dossier
EDICOLA FUNERARIA/CAPPELLA CIMITERIALE |
anno 2017 |
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EDILIZIA PRIVATA:
E' acclarata in
giurisprudenza l’applicabilità del DPR 380/2001 ai cimiteri
costruiti su area di proprietà privata.
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Con il ricorso in esame l’Arciconfraternita SS. Annunziata e S. Giuseppe
impugna il provvedimento in epigrafe del Comune di Marano di
Napoli recante il diniego della variante al permesso di
costruire n. 372/2011 chiesta dalla ricorrente in data 31.12.2014 per aggiungere, all’interno dei volumi già
autorizzati col citato permesso di costruire (concernente
l’ampliamento della Congrega della SS. Annunziata e di S
Giuseppe mediante costruzione di un piano in sopraelevazione
al corpo retrostante), n. 466 urne cinerarie da distribuire
nella fascia sovrastante i nuovi loculi e tumuli ed in
corrispondenza della pilastratura.
Il diniego di variante è stato motivato osservando che «la
realizzazione delle urne cinerarie nel piano cimiteriale
approvato con delibera di C.C. n. 6/2009 prevede la
realizzazione delle stesse nelle zone indicate in
planimetria con la sigla "CI” posizionate nei quadrati di
inumazione posti ai lati del viale principale di accesso e
quindi in aree riservate al Comune. Il dimensionamento di
tali aree soddisfa la realizzazione delle 686 urne cinerarie
(750-64) per lo sviluppo dell'intera previsione quantificata
nel piano. A ciò si aggiunge che per le congreghe private
risulta autorizzabile in via transitoria la realizzazione di
soli loculi come indicato nell'art. 15 delle norme di
attuazione del piano cimiteriale».
Il ricorso è affidato a quattro motivi di censura con i
quali, denunciando violazione di legge ed eccesso di potere
sotto più profili, la ricorrente Arciconfraternita sostiene,
in sintesi, che:
1) la variante sarebbe stata approvata per
silenzio assenso a seguito dell’inutile decorso del termine
di cui all’art. 20 del DPR n. 380/2001, esclusa la ricorrenza
nella fattispecie di vincoli relativi all'assetto
idrogeologico, ambientali, paesaggistici o culturali, ragion
per cui, per rimuovere gli effetti della variante assentita,
l’amministrazione doveva esperire i poteri di autotutela;
2)
l’intervento programmato poteva essere assentito anche
mediante S.C.I.A. postuma, trattandosi di variante non
essenziale (poiché non modifica volumi o altezze: la sagoma
e la cubatura dell’edificio restano le medesime);
3)
l’intervento interessa un’area di proprietà esclusiva della
Congregazione, sicché l’interdizione è irragionevole, atteso
che le urne non vanno a soddisfare bisogni pubblici, ma le
esigenze di sepoltura esclusivamente dei confratelli; nella
regolamentazione cimiteriale comunale non vi è alcuna
disposizione che vieti ai privati o alle congreghe la
realizzazione ex novo o la trasformazione di loculi in
cellette cinerarie; erroneo è anche il richiamo alla
presunta limitazione contenuta nell'art. 15 delle NTA al
piano cimiteriale, poiché (come chiarito dallo stesso
redattore del piano in un parere pro veritate prodotto nel
procedimento) la locuzione loculi vi è adoperata nella
generale accezione di vano murario destinato alla sepoltura
dei resti mortali di una persona, mentre, se il piano
cimiteriale davvero limitasse ad un’unica modalità
costruttiva la possibilità di ampliamento delle congreghe
per soddisfare le esigenze di sepoltura dei confratelli,
esso stesso sarebbe illegittimo per manifesta illogicità;
4)
il diniego, infine, è illegittimo anche sotto il profilo
dell’assoluto deficit istruttorio e motivazionale.
...
Il ricorso è fondato.
Incontestata la ricorrenza dei presupposti fattuali perché
la variante fosse approvata per silenzio-assenso, essendo
ampiamente decorso (dal 31.12.2014, data di presentazione
della variante, al 07.11.2016, data del diniego) il termine
stabilito dall'art. 20 DPR 380/2001, nelle proprie difese il
Comune di Marano di Napoli insiste unicamente sul fatto che,
ad impedire il perfezionamento dell’assenso tacito ed a
giustificare il diniego esplicito, starebbe il fatto della
mancanza del presupposto di diritto costituito in tesi dalla
conformità del progetto alle norme del Regolamento di
polizia mortuaria e del Piano cimiteriale, con specifico
riferimento al ritenuto contrasto del progetto con l’art. 15
delle norme di attuazione del Piano cimiteriale (autorizzabilità
di soli loculi) ed alla previsione della realizzazione di
urne cinerarie di iniziativa comunale, secondo un programma
di fabbisogno stimato in 750 unità che resterebbe, invece,
assorbito per circa il 62% dalla proposta della congrega.
Tuttavia, acclarata in giurisprudenza l’applicabilità del
DPR 380/2001 ai cimiteri costruiti su area di proprietà
privata (C.d.S., sez. VI, 16.06.2016, n. 2667) come nel
caso ora in esame, va anzitutto detto che l’interpretazione
restrittiva della previsione dell’art. 15 delle norme
tecniche di attuazione del piano cimiteriale (che, con
riferimento alle congreghe religiose, recita: «… al fine di
sopperire alle esigenze di loculi è permesso, entro tre anni
[d]all’adozione del presente piano, l’ampliamento
volumetrico nella misura del 10% del volume assentito fuori
terra») non appare ragionevolmente giustificata rispetto al
significato proprio della parola, atteso che il lemma
“loculo” è comunemente registrato nei dizionari della lingua
italiana con il significato di nicchia interrata o murata
che serve a contenere una bara o un’urna cineraria.
Inoltre, la tesi che vorrebbe comunque di esclusiva
competenza comunale la realizzazione di urne cinerarie,
perché il fabbisogno programmato di 750 cellette per gli
anni a venire sarebbe già soddisfatto dalla previsione della
loro integrale realizzazione ad iniziativa pubblica in zona
CI prova troppo, perché il ragionamento, a rigore, dovrebbe
valere anche per tutti gli altri tipi di sepoltura (il piano
cimiteriale prevede un ampliamento complessivo di 23000 mq
per sopperire alle esigenze programmate per i successivi
novanta anni) sì da negare ogni tipo o forma di ampliamento
delle congreghe esistenti (si tratti di inumazioni,
colombari o altro).
In realtà, mentre l’ampliamento programmato dal Comune
risponde ad esigenze pubbliche di sepoltura, quello delle
ricorrente soddisfa esigenze diverse, proprie della
Confraternita, e perciò non contenute nel contingente
stabilito nel piano cimiteriale, ma ristrette nei soli
limiti di una misura percentuale di ampliamento volumetrico
dell’esistente, senza alcun riferimento al numero delle
sepolture.
Il ricorso va, perciò, accolto in relazione all’assorbente
fondatezza del primo e del terzo motivo di censura, con
annullamento, per l’effetto, dell’impugnato provvedimento di
diniego, prot. 31102 del 07.11.2016 (TAR Campania-Napoli, Sez. II,
sentenza 07.12.2017 n. 5784 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Per giurisprudenza costante nel processo
amministrativo, ai fini dell'impugnazione di una concessione
edilizia da parte di terzi interessati, il momento
identificativo della piena conoscenza deve essere fatto
risalire, di regola, all'ultimazione dei lavori edili,
atteso che solo in quel momento i terzi possono apprezzare
le caratteristiche delle opere realizzate e, quindi, avere
contezza dell'esistenza e dell'entità dei profili di
illegittimità eventualmente ravvisabili.
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Tale orientamento, formatosi in materia edilizia, è valevole
anche nel caso di specie in cui la ricorrente ha potuto in
epoca ben precedente constatare l’avvenuta realizzazione
della cappella sia, quantomeno alla data del 13.11.2015, l’esistenza stessa della concessione cimiteriale n.
20/2014, si da poterne concretamente apprezzare la lesività
per l’interesse azionato.
Infatti, la “piena conoscenza” -cui fa riferimento l'art. 41 comma 2, cod. proc. amm. per
individuare il dies a quo dell'impugnazione- non può essere
intesa quale conoscenza integrale del provvedimento, che si
intende impugnare e delle sue motivazioni, atteso che -per
individuare il dies a quo di decorrenza- basta la
percezione dell'esistenza di un provvedimento amministrativo
e degli aspetti che ne rendono evidente l'immediata e
concreta lesività per la sfera giuridica dell'interessato,
al fine di garantire l'esigenza di certezza giuridica
connessa alla previsione di un termine decadenziale per
l'impugnativa degli atti amministrativi, senza che ciò possa
intaccare il diritto di difesa in giudizio ed al giusto
processo, garantiti invece dalla congruità del termine
temporale per impugnare, decorrente dalla conoscenza
dell'atto nei suoi elementi essenziali e dalla possibilità
di proporre successivi motivi aggiunti.
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2.- E’ materia del contendere l’azione di annullamento dei provvedimenti
in epigrafe indicati e di accertamento ai sensi dell’art. 31,
commi 1, 2 e 3, cod. proc. amm. dell’illegittimità
dell’inerzia serbata nei confronti delle istanze del 20.03.2014, 17
luglio e 15.10.2015, con cui l’odierna
ricorrente contesta la legittimità dell’edicola funeraria
assentita dal Comune di Perugia e dalla locale
Soprintendenza in favore del controinteressato Ma.Ba..
2.1. - In “limine litis” va in parte respinta la richiesta
di stralcio della memoria di replica depositata dalla
ricorrente il 03.10.2017, in quanto entro i termini pur
perentori di cui all’art. 73 cod. proc. amm. nella parte in
cui con essa si replica alle eccezioni proposte dal
controinteressato solamente con la memoria depositata il 23.09.2017.
3. - In punto di fatto giova premettere come con
determinazione dirigenziale n. 189 del 21.08.2006 il
Comune di Perugia abbia bandito gara per l’assegnazione in
concessione per la durata di 99 anni di dodici manufatti
cimiteriali a valenza storico artistica posti nel civico
cimitero monumentale, tra cui il c.d. monumento Bartoli
aggiudicato al sig. Ba..
Con la SCIA dell’08.11.2012 quest’ultimo ha presentato
progetto per la costruzione di edicola funeraria sull’area
concessa implicante anche il restauro del suindicato
manufatto storico da inglobare nella nuova struttura,
progetto positivamente valutato ex art. 146 del D.lgs.
42/2004 sia dal Comune che dalla Soprintendenza.
Risultando l’opera realizzata in difformità rispetto al
progetto iniziale per sagoma e superficie, venendo ad
occupare una ulteriore porzione demaniale di 2,66 mq., il
controinteressato ha ottenuto la concessione cimiteriale
integrativa n. 20 dell’01.07.2014 ed autocertificato con
SCIA a sanatoria del 19.09.2014 la conformità
dell’intervento.
Il 20.03.2014 la ricorrente ha sollecitato l’esercizio
del potere di controllo del Comune sulla conformità della
suddetta opera, denunziando l’intervenuta autorizzazione
paesaggistica pur a fronte di evidente difformità tra l’area
oggetto di intervento e quella oggetto di concessione,
reiterando la richiesta il 15.10.2015.
Con nota del 13.11.2015 l’Amministrazione comunale
comunicava alla ricorrente di aver integrato l’originaria
concessione demaniale del 2007 con la concessione n. 20
dell’01.07.2014 relativamente all’assegnazione di
ulteriori mq. 2,66 e che a tal atto integrativo era seguita
la SCIA 2930 del 2014 nonché l’accertamento di compatibilità
paesaggistica n. 16/2015.
4. - Tanto premesso, possono esaminarsi le eccezioni in rito
sollevate dalle difese del Comune e del controinteressato.
5. - L’eccezione di irricevibilità dell’azione demolitoria
inerente la concessione demaniale integrativa n. 20/2014 di
cui al ricorso introduttivo e motivi aggiunti è fondata.
Come documentato dalla difesa comunale il manufatto
cimiteriale in oggetto è stato ultimato sin dal 26.02.2015 mentre il ricorso introduttivo è stato notificato
soltanto il 30.11.2015, in palese violazione del
termine decadenziale di 60 giorni decorrente dalla “piena
conoscenza” di cui all’art. 41, comma 2, cod. proc. amm.
Per giurisprudenza costante -da cui il Collegio non ravvisa
ragioni per discostarsi- nel processo amministrativo, ai
fini dell'impugnazione di una concessione edilizia da parte
di terzi interessati, il momento identificativo della piena
conoscenza deve essere fatto risalire, di regola,
all'ultimazione dei lavori edili, atteso che solo in quel
momento i terzi possono apprezzare le caratteristiche delle
opere realizzate e, quindi, avere contezza dell'esistenza e
dell'entità dei profili di illegittimità eventualmente
ravvisabili (ex plurimis Consiglio di Stato, sez. IV, 14.02.2017, n. 626; id. sez. IV, 25.05.2017, n. 2453,
id. sez. IV, 13.01.2017, n. 66; TAR Sicilia, Catania
sez. II, 22.08.2017, n. 2066).
Tale orientamento, formatosi in materia edilizia, è valevole
anche nel caso di specie in cui la ricorrente ha potuto in
epoca ben precedente constatare l’avvenuta realizzazione
della cappella sia, quantomeno alla data del 13.11.2015, l’esistenza stessa della concessione cimiteriale n.
20/2014, si da poterne concretamente apprezzare la lesività
per l’interesse azionato.
Infatti, la “piena conoscenza” -cui fa riferimento l'art. 41 comma 2, cod. proc. amm. per
individuare il dies a quo dell'impugnazione- non può essere
intesa quale conoscenza integrale del provvedimento, che si
intende impugnare e delle sue motivazioni, atteso che -per
individuare il dies a quo di decorrenza- basta la
percezione dell'esistenza di un provvedimento amministrativo
e degli aspetti che ne rendono evidente l'immediata e
concreta lesività per la sfera giuridica dell'interessato,
al fine di garantire l'esigenza di certezza giuridica
connessa alla previsione di un termine decadenziale per
l'impugnativa degli atti amministrativi, senza che ciò possa
intaccare il diritto di difesa in giudizio ed al giusto
processo, garantiti invece dalla congruità del termine
temporale per impugnare, decorrente dalla conoscenza
dell'atto nei suoi elementi essenziali e dalla possibilità
di proporre successivi motivi aggiunti (ex plurimis
Consiglio di Stato, sez. V, 31.08.2017, n. 4129).
5.1. - Ne consegue la tardività del gravame quanto alle
doglianze veicolate nei confronti della concessione n.
20/2014.
...
8. - Il ricorso può dunque a tutto concedere essere
esaminato nel merito soltanto quanto alle doglianze dirette
nei confronti della SCIA a sanatoria del 2014, della quale
la ricorrente è stata notiziata soltanto il 13.11.2015.
9. - Per la suindicata parte il ricorso è infondato e va
respinto.
La pretesa azionata dalla ricorrente muove dall’erroneo
presupposto dell’applicabilità alla fattispecie per cui è
causa della disciplina urbanistico-edilizia in tema di
distanze minime tra edifici compendiata dall’art. 873 c.c.
dolendosi dell’eccessiva vicinanza della cappella realizzata
dal controinteressato.
In realtà ritiene il Collegio che la contestata conformità
dell’opera debba essere esaminata esclusivamente alla luce
del rapporto concessorio tra il Comune di Perugia ed i
concessionari delle aree demaniali disciplinato nella specie
dal regolamento comunale di Polizia Mortuaria del 23.12.1937 depositato in giudizio, venendo in questione
non già costruzioni erette sopra il suolo bensì sepolcri a
terra di modeste dimensioni.
L’art. 165 del suddetto regolamento, già vigente al momento
della presentazione della prima SCIA e della realizzazione
dell’opera, prevede la possibilità di ampliamenti dell’area
data in concessione previa integrazione del canone
concessorio. L’art. 55, c. 8, del regolamento stabilisce poi
unicamente che la costruzione delle opere non deve essere
“di pregiudizio per le opere confinanti”, pregiudizio in
concreto del tutto indimostrato dalla sig.ra Mi..
Del tutto dirimente, ad ogni caso, è il disposto di cui
all’art. 62, c. 8, del suddetto Regolamento secondo cui “i
concessionari non acquisiscono alcun diritto che siano
conservate le distanze o lo stato delle opere e delle aree
attigue, che il Comune può in ogni tempo modificare” quale
estrinsecazione del generale principio per cui la posizione
del concessionario di area demaniale è comunque recessiva
rispetto alle esigenze di tutela dell’ordine e buon governo
del cimitero (ex multis Consiglio di Stato sez. V, 28.10.2015, n. 4943).
Ne consegue l’inconsistenza delle doglianze dedotte, dal
momento che la SCIA a sanatoria è risultata persino
superflua, in considerazione dell’interesse pubblico sotteso
alla concessione integrativa n. 20/2014, come detto oramai
del tutto intangibile, nonché della stessa minima entità
della modificazione della sagoma dell’edicola funeraria, non
percepibile dall’esterno, si da escludere una alterazione
degli stessi valori paesaggistici come correttamente
ritenuto dalla locale Soprintendenza.
10. - Per i suesposti motivi il ricorso come integrato dai
motivi aggiunti è in parte irricevibile, in parte
inammissibile ed in parte infondato (TAR Umbria,
sentenza 28.11.2017 n. 724 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2016 |
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EDILIZIA PRIVATA:
La normativa generale di disciplina dei beni pubblici è
contenuta negli articoli 822 e seguenti del codice civile.
Dalla lettura degli articoli 822 e 824 cod. civ. si desume
che i beni demaniali possono essere necessari o eventuali (o
accidentali).
I primi, per le loro qualità intrinseche, sono sottratti in
assoluto alla proprietà privata e possono appartenere
soltanto allo Stato o alle Regioni: si tratta del demanio
marittimo, idrico e militare (artt. 822, primo comma, cod.
civ.).
I secondi possono, invece, essere oggetto di proprietà
privata e soltanto se appartengono ad un ente territoriale
fanno parte del relativo demanio: tra questi il terzo comma
dell’art. 824 cod. civ. include espressamente anche i
«cimiteri».
La normativa di settore è contenuta nelle seguenti
disposizioni:
- l’art. 107 del d.r. n. 448 del 1892 prevede che «i
cimiteri particolari esistenti o da costruirsi per uso di un
gruppo di popolazione, di congregazioni, o di qualsiasi
altra associazione civile o religiosa, sono sempre
sottoposti alla immediata vigilanza dell'autorità comunale»
(tale norma è stata abrogata da regio decreto 21.12.1942, n. 1880);
- l’art. 340 del regio decreto del 27.07.1934, n. 1265
(Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie) dispone
che: «e’ vietato di seppellire un cadavere in luogo diverso
dal cimitero. E' fatta eccezione per la tumulazione di
cadaveri nelle cappelle private e gentilizie non aperte al
pubblico, poste a una distanza dai centri abitati non minore
di quella stabilita per i cimiteri»;
- l’art. 104, comma 4, del d.P.R. 10.08.1990, n. 285
(Approvazione del Nuovo Regolamento di Polizia Mortuaria) ha
previsto che «le cappelle private costruite fuori dal
cimitero, nonché i cimiteri particolari, preesistenti alla
data di entrata in vigore del testo unico delle leggi
sanitarie, approvato con regio decreto 27.07.1934, n.
1265, sono soggetti, come i cimiteri comunali, alla
vigilanza dell'autorità comunale».
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Dalla ricostruzione del quadro normativo rilevante risulta
erronea la prospettazione dell’appellante secondo cui i
cimiteri possono essere solo pubblici e quelli “particolari”
appartenenti a soggetti diversi dagli enti pubblici
sarebbero soltanto quelli creati prima del 1942 e che dopo
tale data sarebbe possibile solo la continuazione di quelli
precedenti.
Il dato rilevante, ai fini della individuazione della
disciplina applicabile, è costituito dalla individuazione
del soggetto proprietario del cimitero.
Nella fattispecie in esame, gli odierni appellati hanno
dimostrato che l’area cimiteriale è di proprietà delle
Arciconfraternite.
In tale ottica ricostruttiva, non assumono rilievo le
doglianze relative alla circostanza che il cimitero non sia
una mera continuazione di quello creato prima del 1942 ma
sia un nuovo cimitero, nonché la mancata destinazione dello
stesso ai soli associati all’Arciconfraternite.
In relazione al primo aspetto, la normativa vigente non
esclude che vi possano essere nuovi cimiteri che non siano
pubblici e dunque non si può sostenere che la qualificazione
dell’intervento edilizio come ampliamento del cimitero
precedente sarebbe da solo sufficiente a fare perdere allo
stesso natura di cimitero particolare trasformandolo in
cimitero pubblico. In ogni caso, come si dirà oltre, si è in
presenza di interventi edilizi che non hanno dato vita ad un
nuovo cimitero bensì alla demolizione e ricostruzione di
manufatti preesistenti con creazione di nuovi loculi, senza
modificazione di volume e sagoma.
In relazione al secondo aspetto, nessuna norma impone la
predetta destinazione e soprattutto prevede l’applicazione
di sanzioni, quale la “trasformazione” in pubblico del
cimitero, qualora essa non venga rispettata.
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L'appellante assume:
- la violazione dell’art. 30 del regolamento di polizia mortuaria,
secondo cui comporta la decadenza dal permesso di costruire
l’esecuzione di opere difformi determinanti variazioni
essenziali, tra le quali rientrerebbero quelle poste in
essere dalle odierne parti resistenti;
- le norme del regolamento si applicherebbero, in ogni caso, in
ragione della loro valente cogente in grado di
eterointegrare la convenzione, anche perché solo così si
potrebbe assicurare il rispetto delle prescrizioni di
carattere igienico-sanitario;
- l’art. IX della convenzione dispone che il mancato rispetto anche
solo di una clausola derivante dalla convenzione comporta la
decadenza del permesso di costruire.
I motivi non sono fondati in quanto:
- le norme del regolamento trovano applicazione
esclusivamente in presenza di cimiteri di proprietà pubblica
che vengono dati in concessione mentre nel caso in esame si
è in presenza, come già sottolineato, di un cimitero
costruito su area di proprietà delle resistenti, con la
conseguenza che trovano applicazione esclusivamente le norme
poste dal d.lgs. n. 308 del 2001;
- l’applicazione in funzione integrativa cogente delle norme
regolamentati è esclusa dal fatto che tale integrazione
presuppone non solo la presenza di prescrizioni imperative
ma anche e soprattutto la dimostrazione che esse
disciplinano un rapporto nel cui ambito dovrebbero
integrarsi;
- la clausola della convenzione è generica e, in ogni caso,
non contiene disposizioni che sanciscano la decadenza del
permesso di costruire in caso di interventi appartenenti
alla tipologia di quelli contestati in questa sede.
Chiarito ciò, la legittimità degli atti impugnati deve
essere vagliata alla luce di quanto prescritto dal d.lgs. n.
380 del 2001, secondo cui l’essenzialità della variazione
ricorre esclusivamente quando si verifica una o più delle
seguenti condizioni:
a) mutamento della destinazione d'uso
che implichi variazione degli standards previsti dal decreto
ministeriale 02.04.1968, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 97 del 16.04.1968;
b) aumento consistente
della cubatura o della superficie di solaio da valutare in
relazione al progetto approvato;
c) modifiche sostanziali di
parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato ovvero
della localizzazione dell'edificio sull'area di pertinenza;
d) mutamento delle caratteristiche dell'intervento edilizio
assentito;
e) violazione delle norme vigenti in materia di
edilizia antisismica, quando non attenga a fatti
procedurali.
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1.– La questione posta all’esame della Sezione attiene alla legittimità
dei provvedimenti con i quali il Comune di Napoli ha
decretato la decadenza delle Arciconfraternite da alcuni
titoli edilizi che erano stati ottenuti, nel corso degli
anni, per l’esecuzione di una serie di interventi edilizi
all’interno del Cimitero di Fuorigrotta, sito in Napoli,
quartiere Fuorigrotta.
2.– L’appello non è fondato.
2.1.– Con un primo motivo il Comune assume l’erroneità della
sentenza impugnata nella parte in cui non ha rilevato che il
cimitero debba considerarsi demaniale.
In particolare,
l’appellante ha rilevato che l’art. 824 c.c. si limita ad
effettuare una mera classificazione dei tipi cimiteriali,
distinguendo i cimiteri demaniali, che sarebbero “la regola”
e i cimiteri non demaniali, che sarebbero l’“eccezione”. La
normativa, anteriore al codice civile, ammetterebbe cimiteri
particolari quali ipotesi eccezionali. Ma tale
inquadramento, nel caso di specie, non sarebbe possibile, in
quanto le Arciconfraternite, con gli interventi realizzati
che hanno portato ad aumentare il numero dei posti
disponibili da 1341 a 4559, avrebbero creato un “nuovo
cimitero particolare”.
Ne conseguirebbe che, non venendo in
rilievo la mera continuazione di cimiteri particolari
preesistenti, il cimitero in esame dovrebbe considerarsi
pubblico.
Il motivo non è fondato.
La normativa generale di disciplina dei beni pubblici è
contenuta negli articoli 822 e seguenti del codice civile.
Dalla lettura degli articoli 822 e 824 cod. civ. si desume
che i beni demaniali possono essere necessari o eventuali (o
accidentali).
I primi, per le loro qualità intrinseche, sono sottratti in
assoluto alla proprietà privata e possono appartenere
soltanto allo Stato o alle Regioni: si tratta del demanio
marittimo, idrico e militare (artt. 822, primo comma, cod.
civ.).
I secondi possono, invece, essere oggetto di proprietà
privata e soltanto se appartengono ad un ente territoriale
fanno parte del relativo demanio: tra questi il terzo comma
dell’art. 824 cod. civ. include espressamente anche i
«cimiteri».
La normativa di settore è contenuta nelle seguenti
disposizioni:
- l’art. 107 del d.r. n. 448 del 1892 prevede che «i
cimiteri particolari esistenti o da costruirsi per uso di un
gruppo di popolazione, di congregazioni, o di qualsiasi
altra associazione civile o religiosa, sono sempre
sottoposti alla immediata vigilanza dell'autorità comunale»
(tale norma è stata abrogata da regio decreto 21.12.1942, n. 1880);
- l’art. 340 del regio decreto del 27.07.1934, n. 1265
(Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie) dispone
che: «e’ vietato di seppellire un cadavere in luogo diverso
dal cimitero. E' fatta eccezione per la tumulazione di
cadaveri nelle cappelle private e gentilizie non aperte al
pubblico, poste a una distanza dai centri abitati non minore
di quella stabilita per i cimiteri»;
- l’art. 104, comma 4, del d.P.R. 10.08.1990, n. 285
(Approvazione del Nuovo Regolamento di Polizia Mortuaria) ha
previsto che «le cappelle private costruite fuori dal
cimitero, nonché i cimiteri particolari, preesistenti alla
data di entrata in vigore del testo unico delle leggi
sanitarie, approvato con regio decreto 27.07.1934, n.
1265, sono soggetti, come i cimiteri comunali, alla
vigilanza dell'autorità comunale».
Dalla ricostruzione del quadro normativo rilevante risulta
erronea la prospettazione dell’appellante secondo cui i
cimiteri possono essere solo pubblici e quelli “particolari”
appartenenti a soggetti diversi dagli enti pubblici
sarebbero soltanto quelli creati prima del 1942 e che dopo
tale data sarebbe possibile solo la continuazione di quelli
precedenti.
Il dato rilevante, ai fini della individuazione della
disciplina applicabile, è costituito dalla individuazione
del soggetto proprietario del cimitero.
Nella fattispecie in esame, gli odierni appellati hanno
dimostrato che l’area cimiteriale è di proprietà delle
Arciconfraternite. Del resto, lo stesso Comune appellante
non ha specificamente contestato questo dato.
In tale ottica ricostruttiva, non assumono rilievo le
doglianze relative alla circostanza che il cimitero non sia
una mera continuazione di quello creato prima del 1942 ma
sia un nuovo cimitero, nonché la mancata destinazione dello
stesso ai soli associati all’Arciconfraternite.
In relazione al primo aspetto, la normativa vigente non
esclude che vi possano essere nuovi cimiteri che non siano
pubblici e dunque non si può sostenere che la qualificazione
dell’intervento edilizio come ampliamento del cimitero
precedente sarebbe da solo sufficiente a fare perdere allo
stesso natura di cimitero particolare trasformandolo in
cimitero pubblico. In ogni caso, come si dirà oltre, si è in
presenza di interventi edilizi che non hanno dato vita ad un
nuovo cimitero bensì alla demolizione e ricostruzione di
manufatti preesistenti con creazione di nuovi loculi, senza
modificazione di volume e sagoma.
In relazione al secondo aspetto, nessuna norma impone la
predetta destinazione e soprattutto prevede l’applicazione
di sanzioni, quale la “trasformazione” in pubblico del
cimitero, qualora essa non venga rispettata.
2.2.– Con un secondo e terzo motivo si assume:
- la violazione dell’art. 30 del regolamento di polizia mortuaria,
secondo cui comporta la decadenza dal permesso di costruire
l’esecuzione di opere difformi determinanti variazioni
essenziali, tra le quali rientrerebbero quelle poste in
essere dalle odierne parti resistenti;
- le norme del regolamento si applicherebbero, in ogni caso, in
ragione della loro valente cogente in grado di
eterointegrare la convenzione, anche perché solo così si
potrebbe assicurare il rispetto delle prescrizioni di
carattere igienico-sanitario;
- l’art. IX della convenzione dispone che il mancato rispetto anche
solo di una clausola derivante dalla convenzione comporta la
decadenza del permesso di costruire.
I motivi non sono fondati in quanto:
- le norme del regolamento trovano applicazione
esclusivamente in presenza di cimiteri di proprietà pubblica
che vengono dati in concessione mentre nel caso in esame si
è in presenza, come già sottolineato, di un cimitero
costruito su area di proprietà delle resistenti, con la
conseguenza che trovano applicazione esclusivamente le norme
poste dal d.lgs. n. 308 del 2001;
- l’applicazione in funzione integrativa cogente delle norme
regolamentati è esclusa dal fatto che tale integrazione
presuppone non solo la presenza di prescrizioni imperative
ma anche e soprattutto la dimostrazione che esse
disciplinano un rapporto nel cui ambito dovrebbero
integrarsi;
- la clausola della convenzione è generica e, in ogni caso,
non contiene disposizioni che sanciscano la decadenza del
permesso di costruire in caso di interventi appartenenti
alla tipologia di quelli contestati in questa sede.
Chiarito ciò, la legittimità degli atti impugnati deve
essere vagliata alla luce di quanto prescritto dal d.lgs. n.
380 del 2001, secondo cui l’essenzialità della variazione
ricorre esclusivamente quando si verifica una o più delle
seguenti condizioni: «a) mutamento della destinazione d'uso
che implichi variazione degli standards previsti dal decreto
ministeriale 02.04.1968, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 97 del 16.04.1968;
b) aumento consistente
della cubatura o della superficie di solaio da valutare in
relazione al progetto approvato;
c) modifiche sostanziali di
parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato ovvero
della localizzazione dell'edificio sull'area di pertinenza;
d) mutamento delle caratteristiche dell'intervento edilizio
assentito;
e) violazione delle norme vigenti in materia di
edilizia antisismica, quando non attenga a fatti
procedurali».
Nella fattispecie in esame, l’appellante non ha dimostrato
che ricorra alcuna delle fattispecie sopra indicate. Né, è
bene aggiungere, può obiettarsi che la ricostruzione della
disciplina applicabile può comportare la violazione delle
prescrizioni a tutela della salute pubblica, in quanto non
risultano violate disposizioni che rischiano di recare
pregiudizio alla salute pubblica e, qualora ciò dovesse
verificarsi, le amministrazioni competenti sono titolari dei
necessari poteri di prevenzione e di tutela.
2.3.– Il rigetto dei motivi sopra indicati rende non
necessario l’esame del motivo (indicato nell’atto di appello
come secondo) con cui il Comune ha assunto di avere
rispettato le norme poste a garanzia della partecipazione al
procedimento amministrativo (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 16.06.2016 n. 2667 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2015 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
Dal sopralluogo effettuato dagli uffici comunali
risulta che:
- è stata realizzata ex novo un’edicola funeraria in luogo
di un manufatto funerario preesistente, di altezza e
superficie inferiore a quello edificato;
- la sagoma del nuovo manufatto è notevolmente difforme da
quello precedente;
- la nuova edicola funeraria consente un numero maggiore di
tumulazioni.
Il Comune, trattandosi di nuova edificazione, ha
correttamente ritenuto necessaria l’autorizzazione comunale.
Il regolamento cimiteriale prevede, infatti, espressamente che
necessitino di permesso gli interventi edilizi i quali, come
quello in esame, comportino la realizzazione di nuovi
edifici, incrementi volumetrici e di superfici e il
mutamento del numero e della tipologia delle sepolture.
L’art. 49 del medesimo regolamento dispone altresì che la
realizzazione di opere in difformità o in assenza del
permesso di costruire, ove necessario, comporti la decadenza
dalla concessione.
Alla luce delle risultanze dell’accertamento comunale non
può condividersi l’assunto del ricorrente secondo cui le
opere realizzate hanno una portata trascurabile in quanto la
normativa regolamentare prevede espressamente la necessità
del permesso edilizio per opere della tipologia realizzata.
Si deve poi escludere che la proposizione di una domanda di
permesso in sanatoria ex art. 36 DPR/2001 possa aver
comportato l’automatica inefficacia della determina n.
34/2008.
La concessione da parte del Comune di aree o porzioni di un
cimitero pubblico è, come meglio esposto in seguito,
soggetta al regime demaniale dei beni, il quale si atteggia
in modo diverso rispetto alla ordinaria disciplina edilizia.
Ne deriva che le norme richiamate integrano parte di una
regolamentazione autonoma e, per molti versi, eterogenea
rispetto a quella recata per l’attività edilizia libera,
cosicché il meccanismo disciplinato dall’art. 36 DPR
380/2001 in materia di concessioni cimiteriali non assume
alcun valore di principio generale.
---------------
Si deve escludere che le opere realizzate (realizzazione ex
novo di edicola funeraria) potessero essere realizzate
tramite DIA in base alle norme previste dal TU Edilizia DPR
380/2001, in primo luogo perché con tutta evidenza
l’intervento ha dato luogo ad una nuova costruzione, per cui
sarebbe necessario il rilascio di un permesso di costruire.
Peraltro, come già ricordato, il regolamento cimiteriale
prevede che opere della tipologia descritte siano sottoposte
a permesso edilizio e che, in ogni caso, un’edificazione
eseguita in assenza delle autorizzazioni prescritte implica
la decadenza della concessione e la demolizione delle opere
abusive.
Tale disciplina si distingue da quella prevista per opere
edilizie realizzate su fondi privati, in quanto trattandosi
di area demaniale in concessione, vincolata a scopi
funerari, il regime edilizio presenta caratteristiche più
restrittive, soggiacendo ai poteri regolatori e conformativi
di stampo pubblicistico.
In questa prospettiva lo ius sepulcri vantato dal ricorrente
attiene ad una fase di utilizzo del bene che segue lo
sfruttamento del suolo mediante edificazione della cappella
e che soggiace all'applicazione del regolamento di polizia
mortuaria. Questa disciplina si colloca ad un livello ancora
più elevato di quello che contraddistingue l'interesse del
concedente e soddisfa superiori interessi pubblici di ordine
igienico-sanitario, oltre che edilizio e di ordine pubblico.
---------------
E' infondata la censura secondo cui l’acquisizione dell’area
(cimiteriale) sia avvenuta senza la previa notifica
dell’ordinanza di demolizione delle opere abusive secondo lo
schema procedimentale di cui all’art. 31 DPR 380/2001.
Invero, il provvedimento gravato non viene assunto in
applicazione del citato art. 31 che concerne l’edificazioni
abusiva su immobili privati ma, si ribadisce, costituisce
un’esplicazione dei poteri in capo al Comune quale autorità
concedente di un’area demaniale; il Comune infatti con il
provvedimento impugnato mira a reprimere un’attività
edilizia abusivamente realizzata su un terreno che non
appartiene al privato ed è soggetto alla disciplina
pubblicistica dei beni demaniali.
Tale regime giuridico è comprovato dall'art. 824, secondo
comma, cod. civ., a norma del quale i cimiteri comunali sono
soggetti al regime giuridico del demanio pubblico.
Con la detta disposizione si è introdotta una conformazione
generale delle aree cimiteriali, e quindi dei relativi
diritti: ne consegue la natura pacificamente concessoria del
diritto di sepolcro.
In questa prospettiva, la decadenza dalla posizione di
concessionario dell’area comporta la perdita della proprietà
del bene ivi costruito in quanto non è possibile separare il
suolo demaniale dall'elemento funerario sopra di esso
realizzato, formando i due beni un unicum inscindibile anche
in base ai principi generali che presiedono all'istituto del
diritto di superficie di cui all'art. 953 cod. civ.: si
tratta del c.d. effetto devolutivo, in base al quale le
opere edilizie realizzate al di sopra di beni demaniali
acquisiscono anch'esse, allo scadere della concessione, la
medesima natura di bene pubblico (si veda in tal senso pure
l'art. 44 del citato regolamento comunale di polizia
mortuaria, a norma del quale "i manufatti costruiti da
privati su aree cimiteriali poste in concessione diventano
di proprietà dell'Amministrazione Comunale come previsto
dall'art. 953 del C.C., allo scadere della concessione, se
non rinnovata").
Di qui la trasformazione in bene demaniale anche del
manufatto, per effetto del provvedimento di decadenza in
questa sede gravato, e la possibilità che lo stesso possa
essere affidato ulteriormente in concessione sulla base
delle regole e dei principi vigenti in materia.
---------------
1. Il sig. Re. è proprietario di una cappella (cd. cappella Sg.Fe.) presso il cimitero di Poggioreale a Napoli,
acquistata nel 2006 dal precedente proprietario, quale
concessionario del suolo cimiteriale.
Con atto del 20.10.2006 il Comune di Napoli ha notificato al
ricorrente l’avvio del procedimento di decadenza dalla
concessione, contestandogli l’esecuzione abusiva di opere
edilizie.
Con la determina impugnata n. 35 del 21.04.2008 il Comune ha
poi, definendo il procedimento avviato, disposto la
decadenza della concessione del suolo cimiteriale e
l’acquisizione della relativa cappella al patrimonio
comunale.
Il sig. Re. ha impugnato con il ricorso in epigrafe il
detto provvedimento denunziando i seguenti vizi:
- violazione di legge, eccesso di potere, difetto di
istruttoria, violazione dell’art. 97 Cost.;
- violazione di legge, violazione del principio della tutela
dell’affidamento, carenza di motivazione, eccesso di potere
per illogicità, contraddittorietà e ingiustizia manifesta;
- violazione art. 7 L. 94/1982, violazione art. 10 L.
47/1985, eccesso di potere per sviamento, esorbitanza;
- violazione di legge, eccesso di potere per difetto di
istruttoria, errore sui presupposti di legge, violazione del
giusto procedimento, eccesso di potere per sviamento,
illegittimità dell’art. 49 del regolamento comunale di
polizia mortuaria per violazione dell’art. 31 DPR 380/2001;
- eccessiva durata del procedimento, ulteriore eccesso di
potere, violazione del principio dell’affidamento;
- manifesta incompetenza, eccesso di potere.
...
2. Il ricorso è infondato.
2.1 Con il primo motivo si deduce che le opere realizzate in
assenza di autorizzazione sarebbero di portata minimale e
non avrebbero comportato la necessità del rilascio di un
permesso edilizio.
Il motivo non ha pregio.
Dal sopralluogo effettuato dagli uffici comunali (verbale
prot. 2679/2006) risulta che presso la Cappella Sg.:
- è stata realizzata ex novo un’edicola funeraria in luogo
di un manufatto funerario preesistente, di altezza e
superficie inferiore a quello edificato;
- la sagoma del nuovo manufatto è notevolmente difforme da
quello precedente;
- la nuova edicola funeraria consente un numero maggiore di
tumulazioni.
Il Comune, trattandosi di nuova edificazione, ha
correttamente ritenuto necessaria l’autorizzazione comunale
(art. 29 del regolamento comunale di Polizia mortuaria del
21.02.2006 - delibera CC 11/2006, e per la disciplina
previgente art. 231 dello stesso regolamento).
Il regolamento cimiteriale prevede infatti espressamente che
necessitino di permesso gli interventi edilizi i quali, come
quello in esame, comportino la realizzazione di nuovi
edifici, incrementi volumetrici e di superfici e il
mutamento del numero e della tipologia delle sepolture.
L’art. 49 del medesimo regolamento dispone altresì che la
realizzazione di opere in difformità o in assenza del
permesso di costruire, ove necessario, comporti la decadenza
dalla concessione.
Alla luce delle risultanze dell’accertamento comunale non
può condividersi l’assunto del ricorrente secondo cui le
opere realizzate hanno una portata trascurabile in quanto la
normativa regolamentare prevede espressamente la necessità
del permesso edilizio per opere della tipologia realizzata.
Si deve poi escludere che la proposizione di una domanda di
permesso in sanatoria ex art. 36 DPR/2001 possa aver
comportato l’automatica inefficacia della determina n.
34/2008.
La concessione da parte del Comune di aree o porzioni di un
cimitero pubblico è, come meglio esposto in seguito,
soggetta al regime demaniale dei beni, il quale si atteggia
in modo diverso rispetto alla ordinaria disciplina edilizia.
Ne deriva che le norme richiamate integrano parte di una
regolamentazione autonoma e, per molti versi, eterogenea
rispetto a quella recata per l’attività edilizia libera,
cosicché il meccanismo disciplinato dall’art. 36 DPR
380/2001 in materia di concessioni cimiteriali non assume
alcun valore di principio generale.
...
2.3. Con il terzo motivo si deduce che le opere realizzate
sarebbero soggette, eventualmente, a DIA e quindi
assoggettabili a sanzione pecuniaria.
La censura non ha pregio.
Si deve escludere che le opere realizzate potessero essere
realizzate tramite DIA in base alle norme previste dal TU
Edilizia DPR 380/2001, in primo luogo perché con tutta
evidenza l’intervento ha dato luogo ad una nuova
costruzione, per cui sarebbe necessario il rilascio di un
permesso di costruire.
Peraltro, come già ricordato, il regolamento cimiteriale
(artt. 29 e 49) prevede che opere della tipologia descritte
siano sottoposte a permesso edilizio e che, in ogni caso,
un’edificazione eseguita in assenza delle autorizzazioni
prescritte implica la decadenza della concessione e la
demolizione delle opere abusive; tale disciplina si
distingue da quella prevista per opere edilizie realizzate
su fondi privati, in quanto trattandosi di area demaniale in
concessione, vincolata a scopi funerari, il regime edilizio
presenta caratteristiche più restrittive, soggiacendo ai
poteri regolatori e conformativi di stampo pubblicistico; in
questa prospettiva lo ius sepulcri vantato dal ricorrente
attiene ad una fase di utilizzo del bene che segue lo
sfruttamento del suolo mediante edificazione della cappella
e che soggiace all'applicazione del regolamento di polizia
mortuaria. Questa disciplina si colloca ad un livello ancora
più elevato di quello che contraddistingue l'interesse del
concedente e soddisfa superiori interessi pubblici di ordine
igienico-sanitario, oltre che edilizio e di ordine
pubblico (Tar Napoli sez. VII n. 920/2014, Cons. Stato n.
1330/2010).
2.4. Con il quarto motivo si lamenta che l’acquisizione
dell’area sia avvenuta senza la previa notifica
dell’ordinanza di demolizione delle opere abusive secondo lo
schema procedimentale di cui all’art. 31 DPR 380/2001.
La censura è infondata.
Il provvedimento gravato non viene assunto in applicazione
del citato art. 31 che concerne l’edificazioni abusiva su
immobili privati ma, si ribadisce, costituisce
un’esplicazione dei poteri in capo al Comune quale autorità
concedente di un’area demaniale; il Comune infatti con il
provvedimento impugnato mira a reprimere un’attività
edilizia abusivamente realizzata su un terreno che non
appartiene al privato ed è soggetto alla disciplina
pubblicistica dei beni demaniali.
Tale regime giuridico è comprovato dall'art. 824, secondo
comma, cod. civ., a norma del quale i cimiteri comunali sono
soggetti al regime giuridico del demanio pubblico.
Con la detta disposizione si è introdotta una conformazione
generale delle aree cimiteriali, e quindi dei relativi
diritti: ne consegue la natura pacificamente concessoria del
diritto di sepolcro.
In questa prospettiva, la decadenza dalla posizione di
concessionario dell’area comporta la perdita della proprietà
del bene ivi costruito in quanto non è possibile separare il
suolo demaniale dall'elemento funerario sopra di esso
realizzato, formando i due beni un unicum inscindibile anche
in base ai principi generali che presiedono all'istituto del
diritto di superficie di cui all'art. 953 cod. civ.: si
tratta del c.d. effetto devolutivo, in base al quale le
opere edilizie realizzate al di sopra di beni demaniali
acquisiscono anch'esse, allo scadere della concessione, la
medesima natura di bene pubblico (si veda in tal senso pure
l'art. 44 del citato regolamento comunale di polizia
mortuaria, a norma del quale "i manufatti costruiti da
privati su aree cimiteriali poste in concessione diventano
di proprietà dell'Amministrazione Comunale come previsto
dall'art. 953 del C.C., allo scadere della concessione, se
non rinnovata").
Di qui la trasformazione in bene demaniale anche del
manufatto, per effetto del provvedimento di decadenza in
questa sede gravato, e la possibilità che lo stesso possa
essere affidato ulteriormente in concessione sulla base
delle regole e dei principi vigenti in materia (TAR Campania-Napoli, Sez. VII,
sentenza 10.04.2015 n. 2050 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2013 |
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EDILIZIA PRIVATA: E'
abusiva la costruzione di una serie
di edicole funerarie, cappelle gentilizie e tumuli non
contemplata dalla concessione
comunale alla società ..., soggetto promotore ex art. 37-bis
l. n. 109 del 1994, per la “progettazione della costruzione,
ampliamento e gestione del cimitero”.
Invero, le opere edilizie realizzate dalla ricorrente
esorbitano dai contenuti della convenzione stipulata con il
Comune e non hanno i caratteri delle opere pubbliche
comunali, e, pertanto, non possono dalla prima essere
realizzate al di fuori di un ordinario procedimento edilizio
e in assenza del prescritto titolo abilitativo.
E, difatti, solo le opere oggetto della concessione sono
destinate al soddisfacimento dei bisogni di tutta la
collettività, indistintamente considerata, e risultano
perciò connotate non soltanto da un rilievo di ordine
generale, proprio di ogni opera cimiteriale, ma da una
oggettiva natura di opera pubblica.
Cappelle, edicole e tumuli, invece, come già scritto
autonomamente realizzabili dagli assegnatari dei suoli,
eventualmente riuniti in confraternite, risultano privi di
siffatta connotazione in quanto primariamente destinati al
soddisfacimento di specifici, ‘individuati’ interessi
singolari (quelli degli assegnatari cui la loro
realizzazione era affidata), pur avendo, in una prospettiva
complessiva e finale, un apprezzabile rilievo sociale: non
si tratta, dunque, di opere ‘stricto sensu’ pubbliche, come
tali esonerate dalla necessità di uno specifico titolo
edilizio in applicazione dell’art. 7, lett. c), d.p.r. n.
380 del 2001 (a norma del quale <<Non si applicano le
disposizioni del presente titolo per: […] c) opere pubbliche
dei comuni deliberate dal consiglio comunale, ovvero dalla
giunta comunale, assistite dalla validazione del progetto,
ai sensi dell’articolo 47 del decreto del Presidente della
Repubblica 21.12.1999, n. 554>>).
Nel ricorso si espone che:
- con determinazione dirigenziale n. 12 del 05.09.2003 il
Comune di Taranto affidava in concessione alla società
Bozzetto Fondazioni s.r.l., soggetto promotore ex art.
37-bis l. n. 109 del 1994, la “progettazione della
costruzione, ampliamento e gestione del cimitero di Talsano”;
- in data 26.01.2004 Società e Comune stipulavano la
relativa convenzione;
- alla Bozzetto Fondazioni subentrava poi nel rapporto
concessorio, ai sensi dell’art. 37-quinques l. n. 109
citata, la società di progetto Erregiesse s.r.l.;
- con deliberazione n. 61 del 21.04.2004 il Consiglio
Comunale adottava la necessaria variante al p.r.g. (ai fini
della destinazione urbanistica ‘cimiteriale’
dell’area interessata dall’ampliamento, nella disponibilità
del soggetto promotore);
- con delibera di Giunta n. 542 del 25.08.2004 veniva
approvato il progetto definitivo dell’intervento;
- con deliberazione n. 37 del 16.02.2005 il Consiglio
Comunale approvava la citata variante di piano;
- con d.d. n. 53 del 15.03.2005, all’esito del procedimento
di validazione ex art. 47 d.p.r. n. 554 del 1999, veniva
approvato il progetto esecutivo;
- con atto rep. n. 46249 del 10.10.2007 la Erregiesse cedeva
l’area interessata dal progetto al Comune di Taranto, che
per l’effetto riconosceva alla prima il diritto di gestire
il complesso cimiteriale durante il periodo della
concessione;
- in data 19.02.2010 le parti stipulavano un “Atto
aggiuntivo al contratto avente n. 7941 del 26.01.2004.
Revisione della concessione”;
- in data 20.10.2011 il RUP, a seguito di
apposito sopralluogo, redigeva la nota protocollo n. 1145,
nella quale si dava atto della realizzazione, da parte di
Erregiesse, di una serie di edicole funerarie, cappelle
gentilizie e tumuli privi di titolo edilizio: di tali opere
abusive, infine, si ordinava la demolizione con alcune
ordinanze dirigenziali, la cui n. 5 del 31.01.2012, relativa
alle edicole, veniva impugnata con il ricorso in esame.
...
Tanto premesso in fatto, deve rilevarsi che il ricorso è
infondato e va, quindi, respinto: in particolare, come
subito si esporrà, il Collegio ritiene che le opere edilizie
realizzate dalla ricorrente esorbitassero dai contenuti
della convenzione stipulata con il Comune di Taranto e non
avessero i caratteri delle opere pubbliche comunali, e,
pertanto, non potessero dalla prima essere realizzate al di
fuori di un ordinario procedimento edilizio e in assenza del
prescritto titolo abilitativo.
Correttamente, dunque, l’Amministrazione ne riteneva
l’abusività e ne ordinava la demolizione.
Esaminando, appunto, i contenuti della richiamata
Convenzione, può osservarsi come la stessa prevedesse da un
lato la diretta realizzazione da parte della concessionaria
di una serie di opere cimiteriali (loculi, cellette per
ossari, campi di inumazione, aree servizi e uffici,
parcheggio, ecc.), e, dall’altro, la “cessione in
concessione ai soggetti privati di una parte del suolo per
la realizzazione di cappelle private, cappelle per
confraternite e per la realizzazione di edicole” (pag.
6).
Rispetto a tali porzioni di suolo, dunque, la ricorrente
doveva soltanto provvedere alla necessaria “infrastrutturazione”
(v. art. 6 della Convenzione), ottenendo poi un
corrispettivo dalla loro “concessione” ai privati
(pagg. 6/7).
L’accordo fra Amministrazione e Concessionaria, dunque, non
contemplava in alcun modo la diretta realizzazione da parte
di quest’ultima delle edicole private, delle cappelle e dei
tumuli, ma, soltanto, la predisposizione dei suoli a
siffatte opere destinati.
Il ‘concetto’ veniva quindi ribadito all’art. 6-bis
dell’atto aggiuntivo (oltre che alla sua pag. 4), denominato
“Oggetto Convenzione”, nel quale, in linea con le
disposizione della originaria Convenzione, si prevedeva per
Erregiesse la costruzione di 2208 loculi, di 192 loculi a
fronte lungo, di 2400 cellette ossario (oltre che di uffici,
servizi cimiteriali, box per fiorai e un parcheggio), e,
soltanto, l’infrastrutturazione delle aree destinate alle 22
cappelle per confraternite, alle 370 cappelle famigliari,
alle 112 edicole private e ai 264 tumuli privati.
Coerentemente, d’altronde, il medesimo atto aggiuntivo
ricollegava i ricavi in questa parte spettanti alla
Erregiesse alla “concessione dei suoli” per
l’edificazione di edicole funerarie, tumuli e cappelle e non
alla vendita di tali manufatti (v. pag. 5).
Del medesimo tenore, ancora, risultavano gli atti con i
quali il Comune provvedeva a fissare, revisionandoli, i
contenuti della concessione, nei quali, sul punto,
esclusivamente si faceva riferimento alla
infrastrutturazione delle “aree per la costruzione di n.
22 Cappelle Confraternite, n. 100 Cappelle private e n. 80
Edicole private”, invece disponendo la diretta
costruzione da parte del Promotore dei ‘Colombari’
contenenti i loculi e le cellette, dei campi di inumazione,
di un edificio per il culto e di un edificio da destinare ai
servizi cimiteriali (v. delibere di Giunta Comunale n. 292
dell’08.07.2005 e n. 73 dell’11.06.2009).
E’ dunque da questi atti, amministrativi e convenzionali,
che potevano e dovevano ricavarsi i contenuti
dell’intervento in progetto e, per quello che qui più
interessa, distinguerne le parti direttamente riferibili
all’immediata iniziativa della ricorrente, in quanto oggetto
della concessione, da quelle invece rimesse alla futura ed
eventuale volontà dei privati assegnatari dei suoli (ove
realizzare, autonomamente, cappelle, edicole e tumuli):
distinzione, questa, non soltanto rilevante quanto alla
valutazione della condotta di Erregiesse sul piano
contrattuale, ma, anche, ai nostri fini, incidendo la stessa
sulla natura delle opere in parola.
In questa prospettiva, difatti, solo le opere oggetto della
concessione erano destinate al soddisfacimento dei bisogni
di tutta la collettività, indistintamente considerata, e
risultavano perciò connotate non soltanto da un rilievo di
ordine generale, proprio di ogni opera cimiteriale, ma da
una oggettiva natura di opera pubblica (cfr. Cons. giust.
amm. Sicilia, sez. giurisd., 10.06.2009, n. 534): non a
caso, d’altronde, la Convenzione e l’Atto aggiuntivo ne
affidavano la realizzazione in via diretta e immediata al
soggetto promotore.
Cappelle, edicole e tumuli, invece, come già scritto
autonomamente realizzabili dagli assegnatari dei suoli,
eventualmente riuniti in confraternite, risultavano privi di
siffatta connotazione in quanto primariamente destinati al
soddisfacimento di specifici, ‘individuati’ interessi
singolari (quelli degli assegnatari cui la loro
realizzazione era affidata), pur avendo, in una prospettiva
complessiva e finale, un apprezzabile rilievo sociale: non
si trattava, dunque, di opere ‘stricto sensu’
pubbliche, come tali esonerate dalla necessità di uno
specifico titolo edilizio in applicazione dell’art. 7, lett.
c), d.p.r. n. 380 del 2001 (a norma del quale <<Non si
applicano le disposizioni del presente titolo per: […] c)
opere pubbliche dei comuni deliberate dal consiglio
comunale, ovvero dalla giunta comunale, assistite dalla
validazione del progetto, ai sensi dell’articolo 47 del
decreto del Presidente della Repubblica 21.12.1999, n. 554>>).
Legittima, per conseguenza, la valutazione della loro
abusività effettuata dal Comune
(TAR Puglia-Lecce, Sez. III,
sentenza 13.03.2013 n. 575 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2012 |
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EDILIZIA PRIVATA:
Trattandosi di
costruzione (cappella funeraria) all’interno di un cimitero,
ed in mancanza di una specifica disposizione regolamentare
dell’Ente, non opera il silenzio-assenso di cui all’art. 20
del DPR 380/2001.
Invero, nell’ambito del cimitero l’edificazione è regolata,
in via primaria, dalle disposizioni di cui al T.U.L.S. (RD
27.07.1934, nr. 1265) e dalla l. 10.09.1990, nr. 285, che i
Comuni possono solo integrare, mediante il proprio
regolamento, con rinvio alle disposizioni di cui al DPR
380/2001 e che dunque, in assenza di una specifica
previsione regolamentare locale, necessita di un
provvedimento espresso in coerenza con il particolare
regime, a natura concessoria, che l’Ordinamento disciplina.
- Ritenuto che, nell’odierno giudizio, parte ricorrente si
duole dell’illegittimità dell’inerzia che l’Ente intimato ha
serbato sulla istanza presentata il 10.05.2011, prot. n.
4339 tesa ad ottenere il rilascio del permesso di costruire
per la realizzazione di una cappella funeraria da n. 10
loculi, più urne, da erigersi nel cimitero comunale al lotto
nr. 21;
- Ritenuto che l’Ente, ritualmente costituitosi, oppone alla
domanda del ricorrente che il richiesto permesso di
costruire non può essere rilasciato in quanto il Piano
Regolatore Cimiteriale approvato con delibera di CC n. 28
del 30.12.2009, art. 6 delle NTA stabilisce che il titolo
richiesto non viene rilasciato in aree sprovviste delle
opere di urbanizzazione primaria (i cui lavori, nella
specie, sono approvati ed in corso di “verifica
finanziaria del bilancio comunale”);
- Ritenuto che, trattandosi di costruzione all’interno di un
cimitero, ed in mancanza di una specifica disposizione
regolamentare dell’Ente, non opera il silenzio-assenso di
cui all’art. 20 del DPR 380/2001;
- Ritenuto infatti che nell’ambito del cimitero
l’edificazione è regolata, in via primaria, dalle
disposizioni di cui al T.U.L.S. (RD 27.07.1934, nr. 1265) e
dalla l. 10.09.1990, nr. 285, che i Comuni possono solo
integrare, mediante il proprio regolamento, con rinvio alle
disposizioni di cui al DPR 380/2001 (TAR Reggio Calabria,
26.01.2010, nr. 26) e che dunque, in assenza di una
specifica previsione regolamentare locale, necessita di un
provvedimento espresso in coerenza con il particolare
regime, a natura concessoria, che l’Ordinamento disciplina;
- Ritenuto che la dichiarazione dei motivi ostativi
all’accoglimento dell’istanza è stata resa solamente in
giudizio, da parte del difensore dell’Ente, e non con un
provvedimento espresso dell’Autorità indirizzato
personalmente al richiedente, con la conseguenza che non si
può dichiarare cessata la materia del contendere;
- Ritenuto che, pertanto, il Comune di Bovalino va
condannato all’adozione di un provvedimento espresso nei
confronti del ricorrente, da emanarsi all’esito del
necessario procedimento amministrativo, nel quale assicurare
la piena partecipazione del ricorrente medesimo, allo scopo
di verificare, in contraddittorio, i presupposti dell’azione
amministrativa, entro il termine di giorni trenta dalla
comunicazione della presente sentenza -o sua notifica a cura
di parte- e con l’espresso avviso che, in mancanza, in luogo
del Comune e con oneri a suo carico provvederà un
commissario ad acta appositamente nominato dal TAR su
istanza di parte, debitamente notificata alla controparte
(TAR Calabria-Reggio Calabria,
sentenza 14.06.2012 n. 431 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2010 |
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EDILIZIA PRIVATA: Alla
luce dell’attuale assetto della disciplina in materia di
edilizia (DPR 380/2001) e nel riparto delle funzioni
derivante dalla riforma del Titolo V della Costituzione, di
cui alla L.Cost. 1/2003, il Comune può legittimamente
disciplinare forme e condizioni della trasmissibilità tra
vivi dei diritti suoi suoli cimiteriali, integrando la
disciplina civilistica ordinaria, e può sottoporre
l’autorizzazione alla edificazione dei manufatti del
servizio votivo alle generali regole dettate dal DPR
380/2001 per l’edificazione ordinaria.
---------------
E' legittima la previsione
regolamentare locale (di polizia mortuaria) che assoggetta
l’edificazione nel suolo cimiteriale alle più garantite
procedure di autorizzazione proprie della disciplina
edilizia generale di cui al DPR 380/2001 ed alla conseguente
disciplina (oneri concessori, termini di inizio e fine
lavori e così via).
---------------
Quanto al secondo aspetto, parte ricorrente afferma
che, avendo fatto istanza per la realizzazione della
cappella, sul suolo in questione, ed avendo altresì
depositato il relativo progetto presso il Settore tecnico
decentrato di Reggio Calabria, ai fini del rispetto della
normativa antisismica, sulla istanza relativa al predetto
progetto, si sarebbe formato il silenzio assenso ex art. 19
l. 241/1990; in questo senso sarebbe illegittimo il diniego
del Comune all’allaccio dell’energia elettrica per il
servizio votivo, impugnato con il ricorso introduttivo;
inoltre, sarebbe illegittimo il diniego opposto alla istanza
in sanatoria, presentata in subordine ex art. 13 della l.
47/1985, nelle more realizzato, ed i consequenziali atti
repressivi, che il Comune ha adottato.
Nel merito delle opposte ragioni, si osserva dunque che la
tesi di parte ricorrente si fonda sul principio secondo il
quale la materia è esclusa dalla potestà di regolamentazione
comunale: la cessione del diritto di superficie sull’area
cimiteriale, secondo tale impostazione, sarebbe soggetta
alle sole norme civilistiche ordinarie, mentre
l’edificazione di manufatti del servizio votivo nell’area
cimiteriale resterebbe esclusivamente soggetta all’apposita
disciplina nazionale di cui al Regolamento approvato con DPR
285/1990 e non a quella ordinaria in tema di edificazione
(già l. 10/1977, oggi DPR 380/2001). In questo senso,
pertanto, il regolamento comunale sarebbe illegittimo e da
disapplicarsi o annullarsi in parte qua.
Ad attento esame, nelle specifiche questioni oggetto
dell’odierno giudizio, la tesi del ricorrente è infondata,
dovendosi ritenere che, alla luce dell’attuale assetto della
disciplina in materia di edilizia (DPR 380/2001) e nel
riparto delle funzioni derivante dalla riforma del Titolo V
della Costituzione, di cui alla L.Cost. 1/2003, il Comune
può legittimamente disciplinare forme e condizioni della
trasmissibilità tra vivi dei diritti suoi suoli cimiteriali,
integrando la disciplina civilistica ordinaria, e può
sottoporre l’autorizzazione alla edificazione dei manufatti
del servizio votivo alle generali regole dettate dal DPR
380/2001 per l’edificazione ordinaria.
Si deve premettere che, ai sensi dell’art. 118 Cost. e
dell’art. 3, comma 5, del Dlgs 267/2000, il Comune è
titolare sia di funzioni proprie, che di funzioni attribuite
con legge dello Stato e della Regione, secondo il principio
di sussidiarietà.
Tra le funzioni amministrative proprie del Comune rientrano
quelle afferenti l’assetto e l’utilizzazione del territorio
(art. 13 del Dlgs 267/2000) che, pacificamente, comprende
anche la materia della disciplina delle costruzioni di
manufatti cimiteriali, all’interno delle apposite aree.
In questo senso, il principio di sussidiarietà impone di
orientare l’interpretazione della disciplina vigente nel
senso di assicurare la massima latitudine possibile
all’autonomia decisionale comunale, che rappresenta il
livello di governo più vicino ai cittadini.
Tale principio implica che la disciplina di cui al DPR
285/1990 costituisce un quadro normativo unitario e mantiene
un proprio valore di orientamento uniforme a livello
nazionale della regolamentazione delle aree cimiteriali per
quanto concerne l’igiene e la sanità collettiva, ma che, per
quanto non espressamente disciplinato, o per quanto risulti
essere relativo alla specifica incidenza della materia
sull’assetto del territorio, può essere integrato dal
regolamento comunale.
---------------
Quanto alla necessità del
titolo edilizio in ordine al progetto della cappella
funeraria, la legittimità del regolamento comunale discende
sia dal principio di sussidiarietà, che si è illustrato
prima, sia da evidenti considerazioni sistematiche.
Infatti, il tenore della disciplina del DPR 380/01 è tale da
attrarre nella sua sfera di applicazione ogni genere di
trasformazione edilizia dei suoli e dunque non si vede quale
tipo di ragione, in diritto o anche di esigenza di interesse
pubblico, dovrebbe comportare una eccezione per gli edifici
funerari, peraltro soggetti alla disciplina delle norme
tecniche dell’edilizia, in funzione antisismica, che sono
disciplinate pur sempre dal medesimo DPR 380/2001 (art. 52 e
ss. ed in particolare artt. da 83 in poi).
A ben vedere, l’unica sostanziale ragione secondo la quale
parte ricorrente sostiene la estraneità della disciplina in
materia rispetto a quella generale, starebbe in una
sostanziale specialità del DPR 285/1990, che esaurirebbe in
sé la disciplina applicabile, con la conseguenza che
l’autorizzazione del sindaco in esso prevista costituirebbe
l’unico titolo esigibile per la costruzione del manufatto a
servizio votivo dei defunti.
Si deve dare atto che tale argomentazione è fondata sulle
conclusioni cui è pervenuta la giurisprudenza più risalente
(TAR Sicilia Catania, 18.02.1981, n. 88; Cassazione Penale,
sez. III, 02.03.1983) e che, peraltro, anche pronunce
recenti hanno mantenuto (TAR Campania, Napoli, 9187/2004).
Tuttavia, il Collegio deve sottoporre a revisione critica
l’orientamento appena richiamato: invero, la “specialità”
del regolamento di igiene di cui al DPR 285/1990, che trae
il proprio vigore dalle norme di cui al testo unico delle
leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27.07.1934, n.
1265, artt. da 337 a seguire, non esclude la necessità del
titolo edilizio, quando il regolamento locale lo richiede.
Invero, l’art. 94 del DPR 285/1990, che prevede che i
singoli progetti di costruzioni di sepolture private debbono
essere approvati dal sindaco su conforme parere della
commissione edilizia e del coordinatore sanitario della
unità sanitaria locale competente, ha ad oggetto l’esercizio
del potere di controllo della corrispondenza del progetto
con le previsioni del piano regolatore del cimitero di cui
agli artt. 54 e ss. del medesimo decreto, e quindi richiama,
nella disciplina territoriale, all’esercizio dei poteri di
controllo delle attività di trasformazione del territorio
che, come si è visto, sono da ritenersi strutturalmente
propri delle competenze comunali ai sensi del Dlgs 267/2000,
collocandoli all’interno di un quadro generale costituito
dalla regolamentazione del piano regolatore cimiteriale.
Ne consegue che l’art. 94 cit. va interpretato nel senso che
non istituisce un procedimento tipico o nominato: il Comune,
pertanto, ben può riservare, in via regolamentare,
l’esercizio del summenzionato potere di controllo alla
disciplina procedimentale propria del DPR 380/2001,
assicurando uniformità di presupposti, procedimenti e
condizioni all’esercizio del potere di controllo delle
trasformazioni edilizie del territorio, sia in area
cimiteriale che all’esterno di essa, con la conseguenza che
è legittima la previsione regolamentare locale che
assoggetta l’edificazione nel suolo cimiteriale alle più
garantite procedure di autorizzazione proprie della
disciplina edilizia generale di cui al DPR 380/2001 ed alla
conseguente disciplina (oneri concessori, termini di inizio
e fine lavori e così via)
(TAR Calabria-Reggio Calabria,
sentenza 26.01.2010 n. 26 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2009 |
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EDILIZIA PRIVATA: L’attività
edilizia in aree cimiteriali (poiché le relative costruzioni
non comportano un carico urbanistico di tipo ordinario) è
regolata in via primaria, non dalla normazione
urbanistica, ma dalle norme del Regolamento di Polizia
Mortuaria (attualmente il D.P.R. 285/1990, che ha sostituito
il D.P.R. 803/1975, a sua volta subentrato al R.D.
21.12.1942 n. 1880) nonché, in via secondaria, non
dagli strumenti urbanistici generali, ma dal Piano
cimiteriale, che, ai sensi degli artt. 54 e segg. del citato
decreto ogni Comune è tenuto ad adottare, cosicché il
privato non deve munirsi di alcun autonomo titolo edilizio,
essendo sufficiente all’uopo il provvedimento di
approvazione previsto dall’art. 94 della citata normativa.
Parimenti, non può fondatamente sostenersi una intervenuta
automatica decadenza della concessione cimiteriale in
questione per mancato esercizio della facoltà di costruire,
in applicazione dell’art. 15, co. II, del D.P.R. 380/2001.
Invero, l’attività edilizia in aree cimiteriali (poiché le
relative costruzioni non comportano un carico urbanistico di
tipo ordinario) è regolata in via primaria, non dalla
normazione urbanistica, ma dalle norme del Regolamento di
Polizia Mortuaria (attualmente il D.P.R. 285/1990, che ha
sostituito il D.P.R. 803/1975, a sua volta subentrato al
R.D. 21.12.1942 n. 1880) nonché, in via secondaria,
non dagli strumenti urbanistici generali, ma dal Piano
cimiteriale, che, ai sensi degli artt. 54 e segg. del citato
decreto ogni Comune è tenuto ad adottare, cosicché il
privato non deve munirsi di alcun autonomo titolo edilizio,
essendo sufficiente all’uopo il provvedimento di
approvazione previsto dall’art. 94 della citata normativa
(cfr. Cass. Pen. sez. III, 02.03.1983 – Patimo)
(TAR Campania-Napoli, Sez. VII,
sentenza 22.06.2009 n. 3428 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
La costruzione di una cappella
cimiteriale non è esente dal pagamento degli oneri di
urbanizzazione.
L'eventuale esenzione necessita della concomitanza di due
requisiti: per effetto del primo la costruzione deve
riguardare opere pubbliche o di interesse generale; per
effetto del secondo le opere debbono essere eseguite da un
ente istituzionalmente competente.
L’esenzione dal pagamento degli oneri di urbanizzazione
richiede l’esistenza di due presupposti che debbono entrambi
concorrere, l’uno di carattere oggettivo e l’altro di
carattere soggettivo.
Per effetto del primo la costruzione deve riguardare opere
pubbliche o di interesse generale; per effetto del secondo
le opere debbono essere eseguite da un ente
istituzionalmente competente. La ratio di tale norma
è, infatti, quella di agevolare l’esecuzione di opere
destinate al soddisfacimento di interessi pubblici
(Consiglio di Stato, Sezione V, 11.01.2006, n. 51).
La Cappella realizzata dall’interessata non può rientrare
tra le previsioni di cui alla detta lettera f) tanto dal
punto di vista soggettivo quanto da quello oggettivo.
La Cappella, se fosse stata costruita direttamente dal
Comune, sarebbe certamente rientrata tra le opere pubbliche
realizzate da ente istituzionalmente competente per il
soddisfacimento dell’interesse dell’intera collettività.
Alla stessa conclusione si sarebbe pervenuti se il Comune
avesse istituito apposito ente per assicurare a tutti i
cittadini la possibilità di essere seppelliti e se questo
avesse realizzato l’opera.
In conclusione l’opera, se destinata al soddisfacimento del
bisogno di tutta la collettività, indistintamente
considerata, realizzata direttamente dalla pubblica
amministrazione o da un organismo all’uopo creato, ha i
requisiti per beneficiare dell’esenzione. Ciò nella
considerazione che, se così non fosse, si assisterebbe ad un
notevole appesantimento dell’operato dell’amministrazione
che attraverso una partita di giro finirebbe col recuperare
apparentemente la quota di spese sostenute per
l’urbanizzazione della zona interessata dall’edificazione. E
chiaramente non avrebbe senso che un settore
dell’amministrazione che realizza un’opera pubblica in una
zona urbanizzata da altro suo settore rimborsi a
quest’ultimo la quota parte delle spese sostenute per la
ripetuta urbanizzazione.
Altro discorso va fatto quando un soggetto diverso da quello
che la lettera f) definisce istituzionalmente competente
realizzi un’opera destinata ad essere utilizzata solo ed
esclusivamente dai suoi associati. Detto soggetto,
costituito per realizzare l’interesse di una categoria ben
definita di persone persegue un interesse apprezzabile non
generale ma particolare, e può agire o meno per finalità di
lucro. Tale ultima finalità non rileva assolutamente,
essendo preponderante la prima, consistente nel
perseguimento dell’interesse di un gruppo di persone
definibili sulla scorta delle previsioni del suo statuto.
Il perseguimento di un interesse particolare comporta che la
Confraternita, che voglia realizzare un immobile
nell’interesse degli associati utilizzando un’area
cimiteriale, debba corrispondere un contributo commisurato
all’incidenza delle spese di urbanizzazione sostenute dalla
collettività. Sarebbe ingiustificato, infatti, che il gruppo
di soggetti rappresentati dalla Confraternita utilizzassero
gratuitamente le opere di urbanizzazione realizzate dalla
collettività, non essendo condivisibile la deduzione della
ricorrente secondo la quale nulla sarebbe dovuto in presenza
di aree già urbanizzate.
Non esiste nemmeno il presupposto oggettivo considerato che
l’opera eseguita dall’interessata non è qualificabile in
alcun modo tra le opere di urbanizzazione che l’ultima parte
di detta lettera f) individua tra quelle che i privati
eseguono in attuazione di strumenti urbanistici (strade
previste da un piano di lottizzazione ad esempio) (CGARS,
sentenza 10.06.2009 n. 534 -
link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2005 |
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EDILIZIA
PRIVATA: La
costruzione di una cappella privata, all'interno del
cimitero comunale, sconta il pagamento degli oneri di
urbanizzazione.
I due ricorsi si fondano sul postulato che in virtù
dell’art. 9, lettera f, della L. n. 10/1977, per la
costruzione di una Cappella Cimiteriale non sarebbe dovuto
il pagamento dei predetti oneri atteso che le Confraternite
è un Ente Ecclesiale non avente scopo di lucro,ma
caratteristiche mutualistiche ed assistenziali.
Le Cappelle, secondo l’assunto di parte ricorrente, anche se
non destinate a scopi propri dell’Amministrazione,
soddisfano bisogni della collettività, anche se la gestione
del manufatto Cimiteriale è svolta da privati.
L’iter logico giuridico seguito dalla ricorrente non è
condivisibile.
Invero, l’art. 9 della L. n. 10/1977, alla lettera f),
disposizione invocata dalla ricorrente per postulare
l’esonero dai contributi e pretendere la restituzione del
asseritamene indebito, statuisce che non sono dovuti gli
oneri di urbanizzazione per: gli impianti, le attrezzature,
le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli
enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di
urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di
strumenti urbanistici.
Nel caso all’esame del Collegio la Cappella non è
sussumibile in nessuna delle fattispecie elencate nella
norma surriportata.
Infatti, essa non può essere considerata opera pubblica
realizzata da un Ente pubblico istituzionalmente competente,
né opera di urbanizzazione realizzata da un privato in
attuazione di uno strumento urbanistico, atteso che non
risulta che il manufatto de quo sia previsto da alcun
strumento urbanistico e neppure che la Confraternita lo
abbia realizzato nel quadro di interventi, sia pure a cura
di privati, di attuazione delle previsioni di uno strumento
urbanistico.
Né dai ricorso o dalle allegazioni processuali è dato
dedurre che la Cappella sia stata costruita dalla
Confraternita in attuazione di un accordo ex L. n. 241/1990.
Né, ad avviso del Collegio, hanno pregio le considerazioni
della ricorrente relative ad una rilevanza della natura
non profit della Confraternita, né il presunto fine di
interesse generale perseguito dal sodalizio nella
realizzazione della Cappella.
Infatti il testo della lettera f) dell’art. 9 della L. n.
10/1977 esclude, per la sua stessa natura di norma di
privilegio comportante un esenzione dall’obbligo di versare
somme dovute ad un ente pubblico, qualunque interpretazione
estensiva od analogica.
Né pur ricorrendo alle predette tipologie interpretative si
potrebbe comunque pervenire all’esito interpretativo indicato
dalla ricorrente, atteso che la Confraternita pur essendo un
sodalizio che non persegue fini di lucro non realizza
interessi generali, come ritiene la ricorrente, ma soddisfa
un interesse dei confrati (TAR Sicilia-Catania, Sez. I,
sentenza 03.05.2005 n. 788 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2004 |
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EDILIZIA
PRIVATA: Per
lo svolgimento di attività edilizia all'interno dei cimiteri
anche da parte dei privati non occorre il rilascio di alcuna
concessione edilizia, essendo sufficiente il giudizio da
parte del Sindaco di conformità del progetto alle
prescrizioni edilizie contenute nel piano regolatore
cimiteriale e non dalle norme comuni in tema di edilizia ed
urbanistica.
L’attività edilizia all’interno dei cimiteri è regolata, in
via primaria, non dalla normazione urbanistica, ma dalle
norme del regolamento di polizia mortuaria (D.P.R.
10.09.1990 n. 285 e successive modificazioni), e, in via
secondaria, non dagli strumenti urbanistici generali, ma dal
piano regolatore cimiteriale che ogni Comune è tenuto ad
adottare (cfr. ex multis Cass. Sez. III 02.06.1983 n.
451, TAR Sicilia-Catania 18.02.1981 n. 86, TAR
Abruzzo-Pescara 04.12.1989 n. 534, TAR Toscana 03.05.1994 n.
176, TAR Calabria-Reggio Calabria 06.04.2000 n. 304).
Pertanto, per lo svolgimento di attività edilizia
all'interno dei cimiteri anche da parte dei privati non
occorre il rilascio di alcuna concessione edilizia, essendo
sufficiente il giudizio da parte del Sindaco di conformità
del progetto alle prescrizioni edilizie contenute nel piano
regolatore cimiteriale e non dalle norme comuni in tema di
edilizia ed urbanistica (TAR Campania-Napoli, Sez. II,
sentenza 04.06.2004 n. 9187 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA: L'attività
edilizia all'interno dei cimiteri è disciplinata
compiutamente dal regolamento di polizia mortuaria (D.P.R.
n. 285 del 1990 e successiva modificazioni) e non dalle
norme comuni in tema di edilizia ed urbanistica.
Ne consegue che, come è stato puntualmente denunciato dalla
parte ricorrente, i provvedimenti impugnati risultano
illegittimi in quanto, viceversa, applicano la comune
normativa in tema di edilizia (D.P.R. n. 380 del 2001) in
relazione alla costruzioni di alcuni loculi all'interno di
una cappella cimiteriale.
Come e' stato
rappresentato alle parti nel corso della camera di
consiglio, il ricorso può essere definito immediatamente nel
merito con sentenza redatta in forma semplificata.
Tanto perché sia il ricorso principale che i motivi aggiunti
sono manifestamente fondati.
L'attività edilizia all'interno dei cimiteri è disciplinata
compiutamente dal regolamento di polizia mortuaria (D.P.R.
n. 285 del 1990 e successiva modificazioni) e non dalle
norme comuni in tema di edilizia ed urbanistica.
Ne consegue che, come e' stato puntualmente denunciato dalla
parte ricorrente, i provvedimenti impugnati risultano
illegittimi in quanto, viceversa, applicano la comune
normativa in tema di edilizia (D.P.R. n. 380 del 2001) in
relazione alla costruzioni di alcuni loculi all'interno di
una cappella cimiteriale.
Tanto basta per l'accoglimento con la conseguenza che ogni
altra censura può essere dichiarata assorbita.
Ricorrono giusti motivi per la compensazione tra le parti
delle spese di giudizio (TAR
Campania-Napoli, Sez. II,
sentenza 14.05.2004 n. 8749 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 1990 |
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EDILIZIA
PRIVATA: Il
regolamento di polizia mortuaria (v. d.p.r. n. 803/1975),
che espressamente disciplina le costruzioni edilizie nei
cimiteri, a differenza di quanto disposto dalle leggi
urbanistiche, non prevede affatto l'obbligo della
concessione edilizia per tali costruzioni.
In particolare, per quanto riguarda la costruzione di
sepoltura privata, l'art. 91 del suddetto regolamento
richiede la concessione per l'uso dell'area demaniale del
cimitero, concessione che è atto ben diverso dalla
concessione edilizia, mentre a norma dell'art. 95 dello
stesso regolamento, i singoli progetti di costruzione di
sepolture private debbono essere approvati dal Sindaco su
conforme parere dell'ufficiale sanitario e sentita la
commissione edilizia.
La costruzione senza la concessione per l'uso dell'area del
cimitero e senza l'approvazione del relativo progetto da
parte del Sindaco, lungi dal realizzare il reato
urbanistico, integra soltanto la contravvenzione prevista
dall'art. 108 del regolamento di polizia mortuaria;
contravvenzione ormai depenalizzata L. n. 689 del 1981, ex
art. 32, essendo punibile soltanto con l'ammenda stabilita
dal T.U. Leggi Sanitarie, R.D. 27.07.1934, n. 1265, art. 358
e successive modifiche.
E' vero che l'art. 108 del citato regolamento sanziona le
violazioni, salvo che esse non costituiscano reato più
grave. Ma, contrariamente a quanto il giudice di appello
sostiene, l'attività edilizia all'interno dei cimiteri,
essendo regolata in via primaria dal regolamento di polizia
mortuaria e, in via secondaria, dal piano regolatore
cimiteriale, non è compresa nell'ambito di applicazione
della normativa di cui alla L. n. 10 del 1977 e successive
modificazioni, che concerne la trasformazione urbanistica
del territorio, escluse le zone ed aree a regolamentazione
edilizia speciale, come quella in esame.
Svolgimento del processo
Con sentenza in data 07.07.1989 la Corte di Appello di
Catania confermò la sentenza in data 23.11.1987 del Pretore
di Paternò, che aveva dichiarato G.F. colpevole del reato
previsto dalla L. n. 47 del 1985, art. 20, lett. b) per aver
sopraelevato una cappella funeraria nel cimitero di
(OMISSIS) senza concessione edilizia (OMISSIS).
Avverso tale sentenza il G. propone ricorso per cassazione,
deducendo che il fatto non è previsto dalla legge come reato
ed, in subordine, invocando i benefici di legge.
Motivi della decisione
Come questa Corte Suprema ha affermato in analoga
fattispecie (Cassazione 3^ n. 5148 del 02.06.1983 - udienza
02.03.1983 imputato Patimo), alle cui argomentazioni questo
Collegio si richiama in mancanza di nuove e più decisive
ragioni di segno contrario, il regolamento di polizia
mortuaria (v. d.p.r. n. 803/1975), che espressamente
disciplina le costruzioni edilizie nei cimiteri, a
differenza di quanto disposto dalle leggi urbanistiche, non
prevede affatto l'obbligo della concessione edilizia per
tali costruzioni.
In particolare, per quanto riguarda la costruzione di
sepoltura privata, l'art. 91 del suddetto regolamento
richiede la concessione per l'uso dell'area demaniale del
cimitero, concessione che è atto ben diverso dalla
concessione edilizia, mentre a norma dell'art. 95 dello
stesso regolamento, i singoli progetti di costruzione di
sepolture private debbono essere approvati dal Sindaco su
conforme parere dell'ufficiale sanitario e sentita la
commissione edilizia.
La costruzione senza la concessione per l'uso dell'area del
cimitero e senza l'approvazione del relativo progetto da
parte del Sindaco, lungi dal realizzare il reato
urbanistico, avrebbe potuto integrare soltanto la
contravvenzione prevista dall'art. 108 del regolamento di
polizia mortuaria; contravvenzione ormai depenalizzata L. n.
689 del 1981, ex art. 32, essendo punibile soltanto con
l'ammenda stabilita dal T.U. Leggi Sanitarie, R.D.
27.07.1934, n. 1265, art. 358 e successive modifiche.
E' vero che l'art. 108 del citato regolamento sanziona le
violazioni, salvo che esse non costituiscano reato più
grave. Ma, contrariamente a quanto il giudice di appello
sostiene, l'attività edilizia all'interno dei cimiteri,
essendo regolata in via primaria dal regolamento di polizia
mortuaria e, in via secondaria, dal piano regolatore
cimiteriale, non è compresa nell'ambito di applicazione
della normativa di cui alla L. n. 10 del 1977 e successive
modificazioni, che concerne la trasformazione urbanistica
del territorio, escluse le zone ed aree a regolamentazione
edilizia speciale, come quella in esame.
La sentenza impugnata va, pertanto, annullata in ordine al
reato previsto dalla L. n. 47 del 1985, art. 20, lett. b),
perché il fatto non è preveduto dalla legge come reato.
E poiché il reato in questione fu considerato più grave
rispetto a quelli concorrenti ai fini della continuazione,
la stessa sentenza impugnata va annullata con rinvio in
ordine alla misura della pena per i residui reati di cui
alla L. n. 64 del 1974 e L. n. 1086 del 1977, da
rideterminarsi nel giudizio di rinvio (Corte
di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 13.03.1990 n.
3489). |
anno 1981 |
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EDILIZIA PRIVATA:
L'attività edilizia all'interno dei cimiteri è
regolata, in via primaria, non dalla normazione urbanistica
ma dalle norme contemplate sotto i titoli 10 e 18 del
regolamento di polizia mortuaria approvato con d.p.r.
21.10.1975 n. 803 e, in via secondaria, non dagli strumenti
urbanistici generali ma dal piano regolatore cimiteriale che
ai sensi dell'art. 53 del citato d.p.r. 803/1975 ogni comune
è tenuto ad adottare.
Pertanto, per lo svolgimento di attività edilizia
all'interno dei cimiteri anche da parte di privati non
occorre il rilascio della concessione edilizia, essendo
sufficiente il giudizio da parte del sindaco di conformità
del progetto alle prescrizioni edilizie contenute nel piano
regolatore cimiteriale ai sensi dell'art. 95 d.p.r. 803 cit..
L'attività edilizia all'interno dei cimiteri è regolata, in
via primaria, non dalla normazione urbanistica ma dalle
norme contemplate sotto i titoli 10 e 18 del regolamento di
polizia mortuaria approvato con d.p.r. 21.10.1975 n. 803 e,
in via secondaria, non dagli strumenti urbanistici generali
ma dal piano regolatore cimiteriale che ai sensi dell'art.
53 del citato d.p.r. 803/1975 ogni comune è tenuto ad
adottare; pertanto, per lo svolgimento di attività edilizia
all'interno dei cimiteri anche da parte di privati non
occorre il rilascio della concessione edilizia, essendo
sufficiente il giudizio da parte del sindaco di conformità
del progetto alle prescrizioni edilizie contenute nel piano
regolatore cimiteriale ai sensi dell'art. 95 d.p.r. 803 cit.
(TAR
Sicilia-Catania, sentenza 18.02.1981 n. 86). |
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