità dell'uomo medio e, dall'altro, alla situazione
locale.
Spetta, pertanto, al giudice di merito accertare in concreto
il superamento della normale tollerabilità e individuare gli
accorgimenti idonei a ricondurre le immissioni nell'ambito
della stessa, supponendo tale accertamento un'indagine di
fatto, sicché nel giudizio di legittimità non può chiedersi
alla Corte di Cassazione di prendere direttamente in esame
l'intensità, la durata, o la frequenza dei suoni o delle
emissioni per sollecitarne una diversa valutazione di
sopportabilità (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 17051 del
05/08/2011; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3438 del 12/02/2010;
Cass. Sez. 2, Sentenza n. 17281 del 25/08/2005).
INQUINAMENTO ACUSTICO - RUMORE - Livello
di normale tollerabilità previsto dall'art. 844 c.c. -
Accertamento e mezzi di prova esperibili - Accertamenti di
natura tecnica e prova testimoniale.
I mezzi di prova esperibili per accertare il livello di
normale tollerabilità previsto dall'art. 844 c.c.
costituiscono tipicamente accertamenti di natura tecnica,
che vengono di regola compiuti mediante apposita consulenza
tecnica d'ufficio con funzione "percipiente", in
quanto soltanto un esperto è in grado di accertare, per
mezzo delle conoscenze e degli strumenti di cui dispone,
l'intensità dei suoni o delle emissioni di vapori o gas,
nonché il loro grado di sopportabilità per le persone.
Mentre, in tale materia, la prova testimoniale rimane
ammissibile soltanto quando verta su fatti caduti sotto la
diretta percezione sensoriale dei deponenti, e non si riveli
espressione di giudizi valutativi (come tali vietati ai
testi: cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1245 del 04/03/1981;
Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2166 del 31/01/2006).
INQUINAMENTO ACUSTICO - RUMORE -
Immissioni sonore - Modalità di rilevamento e intensità dei
rumori - Protezione della salute pubblica - Art. 659 c.p.
(Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone) art.
674 c.p. (Getto pericoloso di cose).
In tema di immissioni sonore, le disposizioni dettate, con
riguardo alle modalità di rilevamento o all'intensità dei
rumori, da leggi speciali o regolamenti perseguono finalità
di carattere pubblico, operando nei rapporti fra i privati e
la P.A. sulla base di parametri meno rigorosi di quelli
applicabili nei singoli casi ai sensi dell'art. 844 c.c., e
non regolano, quindi, direttamente i rapporti tra i privati
proprietari di fondi vicini, per i quali vige la disciplina
dell'art. 844 c.c., disciplina che, nel fissare i criteri a
cui il giudice di merito deve attenersi, rimette al suo
prudente apprezzamento il giudizio sulla tollerabilità delle
stesse (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6223 del 29/04/2002; Cass.
Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 2319 del 01/02/2011; Cass. Sez. 2,
Sentenza n. 10735 del 03/08/2001; Cass. Sez. 2, Sentenza n.
5697 del 18/04/2001; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 939 del
17/01/2011).
Sicché, i criteri dettati dal d.m. 16.03.1998 attengono, al
superamento dei valori limite differenziali di immissione di
rumore nell'esercizio o nell'impiego di sorgente di
emissioni sonore, di cui all'art. 6, comma 2, della legge
26.10.1995, n. 447, e sono volti a proteggere la salute
pubblica mediante predisposizione di apposito illecito
amministrativo (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 28386 del
22/12/2011; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 26738 del 13/12/2006).
RISARCIMENTO DEL DANNO - Risarcimento
del danno non patrimoniale conseguente ad immissioni
illecite - Danno biologico.
Il danno non patrimoniale conseguente ad immissioni illecite
è risarcibile indipendentemente dalla sussistenza di un
danno biologico documentato quando sia riferibile alla
lesione del diritto al normale svolgimento della vita
familiare all'interno della propria abitazione e del diritto
alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di
vita quotidiane, trattandosi di diritti costituzionalmente
garantiti, la cui tutela è ulteriormente rafforzata
dall'art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo,
norma alla quale il giudice interno è tenuto ad uniformarsi
a seguito della cd. "comunitarizzazione" della Cedu
(Cass. Sez. 3, Sentenza n. 20927 del 16/10/2015; Cass. Sez.
3, Sentenza n. 26899 del 19/12/2014) (Corte
di cassazione, Sez. II civile,
sentenza 20.01.2017 n. 1606
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aprile 2016 |
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AMBIENTE-ECOLOGIA - ATTI AMMINISTRATIVI -
CONDOMINIO:
Climatizzatori, l'Arpa deve comunicare i dati sul
rumore.
Fuori i decibel dell'impianto «fracassone»,
nero su bianco. Il singolo condomino ha
diritto di conoscere dall'Agenzia regionale
che tutela l'ecosistema a quanto ammontano
le immissioni sonore prodotte dell'impianto
di condizionamento dell'aria attivo nello
stabile: si tratta infatti di una vera e
propria informazione ambientale, in base
alla direttiva Ue recepita in Italia con il
decreto legislativo 195/2005, che ha una
portata più ampia rispetto alla mera
normativa sulla trasparenza di cui agli
articoli 22 e seguenti della legge 241/1990.
È quanto emerge dalla
sentenza 04.04.2016 n. 4018,
pubblicata dalla Sez. I-ter del TAR
Lazio-Roma.
Interesse qualificato.
L'impianto rumoroso è al servizio di alcuni
negozi. E ora l'Agenzia di protezione
ambientale ha trenta giorni di tempo per
fornire al condomino i dati che ha rilevato
sul frastuono prodotto dal climatizzatore.
La norma ex articolo 3, comma 1, del decreto
legislativo 195/2005 parla chiaro: «L'autorità
pubblica rende disponibile l'informazione
ambientale detenuta a chiunque ne faccia
richiesta, senza che questi debba dichiarare
il proprio interesse».
Nel nostro caso non c'è dubbio che il
condomino sia invece portatore di un
interesse qualificato: anzitutto perché che
vive nello stabile e poi perché le
rilevazioni Arpa sono state compiute proprio
dall'appartamento di sua proprietà
esclusiva.
Né la richiesta può ritenersi irragionevole:
si tratta di informazioni di competenza
sulle misure che deve adottare l'Agenzia.
Che dunque paga le spese di lite (articolo
ItaliaOggi Sette del 25.04.2016).
---------------
MASSIMA
... per l'annullamento del silenzio-diniego sulla
richiesta di accesso ai documenti
amministrativi.
...
Con il presente ricorso, proposto ai sensi
dell'art. 116 c.p.a., la ricorrente contesta
il silenzio serbato dall'ARPA Lazio sulla
propria istanza di accesso a documenti
rilevanti in tema di accertamento delle
immissioni sonore provocate dall’impianto di
condizionamento all’interno del condominio
di via ... n. 26.
In primo luogo occorrere premettere che,
secondo il disposto dell'art. 3, comma 1,
del D.Lgs. n. 195/2005, “l'autorità
pubblica rende disponibile... l'informazione
ambientale detenuta a chiunque ne faccia
richiesta, senza che questi debba dichiarare
il proprio interesse”.
Da ciò deriva che l'accesso alle
informazioni ambientali ha una portata ben
più ampia rispetto a quello ai sensi degli
artt. 22 e ss. della legge n. 241/1990.
Deve poi aggiungersi che la ricorrente è
residente all’interno dello stesso
condominio e gli accertamenti risultano
eseguiti proprio nella abitazione ove abita
la ricorrente.
È evidente, dunque, che si tratta di "informazioni
ambientali" e che la odierna ricorrente
risulti portatrice di un interesse
giuridicamente qualificato all’ottenimento
della richiesta documentazione.
Va inoltre considerato che l'oggetto della
richiesta di accesso è puntualmente
indicato, per cui allo stesso non osta
l'impedimento di cui all'art. 5, comma 1,
lett. c), del d.lgs. n. 195/2005,
rappresentato dalla sua eccessiva
genericità.
Né può ritenersi che tale istanza sia
irragionevole rispetto alle finalità di cui
all'art. 1: si tratta di atti recanti
informazioni ambientali relative
all'adozione di misure, di competenza
dell'interpellata ARPA Lazio.
Infine non si rinviene alcuna delle ragioni
di riservatezza individuate all’art. 5
D.Lgs. 195/2005.
Ne deriva che il ricorso è fondato e deve
essere accolto, con obbligo di ostensione,
mediante visione ed estrazione di copia, dei
suindicati documenti, oggetto dell'istanza
di accesso, in capo ad ARPA Lazio, entro il
termine di 30 giorni, decorrente dalla
comunicazione in via amministrativa o, se
anteriore, dalla notificazione della
presente sentenza. |
marzo 2016 |
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AMBIENTE-ECOLOGIA:
In materia di immissioni acustiche, affinché la fattispecie
assurga al livello di fatto penalmente rilevante (art. 659,
comma 1, c.p.) e non rimanga confinata entro i limiti di
interesse esclusivamente civilistico delle immissioni sonore
disciplinate, nell'ambito dei conflitti di vicinato,
dall'art. 844 cod. civ., è indefettibilmente necessario che
la condotta sia, ancorché solo astrattamente, idonea ad
arrecare disturbo non a singoli, ancorché diversi, soggetti,
ma ad un numero indeterminato di persone.
Siffatta verifica
è il frutto di un accertamento di fatto rimesso
all'apprezzamento del giudice di merito, il quale non è
tenuto a basarsi esclusivamente sull'espletamento di
specifiche indagini tecniche, ben potendo fondare il proprio
convincimento su altri elementi probatori in grado di
dimostrare la sussistenza di un fenomeno in grado di
arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete.
---------------
Or.Ma. e To.Ma. hanno presentato ricorso a
questa
Corte di cassazione per l'annullamento della sentenza con la
quale il
Tribunale di Lecce, Sezione distaccata di Casarano -dichiarata la loro penale
responsabilità in ordine al reato di cui agli artt. 110 e
659, comma 1, cod.
pen., per avere, in concorso fra loro e nelle rispettive
qualità di direttore
responsabile e di amministratore unico delle società che
gestisce una
struttura alberghiera ubicata in Torre San Giovanni di Ugento, cagionato, con
immissioni acustiche, molestie alle occupazione ed al riposo
delle persone-
li ha condannati, concesse le attenuanti generiche e
ritenuta la recidiva per il
Torricella, alla pena di giustizia, subordinando la
concessione della
sospensione condizionale della pena all'avvenuto
risarcimento del danno
patito dalla costituita parte civile entro il termine di sei
mesi dal passaggio in
giudicato della sentenza di condanna.
Ad avviso dell'Or. la sentenza impugnata sarebbe
viziata, sotto il
profilo della violazione di legge, per averlo il Tribunale
ritenuto responsabile
delle molestie, sebbene egli non svolgesse nell'ambito della
attività
alberghiera alcun compito connesso all"animazione", settore
al quale era
preposto un responsabile.
Il ricorrente ha, altresì, lamentato la contraddittorietà e
la manifesta
illogicità della motivazione della sentenza, poiché nella
stessa è affermata la
sua penale responsabilità, sebbene le emergenze istruttorie
segnalino per
una verso la assenza di diffusività delle denunziate
molestie, in quanto le
stesse sono state lamentate da una sola persona, e per altro
verso la
contenuta entità delle immissioni non idonee a cagionare le
lamentate
molestie, così come testimoniato dagli appartenenti all'Arma
dei Carabinieri
intervenuti suoi luoghi e successivamente sentiti in
dibattimento.
Il ricorrente lamenta anche il fatto che il giudicante, il
quale ha irrogato
una sanzione pecuniaria di non elevato importo, abbia
ritenuto di dovere
concedere il beneficio della sospensione condizionale della
pena,
pregiudicando il condannato in relazione ad altre eventuali
ulteriori fruizioni
del beneficio.
E', infine, censurata la sentenza nella parte in cui il
ricorrente è stato
condannato al risarcimento del danno in favore della
costituita parte civile,
senza che siano stati chiariti i criteri di determinazione
della somma
liquidata.
Quanto al To., questi ha prioritariamente censurato
la sentenza
nella parte in cui, pur avendo il giudicante sostenuto che
non erano emersi
elementi quanto alla responsabilità in ordine alla
violazione dell'art. 659, comma 2, cod. pen., in dispositivo
non ha pronunziato formula ampiamente
assolutoria relativamente a tale fattispecie di reato.
Ha, poi, dedotto, con altro motivo di ricorso, la violazione
di legge per
avere il Tribunale ritenuto sussistere il reato di cui
all'art. 659, comma 1,
cod. pen., sebbene non sia stata provata la diffusività
della dedotte molestie.
Il ricorrente ha, ancora, lamentato il fatto che sia stata
affermata la sua
penale responsabilità, sebbene egli, nella sua qualità di
amministratore unico
della società che gestisce l'albergo, non abbia dato alcun
apporto causale
alla commissione del reato.
Infine, anche il To. lamenta la quantificazione
dell'ammontare del
risarcimento del danno liquidato in favore della costituita
parte civile in
assenza di qualsivoglia prova di esso, nonché la
subordinazione della
sospensione condizionale della pena, peraltro non richiesta,
all'avvenuto
pagamento in favore della detta parte civile della somma
liquidata a titolo
risarcitorio.
...
Con riferimento alla imputazione concernente la violazione
del comma
primo dell'art. 659 cod. pen., rileva la Corte, trattandosi
di una tipica
fattispecie di reato di pericolo presunto, che può dirsi
integrata l'ipotesi
contravvenzionale de qua anche soltanto sulla base della
mera idoneità della
condotta ad arrecare disturbo (Corte di cassazione, Sezione
I penale, 02.12.2011, n. 44905), non essendo necessario che la
molestia in
questione si sia effettivamente realizzata (Corte di
cassazione, Sezione I
penale, 07.01.2008, n. 246).
Va però ribadito il costante orientamento secondo il quale,
affinché la
fattispecie assurga al livello di fatto penalmente rilevante
e non rimanga
confinata entro i limiti di interesse esclusivamente
civilistico delle immissioni
sonore disciplinate, nell'ambito dei conflitti di vicinato,
dall'art. 844 cod. civ.,
è indefettibilmente necessario che la condotta sia, ancorché
solo
astrattamente, idonea ad arrecare disturbo non a singoli,
ancorché diversi,
soggetti, ma tale idoneità deve essere potenzialmente
riferita ad un
numero indeterminato di persone (Corte di cassazione,
Sezione I penale, 28.02.2012, n. 7748).
Ciò posto, considerato che l'accertamento di detta idoneità,
costituendo
essa un elemento della materialità del reato,
è strettamente
necessario ai
fini della verifica della sussistenza della fattispecie
penalmente rilevante, e
pur tenuto conto del rilievo che, secondo un condivisibile
orientamento
ancora di recente ribadito da questa stessa Sezione, una
siffatta verifica è il
frutto di un accertamento di fatto rimesso all'apprezzamento
del giudice di
merito, il quale non è tenuto a basarsi esclusivamente
sull'espletamento di
specifiche indagini tecniche, ben potendo fondare il proprio
convincimento su
altri elementi probatori in grado di dimostrare la
sussistenza di un fenomeno
in grado di arrecare oggettivamente disturbo della pubblica
quiete (Corte di
cassazione, Sezione III penale, 16.03.2015, n. 11031),
va
precisato che
esso deve, comunque, basarsi su dati obbiettivamente
rilevati -ancorché
non necessariamente con strumentazioni tecniche ma anche
sulla base delle
coerenti risultanze sensoriali dei testi escussi- del cui
apprezzamento il
giudicante deve dare conto, tanto più ove si tratti di dati
non strumentali,
nella motivazione del suo provvedimento
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 14.03.2016 n. 10478). |
dicembre 2015 |
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AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rumori: Cassazione, se il cane abbaia anche di notte, non
c'è bisogno della perizia per condannare il padrone.
Il disturbo alla quiete pubblica è reato di pericolo
presunto, desumibile da elementi probatori diversi dalla
consulenza tecnica.
Non serve la perizia per far scattare la
condanna nei confronti del padrone se i testi confermano che
il cane abbaia giorno e notte disturbando il riposo di chi
abita nelle vicinanze.
Sono queste le conclusioni cui è giunta la terza sezione
penale della Cassazione (con la
sentenza
09.12.2015 n. 48460), confermando la condanna di una donna alla
contravvenzione di cui all'art. 659 c.p. e a 200 euro di
ammenda, per non aver impedito lo strepitio del proprio
pastore tedesco disturbando così le occupazioni e il riposo
dei residenti.
La donna era stata ritenuta responsabile dal tribunale di
Cagliari anche in seguito alle deposizioni rese dai
testimoni che avevano confermato che l'animale era solito
abbaiare di giorno e quasi tutte le notti, "con grande
frequenza", sì da rendere impossibile il sonno di tutti gli
abitanti nelle immediate adiacenze. Del resto, la stessa
proprietaria del cane aveva ammesso che lo stesso abbaiasse,
pur contestandone l'asserita frequenza.
Per gli Ermellini, ciò è sufficiente per affermare la
responsabilità della padrona, in quanto la fattispecie de
qua non implica, "attesa la natura di reato di pericolo
presunto, la prova dell'effettivo disturbo di più persone,
essendo sufficiente l'idoneità della condotta a disturbarne
un numero indeterminato".
Per cui, hanno proseguito i giudici di legittimità,
l'attitudine dei rumori a disturbare il riposo o le
occupazioni delle persone "non va necessariamente accertata
mediante perizia o consulenza tecnica –e- il giudice ben
può fondare il proprio convincimento su elementi probatori
di diversa natura, quali le dichiarazioni di coloro che sono
in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei
rumori percepiti, sì che risulti oggettivamente superata la
soglia della normale tollerabilità".
Da qui
l'inammissibilità del ricorso e la condanna della donna
anche al pagamento delle spese
(commento tratto da www.studiocataldi.it).
---------------
MASSIMA
3. Il ricorso è manifestamente infondato.
Il Tribunale di Cagliari, infatti, ha riconosciuto la
responsabilità della Ec. in
ragione di plurimi elementi istruttori e, in particolare,
delle deposizioni rese da
tre testimoni (Al.Ma., Ga. e Gi.Mo.) che -senza alcun
motivo di astio o risentimento verso la ricorrente- avevano
confermato quanto
contestato ex art. 659 cod. pen.; in particolare, che il
cane di proprietà della
Ec. era solito abbaiare di giorno e quasi tutte le notti,
con grande frequenza, sì
da disturbare il sonno, reso quasi impossibile, e recare
evidente disturbo al
riposo degli stessi, tutti abitanti nelle immediate
adiacenze.
Di seguito, la
sentenza ha esaminato gli elementi di prova indotti dalla
difesa, ma -con
motivazione logica e congrua- ne ha affermato
l'inattendibilità (i testi Or. e
Si. erano ex fidanzati della ricorrente); fino a
precisare -emergenza non
contestata neppure in questa sede- che la stessa Ec. aveva
ammesso che il
cane abbaiava, anche se «non così continuamente come mi si
accusava...anche
perché il cane dorme, non è che stava 24 ore ad abbaiare di
continuo».
Orbene, in forza di questa motivazione -che si apprezza per
completezza,
congruità e logicità- la sentenza ha richiamato:
1) il
costante principio secondo
cui
l'affermazione di responsabilità per la fattispecie de
qua non implica, attesa la
natura di reato di pericolo presunto, la prova
dell'effettivo disturbo di più
persone, essendo sufficiente l'idoneità della condotta a
disturbarne un numero
indeterminato
(per tutte, Sez. 3, n. 8351 del 24/06/2014, Calvarese, Rv.
262510);
2) l'ulteriore principio, del pari consolidato, per
cui
l'attitudine dei
rumori a disturbare il riposo o le occupazioni delle persone
non va
necessariamente accertata mediante perizia o consulenza
tecnica, di tal ché il
Giudice ben può fondare il proprio convincimento su elementi
probatori di
diversa natura, quali le dichiarazioni di coloro che sono in
grado di riferire le
caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti, sì che
risulti oggettivamente superata la soglia della normale
tollerabilità
(per tutte, Sez. 3, n. 11031 del 05/02/2015, Montoli, Rv. 263433, a mente della quale in tema
di disturbo delle
occupazioni e del riposo delle persone, l'effettiva idoneità
delle emissioni sonore
ad arrecare pregiudizio ad un numero indeterminato di
persone costituisce un
accertamento di fatto rimesso all'apprezzamento del giudice
di merito, il quale
non è tenuto a basarsi esclusivamente sull'espletamento di
specifiche indagini
tecniche, ben potendo fondare il proprio convincimento su
altri elementi
probatori in grado di dimostrare la sussistenza di un
fenomeno in grado di
arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete);
3)
la piena attendibilità
delle deposizioni assunte, invero non contestata con
argomenti concreti neppure
nel presente gravame.
Sì da manifestarsi la piena infondatezza degli argomenti
dedotti e, in
particolare, l'invocata necessità di esperire comunque
accertamenti di natura
tecnica, nonché di provare il numero indeterminato di
soggetti potenzialmente
danneggiati, non risultando a ciò sufficienti tre persone.
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.
Alla luce della
sentenza 13.06.2000, n. 186, della Corte costituzionale
e rilevato che, nella
fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la
parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della
causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell'inammissibilità
medesima consegue, a
norma dell'art. 616 cod. proc. pen., l'onere delle spese del
procedimento nonché
quello del versamento della somma, in favore della Cassa
delle ammende,
equitativamente fissata in euro 1.000,00 (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza
09.12.2015 n. 48460). |
ottobre 2015 |
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AMBIENTE-ECOLOGIA:
RUMORE, RAPPORTI TRA PRIVATI PROPRIETARI DI FONDI VICINI.
Rumore non superiore alla soglia massima di rumorosità
fissata dalle norme speciali, tollerabilità, valutazione del
giudice in base al caso concreto
Artt. 844 e 2043 cod. civ.
In tema di immissioni rumorose con
riferimento ai rapporti
tra i privati proprietari di fondi vicini, un rumore
superiore di 3,5 rispetto al rumore di fondo che si
protragga
per cinque-dieci minuti al giorno, in orari non destinati
al riposo e non più di una volta al giorno, non
può essere ritenuto intollerabile, dovendosi peraltro
precisare che non essendo tale valore superiore alla soglia
massima di rumorosità fissata dalle norme speciali
(5 decibel in orario diurno), ben può il giudice valutare,
sulla base di un prudente apprezzamento che tenga
conto della peculiarità della specifica fattispecie, se si
sia o meno in presenza di immissioni intollerabili.
Con la pronuncia in commento la Suprema Corte illustra
alcuni
fondamentali principi in tema di immissioni rumorose
e applicabilità dell’art. 844 cod. civ. nei rapporti tra i
privati
proprietari di fondi vicini.
In particolare, ricorreva per cassazione l’originario attore
la
cui domanda ex artt. 844 e 2043 cod. civ. (cessazione o
riconduzione
dei rumori provenienti dal macchinario della
proprietà adiacente, nonché condanna del convenuto al
risarcimento
del danno biologico e morale) veniva rigettata
dal Tribunale, con pronuncia confermata in appello.
La Cassazione rigetta il ricorso chiarendo quanto segue
con riferimento ai seguenti tre aspetti:
1) art. 844 cod. civ. e carattere relativo del limite di
tollerabilità
delle immissioni;
2) parametri fissati dalle norme speciali a tutela
dell’ambiente
e poteri del giudice nello stabilire la tollerabilità o
meno delle immissioni nell’ambito privatistico;
3) Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 01.03.1991 e applicabilità dell’art. 844 cod. civ., nei
rapporti
tra i privati proprietari di fondi vicini.
Quanto al primo aspetto, la Suprema Corte ricorda, in
armonia
con la giurisprudenza di legittimità (si vedano al riguardo,
tra le tante, Cass. 03.08.2001, n. 10735; Cass. 06.06.2000, n. 7545; Cass. 12.02.2000, n. 1565;
Cass. 11.11.1997, n. 11118), che il limite di
tollerabilità
delle immissioni, a norma dell’art. 844 cod. civ., non
ha carattere assoluto, ma relativo; ciò vuol dire che esso
deve essere fissato con riguardo al caso concreto, tenendo
conto delle condizioni naturali e sociali dei luoghi e delle
abitudini della popolazione.
Quanto al secondo aspetto, i giudici osservano poi che i
parametri fissati dalle norme speciali a tutela
dell’ambiente
(dirette alla protezione di esigenze della collettività, di
rilevanza
pubblicistica), pur potendo essere considerati come
criteri minimali di partenza al fine di stabilire
l’intollerabilità
delle emissioni che li eccedano, non sono necessariamente
vincolanti per il giudice civile. Il giudice, infatti, nello
stabilire
la tollerabilità o meno dei relativi effetti nell’ambito
privatistico,
può anche discostarsene, pervenendo al giudizio di
intollerabilità ex art. 844 cod. civ. delle emissioni,
ancorché
contenute in quei limiti; ciò sulla scorta di un prudente
apprezzamento
che consideri la particolarità della situazione
concreta e dei criteri fissati dalla norma civilistica (sul
punto
si veda Cass. 25.08.2005, n. 17281).
Da ultimo, con riferimento ai valori fissati dal Decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri in data 01.03.1991,
la Cassazione ricorda che esso, nel determinare le modalità
di rilevamento dei rumori ed i limiti di tollerabilità in
materia
di immissioni rumorose -al pari dei regolamenti comunali
limitativi dell’attività rumorosa- fissa, quale misura da
non
superare per le zone non industriali, una differenza
rispetto
al rumore ambientale pari a 3 db in periodo notturno e in 5
db in periodo diurno: tali previsioni perseguono, precisa la
Suprema Corte, finalità di carattere pubblico ed opera nei
rapporti fra i privati e la PA. Dette disposizioni, perciò,
conclude
la Corte, non escludono l’applicabilità dell’art. 844
cod. civ., nei rapporti tra i privati proprietari di fondi
vicini
(Cass. 01.02.2011, n. 2319; Cass. 03.08.2001, n.
10735).
Ciò considerato, la Cassazione osserva che nella specie la
Corte d’Appello ha:
• accertato emissioni sonore che superavano il rumore di
fondo di 3,5 decibel nelle ore diurne e di 4,5 nelle ore
notturne;
• dato atto che tali valori risultano superiori a quello di
3
decibel del rumore di fondo, normalmente individuato dalla
giurisprudenza quale limite di tollerabilità delle
immissioni
rumorose;
• evidenziato che l’attore non ha provato né la frequenza
delle immissioni, né se avvenivano in orario notturno o di
riposo pomeridiano;
• ritenuto (esclusa per quanto detto la produzione di rumori
notturni o in orari destinati al riposo, e valutate tutte le
circostanze
del caso concreto) che un rumore diurno superiore
di 3,5 rispetto al rumore di fondo (che nella specie si
protraeva per cinque-dieci minuti al giorno e
presumibilmente,
non più di una volta al giorno) non può essere considerato
obiettivamente intollerabile;
• precisato che tale valore non risultava superiore alla
soglia
massima di rumorosità fissata dalle norme speciali
richiamate
nei citati precedenti giurisprudenziali (5 decibel in
orario diurno);
• osservato, di conseguenza, che ben poteva valutarsi, sulla
base di un prudente apprezzamento che tenga conto
della peculiarità della specifica fattispecie, se si era o
meno
in presenza di immissioni intollerabili;
• valutato che si era in presenza di immissioni non
intollerabili.
Alla luce di tutto ciò, la Cassazione conclude confermando
che il giudizio così espresso nella sentenza impugnata circa
la non intollerabilità delle immissioni in questione è
sorretto da una motivazione immune da vizi logici e
giuridici (Corte
di
Cassazione, Sez. II civile,
sentenza 29.10.2015 n. 22105
- tratto da Ambiente & sviluppo n. 4/2016). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
IMMISSIONI ACUSTICHE, INTOLLERABILITÀ, RISARCIMENTO DEL
DANNO.
Immissioni, intollerabilità, danno, prova per presunzioni
Artt. 844 e 2043 cod. civ.
In tema di immissioni, le conseguenze
dannose della loro
intollerabilità possono essere provate anche in via
presuntiva. Dunque, pur in difetto di un’accertata lesione
psico-fisica, può essere accertata una significativa lesione
degli interessi della persona umana costituzionalmente
garantiti quale il diritto al riposo e alla tranquillità
e, accertata l’effettività del danno, la sua liquidazione
può avvenire in via equitativa in quanto ancorata alla
peculiarità del caso concreto.
Venivano proposte domande di inibitoria e di risarcimento
del danno in dipendenza di lamentate immissioni provenienti
da fabbricato adibito ad attività artigianale.
In esito al giudizio di primo grado, la Corte d’Appello
riteneva
accertato che si fossero verificate immissioni acustiche
eccedenti la normale tollerabilità. Per l’effetto,
condannava
il convenuto al risarcimento dei danni in favore
dell’attore.
In particolare, il giudice d’appello osservava che:
• il superamento del limite di tollerabilità delle
immissioni
rumorose previsto dalla normativa di settore risultava
accertato
(con C.T.U.), anche se solo durante l’utilizzo di un
muletto e non, invece, durante il funzionamento delle altre
apparecchiature;
• era stato chiesto il risarcimento del pregiudizio “alla
salute”
e alla “qualità della vita”, cagionato dalle immissioni
intollerabili
o meno, mentre non era stata riproposta la domanda
inibitoria;
• l’intollerabilità dei rumori in questione e la loro
incidenza
pregiudizievole sulle occupazioni e il riposo delle persone,
in misura tale da compromettere la normale fruibilità
dell’abitazione
e la qualità della vita al suo interno, erano risultate
confermate anche dalla prova testimoniale;
• rispetto a tale rumore, superiore alla soglia della
tollerabilità,
il danno era in re ipsa ed era risarcibile ai sensi degli
artt. 2043 e 2049 cod. civ., risultando liquidabile in via
equitativa,
avuto riguardo alla circostanza del caso concreto.
Con ricorso per cassazione, l’originario convenuto
denunciava
che il giudice di appello, ricorrendo ad una valutazione
di tipo equitativo e riconoscendo il risarcimento pur in
assenza di lesioni medicalmente accertate, si era sottratto
al compito di verificare l’effettività di un danno
giuridicamente
apprezzabile.
La Cassazione rigetta il ricorso, confermando la correttezza
della pronuncia impugnata.
Ciò sulla base delle seguenti argomentazioni:
• la Corte territoriale non ha confuso l’evento di danno con
le sue conseguenze, piuttosto, ha ritenuto provato siffatte
conseguenze dannose in via presuntiva;
• è stata infatti considerata “natura” e “alientità” del
rumore
(così come misurato dai tecnici), nonché la sua frequenza
discontinua nell’arco della giornata e la sua protrazione
negli anni;
• l’impianto motivazionale della decisione impugnata,
infatti,
espone puntualmente gli elementi probatori (c.t.u. e prova
testimoniale) da cui è stata desunta:
a) l’intollerabilità delle immissioni;
b) l’incidenza pregiudizievole di dette immissioni sulle
occupazioni
e il riposo delle persone, con un danno né futile,
né meramente immaginario;
Tutto ciò, prosegue la Cassazione, in linea con la
giurisprudenza
di legittimità (cfr. Cass. 19.12.2014, n. 26899)
secondo cui l’accertata esposizione ad immissioni sonore
intollerabili può determinare una lesione del diritto al
riposo
notturno e alla vivibilità della propria abitazione, la cui
prova
può essere fornita dal danneggiato anche mediante
presunzioni
sulla base delle nozioni di comune esperienza.
Dunque, osservano i giudici di legittimità, pur in difetto
di
un’accertata lesione psico-fisica, il pregiudizio accertato
dai giudici d’appello esprime una “significativa lesione
degli
interessi della persona umana costituzionalmente garantiti,
e segnatamente il diritto al riposo e alla tranquillità,
inevitabilmente impedito dal protrarsi dei rumori anche
nelle
ore del pomeriggio”.
In tale contesto, conclude la Suprema Corte, è postulato il
sicuro accertamento dell’effettività del danno, pure nelle
obiettive difficoltà della sua quantificazione; ne consegue,
diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, che la
liquidazione equitativa non si rivela in tali casi affatto
arbitraria,
risultando, invece, ancorata alla peculiarità del caso
concreto (Corte di
Cassazione, Sez. III civile,
sentenza 20.10.2015 n. 21173
- tratto da Ambiente & sviluppo n. 4/2016). |
settembre 2015 |
|
AMBIENTE-ECOLOGIA:
RUMORE, CONTEMPERAMENTO DELLE ESIGENZE DELLA PRODUZIONE CON
LE RAGIONI DELLA PROPRIETÀ.
Immissioni superiori ai limiti di tollerabilità, illiceità,
ambito operativo dell’attività di contemperamento delle
esigenze della produzione con le ragioni dei proprietari
lesi dalle immissioni
Art. 844, comma 2, cod. civ.
Le immissioni acustiche determinate da
un'attività produttiva
che superino i normali limiti di tollerabilità fissati,
nel pubblico interesse, da leggi o regolamenti, e da
verificarsi in riferimento alle condizioni del fondo che le
subisce, sono da reputarsi illecite, sicché il giudice,
dovendo
riconoscerle come tali, può addivenire ad un contemperamento
delle esigenze della produzione soltanto
al fine di adottare quei rimedi tecnici che consentano
l'esercizio della attività produttiva nel rispetto del
diritto
dei vicini a non subire immissioni superiori alla normale
tollerabilità.
Con la sentenza in commento, la Cassazione torna a
pronunciarsi
sull’art. 844 cod. civ. e, in particolare, sull’ambito
applicativo del comma 2.
Nel caso di specie, i titolari di un locale e di un albergo
venivano
chiamati in giudizio al fine di far accertare la provenienza
di immissioni rumorose, eccedenti la normale tollerabilità,
provenienti da detti ambienti. Gli attori, in particolare,
chiedevano l'accertamento della responsabilità dei convenuti
e la condanna degli stessi alla cessazione delle immissioni
in questione, nonché il risarcimento dei danni dagli
stessi subiti.
Il giudice adito accertava e dichiarava la sussistenza di
immissioni
rumorose eccedenti la normale tollerabilità, provenienti
dal locale, accertando quindi la responsabilità solidale
dei convenuti nella causazione del danno biologico da
inabilità temporanea parziale subita da alcuni degli attori,
e
condannando di conseguenza i convenuti in solido al
risarcimento,
anche del danno morale, oltre che per il danno
patrimoniale da temporaneo deprezzamento dell'immobile
di proprietà degli attori.
In seguito all’appello proposto da uno dei due convenuti, la
pronuncia di primo grado venne parzialmente riformata,
con conseguente ricorso per cassazione proposto dagli
originari
attori.
Questi denunciavano tra l’altro violazione e/o falsa
applicazione
di norme di diritto (ex art. 360 cod. proc. civ., n. 3) in
relazione all'art. 844 cod. civ., nonché
omessa/insufficiente/contraddittoria motivazione in ordine alla sussistenza di
immissioni
intollerabili. In particolare, col ricorso in parola veniva
osservato che:
- non è necessario il superamento dei limiti legali
stabiliti
dalla normativa sull'inquinamento acustico, laddove sia
accertata
l'intollerabilità delle immissioni, tenuto conto dello
stato dei luoghi ed anche della priorità dell'uso;
- nel caso in esame andavano prioritariamente tutelate le
esigenze abitative ed il diritto alla salute degli odierni
ricorrenti.
La Cassazione giudica detta doglianza infondata.
Come noto in tema di immissioni l’art. 844 cod. civ. dispone,
al primo comma, quanto segue: “il proprietario di un
fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore,
le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili
propagazioni
derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale
tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei
luoghi”.
Al secondo comma, poi, si precisa che “nell'applicare
questa norma l'autorità giudiziaria deve contemperare le
esigenze della produzione con le ragioni della proprietà.
Può tener conto della priorità di un determinato uso”.
I Giudici di legittimità osservano al riguardo che, l'art.
844
cod. civ., comma 2, nella parte in cui prevede la
valutazione,
da parte del giudice, del contemperamento delle esigenze
della produzione con le ragioni della proprietà,
considerando
eventualmente la priorità di un determinato uso,
deve essere letto, “tenendo conto che il limite della tutela
della salute è da ritenersi ormai intrinseco nell'attività
di
produzione oltre che nei rapporti di vicinato, alla luce di
una interpretazione costituzionalmente orientata, dovendo
considerarsi prevalente rispetto alle esigenze della
produzione
il soddisfacimento di una normale qualità della vita”.
Da ciò, illustra la Cassazione richiamando la propria
giurisprudenza
in materia (si veda in particolare Cass., 08.03.2010, n. 5564), discende che le immissioni acustiche
determinate
da un'attività produttiva che superino i normali limiti
di tollerabilità fissati, nel pubblico interesse, da leggi o
regolamenti,
e da verificarsi in riferimento alle condizioni del
fondo che le subisce, sono da reputarsi illecite; con la
conseguenza
che il giudice, dovendo riconoscerle come tali,
“può addivenire ad un contemperamento delle esigenze
della produzione soltanto al fine di adottare quei rimedi
tecnici
che consentano l'esercizio della attività produttiva nel
rispetto del diritto dei vicini a non subire immissioni
superiori
alla normale tollerabilità”.
Sulla base di tali principi la Cassazione osserva che nella
specie, secondo la sentenza impugnata, non sussiste la
prova che i rumori fossero intollerabili. Pertanto, non
poteva
essere applicato l'art. 844 cod. civ., comma 2. La doglianza
proposta è quindi infondata (Corte
di
Cassazione, Sez. III civile,
sentenza 22.09.2015 n. 18624
- tratto da Ambiente & sviluppo n. 2/2016). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - ATTI AMMINISTRATIVI: Barriere
isolanti escluse se il cane del vicino latra.
Se i cani danno fastidio al vicino, non può essere il comune
a ordinare al proprietario di spostarli dal confine fra i
due immobili. I provvedimenti d'urgenza adottati dal
sindaco, infatti, servono a tutelare la comunità
amministrata e non possono intervenire nelle controversie
fra privati come le liti di vicinato.
È quanto emerge dalla
sentenza 10.09.2015 n. 2684, pubblicata dalla I
Sez. del TAR Puglia-Lecce.
Accolto il ricorso del proprietario degli animali: non deve
installare alcuna barriera di isolamento acustico al confine
fra i due immobili per attutire i latrati dei cani, come
invece gli aveva ingiunto il sindaco sulla base della
relazione dell'Asl, firmata dal dirigente del locale
servizio veterinario.
I due cani che vivono nella proprietà privata cominciano ad
abbaiare appena si avvicinano estranei alla casa: «è
piuttosto normale». È dunque escluso che il sindaco
possa provvedere nella situazione con un'ordinanza urgente,
che scatta solo in casi eccezionali: bisogna rivolgersi al
giudice civile (articolo ItaliaOggi Sette del 09.05.2016).
----------------
MASSIMA
E’ impugnata l’epigrafata ordinanza con la quale il
Sindaco del Comune di Leverano ha intimato al ricorrente di
“provvedere, con immediatezza, allo spostamento dei cani
di sua proprietà in modo da impedire loro l’accesso
nell’area a ridosso dell’abitazione della sig. Ze., nonché
di installare, al confine con la proprietà di quest’ultima,
una barriera idonea ad attutire la rumorosità procurata
dall’abbaiare dei suddetti animali entro dieci giorni”.
...
Il ricorso è fondato e deve essere accolto.
In particolare, è fondata la censura con la quale il
ricorrente lamenta l’illegittima utilizzazione del potere
straordinario di ordinanza contingibile ed urgente.
Il potere di urgenza può essere esercitato solo per
affrontare situazioni di carattere eccezionale e imprevisto,
costituenti concreta minaccia per la pubblica incolumità,
per le quali non sia possibile utilizzare i normali mezzi
apprestati dall'ordinamento giuridico e unicamente in
presenza di un preventivo accertamento della situazione,
fondato su prove concrete e non su mere presunzioni: tali
presupposti non ricorrono, dunque, laddove il Sindaco possa
fronteggiare la situazione con rimedi di carattere corrente
nell’esercizio ordinario dei suoi poteri, ovvero la
situazione possa essere prevenuta con i normali strumenti
apprestati dall'ordinamento.
Nel caso in esame, l’ordinanza impugnata è stata adottata
sul presupposto della presenza di due cani all’interno di
una proprietà privata a cagione del loro abbaiare nelle
vicinanze di una proprietà privata “quando gli stessi si
rendevano conto della presenza di estranei”.
Appare quindi evidente che la stessa non è stata adottata al
fine di tutelare la salute e incolumità pubblica, bensì il
disturbo di un vicino, peraltro accertato solo ove si
verifichi la presenza di estranei, e quindi una circostanza
non rientrante nella eccezionalità e imprevedibilità (dato
che è piuttosto normale che i cani abbaino in presenza di
estranei) ben superabile con altri rimedi apprestati
dall’ordinamento.
In conclusione il ricorso deve essere accolto e
conseguentemente annullato l’atto impugnato. |
novembre 2014 |
|
AMBIENTE-ECOLOGIA: La
zonizzazione acustica deve essere effettuata tenendo conto
delle preesistenti destinazioni d'uso del territorio (v.
art. 4, comma 1-a, della legge 447/1995). Non è quindi
consentita una pianificazione manipolativa, che crei
un’erronea impressione di omogeneità tra aree destinate a
usi inconciliabili.
D’altra parte, è intrinseco e inevitabile in tutte le scelte
pianificatorie un certo grado di approssimazione, in quanto
le specificità di ogni singola porzione del territorio
finirebbero altrimenti per rendere impossibile la
composizione di un quadro d’insieme regolato a livello
amministrativo.
---------------
Nelle approssimazioni pianificatorie rischia però, talvolta,
di essere compromesso il diritto alla salute dei soggetti
che subiscono le immissioni rumorose provenienti dagli
edifici situati nelle vicinanze. A questo rischio offre un
rimedio la disciplina sulle immissioni eccedenti la normale
tollerabilità di cui all’art. 844 del codice civile.
Utilizzando i parametri contenuti in questa norma, il
giudice ordinario può disapplicare la zonizzazione acustica
e imporre adempimenti più severi per tutelare la
tranquillità e il riposo delle persone.
Come si è potuto osservare anche negli antefatti del caso in
esame, per dare applicazione all’art. 844 del codice civile
la giurisprudenza ordinaria considera non tollerabili le
immissioni sonore di una specifica sorgente che superino di
3 dB(A) la rumorosità di fondo.
---------------
La disciplina stabilita per finalità amministrative, e
specificamente per la zonizzazione acustica, prevede limiti
meno restrittivi. In primo luogo, il differenziale
ammissibile (inteso ex art. 2, comma 3-b, della legge
447/1995 come differenza tra il livello equivalente di
rumore ambientale e il rumore residuo, quest’ultimo misurato
con le stesse modalità del rumore ambientale una volta
escluse le specifiche sorgenti disturbanti) è pari a 5 dB(A)
durante il giorno (06.00-22.00) e a 3 dB(A) per il periodo
notturno (22.00-06.00), come specificato nell’art. 4, comma
1, del DPCM 14.11.1997.
Inoltre, i limiti differenziali non si applicano se il
ricettore del rumore si trova nella classe VI, e neppure
quando il rumore ambientale sia da considerare trascurabile
ai sensi dell’art. 4, comma 2, del DPCM 14.11.1997. Vi sono
poi ulteriori fattispecie integralmente escluse
dall’applicazione dei limiti differenziali (v. il comma 3
del citato art. 4 del DPCM 14.11.1997).
---------------
Il legislatore si è posto il problema di armonizzare la
tutela amministrativa e quella civilistica, ma solo per
particolari tipologie di sorgenti disturbanti.
L’art. 6-ter del DL 30.12.2008 n. 208 (“[n]ell'accertare la
normale tollerabilità delle immissioni e delle emissioni
acustiche, ai sensi dell'articolo 844 del codice civile,
sono fatte salve in ogni caso le disposizioni di legge e di
regolamento vigenti che disciplinano specifiche sorgenti e
la priorità di un determinato uso”) fa coincidere la normale
tollerabilità civilistica con i parametri amministrativi
riferiti ai settori che hanno una speciale regolazione.
Tra le norme che stabiliscono i suddetti parametri rientrano
quelle dei regolamenti di esecuzione previsti dall’art. 11
della legge 447/1995 (traffico ferroviario, traffico
veicolare, attività motoristiche) e quelle contenute nel DM
11.12.1996 (impianti a ciclo produttivo continuo). Al di
fuori di questi e simili casi, l’esistenza di una doppia
tutela, amministrativa e civilistica, lascia aperta la
possibilità che i limiti alla rumorosità posti dalla
zonizzazione acustica non siano sufficienti a contenere le
immissioni entro la soglia della normale tollerabilità.
---------------
Vi sono principi e indicazioni normative che consentono di
ridurre il divario tra le valutazioni amministrative e
quelle civilistiche. In particolare, come nella zonizzazione
acustica occorre assicurare protezione alle attività
produttive esistenti, se conformi alla destinazione
urbanistica, così l’art. 844, comma 2, del codice civile
impone di tenere conto delle esigenze della produzione, e
permette di considerare favorevolmente la priorità di un
determinato uso, anche quando si tratti di un uso produttivo
(il criterio della priorità dell’uso è ribadito dal citato
art. 6-ter del DL 208/2008).
Reciprocamente, sul lato amministrativo, è necessario che la
pianificazione cerchi di prevenire le situazioni di
conflitto tra i privati relative al diritto alla salute,
bilanciando il criterio della destinazione d’uso prevalente
in una determinata area con adeguate analisi circa il
rischio di immissioni superiori alla normale tollerabilità.
Sul rapporto tra zonizzazione acustica e art. 844 del
codice civile
14. La zonizzazione acustica deve essere effettuata tenendo
conto delle preesistenti destinazioni d'uso del territorio
(v. art. 4, comma 1-a, della legge 447/1995). Non è quindi
consentita una pianificazione manipolativa, che crei
un’erronea impressione di omogeneità tra aree destinate a
usi inconciliabili.
D’altra parte, è intrinseco e
inevitabile in tutte le scelte pianificatorie un certo grado
di approssimazione, in quanto le specificità di ogni singola
porzione del territorio finirebbero altrimenti per rendere
impossibile la composizione di un quadro d’insieme regolato
a livello amministrativo.
15. Nelle approssimazioni pianificatorie rischia però,
talvolta, di essere compromesso il diritto alla salute dei
soggetti che subiscono le immissioni rumorose provenienti
dagli edifici situati nelle vicinanze. A questo rischio
offre un rimedio la disciplina sulle immissioni eccedenti la
normale tollerabilità di cui all’art. 844 del codice civile.
Utilizzando i parametri contenuti in questa norma, il
giudice ordinario può disapplicare la zonizzazione acustica
e imporre adempimenti più severi per tutelare la
tranquillità e il riposo delle persone (v. Cass. civ. Sez.
II 06.11.2013 n. 25019).
Come si è potuto osservare
anche negli antefatti del caso in esame, per dare
applicazione all’art. 844 del codice civile la
giurisprudenza ordinaria considera non tollerabili le
immissioni sonore di una specifica sorgente che superino di
3 dB(A) la rumorosità di fondo.
16. La disciplina stabilita per finalità amministrative, e
specificamente per la zonizzazione acustica, prevede limiti
meno restrittivi. In primo luogo, il differenziale
ammissibile (inteso ex art. 2, comma 3-b, della legge 447/1995
come differenza tra il livello equivalente di rumore
ambientale e il rumore residuo, quest’ultimo misurato con le
stesse modalità del rumore ambientale una volta escluse le
specifiche sorgenti disturbanti) è pari a 5 dB(A) durante il
giorno (06.00-22.00) e a 3 dB(A) per il periodo notturno
(22.00-06.00), come specificato nell’art. 4, comma 1, del DPCM
14.11.1997.
Inoltre, i limiti differenziali non si
applicano se il ricettore del rumore si trova nella classe VI, e neppure quando il rumore ambientale sia da considerare
trascurabile ai sensi dell’art. 4, comma 2, del DPCM 14.11.1997. Vi sono poi ulteriori fattispecie
integralmente escluse dall’applicazione dei limiti
differenziali (v. il comma 3 del citato art. 4 del DPCM 14.11.1997).
17. Il legislatore si è posto il problema di armonizzare la
tutela amministrativa e quella civilistica, ma solo per
particolari tipologie di sorgenti disturbanti. L’art. 6-ter
del DL 30.12.2008 n. 208 (“[n]ell'accertare la normale
tollerabilità delle immissioni e delle emissioni acustiche,
ai sensi dell'articolo 844 del codice civile, sono fatte
salve in ogni caso le disposizioni di legge e di regolamento
vigenti che disciplinano specifiche sorgenti e la priorità
di un determinato uso”) fa coincidere la normale
tollerabilità civilistica con i parametri amministrativi
riferiti ai settori che hanno una speciale regolazione.
Tra
le norme che stabiliscono i suddetti parametri rientrano
quelle dei regolamenti di esecuzione previsti dall’art. 11
della legge 447/1995 (traffico ferroviario, traffico
veicolare, attività motoristiche) e quelle contenute nel DM
11.12.1996 (impianti a ciclo produttivo continuo). Al
di fuori di questi e simili casi, l’esistenza di una doppia
tutela, amministrativa e civilistica, lascia aperta la
possibilità che i limiti alla rumorosità posti dalla
zonizzazione acustica non siano sufficienti a contenere le
immissioni entro la soglia della normale tollerabilità.
18. Peraltro, vi sono principi e indicazioni normative che
consentono di ridurre il divario tra le valutazioni
amministrative e quelle civilistiche. In particolare, come
nella zonizzazione acustica occorre assicurare protezione
alle attività produttive esistenti, se conformi alla
destinazione urbanistica, così l’art. 844, comma 2, del codice
civile impone di tenere conto delle esigenze della
produzione, e permette di considerare favorevolmente la
priorità di un determinato uso, anche quando si tratti di un
uso produttivo (il criterio della priorità dell’uso è
ribadito dal citato art. 6-ter del DL 208/2008).
Reciprocamente, sul lato amministrativo, è necessario che la
pianificazione cerchi di prevenire le situazioni di
conflitto tra i privati relative al diritto alla salute,
bilanciando il criterio della destinazione d’uso prevalente
in una determinata area con adeguate analisi circa il
rischio di immissioni superiori alla normale tollerabilità
(TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 26.11.2014 n. 1296 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA
PRIVATA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 46 del 10.11.2014, "Pubblicazione
ai sensi dell’articolo 5 del regolamento regionale
21.01.2001, n. 1 dell’Elenco dei Tecnici competenti in
Acustica Ambientale riconosciuti dalla Regione Lombardia
alla data del 31.10.2014, in attuazione dell’articolo 2,
commi 6 e 7, della legge 26.10.1995, n. 447 e della
deliberazione di Giunta regionale 06.08.2012, n. IX/3935" (comunicato
regionale 03.11.2014 n. 130). |
ottobre 2014 |
|
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Si è affermato:
- che in materia di immissioni, mentre è
illecito il superamento dei livelli di accettabilità
stabiliti dalle leggi e dai regolamenti che, disciplinando
le attività produttive, fissano nell'interesse della
collettività le modalità di rilevamento dei rumori ed i
limiti massimi di tollerabilità, l'eventuale rispetto degli
stessi non può fare considerare senz'altro lecite le
immissioni, dovendo il giudizio sulla loro tollerabilità
formularsi in concreto alla stregua dei principi di cui
all'art. 844 c.c.;
- che alla materia delle immissioni sonore
o da vibrazioni o scuotimenti atte a turbare il bene della
tranquillità nel godimento degli immobili adibiti ad
abitazione non è applicabile la L. 26.10.1995, n. 447,
sull'inquinamento acustico, poiché tale normativa, come
quella contenuta nei regolamenti locali, persegue interessi
pubblicistici disciplinando, in via generale ed assoluta, e
nei rapporti c.d. verticali fra privati e la p.a., i livelli
di accettabilità delle immissioni sonore al fine di
assicurare alla collettività il rispetto di livelli minimi
di quiete;
- che la disciplina delle immissioni
moleste in alieno nei rapporti fra privati va sempre
rinvenuta nell'art. 844 c.c., sulla cui base, quand'anche
dette immissioni non superino i limiti fissati dalle norme
di interesse generale, il giudizio in ordine alla loro
tollerabilità va compiuto secondo il prudente apprezzamento
del giudice, che tenga conto di tutte le peculiarità della
situazione concreta: analogamente è a dire per la normativa
secondaria e regolamentare di attuazione la quale, nel
determinare le modalità di rilevamento dei rumori ed i
limiti di tollerabilità in materia di immissioni rumorose,
non può per sua natura che perseguire finalità meramente
esecutive di carattere pubblicistico, così incidendo sui
soli rapporti fra i privati e la p.a.; sicché i limiti
tecnici in essa contenuti non escludono l'applicabilità
dell'art. 844 c.c., nei rapporti tra i proprietari di fondi
vicini.
Va inoltre
ribadito che la valutazione imposta
al giudice ex art. 844 c.c., risponde -nel contemperamento
delle esigenze della produzione con le ragioni della
proprietà- alla tutela di preminenti diritti di rilievo
costituzionale, come quello alla salute ed alla qualità
della vita.
---------------
In sede di risarcibilità del pregiudizio per immissioni che
superino la soglia di tollerabilità, la lesione del diritto
al normale svolgimento della vita familiare all’interno
della propria casa di abitazione e del diritto alla libera e
piena esplicazione delle proprie abitudini sono pregiudizi
che, pur non risultando integrato un danno biologico,
risultano comunque apprezzabili in termini di danno non
patrimoniale.
---------------
La ricorrente
ritiene di aver subito una ingiustificata condanna, che l'ha
condotta alla cessazione di una attività regolarmente
autorizzata dalle autorità amministrative comportandole un
cospicuo danno, a seguito della errata interpretazione ed
applicazione, da parte del giudice di merito, della
normativa sull'inquinamento acustico e pur avendo mantenuto
le immissioni di rumore che provenivano dagli impianti di
amplificazione della società (che somministrava
intrattenimento notturno in luoghi aperti) all'interno della
soglia dei 40 decibel, e comunque ad un livello inidoneo a
ledere la salute di alcuno.
Sviluppa le sue lagnanze in cinque motivi, che appaiono
complessivamente inidonei ad indurre ad una cassazione della
sentenza impugnata.
Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente deduce
l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa
un punto decisivo della controversia, ovvero
sull'appartenenza alla classe VI di zonizzazione acustica
del terreno su cui sorge l'immobile in cui la Flex era stata
autorizzata a svolgere la propria attività; denuncia anche
la violazione di legge in riferimento alla legge n. 447 del
1995, al D.P.C.M. 14.11.1997, nonché all'art. 844 commi 1 e
2 c.c..
Quanto al denunciato vizio di motivazione, la ricorrente
lamenta che la corte d'appello non abbia tenuto in alcun
conto il fatto che, con una sentenza del TAR del 2008
provocata da un ricorso della stessa Flex, l'area dove
esiste la struttura gestita dalla ricorrente sia stata
considerata come "facente parte dell'area industriale ed
inseribile pertanto in classe VI", ovvero nella zona a
vocazione esclusivamente industriale, anziché area
prevalentemente industriale (classe V), come era stata
classificata erroneamente in precedenza dal Comune con
provvedimento annullato dal tribunale amministrativo.
I controricorrenti sul punto precisano che effettivamente la
delibera comunale che adottava il piano di zonizzazione
acustica è stata annullata, con la sentenza del TAR
Lombardia n. 5234 del 2008 citata dalla ricorrente.
Pertanto, evidenziano che allo stato non esiste più alcun
piano di zonizzazione e si applicano le norme ordinarie per
individuare se sia avvenuto o meno il superamento della
tollerabilità delle immissioni.
Il motivo è infondato.
La censura non è mossa adeguatamente, senza riportare né
indicare i passi della sentenza in cui la motivazione sia
inficiata dalla omessa considerazione della pronuncia del
TAR. A ciò si aggiunga che, in base a quanto riportato dalla
stessa ricorrente, la pronuncia del giudice amministrativo
ha annullato in quanto illegittimo il piano di
classificazione acustica adottato nel 2003 dal Comune
intimato, laddove qualificava il territorio ove veniva
svolta l'attività di intrattenimento musicale della
ricorrente come riconducibile alla zona n. V, a prevalente
(e non esclusiva) vocazione industriale, ma non ha
provveduto neppure nominando a ciò un commissario ad acta,
ad un diverso classamento che abbia effettivamente
attribuito all'area vocazione esclusivamente industriale. Il
fatto decisivo, consistente nella riconducibilità del luogo
ove sorge l'attività ad una diversa zona, non è neppure
provato quindi nella sua esistenza storica.
Quanto alla denunciata violazione di legge, essa non
sussiste.
La sentenza impugnata appare aver fatto corretta
applicazione della normativa vigente in materia di
immissioni acustiche, laddove ha ricordato che
sussistono due livelli di tutela di fronte
all'immissione rumorosa, da una parte il regime
amministrativo deputato alla P.A. (disciplinato dalla legge
n. 447 del 1995 e dal D.P.C.M. del 1997) e dall'altro
vigono i principi civilistici che regolano i rapporti tra
privati riconducibili nell'ambito del codice agli artt. 844
e 2043 c.c., dotati di fondamento costituzionale e
comunitario.
Correttamente la corte d'appello, ha ritenuto che
l'eventuale rispetto da parte della ricorrente della
normativa pubblicistica contenuta nel DPCM 14.11.1997 non
faccia venir meno la possibilità che essa possa esser
ritenuta responsabile sotto il profilo civilistico, in caso
di violazione dei sopra ricordati artt. 844 e 2043 c.c.
laddove sia riscontrato, come accertato dal consulente
tecnico, che vi siano state ripetute immissioni sonore in
orario dedicato al riposo notturno che superavano i tre dB(A)
Leq di rumore di fondo, soglia fissata da un consolidato
orientamento giurisprudenziale come tetto massimo di
tollerabilità in orario notturno.
Questa Corte ha avuto infatti più volte modo di affermare,
con affermazioni rispetto alle quali non vi è ragione di
discostarsi, che nell'ambito, non già della
tutela della quiete pubblica ovvero del rapporto tra privati
e PA, bensì dei rapporti tra privati, l'osservanza delle
normative tecniche speciali, quali quelle qui invocate, non
è dirimente nell'escludere l'intollerabilità delle
immissioni (v. da
ultimo Cass. n. 8474 del 2015); che la
fattispecie deve essere vagliata secondo l'ordinario
criterio di cui alla disposizione generale dell'art. 844
cit., nel senso che il superamento della soglia codicistica
di tollerabilità delle immissioni ben può essere riscontrata
pur nell'accertato rispetto dei limiti di cui alla normativa
tecnica.
Si è in proposito affermato (Cass. n. 1151 del 2003; Cass.
n. 1418 del 2006; Cass. n. 939 de12011; Cass. n. 17051 del
2011 e, più recentemente, in materia di rumorosità da
sorvolo aereo: Cass. n. 15233 del 2014) che:
- in materia di immissioni, mentre è
illecito il superamento dei livelli di accettabilità
stabiliti dalle leggi e dai regolamenti che, disciplinando
le attività produttive, fissano nell'interesse della
collettività le modalità di rilevamento dei rumori ed i
limiti massimi di tollerabilità, l'eventuale rispetto degli
stessi non può fare considerare senz'altro lecite le
immissioni, dovendo il giudizio sulla loro tollerabilità
formularsi in concreto alla stregua dei principi di cui
all'art. 844 c.c.;
- che alla materia delle immissioni sonore
o da vibrazioni o scuotimenti atte a turbare il bene della
tranquillità nel godimento degli immobili adibiti ad
abitazione non è applicabile la L. 26.10.1995, n. 447,
sull'inquinamento acustico, poiché tale normativa, come
quella contenuta nei regolamenti locali, persegue interessi
pubblicistici disciplinando, in via generale ed assoluta, e
nei rapporti c.d. verticali fra privati e la p.a., i livelli
di accettabilità delle immissioni sonore al fine di
assicurare alla collettività il rispetto di livelli minimi
di quiete;
- che la disciplina delle immissioni
moleste in alieno nei rapporti fra privati va sempre
rinvenuta nell'art. 844 c.c., sulla cui base, quand'anche
dette immissioni non superino i limiti fissati dalle norme
di interesse generale, il giudizio in ordine alla loro
tollerabilità va compiuto secondo il prudente apprezzamento
del giudice, che tenga conto di tutte le peculiarità della
situazione concreta: analogamente è a dire per la normativa
secondaria e regolamentare di attuazione la quale, nel
determinare le modalità di rilevamento dei rumori ed i
limiti di tollerabilità in materia di immissioni rumorose,
non può per sua natura che perseguire finalità meramente
esecutive di carattere pubblicistico, così incidendo sui
soli rapporti fra i privati e la p.a.; sicché i limiti
tecnici in essa contenuti non escludono l'applicabilità
dell'art. 844 c.c., nei rapporti tra i proprietari di fondi
vicini.
Va inoltre ribadito che la valutazione
imposta al giudice ex art. 844 c.c., risponde -nel
contemperamento delle esigenze della produzione con le
ragioni della proprietà- alla tutela di preminenti diritti
di rilievo costituzionale, come quello alla salute ed alla
qualità della vita.
Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la
violazione e falsa applicazione dell'art. 6-ter inserito
dalla legge di conversione 27.2.2009, n. 13 nel testo del
d.l. 30.12.2008 n. 208, che così recita: Art. 6-ter. -
(Normale tollerabilità delle immissioni acustiche). 1.
Nell'accertare la normale tollerabilità delle immissioni e
delle emissioni acustiche, ai sensi dell'articolo 844 del
codice civile, sono fatte salve in ogni caso le disposizioni
di legge e di regolamento vigenti che disciplinano
specifiche sorgenti e la prioritari di un determinato uso.
La ricorrente sostiene che con questo articolo, in materia
di immissioni ed emissioni acustiche, il legislatore ha
superato tutto il dibattito dottrinario e giurisprudenziale
e i criteri elaborati dalla giurisprudenza a tutela del
privato a fronte delle immissioni, chiarendo definitivamente
che i valori limite da rispettare sono semplicemente ed
unicamente, senza alcuna differenziazione tra tutela
privatistica ed amministrativa, quelli indicati dal D.P.C.M.
19.11.1997. Ritiene che, trattandosi di norma di
interpretazione autentica, essa sia immediatamente
applicabile al caso di specie.
Il motivo è infondato.
La normativa in questione, diversamente da quanto opinato
dalla Corte d'appello (e quindi intervenendo a correggere
sul punto la motivazione) potrebbe anche essere ritenuta
immediatamente applicabile in quanto, benché costituisca
ius superveniens, sembra esprimere un portato di
interpretazione autentica, argomentabile dal riferimento
alle disposizioni di legge e ai regolamenti vigenti.
Tuttavia, come già osservato da Cass. n. 8474 del 2015,
valorizzando anche le affermazioni della Corte
costituzionale che si è già espressa sulla conformità della
disciplina stessa ai principi costituzionali, alla norma
deve necessariamente data una interpretazione
costituzionalmente orientata, e non necessariamente
derogatoria del principio di accertamento in concreto della
normale tollerabilità da parte del giudice, tenuto anche
conto del principio generale per cui "il
limite della tutela della salute è da ritenersi ormai
intrinseco nell'attività di produzione oltre che nei
rapporti di vicinato, alla luce di una interpretazione
costituzionalmente orientata, dovendo considerarsi
prevalente, rispetto alle esigenze della produzione, il
soddisfacimento ad una normale qualità della vita"
(Cass. n. 5564 dell'08.03.2010).
La Corte costituzionale, con ordinanza n. 103 del 2011 con
la quale ha ritenuto inammissibile la questione di
legittimità costituzionale su di essa dedotta, ha affermato
proprio che dal solo dettato dell'art. 6-ter cit. non può
aprioristicamente evincersi una portata derogatoria e
limitativa dell'art. 844 c.c., senza prima tentare di
sperimentare diverse interpretazioni idonee a preservare la
norma stessa dai sollevati profili di denunciata
incostituzionalità.
Aggiunge che alla assai generica locuzione "sono fatte
salve in ogni caso le disposizioni di legge e di regolamento
vigenti che disciplinano specifiche sorgenti e la priorità
di un determinato uso", contenuta nella norma in esame,
non debba necessariamente riconoscersi una portata
derogatoria rispetto alla disciplina codicistica in tema di
immissioni.
Nell'identificare il significato della norma e nel vagliare
l'eventuale influenza di tale clausola di salvezza rispetto
ai criteri civilistici di accertamento del limite della
normale tollerabilità delle immissioni acustiche il giudice
delle leggi segnala che non si possa
prescindere dal criterio guida della protezione del diritto
alla salute (al
quale si aggiunge, come meglio si vedrà in riferimento al
motivo n. 5 del presente ricorso, la necessità di tutelare
il diritto al rispetto della vita privata e familiare,
imposto dall'art. 8 Cedu); sulla base,
però, non già del mero rispetto di un limite tabellare
assoluto, bensì della concreta incidenza (id est:
tollerabilità) delle immissioni nello specifico e mutevole
contesto della loro manifestazione, così come imposto
dall'ormai consolidata interpretazione, giurisprudenziale
dell'art. 844 c.c., disposizione che lo stesso art. 6-ter
prevede che continui ad essere applicata.
Pertanto, anche a seguito dell'entrata in
vigore dell'art. 6-ter, mantiene la sua attualità l'ormai
pacifico orientamento di legittimità che differenzia -quanto
ad oggetto, finalità e fera di applicazione- la
disciplina contenuta nel codice civile dalla normativa di
diritto pubblico.
...
Infine, con il quinto ed ultimo motivo la ricorrente
denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt.
2056, 2059, 1223 e 1226 c.c. in punto di mancanza di nesso
causale tra le immissioni ed il danno lamentato dagli attori
e ad essi liquidato, nonché la presenza del vizio
motivazionale sotto ogni sua possibile prospettazione in
ordine alla risarcibilità del danno esistenziale (domanda
formulata in via subordinata rispetto alla domanda
principale di risarcimento del danno biologico).
Sostiene che, avendo la corte d'appello escluso in concreto
un danno alla salute a carico di tutti gli attori (tranne
che nei confronti di Da.Re., nei riguardi della quale ha
confermato il riconoscimento di un modesto danno biologico,
quantificato in 1500 euro per l'accertamento dell'esistenza
di emicranie ricorrenti), non avrebbe dovuto essere
liquidato il danno esistenziale.
La sentenza impugnata,
laddove ha liquidato una modesta cifra in favore di ciascun
attore per un preteso danno esistenziale pur avendo escluso
la configurabilità di un pregiudizio alla salute di essi, si
porrebbe in contrasto con il recente quanto consolidato
orientamento giurisprudenziale, che ha trovato la sua prima
ed incisiva espressione nella sentenza delle Sezioni Unite
n. 26972 del 2008, che ha posto un limite alla duplicazione
delle voci di danno risarcibile ed alla risarcibilità dei
danni bagatellari.
Il motivo è infondato.
E' ben vero che la Corte ha inteso in
questi ultimi anni ridisegnare l'area del danno non
patrimoniale risarcibile espungendone i pregiudizi
inconsistenti che avevano trovato occasionalmente tutela nei
giudizi di merito pur non potendo assurgere a lesioni
meritevoli di tutela e le duplicazioni ingiustificate delle
voci di danno.
Da ciò non si può far discendere però, quale automatica
conseguenza, la conclusione per cui il danno non
patrimoniale sarebbe risarcibile soltanto qualora ad esso si
associ una lesione del diritto alla salute ovvero un vero e
proprio danno biologico.
La stessa sentenza n. 26972 del 2008 ha chiarito che
il danno alla qualità dell'esistenza trova tutela
soltanto quando esso si verifichi in conseguenza della
lesione di un diritto costituzionalmente garantito
(escludendo in tal modo i danni bagatellari) con ciò non
precludendo però la strada alla possibilità di porre a
fondamento della risarcibilità del danno non patrimoniale un
diritto fondamentale diverso rispetto al diritto alla salute
(e alla lesione di interessi costituzionalmente protetti,
quali l'inviolabilità del domicilio e la tutela della
famiglia fa riferimento la sentenza impugnata).
Proprio in tema di risarcibilità del pregiudizio per
immissioni che superino la soglia di tollerabilità, questa
Corte ha più volte affermato già in passato che
pur quando non risulti integrato un danno biologico,
la lesione del diritto al normale svolgimento della vita
familiare all'interno della propria casa di abitazione e del
diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie
abitudini di vita quotidiane sono pregiudizi apprezzabili in
termini di danno non patrimoniale
(v. Cass. n.7875 del 2009).
Cass. n. 26899 del 2014 ha affermato che
l'accertata esposizione ad immissioni sonore intollerabili
può determinare una lesione del diritto al riposo notturno e
alla vivibilità della propria abitazione, la cui prova può
essere fornita dal danneggiato anche mediante presunzioni
sulla base delle nozioni di comune esperienza
(nella specie, le immissioni sonore -costituite da musica ad
alto volume e altri schiamazzi "clamorosamente eccedenti
la normale tollerabilità" in orario serale e notturno-
avevano determinato una lesione, non futile, al diritto al
riposo notturno per un periodo di almeno tre anni).
A ciò deve aggiungersi che il diritto al
rispetto della propria vita privata e familiare è uno dei
diritti protetti dalla Convenzione europea dei diritti umani
(art. 8). La Corte di Strasburgo ha fatto più volte
applicazione di tale principio anche a fondamento della
tutela alla vivibilità dell'abitazione e alla qualità della
vita all'interno di essa, riconoscendo alle parti
assoggettate ad immissioni intollerabili un consistente
risarcimento del danno morale, e tanto pur non sussistendo
alcuno stato di malattia.
La Corte ha più volte condannato, per violazione dell'art.
8, gli Stati che, in presenza di livelli di
rumore significantemente superiori al livello massimo
consentito dalla legge, non avessero adottato misure idonee
a garantire una tutela effettiva del diritto al rispetto
della vita privata e familiare
(sentenza Deés v. Ungheria del 9.11.2010; sentenze Uluic' v.
Cronia, n. 61260 del 2008, (§§ da 48 a 66) e Moreno Gómez v.
Spagna, n. 4143/02 ( §§ da 57 a 63).
A seguito della c.d. "comunitarizzazione" della Cedu,
conseguente all'approvazione del trattato di Lisbona,
il giudice interno che abbia a trattare casi di
immissioni non può non conformarsi anche ai criteri
elaborati in seno al sistema giuridico della Convenzione. In
ragione di tale nuova prospettiva giuridica di riferimento
esce rafforzata dal fondamento normativo costituito
dall'art. 8 Cedu la risarcibilità del danno non patrimoniale
conseguente ad immissioni illecite anche a prescindere dalla
sussistenza di un danno biologico documentato.
Il ricorso va pertanto rigettato (Corte
di Cassazione, Sez. III civile,
sentenza 16.10.2015, n. 20927). |
giugno 2014 |
|
AMBIENTE-ECOLOGIA:
L’art. 9 della legge n. 447/1995, in presenza di
eccezionali ed urgenti necessità di tutela della salute
pubblica o dell'ambiente, attribuisce al Sindaco, al
Presidente della Provincia, al Presidente della Giunta
regionale, al Prefetto, al Ministro dell'Ambiente, ed al
Presidente del Consiglio dei Ministri, nell'ambito delle
rispettive competenze, la possibilità di ordinare in via contingibile ed urgente il ricorso temporaneo a speciali
forme di contenimento o di abbattimento delle emissioni
sonore. In particolare, nel caso di servizi pubblici
essenziali tale facoltà è riservata al Presidente del
Consiglio dei Ministri.
Alla luce della predetta disposizione, ritiene il Collegio
che sia fondata la dedotta eccezione di incompetenza del
Comune di Potenza.
Infatti, la gestione del servizio attinente alla rete
autostradale e alle strade di grande comunicazione
costituisce un servizio pubblico essenziale alla stregua di
quanto disposto dall'art. 3, comma 1, lett. i), della legge
447/1995 e dal c.c.n.l. 06.07.1995, artt. 1, lett. f) e 2,
n. 8, di modo che, nella specie, la configurabilità di
competenze comunali deve essere esclusa in radice, anche
avuto riguardo al fatto che la rete stradale in concessione
della Società ricorrente ha una estensione così ampia da non
tollerare interventi frammentati.
Ne deriva che il potere di ordinanza riferito al
contenimento dell'inquinamento acustico derivante da tale
servizio non può che essere attribuito, come la disposizione
sopra indicata chiaramente prevede, al Presidente del
Consiglio dei Ministri.
Nel merito, il ricorso è fondato nei sensi
di cui in motivazione.
2.2. Il Collegio ritiene preminente la disamina della
prospettata incompetenza del Comune di Potenza ad emanare
provvedimenti contingibili e urgenti in materia di
inquinamento acustico ove vengano in considerazione, come
nella presente fattispecie, servizi pubblici essenziali.
2.3. L’art. 9 della legge n. 447/95, in presenza di
eccezionali ed urgenti necessità di tutela della salute
pubblica o dell'ambiente, attribuisce al Sindaco, al
Presidente della Provincia, al Presidente della Giunta
regionale, al Prefetto, al Ministro dell'Ambiente, ed al
Presidente del Consiglio dei Ministri, nell'ambito delle
rispettive competenze, la possibilità di ordinare in via
contingibile ed urgente il ricorso temporaneo a speciali
forme di contenimento o di abbattimento delle emissioni
sonore. In particolare, nel caso di servizi pubblici
essenziali tale facoltà è riservata al Presidente del
Consiglio dei Ministri.
Alla luce della predetta disposizione, ritiene il Collegio
che sia fondata la dedotta eccezione di incompetenza del
Comune di Potenza. Infatti, la gestione del servizio
attinente alla rete autostradale e alle strade di grande
comunicazione costituisce un servizio pubblico essenziale
alla stregua di quanto disposto dall'art. 3, comma 1, lett.
i), della legge 447/1995 e dal c.c.n.l. 06.07.1995, artt.
1, lett. f) e 2, n. 8, di modo che, nella specie, la
configurabilità di competenze comunali deve essere esclusa
in radice, anche avuto riguardo al fatto che la rete
stradale in concessione della Società ricorrente ha una
estensione così ampia da non tollerare interventi
frammentati (cfr. TAR Toscana, sez. II, 15.03.2002, n.
494).
Ne deriva che il potere di ordinanza riferito al
contenimento dell'inquinamento acustico derivante da tale
servizio non può che essere attribuito, come la disposizione
sopra indicata chiaramente prevede, al Presidente del
Consiglio dei Ministri (cfr. TAR Umbria, 11.11.2008, n. 722).
2.4. Inoltre, la predisposizione dei “piani di contenimento
ed abbattimento del rumore”, quale strumenti specifici
idonei ad affrontare le problematiche del rumore derivante
dai “servizi pubblici di trasporto” e dalle “relative
infrastrutture”, è prevista dall’articolo 10, comma 5, “in
deroga” alle previsioni sanzionatorie che assistono i poteri
di intervento sanciti dalla legge quadro, compreso quello di
ordinanza di cui all’articolo 9, comma 1, quale che sia il
livello di competenza al quale debba essere esercitato, e
per detti piani il controllo del rispetto della loro
attuazione è demandato al Ministero dell'Ambiente, non
prevedendo, peraltro, la legge n. 447/1995 sanzioni
specifiche per la mancata, ritardata, difforme
predisposizione o attuazione dei piani.
2.5. A tali rilievi, di portata assorbente, deve poi
aggiungersi come nel provvedimento impugnato non venga dato
alcun conto dei presupposti legittimanti l’esercizio dei
poteri di ordinanza, segnatamente con riguardo alla mancanza
di qualsivoglia riferimento all’esistenza di una situazione
di eccezionale ed urgente necessità di tutela della salute
pubblica o dell'ambiente, come richiesto dall’art. 9 della
ripetuta legge n. 447/95 (cfr. TAR Toscana, sez. II, 12.07.2010, n. 2501).
2.6. D’altra parte, la portata applicativa della disciplina,
così ricostruita, non appare illogica o priva di ratio, se
si considera la vastità degli impatti acustici collegati
alla viabilità, di regola preesistente agli insediamenti
abitativi, nonché l’esigenza di assicurare ai gestori dei
relativi servizi pubblici ed infrastrutture la possibilità
di effettuare interventi organici e programmati secondo
modalità e tempi che contemperino la salvaguardia delle
posizioni individuali con la gestione complessiva del
servizio, impregiudicata, naturalmente, l’attivazione di
ogni ulteriore forma di tutela della salute.
2.7. Può aggiungersi che l’iniziativa del Comune di Potenza,
così come quella del controinteressato, dalla cui
segnalazione ha avuto origine la problematica, potrà essere
rivolta ad ottenere, da parte del gestore della strada e
delle Amministrazioni statali competenti, la concreta
attuazione dell’articolo 10, comma 5, della legge n.
447/1995 (cfr. TAR Umbria, 07.12.2011, n. 411)
(TAR Basilicata,
sentenza 23.06.2014 n. 410 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Inquinamento acustico.
Domanda
La mia abitazione è nelle vicinanze di una scuola elementare
ed è disturbata da rumori eccedenti la normale tollerabilità
fatti dagli alunni in orari non conformi al rispetto del
vivere civile. Per un'azione legale mi debbo rivolgere al
giudice amministrativo?
Risposta
La Corte di cassazione, Sezioni unite civili, con la
sentenza del 06.09.2013, numero 20571, ha affermato
che nel caso di immissione moleste dovuti a rumori,
eccedenti il limite della normale tollerabilità, dovute a
una scuola che non rispetti le regole di buona vicinanza, la
domanda di condanna della pubblica amministrazione sia al
risarcimento del danno patrimoniale, sia a un facere o a un
non facere per l'inosservanza delle regole tecniche, e cioè
dei canoni di diligenza e di prudenza nella gestione e
manutenzione dei propri beni, rientra nella giurisdizione
del giudice ordinario e non già in quella del giudice
amministrativo.
Per la Suprema corte la tutela inibitoria portata
dall'articolo 844 del codice civile può essere fatta valere
dal soggetto leso dalle immissioni nocive dinnanzi al
giudice ordinario sia per conseguire la condanna della
pubblica amministrazione al risarcimento del danno
patrimoniale, sia per la condanna della stessa pubblica
amministrazione a un facere o a un non facere, atteso che la
domanda non riveste atti autoritativi della pubblica
amministrazione, ma attività soggette al rispetto del
principio del neminem ledere.
Il giudice, per la Corte, nell'emettere un ordine a usare
gli spazi per la ricreazione degli alunni in orari di dovuta
tollerabilità da parte degli abitanti vicini al plesso
scolastico, non viene a fissare i modi di esercizio di un
pubblico servizio scolastico, ma viene a tutelare i
legittimi diritti dei confinati con l'istituto scolastico
alla tutela dalle immissioni moleste (articolo ItaliaOggi Sette del
16.06.2014). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Inquinamento acustico.
Domanda
In materia di
inquinamento acustico, una legge dello Stato successiva può
interpretare con effetto retroattivo un'altra legge dello
Stato venendo così a creare un pregiudizio nei confronti di
una delle parti contrattuali (siamo in presenza di problemi
acustici in immobili di civile abitazione)?
Risposta
La Corte
costituzionale, con la sentenza del 29.05.2013, numero 103,
ha affermato che il legislatore può emanare norme
retroattive, anche di interpretazione autentica, purché la
retroattività trovi adeguata giustificazione nell'esigenza
di tutelare principi, diritti e beni di rilievo
costituzionale, che costituiscono altrettanti motivi
imperativi di interesse generale, ai sensi della Convenzione
europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Cedu).
La norma che deriva dalla legge di interpretazione
autentica, aggiungono i giudici costituzionali, non può
dirsi costituzionalmente illegittima qualora si limiti ad
assegnare alla disposizione interpretata un significato già
in essa contenuto, riconoscibile come una delle possibili
letture del testo originario. In tal caso, infatti, la legge
interpretativa ha lo scopo di chiarire situazioni oggettive
di incertezza del dato normativo, in ragione di un dibattito
giurisprudenziale irrisolto o di ristabilire una
interpretazione più aderente alla originaria volontà del
legislatore a tutela della certezza del diritto e
dell'eguaglianza dei cittadini. Principi questi, per la
Consulta, di preminente interesse costituzionale.
Nel caso, l'articolo 15 della legge numero 96 del 2010,
estendo con effetto ex tunc la moratoria di cui
all'articolo 11, comma 5 della legge numero 88, del 2009,
viene a vanificare, aggiungono i giudici, il legittimo
affidamento di coloro che hanno acquistato beni immobili nel
periodo in cui vigeva la predetta norma di cui all'articolo
11, che specificava che la sospensione dell'applicazione nei
rapporti tra privati delle norme sull'inquinamento acustico
degli edifici valesse per il futuro
(articolo ItaliaOggi Sette del
02.06.2014). |
aprile 2014 |
|
AMBIENTE-ECOLOGIA:
SUPERAMENTO DELLA SOGLIA DI NORMALE TOLLERABILITA'.
Immissioni, soglia di normale tollerabilità, superamento,
inibitoria
delle immissioni, risarcimento del danno.
Quando sia accertato il superamento della soglia di normale
tollerabilità delle immissioni si versa in una situazione
di illiceità
che esclude il ricorso al giudizio di bilanciamento e
quindi all’indennizzo di cui all’art. 844, comma 2, cod.
civ. e che introduce il diverso tema della inibitoria delle
immissioni
e dell’eventuale risarcimento del danno.
La pronuncia in commento assume rilievo in quanto definisce
i limiti di applicazione dell’art. 844 cod. civ. ed, in
particolare,
del secondo comma del medesimo articolo il quale, come
noto, consente di imporre al proprietario che subisce le
immissioni
(eventualmente previa corresponsione di indennizzo)
l’obbligo di sopportare le medesime ove ciò sia funzionale
alle
esigenze della produzione.
Nel caso di specie l’attore domandava la conferma del
provvedimento
d’urgenza che aveva accertato la provenienza di
immissioni intollerabili (di fumo, rumore e odori) dai
locali
del convenuto, nonché l’inibitoria della sua attività ed
il risarcimento
dei danni patiti.
La società convenuta deduceva di avere ottemperato alle
prescrizioni
contenute nel provvedimento d’urgenza, ma di non
aver potuto procedere alla installazione di una canna
fumaria
che convogliasse i fumi -unica soluzione che, secondo
quanto
suggerito dal CTU, avrebbe risolto l’inconveniente- perché
l’attrice non aveva prestato il consenso all’appoggio della
canna
fumaria al muro esterno dell’immobile di sua proprietà.
Il Tribunale, pur avendo accertato l’intollerabilità delle
immissioni
in questione, riteneva prevalenti le esigenze della
produzione su quelle della proprietà e, quindi, riconosceva
all’attore un indennizzo, ma rigettava le sue domande di
inibitoria
di risarcimento dei danni. Tale decisione veniva confermata
in appello.
L’originario attore, pertanto, ricorreva in cassazione
deducendo
la non corretta interpretazione e applicazione della norma
che disciplina le immissioni, alla luce dei principi
affermati
dalla giurisprudenza di legittimità sul tema (si veda al
riguardo,
ex plurimis, Cass. n. 4963/2001 e Cass., sez. un. n. 10186/
1998): in particolare il ricorrente contesta la sentenza
d’appello
nella parte in cui, dopo aver accertato l’intollerabilità
delle
immissioni, ha operato la comparazione tra le opposte
esigenze
della proprietà e della produzione, tenendo peraltro conto,
all’interno di tale giudizio, della soluzione proposta dal
CTU
(consistente, in sostanza, nell’obbligare l’attore a
prestare il
proprio consenso alla installazione della canna fumaria -
dunque
alla costituzione di una servitù - o a subire le
immissioni).
La Cassazione giudica il motivo fondato, illustrando, in
linea
con la giurisprudenza di legittimità (si veda al riguardo,
ex plurimis, Cass. n. 939/2011, Cass. n. 5844/2007 e Cass. n.
25820/2009), che:
– a fronte di accertate immissioni ai limiti della normale
tollerabilità, l’art. 844, comma 2, cod. civ. prevede il
giudizio
di comparazione (in tal caso, precisa la Cassazione, «il
legislatore
consente di imporre al proprietario l’obbligo di sopportare
le immissioni, ove ciò sia funzionale alle esigenze della
produzione,
eventualmente previa corresponsione di indennizzo»);
– viceversa, quando sia accertato il superamento della
soglia
di normale tollerabilità delle immissioni si versa in una
«situazione
di illiceità che, evidentemente, esclude il ricorso al
giudizio di bilanciamento e quindi all’indennizzo, e
introduce
il diverso tema della inibitoria delle immissioni e
dell’eventuale
risarcimento del danno».
Nel caso in esame, la Corte d’appello non si è attenuta a
tali
principi in quanto:
a) ha ritenuto di poter effettuare il giudizio di
bilanciamento,
pur in presenza dell’accertamento di immissioni
intollerabili;
b) ha affermato, sia pure indirettamente, che il
proprietario il
quale lamenti -a ragione- il superamento della normale tollerabilità
delle immissioni provenienti dal fondo del vicino è
tenuto a prestare il consenso alla costituzione di servitù,
ove
necessaria alla eliminazione dell’inconveniente, in caso
contrario
rimanendo assoggettato alle immissioni (ciò in quanto i
giudici d’appello avevano giudicato pretestuosa
l’opposizione
dell’originario attore all’installazione della canna fumaria
-unico rimedio individuato nel corso dell’istruttoria per
evitare
le immissioni- consentendo, al contempo, la prosecuzione
dell’attività commerciale della convenuta).
In conclusione, quindi, è erronea la pronuncia che abbia
proceduto
al contemperamento delle opposte esigenze delle parti
ex art. 844, comma 2, cod. civ. pur avendo accertato l’intollerabilità
delle immissioni, che, invece, concretizza una situazione di
illecito extracontrattuale (Corte
di
Cassazione, Sez. II civile, sentenza 07.04.2014 n. 8094 - tratto da
Ambiente & Sviluppo n. 7/2014). |
febbraio 2014 |
|
AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 7 del 10.02.2014, "Pubblicazione
ai sensi dell’articolo 5 del regolamento regionale
21.01.2001, n. 1, dell’elenco dei tecnici competenti in
acustica ambientale riconosciuti dalla Regione Lombardia
alla data del 31 gennaio 2014, in attuazione dell’articolo
2, commi 6 e 7, della legge 26.10.1995, n. 447 e della
deliberazione di Giunta regionale 06.08.2012, n. IX/3935"
(comunicato
regionale 03.02.2014 n. 10). |
gennaio 2014 |
|
AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 4 del 24.01.2014, "Pubblicazione
ai sensi dell’articolo 5 del regolamento regionale 21.01.2001, n. 1, dell’elenco dei tecnici competenti in
acustica ambientale riconosciuti dalla Regione Lombardia
alla data del 31.12.2013, in attuazione dell’articolo 2,
commi 6 e 7, della legge 26.10.1995, n. 447 e della
deliberazione di Giunta regionale 06.08.2012, n. IX/3935" (comunicato
regionale 20.01.2014 n. 5). |
AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 3 del 15.01.2014, "Semplificazione
dei criteri tecnici per la redazione della documentazione di
previsione d’impatto acustico dei circoli privati e pubblici
esercizi. Modifica ed integrazione dell’allegato alla
deliberazione di Giunta regionale 08.03.2002, n. VII/8313"
(deliberazione
G.R. 10.01.2014 n. 1217). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
I provvedimenti
concernenti speciali forme di contenimento e di abbattimento
delle emissioni sonore, inclusa l’inibitoria parziale o
totale di determinate attività, in materia di servizi
pubblici essenziali, sono riservati esclusivamente al
Presidente del Consiglio dei Ministri, e ciò all’evidente
scopo di uniformare l’azione amministrativa alle enucleate
peculiari fattispecie ove incidenti su servizi pubblici
essenziali.
In tali ipotesi, venendo in rilievo concorrenti interessi di
rilievo pubblicistico inerenti a servizi pubblici
essenziali, la sede di composizione del conflitto non può
essere individuata nel livello territoriale comunale,
neppure ai fini dell’emanazione di provvedimenti
contingibili e urgenti, ma si sposta inevitabilmente ad un
livello più elevato.
Il trasporto ferroviario è qualificato come “servizio
pubblico essenziale” dall’art. 1 comma 2, lett. b), L.
12.06.1990 n. 146. Ne consegue che in tale specifica
materia, eventuali provvedimenti contingibili e urgenti
concernenti il contenimento e l’abbattimento delle emissioni
sonore derivanti dal trasporto ferroviario sono di
competenza del Presidente del Consiglio, e non del Sindaco.
Ne consegue ulteriormente che l’atto impugnato,
nell’ordinare alla società ricorrente di porre in essere
misure urgenti di mitigazione del rumore ferroviario, è
palesemente viziato da incompetenza e da difetto di
attribuzione, essendo stato adottato dal Sindaco invece che
dal Presidente del Consiglio dei Ministri.
L’art. 9, comma 1, della L. 26.10.1995 n.
447 (“Legge quadro sull’inquinamento acustico”), prevede che
“Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità
di tutela della salute pubblica o dell'ambiente il sindaco,
il presidente della provincia, il presidente della giunta
regionale dall'articolo 8 della L. 03.03.1987, n. 59, il
prefetto, il Ministro dell'ambiente, secondo quanto
previsto, e il Presidente del Consiglio dei ministri,
nell'ambito delle rispettive competenze, con provvedimento
motivato, possono ordinare il ricorso temporaneo a speciali
forme di contenimento o di abbattimento delle emissioni
sonore, inclusa l'inibitoria parziale o totale di
determinate attività”.
La stessa norma precisa, peraltro, che “Nel caso di
servizi pubblici essenziali, tale facoltà è riservata
esclusivamente al Presidente del Consiglio dei ministri”.
In forza di quest’ultima disposizione, è consolidato in
giurisprudenza l’orientamento secondo cui i provvedimenti
concernenti speciali forme di contenimento e di abbattimento
delle emissioni sonore, inclusa l’inibitoria parziale o
totale di determinate attività, in materia di servizi
pubblici essenziali, sono riservati esclusivamente al
Presidente del Consiglio dei Ministri, e ciò all’evidente
scopo di uniformare l’azione amministrativa alle enucleate
peculiari fattispecie ove incidenti su servizi pubblici
essenziali (TAR L’Aquila, sez. I, 10.01.2013, n. 8; TAR
Perugia, sez. I, 22.12.2011, n. 411 e 11.11.2008
n. 722; TAR Firenze sez. II, 15.03.2002, n. 494;
Consiglio di Stato, sez. V, 09.02.2001, n. 580).
In tali ipotesi, venendo in rilievo concorrenti
interessi di rilievo pubblicistico inerenti a servizi
pubblici essenziali, la sede di composizione del conflitto
non può essere individuata nel livello territoriale
comunale, neppure ai fini dell’emanazione di provvedimenti contingibili e urgenti, ma si sposta inevitabilmente ad un
livello più elevato.
Il trasporto ferroviario è qualificato come “servizio
pubblico essenziale” dall’art. 1 comma 2, lett. b), L. 12.06.1990 n. 146. Ne consegue che in tale specifica
materia, eventuali provvedimenti contingibili e urgenti
concernenti il contenimento e l’abbattimento delle emissioni
sonore derivanti dal trasporto ferroviario sono di
competenza del Presidente del Consiglio, e non del Sindaco.
Ne consegue ulteriormente che l’atto impugnato,
nell’ordinare alla società ricorrente di porre in essere
misure urgenti di mitigazione del rumore ferroviario, è
palesemente viziato da incompetenza e da difetto di
attribuzione, essendo stato adottato dal Sindaco invece che
dal Presidente del Consiglio dei Ministri.
Le stesse misure di mitigazione indicate in via
esemplificativa dal Sindaco nella nota difensiva prodotta in
giudizio (“diminuire la velocità all’entrata e all’uscita
delle stazioni, ovvero in presenza di nuclei urbani,
soprattutto in orario notturno...”) rendono ancora più
evidente l’incidenza di tali misure sulle modalità di
gestione del servizio pubblico di trasporto, con effetti
interferenziali non riducibili al solo territorio comunale
ma estensibili all’intera rete di trasporto nazionale: da
cui la necessità, avvertita dal legislatore, di attribuire
ogni potere in merito ad una Autorità sovraordinata e
centrale.
Alla stregua di tali considerazioni, il ricorso è fondato e
va accolto, con il conseguente annullamento dell’ordinanza
sindacale impugnata e l’assorbimento delle ulteriori censure
dedotte
(TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 10.01.2014 n. 51 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
La mitigazione del rumore con apposite
barriere è una misura di prevenzione materiale degli effetti
dell’inquinamento acustico che va applicata secondo scelte
tecniche da operare non in ragione del solo costo economico
ma anche, nei limiti di ragionevolezza e proporzionalità,
degli effetti e della incidenza sugli interessi
potenzialmente lesi da quell’inquinamento.
In questo quadro, una barriera di mitigazione materiale del
rumore da alta velocità ferroviaria applicata al ricettore
anziché –come qui domandato- alla sorgente appare
irragionevole e sproporzionata. Essa infatti appare muovere
dalla considerazione del fenomeno dell’inquinamento acustico
come danno da circoscrivere a un puntuale immobile che ne
sia destinatario nella sua oggettiva materialità e nel suo
uso dal solo interno, quasi si tratti di un bilaterale
rapporto di scontato danno a cose anziché di prevenzione di
un effetto diffuso nell’ambiente circostante.
Invece si tratta di contenere l’emissione, piuttosto che
prevenire l’immissione, di danni e disagi diffusi, da
propagazione in incertam personam, che compromettono beni
primari come la salute umana e la qualità della vita
(quiete) e la stessa consistenza materiale delle cose
altrui. Dunque va considerato che, ai fini dell’abbattimento
del rumore ferroviario mediante schermi fonoassorbenti o
altri mezzi passivi di contenimento, l’immobile andava
seriamente preso in considerazione come un ambiente di vita,
con tanto di spazio circostante, dal quale si va e si viene,
ed eventualmente (come è qui stato rappresentato) anche di
una fonte di reddito d’impresa.
Del resto, lo stesso art. 2, comma 1, della legge
26.10.1995, n. 447 (Legge quadro sull'inquinamento acustico)
definisce [lett. a)] “inquinamento acustico” tra l’altro
“l'introduzione di rumore nell'ambiente abitativo o
nell'ambiente esterno”; e (lett. e)) per “ricettore” non
solo l’edificio ma anche “le relative aree esterne di
pertinenza” ed altre aree all’aperto. E l’art. 4, comma 2,
del d.P.R. n. 459 del 1998 enuncia con evidenza il principio
di una preferenza per le opere di mitigazione sulla sorgente
che non può, anche ai fini di un’interpretazione
costituzionalmente orientata (artt. 3 e 32 Cost.), non
essere considerato come tendenzialmente generale.
Perciò, nei termini in cui è materialmente possibile, la
mitigazione materiale va senz’altro applicata “a monte”,
vale a dire nella maggior prossimità possibile alla sorgente
del rumore, in quanto posizione che massimizza l’effetto
schermante. A fronte di tali considerazioni circa i beni
sostanziali toccati, non appaiono ragionevoli valutazioni
restrittive, che possono apparire surrettiziamente tese a
mantenere integra, in loro danno, l’esternalizzazione del
costo dell’inquinamento.
Vengono in decisione
gli appelli proposti da RFI-Rete Ferroviaria Italiana s.p.a.
e dal Consorzio Alta Velocità Torino-Milano per ottenere la
riforma della sentenza, di estremi indicati in epigrafe, con
la quale il Tribunale amministrativo regionale per il
Piemonte ha accolto il ricorso proposto dal signor F.P. e
per l’effetto, ha annullato parzialmente, nella parte
riferita agli interventi sulla proprietà del ricorrente, la
delibera n. 65 del 02.05.2007, con la quale è stata
approvata la variante per gli interventi di mitigazione
acustica su ricettori isolati lungo la sub tratta AV/AC “Torino-Novara”,
della tratta AV/AC “Torino-Milano”.
Con la variante progettuale impugnata, si è prevista la
sostituzione di una barriera fonoassorbente-fonoriflettente,
inizialmente prevista lungo la linea ferroviaria, con un
intervento di mitigazione acustica sull’immobile di
proprietà del ricorrente (destinata ad albergo e ad
abitazione) e, quindi, esclusivamente sul ricettore.
Secondo il Tribunale amministrativo regionale, tale
soluzione non è rispettosa del dettato normativo -art. 11
(Regolamenti di esecuzione) legge 26.10.1995, n. 447 e art.
4 d.P.R. 18.11.1998, n. 459-, che impone le soluzioni di
mitigazione acustica da adottare secondo una scala di
gerarchia, in base alla quale occorre preliminarmente
intervenire sulla sorgente adottando le migliori tecnologie
disponibili. La soluzione adottata dall’Amministrazione, al
contrario, prevedendo esclusivamente l’intervento sul
ricettore non rispetta la scala di priorità normativamente
imposta e risulta giustificata da esclusive ragioni
economiche che, tuttavia, secondo la sentenza appellata, non
sono consentite dalla normativa vigente.
...
Nel merito, gli appelli sono infondati in quanto non può
condividersi l’interpretazione, prospettata dagli appellanti
RFI-Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. e Consorzio Alta
Velocità Torino-Milano, dell’art. 4 (Infrastrutture di nuova
realizzazione con velocità di progetto superiore a 200 km/h)
del d.P.R. 18.11.1998, n. 459 (Regolamento recante norme di
esecuzione dell'articolo 11 della legge 26.10.1995, n. 447,
in materia di inquinamento acustico derivante da traffico
ferroviario), secondo cui valutazioni di opportunità, basate
anche solo su mere ragioni di convenienza economica,
potrebbero giustificare l’imposizione di soluzioni di
mitigazione acustica sul ricettore anziché sulla sorgente
del rumore.
Invero, la mitigazione del rumore con apposite barriere è
una misura di prevenzione materiale degli effetti
dell’inquinamento acustico che va applicata secondo scelte
tecniche da operare non in ragione del solo costo economico
ma anche, nei limiti di ragionevolezza e proporzionalità,
degli effetti e della incidenza sugli interessi
potenzialmente lesi da quell’inquinamento.
In questo quadro, una barriera di mitigazione materiale del
rumore da alta velocità ferroviaria applicata al ricettore
anziché –come qui domandato- alla sorgente appare
irragionevole e sproporzionata. Essa infatti appare muovere
dalla considerazione del fenomeno dell’inquinamento acustico
come danno da circoscrivere a un puntuale immobile che ne
sia destinatario nella sua oggettiva materialità e nel suo
uso dal solo interno, quasi si tratti di un bilaterale
rapporto di scontato danno a cose anziché di prevenzione di
un effetto diffuso nell’ambiente circostante. Invece si
tratta di contenere l’emissione, piuttosto che prevenire
l’immissione, di danni e disagi diffusi, da propagazione in
incertam personam, che compromettono beni primari
come la salute umana e la qualità della vita (quiete) e la
stessa consistenza materiale delle cose altrui. Dunque va
considerato che, ai fini dell’abbattimento del rumore
ferroviario mediante schermi fonoassorbenti o altri mezzi
passivi di contenimento, l’immobile andava seriamente preso
in considerazione come un ambiente di vita, con tanto di
spazio circostante, dal quale si va e si viene, ed
eventualmente (come è qui stato rappresentato) anche di una
fonte di reddito d’impresa.
Del resto, lo stesso art. 2, comma 1, della legge
26.10.1995, n. 447 (Legge quadro sull'inquinamento acustico)
definisce [lett. a)] “inquinamento acustico” tra
l’altro “l'introduzione di rumore nell'ambiente abitativo
o nell'ambiente esterno”; e (lett. e)) per “ricettore”
non solo l’edificio ma anche “le relative aree esterne di
pertinenza” ed altre aree all’aperto. E l’art. 4, comma
2, del d.P.R. n. 459 del 1998 enuncia con evidenza il
principio di una preferenza per le opere di mitigazione
sulla sorgente che non può, anche ai fini di
un’interpretazione costituzionalmente orientata (artt. 3 e
32 Cost.), non essere considerato come tendenzialmente
generale.
Perciò, nei termini in cui è materialmente possibile, la
mitigazione materiale va senz’altro applicata “a monte”,
vale a dire nella maggior prossimità possibile alla sorgente
del rumore, in quanto posizione che massimizza l’effetto
schermante. A fronte di tali considerazioni circa i beni
sostanziali toccati, non appaiono ragionevoli valutazioni
restrittive, che possono apparire surrettiziamente tese a
mantenere integra, in loro danno, l’esternalizzazione del
costo dell’inquinamento.
Il quadro normativo di riferimento imponeva dunque, nel caso
di specie, all’Amministrazione di seguire, come bene
ritenuto dal Tribunale amministrativo regionale, una linea
di priorità volta a privilegiare, sulla base delle
tecnologie disponibili, la soluzione meno gravosa per la
proprietà e la vita limitrofa.
Poiché tale priorità è stata disattesa senza alcuna
plausibile motivazione, la scelta progettuale adottata
risulta illegittima. La sentenza appellata merita, quindi,
conferma
(Consiglio di Stato,
Sez. VI,
sentenza 09.01.2014 n. 35 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
dicembre 2013 |
|
AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 52 del 23.12.2013, "Approvazione
delle modalità per la presentazione telematica delle domande
per il riconoscimento della figura di tecnico competente in
acustica ambientale" (decreto
D.S. 17.12.2013 n. 12284). |
AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 50 del 10.12.2013, "Pubblicazione
ai sensi dell’articolo 5 del regolamento regionale
21.01.2001, n. 1, dell’elenco dei tecnici competenti in
acustica ambientale riconosciuti dalla Regione Lombardia
alla data del 30.11.2013, in attuazione dell’articolo 2,
commi 6 e 7, della legge 26.10.1995, n. 447 e della
deliberazione di Giunta regionale 06.08.2012, n. IX/3935" (comunicato
regionale 05.12.2013 n. 142). |
novembre 2013 |
|
AMBIENTE-ECOLOGIA - CONDOMINIO: Autoclave, caldaie, cancelli: il problema va segnalato
all'amministratore.
Una delle principali fonti di discussione tra condomini è
rappresentata dal rumore proveniente dai vicini. Ma accade
spesso che il singolo condomino sia disturbato anche dal
rumore eccessivo proveniente dagli impianti comuni
(ascensore, autoclave, caldaia, scatto automatico del
cancello comune ecc.).
In tale ultimo caso è opportuno denunciare il problema al
responsabile della gestione degli impianti comuni, cioè
all'amministratore di condominio. Quest'ultimo, al fine di
verificare il rispetto dei limiti massimi di rumorosità, si
può rivolgere a un tecnico competente in acustica (o al
comune, che inoltra la richiesta all'Arpa, Agenzia regionale
protezione ambiente).
Se l'amministratore non interviene o
non prende provvedimenti in un tempo ragionevole non resta
che ricorrere all'autorità giudiziaria (competente in questa
materia è il giudice di pace) con una causa che va intentata
contro il condominio.
Quando il rumore degli impianti è intollerabile.
Il condomino che è disturbato dai rumori provenienti dagli
impianti condominiali si può tutelare chiedendo al
condominio il rispetto del limite della cosiddetta normale
tollerabilità prevista dalla legge. Stabilire quando tale
limite è superato non è facile perché lo stesso è variabile
da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona. In
ogni caso se il rumore degli impianti rimane entro i livelli
massimi fissati dalle normative di tutela ambientale ciò non
costituisce circostanza sufficiente a escludere in concreto
l'intollerabilità delle immissioni mentre, al contrario, il
superamento di detti livelli deve ritenersi senz'altro
illecito.
Secondo i giudici, però, per valutare se un rumore
supera o meno il limite di legge è necessario effettuare due
misurazioni: quella relativa all'immissione di rumore,
quando la sorgente in esame è funzionante, e quella del
cosiddetto rumore di fondo, quando detta sorgente non è
funzionante. L'immissione di rumore non deve superare il
limite massimo della normale tollerabilità, che è uguale a 3
decibel oltre il rumore di fondo. Da sottolineare che se
questo limite in una prima rilevazione non risulta superato
non è detto che invece risulti intollerabile poco tempo
dopo.
Come hanno spiegato recentemente i giudici, infatti, i
rumori degli impianti possono cambiare nel tempo in
relazione a una molteplicità di fattori (frequenza d'uso
della fonte, sua manutenzione, intensità volumetrica,
additivi di ogni tipo, modifica del rumore di fondo ecc.).
In altre parole il funzionamento per lunghi periodi degli
impianti rende inevitabile il deteriorarsi di meccanismi,
cuscinetti e guarnizioni che assicurano nei macchinari la
riduzione del rumore metallico.
La stanza da letto del condomino vicino alla caldaia.
Non c'è dubbio, per esempio, che un condomino abbia il pieno
diritto di godere secondo le sue personali abitudini ed
esigenze la propria camera da letto, anche se questa sia
confinante con il vano caldaia che emette rumori fastidiosi
anche di notte. In tal caso, come già accaduto, il giudice
può ordinare, invece che il divieto dell'uso dell'impianto,
l'esecuzione di opere atte a eliminare i rumori o a
ricondurli nei limiti della tollerabilità.
Così, per
esempio, la centrale termica può essere collocata su un
pavimento galleggiante, si possono installare giunti
elastici sulle tubazioni, elementi antivibranti di supporto
delle pompe di circolazione, una cuffia sul bruciatore ecc.
Se però tali rimedi non sono sufficienti è possibile pure
ordinare al condominio la rimozione della centrale termica
condominiale dal luogo in cui era stata installata in altro
locale insonorizzato.
Il problema dell'autoclave e dell'ascensore
Un disturbo insopportabile può provenire anche da
un'autoclave o dall'ascensore condominiale, anche se tali
impianti producono una rumorosità discontinua dovuta agli
avviamenti e alle fermate: in tal caso il livello sonoro che
meglio rappresenta il disturbo è rappresentato dai picchi
massimi raggiunti. Tuttavia anche in queste ipotesi le
immissioni intollerabili, seppure discontinue, sono da
considerare certamente dannose.
Per l'ascensore è possibile eliminare il disturbo imponendo
al condominio di intervenire con l'installazione di supporti
antivibranti dell'argano-motore, l'insonorizzazione del
locale tecnico e, negli ascensori vecchi, di attutire
l'impatto della chiusura delle ante della cabina. Per quanto
riguarda l'autoclave, se il ricorso all'installazione di
pannelli isolanti o rimedi simili non risolve i problemi del
singolo condomino, non rimane che ordinare la rimozione
dell'autoclave da collocare poi in altro luogo
(articolo ItaliaOggi Sette del
18.11.2013). |
AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA:
B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 45 del 07.11.2013,
"Pubblicazione ai sensi dell’articolo 5 del regolamento
regionale 21.01.2001, n. 1, dell’elenco dei tecnici
competenti in acustica ambientale riconosciuti dalla Regione
Lombardia alla data del 31.10.2013, in attuazione
dell’articolo 2, commi 6 e 7, della legge 26.10.1995, n. 447
e della deliberazione di Giunta regionale 06.08.2012, n. IX/3935" (comunicato
regionale 04.11.2013 n. 128). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - CONDOMINIO: Bloccato l'ascensore rumoroso.
Stop all'impianto che produce immissioni intollerabili.
La Cassazione conferma le ragioni di una condomina e la
condanna del condominio.
Stop agli impianti di ascensore rumorosi in condominio. La
Cassazione ha infatti individuato nelle disposizioni
speciali a tutela dell'ambiente i parametri oggettivi per
valutare la soglia di normale tollerabilità delle immissioni
rumorose anche nei rapporti tra i privati.
Questa
l'interessante conclusione contenuta nella
sentenza
06.11.2013 n. 25019
pronunciata dalla II Sez. civile della Suprema.
Il caso concreto. Nella specie una condomina aveva citato dinanzi al giudice
di pace di Ancona il proprio condominio, in persona
dell'amministratore pro tempore, perché fossero dichiarate
illegittime le immissioni acustiche provenienti
dall'ascensore condominiale e perché, conseguentemente, ne
fosse ordinata la cessazione con condanna alla realizzazione
di tutte le conseguenti opere necessarie. Nonostante le
eccezioni difensive formulate dal condominio costituitosi in
giudizio, il giudice, in parziale accoglimento della domanda
della condomina, aveva riconosciuto l'illegittimità delle
immissioni acustiche provenienti dall'ascensore, ordinandone
la cessazione e demandando all'assemblea, sulla scorta della
relazione resa dal consulente tecnico d'ufficio, di
provvedere all'attuazione dei rimedi indispensabili allo
scopo.
Il condominio, per nulla soddisfatto dell'esito del
procedimento, aveva quindi impugnato la sentenza dinanzi al
tribunale. Anche detto giudice, tuttavia, accogliendo
pienamente le valutazioni operate dal consulente tecnico
d'ufficio, il quale aveva rilevato che l'ascensore produceva
emissioni rumorose superiori ai limiti imposti dalla legge,
aveva confermato la valutazione di intollerabilità di queste
ultime.
La decisione della Suprema corte. La seconda sezione civile
della Cassazione, nel respingere a sua volta l'impugnazione
proposta dal condominio avverso la sentenza di appello, ha
chiarito che i criteri per la determinazione dei limiti
massimi di esposizione al rumore indicati dal dpcm del 01.03.1991, ancorché dettati per la tutela generale del
territorio, possono essere utilizzati come parametro di
riferimento anche per stabilire l'intensità e quindi la
soglia di tollerabilità delle immissioni rumorose nei
rapporti tra privati, dunque anche in ambito condominiale.
Tuttavia i giudici di legittimità hanno ritenuto che tali
criteri debbano essere considerati come un limite minimo e
non massimo, dato che gli stessi sono meno rigorosi di
quelli applicabili nei singoli casi ai sensi dell'art. 844
c.c., norma generale sulle immissioni, con la conseguenza
che, in difetto di altri eventuali elementi, il loro
superamento è idoneo a determinare la violazione della
predetta disposizione codicistica.
Nella specie, sulla base delle risultanze della consulenza
tecnica d'ufficio, era stato accertato il superamento della
normale tollerabilità delle emissioni provenienti
dall'ascensore condominiale prendendo come parametro di
riferimento il criterio comparativo tra il rumore con e
senza la sorgente disturbante nella differenza massima di 3
decibel. La Suprema corte ha comunque inteso chiarire come i
parametri di cui al dpcm del 01.03.1991, pur potendo
essere considerati come criteri minimali di partenza al fine
di stabilire l'intollerabilità delle emissioni che li
eccedano, non siano vincolanti per il giudice civile che,
nell'accertamento discrezionale dell'entità delle immissioni
nell'ambito privatistico, può anche motivatamente
discostarsene, pervenendo a un giudizio di intollerabilità
ex art. 844 c.c. anche nelle ipotesi in cui i limiti minimi
di legge non siano stati superati
(articolo ItaliaOggi Sette del
18.11.2013). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rumori nei rapporti tra privati: parametri normativi valgono
come limite minimo.
I criteri previsti dal D.P.C.M.
01.03.1991 per la determinazione dei limiti massimi di
esposizione al rumore, ancorché dettati per la tutela
generale del territorio, possono essere utilizzati come
parametro di riferimento per stabilire l’intensità e, di
riflesso, la soglia di tollerabilità delle immissioni
rumorose nei rapporti tra privati purché, però, considerati
come solo limite minimo.
E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione, Sez. II
civile, con la
sentenza 06.11.2013 n. 25019.
Il concetto di “immissione” e la sua soglia di
tollerabilità
Dottrina e giurisprudenza concordano nel ritenere che l'art.
844 c.c. deve essere letto tenendo conto del limite della
tutela della salute, limite da ritenersi pacificamente
intrinseco nell’attività di produzione oltre che nei rapporti
di vicinato e, ciò, alla luce di un’interpretazione
costituzionalmente orientata per cui essenziale e prevalente
deve essere il soddisfacimento di una normale qualità di
vita.
Alla genericità della previsione de qua, soccorrono
–in ogni caso– i criteri stabiliti dal D.P.C.M. 01.03.1991
in tema di quantificazione della soglia massima di
esposizione al rumore che, benché dettati per la tutela
generale del territorio, possono essere utilizzati anche
come parametro di riferimento per stabilire il limite di
tollerabilità delle immissioni rumorose nei rapporti tra
privati.
La posizione della giurisprudenza sui criteri di
tollerabilità
E' stato, tuttavia, chiarito dalla giurisprudenza che i
parametri fissati dalle norme speciali a tutela
dell’ambiente, pur potendo essere reputati criteri minimali
di partenza (al fine di stabilire -appunto-
l’intollerabilità delle immissioni che li eccedono) non sono
–però– necessariamente vincolanti per il giudice civile che,
nel fissare la tollerabilità, o meno, dei relativi effetti
in ambito privatistico, può anche discostarsene pervenendo
al giudizio di intollerabilità sulla scorta di un prudente
apprezzamento che consideri la particolarità della
situazione concreta e dei criteri contemplati dall'art. 844
c.c., [1]
la valutazione dei quali, ove adeguatamente motivata (come
nel caso di specie), costituisce accertamento di merito
insindacabile in sede di legittimità. [2]
---------------
[1] Norma posta preminentemente a protezione di
situazioni soggettive privatistiche e, segnatamente, della
proprietà.
[2] In proposito, v. Cass. civ., 27.01.2003, n. 1151, in
“Giust. civ.”, 2003, I, 2770; Cass. civ., 25.08.2005, n.
17281, in “Mass. giust. civ.”, 2005, 10 (link a
www.altalex.com). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - CONDOMINIO: Il rumore si valuta con criteri ampi.
Condominio. Cassazione su decibel e ascensore.
Se l'ascensore è rumoroso, il problema è condominiale e non
del singolo proprietario.
La II Sez. civile della
Corte di Cassazione, presieduta da Roberto Triola, ha depositato ieri
la
sentenza 06.11.2013 n. 25019, con la quale ha esaminato il caso di una condòmina che chiedeva che venissero dichiarate illegittime
le immissioni acustiche dell'ascensore e che il condominio
provvedesse a realizzare «tutte le conseguenti opere
necessarie».
Il Giudice di pace di Ancona dichiarava effettivamente
l'illegittimità delle immissioni. L'appello del condominio
veniva rigettato dal Tribunale di Ancona, che lo condannava
anche alle spese.
La Cassazione ha anzitutto ricordato che i criteri adottati
per definire la normale tollerabilità, cioè quelli definiti
dal Dpcm del 01.03.1991, essendo meno rigorosi di quelli
desumibili dall'articolo 844 del Codice civile, sono
comunque accettabili. Possono cioè essere utilizzati anche
per individuare la soglia di tollerabilità delle immissioni
rumorose nei rapporti tra privati purché, però, considerati
come un limite minimo e non massimo.
Ma il Tribunale di Ancona aveva preso a parametro proprio il
superamento di 3 decibel del rumore di fondo ma ampliando
anche il dettato dell'articolo 844 del Codice civile con la
valutazione del livello medio dei rumori di zona (a
carattere residenziale e con scarsa presenza di attività
commerciali e di servizi), alle rilevazioni e agli
accertamenti delle Asl e al riconoscimento della loro
rumorosità (non fisiologica) da parte della stessa assemblea
condominiale. E in ogni caso, ha ricordato la Cassazione, il
giudice di merito può discostarsi dalle norme dettate a
tutela dell'ambiente, secondo il suo «prudente
apprezzamento», e utilizzare il criterio dell'articolo 844
del Codice civile, senza che questo sia oggetto di sindacato
di legittimità.
La Cassazione ha quindi rigettato tutti i motivi di ricorso
indicato dal condominio e confermando anche la condanna al
pagamento di tutte le spese che il Tribunale di Ancona aveva
espresso ribaltando quanto disposto al riguardo dal Giudice
di Pace
(articolo Il Sole 24 Ore del
07.11.2013). |
ottobre 2013 |
|
AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 41 del 07.10.2013, "Pubblicazione
ai sensi dell’articolo 5 del regolamento regionale
21.01.2001, n. 1, dell’elenco dei tecnici competenti in
acustica ambientale riconosciuti dalla Regione Lombardia
alla data del 30.09.2013, in attuazione dell’articolo 2,
commi 6 e 7, della legge 26.10.1995, n. 447 e della
deliberazione di Giunta regionale 06.08.2012, n. IX/3935"
(comunicato
regionale 01.10.2013 n. 116). |
settembre 2013 |
|
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Chiusura dei bar solo con le prove.
Senza l'ordine del sindaco è illegittima.
È illegittima l'ordinanza del sindaco con la quale è stato
coattivamente fissato l'orario massimo di apertura di un
bar-bistrot. In quanto tale ordinanza pur richiamando le
problematiche di disturbo alla quiete ed al riposo delle
persone è stata adottata senza alcuna istruttoria in merito
alla ricorrenza di un'effettiva situazione di «grave
pericolo» tale da minacciare l'incolumità pubblica o la
sicurezza urbana. E in assenza di specifiche risultanze
istruttorie atte a dimostrare il superamento dei valori
limite delle emissioni sonore.
Questo è quanto espresso dal TAR Piemonte, Sez. II,
con la
sentenza 24.09.2013 n.
1041.
Il fatto in sintesi:
alcuni cittadini residenti nelle abitazioni circostanti a un
bar-bistrot presentavano numerosi esposti per la rumorosità
del locale.
I giudici del Tar Piemonte, ricordano che la
motivazione dell'impugnata ordinanza, adottata ai sensi
dell'art. 54 dlgs 18/08/2000, n. 267, pur richiamando le
problematiche di disturbo alla quiete e al riposo delle
persone, non dà atto di alcuna istruttoria in merito alla
ricorrenza di un'effettiva situazione di «grave pericolo»
tale da minacciare l'incolumità pubblica o la sicurezza
urbana, così da giustificare l'adozione di un provvedimento
extra ordinem ai sensi dell'art. 54, comma 4, dlgs n. 267
del 2000. Né, analogamente, è stata dovutamente documentata
alcuna situazione di «emergenza» connessa con l'inquinamento
acustico, tale da giustificare l'attivazione del potere
sindacale (pur sempre straordinario) di modifica degli orari
degli esercizi commerciali.
Una simile carenza, peraltro,
nel certificare la fuoriuscita dell'azione amministrativa
dai rigidi confini segnati dalla legge per l'adozione dei
provvedimenti contingibili e urgenti, ha al contempo
determinato un'evidente discriminazione commessa ai danni
del locale, la cui situazione in punto di immissioni
rumorose (in assenza di specifiche risultanze istruttorie
atte a dimostrare il superamento dei valori limite delle
emissioni sonore) non appare in nulla differenziarsi, con
riferimento all'interesse pubblico alla salubrità acustica,
da quella di tutti gli altri locali notturni sul territorio
(articolo ItaliaOggi del 12.10.2013). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Immissioni sonore intollerabili e responsabilità
della P.A.: chi decide la controversia?
Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la domanda
introdotta da un privato nei confronti di amministrazione
ministeriale e comunale e diretta ad ottenere sia
l'inibitoria dell'immissione di rumori eccedenti i limiti
della normale tollerabilità prodotti da un confinante plesso
scolastico sia il risarcimento dei conseguenti danni da
lesione della salute.
L'inosservanza da parte della pubblica amministrazione,
nella gestione e manutenzione dei beni che ad essa
appartengono, delle regole tecniche, ovvero dei canoni di
diligenza e prudenza, può essere denunciata dal privato
dinanzi al giudice ordinario non solo ove la domanda sia
volta a conseguire la condanna della P.A. al risarcimento
del danno patrimoniale, ma anche ove miri alla condanna
della stessa ad un facere o ad un non facere,
giacché la domanda non investe scelte ed atti autoritativi
dell'amministrazione, ma attività soggetta al rispetto del
principio del neminem laedere.
Rientra pertanto nella giurisdizione del giudice ordinario
la domanda introdotta da un privato nei confronti di
amministrazione ministeriale e comunale e diretta ad
ottenere sia l'inibitoria dell'immissione di rumori
eccedenti i limiti della normale tollerabilità prodotti da
un confinante plesso scolastico sia il risarcimento dei
conseguenti danni da lesione della salute.
Il principio, già espresso in precedenti decisioni, è stato
ribadito dalla Suprema Corte in una recente sentenza.
Come anticipato, nel caso in esame, relativo ad una
controversia per immissioni rumorose prodotte da una scuola
confinante con una villetta di proprietà del ricorrente,
quest'ultimo aveva chiesto al giudice ordinario che fossero
inibite le immissioni intollerabili e gli fosse risarcito il
danno da lesione della salute derivante dalle predette
immissioni.
Si è perciò trattato, osservano le Sezioni Unite, di una
richiesta di tutela che, in relazione al medesimo fatto
pregiudizievole, di carattere permanente in quanto
quotidianamente rinnovantesi, si atteggiava come
risarcitoria quanto al passato e come inibitoria quanto al
futuro, riguardando la tutela della salute in relazione ad
una attività materiale pregiudizievole qualificabile come
illecita, in quanto consistente in immissioni eccedenti il
limite della normale tollerabilità.
---------------
Esito del ricorso
Rigetta, Corte di Appello di Milano, sentenza 22.11.2011, n.
3231
I precedenti giurisprudenziali
Cass. civ. Sez. Unite, 27/02/2013, n. 4848
Cass. civ. Sez. Unite Ordinanza, 14/03/2011, n. 5926
Cass. civ. Sez. Unite Ordinanza, 22/12/2010, n. 25982
Cass. civ. Sez. Unite Ord., 13/12/2007, n. 26108
Cass. civ. Sez. Unite, 18/10/2005, n. 20117
Cass. civ. Sez. Unite (Ord.), 14/01/2005, n. 599
Riferimenti normativi
Cod. Civ. art. 844
Cod. Civ. art. 2043
Costituzione art. 32 (commento tratto da www.ispoa.it -
Corte di Cassazione civile, sentenza 06.09.2013 n. 20571). |
AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA:
B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 36 del 05.09.2013, "Pubblicazione ai sensi dell’articolo 5 del regolamento
regionale 21.01.2001, n. 1, dell’elenco dei tecnici
competenti in acustica ambientale riconosciuti dalla Regione
Lombardia alla data del 31.08.2013, in attuazione
dell’articolo 2, commi 6 e 7, della legge 26.10.1995, n. 447
e della deliberazione di giunta regionale 06.08.2012, n. IX/3935"
(comunicato
regionale 02.09.2013 n. 103). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
G. Spina,
Le immissioni intollerabili nella recente giurisprudenza di
legittimità (Ambiente & Sviluppo n. 8-9/2013). |
agosto 2013 |
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AMBIENTE-ECOLOGIA:
La tutela dei diritti soggettivi lesi dalle
immissioni acustiche non investe alcun provvedimento
amministrativo, essendo, d'altra parte, la p.a. priva di
qualsiasi potere di affievolimento del diritto alla salute,
garantito dall'art. 32 Cost., come da ultimo affermato da
Cass. Sez. Un., 27.02.2013 n. 4848, su una domanda volta ad
ottenere l'accertamento dell'illiceità delle immissioni
causate da un parco giochi sulla confinante proprietà,
nonché la rimozione delle relative opere poste in essere
dall'amministrazione comunale.
L'ordinanza contingibile ed urgente adottabile ai sensi
dell'art. 9 della citata L. n. 447/1985, ed invocata dal
ricorrente, dando luogo ad una speciale forma di
contenimento e riduzione delle emissioni sonore, è
preordinata a tutelare la salute della collettività, e deve
essere motivata da eccezionali ed urgenti necessità di
tutela della salute pubblica, non potendo in ogni caso
sostenersi che il presupposto della stessa ricorra laddove,
come nel caso di specie, un privato lamenti emissioni
fastidiose e rumori, essendo tali situazioni devolute alla
giurisdizione del g.o..
... per la dichiarazione di illegittimità del silenzio
serbato da parte dell’Amministrazione del Comune di Melzo
sulle istanze del ricorrente, volte ad ottenere un
provvedimento finalizzato all’immediato abbattimento delle
emissioni sonore inquinanti provenienti dal campo
polifunzionale sito in Melzo, Via Aldo Moro;
...
Il ricorso va dichiarato inammissibile per difetto di
giurisdizione.
Come già evidenziato nella citata ordinanza collegiale n.
1631/2013, il ricorrente intende ottenere un provvedimento
finalizzato all’abbattimento delle emissioni sonore
provenienti dal campo polifunzionale adiacente alla propria
abitazione.
In particolare, il ricorrente individua il provvedimento
amministrativo oggetto delle proprie richieste con
riferimento alle finalità che il medesimo dovrebbe
soddisfare, e pertanto rispetto alla necessità di “rimuovere
ogni ostacolo alla quiete ed alla riservatezza della vita”.
Ritiene pertanto il Collegio che l'intrinseca natura della
posizione dedotta in giudizio, ossia il petitum sostanziale
della presente controversia, non consista tanto
nell’accertamento dell’illegittimità del silenzio
dall’Amministrazione, a fronte dell’obbligo di emanare un
determinato provvedimento amministrativo imposto dalla
legge, ma più direttamente nella pretesa alla tutela del
diritto alla salute del ricorrente, minacciato dalle
immissioni acustiche provenienti dall’adiacente struttura
comunale.
Tuttavia, in base alla giurisprudenza della Corte di
Cassazione, la tutela dei diritti soggettivi lesi dalle
immissioni acustiche non investe alcun provvedimento
amministrativo, essendo, d'altra parte, la p.a. priva di
qualsiasi potere di affievolimento del diritto alla salute,
garantito dall'art. 32 Cost., come da ultimo affermato da
Cass. Sez. Un., 27.02.2013 n. 4848, su una domanda volta ad
ottenere l'accertamento dell'illiceità delle immissioni
causate da un parco giochi sulla confinante proprietà,
nonché la rimozione delle relative opere poste in essere
dall'amministrazione comunale.
L'ordinanza contingibile ed urgente adottabile ai sensi
dell'art. 9 della citata L. n. 447/1985, ed invocata dal
ricorrente, dando luogo ad una speciale forma di
contenimento e riduzione delle emissioni sonore, è
preordinata a tutelare la salute della collettività, e deve
essere motivata da eccezionali ed urgenti necessità di
tutela della salute pubblica, non potendo in ogni caso
sostenersi che il presupposto della stessa ricorra laddove,
come nel caso di specie, un privato lamenti emissioni
fastidiose e rumori, essendo tali situazioni devolute alla
giurisdizione del g.o. (TAR Piemonte, Sez. II, 15.04.2010
n. 1931).
Né, infine, assume rilievo il richiamo operato dal
ricorrente alla sentenza del Consiglio di Stato n.
6181/2013, in quanto riferita all’obbligo di provvedere a
fronte di una segnalazione di abuso edilizio, essendo
estraneo a tale fattispecie la tutela del diritto alla
salute, posta invece a fondamento del presente giudizio.
Deve pertanto dichiararsi il difetto di giurisdizione del
giudice adito in favore del giudice ordinario, nonché -in
virtù del principio della cd. translatio iudicii, codificato
dall’articolo 11 c.p.a.- indicare alla parte ricorrente il
termine di tre mesi decorrenti dal passaggio in giudicato
della presente sentenza per riassumere il giudizio innanzi
al giudice ordinario al fine di salvaguardare gli effetti
processuali e sostanziali della domanda proposta in questa
sede
(TAR Lombardia-Milano, Sez. IV,
sentenza 22.08.2013 n. 2075 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Nelle more della
classificazione del territorio comunale ai sensi dell’art.
6, comma 1, lett. a), della legge n. 447 del 1995, sono
operativi i limiti c.d. «assoluti» di rumorosità ma non
anche quelli c.d. «differenziali», e ciò in ragione
dell’univoca formulazione dell’art. 8, comma 1, del D.P.C.M.
14.11.1997 (“In attesa che i comuni provvedano agli
adempimenti previsti dall’art. 6, comma 1, lett. a), della
legge 26.10.1995 n. 447, si applicano i limiti di cui
all’art. 6, comma 1, del decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri 01.03.1991”), norma da cui si evince
che, ove si fosse voluto far sopravvivere integralmente il
regime transitorio di cui all’art. 6 del decreto del 1991
(primo comma relativo ai c.d. limiti «assoluti» e secondo
comma relativo ai c.d. limiti «differenziali»), sarebbe
stato evidentemente necessario operare il rinvio ad ambedue
le fattispecie e quindi non al solo primo comma.
Peraltro questo Tribunale ha già ritenuto che il rinvio
operato dall’art. 8 citato al solo primo comma dell’art. 6
depone inequivocabilmente per una scelta normativa che ha
voluto subordinare, a partire dal 1997, l’applicabilità del
criterio «differenziale» all’introduzione della disciplina a
regime, e cioè all’adozione del piano comunale di
zonizzazione acustica.
Il ricorso deve
essere accolto in quanto fondato.
Vanno infatti accolte le doglianze contenute nei primi
quattro motivi di ricorso con riferimento alle prescrizioni
impugnate, inerenti le emissioni acustiche derivanti dalle
opere edili finalizzate alla esecuzione del progetto di
ampliamento dell’opificio della ricorrente.
Come da questa evidenziato, la giurisprudenza ha
costantemente affermato che, nelle more della
classificazione del territorio comunale ai sensi dell’art.
6, comma 1, lett. a), della legge n. 447 del 1995, sono
operativi i limiti c.d. «assoluti» di rumorosità ma
non anche quelli c.d. «differenziali», e ciò in
ragione dell’univoca formulazione dell’art. 8, comma 1, del
D.P.C.M. 14.11.1997 (“In attesa che i comuni provvedano
agli adempimenti previsti dall’art. 6, comma 1, lett. a),
della legge 26.10.1995 n. 447, si applicano i limiti di cui
all’art. 6, comma 1, del decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri 01.03.1991”), norma da cui si
evince che, ove si fosse voluto far sopravvivere
integralmente il regime transitorio di cui all’art. 6 del
decreto del 1991 (primo comma relativo ai c.d. limiti
«assoluti» e secondo comma relativo ai c.d. limiti «differenziali»),
sarebbe stato evidentemente necessario operare il rinvio ad
ambedue le fattispecie e quindi non al solo primo comma (TAR
Emilia Romagna, Parma, 12.01.2012, n. 7; TAR Friuli -
Venezia Giulia 08.04.2011 n. 183).
Peraltro questo Tribunale ha già ritenuto che il rinvio
operato dall’art. 8 citato al solo primo comma dell’art. 6
depone inequivocabilmente per una scelta normativa che ha
voluto subordinare, a partire dal 1997, l’applicabilità del
criterio «differenziale» all’introduzione della
disciplina a regime, e cioè all’adozione del piano comunale
di zonizzazione acustica (TAR Puglia, Bari, Sez. I,
14.05.2010 n. 1896)
(TAR Puglia-Bari, Sez. I,
sentenza 08.08.2013 n. 1237 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
luglio 2013 |
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AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 28 dell'08.07.2013, "Pubblicazione
ai sensi dell’articolo 5 del regolamento regionale
21.01.2001, n. 1, dell’elenco dei tecnici competenti in
acustica ambientale riconosciuti dalla Regione Lombardia
alla data del 30.06.2013, in attuazione dell’articolo 2,
commi 6 e 7, della legge 26.10.1995, n. 447 e della
deliberazione di Giunta regionale 06.08.2012, n. IX/3935"
(comunicato
regionale 01.07.2013 n. 85). |
giugno 2013 |
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AMBIENTE-ECOLOGIA: Bar rumoroso? No penale.
Nel caso di un pubblico esercizio che impedisce il riposo
delle persone il superamento dei limiti massimi di rumore
stabiliti dalla normativa comporta solo la sanzione
amministrativa fissata dalla legge sull'inquinamento
acustico. Non scatta quindi più automaticamente la denuncia
penale quando l'esercente impedisce il sonno ai vicini
impedendo la propagazione del rumore degli avventori.
Lo ha
stabilito la Corte di Cassazione, Sez. I pen., con la
sentenza
11.06.2013 n. 25601.
I gestori di un bar
rumoroso sono stati denunciati dai vigili per disturbo della
quiete pubblica e il tribunale di Milano ha confermato la
loro responsabilità penale ai sensi dell'art. 659 cp
(articolo ItaliaOggi del 25.06.2013). |
AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 24 del 10.06.2013, "Pubblicazione
ai sensi dell’articolo 5 del regolamento regionale
21.01.2001, n. 1, dell’elenco dei tecnici competenti in
acustica ambientale riconosciuti dalla Regione Lombardia
alla data del 31.05.2013, in attuazione dell’articolo 2,
commi 6 e 7, della legge 26.10.1995, n. 447 e della
deliberazione di Giunta regionale 06.08.2012, n. IX/3935" (comunicato
regionale 03.06.2013 n. 69). |
maggio 2013 |
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EDILIZIA PRIVATA:
CONSULTA/ Illegittime le soglie dell'art. 15
della Comunitaria 2009. Case, rumore off-limits. Requisiti
acustici obbligatori per i costruttori.
Case al riparo dall'inquinamento acustico. Bocciata la norma
che neutralizzava retroattivamente, nei rapporti tra
privati, la conformità degli edifici ai requisiti previsti
dalla normativa anti-rumore.
È quanto deciso dalla Corte costituzionale con la
sentenza 29.05.2013 n. 103 che
ha dichiarato l'illegittimità dell'articolo 15, comma 1,
lett. c), della legge comunitaria 2009.
La norma, sostituendo l'articolo 11, comma 5, della legge
comunitaria 2008, ha stabilito che, in attesa
dell'emanazione dei decreti legislativi attuativi della
legge 447/1995, legge quadro sull'inquinamento acustico,
l'articolo 3, comma 1, lett. e), della medesima legge 447
(relativa ai requisiti acustici degli edifici), doveva
essere interpretata nel senso che la disciplina relativa ai
requisiti acustici passivi degli edifici e dei loro
componenti non trovava applicazione nei rapporti tra privati
e, in particolare, nei rapporti tra costruttori anche
venditori e acquirenti di alloggi.
In un primo momento l'azzeramento della rilevanza dei
requisiti tra privati, era stata stabilita solo per il
futuro (articolo 11 della legge comunitaria del 2008), ma
successivamente l'articolo 15 della legge comunitaria del
2009 ha esteso a ritroso l'inapplicabilità ai privati.
Quindi, con la normativa del 2009 non è stato più possibile
continuare a pretendere dai costruttori il rispetto dei
requisiti acustici.
Il problema di costituzionalità è emerso, non a caso,
proprio nel corso di una causa tra un costruttore e
l'acquirente di una abitazione. Quest'ultimo ha fatto causa
all'appaltatore per ottenere i risarcimento del danni per il
difetto dell'immobile, consistente proprio nel mancato
rispetto dei requisiti acustici passivi degli edifici
fissati dal dpcm sulla determinazione dei requisiti acustici
passivi degli edifici, risalite al 05.12.1997.
Questo decreto ha determinato i requisiti acustici passivi e
quelli delle sorgenti sonore interne agli edifici, al fine
di ridurre l'esposizione umana al rumore. Prescrive inoltre,
i limiti espressi in decibel, che gli edifici costruiti dopo
la sua entrata in vigore devono rispettare. La norma della
legge del 2009, oggetto della verifica di costituzionalità,
ha bloccato retroattivamente, autodefinendosi di
interpretazione autentica, l'applicazione del dpcm
05.12.1997 nei rapporti tra privati. Il mancato rispetto dei
valori di isolamento acustico quindi, di cui al dpcm citato,
non ha più potuto essere invocato a sostegno di una
richiesta di risarcimento dei danni.
La disposizione è stata portata al vaglio della consulta
perché, tra le altre cose, pur dichiarandosi interpretativa
è, in realtà, innovativa. Inoltre, viola il principio di
uguaglianza, in quanto produce una ingiustificata disparità
di trattamento tra coloro che hanno già conseguito un
risarcimento a fronte dell'acquisto di un immobile
acusticamente viziato e coloro che, pur trovandosi nella
stessa situazione, non possano, invece, più conseguirlo. Tra
l'altro non si capisce perché la norma in questione, pur non
abrogando il dpcm 05.01.1997 nei rapporti pubblicistici,
nello stesso tempo lo disapplica ai rapporti tra privati. La
conseguenza, è infatti che non vengono tutelati i diritti
del cittadino che acquista l'unità abitativa.
La consulta, nel dichiarare incostituzionale la norma, ha
anche rilevato che la stessa incide su rapporti ancora in
corso e vanifica il legittimo affidamento di coloro che
hanno acquistato beni immobili nel periodo nel quale vigeva
ancora la norma della Comunitaria del 2008, la quale
specificava che la sospensione dell'applicazione nei
rapporti tra privati delle norme sull'inquinamento acustico
degli edifici valesse per il futuro, in riferimento agli
alloggi sorti successivamente
(articolo
ItaliaOggi del 30.05.2013). |
EDILIZIA PRIVATA:
La svolta. La Consulta. Il costruttore paga
l'edificio rumoroso.
STOP ALLA RETROATTIVITÀ/ Per la Consulta è illegittima la
legge che aveva sanato gli immobili realizzati tra il 1997 e
il 2009.
Via libera alla responsabilità del costruttore per gli
edifici "rumorosi" realizzati tra la fine del 1997 e il
luglio del 2009.
La Corte Costituzionale, con la
sentenza
29.05.2013 n. 103
ha infatti dichiarato
l'illegittimità della Comunitaria per il 2009 (legge
96/2010) nella parte in cui sanava gli immobili non in linea
con i parametri di isolamento acustico edificati prima
dell'entrata in vigore della legge 88/2009 (Comunitaria per
il 2008).
La questione era stata rimessa alla Consulta dal Tribunale
di Busto Arsizio, che nel febbraio dello scorso anno aveva
rilevato varie ipotesi di iniquità nella causa per «difetti
di immobili» (articolo 1669 del Codice civile) intentata
all'immobiliare venditrice dall'acquirente di un
appartamento. In particolare, la controversia riguardava il
mancato isolamento acustico della facciata –o meglio, il
mancato rispetto dei parametri tecnici del Dpcm 05.12.1997–
visto che tutti gli altri limiti di rumorosità
dell'edificio, compresi quelli interni dei servizi e delle
parti confinanti, non erano mai stati in discussione.
Dal punto di vista legislativo, la vicenda risultava
complicata dall'intervento "interpretativo" della
Comunitaria per il 2009 (legge 96/2010), che tornando a un
anno di distanza a regolamentare la "questione rumore",
aveva specificato che l'esclusione dei parametri di
silenziosità nei contratti tra privati (già prevista dalla
Comunitaria per il 2008, legge 88/2009) era da considerarsi
«retroattiva». Con questo intervento autodefinito «interpretativo»
il legislatore aveva sanato tutte le compravendite tra
privati concluse tra il dicembre del 1997 e il 20.07.2009.
Ma è proprio sul carattere «interpretativo» della
legge 96/2010 che si è abbattuta la scure costituzionale,
perché «la norma che deriva dalla legge di
interpretazione autentica –scrive il redattore della
sentenza, Sergio Mattarella– non può dirsi
costituzionalmente illegittima qualora si limiti ad
assegnare alla disposizione interpretata un significato già
in essa contenuto, riconoscibile come una delle possibili
letture del testo originario». In sostanza, la legge
interpretativa ha lo scopo di chiarire «situazioni di
oggettiva incertezza del dato normativo», in ragione di
«un dibattito giurisprudenziale irrisolto» (sentenza
311 del 2009), o di «ristabilire un'interpretazione più
aderente alla originaria volontà del legislatore».
L'articolo in questione, invece, aveva di fatto introdotto
una retroattività che non solo non era prevista in alcuna
parte, ma di cui non c'era traccia nemmeno nei lavori
parlamentari né era rinvenibile «dal suo intrinseco
contenuto normativo».
Non ultimo –considerato che è poi la ragione giuridica della
incostituzionalità– la Comunitaria 2010 aveva creato una
ingiustificata disparità tra chi aveva già ottenuto con
sentenza definitiva (come tale intangibile) il risarcimento
"per rumorosità" dal costruttore e chi invece ne
veniva privato con una legge retroattiva.
Resta invece fuori dal perimetro della sentenza –e quindi
fuori discussione– che la legge antirumore non si applica ai
contratti tra privati stipulati dopo il luglio del 2009 e
fino all'atteso riordino della materia
(articolo Il Sole 24 Ore del 30.05.2013). |
EDILIZIA PRIVATA:
INQUINAMENTO ACUSTICO – Procedimento di
formazione delle leggi – Divieto di retroattività – Norme di
interpretazione autentica – Principi giustificativi della
retroattività.
Il divieto di retroattività della legge, previsto dall’art.
11 delle disposizioni sulla legge in generale, pur
costituendo valore fondamentale di civiltà giuridica, non
riceve nell’ordinamento la tutela privilegiata di cui
all’art. 25 Cost. (sentenze n. 78 e n. 15 del 2012, n. 236
del 2011, e n. 393 del 2006); il legislatore –nel rispetto
di tale previsione– può emanare norme retroattive, anche di
interpretazione autentica, purché la retroattività trovi
adeguata giustificazione nell’esigenza di tutelare principi,
diritti e beni di rilievo costituzionale, che costituiscono
altrettanti «motivi imperativi di interesse generale», ai
sensi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e
delle libertà fondamentali (CEDU).
La norma che deriva dalla legge di interpretazione
autentica, quindi, non può dirsi costituzionalmente
illegittima qualora si limiti ad assegnare alla disposizione
interpretata un significato già in essa contenuto,
riconoscibile come una delle possibili letture del testo
originario (ex plurimis: sentenze n. 271 e n. 257 del
2011, n. 209 del 2010 e n. 24 del 2009). In tal caso,
infatti, la legge interpretativa ha lo scopo di chiarire «situazioni
di oggettiva incertezza del dato normativo», in ragione di
«un dibattito giurisprudenziale irrisolto» (sentenza n.
311 del 2009), o di «ristabilire un’interpretazione più
aderente alla originaria volontà del legislatore»
(ancora sentenza n. 311 del 2009), a tutela della certezza
del diritto e dell’eguaglianza dei cittadini, cioè di
principi di preminente interesse costituzionale.
INQUINAMENTO ACUSTICO – Art. 3, c. 1,
lett. e) L. n. 447/1995 – Requisiti acustici passivi degli
edifici – Art. 15, c. 1, lett. c), L. n. 96/2010 – Norma di
interpretazione autentica – Illegittimità costituzionale.
L’art. 15, c. 1, lettera c), della legge 04.06.2010, n. 96,
sostitutivo dell’art. 11, comma 5, della legge 07.07.2009,
n. 88, seppure formulato quale norma di interpretazione
autentica dell’art. 3, c. 1, lett. e), della L. n. 447/1995,
non interviene ad assegnare alla disposizione interpretata
un significato già in questa contenuto, «riconoscibile
come una delle possibili letture del testo originario»,
al fine di chiarire «situazioni di oggettiva incertezza
del dato normativo» in ragione di «un dibattito
giurisprudenziale irrisolto» o di «ristabilire
un’interpretazione più aderente alla originaria volontà del
legislatore» a tutela della certezza del diritto e degli
altri principi costituzionali richiamati.
La norma “interpretata” disciplina infatti la
modalità di esercizio della competenza statale nella
individuazione dei requisiti acustici degli edifici,
regolando il procedimento per l’adozione del relativo
d.P.C.M., ma non considera in alcun modo i riflessi di tali
disposizioni nei rapporti tra privati. La retroattività
della disposizione impugnata non trova inoltre
giustificazione nella tutela di «principi, diritti e beni
di rilievo costituzionale, che costituiscono altrettanti
“motivi imperativi di interesse generale”, ai sensi della
Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali (CEDU)».
Al contrario, la norma, oltre a ledere il legittimo
affidamento sorto in coloro che hanno acquistato beni
immobili nel periodo nel quale vigeva ancora la norma “sostituita”,
di cui all’art. 11, comma 5, della legge n. 88 del 2009,
contrasta con il principio di ragionevolezza, in quanto
produce disparità di trattamento tra gli acquirenti di
immobili in assenza di alcuna giustificazione, e favorisce
una parte a scapito dell’altra, incidendo retroattivamente
sull’obbligo dei privati, in particolare dei
costruttori-venditori, di rispettare i requisiti acustici
degli edifici stabiliti dal d.P.C.M. 02.12.1997, di
attuazione dell’art. 3, comma 1, lettera e), della legge n.
447 del 1995. La norma deve quindi essere dichiarata
costituzionalmente illegittima (Corte Costituzionale,
sentenza 29.05.2013 n. 103 - link a
www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Illegittime le soglie dell'art. 15 della Comunitaria 2009.
Case, rumore off-limits. Requisiti acustici obbligatori per
i costruttori.
Case al riparo dall'inquinamento acustico. Bocciata la norma
che neutralizzava retroattivamente, nei rapporti tra
privati, la conformità degli edifici ai requisiti previsti
dalla normativa anti-rumore.
Va dichiarata l’illegittimità
costituzionale dell’art. 15, comma 1, lettera c), della
legge 04.06.2010, n. 96 (Disposizioni per l’adempimento di
obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle
Comunità Europee. Legge comunitaria 2009), sostitutivo
dell’art. 11, comma 5, della legge 07.07.2009, n. 88
(Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti
dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità Europee. Legge
comunitaria 2008).
Nel merito, la questione è fondata.
Questa Corte ha ripetutamente affermato che il divieto di
retroattività della legge, previsto dall’art. 11 delle
disposizioni sulla legge in generale, pur costituendo valore
fondamentale di civiltà giuridica, non riceve
nell’ordinamento la tutela privilegiata di cui all’art. 25
Cost. (sentenze n. 78 e n. 15 del 2012, n. 236 del 2011, e
n. 393 del 2006), e che «il legislatore –nel rispetto di
tale previsione– può emanare norme retroattive, anche di
interpretazione autentica, purché la retroattività trovi
adeguata giustificazione nell’esigenza di tutelare principi,
diritti e beni di rilievo costituzionale, che costituiscono
altrettanti «motivi imperativi di interesse generale»,
ai sensi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e
delle libertà fondamentali (CEDU). La norma che deriva dalla
legge di interpretazione autentica, quindi, non può dirsi
costituzionalmente illegittima qualora si limiti ad
assegnare alla disposizione interpretata un significato già
in essa contenuto, riconoscibile come una delle possibili
letture del testo originario (ex plurimis: sentenze
n. 271 e n. 257 del 2011, n. 209 del 2010 e n. 24 del 2009).
In tal caso, infatti, la legge interpretativa ha lo scopo di
chiarire «situazioni di oggettiva incertezza del dato
normativo», in ragione di «un dibattito
giurisprudenziale irrisolto» (sentenza n. 311 del 2009),
o di «ristabilire un’interpretazione più aderente alla
originaria volontà del legislatore» (ancora sentenza n.
311 del 2009), a tutela della certezza del diritto e
dell’eguaglianza dei cittadini, cioè di principi di
preminente interesse costituzionale. Accanto a tale
caratteristica, questa Corte ha individuato una serie di
limiti generali all’efficacia retroattiva delle leggi,
attinenti alla salvaguardia, oltre che dei principi
costituzionali, di altri fondamentali valori di civiltà
giuridica, posti a tutela dei destinatari della norma e
dello stesso ordinamento, tra i quali vanno ricompresi il
rispetto del principio generale di ragionevolezza, che si
riflette nel divieto di introdurre ingiustificate disparità
di trattamento; la tutela dell’affidamento legittimamente
sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di
diritto; la coerenza e la certezza dell’ordinamento
giuridico; il rispetto delle funzioni costituzionalmente
riservate al potere giudiziario (sentenza n. 209 del 2010,
citata, punto 5.1, del Considerato in diritto).
La norma impugnata nel presente giudizio travalica i limiti
individuati dalla giurisprudenza della Corte ora richiamata.
Innanzitutto, seppure formulata quale norma di
interpretazione autentica, essa non interviene ad assegnare
alla disposizione interpretata un significato già in questa
contenuto, «riconoscibile come una delle possibili letture
del testo originario», al fine di chiarire «situazioni di
oggettiva incertezza del dato normativo» in ragione di «un
dibattito giurisprudenziale irrisolto» o di «ristabilire
un’interpretazione più aderente alla originaria volontà del
legislatore» a tutela della certezza del diritto e degli
altri principi costituzionali richiamati.
La ricostruzione del quadro normativo nel quale si inserisce
la disposizione censurata conferma questa conclusione. La
norma “interpretata” [art. 3, comma 1, lettera e),
della legge n. 447 del 1995] disciplina infatti la modalità
di esercizio della competenza statale nella individuazione
dei requisiti acustici degli edifici, regolando il
procedimento per l’adozione del relativo d.P.C.M., ma non
considera in alcun modo i riflessi di tali disposizioni nei
rapporti tra privati. La successiva disposizione innovativa
contenuta nell’art. 11, comma 5, della legge n. 88 del 2009,
ha stabilito che «In attesa del riordino della materia,
la disciplina relativa ai requisiti acustici passivi degli
edifici e dei loro componenti di cui all’art. 3, comma 1,
lettera e), della legge 26 ottobre 1995, n. 447, non trova
applicazione nei rapporti tra privati e, in particolare, nei
rapporti tra costruttori-venditori e acquirenti di alloggi
sorti successivamente alla data di entrata in vigore della
presente legge». Infine, la norma impugnata, sostituendo
quest’ultima disposizione, è formulata quale norma
interpretativa, ad effetto retroattivo, dell’art. 3, comma
1, lettera e), della legge n. 447 del 1995, che, come si è
visto, attiene all’attribuzione della competenza statale
nella materia, ma non riguarda i rapporti tra privati.
In particolare, questa Corte ha affermato che «per quanto
attiene alle norme che pretendono di avere natura meramente
interpretativa, la palese erroneità di tale
auto-qualificazione, ove queste non si limitino ad assegnare
alla disposizione interpretata un significato già in essa
contenuto e riconoscibile come una delle possibili letture
del testo originario, potrà costituire un indice di
manifesta irragionevolezza» (ex plurimis,
sentenze n. 41 del 2011, n. 234 del 2007, n. 274 del 2006).
In secondo luogo, la retroattività della disposizione
impugnata non trova giustificazione nella tutela di «principi,
diritti e beni di rilievo costituzionale, che costituiscono
altrettanti “motivi imperativi di interesse generale”, ai
sensi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e
delle libertà fondamentali (CEDU)».
Una tale finalità della disposizione censurata non emerge né
dai lavori parlamentari, né dal suo intrinseco contenuto
normativo. Tale contenuto viene ad incidere su rapporti
ancora in corso, vanificando il legittimo affidamento di
coloro che hanno acquistato beni immobili nel periodo nel
quale vigeva ancora la norma “sostituita”, di cui
all’art. 11, comma 5, della legge n. 88 del 2009, che, a
tutela di tale affidamento e della certezza del diritto,
specificava che la sospensione dell’applicazione nei
rapporti tra privati delle norme sull’inquinamento acustico
degli edifici valesse per il futuro, in riferimento agli «alloggi
sorti successivamente alla data di entrata in vigore della
presente legge».
Al contrario, la norma impugnata, oltre a ledere il
legittimo affidamento sorto nei soggetti suddetti, contrasta
con il principio di ragionevolezza, in quanto produce
disparità di trattamento tra gli acquirenti di immobili in
assenza di alcuna giustificazione, e favorisce una parte a
scapito dell’altra, incidendo retroattivamente sull’obbligo
dei privati, in particolare dei costruttori-venditori, di
rispettare i requisiti acustici degli edifici stabiliti dal
d.P.C.M. 02.12.1997, di attuazione dell’art. 3, comma 1,
lettera e), della legge n. 447 del 1995.
Di conseguenza la questione sollevata è fondata, e la norma
censurata deve essere dichiarata costituzionalmente
illegittima, a causa della violazione dell’art. 3 Cost.,
restando assorbite le censure prospettate in riferimento
agli altri parametri costituzionali invocati.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale
dell’art. 15, comma 1, lettera c), della legge 04.06.2010,
n. 96 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti
dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità Europee. Legge
comunitaria 2009), sostitutivo dell’art. 11, comma 5, della
legge 07.07.2009, n. 88 (Disposizioni per l’adempimento di
obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle
Comunità Europee. Legge comunitaria 2008)
(Corte Costituzionale,
sentenza
29.05.2013 n. 103). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 20 del 13.05.2013,
"Pubblicazione ai
sensi dell’articolo 5 del regolamento regionale 21.01.2000,
n. 1, dell’elenco dei tecnici competenti in acustica
ambientale riconosciuti dalla Regione Lombardia alla data
del 30.04.2013, in attuazione dell’articolo 2, commi 6 e 7,
della legge 26.10.1995, n. 447 e della deliberazione di
Giunta regionale 06.08.2012, n. IX/3935" (comunicato
regionale 06.05.2013 n. 55). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Se
i clienti sono rumorosi paga il titolare del bar.
Se i clienti sono rumorosi, il titolare del bar ne paga le
conseguenze se nell'ambito dell'ordinaria gestione
dell'attività non impedisce che gli avventori del locale
provochino eccessivo rumore, tale da procurare disturbo alle
ordinarie occupazioni ed al riposo degli abitanti degli
immobili siti nei pressi del bar stesso.
La Corte di Cassazione, Sez. I penale, con la sentenza
10.05.2013 n. 20207, ha dichiarato l'inammissibilità del
ricorso avverso la sentenza del Tribunale di Venezia per il
reato di cui all'art. 659 del codice penale che punisce il
disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone.
In sostanza, la Cassazione ha rilevato che la sentenza
impugnata ha fatto corretta applicazione della
giurisprudenza di legittimità, la quale ritiene che elemento
essenziale della contravvenzione è l'idoneità del fatto, che
nel caso specifico, corrisponde a eccessivi rumori, strepiti
e schiamazzi provocati dal personale e dai frequentatori del
bar, ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di
persone. In sostanza, perché maturi l'ipotesi di reato non è
richiesto l'effettivo disturbo al riposo di più persone,
essendo invece necessario venga accertata l'astratta
attitudine del fatto medesimo ad arrecare tale tipo di
disturbo.
Nel caso specifico, la sentenza impugnata ha adeguatamente
motivato tale circostanza. E lo ha fatto sia con riferimento
alla concreta sussistenza di voci e rumori provenienti dal
bar che si protraevano ben oltre la mezzanotte, e che si
diffondevano per una vasta area circostante l'esercizio
commerciale, sia la loro idoneità ad arrecare disturbo al
riposo di un vasto ed indeterminato numero di persone,
ovvero gli abitanti degli edifici circostanti. Del resto,
secondo la Cassazione era del tutto irrilevante che due
testi affermassero di non essere stati infastiditi dai
rumori molesti, perché occorre al contrario fare riferimento
al comune modo di sentire della generalità dei consociati.
E, a tale proposito, afferma la sentenza «il vociare del
personale e degli avventori di un bar è un evento
oggettivamente idoneo ad arrecare disturbo al riposo delle
persone costrette a vivere nelle vicinanze di tale fonte di
rumori molesti»
(articolo ItaliaOggi del 17.05.2013). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Rumore, Regioni indietro.
Soltanto nove leggi chiedono di certificare i requisiti
anti-decibel.
Sono pochi gli appigli che la normativa, nazionale e
regionale, offre agli acquirenti di immobili per difendersi
dal rumore. A fronte di qualche sporadico ma significativo
passo in avanti, come nel caso della Regione Marche che,
unica nel panorama nazionale, prevede che l'acquirente o il
conduttore del l'immobile abbiano diritto a un risarcimento
del danno in caso di mancato rispetto dei requisiti acustici
minimi, sono ancora molte le autonomie che non hanno messo a
punto leggi specifiche sull'inquinamento acustico e nelle
quali l'unico punto di riferimento è costituito dal vecchio
Dpcm del 05.12.1997.
Nessuna legge è vigente in: Abruzzo, Basilicata, Campania,
Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Molise, Piemonte, Sicilia,
Toscana e Veneto. Mentre altrove la situazione è a macchia
di leopardo. Soltanto il Friuli Venezia Giulia (Lr 16/2007)
prevede contributi a fondo perduto fino al 50% della spesa
sostenuta per l'incremento dei requisiti acustici passivi
degli edifici. Una normativa avanzata è in vigore anche in
Calabria: nella legge 34/2009 si specifica che i progetti
dei requisiti acustici passivi degli edifici devono essere
redatti da tecnici competenti in acustica, sia per le nuove
costruzioni che per il recupero del patrimonio edilizio
esistente. Ma le modalità costruttive sono regolate da una
delibera, che non è ancora stata emanata. Inoltre, i
maggiori volumi del fabbricato conseguenti al rispetto dei
requisiti acustici non sono computati nel calcolo delle
cubature.
La Calabria prevede anche che i valori di isolamento
raggiunti devono essere certificati mediante collaudo
acustico, da presentare in caso di compravendita o di
locazione dell'immobile. Il certificato acustico ha valore
decennale.
Molto avanti appaiono anche le leggi delle Regioni Lombardia
(legge 13/2001), Marche (28/2001), Puglia (legge 3/2002) e
Umbria (da ultimo legge 8/2006) che prevedono, oltre al
progetto redatto dal "tecnico competente", che i requisiti
acustici siano rispettati anche in caso di interventi sul
patrimonio edilizio esistente in modo da pareggiare, nel
tempo, i requisiti acustici del patrimonio edilizio
nazionale o meglio, da rendere più conveniente la
ricostruzione ex novo del patrimonio edilizio del primo
dopoguerra e privo di valore storico. La Regione Marche,
però, dice ...
---------------
In tribunale
per i lavori riparatori.
La qualità acustica di un edificio può essere fonte di
disagi e contenzioso nei confronti del costruttore che sia
anche venditore e nei rapporti tra privati. Prima di
iniziare una lite occorre verificare:
- se la propagazione del rumore dipende da difetti
strutturali all'edificio;
- se il rumore sia causato dall'attività di terzi che superi
la normale soglia di tollerabilità (articolo 844 del Codice
civile).
Nel primo caso, i rimedi sono quelli posti a garanzia dei
vizi degli immobili, con richieste finalizzate a ottenere,
nell'ordine di gravità del difetto:
e l'eliminazione del vizio;
r il risarcimento del danno
t la risoluzione del contratto di vendita per inadempimento.
L'eliminazione del vizio (per pareti leggere, carenza di
materiale fonoassorbente) si attua con lavori che dotino
l'immobile di un sufficiente isolamento acustico a spese del
costruttore (articolo 1668 del Codice civile). Se vi sono
lavori da fare, la relativa durata, insieme al periodo
durante il quale si è subito il rumore eccessivo, è fonte di
risarcimento del danno da disagio abitativo ovvero da
ridotto godimento del bene (Corte d'appello di Bologna,
sezione III, sentenza n. 1281/2011).
Quando non è possibile rimuovere il difetto strutturale (per
esempio per problemi di solai tra piani destinati alla
residenza), il privato può chiedere la riduzione del prezzo,
che in alcune pronunce arriva al 20% (Tribunale di Torino n.
2715/2007). Se poi il vizio rende il bene totalmente
inadatto alla sua destinazione, si può chiedere la
risoluzione del contratto, con restituzione degli importi e
risarcimento del danno.
Alla scala dei danni subiti dal l'acquirente, corrisponde
una scala di responsabilità del costruttore. Responsabilità
cui il costruttore rimedia attraverso specifiche polizze di
assicurazione decennale (obbligatorie per la legge 122/2005)
che, appunto, coprono i gravi difetti costruttivi (uso di
materiali o tecniche inadeguate). L'azione giudiziaria nei
confronti del costruttore si prescrive in dieci anni, ma
all'interno di questo periodo di tempo, la lite deve essere
iniziata entro un anno da quando il vizio (l'eccessivo
rumore) è stato rilevato o denunciato (articoli 4 della
legge 122/2005 e 1669, Codice civile).
Il metodo di accertamento dell'errore di costruzione nella
coibentazione acustica e quindi l'entità del danno subito
dal l'acquirente, vive attualmente un periodo di incertezza.
Infatti nei rapporti tra costruttore-venditore e privato
acquirente non hanno rilievo diretto le norme previste dalla
legge 447/1995 (legge quadro sull'inquinamento acustico) e
dal Dpcm 05.12.1997 sui requisiti degli edifici. I
parametri previsti in tali norme sono stati sospesi
dall'articolo 11, comma 5, della legge 88/2009 e non sono
applicabili nei rapporti tra privati, finché non
sopravvengono specifici ulteriori decreti legislativi. Nel
frattempo, spetta a tecnici abilitati asseverare la corretta
esecuzione dei lavori a regola d'arte. In altri termini, i
problemi di isolamento acustico sono affidati a generici
principi di buona tecnica (che lasciano spazi di
tolleranza). Al contrario, nei rapporti tra costruttore e
pubblica amministrazione il Dpcm del 1997 è in vigore.
L'amministrazione comunale deve vigilare sul rispetto dei
parametri acustici, negando l'agibilità in caso di
irregolarità.
Questa incongruenza è stata percepita da più tribunali ed è
stata risolta applicando di fatto, come norma più prossima
sia il Dpcm del 1997 sia le norme Uni, che diventano meri
valori di riferimento, ricognitivi dello stato dell'arte. Il
rumore può quindi essere misurato con i parametri del Dpcm e
con gli strumenti indicati dalle norme tecniche dell'Uni.
----------------
I rimedi di natura civile e penale.
Il giudice ordina lo stop ai vicini.
Se il rumore è causato dal l'attività di terzi e supera la
normale soglia di tollerabilità (articolo 844 del Codice
civile), i rimedi utilizzabili sono di natura civile e
penale.
Ad esempio, chi si esercita al pianoforte «costantemente»
rischia provvedimenti del giudice civile che, anche in via
di urgenza, può imporre orari e porre un confine alla
«normale tollerabilità». Restando nel caso del pianoforte,
per individuare la normale tollerabilità si possono
utilizzare il limite di 40 decibel e il livello
differenziale di 5 decibel tra il rumore ambientale e quello
di fondo (Corte di cassazione, sentenza n. 9434/2012).
Se il rumore deriva da un'autoclave, chi ne fruisce rischia
di pagare i danni al vicino (Corte di Cassazione, sentenza
n. 7181/2012), e stesso rischio corre il condominio il cui
ascensore rechi molestia al residente, anche se questi è
ritenuto obiettivamente «particolarmente sensibile»
(Cassazione n. 26898/2011). La tutela dal rumore può anche
costringere un Comune a regolamentare l'uso di un parco
giochi che disturbi i residenti (Cassazione n. 4848/2013) o
a far eliminare le bande stradali rumorose (Corte d'Appello
Torino 09.07.2012).
Infine nel conflitto infine tra esercizi commerciali (bar,
pizzerie) e residenti ai piani superiori, questi ultimi
partono avvantaggiati sia sui rumori che sulle molestie
olfattive, (anche se sul punto non vi sono valori limite)
(Cassazione penale n. 16670/2012). Il vantaggio deriva dalla
circostanza che gli esercizi commerciali rumorosi disturbano
un numero indeterminato di persone (tutela affidata
all'articolo 659 del Codice penale), mentre tale reato non
riguarda l'inquilino del piano di sopra che sposta i mobili
con frequenza (Cassazione penale n. 6546/2013) (articolo Il Sole 24 Ore del 06.05.2013). |
aprile 2013 |
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AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rumore. Inquinamento acustico e tutela della salute pubblica.
Per integrare l’applicabilità della misura repressiva
dell’inquinamento acustico di cui all’art. 9 della L. n. 447
del 1995, non è necessario che il fenomeno coinvolga
l’intera collettività, al riguardo bastando a concretare
l’eccezionale ed urgente necessità di intervenire a tutela
della salute pubblica, anche l’esposto di una sola persona o
di una famiglia, non essendo previsto nella norma alcun
parametro numerico o dimensionale.
La giurisprudenza ha
inoltre precisato che ai fini dell’adozione della misura
repressiva delle violazioni della disciplina
sull’inquinamento acustico, i Comuni debbano utilizzare lo
specifico strumento dell’ordinanza contingibile ed urgente.
Il Collegio osserva che é infondato il primo mezzo
d’impugnazione, con cui la ricorrente ritiene illegittima
l’ordinanza sindacale impugnata per erronea applicazione
dell’art. 2, c. 3 lett. B) della L. n. 447 del 1995 e
dell’art. 8 del D.M. 14/11/1997.
Al riguardo il Collegio ritiene che, allo specifico fine di
verificare il superamento dei vigenti limiti di legge
riguardo alle emissioni degli impianti industriali, ivi
compresi, pertanto, anche i c.d. “limiti differenziali”
di cui all’art. 8 del D.M. 14/11/1977, onde valutare la
sussistenza o meno dei presupposti per l’adozione di
ordinanza extra ordinem ex art. 54, comma 2, D.Lgs.
n. 267 del 2000 e 9 L. n. 447 del 1995, non é necessario
–come all’opposto sostiene la ricorrente- che
l’amministrazione comunale procedente si sia già dotata dei
piani di zonizzazione acustica, essendo la previa
approvazione di detta pianificazione necessaria solo
riguardo ai c.d. limiti acustici “assoluti” (v. TAR
Toscana –sez. II, 24/01/2003 n. 39).
Quanto al secondo motivo di ricorso, sull’accoglimento del
quale, ad un primo, sommario esame della causa, la Sezione
ha fondato l’accoglimento dell’istanza cautelare, il
Collegio ritiene ora melius re perpensa di rilevarne,
all’opposto, l’infondatezza.
Nel caso di specie si ravvisa, infatti, la sussistenza dei
presupposti per l’adozione di ordinanza ex art. 54, comma 2,
D.Lgs. n. 267 del 2000, in ipotesi di presunto inquinamento
acustico di cui all’art. 9 L. n. 447 del 1995. Detti
presupposti consistono, in primo luogo, nell’accertato
superamento dei vigenti limiti acustici (“assoluti” e
“differenziali”) delle emissioni promananti dagli
impianti della ricorrente (v. relaz. fonometrica di A.R.P.A.
del 11/06/2004 doc. n. 10 del Comune), nonché nel
superamento anche del c.d. livello di attenzione dei rumori
(comportante un rischio per la salute umana), come è stato
accertato, oltre che nella citata relazione, anche nel
parere reso da A.U.S.L. di Modena Distretto di Carpi
Servizio Igiene Pubblica in data 05/07/2004 (v. doc. n. 3
del Comune), laddove la struttura sanitaria sostiene, in
riferimento ai rumori generati dallo stabilimento della
ricorrente, che essi contribuiscono “…all’insorgenza di
quei disturbi classificati come effetti extrauditivi che
possono interessate l’apparato cardiovascolare,
gastro-enterico, endocrino, oltre che il sistema nervoso
centrale”.
Le considerazioni che precedono conducono univocamente alla
conclusione, coerente con tali premesse, in ordine
all’esistenza di una situazione di attuale pericolo per la
salute; situazione alla quale risulta che l’amministrazione
abbia fatto legittimamente fronte mediante la misura
interdittiva straordinaria del divieto di funzionamento
degli impianti nelle ore notturne, coerentemente attribuendo
efficacia al divieto limitata al solo periodo necessario per
realizzare definitive opere mitigatorie del disturbo
acustico in questione. Le stesse considerazioni appena
svolte valgono anche per ritenere infondato il quarto mezzo
d’impugnazione, anch’esso facente leva sulla ritenuta
mancanza dei presupposti di legge per l’adozione di
ordinanze extra ordinem ai sensi degli art. 9 della
L. n. 447 del 1995 e 54, comma 2, del D.Lgs. n. 267 del
2000.
Sul punto, si deve infine osservare che la giurisprudenza
amministrativa ha stabilito che per integrare
l’applicabilità della misura repressiva dell’inquinamento
acustico di cui all’art. 9 della L. n. 447 del 1995, non è
necessario che il fenomeno coinvolga l’intera collettività,
al riguardo bastando a concretare l’eccezionale ed urgente
necessità di intervenire a tutela della salute pubblica,
anche l’esposto di una sola persona o di una famiglia (come
è avvenuto nel caso in esame), non essendo previsto nella
norma alcun parametro numerico o dimensionale (v. TAR
Piemonte, sez. II, 27/10/2011 n. 1127; TAR Lombardia –MI-
sez. IV, 21/09/2011 n. 2253).
La giurisprudenza ha inoltre precisato che ai fini
dell’adozione della misura repressiva delle violazioni della
disciplina sull’inquinamento acustico, i Comuni debbano
utilizzare lo specifico strumento dell’ordinanza
contingibile ed urgente (v. TAR Lombardia –MI- n. 2253 del
2011cit.) (massima tratta da www.lexambiente.it -
TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. II,
sentenza 22.04.2013 n. 302 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rumore. Piano di zonizzazione acustica e aree particolarmente
protette.
Il Piano di zonizzazione acustica ha
espressamente enunciato i criteri utilizzati per la
zonizzazione, precisando in generale che la classificazione
è stata prevista avendo come riferimento la prevalenza delle
attività insediate.
Nel dettaglio, si è espressamente ritenuto che non
sussistessero nel territorio comunale aree “particolarmente
protette”, dovendosi intendere per “area” una vasta
estensione esclusivamente a ciò destinata. La semplice
sussistenza di edifici destinati ad attrezzature
assistenziali, scuole, aree verdi, non è invece stata
ritenuta sufficiente a giustificare l’identificazione di una
zona specifica di classe I.
Osserva preliminarmente il Collegio che un atto di
pianificazione generale, tranne i casi di incidenza su
posizioni consolidate, non ha bisogno di una motivazione
ulteriore rispetto a quella che si esprime con i criteri
posti a sua base (C.S., Sez. IV, 02.10.2008 n. 4765).
Il Piano impugnato, ha espressamente enunciato i criteri
utilizzati per la zonizzazione, precisando in generale che “la
classificazione è stata prevista avendo come riferimento la
prevalenza delle attività insediate”.
Nel dettaglio, si è espressamente ritenuto che non
sussistessero nel territorio comunale aree “particolarmente
protette”, dovendosi intendere per “area” una
vasta estensione esclusivamente a ciò destinata. La semplice
sussistenza di edifici destinati ad attrezzature
assistenziali, scuole, aree verdi, non è invece stata
ritenuta sufficiente a giustificare l’identificazione di una
zona specifica di classe I, ad eccezione di un’Oasi
naturalistica (Boza).
Quanto precede è stato motivato in relazione al contenuto
della D.G.R. 12.7.2022 n. 9776, in materia di “criteri
tecnici di dettaglio per la redazione della classificazione
acustica del territorio comunale”, secondo cui “l’individuazione
di zone di classe I va fatta con estrema attenzione, a
fronte anche di specifici rilievi fonometrici che ne
supportino la sostenibilità”
(massima tratta da www.lexambiente.it -
TAR Lombardia-Milano, Sez. IV,
sentenza 19.04.2013 n. 986 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rumore. Legittimità ordinanza per cessazione dell’utilizzo
nel locale discoteca di diffusori e strumenti sonori.
E’ legittima l’ordinanza con cui si dispone la cessazione
dell’utilizzo nel locale discoteca di diffusori e strumenti
sonori, e l’eventuale riutilizzazione, da autorizzarsi con
apposito atto, alla presentazione all’Azienda USL di
documentazione attestante l’attuazione di tutti gli
interventi indicati dal tecnico competente per non rendere
possibile il superamento dei limiti prescritti dalla vigente
normativa in materia di inquinamento acustico.
L’articolo 16
della legge regionale della Puglia del 12.02.2002 n.
3, prescrive che “in ogni caso”, quindi indipendentemente
dalla zonizzazione acustica del territorio comunale con la
classificazione del territorio medesimo mediante
suddivisione in zone omogenee di destinazione d'uso, le
emissioni sonore delle attività “ricreative svolte
all’aperto” qual è quella esplicata dal locale discoteca non
debbano superare i 55 db nell’orario 19-24; limite, questo,
imposto anch’esso dalla “normativa vigente”, da misurarsi
“sulla facciata dell’edificio più esposto”.
Inoltre, proprio
la mancanza di piano di zonizzazione acustica, il quale
avrebbe reso applicabili limiti più rigorosi, il dato che
l’area interessata fosse di fatto residenziale, il periodo
estivo, che costringeva gli abitanti a tenere aperte le
finestre, e la sistematicità (cioè non occasionalità)
dell’attività in questione a maggior ragione evidenziavano
la necessità e l’urgenza indilazionabili di agire per
tutelare la salute pubblica dall’inquinamento acustico
(massima tratta da www.lexambiente.it -
Consiglio di Stato, Sez. III,
sentenza 15.04.2013 n. 2025 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 15 dell'08.04.2013, "Pubblicazione
ai sensi dell’articolo 5 del regolamento regionale
21.01.2000, n. 1, dell’elenco dei tecnici competenti in
acustica ambientale riconosciuti dalla Regione Lombardia
alla data del 31.03.2013, in attuazione dell’articolo 2,
commi 6 e 7, della legge 26.10.1995, n. 447 e della
deliberazione 06.08.2012, n. IX/3935" (comunicato
regionale 03.04.2013 n. 35). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rumore. Legittimità ordinanza per cessazione attività
rumorose a danno di un solo cittadino.
E' legittima l'ordinanza contingibile ed urgente del Sindaco
con la quale si ordina di sospendere con effetto immediato
l'attività di essiccazione del mais ed ogni altra
lavorazione che comporti emissioni acustiche superiori ai
limiti di legge, anche a danno di un solo cittadino.
Il
potere di ricorrere a siffatto strumento eccezionale deve
ritenersi consentito in presenza di fenomeni di inquinamento
acustico accertati dall’ARPA, tenuto conto del fatto che
siffatto inquinamento viene esplicitamente ritenuto dalla L.
447/1995 pericoloso per la salute umana e che né
l’Amministrazione né il cittadino esposto all’inquinamento
hanno a disposizione alcun diverso strumento al fine di
ottenere nel breve termine un abbattimento o la cessazione
delle emissioni sonore.
La stessa giurisprudenza ha anche
ritenuto che le ordinanze di cui all’art. 9 della L. 447/1995
si giustifichino anche qualora l’inquinamento accertato non
coinvolga l’intera collettività, stante che il concetto di
“salute pubblica” non può interpretarsi in senso
restrittivo, cioè come riferito alla condizione fisica di
tutti i cittadini o di un insieme di essi: chiunque si trovi
esposto a situazioni pericolose per la salute deve essere
tutelato da parte dello Stato e delle istituzioni che lo
rappresentano, e ciò anche in coerenza con il dettato di cui
all’art. 32 Cost..
Conseguentemente ai fini di che trattasi per “salute
pubblica” deve intendersi non la salute di tutti i cittadini
ma la salute di qualunque cittadino.
Tanto sopra premesso in punto di fatto, il Collegio ritiene
che il ricorso non possa essere accolto.
A migliore comprensione della decisione va ricordato che in
materia di immissioni acustiche la normativa vigente (L.
447/1995 e D.P.C.M. 14/11/1997) richiede il rispetto di
diversi tipi di limiti e precisamente:
a) il c.d. limite di emissione, che rappresenta il massimo
rumore producibile da una sorgente sonora misurato in
prossimità della sorgente stessa;
b) il c.d. limite di immissione, che rappresenta invece il
massimo rumore che può essere immesso da una o più sorgenti
sonore all’interno di un ambiente abitativo, misurato in
prossimità dei ricettori;
c) il c.d. limite differenziale, che rappresenta la soglia
di rumore ambientale equivalente oltre la quale la
differenza tra tale rumore ed il rumore di fondo non deve
superare determinati limiti.
L’art. 4 del D.P.C.M. 14.11.1997 fissa detti limiti in 5 Db
durante il giorno ed i 3 dB durante il periodo notturno e la
soglia oltre la quale si deve far luogo alla verifica di
tale valore differenziale é quella dei 50 dB del rumore
ambientale equivalente misurato di giorno a finestre aperte,
e di 35 dB del rumore stesso misurato di notte a finestre
chiuse.
--------------
Tanto chiarito in punto di fatto si deve ora esaminare la
questione, sollevata in ricorso, se le ordinanze di cui
all’art. 9 della L. 447/1995 possano essere adottate anche a
tutela di un solo privato cittadino e sul presupposto del
mero superamento dei limiti di cui al D.P.C.M. 14.11.1997.
A tali quesiti la giurisprudenza, con decisioni che il
Collegio ha già ritenuto condivisibile (TAR Piemonte n.
1382/2012), ha già dato risposta positiva, mettendo in
evidenza che il potere di ricorrere a siffatto strumento
eccezionale deve ritenersi consentito in presenza di
fenomeni di inquinamento acustico accertati dall’ARPA,
tenuto conto del fatto che siffatto inquinamento viene
esplicitamente ritenuto dalla L. 447/1995 pericoloso per la
salute umana e che né l’Amministrazione né il cittadino
esposto all’inquinamento hanno a disposizione alcun diverso
strumento al fine di ottenere nel breve termine un
abbattimento o la cessazione delle emissioni sonore. (si
veda in particolare TAR Campania-Napoli, n. 3556/2011).
La stessa giurisprudenza ha anche ritenuto che le ordinanze
di cui all’art. 9 della L. 447/1995 si giustifichino anche
qualora l’inquinamento accertato non coinvolga l’intera
collettività, ed anche tale proposizione viene condivisa dal
Collegio, stante che il concetto di “salute pubblica”
non può interpretarsi in senso restrittivo, cioè come
riferito alla condizione fisica di tutti i cittadini o di un
insieme di essi: chiunque si trovi esposto a situazioni
pericolose per la salute deve essere tutelato da parte dello
Stato e delle istituzioni che lo rappresentano, e ciò anche
in coerenza con il dettato di cui all’art. 32 Cost..
Conseguentemente ai fini di che trattasi per “salute
pubblica” deve intendersi non la salute di tutti i
cittadini ma la salute di qualunque cittadino (massima
tratta da www.lexambiente.it -
TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 05.04.2013 n. 422 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
marzo 2013 |
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AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA
PRIVATA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 11 dell'11.03.2013, "Pubblicazione
ai sensi dell’articolo 5 del regolamento regionale
21.01.2000, n. 1, dell’elenco dei tecnici competenti in
acustica ambientale riconosciuti dalla Regione Lombardia
alla data del 28.02.2013, in attuazione dell’articolo 2,
commi 6 e 7, della legge 26.10.1995, n. 447 e della
deliberazione 06.08.2012, n. IX/3935"
(comunicato
regionale 28.02.2013 n. 23). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Il
potere di cui al richiamato art. 9 della l. n. 447/1995 non
va riduttivamente ricondotto al generale potere di ordinanza
contingibile ed urgente in materia di sanità ed igiene
pubblica, dovendo piuttosto essere qualificato quale
ordinario rimedio in tema di inquinamento acustico; ciò
perché, in assenza di altri strumenti a disposizione delle
amministrazioni comunali, la presenza di una accertata
situazione di inquinamento acustico rappresenta di per sé
una minaccia per la salute pubblica, anche se in concreto è
offeso un solo soggetto..
Aggiungasi che mentre quella riconosciuta dal Codice Civile
al privato interessato di adire l'Autorità Giudiziaria
Ordinaria per far cessare le immissioni dannose che eccedano
la normale tollerabilità è una mera facoltà, il potere del
Sindaco di emanare la ordinanza ex art. 9 della l. n.
447/1995 è un dovere connesso all’esercizio delle sue
pubbliche funzioni, al quale non può sottrarsi, anche se è
leso un solo soggetto, spogliandosi del potere, di valore
pubblicistico, di reprimere l’inquinamento acustico e
attribuendolo al privato, cui il codice civile riconosce la
facoltà di esercitare il diritto a non subire le emissioni
dannose e non il dovere, se eccedenti i valori massimi
consentiti.
Deve quindi ritenersi che le facoltà concesse al privato
dall’art. 844 del c.c. e i doveri della P.A. previsti dalla
normativa in materia di attività produttive, laddove fissa
le modalità di rilevamento dei rumori ed i limiti massimi di
tollerabilità, hanno finalità e campi di applicazione
distinti, atteso che la norma civilistica tutela il diritto
di proprietà ed è finalizzato a disciplinare i rapporti di
natura patrimoniale tra i privati proprietari di fondi
vicini, mentre l’altra normativa ha carattere pubblicistico,
dal momento che persegue finalità di interesse pubblico ed è
volta a regolare i rapporti tra i privati e la P.A..
Deve quindi ritenersi che condivisibilmente il Giudice di
primo grado ha ritenuto competente il Sindaco del Comune di
cui trattasi ad esercitare i poteri di cui all’art. 9 della
l. n. 4471995 ordinando l’abbattimento delle emissioni
dannose in questione.
---------------
Se è vero è che l'istituto dell'ordinanza contingibile e
urgente, con la quale è consentito fronteggiare le
situazioni di emergenza anche al prezzo del sacrificio
temporaneo di posizioni individuali costituzionalmente
tutelate, non può essere impiegato per conferire un assetto
stabile e definitivo agli interessi coinvolti, questo non
significa che i provvedimenti contingibili debbano
considerarsi automaticamente illegittimi solo perché
sprovvisti di un termine finale di durata o di efficacia.
Sicché anche misure non definite nel loro limite temporale
possono essere reputate legittime, quando, come nel caso che
occupa, siano razionalmente collegate alla concreta
situazione di pericolo accertata rapportata alla situazione
di fatto.
Osserva la Sezione che il TAR, richiamati al riguardo
l’art. 15, comma 1, della l.r. n. 13/2001 e l'art. 9, comma
1, della L. n. 447/1995, ha ritenuto che questa norma non
può essere riduttivamente intesa come una mera riproduzione,
nell'ambito della normativa di settore in tema di tutela
dall'inquinamento acustico, del generale potere di ordinanza
contingibile ed urgente tradizionalmente riconosciuto dal
nostro ordinamento giuridico al Sindaco in materia di sanità
ed igiene pubblica, ma che invece la stessa deve essere
logicamente e sistematicamente interpretata nel particolare
significato che assume all'interno di una normativa dettata
allo scopo primario di realizzare un efficace contrasto al
fenomeno dell'inquinamento acustico, che è stato ritenuto
sufficiente a concretare l'eccezionale ed urgente necessità
di intervenire a tutela della salute pubblica con l'efficace
strumento previsto (soltanto) dall'art. 9, comma 1, della
citata l. n. 447/1995.
Ha quindi affermato che la tutela della salute pubblica non
presuppone necessariamente che la situazione di pericolo
involga l'intera collettività, ben potendo richiedersi
tutela alla P.A. anche ove sia in discussione la salute di
una singola famiglia (o anche di una sola persona) e che non
può essere certamente reputato ordinario strumento di
intervento (sul piano amministrativo) la facoltà
riconosciuta dal Codice Civile al privato interessato di
adire l'Autorità Giudiziaria Ordinaria per far cessare le
immissioni dannose che eccedano la normale tollerabilità.
La Sezione condivide la tesi fatta propria dal primo
Giudice, che il potere di cui al richiamato art. 9 della l.
n. 447/1995 non va riduttivamente ricondotto al generale
potere di ordinanza contingibile ed urgente in materia di
sanità ed igiene pubblica, dovendo piuttosto essere
qualificato quale ordinario rimedio in tema di inquinamento
acustico; ciò perché, in assenza di altri strumenti a
disposizione delle amministrazioni comunali, la presenza di
una accertata situazione di inquinamento acustico
rappresenta di per sé una minaccia per la salute pubblica,
anche se in concreto è offeso un solo soggetto..
Aggiungasi che mentre quella riconosciuta dal Codice Civile
al privato interessato di adire l'Autorità Giudiziaria
Ordinaria per far cessare le immissioni dannose che eccedano
la normale tollerabilità è una mera facoltà, il potere del
Sindaco di emanare la ordinanza ex art. 9 della l. n.
447/1995 è un dovere connesso all’esercizio delle sue
pubbliche funzioni, al quale non può sottrarsi, anche se è
leso un solo soggetto, spogliandosi del potere, di valore
pubblicistico, di reprimere l’inquinamento acustico e
attribuendolo al privato, cui il codice civile riconosce la
facoltà di esercitare il diritto a non subire le emissioni
dannose e non il dovere, se eccedenti i valori massimi
consentiti.
Deve quindi ritenersi che le facoltà concesse al privato
dall’art. 844 del c.c. e i doveri della P.A. previsti dalla
normativa in materia di attività produttive, laddove fissa
le modalità di rilevamento dei rumori ed i limiti massimi di
tollerabilità, hanno finalità e campi di applicazione
distinti, atteso che la norma civilistica tutela il diritto
di proprietà ed è finalizzato a disciplinare i rapporti di
natura patrimoniale tra i privati proprietari di fondi
vicini, mentre l’altra normativa ha carattere pubblicistico,
dal momento che persegue finalità di interesse pubblico ed è
volta a regolare i rapporti tra i privati e la P.A..
Deve quindi ritenersi che condivisibilmente il Giudice di
primo grado ha ritenuto competente il Sindaco del Comune di
cui trattasi ad esercitare i poteri di cui all’art. 9 della
l. n. 4471995 ordinando l’abbattimento delle emissioni
dannose in questione.
---------------
Con il motivo in esame è
stato anche dedotto che contraddittoriamente il TAR ha da
un lato riconosciuto la sussistenza del potere sindacale di
emettere una ordinanza contingibile ed urgente allo scopo di
realizzare un immediato ed efficace contrasto
all’inquinamento acustico e dall’altro ha affermato la
legittimità della impugnata ordinanza che ha invitato il
trasgressore solo ad individuare generiche misure da
adottarsi per il futuro, senza neppure indicare un termine a
pena di decadenza entro il quale le stesse dovessero essere
adottate.
Osserva in proposito la Sezione che con l’ordinanza n.
20 del 2009 impugnata è stato intimato la legale
rappresentante della attuale appellante di provvedere entro
30 giorni dal ricevimento della stessa, e comunque
compatibilmente con i tempi necessari all’ottenimento di
tutti gli eventuali nulla osta od autorizzazioni previste
dalla vigente normativa, a realizzare gli interventi
opportuni per garantire che le emissioni acustiche fossero
conformi ai valori limite previsti dal d.P.C.M. 14.11.1997.
Detto provvedimento non conteneva quindi solo un generico
invito ad adottare misure di contenimento dell’inquinamento
acustico per il futuro senza indicazione di un termine di
decadenza, atteso che non contraddittoriamente, ma in logica
contemperazione dell’interesse pubblico alla eliminazione
dell'inquinamento acustico con i vincoli di legge imposti al
privato per poter effettuare interventi edilizi sulla
proprietà, ha concesso che il termine, perentorio e non
decadenziale, assegnato per l’incombente fosse dilatabile
sino al conseguimento degli indispensabili titoli edilizi.
Aggiungasi che se è vero è che l'istituto dell'ordinanza
contingibile e urgente, con la quale è consentito
fronteggiare le situazioni di emergenza anche al prezzo del
sacrificio temporaneo di posizioni individuali
costituzionalmente tutelate, non può essere impiegato per
conferire un assetto stabile e definitivo agli interessi
coinvolti, questo non significa che i provvedimenti
contingibili debbano considerarsi automaticamente
illegittimi solo perché sprovvisti di un termine finale di
durata o di efficacia (Cons. Stato, sez. V, 30.06.2011,
n. 3922 e 13.08.2007, n. 4448).
Sicché anche misure non
definite nel loro limite temporale possono essere reputate
legittime, quando, come nel caso che occupa, siano
razionalmente collegate alla concreta situazione di pericolo
accertata rapportata alla situazione di fatto
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 06.03.2013 n. 1372 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Rumore. Legittimità ordinanza sindacale per limitare
emissioni acustiche causate dall’attività di supermercato.
E’ legittima l’ordinanza sindacale con la quale era stato
intimato alla società di provvedere entro 30 giorni, a far
realizzare adeguate opere nel locale al fine di garantire
che le emissioni acustiche causate dall’attività del
supermercato fossero conformi ai valori limite previsti dal
d.P.C.M. 14.11.1997.
Il potere di cui al richiamato art. 9
della l. n. 4471995 non va riduttivamente ricondotto al
generale potere di ordinanza contingibile ed urgente in
materia di sanità ed igiene pubblica, dovendo piuttosto
essere qualificato quale ordinario rimedio in tema di
inquinamento acustico; ciò perché, in assenza di altri
strumenti a disposizione delle amministrazioni comunali, la
presenza di una accertata situazione di inquinamento
acustico rappresenta di per sé una minaccia per la salute
pubblica, anche se in concreto è offeso un solo soggetto.
Mentre quella riconosciuta dal Codice Civile al privato
interessato di adire l'Autorità Giudiziaria Ordinaria per
far cessare le immissioni dannose che eccedano la normale
tollerabilità è una mera facoltà, il potere del Sindaco di
emanare la ordinanza ex art. 9 della l. n. 447/1995 è un
dovere connesso all’esercizio delle sue pubbliche funzioni,
al quale non può sottrarsi, anche se è leso un solo
soggetto, spogliandosi del potere, di valore pubblicistico,
di reprimere l’inquinamento acustico e attribuendolo al
privato, cui il codice civile riconosce la facoltà di
esercitare il diritto a non subire le emissioni dannose e
non il dovere, se eccedenti i valori massimi consentiti.
Osserva la Sezione
che il TAR, richiamati al riguardo l’art. 15, comma 1, della
l.r. n. 13/2001 e l'art. 9, comma 1, della L. n. 447/1995,
ha ritenuto che questa norma non può essere riduttivamente
intesa come una mera riproduzione, nell'ambito della
normativa di settore in tema di tutela dall'inquinamento
acustico, del generale potere di ordinanza contingibile ed
urgente tradizionalmente riconosciuto dal nostro ordinamento
giuridico al Sindaco in materia di sanità ed igiene
pubblica, ma che invece la stessa deve essere logicamente e
sistematicamente interpretata nel particolare significato
che assume all'interno di una normativa dettata allo scopo
primario di realizzare un efficace contrasto al fenomeno
dell'inquinamento acustico, che è stato ritenuto sufficiente
a concretare l'eccezionale ed urgente necessità di
intervenire a tutela della salute pubblica con l'efficace
strumento previsto (soltanto) dall'art. 9, comma 1, della
citata l. n. 447/1995.
Ha quindi affermato che la tutela della salute pubblica non
presuppone necessariamente che la situazione di pericolo
involga l'intera collettività, ben potendo richiedersi
tutela alla P.A. anche ove sia in discussione la salute di
una singola famiglia (o anche di una sola persona) e che non
può essere certamente reputato ordinario strumento di
intervento (sul piano amministrativo) la facoltà
riconosciuta dal Codice Civile al privato interessato di
adire l'Autorità Giudiziaria Ordinaria per far cessare le
immissioni dannose che eccedano la normale tollerabilità.
La Sezione condivide la tesi fatta propria dal primo
Giudice, che il potere di cui al richiamato art. 9 della l.
n. 4471995 non va riduttivamente ricondotto al generale
potere di ordinanza contingibile ed urgente in materia di
sanità ed igiene pubblica, dovendo piuttosto essere
qualificato quale ordinario rimedio in tema di inquinamento
acustico; ciò perché, in assenza di altri strumenti a
disposizione delle amministrazioni comunali, la presenza di
una accertata situazione di inquinamento acustico
rappresenta di per sé una minaccia per la salute pubblica,
anche se in concreto è offeso un solo soggetto..
Aggiungasi che mentre quella riconosciuta dal Codice Civile
al privato interessato di adire l'Autorità Giudiziaria
Ordinaria per far cessare le immissioni dannose che eccedano
la normale tollerabilità è una mera facoltà, il potere del
Sindaco di emanare la ordinanza ex art. 9 della l. n.
447/1995 è un dovere connesso all’esercizio delle sue
pubbliche funzioni, al quale non può sottrarsi, anche se è
leso un solo soggetto, spogliandosi del potere, di valore
pubblicistico, di reprimere l’inquinamento acustico e
attribuendolo al privato, cui il codice civile riconosce la
facoltà di esercitare il diritto a non subire le emissioni
dannose e non il dovere, se eccedenti i valori massimi
consentiti.
Deve quindi ritenersi che le facoltà concesse al privato
dall’art. 844 del c.c. e i doveri della P.A. previsti dalla
normativa in materia di attività produttive, laddove fissa
le modalità di rilevamento dei rumori ed i limiti massimi di
tollerabilità, hanno finalità e campi di applicazione
distinti, atteso che la norma civilistica tutela il diritto
di proprietà ed è finalizzato a disciplinare i rapporti di
natura patrimoniale tra i privati proprietari di fondi
vicini, mentre l’altra normativa ha carattere pubblicistico,
dal momento che persegue finalità di interesse pubblico ed è
volta a regolare i rapporti tra i privati e la P.A..
Deve quindi ritenersi che condivisibilmente il Giudice di
primo grado ha ritenuto competente il Sindaco del Comune di
cui trattasi ad esercitare i poteri di cui all’art. 9 della
l. n. 4471995 ordinando l’abbattimento delle emissioni
dannose in questione (massima tratta da
www.lexambiente.it - Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 06.03.2013 n. 1372 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
febbraio 2013 |
|
AMBIENTE-ECOLOGIA:
A. Scarcella,
Inquinamento di origine fisica: rumore ed inquinamento
elettromagnetico (14.02.2013 - link a
www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA
PRIVATA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 7 dell'11.02.2013, "Pubblicazione
ai sensi dell’articolo 5 del regolamento regionale
21.01.2000, n. 1, dell’elenco dei tecnici competenti in
acustica ambientale riconosciuti dalla Regione Lombardia
alla data del 31.01.2013, in attuazione dell’articolo 2,
commi 6 e 7, della legge 26.10.1995, n. 447 e della
deliberazione 06.08.2012, n. IX/3935"
(comunicato
regionale 05.02.2013 n. 10). |
gennaio 2013 |
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AMBIENTE-ECOLOGIA: La
gestione del servizio attinente alla rete autostradale è
senz’altro riconducibile alla nozione di servizio pubblico
essenziale, tale espressamente definito dal C.C.N.L.
06.07.1995, artt. 1, lett. f) e 2, n. 8, sicché il potere di
ordinanza riferito al contenimento dell’inquinamento
acustico derivante da tale servizio non può che essere
attribuito, come la disposizione sopra indicata chiaramente
prevede, al presidente del Consiglio dei Ministri.
Sicché, è illegittima l’ordinanza con la quale il Sindaco ha
ordinato alla società ricorrente l’esecuzione di alcune
opere e la predisposizione di misure idonee ed adeguate alla
riconduzione a limiti di legge delle immissioni rumorose
derivanti dall’esercizio della gestione del trasporto
autostradale nei tratti di pertinenza comunali per i quali
l’ARTA Abruzzo ha accertato l’avvenuto superamento dei
valori limite di immissione.
E’ in contestazione la legittimità dell’ordinanza sindacale
meglio in epigrafe individuata con la quale il Sindaco del
Comune di Silvi ha ordinato alla società ricorrente
l’esecuzione di alcune opere e la predisposizione di misure
idonee ed adeguate alla riconduzione a limiti di legge delle
immissioni rumorose derivanti dall’esercizio della gestione
del trasporto autostradale nei tratti di pertinenza comunali
per i quali l’ARTA Abruzzo ha accertato l’avvenuto
superamento dei valori limite di immissione.
La ricorrente deduce che la questione è regolamentata da
specifiche disposizioni normative e regolamentari che
disciplinerebbero modalità e tempi per la predisposizione,
per l’intera rete autostradale, delle misure in questione e
che quindi l’ordinanza sindacale sarebbe resa in elusione
delle norme sovraordinate (allo scopo di anticiparne gli
effetti) e comunque in difetto dei presupposti generalmente
richiesti per le ordinanze contingibili ed urgenti; inoltre,
l’ordinanza sarebbe resa in palese incompetenza, stante il
disposto di cui all’art. 9 della legge 447/1995 (legge
quadro in materia di inquinamento acustico), che
attribuirebbe detto potere, in caso di servizi pubblici
essenziali, al Presidente del Consiglio dei Ministri.
Reputa il Collegio preliminare la disamina di quest’ultimo
rilievo sollevato da parte ricorrente, ossia la prospettata
questione dell’incompetenza del Sindaco ad emanare ordinanze
contingibili ed urgenti in materia di inquinamento acustico
nel caso, che nella specie ricorrerebbe, di servizi pubblici
essenziali.
A termini dell’art. 9, comma 1, della l. n. 447/1995 (“Legge
quadro sull’inquinamento acustico”), “qualora sia richiesto
da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della salute
pubblica o dell’ambiente il sindaco, il presidente della
provincia, il presidente della giunta regionale, il
prefetto, il ministro dell’ambiente, secondo quanto previsto
dall’articolo 8 della L. 03.03.1987, n. 59, e il presidente
del consiglio dei ministri, nell’ambito delle rispettive
competenze, con provvedimento motivato, possono ordinare il
ricorso temporaneo a speciali forme di contenimento o di
abbattimento delle emissioni sonore, inclusa l’inibitoria
parziale o totale di determinate attività. Nel caso di
servizi pubblici essenziali, tale facoltà è riservata
esclusivamente al presidente del consiglio dei ministri”.
La disposizione in questione anzitutto prevede espressamente
la possibilità di emanare, in subiecta materia, ordinanze contingibili ed urgenti in caso ricorrano “eccezionali ed
urgenti necessità di tutela della salute pubblica o
dell’ambiente”, ma riserva il potere di ordinanza alle
Autorità rispettivamente indicate, secondo le competenze di
ciascuno, individuando, tuttavia, il presidente del
Consiglio dei ministri “nel caso di servizi pubblici
essenziali”, all’evidente scopo di uniformare l’azione
amministrativa applicata alle enucleate peculiari
fattispecie ove incidenti su servizi pubblici essenziali.
La gestione del servizio attinente alla rete autostradale è
senz’altro riconducibile alla nozione di servizio pubblico
essenziale, tale espressamente definito dal C.C.N.L.
06.07.1995, artt. 1, lett. f) e 2, n. 8, sicché il potere di
ordinanza riferito al contenimento dell’inquinamento
acustico derivante da tale servizio non può che essere
attribuito, come la disposizione sopra indicata chiaramente
prevede, al presidente del Consiglio dei Ministri.
In positiva ed assorbente delibazione dell’indicato rilievo,
il ricorso va dunque accolto con l’annullamento dell’atto
impugnato
(TAR Abruzzo-L'Aquila,
sentenza 10.01.2013 n. 8 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rumore. Legittimità ordinanza Sindaco sospensione attività
autolavaggio per inquinamento acustico.
E’ legittima l’ordinanza comunale di immediata sospensione
delle attività relative all’autolavaggio, che condiziona
inoltre, la ripresa dell’attività medesima alla
dimostrazione di aver eseguito, nei successivi 30 giorni
dalla notifica, adeguati interventi tecnici ed organizzativi
finalizzati a garantire il contenimento delle immissioni
rumorose, negli ambienti abitativi limitrofi ed ambiente
esterno, entro i limiti previsti dalla normativa vigente.
Infatti, dai rilievi effettuati dall’ARTA Abruzzo nel
periodo diurno di osservazione, è stato rilevato il
superamento del valore limite differenziale di livello
sonoro relativamente al rumore ambientale. Sul punto,
occorre considerare che (mentre i limiti assoluti
d'immissione hanno la finalità primaria di tutelare
dall'inquinamento acustico l'ambiente inteso in senso ampio)
i valori limite differenziali, facendo specifico riferimento
al rumore percepito dall'essere umano, mirano ancor più
specificamente alla salvaguardia della salute pubblica ex
articolo 32 della Carta Costituzionale.
Il ricorrente ha impugnato il provvedimento con il quale il
Sindaco del Comune di Scafa gli ha ordinato “l’immediata
sospensione delle attività relative all’autolavaggio sito in
via Tiburtina Valeria ss. 5 di Scafa (Pe)”,
condizionando la ripresa dell’attività medesima alla
dimostrazione di aver eseguito, nei successivi 30 giorni
dalla notifica del provvedimento stesso, “adeguati
interventi tecnici ed organizzativi finalizzati a garantire
il contenimento delle immissioni rumorose, negli ambienti
abitativi limitrofi ed ambiente esterno, entro i limiti
previsti dalla normativa vigente”.
Il provvedimento impugnato si basa su dei rilievi
fonometrici effettuati dal personale del dipartimento
provinciale dell’Arta Abruzzo, all’interno di un’abitazione
limitrofa all’impianto di autolavaggio del ricorrente,
considerato come sorgente disturbante.
Da tali rilievi è emerso, nel periodo diurno di
osservazione, il superamento del valore limite differenziale
di livello sonoro relativamente al rumore ambientale (cfr.
il provvedimento impugnato).
...
Il ricorso è infondato.
...
Il Collegio, pur dando atto dell’orientamento di parte della
giurisprudenza, favorevole alla prospettazione del
ricorrente in merito ai limiti differenziali (cfr. Tar
Parma, sentenza n. 385 del 2008), basato peraltro sul mero
dato letterale della norma regolamentare; ritiene tuttavia
maggiormente convincente l’altro orientamento (cfr. Tar
Lecce, sentenza n. 5639 del 2006), che si è formato pur
sempre in materia di ordinanze sindacali adottate ai sensi
dell'articolo 9 primo comma della legge quadro
sull'inquinamento acustico n. 447 del 1995 ("Qualora sia
richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela
della salute pubblica o dell'ambiente il Sindaco .... con
provvedimento motivato può ordinare il ricorso temporaneo a
speciali forme di contenimento o di abbattimento delle
emissioni sonore, inclusa l'inibitoria parziale o totale di
determinate attività").
Difatti, occorre considerare che (mentre i limiti assoluti
d'immissione hanno la finalità primaria di tutelare
dall'inquinamento acustico l'ambiente inteso in senso ampio)
i valori limite differenziali, facendo specifico riferimento
al rumore percepito dall'essere umano, mirano ancor più
specificamente alla salvaguardia della salute pubblica.
Coerentemente con tale ratio e premessa, già prima
dell'entrata in vigore della legge 26.10.1995 n. 447 e del
conseguente d.p.c.m. 14.11.1997, l'articolo 6 del d.p.c.m.
01.03.1991 prevedeva l'applicazione sia di limiti massimi in
assoluto (primo comma) sia di valori limite differenziali
per le zone non esclusivamente industriali (secondo comma).
Ne consegue che la disposizione transitoria dettata
dall'art. 8 del citato d.p.c.m. 14.11.1997 (che testualmente
si limita soltanto a prevedere l'applicazione -sino
all'avvenuta zonizzazione di cui all'art. 6 lettera "a"
della legge n. 447/1995- dei limiti assoluti di
accettabilità di immissione sonora previsti dal primo comma
dell'articolo 6 del predetto d.p.c.m. 01.03.1991) non può
essere correttamente interpretata (tenuto conto delle
finalità di forte tutela del bene salute complessivamente
perseguite dalla legge quadro sull'inquinamento acustico)
nel significato (contrastante con l'art. 32 della Carta
Costituzionale) di escludere del tutto, arbitrariamente,
l'operatività del criterio dei valori limite differenziali
d'immissione (pur contemplato dall'art. 4 del d.p.c.m.
14.11.1997 e, come detto, già fissato dal secondo comma
dell'art. 6 del d.p.c.m. 01.03.1991), nel territorio di quei
Comuni che non abbiano ancora provveduto all'approvazione
del c.d. piano di zonizzazione acustica (cfr. Tar Lecce,
sentenza n. 488 del 2006 e sentenza n. 5639 del 2006).
In sostanza, l'art. 8 del d.p.c.m. 14.11.1997 deve essere
disapplicato (sulla disapplicazione d’ufficio dei
regolamenti illegittimi, ad opera del giudice
amministrativo, cfr. ad esempio Consiglio di Stato, sentenza
n. 1169 del 2009; Tar Cagliari, sentenza n. 1093 del 2003),
per incostituzionalità, laddove -nel disporre che “In
attesa che i comuni provvedano agli adempimenti previsti
dall'art. 6, comma 1, lettera a), della legge 26.10.1995, n.
447 (15), si applicano i limiti di cui all'art. 6, comma 1,
del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri
01.03.1991”– limita il rinvio all’articolo 6 del d.p.r.
01.03.1991 al solo primo comma (massima tratta da www.lexambiente.it
- TAR Abruzzo-Pescara,
sentenza 10.01.2013 n. 6 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
dicembre 2012 |
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AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rumore. Legittimità ordinanza contingibile e urgente in caso
di inquinamento acustico.
L’utilizzo del particolare potere di ordinanza contingibile
e urgente delineato dall’art. 9 della L. n. 447 del 1995
deve ritenersi “normalmente” consentito allorquando gli
appositi accertamenti tecnici effettuati dalle competenti
Agenzie Regionali di Protezione Ambientale rilevino la
presenza di un fenomeno di inquinamento acustico, tenuto
conto sia che quest’ultimo ontologicamente (per esplicita
previsione dell’art. 2 della stessa L. n. 447 del 1995)
rappresenta una minaccia per la salute pubblica, sia che la
legge quadro sull’inquinamento acustico non configura alcun
potere di intervento amministrativo ordinario che consenta
di ottenere il risultato dell’immediato abbattimento delle
emissioni sonore inquinanti.
---------------
Non sussiste il vizio di incompetenza (ordinanza sindacale)
dedotto dalla società ricorrente, dal momento che la legge
non prevede un potere amministrativo “ordinario” –come tale
di competenza dirigenziale– che consenta di ottenere il
risultato dell’immediato abbattimento delle emissioni sonore
inquinanti. Pertanto, l’accertata presenza di un fenomeno di
inquinamento acustico, pur se non coinvolgente l’intera
collettività, appare sufficiente a concretare l’eccezionale
e urgente necessità di intervenire a tutela della salute
pubblica con l’efficace strumento previsto dall’art. 9 primo
comma della citata l. n. 447 del 1995.
L’utilizzo del particolare potere di ordinanza contingibile
e urgente delineato dall’art. 9 della L. 26.10.1995 n. 447
deve ritenersi “normalmente” consentito allorquando
gli appositi accertamenti tecnici effettuati dalle
competenti Agenzie Regionali di Protezione Ambientale
rilevino la presenza di un fenomeno di inquinamento
acustico, tenuto conto sia che quest’ultimo ontologicamente
(per esplicita previsione dell’art. 2 della stessa L. n. 447
del 1995) rappresenta una minaccia per la salute pubblica,
sia che la legge quadro sull’inquinamento acustico non
configura alcun potere di intervento amministrativo
ordinario che consenta di ottenere il risultato
dell’immediato abbattimento delle emissioni sonore
inquinanti (TAR Napoli, sez. V, 06.07.2001, n. 3556; TAR
Perugia sez. I, 22.10.2010, n. 492; TAR Firenze, sez. II,
16.06.2010, n. 1930).
Non sussiste il vizio di incompetenza dedotto dalla società
ricorrente, dal momento che la legge non prevede un potere
amministrativo “ordinario” –come tale di competenza
dirigenziale– che consenta di ottenere il risultato
dell’immediato abbattimento delle emissioni sonore
inquinanti. Pertanto, l’accertata presenza di un fenomeno di
inquinamento acustico, pur se non coinvolgente l’intera
collettività, appare sufficiente a concretare l’eccezionale
e urgente necessità di intervenire a tutela della salute
pubblica con l’efficace strumento previsto dall’art. 9 primo
comma della citata l. n. 447 del 1995 (TAR Brescia, sez. I,
30.08.2011, n. 1276; TAR Lecce, sez. I, 29.09.2011, n.
1663).
La mancata indicazione di un termine finale di efficacia del
provvedimento inibitorio è connaturata all’atto stesso,
destinato ad esaurire istantaneamente i propri effetti nel
momento stesso in cui l’intimato abbia realizzato gli
interventi di bonifica acustica prescritti dall’Autorità.
Neppure sussiste il vizio di difetto di istruttoria dedotto
dalla parte ricorrente, in quanto l’ordinanza n. 95/2007 si
è fondata sull’articolata relazione dell’ARPA n.
943/2007/AL-06 V.O2 e sugli esiti del relativo sopralluogo
del 12.09.2007.
Il richiamo espresso di tale relazione istruttoria
costituisce congrua motivazione (c.d. “per relationem”)
dell’atto impugnato, secondo quanto previsto dall’art. 3
della l. 241/90..
Infine, gli elementi di particolare urgenza (unitamente al
c.d. effetto “a sorpresa”, indispensabile per
l’efficacia dei controlli) che caratterizzano immanentemente
l’intero procedimento amministrativo diretto
all’abbattimento delle emissioni rumorose inquinanti, gli
conferiscono quella specialità che giustifica la deroga ai
principi generali in tela di partecipazione previsti dagli
artt. 7 e ss. L. 07.08.1990 n. 241 (TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 21.12.2012 n. 1382
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA
PRIVATA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 50 del 12.12.2012,
"Pubblicazione ai sensi dell’articolo 5 del regolamento
regionale 21.01.2000, n. 1, dell’elenco dei tecnici
competenti in acustica ambientale riconosciuti dalla Regione
Lombardia alla data del 30.11.2012, in attuazione
dell’articolo 2, commi 6 e 7, della legge 26.10.1995, n. 447
e della deliberazione 06.08.2012, n. IX/3935" (comunicato
regionale 05.12.2012 n. 121). |
novembre 2012 |
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AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA: La
pianificazione acustica non si esaurisce in un'attività di
programmazione dell'assetto territoriale in senso stretto,
essendo diretta ad orientare lo sviluppo non dal punto di
vista urbanistico-edilizio -che pure costituisce un aspetto
connesso e correlato- ma sotto il particolare profilo della
tutela ambientale e della salute umana, attraverso la
localizzazione delle attività antropiche in relazione alla
loro rumorosità.
È doveroso rammentare che la normativa di riferimento
valorizza il profilo funzionale, inteso ad assicurare la
vivibilità dei luoghi preservandoli da fonti di inquinamento
acustico: l'impianto normativo dunque assume ad indice
quantitativo l'assetto urbanistico attuale, e lo integra con
quello qualitativo della fruizione collettiva dei luoghi per
il miglioramento delle condizioni di vita. La stessa L.r.
13/2001, all'art. 4, stabilisce che ogni Comune assicura il
"coordinamento" tra la classificazione acustica e gli
strumenti urbanistici, esigendo pertanto l'integrazione tra
i due strumenti senza prescrivere una perfetta
sovrapposizione.
La difesa del Comune ha evidenziato che la variante
urbanistica del 2001 ha interessato solo l’area di sedime
dello stabilimento Tempini, al fine di permetterne la
presenza in loco (e l’eventuale adeguamento tecnologico),
senza incidere sugli ambiti contermini, che hanno mantenuto
la destinazione residenziale.
In tale contesto va esclusa la
stessa necessità di un eventuale aggiornamento
dell’azzonamento acustico in classe III “aree di tipo misto”
effettuata dal piano di zonizzazione acustica approvato nel
1998, atteso che è invariata la situazione di fatto
preesistente.
Più in generale, va ricordato (cfr. TAR Brescia Sez. 2°, 18.05.2012 n. 837; Sez. 1°,
02.04.2008 n. 348) che:
<<La L.r. 13/2001 -in attuazione del disposto di cui
all'art. 4, comma 1, lett. a), della L. 447/1995- detta norme
per la tutela dell'ambiente esterno ed abitativo
dall'inquinamento acustico (art. 1 significativamente
rubricato "prevenzione") e demanda testualmente alla Giunta
regionale la definizione dei criteri tecnici di dettaglio
per la redazione della classificazione acustica del
territorio comunale, nel rispetto di alcune linee guida
(art. 2, comma 3). Tra queste ultime la lett. a) puntualizza
che la classificazione "deve essere predisposta sulla base
delle destinazioni d'uso del territorio, sia quelle
esistenti che quelle previste negli strumenti di
pianificazione urbanistica". La deliberazione della Giunta
regionale 12/07/2002 n. 7/9776, recante l'approvazione dei
menzionati criteri tecnici, afferma, in coerenza con la
normativa di rango superiore, che gli obiettivi fondamentali
della zonizzazione acustica "sono quelli di prevenire il
deterioramento di aree non inquinate e di risanare quelle
dove attualmente sono riscontrabili livelli di rumorosità
ambientale superiori ai valori limite". Precisa altresì che
"la zonizzazione è inoltre un indispensabile strumento di
prevenzione per una corretta pianificazione, ai fini della
tutela dall'inquinamento acustico, delle nuove aree di
sviluppo urbanistico o per la verifica di compatibilità dei
nuovi insediamenti o infrastrutture in aree già
urbanizzate". ... D'altro canto, tuttavia, il provvedimento
puntualizza che "Il processo di zonizzazione non si deve
limitare a "fotografare l'esistente" ma, tenendo conto della
pianificazione urbanistica e degli obiettivi di risanamento
ambientale, deve prevedere una classificazione in base alla
quale vengano attuati tutti gli accorgimenti volti alla
migliore protezione dell'ambiente abitativo dal rumore".
Inoltre "Va perseguita la compatibilità acustica tra i
diversi tipi di insediamento tenendo conto di considerazioni
economiche della complessità tecnologica, dell'estensione
dell'insediamento o infrastruttura rumorosa, delle necessità
di interventi di risanamento, dei programmi di bonifica o di
trasferimento".
Il quadro normativo delineato, nel rispetto degli obiettivi
fondamentali fissati dalla Legge quadro nazionale e
precisati dal legislatore regionale, offre ai Comuni gli
strumenti utili per intraprendere una corretta
pianificazione, individuando le fasi essenziali
dell'attività da espletare ed evidenziando una serie di
elementi fondamentali da assumere a parametri di
riferimento. Nel compiere la complessa ed articolata
valutazione tecnica il Comune deve prendere in
considerazione non soltanto la zonizzazione urbanistica, ma
anche il rilievo delle attività effettivamente esercitate e
l'assetto della viabilità, focalizzando l'analisi sulla
situazione attuale e sulle prospettive future di medio
periodo, allo scopo di assicurare le condizioni di migliore
vivibilità dei luoghi e di salvaguardare la salute dei
cittadini. ...
La giurisprudenza ha del resto precisato che la
pianificazione acustica non si esaurisce in un'attività di
programmazione dell'assetto territoriale in senso stretto,
essendo diretta ad orientare lo sviluppo non dal punto di
vista urbanistico-edilizio -che pure costituisce un aspetto
connesso e correlato- ma sotto il particolare profilo della
tutela ambientale e della salute umana, attraverso la
localizzazione delle attività antropiche in relazione alla
loro rumorosità (cfr. TAR Piemonte, sez. II - 13/13/2005
n. 3969). ... È doveroso rammentare che la normativa di
riferimento valorizza il profilo funzionale, inteso ad
assicurare la vivibilità dei luoghi preservandoli da fonti
di inquinamento acustico: l'impianto normativo dunque assume
ad indice quantitativo l'assetto urbanistico attuale, e lo
integra con quello qualitativo della fruizione collettiva
dei luoghi per il miglioramento delle condizioni di vita. La
stessa L.r. 13/2001, all'art. 4, stabilisce che ogni Comune
assicura il "coordinamento" tra la classificazione acustica
e gli strumenti urbanistici, esigendo pertanto
l'integrazione tra i due strumenti senza prescrivere una
perfetta sovrapposizione>>
(TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 15.11.2012 n. 1794 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA: Il
rumore ambientale è costituito da tutte le sorgenti di
rumore esistenti in un dato luogo e durante un determinato
tempo. Il rumore ambientale è costituito dall’insieme del
rumore residuo, per tale intendendosi il rumore rilevato
quando si esclude la specifica sorgente disturbante, e da
quello che prodotto dalla specifica sorgente disturbante.
A tal riguardo occorre precisare che il valore limite
differenziale è quel valore dato dalla differenza tra il
livello equivalente di rumore ambientale e il rumore
residuo. Tenendo presente la definizione di rumore residuo
che è il rumore che residua una volta eliminata la sorgente
disturbante il valore differenziale esprime lo specifico
grado di inquinamento acustico della specifica fonte
disturbante.
In altre parole il valore differenziale esprime il
contributo che una specifica fonte dà al livello di
inquinamento generale.
---------------
Il Piano di classificazione acustica ha la funzione di
procedere a ricognizione del territorio comunale al fine di
individuare, tenendo conto delle destinazioni d'uso delle
varie zone, i "valori di qualità" di inquinamento acustico
da applicare a ciascuna di esse: ciò al duplice fine di
contenere il livello di emissioni sonore nei limiti
stabiliti in considerazione della concreta destinazione
delle varie porzioni di territorio, e di fornire un criterio
utile a verificare le attività eventualmente autorizzabili
in ciascuna di esse.
---------------
Va chiarita la latitudine del potere attribuito dall’art. 9
della L. 26.10.1995 n. 447 ovverosia:
- la norma non può essere riduttivamente intesa come una
mera (e, quindi, pleonastica) riproduzione, nell'ambito
della normativa di settore in tema di tutela
dall'inquinamento acustico, del generale potere di ordinanza
contingibile ed urgente tradizionalmente riconosciuto dal
nostro ordinamento giuridico al Sindaco (quale Ufficiale di
Governo) in materia di sanità ed igiene pubblica, ma che
invece la stessa deve essere logicamente e sistematicamente
interpretata nel particolare significato che assume
all'interno di una normativa dettata -in attuazione del
principio di tutela della salute dei cittadini previsto
dall'art. 32 della Costituzione- allo scopo primario di
realizzare un efficace contrasto al fenomeno
dell'inquinamento acustico, tenendo nel dovuto conto il
fatto che la Legge n. 447/1995 (nell'art. 2 primo comma
lettera "a") ha ridefinito il concetto di inquinamento
acustico, qualificandolo come "l'introduzione di rumore
nell'ambiente abitativo o nell'ambiente esterno tale da
provocare fastidio o disturbo al riposo ed alle attività
umane", sancendo espressamente che esso concreta (in ogni
caso) "un pericolo per la salute umana";
- conseguentemente l'utilizzo del particolare potere di
ordinanza contingibile ed urgente delineato dall'art. 9
della Legge 26.10.1995 n. 447 deve ritenersi ("normalmente")
consentito allorquando gli appositi accertamenti tecnici
effettuati dalle competenti Agenzie Regionali di Protezione
Ambientale rivelino la presenza di un fenomeno di
inquinamento acustico, tenuto conto sia che quest'ultimo
-ontologicamente (per esplicita previsione dell'art. 2 della
stessa L. n. 447/1995 )- rappresenta una minaccia per la
salute pubblica, sia che la Legge quadro sull'inquinamento
acustico non configura alcun potere di intervento
amministrativo "ordinario" che consenta di ottenere il
risultato dell'immediato abbattimento delle emissioni sonore
inquinanti;
- in siffatto contesto normativo, l'accertata presenza di un
fenomeno di inquinamento acustico (pur se non coinvolgente
l'intera collettività) appare sufficiente a concretare
l'eccezionale ed urgente necessità di intervenire a tutela
della salute pubblica con l'efficace strumento previsto
(soltanto) dall'art. 9, primo comma, della citata Legge n.
447/1995;
- la tutela della salute pubblica non presuppone
necessariamente che la situazione di pericolo involga
l'intera collettività ben potendo richiedersi tutela alla
P.A. anche ove sia in discussione la salute di una singola
famiglia (o anche di una sola persona);
- non può essere certamente reputato ordinario strumento di
intervento (sul piano amministrativo) la facoltà
riconosciuta dal Codice Civile al privato interessato di
adire l'Autorità Giudiziaria Ordinaria per far cessare le
immissioni dannose che eccedano la normale tollerabilità.
In Lombardia, la L.R. 10.08.2001 n. 13 -Norme in materia
di inquinamento acustico- all’art. 15 (Controlli e poteri
sostitutivi) prevede che “Le attività di vigilanza e
controllo in materia di inquinamento acustico sono svolte
dai comuni e dalle province nell'ambito delle competenze
individuate dalla legislazione statale e regionale vigente,
avvalendosi del supporto dell'Agenzia regionale per la
protezione dell'ambiente ai sensi della legge regionale 14.08.1999, n. 16 (Istituzione dell'Agenzia regionale per la
protezione dell'ambiente - ARPA)” (c.1).
Il c. 2 del cit. art. 15 specifica che: “Per le attività di
vigilanza e controllo di cui al comma 1, il comune o la
provincia effettuano precise e dettagliate richieste
all'ARPA privilegiando le segnalazioni, gli esposti, le
lamentele presentate dai cittadini residenti in ambienti
abitativi o esterni prossimi alla sorgente di inquinamento
acustico per la quale sono effettuati i controlli. Gli oneri
per le attività di vigilanza e controllo effettuate ai sensi
del presente comma sono a carico dell'ARPA, così come
stabilito dall'art. 26, comma 5, della L.R. n. 16/1999”.
Più in generale, l'art. 9, primo comma, della L. 26.10.1995 n.
447 –legge quadro sull'inquinamento acustico- dispone:
“Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità
di tutela della salute pubblica o dell'ambiente il sindaco,
il presidente della provincia, il presidente della giunta
regionale, il prefetto, il Ministro dell'ambiente, secondo
quanto previsto dall'articolo 8 della L. 03.03.1987, n.
59, e il Presidente del Consiglio dei ministri, nell'ambito
delle rispettive competenze, con provvedimento motivato,
possono ordinare il ricorso temporaneo a speciali forme di
contenimento o di abbattimento delle emissioni sonore,
inclusa l'inibitoria parziale o totale di determinate
attività. Nel caso di servizi pubblici essenziali, tale
facoltà è riservata esclusivamente al Presidente del
Consiglio dei ministri”.
Il D.P.C.M. 14.11.1997 che reca “valori limite
assoluti di immissione” all’art. 3 stabilisce: “1. I valori
limite assoluti di immissione come definiti all'art. 2,
comma 3, lettera a), della legge 26.10.1995, n. 447,
riferiti al rumore immesso nell'ambiente esterno
dall'insieme di tutte le sorgenti sono quelli indicati nella
tabella C allegata al presente decreto.
2. Per le
infrastrutture stradali, ferroviarie, marittime,
aeroportuali e le altre sorgenti sonore di cui all'art. 11,
comma 1, legge 26.10.1995, n. 447, i limiti di cui alla
tabella C allegata al presente decreto, non si applicano
all'interno delle rispettive fasce di pertinenza,
individuate dai relativi decreti attuativi. All'esterno di
tali fasce, dette sorgenti concorrono al raggiungimento dei
limiti assoluti di immissione.
3. All'interno delle fasce di
pertinenza, le singole sorgenti sonore diverse da quelle
indicate al precedente comma 2, devono rispettare i limiti
di cui alla tabella B allegata al presente decreto. Le
sorgenti sonore diverse da quelle di cui al precedente comma
2, devono rispettare, nel loro insieme, i limiti di cui alla
tabella C allegata al presente decreto, secondo la
classificazione che a quella fascia viene assegnata.”
Il successivo art. 4 -rubricato valori limite differenziali
di immissione- stabilisce: “1. I valori limite
differenziali di immissione, definiti all'art. 2, comma 3,
lettera b), della legge 26.10.1995, n. 447, sono: 5 dB
per il periodo diurno e 3 dB per il periodo notturno,
all'interno degli ambienti abitativi. Tali valori non si
applicano nelle aree classificate nella classe VI della
tabella A allegata al presente decreto.
2. Le disposizioni
di cui al comma precedente non si applicano nei seguenti
casi, in quanto ogni effetto del rumore è da ritenersi
trascurabile: a) se il rumore misurato a finestre aperte sia
inferiore a 50 dB(A) durante il periodo diurno e 40 dB(A)
durante il periodo notturno; b) se il livello del rumore
ambientale misurato a finestre chiuse sia inferiore a 35 dB(A)
durante il periodo diurno e 25 dB(A) durante il periodo
notturno.
3. Le disposizioni di cui al presente articolo non
si applicano alla rumorosità prodotta: dalle infrastrutture
stradali, ferroviarie, aeroportuali e marittime; da attività
e comportamenti non connessi con esigenze produttive,
commerciali e professionali; da servizi e impianti fissi
dell'edificio adibiti ad uso comune, limitatamente al
disturbo provocato all'interno dello stesso”.
Va chiarito che il rumore ambientale è costituito da tutte
le sorgenti di rumore esistenti in un dato luogo e durante
un determinato tempo. Il rumore ambientale è costituito
dall’insieme del rumore residuo, per tale intendendosi il
rumore rilevato quando si esclude la specifica sorgente
disturbante, e da quello che prodotto dalla specifica
sorgente disturbante.
A tal riguardo occorre precisare che il valore limite
differenziale è quel valore dato dalla differenza tra il
livello equivalente di rumore ambientale e il rumore
residuo. Tenendo presente la definizione di rumore residuo
che è il rumore che residua una volta eliminata la sorgente
disturbante il valore differenziale esprime lo specifico
grado di inquinamento acustico della specifica fonte
disturbante.
In altre parole il valore differenziale esprime il
contributo che una specifica fonte dà al livello di
inquinamento generale.
I valori limite sono di 5 db per il periodo diurno e di 3 db
per il periodo notturno (art. 4 D.P.C.M. 14.11.1997).
Tali valori differenziali non si applicano quando comunque
il rumore ambientale è al di sotto di determinati valori e
precisamente 50 db(A) per il periodo diurno e 40 db (A) per
il periodo notturno misurati a finestre aperte e 35 db(A)
per il periodo diurno e 25 db (A) per il periodo notturno
misurati a finestre chiuse.
Si tratta ovviamente di limiti da applicarsi disgiuntamente
nel senso che anche il superamento di uno solo di essi
consente l’applicazione del valore differenziale. Ciò è
fatto palese dalla circostanza che il rumore viene definito
in tali casi trascurabile. Orbene è evidente che, essendo il
rumore sempre lo stesso, per ritenersi trascurabile non deve
superare i parametri di cui sopra per cui il superamento
anche di uno solo di essi implica l’applicazione dei valori
limite differenziali (cfr. TAR Liguria, Sez. I, 15.03.2010, n. 1166).
---------------
Va ricordato che, ai sensi degli artt. 4 e 6
della legge 26.10.1995, n. 447, il Piano di classificazione
acustica ha la funzione di procedere a ricognizione del
territorio comunale al fine di individuare, tenendo conto
delle destinazioni d'uso delle varie zone, i "valori di
qualità" di inquinamento acustico da applicare a
ciascuna di esse: ciò al duplice fine di contenere il
livello di emissioni sonore nei limiti stabiliti in
considerazione della concreta destinazione delle varie
porzioni di territorio, e di fornire un criterio utile a
verificare le attività eventualmente autorizzabili in
ciascuna di esse.
In relazione alle doglianze prospettate dalla ricorrente va
chiarita la latitudine del potere attribuito dall’art. 9
della L. 26.10.1995 n. 447 (cfr. TAR Lecce, Sez. I,
11.01.2006, n. 488, TAR Milano, Sez. IV, 27.12.2007 n. 6819,
TAR Brescia, Sez. II, 02.11.2009 n. 1814, TAR Brescia,
Sez. I, 30.08.2011 n. 1276):
- la norma non può essere riduttivamente intesa come una
mera (e, quindi, pleonastica) riproduzione, nell'ambito
della normativa di settore in tema di tutela
dall'inquinamento acustico, del generale potere di ordinanza
contingibile ed urgente tradizionalmente riconosciuto dal
nostro ordinamento giuridico al Sindaco (quale Ufficiale di
Governo) in materia di sanità ed igiene pubblica, ma che
invece la stessa deve essere logicamente e sistematicamente
interpretata nel particolare significato che assume
all'interno di una normativa dettata -in attuazione del
principio di tutela della salute dei cittadini previsto
dall'art. 32 della Costituzione- allo scopo primario di
realizzare un efficace contrasto al fenomeno
dell'inquinamento acustico, tenendo nel dovuto conto il
fatto che la Legge n. 447/1995 (nell'art. 2 primo comma
lettera "a") ha ridefinito il concetto di inquinamento
acustico, qualificandolo come "l'introduzione di rumore
nell'ambiente abitativo o nell'ambiente esterno tale da
provocare fastidio o disturbo al riposo ed alle attività
umane", sancendo espressamente che esso concreta (in ogni
caso) "un pericolo per la salute umana";
- conseguentemente l'utilizzo del particolare potere di
ordinanza contingibile ed urgente delineato dall'art. 9
della Legge 26.10.1995 n. 447 deve ritenersi
("normalmente") consentito allorquando gli appositi
accertamenti tecnici effettuati dalle competenti Agenzie
Regionali di Protezione Ambientale rivelino la presenza di
un fenomeno di inquinamento acustico, tenuto conto sia che
quest'ultimo -ontologicamente (per esplicita previsione
dell'art. 2 della stessa L. n. 447/1995 )- rappresenta una
minaccia per la salute pubblica, sia che la Legge quadro
sull'inquinamento acustico non configura alcun potere di
intervento amministrativo "ordinario" che consenta di
ottenere il risultato dell'immediato abbattimento delle
emissioni sonore inquinanti;
- in siffatto contesto normativo, l'accertata presenza di un
fenomeno di inquinamento acustico (pur se non coinvolgente
l'intera collettività) appare sufficiente a concretare
l'eccezionale ed urgente necessità di intervenire a tutela
della salute pubblica con l'efficace strumento previsto
(soltanto) dall'art. 9, primo comma, della citata Legge n.
447/1995;
- la tutela della salute pubblica non presuppone
necessariamente che la situazione di pericolo involga
l'intera collettività ben potendo richiedersi tutela alla
P.A. anche ove sia in discussione la salute di una singola
famiglia (o anche di una sola persona);
- non può essere certamente reputato ordinario strumento di
intervento (sul piano amministrativo) la facoltà
riconosciuta dal Codice Civile al privato interessato di
adire l'Autorità Giudiziaria Ordinaria per far cessare le
immissioni dannose che eccedano la normale tollerabilità
(cfr. TAR Lecce, 11.01.2006, n. 488)
(TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 15.11.2012 n. 1792 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA
PRIVATA:
La classificazione
acustica del territorio deve coordinarsi e non sovrapporsi
meccanicamente alla pianificazione urbanistica, essa si
caratterizza per la tendenziale omogeneità con la
zonizzazione degli strumenti urbanistici, la quale
costituisce l'imprescindibile punto di partenza per la
classificazione del territorio.
Tuttavia, deve considerarsi che tale corrispondenza non è
perfettamente biunivoca e che anzi esiste un naturale
scollamento fra le due tipologie di pianificazione, poiché
lo strumento urbanistico disciplina l'assetto del territorio
ai fini prettamente urbanistici ed edilizi, individuando le
zone omogenee con criteri quantitativi, mentre la
classificazione acustica ha riguardo all'effettiva
fruibilità dei luoghi, valendosi di indici qualitativi.
In altri termini, va considerato che, da un punto di vista
funzionale, la pianificazione acustica non si esaurisce in
un'attività di programmazione dell'assetto territoriale in
senso stretto, non essendo diretta ad orientare lo sviluppo
dal punto di vista urbanistico-edilizio, ma è rivolta a
governare l’assetto del territorio sotto il distinto profilo
della tutela ambientale e della salute umana, attraverso la
più coerente ed opportuna localizzazione delle attività
umane in relazione alla loro rumorosità.
Ne consegue che l’interpretazione teleologica della
normativa in questione porta a valorizzare gli interessi
protetti da tale disciplina, desumibili dall'art. 2, comma
1, lett. a), l. n. 447 del 1995, ossia la tutela del riposo
e della salute, la conservazione degli ecosistemi, dei beni
materiali, dei monumenti, dell'ambiente abitativo e
dell'ambiente esterno.
Questo corrobora ulteriormente l’idea, da un lato,
dell’autonomia tra le distinte sfere di pianificazione,
urbanistica ed acustica, dall’altro della necessità, per
l’amministrazione, di operare tali scelte contemperando i
contrapposti interessi in gioco, esercitando, in tale
ambito, poteri connotati da ampia discrezionalità tecnico
amministrativa.
In questa ottica, pertanto, l'esigenza di salvaguardare le
attività economiche già insediate sul territorio non può
essere d’ostacolo a modifiche più restrittive alla
zonizzazione acustica; essa è, piuttosto, come chiarito, un
elemento da tenere in adeguata considerazione nella
comparazione dei contrapposti interessi.
---------------
L'amministrazione gode di un'ampia potestà discrezionale
nella programmazione acustica del territorio, senza
necessità di dare conto in modo specifico delle scelte
adottate in ordine alla classificazione delle singole aree,
salva la coerenza con i principi legislativi e con le linee
generali poste a base della formazione del Piano stesso.
Considerato, infatti, il rapporto di regola-eccezione che
intercorre tra la previsione che introduce il divieto di
salto di classi e quello che ne ammette la deroga, mercé
l’adozione, ove possibile, di adeguati piani di risanamento,
il riferimento alla vicinanza ad una zona mista di classi IV
e III aggiunge un significativo quid pluris, piuttosto che
un deficit di motivazione, all’inidoneità di un piano che
autorizzi siffatta deroga.
L’art. 4, co. 3, lett. a), l. n. 447 del 1995 stabilisce che “le regioni, entro
il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della
presente legge, definiscono con legge:
a) i criteri in base ai quali i comuni, ai sensi
dell'articolo 6, comma 1, lettera a), tenendo conto delle
preesistenti destinazioni d'uso del territorio ed indicando
altresì aree da destinarsi a spettacolo a carattere
temporaneo, ovvero mobile, ovvero all'aperto procedono alla
classificazione del proprio territorio nelle zone previste
dalle vigenti disposizioni per l'applicazione dei valori di
qualità di cui all'articolo 2, comma 1, lettera h),
stabilendo il divieto di contatto diretto di aree, anche
appartenenti a comuni confinanti, quando tali valori si
discostano in misura superiore a 5 dBA di livello sonoro
equivalente misurato secondo i criteri generali stabiliti
dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 01.03.1991, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 57 dell'08.03.1991. Qualora nell'individuazione delle aree nelle
zone già urbanizzate non sia possibile rispettare tale
vincolo a causa di preesistenti destinazioni di uso, si
prevede l'adozione dei piani di risanamento di cui
all'articolo 7…”.
Ad avviso del Collegio occorre partire dall’analisi di
tale normativa.
Ebbene, la stessa normativa, interpretata secondo criteri
letterali e teleologici, assume la preesistente zonizzazione
urbanistica come uno dei parametri attraverso cui
determinare la zonizzazione acustica del territorio: non
dunque come parametro unico ed esclusivo.
Ne è conferma il fatto che il legislatore prescrive di
“tener conto” delle preesistenti destinazioni urbanistiche,
ma non impone di trasfondere le stesse tal quali in
corrispondenti classi acustiche.
Quanto appena evidenziato, trova riscontro
nell’interpretazione già recepita da questo Tribunale,
conformemente all’indirizzo della prevalente giurisprudenza,
secondo la quale “la classificazione acustica del territorio
deve coordinarsi e non sovrapporsi meccanicamente alla
pianificazione urbanistica, essa si caratterizza per la
tendenziale omogeneità con la zonizzazione degli strumenti
urbanistici, la quale costituisce l'imprescindibile punto di
partenza per la classificazione del territorio. Tuttavia,
deve considerarsi che tale corrispondenza non è
perfettamente biunivoca e che anzi esiste un naturale
scollamento fra le due tipologie di pianificazione, poiché
lo strumento urbanistico disciplina l'assetto del territorio
ai fini prettamente urbanistici ed edilizi, individuando le
zone omogenee con criteri quantitativi, mentre la
classificazione acustica ha riguardo all'effettiva
fruibilità dei luoghi, valendosi di indici qualitativi” (Tar
Lombardia Milano, sez. IV 13.12.2010 n. 7545; Tar
Veneto Venezia, sez. III 12.01.2011 n. 24).
In altri termini, va considerato che, da un punto di vista
funzionale, la pianificazione acustica non si esaurisce in
un'attività di programmazione dell'assetto territoriale in
senso stretto, non essendo diretta ad orientare lo sviluppo
dal punto di vista urbanistico-edilizio, ma è rivolta a
governare l’assetto del territorio sotto il distinto profilo
della tutela ambientale e della salute umana, attraverso la
più coerente ed opportuna localizzazione delle attività
umane in relazione alla loro rumorosità.
Ne consegue che l’interpretazione teleologica della
normativa in questione porta a valorizzare gli interessi
protetti da tale disciplina, desumibili dall'art. 2, comma 1,
lett. a), l. n. 447 del 1995, ossia la tutela del riposo e
della salute, la conservazione degli ecosistemi, dei beni
materiali, dei monumenti, dell'ambiente abitativo e
dell'ambiente esterno.
Questo corrobora ulteriormente l’idea, da un lato,
dell’autonomia tra le distinte sfere di pianificazione,
urbanistica ed acustica, dall’altro della necessità, per
l’amministrazione, di operare tali scelte contemperando i
contrapposti interessi in gioco, esercitando, in tale
ambito, poteri connotati da ampia discrezionalità tecnico
amministrativa.
In questa ottica, pertanto, l'esigenza di salvaguardare le
attività economiche già insediate sul territorio non può
essere d’ostacolo a modifiche più restrittive alla
zonizzazione acustica; essa è, piuttosto, come chiarito, un
elemento da tenere in adeguata considerazione nella
comparazione dei contrapposti interessi.
---------------
Tralasciato il profilo
secondo cui, inquadrato il piano di zonizzazione acustica
del territorio comunale tra i regolamenti, l'amministrazione
gode di un'ampia potestà discrezionale nella programmazione
acustica del territorio, senza necessità di dare conto in
modo specifico delle scelte adottate in ordine alla
classificazione delle singole aree, salva la coerenza con i
principi legislativi e con le linee generali poste a base
della formazione del Piano stesso (Tar Lombardia Brescia,
sez. II 18.05.2012 n. 837), nel caso esaminato detta
motivazione, fondata sulle dimensioni dell’area e sulla
prossimità a zona in classe IV, ha consentito di tracciare
in modo esauriente l’iter logico seguito
dall’amministrazione. Né può ritenersi che il rilievo
incentrato sulla vicinanza ad una area mista (classe IV e
III) classificata in classe IV valga ex se a renderla
contraddittoria.
Considerato, infatti, il rapporto di regola-eccezione che
intercorre tra la previsione che introduce il divieto di
salto di classi e quello che ne ammette la deroga, mercé
l’adozione, ove possibile, di adeguati piani di risanamento,
il riferimento alla vicinanza ad una zona mista di classi IV
e III aggiunge un significativo quid pluris, piuttosto che
un deficit di motivazione, all’inidoneità di un piano che
autorizzi siffatta deroga.
Il rigetto, a questo punto, di tutti i motivi di ricorso
trae seco anche la reiezione della domanda risarcitoria, sia
perché essa è consequenziale alla dedotta illegittimità del
provvedimento impugnato sia perché parte ricorrente non ha
comunque offerto un principio di prova a supporto del
pregiudizio risentito o del pericolo di danno pretesamene
derivante dalle restrizioni all’esercizio dell’attività
d’impresa, nelle ore notturne, ascrivibili alla contestata
pianificazione acustica
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 09.11.2012 n. 2734 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 45 del 09.11.2012, "Pubblicazione
ai sensi dell’articolo 5 del regolamento regionale
21.01.2000, n. 1, dell’elenco dei “Tecnici competenti” in
acustica ambientale riconosciuti dalla Regione Lombardia
alla data del 31.10.2012, in attuazione dell’articolo 2,
commi 6 e 7, della legge 26.10.1995, n. 447 e della
deliberazione 06.08.2012, n. IX/3935" (comunicato
regionale 07.11.2012 n. 113). |
ottobre 2012 |
|
AMBIENTE-ECOLOGIA:
OGGETTO: Richiesta di parere concernente il diritto di
accesso ad atti in materia di inquinamento acustico.
Il Comune in indirizzo ha rappresentato che -a fronte della
richiesta di un cittadino di accedere alla documentazione
relativa ad un procedimento in materia di inquinamento
acustico avviato nei confronti di una ditta confinante-
quest’ultima si era opposta all’accesso in quanto non
sussisterebbe un interesse giuridicamente rilevante né la
dimostrazione che gli atti di interesse avessero effetti
pregiudizievoli sulla posizione del cittadino istante. Tanto
premesso, ha chiesto a questa Commissione un parere sulla
legittimità dell’opposizione all’accesso manifestata dalla
controinteressata.
La Commissione ribadisce il proprio consolidato orientamento
secondo cui qualora l’istante risieda nel territorio
comunale, si deve ritenere che egli possa accedere a tutte
le informazioni inerenti al procedimento in questione ai
sensi della speciale disciplina ex art. 10, comma 1, del
decreto legislativo n. 267/2000, senza necessità di motivare
la sua istanza con riferimento ad uno specifico interesse
all’accesso.
Ed a nulla può valere l’opposizione manifestata dal
controinteressato, dal momento che nel caso di specie non si
applica l’art. 3 del d.P.R. n. 184 del 2006, la cui
applicazione anche all’ambito delle autonomie locali
finirebbe per operare un’indebita compressione dei più ampi
diritti riconosciuti dalla disciplina speciale in favore dei
cittadini residenti
(Presidenza del Consiglio
dei Ministri, Commissione per l'accesso ai documenti
amministrativi,
risposta del Plenum in
seduta del 23.10.2012 - link a
www.commissioneaccesso.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA
PRIVATA: B.U.R. Lombardia,
serie ordinaria n. 42 del 18.10.2012, "Pubblicazione
ai sensi dell’articolo 5 del regolamento regionale
21.01.2000, n. 1, dell’elenco dei “Tecnici competenti” in
acustica ambientale riconosciuti dalla Regione Lombardia
alla data del 30.09.2012, in attuazione dell’articolo 2,
commi 6 e 7, della legge 26.10.1995, n. 447 e della
deliberazione 06.08.2012, n. IX/3935" (comunicato
regionale 10.10.2012 n. 104). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 41 dell'11.10.2012, "Procedure
gestionali riguardanti i criteri e le modalità per la
presentazione delle domande per il riconoscimento della
figura di tecnico competente in acustica ambientale e
relativa modulistica" (decreto
D.U.O. 04.10.2012 n. 8711). |
agosto 2012 |
|
AMBIENTE-ECOLOGIA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 33 del
14.08.2012, "Criteri e modalità per la
redazione, la presentazione e la valutazione
delle domande per il riconoscimento della
figura di tecnico competente in acustica
ambientale" (deliberazione
G.R. 06.08.2012 n. 3935). |
luglio 2012 |
|
AMBIENTE-ECOLOGIA: R.
Vitale,
I latrati dei cani, quando scatta la
responsabilità del proprietario - L’abbaiare
dei cani, tra “diritto esistenziale”
degli animali e reato ex art. 659 c.p. “Disturbo
delle occupazioni o del riposo delle persone” (01.07.2012
- link a www.leggioggi.it). |
giugno 2012 |
|
AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA: Sulla
correlazione tra zonizzazione acustica e
zonizzazione urbanistica.
La classificazione acustica del territorio
comunale –c.d. zonizzazione acustica– avente
il proprio fondamento nell’art. 4 e
nell’art. 6 della legge quadro
sull’inquinamento acustico n. 447/1995, deve
tenere conto di quella urbanistica, al fine
di evitare illogiche discrasie fra le
medesime e di impedire una zonizzazione
acustica in palese contrasto con la realtà
fattuale della zona.
La classificazione acustica del territorio
comunale –c.d. zonizzazione acustica–
avente il proprio fondamento nell’art. 4 e
nell’art. 6 della legge quadro
sull’inquinamento acustico n. 447/1995, deve
tenere conto di quella urbanistica, al fine
di evitare illogiche discrasie fra le
medesime e di impedire una zonizzazione
acustica in palese contrasto con la realtà
fattuale della zona (cfr. TAR Lombardia,
Milano, sez. II, 26.01.2011, n. 229 e sez. IV,
05.07.2011, n. 1781, con la giurisprudenza ivi
richiamata).
Nel caso di specie, la destinazione
urbanistica dell’area (cfr. doc. 8 della
ricorrente), prevede fasce di rispetto
ambientale, stradale e per la presenza del
depuratore, oltre che una destinazione per
“Attrezzature tecnologiche”.
La porzione immobiliare è priva di
insediamenti residenziali, anzi si
caratterizza per un insediamento industriale
di notevole rilevanza, quale è un impianto
di depurazione, circondato dalle vasche di
raccolta dei reflui e vicino anche ad
importanti nodi stradali (cfr. la
documentazione fotografica depositata dalla
ricorrente il 22.03.2012).
Lo stesso Comune di Brugherio, del resto,
forse consapevole dell’illogicità della
propria scelta, ha avviato una revisione
della zonizzazione acustica, come risulta
dalla corrispondenza intercorsa con la
ricorrente (cfr. docc. da 13 a 16 di
quest’ultima), ma tale revisione non è mai
stata portata a compimento.
Ciò premesso, risulta evidente che la scelta
di zonizzazione in classe III (mista
residenziale-produttiva), non appare
rispettosa della normativa primaria in
materia (legge 447/1995), oltre che viziata
da eccesso di potere per travisamento,
illogicità e difetto di istruttoria.
Per effetto dall’accoglimento del motivo n.
2 del ricorso, la deliberazione impugnata
deve essere annullata in parte (laddove,
cioè, provvede alla classificazione acustica
dell’area della ricorrente), salvo il nuovo
esercizio del potere amministrativo, da
effettuarsi nel rispetto di quanto
risultante dalla presente sentenza
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 15.06.2012 n. 1671 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Rumore. Classificazione acustica.
L’attribuzione in concreto di una delle due classi previste
dal piano di classificazione acustica è connotata da margini
di apprezzamento discrezionale che, seppure ancorati
all’accertamento di specifici presupposti di fatto, devono
ricondurre a sintesi interessi tra loro confliggenti, quali
la tutela della salute e la salvaguardia della libertà di
iniziativa economica.
La censura con cui si contesta
l’illegittimità del piano di classificazione acustica per
aver attribuito all’area della parte ricorrente la classe V,
anziché la VI, non può essere condivisa.
L’attribuzione in concreto di una delle due classi in sede
di pianificazione è connotata infatti da margini di
apprezzamento discrezionale che, seppure ancorati
all’accertamento di specifici presupposti di fatto, devono
ricondurre a sintesi interessi tra loro confliggenti, quali
la tutela della salute e la salvaguardia della libertà di
iniziativa economica (cfr. Tar Veneto, Sez. III, 30.03.2009,
n. 967; Tar Lombardia, Brescia, 02.04.2008, n. 348; Tar
Piemonte, Sez. II, 19.02.2007, n. 714; Tar Veneto, Sez. III,
24.01.2007, n. 187; Tar Lombardia, Milano, Sez. II,
07.04.2005, n. 751).
Nel caso all’esame si tratta di un’area che si inserisce in
un contesto urbano, e che è a ridosso di un complesso
abitativo di non recente formazione, e ciò fa apparire priva
di profili di illogicità la scelta operata dal Comune
(massima
tratta www.lexambiente.it - TAR
Veneto, Sez. III,
sentenza 15.06.2012
n. 845 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Rumore. Legittimità controllo dell’ARPA senza preavviso.
Poiché la misurazione delle immissioni acustiche provenienti
da un'attività produttiva è suscettibile di poter essere
notevolmente influenzato dalle modalità con cui l’attività
si svolge, va riconosciuto all’Agenzia Regionale per
l’Ambiente (ARPA) la facoltà di svolgere i controlli senza
preavvisare gli interessati, perché altrimenti l’esito delle
misurazioni potrebbe risulterebbe non attendibile.
Inoltre, è conforme alla legge, la misurazione dei valori di
immissione anziché dei valori di emissione, in quanto è
evidente, che la pretesa di tener conto soltanto dei valori
di emissione vanificherebbe le finalità di tutela della
salute previste dalla normativa sull’inquinamento acustico,
che implica la necessità di misurare i livelli di pressione
acustica presenti nei ricettori sensibili e quindi
nell'ambiente abitativo.
Il primo motivo, con il quale la parte ricorrente lamenta la
violazione dell’art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241,
per l’omessa acquisizione del suo apporto procedimentale non
può essere accolto.
Va in primo luogo rilevato che, poiché la misurazione delle
immissioni acustiche provenienti da un'attività produttiva è
suscettibile di poter essere notevolmente influenzato dalle
modalità con cui l’ attività si svolge, va riconosciuto all’Arpav
la facoltà di svolgere i controlli senza preavvisare gli
interessati, perché altrimenti l’esito delle misurazioni
potrebbe risulterebbe non attendibile (cfr. Cons. Stato, V,
05.03.2003, n. 1224).
In secondo luogo va osservato che l’omessa acquisizione
dell’apporto procedimentale nel caso di specie non avrebbe
comunque potuto condurre ad una diversa determinazione, in
quanto l’Amministrazione ha provato in giudizio la
correttezza delle rilevazioni e dell’applicazione della
normativa rilevante nel caso di specie, e trova pertanto
applicazione l’art. 21-octies della legge 07.08.1990, n.
241.
Anche le censure di cui al secondo motivo sono infondate.
Con una prima censura la parte ricorrente lamenta una
contraddizione tra le premesse e il dispositivo del
provvedimento impugnato, perché nella motivazione viene
contestata la violazione del valore differenziale, mentre
alla fine viene ordinata una riduzione dei valori di
immissione a meno di 50 dB (A).
La doglianza è priva di fondamento.
Dalla documentazione versata in atti risulta che il giorno
23.08.2005 è stato riscontrato un livello di rumore di 56,5
dB (A) con un differenziale di 13,5 dB (A), mentre il giorno
24.08.2005 sono stati registrati 55,5 dB (A) con un
differenziale di 12,5 dB (A).
Il provvedimento impugnato ha ordinato, alternativamente, o
la riconduzione ad un differenziale di 5 dB (A) che è quello
previsto per i limiti diurni, o il rispetto del valore di
immissione di 50 dB (A), il che è conforme a quanto prevede
la normativa in materia, atteso che il valore differenziale
non si applica, in quanto ogni effetto del rumore è da
ritenersi trascurabile, quando il rumore misurato a finestre
aperte sia inferiore a 50 dB(A) durante il periodo diurno
(cfr. l’art. 4, comma 2, del DPCM 14.11.1997).
E’ priva di fondamento anche la doglianza con la quale la
parte ricorrente lamenta la mancata misurazione dei valori
di emissione anziché quelli di immissione, in quanto è
evidente che la pretesa della parte ricorrente di tener
conto dei soli valori di emissione frustrerebbe le finalità
di tutela della salute previste dalla normativa
sull’inquinamento acustico, che implica la necessità di
misurare i livelli di pressione acustica presenti nei
ricettori sensibili e quindi nell'ambiente abitativo.
Va inoltre respinta perché generica e formulata in via
meramente ipotetica la doglianza con la quale la ricorrente
afferma la non correttezza delle operazioni tecniche
eseguite per le misurazioni, che risultano analiticamente
documentate nel rapporto di prova (cfr. doc. 5 allegato alle
difese del Comune) (massima tratta www.lexambiente.it - TAR
Veneto, Sez. III,
sentenza 15.06.2012
n. 845 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Rumore. Classificazione acustica e rapporto con la
pianificazione urbanistica.
La classificazione acustica del territorio deve coordinarsi
e non sovrapporsi meccanicamente alla pianificazione
urbanistica, perché, pur caratterizzandosi per la
tendenziale omogeneità con la zonizzazione degli strumenti
urbanistici che costituisce l’imprescindibile punto di
partenza per la classificazione del territorio, deve al
contempo scontare una corrispondenza che non è perfettamente
biunivoca, atteso che esiste un naturale scollamento fra le
due tipologie di pianificazione, poiché lo strumento
urbanistico disciplina l'assetto del territorio ai fini
prettamente urbanistici ed edilizi, individuando le zone
omogenee con criteri quantitativi, mentre la classificazione
acustica ha riguardo all'effettiva fruibilità dei luoghi,
valendosi di indici qualitativi.
L’assunto del Comune secondo il quale la classificazione in
classe VI è necessaria perché l’immobile ricade in zona
urbanistica territoriale omogenea di tipo D e per non
operare microzonizzazioni, non può essere condiviso.
Va infatti considerato che la classificazione acustica del
territorio deve coordinarsi e non sovrapporsi meccanicamente
alla pianificazione urbanistica, perché, pur
caratterizzandosi per la tendenziale omogeneità con la
zonizzazione degli strumenti urbanistici che costituisce
l’imprescindibile punto di partenza per la classificazione
del territorio, deve al contempo scontare una corrispondenza
che non è perfettamente biunivoca, atteso che “esiste un
naturale scollamento fra le due tipologie di pianificazione,
poiché lo strumento urbanistico disciplina l'assetto del
territorio ai fini prettamente urbanistici ed edilizi,
individuando le zone omogenee con criteri quantitativi,
mentre la classificazione acustica ha riguardo all'effettiva
fruibilità dei luoghi, valendosi di indici qualitativi”
(cfr. Tar Liguria, Sez. I, 28.06.2005, n. 985; Tar Veneto,
Sez. III, 12.01.2011, n. 24; id. 30.03.2009, n. 967) (massima
tratta www.lexambiente.it - TAR
Veneto, Sez. III,
sentenza 15.06.2012 n. 841
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rumore - Immissioni: il limite di
tollerabilità ex art. 844 cod. civ. ha
carattere relativo.
Il limite di tollerabilità di cui all’art.
844 cod. civ. non ha carattere assoluto, ma
relativo, e deve essere fissato tenendo
conto delle peculiarità del caso concreto
(Corte di Cassazione, Sez. III civile,
sentenza 11.06.2012 n. 9434 - link a
www.tuttoambiente.it). |
maggio 2012 |
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AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 19 del
09.05.2012, "Pubblicazione ai sensi
dell’articolo 5 del regolamento regionale
21.01.2000, n. 1, dell’elenco dei tecnici
competenti in acustica ambientale
riconosciuti dalla Regione Lombardia alla
data del 18.04.2012, in attuazione
dell’articolo 2, commi 6 e 7, della legge
26.10.1995, n. 447, della deliberazione
17.05.2006, n. 8/2561 e del decreto
30.05.2006, n. 5985"
(comunicato
regionale 08.05.2012 n. 49). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Esposizione a rumore.
Domanda.
Quali sono le modalità di misurazione del
rumore nei luoghi di lavoro?
Risposta.
Una recente sentenza della Corte di
giustizia Ue fornisce utili indicazioni
sulle modalità di misurazione del rumore nei
luoghi di lavoro. Secondo la stessa,
infatti, il livello di esposizione
giornaliera al rumore superiore agli 85 dB(A)
dei lavoratori va misurato senza tenere
conto dell'attenuazione dei Dpi ed il datore
di lavoro ha anzi l'obbligo di applicare un
programma di misure tecniche o organizzative
volte a ridurre alla fonte tale esposizione.
Il caso della sentenza riguarda un
procedimento avviato da due lavoratori,
addetti all'esercizio di una tagliatrice
automatica in un'azienda di produzione di
materiali pietrosi, nei confronti del loro
datore di lavoro.
Nel corso degli accertamenti era risultato
che nell'arco della giornata lavorativa il
livello di rumore al quale erano esposti i
lavoratori superava il valore medio
giornaliero di 85 dB(A) per cui l'azienda,
per porre rimedio a tale situazione, aveva
dotato gli stessi di un dispositivo
individuale di protezione dell'udito grazie
al quale l'esposizione al rumore si era
attenuata ad un livello al di sotto dei
valori inferiori di azione agli 80 dB(A). I
lavoratori, in base al loro contratto
collettivo, hanno chiesto il versamento di
un'indennità salariale, in ragione della
gravosità delle condizioni del loro posto di
lavoro ed hanno fatto quindi ricorso al
competente Tribunale per la legislazione in
materia sociale che ha respinto le loro
domande.
Dopo le decisioni del giudice di rinvio il
caso è stato portato all'attenzione della
Corte di giustizia Ue che si così espressa:
«un datore di lavoro nella cui impresa il
livello di esposizione giornaliera dei
lavoratori al rumore è superiore agli 85 dB(A),
misurato senza tenere conto degli effetti
dell'utilizzo di dispositivi individuali di
protezione dell'udito, non adempie agli
obblighi derivanti dalla direttiva europea
mettendo semplicemente a disposizione dei
lavoratori dei dispositivi di protezione
dell'udito, poiché tale datore di lavoro ha
l'obbligo di applicare un programma di
misure tecniche o organizzative volte a
ridurre tale esposizione al rumore a un
livello inferiore agli 85 dB(A), misurato
senza tenere conto dell'effetto
dell'utilizzo dei dispositivi di protezione
dell'udito» (articolo
ItaliaOggi Sette del 07.05.2012). |
aprile 2012 |
|
AMBIENTE-ECOLOGIA - COMPETENZE GESTIONALI:
Inquinamento acustico: la competenza è del
Sindaco.
Con il primo motivo la ricorrente ha
lamentato l’incompetenza del Dirigente del
Settore Tutela Ambiente del Comune di Casale
Monferrato ad adottare un provvedimento come
quello impugnato, avente la natura di
ordinanza contingibile ed urgente in materia
di inquinamento acustico e, come tale,
riservato al Sindaco.
Tale censura è fondata e meritevole di
accoglimento: come già riconosciuto dal
Collegio nella pronuncia cautelare di
accoglimento della sospensiva, anche alla
luce dei documenti depositati dal Comune in
ottemperanza all’ordinanza istruttoria (cfr.
doc. n. 1 dell’Amministrazione) nei quali
l’ARPA richiede espressamente “l’emissione
di ordinanza comunale ex art. 9 della l.
26.10.1995 n. 447”, il provvedimento
impugnato avrebbe dovuto essere adottato ex
art. d.lgs. n. 267/2000 dal Sindaco del
Comune di Casale Monferrato e non dal
Dirigente.
L'art. 9 della legge 447/1995 attribuisce,
infatti, espressamente al Sindaco il potere
di adottare ordinanze per il contenimento o
l'abbattimento delle emissioni sonore,
inclusa l'inibitoria parziale o totale di
determinate attività e si tratta di un
potere sostanzialmente analogo a quello
attribuito al Sindaco dal D.Lgs. 267/2000
(Testo Unico degli Enti Locali), agli
articoli 50 e 54 e che, pertanto deve essere
esercitato dal Sindaco stesso, con
esclusione della competenza dei dirigenti,
cui spetta invece l'adozione di tutti gli
atti di gestione del Comune, ai sensi
dell'art. 107 del medesimo D.Lgs. 267/2000
(cfr. TAR Lombardia, Milano, 23.01.2012 n.
256) (TAR Piemonte, Sez. II,
sentenza 11.04.2012 n. 432 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
marzo 2012 |
|
AMBIENTE-ECOLOGIA: Nelle
more della classificazione del territorio
comunale, ai sensi dell'art. 6,
comma 1, lett. a), l. n. 447 del 1995, sono
operativi i limiti c.d. "assoluti" di
rumorosità ma non anche quelli c.d.
"differenziali", in ragione dell'univoca
formulazione dell'art. 8, comma 1, d.P.C.M.
14.11.1997, secondo cui, ove si fosse
voluto far sopravvivere integralmente il
regime transitorio di cui all'art. 6, d.P.C.M.
01.03.1991 (comma 1 relativo ai
c.d. limiti "assoluti" e comma 2 relativo ai
c.d. limiti "differenziali"), si sarebbe
dovuto operare il rinvio ad entrambe le
fattispecie e, quindi, non al solo comma 1.
Appare, infatti, non persuasiva la tesi che
afferma, per giustificare il richiamo
parziale al solo comma 1 dell'art. 6, d.P.C.M.
01.03.1991, cit., la diretta
applicabilità dei limiti "differenziali" in
quanto ancorati, per il loro ambito di
riferimento, ad una suddivisione del
territorio ricavabile dalla disciplina
urbanistica (pertanto, non esigente una
specifica norma autorizzante la sua
operatività nella fase transitoria, per i
comuni sprovvisti del piano di zonizzazione
acustica), posto che già nella vigenza di
quel decreto i limiti "differenziali" erano
circoscritti alle zone non esclusivamente
industriali e, ciò nonostante, si era
avvertita la necessità di effettuarne un
esplicito richiamo, al fine di garantirne
l'operatività fin dalla fase transitoria,
con la conseguenza che il rinvio operato al
solo comma 1 dell'art. 6, cit., depone
inequivocabilmente per una scelta normativa
che subordina, a partire dal 1997,
l'applicabilità del criterio "differenziale" all'introduzione della disciplina a regime
e cioè all'adozione del piano comunale di
zonizzazione acustica: donde l'illegittimità
dei provvedimenti amministrativi che, nei
comuni sprovvisti di zonizzazione acustica,
come nel caso di specie, configurino come
ipotesi di "inquinamento acustico" i casi di
accertato superamento del solo limite
"differenziale" d'immissione sonora.
Deve premettersi che il comune di Giussano non era dotato, all’epoca dei
fatti, di un piano di zonizzazione acustica
del territorio comunale.
In proposito, la giurisprudenza
amministrativa è costante nell’affermare
che, nelle more della classificazione del
territorio comunale, ai sensi dell'art. 6,
comma 1, lett. a), l. n. 447 del 1995, sono
operativi i limiti c.d. "assoluti" di
rumorosità ma non anche quelli c.d.
"differenziali", in ragione dell'univoca
formulazione dell'art. 8, comma 1, d.P.C.M.
14.11.1997, secondo cui, ove si fosse
voluto far sopravvivere integralmente il
regime transitorio di cui all'art. 6, d.P.C.M.
01.03.1991 (comma 1 relativo ai
c.d. limiti "assoluti" e comma 2 relativo ai
c.d. limiti "differenziali"), si sarebbe
dovuto operare il rinvio ad entrambe le
fattispecie e, quindi, non al solo comma 1;
appare, infatti, non persuasiva la tesi che
afferma, per giustificare il richiamo
parziale al solo comma 1 dell'art. 6, d.P.C.M.
01.03.1991, cit., la diretta
applicabilità dei limiti "differenziali" in
quanto ancorati, per il loro ambito di
riferimento, ad una suddivisione del
territorio ricavabile dalla disciplina
urbanistica (pertanto, non esigente una
specifica norma autorizzante la sua
operatività nella fase transitoria, per i
comuni sprovvisti del piano di zonizzazione
acustica), posto che già nella vigenza di
quel decreto i limiti "differenziali" erano
circoscritti alle zone non esclusivamente
industriali e, ciò nonostante, si era
avvertita la necessità di effettuarne un
esplicito richiamo, al fine di garantirne
l'operatività fin dalla fase transitoria,
con la conseguenza che il rinvio operato al
solo comma 1 dell'art. 6, cit., depone
inequivocabilmente per una scelta normativa
che subordina, a partire dal 1997,
l'applicabilità del criterio "differenziale" all'introduzione della disciplina a regime
e cioè all'adozione del piano comunale di
zonizzazione acustica: donde l'illegittimità
dei provvedimenti amministrativi che, nei
comuni sprovvisti di zonizzazione acustica,
come nel caso di specie, configurino come
ipotesi di "inquinamento acustico" i casi di
accertato superamento del solo limite
"differenziale" d'immissione sonora (cfr.
TAR Emilia Romagna, sez. Parma, 12.01.2012, n. 7; TAR Puglia, sez. I, 14.05.2010, n. 1896).
Nella fattispecie in questione deve,
inoltre, considerarsi la situazione di fatto
ed in particolare la destinazione
commerciale e produttiva della zona di
esercizio dell’attività, che non poteva,
quindi, contemplare in alcun modo una
porzione di immobile adibita ad abitazione
(TAR Lombardia-Milano, Sez. IV,
sentenza 14.03.2012 n. 851 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
febbraio 2012 |
|
AMBIENTE-ECOLOGIA: Scarichi e
rumori, sconti alle pmi.
Assimilazione tra acque reflue industriali e
quelle domestiche. Autorizzazioni semplificate:
autocertificazione invece della
documentazione di impatto acustico.
Dal 18 febbraio le piccole e medie imprese a
ridotto impatto ambientale potranno godere
di un regime autorizzatorio «light» per
scarichi idrici e inquinamento acustico.
Ad
aprire alle pmi le porte delle
semplificazioni burocratiche ambientali è il
dpr 227/2011, emanato in attuazione del dl
78/2010 (il noto decreto legge in materia di
competitività). Il provvedimento, pubblicato
sulla Gazzetta Ufficiale del 03.02.2012
n. 28 e in vigore dal successivo giorno 18,
incide (derogandola) sulla disciplina
ordinaria contenuta nel dlgs 152/2006 (cd.
«Codice ambientale») in materia di acque
reflue industriali e sulla disciplina
dettata dalla legge 447/1995 in materia di
inquinamento acustico.
Acque industriali «come» domestiche.
Attraverso l'assimilazione ex lege di alcune
acque reflue industriali alle acque reflue
domestiche, il nuovo dpr 227/2011 consente
ai titolari dei relativi insediamenti
produttivi di ottenere il permesso allo
scarico in base al più leggero iter
burocratico speciale stabilito dalle regioni
in attuazione del «Codice ambientale»
(istruttoria semplificata e rinnovo tacito)
in luogo del più severo regime ordinario
stabilito dal dlgs 152/2006 (autorizzazione
dietro presentazione di analitica
documentazione, da rinnovare poi ogni
quattro anni dietro nuova domanda presentata
un anno prima della scadenza).
Per godere
delle semplificazione le pmi dovranno
soddisfano contemporaneamente due
condizioni. La prima è quella di avere acque
reflue che rispettano comunque i limiti
massimi di inquinanti previsti dall'articolo
101 del dlgs 152/2006.
La seconda è quella
di avere acque reflue che rientrano in
almeno una delle tre categorie previste dal
nuovo dpr 227/2011, ossia: acque reflue che
prima di ogni trattamento depurativo
presentano livelli inquinanti rientranti nei
parametri disegnati dal nuovo dpr 227/2011;
acque reflue che derivano da attività di
servizi igienici, cucine e mense; acque
reflue che provengono da una delle 35
attività elencate dallo stesso decreto (tra
cui: alberghiere, ristorative, ricreative,
turistiche, sportive, artigianali, di
vendita al dettaglio, agroalimentari,
ospedaliere, di intermediazione
assicurativa).
Rinnovi «soft» per scarichi. Oltre ai
vantaggi dell'assimilazione, le pmi titolari
di scarichi industriali non contenenti
sostanze pericolose e non soggetti a
modifiche quali/quantitative (come volume
delle acque, sostanze in esse contenute)
potranno ottenere il rinnovo della relativa
autorizzazione presentando solo sei mesi
prima della scadenza (in luogo dell'anno
previsto dal regime ordinario del dlgs
152/2006) una semplice istanza recante, in
autodichiarazione ex dpr 445/2000, i dati
precisati dal nuovo dpr 227/2011 (e ciò in
luogo della nuova e ordinaria domanda
prevista di «default» dal dlgs 152/2006).
Deroghe all'impatto acustico. Le attività
commerciali e artigianali definite «a bassa
rumorosità» dal nuovo dpr 227/2011, attività
coincidenti in linea di massima con le
tipologie produttive più sopra descritte
(con l'eccezione di quelle ristorative e
ricreative con impianti di diffusione
sonora, qui escluse) non dovranno più
presentare alle pubbliche autorità la
«documentazione di impatto acustico»
prevista dall'articolo 8 della legge
447/1995.
La stessa «documentazione di
impatto acustico» potrà invece essere
prodotta in semplice autocertificazione da
parte delle pmi commerciali e artigiane che
non superano comunque i limiti di emissione
stabiliti dalla classificazione acustica
comunale (e, ove non effettuata, rispettose
comunque dei previsti dal dpcm 14.11.1997).
Competenza dello «Sportello unico». Il dpr
227/2011 prevede infine la convergenza delle
procedure amministrative relative alle
descritte autorizzazioni in materia di acque
e rumore presso lo «Sportello unico per le
attività produttive», l'ufficio istituito
dal dpr 160/2010 e meglio noto con
l'acronimo «Suap» (articolo ItaliaOggi Sette
del 13.02.2012). |
gennaio 2012 |
|
AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA: 1. Nuovo insediamento residenziale -
Preesistente kartodromo - Ammissibilità di
livelli di rumorosità più elevati - Sussiste
il legittimo affidamento dei soggetti che
hanno confidato in un determinato assetto
morfologico del territorio.
2. Abbattimento delle emissioni sonore -
Potere di ordinanza del Sindaco - Art. 9
della L. 447/1995 - Artt. 50 e 54 del D.lgs.
286/2000 - Competenza del Dirigente - Esclusa.
1. L'avvertita necessità di salvaguardia per
un insediamento residenziale realizzato in
prossimità della struttura (kartodromo)
della ricorrente disattende, infatti,
acriticamente le caratteristiche
morfologiche dell'area interessata, quali
consolidatesi nel tempo, mortificando
l'affidamento di quanti abbiano
legittimamente confidato in una tutela
corrispondente a quell'assetto del
territorio, laddove assoggetta quella zona a
limiti di emissione acustica minori,
pregiudicando le esigenze dei soggetti che
operano nel settore (…) ove lo stesso
legislatore ha consentito più elevati
livelli di rumorosità in considerazione
delle esigenze scaturenti dalla natura
dell'attività svolta (TAR Lombardia,
Milano, IV, 05.07.2011, n. 1781).
2. L'art. 9 della legge 447/1995 attribuisce
espressamente al Sindaco il potere di
adottare ordinanze per il contenimento o
l'abbattimento delle emissioni sonore,
inclusa l'inibitoria parziale o totale di
determinate attività. Si tratta di un potere
sostanzialmente analogo a quello attribuito
al Sindaco dal D.Lgs. 267/2000 (Testo Unico
degli Enti Locali), agli articoli 50 e 54 e
che pertanto deve essere esercitato dal
Sindaco stesso, con esclusione della
competenza dei dirigenti, cui spetta invece
l'adozione di tutti gli atti di gestione del
Comune, ai sensi dell'art. 107 del medesimo
D.Lgs. 267/2000 (TAR Lombardia, Milano, IV,
01.07.2009, n. 4225)
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV,
sentenza 23.01.2012 n.
256 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: La zona interessata all’attività di
kartodromo è stata classificata in
classe acustica I, senza minimamente
considerare la presenza di tale attività.
Ciò si pone in contrasto con la
giurisprudenza, anche di questa Sezione,
secondo cui “l’avvertita necessità di
salvaguardia per un insediamento
residenziale (…) realizzato in prossimità
della struttura (…) della ricorrente
disattende, infatti, acriticamente le
caratteristiche morfologiche dell’area
interessata, quali consolidatesi nel tempo,
mortificando l’affidamento di quanti abbiano
legittimamente confidato in una tutela
corrispondente a quell’assetto del
territorio, laddove assoggetta quella zona a
limiti di emissione acustica minori,
pregiudicando le esigenze dei soggetti che
operano nel settore (…) ove lo stesso
legislatore ha consentito più elevati
livelli di rumorosità in considerazione
delle esigenze scaturenti dalla natura
dell’attività svolta”.
L’art. 3, comma 2, del D.P.R. n. 304 precisa che “agli autodromi,
alle piste motoristiche di prova e per
attività sportive, non si applica il
disposto dell’articolo 4 del decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri 14.11.1997, recante valori limite
differenziali di immissione”. Il
provvedimento impugnato invece si fonda
invece proprio sul limite differenziale
previsto dall’art. 4 del D.P.C.M. 14.11.1997. Di conseguenza in presenza di
una pista motoristica, il Comune e l’A.R.P.A.
avrebbero dovuto tenere conto dei differenti
limiti differenziali di rumore previsti dal
terzo comma dell’art. 3 del D.P.R. n. 304.
Anche la parte della doglianza che
assume l’illegittimità del piano di
zonizzazione classificante l’area in cui
insiste il kartodromo in classe acustica I
piuttosto che in classe V o VI è fondata.
La zona interessata all’attività di
kartodromo sarebbe stata classificata in
classe acustica I, senza minimamente
considerare la presenza di tale attività.
Ciò si pone in contrasto con la
giurisprudenza, anche di questa Sezione,
secondo cui “l’avvertita necessità di
salvaguardia per un insediamento
residenziale (…) realizzato in prossimità
della struttura (…) della ricorrente
disattende, infatti, acriticamente le
caratteristiche morfologiche dell’area
interessata, quali consolidatesi nel tempo,
mortificando l’affidamento di quanti abbiano
legittimamente confidato in una tutela
corrispondente a quell’assetto del
territorio, laddove assoggetta quella zona a
limiti di emissione acustica minori,
pregiudicando le esigenze dei soggetti che
operano nel settore (…) ove lo stesso
legislatore ha consentito più elevati
livelli di rumorosità in considerazione
delle esigenze scaturenti dalla natura
dell’attività svolta” (TAR Lombardia,
Milano, IV, 05.07.2011, n. 1781) (TAR Lombardia-Milano, Sez. IV,
sentenza
23.01.2012 n.
256 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA -
COMPETENZE GESTIONALI: L’art. 9 della legge 447/1995 attribuisce
espressamente al Sindaco il potere di
adottare ordinanze per il contenimento o
l’abbattimento delle emissioni sonore,
inclusa l’inibitoria parziale o totale di
determinate attività. Si tratta di un potere
sostanzialmente analogo a quello attribuito
al Sindaco dal D.Lgs. 267/2000 (Testo Unico
degli Enti Locali), agli articoli 50 e 54 e
che pertanto deve essere esercitato dal
Sindaco stesso, con esclusione della
competenza dei dirigenti, cui spetta invece
l’adozione di tutti gli atti di gestione del
Comune, ai sensi dell’art. 107 del medesimo
D.Lgs. 267/2000.
Con una
ulteriore censura si assume l’illegittimità
dell’ordinanza impugnata che sarebbe stata
adottata, invece che dal Sindaco, dal
dirigente, non considerandosi la sua natura
di atto contingibile e urgente, secondo la
previsione dell’art. 9 della legge n. 447
del 1995; oltretutto tale provvedimento
sarebbe stato adottato in base a rilievi
fonometrici effettuati molto tempo prima e
non rinnovati in prossimità dell’emanazione
dell’atto di sospensione: ciò ne
dimostrerebbe la non urgenza e la non
attualità.
Anche tale doglianza è fondata.
Con riferimento all’asserita incompetenza
del dirigente ad adottare tale atto, va
richiamata la giurisprudenza della Sezione
secondo cui “l’art. 9 della legge
447/1995 attribuisce espressamente al
Sindaco il potere di adottare ordinanze per
il contenimento o l’abbattimento delle
emissioni sonore, inclusa l’inibitoria
parziale o totale di determinate attività.
Si tratta di un potere sostanzialmente
analogo a quello attribuito al Sindaco dal
D.Lgs. 267/2000 (Testo Unico degli Enti
Locali), agli articoli 50 e 54 e che
pertanto deve essere esercitato dal Sindaco
stesso, con esclusione della competenza dei
dirigenti, cui spetta invece l’adozione di
tutti gli atti di gestione del Comune, ai
sensi dell’art. 107 del medesimo D.Lgs.
267/2000” (TAR Lombardia, Milano, IV,
01.07.2009, n. 4225) (TAR Lombardia-Milano, Sez. IV,
sentenza
23.01.2012 n.
256 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Progettazione. L'interpretazione
del Dl Sviluppo (70/2011). La relazione
acustica va fatta sempre da un tecnico
abilitato.
IL CHIARIMENTO/ Il ministero dell'Ambiente
conferma la lettura secondo cui
l'asseverazione va sempre firmata da un
professionista.
Serve l'opera di un
tecnico: l'autocertificazione asseverata da
un tecnico abilitato, che sostituisce la
«valutazione previsionale di clima acustico»
per le residenze nei Comuni dotati di piano
comunale di azzonamento acustico (prevista
dalla legge 447/95, articolo 8, comma 3),
deve essere redatta da un tecnico competente
in acustica.
L'interpretazione, già riportata sul Sole 24
Ore del 16.05.2011, è ora confermata dal
ministero dell'Ambiente, nella risposta
datata 30.11.2011 a un quesito della
Fondazione regionale dell'Ordine degli
ingegneri della Toscana.
La questione nasce dal Dl 70/2011 (il
cosiddetto decreto Sviluppo, convertito
dalla legge 106/2011) che all'articolo 5
prevedeva una serie di misure destinate a
semplificare la burocrazia nelle costruzioni
private. Tra le norme dell'articolo 5 –al
comma 1, articolo e)– c'era anche quella che
citava genericamente la «relazione
acustica». Adesso viene confermato che
questa relazione è da intendersi come quella
definita dalla legge 447/1995, articolo 8,
comma 3, cioè «valutazione previsionale
di clima acustico» e il «tecnico
abilitato» così definito nel decreto
sviluppo altri non è che il «tecnico
competente in acustica» ai sensi delle
legge 447/1995, articolo 2, comma 6.
Si sottolinea, al di là dei dettagli
burocratici, che l'autocertificazione può
essere quindi resa in luogo della normale
attività di progettazione normalmente svolta
che prevede una analisi fonometrica di 24
ore supportata da calcoli sull'evoluzione
del clima acustico dell'area che ospiterà
l'intervento edilizio e conseguentemente
sulla compatibilità di tale clima acustico
con l'intervento previsto.
In caso di incompatibilità, sarà il
costruttore a dover prevedere idonee opere
di mitigazione sonora, quali ad esempio
barriere antirumore, serramenti più
silenziati, eccetera. Pertanto con
l'autocertificazione il tecnico competente
si assume una notevole responsabilità: di
conseguenza, un tecnico coscienzioso non
avallerà, sotto sua personale
responsabilità, il rispetto con
autocertificazione senza aver svolto un
progetto di calcolo analitico e dettagliato
(articolo Il Sole 24
Ore del 23.01.2012). |
AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 3 del
20.01.2012, "Pubblicazione ai sensi
dell’art. 5 del regolamento regionale
21.01.2000, n. 1 dell’elenco dei «Tecnici
competenti» in acustica ambientale
riconosciuti dalla Regione Lombardia alla
data del 20.12.2011, in attuazione dell’art.
2, commi 6 e 7 della legge 26.10.1995, n.
447, della deliberazione 17.05.2006, n.
8/2561 e del decreto 30.05.2006, n. 5985"
(comunicato
regionale 11.01.2012 n. 4). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Nelle
more della classificazione acustica del
territorio comunale ai sensi dell’art. 6,
comma 1, lett. a), della legge n. 447 del
1995, sono operativi i limiti c.d.
«assoluti» di rumorosità ma non anche quelli
c.d. «differenziali», e ciò in ragione
dell’univoca formulazione dell’art. 8, comma
1, del d.P.C.M. 14.11.1997 (“In attesa che i
comuni provvedano agli adempimenti previsti
dall’art. 6, comma 1, lett. a), della legge
26.10.1995 n. 447, si applicano i limiti di
cui all’art. 6, comma 1, del decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri
01.03.1991”).
Già nella vigenza del d.P.C.M. 01.03.1991 i
limiti «differenziali» erano circoscritti
alle zone non esclusivamente industriali e,
ciò nonostante, si era avvertita la
necessità di effettuarne un esplicito
richiamo al fine di garantirne l’operatività
fin dalla fase transitoria, con la
conseguenza che il rinvio operato al solo
primo comma dell’art. 6 depone
inequivocabilmente per una scelta normativa
che ha voluto subordinare, a partire dal
1997, l’applicabilità del criterio
«differenziale» all’introduzione della
disciplina a regime, e cioè all’adozione del
piano comunale di zonizzazione acustica.
Ritenuto che, per costante giurisprudenza,
nelle more della classificazione del
territorio comunale ai sensi dell’art. 6,
comma 1, lett. a), della legge n. 447 del
1995, sono operativi i limiti c.d. «assoluti»
di rumorosità ma non anche quelli c.d. «differenziali»,
e ciò in ragione dell’univoca formulazione
dell’art. 8, comma 1, del d.P.C.M.
14.11.1997 (“In attesa che i comuni
provvedano agli adempimenti previsti
dall’art. 6, comma 1, lett. a), della legge
26.10.1995 n. 447, si applicano i limiti di
cui all’art. 6, comma 1, del decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri
01.03.1991”), norma da cui si evince
che, ove si fosse voluto far sopravvivere
integralmente il regime transitorio di cui
all’art. 6 del decreto del 1991 (primo comma
relativo ai c.d. limiti «assoluti» e
secondo comma relativo ai c.d. limiti «differenziali»),
sarebbe stato evidentemente necessario
operare il rinvio ad ambedue le fattispecie
e quindi non al solo primo comma (v., ex
multis, TAR Friuli - Venezia Giulia
08.04.2011 n. 183);
... che si è altresì valutata non persuasiva
la tesi che, per giustificare il richiamo
parziale al solo primo comma dell’art. 6 del
d.P.C.M. 01.03.1991, adduce la diretta
applicabilità dei limiti «differenziali»
perché ancorati, quanto al loro ambito di
riferimento, ad una suddivisione del
territorio che si ricaverebbe ex se
dalla disciplina urbanistica –sì da non
richiedere una specifica norma che ne
autorizzi l’operatività nella fase
transitoria per i comuni sprovvisti del
piano di zonizzazione acustica–, posto che,
in realtà, già nella vigenza di quel decreto
i limiti «differenziali» erano
circoscritti alle zone non esclusivamente
industriali e, ciò nonostante, si era
avvertita la necessità di effettuarne un
esplicito richiamo al fine di garantirne
l’operatività fin dalla fase transitoria,
con la conseguenza che il rinvio operato al
solo primo comma dell’art. 6 depone
inequivocabilmente per una scelta normativa
che ha voluto subordinare, a partire dal
1997, l’applicabilità del criterio «differenziale»
all’introduzione della disciplina a regime,
e cioè all’adozione del piano comunale di
zonizzazione acustica (v., tra le altre, TAR
Puglia, Bari, Sez. I, 14.05.2010 n. 1896)
(TAR Emilia Romagna-Parma,
sentenza
12.01.2012 n.
7 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
E’ perseguibile penalmente chi
installa condizionatori che disturbano la
quiete condominiale?
Il rumore generato dal condizionatore
ubicato in un condomino non può costituire
reato.
Così si esprime la Corte di Cassazione in
merito ad un procedimento penale a carico di
un gioielliere che era stato condannato in
base all’art. 659 del C. P. per disturbo
della quiete pubblica.
In particolare, il negoziante aveva
installato nel proprio negozio, ricadente
all’interno di un condominio, un impianto di
condizionamento.
I motori esterni molestavano i vicini che
intraprendevano azione penale nei confronti
del negoziante, in quanto il rumore generato
avrebbe costituito fonte di disturbo e
mancata tranquillità, superando i limiti
previsti dalla norma.
Inizialmente condannato, il gioielliere
viene poi assolto con formula piena dalla
Corte di Cassazione, Sez. I penale, con
sentenza 11.01.2012 n.
270, in quanto il fatto non
costituisce reato.
Secondo la Cassazione il rumore prodotto dal
condizionatore non è causa di disturbo della
tranquillità pubblica, ma solo di un numero
limitato di persone, appunto di alcuni
condomini, ed è pertanto perseguibile solo
civilmente e non penalmente (commento e
sentenza tratti da www.acca.it). |
dicembre 2011 |
|
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Oggetto: Risposta a quesiti in merito
alle modalità di versamento delle sanzioni
inquinamento acustico (art. 10 legge
447/1985) (Ministero dell'Ambiente ed
ella Tutela del Territorio e del Mare,
nota 07.12.2011 n.
30751 di prot. - tratto da
www.anci.lombardia.it). |
novembre 2011 |
|
AMBIENTE-ECOLOGIA - ENTI LOCALI:
V. Tenore e V. Messinetti,
LA CHIESA IN GIUDIZIO TRA PRIVILEGI
NORMATIVI E QUALCHE BUONISMO
GIURISPRUDENZIALE.
SOMMARIO:
-1. Considerazioni preliminari sulla Chiesa
in giudizio.
-2. L’esenzione dall’ICI per gli immobili
detenuti dagli enti ecclesiastici: brevi
cenni sulla struttura dell’imposta e sulla
norma di esenzione.
-2.1. Gli orientamenti della Corte di
Cassazione e i possibili scenari di
sviluppo.
-3. I limiti imposti all’utilizzo
indiscriminato del suono delle campane e
delle aree ludico-ricreative della
parrocchie. Il suono delle campane può
costituire violazione dell’art. 659 c.p.
(disturbo al riposo ed alle occupazioni).
-3.1. Le immissioni acustiche derivanti
dallo svolgimento delle attività “parrocchiali”.
La risarcibilità del danno biologico (link a
www.lexitalia.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: In
presenza di un fenomeno d'inquinamento
acustico, anche se non coinvolgente l'intera
collettività, ma solo alcuni cittadini, e in
assenza di una norma di legge che preveda un
potere di intervento amministrativo
ordinario, che consenta di ottenere il
risultato dell'immediato abbattimento delle
emissioni sonore inquinanti, legittimamente
il Comune interviene a tutela della salute
pubblica mediante l'adozione di un'ordinanza
contingibile e urgente, configurandosi la
medesima come strumento costituente
espressione della potestà regolatoria,
spettante ai Comuni, di conformare
l'attività privata al rispetto dei limiti di
emissione/immissione acustica nell'ambito
del territorio comunale.
Per affrontare correttamente il merito della
questione che ha ad oggetto tale
provvedimento, peraltro, appare opportuno
ricordare l’orientamento della
giurisprudenza secondo cui: “In presenza
di un fenomeno d'inquinamento acustico,
anche se non coinvolgente l'intera
collettività, ma solo alcuni cittadini, e in
assenza di una norma di legge che preveda un
potere di intervento amministrativo
ordinario, che consenta di ottenere il
risultato dell'immediato abbattimento delle
emissioni sonore inquinanti, legittimamente
il Comune interviene a tutela della salute
pubblica mediante l'adozione di un'ordinanza
contingibile e urgente, configurandosi la
medesima come strumento costituente
espressione della potestà regolatoria,
spettante ai Comuni, di conformare
l'attività privata al rispetto dei limiti di
emissione/immissione acustica nell'ambito
del territorio comunale” (così TAR
Umbria Perugia, sez. I, 22.10.2010, n. 492 e
nel medesimo senso anche TAR Toscana, II,
16.06.2010, n. 1930; TAR Lombardia, Brescia,
02.11.2009, n. 1814; Milano, IV, 02.04.2008,
n. 715; TAR Piemonte, I, 02.03.2009, n. 199;
TAR Lazio, II, 26.06.2002, n. 5904).
Accertato il superamento dei limiti fissati
per le immissioni acustiche, quindi, il
Sindaco ben può, in linea di principio, fare
ricorso allo strumento straordinario
dell’ordinanza contingibile ed urgente,
perseguendo l’obiettivo del contemperamento
dei contrapposti interessi in gioco (TAR
Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 17.11.2011 n. 1585 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: L'art.
9, comma 1, l. n. 447/1995, nel prevedere la
possibilità di emettere ordinanze
contingibili ed urgenti in materia di
inquinamento acustico, contiene due elementi
di specialità che differenziano le ordinanze
stesse rispetto alla disciplina delle
ordinanze contingibili ed urgenti
genericamente intese: a) il riferimento al
carattere "eccezionale" della situazione; b)
il riferimento alla "temporaneità" delle
misure ordinate;
Pertanto, è illegittima un'ordinanza ex art.
9, comma 1, l. n. 447/1995, nel caso in cui:
- la situazione non venga descritta nel
provvedimento come "eccezionale"; - non sia
dato ravvisare elementi che la connotino
come tale; - e le misure ordinate non si
connotino come temporanee.
La giurisprudenza, condivisa dal Collegio,
ha spiegato che “l'art. 9, comma 1, l. n.
447/1995, nel prevedere la possibilità di
emettere ordinanze contingibili ed urgenti
in materia di inquinamento acustico,
contiene due elementi di specialità che
differenziano le ordinanze stesse rispetto
alla disciplina delle ordinanze contingibili
ed urgenti genericamente intese: a) il
riferimento al carattere "eccezionale" della
situazione; b) il riferimento alla
"temporaneità" delle misure ordinate;
pertanto, è illegittima un'ordinanza ex art.
9, comma 1, l. n. 447/1995, nel caso in cui:
- la situazione non venga descritta nel
provvedimento come "eccezionale"; - non sia
dato ravvisare elementi che la connotino
come tale; - e le misure ordinate non si
connotino come temporanee” (TAR Umbria
Perugia, sez. I, 11.11.2008, n. 722)
(TAR Lazio-Latina,
sentenza 16.11.2011 n. 916 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA:
B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 46 del
16.11.2011, "Pubblicazione ai sensi
dell’art. 5 del regolamento regionale
21.01.2000, n. 1 dell’elenco dei “Tecnici
competenti” in acustica ambientale
riconosciuti dalla Regione Lombardia alla
data del 27 ottobre 2011, in attuazione
dell’art. 2, commi 6 e 7 della legge
26.10.1995, n. 447, della deliberazione
17.05.2006, n. 8/2561 e del decreto
30.05.2006, n. 5985" (comunicato
regionale 09.11.2011 n. 126). |
ottobre 2011 |
|
AMBIENTE-ECOLOGIA: L'accertata
presenza di un fenomeno di inquinamento
acustico -pur se non coinvolgente l'intera
collettività- deve ritenersi sufficiente a
concretare l'eccezionale ed urgente
necessità di intervenire a tutela della
salute pubblica, con la conseguenza che
l'ordinanza sindacale ben può essere
adottata anche a seguito dell'esposto di una
sola famiglia, non constando nella norma
alcun parametro numerico o dimensionale.
Come riconosciuto anche dal Consiglio di
Stato nell’ordinanza n. 4254/2008, “l'accertata
presenza di un fenomeno di inquinamento
acustico -pur se non coinvolgente l'intera
collettività- deve ritenersi sufficiente a
concretare l'eccezionale ed urgente
necessità di intervenire a tutela della
salute pubblica, con la conseguenza che
l'ordinanza sindacale ben può essere
adottata anche a seguito dell'esposto di una
sola famiglia, non constando nella norma
alcun parametro numerico o dimensionale”
(TAR Lombardia Brescia, sez. II, 02.11.2009
, n. 1814, cfr. anche TAR Piemonte, Sez. I,
02.03.2009 n. 199, TAR Lombardia, Milano,
Sez. IV, 27.12.2007 n. 6819)
(TAR Piemonte, Sez. II,
sentenza 27.10.2011 n. 1127 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
L'ordinanza sindacale contro
fenomeni di inquinamento acustico può essere
adottata anche a seguito dell'esposto di una
sola famiglia.
Col ricorso in commento una società
proprietaria di una centrale elettrica aveva
chiesto al Tribunale amministrativo di
Torino di annullare un’ordinanza
contingibile ed urgente con la quale il
Sindaco del Comune in cui questa è ubicata
le aveva ordinato di condurre le attività di
produzione elettrica in pertinenza di un
Condominio in modo da rispettare i limiti di
immissione sonora differenziali consentiti
dalla normativa vigente.
La società
contestava il provvedimento, nella parte in
cui il Sindaco avrebbe dichiarato di
provvedere in via contingibile ed urgente “a
prescindere dalla sussistenza e
dall’attribuzione di responsabilità in
merito alle violazioni di natura
amministrativa” e, soprattutto, non avrebbe
considerato la preesistenza della centrale
idroelettrica rispetto all’edificazione del
Condominio.
Ma tali argomentazioni non sono
state condivise dai giudici del capoluogo
sabaudo: da un lato, infatti, gli stessi
evidenziano che, secondo giurisprudenza “in
tema di inquinamento acustico, l'ordinanza
prevista dall'art. 9, comma 1, l. 26.10.1995 n. 447, non ha, a termini di legge,
natura sanzionatoria, ma ha il diverso e
tipizzato scopo di contenere o abbattere le
emissioni sonore, sicché non può
assoggettarsi alla diversa disciplina
regolante, in via generale, le sanzioni
amministrative" (TAR Abruzzo L'Aquila,
sez. I, 10.12.2010, n. 840), dall’altro,
proprio per la sua natura di provvedimento
volto a tutelare la salute pubblica, non può
essere influenzato nella sua validità da
fattori estranei a tale interesse primario
quali l’omesso deposito, in sede di
richiesta della concessione edilizia da
parte della società costruttrice del
Condominio della “valutazione di impatto
acustico” o la pretesa mancanza di agibilità
degli appartamenti nei quali si è
riscontrato il superamento dei limiti di
emissioni sonore – circostanze che avrebbero
potuto essere fatte valere in sede di
impugnativa del titolo edilizio per la
realizzazione dell’immobile, situato
comunque in classe acustica II e, dunque, in
un’area destinata ad uso prevalentemente
residenziale (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - TAR
Piemonte, Sez. II,
sentenza
27.10.2011 n.
1127 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: In
casi di inquinamento acustico,
l’instaurazione del contraddittorio deve
avvenire in maniera da non inficiare la
correttezza tecnica e la bontà istruttoria
delle operazioni delegate, che richiedono
l’acquisizione “a sorpresa” dei dati
fonometrici.
L’instaurazione del contraddittorio deve
avvenire in maniera da non inficiare la
correttezza tecnica e la bontà istruttoria
delle operazioni delegate, che richiedono
l’acquisizione “a sorpresa” dei dati
fonometrici, di talché, come proposto dallo
stesso organo tecnico deputato alla
verificazione, la comunicazione alla ditta
ricorrente deve avvenire a circa metà del
periodo di rilevazione, consentendo la
partecipazione della stessa, e di suoi
eventuali consulenti tecnici, alle
operazioni di elaborazione dei dati
fonometrici da effettuarsi presso la sede
dell’organo verificatore
(TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. II,
ordinanza 07.10.2011 n. 831 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
settembre 2011 |
|
AMBIENTE-ECOLOGIA: Niente
risarcimento ai vicini per i disagi dei
lavori in casa.
Le lesioni non patrimoniali meritano ristoro
solo se provate.
La pace in casa è un diritto "immaginario",
perciò non è risarcibile. Se nel condominio
si intraprendono lavori lunghi e fastidiosi
che creano disturbi alle altre famiglie, non
si è tenuti a risarcire loro il danno non
patrimoniale.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione
con la sentenza n. 17427/2011 che ha accolto il
ricorso di una famiglia che, per
ristrutturare l'appartamento di proprietà,
aveva impiegato parecchi mesi provocando
sgradevoli immissioni sonore e di polveri
oltre che gravi danni al piano di calpestio
del locale prospiciente il cortile del
fabbricato.
I ricorrenti erano stati citati in giudizio
dai vicini che chiedevano, oltre ai danni
patrimoniali, anche quelli morali, biologici
ed esistenziali. Accolta l'istanza sia del
danno morale che del danno patrimoniale in
tribunale e in appello, la sentenza è stata
ribaltata dalla Cassazione.
Quest'ultima infatti, ha bocciato i
cosiddetti danni «immaginari», in cui
rientrano disagi, fastidi, ansie e ogni
altro tipo d'insoddisfazione che riguarda la
vita quotidiana, che non possono essere
risarciti se non adeguatamente provati.
Secondo la Corte, la categoria del danno non
patrimoniale è connotata da tipicità, perché
tale danno «è risarcibile solo nei casi
determinati dalla legge e nei casi in cui
sia cagionato da un evento consistente nella
lesione di specifici diritti inviolabili
della persona atteso che, fuori dai casi
determinati dalla legge è data tutela
risarcitoria al danno non patrimoniale solo
se sia accertata la lesione di un diritto
inviolabile della persona costituzionalmente
protetto» (tale non è, secondo la Corte, il
turbamento della tranquillità familiare,
riferendosi al caso di specie).
Il danno non patrimoniale, anche quando sia
determinato dalla lesione di diritti
inviolabili della persona, costituisce
danno-conseguenza, che deve essere provato,
non potendosi accogliere la tesi che
identifica il danno con l'evento dannoso
perché snatura la funzione del risarcimento,
che verrebbe concesso non in conseguenza
dell'effettivo accertamento di un danno, ma
quale pena privata per un comportamento
lesivo.
Il danno biologico, invece, avrebbe portata
onnicomprensiva, in quanto il danno alla
vita di relazione e i pregiudizi di tipo
esistenziale concernenti aspetti relazionali
della vita, possono costituire solo voci del
danno biologico, mentre sono da ritenersi
non meritevoli di tutela risarcitoria
«disagi, fastidi, disappunti, ansie e ogni
altro tipo di insoddisfazione concernente
gli aspetti più disparati della vita
quotidiana né possono qualificarsi come
diritti risarcibili diritti del tutto
immaginari, come il diritto alla qualità
della vita, allo stato di benessere, alla
serenità».
Sulla base di tali principi di diritto i
giudici hanno ritenuto fondati i motivi del
ricorso, precisando che, se il giudice può,
nell'ambito della valutazione discrezionale
del danno, accertare il verificarsi della
menomazione psico-fisica della persona
facendo ricorso alle presunzioni e
quantificare il danno in via equitativa, è
pur sempre necessario «che la motivazione
indichi gli elementi di fatto che nel caso
concreto sono stati tenuti presenti e i
criteri adottati nella liquidazione
equitativa, perché altrimenti la valutazione
si risolverebbe in un giudizio del tutto
arbitrario, in quanto non è suscettibile di
alcun controllo».
La sentenza impugnata mostra che alcuna
indagine è stata effettuata sull'effettiva
esistenza e sull'entità del danno subito,
atteso che, senza compiere alcun
accertamento sulla lesione dell'integrità
psico-fisica che sarebbe stata provocata
agli istanti dalle immissioni, i giudici di
merito avevano liquidato il danno a favore
degli attori, facendo peraltro un
riferimento generico e privo di alcun
riscontro obiettivo ai disagi e ai
turbamenti del benessere psicofisico mentre,
come si è detto, il semplice turbamento
della tranquillità familiare non assurge a
un valore costituzionale protetto (articolo Il Sole 24 Ore del 26.09.2011). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Per
quanto riguarda i ricorsi avverso i
provvedimenti adottati dal Sindaco quale
Ufficiale di Governo, la giurisprudenza è
concorde nel ritenere valida la notifica
effettuata presso la casa comunale, anziché
presso l'Ufficio dell'Avvocatura dello Stato
competente.
--------------
In materia di tutela dell'ambiente esterno e
dell'ambiente abitativo dall'inquinamento
acustico, nelle more del procedimento
finalizzato alla classificazione del
territorio comunale ai sensi dell'art. 6,
comma 1, lett. a), della L. n. 447 del 1995,
sono operativi i limiti cd. "assoluti" di
rumorosità, ma non anche quelli cd.
"differenziali".
---------------
L’art. 9 della legge 447/1995 rappresenta,
per così dire, l’ordinario rimedio in
materia di inquinamento acustico, non
prevedendo la citata legge altri strumenti a
disposizione delle Amministrazioni comunali
con la conseguenza che l’emanazione di
questo tipo di ordinanza non dev’essere
preceduta dalla prova che siano stati
utilizzati altri mezzi giuridici predisposti
dall’ordinamento in via ordinaria.
---------------
Appare sufficiente anche la segnalazione di
un solo cittadino, così come l’accertamento
effettuato presso una sola persona, per
consentire al Comune di intervenire per
reprimere le violazioni alla disciplina
sull’inquinamento acustico, utilizzando a
tal scopo lo specifico –ed unico peraltro–
strumento messo a disposizione dalla
legislazione speciale in materia (legge
447/1995), vale a dire l’ordinanza di cui
all’art. 9 della medesima legge 447/1995.
A tal proposito giova in primo luogo
rammentare che l’art. 15 della legge
regionale lombarda 13/2001 ha cura di
precisare che per tale attività le
Amministrazioni effettuano precise richieste
all’ARPA (il che è avvenuto nel caso di
specie), <<privilegiando le segnalazioni,
gli esposti, le lamentele presentate dai
cittadini residenti in ambiti abitativi o
esterni prossimi alla sorgente di
inquinamento acustico>> (comma 2°).
Del resto, la più recente giurisprudenza ha
ammesso la legittimità di un’ordinanza ex
art. 9 citato anche se adottata a seguito di
un esposto di una sola famiglia.
---------------
Il potere di ordinanza comunale in materia
costituisce espressione della potestà
regolatoria volta a conformare l’attività
privata al rispetto dei limiti di emissione
acustica nell’ambito del territorio
comunale; tale potere conformativo può
manifestarsi, come del resto è avvenuto
nella presente fattispecie, anche attraverso
l’obbligo per il responsabile delle
immissioni rumorose di ridurre o rimodulare
l’orario della propria attività fonte delle
suddette immissioni.
---------------
Essendo l’ordinanza in parola strumento
ordinario di tutela della salute dei
cittadini, anche singoli, come sopra
indicato, nessun’altra motivazione è
richiesta al fine di dimostrare l’interesse
pubblico all’emissione dell’ordinanza in
parola.
Neppure per le ordinanze extra ordinem è
richiesto che le misure imposte a tutela
della salute siano temporanee in quanto la
giurisprudenza ha chiarito che l'intervento
non deve avere necessariamente il carattere
della provvisorietà, atteso che suo
connotato essenziale è l'adeguatezza della
misura a far fronte alla situazione
determinata dall'evento straordinario. Il
che chiaramente sta a indicare che
nell'adozione di provvedimenti contingibili
e urgenti non esiste, in astratto, un metro
di valutazione fisso da seguire, ma la
soluzione va individuata di volta in volta,
secondo la natura del rischio da
fronteggiare. Sono, infatti, le esigenze
obiettive che si riscontrano nel caso
concreto che determinano la «misura»
dell'intervento, anche se la soluzione deve
corrispondere alle finalità del momento,
senza che possa assumere, cioè, i caratteri
della continuità e della stabilità.
Il Collegio
osserva che, per quanto riguarda i ricorsi
avverso i provvedimenti adottati dal Sindaco
quale Ufficiale di Governo, la
giurisprudenza è concorde nel ritenere
valida la notifica effettuata presso la casa
comunale, anziché presso l'Ufficio
dell'Avvocatura dello Stato competente
(Cons. Stato, sez. IV, 28.03.1994, n.
291; Tar Liguria, sez. II, 05.11.2002 n. 1077; Tar Campania Napoli, sez.
I, 30.05.2000, n. 1717).
---------------
La
giurisprudenza (Tar Friuli Venezia
Giulia, Trieste, Sezione 1, sentenza 08.04.2011, n. 183) afferma comunemente che
in materia di tutela dell'ambiente esterno e
dell'ambiente abitativo dall'inquinamento
acustico, nelle more del procedimento
finalizzato alla classificazione del
territorio comunale ai sensi dell'art. 6,
comma 1, lett. a), della L. n. 447 del 1995,
sono operativi i limiti cd. "assoluti" di
rumorosità, ma non anche quelli cd.
"differenziali".
A sostegno di quanto
suesposto, occorre far riferimento all'art.
8, comma 1, del D.P.C.M. del 14.11.1997 che testualmente afferma che "In attesa
che i comuni provvedano agli adempimenti
previsti dall'art. 6, comma 1, lett. a)
della legge 26.10.1995 n. 447, si
applicano i limiti di cui all'art. 6, comma
1, del decreto del Presidente del Consiglio
dei Ministri 01.03.1991".
Ne consegue che anche in mancanza di
disposizioni regolamentari il Comune ben
poteva imporre il rispetto dei limiti
assoluti al rumore con un’ordinanza
contingibile ed urgente.
---------------
La
giurisprudenza di questa Sezione ha da tempo
riconosciuto che l’art. 9 della legge
447/1995 rappresenti per così dire
l’ordinario rimedio in materia di
inquinamento acustico, non prevedendo la
citata legge altri strumenti a disposizione
delle Amministrazioni comunali (TAR
Lombardia, Milano, sez. IV, 27.12.2007, n.
6819; TAR Lombardia, Milano, IV, 02.04.2008, n. 715) con la conseguenza che
l’emanazione di questo tipo di ordinanza non dev’essere preceduta dalla prova che siano
stati utilizzati altri mezzi giuridici
predisposti dall’ordinamento in via
ordinaria.
---------------
La giurisprudenza (TAR Lombardia,
Milano, IV, 02.04.2008, n. 715) ha
riconosciuto che appare sufficiente anche la
segnalazione di un solo cittadino, così come
l’accertamento effettuato presso una sola
persona, per consentire al Comune di
intervenire per reprimere le violazioni alla
disciplina sull’inquinamento acustico,
utilizzando a tal scopo lo specifico –ed
unico peraltro– strumento messo a
disposizione dalla legislazione speciale in
materia (legge 447/1995), vale a dire
l’ordinanza di cui all’art. 9 della medesima
legge 447/1995.
A tal proposito giova in
primo luogo rammentare che l’art. 15 della
legge regionale 13/2001, dopo aver
attribuito ai comuni e alle province
l’attività di vigilanza e controllo in
materia di inquinamento acustico (comma 1°),
ha cura di precisare che per tale attività
le Amministrazioni effettuano precise
richieste all’ARPA (il che è avvenuto nel
caso di specie), <<privilegiando le
segnalazioni, gli esposti, le lamentele
presentate dai cittadini residenti in ambiti
abitativi o esterni prossimi alla sorgente
di inquinamento acustico>> (comma 2°).
Del resto, la più recente giurisprudenza ha
ammesso la legittimità di un’ordinanza ex
art. 9 citato anche se adottata a seguito di
un esposto di una sola famiglia (TAR Puglia,
Lecce, sez. I, 08.06.2006, n. 3340 e sez. I,
24.01.2006, n. 488).
---------------
Il potere di ordinanza comunale in
materia costituisce espressione della
potestà regolatoria volta a conformare
l’attività privata al rispetto dei limiti di
emissione acustica nell’ambito del
territorio comunale; tale potere
conformativo può manifestarsi, come del
resto è avvenuto nella presente fattispecie,
anche attraverso l’obbligo per il
responsabile delle immissioni rumorose di
ridurre o rimodulare l’orario della propria
attività fonte delle suddette immissioni
(TAR Lombardia, Milano, IV, 02.04.2008,
n. 715).
Ne consegue che è legittima l’ordinanza che
conformi l’attività nei risultati, lasciando
le modalità di attuazione alla libera scelta
del titolare dell’impresa, e disponga, nel
frattempo, la riduzione dell’orario.
---------------
Essendo l’ordinanza in parola strumento
ordinario di tutela della salute dei
cittadini, anche singoli, come sopra
indicato, nessun’altra motivazione è
richiesta al fine di dimostrare l’interesse
pubblico all’emissione dell’ordinanza in
parola (in questo senso Tar Lazio, sez. II, 22.02.1995 n. 242; Tar Toscana, sez.
II, 14.02.2000, n. 168; Tar
Sicilia, Palermo, sez. II, 01.07.1993, n.
564; Tar Sicilia, Catania, sez. II, 09.06.1992, n. 596; Tar Puglia, Bari,
sez. I, 26.09.2003 n. 3591).
In secondo luogo neppure per le ordinanze
extra ordinem è richiesto
che le misure imposte a tutela della salute
siano temporanee in quanto la giurisprudenza
ha chiarito che l'intervento non deve avere
necessariamente il carattere della
provvisorietà, atteso che suo connotato
essenziale è l'adeguatezza della misura a
far fronte alla situazione determinata
dall'evento straordinario. Il che
chiaramente sta a indicare che nell'adozione
di provvedimenti contingibili e urgenti non
esiste, in astratto, un metro di valutazione
fisso da seguire, ma la soluzione va
individuata di volta in volta, secondo la
natura del rischio da fronteggiare.
Sono,
infatti, le esigenze obiettive che si
riscontrano nel caso concreto che
determinano la «misura» dell'intervento,
anche se la soluzione deve corrispondere
alle finalità del momento, senza che possa
assumere, cioè, i caratteri della continuità
e della stabilità (Cons. Stato, sez. V, n.
580 del 09.02.2001) (TAR Lombardia-Milano, Sez. IV,
sentenza 21.09.2011 n. 2253 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
RUMORE – INQUINAMENTO ACUSTICO -
Attività di fornaio - Superamento dei limiti
di emissioni sonore - Esercizio di
professione o mestiere rumoroso -
Superamento dei limiti massimi o
differenziali di rumore - Art. 659 cod. pen.
– L. n. 447/1995 - Art. 9 L. n. 689/1981.
Nell'ipotesi di esercizio di professione o
mestiere rumoroso contro le disposizioni
della legge o le prescrizioni dell'Autorità,
la carica di lesività del bene giuridico
protetto è individuabile nell'art. 659,
comma secondo, cod. pen., sia nell'art. 10,
comma secondo, della legge 26.10.1995 n. 447
(legge quadro sull'Inquinamento acustico),
consistente nella quiete e tranquillità
pubblica, è presunta "ope legis" ed è
racchiusa, per intero, nel precetto della
disposizione codicistica, che tuttavia cede,
di fronte alla configurazione dello speciale
illecito amministrativo previsto dall'art.
10 citato, qualora l'inquinamento acustico
si concretizzi nel mero superamento dei
limiti massimi o differenziali di rumore
fissati dalle leggi e dai decreti
presidenziali in materia (Cass. Sez. l, n.
23866 del 09/06/2009, dep. 10/06/2009,
Valvassore).
La contravvenzione di cui al secondo comma
dell'art. 659 c.p., dunque, a differenza di
quella prevista dal primo comma, deve
intendersi parzialmente depenalizzata, in
forza del principio di specialità di cui
all'art. 9 della legge n. 689 del 1981,
laddove si accerti, come nella specie, la
perfetta identità fattuale della violazione
contestata ai sensi della menzionata norma
del codice penale e di quella sanzionata
solo in via amministrativa (superamento dei
limiti di emissioni sonore), a norma
dell'art. 10, comma 2, legge n. 447/1955,
cit. (Cass. Sez. l, n. 44167 del 27/10/2009,
dep. 18/11/2009, Fiumara).
RUMORE – INQUINAMENTO
ACUSTICO - Disturbo delle occupazioni e del
riposo delle persone - Esercizio di
professione o mestiere rumoroso - Autonome
fattispecie contravvenzionali - Art. 659
cod. pen..
L'art. 659 cod. pen. prevede due autonome
fattispecie contravvenzionali: il reato di
cui al primo comma -disturbo delle
occupazioni e del riposo delle persone-
richiede l'accertamento che i rumori
superino la normale tollerabilità ed
investano un numero indeterminato di
persone, disturbando le loro occupazioni o
il riposo; mentre quello previsto dal
secondo comma -esercizio di professione o
mestiere rumoroso- prescinde dalla
verificazione del disturbo, essendo tale
evento presunto "iuris et de iure"
ogni volta che l'esercizio del mestiere
rumoroso si verifichi fuori dal limiti di
tempo, di spazio e di modo imposti dalla
legge, dai regolamenti o da altri
provvedimenti adottati dalle competenti
autorità (Cass., Sez. 1, n. 532 del
28/09/1994, dep. 20/01/1995, Amato; Cass.
Sez. 1, n. 4820 del 17/12/1998, dep.
16/04/1999, Marinelli) (Corte di Cassazione,
Sez. I penale,
sentenza 05.09.2011 n. 33072 -
link a www.ambientediritto.it). |
agosto 2011 |
|
AMBIENTE-ECOLOGIA: L'art.
9, primo comma, della L. 26.10.1995 n. 447 non può essere riduttivamente
intesa come una mera (e, quindi,
pleonastica) riproduzione, nell'ambito della
normativa di settore in tema di tutela
dall'inquinamento acustico, del generale
potere di ordinanza contingibile ed urgente
tradizionalmente riconosciuto dal nostro
ordinamento giuridico al Sindaco (quale
Ufficiale di Governo) in materia di sanità
ed igiene pubblica, ma che invece la stessa
deve essere logicamente e sistematicamente
interpretata nel particolare significato che
assume all'interno di una normativa dettata
-in attuazione del principio di tutela della
salute dei cittadini previsto dall'art. 32
della Costituzione- allo scopo primario di
realizzare un efficace contrasto al fenomeno
dell'inquinamento acustico, tenendo nel
dovuto conto il fatto che la Legge n.
447/1995 (nell'art. 2, primo comma, lettera
"a") ha ridefinito il concetto di
inquinamento acustico, qualificandolo come
"l'introduzione di rumore nell'ambiente
abitativo o nell'ambiente esterno tale da
provocare fastidio o disturbo al riposo ed
alle attività umane", sancendo espressamente
che esso concreta (in ogni caso) "un
pericolo per la salute umana".
Conseguentemente, l'utilizzo del
particolare potere di ordinanza contingibile
ed urgente delineato dall'art. 9 della Legge
26.10.1995 n. 447 deve ritenersi
("normalmente") consentito allorquando gli
appositi accertamenti tecnici effettuati
dalle competenti Agenzie Regionali di
Protezione Ambientale rivelino la presenza
di un fenomeno di inquinamento acustico,
tenuto conto sia che quest'ultimo -ontologicamente (per esplicita previsione
dell'art. 2 della stessa L. n° 447/1995)-
rappresenta una minaccia per la salute
pubblica, sia che la Legge quadro
sull'inquinamento acustico non configura
alcun potere di intervento amministrativo
"ordinario" che consenta di ottenere il
risultato dell'immediato abbattimento delle
emissioni sonore inquinanti.
In siffatto contesto normativo, l'accertata
presenza di un fenomeno di inquinamento
acustico (pur se non coinvolgente l'intera
collettività) appare sufficiente a
concretare l'eccezionale ed urgente
necessità di intervenire a tutela della
salute pubblica con l'efficace strumento
previsto (soltanto) dall'art. 9 primo comma
della citata Legge n. 447/1995.
La tutela della salute pubblica non
presuppone necessariamente che la situazione
di pericolo involga l'intera collettività
ben potendo richiedersi tutela alla P.A.
anche ove sia in discussione la salute di
una singola famiglia (o anche di una sola
persona).
Non può essere certamente reputato
ordinario strumento di intervento (sul piano
amministrativo) la facoltà riconosciuta dal
Codice Civile al privato interessato di
adire l'Autorità Giudiziaria Ordinaria per
far cessare le immissioni dannose che
eccedano la normale tollerabilità.
---------------
La stessa ratio della disciplina sulla
partecipazione al procedimento (anche quello
di irrigazione delle sanzioni amministrative
di cui alla l. n. 689/1981), non esclude
affatto che l'avvio del procedimento possa
essere preceduto o supportato da controlli,
accertamenti, ispezioni svolti senza la
partecipazione del diretto interessato, che
sarà edotto di queste attività con una
successiva comunicazione e sarà, pertanto,
messo nella condizione di intervenire nella
procedura e di verificare e, se del caso,
contestare la veridicità o esattezza degli
accertamenti compiuti e la stessa idoneità
degli strumenti tecnici utilizzati.
---------------
Il rumore ambientale è costituito da tutte
le sorgenti di rumore esistenti in un dato
luogo e durante un determinato tempo. Il
rumore ambientale è costituito dall’insieme
del rumore residuo, per tale intendendosi il
rumore rilevato quando si esclude la
specifica sorgente disturbante, e da quello
che prodotto dalla specifica sorgente
disturbante.
A tal riguardo occorre precisare che il
valore limite differenziale è quel valore
dato dalla differenza tra il livello
equivalente di rumore ambientale e il rumore
residuo. Tenendo presente la definizione di
rumore residuo che è il rumore che residua
una volta eliminata la sorgente disturbante
il valore differenziale esprime lo specifico
grado di inquinamento acustico della
specifica fonte disturbante.
In altre parole il valore differenziale
esprime il contributo che una specifica
fonte dà al livello di inquinamento
generale.
In Lombardia, la L.R. 10.08.2001 n. 13 -Norme
in materia di inquinamento acustico-
all’art. 15 (Controlli e poteri sostitutivi)
prevede che “Le attività di vigilanza e
controllo in materia di inquinamento
acustico sono svolte dai comuni e dalle
province nell'ambito delle competenze
individuate dalla legislazione statale e
regionale vigente, avvalendosi del supporto
dell'Agenzia regionale per la protezione
dell'ambiente ai sensi della legge regionale
14.08.1999, n. 16 (Istituzione
dell'Agenzia regionale per la protezione
dell'ambiente - ARPA).” (c. 1).
Il c. 2 del cit. art. 15 specifica che: “Per
le attività di vigilanza e controllo di cui
al comma 1, il comune o la provincia
effettuano precise e dettagliate richieste
all'ARPA privilegiando le segnalazioni, gli
esposti, le lamentele presentate dai
cittadini residenti in ambienti abitativi o
esterni prossimi alla sorgente di
inquinamento acustico per la quale sono
effettuati i controlli. Gli oneri per le
attività di vigilanza e controllo effettuate
ai sensi del presente comma sono a carico
dell'ARPA, così come stabilito dall'art. 26,
comma 5, della L.R. n. 16/1999".
Più in generale, l'art. 9, primo comma, della
L. 26.10.1995 n. 447 –legge quadro
sull'inquinamento acustico- dispone:
“Qualora sia richiesto da eccezionali ed
urgenti necessità di tutela della salute
pubblica o dell'ambiente il sindaco, il
presidente della provincia, il presidente
della giunta regionale, il prefetto, il
Ministro dell'ambiente, secondo quanto
previsto dall'articolo 8 della L. 03.03.1987, n. 59, e il Presidente del Consiglio
dei ministri, nell'ambito delle rispettive
competenze, con provvedimento motivato,
possono ordinare il ricorso temporaneo a
speciali forme di contenimento o di
abbattimento delle emissioni sonore, inclusa
l'inibitoria parziale o totale di
determinate attività. Nel caso di servizi
pubblici essenziali, tale facoltà è
riservata esclusivamente al Presidente del
Consiglio dei ministri”.
Un consistente indirizzo giurisprudenziale
(cfr. TAR Lecce, Sez. I, 11.01.2006, n.
488, TAR Milano, Sez. IV, 27.12.2007 n.
6819, TAR Brescia, Sez. II, 02.11.2009 n.
1814), al quale il Collegio aderisce, ha
evidenziato che:
- la norma non può essere riduttivamente
intesa come una mera (e, quindi,
pleonastica) riproduzione, nell'ambito della
normativa di settore in tema di tutela
dall'inquinamento acustico, del generale
potere di ordinanza contingibile ed urgente
tradizionalmente riconosciuto dal nostro
ordinamento giuridico al Sindaco (quale
Ufficiale di Governo) in materia di sanità
ed igiene pubblica, ma che invece la stessa
deve essere logicamente e sistematicamente
interpretata nel particolare significato che
assume all'interno di una normativa dettata
-in attuazione del principio di tutela della
salute dei cittadini previsto dall'art. 32
della Costituzione- allo scopo primario di
realizzare un efficace contrasto al fenomeno
dell'inquinamento acustico, tenendo nel
dovuto conto il fatto che la Legge n.
447/1995 (nell'art. 2, primo comma, lettera
"a") ha ridefinito il concetto di
inquinamento acustico, qualificandolo come
"l'introduzione di rumore nell'ambiente
abitativo o nell'ambiente esterno tale da
provocare fastidio o disturbo al riposo ed
alle attività umane", sancendo espressamente
che esso concreta (in ogni caso) "un
pericolo per la salute umana";
- conseguentemente, l'utilizzo del
particolare potere di ordinanza contingibile
ed urgente delineato dall'art. 9 della Legge
26.10.1995 n. 447 deve ritenersi
("normalmente") consentito allorquando gli
appositi accertamenti tecnici effettuati
dalle competenti Agenzie Regionali di
Protezione Ambientale rivelino la presenza
di un fenomeno di inquinamento acustico,
tenuto conto sia che quest'ultimo -ontologicamente (per esplicita previsione
dell'art. 2 della stessa L. n° 447/1995)-
rappresenta una minaccia per la salute
pubblica, sia che la Legge quadro
sull'inquinamento acustico non configura
alcun potere di intervento amministrativo
"ordinario" che consenta di ottenere il
risultato dell'immediato abbattimento delle
emissioni sonore inquinanti;
- in siffatto contesto normativo,
l'accertata presenza di un fenomeno di
inquinamento acustico (pur se non
coinvolgente l'intera collettività) appare
sufficiente a concretare l'eccezionale ed
urgente necessità di intervenire a tutela
della salute pubblica con l'efficace
strumento previsto (soltanto) dall'art. 9
primo comma della citata Legge n. 447/1995;
- la tutela della salute pubblica non
presuppone necessariamente che la situazione
di pericolo involga l'intera collettività
ben potendo richiedersi tutela alla P.A.
anche ove sia in discussione la salute di
una singola famiglia (o anche di una sola
persona);
- non può essere certamente reputato
ordinario strumento di intervento (sul piano
amministrativo) la facoltà riconosciuta dal
Codice Civile al privato interessato di
adire l'Autorità Giudiziaria Ordinaria per
far cessare le immissioni dannose che
eccedano la normale tollerabilità (cfr.
TAR Lecce, 11.01.2006, n. 488).
Così inquadrata la valenza e latitudine
della disposizione, va respinto il primo
profilo del primo motivo, così come il
secondo motivo, con il quale si sostiene
erroneamente che sarebbero impartite
direttive vincolanti all’imprenditore, dato
che l’ordinanza non fa che imporre il
rispetto di un limite di rumore violato
lasciando al responsabile la concreta
individuazione delle misure da adottarsi.
---------------
Parimenti infondato risulta il secondo
profilo del primo motivo (l’esecuzione del
rilievo fonometrico da parte dell’ARPA in
assenza di contraddittorio), poiché la
tipologia di accertamenti di cui trattasi
presuppone necessariamente il fatto che essi
siano eseguiti almeno una volta senza
preavviso al fine di monitorare le normali
condizioni di funzionamento ed emissione
(che potrebbero essere alterate laddove
l'interessato fosse preventivamente
avvisato) (cfr. TRGA Trento 27.06.2005 n.
174).
Va soggiunto che (cfr. doc. n. 6 sia della
ricorrente sia del Comune) in data
20.03.2099 è stata emessa
dall’Amministrazione comunicazione di avvio
del procedimento amministrativo “per
indagini fonometriche relative al rispetto
dei limiti fissati dalla normativa vigente”
indirizzata alla odierna ricorrente.
Peraltro, la stessa ratio della disciplina
sulla partecipazione al procedimento (anche
quello di irrigazione delle sanzioni
amministrative di cui alla l. n. 689/1981),
non esclude affatto che l'avvio del
procedimento possa essere preceduto o
supportato da controlli, accertamenti,
ispezioni svolti senza la partecipazione del
diretto interessato, che sarà edotto di
queste attività con una successiva
comunicazione e sarà, pertanto, messo nella
condizione di intervenire nella procedura e
di verificare e, se del caso, contestare la
veridicità o esattezza degli accertamenti
compiuti e la stessa idoneità degli
strumenti tecnici utilizzati (cfr. Cons. St.,
Sez. V, 05.03.2003, n. 1224, TAR Puglia,
Bari Sez. I 26.09.2003 n. 3591).
---------------
Il D.P.C.M. 14.11.1997 che reca “valori
limite assoluti di immissione” all’art. 3
stabilisce: “1. I valori limite assoluti di
immissione come definiti all'art. 2, comma
3, lettera a), della legge 26.10.1995,
n. 447, riferiti al rumore immesso
nell'ambiente esterno dall'insieme di tutte
le sorgenti sono quelli indicati nella
tabella C allegata al presente decreto.
2.
Per le infrastrutture stradali, ferroviarie,
marittime, aeroportuali e le altre sorgenti
sonore di cui all'art. 11, comma 1, legge 26.10.1995, n. 447, i limiti di cui alla
tabella C allegata al presente decreto, non
si applicano all'interno delle rispettive
fasce di pertinenza, individuate dai
relativi decreti attuativi. All'esterno di
tali fasce, dette sorgenti concorrono al
raggiungimento dei limiti assoluti di
immissione.
3. All'interno delle fasce di
pertinenza, le singole sorgenti sonore
diverse da quelle indicate al precedente
comma 2, devono rispettare i limiti di cui
alla tabella B allegata al presente decreto.
Le sorgenti sonore diverse da quelle di cui
al precedente comma 2, devono rispettare,
nel loro insieme, i limiti di cui alla
tabella C allegata al presente decreto,
secondo la classificazione che a quella
fascia viene assegnata.”
Il successivo art. 4 -rubricato valori
limite differenziali di immissione-
stabilisce: “1. I valori limite
differenziali di immissione, definiti
all'art. 2, comma 3, lettera b), della legge
26.10.1995, n. 447, sono: 5 dB per il
periodo diurno e 3 dB per il periodo
notturno, all'interno degli ambienti
abitativi. Tali valori non si applicano
nelle aree classificate nella classe VI
della tabella A allegata al presente
decreto.
2. Le disposizioni di cui al comma
precedente non si applicano nei seguenti
casi, in quanto ogni effetto del rumore è da
ritenersi trascurabile: a) se il rumore
misurato a finestre aperte sia inferiore a
50 dB(A) durante il periodo diurno e 40 dB(A)
durante il periodo notturno; b) se il
livello del rumore ambientale misurato a
finestre chiuse sia inferiore a 35 dB(A)
durante il periodo diurno e 25 dB(A) durante
il periodo notturno.
3. Le disposizioni di
cui al presente articolo non si applicano
alla rumorosità prodotta: dalle
infrastrutture stradali, ferroviarie,
aeroportuali e marittime; da attività e
comportamenti non connessi con esigenze
produttive, commerciali e professionali; da
servizi e impianti fissi dell'edificio
adibiti ad uso comune, limitatamente al
disturbo provocato all'interno dello
stesso.”.
Va chiarito che il rumore ambientale è
costituito da tutte le sorgenti di rumore
esistenti in un dato luogo e durante un
determinato tempo. Il rumore ambientale è
costituito dall’insieme del rumore residuo,
per tale intendendosi il rumore rilevato
quando si esclude la specifica sorgente
disturbante, e da quello che prodotto dalla
specifica sorgente disturbante.
A tal riguardo occorre precisare che il
valore limite differenziale è quel valore
dato dalla differenza tra il livello
equivalente di rumore ambientale e il rumore
residuo. Tenendo presente la definizione di
rumore residuo che è il rumore che residua
una volta eliminata la sorgente disturbante
il valore differenziale esprime lo specifico
grado di inquinamento acustico della
specifica fonte disturbante.
In altre parole il valore differenziale
esprime il contributo che una specifica
fonte dà al livello di inquinamento
generale.
I valori limite sono di 5 db per il periodo
diurno e di 3 db per il periodo notturno
(art. 4 D.P.C.M. 14.11.1997).
Tali valori differenziali non si applicano
quando comunque il rumore ambientale è al di
sotto di determinati valori e precisamente
50 db(A) per il periodo diurno e 40 db (A)
per il periodo notturno misurati a finestre
aperte e 35 db(A) per il periodo diurno e 25
db (A) per il periodo notturno misurati a
finestre chiuse.
Si tratta ovviamente di limiti da applicarsi
disgiuntamente nel senso che anche il
superamento di uno solo di essi consente
l’applicazione del valore differenziale. Ciò
è fatto palese dalla circostanza che il
rumore viene definito in tali casi
trascurabile.
Orbene è evidente che, essendo
il rumore sempre lo stesso, per ritenersi
trascurabile non deve superare i parametri
di cui sopra per cui il superamento anche di
uno solo di essi implica l’applicazione dei
valori limite differenziali (cfr. TAR
Liguria, Sez. I, 15.03.2010, n. 1166)
(TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 30.08.2011 n. 1276 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Al
fine di fronteggiare l’inquinamento
acustico, il sindaco è titolare:
a) di un potere generale di ordinanza da
esercitare, quale ufficiale del governo,
qualora sorga la necessità di provvedimenti
contingibili e urgenti, anche, tra l’altro,
in materia di «sanità ed igiene», «al fine
di prevenire ed eliminare gravi pericoli che
minacciano l’incolumità dei cittadini»;
b) di poteri di ordinanza con contenuti e
finalità specifiche. Si tratta del potere,
attribuito dal comma 3, dell'art.
54 dlgs 267/2000, di modificare gli orari degli
esercizi commerciali, dei pubblici esercizi
e dei servizi pubblici, nonché, d’intesa con
i responsabili territorialmente competenti
delle amministrazioni interessate, gli orari
di apertura al pubblico degli uffici
pubblici localizzati nel territorio «in casi
di emergenza, connessi con il traffico e/o
con l’inquinamento atmosferico o acustico,
ovvero quando a causa di circostanze
straordinarie si verifichino particolari
necessità dell’utenza».
E soprattutto di quello previsto
dall’articolo 9 della legge quadro
sull’inquinamento acustico 447/1999, secondo
il quale il sindaco, qualora sia richiesto da
<<eccezionali ed urgenti necessità di tutela
della salute pubblica o dell’ambiente>>,
può, con provvedimento motivato, «ordinare
il ricorso temporaneo a speciali forme di
contenimento o di abbattimento delle
emissioni sonore, inclusa l’inibitoria
parziale o totale di determinate attività».
L’articolo 9 della legge 447/1995 non deve
essere interpretato in senso restrittivo
(meramente letterale). Infatti: da un lato,
la legge quadro ha ridefinito (articolo 2,
comma 1, lettera a) il concetto di
inquinamento acustico, qualificandolo come <l’introduzione
di rumore nell’ambiente abitativo o
nell’ambiente esterno tale da provocare
fastidio o disturbo al riposo ed alle
attività umane>, sancendo espressamente che
esso concreta (in ogni caso) <un pericolo
per la salute umana>,
cosicché deve ritenersi che un fenomeno di
inquinamento acustico rappresenti
ontologicamente una minaccia per la salute
pubblica; dall’altro, la legge stessa non
configura alcun potere di intervento
amministrativo “ordinario” che consenta di
ottenere il risultato dell’immediato
abbattimento delle emissioni sonore
inquinanti, e pertanto l’utilizzo del
particolare potere di ordinanza contingibile
ed urgente delineato dall’articolo 9 deve
ritenersi “normalmente” consentito
allorquando gli appositi accertamenti
tecnici effettuati dalle competenti Agenzie
Regionali di Protezione Ambientale rivelino
la presenza di un fenomeno di inquinamento
acustico, anche se non coinvolge
direttamente la salute dell’intera
collettività bensì di un numero limitato di
cittadini (e, al limite, di una sola
persona). Altrimenti, la fattispecie
dell’articolo 9 costituirebbe una
pleonastica riproduzione, nell’ambito della
normativa di settore, del generale potere di
ordinanza contingibile ed urgente
riconosciuto al sindaco quale ufficiale di
governo.
Occorre precisare, riguardo alla natura del
potere esercitato ed alla sussistenza dei
relativi presupposti (peraltro, ribadendo
quanto recentemente affermato da questo
Tribunale con la sentenza 22.10.2010,
n. 492), che, al fine di fronteggiare
l’inquinamento acustico, il sindaco è
titolare:
a) di un potere generale di ordinanza da
esercitare, quale ufficiale del governo,
qualora sorga la necessità di provvedimenti
contingibili e urgenti, anche, tra l’altro,
in materia di «sanità ed igiene», «al fine
di prevenire ed eliminare gravi pericoli che
minacciano l’incolumità dei cittadini»
(articolo 54, comma 2, d.lgs. 267/2000; in precedenza, articolo 38, comma 2,
della legge 142/1990);
b) di poteri di ordinanza con contenuti e
finalità specifiche. Si tratta del potere,
attribuito dal comma 3, del citato articolo
54 (in precedenza, comma 2-bis, del citato
articolo 38), di modificare gli orari degli
esercizi commerciali, dei pubblici esercizi
e dei servizi pubblici, nonché, d’intesa con
i responsabili territorialmente competenti
delle amministrazioni interessate, gli orari
di apertura al pubblico degli uffici
pubblici localizzati nel territorio «in casi
di emergenza, connessi con il traffico e/o
con l’inquinamento atmosferico o acustico,
ovvero quando a causa di circostanze
straordinarie si verifichino particolari
necessità dell’utenza».
E soprattutto, per
quanto qui interessa, di quello previsto
dall’articolo 9 della legge quadro
sull’inquinamento acustico 447/1999, secondo
il quale il sindaco (così come il presidente
della provincia, il presidente della giunta
regionale, il prefetto, il ministro
dell’ambiente e il presidente del consiglio
dei ministri, nell’ambito delle rispettive
competenze), qualora sia richiesto da
<<eccezionali ed urgenti necessità di tutela
della salute pubblica o dell’ambiente>>,
può, con provvedimento motivato, «ordinare
il ricorso temporaneo a speciali forme di
contenimento o di abbattimento delle
emissioni sonore, inclusa l’inibitoria
parziale o totale di determinate attività».
Per le caratteristiche dei presupposti di
fatto e delle misure imposte, il
provvedimento impugnato sembra riconducibile
alla fattispecie dell’articolo 9 della legge
447/1995 (la legge quadro, del resto, viene
indicata anche nella proposta di
provvedimento formulata dall’Ufficio Servizi
Operativi e Ambiente in data 11.10.2010, cui espressamente aderisce il
provvedimento impugnato).
Ciò, in quanto (cfr. sent. cit.), l’articolo
9 della legge 447/1995 non deve essere
interpretato in senso restrittivo (meramente
letterale). Infatti (come rilevato da TAR
Puglia, Lecce, I, 24.01.2006, n. 488):
da un lato, la legge quadro ha ridefinito
(articolo 2, comma 1, lettera a) il concetto
di inquinamento acustico, qualificandolo
come <<l’introduzione di rumore
nell’ambiente abitativo o nell’ambiente
esterno tale da provocare fastidio o
disturbo al riposo ed alle attività umane>>,
sancendo espressamente che esso concreta (in
ogni caso) <<un pericolo per la salute
umana>>, cosicché deve ritenersi che un
fenomeno di inquinamento acustico
rappresenti ontologicamente una minaccia per
la salute pubblica; dall’altro, la legge
stessa non configura alcun potere di
intervento amministrativo “ordinario” che
consenta di ottenere il risultato
dell’immediato abbattimento delle emissioni
sonore inquinanti, e pertanto l’utilizzo del
particolare potere di ordinanza contingibile
ed urgente delineato dall’articolo 9 deve
ritenersi “normalmente” consentito
allorquando gli appositi accertamenti
tecnici effettuati dalle competenti Agenzie
Regionali di Protezione Ambientale rivelino
la presenza di un fenomeno di inquinamento
acustico, anche se non coinvolge
direttamente la salute dell’intera
collettività bensì di un numero limitato di
cittadini (e, al limite, di una sola
persona).
Altrimenti, la fattispecie
dell’articolo 9 costituirebbe una
pleonastica riproduzione, nell’ambito della
normativa di settore, del generale potere di
ordinanza contingibile ed urgente
riconosciuto al sindaco quale ufficiale di
governo (nello stesso senso, vedi anche TAR
Toscana, II, 16.06.2010, n. 1930; TAR
Lombardia, Brescia, 02.11.2009, n.
1814; Milano, IV, 02.04.2008, n. 715; TAR
Piemonte, I, 02.03.2009, n. 199; TAR
Lazio, II, 26.06.2002, n. 5904).
Il riferimento all’articolo 50 del d.lgs.
267/2000 (il cui comma 5, prevede il potere
del sindaco di adottare ordinanze contingibili ed urgenti <<in caso di
emergenze sanitarie o di igiene pubblica a
carattere esclusivamente locale>>) appare
dunque improprio, ma non vizia il
provvedimento.
Passando ad esaminare l’applicabilità
dei valori limite differenziali, va
ricordato che:
- secondo l’articolo 6, comma 2, del
d.P.C.M. 01.03.1991 (il comma 1 prevede,
nelle more della suddivisione del territorio
comunale prevista dalla legge, i limiti di
accettabilità c.d. assoluti, distinguendo
tra limite diurno e limite notturno, e tra
<<Zona A>> e <<Zona B>> di cui al d.m.
1444/1968, <<Zona esclusivamente
industriale>> e, residualmente, <<Tutto il
territorio nazionale>>), <<Per le zone non
esclusivamente industriali indicate in
precedenza, oltre ai limiti massimi in
assoluto per il rumore, sono stabilite anche
le seguenti differenze da non superare tra
il livello equivalente del rumore ambientale
e quello del rumore residuo (criterio
differenziale): 5 dB (A) per il Leq (A)
durante il periodo diurno: 3 DB (A) per il
Leq (A) durante il periodo notturno. La
misura deve essere effettuata nel tempo di
osservazione del fenomeno acustico negli
ambienti abitativi>>;
- secondo l’articolo 15, comma 1, della
legge 447/1995, <<Nelle materie oggetto dei
provvedimenti di competenza statale e dei
regolamenti di esecuzione previsti dalla
presente legge, fino all'adozione dei
provvedimenti e dei regolamenti medesimi si
applicano, per quanto non in contrasto con
la presente legge, le disposizioni contenute
nel decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri 01.03.1991, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 57 dell'08.03.1991,
fatta eccezione per le infrastrutture dei
trasporti, limitatamente al disposto di cui
agli articoli 2, comma 2, e 6, comma 2 >>;
- secondo l’articolo 4, comma 1, del
d.P.C.M. 14.11.1997 <<I valori limite
differenziali di immissione, definiti
all'art. 2, comma 3, lettera b), della legge
26.10.1995, n. 447 (10), sono: 5 dB per
il periodo diurno e 3 dB per il periodo
notturno, all'interno degli ambienti
abitativi. Tali valori non si applicano
nelle aree classificate nella classe VI
della tabella A allegata al presente
decreto>> (sono le <<aree esclusivamente
industriali: rientrano in questa classe le
aree esclusivamente interessate da attività
industriali e prive di insediamenti
abitativi>>).
- infine, secondo l’articolo 8, comma 1, del
medesimo d.P.C.M. 14.11.1997, <<in
attesa che i comuni provvedano agli
adempimenti previsti dall’art. 6, comma 1,
lettera a) della legge 26.10.1995 n.
447, si applicano i limiti di cui all’art.
6, comma 1, del decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri 01.03.1991>>;
Sebbene la giurisprudenza prevalente,
sulla base dell’applicazione del canone
interpretativo dell’“ubi lex voluit, dixit
…” (in quanto, cioè, il più recente
regolamento richiama l’articolo 6, comma 1,
e non anche il comma 2, del precedente),
conforti la prospettazione della ricorrente
in ordine alla non applicabilità dei limiti
di rumore differenziali in mancanza di una
zonizzazione acustica comunale (cfr., da
ultimo, TAR Puglia, Bari, I, 14.05.2010,
n. 1896), il Collegio deve rilevare che i
precedenti di questo Tribunale vanno in una
direzione diversa.
Infatti, con la sentenza 23.04.2001, n.
236, è stato affermato che:
- è vero che le norme transitorie contenute
nell’articolo 15 della legge 447/1995 e
nell’articolo 8 del d.P.C.M. 14.11.1997 –così come testualmente formulate–
potrebbero far sorgere dubbi
sull’applicabilità dei “valori limite
differenziali” durante il periodo
(transitorio) di carenza di “zonizzazione”
nel territorio del Comune intimato;
- è pur vero, però, che sia il d.P.C.M. 01.03.1991, sia il d.P.C.M. 14.11.1997
rendono bene chiara l’idea che per le aree
non esclusivamente industriali non è stata
affatto delineata una soluzione di
continuità in ordine al cumulo dei due
criteri di valutazione (“criterio
differenziale” e “criterio assoluto”);
- infatti, a parte la perfetta
corrispondenza letterale delle due norme in
rassegna (comma 2 dell’articolo 6 del
d.P.C.M. 01.03.1991 e comma 1
dell’articolo 4 del d.P.C.M. 14.11.1997) che già chiaramente fa propendere per
la delimitazione del divieto di cumulo dei
due criteri solo per le aree industriali (e,
quindi, non per le altre), vi è da dire che
sotto il profilo logico e teleologico è del
tutto irragionevole pensare che il “criterio
differenziale” già operante in base al
decreto del 1991 possa essere stato
congelato durante il periodo transitorio (di
carenza di zonizzazione), pur in presenza di
una situazione urbanistica e (soprattutto)
di una esigenza di tutela della salute
pubblica, assolutamente identiche durante il
periodo di riferimento (e cioè dal 1991 al
1998).
Il Collegio ritiene detta impostazione più
convincente e quindi meritevole di essere
confermata.
Può aggiungersi che, altrimenti, la
previsione dell’articolo 8 del d.P.C.M. 14.11.1997 contrasterebbe con quanto
disposto dall’articolo 15 della legge
447/1995, che intende assicurare, nelle more
della definizione dei regolamenti e
provvedimenti attuativi previsti dalla legge
quadro, la permanente vigenza (per quanto
non in contrasto con la legge stessa) della
disciplina di tutela stabilita dal d.P.C.M.
01.03.1991.
In conclusione sul punto, la ragione per la
quale il d.P.C.M. del 1997 non richiama il
comma 2 dell’articolo 6, del d.P.C.M. del
1991, è che, mancando ogni modifica riguardo
ai limiti c.d. differenziali, per detta
parte della disciplina non c’era bisogno di
norme transitorie.
Nel senso qui accolto, si esprime anche la
circolare del Ministero dell’ambiente e
della tutela del territorio in data 06.09.2004
(TAR Umbria,
sentenza 26.08.2011 n. 280 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Ammessi i controlli a sorpresa.
PREROGATIVE - L'azienda ha però il diritto
di verificare e contestare anche
successivamente la veridicità e idoneità
delle ispezioni.
L'ordinanza del Sindaco contro
l'inquinamento acustico non richiede la
preventiva comunicazione dell'avvio del
procedimento, perché la Pubblica
amministrazione incaricata dei controlli ha
il «diritto alla sorpresa», per evitare che
la comunicazione consenta al controllato di
«non farsi cogliere sul fatto».
Così ha
stabilito il TAR Umbria, Sez. I,
sentenza 26.08.2011 n. 271.
Il caso riguardava una società di mangimi
per animali, la cui lavorazione produceva
forti rumori, che danneggiavano la salute
degli abitanti di un edificio residenziale,
situato di fronte allo stabilimento. Il
sindaco, per risolvere il problema, aveva
emanato un'ordinanza ai sensi dell'articolo
50, comma 5 del Testo unico degli Enti
locali, e aveva ordinato alla società di
adeguare le emissioni acustiche ai limiti
normativi. La società aveva impugnato
l'ordinanza, sostenendo, tra l'altro, che
non vi era stata la preventiva comunicazione
del l'avvio del procedimento e delle
misurazioni programmate dal l'Arpa.
Il Tar
ha però respinto il ricorso basando le sue
motivazioni su due punti: e l'organo pubblico
incaricato dei controlli ha il «diritto alla
sorpresa» nello svolgimento delle attività
istituzionali, per evitare che il preavviso
consenta al controllato di «non farsi
cogliere sul fatto»; il controllato ha però
il diritto di verificare e contestare, anche
successivamente, la veridicità e l'idoneità
degli accertamenti compiuti.
La sentenza è giustificata. Il «diritto alla
sorpresa» della pubblica amministrazione
controllante è consentito dall'articolo 7
della legge 241/1990, che stabilisce che non
è necessario l'avvio del procedimento
allorché «sussistano ragioni di impedimento
derivanti da particolari esigenze di
celerità del procedimento».
Si potrebbe obiettare che il contraddittorio
deve essere osservato «nel momento» in cui
il controllo è effettuato, e non in momenti
successivi. Ma l'obiezione non sarebbe
persuasiva. Infatti, vi è qui una situazione
vincolata, perché se vi è l'avvio del
procedimento, il controllato può sfuggire al
controllo; se non vi è l'avvio del
procedimento, il controllo si svolge senza
contraddittorio.
I giudici hanno perciò esattamente stabilito
che il contraddittorio è necessario, ma esso
può avvenire anche in momenti successivi (articolo Il Sole 24 Ore
del 10.10.2011 - link a
www.ecostampa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Tar
Umbria: ammessi i controlli a sorpresa.
L'ordinanza del sindaco contro
l'inquinamento acustico non richiede la
preventiva comunicazione dell' avvio del
procedimento.
Così ha stabilito il TAR
Umbria,
sentenza 26.08.2011 n. 271,
che ha evidenziato un nuovo diritto della Pa
nello svolgimento delle sue attività
istituzionali.
Il caso riguardava una società di mangimi
per animali, la cui lavorazione produceva
forti rumori, che danneggiavano la salute
degli abitanti di un edificio residenziale
situato di fronte allo stabilimento. Il
sindaco aveva emanato un'ordinanza ai sensi
dell'articolo 50, comma 5 del Tuel e aveva
ordinato alla società di adeguare le
emissioni acustiche ai limiti normativi. La
società aveva impugnato l' ordinanza,
sostenendo, tra l'altro, che non vi era
stata la preventiva comunicazione dell'avvio
del procedimento e delle misurazioni
programmate dall'Arpa.
Il Tar ha però respinto il ricorso, con
queste motivazioni: 1) l'organo pubblico
incaricato dei controlli ha il «diritto alla
sorpresa» nello svolgimento delle attività
istituzionali, per evitare che il preavviso
consenta al controllato di «non farsi
cogliere sul fatto»; 2) il controllato ha
però il diritto di verificare e contestare,
anche successivamente, la veridicità e
l'idoneità degli accertamenti compiuti.
La sentenza è esatta. Il "diritto alla
sorpresa" della Pa controllante è consentito
dal l'articolo 7 della legge 241/1990, che
stabilisce che non è necessario l'avvio del
procedimento allorché «sussistano ragioni di
impedimento derivanti da particolari
esigenze di celerità del procedimento».
Si potrebbe obiettare che il contraddittorio
deve essere osservato "nel momento"
in cui il controllo è effettuato, e non in
momenti successivi. Ma l'obiezione non
sarebbe persuasiva. Infatti, vi è qui una
situazione vincolata, perché, se vi è
l'avvio del procedimento, il controllato può
sfuggire al controllo; se non vi è l'avvio
del procedimento, il controllo si svolge
senza contraddittorio.
I giudici hanno perciò esattamente stabilito
che il contraddittorio è necessario, ma può
avvenire anche in momenti successivi
(articolo Il Sole 24 Ore del 12.09.2011
- tratto da www.ecostampa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Al
fine di fronteggiare l’inquinamento
acustico, il sindaco è titolare:
a) di un potere generale di ordinanza da
esercitare, quale ufficiale del governo,
qualora sorga la necessità di provvedimenti
contingibili e urgenti, anche, tra l’altro,
in materia di «sanità ed igiene», «al fine
di prevenire ed eliminare gravi pericoli che
minacciano l’incolumità dei cittadini»
(articolo 54, comma, 2, d.lgs. 267/2000 n.
267);
b) di poteri di ordinanza con contenuti e
finalità specifiche. Si tratta del potere,
attribuito dal comma 3, del citato articolo
54, di modificare gli orari degli
esercizi commerciali, dei pubblici esercizi
e dei servizi pubblici, nonché, d’intesa con
i responsabili territorialmente competenti
delle amministrazioni interessate, gli orari
di apertura al pubblico degli uffici
pubblici localizzati nel territorio «in casi
di emergenza, connessi con il traffico e/o
con l’inquinamento atmosferico o acustico,
ovvero quando a causa di circostanze
straordinarie si verifichino particolari
necessità dell’utenza».
E soprattutto di quello previsto
dall’articolo 9 della legge quadro
sull’inquinamento acustico 447/1995, secondo
il quale il sindaco (così come il presidente
della provincia, il presidente della giunta
regionale, il prefetto, il ministro
dell’ambiente e il presidente del consiglio
dei ministri, nell’ambito delle rispettive
competenze), qualora sia richiesto da
<<eccezionali ed urgenti necessità di tutela
della salute pubblica o dell’ambiente>>,
può, con provvedimento motivato, «ordinare
il ricorso temporaneo a speciali forme di
contenimento o di abbattimento delle
emissioni sonore, inclusa l’inibitoria
parziale o totale di determinate attività».
- L’articolo 9 della legge 447/1995 non deve
essere interpretato in senso restrittivo
(meramente letterale). Infatti: da un lato,
la legge quadro ha ridefinito (articolo 2,
comma 1, lettera a) il concetto di
inquinamento acustico, qualificandolo come <l’introduzione
di rumore nell’ambiente abitativo o
nell’ambiente esterno tale da provocare
fastidio o disturbo al riposo ed alle
attività umane>, sancendo espressamente che
esso concreta (in ogni caso) <un pericolo
per la salute umana>,
cosicché deve ritenersi che un fenomeno di
inquinamento acustico rappresenti
ontologicamente una minaccia per la salute
pubblica; dall’altro, la legge stessa non
configura alcun potere di intervento
amministrativo “ordinario” che consenta di
ottenere il risultato dell’immediato
abbattimento delle emissioni sonore
inquinanti, e pertanto l’utilizzo del
particolare potere di ordinanza contingibile
ed urgente delineato dall’articolo 9 deve
ritenersi “normalmente” consentito
allorquando gli appositi accertamenti
tecnici effettuati dalle competenti Agenzie
Regionali di Protezione Ambientale rivelino
la presenza di un fenomeno di inquinamento
acustico, anche se non coinvolge
direttamente la salute dell’intera
collettività bensì di un numero limitato di
cittadini (e, al limite, di una sola
persona). Altrimenti, la fattispecie
dell’articolo 9 costituirebbe una
pleonastica riproduzione, nell’ambito della
normativa di settore, del generale potere di
ordinanza contingibile ed urgente
riconosciuto al sindaco quale ufficiale di
governo.
- Un fenomeno come quello delle
emissioni/immissioni acustiche provenienti
da un’attività produttiva è suscettibile di
essere significativamente influenzato dalle
modalità con cui detta attività si svolge, e
che quindi deve essere riconosciuto
all’organo pubblico incaricato dei controlli
il c.d. diritto alla sorpresa
nell’espletamento delle attività
istituzionali, per evitare che il preavviso
possa mettere il controllato nella
condizione di “non farsi cogliere sul
fatto”. L'esonero dell'Amministrazione
dall'obbligo di dare comunicazione
all'interessato dell'avvio del procedimento
che lo riguarda, è legato non alla astratta
qualificazione del provvedimento che si
intende adottare, ma alla concreta esistenza
di una situazione di comprovata necessità e
di urgenza qualificata, tale cioè da non
consentire la detta comunicazione senza che
ne risulti compromesso il soddisfacimento
dell'interesse pubblico cui il provvedimento
finale è rivolto.
Il Collegio (peraltro, ribadendo quanto
recentemente affermato da questo Tribunale
con la sentenza 22.10.2010, n. 492)
osserva che, al fine di fronteggiare
l’inquinamento acustico, il sindaco è
titolare:
a) di un potere generale di ordinanza da
esercitare, quale ufficiale del governo,
qualora sorga la necessità di provvedimenti
contingibili e urgenti, anche, tra l’altro,
in materia di «sanità ed igiene», «al fine
di prevenire ed eliminare gravi pericoli che
minacciano l’incolumità dei cittadini»
(articolo 54, comma, 2, d.lgs. 267/2000 n.
267; in precedenza, articolo 38, comma 2,
della legge 142/1990);
b) di poteri di ordinanza con contenuti e
finalità specifiche. Si tratta del potere,
attribuito dal comma 3, del citato articolo
54 (in precedenza, comma 2-bis, del citato
articolo 38), di modificare gli orari degli
esercizi commerciali, dei pubblici esercizi
e dei servizi pubblici, nonché, d’intesa con
i responsabili territorialmente competenti
delle amministrazioni interessate, gli orari
di apertura al pubblico degli uffici
pubblici localizzati nel territorio «in casi
di emergenza, connessi con il traffico e/o
con l’inquinamento atmosferico o acustico,
ovvero quando a causa di circostanze
straordinarie si verifichino particolari
necessità dell’utenza».
E soprattutto, per
quanto qui interessa, di quello previsto
dall’articolo 9 della legge quadro
sull’inquinamento acustico 447/1995, secondo
il quale il sindaco (così come il presidente
della provincia, il presidente della giunta
regionale, il prefetto, il ministro
dell’ambiente e il presidente del consiglio
dei ministri, nell’ambito delle rispettive
competenze), qualora sia richiesto da
<<eccezionali ed urgenti necessità di tutela
della salute pubblica o dell’ambiente>>,
può, con provvedimento motivato, «ordinare
il ricorso temporaneo a speciali forme di
contenimento o di abbattimento delle
emissioni sonore, inclusa l’inibitoria
parziale o totale di determinate attività».
Per le caratteristiche dei presupposti di
fatto e delle misure imposte, il
provvedimento impugnato sembra riconducibile
alla fattispecie dell’articolo 9 della legge
447/1995.
Ciò, in quanto (cfr. sent. cit.), l’articolo
9 della legge 447/1995 non deve essere
interpretato in senso restrittivo (meramente
letterale). Infatti (come rilevato da TAR
Puglia, Lecce, I, 24.01.2006, n. 488):
da un lato, la legge quadro ha ridefinito
(articolo 2, comma 1, lettera a) il concetto
di inquinamento acustico, qualificandolo
come <<l’introduzione di rumore
nell’ambiente abitativo o nell’ambiente
esterno tale da provocare fastidio o
disturbo al riposo ed alle attività umane>>,
sancendo espressamente che esso concreta (in
ogni caso) <<un pericolo per la salute
umana>>, cosicché deve ritenersi che un
fenomeno di inquinamento acustico
rappresenti ontologicamente una minaccia per
la salute pubblica; dall’altro, la legge
stessa non configura alcun potere di
intervento amministrativo “ordinario” che
consenta di ottenere il risultato
dell’immediato abbattimento delle emissioni
sonore inquinanti, e pertanto l’utilizzo del
particolare potere di ordinanza contingibile
ed urgente delineato dall’articolo 9 deve
ritenersi “normalmente” consentito
allorquando gli appositi accertamenti
tecnici effettuati dalle competenti Agenzie
Regionali di Protezione Ambientale rivelino
la presenza di un fenomeno di inquinamento
acustico, anche se non coinvolge
direttamente la salute dell’intera
collettività bensì di un numero limitato di
cittadini (e, al limite, di una sola
persona).
Altrimenti, la fattispecie
dell’articolo 9 costituirebbe una
pleonastica riproduzione, nell’ambito della
normativa di settore, del generale potere di
ordinanza contingibile ed urgente
riconosciuto al sindaco quale ufficiale di
governo (nello stesso senso, vedi anche TAR
Toscana, II, 16.06.2010, n. 1930; TAR
Lombardia, Brescia, 02.11.2009, n.
1814; Milano, IV, 02.04.2008, n. 715; TAR
Piemonte, I, 02.03.2009, n. 199; TAR
Lazio, II, 26.06.2002, n. 5904; da
ultimo, TAR Lombardia, Milano, IV, 31.01.2011, n. 288)).
L’altro profilo di censura dedotto con
il ricorso introduttivo, ed approfondito con
i motivi aggiunti, concerne l’applicabilità,
ai sensi di quanto stabilito dall’art. 4,
comma 2, del D.P.C.M. 14.11.1997, del
valore limite differenziale.
Come esposto, detta disposizione prevede che
i valori limite differenziali stabiliti dal
comma 1, non si applichino qualora il rumore
ambientale debba ritenersi <<trascurabile>>,
in quanto non superiore alle soglie da essa
stabilite (50/40 dB(A) a seconda se si
tratti del periodo diurno/notturno, se
misurato a finestre aperte; 35/25 dB(A), se
a finestre chiuse).
Ora, dalla misurazione dell’A.R.P.A.
risultano, nel periodo notturno, valori di
42,6 dB(A) a finestre aperte e di 29,0 dB(A)
a finestre chiuse, rispetto a valori limite
rispettivamente di 40 e 25 dB(A). Quindi,
superiori alla soglia al di sotto della
quale il rumore si intende <<trascurabile>>
e non si applicano i limiti differenziali.
Il livello di rumore differenziale
proveniente dall’attività industriale è poi
risultato essere di 8 dB(A) a finestre
aperte e di 11 dB(A) a finestre chiuse, vale
a dire sensibilmente superiore ai valori
limite (5 dB(A) per il periodo diurno e 3 dB(A)
per il periodo notturno) stabiliti dai
d.P.C.M.
Con riferimento ai risultati di dette
misurazioni, la ricorrente sostiene
anzitutto che avrebbe dovuto farsi
riferimento ai risultati delle misurazioni
effettuate dal CTU nell’ambito del giudizio
civile pendente, in quanto più affidabili e
probanti.
Il Collegio non comprende per quale motivo
un consulenze tecnico debba essere più
affidabile di un organo tecnico della
pubblica amministrazione, come l’A.R.P.A.,
istituzionalmente preposto ai controlli
ambientali, perciò dotato di adeguate
strumentazioni e professionalità, ed
indipendente, vale a dire non legato da
alcun rapporto organico o funzionale con
l’ente locale che gli ha richiesto
l’accertamento.
La ricorrente sostiene anche che,
data la modestia dello scostamento tra la
soglia di rilevanza (<<trascurabilità>>) del
rumore ed i valori accertati, l’accertamento
non avrebbe giustificato l’adozione del
provvedimento impugnato.
Il Collegio osserva che, come
all’amministrazione non spetta il potere di
distinguere, nell’ambito delle immissioni
acustiche che superano i limiti previsti
dalla normativa di riferimento, il grado di
intensità delle immissioni stesse al fine di
provvedere o meno all’adozione delle misure
necessarie al loro abbattimento entro la
soglia di tollerabilità (cfr. TAR Puglia,
Bari, I, 26.09.2003, n. 3591), così
non è consentito di non trarre le doverose
conseguenze dall’accertato superamento di
una soglia (quella individuata dall’articolo
4, comma 2, del d.P.C.M. 14.11.1997)
strumentale alla verifica del rispetto delle
soglie di tollerabilità.
In generale, sembra evidente che un sistema
basato su limiti oggettivi di inquinamento,
non tolleri –a meno che una disposizione
normativa non lo preveda espressamente,
integrando la misurazione del valore limite
con altre valutazioni, o consentendo la
deroga in presenza di altri elementi- una
valutazione di accettabilità/tollerabilità
del superamento di detti limiti.
La ricorrente lamenta poi che, in
violazione del principio generale espresso
dagli articoli 7 ss. della legge 241/1990,
non siano state assicurate nel procedimento
le garanzie procedimentali, a partire dalla
previa comunicazione delle misurazioni
programmate dall’A.R.P.A., onde consentirle
di presentare osservazioni ed effettuare le
opportune verifiche sulle attività di
misurazione.
Il Collegio sottolinea al riguardo che un
fenomeno come quello delle
emissioni/immissioni acustiche provenienti
da un’attività produttiva è suscettibile di
essere significativamente influenzato dalle
modalità con cui detta attività si svolge, e
che quindi deve essere riconosciuto
all’organo pubblico incaricato dei controlli
il c.d. diritto alla sorpresa
nell’espletamento delle attività
istituzionali, per evitare che il preavviso
possa mettere il controllato nella
condizione di “non farsi cogliere sul fatto”
(cfr. Cons. Stato, V, 05.03.2003, n.
1224).
L'esonero dell'Amministrazione dall'obbligo
di dare comunicazione all'interessato
dell'avvio del procedimento che lo riguarda,
è legato non alla astratta qualificazione
del provvedimento che si intende adottare,
ma alla concreta esistenza di una situazione
di comprovata necessità e di urgenza
qualificata, tale cioè da non consentire la
detta comunicazione senza che ne risulti
compromesso il soddisfacimento
dell'interesse pubblico cui il provvedimento
finale è rivolto (TAR Toscana, II, 16.06.2010, n. 1930).
In questa prospettiva, va
sottolineato che le misurazioni contestate
col ricorso in esame non rappresentano un
fatto nuovo nei rapporti tra Comune e
società ricorrente, bensì rappresentano
l’ennesimo episodio di una lunga vicenda –
connotata dall’adozione di reiterati
provvedimenti volti a ricondurre le
immissioni acustiche nei limiti di legge, e
dall’effettuazione di interventi da parte
della ricorrente, in un arco di tempo di
alcuni anni. Al riguardo, è sufficiente
rinviare a quanto precisato al punto 1
(sottolineando, in particolare, l’esito
finale dell’attuazione del piano di
risanamento presentato alla fine del 2007).
La mancanza di una previa comunicazione di
avvio del procedimento, e di un
contraddittorio nel momento
dell’effettuazione delle misurazioni
effettuate dall’A.R.P.A. appare quindi
giustificata.
Deve dunque ritenersi che controlli,
accertamenti, ispezioni possano essere
svolti senza la partecipazione del diretto
interessato, a condizione che costui sia
successivamente in grado di verificare e, se
del caso, contestare la veridicità o
esattezza degli accertamenti compiuti e la
stessa idoneità degli strumenti tecnici
utilizzati (TAR Umbria,
sentenza 26.08.2011 n. 271 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
luglio 2011 |
|
AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 28 del
13.07.2011 "Pubblicazione ai sensi
dell’articolo 5 del Regolamento Regionale
21.01.2000, n. 1, dell’elenco dei “Tecnici
competenti” in acustica ambientale
riconosciuti dalla Regione Lombardia alla
data del 04.07.2011, in attuazione dell’art.
2, commi 6 e 7 della legge 26.10.1995, n.
447, della deliberazione 17.05.2006, n.
8/2561 e del decreto 30.05.2006, n. 5985"
(comunicato
regionale 06.07.2011 n. 74). |
giugno 2011 |
|
AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 26 del
29.06.2011, "Pubblicazione ai sensi
dell’articolo 5 del regolamento regionale
21.01.2000, n. 1, dell’elenco dei «Tecnici
competenti» in acustica ambientale
riconosciuti dalla Regione Lombardia alla
data del 13.06.2011, in attuazione dell’art.
2, commi 6 e 7 della legge 26.10.1995, n.
447, della deliberazione 17.05.2006, n.
8/2561 e del decreto 30.05.2006, n. 5985"
(comunicato
regionale 21.06.2011 n. 65). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
RUMORE - INQUINAMENTO ACUSTICO -
Emissioni sonore - Emergenze sanitarie e di
igiene pubblica - Responsabilità del sindaco
- Ordinanze contingibili ed urgenti - Art.
50/2 D.Lg.vo n. 267/2000.
Al Sindaco, nella sua posizione di garante
dotato di poteri-doveri giuridici in materia
di igiene e sanità pubbliche, compete
l’obbligo di porre rimedi al fenomeno di
inquinamento acustico o nel contrastarlo
(Corte di cassazione, Sez. VI penale,
sentenza 15.06.2011 n. 24022 -
link a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rumore. Inquinamento acustico e
responsabilità del sindaco.
Vicenda concernente l'addebito all’imputato
nella sua qualità di Sindaco di avere
rifiutato sistematicamente il compimento di
atti di ufficio, riguardanti il fenomeno
dell’inquinamento acustico, e che, per
ragioni di igiene e sanità, andavano posti
in essere senza ritardo a tutela della
salute pubblica, nonché di avere nella
predetta qualità omesso di rispondere a
richieste di accesso agli atti
amministrativi, riguardanti gli orari di
apertura e chiusura degli esercizi pubblici
e le modalità di emissioni sonore nel
periodo estivo, nonché agli atti della
polizia municipale, relativi ai controlli
effettuati nel predetto ambito, lasciando
decorrere infruttuosamente il termine di
legge (Corte di Cassazione, Sez. VI penale,
sentenza 15.06.2011 n. 24022 -
link a www.lexambiente.it). |
maggio 2011 |
|
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Oggetto: Variazione capitolo entrata
versamento somme da sanzioni - legge quadro
inquinamento acustico
(ANCI,
nota 31.05.2011 n. 129 di prot.). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Zonizzazione - Scelte pianificatorie -
Discrezionalità amministrativa - Limiti -
Artt. 97 e 113 Cost..
Se è vero che le scelte di pianificazione, e
tra queste, la zonizzazione acustica,
rientrano nella discrezionalità
amministrativa della Pubblica
Amministrazione, esse sono sempre
assoggettate, come principio generale del “sistema”
delle garanzie comunemente discendenti dagli
artt. 97 e 113 Cost., al sindacato
giurisdizionale nei limiti della loro
(ritenuta) irrazionalità, contraddittorietà
e manifesta incongruenza (cfr. sul punto,
ex plurimis, le decisioni Cons. Stato,
n. 664 dd. 06.02.2002 n. 4920 dd.
27.07.2010).
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Classi di zonizzazione - DPCM 14.11.1997 -
Comuni - Pianificazione conforme - Regione
Piemonte - L.r. n. 52/2000.
La definizione delle classi di zonizzazione
acustica è disciplinata nella Tabella A
allegata al D.P.C.M. 14.11.1997, alla quale
sono tenuti a conformarsi i Comuni nella
conseguente pianificazione di loro
competenza; in Piemonte, ai sensi dell’art.
6, comma 1, lett. e) della L.R. 52 del 2000,
la zonizzazione è attuata secondo le linee
guida regionali approvate con deliberazione
della Giunta Regionale 06.08.2001 n.
85-3802.
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Zonizzazione - Parametri di riferimento -
Destinazione d’uso futura - Livelli di
rumore sussistenti di fatto - Illegittimità.
E’ illegittima la zonizzazione acustica del
territorio che viene compiuta non già
tenendo conto dell’attuale destinazione
d’uso delle varie porzioni di territorio, ma
di quella che si prevede o si auspica esse
possano avere nel prossimo futuro, e non già
tenendo conto dei livelli di rumore
tollerabili in relazione alle destinazioni
esistenti, ma di quelli superiori
eventualmente sussistenti di fatto (cfr. in
tal senso la decisione Cons. Stato n. 9302
dd. 31.12.2009) (Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 16.05.2011 n. 2957 -
link a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
G. Amendola,
ART. 674 C.P., EMISSIONI MOLESTE E
INQUINAMENTI. E’ L’ORA DELLE SEZIONI UNITE?
(23.05.2011 - link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - URBANISTICA:
Il sindacato giurisdizionale del
piano di classificazione acustica è ammesso
limitatamente ai casi di gravi illogicità,
irrazionalità o travisamenti sintomatici del
vizio di eccesso di potere.
Mutuando le conclusioni della giurisprudenza
consolidata in tema di pianificazione
urbanistica, le scelte pianificatorie
effettuate dalla P.A. possono formare
oggetto di sindacato di legittimità da parte
del giudice amministrativo laddove risultino
inficiate da arbitrarietà, irrazionalità od
irragionevolezza, o dal travisamento dei
fatti in relazione alle esigenze che si
intendono concretamente soddisfare (cfr.,
ex multis, C.d.S., Sez. IV, 26.04.2006,
n. 2291; id., 18.06.2009, n. 4024).
Con specifico riferimento alla zonizzazione
acustica, poi, si è chiarito che le scelte
effettuate dal Comune in materia di
classificazione acustica non afferiscono al
merito dell’attività pianificatoria/programmatoria
dell’Ente, insindacabile in sede di giudizio
di legittimità, ma sono espressione di
discrezionalità tecnica, ancorata
all’accertamento di specifici presupposti di
fatto, il primo dei quali è il preuso del
territorio: ciò, poiché non è possibile
sacrificare oltremodo le aspettative
consolidate di coloro che si sono
legittimamente insediati in zone qualificate
industriali e, quindi, funzionalmente
deputate all’espletamento di attività
produttive, che non debbono subire
limitazioni, a causa della classificazione
acustica, non adeguatamente giustificate,
diversamente da ciò che potrebbe avvenire,
ad es., per le attività industriali
localizzate in zona impropria (cfr. TAR
Veneto, Sez. III, 24.01.2007, n. 187).
Donde la sindacabilità di tali scelte, nei
limiti, appunto, in cui è ammesso il
sindacato degli atti che costituiscono
espressione di discrezionalità tecnica (per
illogicità manifesta, travisamento dei
fatti, palese disparità di trattamento: TAR
Lazio, Roma, Sez. I, 30.09.2010, n. 32618).
Del resto, sempre con riguardo al piano di
classificazione acustica, la più recente
giurisprudenza del Consiglio di Stato ne ha
ammesso il sindacato giurisdizionale,
ancorché negli stessi limiti degli altri
atti di pianificazione del territorio, al
fine di non invadere il merito delle scelte
discrezionali adottate dalla P.A. e, dunque,
limitatamente ai casi di gravi illogicità,
irrazionalità o travisamenti sintomatici del
vizio di eccesso di potere (C.d.S., Sez. IV,
31.12.2009, n. 9301) (TAR Toscana,
Sez. II,
sentenza 04.05.2011 n. 776 - (link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
aprile 2011 |
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AMBIENTE-ECOLOGIA:
A. Gagliardi,
Immissioni acustiche: il doppio binario
nella valutazione della tollerabilità delle
immissioni ed il nuovo criterio della Legge
13/2009 - Nota a Corte di Cassazione, Sez.
II civile, sentenza 17.01.2011 n. 939 e Sez.
VI civile, sentenza 01.02.2011 n. 2319
(26.04.2011 - link a www.filodiritto.com). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Una
deregulation sul rumore. Autorizzazioni
alleggerite per le piccole e medie imprese.
Deregulation sul rumore. Grazie a un
alleggerimento delle procedure autorizzative
in particolare per le piccole imprese, per
le quali saranno anche ridotti gli impegni
economici necessari per contenere
l'inquinamento acustico. Un esempio: nel
settore dell'edilizia dovrà esserci,
attraverso una delega al governo, la
semplificazione delle autorizzazioni in
materia di requisiti acustici passivi degli
edifici.
Sono queste alcune delle novità contenute
nel disegno di legge 4059-A, la legge
Comunitaria 2010, che la 14 Commissione
permanente (Politiche dell'Unione europea)
della camera ha appena approvato e che,
quindi, è pronto per il passaggio in aula.
Il ddl (si veda ItaliaOggi del 22 e 23
aprile), oltre ad aggiornare la disciplina
in materia di inquinamento acustico,
stabilisce nuovi requisiti per
l'installazione degli impianti di
distribuzione di benzina, riordina la
disciplina in materia di emissioni
industriali e sostituisce le norme in
materia di etichettatura con particolare
riferimento agli aromi.
Diverse le modifiche proposte rispetto il
testo a suo tempo approvato dal senato in
prima lettura il 2 febbraio scorso. In
alcuni casi, peraltro, il testo contiene
interi nuovi articoli relativi a materie che
non erano state nemmeno prese in
considerazione dal senato. Uno di questi è
l'articolo 32 del disegno di legge che dà
delega al governo di armonizzare il diritto
interno in materia di inquinamento acustico,
ovvero il Testo unico 447/1995. In
particolare, ...
(articolo
ItaliaOggi del 26.04.2011 - link a www.corteconti.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Zonizzazione - Interessi tutelati - Attività
economiche precedentemente insediate sul
territorio - Rilevanza.
Il fine perspicuo della zonizzazione
acustica del territorio consiste nella
tutela della salute dei cittadini, in quanto
gli interessi protetti dalla normativa in
esame sono desumibili dall’articolo 2, comma
1, lettera a), della legge 26.10.1995, n.
447, che appresta la tutela del riposo e
della salute, la conservazione degli
ecosistemi, dei beni materiali, dei
monumenti, dell’ambiente abitativo e
dell’ambiente esterno; gli interessi
menzionati nella normativa di riferimento
non possono tuttavia non tener conto delle
attività economiche precedentemente
insediate sul territorio, le cui esigenze
trovano tutela in virtù della loro risalente
ubicazione e non sono dunque cedevoli
rispetto agli insediamenti che si radichino
sul territorio in una fase temporale
successiva.
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Classificazione acustica - Pianificazione
urbanistica - Rapporti.
La classificazione acustica del territorio
non deve meccanicamente sovrapporsi alla
pianificazione urbanistica; in tal senso
dispone l’art. 6 della legge 26.10.1995, n.
447, che prevede il solo “coordinamento”
con gli strumenti urbanistici (cfr., in
merito, TAR Lombardia, Milano, sez. IV,
27.12.2007, n. 6819).
Il piano regolatore con le destinazioni
d’uso esistenti e quelle previste deve
costituire un termine di riferimento per la
classificazione del territorio (cfr.
l’articolo 4, comma 1, lettera a), della
legge n. 447 del 1995, il D.P.C.M. 1.3.1991
e il D.P.C.M. 14.11.1997), con la necessaria
precisazione che la stessa deve essere
comunque ancorata all’assetto urbanistico,
cioè all’esistente situazione in fatto che
può divergere da quella di diritto.
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Classificazione acustica - Discrezionalità
tecnica - Presupposti di fatto - Preuso del
territorio.
Le scelte inerenti alla classificazione
acustica non afferiscono al merito
dell'attività pianificatoria/programmatoria
del Comune, ma sono espressione di
discrezionalità tecnica, ancorata
all'accertamento di specifici presupposti di
fatto, il primo dei quali è il preuso del
territorio, proprio per non sacrificare
oltremodo le consolidate aspettative di
coloro che si sono legittimamente insediati
in zone qualificate industriali e, quindi,
funzionalmente deputate all'espletamento di
attività produttive, che non debbono subire
limitazioni, a causa della classificazione
acustica, non adeguatamente giustificate
(cfr. TAR Veneto, sez. III, 24.01.2007, n.
187) (TAR Veneto, Sez. I,
sentenza 18.04.2011 n. 649 - link
a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
C. Silvestri,
Mestiere rumoroso: illecito penale o
amministrativo? Nota a Corte di Cassazione,
Sez. I penale, sentenza 09.06.2009 n. 23866
(16.04.2011 - link a www.filodiritto.com). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Immissioni ex art. 844 c.c. - Conflitto tra
esigenze della produzione e diritto alla
salute - Criterio del c.d. "preuso" - Natura
- Limiti di applicabilità.
Il criterio del c.d. "preuso", come
evidenziato dalla collocazione della
disposizione nell'ultima parte dell'articolo
844 c.c., ha natura meramente sussidiaria e
costituisce soltanto una extrema ratio
cui il giudicante può, con prudente
apprezzamento di fatto, ricorrere nel
contemperare le opposte esigenze inerenti
l'esercizio delle facoltà di godimento di un
immobile adibito ad uso abitativo e quelle
produttive di un immobile destinato ad uso
industriale, tenendo comunque presente,
nell'ambito di una doverosa interpretazione
costituzionalmente orientata della norma
civilistica, che quando le esigenze della
produzione entrino in diretto conflitto con
quelle del diritto alla salute, connesse
alla fruibilità dell'immobile soggetto alle
immissioni, é a quest'ultimo che va
attribuita preminenza, costituendo il
rispetto di tale primario diritto un limite
intrinseco all'esercizio di quello di
iniziativa economica e libero esercizio
dell'attività imprenditoriale (Cass. nn.
5564/2010, 8420/2006, 9865/2005, 161/1996).
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Immissioni - Limiti di tollerabilità
stabiliti dalla normativa speciale in
materia di inquinamento acustico -
Irrilevanza ai fini della valutazione ex
art. 844 c.c..
I limiti di tollerabilità ambientale
previsti dalla normativa speciale in materia
di inquinamento acustico, perseguendo
interessi pubblici e di tutela ambientale
dirette a contenere la diffusività verso una
cerchia indeterminata di persone e non,
specificamente, verso il fondo del vicino,
fissano soltanto dei limiti minimi di
accettabilità dei rumori, la cui osservanza
tuttavia, sul piano civilistico, agli
effetti dell'articolo 844 c.c., non può
essere dirimente, dovendo tenersi conto a
tal fine della più diretta e continua
esposizione dei soggetti passivi, in ragione
della vicinanza tra il fondo di provenienza
e quello di ricezione, con conseguente
necessità di una accurata indagine diretta
ad accertarne, secondo la particolarità
della situazione concreta, la normale
tollerabilità (Cass. nn. 6223/2002,
1151/2003, 2166/2006).
Con la conseguenza che la valutazione della
normale tollerabilità non può che essere
riferita al luogo in cui le "propagazioni"
vengano percepite da coloro che fruiscono
del bene, in conformità alla destinazione
propria dello stesso, e non anche alla
relativa fonte di provenienza (Corte di
Cassazione, Sez. II civile,
sentenza 12.04.2011 n. 8367 -
link a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: INQUINAMENTO
ACUSTICO - Classificazione acustica -
Mancanza - Limiti differenziali -
Operatività - Esclusione - Art. 8, c. 1,
D.P.C.M. 14/11/1997.
Nelle more della classificazione del
territorio comunale ai sensi dell'art. 6,
comma 1, lett. a), della L. n. 447 del 1995,
sono operativi i limiti c.d. "assoluti"
di rumorosità, ma non anche quelli c.d. "differenziali"
(v. TAR Puglia Bari, sez. I, 14.05.2010, n.
1896; TAR Emilia Romagna Parma, sez. I,
01.07.2008, n. 385, TAR Puglia -LE- sez. I,
13/06/2007 n. 2334; TAR Lombardia -MI- sez.
I, 01/03/2004 n. 813; TAR Veneto, sez. III,
31/03/2004 n. 847).
Alla base di tale indirizzo vi è l'univoca
formulazione dell'art. 8, comma 1, del
D.P.C.M. 14/11/1997, secondo cui in attesa
che i comuni provvedano agli adempimenti
previsti dall'art. 6, c. 1, lett. a) della
L. n. 447/1995, si applicano i limiti di cui
all'art. 6, c. 1, del D.P.C.M. 01.03.1991.
Da tale norma si evince che, ove si fosse
voluto far sopravvivere integralmente il
regime transitorio di cui all'art. 6 del
decreto (primo comma relativo ai c.d. limiti
"assoluti" e secondo comma relativo
ai c.d. limiti "differenziali"),
sarebbe stato evidentemente necessario
operare il rinvio ad ambedue le fattispecie
e quindi non al solo primo comma (TAR Friuli
Venezia Giulia, Sez. I,
sentenza 08.04.2011 n. 183 - link
a www.ambientediritto.it). |
febbraio 2011 |
|
AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: B.U.R.
Lombardia, supplemento n. 8 del 25.02.2011,
"Interventi normativi per l’attuazione
della programmazione regionale e di modifica
e integrazione di disposizioni legislative –
Collegato ordinamentale 2011"
(L.R.
21.02.2011 n. 3).
---------------
La presente legge
modifica/integra numerose
normative regionali in materia, tra l'altro,
di:
- B.U.R.L. (cfr. art. 3);
- cementi armati (cfr. art. 9);
- opere pubbliche di interesse regionale
(cfr. art. 10);
- legge regionale n. 12/2005 (cfr. art. 12);
- rifiuti (cfr. art. 15);
- inquinamento acustico (cfr. art. 16);
- emissioni in atmosfera (cfr. art. 17).
---------------
Collegato ordinamentale 2011 Regione
Lombardia: nuove modifiche alla legge
12/2005.
Nella seduta del 15.02.2001 il Consiglio
Regionale della Lombardia ha approvato il
cd. "Collegato ordinamentale 2011". Come si
legge nel comunicato stampa regionale,
Tra le novità previste, una nuova proroga ai
Comuni fino al 31.12.2012 per dotarsi
definitivamente del piano di governo del
territorio (PGT) e il via libera alle
deroghe eccezionali ai limiti
sull’inquinamento acustico oggi previste nel
caso essi dovessero mettere a repentaglio lo
svolgimento di eventi di rilievo
internazionali, come ad esempio i grandi
concerti.
Il “Collegato” equipara inoltre i
Centri culturali a carattere religioso agli
edifici di culto, prevedendo per la loro
realizzazione uno specifico percorso di
programmazione nei piani regolatori. Via
libera anche alla norma che dà la
possibilità ai Comuni di negare
l’autorizzazione ad aprire attività
commerciali nei centri storici se in
contrasto con il “decoro pubblico” e
le “tradizioni locali”.
Il “Collegato” recepisce inoltre la
direttiva europea Bolkestein sul commercio e
introduce norme di semplificazione
burocratica nell’edilizia e per lo
svolgimento di alcune attività, come ad
esempio la certificazione energetica, un
settore in espansione e al quale potranno
accedere adesso ai corsi formativi anche i
cittadini non iscritti a un albo.
Ancora una volta, dunque, l'ennesima
applicazione di quel vizio di tecnica
legislativa secondo cui con unica
disposizione si apportano importanti
modifiche a legislazioni del tutto diverse
tra loro, senza nessuna attenzione ai
complessi processi di implementazione della
normativa vigente, verso cui la stessa
Regione dichiara di voler prestare la
massima attenzione (v. Analisi
dell'attuazione delle leggi e valutazione
degli effetti delle politiche regionali sul
sito del Consiglio regionale).
Il collegato ordinamentale meriterebbe
un'analisi a sé. In ogni caso, le modifiche
relative alla legge n. 12 del 2005 sono
contenute nell'articolo 12, tra le quali
vanno segnalate:
- le modifiche dell'articolo 4 (Valutazione
ambientale dei piani), anche attraverso l'introdzione
del comma 3-bis, finalizzato a superare le
note perplessità relative alle procedure di
VAS e alla nomina dei relativi responsabili;
- la modifica dell'articolo 25 (Norma
transitoria), dove la data del 31.03.2010
per l'approvazione dei PGT é differita al
31.12.2012;
- la modifica dell'articolo 26 (Adeguamento
dei piani), cui dopo il comma 3-ter
dell’articolo 26 é aggiunto il comma
3-quater, secondo cui "I comuni che alla
data del 30.09.2011 non hanno adottato il
PGT non possono dar corso all’approvazione
di piani attuativi del vigente PRG comunque
denominati, fatta salva l’approvazione dei
piani già adottati alla medesima data”;
- l'introduzione dell'articolo 32-bis
(Adempimenti del comune), a norma del quale
"Nell’ambito delle procedure di cui ai
capi II e III, il comune, dietro
corresponsione dei diritti amministrativi e
delle spese dovuti, è tenuto a corredare
d’ufficio le domande di permesso di
costruire o le denunce di inizio attività di
tutti i certificati il cui rilascio è di sua
competenza”;
- la sostituzione del secondo comma
dell'articolo 41 (Interventi realizzabili
mediante denuncia di inizio attività), il
cui nuovo testo recita “2. Nel caso di
interventi assentiti in forza di permesso di
costruire o di denuncia di inizio attività,
è data facoltà all’interessato di presentare
comunicazione di eseguita attività
sottoscritta da tecnico abilitato, per
varianti che non incidano sugli indici
urbanistici e sulle volumetrie, che non
modifichino la destinazione d’uso e la
categoria edilizia, non alterino la sagoma
dell’edificio e non violino le eventuali
prescrizioni contenute nel permesso di
costruire. Ai fini dell’attività di
vigilanza urbanistica ed edilizia, nonché ai
fini del rilascio del certificato di
agibilità, tali comunicazioni costituiscono
parte integrante del procedimento relativo
al titolo abilitativo dell’intervento
principale e possono essere presentate al
comune sino alla dichiarazione di
ultimazione dei lavori.”;
- l'integrazione dell'articolo 71, in
materia di edifici di culto, cui dopo la
lettera c) del comma 1 è aggiunta la
disposizione c bis): "gli immobili
destinati a sedi di associazioni, società o
comunità di persone in qualsiasi forma
costituite, le cui finalità statutarie o
aggregative siano da ricondurre alla
religione, all’esercizio del culto o alla
professione religiosa quali sale di
preghiera, scuole di religione o centri
culturali”;
- la riscrittura del comma 1 dell’articolo
86, in materia di interventi sostitutivi in
caso di inerzia o di ritardi nel rilascio
dell'autorizzazione paesaggistica, il cui
nuovo testo dispone: "1. Qualora
l’autorizzazione paesaggistica non venga
rilasciata o negata dagli enti competenti
nei termini di legge, l’interessato può
richiederla in via sostitutiva, ai sensi
dell’articolo 146, comma 10, del d.lgs.
42/2004. Nel caso di richiesta alla Regione,
il Presidente della Giunta regionale o
l’assessore competente, se delegato,
provvede entro sessanta giorni dal
ricevimento della stessa, anche mediante un
commissario ad acta, scelto tra i soggetti
iscritti all’albo di cui all’articolo 31.”
(link a http://studiospallino.blogspot.com). |
gennaio 2011 |
|
AMBIENTE-ECOLOGIA:
1. Inquinamento acustico
- Potere di ordinanza ex art. 9 L. n. 447/1995
- Maggiore ampiezza rispetto alla previsione
generale di cui all'art. 54 d.lgs. n.
267/2000 - Accertamenti tecnici effettuati
dall'ARPA - Minaccia per la salute pubblica.
2. Inquinamento acustico - Ordinanza ex art.
9 L. n. 447/1995 - Competenza del Sindaco.
1. L'art. 9 L. n. 447/1995 attribuisce al
Sindaco poteri di intervento richiesto da
urgente necessità di tutela della salute
pubblica in senso più ampio che non laddove
si dovesse ricorrere ai normali poteri di
cui all'art. 54 D.lgs. 267/2000.
L'uso del
potere di ordinanza contingibile ed urgente,
delineato dall'art. 9 cit., deve pertanto
ritenersi sempre ammesso laddove gli
accertamenti tecnici all'uopo effettuati
dalle competenti Agenzie Regionali di
Protezione Ambientale rivelino la presenza
di un fenomeno di inquinamento acustico,
tenuto conto sia che quest'ultimo -ontologicamente (per esplicita previsione
dell'art. 2 della stessa Legge n. 447/1995)- rappresenta una minaccia per la salute
pubblica, sia che la Legge quadro
sull'inquinamento acustico non configura
alcun potere di intervento amministrativo
"ordinario" che consenta di ottenere il
risultato dell'immediato abbattimento delle
emissioni sonore inquinanti.
2.
Le ordinanze ex art. 9 L. n. 447/1995, in
materia di inquinamento acustico, sono
attribuite alla competenza del Sindaco (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
IV,
sentenza
31.01.2011 n.
288 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO - Potere di
ordinanza ex art. 9 L. n. 447/1995 -
Maggiore ampiezza rispetto alla previsione
generale di cui all’art. 54 d.lgs. n.
267/2000 - Accertamenti tecnici effettuati
dall’ARPA - Minaccia per la salute pubblica.
L’art. 9 L. 447/1995 attribuisce al Sindaco
poteri di intervento richiesto da urgente
necessità di tutela della salute pubblica in
senso più ampio che non laddove si dovesse
ricorrere ai normali poteri di cui all’art.
54 D.lgs. 267/2000.
L’uso del potere di ordinanza contingibile
ed urgente, delineato dall’art. 9 cit., deve
pertanto ritenersi sempre ammesso laddove
gli accertamenti tecnici all’uopo effettuati
dalle competenti Agenzie Regionali di
Protezione Ambientale rivelino la presenza
di un fenomeno di inquinamento acustico,
tenuto conto sia che quest’ultimo
-ontologicamente (per esplicita previsione
dell’art. 2 della stessa Legge n. 447/1995)-
rappresenta una minaccia per la salute
pubblica, sia che la Legge quadro
sull’inquinamento acustico non configura
alcun potere di intervento amministrativo “ordinario”
che consenta di ottenere il risultato
dell’immediato abbattimento delle emissioni
sonore inquinanti (vedasi TAR Puglia Lecce
488/2006, TAR Umbria 492/2010, TAR Toscana
1930/2010).
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Ordinanza ex art. 9 L. n. 447/1995 -
Competenza del Sindaco.
Le ordinanze ex art. 9 L. 447/1995, in
materia di inquinamento acustico, sono
attribuite alla competenza del Sindaco (TAR
Lombardia-Milano, Sez. IV,
sentenza 31.01.2011 n. 288 - link
a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO - Potere di
ordinanza ex art. 9 L. n. 447/1995 -
Presupposti - Eccezionali e urgenti
necessità di tutela della salute pubblica o
dell’ambiente.
Il potere di ordinanza assentito dall’art. 9
della legge 26.10.1995, n. 447, integrando
particolari forme di contenimento e
riduzione delle emissioni sonore, inclusa
l’inibitoria totale o parziale delle
attività, deve essere motivato da
eccezionali ed urgenti necessità di tutela
della salute pubblica o dell’ambiente (in
termini TAR Puglia - Bari, I, 29.09.2009 n.
2142.
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Classificazione acustica - Mancata
approvazione - Operatività dei soli limiti
assoluti.
Nelle more della classificazione del
territorio comunale ai sensi dell'art. 6,
comma 1, lett. a) della L. n. 447 del 1995,
sono da ritenersi operativi i soli limiti
c.d. "assoluti" di rumorosità, ma non
anche quelli c.d. "differenziali"
(TAR Emilia Romagna-Bologna, II, 15.11.2010
n. 8045; TAR Emilia Romagna, sez. staccata
di Parma, 18.09.2008, n. 385, 04.05.2005 n.
244 e 21.05.2008 n. 259; TAR Puglia-Lecce,
I, 13.06.2007, n. 2334; TAR Friuli Venezia
Giulia 24.04.2009, n. 275; TAR
Lombardia-Milano, I, 01.03.2004, n. 813; TAR
Veneto, III, 31.03.2004, n. 847) (TAR
Piemonte, Sez. II,
sentenza 22.01.2011 n. 58 - link
a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
La tollerabilità delle immissioni
va sempre valutata in relazione al caso
concreto.
In materia di immissioni, mentre è
senz’altro illecito il superamento dei
limiti di accettabilità stabiliti dalla
leggi e dai regolamenti che, disciplinando
le attività produttive, fissano
nell’interesse della collettività le
modalità di rilevamento dei rumori e i
limiti massimi di tollerabilità, l’eventuale
rispetto degli stessi non può far
considerare senz’altro lecite le immissioni,
dovendo il giudizio sulla loro tollerabilità
formularsi a stregua dei principi di cui
all’art. 844 c.c.
Tale principio, nella sua prima parte, si
basa sull’evidente considerazione che, se le
emissioni acustiche superano, per la loro
particolare intensità e capacità diffusiva,
la soglia di accettabilità prevista dalla
normativa speciale a tutela di interessi
della collettività, così pregiudicando la
quiete pubblica, a maggior ragione le
stesse, ove si risolvano in immissioni
nell’ambito della proprietà del vicino,
ancor più esposto degli altri, in ragione
della vicinanza, ai loro effetti dannosi,
devono per ciò solo considerarsi
intollerabili ai sensi dell’art. 844 c.c. e
pertanto illecite anche sotto il profilo
civilistico.
Nel conflitto tra le esigenze della
produzione, pur contemplate dall’art. 844
c.c., ed il diritto alla salute,
un’interpretazione costituzionalmente
orientata della norma civilistica deve
attribuire necessaria prevalenza al secondo,
dovendo il limite della relativa tutela
ritenersi intrinseco all’attività
produttiva.
Per quanto attiene poi alla tollerabilità
delle immissioni va evidenziato il carattere
non assoluto del limite civilistico di
tollerabilità delle immissioni al fine di
stabilire se, in concreto, avuto riguardo
alla particolare situazione dei luoghi
{nella specie caratterizzata dalla
destinazione a studio ed abitazione dei
piani superiori dell’immobile dell’attore)
le stesse siano compatibili con lo
svolgimento delle ordinarie e quotidiane
attività di vita professionale e domestica
dell’attore e della sua famiglia (Corte di
Cassazione, Sez. II civile,
sentenza 17.01.2011 n. 993 - link
a www.litis.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rumore. Immissioni e codice
civile.
In particolare va ribadito il principio a
termini del quale in materia di immissioni,
mentre è senz‘altro illecito il superamento
dei limiti di accettabilità stabiliti dalla
leggi e dai regolamenti che, disciplinando
le attività produttive, fìssano
nell‘interesse della collettività le
modalità di rilevamento dei rumori e i
limiti massimi di tollerabililà, l‘eventuale
rispetto degli stessi non può far
considerare senz‘altro lecite le immissioni
dovendo il giudizio sulla loro tollerabilità
formularsi alla stregua dei principi di cui
all’art. 844 c.c. (Corte di Cassazione, Sez.
II civile,
sentenza 17.01.2011 n. 939 - link
a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Immissioni rumorose intollerabili
anche se non superano i limiti di legge.
Nei rapporti di
vicinato, le immissioni rumorose possono
considerarsi illecite anche quando non è
superato il limite di accettabilità
stabilito dalla normativa speciale in
materia di inquinamento acustico e
ambientale.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con
la sentenza in commento, pronunciandosi in
tema di immissioni sonore provenienti da un
ventilatore istallato nel muro comune di due
appartamenti adiacenti.
Secondo i giudici di Palazzo Cavour, le
immissioni sonore devono considerarsi
senz’altro illecite se superano i limiti
stabiliti dalle leggi e dai regolamenti che
fissano, nell’interesse della collettività,
le modalità di rilevamento dei rumori e i
limiti massimi di tollerabilità. Tuttavia,
l’eventuale rispetto degli stessi limiti non
è di per sé sufficiente a far considerare
tollerabili le immissioni, dovendo tale
giudizio sulla tollerabilità formularsi alla
stregua dei principi previsti dall’art. 844
del Codice civile.
La Suprema Corte ribadisce così un principio
già più volte affermato in giurisprudenza
(Cass. civ. nn. 1151/2003; 1418/2006;
5564/2010): il rispetto della legislazione
speciale in materia di inquinamento acustico
non pregiudica la questione della
tollerabilità delle immissioni nei rapporti
tra privati.
La legislazione speciale, infatti, opera nel
capo degli interessi pubblici ed è destinata
a regolare i rapporti tra privato e pubblica
amministrazione, non già i rapporti di
natura patrimoniale tra privati, alla cui
disciplina è invece destinato l’art. 844 c.c..
Pertanto, anche se le immissioni non
superano i limiti fissati dalle norme di
interesse generale, ciò non esclude che esse
possano andare oltre la “normale
tollerabilità” e risultare dunque
illecite dal punto di vista civilistico. In
tal caso, il soggetto interessato potrà
agire per far cessare l’abuso o richiedere
misure idonee a ridurre le immissioni e,
sussistendone i presupposti, ottenere il
risarcimento dei danni subiti.
Il giudizio sulla tollerabilità e liceità
delle immissioni nei rapporti tra privati
dovrà essere sempre effettuato con
riferimento alla situazione concreta e in
base ai criteri di cui all’art. 844 c.c.: “Il
proprietario di un fondo non può impedire le
immissioni di fumo o di calore, le
esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e
simili propagazioni derivanti dal fondo del
vicino, se non superano la normale
tollerabilità, avuto anche riguardo alla
condizione dei luoghi. Nell’applicare questa
norma l’autorità giudiziaria deve
contemperare le esigenze della produzione
con le ragioni della proprietà. Può tener
conto della priorità di un determinato uso”
(Corte di Cassazione, Sez. II civile,
sentenza 17.01.2011 n. 939 - link
a www.altalex.com). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO –
Classificazione acustica – Sindacato
giurisdizionale – Limiti.
Il sindacato in sede giurisdizionale in
materia di classificazione acustica del
territorio incontra precisi limiti
nell'esigenza di non impingere nel merito
delle valutazioni discrezionali di spettanza
dell’ente locale: di conseguenza, il
sindacato suddetto è esercitabile in
presenza di illogicità, irrazionalità o
travisamenti che denuncino la sussistenza
del vizio di eccesso di potere (cfr. Cons.
St., IV, n. 9302/2009).
INQUINAMENTO ACUSTICO –
Classificazione acustica – Rapporto con la
pianificazione urbanistica.
La classificazione acustica del territorio
deve coordinarsi e non sovrapporsi
meccanicamente alla pianificazione
urbanistica. se da un lato, infatti, la
zonizzazione acustica si caratterizza per la
tendenziale omogeneità con la zonizzazione
degli strumenti urbanistici, la quale
costituisce l’imprescindibile punto di
partenza per la classificazione del
territorio, tuttavia deve considerarsi che
tale corrispondenza non è perfettamente
biunivoca e che anzi esiste un naturale
scollamento fra le due tipologie di
pianificazione, poiché lo strumento
urbanistico disciplina l'assetto del
territorio ai fini prettamente urbanistici
ed edilizi, individuando le zone omogenee
con criteri quantitativi, mentre la
classificazione acustica ha riguardo
all'effettiva fruibilità dei luoghi,
valendosi di indici qualitativi (cfr. Tar
Veneto n. 967/2009; Tar Liguria, Sez. I,
28.06.2005, n. 985).
INQUINAMENTO ACUSTICO –
Aree a destinazione industriale – Classi V e
VI – Attribuzione – Presenza di abitazioni –
Margini di apprezzamento discrezionale -
Allegato A) del DPCM 14/11/1997.
La normativa vigente e, in particolare,
l’allegato A) del DPCM 14.11.1997 e la
deliberazione della Giunta regionale veneta
n. 4313 del 21.09.1993, richiedono che alle
aree a destinazione industriale ricomprese
nelle zone territoriali omogenee di tipo D
siano attribuite le classi V o VI a seconda
che esse si riferiscono, rispettivamente, ad
aree prevalentemente industriali (con
scarsità di abitazioni) o esclusivamente
industriali (prive di insediamenti
abitativi, ad eccezione della casa dei
custodi o dei proprietari dell’attività
industriale), ed è pertanto la presenza o
meno di insediamenti abitativi diversi da
quelli del custode o del proprietario
nell’ambito dell’attività industriale
l’elemento da considerare quale criterio
discretivo tra le due classi.
E’ evidente, inoltre, che l’attribuzione in
concreto di una delle due classi in sede di
pianificazione dell’intero territorio
comunale è connotata da margini di
apprezzamento discrezionale che, seppure
ancorati all’accertamento di specifici
presupposti di fatto, devono ricondurre a
sintesi interessi tra loro confliggenti,
quali la tutela della salute e la
salvaguardia della libertà di iniziativa
economica (cfr. Tar Lombardia, Brescia,
02.04.2008, n. 348; Tar Piemonte, Sez. II,
19.02.2007, n. 714; Tar Veneto, Sez. III,
24.01.2007, n. 187 ; Tar Lombardia, Milano,
Sez. II, 07.04.2005, n. 751) (TAR Veneto,
Sez. III,
sentenza 12.01.2011 n. 24 - link
a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
R. D'Isa,
Le immissioni (01.01.2011 - tratto da http://renatodisa.com). |
anno 2010 |
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AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA:
B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 52 del
27.12.2010 "Pubblicazione ai sensi
dell’art. 5 del Regolamento Regionale
21.01.2000, n. 1, dell’elenco dei «tecnici
competenti» in acustica ambientale
riconosciuti dalla Regione Lombardia alla
data del 03.12.2010, in attuazione dell’art.
2, commi 6 e 7 della legge 26.10.1995, n.
447, della deliberazione 17.05.2006, n.
8/2561 e del decreto 30.05.2006, n. 5985"
(comunicato
regionale 16.12.2010 n. 138). |
AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA:
Inquinamento acustico -
Zonizzazione acustica e urbanistica -
Corrispondenza - Esclusione.
Non esiste piena corrispondenza tra
zonizzazione urbanistica ed acustica: la
finalità principale del Piano di
zonizzazione acustica è infatti quella della
tutela della salute umana in relazione
all'inquinamento acustico e deve pertanto
ritenersi differente dagli scopi propri
della pianificazione urbanistica, con la
conseguenza che la classificazione ai fini
urbanistici non deve corrispondere
pienamente con quella acustica (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
IV,
sentenza 13.12.2010 n.
7545 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Classificazione acustica - Zonizzazione
urbanistica - Corrispondenza - Necessità -
Esclusione.
Non esiste piena corrispondenza tra
zonizzazione urbanistica ed acustica: la
finalità principale del Piano di
zonizzazione acustica è infatti quella della
tutela della salute umana in relazione
all'inquinamento acustico e deve pertanto
ritenersi differente dagli scopi propri
della pianificazione urbanistica (TAR
Lombardia Milano, sez. IV, 27.12.2007, n.
6819), con la conseguenza che la
classificazione ai fini urbanistici non deve
corrispondere pienamente con quella acustica
(TAR Lombardia-Milano, Sez. IV,
sentenza 13.12.2010 n. 7545 -
link a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Classificazione acustica - Art. 4 L. n.
447/1995 - L.R. toscana n. 89/1998 -
Rapporto con il pre-uso del territorio -
Rilevanza.
In forza delle disposizioni di cui all’art.
4, c. 1, lett. a), della L. n. 447/1995,
nonché della L.reg. Toscana n. 89/1998, le
scelte inerenti la classificazione acustica,
sono espressione di discrezionalità tecnica
che va ancorata all'accertamento di
specifici presupposti di fatto, tra i quali,
in primo luogo il pre-uso del territorio, al
fine di non sacrificare le consolidate
aspettative di coloro che si sono
legittimamente insidiati.
Va escluso che una mera situazione di fatto
(nella specie, impianto di frantumazione
situato in zona a destinazione agricola)
possa essere avallata dalle successive
scelte operate dall'amministrazione in
materia di classificazione acustica.
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Classificazione acustica - Strada
extraurbana - Automatica attribuzione di una
predefinita classe acustica - Esclusione -
Classificazione adottata - Motivazione.
La mera qualificazione di una strada come
extraurbana non comporta l’automatica
attribuzione di una certa classificazione
dal punto di visto acustico: nondimeno
l’Amministrazione comunale è tenuta a
fornire adeguate argomentazioni, in
relazione al volume di traffico coinvolto,
che consenta di giustificare la
classificazione adottata (TAR Toscana, Sez.
II,
sentenza 11.12.2010 n. 6724 -
link a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Disciplina degli orari di apertura e della
potenza dei diffusori acustici - Pari
opportunità tra operatori dello stesso
settore - Differenziazione degli strumenti
di controllo - Fattispecie: street bar.
A parità di fenomeni di inquinamento
acustico che comportano il disturbo della
quiete pubblica e privata, l’equo
contemperamento tra gli opposti interessi,
attraverso una dettagliata disciplina degli
orari di apertura e della potenza dei
diffusori acustici, che rientra nelle
competenze comunali, deve avvenire
attraverso una disciplina dell’attività
commerciale che consenta una pari
opportunità tra gli operatori che operano
nello stesso settore.
La regolamentazione di settore deve essere
pertanto sostanzialmente identica, essendo
identica la finalità della regolamentazione
degli orari degli esercizi commerciali e
della potenza della diffusione sonora, fermo
restando la possibile differenziazione degli
strumenti di controllo, in relazioni alla
peculiarità delle situazioni (nella specie,
street bar), per accertare che non
sussistano violazione della regolamentazione
da parte degli operatori del settore (TAR
Emilia Romagna-Bologna, Sez. II,
sentenza 01.12.2010 n. 8094 -
link a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Inquinamento acustico - Controlli
e sopralluoghi della P.A. - Partecipazione
di tutti i soggetti interessati - Necessità
- Esclusione - Presupposti.
In materia di inquinamento acustico e
relativi sopralluoghi delle P.A., non è
configurabile un obbligo per
l'amministrazione, nell'effettuazione dei
debiti controlli, accertamenti od ispezioni,
per cui essa debba operare con la necessaria
partecipazione di tutti i soggetti
interessati, laddove tale coinvolgimento
possa compromettere la genuinità
dell'attività istruttoria compiuta (cfr.
Cons. di Stato, sent. n. 1224/2003, sent. n.
3190/2004; TAR Bologna, sent. n. 1530/2009) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 22.11.2010 n.
7312 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO - Controlli
accertamenti o ispezioni - Partecipazione di
tutti i soggetti interessati - Necessità -
Esclusione - Compromissione della genuinità
dell’attività istruttoria.
Non può pretendersi che l’amministrazione,
nell’effettuare controlli, accertamenti o
ispezioni, debba operare con la necessaria
partecipazione di tutti i soggetti
interessati, laddove tale coinvolgimento
possa compromettere la genuinità
dell’attività istruttoria compiuta (Cfr.
Cons. Stato, sez. V, 21.01.2003 n. 1224;
18.05.2004, n. 3190; Tar Emilia Romagna,
Bologna, sez. II, 17.09.2009, n. 1530)
(fattispecie relativa alle rilevazioni dei
livelli di inquinamento acustico) (TAR
Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 22.11.2010 n. 7312 -
link a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Classificazione acustica del territorio
comunale - Assenza - Applicazione dei limiti
differenziali - Esclusione.
Nelle more della classificazione del
territorio comunale ai sensi dell'art. 6,
comma 1, lett. a), della L. n. 447 del 1995,
sono operativi i soli limiti c.d. "assoluti"
di rumorosità, ma non anche quelli c.d. "differenziali"
(TAR per l’Emilia Romagna, sez. staccata di
Parma, sent. 18/09/2008, n. 385, 04/05/2005
n. 244 e 21/05/2008 n. 259; TAR Puglia -LE-
sez. I, 13/06/2007 n. 2334; TAR Friuli V.G.
24.04.2009, n. 275; TAR Lombardia -MI- sez.
I, 01/03/2004 n. 813; TAR Veneto, sez. III,
31/03/2004 n. 847) (TAR Emilia
Romagna-Bologna, Sez. II,
sentenza 15.11.2010 n. 8045 -
link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Isolamento acustico degli edifici: il punto
della situazione.
La Legge 96/2010, Legge Comunitaria 2009,
con la modifica dell'art. 11 della
Comunitaria 2008 aveva previsto l'adozione
entro il 29/07/2010, da parte del Governo,
di decreti legislativi per il riassetto e la
riforma delle disposizioni vigenti in
materia di inquinamento acustico.
In tale ambito sono comprese la riforma dei
requisiti acustici passivi degli edifici,
attualmente regolati dal D.P.C.M.
05/12/1997, e la definizione dei criteri per
la progettazione esecuzione e
ristrutturazione degli edifici.
La delega al governo per l'adozione dei
provvedimenti suddetti è scaduta ormai da
mesi.
Qual è la situazione attuale?
È opportuno ribadire che il D.P.C.M.
05/12/1997 è tuttora vigente e, pur non
trovando applicazione nei rapporti tra
privati, continua ad avere effetto nei
confronti della Pubblica Amministrazione,
che può quindi chiederne la verifica.
Il DPCM 05.12.1997 non è infatti stato
abrogato da alcun provvedimento; i Comuni
pertanto devono richiedere la certificazione
del rispetto dei limiti di legge al titolare
del permesso di costruire.
Se dovesse persistere lo stato attuale
potrebbe aprirsi un nuovo scenario per i
risarcimenti: gli acquirenti di immobili "rumorosi",
non potendo rivalersi sui costruttori (per
effetto della citata sospensione),
potrebbero cercare di ottenere il
risarcimento dall'ente pubblico "colpevole"
di aver omesso il controllo (se non ha
provveduto a verificare il rispetto dei
requisiti acustici).
Il 22.07.2010 è stata inoltre pubblicata la
norma Uni 11367 "Acustica in edilizia -
Classificazione acustica delle unità
immobiliari - Procedura di valutazione e
verifica in opera", che non ha
comportato il ritiro o la modifica delle
norme UNI 12354 (utilizzate per la
valutazione in fase di progetto dei
requisiti acustici degli edifici).
La nuova norma UNI 11367, che dovrebbe
essere recepita dai regolamenti attesi, è
attualmente un documento volontario. I nuovi
valori limite definiti nella norma ad oggi
non hanno valore di legge non essendo
richiamati in alcun documento legislativo
(link a www.acca.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO - Sindaco -
Contenimento o abbattimento delle emissioni
sonore - Poteri - Art. 54, cc. 2 e 3, d.lgs.
n. 267/2000 - Art. 9 L. n. 447/1999.
Con riferimento alle esigenze di
fronteggiare l’inquinamento acustico, il
sindaco è titolare:
a) di un potere generale di ordinanza da
esercitare, quale ufficiale del governo,
qualora sorga la necessità di provvedimenti
contingibili e urgenti, anche, tra l’altro,
in materia di «sanità ed igiene», «al
fine di prevenire ed eliminare gravi
pericoli che minacciano l’incolumità dei
cittadini» (articolo 54, comma, 2,
d.lgs. 267/2000 n. 267);
b) di poteri di ordinanza con contenuti e
finalità specifiche.
Si tratta del potere, attribuito dal comma
3, del citato articolo 54, di modificare gli
orari degli esercizi commerciali, dei
pubblici esercizi e dei servizi pubblici,
nonché, d’intesa con i responsabili
territorialmente competenti delle
amministrazioni interessate, gli orari di
apertura al pubblico degli uffici pubblici
localizzati nel territorio «in casi di
emergenza, connessi con il traffico e/o con
l’inquinamento atmosferico o acustico,
ovvero quando a causa di circostanze
straordinarie si verifichino particolari
necessità dell’utenza».
E soprattutto, di quello previsto
dall’articolo 9 della legge quadro
sull’inquinamento acustico 447/1999, secondo
il quale il sindaco, qualora sia richiesto
da eccezionali ed urgenti necessità di
tutela della salute pubblica o
dell’ambiente, può, con provvedimento
motivato, «ordinare il ricorso temporaneo
a speciali forme di contenimento o di
abbattimento delle emissioni sonore, inclusa
l’inibitoria parziale o totale di
determinate attività».
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Poteri di intervento dell’Amministrazione ex
art. 844 c.c. - Insussistenza.
La fattispecie codicistica di cui all’art.
844 c.c. , volta a dirimere mediante
l’intervento del giudice conflitti tra
proprietà immobiliare ed impresa, non può
fondare poteri di intervento
dell’Amministrazione (ma, al massimo,
orientare l’esercizio di poteri attribuiti
da altre norme) (TAR Umbria, Sez. I,
sentenza 22.10.2010 n. 499 - link
a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Sanzionabile il datore di lavoro
che non riduce al minimo i rumori.
Scatta la multa nei
confronti degli imprenditori che non
adottano tutte le “misure tecniche,
organizzative e procedurali, concretamente
attuabili” per limitare al massimo il
“rischio rumore” a tutela della salute dei
dipendenti.
Lo sottolinea la Cassazione che ha
confermato la sanzione penale di tremila
euro di multa nei confronti di una
imprenditrice irpina che non aveva dotato i
banchi di lavoro in lamiera zigrinata di una
protezione in guaina o altro materiale atto
a limitare il rischio rumore.
I supremi giudici (sentenza 35946/2010)
avvertono che, nonostante il susseguirsi di
diverse normative, la mancata
predisposizione delle dovute precauzioni
continua ad essere un reato “non
depenalizzato”, nemmeno dall’ultimo
decreto legislativo in materia di lavoro
dell’aprile 2008. Lo stesso vale per
l’omessa denuncia dell’impianto di messa a
terra: le norme sono cambiate ma la sanzione
penale è ancora presente nell’ultima
disciplina in materia, il dpr 462 del 2001.
Sconfitta, dunque, la linea difensiva
dell’imprenditrice che sosteneva
l’abrogazione dei reati a lei contestati. La
Cassazione ha convalidato il verdetto di
colpevolezza emesso dal gip del Tribunale di
Sant’Angelo dei Lombardi nel giugno del 2009
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 07.10.2010 n. 35946 -
link a www.litis.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Salvaguardia dell’ordine, della quiete e
della salute pubblica - Ordinanza
contingibile ed urgente - Mancata fissazione
del termine di efficacia del provvedimento -
Violazione del giusto procedimento e del
contraddittorio - Illegittimità e colpa in
capo all’amministrazione - Esclusione - Art.
54 D.Lgs. n. 267/2000.
La presenza di gravi elementi indicativi di
pesante disagio per i residenti, considerati
fronteggiabili dall’amministrazione solo
attraverso la limitazione dell’orario
dell’esercizio allo scopo di salvaguardare
l’ordine, la quiete e la salute pubblici, in
disparte ogni valutazione circa l’idoneità a
creare il presupposto di urgenza connesso
all’inquinamento acustico ed all’effettivo
pericolo di danno grave ed imminente per
l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana
per il legittimo ricorso ai poteri di
ordinanza di cui all’art. 54 D.Lgs. n.
267/2000 (Cons. St. Sez. V, 13.02.2009, n.
828), esclude l’elemento soggettivo della
colpa in capo all’amministrazione procedente (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 17.09.2010 n. 6979 -
link a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Contro
il frastuono della movida tutela già in sede
d'urgenza. Il tribunale di Venezia ha dato
ragione ai cittadini con una inusuale
ordinanza.
Ordine, già in sede
provvisoria e d'urgenza, emesso inaudita
altera parte, di cessare l'utilizzo di fonti
rumorose che provochino il superamento dei
limiti di cui al D.p.c.m. 14.11.1997, art. 2
tab. B. dalle ore 24.00 in poi. Il tutto in
attesa che siano espletate le necessarie
perizie per verificare l'effettiva intensità
dell'emissione rumorosa.
E' questa la decisione –quanto mai inusuale-
contenuta nell'ordinanza ex art. 700 cpc
emessa dal Giudice Antonella Guerra del
Tribunale di Venezia il 20.08.2010 (e
confermata in sede di nomina del CTU il 3
settembre scorso), con la quale è stata
accolta la domanda di un gruppo di
proprietari di immobili siti nelle immediate
vicinanza di un notissimo locale della costa
veneta, i quali da alcuni anni combattevano
contro le continue e fastidiose emissioni
rumorose generate dalla musica e dal
numeroso pubblico di frequentatori.
La causa, molto comune anche in grandi città
alle prese con problemi della Movida e di
locali che restano aperti fino a molto tardi
la notte, segna un importante passo in
quanto già in sede d'urgenza il Giudice ha
riconosciuto fondato il danno arrecato dai
rumori.
Questa decisione, di cui ora si entra nella
fase di merito con le consuete perizie, fa
seguito ad una precedente ordinanza emessa
dal tribunale di Pordenone (Giudice,
dott.ssa Clocchiatti, data 13.08.2010) solo
alcune settimane prima che, su un problema
analogo, attinente questa volta al rumore
generato da un grande impianto di
condizionamento industriale, ha stabilito
che debbono cessare subito le immissioni
rumorose che superino i limiti di 3 decibel
oltre al rumore di fondo in attesa degli
accertamenti peritali.
“Sono decisioni importanti, che vorrei
definire figlie di atteggiamenti seri della
giurisprudenza che finalmente sta
dimostrando sensibilità per un argomento,
quello del danno di immissioni rumorose, per
troppo tempo sottovalutato” spiega ad
ItaliaOggi Nicola Todeschini, legale della
parte ricorrente. “Chiedere ed ottenere
tali provvedimenti interlocutori dovrebbe
essere normale, del resto, dico io, perché
ribellarsi all'ordine di rispettare le
regole se non perché si ha il desiderio di
violarle? La pronuncia di Pordenone, poi,
contiene anche l'ordine, su mia richiesta,
di monitorare le immissioni a cura del
resistente, gravandolo quindi di un
controllo, anche costoso, che può già avere
l'effetto di disincentivare comportamenti
disinvolti”.
Le due ordinanze citate rientrano in un
preciso filone giurisprudenziale. “Si
assiste, infatti, di pari passo con
l'accrescere dell'attenzione sull'argomento,
sia a pronunce più raffinate che a reazioni
scomposte tra le quali, purtroppo, bisogna
annoverare anche quelle del legislatore il
quale, con un colpo di coda, ha tentato di
minare la solidità dell'art. 844 cod. civ.
tentando di livellarlo su criteri stabiliti
in verità per disciplinare i rapporti con la
pubblica amministrazione e non quelli tra
privati” spiega Todeschini.
Gli interpreti attendono le prime pronunce
per comprendere quale strada imboccherà la
giurisprudenza. “L'auspicio è quello che
i Giudici, dopo aver elaborato criteri
ritenuti prima indiscutibili non facciano
marcia indietro perché il danno alla
persona, soprattutto di natura esistenziale,
che patiscono le persone colpite dal rumore
è indiscutibile” (articolo ItaliaOggi
del 09.09.2010, pag. 22). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO - L. n.
447/1995 - Applicabilità ai rapporti tra
privati - Esclusione - Art. 844 c.c. -
Immissioni superiori alla normale
tollerabilità - Rumore differenziale -
Limite dei 3 Db.
La L. 447/1995 non si applica nei rapporti
tra i privati: ai fini dell’art. 844 c.c.,
le immissioni si presumono superiori alla
normale tollerabilità , ai fini dell’art.
844 c.c., quando il c.d. “differenziale”
tra il rumore causato dalle fonti rumorose
ed il “rumore di fondo” superi il
limite di 3 Db (TAR Puglia-Bari, Sez. II,
sentenza 30.07.2010 n. 3274 -
link a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA: CONSIGLIO
DEI MINISTRI/Il preconsiglio ha esaminato un
dlgs sull'inquinamento sonoro. I limiti
acustici li detta lo Stato. Multe tra 500 e
20 mila euro. Un catasto per le fonti del
rumore.
Istituzione del Catasto
nazionale delle sorgenti di rumore,
definizione delle competenze in materia fra
stato e regioni cui spetterà dettare le
norme sulle autorizzazioni comunali per le
manifestazioni all'aperto; adeguamento delle
sanzioni da un minimo di 500 a un massimo di
20 mila euro; novità sulle modalità di
accesso e consultazione da parte del
pubblico relativamente ai piani di
classificazione acustica.
Sono questi i principali contenuti di uno
schema di decreto legislativo, andato in
settimana al vaglio del preconsiglio dei
ministri e presto all'esame di uno dei
prossimi Cdm.
La bozza di dlgs attua la delega
contenuta nell'articolo 11 della legge
88/2009 e coordina la normativa nazionale
con la direttiva comunitaria 49/2002. Il
decreto, fra le altre cose, prevede la
competenza dello stato nella determinazione
dei requisiti acustici da assicurare
all'interno dei mezzi di trasporto pubblici
collettivi, dei criteri per la
predisposizione di impatto acustico e delle
valutazioni di clima acustico e dei
requisiti acustici da assicurare all'interno
dei locali pubblici di ristorazione.
Spetterà invece alle regioni la definizione
delle modalità di rilascio delle
autorizzazioni comunali per lo svolgimento
di attività temporanee e di manifestazioni
in luogo pubblico o aperto al pubblico,
qualora esso comporti l'impiego di
macchinari o di impianti rumorosi.
Vengono previsti anche i contenuti dei «piani
di risanamento» e dei «piani di
contenimento e abbattimento del rumore»
in ipotesi particolari di impatto
paesaggistico ambientale, che potranno
prevedere, in accordo con le autorità
competenti alla approvazione e alla
autorizzazione per la realizzazione degli
interventi, un raggiungimento graduale nel
tempo dei limiti.
Il decreto stabilisce nuove norme per
l'accesso alle informazioni inerenti il
piano di classificazione acustica comunale,
il piano comunale di risanamento acustico e
le modalità di consultazione degli stessi
(anche informatiche); viene introdotto anche
l'obbligo di comunicazione, mediante avviso
pubblico, delle modalità di consultazione
dei piani.
Il decreto stabilisce anche le modalità di
presentazione del piano di risanamento degli
impianti industriali, prevedendo un termine,
non superiore a un periodo di 30 mesi, entro
il quale le imprese prevedono di adeguarsi
ai limiti previsti dalle norme della Legge
Quadro sull'inquinamento acustico e un
termine di sei mesi entro il quale la
Regione, sentite le Autorità competenti, ha
facoltà di apportare eventuali modifiche ed
integrazioni al piano di risanamento
acustico.
Viene istituito presso l'Ispra il «Catasto
nazionale delle Sorgenti di rumore», per
le cui modalità organizzative si rinvia a un
successivo decreto del ministro
dell'ambiente, di concerto con il ministro
delle infrastrutture e con il ministro dello
sviluppo economico, da emanare entro i 18
mesi.
Vengono anche aggiornate in euro le sanzioni
amministrative per chi supera i valori
limite e si prevede l'attribuzione al
ministero dell'ambiente, della facoltà di
comminare le sanzioni, nei casi di ritardo
nella presentazione dei piani di
contenimento ed abbattimento e dei progetti
di attuazione, nonché nei casi di ritardo
nella realizzazione degli interventi
previsti dai progetti esecutivi approvati.
Sono infine previsti diversi decreti
ministeriali di attuazione per la verifica
delle mappe acustiche di cui alla legge
194/2005 e per le campagne di monitoraggio.
Nel frattempo ieri è stata anche pubblicata
la norma UNI 11367 «Acustica in edilizia
- Classificazione acustica delle unità
immobiliari - Procedura di valutazione e
verifica in opera», norma volontaria che
prevede quattro differenti classi di
efficienza acustica: si va dalla classe 1,
che identifica il livello più alto (più
silenzioso), alla classe 4 che è la più
bassa (più rumoroso), applicabile per ogni
singola unità immobiliare.
Secondo Piero Torretta, presidente UNI «Come
tutte le norme tecniche di
prodotto/servizio, la norma UNI 11367 ha
posto al centro della sua attenzione il
consumatore, le sue esigenze, la sua tutela
nel rapporto con il mondo della produzione,
che -a sua volta- è impegnato a dare
informazioni sul tipo di prodotto che
realizza e immette sul mercato: in
particolare su quali sono le caratteristiche
e le prestazioni rispetto allo standard
definito dalla norma tecnica di riferimento»
(articolo ItaliaOggi
del 23.07.2010, pag. 22). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO - Verbale
di accertamento - Percezione del rumore o
della musica all’esterno di un locale -
Natura - Valutazione o giudizio -
Esclusione.
Il verbale di accertamento redatto dal
pubblico ufficiale fa prova, fino a querela
di falso, con riguardo ai fatti attestati
dal pubblico ufficiale come avvenuti in sua
presenza e conosciuti senza alcun margine di
apprezzamento, oppure da lui compiuti,
nonché riguardo alla provenienza del
documento dallo stesso pubblico ufficiale e
alle dichiarazioni delle parti; in tale
categoria rientra anche la percezione del
rumore o della musica all’esterno di un
locale, trattandosi non di una valutazione o
di un giudizio ma di una percezione di
quanto avvenuto in presenza dell’agente (TAR
Puglia-Bari, Sez. III,
sentenza 22.07.2010 n. 3202 -
link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Nuovi
edifici, d'obbligo la classificazione
acustica. Schema di decreto delegato a breve
in consiglio dei ministri.
Per i nuovi edifici sarà
previsto l'obbligo di indicare la
classificazione acustica all'atto di
acquisto dell'immobile, obbligatoria anche
per le ristrutturazioni; per gli edifici
esistenti la classificazione sarà
volontaria; la dimostrazione del rispetto
degli standard minimi dovrà essere
effettuata solo ed esclusivamente attraverso
verifiche acustiche al termine della
realizzazione dell'opera.
È quanto prevede, per tutte le nuove
costruzioni, ad eccezione degli edifici con
destinazione d'uso agricolo, industriale e
artigianale, lo schema di decreto
legislativo che dovrà a breve essere portato
all'attenzione del consiglio dei ministri in
vista della scadenza della delega prevista
dalla legge comunitaria per il 2009
(attualmente in attesa di pubblicazione),
fissata al 29 luglio.
Il provvedimento, messo a punto dai tecnici
del ministero dell'ambiente, ha lo scopo di
fissare criteri e metodologie per il
contenimento dell'inquinamento acustico da
rumore all'interno degli ambienti abitativi
(in particolare con riguardo alle sorgenti
sonore interne) e di definire gli obiettivi
di miglioramento progressivo della qualità
acustica degli edifici. Il tutto per
perseguire lo scopo della limitazione del
rischio di disturbo da rumore agli utenti,
all'interno degli edifici e nelle condizioni
di utilizzo dell'ambiente abitativo.
Il provvedimento abrogherà il Dpcm del
05.12.1997 sulla determinazione dei
requisiti acustici passivi degli edifici e
interverrà su tutte le fasi della filiera
realizzativa dei nuovi edifici.
Si prevede infatti che gli edifici debbano
essere progettati, costruiti e ristrutturati
in modo che gli elementi tecnici che
compongono gli ambienti abitativi abbiano
caratteristiche acustiche adeguate per
ridurre la trasmissione del rumore aereo,
del rumore impattivo e del rumore degli
impianti dell'edificio.
La novità principale consiste
nell'introduzione della classificazione
acustica delle unità immobiliari che sarà
obbligatoria per i nuovi edifici, e dovrà
essere riportata nell'atto di compravendita,
e volontaria per gli edifici esistenti. I
parametri di riferimento dovranno essere
determinati dai provvedimenti attuativi
della legge 447/1995, anche se per la
progettazione acustica degli edifici
risultano applicabili le norme tecniche
della serie UNI EN 12354 della norma UNI TR
11175.
La dimostrazione della rispondenza ai
requisiti minimi stabiliti da decreto
legislativo dovrà essere fornita in fase di
progetto e certificata solo ed
esclusivamente tramite verifiche acustiche
effettuate al termine della realizzazione
dell'opera. Dall'applicazione delle nuove
norme saranno esclusi i locali pubblici
destinati a spettacoli (auditorium, sale
musicali, teatri, cinema ecc.), in relazione
al trattamento acustico della sala e alla
rumorosità degli impianti, profili che fanno
riferimento ad altre specifiche tecniche.
Per gli interventi di modifica, sostituzione
e trasformazione dovranno essere adottate
soluzioni che non peggiorino i requisiti
acustici preesistenti; in caso di interventi
che comportino forti ripercussioni acustiche
sarà necessaria una attestazione di un
tecnico competente in acustica ambientale.
I valori di isolamento acustico previsti dal
decreto si applicheranno alle facciate e
agli ambienti interni; i comuni, se non
hanno una classificazione acustica del
territorio dovranno effettuare con tecnici
competenti misurazioni e valutazioni
acustiche per stabilire una ipotesi di
classificazione acustica per aree.
I comuni dovranno, per le nuove costruzioni,
chiedere al progettista/costruttore di
inserire il riferimento al decreto
legislativo che, all'allegato A prevede come
dovrà essere effettuata la classificazione
acustica delle unità immobiliari (ospedali,
scuole e edifici assimilabili, alberghi e
unità immobiliari)
(articolo ItaliaOggi
del 22.07.2010, pag. 20). |
EDILIZIA PRIVATA:
Pubblicata la norma UNI per l'acustica in
edilizia: dal 2012 obbligatoria la
Certificazione Acustica degli edifici?
Dal 2012 chi vorrà vendere o affittare un
alloggio dovrà dotarlo, oltre che della
certificazione energetica, anche della
certificazione acustica.
L´obbligo verrà quasi certamente introdotto
dal provvedimento atteso in autunno, che
recepirà la norma Uni 11367 “Acustica in
edilizia - Classificazione acustica delle
unità immobiliari - Procedura di valutazione
e verifica in opera”, pubblicata il
22.07.2010.
La classificazione acustica di una unità
immobiliare ha lo scopo di informare gli
interessati sulle caratteristiche acustiche
della stessa e di tutelare i vari soggetti
che intervengono nel processo edilizio
(progettisti, produttori di materiali da
costruzione, costruttori, venditori, ecc.)
da possibili contestazioni successive ...
(link a www.acca.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Pubblicata
la Legge Comunitaria 2009: le novità per
l'acustica in edilizia, fonti rinnovabili e
sicurezza.
È stata pubblicata sul Supplemento ordinario
n. 138 alla Gazzetta Ufficiale n. 146 del
25.06.2010, la Legge n. 96 del 04.06.2010
recante “disposizioni per l'adempimento
di obblighi derivanti dall`appartenenza
dell'Italia alle Comunità europee - Legge
Comunitaria 2009”.
La Legge 96/2010, in vigore dal prossimo
10.07.2010, contiene alcune novità di
rilievo per i tecnici dell’edilizia.
Requisiti acustici
passivi degli edifici.
L’art. 15 della Legge modifica l’art. 11
della Comunitaria 2008.
In base alle modifiche approvate il Governo
deve adottare, entro il 29/07/2010, decreti
legislativi per il riassetto e la riforma
delle disposizioni vigenti in materia di
inquinamento acustico.
In tale ambito assumono particolare rilievo
la riforma dei requisiti acustici passivi
degli edifici, attualmente regolati dal
D.P.C.M. 05/12/1997, e la definizione dei
criteri per la progettazione esecuzione e
ristrutturazione degli edifici.
Tali decreti devono essere adottati su
proposta del Ministro dell'Ambiente, di
concerto con il Ministro del Lavoro e di
quello delle Infrastrutture.
È opportuno ribadire che il D.P.C.M.
05/12/1997 è tuttora vigente e, pur non
trovando applicazione nei rapporti tra
privati, continua ad avere effetto nei
confronti della Pubblica Amministrazione,
che può quindi chiederne la verifica.
Fonti Rinnovabili.
Per realizzare impianti alimentati da fonti
di energia rinnovabile di potenza fino a 1
MW sarà sufficiente la DIA (denuncia di
inizio attività).
L'articolo 17 della L. 96/2010, al comma 1
lettera d), stabilisce "l'assoggettamento
alla disciplina della DIA di cui agli
articoli 22 e 23 del decreto del Presidente
della Repubblica 06.06.2001, n. 380, per gli
impianti per la produzione di energia
elettrica con capacità di generazione non
superiore ad un MW elettrico di cui
all'articolo 2, lettera e), del decreto
legislativo 29.12.2003, n. 387, alimentate
dalle fonti di cui alla lettera a)".
Le nuove disposizioni superano gli attuali
limiti previsti dalla normativa nazionale (D.Lgs.
387/2003) differenziati per tipologia di
fonte.
Il D.Lgs. 387/2003 prevede attualmente la
realizzazione con semplice DIA degli
impianti alimentati da fonti rinnovabili nei
seguenti casi:
• Eolica 60 kW;
• Solare fotovoltaica 20 kW;
• Idraulica 100 kW;
• Biomasse 200 kW;
• Biogas 250 kW.
Affinché tali disposizioni siano pienamente
operative sarà necessario attendere
l’emanazione dei provvedimenti attuativi
previsti dall’art. 17 (decreto legislativo
di attuazione della direttiva 2009/28/CE).
Differita al 30/04/2012 l’applicazione delle
misure di protezione per l’esposizione a
Campi Elettromagnetici previste dal Testo
Unico Sicurezza
L’art. 11 ha differito al 30/04/2012
l’entrata in vigore delle disposizioni per
la “Protezione dei lavoratori dai rischi
di esposizione a campi elettromagnetici”
di cui al titolo VIII, capo IV del D.Lgs.
81/2008
(link a www.acca.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA:
B.U.R. Lombardia, 1° suppl. straord. al n.
26 del 29.06.2010, "Pubblicazione ai
sensi dell’art. 5 del regolamento regionale
21.01.2000, n. 1, dell’elenco dei «Tecnici
competenti» in acustica ambientale
riconosciuti dalla Regione Lombardia alla
data del 10.06.2010, in attuazione dell’art.
2, commi 6 e 7 della legge 26.10.1995, n.
447, della deliberazione 17.05.2006, n.
8/2561 e del decreto 30.05.2006, n. 5985"
(comunicato
regionale 24.06.2010 n. 81 - link
a www.infopoint.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Come si coordina l'art. 844 del codice
civile con le normative pubblicistiche in
materia di rumore? (link a
http://venetoius.myblog.it).
Sul tema si legga anche
un contributo dell'Avv. Rocco vaccari
(link a http://venetoius.myblog.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Il nomen juris del provvedimento
non vincola il giudice. L'ordinanza
contingibile e urgente non può essere usata
per tutelare il riposo di un singolo
cittadino.
Secondo il TAR Toscana, Sez. I,
sentenza 07.06.2010 n. 1704,
l’ordinanza contingibile ed urgente spiccata
dal sindaco di un comune nell’intento di “salvaguardare
la quiete e la privacy in un contesto
architettonico specifico”, è viziata da
“sviamento di potere” qualora non sia
immediatamente evidenti il pericolo generale
che si intende fronteggiare.
Nel caso di specie, il Sindaco di un comune,
esercitando i poteri di cui all’articolo 50,
comma 7, del d.Lgs. n. 267 del 2000, in
materia di regolamentazione degli orari dei
pubblici esercizi, aveva ingiunto ad un
esercente l’attività di somministrazione al
pubblico una limitazione negli orari di
utilizzo dell’area pertinenziale esterna
all’esercizio medesimo, sul presupposto che
“i confinanti hanno più volte lamentato
numerosi inconvenienti derivanti dalla
gestione dell’attività, con particolare
riferimento alla rumorosità indotta
dall’attività di somministrazione esercitata
sulla terrazza […]”.
Il Giudice Amministrativo, dopo avere
richiamato il principio in forza del quale,
al fine di determinare la natura del potere
esercitato dall’Amministrazione, non è
sufficiente il mero riferimento al nomen
juris dell’atto e neppure quello alle
norme di cui si asserisce avere fatto
applicazione, dovendosi, al contrario,
operare una “ricostruzione ermeneutica
che si basi, oltre che sulla parte
dispositiva dell’atto, sulla motivazione e
sul procedimento che ne costituisce il
presupposto”, riconduce il provvedimento
oggetto di sindacato nell’alveo dei poteri
che scaturiscono dall’articolo 54, comma 6,
del d.Lgs. n. 267 del 2000, ai sensi del
quale “in casi di emergenza, connessi con
il traffico o con l’inquinamento atmosferico
o acustico, ovvero quando a causa di
circostanze straordinarie si verifichino
particolari necessità dell’utenza o per
motivi di sicurezza urbana, il sindaco può
modificare gli orari degli esercizi
commerciali, dei pubblici esercizi e dei
servizi pubblici, nonché, d’intesa con i
responsabili territorialmente competenti
delle amministrazioni interessate, gli orari
di apertura al pubblico degli uffici
localizzati nel territorio, adottando i
provvedimenti di cui al comma 4”.
Prosegue, poi, il Tar evidenziando che,
dalla lettura della norma, “il
provvedimento contingibile e urgente ha per
suo presupposto il pericolo di grave danno
che minacci il pubblico interesse a causa di
una situazione di carattere eccezionale alla
quale non si può far fronte con i normali
mezzi predisposti dall’ordinamento
giuridico, ovvero situazioni di emergenza,
non altrimenti fronteggiabili connesse con
il traffico o con l’inquinamento atmosferico
o acustico, ovvero per altri motivi
riconducibili alla sicurezza urbana”,
pericolo che, in ogni caso, deve minacciare
“un interesse di natura generale, in
qualche modo diffuso, o che comunque
trascende la posizione del singolo
nominativamente individuato cittadino”.
Il Giudice, quindi, pronuncia l’annullamento
dell’ordinanza sindacale sul presupposto
che, “attesa la natura privata dell’area
e degli interessi in questione non potrebbe
essere più evidente lo sviamento del potere
esercitato”, sottolineando come
l’ordinamento offra, peraltro, nella
fattispecie in esame, “la tutela
privatistica del codice civile in tema di
immissioni” (link a http://venetoius.myblog.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO - Ordinanza
contingibile e urgente - Adozione -
Presupposto - Tutela di un interesse
generale - Singolo cittadino - Tutela
privatistica in tema di immissioni.
In tema di inquinamento acustico,
presupposto per la misura contingibile è,
tra l’altro, che il pericolo che si intende
fronteggiare minacci un interesse di natura
generale, in qualche modo diffusa, o che
comunque trascende la posizione del singolo
nominativamente individuato cittadino al
quale l'ordinamento offre la tutela
privatistica del codice civile in tema di
immissioni (TAR Toscana, sez. II,
27.12.2000, n. 2695; TAR Campania Napoli,
sez. V, 08.02.2006, n. 1776) (TAR Toscana,
Sez. II,
sentenza 07.06.2010 n. 1704 -
link a www.dirittoambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: PIANO
COMUNALE DI ZONIZZAZIONE ACUSTICA.
Ambiente - Inquinamento
- Acustico - Legge quadro sull'inquinamento
acustico n. 447/1995 - Limiti "assoluti" di
rumorosità - Evoluzione normativa -
Applicabilità dei limiti "differenziali"
nella fase di transizione - Fattispecie.
Nelle more della classificazione del
territorio comunale ai sensi dell'articolo
6, primo comma, lett. a), della legge quadro
sull'inquinamento acustico n. 447 del 1995,
operano i soli limiti "assoluti" di
rumorosità, ma non anche quelli "differenziali"
(1).
Depone in tal senso l'univoca formulazione
dell'articolo 8, comma 1, del d.p.c.m.
14.11.1997, secondo cui: "In attesa che i
comuni provvedano agli adempimenti previsti
dall'art. 6, comma 1, lett. a) della legge
26.10.1995 n. 447, si applicano i limiti di
cui all'articolo 6, comma 1, del d.p.c.m. 1
marzo 1991". Ove si fosse voluto far
sopravvivere integralmente il regime
transitorio di cui all'articolo 6 del
decreto (che al primo comma regola i limiti
"assoluti" ed al secondo comma regola
i limiti "differenziali") sarebbe
stato necessario un rinvio integrale alla
disciplina previgente.
D'altra parte, non persuade la tesi che, per
giustificare il richiamo parziale al solo
primo comma dell'articolo 6, adduce la
diretta applicabilità dei limiti "differenziali"
perché ancorati, quanto al loro ambito di
riferimento, ad una suddivisione del
territorio (aree diverse da quelle
esclusivamente industriali) che si
ricaverebbe ex se dalla disciplina
urbanistica, sì da non richiedere una
specifica norma che ne autorizzi
l'operatività nella fase transitoria per i
Comuni sprovvisti del piano di zonizzazione
acustica.
In realtà, già nella vigenza del d.p.c.m.
01.03.1991 i limiti "differenziali"
erano circoscritti alle zone non
esclusivamente industriali e, ciò
nonostante, si era avvertita la necessità di
effettuarne un esplicito richiamo al fine di
garantirne l'operatività fin dalla fase
transitoria, con la conseguenza che il
rinvio operato al solo primo comma dell'art.
6 depone inequivocabilmente per una scelta
normativa che ha voluto subordinare, a
partire dal 1997, l'applicabilità del
criterio "differenziale"
all'introduzione della disciplina a regime,
e cioè all'adozione del piano comunale di
zonizzazione acustica (nel caso di specie
il Comune ha ordinato al ricorrente, con
ordinanza sindacale, di attuare tutte le
idonee misure tecniche ed organizzative per
l'abbattimento delle emissioni rumorose
provenienti dal proprio panificio, onde
ricondurre gli impianti al rispetto del
"limite differenziale di immissione in
ambiente abitativo ed in periodo di
riferimento notturno" previsto dal d.p.c.m.
14.11.1997, con l'obbligo di produrre entro
lo stesso termine l'esito delle indagini
fonometriche effettuate, a sue spese, dalla
A.U.S.L. BA/4 ovvero da tecnico abilitato.
Tuttavia, non avendo il Comune di Bari
provveduto alla prescritta zonizzazione
acustica, all'epoca dei fatti controversi
non operava il criterio "differenziale", con
conseguente illegittimità dell'ordinanza
impugnata, fondata proprio sull'accertato
superamento del limite differenziale
notturno di immissione).
---------------
(1) TAR Emilia Romagna Parma, n.
385/2008; TAR Friuli Venezia Giulia, n.
578/2005; TAR Lombardia Milano, sez. I, n.
813/2004; TAR Veneto, sez. III, n. 847/2004
(massima tratta da http://mondolegale.it/ -
TAR Puglia-Bari, Sez. I,
sentenza 14.05.2010 n. 1896 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO - Regione
Puglia - Zone non esclusivamente industriali
- Applicabilità del criterio differenziale -
L.r. Puglia n. 3/2002 - Provvedimenti
assunti anteriormente all’entrata in vigore
della legge regionale - Criterio
differenziale - Applicabilità - Nei comuni
privi di zonizzazione acustica - Esclusione.
L’art. 3 della L.R. Puglia n. 3/2002
stabilisce, al terzo comma, che per le zone
non esclusivamente industriali, oltre ai
limiti massimi per il rumore ambientale,
trova applicazione anche il cosiddetto "criterio
differenziale", in base al quale non può
essere superata la differenza di 5 db
durante il periodo diurno e di 3 db durante
il periodo notturno. Tale previsione è
destinata a valere, in via immediata, anche
nei Comuni privi della zonizzazione acustica
(cfr. in tal senso TAR Puglia, Lecce, sez.
I, sent. n. 3656/2007).
Con riguardo ai provvedimenti assunti
anteriormente all’entrata in vigore della
legge regionale, trova invece applicazione
l’orientamento prevalso in giurisprudenza
secondo cui, nelle more della
classificazione del territorio comunale ai
sensi dell’art. 6, primo comma - lett. a),
della legge quadro n. 447 del 1995, operano
i soli limiti "assoluti" di
rumorosità, ma non anche quelli "differenziali"
(cfr., tra molte, TAR Emilia Romagna, Parma,
sent. n. 385/2008; TAR Friuli Venezia
Giulia, sent. n. 578/2005; TAR Lombardia,
Milano, sez. I, sent. n. 813/2004; TAR
Veneto, sez. III, sent. n. 847/2004) (TAR
Puglia-Bari, Sez. I,
sentenza 14.05.2010 n. 1896 -
link a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
L'ordinanza contingibile ed
urgente adottata ai sensi dell’art. 9 della
L. n. 447 del 26.10.1995 deve essere
motivata da eccezionali ed urgenti necessità
di tutela della salute pubblica o
dell’ambiente.
La previsione dell’art. 9 della l. n. 447
del 1995 è preordinata a tutelare la salute
della collettività e non del singolo
cittadino.
Come evidenziato dalla più recente
giurisprudenza “l’ordinanza contingibile
ed urgente adottata ai sensi dell’art. 9
della L. n. 447 del 26.10.1995, integrando
particolari forme di contenimento e
riduzione delle emissioni sonore, inclusa
l’inibitoria totale o parziale delle
attività, deve essere motivata da
eccezionali ed urgenti necessità di tutela
della salute pubblica o dell’ambiente … Né
può sostenersi con un qualche fondamento che
il presupposto ricorra laddove un privato
lamenti emissioni fastidiose di rumori
-situazione questa la cui tutela appartiene
alla giurisdizione del giudice ordinario-
mentre la previsione dell’art. 9 della l. n.
447 del 1995 è preordinata a tutelare la
salute della collettività” (cfr. TAR
Puglia, Bari, Sez. I, 29/09/2009 n. 2142).
Da un lato la predetta ordinanza è destina
ad esaurire la sua efficacia nel momento in
cui il soggetto destinatario realizzerà gli
interventi di bonifica acustica
effettivamente idonei a ricondurre la
situazione nei limiti di legge (e
riconosciuti tali dalla p.a.), dall’altro le
caratteristiche del procedimento de quo
(contraddistinto anche dall’“effetto
sorpresa” indispensabile per l’efficacia
dei controlli) “gli conferiscono quella
specialità che giustifica la deroga ai
principi generali in tema di partecipazione
previsti dagli artt. 7 e segg. l. n.
241/1990” (TAR Puglia, Bari, Sez. I,
04/12/2006 n. 5639).
Quanto all’inosservanza delle tecniche e
delle modalità di rilevamento e di
misurazione dell’inquinamento acustico
previste dall’art. 4 del DPCM 14/11/1997 e
dal DM 16/03/1998 si deve, poi, sottolineare
che l’allegato B al DM 16/03/1998 prevede
che “il rilevamento in ambiente abitativo
deve essere eseguito sia a finestre aperte
che chiuse al fine di individuare la
situazione più gravosa” e che tale
situazione è stata riscontrata –nel rispetto
di tutte le prescrizioni tecniche e nella
medesima serata– proprio nella situazione a
finestre aperte, in misura sufficiente ad
integrare la violazione della normativa di
riferimento
(TAR Piemonte, Sez. II,
sentenza 15.04.2010 n. 1931 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Misurazione dell’inquinamento acustico -
Tempo di riferimento
- Definizione - Tempo di osservazione -
Allegato A al D.M. 16.03.1998.
Nell’allegato A al d.m. 16.03.1998 rubricato
“tecniche di rilevamento e di misurazione
dell’inquinamento acustico”, il tempo di
riferimento viene definito come il ”periodo
della giornata all’interno del quale si
eseguono le misure”.
La stessa norma precisa poi che “la
durata della giornata è articolata in due
tempi di riferimento: quello diurno compreso
tra le h 6,00 e le h. 22,00 e quello
notturno compreso tra le h 22,00 e le h 6,00”.
La stessa norma definisce poi il tempo di
osservazione come il periodo di tempo
compreso nel tempo di riferimento nel quale
si verificano le condizioni di rumorosità
che si intendono verificare. Le norme in
esame non impongono quindi necessariamente
che il tempo di osservazione sia
circoscritto ad uno solo dei due periodi nei
quali si articola il tempo di riferimento
potendo le condizioni di rumorosità da
valutare perdurare per entrambi i periodi in
cui si articola il tempo di riferimento.
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Rumore ambientale - Rumore residuo - Rumore
prodotto dalla sorgente disturbante.
Il rumore ambientale è costituito da tutte
le sorgenti di rumore esistenti in un dato
luogo e durante un determinato tempo.
Il rumore ambientale è costituito
dall’insieme del rumore residuo, dove per
tale si intende il rumore rilevato quando si
esclude la specifica sorgente disturbante, e
da quello che prodotto dalla specifica
sorgente disturbante.
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Valore limite differenziale - Nozione -
Rumore trascurabile - Parametri.
Il valore limite differenziale è quel valore
dato dalla differenza tra il livello
equivalente di rumore ambientale e il rumore
residuo. Tenendo presente la definizione di
rumore residuo che è il rumore che residua
una volta eliminata la sorgente disturbante,
il valore differenziale esprime lo specifico
grado di inquinamento acustico della
specifica fonte disturbante.
In altre parole il valore differenziale
esprime il contributo che una specifica
fonte dà al livello di inquinamento
generale. I valori limite sono di 5 db per
il periodo diurno e di 3 db per il periodo
notturno (art. 4 d.p.c.m. 14 novembre 1997).
Tali valori differenziali non si applicano
quando comunque il rumore ambientale è al di
sotto di determinati valori e precisamente
50 db(A) per il periodo diurno e 40 db (A)
per il periodo notturno misurati a finestre
aperte e 35 db(A) per il periodo diurno e 25
db (A) per il periodo notturno misurati a
finestre chiuse. Si tratta ovviamente di
limiti da applicarsi disgiuntamente nel
senso che anche il superamento di uno solo
di essi consente l’applicazione del valore
differenziale. Ciò è fatto palese dalla
circostanza che il rumore viene definito in
tali casi trascurabile.
Orbene è evidente che, essendo il rumore
sempre lo stesso, per ritenersi trascurabile
non deve superare i parametri di cui sopra
per cui il superamento anche di uno solo di
essi implica l’applicazione dei valori
limite differenziali.
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Autorizzazione di un pubblico esercizio -
Amministrazione - Potere di imporre le
prescrizioni necessarie nel pubblico
interesse - Prescrizioni relative alle
emissioni sonore.
Il rilascio dell’autorizzazione di un
pubblico esercizio comprende il potere
dell’amministrazione di imporre le
prescrizioni necessarie nel pubblico
interesse (art. 9 r.d. 773/1931), tra le
quali devono ritenersi comprese anche quelle
relative alle emissioni sonore (TAR Liguria,
Sez. I,
sentenza 15.03.2010 n. 1166 -
link a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO - Valori
limite differenziali - Immediata
applicabilità - Mancata effettuazione della
zonizzazione acustica - Irrilevanza -
Ragioni - Artt. 4 e 8 DPCM 14.11.1997.
In tema di limiti pubblicistici alle
emissioni sonore trova immediata
applicazione l’art. 4, comma 1, DPCM
14.11.1997, il quale fissa i valori limite
differenziali in 5 dB per il periodo diurno
(dalle ore 6,00 fino alle ore 22,00) e in 3
dB per il periodo notturno (dalle ore 22,00
fino alle ore 6,00), in quanto:
a) l’art. 8, comma 1, DPCM 14.11.1997 si
limita a prevedere che, in attesa della
classificazione del territorio da parte dei
Comuni in zone, trovano applicazione i
limiti del previgente art. 6, comma 1, DPCM
01.3.1991, cioè rinvia ad una norma che
disciplina soltanto i valori limite
assoluti, per cui dal contenuto letterale
dell’art. 8, comma 1, DPCM 14.11.1997 si
desume che i valori limite differenziali,
previsti dall’art. 4, comma 1, DPCM
14.11.1997, sono immediatamente vigenti, a
prescindere dalla circostanza se i Comuni
abbiano o meno effettuato le cd.
zonizzazioni acustiche;
b) in ogni caso, il rinvio dell’art. 8,
comma 1, DPCM 14.11.1997 risulta coerente
con i principi stabiliti dalla normativa in
materia di inquinamento acustico, poiché i
valori limite assoluti hanno la finalità di
tutelare dall’inquinamento acustico
l’ambiente esterno in termini assoluti,
mentre i valori limite differenziali si
riferiscono al rumore percepito dall’essere
umano nel suo ambiente abitativo e perciò
hanno la finalità di tutelare il diritto
della salute ex art. 32 Cost..
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Valori limite differenziali - Aree
esclusivamente industriali -
Inapplicabilità.
I valori limite differenziali, previsti
dall’art. 4, comma 1, DPCM 14.11.1997, non
si applicano nelle aree esclusivamente
industriali (TAR Basilicata, Sez. I,
sentenza 11.03.2010 n. 125 - link
a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO - Art. 9 L.
n. 447/1995 - Potere extra ordinem -
Presupposti - Urgenza di provvedere - Misure
di carattere temporaneo.
Il testo dell’art. 9 della legge 26.10.1995
n. 447 contempla un potere “extra ordinem”,
che si estrinseca mediante provvedimenti di
contenuto atipico in presenza dei
presupposti propri degli atti di tale
natura.
L’art. 9 medesimo fissa detti presupposti: è
previsto infatti che ricorrano eccezionali
ed urgenti necessità di tutela della salute
pubblica o dell’ambiente, cui deve farsi
fronte con misure di carattere temporaneo
(TAR Umbria, 11.11.2008 n. 722).
La norma non ritiene quindi sufficiente
l’urgenza di provvedere, richiedendo che si
tratti di situazione eccezionale, che non
può sussistere laddove le circostanze da cui
deriva la situazione dannosa abbia carattere
permanente, giacché la nozione stessa di
eccezionalità richiama l’idea di
imprevedibilità di una situazione.
A rimarcare ciò è richiesto che le stesse
misure adottate per fronteggiare la
situazione eccezionale abbiano carattere di
temporaneità (TAR Lazio, sez. II, 20.01.2006
n. 455; TAR Liguria, sez. II, 21.06.2004 n.
989; TAR Lombardia, Milano, sez. I,
01.03.2004 n. 813; TAR Campania, Napoli,
sez. I, 30.01.2004 n. 1139) (TAR
Calabria-Catanzaro, Sez. I,
sentenza 02.03.2010 n. 260 - link
a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO - Art. 844
c.c. - Art. 9 L. n. 447/1995 - Presupposti
applicativi - Differenza - Fattispecie.
Il presupposto per l’applicazione dell’art.
844 del cod. civ. è la produzione di un
danno al proprietario del fondo vicino,
mentre il presupposto per l’applicazione
dell’art. 9 della legge n. 447 del 1995 è la
sussistenza di eccezionali ed urgenti
necessità di tutela della salute pubblica o
dell’ambiente.
Ne consegue che l’ordinanza con cui il
sindaco vieti l’effettuazione all’esterno
dei capannoni di determinate attività
produttive, non può essere sostenuta dal
mero richiamo ad una sentenza del Tribunale
Civile: il richiamo in questione non è
idoneo a cogliere i presupposti stabiliti
per l’emanazione delle ordinanze sindacali
di cui all’art. 9 cit., avendo la sentenza
del Tribunale Civile presupposti differenti
(TAR Veneto, Sez. III,
sentenza 01.03.2010 n. 587 - link
a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 8 del
22.02.2010, "Criteri tecnici di dettaglio
per la redazione della classificazione
acustica del territorio comunale (l.r.
13/2001) - Integrazione della d.g.r.
12.07.2002, n. 9776" (deliberazione
G.R. 10.02.2010 n. 11349 - link a
www.infopoint.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - ATTI AMMINISTRATIVI:
INQUINAMENTO ACUSTICO - Sindaco -
Ordinanza contingibile e urgente -
Situazioni di carattere eccezionale e
impreviste - Concreta minaccia per la
pubblica incolumità - Situazione di pericolo
nota da tempo - Irrilevanza - Prevenzione di
possibili danni futuri - Carattere della
provvisorietà - Necessità - Esclusione -
Valutazione in concreto della soluzione
adottata.
La potestà del sindaco di adottare
provvedimenti contingibili ed urgenti è
strettamente finalizzata a prevenire ed
eliminare gravi pericoli che minacciano
l'incolumità dei cittadini: il potere di
urgenza può essere esercitato infatti solo
per affrontare situazioni di carattere
eccezionale ed impreviste, costituenti
concreta minaccia per la pubblica
incolumità, per le quali sia impossibile
utilizzare i normali mezzi apprestati
dall'ordinamento giuridico (Cons. Stato, IV,
24.03.2006, n. 1537) e unicamente in
presenza di un preventivo e puntuale
accertamento della situazione, che deve
fondarsi su prove concrete e non su mere
presunzioni (Cons. Stato, sez. VI,
05.09.2005, n. 4525).
Sebbene gli anzidetti presupposti non
ricorrano allorquando il sindaco possa
fronteggiare o prevenire la situazione
attraverso l’uso dei normali strumenti
apprestati dall'ordinamento, ai fini della
legittimità dell’ordinanza contingibile è
necessario e sufficiente la sussistenza e
l’attualità del pericolo, cioè il rischio
concreto di un danno grave ed imminente per
la salute, a nulla rilevando che la
situazione di pericolo fosse nota da tempo
(C.d.S., sez. IV, 25.09.2006, n. 5639; sez.
V, 28.03.2008, n. 1322); con i provvedimenti
in esame, infatti, non solo può porsi
rimedio ai danni già verificatisi, ma si
possono anche prevenire possibili danni
futuri (C.d.S., sez. V, 07.04.2003, n.
1831).
Quanto al profilo della contingibilità,
l'intervento disposto con l’ordinanza
sindacale non deve avere necessariamente il
carattere della provvisorietà, giacché il
suo connotato peculiare è l'adeguatezza
della misura a far fronte alla situazione
determinata dall'evento straordinario, il
che non rende possibile la fissazione
astratta di un rigido parametro di
valutazione, imponendo invece la valutazione
in concreto della soluzione adottata in
ragione della natura del rischio da
fronteggiare (C.d.S., sez. V, 09.02.2001, n.
580; sez. IV, 22.06.2004, n. 4402;
16.10.2003, n. 6168).
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Esercizio di una infrastruttura autostradale
- Disciplina specifica intervenuta con L. n.
447/95 - Tutela della salute
dall’inquinamento acustico anteriormente
all’entrata in vigore della legge -
Fondamento.
La circostanza che solo con la legge
26.10.1995, n. 447 (Legge quadro
sull’inquinamento acustico) il legislatore
abbia puntualmente disciplinato anche il
fenomeno dell’inquinamento acustico
derivante dall’esercizio di una
infrastruttura autostradale, collocando
espressamente tra le sorgenti sonore fisse
proprio le infrastrutture stradali, non
costituisce ragionevole prova del fatto che
precedentemente non potesse essere ammessa
la tutela della salute dall’inquinamento
acustico derivante dall’esercizio di una
infrastruttura stradale: una simile
conclusione sarebbe invero irragionevole ed
inammissibile, perché in stridente ed
insanabile contrasto con la previsione
costituzionale della tutela della salute.
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Ordinanza contingibile e urgente -
Destinatari - Soggetti posti nelle migliori
condizioni per intervenire - Diritto di
rivalsa nei confronti dei titolari di
diritti - Ripartizione dell’onere
finanziario per la realizzazione delle opere
di mitigazione dell’inquinamento -
Irrilevanza ai fini dell’ordinanza - Tutela
della salute pubblica.
E’ propria della natura contingibile ed
urgente della ordinanza che siano
destinatari di essa non solo e non tanto i
titolari dei diritti sulle cose oggetto
del’ordinanza, quanto coloro che si trovino
nelle migliori condizioni per intervenire ai
fine di porre rimedio al pericolo
evidenziato, salvo il diritto di rivalsa per
il costo degli interventi operati.
L’eventuale ripartizione dell’onere
finanziario, per l’esecuzione delle opere
idonee ad eliminare, prevenire o quanto meno
a limitare i danni alla salute pubblica
derivanti, nella specie, dall’inquinamento
acustico per l’esercizio di un’autostrada,
sono assolutamente irrilevanti, non potendo
ammettersi che la tutela della salute
pubblica possa essere in qualche modo
limitata da questioni di carattere economico
- finanziario (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 10.02.2010 n. 670 - link
a www.ambientediritto.it).
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Il sindaco ordina di limitare i rumori
dell'autostrada.
Il sindaco può legittimamente ordinare alla
società autostradale l'effettuazione di
tutti gli interventi necessari per
l'abbattimento dei rumori veicolari a tutela
dei residenti. Compresa quindi
l'installazione di barriere fonoassorbenti
nei tratti autostradali a rischio.
Lo ha stabilito il Consiglio di stato con la
decisione n. 670 del 10.02.2010.
Il primo cittadino di Podenzana ha preso
alla lettera le proprie attribuzioni di
ufficiale di governo e nel lontano 1995 ha
adottato un'ordinanza contingibile ed
urgente finalizzata alla tutela della salute
dei propri cittadini.
In pratica, a causa dell'esposto di alcuni
residenti, il sindaco ha richiesto all'Arpa
una misurazione del rumore proveniente dal
viadotto autostradale adottando, di
conseguenza, un'ordinanza finalizzata ad
insonorizzare i tratti autostradali più a
rischio, a spese del gestore.
Contro questa determinazione la società
concessionaria ha proposto ricorso sia al
Tar che al Consiglio di stato ma senza
successo. Correttamente il sindaco ha
adottato un provvedimento urgente a tutela
della salubrità dei luoghi, nel pieno
rispetto del dpcm 01.03.1991, confermato
dalla legge 26.10.1995, n. 447 (articolo
ItaliaOggi del 09.03.2010, pag. 19). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - ATTI AMMINISTRATIVI:
INQUINAMENTO ACUSTICO - Sindaco -
Ordinanza contingibile e urgente -
Situazioni di carattere eccezionale e
impreviste - Concreta minaccia per la
pubblica incolumità - Situazione di pericolo
nota da tempo - Irrilevanza - Prevenzione di
possibili danni futuri - Carattere della
provvisorietà - Necessità - Esclusione -
Valutazione in concreto della soluzione
adottata.
La potestà del sindaco di adottare
provvedimenti contingibili ed urgenti è
strettamente finalizzata a prevenire ed
eliminare gravi pericoli che minacciano
l'incolumità dei cittadini: il potere di
urgenza può essere esercitato infatti solo
per affrontare situazioni di carattere
eccezionale ed impreviste, costituenti
concreta minaccia per la pubblica
incolumità, per le quali sia impossibile
utilizzare i normali mezzi apprestati
dall'ordinamento giuridico (Cons. Stato, IV,
24.03.2006, n. 1537) e unicamente in
presenza di un preventivo e puntuale
accertamento della situazione, che deve
fondarsi su prove concrete e non su mere
presunzioni (Cons. Stato, sez. VI,
05.09.2005, n. 4525).
Sebbene gli anzidetti presupposti non
ricorrano allorquando il sindaco possa
fronteggiare o prevenire la situazione
attraverso l’uso dei normali strumenti
apprestati dall'ordinamento, ai fini della
legittimità dell’ordinanza contingibile è
necessario e sufficiente la sussistenza e
l’attualità del pericolo, cioè il rischio
concreto di un danno grave ed imminente per
la salute, a nulla rilevando che la
situazione di pericolo fosse nota da tempo
(C.d.S., sez. IV, 25.09.2006, n. 5639; sez.
V, 28.03.2008, n. 1322); con i provvedimenti
in esame, infatti, non solo può porsi
rimedio ai danni già verificatisi, ma si
possono anche prevenire possibili danni
futuri (C.d.S., sez. V, 07.04.2003, n.
1831).
Quanto al profilo della contingibilità,
l'intervento disposto con l’ordinanza
sindacale non deve avere necessariamente il
carattere della provvisorietà, giacché il
suo connotato peculiare è l'adeguatezza
della misura a far fronte alla situazione
determinata dall'evento straordinario, il
che non rende possibile la fissazione
astratta di un rigido parametro di
valutazione, imponendo invece la valutazione
in concreto della soluzione adottata in
ragione della natura del rischio da
fronteggiare (C.d.S., sez. V, 09.02.2001, n.
580; sez. IV, 22.06.2004, n. 4402;
16.10.2003, n. 6168).
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Esercizio di una infrastruttura autostradale
- Disciplina specifica intervenuta con L. n.
447/95 - Tutela della salute
dall’inquinamento acustico anteriormente
all’entrata in vigore della legge -
Fondamento.
La circostanza che solo con la legge
26.10.1995, n. 447 (Legge quadro
sull’inquinamento acustico) il legislatore
abbia puntualmente disciplinato anche il
fenomeno dell’inquinamento acustico
derivante dall’esercizio di una
infrastruttura autostradale, collocando
espressamente tra le sorgenti sonore fisse
proprio le infrastrutture stradali, non
costituisce ragionevole prova del fatto che
precedentemente non potesse essere ammessa
la tutela della salute dall’inquinamento
acustico derivante dall’esercizio di una
infrastruttura stradale: una simile
conclusione sarebbe invero irragionevole ed
inammissibile, perché in stridente ed
insanabile contrasto con la previsione
costituzionale della tutela della salute.
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Ordinanza contingibile e urgente -
Destinatari - Soggetti posti nelle migliori
condizioni per intervenire - Diritto di
rivalsa nei confronti dei titolari di
diritti - Ripartizione dell’onere
finanziario per la realizzazione delle opere
di mitigazione dell’inquinamento -
Irrilevanza ai fini dell’ordinanza - Tutela
della salute pubblica.
E’ propria della natura contingibile ed
urgente della ordinanza che siano
destinatari di essa non solo e non tanto i
titolari dei diritti sulle cose oggetto
del’ordinanza, quanto coloro che si trovino
nelle migliori condizioni per intervenire ai
fine di porre rimedio al pericolo
evidenziato, salvo il diritto di rivalsa per
il costo degli interventi operati.
L’eventuale ripartizione dell’onere
finanziario, per l’esecuzione delle opere
idonee ad eliminare, prevenire o quanto meno
a limitare i danni alla salute pubblica
derivanti, nella specie, dall’inquinamento
acustico per l’esercizio di un’autostrada,
sono assolutamente irrilevanti, non potendo
ammettersi che la tutela della salute
pubblica possa essere in qualche modo
limitata da questioni di carattere economico
- finanziario (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 10.02.2010 n. 670 - link
a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Zonizzazione acustica - Assenza -
Applicabilità del doppio limite ex art. 4
DPCM 14.11.1997 - Esclusione - Limite
applicabile - Art. 6 DPCM 01.03.1991.
Il doppio limite posto dall’art. 4 del DPCM
14.11.1997 (limite assoluto e limite
differenziale), in forza dell'articolo 8,
comma 1, può trovare applicazione solo dopo
che il Comune abbia effettuato la
zonizzazione acustica di cui all'articolo 6
comma 1 lettera a) della legge 447/1995.
In mancanza, può trovare applicazione il
solo limite stabilito dall'articolo 6 del
DPCM 01.03.1991; articolo che da un lato non
prevede il limite differenziale e dall'altro
stabilisce limiti massimi più elevati (in
tutto il territorio nazionale 70 leq(A)
diurno e 60 leq(A) notturno) (TAR Veneto,
Sez. III,
sentenza 10.02.2010 n. 351 - link
a www.ambientediritto.it). |
anno 2009 |
|
AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA:
B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 51 del
21.12.2009, "Pubblicazione ai sensi
dell'art. 5 del regolamento regionale 21.01.2000, n. 1, dell'elenco dei
«Tecnici competenti in acustica ambientale»
riconosciuti dalla regione Lombardia alla
data del 21.04.2009, in attuazione
dell'art. 2, commi 6 e 7 della legge 26.10.1995, n. 447, della deliberazione 17.05.2006, n. 8/2561 e del decreto 30.05.2006, n. 5985"
(comunicato
regionale 14.12.2009 n. 158
- link a www.infopoint.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
P. A. De Santis,
QUOUSQUE TANDEM, CATILINA, ABUTERE
PATIENTIA NOSTRA? SUL CONCETTO DI
«NORMALE TOLLERABILITÀ» DELLE IMMISSIONI
ACUSTICHE ALLA LUCE DELLA L. N. 13 DEL 2009
(link a
www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
V. Corrà, E. Gozzi, U. Maj, I. Nava, C.
Sangiorgi,
Normativa
acustica D.P.C.M. 05.12.1997 (AL n.
11/2009). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO - Comune -
Tutela della salute pubblica - Mantenimento
della soglia di rumore entro i livelli
stabiliti dalla normativa - Tutela
apprestata dall’ordinamento ex art. 844 c.c.
- Diversità.
Il Comune ha il dovere di garantire per
motivi di salute pubblica che la soglia del
rumore prodotta nell’ambiente dalle varie
attività umane non superi i livelli
stabiliti dalla normativa per evitare forme
di inquinamento acustico e ciò niente ha a
che vedere con la tutela apprestata
dall’ordinamento attraverso l’istituto
regolato dall’art. 844 c.c. (TAR
Lombardia-Milano, Sez. IV,
sentenza 11.11.2009 n. 5007 -
link a
www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rumore. Provvedimenti a tutela
dell'interesse pubblico.
Il protrarsi e reiterarsi nel tempo delle
condizioni di disturbo, nonché l’accertata
violazione dell’orario di chiusura ben
possono rappresentare quella condizione
eccezionale che legittima, ai sensi
dell’art. 9 della legge n. 447/1995
l'intervento del Sindaco a tutela
dell’interesse pubblico. Interesse pubblico
che ben può ritenersi perseguito anche
quando la salute minacciata sia quella di un
ristretto gruppo di persone e non anche
l’intera collettività.
A tali conclusioni si è uniformata la
giurisprudenza ormai costante, secondo cui
l'accertata presenza di un fenomeno di
inquinamento acustico -pur se non
coinvolgente l'intera collettività– deve
ritenersi sufficiente a concretare
l'eccezionale ed urgente necessità di
intervenire a tutela della salute pubblica,
con la conseguenza che l’ordinanza sindacale
ben può essere adottata anche a seguito
dell’esposto di una sola famiglia, non
constando nella norma alcun parametro
numerico o dimensionale (TAR
Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 02.11.2009 n. 1814 -
link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO - Ordinanza
sindacale - Esposto di una sola famiglia -
Sufficienza.
L'accertata presenza di un fenomeno di
inquinamento acustico -pur se non
coinvolgente l'intera collettività- deve
ritenersi sufficiente a concretare
l'eccezionale ed urgente necessità di
intervenire a tutela della salute pubblica,
con la conseguenza che l’ordinanza sindacale
ben può essere adottata anche a seguito
dell’esposto di una sola famiglia, non
constando nella norma alcun parametro
numerico o dimensionale (da ultimo, in tal
senso TAR Piemonte, I, 02.03.2009, n. 199).
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Ordinanza sindacale - Art. 9 L. n. 447/1995
- Rimedio ordinario.
L'art. 9 della legge 447/1995 rappresenta
l'ordinario rimedio in materia di
inquinamento acustico, non prevedendo la
citata legge altri strumenti a disposizione
delle Amministrazioni comunali (TAR Puglia,
Lecce, sez. I, 08.06.2006, n. 3340 e sez. I,
24.01.2006, n. 488, TAR Lombardia, Milano,
sez. IV, 27.12.2007, n. 6819).
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Potere di ordinanza comunale - Art. 9 L. n.
447/95 - Potestà regolatoria - Potere
conformativo dell’attività privata -
Riduzione o rimodulazione dell’orario
dell’attività fonte di immissioni.
Il potere di ordinanza comunale in materia
di inquinamento acustico (art. 9 L. n.
447/1995) costituisce espressione della
potestà regolatoria volta a conformare
l'attività privata al rispetto dei limiti di
emissione acustica nell'ambito del
territorio comunale; tale potere
conformativo può manifestarsi, anche
attraverso l'obbligo per il responsabile
delle immissioni rumorose di ridurre o
rimodulare l'orario della propria attività
fonte delle suddette immissioni (TAR
Lombardia, Milano, IV, 02.04.2008, n. 715).
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Superamento dei limiti di legge - Situazione
di rischio per la salute pubblica -
Ordinanza ex art. 9 L. n. 447/1995 -
Motivazione per relationem al verbale dei
rilievi fonometrici - Idoneità.
Il superamento dei limiti di legge, in
materia di inquinamento acustico, implica
automaticamente la sussistenza di una
situazione di rischio per la salute pubblica
che i soggetti preposti al controllo sono
tenuti a rimuovere attraverso l’unico mezzo
a disposizione rappresentato, per l’appunto,
dall’ordinanza ai sensi dell’art. 9 della
legge 447/1995.
La motivazione espressa per relationem
al verbale dei rilievi fonometrici operati
dall’USSL appare, quindi, del tutto
sufficiente ad integrare il rispetto
dell’obbligo di legge (TAR Lombardia-Brescia,
Sez. II,
sentenza 02.11.2009 n. 1814 -
link a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO - Art. 9 L.
n. 447/1995 - Competenza - Criterio di
riparto - Art. 50, cc. 5 e 6 d.lgs. n.
267/2003 - Situazioni a carattere locale -
Ambiti territoriali di carattere
sovracomunale.
Non è condivisibile la tesi secondo cui la
competenza ad adottare i provvedimenti di
cui all’art. 9 della L. n. 447/1995
dipenderebbe dall’appartenenza comunale o
statale dei beni dai quali proviene la fonte
rumorosa, perché ad un siffatto criterio non
fa riferimento nessuna norma e l’esistenza
di un bene pubblico quale fonte del disturbo
è un’eventualità del tutto occasionale,
dovendosi configurare nella maggior parte
dei casi una provenienza da beni privati.
Poiché la norma citata configura un potere
sostanzialmente analogo a quello attribuito
al Sindaco dal Dlgs. 18.08.2000, n. 267 agli
articoli 50 e 54, sembra congruo applicare
in via residuale il criterio di riparto
dettato dai commi 5 e 6 dell’art. 50 del
Dlgs. n. 267 del 2000, e pertanto la
competenza deve essere ricondotta in capo al
Sindaco in caso di situazioni di carattere
esclusivamente locale, ferma restando la
competenza degli altri enti menzionati
dall’art. 9 della legge n. 447 del 1995 in
ragione della dimensione dell'emergenza e
dell'eventuale interessamento di più ambiti
territoriali di carattere sovracomunale
(fattispecie relativa all’adozione da parte
del Sindaco di un’ordinanza ex art. 9 L. n.
447/1995 con la quale era inibito l’uso di
un’area demaniale).
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Insediamenti storici - Piani di risanamento
acustico - Azione concertata tra i soggetti
coinvolti - Presentazione del piano - Comune
- Passivo rifiuto di dar corso alla
procedura di approvazione - Illegittimità.
Dall’insieme delle norme di cui agli artt.
7, 4, c. 1 e 15 della legge 26.10.1995, n.
447 risulta che le molteplici iniziative
volte alla rimozione delle situazioni di
criticità determinate dalla storicità degli
insediamenti, è demandata all’azione
concertata dei diversi soggetti coinvolti
cui devono concorrere le istituzioni, le
attività produttive da cui provengono le
emissioni sonore e gli stessi cittadini con
interventi diretti sui ricettori sensibili.
Pertanto, a fronte della presentazione di un
piano di risanamento acustico da parte di
un’impresa illegittimamente il Comune si
limita al passivo rifiuto di dar corso alla
procedura di approvazione senza indicare in
modo propositivo, completo e puntuale gli
elementi giudicati non idonei o mancanti al
fine del raggiungimento dei risultati
attesi, e le opere e i rimedi specifici
ritenuti necessari per il contenimento del
rumore (TAR Veneto, Sez. III,
sentenza 26.10.2009 n. 2655 -
link a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rumore. Competenze.
L’art. 9
della legge n. 447 del 1995 dispone che “qualora
sia richiesto da eccezionali ed urgenti
necessità di tutela della salute pubblica o
dell'ambiente il sindaco, il presidente
della provincia, il presidente della Giunta
regionale, il prefetto, il Ministro
dell'ambiente, secondo quanto previsto
dall'art. 8 della legge 03.03.1987, n. 59, e
il Presidente del Consiglio dei Ministri,
nell'ambito delle rispettive competenze, con
provvedimento motivato, possono ordinare il
ricorso temporaneo a speciali forme di
contenimento o di abbattimento delle
emissioni sonore, inclusa l'inibitoria
parziale o totale di determinate attività.
Nel caso di servizi pubblici essenziali,
tale facoltà è riservata esclusivamente al
Presidente del Consiglio dei Ministri”.
Tale norma non detta espressamente un
criterio di riparto delle competenze tra i
diversi enti che menziona.
La tesi secondo cui la competenza ad
adottare tali provvedimenti dipenderebbe
dall’appartenenza comunale o statale dei
beni dai quali proviene la fonte rumorosa
non è condivisibile, perché ad un siffatto
criterio non fa riferimento nessuna norma e
l’esistenza di un bene pubblico quale fonte
del disturbo è un’eventualità del tutto
occasionale, dovendosi configurare nella
maggior parte dei casi una provenienza da
beni privati.
Poiché la norma citata configura un potere
sostanzialmente analogo a quello attribuito
al Sindaco dal Dlgs. 18.08.2000, n. 267 agli
articoli 50 e 54, sembra congruo applicare
in via residuale il criterio di riparto
dettato dai commi 5 e 6 dell’art. 50 del
Dlgs. n. 267 del 2000, e pertanto la
competenza deve essere ricondotta in capo al
Sindaco in caso di situazioni, come quella
all’esame, di carattere esclusivamente
locale, ferma restando la competenza degli
altri enti menzionati dall’art. 9 della
legge n. 447 del 1995 in ragione della
dimensione dell'emergenza e dell'eventuale
interessamento di più ambiti territoriali di
carattere sovracomunale (TAR Veneto, Sez.
III,
sentenza 26.10.2009 n. 2655 -
link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Immissioni sonore - Ordinanza di
abbattimento - Limite di tollerabilità -
Superamento per un tempo di rilevazione
modesto - Irrilevanza.
Ai fini dell’emissione di un’ordinanza di
abbattimento delle immissioni sonore, è
irrilevante la circostanza che il
superamento del limite di tollerabilità sia
stato riscontrato per un tempo di
rilevazione modesto, rilevando il solo
superamento del limite fissato dalla
normativa (TAR Veneto, Sez. III,
sentenza 20.10.2009 n. 2617 -
link a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rumore. Accertamenti fonometrici.
Per
l'emanazione di un'ordinanza di abbattimento
delle emissioni sonore irrilevante deve
ritenersi la circostanza (solo ipotizzata)
che i tecnici non siano stati presenti sul
luogo per tutto il tempo della misurazione
(nessuna norma impone la presenza costante
del personale per tutto il tempo della
misurazione), così come irrilevante deve
ritenersi la circostanza che il superamento
del limite di tollerabilità sia stato
riscontrato per un tempo di rilevazione
modesto (l'importante è che si sia
realizzato il superamento del limite fissato
dalla normativa) (TAR Veneto, Sez. III,
sentenza 20.10.2009 n. 2617 -
link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
L. Marini,
INSICUREZZA URBANA E DISTURBO ALLA QUIETE
DERIVANTE DA ESERCIZI PUBBLICI: RIMEDI
AMMINISTRATIVI E ASPETTI OPERATIVI DI
CONTRASTO (link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA: Quesito
2 -
In merito al sistema previsto dall'art. 6
della Legge n. 447/1995 che presuppone il
preventivo azzonamento acustico del
territorio comunale (Geometra
Orobico n. 4/2009). |
AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA:
Rapporti fra pianificazione
urbanistica e pianificazione acustica.
In sede di adozione del Piano di
classificazione acustica non si deve tenere
conto del singolo insediamento produttivo,
ma della destinazione della zona, altrimenti
si rischia di confondere due ambiti distinti
(che pure debbono in qualche modo trovare un
punto di contatto), ossia quello
urbanistico-edilizio e quello inerente la
classificazione acustica.
Si vuol dire cioè che se ad una certa
porzione del territorio è stata
legittimamente impressa la destinazione
urbanistica di zona “D”, in quella zona sono
allocabili insediamenti produttivi e la
stessa deve essere, ai fini acustici,
classificata in classe V o VI a seconda dei
casi (TAR Marche,
sentenza 29.09.2009 n. 930 - link
a www.altalex.com). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO - Piano di
classificazione acustica - Adozione -
Destinazione di zona - Singoli insediamenti
produttivi - Irrilevanza.
In sede di adozione del Piano di
classificazione acustica non si deve tenere
conto del singolo insediamento produttivo,
ma della destinazione della zona, altrimenti
si rischia di confondere due ambiti distinti
(che pure debbono in qualche modo trovare un
punto di contatto), ossia quello
urbanistico-edilizio e quello inerente la
classificazione acustica.
Si vuol dire cioè che se ad una certa
porzione del territorio è stata
legittimamente impressa la destinazione
urbanistica di zona “D”, in quella zona sono
allocabili insediamenti produttivi e la
stessa deve essere, ai fini acustici,
classificata in classe V o VI a seconda dei
casi. A questo proposito non rileva lo
specifico impianto produttivo che deve
essere allocato, la cui compatibilità con il
sito prescelto è oggetto di altri specifici
procedimenti, unificati nello Sportello
Unico di cui al DPR n. 447/1998 (valutazione
di impatto ambientale, compatibilità
paesaggistica, compatibilità ai sensi
dell’art. 216 del T.U. n. 1265/1934,
compatibilità con il Piano di assetto
idrogeologico, e così via).
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Piano di classificazione acustica -
Predisposizione - Adempimenti preventivi -
Misurazione sul campo - Necessità -
Esclusione - Metodo “qualitativo”.
La predisposizione del Piano di
classificazione acustica non deve essere
preceduta da misurazioni effettuate sul
campo (le quali, invece, sono indispensabili
per verificare, in qualsiasi momento, se
sono superati i limiti previsti per ciascuna
zona). Inoltre, per i Comuni di più ridotte
dimensioni è del tutto legittimo l’utilizzo
del metodo c.d. qualitativo, il quale
presuppone un esame delle destinazioni d’uso
del territorio previste dal P.R.G., della
situazione topografica e un’analisi dell’uso
del territorio non basata direttamente su
dati quantitativi.
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Classificazione acustica - Zone che
differiscono per più di 5dBa - Divieto di
accostamento - Fasce di transizione -
Discontinuità.
Il divieto di accostamento di zone che
differiscano fra loro per più di 5 dBa non
opera quando, in presenza di destinazioni
urbanistiche consolidate, sia possibile
prevedere fasce di transizione (c.d. zone
cuscinetto) oppure quando esistano ostacoli
naturali (definite più propriamente “discontinuità”)
che attenuino il livello di immissioni (TAR
Marche, Sez. I,
sentenza 29.09.2009 n. 930 - link
a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rumore. Inquinamento acustico e
ordine pubblico.
L’art. 54 del D.Lgs. n. 267/2000 è stato
profondamente innovato dall’art. 6 del D.L.
23.05.2008, n. 92, convertito, con
importanti modificazioni, con la legge
24.07.2008, n. 125 ed ispirato all’esigenza
di predisporre uno schema normativo
particolarmente rigoroso in tema di ordine
pubblico: in base alla nuova lettura della
norma ai Sindaci è consentita l’emanazione
di provvedimenti, anche non contingibili e
urgenti, senza uno specifico limite
temporale, al fine di prevenire e di
eliminare gravi pericoli che minacciano
l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana
(TAR Friuli Venezia Giulia,
sentenza 24.09.2009 n. 682 - link
a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rumore. Accertamenti fonometrici
e avviso di procedimento.
L’art. 7 della L. n. 241 del 1990 -pur
dovendosi intendere l’obbligo di
comunicazione di avvio del procedimento
riferito al vero e proprio inizio del
procedimento– non esclude che l’adempimento
dell’obbligo possa, quando le circostanze
ciò impongano per garantire la genuinità
degli accertamenti della P.A., essere
preceduto da controlli, accertamenti,
ispezioni, svolti senza la partecipazione
del diretto interessato.
In tali casi, pertanto, quest’ultimo dovrà
essere edotto di queste precedenti attività
mediante la suddetta comunicazione, al fine
di metterlo in condizione di intervenire nel
procedimento ed eventualmente di contestare
gli accertamenti compiuti in sua assenza
(TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. II,
sentenza 17.09.2009 n. 1530 -
link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rumore. Strumenti di tutela.
La disposizione posta dall’art. 9 della
legge 447/1995 si riferisce ad eccezionali
ed urgenti necessità di tutela della salute
pubblica, non fronteggiabili nell’ambito
delle ordinarie funzioni di controllo
sull’osservanza della normativa vigente
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 10.09.2009 n. 5420 -
link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
V. Vattani, Mi trovo in grave difficoltà e
non so più come fare, i forti e continui
rumori degli impianti di refrigerazione dei
locali di un grande ipermercato posto al
piano terra del palazzo in cui abito (e che
si protraggono per tutta la notte) rendono
impossibile dormire sia alla mia famiglia
che a buona parte del vicinato:
a quali norme ci si può appellare in questi
casi? E’ possibile rivolgersi al Giudice
Penale? (link a www.simoline.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Classificazione acustica - Appartenenza
delle aree alla medesima realtà industriale
- Irrilevanza - Destinazione industriale.
L’appartenenza di aree alla medesima realtà
industriale ha poco significato, se la
distinzione di classificazione acustica è
legata al fatto, ben più pregante rispetto
al mero profilo soggettivo di appartenenza,
che alcune di esse hanno destinazione
industriale ed altre no, potendo avere
quindi qualificazione diversa ai fini della
pianificazione in classi acustiche.
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Classificazione acustica - Rapporto con la
disciplina degli strumenti urbanistici.
In termini generali la suddivisione del
territorio in zone acustiche deve
sovrapporsi alla disciplina propria degli
strumenti urbanistici solo laddove ciò sia
possibile, in quanto la prima è legata alle
effettive modalità di fruizione del
territorio, anche tenendo conto di realtà in
fatto ulteriori rispetto alle previsioni
urbanistiche (TAR Toscana, Sez. I,
sentenza 13.07.2009 n. 1227 -
link a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rumore. Classificazione acustica
aree.
L’appartenenza di aree alla medesima realtà
industriale, cioè il fatto che aree distinte
siano tutte di proprietà Enel, ha poco
significato, se la distinzione di
classificazione è legata al fatto, ben più
pregante rispetto al mero profilo soggettivo
di appartenenza, che alcune di esse hanno
destinazione industriale, e sono quindi
correttamente collocate in classe VI, ed
altre no, potendo avere quindi
qualificazione diversa ai fini della
pianificazione in classi acustiche (TAR
Toscana, Sez. I,
sentenza 13.07.2009 n. 1227 -
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AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rumore. Poteri del sindaco.
L’art. 9 della legge 447/1995 attribuisce
espressamente al Sindaco il potere di
adottare ordinanze per il contenimento o
l’abbattimento delle emissioni sonore,
inclusa l’inibitoria parziale o totale di
determinate attività. Si tratta di un potere
sostanzialmente analogo a quello attribuito
al Sindaco dal D.Lgs. 267/2000 (Testo Unico
degli Enti Locali), agli articoli 50 e 54 e
che pertanto deve essere esercitato dal
Sindaco stesso, con esclusione della
competenza dei dirigenti, cui spetta invece
l’adozione di tutti gli atti di gestione del
Comune, ai sensi dell’art. 107 del medesimo
D.Lgs. 267/2000 (TAR Lombardia-Milano, Sez.
IV,
sentenza 01.07.2009 n. 4225 -
link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA:
B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 28 del
13.07.2009,
"Pubblicazione ai
sensi dell'art. 5 del regolamento regionale 21.01.2000, n. 1,
dell'elenco dei «Tecnici competenti in acustica ambientale» riconosciuti
dalla Regione Lombardia alla data del 26.06.2009, in attuazione
dell'art. 2, commi 6 e 7 della legge 26.10.1995, n. 447, della
deliberazione 17.05.2006, n. 8/2561 e del decreto 30.05.2006, n.
5985"
(comunicato
regionale 01.07.2009 n. 87
- link a www.infopoint.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
L'orologio della torre non può
disturbare i cittadini. Se la torre civica
ha l'orologio non per questo deve essere
disturbato il riposo dei cittadini.
Le indagini fonometriche demandate alla ASL
e alla ARPA competenti per territorio hanno
permesso di accertare la presenza di una
situazione di inquinamento acustico
nell’ambiente di vita della ricorrente
rilevante ai sensi della disciplina di
settore, sia di carattere primario che di
natura regolamentare.
Si è altresì posto in risalto il pericolo di
un pregiudizio per la salute della
ricorrente, apprezzabile sotto il profilo
della cd annoyance, ossia della presenza di
fattori disturbanti per la qualità della
vita della Vergari, specie per quel che
concerne il riposo notturno.
Il Tar ha infine ritenuto preponderante la
tutela della salute della ricorrente
rispetto alla salvaguardia delle tradizioni
storiche, certamente non compromesse in
termini irreparabili attraverso una diversa
e più opportuna regolamentazione
dell’orologio della torre civica che
prevedesse la totale sospensione dei
rintocchi nelle ore notturne.
Il Collegio ritiene di dover ulteriormente
puntualizzare che la controversia in esame
involge il corretto uso di beni in dotazione
alla p.a. locale, e cioè, in definitiva,
l’esercizio di una pubblica funzione , in
relazione alla quale la stessa
amministrazione civica deve conformarsi al
principio di buona amministrazione di cui
all’art. 97 cost.
In questo contesto la pretesa della
ricorrente ad una confacente
regolamentazione dell’orologio della torre
civica assume valenza di interesse legittimo
per la tutela del quale si è correttamente
adito il Giudice amministrativo.
Infatti, la regolamentazione dei rintocchi
dell’orologio non può essere considerata
quale mero comportamento materiale della
pubblica amministrazione, avulso da un
precedente atto autoritativo di esercizio di
poteri e funzioni pubbliche (TAR
Puglia-Lecce, Sez. I,
sentenza 09.07.2009 n. 1807 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Inquinamento acustico - Ordinanza contingibile e urgente - Esposto di un solo
cittadino - Legittimità.
In tema di inquinamento acustico il semplice
esposto di un cittadino non impedisce al
comune di intervenire per reprimere le
violazioni attraverso l'adozione di una
ordinanza contingibile e urgente adottata ai
sensi non solo del D.Lgs. 267/2000, ma anche
dell'art. 9 della Legge quadro
sull'inquinamento acustico (Legge
4447/1999) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
IV,
sentenza
22.06.2009 n.
4092 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
M. A. Mazzola, “Rumore sì, rumore
no”.
La
sentenza 11.06.2009 n. 2295 del
Tribunale di Genova, Sez. III civile, lascia
perplessi perché si discosta dall’unanime
orientamento giurisprudenziale di
considerare intollerabile il rumore, non
applicando il noto criterio dell’incremento
di 3 decibel, sostituito nella specie dal
criterio di accettabilità prescritto dal
legislatore con fonte regolamentare (si
rinvia per un maggiore approfondimento a
Mazzola M.A., Immissioni e risarcimento del
danno, Utet, 2009).
Le perplessità non riguardano soltanto la
via intrapresa quanto le fragili motivazioni
che la sostengono, di natura tecnica.
Probabilmente la scelta di seguire tale via
è stata fortemente condizionata dalla
recente scelta del legislatore di
intervenire in materia di immissioni
intollerabili da rumore con l’art. 6-ter
della legge 27.02.2009, n. 13 (G.U.
28.02.2009 n. 49) - Conversione in legge,
con modificazioni, del decreto-legge
30.12.2008, n. 208 (pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale -serie generale- n. 304
del 31.12.2008), recante misure
straordinarie in materia di risorse idriche
e di protezione dell'ambiente, ed entrata in
vigore l'01.03.2009, che ha appunto
convertito con modificazioni il
decreto-legge 30.12.2008, n. 208, inerente
misure straordinarie in materia di risorse
idriche e di protezione dell'ambiente.
In particolare la norma ha statuito che “1.
Nell'accertare la normale tollerabilità
delle immissioni e delle emissioni
acustiche, ai sensi dell'articolo 844 del
codice civile, sono fatte salve in ogni caso
le disposizioni di legge e di regolamento
vigenti che disciplinano specifiche sorgenti
e la priorità di un determinato uso.”
(Art. 6-ter, Normale tollerabilità delle
immissioni acustiche).
E’ evidente come tale norma non abbia
effetto retroattivo e difatti il giudice
ligure non la cita, perlomeno
esplicitamente. La fa però sua nell’impianto
motivazionale e la scelta di attribuire
carattere di tollerabilità (salvo alcune
immissioni, la cui intollerabilità risulta
infine sufficiente per giustificare un
riparto delle spese più gravose per il
condominio) alle immissioni di rumore
prodotte dalla caldaia condominiale nel loro
complesso, o comunque nella parte dominante
di esse, induce l’organo giudicante pure a
valutare con maggiore senso critico la prova
dei danni non patrimoniali. Danni che
difatti non riconosce, unitamente a quelli
patrimoniali, sempre negati.
Invero, le motivazioni in ordine alla
valutazione dei danni appare comunque in
parte condivisibile (danni alla salute, e
danni patrimoniali) ed in parte sostenibile
(i restanti danni non patrimoniali) (link a
www.greenlex.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rumore. Potere di ordinanza.
L’utilizzo del particolare potere di
ordinanza contingibile ed urgente delineato
dall’art. 9 della Legge 26.10.1995 n. 447
deve ritenersi (“normalmente”)
consentito allorquando gli appositi
accertamenti tecnici effettuati dalle
competenti Agenzie Regionali di Protezione
Ambientale rivelino la presenza di un
fenomeno di inquinamento acustico, tenuto
conto sia che quest’ultimo -ontologicamente
(per esplicita previsione dell’art. 2 della
stessa L. n. 447/1995)- rappresenta una
minaccia per la salute pubblica, sia che la
Legge quadro sull’inquinamento acustico non
configura alcun potere di intervento
amministrativo “ordinario” che
consenta di ottenere il risultato
dell’immediato abbattimento delle emissioni
sonore inquinanti.
In siffatto contesto normativo, l’accertata
presenza di un fenomeno di inquinamento
acustico (pur se non coinvolgente l’intera
collettività) appare sufficiente a
concretare l’eccezionale ed urgente
necessità di intervenire a tutela della
salute pubblica con l’efficace strumento
previsto (soltanto) dall’art. 9 primo comma
della più volte citata Legge n. 447/1995
(TAR Puglia-Lecce, Sez. I,
sentenza 21.05.2009 n. 1186 -
link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rumore. Limitazione attività
rumorose.
Se solo il superamento della soglia di
rumorosità stabilita nelle fonti nazionali
(ovvero in quelle regionali) consente
l’inibizione generalizzata di una certa
attività produttiva (salva la derogabilità
dei valori suddetti ad opera dei «comuni il
cui territorio presenti un rilevante
interesse paesaggistico-ambientale e
turistico»), è ben possibile (né v’è
pertanto alcuna violazione dell’art. 41
Cost.) che ciascun Comune disciplini in
concreto tali attività anche attraverso
alcune restrizioni orarie, a prescindere dal
superamento delle soglie acustiche
regolamentari e secondo criteri di
ragionevolezza e di compatibilità con le
condizioni ambientali di inserimento delle
stesse (TAR Campania-Napoli, Sez. III,
sentenza 20.05.2009 n. 2770 -
link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: ORDINANZE
SINDACALI A TUTELA DELLA QUIETE PUBBLICA.
1.- Pubblica sicurezza - Ordine pubblico -
Misure di prevenzione - Adozione ordinanza
contingibile ed urgente - Esercizi aperti al
pubblico - Condizioni.
2.- Pubblica sicurezza - Ordine pubblico -
Misure di prevenzione - Locali pubblici -
Ambito di operatività - Fattispecie.
3.- Pubblica sicurezza - Ordine pubblico -
Misure di prevenzione - Art. 54 co. 4,
D.Lgs. n. 267/2000 - Formulazione - Generica
- Poteri sindacali - Ampiezza - Sussiste.
1.-
Gli schiamazzi notturni degli avventori di
un pubblico esercizio possono senz'altro
essere un elemento in base al quale il
Sindaco adotta un'ordinanza di necessità,
allorché il disagio provocato (e,
genericamente, lo stato di degrado urbano
che ne deriva) raggiungano un grado di
intollerabilità oggettivamente accertato,
tale da integrare un vero e proprio "stato
di emergenza".
2.-
Le prescrizioni imposte dall'autorità di
pubblica sicurezza possono senz'altro
esulare dal ristretto ambito dell'attività
oggetto di autorizzazione, essendo
quest'ultima unicamente l'occasione che
rende (eventualmente) necessaria
l'attivazione dei poteri dell'autorità,
volti alla tutela della sicurezza e
dell'ordine pubblico. (Nella fattispecie per
cui è causa, quindi, ben potevano le
prescrizioni dell'autorità andare oltre
l'ambito della "specifica attività di
somministrazione di alimenti e bevande",
gestita dalla società ricorrente ed oggetto
dell'autorizzazione di polizia).
3.-
La genericità della formulazione dell'art.
54 co. 4, D.Lgs. n. 267/2000 consente al
Sindaco di adottare i provvedimenti più
idonei al raggiungimento dello scopo voluto
dalla norma, se del caso anche con la
formulazione consistente e specifica che ha
avuto il provvedimento per cui è causa
(TAR Piemonte, Sez. II,
sentenza 15.05.2009 n. 1420 - link a http://mondolegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Rilevamento dei rumori - Diritto alla
partecipazione da parte del responsabile
delle emissioni - Insussistenza.
Non v’è disposizione che riconosca, a colui
che viene ritenuto responsabile del
superamento del livello di determinati
rumori, il diritto a partecipare all’atto
istruttorio con il quale l’ARPA procede al
rilevamento dei rumori stessi. Ciò anche al
fine di evitare comportamenti artificiosi da
parte dell’interessato (TAR Puglia-Lecce,
Sez. I,
sentenza 07.05.2009 n. 1003 -
link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
INQUINAMENTO ACUSTICO - Art. 8,
c. 4 L. n. 447/1995 - Domande per il
rilascio di concessioni edilizie -
Documentazione di previsione di impatto
acustico - Inosservanza - Mancata previsione
di sanzioni - Rilievo in sede di
utilizzazione degli immobili.
Il comma 4 dell’art. 8 della L. 447/1995,
pur prescrivendo che le domande per il
rilascio di concessioni edilizie relative a
nuovi impianti od infrastrutture adibiti ad
attività produttive siano corredate da una
documentazione di previsione di impatto
acustico, non contempla alcuna sanzione in
caso di inosservanza della suddetta
prescrizione.
Peraltro, la non perentorietà di tale
disposizione risulta evidente laddove si
confronti la stessa con i commi precedenti,
i quali prescrivono tassativamente l’obbligo
della valutazione dell’impatto acustico per
particolari tipi di opere, e con il sesto
comma, che contempla l’indicazione delle
misure previste per ridurre o eliminare le
emissioni sonore causate dall'attività o
dagli impianti solo quando si preveda la
produzione di valori di emissione superiori
a quelli determinati ai sensi dell'articolo
3, comma 1, lettera a).
A ciò aggiungasi che, in sede di
contestazione di un permesso di costruire
rilasciata a terzi confinanti, ruolo
prevalente assume il profilo
urbanistico-edilizio dell’intervento, mentre
le questioni riguardanti l’impatto acustico,
per le opere non espressamente contemplate
nel citato art. 8 della L. 447/1995,
assumono rilievo in sede di utilizzazione
degli immobili. Difatti, la tutela
dell'interesse della ricorrente al rispetto
delle norme in materia di inquinamento
acustico potrà compiutamente realizzarsi non
già in sede di presentazione della richiesta
di permesso di costruire od al momento del
suo semplice rilascio, quanto, piuttosto,
all’atto della richiesta di autorizzazione
allo svolgimento della specifica attività,
ove si preveda la produzione di valori di
emissione superiori a quelli determinati ai
sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera a),
della legge n. 447 del 1985, ovvero nel
corso dell’esercizio dell’attività
produttiva, ove potranno trovare
applicazione specifiche norme sanzionatorie
(TAR Puglia-Lecce, Sez. III,
sentenza 07.05.2009 n. 975 - link
a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rumore. Misurazione valore di
emissione.
Ai sensi dell’art. 2, lett. e), l. n.
447/1995, il valore limite di emissione
rappresenta il valore massimo emesso da una
sorgente sonora misurato “in prossimità”
della sorgente stessa. Ciò sta
inequivocabilmente a significare che tale
valore di emissione deve essere misurato in
prossimità della sorgente sonora di
riferimento e in relazione alla Classe
acustica in cui essa è collocata (TAR
Toscana, Sez. II,
sentenza 06.05.2009 n. 766 - link
a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
S. Maglia e M. A. Labarile,
Immissioni rumorose: pericolose (e
«silenziose») novità (link a
www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
L. Prati -
Il nuovo art. 844 Codice Civile e le
immissioni acustiche (link a
www.greenlex.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 20 del
18.05.2009, "Pubblicazione ai sensi
dell'art. 5 del regolamento regionale 21.01.2000, n. 1, dell'elenco dei
«Tecnici competenti in acustica ambientale»
riconosciuti dalla regione Lombardia alla
data del 21.04.2009, in attuazione
dell'art. 2, commi 6 e 7 della legge 26.10.1995, n. 447, della deliberazione 17.05.2006, n. 8/2561 e del decreto 30.05.2006, n. 5985"
(comunicato
regionale 08.05.2009 n. 66
- link a www.infopoint.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rumore. Potere di ordinanza.
Lo strumento che la legislazione di settore
mette a disposizione per reprimere le
violazioni della disciplina
sull’inquinamento acustico è specificamente
-nonché unicamente- il potere di ordinanza
ex art. 9 della l. n. 447/1995: rimedio
ordinario in materia di inquinamento
acustico, non attribuendo la citata legge
speciale altri strumenti alle
Amministrazioni comunali. Per conseguenza, è
sufficiente, per l’esercizio del suddetto
potere, anche la segnalazione di un solo
cittadino (TAR Toscana, Sez. II,
sentenza 17.04.2009 n. 670 - link
a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA: B.U.R.
Lombardia, 2° suppl. straord. al n. 16 del
21.04.2009, "D.Lgs. 194/2005 e l.r.
13/2001 - Mappa acustica strategica degli
agglomerati: specifiche tecniche per la
fornitura dei dati a Regione Lombardia"
(decreto
D.S. 03.04.2009 n. 3302 - link
a www.infopoint.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rumore. Potere di ordinanza.
L'ordinanza di cui all'art. 9, L. n. 447 del
1995, sull’inquinamento acustico, può essere
adottata anche a seguito dell’esposto di una
sola famiglia, costituendo la predetta
ordinanza l’ordinario rimedio in tema di
inquinamento acustico (TAR Marche, Sez. I,
sentenza 23.03.2009 n. 143 - link
a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO - Ordinanza
ex art. 9, L. n. 447/1995 - Presupposto -
Esposto di una sola famiglia - Sufficienza.
L'ordinanza di cui all'art. 9, L. n. 447 del
1995, sull’inquinamento acustico, può essere
adottata anche a seguito dell’esposto di una
sola famiglia, costituendo la predetta
ordinanza l’ordinario rimedio in tema di
inquinamento acustico (TAR Lombardia,
Milano, Sez. IV, 27.12.2007, n. 6819 e
02.04.2008 n. 715) (TAR Marche, Sez. I,
sentenza 23.03.2009 n. 143 - link
a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO - Ordinanza
contingibile e urgente di sospensione delle
emissioni acustiche emessa al di fuori dei
presupposti di cui all’art. 9 della L. n.
447/1995 - Comunicazione di avvio del
procedimento - Necessità - Diritto al
contraddittorio verso gli accertamenti
tecnici.
L’ordinanza contingibile e urgente con la
quale è disposta la sospensione immediata
delle emissioni acustiche, al di fuori delle
condizioni richieste dall’art. 9 della legge
n. 447/1995, vale a dire al di fuori di una
situazione di eccezionale ed urgente
necessità di tutela della salute pubblica o
dell'ambiente, necessità di comunicazione di
avvio del procedimento, la quale non può in
alcun modo pregiudicare la funzionalità ed
efficacia di un procedimento cui sono
estranei specifici motivi di celerità. Ciò
in ragione della necessità di tutelare le
prerogative procedimentali del responsabile
delle emissioni, con particolare riguardo
all’esercizio del diritto al contraddittorio
verso gli accertamenti eseguiti dai tecnici
dell’A.R.P.A.T. (TAR Toscana, Sez. II,
sentenza 04.03.2009 n. 399 - link
a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rumore. Ordinanza e procedimento
amministrativo.
La legge n. 241/1990 sancisce a livello di
diritto positivo l’istituto della
partecipazione al procedimento
amministrativo, manifestazione di quel più
generale principio del “giusto procedimento”
in forza del quale l’azione della P.A. si
svolge nel contraddittorio dei suoi
destinatari, ed il procedimento costituisce
il luogo virtuale di composizione preventiva
dei conflitti fra soggetti pubblici e
privati portatori di interessi contrapposti.
La partecipazione degli interessati al
procedimento si attiva in prima battuta
attraverso la obbligatoria comunicazione di
avvio disciplinata dagli artt. 7 e 8 della
legge n. 241 cit., che, per espressa
previsione normativa, può peraltro venire
omessa ove sussistano ragioni di impedimento
derivanti da particolari esigenze di
celerità; fermo restando che, in termini
generali, l’amministrazione è sempre tenuta
a rendere conto della sussistenza di tali
ragioni di urgenza qualificata (fattispecie
relativa ad ordinanza contingibile ed
urgente di sospensione di emissioni
acustiche) (TAR Toscana, Sez. II,
sentenza 04.03.2009 n. 399 - link
a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Istruttoria - Accertamenti fonometrici -
Partecipazione dell’interessato.
Il soggetto cui si riferisce l’attività di
accertamento fonometrico deve essere posto
in grado di partecipare all’attività stessa,
al fine di presentare le proprie
osservazioni anche in ordine alla
correttezza delle metodologie di rilevazione
usate ed all’attendibilità dei valori
rilevati (TAR Calabria-Catanzaro, Sez. I,
sentenza 04.03.2009 n. 242 - link
a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Il contenimento delle emissioni
acustiche è potere ordinario ex l. n.
447/1995.
L’ordinanza in materia di contenimento di
emissioni acustiche non concreta
riproduzione del generico potere di
ordinanza contingibile ed urgente ex art. 54
TUEL, radicando invece la Legge quadro
sull’inquinamento acustico 26.10.1995, n.
447 un potere di intervento ordinario in
capo al Sindaco, atteso che la citata legge
quadro sull'inquinamento acustico non
configura alcun potere di intervento
amministrativo ordinario che consenta di
ottenere il risultato dell'immediato
abbattimento delle emissioni sonore
inquinanti, costituendo la predetta
ordinanza l'ordinario rimedio in tema di
inquinamento acustico.
L'accertata presenza di un fenomeno di
inquinamento acustico -pur se non
coinvolgente l'intera collettività- appare
sufficiente a concretare l'eccezionale ed
urgente necessità di intervenire a tutela
della salute pubblica, potendo l’ordinanza
de qua essere adottata anche a seguito
dell’esposto di una sola famiglia, non
constando nella norma alcun parametro
numerico o dimensionale (TAR Piemonte, Sez.
I,
ordinanza 02.03.2009 n. 199 -
link a www.altalex.com). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO - Mancata
approvazione del piano di zonizzazione
acustica - Applicabilità del criterio
differenziale - Zone non esclusivamente
industriali - Zonizzazione urbanistica
operata tramite PRG - Equiparazione -
Esclusione - Circostanze di fatto.
La mancata approvazione del piano di
zonizzazione acustica comporta, ai sensi di
quanto previsto dall’art. 8 DPCM 14/11/1997,
la sopravvivenza dei limiti di emissioni
previsti dall’art. 6 DPCM 01/03/1991, limiti
che prevedono (art. 6 comma 2 DPCM
01/03/1991) il rispetto del c.d. “criterio
differenziale” per tutte le zone “non
esclusivamente industriali”. La natura non
esclusivamente industriale non va desunta
tramite mera equiparazione tra la
zonizzazione effettuata dal PRG con la
zonizzazione che il Comune deve effettuare
ai sensi dell’art. 2 DPCM 01/03/1991: in
mancanza del piano di zonizzazione acustica
di competenza comunale, infatti, la
classificazione di una zona va effettuata in
base alle circostanze di fatto.
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Impianti a ciclo continuo - Criterio
differenziale - Applicabilità in caso di
superamento dei limiti assoluti.
Il criterio differenziale viene applicato
agli impianti “a ciclo continuo” solo quando
la attività da essi svolta dia luogo a
superamento dei limiti assoluti: ne deriva
l’illegittimità della prescrizione che
impone comunque il rispetto del criterio
differenziale, salvo che non ricorrano le
cause di esclusione di cui all’art. 4 DPCM
14/11/1997 (TAR Puglia-Bari, Sez. III,
sentenza 14.01.2009 n. 47 - link
a www.ambientediritto.it). |
anno 2008 |
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AMBIENTE-ECOLOGIA:
Inquinamento acustico -
Insediamenti produttivi - Rumori ed
esalazioni - Disciplina civilistica -
Disciplina urbanistica - Violazione dei
limiti - Prova.
La nocività di rumori ed esalazioni
provenienti da insediamenti produttivi va
intesa in una doppia accezione: sul piano
dei rapporti tra fondi vicini, essa è il
limite alla normale tollerabilità delle
esalazioni dal fondo del vicino (ex art. 844
cod.civ.); sul piano urbanistico,
costituisce il limite qualitativo e
tipologico delle attività insediabili.
Rileva dunque nei rapporti civili tra fondi,
nella prima accezione; e come elemento
urbanistico nel secondo dei casi. In
entrambe le ipotesi, tuttavia, la sua
violazione va comprovata: se tale violazione
viene invocata ai fini della disciplina
urbanistica, ossia si lamenta che il tipo di
impianto essendo ordinariamente preordinato
all’esalazione di immissioni nocive, è
incompatibile con la destinazione di zona,
allora va offerta la prova della sussistenza
strutturale di esalazioni nell’attività
produttiva. Laddove la prova in esame viene
offerta, invece, come sussistenza di
occasionali immissioni, magari derivanti da
una natura delle lavorazioni dell’impianto
differente da quelle per il quale l’impianto
è stato autorizzato, allora si rientra nella
ordinaria ipotesi di tutela di cui all’art.
844 cod.civ. e, in tal caso, non è la
concessione edilizia ad essere illegittima,
ma l’attività in sé, così come condotta, con
ogni conseguenza, sul piano civile e penale
della tutela (TAR Sisilia-Catania, Sez.I,
sentenza 10.11.2008 n. 2069 -
link a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Sulla
classificazione acustica del territorio
comunale.
Il Collegio
condivide l’affermazione che il fine
perspicuo della zonizzazione acustica del
territorio consiste nella tutela della
salute dei cittadini, in quanto gli
interessi protetti dalla normativa in esame
sono desumibili dall’articolo 2, comma 1,
lettera a), della legge 26.10.1995, n. 447,
che appresta la tutela del riposo e della
salute, la conservazione degli ecosistemi,
dei beni materiali, dei monumenti,
dell’ambiente abitativo e dell’ambiente
esterno. Da condividersi è anche quanto
affermato sull’attuale e futura espansione
di tali interessi “per effetto delle
innovazioni tecnico-scientifiche
sopravvenute in grado di definire e misurare
più esattamente il disturbo provocato dalle
fonti di rumore” (cfr., TAR Lombardia,
Brescia, 16.10.2007, n. 907).
Il Collegio è, altresì, dell’avviso che la
classificazione acustica del territorio non
debba meccanicamente sovrapporsi alla
pianificazione urbanistica; in tal senso
dispone del resto l’art. 6 della legge
citata, che prevede il solo “coordinamento”
con gli strumenti urbanistici (cfr., in
merito, TAR Lombardia, Milano, sez. IV,
27.12.2007, n. 6819) ma, al contempo,
osserva che gli interessi menzionati nella
normativa di riferimento non possano non
tener conto delle attività economiche
precedentemente insediate sul territorio, le
cui esigenze trovano tutela in virtù della
loro risalente ubicazione e non sono dunque
cedevoli rispetto agli insediamenti che si
radichino sul territorio in una fase
temporale successiva.
Tale tesi è suffragata dall’esame della
normativa, la quale richiede:
- che le attività inserite nella medesima
zona del piano abbiano caratteri omogenei e
in tal senso dispongono l’articolo 4, comma
1, lettera a), della legge n. 447 del 1995
ove si prevede la classificazione del
territorio in 6 classi per l’applicazione
dei valori di qualità, il D.P.C.M.
01.03.1991 e il già citato D.P.C.M.
14.11.1997.
In questi termini, il piano regolatore con
le destinazioni d’uso esistenti e quelle
previste deve costituire un termine di
riferimento per la classificazione del
territorio, con la necessaria precisazione
che la stessa deve essere comunque ancorata
all’assetto urbanistico, cioè all’esistente
situazione in fatto che può divergere da
quella di diritto;
- che la zonizzazione acustica venga
effettuata “tenendo conto delle
preesistenti destinazioni d’uso del
territorio”, come dispone ancora lo
stesso articolo 4, comma 1, lettera a),
della legge n. 447 del 1995.
Chiarito quanto precede occorre ora
richiamare quell’indirizzo della
giurisprudenza, che il Collegio condivide,
che ha affermato che “le scelte inerenti
alla classificazione acustica non
afferiscono al merito dell'attività
pianificatoria/programmatoria del Comune, ma
sono espressione di discrezionalità tecnica,
ancorata all'accertamento di specifici
presupposti di fatto. Il primo dei quali è
il preuso del territorio, proprio per non
sacrificare oltremodo le consolidate
aspettative di coloro che si sono
legittimamente insediati … in zone
qualificate industriali e, quindi,
funzionalmente deputare all'espletamento di
attività produttive, che non debbono subire
limitazioni, a causa della classificazione
acustica, non adeguatamente giustificate
(diversamente da ciò che potrebbe avvenire,
ad esempio, per le attività industriali
localizzate in zona impropria)” (cfr.,
TAR Veneto, sez. III, 24.01.2007, n. 187).
Su tale fondamento, nonché alla luce di
quanto sopra delineato in fatto, si deve
concludere che l’assegnazione della classe V
ad una zona esclusivamente interessata da
attività industriali e artigianali e nella
quale le uniche unità abitative presenti
sono gli alloggi dei custodi risulta
palesemente illegittima: l’avvertita
necessità di salvaguardia per un
insediamento residenziale recentemente
realizzato in prossimità della struttura
industriale della ricorrente disattende,
infatti, acriticamente le caratteristiche
morfologiche dell’area interessata, quali
consolidatesi nel tempo, mortificando
l’affidamento di quanti abbiano
legittimamente confidato in una tutela
corrispondente a quell’assetto del
territorio, laddove assoggetta quella zona a
limiti di emissione acustica minori, “pregiudicando
le esigenze dei soggetti che operano nel
settore industriale ove lo stesso
legislatore ha consentito più elevati
livelli di rumorosità in considerazione
delle esigenze scaturenti dalla natura
dell’attività svolta” (cfr., TAR
Lombardia, Milano, sez. I, 24.03.2004, n.
1231).
In definitiva, l’esclusiva valenza
industriale del territorio ove è ubicato lo
stabilimento della Cartiera ben avrebbe
preteso la sua collocazione nella superiore
classe VI.
Circa i piani di risanamento acustico
disciplinati dagli artt. 4 e 7 della legge
n. 447 del 1995 si osserva che la
giurisprudenza ha riconosciuto
l’illegittimità di quei piani di
zonizzazione che abbiano omesso di
predisporre le azioni di risanamento, posto
che “la ratio sembra da far risalire al
fatto che, da un lato, la classificazione
acustica del territorio comunale è
finalizzata al raggiungimento nel tempo
(anche attraverso lo strumento costituito
dai piani di risanamento) di valori di
qualità dell’ambiente, quali quelli indicati
dalla legge - quadro (si legga l’art. 2,
comma 1, lettera h) e dai decreti attuativi;
il che rappresenta un obiettivo opportuno e
desiderabile per l’intera comunità.
Dall’altro lato, l’accostamento di aree non
contigue è una scelta di piano dovuta alla
impossibilità di rispettare il divieto. Il
legislatore pertanto ha voluto evitare che,
in queste ipotesi (impossibilità di evitare
l’accostamento critico), i costi del
risanamento acustico, i cui risultati
positivi si riverberano sull’intera comunità
interessata, ricadano esclusivamente sui
privati proprietari delle aree coinvolte”
(cfr., TAR Piemonte, sez. II, 13.12.2005, n.
3966) (TRGA
Trentino Alto Adige-Trento,
sentenza 24.10.2008 n. 271 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Schiamazzi notturni, ordinanza
sindacale di necessità, presupposti,
legittimità.
Gli schiamazzi
notturni degli avventori di un esercizio
pubblico possono essere un elemento in base
al quale il Sindaco adotta un’ordinanza di
necessità, allorché il disagio provocato
agli abitanti del posto raggiunge un grado
di intollerabilità, oggettivamente
accertato, tale da assurgere a una forma di
vero e proprio inquinamento acustico con
danno alla salute delle persone.
La mancata comunicazione di avvio del
procedimento nel caso di ordinanza di
necessità non rileva laddove, rammentata la
finalità a base dell’art. 7 della legge 241
del 1990 di rendere edotto l’interessato
dell’esistenza di un procedimento, essa
risulta raggiunta in sede di accertamenti
compiuti dai vigili urbani, i quali a tale
compito –nella fattispecie– assolvono
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 25.09.2008 n. 4041 -
link a www.altalex.com). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Rumore
- Se il comune non ha provveduto alla
prescritta zonizzazione acustica, resta
preclusa l’operatività del criterio
“differenziale".
Come questa Sezione ha già avuto occasione
di rilevare (sent. 04/05/2005 n. 244 e la
recentissima 21/05/2008 n. 259), la
prevalente giurisprudenza è dell’avviso che,
nelle more della classificazione del
territorio comunale ai sensi dell’art. 6,
comma 1, lett. a) della L. n. 447 del 1995,
siano operativi i limiti c.d. “assoluti” di
rumorosità, ma non anche quelli c.d.
“differenziali” (v. TAR Puglia –LE- sez. I^,
13/06/2007 n. 2334; TAR Friuli V.G.
29/06/2005 n. 578; TAR Lombardia –MI- sez.
I^, 01/03/2004 n. 813; TAR Veneto, sez. III^,
31/03/2004 n. 847).
Alla base di tale indirizzo è l’univoca
formulazione dell’art. 8, comma 1, del
D.P.C.M. 14/11/1997, secondo cui: “In
attesa che i comuni provvedano agli
adempimenti previsti dall’art. 6, comma 1,
lett. a) della legge 26.10.1995 n. 447,
si applicano i limiti di cui all’art. 6,
comma 1, del decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri 01.03.1991”.
Da tale norma si evince che, ove si fosse
voluto far sopravvivere integralmente il
regime transitorio di cui all’art. 6 del
decreto: primo comma relativo ai c.d. limiti
“assoluti” e secondo comma relativo ai c.d.
limiti “differenziali”, sarebbe stato
evidentemente necessario operare il rinvio
ad ambedue le fattispecie.
D’altra parte, non persuade la tesi
ministeriale (v. circolare Min. Ambiente e
Tutela del Territorio del 14/11/1997) che,
per giustificare il silenzio della norma,
adduce la diretta applicabilità dei limiti
“differenziali” perché ancorati, quanto al
loro ambito di riferimento, ad una
suddivisione del territorio (aree diverse da
quelle esclusivamente “industriali”) che si
ricaverebbe “ex se” dalla disciplina
urbanistica, si da non richiedere una
specifica norma che ne autorizzi
l’operatività “medio tempore”.
In realtà, già nella vigenza del D.P.C.M.
01/03/1991 i limiti “differenziali” erano
circoscritti alle zone non esclusivamente
industriali e, ciò nonostante, si era
avvertita la necessità di effettuarne un
esplicito richiamo al fine di garantirne
l’operatività fin dalla fase transitoria,
con la conseguenza che il rinvio operato al
solo primo comma dell’art. 6 depone
inequivocabilmente per una scelta normativa
che vuole ora subordinare l’applicabilità
del criterio “differenziale”
all’introduzione della disciplina a regime,
e cioè all’adozione del piano comunale di
zonizzazione acustica (v. TAR Emilia -
Romagna –PR- 21/05/2008 n. 259 cit.).
Pertanto, non avendo il Comune di Reggio
Emilia provveduto alla prescritta
zonizzazione acustica, resta preclusa, allo
stato, l’operatività del più vote citato
criterio “differenziale”, con conseguente
illegittimità dell’ordinanza impugnata
fondata sull’accertato superamento dei
limiti differenziali di immissioni acustiche
(TAR Emilia Romagna-Parma,
sentenza 18.09.2008 n. 385
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Immissioni rumorose,
intollerabilità, obbligo risarcitorio,
sussistenza, danni.
Le campane
della parrocchia che suonano troppo spesso
possono provocare danni non patrimoniali
risarcibili, del tipo biologico, morale e da
lesioni di diritti di rilievo costituzionale
(Tribunale di Chiavari,
sentenza 09.08.2008 n. 373 - link
a www.altalex.com). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Rumore.
Traffico veicolare.
Nel caso di immissioni sonore intollerabili dovute a traffico
veicolare lungo una pubblica via, può ordinarsi in via cautelare
all'Ente gestore della strada stessa (nella specie, l'ANAS) la riduzione
del livello di rumorosità nel rispetto dei limiti sanciti dal D.P.R. n.
142/2004, mediante installazione al margine della carreggiata di
barriere antirumore fonoassorbenti (Tribunale di Modena,
ordinanza 08.04.2008
- link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Rumore.
Ordinanza sindacale ex art. 9 L. 447/1995.
Appare sufficiente anche la segnalazione di un solo cittadino
per consentire al Comune di intervenire per reprimere le violazioni alla
disciplina sull’inquinamento acustico, utilizzando a tal scopo lo
specifico –ed unico peraltro– strumento messo a disposizione dalla
legislazione speciale in materia (legge 447/1995), vale a dire
l’ordinanza di cui all’art. 9 della medesima legge 447/1995
(TAR Lombardia-Milano, Sez. IV,
sentenza 02.04.2008 n. n. 715
- link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
1. Poteri del Sindaco - Emissione di
Ordinanza ex art. 9 L. n. 447/1995 - Sulla
base di un solo esposto - Legittimità.
2. Attività di somministrazione alimenti e
bevande - Senza fini di lucro - Rispetto dei
limiti di emissione acustica - Necessità.
1. E' legittima l'Ordinanza del Sindaco
emessa ex art. 9 L. n. 447/1995 anche se
adottata sulla base dell'esposto di una sola
famiglia (TAR Puglia, Lecce Sez. I, 08.06.2006, n. 3340 e Sez. I, 24.01.2006, n.
488, nelle quali si mette altresì in luce
come l'art. 9 della succitata legge è
l'ordinario rimedio in materia di
inquinamento acustico, non prevedendo la
citata legge altri strumenti a disposizione
delle Amministrazioni comunali).
2.
Il rispetto dei limiti differenziali di
immissione acustica riguarda tutte le
attività che, per le proprie intrinseche
caratteristiche e per la struttura
organizzativa necessaria al loro
svolgimento, sono idonee alla produzione di
immissioni sonore inquinanti, non rilevando
la natura di enti senza fine di lucro degli
stessi
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
IV,
sentenza
02.04.2008 n.
715). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: INQUINAMENTO
ACUSTICO - Ordinanza ex art. 9 L. n. 447/1995 - Segnalazione di un solo
singolo cittadino - Sufficienza.
Anche la segnalazione di un solo cittadino è sufficiente, ai fini
dell’adozione dei provvedimenti repressivi conseguenti alle violazioni
alla disciplina sull’inquinamento acustico da parte del sindaco, il
quale può avvalersi delle specifico strumento messo a disposizione dalla
legislazione speciale in materia, vale a dire l’ordinanza di cui
all’art. 9 della legge 447/1995 (cfr., quanto alla legittimità di
un’ordinanza ex art. 9 citato a seguito di un esposto di una sola
famiglia, TAR Puglia, Lecce, sez. I, 08.06.2006, n. 3340 e sez. I,
24.01.2006, n. 488).
INQUINAMENTO ACUSTICO - Limiti differenziali di immissione sonora
ex art. 4 D.P.C.M. 14.11.1997 - Enti senza scopo di lucro - Osservanza
dei limiti - Fondamento.
Il rispetto dei limiti differenziali di immissione acustica di cui
all’art. 4 del D.P.C.M. 14.11.1997 riguarda tutte le attività che, per
le proprie intrinseche caratteristiche e per la struttura organizzativa
necessaria al loro svolgimento, sono idonee alla produzione di
immissioni sonore inquinanti. Ne deriva che l’attività di
somministrazione di alimenti e bevande, anche se svolta da enti senza
scopo di lucro, non può sfuggire al necessario rispetto do tali limiti (cfr.
circolare del Ministero dell’Ambiente del 06.09.2004, punto 3 e, in
giurisprudenza, TAR Basilicata, 02.01.2008, n. 5) (TAR Lombardia-Milano,
Sez. IV,
sentenza 02.04.2008 n. 715
- link a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Anche
un solo esposto, in materia di inquinamento acustico, legittima
l'adozione dell'ordinanza ex art. 9 L. n. 447/1995.
L’art. 15 della legge regionale 13/2001, dopo aver attribuito ai comuni
e alle province l’attività di vigilanza e controllo in materia di
inquinamento acustico (comma 1°), ha cura di precisare che per tale
attività le Amministrazioni effettuano precise richieste all’ARPA (il
che è avvenuto nel caso di specie), <<privilegiando le segnalazioni,
gli esposti, le lamentele presentate dai cittadini residenti in ambiti
abitativi o esterni prossimi alla sorgente di inquinamento acustico>>
(comma 2°).
Ciò premesso, appare sufficiente anche la segnalazione di un solo
cittadino per consentire al Comune di intervenire per reprimere le
violazioni alla disciplina sull’inquinamento acustico, utilizzando a tal
scopo lo specifico –ed unico peraltro– strumento messo a disposizione
dalla legislazione speciale in materia (legge 447/1995), vale a dire
l’ordinanza di cui all’art. 9 della medesima legge 447/1995.
Del resto, la più recente giurisprudenza ha ammesso la legittimità di
un’ordinanza ex art. 9 citato anche se adottata a seguito di un esposto
di una sola famiglia (TAR Puglia, Lecce, sez. I, 08.06.2006, n. 3340 e
sez. I, 24.01.2006, n. 488, nelle quali si mette altresì in luce come
l’art. 9 della legge 447/1995 rappresenti per così dire l’ordinario
rimedio in materia di inquinamento acustico, non prevedendo la citata
legge altri strumenti a disposizione delle Amministrazioni comunali e
TAR Lombardia, Milano, sez. IV, 27.12.2007, n. 6819).
Il potere di ordinanza comunale in materia costituisce espressione della
potestà regolatoria volta a conformare l’attività privata al rispetto
dei limiti di emissione acustica nell’ambito del territorio comunale;
tale potere conformativo può manifestarsi, come del resto è avvenuto
nella presente fattispecie, anche attraverso l’obbligo per il
responsabile delle immissioni rumorose di ridurre o rimodulare l’orario
della propria attività fonte delle suddette immissioni.
Neppure potrebbe sostenersi, come vorrebbero le ricorrenti, che il
Comune avrebbe dovuto ricorrere a rimedi alternativi rispetto alla
riduzione di orario: l’Amministrazione ha infatti imposto l’adozione di
adeguata misure di insonorizzazione, fermo restando, nelle more della
loro realizzazione, la variazione dell’orario di apertura.
La mancata previsione di un termine certo di durata degli effetti
dell’ordinanza impugnata non ne mina la legittimità: trattandosi di
ordinanza contingibile ed urgente ex art. 9 legge 447/1995, non appare
infatti illegittima la fissazione di un termine di efficacia subordinata
alla realizzazione, da parte del responsabile dell’inquinamento, delle
opere necessarie per il rispetto dei limiti di emissione sonora.
Il rispetto dei limiti differenziali di immissione di cui all’art. 4 del
DPCM 14.11.1997 riguarda tutte le attività che, per le proprie
intrinseche caratteristiche e per la struttura organizzativa necessaria
al loro svolgimento, sono idonee alla produzione di immissioni sonore
inquinanti. In tal senso l’attività di somministrazione di alimenti e
bevande, anche se svolta da enti asseritamente senza scopo di lucro, non
può sfuggire al necessario rispetto dei limiti di cui all’art. 4 del
DPCM 14.11.1997 (cfr. circolare del Ministero dell’Ambiente del
06.09.2004, punto 3 e, in giurisprudenza, TAR Basilicata, 02.01.2008, n.
5).
Se si tiene conto della finalità propria dell’ordinanza ex art. 9 legge
447/1995, come sopra esposto, non appare certo illegittimo un
provvedimento di limitazione dell’orario di un’attività di
somministrazione che, per le proprie caratteristiche di svolgimento,
comporta la produzione di immissioni rumorose anche nello spazio
immediatamente prospiciente all’ingresso del locale, vista addirittura
la sostanziale prosecuzione dell’attività oltre l’orario massimo di
chiusura (TAR Lombardia-Milano, Sez. IV,
sentenza 02.04.2008 n. 715 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA: INQUINAMENTO
ACUSTICO - Assetto urbanistico - Profilo funzionale - Rapporti tra gli
strumenti urbanistici e la classificazione acustica.
La normativa di riferimento in materia di inquinamento acustico
valorizza il profilo funzionale, inteso ad assicurare la vivibilità dei
luoghi preservandoli da fonti di inquinamento acustico: l’impianto
normativo dunque assume ad indice quantitativo l’assetto urbanistico
attuale, e lo integra con quello qualitativo della fruizione collettiva
dei luoghi per il miglioramento delle condizioni di vita. La stessa L.r.
Lombardia 13/2001, all’art. 4, stabilisce che ogni Comune assicura il
“coordinamento” tra la classificazione acustica e gli strumenti
urbanistici, esigendo pertanto l’integrazione tra i due strumenti senza
prescrivere una perfetta sovrapposizione.
INQUINAMENTO ACUSTICO - Piano di zonizzazione acustica - Strumento
di pianificazione - Potestà discrezionale dell’amministrazione.
La giurisprudenza inquadra il Piano di zonizzazione acustica del
territorio comunale tra i regolamenti, configurando un atto di natura
generale a contenuto normativo che disciplina i diversi indici di
tollerabilità dei rumori per ciascuna zona. Al suddetto strumento di
pianificazione viene pertanto associato l’indirizzo elaborato con
riguardo alla motivazione del P.R.G., e si ritiene che l’amministrazione
abbia un’ampia potestà discrezionale nella programmazione acustica del
territorio, senza necessità di dare conto in modo specifico delle scelte
adottate in ordine alla classificazione delle singole aree, salva la
coerenza con i principi legislativi e con le linee generali poste a base
della formazione del Piano stesso (T.A.R. Lombardia Milano, sez. II -
07/04/2005 n. 751).
INQUINAMENTO ACUSTICO - Azzonamento - Contiguità di aree con
classificazioni non progressive - Irragionevolezza.
Un corretto procedimento di azzonamento acustico deve necessariamente
muovere dalla considerazione che la qualificazione e il dimensionamento
delle zone in cui il territorio viene suddiviso sono condizionati in
misura determinante dalla tipologia delle sorgenti sonore presenti nelle
zone stesse, dai livelli di rumore prodotti da quelle e quindi anche
dallo spazio occorrente per garantirne un adeguato abbattimento, in
quanto la diminuzione dei livelli di rumore - pur se agevolata ed
accentuata dall’eventuale installazione di strumenti idonei a tale scopo
- interviene progressivamente in relazione alla distanza dalla fonte
delle emissioni: risulta quindi irragionevole un azzonamento che preveda
la contiguità di aree aventi classificazioni non progressive, quantomeno
nel caso in cui le aree nelle quali sono consentiti più elevati livelli
di rumorosità non sono dimensionate in modo da assicurare un effettivo e
consistente abbattimento degli stessi al confine.
INQUINAMENTO ACUSTICO - Tutela dell’affidamento - Attività
economiche già insediate sul territorio - Modifiche restrittive alla
zonizzazione - Esclusione - Rilevanza al fine delle graduazioni delle
misure di bonifica.
In materia di rumore la tutela dell’affidamento è necessariamente
ridotta, in quanto gli interessi protetti dalla normativa contro
l’inquinamento acustico, desumibili dall’art. 2 comma 1 lett. a) della
legge 447/1995 -ossia tutela del riposo e della salute, conservazione
degli ecosistemi, dei beni materiali, dei monumenti, dell'ambiente
abitativo e dell'ambiente esterno- non sono recessivi rispetto alle
attività economiche, ma al contrario il loro contenuto si espande per
effetto delle innovazioni tecnico-scientifiche sopravvenute in grado di
definire e misurare più esattamente il disturbo provocato dalle fonti di
rumore. L’esigenza di salvaguardare le attività economiche già insediate
sul territorio non può quindi impedire modifiche più restrittive alla
zonizzazione acustica, ma è un elemento da tenere in considerazione (in
particolare quando i gestori abbiano eseguito degli interventi di
mitigazione) per graduare in concreto le misure di bonifica (cfr.
sentenza Sezione 16/10/2007 n. 907) (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 02.04.2008 n. 348
- link a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Pianificazione acustica
- Affidamento - Tutela - E' ridotta -
Interessi protetti - Non sono recessivi -
Modifiche più restrittive - Legittimità.
In materia di pianificazione acustica la
tutela dell'affidamento è necessariamente
ridotta, in quanto gli interessi protetti
dalla normativa contro l'inquinamento
acustico, desumibili dall'art. 2, co. 1,
lett. a), L. 447/1995 -ossia tutela del
riposo e della salute, conservazione degli
ecosistemi, dei beni materiali, dei
monumenti, dell'ambiente abitativo e
dell'ambiente esterno- non sono recessivi
rispetto alle attività economiche, ma al
contrario il loro contenuto si espande per
effetto delle innovazioni
tecnico-scientifiche sopravvenute in grado
di definire e misurare più esattamente il
disturbo provocato dalle fonti di rumore.
L'esigenza di salvaguardare le attività
economiche già insediate sul territorio non
può quindi impedire modifiche più
restrittive alla zonizzazione acustica, ma è
un elemento da tenere in considerazione (in
particolare quando i gestori abbiano
eseguito degli interventi di mitigazione)
per graduare in concreto le misure di
bonifica
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia,
sentenza
02.04.2008 n.
348
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: R.
Amoruso,
Intollerabilità delle immissioni e danno esistenziale
(link a www.altalex.com). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: RUMORE:
La previsione di limiti di immissione entro
le fasce di pertinenza delle infrastrutture
ferroviarie, non comporta l'inderogabile
necessità di procedere ad una nuova
zonizzazione di tutte le aree ad esse
adiacenti, in quanto, in base alla citata
normativa statale, all'interno delle fasce
di pertinenza si verifica una deroga ai
limiti di livello sonoro propri della zona.
In linea generale, non è necessario che
tutte le aree in prossimità di linee
ferroviarie siano poste esclusivamente in
classe IV, dovendo essere valutata
l'intensità e il tipo di traffico, le
caratteristiche specifiche di utilizzo della
linea e quelle insediative delle aree ad
essa più prossime, con la conseguenza che
può essere adottata la classe lll e quindi
non necessariamente la IV, nel caso si
tratti di linee con un piccolo numero di
transiti in periodo diurno e quasi in
assenza di traffico ferroviario in periodo
notturno.
Contrariamente a quanto affermato dal
Comune, la previsione di limiti di
immissione entro le fasce di pertinenza
delle infrastrutture ferroviarie, non
comporta l'inderogabile necessità di
procedere ad una nuova zonizzazione di tutte
le aree ad esse adiacenti, in quanto, in
base alla citata normativa statale,
all'interno delle fasce di pertinenza si
verifica una deroga ai limiti di livello
sonoro propri della zona (cfr. per
un'analoga fattispecie, anche se relativa
alle fasce di pertinenza della viabilità
stradale, Tar Trentino Alto Adige, Trento,
20.12.2004, n. 419).
Ciò risulta evidente anche dall’esame della
normativa regionale successivamente
intervenuta che, senza effetto innovativo,
ha riconfermato espressamente tale
principio.
In particolare l'art. 2, comma 3, della
legge regionale 10.08.2001, n. 13, recante "Norme
in materia di inquinamento acustico",
nel demandare alla Giunta regionale il
compito di definire, con proprio
provvedimento, i criteri tecnici di
dettaglio per la redazione della
classificazione acustica del territorio
comunale, alla lett. e), stabilisce che non
possono essere comprese in classe inferiore
alla IV, per le distanze inferiori a cento
metri, le aree che si trovino all’interno
delle fasce di pertinenza delle
infrastrutture ferroviarie, con la
specificazione tuttavia che tale
prescrizione vale solo per le linee
ferroviarie di grande comunicazione.
Inoltre la deliberazione della Giunta
regionale 12.07.2002, n. 7/9776, recante
l'approvazione del documento «Criteri
tecnici di dettaglio per la redazione della
classificazione acustica del territorio
comunale», pubblicata nel Bollettino
Ufficiale del 15.07.2002, n. 29, ha
espressamente riprodotto, dando quindi atto
dell’insussistenza di una portata innovativa
della normativa statale sopravvenuta, le
indicazioni già contenute nella
deliberazione della Giunta regionale del
25.06.1993, n. 5/37724. La tesi del Comune
secondo cui il DPR 18.11.1998, n. 459
avrebbe comportato, sul punto specifico, la
caducazione della deliberazione della Giunta
regionale 25.06.1993, n. 5/37724, risulta
pertanto priva di fondamento.
Il paragrafo 2.2, chiarisce infatti che
l'allegato A del DPCM 14.11.1997, indica la
classe IV per le aree poste in prossimità di
linee ferroviarie, ma che tuttavia ciò non
esclude che, in prossimità delle suddette
infrastrutture, possano essere assegnate le
classi V e VI, qualora esistano o siano
previsti insediamenti industriali o centri
commerciali, oppure, come nel caso di linee
ferroviarie locali, possa, invece, essere
attribuita la classe III se le
caratteristiche delle aree vicine
all’infrastruttura ferroviaria e quelle del
traffico che si svolge sulla stessa lo
rendono possibile; fermo restando che per le
sole linee ferroviarie di grande
comunicazione, per le quali si ha presenza
di traffico ferroviario anche in periodo
notturno, non può essere determinata una
classe inferiore alla IV nella fascia di
territorio distante meno di cento metri
dalla linea ferroviaria.
Con indicazione ancor più di dettaglio,
viene inoltre precisato che, in linea
generale, non è necessario che tutte le aree
in prossimità di linee ferroviarie siano
poste esclusivamente in classe IV, dovendo
essere valutata l'intensità e il tipo di
traffico, le caratteristiche specifiche di
utilizzo della linea e quelle insediative
delle aree ad essa più prossime, con la
conseguenza che può essere adottata la
classe lll e quindi non necessariamente la
IV, nel caso si tratti di linee con un
piccolo numero di transiti in periodo diurno
e quasi in assenza di traffico ferroviario
in periodo notturno
(TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 25.03.2008 n. 340 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: INQUINAMENTO
ACUSTICO - Fasce di pertinenza delle infrastrutture ferroviarie -
Obbligo di procedere a nuova zonizzazione acustica - Classe non
inferiore alla IV - Esclusione.
La previsione di limiti di immissione entro le fasce di pertinenza delle
infrastrutture ferroviarie, non comporta l'inderogabile necessità di
procedere ad una nuova zonizzazione di tutte le aree ad esse adiacenti
-con inclusione in classe non inferiore alla IV- in quanto, in base al
DPR 18.11.1998, n. 459, recante norme in materia di inquinamento
acustico derivante da traffico ferroviario, all'interno delle fasce di
pertinenza si verifica una deroga ai limiti di livello sonoro propri
della zona (cfr. Tar Trentino Alto Adige, Trento, 20.12.2004, n. 419)
(TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 25.03.2008 n. 340
- link a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Inquinamento
acustico, aree adiacenti alla linea ferroviaria, limiti alle immissioni.
In tema di limiti di immissione entro le fasce di pertinenza delle
infrastrutture ferroviarie, occorre considerare le caratteristiche
specifiche di utilizzo della linea e quelle insediative delle aree ad
essa più prossime al fine di una corretta classificazione delle aree
adiacenti la linea ferroviaria (TAR
Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza
25.03.2008 n. 340
- link a www.altalex.com). |
AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA: Nessuna
norma di legge attribuisce ai comuni il
potere di vietare l’esercizio di determinate
attività economiche in relazione al
possibile pericolo di inquinamento acustico.
Il D.P.C.M. 14.11.1997 e l’art. 6 della
legge n. 447 del 1995 non attribuiscono ai
comuni il potere di vietare l’esercizio di
determinate attività economiche in relazione
al possibile pericolo di inquinamento
acustico.
Le attività artigianale sono naturalmente
destinate ad essere svolte in zona
artigianale ed un divieto di esercizio di
tali attività in zona artigianale assume di
fatto la natura di un divieto generalizzato
su tutto il territorio comunale
(TAR Veneto, Sez. II,
sentenza 21.03.2008 n. 746 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Rumore.
Circoli ricreativi privati.
In tema di limiti pubblicistici alle emissione sonore mentre
per i valori limite assoluti l’art. 8, comma 1, DPCM
14.11.1997 prevede che, in attesa della classificazione del
territorio da parte dei Comuni in zone (ai sensi dell’art.
6, comma 1, lett. a, L. n. 447/1995, previa adozione di
appositi criteri con Legge Regionale), trovano applicazione
i limiti del previgente DPCM 1.3.1991, per i valori limiti
differenziali trova immediata applicazione l’art. 4, comma
1, DPCM 14.11.1997 il quale fissa tali limiti differenziali
in 5 dB per il periodo diurno (dalle ore 6,00 fino alle ore
22,00) e in 3 dB per il periodo notturno (dalle ore 22,00
fino alle ore 6,00). I suddetti valori limiti differenziali
si applicano anche ai circoli ricreativi privati in quanto
tali circoli vanno equiparati, indipendentemente dalle
finalità di lucro, alle attività commerciali e/o
professionali ex art. 4, comma 3, DPCM 14.11.1997 (cfr.
punto 3 della Circolare Ministero Am-biente del 06.09.2004,
pubblicata nella G.U. del 15.09.2004)
(TAR Basilicata, Sez. I,
sentenza 02.01.2008 n. 5
- link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: INQUINAMENTO
ACUSTICO - Limiti differenziali - Art. 4, c. 3 DPCM
14.11.1997 - Applicabilità immediata.
In tema di limiti pubblicistici alle emissione sonore,
mentre per i valori limite assoluti l’art. 8, comma 1, DPCM
14.11.1997 prevede che, in attesa della classificazione del
territorio da parte dei Comuni in zone (ai sensi dell’art.
6, comma 1, lett. a, L. n. 447/1995, previa adozione di
appositi criteri con Legge Regionale), trovano applicazione
i limiti del previgente DPCM 01.03.1991, per i valori limiti
differenziali trova immediata applicazione l’art. 4, comma
1, DPCM 14.11.1997 (cfr. TAR Toscana Sez. II Sent. n. 39 del
24.01.2003; TAR Bologna Sez. II Sent. n. 634 del
23.11.1999), il quale fissa tali limiti differenziali in 5
dB per il periodo diurno (dalle ore 6,00 fino alle ore
22,00) e in 3 dB per il periodo notturno (dalle ore 22,00
fino alle ore 6,00).
INQUINAMENTO ACUSTICO - Valori limiti differenziali -
Art. 4, c. 3 DPCM 14.11.97 - Circoli ricreativi privati -
Applicabilità - Equiparazione alle attività commerciali.
I valori limiti differenziali di cui all’art. 4, c. 1 DPCM
14.11.1997 si applicano anche ai circoli ricreativi privati
in quanto tali circoli vanno equiparati, indipendentemente
dalle finalità di lucro, alle attività commerciali e/o
professionali ex art. 4, comma 3, DPCM 4.11.1997 (cfr. punto
3 della Circolare Ministero Ambiente del 6.9.2004,
pubblicata nella G.U. del 15.09.2004).
INQUINAMENTO ACUSTICO - Ordinanza contingibile e
urgente - Art. 9 L. n. 447/1995 - Presupposti.
A seguito delle risultanze dei rilievi fonometrici eseguiti
dalla competente ARPA e dell’inerzia del responsabile, è
legittima l’ordinanza contingibile e urgente che intervenga
a porre urgente riparo alla grave lesione del diritto ala
salute determinato dall’inquinamento acustico (art. 9 L. n.
447/1995), ove non sia possibile provvedere altrimenti (cioè
con altri rimedi di carattere amministrativo, previsti
dall’ordinamento vigente, oppure con misure alternative che
impongono un minore sacrificio al responsabile) e ove il
provvedimento assuma carattere temporaneo (in quanto preveda
l’estinzione della sua efficacia non appena eseguiti i
provvedimenti necessari al fine di impedire il superamento
dei valori limiti differenziali) (TAR Basilicata, Sez. I,
sentenza 02.01.2008 n. 5
- link a www.ambientediritto.it). |
anno 2007 |
|
AMBIENTE-ECOLOGIA:
1. Zonizzazione
acustica - Coordinamento con gli strumenti
urbanistici - Necessita e Limiti
2 Inquinamento Acustico - Ordinanza contingibile e urgente - A seguito
dell'esposto di un singolo cittadino -
Legittimità.
1. Ai sensi della L.R. Lombardia 10.08.2001, n. 13, sui Comuni grava l'onere di
assicurare 'il coordinamento tra la
classificazione acustica e gli strumenti urbanistici'. L'utilizzo dell'espressione
coordinamento', impedisce di ritenere che la
zonizzazione acustica rifletta
meccanicamente la classificazione
urbanistica, ciò anche in ragione delle
diverse finalità a cui rispondono i piani di
zonizzazione acustica, che tutelano la
salute e il benessere delle persone in
relazione all'inquinamento acustico,
rispetto a quelle della pianificazione
urbanistica, che persegue variegati e
complessi scopi di ordinato e razionale
sviluppo del territorio e delle attività in
esso svolte.
Conseguentemente, la zonizzazione acustica
non può limitarsi ad una mera fotografia'
dell'esistente pianificazione delle zone
urbanistiche, ma deve prevedere una
classificazione che, pur tenendo conto della
pianificazione predetta, si faccia carico di
quelle situazioni territoriali ed ambientali
in cui la contiguità e vicinanza fra
distinte zone urbanistiche renda impossibile
l'automatico adeguamento alle zone stesse.
2. Ai sensi dell'art. 9 della L. 447/1995
(Legge quadro sull'inquinamento acustico), è
pienamente legittima l'ordinanza
contingibile e urgente adottata dal Comune a
seguito della segnalazione di un solo
cittadino. Al contrario, si arriverebbe alla
paradossale conseguenza di precludere al
Comune, pur in presenza di pacifiche e
conclamate violazioni dei limiti di
immissione acustica, ogni intervento
repressivo, atteso che l'art. 9 della legge
447/1995 rappresenta l'ordinario rimedio in
materia di inquinamento acustico, non
prevedendo la citata legge altri strumenti a
disposizione delle Amministrazioni comunali
(Cfr. TAR Puglia, Lecce, Sez. I, 08.06.2006, n. 3340 e Sez.
I, 24.01.2006, n. 488) (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV,
sentenza 27.12.2007 n. 6819
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: INQUINAMENTO
ACUSTICO - Tutela della quiete pubblica - Interesse
prevalente sugli interessi commerciali dei pubblici esercizi
- Limitazione degli orari di apertura - Legittimità.
L’interesse alla quiete pubblica, strettamente connessa alla
salute individuale e collettiva, prevale sugli interessi
commerciali dei pubblici esercizi, e sulla gratificazione
dei loro frequentatori: una volta accertata la lesione di
quel bene, detta prevalenza impone alle autorità preposte di
avvalersi di ogni strumento idoneo a tutelarlo, inclusa
senza dubbio la limitazione degli orari di apertura.
INQUINAMENTO ACUSTICO - Ordinanza contingibile e
urgente ex art. 54, c. 3, T.U.E.L.- Efficacia temporalmente
limitata - Mancata previsione di una scadenza finale -
Illegittimità.
In materia di tutela della quiete pubblica, deve ritenersi
illegittima l’ordinanza contingibile e urgente emanata ex
art. 54, c. 3 del d.lgs. n. 267/2000, priva di una scadenza
finale adeguatamente prestabilita. Tali ordinanze, infatti,
“oltre al carattere della contingibilità, intesa come
urgente necessità di provvedere con efficacia ed
immediatezza in casi di pericolo attuale od imminente,
presentano il carattere della provvisorietà, intesa nel
duplice senso di imposizione di misure non definitive e di
efficacia temporalmente limitata. Sicché oltre a non
ammettersi che le ordinanze in questione vengano emanate per
fronteggiare esigenze prevedibili e permanenti non è ammesso
che le stesse vengano adottate per regolare stabilmente una
situazione od assetto di interessi “(Consiglio Stato, sez.
VI, 09.02.2001, n. 580; TAR LAZIO, Roma, Sez. III,
15.09.2006, n. 8614). È poi vero che la misura urgente può,
in relazione al suo contenuto concreto, avere l’attitudine a
produrre conseguenze non provvisorie, e non per questo
diviene illegittima. Tuttavia, una cosa è che un ordine non
abbia scadenza; altra che, nel periodo prestabilito in cui
l’ordine è vigente, esso produca effetti destinati a
persistere oltre la scadenza dell’ordine stesso, ciò che è
ben possibile (TAR Veneto, Sez. III,
sentenza 30.11.2007 n. 3807
- link a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rumore. Esercizi commerciali.
L’interesse alla quiete pubblica, strettamente connessa alla
salute individuale e collettiva, prevalga sugli interessi
commerciali dei pubblici esercizi, e sulla gratificazione
dei loro frequentatori: prevalenza che, una volta comunque
accertata la lesione di quel bene, impone alle autorità
preposte di avvalersi di ogni strumento idoneo a tutelarlo,
inclusa senza dubbio la limitazione degli orari (TAR Veneto,
Sez. III,
sentenza 30.11.2007 n. 3807
- link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Can che abbaia non morde… ma disturba!
Disturbo delle persone –
cane che abbaia – isolata persona disturbata – insussistenza
[art. 659 c.p.].
Non è configurabile il reato di disturbo delle occupazioni o
del riposo delle persone, laddove la persona disturbata sia
una sola
(Corte di Cassazione, Sez. I penale,
sentenza 05.11.2007 n. 40502
- link a www.altalex.com). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA: Piano
di zonizzazione acustica - Creazione di una zona mista - E'
possibile - Necessità che le aree inserite nella medesima
zona abbiano caratteri omogenei - Sussiste.
L'art. 4, comma 1, lett. a), della legge 447/1995 fissa il
principio di omogeneità nella destinazione d'uso del
territorio.
In base a questo principio, le zone miste possono essere
individuate quando esiste un comune denominatore dato
dall'intreccio di attività diverse su una stessa porzione di
territorio.
Non è invece possibile creare un comune denominatore quando
le attività sono polarizzate, ossia quando non sono
intrecciate ma soltanto giustapposte (con destinazioni
urbanistiche distinte) e una ha un impatto acustico
nettamente prevalente rispetto alle altre.
In queste condizioni, infatti, la media della rumorosità è
un risultato artificiale che produce due conseguenze
parimenti negative: da un lato consente una maggiore e non
necessaria rumorosità in aree (in particolare quelle
residenziali) che dovrebbero avere un minore livello di
inquinamento acustico e dall'altro impone alle attività
molto rumorose oneri sproporzionati di bonifica acustica
(TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 16.10.2007 n. 907 -
massima tratta da www.solom.it - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA: Piano
di zonizzazione acustica - Variante - Possibilità di
adozione pur in assenza di modifiche dello stato dei luoghi
- Sussiste - Esigenza di tutela dell'attività economica - E'
recessiva.
Non deve ravvisarsi contraddittorietà nell'adozione di una
variante ad un piano di zonizzazione acustica pur in assenza
di mutamento dello stato dei luoghi rispetto alla precedente
zonizzazione. La tutela dell'affidamento rispetto alle
zonizzazioni precedenti è necessariamente ridotta, in quanto
gli interessi protetti dalla normativa contro l'inquinamento
acustico, desumibili dall'art. 2 comma 1 lett. a) della
legge 447/1995 (ossia tutela del riposo e della salute,
conservazione degli ecosistemi, dei beni materiali, dei
monumenti, dell'ambiente abitativo e dell'ambiente esterno),
non sono recessivi rispetto alle attività economiche. Al
contrario il contenuto di tali interessi è soggetto ad
ampliamento in conseguenza delle innovazioni
tecnico-scientifiche sopravvenute, che definiscono e
misurano più esattamente il disturbo provocato dalle fonti
di rumore.
L'esigenza di salvaguardare le attività economiche già
insediate sul territorio non può quindi impedire modifiche
più restrittive alla zonizzazione acustica, ma è un elemento
da tenere in considerazione (in particolare quando i gestori
abbiano eseguito degli interventi di mitigazione) per
graduare in concreto le misure di bonifica (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 16.10.2007 n.
906 -
massima tratta da www.solom.it - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Circa
i presupposti di gravità e urgenza fissati dall’art. 9 della
legge 447/1995 questa Sezione ha già formulato l’opinione
che il potere-dovere di intervento del sindaco sorga
direttamente con il superamento dei limiti di emissione e
immissione previsti dal DPCM 14.12.1997, anche in assenza di
un pericolo imminente per la salute delle persone, mentre la
maggiore o minore attualità del pericolo è rilevante
principalmente per la scelta delle misure da imporre in
concreto.
Le misure a disposizione dell’amministrazione spaziano
dall’ordine di bonifica (sempre ammissibile) alla chiusura
dell’attività (ammissibile solo in presenza di particolari
ragioni di pubblico interesse).
Circa i presupposti di gravità e urgenza fissati dall’art. 9
della legge 447/1995 questa Sezione ha già formulato
l’opinione che il potere-dovere di intervento del sindaco
sorga direttamente con il superamento dei limiti di
emissione e immissione previsti dal DPCM 14.12.1997,
anche in assenza di un pericolo imminente per la salute
delle persone, mentre la maggiore o minore attualità del
pericolo è rilevante principalmente per la scelta delle
misure da imporre in concreto (v. TAR Brescia 20.11.2006 n.
1467 punti 17 e 18). Le misure a disposizione
dell’amministrazione spaziano dall’ordine di bonifica
(sempre ammissibile) alla chiusura dell’attività
(ammissibile solo in presenza di particolari ragioni di
pubblico interesse).
Nel caso in esame il Comune ha quindi
agito correttamente sulla base dei verbali dell’ARPA e ha
fatto un uso equilibrato dei propri poteri imponendo la
riduzione delle immissioni senza incidere sulla prosecuzione
dell’attività aziendale.
Lasciando alla ricorrente la
possibilità di conseguire tale riduzione attraverso un
intervento edilizio di schermatura (i cui costi non sono
proibitivi) il Comune si è poi attenuto a un’interpretazione
rigorosa del principio di proporzionalità, in quanto ha
fissato l’obiettivo di pubblico interesse senza sovrapporsi
alle valutazioni del privato circa i mezzi meno onerosi per
conseguirlo.
Queste considerazioni non possono peraltro estendersi alle
sanzioni amministrative pecuniarie irrogate ai sensi
dell’art. 10 della legge 447/1995, dal momento che sotto
tale profilo la vicenda ricade nella giurisdizione ordinaria
(TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 26.06.2007 n. 578 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA: Sussiste
la praticabilità, sotto il profilo edilizio, di una deroga
ex art. 14 del DPR 380/2001 circa la realizzazione di una
barriera antirumore a distanza non regolamentare dal
confine.
Pur essendo stata
abbandonata l’originaria qualificazione della barriera
antirumore come recinzione, sostituita da quella più
appropriata di nuova edificazione, non è stato correttamente
impostato il problema dei presupposti per la deroga ex art.
14 del DPR 380/2001, in relazione non più all’altezza ma
alla distanza dal confine.
La tesi della ricorrente secondo
cui su questo punto avrebbe dovuto pronunciarsi il consiglio
comunale è condivisibile, in quanto la predetta norma
collega la deroga all’esame dello stesso organo avente
competenza sul PRG, introducendo un’ipotesi di variante
singolare. A questo aspetto formale si aggiunge quello più
importante di diritto sostanziale che riguarda la
possibilità di definire la barriera antirumore come opera di
interesse pubblico.
Per inciso si osserva che se la prospettazione della ricorrente fosse palesemente infondata
il Comune avrebbe potuto evitare di sottoporre la questione
della deroga al consiglio comunale, in quanto gli uffici
preposti alla materia edilizia possono fare da filtro nei
confronti delle istanze che non hanno alcuna possibilità di
essere accolte.
Nel caso in esame, tuttavia, l’opera per cui è
chiesta la deroga svolge una funzione del tutto coerente con
l’interesse pubblico al rispetto dei limiti di rumorosità
vigenti nella zona. Si tratta di un obiettivo fissato
direttamente dalla legge che il Comune ha ribadito
attraverso due ordinanze rimettendo la soluzione tecnica
alla stessa ricorrente senza individuare in astratto una
specifica modalità di abbattimento delle immissioni sonore.
In sostanza, la posizione del Comune può essere divisa in
due parti. Nelle premesse il Comune (come si è visto sopra
al punto 9) effettua un corretto bilanciamento degli
interessi coinvolti, in quanto non utilizza il problema
dell’inquinamento acustico per espellere un’attività
produttiva da una zona dove la stessa è insediata da molto
tempo. Passando alle conclusioni, tuttavia, il Comune ritiene
che la presenza di un interesse privato escluda quello
pubblico, e in questo modo incorre in un vizio logico perché
abbandona la proporzione tra il fine (abbattimento della
rumorosità) e il mezzo (limiti all’attività dei privati).
È quindi necessario cancellare la decisione negativa del
Comune e affermare coerentemente con le premesse la
praticabilità sotto il profilo edilizio di una deroga ex
art. 14 del DPR 380/2001 (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 26.06.2007 n. 578 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: INQUINAMENTO
ACUSTICO - Disturbi alla quiete pubblica - Parcheggio di una
stazione di servizio - Assimilabilità ad un’area pubblica -
Fondamento - Potere del sindaco di regolamentare la sosta -
Sussistenza.
Il parcheggio di una stazione di servizio, quale opera
accessoria e complementare di una strada, è assimilabile,
per le sue caratteristiche intrinseche, ad una area pubblica
(cfr. Cass. Pen., sez. IV, 13.05.1988, che ha ritenuto
applicabile la disciplina del codice della strada ad un’area
appartenente a privati, se l'uso di essa è consentito a
tutti, essendo l'uso pubblico o privato che rende
applicabile alle aree la disciplina specifica sulla
circolazione stradale -o meno- e non già l'appartenenza
delle stesse a enti pubblici o a privati).
In quanto pertinenza stradale, sussiste quindi il potere del
sindaco di regolamentare la sosta su di esso, al non
illogico fine di impedire l’indebito utilizzo da
automobilisti e eventuali disturbi alla quiete pubblica (TAR
Lazio-Roma, Sez. II-ter,
sentenza 02.04.2007 n. 2822
- (link a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Zonizzazione - Inserimento nella stessa classe di aree
aventi valenza e destinazione diversa - Abitazioni e
insediamenti industriali - Irragionevolezza.
Non risulta ragionevole, perché non fondato su una
realistica rappresentazione della situazione considerata, un
azzonamento acustico che preveda l’inserimento nella stessa
classe di aree aventi valenza e destinazione diversa, atteso
che, in questo modo, si assoggettano tali aree agli stessi
limiti di emissione, pregiudicando le esigenze dei soggetti
che operano nel settore industriale, ove lo stesso
legislatore ha consentito più elevati livelli di rumorosità
in considerazione delle esigenze scaturenti dalla natura
dell’attività svolta. (cfr. Tar Milano n. 1231/2004)
(nella specie, l’amministrazione comunale aveva creato una
macrozona contenente parti del territorio significativamente
diverse per destinazione - zone C e D, interessate da
insediamenti industriali e da abitazioni - determinandosi ad
attribuire, nella medesima macrozona, una duplice, diversa
classificazione acustica - II e III -).
Zonizzazione - Divieto di contatto diretto di aree con
grado acustico non immediatamente consecutivo - Art. 4 L. n.
447/1995 - Procedimento - Zone cuscinetto - Piani di
risanamento acustico.
La creazione di macrozone che comprendano parti del
territorio del tutto eterogenee non può essere giustificata
dall’esigenza di rispettare il divieto, sancito
normativamente dall’art. 4 della L. 447/1995, di contatto
diretto di aree aventi grado acustico non immediatamente
consecutivo (come può avvenire quando zone urbanisticamente
qualificate produttive sono collocate a ridosso di aree
residenziali).
In tal caso, infatti, il piano di zonizzazione acustica
dovrà prevedere la realizzazione di zone cuscinetto, ovvero,
se neppure questo è praticabile, imporre piani di
risanamento acustico (TAR Veneto, Sez. III,
sentenza 24.01.2007 n. 187
- link a www.ambientediritto.it). |
anno 2006 |
|
AMBIENTE-ECOLOGIA: S.
Di Rosa,
Due punti
della circolare 06.09.2004 sui limiti
differenziali del rumore - febbraio 2006
(tratto da www.dirosambiente.it). |
anno 2005 |
|
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Inquinamento acustico. Quesito in merito
alla competenza in capo alle Amministrazioni
ai sensi della legge 447/1995 e della l.r.
13/2001
(Regione Lombardia, Direzione Generale
Qualità dell'Ambiente,
nota 23.02.2005 n. 4244 di prot.). |
anno 2003 |
|
AMBIENTE-ECOLOGIA: S.
Di Rosa e M. Del Sordo,
Amletica inquietudine:
meglio il trapano del dentista o il rumore
del suo compressore? - dicembre 2003 (nota a
commento della sentenza TAR Puglia-Bari,
Sez. I, 26.09.2003 n. 3591)
(tratto da www.dirosambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: S.
Di Rosa,
Ancora una
volta sul livello differenziale di rumore:
ripetita iuvant? - agosto 2003
(tratto da www.dirosambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: S.
Di Rosa,
Ancora
enigmatica l'applicabilità del livello
differenziale di rumore, nei comuni "non
zonizzati"? - gennaio 2003
(tratto da www.dirosambiente.it). |
anno 2000 |
|
AMBIENTE-ECOLOGIA: Sanità – Attività insalubri –
Ubicazione in zona industriale – Ordinanza
per interventi di bonifica acustica – A
tutela di zona residenziale – Illegittimità
– Ratio.
È illegittima l’ordinanza sindacale di
esecuzione di idonei interventi di bonifica
acustica degli impianti che -pur adottata a
tutela degli abitanti di una contigua zona
residenziale- ponga limitazioni
all’attività di uno stabilimento situato in
zona appositamente destinata all’industria e
le cui emissioni si collochino all’interno
dei valori all’uopo appositamente previsti;
gli inconvenienti provocati da difetti o
lacune dello strumento urbanistico
(contiguità di zone destinate allo
svolgimento di attività industriali con
insediamenti abitativi) devono essere
ascritti all'esclusiva responsabilità
dell'Autorità preposta alla disciplina
urbanistica del territorio (massima tratta
da www.sentenzetoscane.it - TAR Toscana,
Sez. II,
sentenza
14.02.2000 n. 170 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
|