dossier PARERE DI
REGOLARITA' TECNICA, CONTABILE E DI LEGITTIMITA'
(sulle delibere di Giunta e
di Consiglio Comunale) |
anno 2021 |
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ATTI AMMINISTRATIVI: Per
giurisprudenza prevalente, la mancata acquisizione
dei pareri di regolarità amministrativa e
contabile non inficia la validità dell’atto.
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8.1. Vanno anzitutto dichiarati infondati il primo, il secondo
e il sesto motivo di ricorso, visto che:
- a fattor comune, si tratta di censure improntate ad estremo
formalismo e in ogni caso non condivise dal Collegio;
- quanto alla dedotta violazione degli artt. 7 e ss. della L. n.
241/1990, è dirimente il fatto che la comunicazione di avvio del
procedimento menzionava fra i vizi di legittimità del procedimento di
approvazione e validazione del progetto esecutivo la mancata acquisizione
dell’autorizzazione sismica (ossia, come meglio si dirà infra,
dell’unico aspetto effettivamente rilevante e che anche da solo avrebbe
giustificato l’esercizio del ius poenitendi). Pertanto, se anche il
provvedimento finale si è fondato su profili non espressamente evidenziati
nella comunicazione ex art. 7, ciò non è sufficiente per l’accoglimento
della censura;
- quanto alla dedotta mancata acquisizione dei pareri di regolarità
amministrativa e contabile, va osservato che, per giurisprudenza prevalente
(ex multis, Cons. Stato, n. 7043/2020 e TAR Marche, n. 623/2015), la
mancata acquisizione dei citati pareri non inficia la validità dell’atto. Va
aggiunto che, per la verità, dal preambolo della determina n. 444/2021
risulta che i citati pareri (o, meglio, il parere di regolarità contabile,
visto che quello di regolarità tecnica è in re ipsa, dovendo essere
espresso dal medesimo funzionario che ha adottato il provvedimento) siano
stati acquisiti, anche se non sono materialmente inseriti nel corpo
dell’atto o in suo allegato;
- quanto, infine, al fatto che il Comune ha rimandato a successive
determinazioni la rinnovazione degli atti di approvazione e validazione del
progetto, si tratta di soluzione del tutto ragionevole, in quanto gli unici
provvedimenti che andavano rimossi immediatamente erano proprio la proposta
di aggiudicazione e l’aggiudicazione definitiva, in quanto provvedimenti che
avevano creato in capo al Comune obblighi verso l’aggiudicatario. La
rinnovazione degli atti antecedenti era (ed è) invece legata a
determinazioni di competenza non esclusiva del dirigente, dovendo anzitutto
pronunciarsi sul punto gli organi di indirizzo politico-amministrativo (ad
esempio per quanto riguarda la conferma dell’intervento e/o il reperimento
di nuove risorse finanziarie) (TAR
Marche,
sentenza 29.12.2021 n. 897 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
In
generale, ai sensi dell’art. 107 T.U.E.L. il dirigente, prima di
adottare un qualsiasi provvedimento idoneo ad impegnare all’esterno la
volontà dell’ente che egli in quel momento rappresenta, ha il potere (e
anche il dovere, quantomeno per tutelarsi in sede penale, civile,
disciplinare e contabile) di sottoporre a revisione l’istruttoria svolta
fino a quel momento e ha l’obbligo di non adottare il provvedimento se si
avvede dell’esistenza di vizi di legittimità rilevanti ai sensi dell’art.
21-octies L. n. 241/1990.
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8.5.
Passando invece alle questioni inerenti l’approvazione, la verifica e la validazione del progetto posto a base di gara, il Collegio osserva quanto
segue.
8.5.1. In generale, ai sensi dell’art. 107 T.U.E.L. il dirigente, prima di
adottare un qualsiasi provvedimento idoneo ad impegnare all’esterno la
volontà dell’ente che egli in quel momento rappresenta, ha il potere (e
anche il dovere, quantomeno per tutelarsi in sede penale, civile,
disciplinare e contabile) di sottoporre a revisione l’istruttoria svolta
fino a quel momento e ha l’obbligo di non adottare il provvedimento se si
avvede dell’esistenza di vizi di legittimità rilevanti ai sensi dell’art.
21-octies L. n. 241/1990.
Ora, il dirigente che ha adottato il provvedimento odiernamente impugnato è
lo stesso che aveva adottato la determinazione n. 1145/2020, recante
l’aggiudicazione definitiva della gara, il che priva di qualsiasi rilevanza
l’argomento difensivo del Comune teso ad evidenziare che il funzionario in
carica nel mese di agosto 2021 non era lo stesso che, tra la fine del 2019 e
il gennaio 2020, aveva approvato il progetto esecutivo e indetto la gara (il
che è oggettivamente vero, visto che la gara era stata indetta con determina
adottata dall’ing. Ca., in seguito collocato in quiescenza e sostituito
dall’arch. Fa.).
Premesso che tale argomento non sarebbe stato comunque dirimente al fine di
escludere l’imputazione degli atti in parola al Comune, è del tutto evidente
che prima di adottare il provvedimento di aggiudicazione definitiva il
dirigente in carica in quel momento avrebbe dovuto verificare la legittimità
del procedimento di approvazione del progetto e della procedura di gara, e
non rimandare tale controllo ad un momento successivo.
8.5.2. Come emerge in maniera abbastanza chiara dalla documentazione versata
in atti dal Comune in esecuzione dell’ordine istruttorio del Tribunale (si
veda la produzione del 25.10.2021 ed in particolare la corrispondenza
fra il dirigente del Settore e il R.U.P.), l’avvicendamento del dirigente
del Settore ha determinato l’insorgere di un palese conflitto con il R.U.P.,
il che ha causato anzitutto una ingiustificata stasi procedimentale.
Ad ogni buon conto, e rimanendo ai profili giuridici, dalla nota prot. n.
13573 del 20.04.2021 (depositata nell’ambito dell’allegato n. 2 alla
produzione del 25.10.2021) emerge che la necessità della preventiva
acquisizione dell’autorizzazione sismica non discende da una norma di legge
(fatto salvo quanto si dirà infra circa la portata della novella di cui al
D.L. n. 76/2020), bensì da un’opinione personale del dirigente pro
tempore del Settore Assetto del Territorio (a pag. 6 il funzionario
afferma infatti testualmente che “….una verifica/validazione a posteriori
dell’affidamento definitivo sembra allo scrivente non coerente con la
procedura prevista dal Codice…”). Ma se così è, ne consegue che il ricorso
all’autotutela non era consentito, visto che ai fini del legittimo esercizio
del ius poenitendi è necessario dimostrare che il provvedimento che si
intende annullare sia affetto da uno o più dei tre classici vizi indicati
dall’art. 21-octies della L. n. 241/1990 (TAR
Marche,
sentenza 29.12.2021 n. 897 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2020 |
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ATTI AMMINISTRATIVI - PUBBLICO IMPIEGO:
Una recente sentenza di Cassazione (Sez. VI penale,
sentenza 07.12.2020 n. 34776) ha confermato
che il visto contabile del responsabile finanziario non ha natura meramente
formale di copertura della spesa ma la normativa primaria prevede la
possibilità di opporsi alla liquidazione, espressione di un suo potere di
vigilanza e di legalità.
Si può chiarire l'espressione "potere di vigilanza e di legalità", cosa
vuole significare, in che consiste?
Si ritiene che dato il tenore della pronuncia della Corte di Cassazione
penale occorre soffermarsi sugli istituti che governano l'attività oggetto
della richiamata pronuncia.
Come evidenziato dalla sentenza, il Tuel prescrive che ogni Determinazione
dell'ente comunale che preveda un impegno di spesa da parte di quest'ultimo
devono essere svolti dei controlli fiscali e contabili in adempimento di
quanto previsto dal combinato disposto degli art. 49, comma 1 e 184, comma 4
del Testo Unico.
In particolare la giurisprudenza della corte Conti ha evidenziato che: "con
il "parere di regolarità contabile" il fine perseguito dal
legislatore è stato quello di assegnare al responsabile del servizio di
ragioneria un ruolo centrale nella tutela degli equilibri di bilancio
dell'ente e, a tal fine, nell'esprimere tale parere egli dovrà tener conto,
in particolare, delle conseguenze rilevanti in termini di mantenimento nel
tempo degli equilibri finanziari ed economico-patrimoniali, valutando:
a) la verifica della sussistenza del parere di regolarità tecnica
rilasciato dal soggetto competente;
b) il corretto riferimento (si sottolinea effettuato dall'organo
proponente) della spesa alla previsione di bilancio annuale, ai programmi e
progetti del bilancio pluriennale e, ove adottato, al piano esecutivo di
gestione" (Corte dei Conti Calabria Sez. giurisdiz.
sentenza 27.05.2019 n. 185).
In sostanza chi ricopre funzioni di responsabile del servizio finanziario
all'interno dell'ente locale, attraverso l'esercizio del potere di firma,
deve svolgere un controllo formale e sostanziale sugli ordinativi di
pagamento; ciò in ragione del fatto che "..... le procedure di spesa
previste dalla legge, oltre che dal regolamento di contabilità degli enti
locali, sono volte ad assicurare il buon fine del pagamento, cioè che la
somma indicata sul mandato sia accreditata al legittimo beneficiario, e che
il pagamento stesso sia inequivocabilmente ricondotto all'ambito di una
determinata procedura di spesa pubblica e quietanzato come tale" (Corte
dei Conti Piemonte Sez. giurisdiz.
sentenza 06.09.2016 n. 248).
In conclusione, quindi, il potere di vigilanza e legalità va letto nel senso
che il responsabile del servizio contabile ha un obbligo
di controllo effettivo sulla legittimità degli atti comportanti l'impegno di
spesa.
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Riferimenti normativi e contrattuali
D.Lgs. 18.08.2000, n. 267, art. 49
- D.Lgs. 18.08.2000, n. 267, 184
Riferimenti di giurisprudenza
Corte dei Conti Calabria Sez. giurisdiz. Delib., 27.05.2019, n. 185 - Corte
dei Conti Piemonte Sez. giurisdiz. Delib., 06.09.2016, n. 248 (17.12.2020
- tratto da www.risponde.leggiditalia.it/#doc_week=true). |
ATTI AMMINISTRATIVI - PUBBLICO IMPIEGO: Il
visto del responsabile finanziario salva il dirigente dal peculato.
La Cassazione salva il manager che si era autoliquidato
incentivi alla progettazione.
L'accusa di peculato al dirigente tecnico che si è autoliquidato incentivi
alla progettazione, in qualità di responsabile unico del procedimento, è
stata smentita dalla Corte di Cassazione - Sez. VI penale (sentenza 07.12.2020 n. 34776).
Quest'ultima, in riforma della sentenza di primo grado e del giudice
dell'appello, ha precisato che, il visto contabile del responsabile
finanziario, non ha natura meramente formale di copertura della spesa ma la
normativa primaria prevede la possibilità di opporsi alla liquidazione,
espressione di un suo potere di vigilanza e di legalità.
La vicenda
Un dirigente dei lavori pubblici è stato accusato di peculato per essersi
liquidato incentivi alla progettazione in qualità di responsabile unico del
procedimento, cui la normativa e il regolamento comunale ne impedivano
l'erogazione in caso di progettazione affidata all'esterno. L'illegittimità
della liquidazione, unitamente alla disponibilità delle somme, ha integrato
il reato di peculato secondo la sentenza di primo grado emessa dal Giudice
per l'udienza preliminare.
La Corte di appello, riformando la sentenza, ha invece sostenuto che, la
previsione regolamentare dell'inibizione degli incentivi al Responsabile
unico del procedimento, in caso di affidamento della progettazione esterna,
avrebbe dovuto essere disapplicata in quanto posta in violazione delle
disposizioni legislative all'epoca vigenti. Tuttavia, l'illegittimità
dell'erogazione e la conferma del reato di peculato discendevano da altre
due cause.
La prima in quanto l'illegittimità andrebbe circoscritta alla mancata
indicazione delle specifiche prestazioni e all'assenza di una percentuale di
ripartizione. La seconda causa discenderebbe dall'atto di
autoliquidazione non considerando rilevante il parere di regolarità
contabile del responsabile finanziario, trattandosi di parere reso su
controlli meramente formali volti alla sola verifica delle risorse
finanziarie disponibili.
Avverso la sentenza della Corte di appello ricorre il dirigente tecnico
evidenziando due errori commessi dai giudici di appello. Il primo in quanto
dalla documentazione depositata i due elementi censurati, sulle prestazioni
dei dipendenti e sulle percentuali, sono smentiti dalla documentazione
depositata. Il secondo errore è stato quello di giudicare irrilevante il
controllo da parte del responsabile finanziario che, lungi dal costituire un
controllo meramente formale, è obbligato da specifiche disposizioni
legislative (artt. 49 e 184 del Tuel) a un controllo effettivo sulla
legittimità degli atti comportanti l'impegno di spesa.
La decisione della Cassazione
Secondo i giudici di Piazza Cavour, al fine di poter confermare il reato di
peculato, deve assumere rilevanza la somma di denaro posta nella esclusiva
disponibilità del dirigente.
Nel caso di specie, pertanto, il nucleo centrare del reato si poggia, nel
verificare se i controlli intestati, dalle disposizioni legislative o
regolamentari, al responsabile finanziario siano o meno da considerare di
tipo meramente formali. Sul punto i giudici di appello hanno sostenuto che
le determinazioni adottate dall'imputato fossero da considerare meramente
formali, tesi questa non condivisa dalla Cassazione.
Infatti, il Testo Unico degli enti locali, impone l'espressione di un parere
tecnico necessario da parte del servizio interessato e uno congiunto del
servizio ragioneria (art. 49, comma 1) quando la proposta di deliberazione
comporti un impegno di spesa nonché l'espletamento di controlli effettivi e
di riscontri amministrativi, contabili e fiscali sugli atti di liquidazione
da parte del servizio finanziario dell'ente locale (art. 184, comma 4).
In altri termini, non si tratta di meri controlli finanziari quanto
piuttosto di controlli di natura sostanziali con la piena capacità del
responsabile finanziario di opporsi alla liquidazione della determina se
illegittima.
In conclusione, per la Cassazione difetta, ai fini di una piena
riconducibilità della condotta ascritta al ricorrente all'ipotesi di reato
di peculato, il requisito della cosiddetta disponibilità giuridica, con la
conseguenza che la sentenza della Corte di appello deve essere annullata
perché il fatto non costituisce reato
(articolo ItaliaOggi del 10.12.2020). |
ATTI AMMINISTRATIVI - PUBBLICO IMPIEGO: Il
delitto di peculato di cui all'art. 314 cod. pen., consiste
nell'appropriazione da parte del soggetto qualificato (pubblico ufficiale o
incaricato di pubblico servizio) di denaro o cosa mobile di proprietà altrui
(soggetto pubblico o privato) di cui abbia la disponibilità, materiale e/o
giuridica.
Appropriazione, inoltre, che s'invera tendenzialmente in assenza di
controlli esterni, situazione quest'ultima che facilita e consente una più
agevole interversione del possesso della res da parte dell'agente.
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1. Il ricorso è fondato e merita accoglimento in relazione al terzo
motivo di ricorso, comportando l'annullamento senza rinvio della
sentenza impugnata.
2. Il Collegio osserva preliminarmente come l'indubbia peculiarità della
fattispecie non possa far velo all'essenza del delitto di peculato di cui
all'art. 314 cod. pen., che consiste nell'appropriazione da parte del
soggetto qualificato (pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio)
di denaro o cosa mobile di proprietà altrui (soggetto pubblico o privato,
sul tema v. per tutte Sez. 6, sent. n. 20132 del 11/03/2015, Varchetta, Rv.
263547 in fattispecie di appropriazione di denaro di privati da parte di
notaio) di cui abbia la disponibilità, materiale e/o giuridica;
appropriazione, inoltre, che s'invera tendenzialmente in assenza di
controlli esterni, situazione quest'ultima che facilita e consente una più
agevole interversione del possesso della res da parte dell'agente.
3. Una delle principali questioni postasi all'attenzione dei giudici di
merito ha, infatti, riguardato proprio la cd. disponibilità giuridica da
parte dell'imputato delle somme di denaro oggetto delle Determinazioni di
autoliquidazione del compenso, all'origine delle accuse formulate nei suoi
confronti.
Più in particolare è venuto in rilievo il tema dell'inserimento della
condotta di appropriazione in una più ampia ed articolata procedura,
richiedente l'intervento di vari soggetti, ragion per cui l'agente infedele,
al fine di ottenere il trasferimento della cosa o del denaro nella sua
materiale e personale disponibilità, deve:
a) ricorrere ad una condotta fraudolenta o ingannatrice che
determini il compimento di atti dispositivi la cui adozione compete a terzi;
b) interagire con altri soggetti, ciascuno dei quali chiamato a
svolgere una diversa funzione nell'ambito di un iter procedimentale
complesso.
E' noto come la giurisprudenza di questa Corte di legittimità abbia in
genere ravvisato nei casi riferibili all'ipotesi sub a) il delitto di
truffa (Sez. 6, sent. n. 31243 del 04/04/2014, PM in proc. Currao, Rv.
260505; Sez. 6, sent. n. 13559 del 11/07/2019, dep. 04/05/2020, Guercio, Rv.
278888), anche se non mancano decisioni di segno diverso (Sez. 6, sent. n.
10762 del 01/02/2018, Gambino, Rv. 272761 in fattispecie di peculato di
pubblico ufficiale, preposto all'organo competente alla istruttoria della
pratica e alla predisposizione del provvedimento finale, che, inducendo in
errore il consiglio di amministrazione di un ente sulla legittimità della
delibera di spesa, ne ottiene l'approvazione con conseguente erogazione a
taluni dipendenti di compensi di importo superiore al dovuto).
Per quelli riferibili all'ipotesi sub b) ha, invece, in genere ravvisato il
delitto di peculato, declinando in vario modo il concetto di 'disponibilità
giuridica' del denaro o della res (Sez. 6, sent. n. 43900 del
04/07/2018, Gaburri, Rv. 274683 in fattispecie di determina dirigenziale di
indebita liquidazione di incentivo, materialmente non erogato dall'imputato
ma a seguito del parere di conformità tecnica reso da altro pubblico
ufficiale; conf. Sez. 6, sent. n. 33254 del 19/05/2016, Caruso, Rv. 267525
ed altre non mass.).
Non sono mancate, tuttavia, pronunce di diverso tenore (Sez. 6 sent. n. 8018
del 26/02/2016, Vuozzo non mass. citata anche nella pronuncia impugnata, in
fattispecie di ravvisata sussistenza del delitto di abuso di ufficio),
anche se l'orientamento più rigoroso è stato riaffermato in relazione a
fattispecie caratterizzate da controlli successivi all'adozione dell'atto
amministrativo di natura puramente formale (Sez. 6, sent. n. 20666 del
08/04/2016, De Sena e altro, Rv. 268030) quando non proprio inesistenti (Sez.
6, sent. n. 49283 del 04/11/2015, Labate, Rv. 265704 riferita a contesto di
atti amministrativi di competenza dell'agente non sottoposti a controllo di
altre componenti dell'ufficio per effetto di consolidate prassi illecite o
sistematicamente neghittose).
3. Il nucleo dell'accusa mossa al ricorrente consiste, infatti, nell'essersi
attribuito autonomamente emolumenti retributivi che non gli competevano,
nella doppia veste di responsabile dei servizi tecnici del Comune di Siliqua
e di Direttore del Bacino n. 31, in violazione dell'art. 24 d.lgs. n. 165
del 2011 e del principio ivi codificato di cd. onnicomprensività della
retribuzione spettante ai dirigenti delle pubbliche amministrazioni.
La Corte di merito ha, infatti, ritenuto che Me. esercitasse una funzione
sostanzialmente dirigenziale, pur dando atto che nell'ambito del Comune di
Siliqua espletava un ruolo impiegatizio non dirigenziale, per quanto con
funzioni apicali (pag. 18 sent.) e che il cd. Bacino n. 31 non avesse
autonomia giuridica rispetto ai Comuni che ne facevano parte per avere
sottoscritto la convenzione per la realizzazione della rete di gas metano
(pag. 19 sent.).
Il ricorrente era stato, infatti, nominato direttore del Bacino 31 e
Responsabile Unico del Procedimento al di fuori di qualsiasi procedura
concorsuale ovvero di pubblica selezione e solo perché responsabile tecnico
del Servizio LL.PP. e Tecnologico Manutentivo dell'Area Tecnica del Comune
di Siliqua, come anticipato ente capofila del Bacino.
Ma a prescindere dalle incertezze sul suo inquadramento professionale -è la
stessa sentenza a segnalare l'esistenza di una totale commistione di
incarichi e funzioni (pag. 22)- va rilevato come il punto nodale della
vicenda consista non tanto nella possibilità di individuare o meno in capo
al Me. una funzione amministrativa dirigenziale quanto nello stabilire se i
compiti aggiuntivi di Direttore del Bacino n. 31 e di Responsabile Unico del
Procedimento integrassero o meno il diritto ad emolumenti retributivi
ulteriori rispetto a quelli percepiti per i compiti espletati nell'ambito
del Comune di Siliqua.
E' sufficiente del resto apprezzare l'ampiezza delle argomentazioni svolte
dalla Corte di appello proprio sul tema della spettanza o meno al ricorrente
dei maggiori emolumenti oggetto delle Determinazioni incriminate (pagg.
22-26) per avere conferma dell'esattezza della superiore affermazione.
Il tema rimanda, però, nuovamente alle modalità con cui, secondo l'accusa,
si sarebbe inverata la condotta appropriativa e cioè mediante l'emissione
delle Determinazioni di impegno di spesa n. 16 e n. 17 del 2008 nonché
all'iter procedurale seguito da tali atti amministrativi in vista
dell'obiettivo di far incassare al ricorrente gli emolumenti auto liquidati.
Viene allora in rilievo il tema dei controlli che in forza dei già citati
artt.
49 e
184 d.lgs. n. 267 del
2000 TUEL nonché delle pertinenti previsioni del Regolamento di Contabilità
del Comune di Siliqua, dovevano intervenire a valle dell'emissione delle
Determinazioni incriminate, controlli la cui natura e la cui effettività
appaiono decisivi ai fini della sussistenza dell'elemento costitutivo della
cd. disponibilità giuridica del denaro oggetto di appropriazione.
L'argomento ha costituito oggetto del terzo motivo di ricorso, con
cui la difesa del ricorrente ha dedotto che la Corte di merito ha
erroneamente ritenuto che i visti di regolarità contabile e
copertura finanziaria apposti alle determinazioni di autoliquidazione
costituissero controlli meramente formali, ignorando, altresì, che gli artt.
49 e
184 d.lgs. n. 267 del 2000 oltre che le specifiche previsioni (artt.
33, 35, 36, 37 comma 6) del citato Regolamento di Contabilità comunale
integravano un controllo effettivo sulla legittimità degli atti comportanti
impegno di spesa.
4. Sul punto la Corte territoriale ha stabilito che le Determinazioni
adottate dall'imputato "furono sottoposte ad un mero visto di
regolarità contabile e copertura finanziaria, limitato alla
verifica della sussistenza e capienza del titolo di spesa, senza alcun
controllo di piena legalità e soprattutto senza che, per prassi invalsa al
Comune, vi fosse la concreta possibilità di opporre un rifiuto al visto
dell'atto, in presenza di una copertura, da parte della responsabile del
servizio" (pag. 29 sent.).
Il Collegio rileva che tale statuizione, condivisa con il giudice di primo
grado (pag. 9 sent.), riposa probabilmente su elementi informativi acquisiti
nel corso delle indagini, ma che non trovano particolare approfondimento
nella motivazione della sentenza.
Non è dato, infatti, meglio comprendere perché mai non vi fosse la
possibilità di esperire un controllo effettivo sulla legalità di quelle
Determinazioni e per quali ragioni fosse invalsa nel Comune di Siliqua la
prassi di procedere alla liquidazione alla sola condizione che vi fosse una
copertura finanziaria, a fronte delle precise e stringenti previsioni
di normativa primaria e regolamentare.
Il Testo Unico sugli Enti Locali d.lgs. n. 267 del 18.08.2000 impone per
contro l'espressione di un parere tecnico necessario da parte del
servizio interessato ed uno congiunto del servizio ragioneria (art.
49, comma 1) quando la proposta di deliberazione comporti un
impegno di spesa nonché l'espletamento di controlli effettivi e di riscontri
amministrativi, contabili e fiscali sugli atti di liquidazione da parte del
servizio finanziario dell'ente locale (art.
184, comma 4).
Corrispondenti previsioni sono contenute:
- nell'art. 33, comma 1, (Le proposte di deliberazione da
adottarsi dal Consiglio Comunale e dalla Giunta Comunale e /e determinazioni
dei Responsabili dei Servizi che comportano impegno di spesa sono trasmesse
al Servizio Affari Generali e Istituzionali per la relativa istruttoria e il
successivo inoltro al Servizio Economico-finanziario per il parere di
regolarità contabile e l'attestazione di copertura finanziaria) e comma
4 (In presenza di determinazioni che non appaiono regolari il
Responsabile dell'Area Contabile restituisce la pratica al responsabile del
servizio proponente con rapporto motivato),
- nell'art. 35, commi 1 e 2 (Qualsiasi atto che comporti spese a
carico del Comune è nullo di diritto se privo dell'attestazione della
relativa copertura finanziaria, da parte del Direttore Finanziario o suo
delegato. Il rilascio del visto presuppone, con riferimento alla regolarità
contabile, l'esame degli elementi di cui all'art. 36, comma 1, e riguardo
all'attestazione di copertura finanziaria: certifica l'effettiva
disponibilità dello stanziamento di bilancio; per gli impegni di spesa
correnti, rileva l'inesistenza di fatti o eventi pregiudizievoli degli
equilibri di bilancio (...);
- nell'art. 36, comma 1 (Il responsabile dell'Area Contabile
qualora la determinazione non presenti i requisiti di regolarità di cui al
comma precedente, nega il visto) e comma 2 (Per gli atti che
comportano impegni di spesa e che richiedono il parere di regolarità
contabile, quale dichiarazione di giudizio e atto di valutazione, questo
deve riguardare: a) la regolarità della documentazione; b) la corretta
imputazione al bilancio e la disponibilità del fondo iscritto sul relativo
intervento o capitolo; c) l'esistenza del presupposto dal quale sorge il
diritto dell'obbligazione; l'esistenza dell'impegno d spesa regolarmente
assunto; la conformità alle norme fiscali; f) il rispetto delle competenze
proprie dei soggetti dell'Ente; g) il rispetto dell'Ordinamento Contabile
degli Enti Locali e delle norme del presente Regolamento),
- nell'art. 37, comma 6 (Nel caso in cui si rilevino
irregolarità nell'atto di liquidazione o la non conformità rispetto all'atto
di impegno o l'insufficienza della disponibilità rispetto all'impegno
assunto, l'atto stesso viene restituito al Servizio proponente con
l'indicazione dei provvedimenti da promuovere per la regolarizzazione)
del Regolamento di Contabilità adottato dal Comune di Siliqua in data
19/01/2004 e allegato al ricorso.
Dato il contenuto di tali presidi normativi e regolamentari, risulta invero
arduo qualificarli momenti di controllo irrilevanti quando non inesistenti
esclusivamente sulla base di una non meglio precisata incapacità della
responsabile del servizio finanziario del Comune di Siliqua di opporsi alla
liquidazione delle Determinazioni emesse dall'imputato; tanto più che il
Comune di Siliqua doveva pur contare ai fini della regolarità formale e
dell'espletamento corrente dell'azione amministrativa sulla presenza di un
Segretario Generale, forse anch'egli venuto meno ai suoi compiti di
vigilanza, se fu, invece, la segnalazione alla Corte dei Conti in data
28/01/2013 da parte di un nuovo Segretario Generale a dare avvio al caso
(pag. 26 sent.).
In conclusione difetta, ai fini di una piena riconducibilità della condotta
ascritta al ricorrente all'ipotesi di reato di peculato, il requisito della
cd. disponibilità giuridica, impregiudicati i profilli di illegittimità
delle Determinazioni adottate in violazione di regole di contabilità
pubblica (pagg. 24-25 sentenza), di previsioni di contrattazione collettiva
(pagg. 27-28) o in contrasto con norme primarie di altra fonte (art. 24
d.lgs. n. 165 del 2001), che non spetta, tuttavia, a questa Corte di
Cassazione sindacare in questa sede processuale ma che non postulano
necessariamente la sussistenza del delitto di cui all'art. 314 cod. pen.
(Corte di Cassazione, Sez. VI penale,
sentenza 07.12.2020 n. 34776). |
ATTI AMMINISTRATIVI: Il
comma 1 dell'art. 49 del TUEL dispone: “1. Su ogni proposta di deliberazione
sottoposta alla Giunta e al Consiglio che non sia mero atto di indirizzo
deve essere richiesto il parere, in ordine alla sola regolarità tecnica,
del responsabile del servizio interessato e, qualora comporti riflessi
diretti o indiretti sulla situazione economico-finanziaria o sul patrimonio
dell’ente, del responsabile di ragioneria in ordine alla regolarità
contabile. I pareri sono inseriti nella deliberazione”.
A questo riguardo, sono da condividere i rilievi del TAR, il quale ha
ricordato che, rispetto a una originaria lettura della norma che vedeva
nella mancata acquisizione dei pareri una causa di invalidità dell’atto, è
poi prevalsa la tesi della semplice irregolarità. In questo senso, infatti,
è l’orientamento sia del giudice amministrativo di primo come di secondo
grado, sia quello del giudice ordinario.
Ciò posto, il Collegio non vede ragione per discostarsi dall’indirizzo
giurisprudenziale ormai consolidato a detta del quale i pareri previsti per
l’adozione delle deliberazioni comunali dall’art. 49 del T.U.E.L. (e prima
ancora dall’art. 53 della legge 08.06.1990, n. 142) sono preordinati
all'individuazione sul piano formale, nei funzionari che li formulano, dei
responsabili in via amministrativa e contabile delle deliberazioni adottate,
eventualmente in solido con i componenti degli organi politici; così che la
loro eventuale mancanza costituisce -appunto- una mera irregolarità che non
incide sulla legittimità e la validità delle deliberazioni stesse.
---------------
7. Con il primo motivo dell’appello la parte privata si duole della
violazione dell’art. 49 T.U.E.L., in quanto la delibera impugnata sarebbe
stata adottata in assenza del parere di regolarità tecnica prescritto dalla
richiamata disposizione di legge.
La censura oscilla fra la violazione di legge e l’eccesso di potere.
Tuttavia sotto entrambi i profili risulta infondata.
Il comma 1 del citato art. 49 dispone: “1. Su ogni proposta di
deliberazione sottoposta alla Giunta e al Consiglio che non sia mero atto di
indirizzo deve essere richiesto il parere, in ordine alla sola regolarità
tecnica, del responsabile del servizio interessato e, qualora comporti
riflessi diretti o indiretti sulla situazione economico-finanziaria o sul
patrimonio dell’ente, del responsabile di ragioneria in ordine alla
regolarità contabile. I pareri sono inseriti nella deliberazione”.
A questo riguardo, sono da condividere i rilievi del TAR, il quale ha
ricordato che, rispetto a una originaria lettura della norma che vedeva
nella mancata acquisizione dei pareri una causa di invalidità dell’atto, è
poi prevalsa la tesi della semplice irregolarità (per una dettagliata
rassegna cfr. TAR Molise, sez. I, 11.04.2014, n. 245). In questo senso,
infatti, è l’orientamento sia del giudice amministrativo di primo (TAR
Puglia, sez. III, 09.11.2018, n. 1466; TAR Molise, sez. I, n. 245/2014, cit.;
TAR Liguria, sez. I, 26.02.2014, n. 350) come di secondo grado (Cons. Stato,
sez. V, 08.04.2014, n. 1663; sez. IV, 26.01.2012, n. 351; sez. V,
21.08.2009, n. 5012; sez. IV, 22.06.2008, n. 3888), sia quello del giudice
ordinario (Cass. civ., sez. III, 19.12.2019, n. 33768).
Ciò posto, il Collegio non vede ragione per discostarsi dall’indirizzo
giurisprudenziale ormai consolidato a detta del quale i pareri previsti per
l’adozione delle deliberazioni comunali dall’art. 49 del T.U.E.L. (e prima
ancora dall’art. 53 della legge 08.06.1990, n. 142) sono preordinati
all'individuazione sul piano formale, nei funzionari che li formulano, dei
responsabili in via amministrativa e contabile delle deliberazioni adottate,
eventualmente in solido con i componenti degli organi politici; così che la
loro eventuale mancanza costituisce -appunto- una mera irregolarità che non
incide sulla legittimità e la validità delle deliberazioni stesse (cfr.
Cons. St., sez. V, 21.08.2009, n. 5012; sez. IV, 22.06.2008, n. 3888).
Contrariamente a quanto assume l’appellante nella memoria di replica del 6
ottobre scorso, questo indirizzo non è contraddetto da Cons. Stato, sez. V,
17.04.2020, n. 2450, che attiene alla diversa ipotesi di conflitto di
interessi in capo ai funzionari che avevano predisposto i pareri in
questione e, pur sottolineando il particolare rilievo di questi, non investe
la questione degli effetti della mancanza dei pareri stessi.
Il privato appellante sembra voler distinguere, al proposito, fra parere
di regolarità contabile e parere di regolarità tecnica, per
concludere che solo la mancanza del primo comporterebbe mera irregolarità (e
non invalidità) dell’atto amministrativo. Ma si tratta di una distinzione
che non può essere condivisa, in quanto si appoggia solo sull’autorità di un
precedente remoto (Cons. Stato, sez. IV, 03.02.1998, n. 167) e non ha
fondamento nella legge.
Non sposta i termini del problema la circostanza che la nota prot. n.
14506/2014 solleciterebbe una iniziativa (non un parere) del Responsabile
del settore urbanistico, di cui non vi sarebbe traccia negli atti del
procedimento. Ammesso pure trattarsi di un auto-vincolo dell’Amministrazione
comunale, come sostiene l’appellante, resta da dimostrare ancora una volta
come l’omissione dell’adempimento ridondi di per sé in illegittimità
dell’atto conclusivo. Il che non avviene, mentre il fatto che la nota fosse
indirizzata anche al funzionario competente rispondeva alla sola e ovvia
esigenza di sollecitare la necessaria attività istruttoria che doveva
precedere l’intervento dell’organo consiliare e per la quale il destinatario
non poteva che essere il Responsabile del settore, senza che ciò
interferisse con il successivo parere che lo stesso Responsabile avrebbe
dovuto apporre ex post.
Vero è che -come osserva Cons. Stato, sez. V, n. 1663/2014, cit.- la
mancanza del parere potrebbe in astratto rilevare come omissione di un
contributo istruttorio necessario e dunque sotto il diverso profilo del
difetto di istruttoria e di motivazione del provvedimento. In questi
termini, tuttavia, la doglianza si risolve nella ritenuta inidoneità delle
considerazioni contenute nella nota a firma congiunta del Sindaco e
dell’Assessore all’urbanistica a dar ragione della delibera consiliare
impugnata e confluisce nel secondo motivo dell’appello (Consiglio
di Stato, Sez. IV,
sentenza 16.11.2020 n. 7043 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI: Circa
i pareri di regolarità tecnica e di regolarità contabile previsti per le
delibere degli enti locali, in caso di potenziale "conflitto di interessi"
gli stessi devono essere resi -in
difetto di altre figure di responsabili dei servizi-
dal Segretario comunale.
L’art. 49 del d.lgs. n. 267/2000 impone che ogni
deliberazione della Giunta e del Consiglio comunale (non concretante atto di
indirizzo) sia corredata –già in sede di elaborazione della proposta– del
parere di “regolarità tecnica” ed eventualmente, in caso di incidenza
diretta o riflessa su profili economico-finanziari o patrimoniali, del
parere di “regolarità contabile” del responsabile del servizio di
ragioneria.
L’importanza di tale apporto tecnico è fatta palese:
a) dal carattere obbligatorio del parere (che “deve essere
richiesto”: art. 49, comma 1);
b) dalla rilevanza ai fini dei “controlli interni” (cfr. art. 147-bis d.lgs. cit.);
c) dalla autonoma responsabilizzazione, sul piano amministrativo e
contabile, dei soggetti chiamati a formularli (cfr. art. 49, comma 3);
d) dalla loro attitudine condizionante (che impone, ove la Giunta e
il Consiglio abbiano inteso discostarsene, un obbligo di qualificata e
specifica motivazione: cfr. art. 49, comma 4);
e) dalla rilevanza delle situazioni di “conflitto di interessi” (cfr.
art. 6-bis l. n. 241/1990), che strutturano il duplice obbligo di preventiva
“segnalazione” (in caso di conflitto anche solo “potenziale”) e di
“astensione”.
Sicché, nel caso -anche solo potenzialmente- conflittuale si deve applicare,
in difetto di altre figure di responsabili dei servizi, la regola
“residuale” posta dall’art. 49, comma 2, per l’ipotesi di “mancanza” dei
responsabili dei servizi (applicabile, per analogia, alla ipotesi di
“astensione generalizzata”), con investitura, a fini ausiliari, del
Segretario generale dell’Ente.
---------------
4.- Con un secondo motivo, gli appellanti contestano che la delibera
provinciale impugnata fosse viziata dal conflitto di interesse in cui
versavano i dirigenti che avevano espresso i pareri di regolarità tecnica e
contabile: trattandosi di attività di macro-organizzazione, di carattere
generale e programmatico, il conflitto di interessi non avrebbe avuto, in
tesi, i necessari caratteri della attualità e della immediatezza, idonei ad
attivare, in concreto, l’obbligo di astensione.
4.1.- Il motivo non è fondato.
Importa osservare che l’art. 49 del d.lgs. n. 267/2000 impone che ogni
deliberazione della Giunta e del Consiglio comunale (non concretante atto di
indirizzo) sia corredata –già in sede di elaborazione della proposta– del
parere di “regolarità tecnica” ed eventualmente, in caso di incidenza
diretta o riflessa su profili economico-finanziari o patrimoniali, del
parere di “regolarità contabile” del responsabile del servizio di
ragioneria.
L’importanza di tale apporto tecnico è fatta palese:
a) dal carattere obbligatorio del parere (che “deve essere
richiesto”: art. 49, comma 1);
b) dalla rilevanza ai fini dei “controlli interni” (cfr. art. 147-bis d.lgs. cit.);
c) dalla autonoma responsabilizzazione, sul piano amministrativo e
contabile, dei soggetti chiamati a formularli (cfr. art. 49, comma 3);
d) dalla loro attitudine condizionante (che impone, ove la Giunta e
il Consiglio abbiano inteso discostarsene, un obbligo di qualificata e
specifica motivazione: cfr. art. 49, comma 4);
e) dalla rilevanza delle situazioni di “conflitto di interessi” (cfr.
art. 6-bis l. n. 241/1990), che strutturano il duplice obbligo di preventiva
“segnalazione” (in caso di conflitto anche solo “potenziale”) e di
“astensione”.
Ciò posto, nel caso di specie –pur in presenza di delibera a contenuto
programmatico– la situazione -anche solo potenzialmente- conflittuale
emergeva con obiettiva chiarezza, posto che la consistenza numerica dei
dirigenti locali interessati dalle misure organizzative in fieri era di tale
esiguità da lasciar intuitivamente presumere che il potenziale vantaggio
dell’uno, anche in termini di prefigurazione dei criteri di selezione, si
risolvesse in automatico o prevedibile svantaggio dell’altro.
In un tale contesto, si sarebbe, perciò, dovuto applicare, in difetto di
altre figure di responsabili dei servizi, la regola “residuale” posta
dall’art. 49, comma 2, per l’ipotesi di “mancanza” dei responsabili dei
servizi (applicabile, per analogia, alla ipotesi di “astensione
generalizzata”), con investitura, a fini ausiliari, del Segretario generale
dell’Ente
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 17.04.2020 n. 2450 - link a www.giustizia-amministrartiva.it). |
anno 2019 |
|
ATTI AMMINISTRATIVI: Costituisce
principio saldamente invalso nella giurisprudenza di questa Corte che gli
atti degli enti locali importanti un obbligo contrattuale in capo ai
medesimi siano validi e vincolanti nei loro confronti a condizione che siano
accompagnati dal relativo impegno di spesa, diversamente discendendone la
nullità tanto della deliberazione che ne autorizza il compimento quanto del
susseguente contratto stipulato in attuazione di essa.
---------------
Appare d'intuitiva evidenza come un'ipotetica equipollenza tra l'art. 191 TUEL (nella parte in cui regola l'emissione dell'impegno di
spesa) e il parere di regolarità contabile richiesto dall'art. 49 TUEL (nel
testo applicabile nella specie ratione temporis, secondo cui "Su
ogni proposta di deliberazione sottoposta alla giunta ed al consiglio che
non sia mero atto di indirizzo deve essere richiesto il parere in ordine
alla sola regolarità tecnica del responsabile del servizio interessato e,
qualora comporti impegno di spesa o diminuzione di entrata, del responsabile
di ragioneria in ordine alla regolarità contabile. I pareri sono inseriti
nella deliberazione") debba ritenersi del tutto errata, essendo evidente
la differenza tra un provvedimento (l'impegno di spesa di cui all'art. 191)
funzionalmente destinato a incidere direttamente, vincolandolo, su un
determinato capitolo di bilancio dell'ente locale e ad attestare la concreta
sussistenza di una copertura finanziaria, e un provvedimento (il parere di
cui all'art. 49) il cui profilo funzionale deve ritenersi limitato ad
attestare la (mera) regolarità, sul piano contabile, della prospettata
manifestazione della volontà degli organi politici dell'ente
(consiglio-giunta).
D'altro canto, proprio detta differenza sembra poter giustificare
l'introduzione (con il d.l. n. 174/2012, convertito con modificazioni dalla L. 07.12.2012, n. 213) della possibilità per il Consiglio (o per la Giunta)
di discostarsi motivatamente dal parere di regolarità contabile (art. 49, co. 4, vigente dal 08/12/2012: "Ove la Giunta o il Consiglio non
intendano conformarsi ai pareri di cui al presente articolo, devono darne
adeguata motivazione nel testo della deliberazione"): scostamento che
non avrebbe alcuna ragion d'essere in relazione all'impegno di spesa di cui
all'art. 191, la cui violazione vale a determinare la nullità della delibera
e del contratto della p.a..
Allo stesso modo, proprio detta differenza vale a giustificare la ragione
per cui la mancata
acquisizione del parere di cui all'art. 49 non comporta alcuna illegittimità
o nullità della deliberazione; evenienza del tutto impensabile in caso di
mancata acquisizione dell'impegno di spesa, secondo quanto sin qui
precisato.
---------------
3. Secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità
(di recente ribadito da Cass., Sez. 1, 09.05.2018/11.03.2019, n.
6919), l'art. 191, comma 1, T.U.E.L. dispone che gli enti locali possono
effettuare spese solo se sussiste l'impegno contabile registrato sul
competente intervento o capitolo del bilancio di previsione e l'attestazione
della copertura finanziaria, comunicati dal responsabile del servizio al
terzo interessato che -ferma l'obbligazione a carico dell'amministratore,
funzionario o dipendente dell'ente che abbia consentito la fornitura del
bene o servizio in violazione della norma (comma 4)- ha facoltà, in
mancanza della comunicazione suddetta, di non eseguire la prestazione.
Detta norma chiude un risalente percorso sviluppatosi a partire dagli artt.
284 e 288 del r.d. 03.03.1934, n. 383 (T.U. della legge comunale e
provinciale) e scandito dall'art. 23 del d.l. 02.03.1989, n. 66 (conv.,
con modif., dalla legge 24.04.1989, n. 144), inserito nel titolo IV
dedicato al risanamento finanziario delle gestioni locali, e quindi
dall'art. 55 della legge 08.06.1990, n. 142 (ordinamento delle autonomie
locali), in attuazione del principio costituzionale di buon andamento
dell'amministrazione di cui all'art. 97 Cost.
Tali previsioni -e, in
particolare, l'art. 191 T.U.E.L., che ne riassume da ultimo la portata
precettiva-, nell'imporre l'indicazione dell'ammontare delle spese e dei
mezzi per farvi fronte, a pena di nullità delle relative deliberazioni
adottate in violazione di legge (si v. al riguardo Sez. U, 10.06.2005,
n. 12195, Sez. U, 28.06.2005, n. 13831 e successive conformi), tutelano,
con tutta evidenza, il preminente interesse pubblico all'equilibrio
economico-finanziario delle amministrazioni locali in un quadro di certezza
della spesa secondo le previsioni di bilancio e di trasparenza dell'azione
amministrativa (Cass., Sez. 1, 09.05.2018/11.03.2019, n. 6919, cit.).
4. Tali principi risultano ulteriormente ribaditi da Cass., Sez. 1, 13.06.2018, n. 15410, secondo cui costituisce principio saldamente invalso
nella giurisprudenza di questa Corte (al pari di quello a cui si è fatto
richiamo innanzi, maturato sul filo di una regola procedimentale che ha
fonte negli artt. 284 e 288 R.d. 03.03.1934, n. 383 e si è poi perpetuata
nell'art. 23 d.l. 02.03.1989 n. 66, convertito in legge in legge, con
modificazioni dall'art. 1, comma 1, l. 24.04.1989 n. 144, nell'art. 35 D.lgs. 25.02.1995, n. 77 e in ultimo, nell'art. 191 D.lgs. 18.08.2000, n. 267) che gli atti degli enti locali importanti un obbligo
contrattuale in capo ai medesimi siano validi e vincolanti nei loro
confronti a condizione che siano accompagnati dal relativo impegno di spesa,
diversamente discendendone la nullità tanto della deliberazione che ne
autorizza il compimento quanto del susseguente contratto stipulato in
attuazione di essa (Cass., Sez. I, 18/11/2011, n. 24303; Cass., Sez. I,
28/12/2010, n. 26202; Cass., Sez. I, 26/05/2010, n. 12880).
5. Ciò posto, appare d'intuitiva evidenza come un'ipotetica equipollenza tra
l'art. 191 TUEL (nella parte in cui regola l'emissione dell'impegno di
spesa) e il parere di regolarità contabile richiesto dall'art. 49 TUEL (nel
testo applicabile nella specie ratione temporis, secondo cui "Su
ogni proposta di deliberazione sottoposta alla giunta ed al consiglio che
non sia mero atto di indirizzo deve essere richiesto il parere in ordine
alla sola regolarità tecnica del responsabile del servizio interessato e,
qualora comporti impegno di spesa o diminuzione di entrata, del responsabile
di ragioneria in ordine alla regolarità contabile. I pareri sono inseriti
nella deliberazione") debba ritenersi del tutto errata, essendo evidente
la differenza tra un provvedimento (l'impegno di spesa di cui all'art. 191)
funzionalmente destinato a incidere direttamente, vincolandolo, su un
determinato capitolo di bilancio dell'ente locale e ad attestare la concreta
sussistenza di una copertura finanziaria, e un provvedimento (il parere di
cui all'art. 49) il cui profilo funzionale deve ritenersi limitato ad
attestare la (mera) regolarità, sul piano contabile, della prospettata
manifestazione della volontà degli organi politici dell'ente
(consiglio-giunta).
6. D'altro canto, proprio detta differenza sembra poter giustificare
l'introduzione (con il d.l. n. 174/2012, convertito con modificazioni dalla
L. 07.12.2012, n. 213) della possibilità per il Consiglio (o per la Giunta)
di discostarsi motivatamente dal parere di regolarità contabile (art. 49, co. 4, vigente dal 08/12/2012: "Ove la Giunta o il Consiglio non
intendano conformarsi ai pareri di cui al presente articolo, devono darne
adeguata motivazione nel testo della deliberazione"): scostamento che
non avrebbe alcuna ragion d'essere in relazione all'impegno di spesa di cui
all'art. 191, la cui violazione vale a determinare la nullità della delibera
e del contratto della p.a..
7. Allo stesso modo, proprio detta differenza vale a giustificare la ragione
per cui (come sottolineato dallo stesso giudice a quo), la mancata
acquisizione del parere di cui all'art. 49 non comporta alcuna illegittimità
o nullità della deliberazione; evenienza del tutto impensabile in caso di
mancata acquisizione dell'impegno di spesa, secondo quanto sin qui precisato
(Corte di Cassazione, Sez. III civile,
sentenza
19.12.2019 n. 33768). |
ATTI AMMINISTRATIVI: Il
visto di regolarità contabile (cfr. art. 183, co. 7, d.lgs. n.
267/2000) attestando la copertura finanziaria, attiene alla fase di
esecuzione della spesa e determina l’esecutività dei provvedimenti dei
responsabili dei servizi, differendo dal parere di regolarità contabile
(cfr. art. 49 d.lgs. cit.) che investe la legittimità delle deliberazioni.
---------------
Si appalesa fondata, invece, l’eccezione formulata dal dott. Sa., con
esclusione di qualsivoglia responsabilità in capo al medesimo, chiamato in
giudizio per avere apposto il visto di regolarità contabile sulla determina
n. 49 del 20.12.2012.
Come ha avuto modo di precisare la giurisprudenza contabile, invero, il
visto di regolarità contabile (cfr. art. 183, co. 7, d.lgs. n. 267/2000)
attestando la copertura finanziaria, attiene alla fase di esecuzione della
spesa e determina l’esecutività dei provvedimenti dei responsabili dei
servizi, differendo dal parere di regolarità contabile (cfr. art. 49
d.lgs. cit.) che investe la legittimità delle deliberazioni (ex multis,
C. conti, Sez. giur. Trentino A. Adige, 25.03.2010, n. 114)
(Corte dei Conti, Sez. giurisdiz. Puglia,
sentenza 13.11.2019 n. 677). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Il parere di regolarità contabile sulle delibere di giunta e di consiglio
(art. 49 TUEL). Dalla corte dei conti arriva un importante chiarimento.
Domanda
Nelle scorse settimane sono stata nominata titolare di P.O. per l’area
finanziaria del mio comune. Vi chiedo: quali sono i confini delle
responsabilità connesse con la mia espressione del parere di regolarità
contabile sulle proposte di deliberazione ai sensi dell’art. 49 del TUEL?
Risposta
Il quesito formulato è condiviso da molti responsabili finanziari di enti
locali. Come ben noto il testo della norma citata è stato riformulato dal
d.l. n. 174/2012.
In particolare il comma 1 prevede che: “Su ogni proposta di deliberazione
sottoposta alla Giunta e al Consiglio che non sia mero atto di indirizzo
deve essere richiesto il parere, in ordine alla sola regolarità tecnica, del
responsabile del servizio interessato e, qualora comporti riflessi diretti o
indiretti sulla situazione economico-finanziaria o sul patrimonio dell’ente,
del responsabile di ragioneria in ordine alla regolarità contabile. I pareri
sono inseriti nella deliberazione”.
Il comma 3 conferma la responsabilità amministrativa e contabile dei
funzionari sui pareri espressi. Questi ultimi, ribadisce il comma 4, non
sono vincolanti per l’organo collegiale, che può comunque deliberare anche
in presenza di pareri contrari, purché ne dia adeguata motivazione nel testo
dell’atto.
Sul tema dei confini delle responsabilità dei funzionari che esprimono i
pareri, dell’organo deliberante e del segretario comunale che presiede alla
seduta, è intervenuta di recente la sezione giurisdizionale della Corte dei
conti Calabria con la
sentenza 27.05.2019 n. 185.
Nell’ipotesi di danno erariale oggetto della sentenza, i magistrati
contabili hanno condannato tutti gli imputati (giunta al completo,
segretario comunale e responsabile del servizio tecnico che ha reso il
parere di regolarità tecnica), ad eccezione del solo responsabile del
servizio finanziario. Con quali motivazioni?
La sentenza afferma che “(…) il legislatore della novella del 2012, (…)
ha inteso differenziare il contenuto del ‘controllo di regolarità
amministrativa e contabile’ (di competenza del responsabile del servizio o
della funzione), che si esprime attraverso il parere di regolarità tecnica e
riguarda la ‘regolarità e la correttezza dell’azione amministrativa’, dal
‘controllo contabile’ che, esprimendosi attraverso il parere di regolarità
contabile (di competenza del responsabile di ragioneria), ha riguardo
all’aspetto meramente contabile e finanziario del provvedimento. (…)
Nell’ambito del controllo sulla regolarità e correttezza dell’azione
amministrativa, rientra a pieno titolo il controllo sulla legittimità della
proposta di deliberazione, ovverossia la verifica del rispetto delle norme
che presidiano l’attività amministrativa nello specifico campo, nonché la
legittimità del fine pubblico perseguito e la correttezza sostanziale delle
soluzioni adottate. (…) La lettura combinata dall’art. 49 e 147-bis, comma
1, del TUEL permette di individuare, innanzitutto, il contenuto del parere
di regolarità tecnica, che non si limita a verificare l’attendibilità
tecnica della soluzione proposta, ma involge l’insieme del procedimento
amministrativo, coprendo e inglobando le regole sia tecniche, di un
determinato settore, che quelle generali in ordine alla legittimità
dell’azione amministrativa, ivi compresa la legittimità della spesa, in
considerazione del fatto che ciascun centro di responsabilità, proponente un
qualsiasi atto deliberativo recante spesa, gestisce autonomamente il piano
esecutivo di gestione assegnato al proprio settore. Invece, con il ‘parere
di regolarità contabile’ il fine perseguito dal legislatore è stato quello
di assegnare al responsabile del servizio di ragioneria un ruolo centrale
nella tutela degli equilibri di bilancio dell’ente e, a tal fine,
nell’esprimere tale parere egli dovrà tener conto, in particolare, delle
conseguenze rilevanti in termini di mantenimento nel tempo degli equilibri
finanziari ed economico-patrimoniali, valutando:
a) la verifica della sussistenza del parere di regolarità tecnica
rilasciato dal soggetto competente;
b) il corretto riferimento (si sottolinea effettuato dall’organo
proponente) della spesa alla previsione di bilancio annuale, ai programmi e
progetti del bilancio pluriennale e, ove adottato, al piano esecutivo di
gestione”.
E ancora, prosegue la Corte: “(…) la verifica della legittimità delle
deliberazioni, siano esse di giunta che di consiglio, non rientra tra i
controlli che il responsabile del servizio di ragioneria deve effettuare
prima dell’emissione del proprio parere di regolarità contabile. (…). Si
ritiene che il parere di regolarità contabile non possa che coprire la
legittimità della spesa in senso stretto del termine, cioè la corretta
imputazione al capitolo del bilancio dell’ente, la regolare copertura
finanziaria e il rispetto degli equilibri di bilancio, esulando dai compiti
del responsabile del servizio di ragioneria ogni valutazione sulla
legittimità dell’atto deliberativo, perché di competenza di altri organi
istituzionali dell’ente”.
Da quanto sopra, emerge molto chiaramente come l’orientamento dei magistrati
contabili sia pertanto netto nel distinguere e separare le responsabilità
degli attori, confinando nettamente, quella del responsabile finanziario (30.09.2019
- tratto da e link a www.publika.it). |
CONSIGLIERI COMUNALI - PUBBLICO IMPIEGO - SEGRETARI COMUNALI: Sul
danno erariale derivante dal riconoscimento ex post,
da parte del comune, di debiti a titolo di corrispettivi per
lo svolgimento di lavori saltuari e occasionali svolti da
privati cittadini e sulla portata dell'ex "parere di
legittimità", del "parere di regolarità
tecnica" e del "parere di regolarità contabile".
Le delibere di Giunta oggetto del presente giudizio non
hanno valore come riconoscimento di debiti fuori bilancio
per l’incompetenza assoluta dell’organo esecutivo del
Comune.
Infatti, solo il riconoscimento formale da parte del
Consiglio Comunale consente l’imputazione del debito assunto
irregolarmente al bilancio dell’ente.
---------------
Sussiste la piena responsabilità del sindaco
e degli assessori (Giunta
Comunale)
per aver posto in essere una condotta antigiuridica –connotata da
colpa grave- tesa al riconoscimento di debiti da parte di un
organo incompetente a riconoscere i debiti dell’Ente,
soprattutto in assenza dei presupposti normativi per
l’applicabilità dell’art. 191, 3 comma, e/o per il
riconoscimento di cui all’art. 194 del TUEL.
---------------
Parimenti responsabile il geometra responsabile dell’area
tecnica e del personale, per aver apposto il parere di
regolarità tecnica in calce alle delibere di cui è causa
senza verificare la legittimità e regolarità delle procedure
relative alla fase dell’impegno contabile e della spesa,
alla fase contrattuale e di assegnazione dei lavori e alla
fase di verifica della regolare esecuzione degli stessi.
---------------
Altrettanto responsabile il
segretario comunale, per il quale valgono le seguenti
considerazioni.
E’ indubbio che il segretario comunale svolge una specifica
funzione di garante della legalità e di correttezza
amministrativa dell’azione dell’ente locale, di assistenza e
di collaborazione giuridica ed amministrativa proprio in
virtù dell’art. 17, comma 68, della l. 127 del 1997, ma
ancor prima in virtù della l. 142 del 1990.
L’intervenuta soppressione, ai sensi dell’art. 17,
comma 85, della legge citata, del parere di legittimità su
ogni proposta di deliberazione giuntale o consiliare, non
costituisce commodus discessus da ogni responsabilità.
Al contrario, l’evoluzione normativa in
materia, ben lungi dall'evidenziare una sottrazione del
segretario in questione alla responsabilità amministrativa
per il parere eventualmente espresso su atti della Giunta o
del Consiglio, ne ha invece sottolineato le maggiori
responsabilità in ragione della rilevata estensione di
funzioni, di tal che non assume alcun rilievo esimente
l'art. 17, commi 85 e 86, l. n. 127/1997 che ha
espressamente abrogato l'istituto del parere preventivo di
legittimità del segretario comunale.
Sul punto il Collegio ritiene di condividere quanto
affermato da questa Corte, secondo cui
la soppressione del parere di legittimità del segretario su
ogni proposta di deliberazione sottoposta alla Giunta o al
Consiglio “non esclude che permangano in capo al segretario
tutta una serie di compiti ed adempimenti che, lungi dal
determinare un'area di deresponsabilizzazione del medesimo,
lo impegnano, invece, ad un corretto svolgimento degli
stessi, pena la sua soggezione, in ragione del rapporto di
servizio instaurato con l'Ente locale, all'azione di
responsabilità amministrativa, ove di questa ricorrano gli
specifici presupposti”.
Nel caso di specie, il segretario,
partecipando alla seduta di Giunta, avrebbe dovuto svolgere
la sua funzione di garante del diritto ponendo in evidenza
le gravi violazioni di legge che, con l’approvazione delle
delibere di riconoscimento, si stavano effettuando, e,
nell’ipotesi in cui gli assessori avessero comunque deciso
di deliberare il riconoscimento, avrebbe dovuto esigere la
verbalizzazione della sua opposizione.
---------------
Non appare revocabile in dubbio che nell’ambito del
controllo sulla regolarità e correttezza dell’azione
amministrativa, rientri a pieno titolo il controllo sulla
legittimità della proposta di deliberazione, ovverosia la
verifica del rispetto delle norme che presidiano l’attività
amministrativa nello specifico campo, nonché la legittimità
del fine pubblico perseguito e la correttezza sostanziale
delle soluzioni adottate.
Ne deriva che la lettura combinata
dall’art. 49 e 147-bis, comma 1, del TUEL permette di
individuare, innanzitutto, il contenuto del parere di
regolarità tecnica, che non si limita a verificare
l’attendibilità tecnica della soluzione proposta, ma involge
l’insieme del procedimento amministrativo, coprendo e
inglobando le regole sia tecniche, di un determinato
settore, che quelle generali in ordine alla legittimità
dell’azione amministrativa, ivi compresa la legittimità
della spesa, in considerazione del fatto che ciascun centro
di responsabilità, proponente un qualsiasi atto deliberativo
recante spesa, gestisce autonomamente il piano esecutivo di
gestione assegnato al proprio settore.
Invece, con il “parere di
regolarità contabile” il fine perseguito dal
legislatore è stato quello di assegnare al responsabile del
servizio di ragioneria un ruolo centrale nella tutela degli
equilibri di bilancio dell'ente e, a tal fine,
nell’esprimere tale parere egli dovrà tener conto, in
particolare, delle conseguenze rilevanti in termini di
mantenimento nel tempo degli equilibri finanziari ed
economico-patrimoniali, valutando:
a) la verifica della sussistenza del parere di regolarità
tecnica rilasciato dal soggetto competente;
b) il corretto riferimento (si sottolinea effettuato
dall’organo proponente) della spesa alla previsione di
bilancio annuale, ai programmi e progetti del bilancio
pluriennale e, ove adottato, al piano esecutivo di gestione.
Orbene, secondo il sistema delle
competenze assegnate dal TUEL e ridisegnate dalla riforma
operata con il d.l. n. 174/2012, la verifica della
legittimità delle deliberazioni, sia esse di giunta che di
consiglio, non rientra tra il controlli che il responsabile
del servizio di ragioneria deve effettuare prima
dell’emissione del proprio parere di regolarità contabile.
Da tutto quanto sopra, anche con riferimento a quanto
affermato in ordine alle funzioni e responsabilità del
segretario comunale, si ritiene che il
parere di regolarità contabile non possa che coprire la legittimità
della spesa in senso stretto del termine, cioè la corretta
imputazione al capitolo del bilancio dell’ente, la regolare
copertura finanziaria e il rispetto degli equilibri di
bilancio, esulando dai compiti del responsabile del servizio
di ragioneria ogni valutazione sulla legittimità dell’atto
deliberativo, perché di competenza di altri organi
istituzionali dell’ente.
---------------
La questione all’esame del Collegio riguarda una ipotesi di
danno erariale derivante dal riconoscimento ex post,
da parte del Comune di Santa Domenica Talao, di debiti a
titolo di corrispettivi per lo svolgimento di lavori
saltuari e occasionali svolti da privati cittadini.
Il Procuratore regionale contesta agli odierni convenuti
che, con l’adozione delle diciannove delibere di giunta
sopra citate, siano state violate le disposizioni di cui
agli artt. 191 e seguenti del TUEL che concernono
l’assunzione degli impegni di spesa negli enti locali,
nonché dell’art. 36 del D.Lgs. n. 165/2001 e dell’art. 92
del TUEL relativi all’utilizzo delle forme di lavoro
flessibile.
L’art. 191 del TUEL stabilisce che “Gli enti locali
possono effettuare spese solo se sussiste l'impegno
contabile registrato sul competente programma del bilancio
di previsione e l'attestazione della copertura finanziaria
di cui all’art. 153, comma 5”.
Il successivo comma 3 afferma che “Per i lavori pubblici
di somma urgenza, cagionati dal verificarsi di un evento
eccezionale o imprevedibile, la Giunta, entro venti giorni
dall'ordinazione fatta a terzi, su proposta del responsabile
del procedimento, sottopone al Consiglio il provvedimento di
riconoscimento della spesa con le modalità previste
dall'articolo 194, comma 1, lettera e), prevedendo la
relativa copertura finanziaria nei limiti delle accertate
necessità per la rimozione dello stato di pregiudizio alla
pubblica incolumità. Il provvedimento di riconoscimento è
adottato entro 30 giorni dalla data di deliberazione della
proposta da parte della Giunta, e comunque entro il 31
dicembre dell'anno in corso se a tale data non sia scaduto
il predetto termine. La comunicazione al terzo interessato è
data contestualmente all'adozione della deliberazione
consiliare”.
Orbene, dall’esame delle delibere di
riconoscimento indicate nell’atto di citazione non risulta
che le stesse siano state precedute dalla necessaria
delibera a contrarre con il relativo impegno di spesa sul
relativo capitolo di bilancio con l’attestazione di
copertura finanziaria da parte del responsabile del servizio
economico-finanziario.
Né dalle stesse è rinvenibile, al di là di un’apodittica
affermazione, la giustificazione di ragioni di urgenza o di
eccezionalità e imprevedibilità dell’evento che avrebbero
potuto giustificare il ricorso alla procedura disciplinata
dal terzo comma del medesimo articolo 191 suddetto.
Stante quanto sopra, si sarebbe, allora,
dovuto fare ricorso all’istituto del riconoscimento del
debito fuori bilancio di cui all’art. 194 del TUEL, la cui
competenza viene, però, ascritta al Consiglio comunale e non
all’organo esecutivo dell’ente locale.
Nel caso di specie, pertanto, il rapporto obbligatorio
intercorre tra il privato fornitore e il soggetto
amministratore o funzionario o dipendente dell’ente che ha
consentito la prestazione, ai sensi del già richiamato art.
191, comma 4.
Inoltre, gli artt. 36 del D.Lgs. n 165/2001 e 92 del TUEL,
richiamati dal Procuratore nel suo atto di citazione,
disciplinano la possibilità per le pubbliche amministrazioni
di ricorrere a forme contrattuali di lavoro flessibile con
rapporti di lavoro a tempo parziale e a tempo determinato,
pieno o parziale, sempre, però, nel rispetto della
disciplina vigente in materia e “per comprovate esigenze
di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale,
(sempre) nel rispetto delle condizioni e modalità di
reclutamento (del personale) assicurando la trasparenza ed
escludendo ogni forma di discriminazione".
Orbene, ai fini dell’accertamento della responsabilità dei
convenuti citati, ad avviso del Collegio, nessun rilievo
assume il diverso inquadramento giuridico dei fatti operato
dai difensori.
Infatti, sia che tali interventi vengano inquadrati tra le “borse
lavoro” o tra gli “appalti di servizi”, in
nessuno dei due casi vi è stato un atto propedeutico –quale
ad esempio un bando per l’assegnazione delle borse, o una
delibera di acquisizione dei servizi richiesti- che abbia
concorso a manifestare all’esterno una volontà in tal senso,
da parte dell’amministrazione del Comune di Santa Domenica
Talao.
In tutti i casi, sia l’eventuale assegnazione della borsa o
l’adozione di qualsivoglia forma di lavoro flessibile sia, a
maggior ragione, la stipulazione di un contratto d’appalto
di servizi, necessitano di una forma scritta “ad
substantiam”, nel pieno rispetto di uno dei principi
cardine dell’ordinamento giuridico, quando una delle parti
contrattuali è una Pubblica Amministrazione.
Tale principio è sancito dall’art. 17 della Legge di
contabilità generale dello Stato (R.D. n. 2440 del 1923)
che, ammettendo anche forme più semplificate di stipulazione
contrattuale, prevede per tutte la forma scritta (scrittura
privata; obbligazione stesa ai piedi del capitolato; atto
separato sottoscritto; lettera commerciale).
Tale principio trova la sua giustificazione non solo e non
tanto in ragioni di ordine generale attinenti l’interesse
pubblico perseguito dalla p.a., ma anche nella
considerazione che un’attività estremamente
procedimentalizzata, quale quella in esame, al di là del
nomen juris utilizzato ai fini del suo inquadramento,
non sarebbe concepibile che possa essere conclusa con una
stipulazione orale.
Ciò anche perché la forma scritta rappresenta uno strumento
indefettibile di garanzia del regolare svolgimento
dell'attività negoziale della p.a., nell'interesse sia del
cittadino sia della stessa amministrazione e,
conseguentemente, in assenza della forma scritta il
contratto è nullo (in terminis: Cass, sez. I civile,
sent. n. 5263/2015; n. 7297/2009; sez. III civile, ord. n.
16307/2018).
Per il principio su esposto, prive di pregio, ad avviso del
Collegio, sono le contestazioni che le difese muovono
all’atto di citazione secondo cui nel caso di specie si
verserebbe in una ipotesi di affidamento di un appalto di
servizi sotto soglia.
Infatti, il superamento o meno della “soglia” (art 29
del D.Lgs n. 163/2006 applicabile ratione temporis;
oggi art. 36 del D.Lgs. n. 50/2016) implica esclusivamente
un maggiore o minore rigore nella scelta del contraente, ma
nessuna incidenza può avere in ordine alla necessaria forma
scritta dei contratti della p.a.
Atteso quanto sopra, ritiene il Collegio che nessuna valida
obbligazione sia sorta in capo all’amministrazione del
Comune di Santa Domenica Talao e, pertanto, sussiste la
responsabilità amministrativo-contabile in capo ai
convenuti, in quanto con la loro condotta hanno causato un
indubbio danno erariale consistente nell’erogazione di
corrispettivi non dovuti in quanto conseguenti a
obbligazioni nulle.
A ciò si aggiunga che sono state violate
tutte le norme del TUEL
(prima citate) poste a presidio della
correttezza delle procedure di spesa degli enti locali e,
per quanto già detto,
le delibere di Giunta oggetto del presente giudizio non hanno
nemmeno valore come riconoscimento di debiti fuori bilancio
per l’incompetenza assoluta dell’organo esecutivo del
Comune.
Infatti, solo il riconoscimento formale da parte del
Consiglio Comunale consente l’imputazione del debito assunto
irregolarmente al bilancio dell’ente.
In ordine alle singole condotte il Collegio svolge le
seguenti considerazioni.
Sussiste la piena responsabilità del sindaco
Lu.Al.Gi.
e degli assessori
Es.Fu.Fr., La Gr.Ma.Gi., Fa.Gi., La.Ra.Ma., Le.Fr. e
Pa.An.Sa.
per aver posto in essere una condotta antigiuridica –connotata da
colpa grave- tesa al riconoscimento di debiti da parte di un
organo incompetente a riconoscere i debiti dell’Ente,
soprattutto in assenza dei presupposti normativi per
l’applicabilità dell’art. 191, 3 comma, e/o per il
riconoscimento di cui all’art. 194 del TUEL.
Inoltre, nessuna istruttoria è stata svolta dal sindaco o
dai componenti la giunta ma, soprattutto, nessuna prova
viene fornita in ordine all’eccezionalità e imprevedibilità
dei lavori e alla loro utilità per il Comune.
Parimenti responsabile il geom. Fa.Be., responsabile
dell’area tecnica e del personale, per aver apposto il
parere di regolarità tecnica in calce alle delibere di cui è
causa senza verificare la legittimità e regolarità delle
procedure relative alla fase dell’impegno contabile e della
spesa, alla fase contrattuale e di assegnazione dei lavori e
alla fase di verifica della regolare esecuzione degli
stessi.
In merito nessun valore esimente, ad avviso del Collegio,
può avere la perizia a firma del geom. To.Gr., datata
19.10.2016, in quanto riferentesi a delibere diverse
rispetto a quelle oggetto della citazione in questione.
Altrettanto responsabile il dott. Mo.Ca.An., segretario
comunale, per il quale valgono le seguenti considerazioni.
E’ indubbio che il segretario comunale svolge una specifica
funzione di garante della legalità e di correttezza
amministrativa dell’azione dell’ente locale, di assistenza e
di collaborazione giuridica ed amministrativa proprio in
virtù dell’art. 17, comma 68, della l. 127 del 1997, ma
ancor prima in virtù della l. 142 del 1990.
L’intervenuta soppressione, ai sensi dell’art. 17, comma
85, della legge citata, del parere di legittimità su ogni
proposta di deliberazione giuntale o consiliare, non
costituisce commodus discessus da ogni
responsabilità.
Al contrario, l’evoluzione normativa in
materia, ben lungi dall'evidenziare una sottrazione del
segretario in questione alla responsabilità amministrativa
per il parere eventualmente espresso su atti della Giunta o
del Consiglio, ne ha invece sottolineato le maggiori
responsabilità in ragione della rilevata estensione di
funzioni, di tal che non assume alcun rilievo esimente
l'art. 17, commi 85 e 86, l. n. 127/1997 che ha
espressamente abrogato l'istituto del parere preventivo di
legittimità del segretario comunale.
Sul punto il Collegio ritiene di condividere quanto
affermato da questa Corte, secondo cui la
soppressione del parere di legittimità del segretario su
ogni proposta di deliberazione sottoposta alla Giunta o al
Consiglio “non esclude che permangano in capo al
segretario tutta una serie di compiti ed adempimenti che,
lungi dal determinare un'area di deresponsabilizzazione del
medesimo, lo impegnano, invece, ad un corretto svolgimento
degli stessi, pena la sua soggezione, in ragione del
rapporto di servizio instaurato con l'Ente locale,
all'azione di responsabilità amministrativa, ove di questa
ricorrano gli specifici presupposti”
(Sez. giur. Toscana, sent. n. 217/2012).
Il segretario Mo., partecipando alla seduta di Giunta,
avrebbe dovuto svolgere la sua funzione di garante del
diritto ponendo in evidenza le gravi violazioni di legge
che, con l’approvazione delle delibere di riconoscimento, si
stavano effettuando, e, nell’ipotesi in cui gli assessori
avessero comunque deciso di deliberare il riconoscimento,
avrebbe dovuto esigere la verbalizzazione della sua
opposizione.
Niente di tutto questo è avvenuto, e pertanto deve
confermarsi la responsabilità del segretario comunale.
Considerazioni contrarie vanno svolte, invece, per la
convenuta De Lu.Ma.Ro., quale responsabile del servizio
economico-finanziario del Comune, che ha emesso i relativi
pareri di “regolarità contabile”.
Il responsabile del servizio economico-finanziario, ai sensi
dell’art. 49 del TUEL, come modificato dall’art. 3, comma 1,
lett. b), del d.l. n. 174/2012, convertito in l. n.
213/2012, su ogni proposta di deliberazione ha l’obbligo di
esprimere un parere di regolarità contabile, qualora la
stessa comporti riflessi diretti o indiretti sulla
situazione economico finanziaria o sul patrimonio dell’ente.
Tale parere, che rientra tra quelli preventivi, è previsto
dall’art. 147 del TUEL, a mente del quale “Gli enti
locali, nell'ambito della loro autonomia normativa e
organizzativa, individuano strumenti e metodologie per
garantire, attraverso il controllo di regolarità
amministrativa e contabile, la legittimità, la regolarità e
la correttezza dell'azione amministrativa”.
Il successivo art. 147-bis afferma che “Il controllo di
regolarità amministrativa e contabile è assicurato, nella
fase preventiva della formazione dell'atto, da ogni
responsabile di servizio ed è esercitato attraverso il
rilascio del parere di regolarità tecnica attestante la
regolarità e la correttezza dell'azione amministrativa. Il
controllo contabile è effettuato dal responsabile del
servizio finanziario ed è esercitato attraverso il rilascio
del parere di regolarità contabile e del visto attestante la
copertura finanziaria”.
Pertanto, il legislatore della novella del 2012, con la
suddetta norma ha inteso differenziare il contenuto del “controllo
di regolarità amministrativa e contabile” (di competenza
del responsabile del servizio o della funzione), che si
esprime attraverso il parere di regolarità tecnica e
riguarda la “regolarità e la correttezza dell’azione
amministrativa”, dal “controllo contabile” che,
esprimendosi attraverso il parere di regolarità contabile
(di competenza del responsabile di ragioneria), ha riguardo
all’aspetto meramente contabile e finanziario del
provvedimento, attraverso, anche, l’apposizione del visto
attestante la copertura finanziaria.
Pertanto, non appare revocabile in dubbio
che nell’ambito del controllo sulla regolarità e correttezza
dell’azione amministrativa, rientri a pieno titolo il
controllo sulla legittimità della proposta di deliberazione,
ovverosia la verifica del rispetto delle norme che
presidiano l’attività amministrativa nello specifico campo,
nonché la legittimità del fine pubblico perseguito e la
correttezza sostanziale delle soluzioni adottate.
Ne deriva che la lettura combinata
dall’art. 49 e 147-bis, comma 1, del TUEL permette di
individuare, innanzitutto, il contenuto del parere di
regolarità tecnica, che non si limita a verificare
l’attendibilità tecnica della soluzione proposta, ma involge
l’insieme del procedimento amministrativo, coprendo e
inglobando le regole sia tecniche, di un determinato
settore, che quelle generali in ordine alla legittimità
dell’azione amministrativa, ivi compresa la legittimità
della spesa, in considerazione del fatto che ciascun centro
di responsabilità, proponente un qualsiasi atto deliberativo
recante spesa, gestisce autonomamente il piano esecutivo di
gestione assegnato al proprio settore.
Invece, con il “parere di regolarità
contabile” il fine perseguito dal legislatore è stato
quello di assegnare al responsabile del servizio di
ragioneria un ruolo centrale nella tutela degli equilibri di
bilancio dell'ente e, a tal fine, nell’esprimere tale parere
egli dovrà tener conto, in particolare, delle conseguenze
rilevanti in termini di mantenimento nel tempo degli
equilibri finanziari ed economico-patrimoniali, valutando:
a) la verifica della sussistenza del parere di regolarità
tecnica rilasciato dal soggetto competente;
b) il corretto riferimento (si sottolinea effettuato
dall’organo proponente) della spesa alla previsione di
bilancio annuale, ai programmi e progetti del bilancio
pluriennale e, ove adottato, al piano esecutivo di gestione.
Orbene, secondo il sistema delle
competenze assegnate dal TUEL e ridisegnate dalla riforma
operata con il d.l. n. 174/2012, la verifica della
legittimità delle deliberazioni, sia esse di giunta che di
consiglio, non rientra tra il controlli che il responsabile
del servizio di ragioneria deve effettuare prima
dell’emissione del proprio parere di regolarità contabile.
Da tutto quanto sopra, anche con riferimento a quanto
affermato in ordine alle funzioni e responsabilità del
segretario comunale, si ritiene che il
parere di regolarità contabile non possa che coprire la
legittimità della spesa in senso stretto del termine, cioè
la corretta imputazione al capitolo del bilancio dell’ente,
la regolare copertura finanziaria e il rispetto degli
equilibri di bilancio, esulando dai compiti del responsabile
del servizio di ragioneria ogni valutazione sulla
legittimità dell’atto deliberativo, perché di competenza di
altri organi istituzionali dell’ente.
Conseguentemente, ritiene il Collegio, di rigettare l’azione
del Procuratore regionale nei confronti di De Lu.Ma.Ro..
Al proscioglimento segue il rimborso delle spese di lite,
poste a carico dell’Amministrazione comunale, che si
liquidano equitativamente in euro 1.500,00.
Riguardo alla quantificazione del danno e alla sua
ripartizione fra i rimanenti convenuti, si condivide
parzialmente quanto indicato in citazione e quindi:
...
P.Q.M.
La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la regione
Calabria, definitivamente pronunciando, in accoglimento
parziale dell’atto di citazione:
assolve Ma.Ro. De Lu. da ogni addebito e liquida alla
medesima a titolo di spese del giudizio la somma di €
1.500,00 oltre IVA, CPA e spese generali come per legge,
posta a carico dell’Amministrazione di appartenenza;
condanna i sotto elencati convenuti al pagamento in favore
del Comune di Santa Domenica Talao delle somme:
1) Lu.Al.Gi., € 2.294,00 oltre alla rivalutazione monetaria e
agli interessi legali dalla data della presente sentenza e
sino all’effettivo soddisfo.
2) La Gr.Ma.Gi., € 679,00, oltre alla rivalutazione monetaria e
agli interessi legali dalla data della presente sentenza e
sino all’effettivo soddisfo.
3) Es.Fu.Fr., € 369,00, oltre alla rivalutazione monetaria e
agli interessi legali dalla data della presente sentenza e
sino all’effettivo soddisfo.
4) Fa.Gi., € 690,00, oltre alla rivalutazione monetaria e agli
interessi legali dalla data della presente sentenza e sino
all’effettivo soddisfo.
5) La Bo.Ra.Ma., € 1.425,00, oltre alla rivalutazione monetaria
e agli interessi legali dalla data della presente sentenza e
sino all’effettivo soddisfo.
6) Pa.An.Sa., € 25,00, oltre alla rivalutazione monetaria e
agli interessi legali dalla data della presente sentenza e
sino all’effettivo soddisfo.
7) Le.Fr., € 340,00, oltre alla rivalutazione monetaria e agli
interessi legali dalla data della presente sentenza e sino
all’effettivo soddisfo.
8) Mo.Ca.An., € 2.444,00, oltre alla rivalutazione monetaria e
agli interessi legali dalla data della presente sentenza e
sino all’effettivo soddisfo.
9) Fa.Be., € 2.444,00, oltre alla rivalutazione monetaria e
agli interessi legali dalla data della presente sentenza e
sino all’effettivo soddisfo (Corte dei Conti, sez. giurisdiz,
Calabria,
sentenza 27.05.2019 n. 185). |
anno 2018 |
|
ATTI AMMINISTRATIVI: A
seguito di diverse criticità, afferenti la redazione del Rendiconto 2016, si
chiede di sapere se talune "condotte" (riferite al Responsabile Area
Finanziaria, al Revisore del Conto ed al Segretario Comunale) possano essere
considerate legittime, anche in relazione ai rapporti con il Consiglio
Comunale.
Le condotte possono essere così sintetizzate ed illustrate:
a) a fronte di riscontrate criticità relative al rendiconto, il
(nuovo) Responsabile Area Finanziaria ed il Revisore non vogliono formulare
il loro parere (come dovuto) in relazione alla proposta di approvazione del
rendiconto. Siffatta condotta di omissione è legittima? Quali sono le
conseguenze in relazione al concreto e agire del "agire" del Consiglio
Comunale?
b) se il Consiglio (rectius: il gruppo consiliare di maggioranza)
ritiene (dopo diffida ed adeguata motivazione) di dover procedere comunque
all'approvazione del Rendiconto, il Segretario Comunale, ritenendo la
decisione illegittima, può mettere a verbale la propria valutazione?
1) Relativamente alle condotte di cui al punto a), siamo in
presenza di "atti dovuti", che trovano il loro fondamento in diverse fonti
normative. Per tale ragione, occorre distinguere.
Per quanto riguarda il Responsabile del Settore Finanziario, l'art. 49,
D.Lgs. 18.08.2000, n. 267, stabilisce, al comma 1°, che: "Su ogni
proposta di deliberazione sottoposta alla Giunta e al Consiglio che non sia
mero atto di indirizzo deve essere richiesto il parere, in ordine alla sola
regolarità tecnica, del responsabile del servizio interessato e, qualora
comporti riflessi diretti o indiretti sulla situazione economico-finanziaria
o sul patrimonio dell'ente, del responsabile di ragioneria in ordine alla
regolarità contabile. I pareri sono inseriti nella deliberazione".
La "lettera" della prescrizione normativa non da adito ad alcun dubbio:
siamo in presenza di un obbligo, cioè di un "dovere di ufficio". Il
Responsabile deve (non può!) formulare il parere. L'obbligatorietà della
formulazione del parere è confermata dal fatto che il medesimo non vincola,
di certo, l'organo deliberante, il quale, come espressamente previsto dal
comma 4, laddove "non intendano conformarsi ai pareri di cui al presente
articolo, devono darne adeguata motivazione nel testo della deliberazione".
Tutto chiaro: il parere del Responsabile deve essere dato, ma questo non
vincola la Giunta o il Consiglio, che, se non condividono il parere,
possono, con adeguata motivazione, non conformarsi.
Tuttavia, residua il problema posto in quesito: cosa accade se il parere non
viene dato?
Fermo restando l'obbligatorietà del parere (che deve essere
sollecitato e richiesto anche attraverso un'espressa diffida!), in caso di
persistenza dell'omissione (che se continua può dar luogo ad un
inadempimento di prestazione lavorativa ed anche far configurare un fumus di
"omissione di atti d'ufficio", di cui all'art. 328 c.p.), si determina una
situazione che viene diversamente interpretata dalla giurisprudenza. Ed,
infatti, secondo l'orientamento assolutamente dominante, "la mancata
acquisizione dei pareri di regolarità tecnica e contabile non comporta
l'invalidità delle deliberazioni della giunta o del consiglio comunale, ma
la loro mera irregolarità, atteso che la disposizione posta dall'art. 49 del TUEL, ha l'unico scopo di individuare i responsabili in via amministrativa e
contabile delle deliberazioni, ma senza che l'omissione del parere incida
sulla validità delle deliberazioni stesse" (TAR Marche, Sez. I, n.
623/2015; poi: TAR Sardegna, Sez. II, n. 968/2015; Cons. di Stato, Sez.
V, n. 1663/2014).
Quindi, la deliberazione assunta in assenza del parere del responsabile è
pienamente valida, non costituendo il parere medesimo un requisito di
legittimità della deliberazione. Aderendo a questo indirizzo, il Consiglio
Comunale non avrebbe alcun problema a procedere.
Tuttavia, occorre tener
conto di un recente (ed invero minoritario) indirizzo espresso dalla Corte
dei Conti (parere n. 62/2017, espresso dalla sezione di controllo
dell'Emilia Romagna) in base al quale "la mancata acquisizione dei parere di
regolarità tecnica e contabile nelle deliberazioni di Giunta e di Consiglio
(che non siano meri atti di indirizzo) determina l'illegittimità degli atti".
E' evidente che, aderendo a tale indirizzo, cambia lo scenario complessivo,
nel senso che l'omessa formulazione del parere, dovuto da parte del
Responsabile, "blocca" l'organo deliberante, nel senso che gli impedisce di
assumere le proprie decisioni. Allora, a fronte di siffatti opposti
indirizzi, appare fortemente plausibile diffidare il Responsabile,
evidenziando che la normativa pone a suo carico un obbligo: il Responsabile
deve dare il parere, qualunque ne sia il contenuto. Poi, si potrebbe
valutare con attenzione e prudenza l'eventuale adesione al primo indirizzo e
deliberare comunque, evidenziando le ragioni di pubblico interesse sottese
all'approvazione del rendiconto, che deve essere posta in essere.
Per quanto riguarda il Revisore del Conto, occorre osservare che l'art. 239,
D.Lgs. 18.08.2000, n. 267 stabilisce che il medesimo deve redigere una
specifica "relazione" in merito alla proposta di deliberazione consiliare di
approvazione del rendiconto. Anche in questo caso si tratta di un atto
dovuto, per cui possono essere effettuate le medesime riflessioni in merito
alla "doverosità". Tuttavia, in caso di immotivata e colpevole inerzia del
Revisore, sembra che gli "spazi di azione" del Consiglio siano lievemente
più limitati rispetto a prima (omissione colpevole del Responsabile), in
quanto il comma 2, dell'art. 227, D.Lgs. 18.08.2000, n. 267, stabilisce
che il rendiconto viene deliberato "tenuto motivatamente conto della
relazione dell'organo di revisione".
Quindi, potrebbe insorgere il sospetto che, non essendoci la relazione (che
non è un semplice parere), il Consiglio non possa decidere in modo motivato.
Ad ogni modo, al fine di evitare gli effetti perniciosi della mancata
approvazione del Rendiconto, il Consiglio, dopo una adeguata illustrazione
della situazione creatasi, potrebbe considerare l'ipotesi di addivenire
comunque all'approvazione, in quanto la colpevole omissione del Revisore non
può impedire il legittimo esercizio dei poteri da parte del Consiglio.
In ogni caso, si raccomanda vivamente di diffidare il Responsabile ed il
Revisore, evidenziando loro le responsabilità, anche presuntivamente penali,
connesse all'omissione.
2) Rispetto alla condotta di cui al punto b), il Segretario
Comunale, ai sensi dell'art. 97, comma 4, lettera "a", "partecipa con
funzioni consultive, referenti e di assistenza alle riunioni del consiglio e
della giunta e ne cura la verbalizzazione". Secondo il consolidato indirizzo
della Corte dei conti (ex multis: Corte conti, sez. giurisdizionale
Lombardia, n. 324/2009), il Segretario ha il dovere di segnalare eventuali
illegittimità presenti nella deliberazione.
Ciò, in base, appunto, alla sua
funzione di "assistenza". Quindi, a questo punto, potrebbe svilupparsi un
proficuo "dialogo" preventivo fra il Segretario Comunale ed il Consiglio,
finalizzato a verificare se la mancanza dei pareri e della relazione
determina inevitabilmente l'illegittimità della deliberazione, oppure se
sussistono spazi motivazionali, per giustificare, comunque, un intervento di
approvazione del Consiglio, diretto, fra l'altro, ad evitare lo scioglimento
del medesimo, con tutti i conseguenti e negativi effetti sull'ente.
---------------
Riferimenti normativi e contrattuali
D.Lgs. 18.08.2000, n. 267, art. 49 - D.Lgs. 18.08.2000, n. 267, art.
227 - D.Lgs. 18.08.2000, n. 267, art. 239
Riferimenti di giurisprudenza
TAR Marche Ancona Sez. I, Sent., 20.08.2015, n. 623
Documenti allegati
Corte Conti, sez. controllo Emilia Romagna, 11.04.2017, n. 62/2017/PAR
(29.01.2018 - tratto da www.risponde.leggiditalia.it/#doc_week=true). |
anno 2017 |
|
ATTI
AMMINISTRATIVI: Sulle
deliberazioni di Giunta e di Consiglio assunte a fronte del
parere contrario del responsabile del servizio finanziario
e/o del segretario comunale.
Nel rimarcare, da un lato, come
l’azione dei predetti soggetti tecnici (ndr:
responsabile del servizio finanziario e/o del segretario
comunale) lungi dall’essere informata ad un
preteso eccesso di prudenza si appalesi coerente con il
vigente sistema dispositivo e con i principi sottesi al
novellato art. 49 Tuel, non può sottacersi, dall’altro,
come le modalità osservate dai citati organi deliberanti
destino qualche perplessità per ciò che attiene, in
particolare, gli specifici oneri di motivazione posti dal
quarto comma della disposizione in parola.
Preme rimarcare come, ferma la natura non
vincolante del parere, la novella recata dall’art. 3, comma
1, lett. b), del d.l. 10.10.2012 n. 174, convertito in legge
07.12.2012, n. 213 abbia significativamente previsto un
onere di motivazione specifica del provvedimento approvato
in difformità dal parere contrario reso dai responsabili dei
servizi che, nei casi all’esame della Sezione, non pare
compiutamente assolto.
In disparte i casi in cui l’esplicitazione
delle ragioni per cui si è ritenuto di non conformarsi al
parere negativo risulta del tutta omessa, non può ritenersi
idonea motivazione il mero richiamo al rispetto del limite
dei dodicesimi previsti per l’ipotesi di esercizio
provvisorio –essendo l’Ente tenuto
a ben più articolate valutazioni ove si verta in
tema di spese non obbligatorie– ovvero l’apodittica
attestazione di insussistenza di rischi per gli equilibri di
bilancio.
Né a superare siffatte lacune vale la
constatazione postuma
circa il mantenimento degli equilibri di bilancio.
---------------
Così ricostruiti gli aspetti salienti dei controlli
effettuati e del contraddittorio intercorso con
l’Amministrazione devono, in primo luogo,
svolgersi alcune considerazioni in ordine alle risultanze
istruttorie relative alle deliberazioni di Giunta e di
Consiglio assunte a fronte del parere contrario del
responsabile del servizio finanziario e/o del segretario
comunale.
In questa prospettiva, nel rimarcare, da
un lato, come l’azione dei predetti soggetti tecnici
lungi dall’essere informata ad un preteso eccesso di
prudenza –rimarcato dall’Amministrazione in occasione della
pubblica adunanza– si appalesi coerente con il vigente
sistema dispositivo e con i principi sottesi al novellato
art. 49 Tuel, non può sottacersi, dall’altro, come le
modalità osservate dai citati organi deliberanti destino
qualche perplessità per ciò che attiene, in particolare, gli
specifici oneri di motivazione posti dal quarto comma della
disposizione in parola.
Sotto tale profilo –richiamate le coordinate interpretative
offerte da questa Sezione in ordine alla portata dell’art.
49 Tuel– preme rimarcare come, ferma la
natura non vincolante del parere, la novella recata
dall’art. 3, comma 1, lett. b), del d.l. 10.10.2012 n. 174,
convertito in legge 07.12.2012, n. 213 abbia
significativamente previsto un onere di motivazione
specifica del provvedimento approvato in difformità dal
parere contrario reso dai responsabili dei servizi che, nei
casi all’esame della Sezione, non pare compiutamente
assolto.
In disparte i casi in cui l’esplicitazione
delle ragioni per cui si è ritenuto di non conformarsi al
parere negativo risulta del tutta omessa
(cfr. deliberazione di G.C. n. 289/2013 - deliberazione di
G.C. n. 310/2013 – deliberazione di G.C. n. 267/2013),
non può ritenersi idonea motivazione il mero
richiamo al rispetto del limite dei dodicesimi previsti per
l’ipotesi di esercizio provvisorio –essendo l’Ente tenuto,
anche in ragione delle indicazioni offerte dalla Sezione
delle Autonomie (deliberazione n. 23/2013/INPR e n. 18/2014/INPR)
a ben più articolate valutazioni ove si verta in
tema di spese non obbligatorie– ovvero l’apodittica
attestazione di insussistenza di rischi per gli equilibri di
bilancio.
Né a superare siffatte lacune vale la
constatazione postuma
–ribadita dall’Amministrazione in sede di adunanza pubblica–
circa il mantenimento degli equilibri di bilancio
(Corte dei Conti, Sez. controllo Marche,
deliberazione 13.10.2017 n. 82). |
ATTI AMMINISTRATIVI: Il
comune di appartenenza fa parte di una Unione di comuni alla quale è stata
trasferita la gestione delle Risorse Umane.
Tutti gli atti afferenti il tema (assunzioni, cessazioni, mobilità, Fondo
premialità, Piano triennale fabbisogno, ecc..) vengono assunti con delibera
della giunta comunale del comune interessato e parere tecnico del
responsabile dell'area amministrazione, vista la bozza di atto istruita dal
Dirigente servizio Risorse Umane dell'Unione.
Non avendo il responsabile dell'area amministrazione alcuna competenza
professionale al riguardo, né risorse strumentali (umane ed economiche) di
cui disporre per formarsi un'idea in materia, si chiede se il parere apposto
sugli atti di giunta sia legittimo e valido.
Si tenga presente che a tali delibere di giunta fa seguito una
determinazione dirigenziale sempre del responsabile dell'area
amministrazione sulla base di bozza preparata dal servizio risorse umane
dell'unione di appartenenza.
Nella definizione delle procedure delegate all'Unione il Comune e l'Unione
possono definire forme di partecipazione dei relativi responsabili
nell'ambito dei procedimenti gestiti in forma associata.
In questa prospettiva appare legittima la previsione di un intervento del
Dirigente del settore competente del Comune nella predisposizione della
bozza di atto che poi sarà sottoposto all'approvazione della Giunta Comunale
e la previsione del suo parere di regolarità tecnica (parere obbligatorio e
non vincolante ai sensi dell'art. 49 del TUEL).
Ciò premesso, sotto il profilo strettamente giuridico, l'attribuzione della
competenza all'espressione del parere di regolarità tecnica non presuppone
un accertamento sulla competenza professionale specifica (che si presume con
la nomina a responsabile dell'area) né una verifica sul "carico di lavoro"
del servizio.
Tali aspetti sono rimessi all'autonoma valutazione dell'ente e se appare
ragionevole non inviare una richiesta di parere ad un soggetto privo di
specifica competenza o in difficoltà ad operare per carenza di adeguato
organico, ciò non influisce sulla procedura di approvazione dei relativi
atti.
Ciò a maggior ragione ove si consideri che è in ogni caso indispensabile
l'espressione di un parere di regolarità tecnica (come detto obbligatorio
anche se non vincolante) per l'approvazione degli atti dell'organo
collegiale comunale. E tale parere non può essere fornito dal Responsabile
dell'Unione, formalmente soggetto distinto dall'Ente Locale competente.
Da valutare è l'opportunità di rivedere la procedura attivata soprattutto in
relazione all'approvazione di atti di natura dirigenziale che potrebbero
essere assegnati direttamente all'Unione senza passare dalla previa delibera
di Giunta e, quindi, dal relativo parere di regolarità tecnica.
---------------
Riferimenti normativi e contrattuali
D.Lgs. 18.08.2000, n. 267,
art. 49
(14.09.2017 - tratto da www.risponde.leggiditalia.it/#doc_week=true). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Delibera illegittima se manca il parere tecnico e contabile.
La mancata acquisizione dei parere di
regolarità tecnica e contabile nelle deliberazioni di Giunta
e di Consiglio (che non siano meri atti di indirizzo)
determina l'illegittimità degli atti. La norma generale si
applica anche al caso di proposta di transazione formulata
da un mediatore esterno all'ente.
Il caso
Con il
parere 11.04.2017 n. 62
la Corte dei conti, Sezione di controllo dell'Emilia
Romagna, affronta il tema legato alla necessità di
acquisizione dei pareri di regolarità contabile e tecnica
sugli atti deliberativi, su sollecitazione di un Comune che,
a fronte della mediazione avviata dal giudice, vorrebbe
accogliere, con proprio atto deliberativo, la soluzione
transattiva formulata dal soggetto terzo, senza acquisire
preventivamente i pareri degli uffici e dell'avvocatura
interna.
Ciò sulla base della circostanza, argomenta il Comune, che
la proposta di transazione è formulata da un soggetto terzo
nell'ambito di un procedimento finalizzato a ridurre il
contenzioso in sede giurisdizionale, in assenza, si presume,
di situazioni conflittuali e dunque nel rispetto degli
interessi pubblici e dell'esigenza di corretta gestione
delle pubbliche risorse.
La decisione
Secondo la prevalente giurisprudenza del Consiglio di Stato,
la mancanza dei pareri di regolarità tecnica e di
contabilità costituirebbe una mera irregolarità. Tuttavia,
rileva la Corte dei conti, l'irregolarità in generale
ricorre in presenza di una lieve anormalità del
provvedimento amministrativo, a fronte di un vizio
marginale, allorché la diversità della forma o la non
perfetta osservanza di un adempimento endoprocedimentale non
siano tali da impedire il concreto raggiungimento
dell'interesse pubblico tutelato dalla norma. Ciò non sembra
potersi affermare lì ove manchino i pareri di regolarità
tecnica e contabile.
Tali pareri, infatti, costituiscono atti procedimentali
obbligatori ai sensi dell'articolo 49 del Tuel, che li
colloca al centro del sistema, anche per ovviare alla
mancanza di competenza tecnica dei componenti di Giunta e
Consiglio. Inoltre, in forza dell'articolo 147-bis del Tuel,
il controllo preventivo di regolarità amministrativa e
contabile è assicurato, nella fase preventiva della
formazione dell'atto, proprio dai pareri di regolarità
tecnica e contabile.
Il primo deve attestare la regolarità e la correttezza
dell'azione amministrativa, cioè sia la sua conformità alla
normativa, che la correttezza sostanziale delle soluzioni
adottate. Con il parere di regolarità contabile invece è
stato assegnato al responsabile di ragioneria un ruolo
centrale nella tutela degli equilibri di bilancio dell'ente.
Riguardo, infine, al ruolo dell'avvocatura interna, i
giudici contabili hanno già espresso l'avviso per cui,
sebbene, per gli enti territoriali non sia previsto un
particolare iter procedimentale per gli atti di transazione,
ove l'ente sia dotato di una propria avvocatura, sarebbe
opportuno che questa fosse investita della questione in
analogia a quanto prevede per le amministrazioni dello Stato
l'articolo 14 della legge di contabilità generale
(deliberazione Corte dei conti controllo Piemonte n.
20/2012).
La delibera in analisi esprime il concetto in modo ancor più
netto, poiché il «sarebbe opportuno», che leggiamo
nella deliberazione della Sezione Piemonte, diventa un
«sicuramente opportuna», rendendo ancor più difficile agli
enti locali discostarsi dall'indicazione (articolo
Quotidiano Enti Locali & Pa del 14.04.2017). |
ATTI
AMMINISTRATIVI:
I pareri di regolarità tecnica e contabile
devono necessariamente essere resi, costituendo presupposti
necessari delle deliberazioni sottoposte alla Giunta e al
Consiglio, ad eccezione di quelle che costituiscono meri
atti di indirizzo.
L’omessa acquisizione dei pareri in
argomento, pertanto, è tale da determinare l’illegittimità
dell’atto, non potendosi, per l’importante funzione ad essi
assegnata dal legislatore, ritenere che la loro mancanza non
sia tale da impedire il concreto raggiungimento
dell’interesse pubblico volta per volta tutelato dalle
norme.
---------------
La circostanza che la deliberazione abbia ad oggetto
una proposta di transazione formulata da un mediatore,
soggetto terzo, il quale offre garanzie di imparzialità,
azionata a seguito di invito del giudice, non è tale da
poter consentire una deroga alla norma generale, la quale
prevede la necessaria acquisizione dei pareri di regolarità
tecnico e contabile. Il ruolo del mediatore, infatti, non
esclude l’esigenza di un approccio prudente, finalizzato ad
evitare un depauperamento delle pubbliche risorse, che deve
sempre essere assicurato dalle pubbliche amministrazioni
nell’utilizzare strumenti transattivi e di composizione
delle liti.
Né, ai fini della resa del parere di
regolarità contabile, rileva come la deliberazione abbia
ad oggetto solo un’entrata per il Comune e nessuna spesa,
giacché come previsto dal più volte richiamato art. 49 del
tuel, detto parere dev’essere reso ogniqualvolta l’atto
comporti riflessi diretti o indiretti sulla situazione
economico-finanziaria, o sul patrimonio dell’ente.
In merito, invece, al parere
dell’Avvocatura interna, non vi è motivo per discostarsi da
quanto affermato in generale per le transazioni dalla
Sezione regionale di controllo per il Piemonte la quale ha ritenuto l’acquisizione dello stesso non
obbligatoria, ma sicuramente opportuna.
---------------
Il Sindaco del Comune di Zocca (MO) ha rivolto a questa
Sezione una richiesta di parere avente ad oggetto un’ipotesi
di transazione.
In particolare, il Sindaco istante descrive dettagliatamente
una controversia in corso nei confronti della He. spa,
nell’ambito della quale il citato ente locale ha ottenuto un
decreto ingiuntivo nei confronti della stessa. La He. ha
quindi instaurato un giudizio in opposizione, ad esito del
quale l’A.G. ha invitato le parti a dare avvio ad una
mediazione.
Non riuscendo a trovare un accordo, le parti hanno
autorizzato il mediatore a individuare una proposta di
soluzione transattiva, poi effettivamente formulata.
Il Sindaco di Zocca chiede se il Comune possa deliberare
l’accoglimento della proposta del mediatore, anche senza
acquisire preventivamente i pareri degli uffici e
dell’avvocatura interna; ciò, sulla base della
circostanza che detta proposta è stata formulata da un
soggetto terzo, nell’ambito di un procedimento finalizzato a
ridurre il contenzioso in sede giurisdizionale, e che si
deve presumere l’assenza di sospetti di lesione degli
interessi pubblici, nonché che sia rispettosa dell’esigenza
di corretta gestione delle pubbliche risorse.
Evidenzia, infine, come la proposta comporti solo un’entrata
per il Comune e nessuna spesa.
...
4. Preliminarmente, occorre individuare il quadro normativo
rilevante ai fini del parere.
L’art. 49 del tuel (recante “Pareri dei responsabili dei
servizi”), come modificato dall’art. 3 del d.l. n.
174/2012, recante “Disposizioni urgenti in materia di
finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché
ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel
maggio 2012, convertito con modificazioni dalla legge
07.12.2012, n. 213”, prescrive: “1. Su ogni proposta
di deliberazione sottoposta alla Giunta e al Consiglio che
non sia mero atto di indirizzo deve essere richiesto il
parere, in ordine alla sola regolarità tecnica, del
responsabile del servizio interessato e, qualora comporti
riflessi diretti o indiretti sulla situazione
economico-finanziaria o sul patrimonio dell'ente, del
responsabile di ragioneria in ordine alla regolarità
contabile. I pareri sono inseriti nella deliberazione.
2. Nel caso in cui l'ente non abbia i responsabili dei
servizi, il parere è espresso dal segretario dell'ente, in
relazione alle sue competenze.
3. I soggetti di cui al comma 1 rispondono in via
amministrativa e contabile dei pareri espressi.
4. Ove la Giunta o il Consiglio non intendano conformarsi ai
pareri di cui al presente articolo, devono darne adeguata
motivazione nel testo della deliberazione”.
Il primo comma del successivo art. 147-bis del tuel
(rubricato “Controllo di regolarità amministrativa e
contabile”), inserito dal citato d.l. n. 174/2012,
stabilisce quanto segue: “1. Il controllo di regolarità
amministrativa e contabile è assicurato, nella fase
preventiva della formazione dell’atto, da ogni responsabile
di servizio ed è esercitato attraverso il rilascio del
parere di regolarità tecnica attestante la regolarità e la
correttezza dell’azione amministrativa. Il controllo
contabile è effettuato dal responsabile del servizio
finanziario ed è esercitato attraverso il rilascio del
parere di regolarità contabile e del visto attestante la
copertura finanziaria”.
5. Individuato il quadro normativo, occorre verificare se vi
siano precedenti giurisprudenziali in materia.
La funzione del parere di regolarità contabile e
l’estensione della portata dello stesso è esaurientemente
ricostruita dalla Sezione regionale di controllo per le
Marche, con
parere 05.06.2013 n. 51, al quale si rimanda per
un approfondimento della materia.
In essa si evidenzia, tra l’altro, come il legislatore
statale, mediante le modifiche apportate dal d.l. n.
174/2012 all’art. 49 del tuel, in particolare sostituendo
l’espressione “qualora comporti impegno di spesa o
diminuzione di entrata” con “qualora comporti
riflessi diretti o indiretti sulla situazione
economico-finanziaria o sul patrimonio dell’ente”, abbia
ampliato i casi in cui è necessario acquisire il parere
di regolarità contabile, al contempo assegnando, al
responsabile di ragioneria, un ruolo centrale, a tutela
degli equilibri di bilancio dell’ente.
La giurisprudenza del Consiglio di Stato negli ultimi anni
si è consolidata nel ritenere che i pareri di regolarità
tecnica e contabile non costituirebbero requisiti di
legittimità delle deliberazioni alle quali si riferiscono,
così che l’eventuale mancanza degli stessi determinerebbe
una mera irregolarità, tale da non influire sulla
legittimità e sulla validità delle deliberazioni (ex
multis, C. di S., Sez. V,
sentenza 08.04.2014 n. 1663). Detta posizione è
altresì richiamata dalla Sezione regionale di controllo per
la Basilicata, con
deliberazione 15.05.2014 n. 79 secondo la quale
la mancanza dei pareri in argomento non avrebbe riflessi
sulla validità delle deliberazioni.
Passando alla questione concernente il ruolo dell’avvocatura
interna rispetto ad un procedimento relativo
all’approvazione di una proposta di transazione da parte di
un ente territoriale, la Sezione regionale di controllo per
il Piemonte, con
parere 28.02.2012 n. 20
ha espresso l’avviso secondo cui “per
gli enti territoriali non è previsto un particolare iter
procedimentale per gli atti di transazione, ma, ove il
medesimo sia dotato di una propria avvocatura, sarebbe
opportuno che questa fosse investita della questione in
analogia a quanto prevede per le amministrazioni dello Stato
l’art. 14 della legge di contabilità generale (R.D. n.
2440/1923)”.
6. È ora possibile entrare nel merito.
Come sopra ricordato, secondo la prevalente giurisprudenza
del Consiglio di Stato la mancanza dei pareri di
regolarità tecnica e di contabilità costituirebbe una
mera irregolarità.
Tuttavia, l’irregolarità in generale ricorre in presenza di
una lieve anormalità del provvedimento amministrativo, a
fronte di un vizio marginale, allorché la diversità della
forma o la non perfetta osservanza di un adempimento
endoprocedimentale non siano tali da impedire il concreto
raggiungimento dell’interesse pubblico tutelato dalla norma.
Ciò non sembra potersi affermare lì ove manchino i pareri
di regolarità tecnica e contabile.
Tali pareri, infatti, costituiscono atti procedimentali
obbligatori, poiché il legislatore, all’art. 49, ha previsto
che “su ogni proposta di deliberazione sottoposta alla
Giunta e al Consiglio […] deve essere richiesto il parere”;
gli stessi sono stati posti al centro del sistema, anche per
ovviare alla mancanza di competenza tecnica dei componenti
di Giunta e Consiglio.
Si aggiunga che il citato art. 49, a seguito della novella
attuata mediante il d.l. n. 174/2012, dev’essere letto
unitamente all’art. 147-bis, introdotto nell’ambito di tale
riforma, in forza del quale il controllo preventivo di
regolarità amministrativa e contabile è assicurato, nella
fase preventiva della formazione dell’atto, proprio dai
pareri di regolarità tecnica e contabile. Pertanto, i
pareri de quibus assicurano anche il controllo
preventivo sugli atti di Giunta e Consiglio.
L’importanza del parere di regolarità contabile, come
ridisegnato dal legislatore mediante il richiamato d.l. n.
174/2012, è stata ricordata dalla Sezione regionale di
controllo per le Marche, con
parere 05.06.2013 n. 51,
che ha evidenziato come mediante esso sia stato assegnato al
responsabile di ragioneria un ruolo centrale nella tutela
degli equilibri di bilancio dell’ente. Il rilievo del
parere di regolarità tecnica, invece, emerge altresì dal
nuovo art. 147-bis, che ne ha specificato il contenuto,
stabilendo come lo stesso debba attestare la regolarità e la
correttezza dell’azione amministrativa, cioè sia la sua
conformità alla normativa, che la correttezza sostanziale
delle soluzioni adottate.
È vero che il comma 4, dell’art. 49, del tuel, prevede la
possibilità per Giunta e Consiglio di non conformarsi ai
pareri in analisi “dandone adeguata motivazione nel testo
della deliberazione”, ma non potrebbe essere altrimenti,
in quanto in caso contrario i responsabili dei servizi in
questione diventerebbero, di fatto, amministratori.
Per quanto sopra esposto, ad avviso di questo Collegio
i pareri di regolarità tecnica e contabile
devono necessariamente essere resi, costituendo presupposti
necessari delle deliberazioni sottoposte alla Giunta e al
Consiglio, ad eccezione di quelle che costituiscono meri
atti di indirizzo. L’omessa acquisizione dei pareri in
argomento, pertanto, è tale da determinare l’illegittimità
dell’atto, non potendosi, per l’importante funzione ad essi
assegnata dal legislatore, ritenere che la loro mancanza non
sia tale da impedire il concreto raggiungimento
dell’interesse pubblico volta per volta tutelato dalle
norme.
7. Per quanto più specificamente concerne la richiesta di
parere formulata dal Sindaco istante, cioè se il Comune
possa deliberare di accogliere la proposta del mediatore
anche senza acquisire preventivamente i pareri degli uffici
e dell’avvocatura interna, ad avviso di questa Sezione,
la circostanza che la deliberazione abbia ad oggetto
una proposta di transazione formulata da un mediatore,
soggetto terzo, il quale offre garanzie di imparzialità,
azionata a seguito di invito del giudice, non è tale da
poter consentire una deroga alla norma generale, la quale
prevede la necessaria acquisizione dei pareri di regolarità
tecnico e contabile. Il ruolo del mediatore, infatti, non
esclude l’esigenza di un approccio prudente, finalizzato ad
evitare un depauperamento delle pubbliche risorse, che deve
sempre essere assicurato dalle pubbliche amministrazioni
nell’utilizzare strumenti transattivi e di composizione
delle liti.
Né, ai fini della resa del parere di
regolarità contabile, rileva come la deliberazione abbia
ad oggetto solo un’entrata per il Comune e nessuna spesa,
giacché come previsto dal più volte richiamato art. 49 del
tuel, detto parere dev’essere reso ogniqualvolta l’atto
comporti riflessi diretti o indiretti sulla situazione
economico-finanziaria, o sul patrimonio dell’ente.
In merito, invece, al parere
dell’Avvocatura interna, non vi è motivo per discostarsi da
quanto affermato in generale per le transazioni dalla
Sezione regionale di controllo per il Piemonte,
con il
parere 28.02.2012 n. 20,
la quale ha ritenuto l’acquisizione dello stesso non
obbligatoria, ma sicuramente opportuna
(Corte dei Conti, Sez. controllo Emilia Romagna,
parere 11.04.2017 n. 62). |
anno 2016 |
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ATTI AMMINISTRATIVI - PUBBLICO IMPIEGO: Secondo
la giurisprudenza contabile prevalente, il parere del responsabile
finanziario è un vero e proprio parere di legittimità del provvedimento.
Va confutata l’argomentazione difensiva sulla base della
quale si assume che il visto apposto, sulla delibera in oggetto, avrebbe
come unico significato quello di copertura della spesa e non quello riferito
al controllo di legittimità della stessa.
Sul punto, richiama il Collegio, solo ai fini di una precisazione di
diritto, le specifiche norme contenute nella seconda parte del D.lgs.
267/2000, Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (TUEL)
art. 149 e seguenti.
L’art. 151, enumerando i principi in materia di contabilità, al comma 4
prevede che: I provvedimenti dei responsabili dei servizi che comportano
impegni di spesa sono trasmessi al responsabile del servizio finanziario e
sono esecutivi con l’apposizione del visto di regolarità contabile
attestante la copertura finanziaria.
L’art. 153, comma 3, disciplina il servizio economico finanziario e per
quanto qui interessa individua il responsabile del servizio finanziario: il
responsabile del servizio finanziario di cui all’art. 151, comma 4, si
identifica con il responsabile del servizio o con i soggetti preposti alle
eventuali articolazioni previste dal regolamento di contabilità .
Ed il comma 5 prevede: il regolamento di contabilità disciplina le modalità
con le quali vengono resi i pareri di regolarità contabile sulle proposte di
deliberazione ed apposto il visto di regolarità contabile sulle
determinazioni dei soggetti abilitati. Il responsabile del servizio
finanziario effettua le attestazioni di copertura della spesa in relazione
alle disponibilità effettive esistenti negli stanziamenti di spesa………
L’art. 191, comma 1, prevede che: gli enti locali possono effettuare spese
solo se sussiste l’impegno contabile registrato sul competente intervento o
capitolo del bilancio di previsione e l’attestazione della copertura
finanziaria di cui all’art. 153, comma 5.
L’art. 184 del TUEL prevede: ……2. la liquidazione compete all’ufficio che ha
dato esecuzione al provvedimento di spesa ed è disposta sulla base della
documentazione necessaria a comprovare il diritto del creditore a seguito
del riscontro operato sulla regolarità della fornitura o della prestazione e
sulla rispondenza della stessa ai requisiti quantitativi e qualitativi, ai
termini o alle condizioni pattuite.
3. L’atto di liquidazione sottoscritto dal responsabile del
servizio proponente, con tutti i relativi documenti giustificativi ed i
riferimenti contabili è trasmesso al servizio finanziario per i conseguenti
adempimenti.
4. Il servizio finanziario effettua, secondo i principi e le
procedure di contabilità pubblica, i controlli ed i riscontri
amministrativi, contabili e fiscali sugli atti di liquidazione.
Dal quadro sin qui delineato non si può negare che la figura del
responsabile del servizio finanziario e di ragioneria abbia delle
prerogative funzionali di controllo sugli atti amministrativi che comportano
impegni di spesa; tale potere si esprime attraverso l’espressione dei
suddetti pareri, visti e attestazioni, per i quali ai sensi dell'art. 153
essi sono rilevanti ai fini della responsabilità amministrativa dei
funzionari che li hanno resi.
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Con atto di citazione depositato in data 28.04.2016, la Procura regionale
presso la Sezione giurisdizionale per il Lazio ha convenuto in giudizio i
soggetti indicati in epigrafe, in qualità il primo di Dirigente
pro-tempore del Dipartimento attività economiche produttive, ora
sviluppo economico attività produttive, del Comune di Roma, il secondo nella
sua qualità di dirigente della Ragioneria generale del predetto comune, per
sentirli condannare al pagamento in favore di Roma capitale della somma di €
7.260,00 oltre rivalutazione monetaria, interessi legali e spese di
giustizia, per aver adottato e reso efficace con il relativo visto di
regolarità contabile, con colpa grave, la delibera n. 1523 del 06.06.2012
con la quale veniva affidato alla società Ze.Pr.cu. s.r.l. l’organizzazione
della presentazione della Guida enogastronomica edita dalla Ma.Ed. s.r.l..
...
Nel merito, ha contestato l’addebito di responsabilità connesso al visto di
regolarità contabile apposto dal convenuto alla delibera ritenuta foriera di
danno erariale, in quanto quel visto avrebbe un unico significato e, cioè,
indicare la copertura della spesa sul pertinente capitolo di bilancio ma non
la regolarità della documentazione posta a corredo dell’atto. Per tale
ragione, il Pr. esclude che l’eventuale esame dell’atto limitatamente a
questo profilo possa configurare la colpa grave per l’addebito di
responsabilità, in quanto questa condotta posta in essere non poteva
connettersi ad un evento dannoso inesistente proprio in presenza di
determinazioni di spesa già assunte dalla Giunta e poste in essere dal
dirigente responsabile dell’attività gestoria.
...
Passando, ora, all’esame del merito della questione, ritiene il Collegio
che, dall’esame degli atti acquisiti al fascicolo d’ufficio, la
deliberazione impugnata e ritenuta foriera di danno erariale si riferisce ad
un evento celebrativo nel quale doveva essere presentato il volume della
guida enogastronomica ma non fornito al pubblico, né tanto meno offerto
gratuitamente.
Sul punto, il Collegio, ferma restando l’insindacabilità del merito della
scelta discrezionale, non può non rilevare l’esorbitanza della spesa
compiuta per organizzare l’evento in questione che sarebbe stato meritevole
di attenzione da parte dell’attore che, invece, ha formulato la richiesta di
addebito motivandola per l’inesistenza della celebrazione dell’evento e,
quindi, sulla non debenza della prestazione dovuta a Ze. perché priva di
prestazione corrispettiva.
Infatti, pur essendo la relazione predisposta da Ze. s.r.l. non sottoscritta
in originale dal Rappresentante legale e quindi irregolare solo da un punto
di vista formale, tale elemento non consente di giungere a ritenere la
prestazione richiesta alla medesima come non effettuata. Altri elementi di
riscontro indicati a pag. 11 della memoria difensiva di Me., ma anche dalla
documentazione depositata in atti (contratto di servizio tra Comune di Roma
e Ze. s.r.l. approvato con delibera di Giunta n. 440 del dicembre 2011;
preventivo di spesa recapitato all’ente locale con dichiarazione di
congruità, invito alla partecipazione all’evento ad organi istituzionali
comunali, oltre a indicazioni sul web di cui la difesa in udienza ha
dichiarato l’esistenza), è stato dimostrato da parte del convenuto che la
manifestazione vi è stata e che all’organizzazione dell’evento promozionale
non possa non far seguito la corresponsione della remunerazione stabilita
con piena legittimità della delibera di spesa.
La legittimità della delibera di spesa rende altrettanto legittima
l’apposizione del visto di regolarità contabile che non ha solo valore
significativo dell’esistenza di copertura finanziaria.
Va, infatti, confutata l’argomentazione difensiva sulla base della quale si
assume che il visto apposto sulla delibera in oggetto avrebbe come unico
significato quello di copertura della spesa e non quello riferito al
controllo di legittimità della stessa.
Sul punto, richiama il Collegio, solo ai fini di una precisazione di
diritto, le specifiche norme contenute nella seconda parte del D.lgs.
267/2000, Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (TUEL)
art. 149 e seguenti.
L’art. 151, enumerando i principi in materia di contabilità, al comma 4
prevede che: I provvedimenti dei responsabili dei servizi che comportano
impegni di spesa sono trasmessi al responsabile del servizio finanziario e
sono esecutivi con l’apposizione del visto di regolarità contabile
attestante la copertura finanziaria.
L’art. 153, comma 3, disciplina il servizio economico finanziario e per
quanto qui interessa individua il responsabile del servizio finanziario:
il responsabile del servizio finanziario di cui all’art. 151, comma 4, si
identifica con il responsabile del servizio o con i soggetti preposti alle
eventuali articolazioni previste dal regolamento di contabilità .
Ed il comma 5 prevede: il regolamento di contabilità disciplina le
modalità con le quali vengono resi i pareri di regolarità contabile sulle
proposte di deliberazione ed apposto il visto di regolarità contabile sulle
determinazioni dei soggetti abilitati. Il responsabile del servizio
finanziario effettua le attestazioni di copertura della spesa in relazione
alle disponibilità effettive esistenti negli stanziamenti di spesa………
L’art. 191, comma 1, prevede che: gli enti locali possono effettuare
spese solo se sussiste l’impegno contabile registrato sul competente
intervento o capitolo del bilancio di previsione e l’attestazione della
copertura finanziaria di cui all’art. 153, comma 5.
L’art. 184 del TUEL prevede: ……2. la liquidazione compete all’ufficio che
ha dato esecuzione al provvedimento di spesa ed è disposta sulla base della
documentazione necessaria a comprovare il diritto del creditore a seguito
del riscontro operato sulla regolarità della fornitura o della prestazione e
sulla rispondenza della stessa ai requisiti quantitativi e qualitativi, ai
termini o alle condizioni pattuite.
3. L’atto di liquidazione sottoscritto dal responsabile del
servizio proponente, con tutti i relativi documenti giustificativi ed i
riferimenti contabili è trasmesso al servizio finanziario per i conseguenti
adempimenti.
4. Il servizio finanziario effettua, secondo i principi e le
procedure di contabilità pubblica, i controlli ed i riscontri
amministrativi, contabili e fiscali sugli atti di liquidazione.
Dal quadro sin qui delineato non si può negare che la figura del
responsabile del servizio finanziario e di ragioneria abbia delle
prerogative funzionali di controllo sugli atti amministrativi che comportano
impegni di spesa; tale potere si esprime attraverso l’espressione dei
suddetti pareri, visti e attestazioni, per i quali ai sensi dell'art. 153
essi sono rilevanti ai fini della responsabilità amministrativa dei
funzionari che li hanno resi.
Perciò, le argomentazioni del convenuto Pr., responsabile del servizio
finanziario e di ragioneria del comune di Roma, ove egli afferma che il
visto di regolarità contabile attestante la copertura finanziaria sulla
determinazione del responsabile del servizio interessato si limitava alla
sola verifica della copertura finanziaria, la corretta imputazione al
capitolo di spesa, alla competenza dell’organo che l’ha assunta, al rispetto
dei principi contabili ed alla completezza della documentazione, sono
infondate (in tal senso cfr. sezione Lazio n. 415/2009 ove viene affermato
che il controllo svolto dall’Ufficio di ragioneria non è un controllo
formale ma effettivo sulla azione amministrativa, con effetti impeditivi
alla declaratoria di legittimità dell’atto cui nella specie è seguita
l’emissione del mandato di pagamento) (Corte dei Conti, Sez. giurisdiz.
Lazio,
sentenza 06.12.2016 n. 334). |
ATTI AMMINISTRATIVI: Art.
49 TUEL: riflessi diretti e indiretti sulla situazione economico-finanziaria
o sul patrimonio dell'ente.
In caso di situazioni in cui non sono ben individuabili i riflessi
indiretti, si chiede se è opportuno che venga rilasciato comunque il parere
di regolarità contabile, oppure indicare la non rilevanza contabile.
In tale ipotesi, il non aver rilasciato il parere di regolarità contabile,
ma l'attestazione di non rilevanza contabile, può inficiare la
deliberazione?
Il quesito attiene al parere di "regolarità contabile", attualmente
disciplinato dall'art. 49, D.Lgs. 18.08.2000, n. 267 (noto anche come Testo
Unico Enti Locali).
Al riguardo, occorre osservare che il parere in questione, fin dal suo
sorgere nel lontano 1990, ha conosciuto, attraverso le intervenute
modificazioni normative, un chiaro ampliamento del suo oggetto, significato
e funzione. Infatti, il vecchio art. 53, L. 08.06.1990, n. 142 non definiva
l'oggetto, ma si limitava a prescrivere quanto segue: "Su ogni proposta
di deliberazione sottoposta alla giunta ed al consiglio deve essere
richiesto il parere, in ordine alla sola regolarità tecnica e contabile,
rispettivamente del responsabile del servizio interessato e del responsabile
di ragioneria, nonché del segretario comunale o provinciale sotto il profilo
di legittimità. I pareri sono inseriti nella deliberazione".
Successivamente, con il Testo Unico Enti Locali, il Legislatore ha
provveduto a dettagliare il contenuto del parere di regolarità contabile,
stabilendo, all'art. 49, che: "su ogni proposta di deliberazione
sottoposta alla giunta ed al consiglio che non sia mero atto di indirizzo
deve essere richiesto il parere in ordine alla sola regolarità tecnica del
responsabile del servizio interessato e, qualora comporti impegno di spesa o
diminuzione di entrata, del responsabile di ragioneria in ordine alla
regolarità contabile".
Come si può facilmente desumere, con l'art. 49, il Legislatore ha inteso
collegare l'obbligo di parere ad ogni proposta deliberativa, comportante
effetti diretti sul bilancio dell'ente, o attraverso l'assunzione di un
impegno di spesa o attraverso una diminuzione di entrata.
Ora, tale ampliamento del concetto di parere di regolarità contabile ha
conosciuto un ulteriore sviluppo. Precisamente, con la riforma dei controlli
interni, introdotta dal D.L. 10.10.2012, n. 174, convertito in L.
07.12.2012, n. 213, l'art. 49 è stato rivisitato, assumendo la seguente ed
attuale veste prescrittiva: "Su ogni proposta di deliberazione sottoposta
alla Giunta e al Consiglio che non sia mero atto di indirizzo deve essere
richiesto il parere, in ordine alla sola regolarità tecnica, del
responsabile del servizio interessato e, qualora comporti riflessi diretti o
indiretti sulla situazione economico-finanziaria o sul patrimonio dell'ente,
del responsabile di ragioneria in ordine alla regolarità contabile. I pareri
sono inseriti nella deliberazione. La giurisprudenza contabile è prontamente
intervenuta ad interpretare la novella normativa, precisando che la
fondamentale novità consiste essenzialmente nell'avere sostituito
l'espressione "qualora comporti impegno di spesa o diminuzione di entrata"
con "qualora comporti riflessi diretti o indiretti sulla situazione
economico-finanziaria o sul patrimonio dell'ente" (C. Conti Marche Sez.
contr., 05.06.2013, n. 51).
La nuova formulazione comporta un ampliamento dei casi in cui è necessario
il parere di regolarità contabile, con l'assegnazione al responsabile
dell'Area Finanziaria di un ruolo centrale nella tutela degli equilibri di
bilancio dell'ente. Tale interpretazione è rafforzata dall'introduzione del
comma 4, il quale, ferma restando la valenza non vincolante del parere, ha
significativamente previsto un onere di motivazione specifica del
provvedimento approvato in difformità dal parere contrario reso dai
responsabili dei servizi. Ad avviso della Corte, la nuova formulazione
dell'art. 49 consente di ritenere che nel concetto di "riflessi diretti"
siano ricompresi certamente gli effetti finanziari già descritti nella
disposizione previgente ("impegno di spesa o diminuzione di entrata"),
ma anche le variazioni economico-patrimoniali conseguenti all'attuazione
della deliberazione proposta.
Occorre osservare, venendo ad uno dei punti specifici del quesito, che il
parere di regolarità contabile deve essere rilasciato solo se sono
individuabili effetti diretti oppure indiretti, che la proposta di
deliberazione produce sulla situazione economico-finanziaria o sul
patrimonio dell'ente. Infatti, il riportato comma 1 utilizza la disgiunzione
esclusiva "o" e non la congiunzione "e": qualora comporti riflessi diretti o
indiretti sulla situazione economico-finanziaria o sul patrimonio dell'ente.
Quindi, se si è in presenza di effetti diretti oppure (ipotesi alternativa
ed esclusiva della precedente) solo effetti indiretti (a maggior ragione se
sono presenti entrambi gli effetti), il parere deve essere rilasciato.
Ovviamente, se non sussiste una delle due tipologie di effetti viene meno
l'obbligo.
Invero, il problema si pone in caso di incerta individuazione, cui sembra
alludere il quesito. In tal caso, cioè in presenza di un'effettiva
situazione di incertezza o di ambiguità, al fine di dissipare possibili
equivoci in relazione alla condotta del Responsabile (eventualmente
censurabile per un'ipotetica omissione), appare fortemente opportuno che il
medesimo illustri le ragioni, secondo la sua prospettazione, che comprovano
l'assenza di uno degli effetti in questione. In altri termini, il
Responsabile deve indicare le motivazioni che lo inducono a non formulare il
parere, cioè deve giustificare che nessuno dei due cennati profili sussiste.
Ciò, si ribadisce, solo nei casi in cui sussista un'effettiva situazione di
incertezza.
A questo punto, nel quesito si afferma quanto segue: In tale ipotesi, il non
aver rilasciato il parere di regolarità contabile, ma l'attestazione di non
rilevanza contabile, può inficiare la deliberazione?
Orbene, l'attestazione di non rilevanza contabile, cioè l'indicazione delle
ragioni che inducono il Responsabile a non formulare il parere,
assolutamente non "inficia" la deliberazione, se, ovviamente, i
richiamati effetti diretti o indiretti non sussistono. Se, viceversa,
l'interpretazione fornita dal Responsabile appare errata, nel senso che gli
effetti in questione (anche uno solo dei due) sussistono, allora la
deliberazione è irregolare. In tal caso, il soggetto che contesterà
l'interpretazione fornita e scritta dal Responsabile ha l'onere di
dimostrare la non fondatezza dell'interpretazione medesima.
Si ribadisce che la deliberazione priva del parere di regolarità contabile
(laddove, ovviamente, necessario in base a quanto sinora detto) non comporta
illegittimità della medesima, ma solo irregolarità, come, da tempo, indicato
dalla giurisprudenza: La mancata acquisizione del parere di regolarità
contabile, ex art. 49 T.U.E.L., non comporta l'illegittimità della delibera,
avendo piuttosto lo scopo di individuare il soggetto che formalmente assume
la responsabilità sul riscontro della regolarità contabile della proposta di
provvedimento (TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 31.05.2011, n. 1385). In tal
senso, ancor più recentemente:
- La giurisprudenza sembra ormai consolidarsi sull'orientamento
secondo cui la mancata acquisizione dei pareri di regolarità tecnica e
contabile non comporta l'invalidità delle deliberazioni della giunta o del
consiglio comunale, ma la loro mera irregolarità, atteso che la disposizione
posta dall'art. 49 del TUEL, ha l'unico scopo di individuare i responsabili
in via amministrativa e contabile delle deliberazioni, ma senza che
l'omissione del parere incida sulla validità delle deliberazioni stesse (TAR
Marche Ancona Sez. I, Sent., 20.08.2015, n. 623; poi: TAR Sardegna Cagliari
Sez. II, Sent., 29.07.2015, n. 968).
- "I pareri, previsti per l'adozione delle deliberazioni
comunali (prima ex art. 53, L. 08.06.1990, n. 142, e poi ex art. 49, D.Lgs.
18.08.2000, n. 256), non costituiscono requisiti di legittimità delle
deliberazioni cui si riferiscono, in quanto sono preordinati
all'individuazione sul piano formale, nei funzionari che li formulano, della
responsabilità eventualmente in solido con i componenti degli organi
politici in via amministrativa e contabile, così che la loro eventuale
mancanza costituisce una mera irregolarità che non incide sulla legittimità
e la validità delle deliberazioni stesse. D'altra parte è appena il caso di
rilevare che la mancanza potrebbe tutt'al più rilevare sotto il profilo
della carenza istruttoria del provvedimento ovvero sulla corretta formazione
della volontà dell'amministrazione" (Cons. Stato Sez. V, 08.04.2014, n.
1663).
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Riferimenti normativi e contrattuali
D.Lgs. 18.08.2000, n. 267, art. 49 - D.L. 10.10.2012, n. 174 - L.
07.12.2012, n. 213
(24.10.2016 - tratto da www.risponde.leggiditalia.it/#doc_week=true). |
ATTI AMMINISTRATIVI - PUBBLICO IMPIEGO: Il
funzionario pubblico con funzioni di responsabile del servizio finanziario
di ente locale, soggetto alla giurisdizione della Corte dei conti, che dia
corso, con la propria sottoscrizione, ad ordinativi di pagamento deve
svolgere un controllo formale e sostanziale sull'ordinativo medesimo.
La norma generale della contabilità pubblica recata
dall’art. 81, comma 3, del R.D. n. 2440/1923 (recante “Nuove disposizioni
sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello
Stato”), applicabile al personale degli enti locali stante il rinvio di cui
all’art. 93 TUEL, dispone, quanto alla responsabilità dei pubblici
funzionari ordinatori di spese e pagamenti, che “Gli ordinatori secondari di
spese pagabili in base a ruoli e ogni altro funzionario ordinatore di spese
e pagamenti, sono personalmente responsabili dell'esattezza della
liquidazione delle spese e dei relativi ordini di pagamento, come pure della
regolarità dei documenti e degli atti presentati dai creditori.”
In questa sede, la responsabilità della convenuta, quale funzionario
pubblico, nella specie con funzioni di responsabile del servizio finanziario
di ente locale, soggetto alla giurisdizione della Corte dei conti, va
valutata alla luce di tale disciplina contabile, che dichiara responsabile
il funzionario che dia corso, con la propria sottoscrizione, ad ordinativi
di pagamento senza la previa verifica della esatta liquidazione e della
documentazione della spesa. Attraverso l'esercizio del potere di firma,
infatti, egli deve svolgere un controllo formale e sostanziale
sull'ordinativo medesimo.
L’art. 185 TUEL definisce ulteriormente i requisiti dell’ordinazione e del
pagamento delle spese, disponendo che: “1. L'ordinazione consiste nella
disposizione impartita, mediante il mandato di pagamento, al tesoriere
dell'ente locale di provvedere al pagamento delle spese.
2. Il mandato di pagamento è sottoscritto dal dipendente dell'ente
individuato dal regolamento di contabilità nel rispetto delle leggi vigenti
e contiene almeno i seguenti elementi: a) il numero progressivo del mandato
per esercizio finanziario; b) la data di emissione; c) l'intervento o il
capitolo per i servizi per conto di terzi sul quale la spesa è allocata e la
relativa disponibilità, distintamente per competenza o residui; d) la
codifica; e) l'indicazione del creditore e, se si tratta di persona diversa,
del soggetto tenuto a rilasciare quietanza, nonché, ove richiesto, il
relativo codice fiscale o la partita IVA; f) l'ammontare della somma dovuta
e la scadenza, qualora sia prevista dalla legge o sia stata concordata con
il creditore; g) la causale e gli estremi dell'atto esecutivo che legittima
l'erogazione della spesa; h) le eventuali modalità agevolative di pagamento
se richieste dal creditore; i) il rispetto degli eventuali vincoli di
destinazione.
3. Il mandato di pagamento è controllato, per quanto attiene alla
sussistenza dell'impegno e della liquidazione, dal servizio finanziario, che
provvede altresì alle operazioni di contabilizzazione e di trasmissione al
tesoriere.”
L’art. 184 TUEL precisa gli obblighi del responsabile del servizio
finanziario come segue: “Il servizio finanziario effettua, secondo i
principi e le procedure di contabilità pubblica, i controlli e i riscontri
amministrativi, contabili e fiscali sugli atti di liquidazione” (comma 4).
Il rispetto delle suddette procedure di spesa è da considerarsi essenziale
ai fini della legalità dell'azione amministrativa, pena la responsabilità
personale del funzionario.
Le procedure di spesa previste dalla legge, oltre che dal regolamento di
contabilità degli enti locali, sono volte ad assicurare il buon fine del
pagamento, cioè che la somma indicata sul mandato sia accreditata al
legittimo beneficiario, e che il pagamento stesso sia inequivocabilmente
ricondotto all'ambito di una determinata procedura di spesa pubblica e
quietanzato come tale.
---------------
2.1. Venendo al merito, va premesso che, la norma generale della contabilità
pubblica recata dall’art.
81, comma 3, del R.D. n. 2440/1923 (recante “Nuove
disposizioni sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilità
generale dello Stato”), applicabile al personale degli enti locali
stante il rinvio di cui all’art.
93 TUEL, dispone, quanto alla responsabilità dei pubblici
funzionari ordinatori di spese e pagamenti, che “Gli ordinatori secondari
di spese pagabili in base a ruoli e ogni altro funzionario ordinatore di
spese e pagamenti, sono personalmente responsabili dell'esattezza della
liquidazione delle spese e dei relativi ordini di pagamento, come pure della
regolarità dei documenti e degli atti presentati dai creditori.”
In questa sede, la responsabilità della convenuta, quale funzionario
pubblico, nella specie con funzioni di responsabile del servizio finanziario
di ente locale, soggetto alla giurisdizione della Corte dei conti, va
valutata alla luce di tale disciplina contabile, che dichiara responsabile
il funzionario che dia corso, con la propria sottoscrizione, ad ordinativi
di pagamento senza la previa verifica della esatta liquidazione e della
documentazione della spesa. Attraverso l'esercizio del potere di firma,
infatti, egli deve svolgere un controllo formale e sostanziale
sull'ordinativo medesimo.
L’art.
185 TUEL definisce ulteriormente i requisiti dell’ordinazione e
del pagamento delle spese, disponendo che: “1. L'ordinazione consiste
nella disposizione impartita, mediante il mandato di pagamento, al tesoriere
dell'ente locale di provvedere al pagamento delle spese.
2. Il mandato di pagamento è sottoscritto dal dipendente dell'ente
individuato dal regolamento di contabilità nel rispetto delle leggi vigenti
e contiene almeno i seguenti elementi: a) il numero progressivo del mandato
per esercizio finanziario; b) la data di emissione; c) l'intervento o il
capitolo per i servizi per conto di terzi sul quale la spesa è allocata e la
relativa disponibilità, distintamente per competenza o residui; d) la
codifica; e) l'indicazione del creditore e, se si tratta di persona diversa,
del soggetto tenuto a rilasciare quietanza, nonché, ove richiesto, il
relativo codice fiscale o la partita IVA; f) l'ammontare della somma dovuta
e la scadenza, qualora sia prevista dalla legge o sia stata concordata con
il creditore; g) la causale e gli estremi dell'atto esecutivo che legittima
l'erogazione della spesa; h) le eventuali modalità agevolative di pagamento
se richieste dal creditore; i) il rispetto degli eventuali vincoli di
destinazione.
3. Il mandato di pagamento è controllato, per quanto attiene alla
sussistenza dell'impegno e della liquidazione, dal servizio finanziario, che
provvede altresì alle operazioni di contabilizzazione e di trasmissione al
tesoriere.”
L’art.
184 TUEL precisa gli obblighi del responsabile del servizio
finanziario come segue: “Il servizio finanziario effettua, secondo i
principi e le procedure di contabilità pubblica, i controlli e i riscontri
amministrativi, contabili e fiscali sugli atti di liquidazione” (comma
4).
Il rispetto delle suddette procedure di spesa è da considerarsi essenziale
ai fini della legalità dell'azione amministrativa, pena la responsabilità
personale del funzionario.
Le procedure di spesa previste dalla legge, oltre che dal regolamento di
contabilità degli enti locali, sono volte ad assicurare il buon fine del
pagamento, cioè che la somma indicata sul mandato sia accreditata al
legittimo beneficiario, e che il pagamento stesso sia inequivocabilmente
ricondotto all'ambito di una determinata procedura di spesa pubblica e
quietanzato come tale (cinquantaduemilatrecentoquarantadue/04) oltre rivalutazione
monetaria dalla scadenza di ogni singolo esercizio cui si riferiscono i
mandati sino alla data di pubblicazione della presente sentenza e interessi
legali da tale data al saldo effettivo (Corte
dei Conti, Sez. giurisdiz. Piemonte,
sentenza 06.09.2016 n. 248). |
ATTI
AMMINISTRATIVI:
Personale degli enti locali. Responsabile Servizio
finanziario e parere sfavorevole di regolarità contabile.
L'Osservatorio per la finanza e la
contabilità degli enti locali ha rilevato come, pur essendo
un atto procedimentale obbligatorio che va inserito nella
deliberazione, il parere di regolarità contabile non è
vincolante, per cui si potrebbe verificare il caso in cui la
Giunta o il Consiglio deliberino in presenza di un parere
sfavorevole, assumendosene tutte le responsabilità.
Il Comune ha chiesto un parere in ordine ad alcune
problematiche derivanti dall'adozione ed esecuzione di un
atto deliberativo giuntale sul quale si era espresso, da
parte del funzionario competente, parere di regolarità
contabile non favorevole.
In particolare, l'Ente si è posto le seguenti questioni
attinenti l'iter della determina di attuazione della
delibera giuntale:
-se il Responsabile del Servizio Finanziario può registrare
l'impegno di spesa (dopo aver espresso parere di regolarità
contabile non favorevole) a valere sul bilancio comunale;
- se il Responsabile di Area competente può procedere con il
pagamento;
- se il Segretario comunale può emettere un ordine di
servizio per dare esecuzione alla determina conseguente
all'adozione dell'atto deliberativo;
- se il Responsabile del Servizio Finanziario può
disattendere l'ordine di servizio e con quali motivazioni.
Sentito il Servizio finanza locale, si esprimono le seguenti
considerazioni.
Com'è noto, l'art. 49, comma 1, del d.lgs. 267/2000, come
novellato dal d.lgs. 174/2012, prevede che su ogni proposta
di deliberazione sottoposta alla Giunta e al Consiglio che
non sia mero atto di indirizzo deve essere richiesto il
parere, in ordine alla sola regolarità tecnica, del
responsabile del servizio interessato e, qualora comporti
riflessi diretti o indiretti sulla situazione
economico-finanziaria o sul patrimonio dell'ente, del
responsabile di ragioneria in ordine alla regolarità
contabile.
Il comma 3 del citato articolo precisa che i soggetti di cui
al comma 1 rispondono in via amministrativa e contabile dei
pareri espressi.
Infine, il successivo comma 4 dispone che, ove la Giunta o
il Consiglio non intendano conformarsi ai pareri previsti
dallo stesso articolo, devono darne adeguata motivazione nel
testo della deliberazione.
La Corte dei conti [1]
ha evidenziato che le modifiche apportate da ultimo dal
legislatore al richiamato articolo 49 del TUEL hanno
certamente ampliato la casistica delle fattispecie in cui è
necessario il parere di regolarità contabile, con la
conseguente assegnazione al responsabile di ragioneria di un
ruolo centrale nella tutela degli equilibri di bilancio
dell'ente. Tale interpretazione è rafforzata
dall'introduzione del comma 4 dell'art. 49 che, ferma
rimanendo la valenza non vincolante del parere, ha
significativamente previsto un onere di motivazione
specifica del provvedimento approvato in difformità dal
parere contrario reso dai responsabili dei servizi.
La Magistratura contabile ha comunque ricordato -nel
predetto contesto- che l'accuratezza dell'istruttoria
tecnica costituisce un elemento da verificare e riscontrare
ai fini del rilascio di parere positivo, sia di regolarità
tecnica che di regolarità contabile. Si è pertanto ritenuto,
anche alla luce dei rafforzati vincoli di salvaguardia degli
equilibri di bilancio, che il responsabile del servizio
interessato avrà l'onere di valutare gli aspetti sostanziali
della deliberazione dai quali possano discendere effetti
economico-patrimoniali per l'ente. Il responsabile di
ragioneria, pur senza assumere una diretta responsabilità in
ordine alla correttezza dei dati utilizzati per le predette
valutazioni, dovrà verificare che il parere di regolarità
tecnica si sia fatto carico di compiere un esame
metodologicamente accurato [2].
Si osserva che l'art. 191, comma 1, del TUEL dispone che gli
enti locali possono effettuare spese solo se sussiste
l'impegno contabile registrato sul competente programma del
bilancio di previsione e l'attestazione della copertura
finanziaria di cui all'articolo 153, comma 5, del medesimo
decreto.
L'Osservatorio per la finanza e la contabilità degli enti
locali [3]
ha rilevato come, pur essendo un atto procedimentale
obbligatorio che va inserito nella deliberazione, il parere
di regolarità contabile non è vincolante, per cui si
potrebbe verificare il caso in cui la Giunta o il Consiglio
deliberino in presenza di un parere sfavorevole,
assumendosene tutte le responsabilità.
Consiglio e Giunta, quindi, approvando comunque la proposta
di deliberazione in presenza di pareri negativi espressi dai
funzionari competenti, si addossano una rilevante
responsabilità, amministrativa e contabile.
Si è inoltre precisato che, nel deliberare in difformità
rispetto al parere di regolarità contabile, la Giunta o il
Consiglio assumono inevitabilmente anche responsabilità
amministrative e contabili che sono proprie della figura del
responsabile del servizio finanziario.
Premesso un tanto, il predetto responsabile deve comunque
portare a termine l'iter esecutivo dell'atto deliberativo,
procedendo all'adozione degli atti conseguenti, tenuto conto
che si tratta di adempimenti attuativi di scelte approvate
dall'amministrazione [4].
Si rammenta che l'art. 153, comma 5, del TUEL dispone che il
regolamento di contabilità disciplina le modalità con le
quali vengono resi i pareri di regolarità contabile sulle
proposte di deliberazione ed apposto il visto di regolarità
contabile sulle determinazioni dei soggetti abilitati. Il
responsabile del servizio finanziario effettua le
attestazioni di copertura della spesa in relazione alle
disponibilità effettive esistenti negli stanziamenti di
spesa e, quando occorre, in relazione allo stato di
realizzazione degli accertamenti di entrata vincolata
secondo quanto previsto dal regolamento di contabilità.
L'art. 183, comma 7, del predetto decreto stabilisce inoltre
che i provvedimenti dei responsabili dei servizi che
comportano impegni di spesa sono trasmessi al responsabile
del servizio finanziario e sono esecutivi con l'apposizione
del visto di regolarità contabile attestante la copertura
finanziaria.
Va considerato che il parere di regolarità contabile
espresso dal responsabile del servizio, secondo la
giurisprudenza contabile prevalente, è un vero e proprio
parere di legittimità del provvedimento di spesa, implicante
la valutazione sulla correttezza sostanziale della spesa.
Esso, pertanto, non si limita alla sola verifica della
copertura finanziaria, della corretta imputazione al
capitolo di spesa, della competenza dell'organo che l'ha
assunta, del rispetto dei principi contabili e della
completezza della documentazione. Il parere di regolarità
contabile, quindi, diventa rilevante anche ai fini della
ricerca e dell'individuazione delle responsabilità per
illeciti amministrativi [5].
L'assenza del visto di regolarità contabile, pur in presenza
dell'attestazione di copertura finanziaria rende l'atto non
esecutivo e conseguentemente nullo o inefficace.
[6]
Per quanto concerne, da ultimo, la possibilità per il
dipendente interessato di disattendere un eventuale ordine
di servizio [7],
che lo solleciti a dare esecuzione ad una determina, si
rappresenta che l'art. 13, comma 3, lett. h., del CCRL del
26.11.2004 impone al dipendente degli enti locali del
comparto unico del pubblico impiego regionale e locale
l'obbligo di eseguire le disposizioni inerenti
all'espletamento delle proprie funzioni o mansioni che gli
siano impartite dai superiori. Se ritiene che l'ordine sia
palesemente illegittimo, il dipendente deve farne
rimostranza a chi l'ha impartito, dichiarandone le ragioni.
Se l'ordine è rinnovato per iscritto, ha il dovere di darvi
esecuzione. Il dipendente non deve, comunque, eseguire
l'ordine quando l'atto sia vietato dalla legge penale o
costituisca illecito amministrativo [8].
Tale principio è stato affermato anche dalla giurisprudenza
amministrativa [9],
che ha statuito che non sussiste un obbligo incondizionato
del pubblico dipendente di eseguire le disposizioni
impartite dai superiori o dagli organi sovraordinati, posto
che il c.d. 'dovere di obbedienza' incontra un limite
nella ragionevole obiezione circa l'illegittimità
dell'ordine ricevuto. Qualora ricorra un'evenienza del
genere, il pubblico impiegato ha tuttavia l'obbligo di fare
una immediata e motivata contestazione a chi ha impartito
l'ordine.
Tuttavia se l'ordine stesso è ribadito per iscritto, il
dipendente non può esimersi dall'eseguirlo, a meno che la
sua esecuzione configuri un'ipotesi di reato o illecito
amministrativo, come specificato dalla norma contrattuale,
che ha limitato quindi ulteriormente tale dovere rispetto
alle originarie previsioni dettate dal d.p.r. 3/1957.
---------------
[1] Cfr. sez. reg. di controllo per le Marche,
deliberazione n. 51/2013/PAR.
[2] Si segnala che già in precedenza la Corte dei conti
(cfr. sez. giurisd. per la Regione siciliana, sentenza n.
1058/2011) aveva rilevato che nel parere di regolarità
contabile è da comprendere, oltre che la verifica
dell'esatta imputazione della spesa al pertinente capitolo
di bilancio ed il riscontro della capienza dello
stanziamento relativo, anche la valutazione sulla
correttezza sostanziale della spesa proposta.
[3] Cfr. parere del 05-06.06.2003.
[4] Cfr. parere ANCI del 15.10.2011.
[5] In 'Natura del parere di regolarità contabile sulle
determine di impegno: è un parere di legittimità Cdc Sent.
n. 1058 del 23/03/2011 - Sez.giurisdiz. per la Regione
Sicilia' di Pino Terracciano, a cui si rinvia per i numerosi
riferimenti giurisprudenziali.
[6] Sentenza Corte dei Conti Sez. Giurisdiz. Per la Regione
Sicilia n. 1337/2012.
[7] L'ordine di servizio è una disposizione impartita da un
dirigente o suo delegato, in esecuzione del potere di
organizzazione che la legge conferisce loro. In linea
generale e ferme restando le disposizioni regolamentari
adottate dall'Ente, si osserva che, a mente di quanto
disposto dall'art. 97 del TUEL, il segretario comunale
sovrintende allo svolgimento delle funzioni dei
dirigenti/titolari di p.o. e ne coordina l'attività. In tale
ottica, il segretario comunale, per raggiungere obiettivi
comuni, ha il potere di indirizzare l'attività dei
dirigenti/titolari di p.o. -con le modalità ritenute
opportune- verso risultati di interesse comune, fornendo
concreto sostegno agli organi elettivi e burocratici (cfr.
Angela Bruno, Il Segretario generale: funzioni,
costituzionalità del sistema dello spoil system,
mantenimento della figura dopo la riforma del titolo V della
Costituzione, in: www.diritto.it.).
[8] Per illecito amministrativo deve intendersi la
violazione di una norma di legge (per condotta attiva od
omissiva) cui consegue la irrogazione di una sanzione
amministrativa pecuniaria (cfr. l. 689/1981, in particolare
gli artt. 1-31 che definiscono i caratteri dell'illecito
amministrativo pecuniario, e anche la disciplina del
procedimento d'irrogazione delle sanzioni amministrative).
[9] Cfr. Cons. di Stato, sez. V, sentenza n. 6208 del 2008
(27.07.2016 -
link a
www.regione.fvg.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI: Si
premette che questo ente si trova in stato di dissesto finanziario
dichiarato nel 2015, che l'ultimo bilancio approvato risale al 2013 e che
non è stata approvata l'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato.
Il responsabile finanziario ha dato parere contrario di copertura
finanziaria al servizio di ricovero dei disabili psichici, motivandolo col
fatto che le entrate accertate non consentono la copertura della spesa ai
sensi dei nuovi principi di finanza armonizzata.
Posto che si tratta di un servizio obbligatorio per espressa previsione di
legge e che la spesa è stata ridotta di oltre il 20% rispetto al 2013 e che
comunque rientra nelle previsioni dell'ultimo bilancio approvato, nel pieno
rispetto dell'art. 250, D.Lgs. 18.08.2000, n. 267, come può la Giunta
Comunale adottare l'atto superando il parere contrario per scongiurare il
formarsi di un debito fuori bilancio?
La risoluzione del quesito in esame impone la focalizzazione di due
importanti e delicati istituti: il parere di regolarità contabile del
Responsabile del servizio finanziario e la gestione del bilancio dopo la
dichiarazione di dissesto finanziario e durante la procedura di risanamento.
Istituti che, nella concreta fattispecie, si intrecciano fra di loro, in
quanto il punto cruciale della vicenda medesima è il seguente: il
Responsabile del servizio finanziario ha dato parere contrario, circa la
regolarità contabile, in merito alla proposta di impegno di spesa correlato
al servizio di ricovero dei disabili psichici, per una chiara ragione:
mancano entrate accertate, idonee a finanziarie la copertura della spesa. A
fronte di tale obiezione, la Giunta evidenzia il fatto che si è in presenza
di un "servizio obbligatorio per legge" e che occorre evitare il formarsi di
un debito fuori bilancio.
Allora, per quanto concerne il parere, occorre ricordare che la nuova
versione dell'art. 49, D.Lgs. 18.08.2000, n. 267 stabilisce quanto
segue: "Su ogni proposta di deliberazione sottoposta alla Giunta e al
Consiglio che non sia mero atto di indirizzo deve essere richiesto il
parere, in ordine alla sola regolarità tecnica, del responsabile del
servizio interessato e, qualora comporti riflessi diretti o indiretti sulla
situazione economico-finanziaria o sul patrimonio dell'ente, del
responsabile di ragioneria in ordine alla regolarità contabile. I pareri
sono inseriti nella deliberazione".
La giurisprudenza contabile è
prontamente intervenuta ad interpretare la novella normativa, precisando che
la fondamentale novità consiste essenzialmente nell'avere sostituito
l'espressione "qualora comporti impegno di spesa o diminuzione di entrata"
con "qualora comporti riflessi diretti o indiretti sulla situazione
economico-finanziaria o sul patrimonio dell'ente" (C. Conti Marche Sez.
contr., Delib., 05.06.2013, n. 51).
La nuova formulazione determina, dunque, un ampliamento dei casi in cui è
necessario il parere di regolarità contabile, con l'assegnazione al
responsabile dell'Area Finanziaria di un ruolo centrale nella tutela degli
equilibri di bilancio dell'ente. Tale interpretazione è rafforzata
dall'introduzione del comma 4°, il quale, ferma restando la valenza non
vincolante del parere, ha significativamente previsto un onere di
motivazione specifica del provvedimento approvato in difformità dal parere
contrario reso dai responsabili dei servizi. Ad avviso della Corte, la nuova
formulazione dell'art. 49 consente di ritenere che nel concetto di "riflessi
diretti" siano ricompresi certamente gli effetti finanziari già descritti
nella disposizione previgente ("impegno di spesa o diminuzione di entrata"),
ma anche le variazioni economico-patrimoniali conseguenti all'attuazione
della deliberazione proposta.
Quindi, appare ben chiaro che l'ambito di valutazione del Responsabile del
servizio finanziario, in sede di formulazione di parere di regolarità
tecnica, è ben ampio. Invero, nella concreta vicenda, il Responsabile ha
fondato il suo negativo parere su di un profilo, già da tempo indiscusso in
legislazione e dottrina: la carenza di copertura finanziaria della spesa
proposta. Tale profilo è ben chiaro e non merita ulteriori approfondimenti,
nel senso che il Responsabile lamenta una carenza primaria: l'insufficienza
delle entrate accertate a garantire la copertura della spesa.
Ora, "caliamo" tali principi nella problematica della gestione del bilancio
dopo la dichiarazione di dissesto finanziario e durante la procedura di
risanamento.
Tale delicata vicenda della "vita" dell'ente locale è espressamente
disciplinata dall'art. 250, D.Lgs. 18.08.2000, n. 267, il quale, al 2°
comma, stabilisce quanto segue: "Per le spese disposte dalla legge e per
quelle relative ai servizi locali indispensabili, nei casi in cui
nell'ultimo bilancio approvato mancano del tutto gli stanziamenti ovvero gli
stessi sono previsti per importi insufficienti, il consiglio o la giunta con
i poteri del primo, salvo ratifica, individua con deliberazione le spese da
finanziare, con gli interventi relativi, motiva nel dettaglio le ragioni per
le quali mancano o sono insufficienti gli stanziamenti nell'ultimo bilancio
approvato e determina le fonti di finanziamento. Sulla base di tali
deliberazioni possono essere assunti gli impegni corrispondenti. Le
deliberazioni, da sottoporre all'esame dell'organo regionale di controllo,
sono notificate al tesoriere".
La disposizione normativa è abbastanza chiara e può essere così
sintetizzata:
a) Se sussistono spese previste come obbligatorie dalla legge o
correlate a servizi indispensabili (come nella concreta fattispecie);
b) e mancano o sono insufficienti i relativi stanziamenti
nell'ultimo bilancio approvato (quello del 2013);
c) la Giunta (con successiva ratifica del Consiglio) deve
individuare la spesa correlata al servizio di ricovero dei disabili
psichici, che intende finanziare;
d) la Giunta deve, poi, indicare le ragioni (motivazione) per le
quali mancano o sono insufficienti gli stanziamenti nell'ultimo bilancio
approvato (quello del 2013);
e) la Giunta deve, soprattutto, "determinare le fonti di
finanziamento", cioè deve individuare le risorse finanziarie idonee a
coprire la prospettata spesa;
f) solo in tal modo, possono essere assunti gli impegni di spesa.
Appare evidente che il punto focale dell'illustrata disposizione normativa
(art. 250, comma 2) è costituito dal punto "e", cioè dalla necessità di
individuare le fonti di finanziamento. Questo è, purtroppo, il vero punto dolens della concreta vicenda. E' vero che il servizio è obbligatorio, è
vero che la Giunta può intervenire; ma, è parimenti vero che la medesima
Giunta, anche al di là del negativo parere del Responsabile, deve
determinare le fonti di finanziamento.
Ora, se il Responsabile, in sede di
parere di regolarità tecnica, afferma che la copertura finanziaria non
sussiste, la Giunta, se intende garantire l'obbligatorio servizio, non può
far altro che, anche fruendo della collaborazione del Responsabile medesimo,
cercare di individuare, reperire nell'ultimo bilancio approvato e sulla base
delle entrate accertate le fonti di finanziamento. Altrimenti, la decisione
di garantire il servizio non potrà che far configurare un debito fuori
bilancio.
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Riferimenti normativi e contrattuali
D.Lgs. 18.08.2000, n. 267, art. 49
- D.Lgs. 18.08.2000, n. 267, art. 250
Riferimenti di giurisprudenza
C. Conti Marche Sez. contr., Delib., 05.06.2013, n. 51
(21.04.2016 - tratto da www.risponde.leggiditalia.it/#doc_week=true). |
ATTI AMMINISTRATIVI: Nel
parere di regolarità contabile è da comprendere, oltre che la verifica
dell'esatta imputazione della spesa al pertinente capitolo di bilancio ed il
riscontro della capienza dello stanziamento relativo, anche la valutazione
sulla correttezza sostanziale della spesa proposta da parte del responsabile
del Servizio finanziario.
Si chiede un approfondimento del concetto di valutazione sulla correttezza
sostanziale della spesa, suffragato dalla dottrina e dalla giurisprudenza.
Il parere di regolarità contabile, fin dal suo sorgere nel lontano 1990, ha
conosciuto attraverso le intervenute modificazioni normative, un chiaro
ampliamento del suo oggetto, significato e funzione. Infatti, il vecchio
art. 53, L. 08.06.1990, n. 142 non definiva l'oggetto, ma si limitava a
prescrivere quanto segue: "Su ogni proposta di deliberazione sottoposta
alla giunta ed al consiglio deve essere richiesto il parere, in ordine alla
sola regolarità tecnica e contabile, rispettivamente del responsabile del
servizio interessato e del responsabile di ragioneria, nonché del segretario
comunale o provinciale sotto il profilo di legittimità. I pareri sono
inseriti nella deliberazione".
Successivamente, con il Testo Unico Enti Locali, cioè con il D.Lgs.
18.08.2000, n. 267, il Legislatore ha provveduto a dettagliare il contenuto
del parere di regolarità contabile, stabilendo, all'art. 49, che: "su
ogni proposta di deliberazione sottoposta alla giunta ed al consiglio che
non sia mero atto di indirizzo deve essere richiesto il parere in ordine
alla sola regolarità tecnica del responsabile del servizio interessato e,
qualora comporti impegno di spesa o diminuzione di entrata, del responsabile
di ragioneria in ordine alla regolarità contabile".
Come si può facilmente desumere, con l'art. 49, il Legislatore ha inteso
collegare l'obbligo di parere ad ogni proposta deliberativa, comportante
effetti diretti sul bilancio dell'ente, o attraverso l'assunzione di un
impegno di spesa o attraverso una diminuzione di entrata. Ora, tale
ampliamento del concetto di parere di regolarità contabile ha conosciuto un
ulteriore sviluppo.
Precisamente, con la riforma dei controlli interni, introdotta dal D.L.
10.10.2012, n. 174, convertito in L. 07.12.2012, n. 213, l'art. 49 è stato
rivisitato, assumendo la seguente veste prescrittiva: "Su ogni proposta
di deliberazione sottoposta alla Giunta e al Consiglio che non sia mero atto
di indirizzo deve essere richiesto il parere, in ordine alla sola regolarità
tecnica, del responsabile del servizio interessato e, qualora comporti
riflessi diretti o indiretti sulla situazione economico-finanziaria o sul
patrimonio dell'ente, del responsabile di ragioneria in ordine alla
regolarità contabile. I pareri sono inseriti nella deliberazione".
La giurisprudenza contabile è prontamente intervenuta ad interpretare la
novella normativa, precisando che la fondamentale novità consiste
essenzialmente nell'avere sostituito l'espressione "qualora comporti
impegno di spesa o diminuzione di entrata" con "qualora comporti
riflessi diretti o indiretti sulla situazione economico-finanziaria o sul
patrimonio dell'ente" (C. Conti Marche Sez. contr., 05.06.2013, n. 51).
La nuova formulazione comporta un ampliamento dei casi in cui è necessario
il parere di regolarità contabile, con l'assegnazione al responsabile
dell'Area Finanziaria di un ruolo centrale nella tutela degli equilibri di
bilancio dell'ente. Tale interpretazione è rafforzata dall'introduzione del
comma 4°, il quale, ferma restando la valenza non vincolante del parere, ha
significativamente previsto un onere di motivazione specifica del
provvedimento approvato in difformità dal parere contrario reso dai
responsabili dei servizi.
Ad avviso della Corte, la nuova formulazione dell'art. 49 consente di
ritenere che nel concetto di "riflessi diretti" siano ricompresi
certamente gli effetti finanziari già descritti nella disposizione
previgente ("impegno di spesa o diminuzione di entrata"), ma anche le
variazioni economico-patrimoniali conseguenti all'attuazione della
deliberazione proposta.
Orbene, anche prima della riforma dei controlli interni, la giurisprudenza
aveva affermato che il parere di regolarità contabile deve dar luogo anche
ad una "valutazione sulla correttezza sostanziale della spesa proposta".
Precisamente, la giurisprudenza contabile è arrivata a tale ampliamento
dell'oggetto del parere di regolarità contabile, ponendosi, primariamente il
problema di definire il concetto di "contabilità pubblica", per poi
individuare il precipuo contenuto del parere di regolarità contabile.
La Corte dei conti, sez. giurisd. Sicilia, sviluppando precedenti arresti
giurisprudenziali anche propri (Sent. n. 1058 del 2011; C. Conti Puglia Sez.
giurisdiz., 01.03.2006, n. 207; Corte conti Toscana, Del. n. 114/2010/PRSE),
nella Sent. 24.04.2012, n. 1337, ha statuito quanto segue: "Ad avviso di
questo collegio, la norma che individua il vero principio fondamentale in
materia, individuando e distinguendo il controllo finanziario relativo nel
nostro caso all'attestazione della copertura finanziaria, da quello
contabile, è l'art. 20, R.D. 12.07.1934, n. 1214 TU Corte dei conti, ove si
prevede:
- La Corte vigila perché le spese non superino le somme stanziate nel
bilancio e queste si applichino alle spese prescritte, perché non si faccia
trasporto di somme non consentite per legge, e perché la liquidazione e il
pagamento delle spese siano conformi alle leggi e ai regolamenti. Tale norma
che si applica all'attività di controllo della Corte dei conti e definisce
il concetto di contabilità pubblica, per la sua ampia definizione, si
configura come riferimento fondamentale per i concetti di regolarità
finanziaria e contabile, tale che, per la sua generalità è estensibile a
qualsiasi organo pubblico che svolga tali funzioni. Nel parere di
"regolarità contabile" infatti, è da comprendere, oltre che la verifica
dell'esatta imputazione della spesa al pertinente capitolo di bilancio ed il
riscontro della capienza dello stanziamento relativo, anche la valutazione
sulla correttezza sostanziale della spesa proposta. Dunque per regolarità
contabile deve intendersi legittimità della spesa, ossia conformità di essa
alle leggi ed ai regolamenti".
Appare ben chiaro l'approdo ermeneutico, cui è pervenuta la giurisprudenza:
il parere di regolarità contabile ricomprende anche i profili di "correttezza
sostanziale" della spesa, cioè la sua conformità alla legge. Tale
asserzione trova la sua chiara conferma nella già indicata riforma dei
controlli interni. Infatti, il modificato art. 147-bis, D.Lgs. 18.08.2000,
n. 267, ha introdotto il nuovo controllo di regolarità amministrativa e
contabile, il quale, nella fase preventiva della formazione dell'atto, deve
estrinsecarsi attraverso il rilascio del parere attestante la regolarità e
la correttezza dell'azione amministrativa.
Quindi, il parere di regolarità contabile assume i chiari connotati di una
valutazione della correttezza dell'azione amministrativa. A sua volta, la
correttezza non può che colorarsi di profili sostanziali, divenendo,
appunto, "correttezza sostanziale". Questa afferisce al rispetto
della legge e dei regolamenti, con un ineludibile esito interpretativo: il
parere di regolarità contabile, anche in ragione della riforma dei controlli
interni, non può che comportare la verifica della correttezza sostanziale
della spesa proposta, cioè manifestarsi come parere preventivo di
legittimità della spesa, volto a garantire la sua conformità alle leggi ed
ai regolamenti.
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Riferimenti normativi e contrattuali
L. 08.06.1990, n. 142, art. 53 - D.Lgs. 18.08.2000, n. 267, art. 49 - D.L.
10.10.2012, n. 174 - L. 07.12.2012, n. 213
Riferimenti di giurisprudenza
C. Conti Marche Sez. contr., 05.06.2013, n. 51 - C. Conti Sicilia Sez.
giurisdiz., Sent., 24.04.2012, n. 1337
(11.03.2016 - tratto da www.risponde.leggiditalia.it/#doc_week=true). |
anno 2015 |
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ATTI AMMINISTRATIVI: L'art.
49 del TUEL stabilisce, tra l'altro, che su ogni proposta di deliberazione
sottoposta alla Giunta e al Consiglio che comporta riflessi indiretti sulla
situazione economico-finanziaria o sul patrimonio dell'ente, deve essere
richiesto il parere del responsabile di ragioneria in ordine alla regolarità
contabile.
Si chiede di chiarire questo concetto anche con esempi concreti.
La ratio dell'art. 49 del TUEL (la cui formulazione era già
contenuta, per quanto interessa, nell'art. 53, L. 08.06.1990 n. 142) è
quella di garantire un vaglio di natura tecnica (obbligatoria) e finanziaria
(eventuale) a tutti i provvedimenti degli organi collegiali al fine di
ridurre i margini per l'adozione di provvedimenti illegittimi (irregolarità
tecnica) o non sorretti da adeguata copertura finanziaria.
La disposizione rappresenta una combinazione, coerente e ragionevole,
dell'autonomia dell'organo politico (titolare del potere decisorio) e del
rispetto del principio di legalità dell'azione amministrativa.
In ossequio al principio di separazione fra tecnica e politica, alla base
del TUEL, la normativa e la giurisprudenza hanno inoltre chiarito che i
dirigenti/funzionari che esprimono il parere rispondono in via
amministrativa e contabile dei pareri espressi (TAR Sardegna Cagliari Sez.
II, 19.05.2006, n. 1022).
In base allo stesso principio i pareri in questione sono obbligatori ma non
vincolati. Infatti il comma 4 dell'art. 49 dispone che "Ove la Giunta o
il Consiglio non intendano conformarsi ai pareri di cui al presente
articolo, devono darne adeguata motivazione nel testo della deliberazione".
In questo caso rispondono in via amministrativa e contabile i membri
dell'organo collegiale che hanno votato a favore della deliberazione
risultata poi illegittima.
L'art. 53, L. 08.06.1990 n. 142 disponeva "Su ogni proposta di
deliberazione sottoposta alla giunta ed al consiglio...deve essere richiesto
il parere in ordine alla sola regolarità tecnica del responsabile del
servizio interessato e, qualora comporti impegno di spesa o diminuzione di
entrata, del responsabile di ragioneria in ordine alla regolarità contabile".
La nuova formulazione dell'art. 49, come modificato dall'art. 3, comma 1,
lett. b), D.L. 10.10.2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla L.
07.12.2012, n. 213, non richiama più i concetti di "impegno di spesa"
o "diminuzione di entrata" (cioè la causa) ma fa esclusivo
riferimento agli "effetti" del provvedimento.
Quanto agli effetti "diretti" si può ritenere che essi coincidano con
il precedente riferimento all'impegno di spesa o alla diminuzione di
entrata.
Sugli effetti indiretti manca una ulteriore precisazione normativa e
pertanto si dovrà fare riferimento ai principi generali ed alla logica.
Ad avviso di chi scrive il legislatore ha inteso delineare un concetto "ampio"
di effetti delle delibere degli organi collegiali al fine di contrastare un
fenomeno, diffuso nella prassi amministrativa, di adozione di deliberazioni
di indirizzo politico che, direttamente, non comportano effetti sulle
finanze o sul patrimonio dell'ente, ma che, una volta attuate, possono avere
una rilevanza (anche significativa) sul bilancio.
Alcuni casi possono essere:
- delibere di accettazione di donazioni (di beni mobili o immobili)
- delibere di acquisizione gratuita di beni immobili al patrimonio
dell'ente (in conseguenza di abusi edilizi)
- delibere di concessione gratuita del patrocinio ad iniziative che
si svolgono sul territorio da cui seguono necessarie attività di intervento
dell'Ente (maggiore sorveglianza della Polizia Locale, provvedimenti sulla
circolazione stradale, pulizia delle aree ecc...)
- delibere di approvazione di disposizioni normative (regolamenti,
disciplinari ecc...) che comportano un facere per l'amministrazione.
In definitiva il compito dell'organo politico (anche tramite il supporto del
Segretario) dovrà essere quello di verificare attentamente (pena
l'illegittimità del provvedimento) se la delibera di indirizzo o di
approvazione di disposizioni normative che non producono effetti finanziari
diretti, possano essere la causa diretta immediata o mediata di effetti
finanziari (indiretti).
Nel dubbio si dovrà comunque propendere per l'acquisizione del parere di
regolarità contabile.
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Riferimenti normativi e contrattuali
L. 08.06.1990 n. 142, art. 53 -
D.Lgs. 18.08.2000 n. 267, art. 49 - D.L. 10.10.2012, n. 174, art. 3
Riferimenti di giurisprudenza
Cass. Pen. Sez. III Sentenza, 29.01.2013, n. 13746 - TAR Sardegna Cagliari
Sez. II, 19.05.2006, n. 1022
(01.10.2015 - tratto da www.risponde.leggiditalia.it/#doc_week=true). |
ATTI AMMINISTRATIVI: L'art.
49 del TUEL stabilisce, tra l'altro, che su ogni proposta di deliberazione
sottoposta alla Giunta e al Consiglio che non sia mero atto di indirizzo,
deve essere richiesto il parere del responsabile di ragioneria in ordine
alla regolarità contabile.
Si chiede di chiarire questo concetto anche con esempi concreti.
La ratio dell'art. 49 del TUEL (la cui formulazione era già contenuta, per
quanto interessa, nell'art. 53, L. 08.06.1990 n. 142) è quella di garantire
un vaglio di natura tecnica (obbligatoria) e finanziaria (eventuale) a tutti
i provvedimenti degli organi collegiali al fine di ridurre i margini per
l'adozione di provvedimenti illegittimi (irregolarità tecnica) o non
sorretti da adeguata copertura finanziaria.
La disposizione rappresenta una combinazione, coerente e ragionevole,
dell'autonomia dell'organo politico (titolare del potere decisorio) e del
rispetto del principio di legalità dell'azione amministrativa.
In ossequio al principio di separazione fra tecnica e politica, alla base
del TUEL, la normativa e la giurisprudenza hanno inoltre chiarito che i
dirigenti/funzionari che esprimono il parere rispondono in via
amministrativa e contabile dei pareri espressi (TAR Sardegna Cagliari Sez.
II, 19.05.2006, n. 1022).
In base allo stesso principio i pareri in questione sono obbligatori ma non
vincolati. Infatti il comma 4 dell'art. 49 dispone che "Ove la Giunta o
il Consiglio non intendano conformarsi ai pareri di cui al presente
articolo, devono darne adeguata motivazione nel testo della deliberazione".
In questo caso rispondono in via amministrativa e contabile i membri
dell'organo collegiale che hanno votato a favore della deliberazione
risultata poi illegittima.
Ciò premesso appare dunque conseguente a tale impostazione il principio per
il quale, qualora la delibera abbia un contenuto che prescinde da profili
tecnici (in senso stretto) e non abbia riflessi diretti o indiretti di
natura finanziaria, non sussiste alcun margine per l'espressione del parere
da parte dei dirigenti/funzionari.
Pertanto il legislatore ha previsto che gli atti amministrativi che
costituiscono "mero atto di indirizzo" non sono soggetti ai citati
pareri.
Sul punto manca una casistica ufficiale o una casistica elaborata dalla
giurisprudenza salve rare pronunce fra cui quella che si riporta "La
ricapitalizzazione di una società partecipata incorsa in perdite reiterate è
comunque un atto a carattere discrezionale per l'ente partecipante. Come
tale, la relativa deliberazione deve essere adeguatamente motivata in
relazione alla prevalenza dei benefici sui correlativi costi e, non
rappresentando un mero atto di indirizzo, anche corredata dei pareri
obbligatori dei responsabili del servizio interessato e di quello
finanziario" (C. Conti Lombardia Sez. contr. Delibera, 05.03.2014, n.
96).
Da questa pronuncia si può ricavare il principio per il quale il mero atto
di indirizzo non coincide con gli atti "ampiamente discrezionali".
L'ampia discrezionalità non esclude il ricorso a criteri e meccanismi
tecnici di valutazione (nel caso indicato di natura economico-finanziaria).
Altro passaggio interessante è quello di questa sentenza "In quanto tale,
il parere di regolarità tecnica va acquisito anche sulla proposta di
delibera inerente la revoca del Presidente del Consiglio Comunale, in quanto
i presupposti di tale provvedimento sono rigorosamente disciplinati dalla
norma ed attengono esclusivamente alla violazione dei doveri di imparzialità
e degli altri doveri istituzionali connessi alla carica e pertanto la loro
sussistenza può essere valutata dal funzionario responsabile del
procedimento, anche a garanzia della trasparenza e della correttezza
dell'azione amministrativa a tutela degli stessi consiglieri comunali"
(TAR Sicilia Catania Sez. I Sent., 03.05.2007, n. 759).
Anche in questo caso si ritiene doverosa l'acquisizione del parere di
regolarità tecnica pur a fronte di un atto "politico" quale è la
revoca del Presidente del Consiglio Comunale, proprio per la presenza di
elementi normativi vincolanti a cui dover fare riferimento.
Alla luce di questa (scarna) casistica, e per esclusione, si può ritenere
che:
- la regola stabilita dal legislatore rimane quella dell'obbligo di
acquisizione del parere di regolarità
- in caso di dubbio si dovrà pertanto provvedere alla sua
acquisizione pena l'illegittimità del provvedimento (secondo la tesi
maggioritaria: TAR Campania, Napoli, Sez. I, 13.05.2004, n. 8718; Cons.
Stato, Sez. V, 15.02.2000, n. 808; TAR Lombardia, Milano, Sez. II,
09.01.1995, n. 26)
- per atto di mero indirizzo deve intendersi una manifestazione di
volontà politica, non vincolata da norme di settore (di natura tecnica o
finanziaria) né vincolante sull'azione successiva dell'apparato
amministrativo con il quale l'organo collegiale esprime la propria
valutazione in merito a determinati argomenti, problematiche o eventi.
La prassi mette in luce, spesso, un "abuso" nell'utilizzo degli atti
di mero indirizzo, spesso utilizzati per dare "direttive" o veri e
propri "ordini" a uffici o singoli dipendenti circa l'adozione di
conseguenti provvedimenti amministrativi. In questo caso non si tratta di
meri atti di indirizzo, ma di una invasione di competenze (spesso richiesta
da dirigenti e funzionari per "dare copertura" a decisioni difficili)
a discapito del citato principio di separazione.
Tali atti, che violano il principio di separazione fra tecnica e politica,
non solo non trovano fondamento nell'art. 49, ma appaiono addirittura ex
se illegittimi (o potenzialmente "disapplicabili").
---------------
Riferimenti normativi e contrattuali
L. 08.06.1990 n. 142, art. 53 - D.Lgs. 18.08.2000 n. 267, art. 49 - D.L.
10.10.2012, n. 174, art. 3
Riferimenti di giurisprudenza
Cass. Pen. Sez. III Sentenza, 29.01.2013, n. 13746 - C. Conti Lombardia Sez.
contr. Delibera, 05.03.2014, n. 96 - Cons. Stato, Sez. V, 15.02.2000, n. 808
- TAR Sicilia Catania Sez. I Sent., 03.05.2007, n. 759 - TAR Sardegna
Cagliari Sez. II, 19.05.2006, n. 1022 - TAR Campania, Napoli, Sez. I,
13.05.2004, n. 8718 - TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 09.01.1995, n. 26
(01.10.2015 - tratto da www.risponde.leggiditalia.it/#doc_week=true). |
ATTI AMMINISTRATIVI: La
giurisprudenza sembra ormai consolidarsi sull’orientamento
secondo cui la mancata acquisizione dei pareri di regolarità
tecnica e contabile non comporta l'invalidità delle
deliberazioni della giunta o del consiglio comunale, ma la
loro mera irregolarità, atteso che la disposizione posta
dall'art. 49 del TUEL, ha l'unico scopo di individuare i
responsabili in via amministrativa e contabile delle
deliberazioni, ma senza che l'omissione del parere incida
sulla validità delle deliberazioni stesse.
4. Con il terzo motivo viene dedotta violazione dell’art. 49
del D.Lgs. n. 267/2000, poiché nella delibera di Consiglio
n. 42/2014 mancano i pareri di regolarità tecnica e
dell’Ufficio Urbanistica. Tale carenza comporta non solo
vizio del procedimento ma anche difetto istruttorio. Viene
inoltre dedotta violazione dell’art. 41 del Regolamento del
Consiglio Comunale, stante il mancato rispetto del termine
di 48 ore per porre a disposizione dei consiglieri tutta la
documentazione riguardante la proposta di deliberazione.
4.1 Anche tali censure vanno disattese.
4.2 Riguardo al primo profilo va osservato che, dopo un
primo orientamento conforme alla prospettazione di parte
ricorrente (cfr. ad es. TAR Piemonte, Sez. I, 12.10.2005 n.
2902), la giurisprudenza successiva sembra ormai
consolidarsi sull’orientamento contrario, secondo cui la
mancata acquisizione dei pareri di regolarità tecnica e
contabile non comporta l'invalidità delle deliberazioni
della giunta o del consiglio comunale, ma la loro mera
irregolarità, atteso che la disposizione posta dall'art. 49
del TUEL, ha l'unico scopo di individuare i responsabili in
via amministrativa e contabile delle deliberazioni, ma senza
che l'omissione del parere incida sulla validità delle
deliberazioni stesse (cfr. tra le ultime, Cons. Stato, Sez.
IV, 26.01.2012 n. 351; id. Sez. V, 21.08.2009 n. 5012; TAR
Liguria, Sez. I, 26.02.2014 n. 350; TAR Campania, Salerno,
Sez. II, 19.01.2012 n. 55; TAR Campania, Napoli, Sez. VII,
08.04.2011 n. 2002; TAR Calabria, Catanzaro, Sez. I, 25.03.2011
n. 401; TAR Lazio, Latina, Sez. I, 15.01.2008 n. 41).
Anche la giurisprudenza tributaria si è pronunciata nel
medesimo senso (cfr. Cass. Civile, Sez. Trib. 12.08.2004 n.
15639).
L’odierno Collegio non intravede quindi ragioni per
discostarsi da tale orientamento
(TAR Marche,
sentenza 20.08.2015 n. 623 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI: I
pareri di regolarità contabile previsti per l’adozione delle
delibere comunali prima dall’art. 53 della legge 08.06.1990
n. 142 e poi dall’art. 49 del T.U. 18.08.2000 n. 267 non
costituiscono requisiti di legittimità di queste ultime, in
quanto sono preordinati all’individuazione sul piano
formale, nei funzionari che li formulano, della
responsabilità eventualmente in solido con i componenti
degli organi politici in via amministrativa e contabile,
così che la loro eventuale mancanza –e anche il discostarsi
dal loro contenuto– costituisce una mera irregolarità che
non incide sulla legittimità e la validità delle
deliberazioni stesse.
Con il 12° motivo la ricorrente censura il fatto che il
Consiglio comunale avrebbe immotivatamente disatteso le
considerazioni del dirigente del servizio bilancio nel
parere reso da quest’ultimo.
L’argomento è palesemente contraddetto dalla consolidata
giurisprudenza amministrativa, per la quale i pareri di
regolarità contabile previsti per l’adozione delle delibere
comunali prima dall’art. 53 della legge 08.06.1990 n. 142 e
poi dall’art. 49 del T.U. 18.08.2000 n. 267 non
costituiscono requisiti di legittimità di queste ultime, in
quanto sono preordinati all’individuazione sul piano
formale, nei funzionari che li formulano, della
responsabilità eventualmente in solido con i componenti
degli organi politici in via amministrativa e contabile,
così che la loro eventuale mancanza –e anche il discostarsi
dal loro contenuto– costituisce una mera irregolarità che
non incide sulla legittimità e la validità delle
deliberazioni stesse (per tutte: Cons. Stato Se. V, n. 1663
dell’08.04.2014)
(TAR Sardegna, Sez. II,
sentenza 29.07.2015 n. 968 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Pareri negativi di regolarità tecnica e contabile.
Conseguenze.
Se la Giunta o il Consiglio deliberano
pur in presenza di un parere di regolarità tecnica e
contabile con esito negativo, devono indicare nella
deliberazione i motivi della scelta della quale assumono
tutta la responsabilità.
Il Comune chiede di conoscere un parere in merito a quali
conseguenze si verificano, in capo ai responsabili dei
servizi, in caso di emissione, da parte loro, di pareri di
regolarità tecnica e contabile sfavorevoli.
Più in particolare, riferisce che il consiglio comunale ha
approvato lo schema di convenzione tra il Comune e una
Jus-Comunella 'volta alla gestione di beni immobili
contesi finalizzata alla messa in sicurezza ed
all'attuazione di interventi di manutenzione straordinaria
ed ordinaria'; la relativa deliberazione reca i pareri
sfavorevoli di regolarità tecnica e contabile.
Atteso che alla convenzione già stipulata, consistente in
una sorta di 'convenzione quadro', devono fare
seguito ulteriori convenzioni attuative della stessa, in
relazione ai singoli immobili, l'Ente desidera sapere se sui
pareri di regolarità tecnica e contabile, che devono essere
rilasciati in relazione alle proposte di deliberazione di
approvazione degli schemi di convenzione attuativa, si
rifletta il contenuto negativo dei pareri precedentemente
espressi, anche in relazione all'eventuale responsabilità
che verrebbe a gravare sui responsabili dei servizi deputati
al loro rilascio.
In subordine, con riferimento alla questione concernente il
riparto di competenze tra gli organi comunali, l'Ente chiede
se le deliberazioni con cui si devono approvare gli schemi
di convenzione attuativa siano di competenza del consiglio
comunale o della giunta.
Sentito il Servizio finanza locale, si esprimono le seguenti
considerazioni.
L'articolo 49 del decreto legislativo 18.08.2000, n. 267 (TUEL),
al comma 1, prevede che: 'Su ogni proposta di
deliberazione sottoposta alla Giunta e al Consiglio che non
sia mero atto di indirizzo deve essere richiesto il parere,
in ordine alla sola regolarità tecnica, del responsabile del
servizio interessato e, qualora comporti riflessi diretti o
indiretti sulla situazione economico-finanziaria o sul
patrimonio dell'ente, del responsabile di ragioneria in
ordine alla regolarità contabile. I pareri sono inseriti
nella deliberazione'.
Il comma 4 del medesimo articolo dispone, poi, che: 'Ove
la Giunta o il Consiglio non intendano conformarsi ai pareri
di cui al presente articolo, devono darne adeguata
motivazione nel testo della deliberazione'.
[1]
Infine, si consideri il disposto di cui al comma 3
dell'articolo 49 TUEL, ai sensi del quale il responsabile
del servizio interessato e/o quello di ragioneria 'rispondono
in via amministrativa e contabile dei pareri espressi'.
La norma, ponendo delle specifiche responsabilità in capo ai
responsabili dei servizi interessati per l'attività svolta,
presuppone che la stessa sia ad essi imputabile, nel senso
che il contenuto dei pareri, favorevole o contrario che esso
sia, deve basarsi su motivazioni tecnico/contabili a
prescindere dalle valutazioni politiche.
Con riferimento specifico al parere di regolarità contabile,
l'Osservatorio per la finanza e la contabilità degli enti
locali, istituito presso il Ministero dell'Interno,
nell'adottare i principi contabili degli enti locali,
[2] ha
stabilito che 'Il parere di regolarità contabile è
obbligatorio e può essere favorevole o non favorevole; in
quest'ultimo caso deve essere indicata una idonea
motivazione. Se la Giunta o il Consiglio deliberano pur in
presenza di un parere di regolarità contabile con esito
negativo, devono indicare nella deliberazione i motivi della
scelta della quale assumono tutta la responsabilità'.
[3] [4]
Con riferimento al caso di specie, in relazione alle
proposte di deliberazione di approvazione degli schemi di
convenzione attuativa, si ritiene che i responsabili degli
uffici dovranno esprimere il proprio parere di regolarità,
il contenuto del quale pare non debba essere in ogni caso
condizionato da quello espresso in precedenza. Non può
escludersi, infatti, l'ipotesi che il contenuto di una
singola convenzione attuativa sia tale da far ritenere
superate le ragioni che avevano portato all'espressione di
pareri sfavorevoli in relazione alla cd 'convenzione
madre'.
Tuttavia, si ritiene che, nell'invarianza delle condizioni
che avevano condotto all'emanazione di un parere
sfavorevole, quest'ultimo dovrà essere ripetuto anche in
occasione delle successive proposte di deliberazione.
Quanto alla responsabilità eventualmente gravante sui
responsabili degli uffici tenuti ad esprimere i pareri, si
ribadisce quanto sopra già affermato secondo cui se l'organo
politico delibera in presenza di un parere sfavorevole, sarà
lo stesso ad assumersene tutte le responsabilità.
[5]
Passando a trattare della seconda questione posta, inerente
l'individuazione dell'organo competente all'approvazione
dello schema delle convenzioni attuative, si osserva che
l'articolo 48, comma 2, del D.Lgs. 267/2000 stabilisce che 'la
giunta compie tutti gli atti rientranti ai sensi
dell'articolo 107, commi 1 e 2, nelle funzioni degli organi
di governo, che non siano riservati dalla legge al consiglio
[...]'.
Trattandosi di convenzioni attuative di decisioni
precedentemente assunte dall'organo consiliare, quale organo
di indirizzo e di controllo politico-amministrativo, si
ritiene che, in via generale, le stesse possano essere
adottate dall'organo giuntale. Tuttavia non può escludersi,
atteso il variegato contenuto delle stesse, che si debbano
assumere deliberazioni afferenti l'approvazione di
convenzioni attuative i cui contenuti potrebbero rientrare
in determinate voci di cui all'articolo 42 TUEL, con
conseguente competenza del consiglio comunale alla loro
assunzione.
---------------
[1] Si segnala che l'articolo citato è stato così
sostituito dall'articolo 3, comma 1, lett. b), del D.L.
10.10.2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla
legge 07.12.2012, n. 213. In particolare, per ciò che rileva
in questa sede, si osserva che la novella ha inserito il
comma 4, non presente nella versione originaria
dell'articolo 49 TUEL.
[2] 'Finalità e postulati dei principi contabili degli enti
locali', Testo approvato dall'Osservatorio il 12.03.2008.
[3] Si tratta del punto 73 del Principio contabile n 2.
[4] Al riguardo si riportano le considerazioni di certa
dottrina (L. Oliveri, 'I pareri contrari non si riverberano
solo sugli organi di governo politico - Delibere,
responsabilità a 360 gradi', in Italia Oggi, del 22.03.2013,
pag. 34) la quale ha rilevato come: 'L'articolo 49 citato
non lo afferma espressamente, ma dovrebbe risultare chiaro
che le controdeduzioni di giunta e consiglio dovrebbero
essere simmetriche a quelle dei pareri e, dunque, riguardare
gli aspetti tecnici e contabili. È facile, tuttavia,
immaginare che organi politico-amministrativi cadano nella
tentazione di esprimere il loro diverso avviso rispetto ai
pareri, basandosi su ragioni non tecniche ma «politiche» di
opportunità'.
[5] In questo senso si veda il parere dell'Osservatorio per
la finanza e la contabilità degli enti locali, del
05-06.06.2003, il quale, benché risalente a data antecedente
la nuova formulazione dell'articolo 49 TUEL, afferma che 'il
parere è obbligatorio e può essere favorevole o non
favorevole; in quest'ultimo caso deve essere indicata anche
una idonea motivazione. Tuttavia, pur essendo un atto
procedimentale obbligatorio che va inserito nella
deliberazione, il parere di regolarità contabile non è
vincolante, per cui si potrebbe verificare il caso in cui la
Giunta o il Consiglio deliberino in presenza di un parere
sfavorevole, assumendosene tutte le responsabilità. Così si
è espresso anche il Consiglio di Stato, Sezione Quinta, con
sentenza n. 680 del 25.05.1998'
(09.06.2015 -
link a
www.regione.fvg.it). |
anno 2014 |
|
ATTI AMMINISTRATIVI: L'art.
49 del TUEL recante "Pareri dei responsabili dei servizi", concerne i pareri
di regolarità tecnica e contabile sulle proposte di deliberazione della
Giunta e del Consiglio.
Al riguardo si chiede un approfondimento, supportato anche dalla
giurisprudenza, circa i concetti di "mero atto di indirizzo" e "riflessi
indiretti sulla situazione economico-finanziaria o sul patrimonio
dell'ente".
L'art. 49, comma 1, D.Lgs. 18.08.2000, n. 267, prima delle modifiche
apportate dall'art. 3, comma 1, lett. b), D.L. 10.10.2012, n. 174,
convertito con L. 07.12.2012, n. 213 stabiliva che "Su ogni proposta di
deliberazione sottoposta alla giunta ed al consiglio che non sia mero atto
di indirizzo deve essere richiesto il parere in ordine alla sola regolarità
tecnica del responsabile del servizio interessato e, qualora comporti
impegno di spesa o diminuzione di entrata, del responsabile di ragioneria in
ordine alla regolarità contabile. I pareri sono inseriti nella deliberazione".
Per effetto del D.L. 10.10.2012, n. 174, la versione attuale dell'art. 49,
comma 1, D.Lgs. 18.08.2000, n. 267 recita come segue: "Su ogni proposta
di deliberazione sottoposta alla Giunta e al Consiglio che non sia mero atto
di indirizzo deve essere richiesto il parere, in ordine alla sola regolarità
tecnica, del responsabile del servizio interessato e, qualora comporti
riflessi diretti o indiretti sulla situazione economico-finanziaria o sul
patrimonio dell'ente, del responsabile di ragioneria in ordine alla
regolarità contabile. I pareri sono inseriti nella deliberazione".
Evidente che le modifiche riguardano esclusivamente i presupposti
dell'obbligatorietà del parere del responsabile di ragioneria in ordine alla
regolarità contabile, avendo la novella sostituito l'espressione "impegno
di spesa o diminuzione di entrata" con il riferimento ai "riflessi
diretti o indiretti sulla situazione economico-finanziaria o sul patrimonio
dell'ente".
Ai fini dell'interpretazione della norma de qua, può essere utile
richiamare Corte dei Conti, Sezione Regionale di Controllo per le Marche,
parere 05.06.2013 n. 51.
In merito al concetto di "mero atto di indirizzo", la Deliberazione
richiama alcune precedenti pronunce del giudice amministrativo. In
particolare, si segnalano:
1) TAR Campania, Salerno, Sez. II, 12.04.2005, n. 531, secondo cui
la categoria degli atti di mero indirizzo ricomprende "gli atti che,
senza condizionare direttamente la gestione di una concreta vicenda
amministrativa, impartiscono agli organi all'uopo competenti le direttive
necessarie per orientare l'esercizio delle funzioni ad essi attribuite in
vista del raggiungimento di obiettivi predefiniti";
2) TAR Piemonte, Torino, Sez. II, 14.03.2013, n. 326 che ha
qualificato mero atto di indirizzo una delibera in cui venivano compiute
scelte di programmazione della futura attività a fronte della drastica
riduzione delle risorse economiche sofferte dall'ente interessato, scelte
che peraltro necessitavano ulteriori atti di attuazione e di recepimento,
anche se di natura vincolata, da parte di altri organi e dirigenti dell'ente
stesso;
3) Cons. Stato Sez. VI, 10.10.2006, n. 6014 che ha escluso, nel
caso di specie, la qualificazione di un atto come atto di mero indirizzo
sulla base della motivazione che segue: "Peraltro, neppure si può parlare
di atto di indirizzo politico, che potrebbe consistere, nel caso, nella
manifestazione di una volontà tesa a porre obiettivi per l'attività di
livello normativo spettante ad organi comunali, perché il contenuto
dell'atto non pare in alcun modo correlabile con la prefissione di
obiettivi, in qualche modo dotati di astrattezza e generalità, per una
presunta e non identificabile attività normativa dell'organo consiliare o
della Giunta. Assorbente al riguardo è il rilievo che il contenuto dell'atto
consiste nella pretesa e conclamata volontà di tutelare un interesse
pubblico specifico con riferimento ad un caso concreto, con un'integrale
corrispondenza alla tipologia dell'atto amministrativo provvedimentale".
In merito alla seconda questione, relativa all'espressione "riflessi
indiretti sulla situazione economico-finanziaria o sul patrimonio dell'ente",
la Deliberazione ha evidenziato che "non vi è dubbio che questa possa
ingenerare problemi applicativi, sotto il profilo della estensione del
rapporto "causa-effetto" astrattamente ipotizzabile tra il contenuto della
proposta di deliberazione sottoposta a parere e la situazione
economico-finanziaria o patrimoniale dell'ente. Il criterio interpretativo
deve pertanto essere incentrato sulla probabilità che certe conseguenze si
verifichino nell'esercizio finanziario in corso o nel periodo considerato
dal bilancio pluriennale. Ulteriore criterio utile a definire l'ambito di
applicazione della norma è il vincolo del rispetto dell'equilibrio del
bilancio, oggi costituzionalizzato nel novellato art. 119, comma 1, Cost.
(in vigore dal 2014)" (sottolineatura aggiunta).
---------------
Riferimenti normativi e contrattuali
D.Lgs. 18.08.2000, n. 267, art. 49
Riferimenti di giurisprudenza
C. Conti Marche Sez. contr., Delib., 05.06.2013, n. 51 - Cons. Stato Sez.
VI, 10.10.2006, n. 6014 - TAR Piemonte, Torino, Sez. II, 14.03.2013, n. 326
- TAR Campania, Salerno, Sez. II, 12.04.2005, n. 531
(08.10.2014 - tratto da www.risponde.leggiditalia.it/#doc_week=true). |
ATTI
AMMINISTRATIVI:
I pareri (che l’art. 49 TUEL richiede espressamente
per l’adozione delle deliberazioni comunali che non siano
<mero atto di indirizzo>) non costituiscono requisiti di
legittimità delle deliberazioni cui si riferiscono, in
quanto sono preordinati all’individuazione sul piano
formale, nei funzionari che li formulano, della
responsabilità eventualmente in solido con i componenti
degli organi politici in via amministrativa e contabile,
così che la loro eventuale mancanza costituisce una mera
irregolarità che non incide sulla legittimità e la validità
delle deliberazioni stesse.
Analogo indirizzo è stato seguito, in particolare, nel caso
di mancata acquisizione del parere contabile sugli atti
programmatori, la cui omissione non incide sulla validità
della deliberazione stessa, rappresentando al più una mera
irregolarità.
Chiarito il perimetro e la funzione dei pareri di regolarità
tecnica e contabile nel contesto dell’attività deliberativa
degli organi di indirizzo politico e di governo dell’Ente,
ne consegue che il mancato rilascio dei pareri prescritti
dall’art 49 del TUEL non avrebbe riflessi, comunque, sul
piano della legittimità della delibera.
---------------
Sono inammissibili i quesiti sulla modalità che deve essere
prevista e rispettata nelle deliberazioni aventi carattere
politico-programmatorio e sulle conseguenze giuridiche cui è
esposta l’Amministrazione nel caso in cui le delibere di
Giunta o di Consiglio non esplicitino i motivi di immediata
eseguibilità, in quanto, da un lato, nel regolare
l’attività deliberativa degli organi dell’Ente, essi
attengono a questioni che non sono finalizzate alla sana
gestione finanziaria dell’Ente, né al mantenimento degli
equilibri di bilancio, dall’altro, implicano
valutazioni sulle conseguenze di una non corretta
applicazione delle norme di legge in materia, che potrebbero
formare oggetto di eventuali iniziative dinanzi a questo o
ad altro plesso giudiziario.
---------------
1. Con la nota in epigrafe il Sindaco del Comune di
Montalbano Jonico espone quanto segue.
1.1 L’Amministrazione comunale ha manifestato la volontà di
portare a compimento, nell’interesse della collettività
amministrata, una serie di lavori pubblici. A tale scopo ha
conferito al Responsabile di Posizione Organizzativa
dell’Area tecnica l’incarico di predisporre, in base a
obiettivi strategici prefissati, una Piano di lavoro o <Piano
degli Obiettivi strategici> da far realizzare al
personale tecnico in servizio presso la struttura comunale.
Il predetto responsabile, in esecuzione dell’incarico, ha
predisposto il piano indicando il personale da utilizzare, i
tempi, gli adempimenti da effettuare per la realizzazione
degli obiettivi prestabiliti e la presumibile spesa
occorrente.
1.2 Per avviare l’iter amministrativo e tecnico,
l’Amministrazione è intenzionata a far proprio, sotto il
profilo politico e programmatico, il <Piano degli
Obiettivi strategici> come sopra predisposto, prendendo
preliminarmente atto dello stesso e successivamente ponendo
in essere le fasi procedimentali con l’adozione degli atti
presupposti e autorizzativi per la copertura della spesa
prevista.
1.3 A tal proposito, l’Amministrazione pone i seguenti
quesiti:
a) se la delibera di Giunta di semplice “presa d’atto”,
avendo natura politico-programmatoria e non già
provvedimentale di approvazione del <Piano>, e
neppure di impegno della relativa spesa, richieda
l’acquisizione dei pareri di regolarità tecnica e contabile
di cui all’art. 49, comma 1, del TUEL;
b) posto che per la dichiarazione di immediata eseguibilità
di una delibera di Giunta o di Consiglio occorre indicare,
anche sinteticamente, i motivi contingenti a corredo della
qualificazione del livello di necessità e di urgenza
attribuito dall’organo deliberante e attesi i presupposti
richiesti dall’art. 134, comma 4, del TUEL, si chiede: se
tale modalità deve essere anche prevista e rispettata nelle
deliberazioni aventi carattere politico-programmatorio, di
cui al precedente punto; a quali conseguenze giuridiche è
esposta l’Amministrazione nel caso in cui le delibere di
Giunta o di Consiglio non esplicitino i motivi di immediata
eseguibilità;
c) se per il finanziamento della spesa necessaria per
attivare il <Piano> in argomento è possibile
utilizzare economie di bilancio non vincolate e rivenienti
da spese per il personale non sostenute, in aggiunta alle
risorse dell’art. 14, CCNL 01.04.1999 per la retribuzione di
lavoro svolto al di fuori del normale orario di servizio.
...
... sono ammissibili i quesiti subb. a) e c), in quanto
miranti a ottenere chiarimenti in ordine ad aspetti
dell’azione amministrativa preordinati al corretto utilizzo
delle risorse pubbliche, mentre il quesito sub. b) è da
dichiararsi inammissibile in quanto, da un lato, nel
regolare l’attività deliberativa degli organi dell’Ente,
attiene a questioni che non sono finalizzate alla sana
gestione finanziaria dell’Ente, né al mantenimento degli
equilibri di bilancio, dall’altro, implica
valutazioni sulle conseguenze di una non corretta
applicazione delle norme di legge in materia, che potrebbero
formare oggetto di eventuali iniziative dinanzi a questo o
ad altro plesso giudiziario.
...
4. L’art. 49 del TUEL, come modificato dall’art. 3 del D.L.
n. 174/2012, prescrive che “Su ogni proposta di
deliberazione sottoposta alla Giunta e al Consiglio che non
sia mero atto di indirizzo deve essere richiesto il parere,
in ordine alla sola regolarità tecnica, del responsabile del
servizio interessato e, qualora comporti riflessi diretti o
indiretti sulla situazione economico-finanziaria o sul
patrimonio dell'ente, del responsabile di ragioneria in
ordine alla regolarità contabile. I pareri sono inseriti
nella deliberazione. Nel caso in cui l'ente non abbia i
responsabili dei servizi, il parere è espresso dal
segretario dell'ente, in relazione alle sue competenze. I
soggetti di cui al comma 1 rispondono in via amministrativa
e contabile dei pareri espressi. Ove la Giunta o il
Consiglio non intendano conformarsi ai pareri di cui al
presente articolo, devono darne adeguata motivazione nel
testo della deliberazione”.
5. Secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale del
Giudice Amministrativo (da ultimo, Cons. St. sez. V, n.
1663/2014), i pareri (che l’art. 49 TUEL richiede
espressamente per l’adozione delle deliberazioni comunali
che non siano <mero atto di indirizzo>) non
costituiscono requisiti di legittimità delle deliberazioni
cui si riferiscono, in quanto sono preordinati
all’individuazione sul piano formale, nei funzionari che li
formulano, della responsabilità eventualmente in solido con
i componenti degli organi politici in via amministrativa e
contabile, così che la loro eventuale mancanza costituisce
una mera irregolarità che non incide sulla legittimità e la
validità delle deliberazioni stesse (Cons. St., sez. V,
n. 5012/2009; sez. IV, n. 3888/2008).
6. Analogo indirizzo è stato seguito, in particolare, nel
caso di mancata acquisizione del parere contabile sugli atti
programmatori, la cui omissione non incide sulla validità
della deliberazione stessa, rappresentando al più una mera
irregolarità (Cons. St., sez. IV, n. 351/2012).
7. Chiarito il perimetro e la funzione dei pareri di
regolarità tecnica e contabile nel contesto dell’attività
deliberativa degli organi di indirizzo politico e di governo
dell’Ente, ne consegue che –senza entrare nel merito della
natura della delibera di Giunta alla quale si riferisce il
Sindaco istante– il mancato rilascio dei pareri
prescritti dall’art 49 del TUEL non avrebbe riflessi,
comunque, sul piano della legittimità della delibera
(Corte dei Conti, Sez. controllo Basilicata,
deliberazione 15.05.2014 n. 79). |
ATTI
AMMINISTRATIVI:
I pareri, previsti per l'adozione delle
deliberazioni comunali (prima ex art. 53 della legge
08.06.1990, n. 142, e poi ex art. 49 del D.Lgs.
18.08.2000,n. 256), non costituiscono requisiti di
legittimità delle deliberazioni cui si riferiscono,
in quanto sono preordinati all'individuazione sul
piano formale, nei funzionari che li formulano,
della responsabilità eventualmente in solido con i
componenti degli organi politici in via
amministrativa e contabile, così che la loro
eventuale mancanza costituisce una mera irregolarità
che non incide sulla legittimità e la validità delle
deliberazioni stesse.
D’altra parte è appena il caso di rilevare che la
mancanza potrebbe tutt’al più rilevare sotto il
profilo della carenza istruttoria del provvedimento
ovvero sulla corretta formazione della volontà
dell’amministrazione.
La Sezione al riguardo
rinvia al consolidato indirizzo giurisprudenziale a mente
del quale i pareri, previsti per l'adozione delle
deliberazioni comunali (prima ex art. 53 della legge 08.06.1990, n. 142, e poi ex art. 49 del D.Lgs. 18.08.2000,n. 256), non costituiscono requisiti di legittimità
delle deliberazioni cui si riferiscono, in quanto sono
preordinati all'individuazione sul piano formale, nei
funzionari che li formulano, della responsabilità
eventualmente in solido con i componenti degli organi
politici in via amministrativa e contabile, così che la loro
eventuale mancanza costituisce una mera irregolarità che non
incide sulla legittimità e la validità delle deliberazioni
stesse (cfr. Cons. St., sez. V, 21.08.2009, n. 5012;
sez. IV, 22.06.2008, n. 3888).
D’altra parte è appena il caso di rilevare che la
mancanza potrebbe tutt’al più rilevare sotto il
profilo della carenza istruttoria del provvedimento
ovvero sulla corretta formazione della volontà
dell’amministrazione, profili cui l’appellante con
il motivo in esame non ha fatto riferimento e che in
ogni caso la sentenza ha escluso con motivazione
convincente, pertinente ed adeguata, diversamente da
quanto approssimativamente affermato dall’appellante
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 08.04.2014 n. 1663 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI: Con
riferimento all'art. 49 del D.Lgs. 18.08.2000, n. 267 e ss.mm.ii., si
chiedono chiarimenti, anche con esempi, in merito al parere richiesto al
responsabile di ragioneria, qualora la proposta di deliberazione da
sottoporre alla Giunta o al Consiglio, comporti riflessi indiretti sulla
situazione economico-finanziaria o sul patrimonio dell'ente.
La Corte dei Conti, sezione regionale controllo Marche, con deliberazione n.
51 del 04.06.2013, ha reso un parere che ad oggi costituisce il più
autorevole sforzo interpretativo dell'art. 49 del D.Lgs. 18.08.2000, n. 267
come modificato dall'art. 3, comma 1, lett. b), D.L. 10.10.2012, n. 174,
convertito in L. 07.12.2012, n. 213.
La massima fondamentale, che innanzitutto va tratta per orientarsi nel
cogliere le novità introdotte nell'art. 49 in argomento, è che il
responsabile del servizio finanziario ha l'onere di valutare gli aspetti
sostanziali della deliberazione dai quali possano discendere effetti
economico-patrimoniali per l'ente.
Tale massima discende ex lege dall'esonero per il mero atto di
indirizzo, concetto nel quale rientrano le scelte di programmazione della
futura attività, che "necessitano di ulteriori atti di attuazione e di
recepimento" da adottarsi da parte dei dirigenti preposti ai vari
servizi, secondo le proprie competenze (cfr. TAR Piemonte Torino Sez. II,
Sent., 14.03.2013, n. 326; TAR Lombardia Milano Sez. III, Sent., 10.12.2012,
n. 2991).
Con siffatta scrematura, appare evidente, come del resto è fatto osservare
nel quesito, che il campo delle decisioni politiche prive di effetti diretti
ed indiretti sui conti dell'ente amministrato è assai ristretto.
Nulla quaestio, secondo la citata sezione regionale di controllo della Corte
dei conti, riguardo ai "riflessi diretti": la nuova formulazione
dell'art. 49 consente di ritenere che nel concetto siano ricompresi
certamente gli effetti finanziari già descritti nella disposizione
previgente ("impegno di spesa o diminuzione di entrata"), a cui vanno
aggiunte le variazioni economico-patrimoniali conseguenti all'attuazione
della deliberazione proposta.
Riguardo invece ai riflessi indiretti, concetto che sta generando i maggiori
dubbi applicativi, la Corte propende per un criterio interpretativo
incentrato sulla probabilità che certe conseguenze si verifichino
nell'esercizio finanziario in corso o nel periodo considerato dal bilancio
pluriennale; ulteriore criterio utile a definire l'ambito di applicazione
della norma è il vincolo del rispetto dell'equilibrio del bilancio, oggi
costituzionalizzato nel novellato art. 119, comma 1, Cost. (in vigore dal
2014).
Sostanzialmente i riflessi indiretti sono quelli potenziali in virtù
dell'adozione di un atto che (anche eventualmente) è soltanto preliminare o
prodromico ad altro atto che comporti effettiva nuova spesa, entrata o
variazione patrimoniale. Tale potrebbe essere l'atto di indirizzo di
ricognizione e valutazione del patrimonio immobiliare al fine della
successiva dismissione.
Riguardo alle modalità di espressione del parere, la Corte riconosce la
difficoltà di indicare un criterio uniforme, poiché il tema della
quantificazione degli oneri o delle conseguenze economico-patrimoniali
conseguenti all'esecuzione di un provvedimento amministrativo risente
dell'applicazione della normativa di natura sostanziale disciplinante una
determinata materia e, soprattutto, dell'ineliminabile scostamento tra la
mera previsione e la realizzazione effettiva di un dato fenomeno incidente
sugli equilibri di bilancio o patrimoniali.
---------------
Riferimenti normativi e contrattuali
D.Lgs. 18.08.2000, n. 267, art. 49
Documenti allegati
C. Conti Marche Sez. contr., Delib., 04.06.2013, n. 51
(10.01.2014 - tratto da www.risponde.leggiditalia.it/#doc_week=true). |
anno 2013 |
|
ATTI AMMINISTRATIVI:
I pareri, previsti per l'adozione delle
deliberazioni comunali dall'art. 53 l. 08.06.1990 n. 142,
non costituiscono requisito di legittimità delle
deliberazioni cui si riferiscono, in quanto preordinati
all'individuazione sul piano formale, nei funzionari che li
formulano, della responsabilità eventualmente in solido con
i componenti degli organi politici in via amministrativa e
contabile e il mancato inserimento dei pareri di regolarità
tecnica e contabile nella deliberazione impugnata
costituisce mera irregolarità, ai sensi dell’art. 53 l.
08.06.1990 n. 142, allorquando non si contesta l’effettiva
esistenza dei pareri medesimi.
Ciò senza contare che è stato anche puntualizzato come
l’art. 53 l. 08.06.1990 n. 142, nel prevedere la necessità
dei pareri del responsabile del servizio interessato, del
responsabile di ragioneria nonché (nel sistema anteriore
alla l. 15.05.1997 n. 127) del segretario comunale, non pone
alcun limite alla potestà deliberante della giunta e del
consiglio comunale, che possono liberamente disporre del
contenuto delle proposte di deliberazione, dopo che su
queste ultime sia stato acquisito, quale elemento formale
dell’iter procedimentale, il parere dei predetti organi
tecnici.
Non può
peraltro sottacersi che la giurisprudenza ha già avuto modo
di evidenziare che i pareri, previsti per l'adozione delle
deliberazioni comunali dall'art. 53 l. 08.06.1990 n. 142,
non costituiscono requisito di legittimità delle
deliberazioni cui si riferiscono, in quanto preordinati
all'individuazione sul piano formale, nei funzionari che li
formulano, della responsabilità eventualmente in solido con
i componenti degli organi politici in via amministrativa e
contabile (sez. IV, 22.06.2006, n. 3888; 23.04.1998,
n. 670) e che il mancato inserimento dei pareri di
regolarità tecnica e contabile nella deliberazione impugnata
costituisce mera irregolarità, ai sensi dell’art. 53 l. 08.06.1990 n. 142, allorquando non si contesta l’effettiva
esistenza dei pareri medesimi (C.d.S., sez. IV, 11.02.2004, n. 548); ciò senza contare che è stato anche
puntualizzato come l’art. 53 l. 08.06.1990 n. 142, nel
prevedere la necessità dei pareri del responsabile del
servizio interessato, del responsabile di ragioneria nonché
(nel sistema anteriore alla l. 15.05.1997 n. 127) del
segretario comunale, non pone alcun limite alla potestà
deliberante della giunta e del consiglio comunale, che
possono liberamente disporre del contenuto delle proposte di
deliberazione, dopo che su queste ultime sia stato
acquisito, quale elemento formale dell’iter procedimentale,
il parere dei predetti organi tecnici (C.d.S., sez. V, 25.05.1998,
n. 680) (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 26.09.2013 n. 4766 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI
AMMINISTRATIVI:
La mancata acquisizione
del parere contabile sugli atti programmatori ai sensi
dell'art. 49 d.lgs. n. 267/2000 non rende illegittima la
delibera, poiché si tratta di una prescrizione che rileva
sul solo piano interno, con la conseguenza che la sua
omissione non incide sulla validità della deliberazione
stessa, rappresentando al più una mera irregolarità.
Parimenti non
comporta un vizio di illegittimità della delibera la mancata
acquisizione del parere contabile sugli atti programmatori
ai sensi dell'art. 49 d.lgs. n. 267/2000.
Sul punto, il Consiglio di Stato ha precisato che la mancata
acquisizione del parere contabile sugli atti programmatori
ai sensi dell'art. 49 d.lgs. n. 267/2000 non rende
illegittima la delibera, poiché si tratta di una
prescrizione che rileva sul solo piano interno, con la
conseguenza che la sua omissione non incide sulla validità
della deliberazione stessa, rappresentando al più una mera
irregolarità (cfr., Consiglio di Stato sez. IV, 26.01.2012,
n. 351) (TAR
Lombardia-Milano, Sez. IV,
sentenza 05.08.2013 n. 2061 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI: In
un Comune di 9000 abitanti il titolare di U.O. (responsabile dell'area
economico-finanziaria) è inquadrato in cat. D3.
Il funzionario responsabile dei tributi nominato dalla Giunta comunale
secondo l'art. 11, comma 4, del D.Lgs. 30.12.1992, n. 504 e artt. 11, 54 e 74
del D.Lgs. 15.11.1993, n. 507, oltre che responsabile IMU e TARES è un
dipendente appartenente alla stessa area, ma non è apicale in quanto in cat.
D2.
Si chiede chi dei due debba esprimere il parere tecnico sulle delibere che
riguardano i tributi ai sensi dell'art. 49 e 147-bis D.Lgs. 18.08.2000, n.
267.
Preliminarmente, si ricorda la normativa di riferimento per la risposta al
quesito:
- Art. 49, comma 1, D.Lgs. 18.08.2000, n. 267, avente ad oggetto
"Pareri dei responsabili dei servizi":
"Su ogni proposta di deliberazione sottoposta alla Giunta e al Consiglio che
non sia mero atto di indirizzo deve essere richiesto il parere, in ordine
alla sola regolarità tecnica, del responsabile del servizio interessato e,
qualora comporti riflessi diretti o indiretti sulla situazione
economico-finanziaria o sul patrimonio dell'ente, del responsabile di
ragioneria in ordine alla regolarità contabile. I pareri sono inseriti nella
deliberazione";
- Art. 50, comma 10, D.Lgs. 18.08.2000, n. 267, avente ad oggetto
"Competenze del sindaco e del presidente della provincia":
"Il sindaco e il presidente della provincia nominano i responsabili degli
uffici e dei servizi, attribuiscono e definiscono gli incarichi dirigenziali
e quelli di collaborazione esterna secondo le modalità ed i criteri
stabiliti dagli articoli 109 e 110, nonché dai rispettivi statuti e
regolamenti comunali e provinciali";
- Art. 11 comma 4 del D.Lgs. 30.12.1992, n. 504, avente ad oggetto
"Liquidazione ed accertamento":
"Con delibera della giunta comunale è designato un funzionario cui sono
conferiti le funzioni e i poteri per l'esercizio di ogni attività
organizzativa e gestionale dell'imposta; il predetto funzionario sottoscrive
anche le richieste, gli avvisi e i provvedimenti, appone il visto di
esecutività sui ruoli e dispone i rimborsi".
Alla luce del quadro normativo sopra esposto, si può affermare che il
responsabile della gestione del tributo si configura come un referente
preciso, individuato dalla Giunta, per svolgere tutte le funzioni di
carattere organizzativo e gestionale in relazione ad ogni tributo (avvisi di
accertamento, di liquidazione, rimborsi, emissione di ruoli ecc...). Tale
ruolo, che di norma viene conferito al responsabile del servizio tributi,
può ben essere assegnato ad un dipendente interno al servizio stesso; in tal
caso, l'assunzione di atti a rilevanza esterna, diversi da quelli
individuati in capo al funzionario responsabile del tributo, competerà
esclusivamente al responsabile del servizio tributi.
A parere dello scrivente, stante quanto sopra ricordato, l'espressione del
parere tecnico sulle delibere inerenti la disciplina dei tributi non potrà
che competere al responsabile del servizio stesso, in ossequio all'art. 49
del T.U.E.L. sopra citato; quindi, nel caso specifico, il responsabile
inquadrato in categoria D2 di codesto Ente dovrà firmare il parere tecnico
solamente nel caso in cui sia stato nominato, con atto formale del Sindaco,
quale responsabile del servizio tributi; diversamente, se il dipendente
inquadrato in categoria D3, responsabile dell'area economico finanziaria, è
stato nominato anche responsabile del servizio tributi è allo stesso che
spetterà di firmare il parere tecnico sulle deliberazioni in materia,
indipendentemente dal fatto che altri soggetti siano stati nominati
funzionari responsabili.
----------------
Riferimenti normativi e contrattuali
D.Lgs. 18.08.2000, n. 267,
art. 49 - D.Lgs. 18.08.2000, n. 267, art. 50 - D.Lgs. 30.12.1992, n. 504,
art. 11 - D.Lgs. 15.11.1993, n. 507, art. 11 - D.Lgs. 15.11.1993, n. 507,
art. 54 - D.Lgs. 15.11.1993, n. 507, art. 74
(27.06.2013 - tratto da www.risponde.leggiditalia.it/#doc_week=true). |
ATTI AMMINISTRATIVI: Per
quali atti il responsabile del servizio finanziario deve rilasciare il
parere, alla luce delle disposizioni del D.L. n. 174/2012?
L'art. 3 del D.L. 10.10.2012, n. 174 convertito in legge, con modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, L. 07.12.2012, n. 213 ha sostituito l'art. 49 del
T.U.E.L. prevedendo che: "Su ogni proposta di deliberazione sottoposta
alla Giunta e al Consiglio che non sia mero atto di indirizzo deve essere
richiesto il parere, in ordine alla sola regolarità tecnica, del
responsabile del servizio interessato e, qualora comporti riflessi diretti o
indiretti sulla situazione economico-finanziaria o sul patrimonio dell'ente,
del responsabile di ragioneria in ordine alla regolarità contabile. I pareri
sono inseriti nella deliberazione.
Omissis
I soggetti di cui al comma 1 rispondono in via amministrativa e contabile
dei pareri espressi.
Ove la Giunta o il Consiglio non intendano conformarsi ai pareri di cui al
presente articolo, devono darne adeguata motivazione nel testo della
deliberazione".
Il D.L. 10.10.2012, n. 174 ha ampliato la casistica degli atti per i quali è
obbligatorio acquisire il parere di regolarità contabile che deve essere
rilasciato, oltre che sugli atti che comportano impegni di spesa o
diminuzioni di entrata, come in precedenza, anche su tutti gli atti che
comportano riflessi diretti o indiretti sulla situazione
economico-finanziaria o sul patrimonio dell'ente.
Qualora l'organo esecutivo o il Consiglio non intendano conformarsi al
parere del funzionario, a differenza di quanto disposto dalla suddetta
normativa prima della modifica, devono darne adeguata motivazione nel testo
del provvedimento.
---------------
Riferimenti normativi e contrattuali
D.Lgs. 18.08.2000, n. 267, art. 49 - D.L. 10.10.2012, n. 174, art. 3
(26.06.2013 - tratto da www.risponde.leggiditalia.it/#doc_week=true). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
I pareri da allegare alle delibere di
Giunta/Consiglio rilevano solo sul piano interno; pertanto,
la loro assenza si traduce in una mera irregolarità e non
ridonda in un vizio di legittimità.
Del pari
infondata è la censura imperniata sull’assenza del parere
del responsabile del servizio.
Invero, secondo un
consolidato orientamento di questo Consiglio, da cui non si
ravvisano ragioni per decampare (cfr. Cons. St., sez. IV, 26.01.2012, n. 351; sez. IV, 22.06.2006, n. 3888; n.
1567 del 2001; 23.04.1998, n. 670), i pareri in
questione rilevano solo sul piano interno, pertanto, la loro
assenza si traduce in una mera irregolarità e non ridonda in
un vizio di legittimità (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 11.06.2013 n. 3236 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI - PUBBLICO IMPIEGO:
Problematiche che
attengono sia alla corretta definizione ed estensione del
parere contabile, sia in ordine alla variegata casistica di
atti (rectius: di proposte di deliberazione) da sottoporre
al suddetto parere di regolarità contabile.
Il Comune di Castelfidardo, con nota a firma del suo
Sindaco, ha formulato una articolata richiesta di parere, ai
sensi dell’art. 7, comma 8, l. 05.06.2003, n. 131, in ordine
alla corretta interpretazione dell’art. 49, d.lgs.
18.08.2000, n. 267 recante il testo unico delle leggi
sull’ordinamento degli enti locali, come modificato
dall’art. 3, comma 1, lett. b), d.l. 10.10.2012, n. 174,
convertito in l. 07.12.2012, n. 213.
Dopo avere riportato la disposizione previgente e quella
risultante a seguito della novella legislativa, il Comune
evidenzia “come la novella legislativa abbia apportato
rilevanti novità in tema di parere (di regolarità)
contabile, laddove si precisa che esso deve essere espresso,
da parte del responsabile del servizio finanziario, qualora
la proposta di deliberazione ‘comporti riflessi diretti o
indiretti sulla situazione economico-finanziaria o sul
patrimonio dell'ente’.”
Le problematiche che il Comune si pone attengono sia “alla
corretta definizione ed estensione del parere contabile, sia
in ordine alla variegata casistica di atti (rectius: di
proposte di deliberazione) da sottoporre al suddetto parere
di regolarità contabile.”
In ordine al primo aspetto, la richiesta di parere
evidenzia le “difficoltà di esprimere un corretto e
congruo parere di regolarità contabile su atti le cui
decisioni si ripercuotono solo indirettamente e con cadenze
differite nel tempo (in maniera quindi ampiamente
posticipata rispetto al momento decisionale dell’organo di
vertice) su aspetti economico-finanziari o patrimoniali
dell’ente locale (non sempre esattamente determinati o
determinabili nel momento iniziale)”.
In ordine al secondo aspetto, si citano invece le “deliberazioni
di approvazione di strumenti urbanistici (attuativi) e
relative varianti, ovvero i piani (rectius: convenzioni) di
lottizzazione, ovvero il piano triennale di
razionalizzazione delle dotazioni strumentali dell’ente, gli
atti di indirizzo di programmazione della dotazione organica
etc.” Si richiamano inoltre i “molteplici atti di
indirizzo dell’organo politico le cui ripercussioni sono
solo indirette (o mediate) perché rimesse all’attuazione dei
funzionari mediante atti di gestione autonomi e successivi.”
Ricordata la complessità (e talvolta l’impossibilità) della
esatta determinazione dei riflessi indiretti sulla
situazione economico-finanziaria o patrimoniale dell’ente,
si chiede “quale dovrebbe essere la corretta
formulazione, dal punto di vista giuscontabile, delle
proposte di deliberazione aventi i suddetti effetti
indiretti, e quale la valutazione del responsabile del
servizio finanziario in ordine al dovuto parere di
regolarità contabile” e “quali aspetti e quali limiti
il suddetto parere può (ovvero deve) incontrare nelle nuove
fattispecie delineate dall’art. 49 del d.lgs. n. 267/2000”.
In sintesi, il parere pone le seguenti puntuali questioni:
“1) Cosa si intende (dal punto di vista giuscontabile)
per ‘riflessi sulla situazione economico finanziaria e/o sul
patrimonio dell’ente’;
2) cosa si intende (dal punto di vista giuscontabile) per
‘riflessi diretti’ e (soprattutto) per ‘riflessi indiretti’,
e quale ne sia l’estensione (ovvero la più o meno ampia
portata giuscontabile);
3) nel caso di riflessi indiretti, quali siano gli oneri
(in termini di completezza ed ampiezza dell’istruttoria e di
corretta e legittima motivazione dell’atto) del responsabile
del servizio proponente (ovvero del relativo responsabile
del procedimento) nella formulazione della proposta di
deliberazione (di Giunta o di Consiglio comunale), e cioè
come debba quantificare e qualificare tali riflessi
economico-finanziari e patrimoniali;
4) nel caso di riflessi indiretti, come debba
correttamente e legittimamente esprimersi (dal punto di
vista giuscontabile) il responsabile del servizio
finanziario nell’espressione del suo parere, e cioè quale
contenuto e portata deve avere il giudizio di conformità
(contabile) da formalizzare sulla proposta dell’atto;
5) nel caso di atto di indirizzo avente effetti
economico-finanziari e/o patrimoniali indiretti (cioè di
atto espresso dall’organo politico che ponga obiettivi da
seguire, fini da attuare e modalità di azione ritenute
congrue, demandate a successivi atti esecutivi di natura
gestionali), come possa conciliarsi il dettato del nuovo
articolo 49 del D.Lgs. n. 267/2000 sul ‘nuovo’ parere di
regolarità contabile con la disposizione del medesimo
articolo che esclude l’espressione dei pareri (tecnici e
contabili) sugli atti di indirizzo.”
...
Passando al merito, l’articolo 49 del d.lgs. 18.08.2000, n.
267 nella nuova formulazione dettata dall’art. 3, comma 1,
lett. b), del d.l. 10.10.2012, n. 174, convertito dalla l.
07.12.2012, n. 213, così dispone: “(Pareri dei
responsabili dei servizi).
1. Su ogni proposta di deliberazione sottoposta alla Giunta
e al Consiglio che non sia mero atto di indirizzo deve
essere richiesto il parere, in ordine alla sola regolarità
tecnica, del responsabile del servizio interessato e,
qualora comporti riflessi diretti o indiretti sulla
situazione economico-finanziaria o sul patrimonio dell’ente,
del responsabile di ragioneria in ordine alla regolarità
contabile. I pareri sono inseriti nella deliberazione.
2. Nel caso in cui l’ente non abbia i responsabili dei
servizi, il parere è espresso dal segretario dell’ente, in
relazione alle sue competenze.
3. I soggetti di cui al comma 1 rispondono in via
amministrativa e contabile dei pareri espressi.
4. Ove la Giunta o il Consiglio non intendano conformarsi ai
pareri di cui al presente articolo, devono darne adeguata
motivazione nel testo della deliberazione.”
Tale nuova formulazione sostituisce la precedente versione
del citato articolo (in vigore fino al 07/12/2012) secondo
cui: “(Pareri dei responsabili dei servizi)
1. Su ogni proposta di deliberazione sottoposta alla giunta
ed al consiglio che non sia mero atto di indirizzo deve
essere richiesto il parere in ordine alla sola regolarità
tecnica del responsabile del servizio interessato e, qualora
comporti impegno di spesa o diminuzione di entrata, del
responsabile di ragioneria in ordine alla regolarità
contabile. I pareri sono inseriti nella deliberazione.
2. Nel caso in cui l’ente non abbia i responsabili dei
servizi, il parere è espresso dal segretario dell’ente, in
relazione alle sue competenze.
3. I soggetti di cui al comma 1 rispondono in via
amministrativa e contabile dei pareri espressi.”
L’art. 151, comma 5, TUEL rinvia al regolamento di
contabilità per la disciplina delle modalità con le quali il
parere di regolarità contabile deve essere reso (mentre per
quanto attiene al parere di regolarità tecnica, ben può
provvedere il regolamento di organizzazione degli uffici e
dei servizi).
Quanto all’ambito applicativo della norma in esame, va
ricordato che la richiesta di parere è obbligatoria solo in
presenza di una proposta di deliberazione sottoposta al
Consiglio o alla Giunta comunale che non sia “mero atto
di indirizzo”.
Il giudice amministrativo, nel valutare la fondatezza di
motivi di ricorso incentrati sulla violazione dell’art. 49
del TUEL, ha affermato che nel concetto di
“mero atto di indirizzo” rientrano le scelte di
programmazione della futura attività, che “necessitano di
ulteriori atti di attuazione e di recepimento” da
adottarsi da parte dei dirigenti preposti ai vari servizi,
secondo le proprie competenze
(cfr. TAR Piemonte, sez. II, sent. 14.03.2013, n. 326).
D’altro canto, quale criterio discretivo, si è rilevato il “contenuto
dispositivo puntualmente determinato che non lascia alcun
margine valutativo al susseguente atto di esecuzione”
(TAR Lombardia, sede di Milano, sez. III, sent. 10.12.2012,
n. 2991 in fattispecie relativa a delibera consiliare di
acquisizione sanante ex art. 42-bis d.P.R. n. 327 del 2001).
In definitiva, “hanno natura di
indirizzo gli atti che, senza condizionare direttamente la
gestione di una concreta vicenda amministrativa,
impartiscono agli organi all’uopo competenti le direttive
necessarie per orientare l’esercizio delle funzioni ad essi
attribuite in vista del raggiungimento di obiettivi
predefiniti.”
(così TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 12.04.2005, n.
531).
Il significato del concetto di “mero atto di indirizzo”
viene altresì desunto dalle affermazioni giurisprudenziali
in ordine ai profili processuali dell’interesse a ricorrere
connessi alla lesività dell’atto. Anche per questi aspetti,
si è sottolineato che l’atto di indirizzo
politico “potrebbe consistere, nel caso, nella
manifestazione di una volontà tesa a porre obiettivi per
l’attività di livello normativo spettante ad organi comunali”
e che dirimente “è il rilievo che il contenuto dell’atto
consiste nella pretesa e conclamata volontà di tutelare un
interesse pubblico specifico con riferimento ad un caso
concreto, con un’integrale corrispondenza alla tipologia
dell’atto amministrativo provvedimentale”
(così Cons. Stato, sez. VI, dec. 10.10.2006, n. 6014).
Sotto questo profilo, la novella del 2012 non ha inciso. Il
problema segnalato dalla richiesta di parere (e
puntualizzato al n. 5 della elencazione finale) è quindi di
mero fatto e va risolto applicando i principi dianzi
ricordati alla concreta formulazione e portata della
proposta di deliberazione.
La novità precettiva che l’art. 3, comma 1,
lett. b), del d.l. n. 174 del 2012 ha apportato all’art. 49
del TUEL consiste essenzialmente nell’avere sostituito
l’espressione “qualora comporti impegno di spesa o
diminuzione di entrata” con “qualora comporti
riflessi diretti o indiretti sulla situazione
economico-finanziaria o sul patrimonio dell’ente”.
Il significato da dare a tale scelta del
legislatore è certamente quello di un ampliamento dei casi
in cui è necessario il parere di regolarità contabile, con
l’assegnazione al responsabile di ragioneria di un ruolo
centrale nella tutela degli equilibri di bilancio dell’ente.
Tale interpretazione è rafforzata dall’introduzione del
comma 4 che, ferma rimanendo la valenza non vincolante del
parere (e non potrebbe essere altrimenti, pena l’esercizio
sostanziale da parte della struttura burocratica di
competenze attribuite ad organi diversi),
ha significativamente previsto un onere di motivazione
specifica del provvedimento approvato in difformità dal
parere contrario reso dai responsabili dei servizi.
La predetta scelta del legislatore è, infine, coerente con
l’ampliamento delle ipotesi di parere che l’organo di
revisione deve rendere, unito alla previsione espressa del
loro contenuto e dei criteri da seguire (cfr. art. 239,
commi 1 e 1-bis, TUEL).
La nuova formulazione dell’art. 49 consente di ritenere che
nel concetto di “riflessi diretti” siano
ricompresi certamente gli effetti finanziari già descritti
nella disposizione previgente (“impegno di spesa o
diminuzione di entrata”), ma anche le variazioni
economico-patrimoniali conseguenti all’attuazione della
deliberazione proposta
(come già suggerito dal punto 65 del principio contabile n.
2).
Quanto all’espressione “riflessi
indiretti”, non vi è dubbio che questa possa ingenerare
problemi applicativi, sotto il profilo della estensione del
rapporto “causa-effetto” astrattamente ipotizzabile
tra il contenuto della proposta di deliberazione sottoposta
a parere e la situazione economico-finanziaria o
patrimoniale dell’ente.
Il criterio interpretativo deve pertanto essere incentrato
sulla probabilità che certe conseguenze si verifichino
nell’esercizio finanziario in corso o nel periodo
considerato dal bilancio pluriennale. Ulteriore criterio
utile a definire l’ambito di applicazione della norma è il
vincolo del rispetto dell’equilibrio del bilancio, oggi
costituzionalizzato nel novellato art. 119, comma 1, Cost.
(in vigore dal 2014).
Quanto alle modalità di espressione del parere, il Comune di
Castelfidardo richiama la variegata casistica di
deliberazioni che un ente locale può adottare,
interrogandosi sul contenuto e la portata che i pareri di
cui all’art. 49 TUEL debbono avere con riferimento ai
riflessi indiretti. Appare difficile indicare un criterio
uniforme, poiché il tema della quantificazione degli oneri o
delle conseguenze economico-patrimoniali conseguenti
all’esecuzione di un provvedimento amministrativo risente
dell’applicazione della normativa di natura sostanziale
disciplinante una determinata materia e, soprattutto,
risente dell’ineliminabile scostamento tra la mera
previsione e la realizzazione effettiva di un dato fenomeno
incidente sugli equilibri di bilancio o patrimoniali.
Occorre comunque ricordare che
l’accuratezza dell’istruttoria tecnica costituisce un
elemento da verificare e riscontrare ai fini del rilascio di
parere positivo, sia di regolarità tecnica che di regolarità
contabile.
Infatti, il punto 65 del principio contabile n. 2 si esprime
nel senso che “il parere di regolarità
contabile dovrà tener conto, in particolare, delle
conseguenze rilevanti in termini di mantenimento nel tempo
degli equilibri finanziari ed economico-patrimoniali”.
Si deve pertanto ritenere, anche alla luce dei rafforzati
vincoli di salvaguardia degli equilibri di bilancio, che
il responsabile del servizio interessato avrà
l’onere di valutare gli aspetti sostanziali della
deliberazione dai quali possano discendere effetti
economico-patrimoniali per l’ente. Il responsabile di
ragioneria, pur senza assumere una diretta responsabilità in
ordine alla correttezza dei dati utilizzati per le predette
valutazioni, dovrà verificare che il parere di regolarità
tecnica si sia fatto carico di compiere un esame
metologicamente accurato.
Sotto questo profilo, si segnala la portata delle modifiche
che, con lo stesso d.l. n. 174 del 2012, sono state
apportate all’art. 153, commi 4 e 6, TUEL volte a rafforzare
il ruolo del responsabile del servizio finanziario.
Ulteriori spunti ricostruttivi possono ricavarsi dal comma
1-bis dell’art. 239 TUEL, introdotto dal d.l. n. 174 del
2012, nella parte in cui richiama i concetti di congruità,
coerenza e attendibilità delle previsioni di bilancio e dei
programmi e progetti (almeno per alcune significative
tipologie di provvedimenti che di regola producono riflessi
indiretti, quali quelle di cui alla lett. b), nn. 3 e 5).
A fini di completezza, infine, è opportuno ricordare che
la formulazione del parere è necessaria non soltanto
sulla proposta di deliberazione, ma anche sugli emendamenti
che alla stessa vengano presentati nel corso dell’esame da
parte dell’organo deliberante. Infatti, “se si accedesse
alla tesi … per cui la presentazione di emendamenti esime
dalla formulazione del parere, la portata precettiva del
citato art. 53 (oggi art. 49 TUEL) sarebbe stata agevolmente
aggirabile (e, dunque, vanificata), mediante il ricorso ad
un diverso procedimento di formazione della decisione
amministrativa. In realtà, se è vero che la presentazione
dell’emendamento strutturalmente si colloca in una fase
procedimentale di norma successiva alla conclusione
dell’iter svolto dagli uffici, è altrettanto vero che … la
proposta di deliberazione e l’emendamento sono, da un punto
di vista funzionale, atti di iniziativa procedimentale del
tutto identici, differenziandosi solo quanto alla
provenienza, sicché sarebbe artificioso, e irragionevolmente
discriminatorio, ritenere assoggettata all’obbligo del
parere preventivo solo la prima e non anche il secondo.”
(così TAR Sicilia, Palermo, sez. II, sent. 28.12.2007, n.
3507, para 3., confermata con motivazione conforme da Cons.
Giust. Amm. Siciliana, sent. 04.02.2010, n. 105, para 1.1) (Corte dei Conti,
Sez. controllo Marche,
parere
05.06.2013 n. 51). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
S. Usai,
Illegittima la deliberazione con assunzione di impegno di
spesa priva del parere di regolarità contabile (Diritto
e Pratica Amministrativa n. 3/2013). |
ATTI
AMMINISTRATIVI:
Delibere, responsabilità a 360 gradi. I pareri
contrari non si riverberano solo sugli organi di governo
politico.
I pareri contrari sulle delibere non scaricano la
responsabilità per la loro esecuzione solo sugli organi di
governo degli enti locali.
La recente riforma apportata al sistema dei controlli dal dl
174/2012, convertito in legge 213/2012 presenta un evidente
«buco», difficile da colmare.
La nota stonata riguarda la modifica all'articolo 49 del
dlgs 267/2000, il cui nuovo comma 4 stabilisce che «ove la
giunta o il consiglio non intendano conformarsi ai pareri di
cui al presente articolo, devono darne adeguata motivazione
nel testo della deliberazione».
Tale disposizione per un verso conferma che i pareri di
regolarità tecnica e contabile sulle proposte di
deliberazione sono obbligatori ma non vincolanti. Consigli e
giunte, cioè, possono superarli, specificando espressamente
le ragioni in base alle quali ritengono di non dover tenere
conto delle indicazioni contenute nei pareri. L'articolo 49
citato non lo afferma espressamente, ma dovrebbe risultare
chiaro che le controdeduzioni di giunta e consiglio
dovrebbero essere simmetriche a quelle dei pareri e, dunque,
riguardare gli aspetti tecnici e contabili. È facile,
tuttavia, immaginare che organi politico-amministrativi
cadano nella tentazione di esprimere il loro diverso avviso
rispetto ai pareri, basandosi su ragioni non tecniche ma
«politiche» di opportunità. Il che apre le prime crepe nella
riforma.
Infatti, non si capisce quali conseguenze vi siano
nell'ipotesi in cui gli organi di governo approvino comunque
proposte di deliberazioni con pareri contrari di regolarità
tecnica e contabili, specie in particolare se le
controdeduzioni non siano in grado di avversare i pareri sul
piano strettamente tecnico.
L'assenza di regolarità tecnica e contabile può evidenziare
illegittimità delle scelte o valutazioni di merito
fortemente negative e, comunque, segnalare conseguenze
negative sia di natura finanziaria, sia patrimoniale, come,
per esempio effetti negativi sul patto di stabilità o sui
tantissimi vincoli di spesa posti all'azione degli enti
locali.
È evidente che consiglio e giunta, approvando comunque la
proposta, si addossano una rilevante responsabilità
amministrativa e contabile. Tuttavia, rimane insoluto il
problema delle responsabilità discendenti dall'attuazione
delle delibere corredate da pareri tecnico-contabili
negativi, in quanto l'adozione degli atti esecutivi
costituisce, a ben vedere, l'avverarsi delle illegittimità e
degli effetti dannosi. La responsabilità, dunque, finisce
per spostarsi, o comunque, aggiungersi, nei confronti dei
dirigenti o responsabili di servizio.
Possono verificarsi, a questo punto, paradossali situazioni
di stallo. Un esempio per tutti è dato dalle deliberazioni
di competenza della giunta con le quali si danno gli
indirizzi per la stipulazione dei contratti collettivi
decentrati, tema delicatissimo, in quanto spesso tali
contratti contengono clausole in contrasto con i limiti e
vincoli posti dalla legge e dalla contrattazione nazionale
collettiva. I pareri di regolarità tecnica e contabile
dovrebbero mettere in luce, allora, tali contrasti, che per
altro, comportano la nullità assoluta delle clausole.
Eppure, la giunta potrebbe superare il parere, con
motivazioni ovviamente di alta opportunità. In questo caso,
è l'articolo 40, comma 3-quinquies, del dlgs 165/2001 a
fornire la risposta: le clausole sono e restano nulle, a
prescindere dalla deliberazione e, comunque, «non possono
essere attuate». Vi è un divieto assoluto a dare corso alla
decisione politica. L'attuazione di simile delibera, con la
stipulazione del contratto decentrato e l'esecuzione delle
clausole comporterebbe la certa responsabilità anche dei
dirigenti e responsabili che vi diano corso.
Ma, simili responsabilità discenderebbero anche da
situazioni meno regolate da norme particolari. In effetti,
risulta complicato per il dirigente che ha espresso
contrarietà tecnica attuare la contraria decisione
dell'organo di governo; allo stesso modo, sarebbe complicato
per il responsabile del servizio finanziario apporre i visti
di regolarità contabile ad atti di spesa esecutivi di una
decisione prima qualificata come dannosa.
La norma rischia, dunque, di aprire un contenzioso molto
forte tra dirigenza ed organi di governo, in quanto, a
stretto rigore, la prima dovrebbe astenersi dall'eseguire
gli atti. O, comunque, innescare un contenzioso ancora più
inestricabile davanti alla Corte dei conti, se il
legislatore non stabilirà al più presto il regime di
responsabilità conseguente all'approvazione ed esecuzione di
deliberazioni connotate dai pareri contrari
(articolo ItaliaOggi del
22.03.2013 - tratto da
www.ecostampa.it). |
ATTI
AMMINISTRATIVI - SEGRETARI COMUNALI:
Va escluso che la disciplina innovativa del 2012
(D.L. 10.10.2012 n. 174 convertito
in legge 07.12.2012 n. 213) assegni
al Segretario comunale un ruolo nel sistema dei controlli
tale da porlo in situazione di incompatibilità.
Invero, i nuovi compiti di direzione e di trasmissione delle
risultanze del controllo assegnati dalla novella al
Segretario, unitamente a quelli della trasmissione alla
Sezione del controllo della relazione semestrale del
Sindaco, contenente il referto ex art. 148, comma 1, non
configurano ipotesi di incompatibilità, tenuto anche conto
della “(…) concomitante autonomia normativa, organizzativa e
regolamentare riconfermata dal Legislatore in capo agli enti
locali, ovvero, alla possibilità loro rimessa di selezionare
la concreta articolazione delle modalità dei controlli, da
calibrare anche con riferimento alle caratteristiche
dimensionali dei diversi enti, in modo che si possano
evitare eventuali ipotesi di incompatibilità.”.
---------------
Il Sindaco del Comune di Nuxis domanda se alla luce della
nuova normativa (v. D.L. 10.10.2012 n. 174 convertito in
legge 07.12.2012 n. 213), che ha inciso anche sulle
disposizioni in materia di controlli interni ed esterni di
cui al D.Lgs. 267/2000, si configuri incompatibilità per
il Segretario comunale titolare degli incarichi di
responsabilità di servizi/settori/aree -allo stesso
attribuiti ai sensi del richiamato D.Lgs. 267/2000- e le
competenze di cui è investito in materia di controlli.
...
4. A fondamento dell’ipotetico contrasto interpretativo ora
sollevato, il Comune adduce il fatto che il Segretario
comunale, eventualmente incaricato della responsabilità
dirigenziale di servizi o settori, rivestirebbe
contemporaneamente il compito di controllore e controllato,
presentando conseguenti profili di incompatibilità,
dovendosi successivamente far carico dei compiti
espressamente previsti ora dal novellato art. 148 D.Lgs.
267/2000 (testo unico delle leggi sull’ordinamento degli
enti locali). In effetti, nel caso in cui l’ente sia
sprovvisto di dirigenti o di responsabili dei servizi, le
relative funzioni possono essere conferite al Segretario,
tenuto in tal caso ai pareri di responsabilità
tecnico-amministrativa (ai sensi degli art. 49, 107, 108 e
109 del TUEL).
5. Nel merito della richiesta formulata dal Comune, cosi
come rilevato dal Consiglio delle Autonomie locali, la
Sezione non ravvisa la sussistenza di contrasto
interpretativo tra l’applicazione della disposizione di cui
all’art. 97, comma 4, lett. d) (che reca la disciplina del
ruolo e funzioni dei Segretari comunali e provinciali e al
richiamato comma autorizza il Sindaco o il Presidente della
provincia al conferimento di ogni altra funzione a termini
di statuto o regolamenti) e delle disposizioni, così come
ora innovate, di cui al capo III e capo IV del cit. T.U.
267/2000 (rispettivamente dedicate alla tipologia dei
controlli interni e ai controlli esterni sulla gestione).
Inoltre, si fa osservare che, limitatamente ai profili sopra
delineati, l’assetto di attribuzione di compiti/funzioni in
capo ai Segretari e ai Dirigenti non viene interessato dal
recente D.L. 174/2012. Viceversa, la nuova normativa detta,
tra le altre, disposizioni di rafforzamento dei controlli
per gli enti locali, prescrivendo l’adozione e l’operatività
-entro tre mesi dalla sua entrata in vigore- di apposito
regolamento che definisca strumenti e modalità di controllo
interno, disegnando puntualmente detti strumenti e modalità
e riscrivendo gli art. 147 e seguenti del T.U. 267/2000 e
disegna nuove articolazioni delle tipologie di controllo (v.
art. 3, comma 1, lett. d), e comma 2 cit. D.L. 174/2012).
6. Il novellato art. 147 del TUEL (tipologia dei controlli
interni), comma 4, prevede che partecipano
all’organizzazione del sistema dei controlli interni il
segretario dell’ente, il direttore generale, laddove
previsto, i responsabili dei servizi e le unità di
controllo, laddove istituite. Dall’art. 147-bis vengono,
poi, modulate articolazioni del controllo di regolarità
amministrativo contabile, in via preventiva assicurato dai
pareri di conformità dei responsabili dei servizi, compreso
il servizio finanziario, in via successiva assicurato
proprio dalla direzione del Segretario. <<Le risultanze
del controllo di cui al comma 2 sono trasmesse
periodicamente, a cura del segretario, ai responsabili dei
servizi, unitamente alle direttive cui conformarsi in caso
di riscontrate irregolarità, nonché ai revisori dei conti e
agli organi di valutazione dei risultati dei dipendenti,
come documenti utili per la valutazione, e al consiglio
comunale>>.
7. In conseguenza, i nuovi compiti di direzione e di
trasmissione delle risultanze del controllo finora
esaminati, unitamente a quelli della trasmissione alla
Sezione del controllo della relazione semestrale del
Sindaco, contenente il referto ex art. 148, comma 1,
previsti a carico del Segretario comunale, non può ritenersi
che configurino ipotesi di contabilità secondo le previsioni
ipotizzate dal Legislatore, contrariamente alle perplessità
manifestate dal comune di Nuxis.
Ciò anche in considerazione della concomitante autonomia
normativa, organizzativa e regolamentare riconfermata dal
Legislatore in capo agli enti locali, ovvero, alla
possibilità loro rimessa di selezionare la concreta
articolazione delle modalità dei controlli, da calibrare
anche con riferimento alle caratteristiche dimensionali dei
diversi enti, in modo che si possano evitare eventuali
ipotesi di incompatibilità
(Corte dei Conti, Sez. controllo Sardegna,
parere 15.03.2013 n. 28). |
ATTI AMMINISTRATI - ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO:
Indirizzi inerenti il riassetto del sistema dei
controlli interni degli EE. LL. conseguenti all'art. 3,
comma 2, del D.L. n. 174/2012 e relativa legge di
conversione
(Corte
dei Conti, Sez. controllo Lazio,
deliberazione 06.03.2013 n. 25).
---------------
L’art. 3, comma 2, del d.l. n. 174/2012, nel contesto
della disciplina di riordino e riassetto del sistema dei
controlli interni presso gli Enti Locali prevede l’adozione
di norme regolamentari da parte dei Consigli comunali atte a
definire “gli strumenti e le modalità” di tale sistema, da
adottare entro il termine di mesi tre dalla data di entrata
in vigore della norma, “dandone comunicazione al Prefetto ed
alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti”.
Venuto a scadenza in data 10 gennaio u.s. il predetto
termine, appare opportuno definire le linee operative con le
quali la Sezione procederà a vigilare sull’osservanza
dell’adempimento di cui trattasi, nonché a curarne il
seguito. (... CONTINUA). |
ATTI AMMINISTRATIVI - SEGRETARI
COMUNALI:
Rientra tra i doveri di servizio del segretario comunale il
rilascio di pareri in materia di regolarità delle
deliberazioni.
Sussiste la colpa grave dei convenuti per violazione dei
loro doveri di servizio, atteso che con un minimo di
diligenza si sarebbe immediatamente evidenziata la natura
non solo illegittima, ma anche dannosa della deliberazione
adottata.
In particolare, il Segretario comunale –che deve
presumersi conoscere la normativa nel dettaglio sia per
dovere di ufficio, sia per l’esperienza e la preparazione
professionale presumibile dalla categoria di appartenenza–
non rese alcun parere sulla regolarità della deliberazione e
verbalizzò la delibera senza alcuna osservazione, in
violazione dei suoi obblighi di assistenza giuridico-amministrativa (istruttoria e consultiva) agli
organi politici dell’ente in sede di adozione delle
deliberazioni; ed i componenti della Giunta decisero di
confermare le mansioni superiori senza il parere burocratico
(del segretario) e a fronte di una evidente illegittimità
della delibera stessa che avrebbe imposto tutti gli
approfondimenti del caso, in violazione dei doveri di
servizio che imponevano ai componenti della giunta la
massima diligenza nella gestione di risorse comunali.
---------------
Sussiste quindi la
colpa grave dei convenuti per violazione dei loro doveri di
servizio, atteso che con un minimo di diligenza si sarebbe
immediatamente evidenziata la natura non solo illegittima,
ma anche dannosa della deliberazione adottata.
In particolare, come sopra precisato (§ 7.2.1.e), il
Segretario comunale –che deve presumersi conoscesse tale
normativa nel dettaglio sia per dovere di ufficio, sia per
l’esperienza e la preparazione professionale presumibile
dalla categoria di appartenenza– non rese alcun parere sulla
regolarità della deliberazione (reso invece su tutte le
altre deliberazioni in atti) e verbalizzò la delibera senza
alcuna osservazione, in violazione dei suoi obblighi di
assistenza giuridico-amministrativa (istruttoria e
consultiva) agli organi politici dell’ente in sede di
adozione delle deliberazioni (artt. 52, 53 e 58 L. 142/1990
nel testo vigente nel 1999, artt. 93 e 97 D.Lgs. 267/2000);
ed i componenti della Giunta decisero di confermare le
mansioni superiori senza il parere burocratico (del
segretario) e a fronte di una evidente illegittimità della
delibera stessa che avrebbe imposto tutti gli
approfondimenti del caso, in violazione dei doveri di
servizio che imponevano ai componenti della giunta la
massima diligenza nella gestione di risorse comunali (artt.
58 L. 142/1990 e artt. 78 e 93 D.Lgs. 267/2000)
(massima tratta da www.respamm.it -
Corte dei Conti, Sez. II giur. centrale d'appello,
sentenza 01.02.2013 n.
41). |
ATTI
AMMINISTRATIVI - SEGRETARI COMUNALI:
Responsabilità. Obbligo presente anche dopo
l'addio alle verifiche di legittimità. Al segretario anche
il dovere di controllo preventivo
LE BASI/ Una segnalazione anonima può essere sufficiente per
avviare un giudizio se contiene elementi «specifici e
concreti».
Le segnalazioni anonime che contengano
elementi precisi possono essere assunte come base per
l'avvio del giudizio di responsabilità contabile. Il
segretario ha il dovere di segnalare le illegittimità che
sono contenute nelle proposte di deliberazione; lo stesso
vincolo è posto in capo al vicesegretario. La colpa grave
non è data dalla semplice violazione di una norma: si
richiede in aggiunta una grave negligenza.
Sono le principali indicazioni contenute nella
sentenza 18.01.2013 n. 40 della III Sez. di
appello della Corte dei Conti.
La pronuncia conferma la condanna di primo grado irrogata ad
amministratori, segretario e vice segretario di un Comune
che hanno reiterato incarichi professionali senza che l'ente
ne avesse un vantaggio. L'importanza della sentenza è data
dall'ampliamento degli ambiti entro cui matura la colpa
grave, delle possibilità di avviare procedimenti sulla base
di notizie anonime e dalla definizione delle condizioni
entro cui matura la responsabilità del segretario.
Viene detto espressamente che «il carattere anonimo di un
esposto non è di per sé di ostacolo al legittimo avvio
dell'istruttoria tanto più se la segnalazione ... configura
una notizia di danno specifica e concreta». In questo
modo si ribadisce l'ampia discrezionalità che la procura
della Corte dei Conti ha nel selezionare le notizie sulla
cui base avviare un procedimento di responsabilità
contabile.
Altrettanto netta è l'individuazione delle condizioni per la
maturazione della responsabilità del segretario e, elemento
per molti aspetti innovativo, del vicesegretario. Essi hanno
il dovere di «esprimere pareri di legittimità sulle
delibere dell'ente locale» e la presenza nelle riunioni
di Giunta e consiglio impone loro di «evidenziare la non
conformità a legge del provvedimento». Né questo dovere
è venuto meno a seguito dell'abrogazione del parere di
legittimità da parte del segretario; essi hanno il «preciso
obbligo giuridico di segnalare agli amministratori le
illegittimità contenute negli emanandi provvedimenti, al
fine di impedire atti e comportamenti illegittimi forieri di
danno erariale». È questo il tratto essenziale del loro
«ruolo di garanzia».
Infine la sentenza chiarisce che per configurare la presenza
del fattore della colpa grave «non è sufficiente la
semplice violazione della legge o di regole di buona
amministrazione ma è necessario che questa violazione sia
connotata da inescusabile negligenza o dalla previsione
dell'evento dannoso». Ovvero, occorre «un
comportamento avventato e caratterizzato dalla assenza di
quel minimo di diligenza che è lecito attendersi in
relazione ai doveri di servizio propri o specifici dei
pubblici dipendenti». Occorre cioè una condotta
caratterizzata dalla «prevedibilità delle conseguenze
dannose del comportamento».
Un suo altro indice è costituito dall'elevato «grado di
anomalia e di incompatibilità dei comportamenti concreti
rispetto agli schemi normativi astratti, ivi compreso il
dovere di svolgere i propri compiti con il massimo di lealtà
e diligenza». La presenza di questo componente deve
essere verificata con riferimento alla condotta
concretamente seguita da amministratori e funzionari (articolo
Il Sole 24 Ore dell'11.02.2013 - tratto da
www.corteconti.it). |
ATTI
AMMINISTRATIVI - SEGRETARI COMUNALI:
Ruolo del Segretario comunale e danno erariale.
E’ noto che tra i doveri del
segretario comunale sussiste anche quello, fondamentale, di
esprimere pareri di legittimità sulle delibere dell’ente
locale.
La circostanza che, nella specie, entrambi i suddetti
condannati/appellanti (ndr: segretario e vice-segretario
comunale) non si siano pronunciati -come se avessero da
espletare mera funzione di assistenza e collaborazione
giuridico/amministrativa nella redazione della delibera- non
può valere da esimente ma coinvolge ancor più la loro
responsabilità per il silenzio serbato mentre avrebbero
dovuto espressamente evidenziare la non conformità a legge
del provvedimento.
In tema, la giurisprudenza della Corte è assai chiara
nell’affermare che “L'affidamento, alla stregua della
previsione normativa di cui all'art. 97 T.U. 18.08.2000, n.
267, al segretario comunale di funzioni di assistenza e di
collaborazione giuridica e amministrativa con tutti gli
organi dell'ente locale assorbe, in qualche guisa, lo
specifico compito, dianzi espressamente previsto dall'art.
53 L. 08.06.1990, n. 142, di esprimere un previo parere di
legittimità sulle deliberazioni di giunta; l'evoluzione
normativa in materia ben lungi dall'evidenziare una
sottrazione del segretario in questione alla responsabilità
amministrativa per il parere eventualmente espresso su atti
della Giunta, ne ha invece sottolineato le maggiori
responsabilità in ragione della rilevata estensione di
funzioni, di tal che non assume alcun rilievo esimente
l'art. 17, commi 85 e 86, L. 15.05.1997, n. 127 che ha
espressamente abrogato l'istituto del previo parere di
legittimità del segretario comunale”.
Pertanto non può dubitarsi del fatto che il Segretario
comunale abbia il “preciso obbligo giuridico di segnalare
agli amministratori le illegittimità contenute negli
emanandi provvedimenti”, al fine di impedire atti e
comportamenti illegittimi forieri di danno erariale: si
tratta, invero, di una figura professionale alla quale è per
legge “demandato un ruolo di garanzia, affinché l'attività
dell'ente possa dispiegarsi nell'interesse del buon
andamento e dell'imparzialità”.
---------------
Non essendo possibile configurare un generale criterio di
valutazione della colpa grave, non è sufficiente a
integrarla la semplice “violazione della legge o di regole
di buona amministrazione ma è necessario che questa
violazione sia connotata da inescusabile negligenza o dalla
previsione dell'evento dannoso”.
Detta colpa consiste, infatti, “in un comportamento
avventato e caratterizzato da assenza di quel minimo di
diligenza che è lecito attendersi in relazione ai doveri di
servizio propri o specifici dei pubblici dipendenti (…)”
ossia nella “inammissibile trascuratezza e negligenza dei
propri doveri, coniugata alla prevedibilità delle
conseguenze dannose del comportamento” in relazione alle
modalità del fatto, all'atteggiamento soggettivo dell'autore
nonché al rapporto tra tale atteggiamento e l'evento
dannoso: “di guisa che il giudizio di riprovevolezza della
condotta venga in definitiva ad essere basato su un quid
pluris rispetto ai parametri di cui agli artt. 43 cod. pen.
e 1176 cod. civ.”.
Occorre far riferimento, insomma, “al grado di anomalia e di
incompatibilità dei comportamenti concreti rispetto agli
schemi normativi astratti, ivi compreso il dovere di
svolgere i propri compiti con il massimo di lealtà e
diligenza, dovendosi in particolare esaminare il concreto
atteggiarsi dell'agente, calato nella contestualità del
momento, nei fini del suo agire quali desumibili da indici
di presunzione di esperienza, perizia e buon senso, nel
grado di prevedibilità di eventi dannosi e nella quota di
esigibilità, anche alla stregua di altri doveri e fini
pubblici da seguire, della norma infranta”.
---------------
FATTO
Con la sentenza in epigrafe, la Sezione giurisdizionale per
la regione Basilicata -in disparte la reiezione di questioni
pregiudiziali e/o procedurali- ha condannato (tra gli altri)
i sig.ri ... al pagamento di importi tra loro diversi (oltre
agli interessi legali) -determinati in via equitativa, nella
misura del 20% di quanto chiesto nell’atto introduttivo e
comprensivi della rivalutazione- a favore dello Stato (50%
del totale), della Regione Basilicata (30% del totale) e del
Comune di LAURIA (PZ) (20% del totale).
I medesimi sono stati ritenuti responsabili -quali
amministratori e/o segretario e v. segretario comunale- del
danno conseguente a illegittimo affidamento a cinque
soggetti esterni, nel periodo 2002/2008, di numerosi e/o non
proficui incarichi per la gestione di pratiche relative alla
ricostruzione post terremoto del 09.09.1998.
...
E’ noto che tra i doveri del
segretario comunale sussiste anche quello, fondamentale, di
esprimere pareri di legittimità sulle delibere dell’ente
locale. La circostanza che, nella specie, entrambi i
suddetti condannati/appellanti non si siano pronunciati
-come se avessero da espletare mera funzione di assistenza e
collaborazione giuridico/amministrativa nella redazione
della delibera- non può valere da esimente ma coinvolge
ancor più la loro responsabilità per il silenzio serbato
mentre avrebbero dovuto espressamente evidenziare la non
conformità a legge del provvedimento.
In tema, la giurisprudenza della Corte è assai chiara
nell’affermare che “L'affidamento, alla stregua della
previsione normativa di cui all'art. 97 T.U. 18.08.2000, n.
267, al segretario comunale di funzioni di assistenza e di
collaborazione giuridica e amministrativa con tutti gli
organi dell'ente locale assorbe, in qualche guisa, lo
specifico compito, dianzi espressamente previsto dall'art.
53 L. 08.06.1990, n. 142, di esprimere un previo parere di
legittimità sulle deliberazioni di giunta; l'evoluzione
normativa in materia ben lungi dall'evidenziare una
sottrazione del segretario in questione alla responsabilità
amministrativa per il parere eventualmente espresso su atti
della Giunta, ne ha invece sottolineato le maggiori
responsabilità in ragione della rilevata estensione di
funzioni, di tal che non assume alcun rilievo esimente
l'art. 17, commi 85 e 86, L. 15.05.1997, n. 127 che ha
espressamente abrogato l'istituto del previo parere di
legittimità del segretario comunale” (cfr.: Sez. 2^ giur.
C.le d’appello,
sentenza 23.06.2004 n. 197; idem, sentenza 17.03.2004 n.
88).
Pertanto non può dubitarsi del fatto che il Segretario
comunale abbia il “preciso obbligo giuridico di segnalare
agli amministratori le illegittimità contenute negli
emanandi provvedimenti”, al fine di impedire atti e
comportamenti illegittimi forieri di danno erariale (Sez.
Giur. Lombardia,
sentenza 09.07.2009 n. 473): si tratta, invero, di una
figura professionale alla quale è per legge “demandato un
ruolo di garanzia, affinché l'attività dell'ente possa
dispiegarsi nell'interesse del buon andamento e
dell'imparzialità” (Sez. Giur. Lombardia,
sentenza 08.05.2009 n. 324).
Orbene, in proposito, è da richiamare la consolidata e
condivisibile giurisprudenza della Corte dei conti secondo
cui, non essendo possibile configurare un generale criterio
di valutazione della colpa grave, non è sufficiente a
integrarla la semplice “violazione della legge o di
regole di buona amministrazione ma è necessario che questa
violazione sia connotata da inescusabile negligenza o dalla
previsione dell'evento dannoso” (Sez. 3^ giur. centrale
di appello, sent. n. 75 del 12/02/2010; idem, sent. n. 424
del 09/10/ 2006).
Detta colpa consiste, infatti, “in un comportamento
avventato e caratterizzato da assenza di quel minimo di
diligenza che è lecito attendersi in relazione ai doveri di
servizio propri o specifici dei pubblici dipendenti (…)”
(Sez. 1^ centrale di appello, sent. n. 305 dell’08.05.2009)
ossia nella “inammissibile trascuratezza e negligenza dei
propri doveri, coniugata alla prevedibilità delle
conseguenze dannose del comportamento” (Sez. Giur.
Calabria, sent. 01/07/2005, n. 763) in relazione alle
modalità del fatto, all'atteggiamento soggettivo dell'autore
nonché al rapporto tra tale atteggiamento e l'evento
dannoso: “di guisa che il giudizio di riprovevolezza
della condotta venga in definitiva ad essere basato su un
quid pluris rispetto ai parametri di cui agli artt. 43 cod.
pen. e 1176 cod. civ.” (Sezioni Riunite, sent.
10/06/1997, n. 56).
Occorre far riferimento, insomma, “al grado di anomalia e
di incompatibilità dei comportamenti concreti rispetto agli
schemi normativi astratti, ivi compreso il dovere di
svolgere i propri compiti con il massimo di lealtà e
diligenza, dovendosi in particolare esaminare il concreto
atteggiarsi dell'agente, calato nella contestualità del
momento, nei fini del suo agire quali desumibili da indici
di presunzione di esperienza, perizia e buon senso, nel
grado di prevedibilità di eventi dannosi e nella quota di
esigibilità, anche alla stregua di altri doveri e fini
pubblici da seguire, della norma infranta” (Sez. Giur.
Piemonte, sent. 02/11/2005, n. 647).
In ragione di quanto precede, a questo Collegio sembrano
palesi la scarsa diligenza, superficialità,
contraddittorietà e/o trascuratezza del modus procedendi
degli (odierni) appellanti -per aver, in particolare,
provveduto al costante rinnovo delle convenzioni– tali da
configurare la loro piena responsabilità in ordine al
pregiudizio patrimoniale arrecato al Comune di Lauria, nel
cui nome e interesse hanno operato.
La gravata sentenza, al proposito, fondatamente ha
evidenziato che l’applicazione (contra legem) di
personale convenzionato all’espletamento delle pratiche
addirittura concernenti il lontano terremoto del 1980, 1981
e 1982 non solo ha inciso sull’efficacia ed efficienza della
gestione dell’attività amministrativa riguardante il sisma
del 1998 –risultata scarsa almeno nella parte della mancata
programmazione (e conseguente valutazione) di un risultato
minimo da raggiungere annualmente da parte dei tecnici
convenzionati– ma ha palesemente violato la legge (art. 5,
c. 3, della l. n. 32/1992).
E’ da convenire, dunque, sul “comportamento gravemente
colposo degli amministratori che hanno assunto le delibere
in tal senso, nonché dei soggetti che hanno svolto le
funzioni di Segretario Comunale nell’occasione, venendo meno
a quei compiti di assistenza giuridico-amministrativa nei
confronti degli organi elettivi e di garanti della
legittimità dell’azione amministrativa previsti dall’art. 97
del d.lgs. n. 267/2000” (pag. 25 della sentenza)
(Corte dei Conti, Sez. III
giurisdiz. centrale d'appello,
sentenza 18.01.2013 n. 40). |
ATTI AMMINISTRATIVI: Con
riferimento al novellato art. 49 del D.Lgs. 18.08.2000 n. 267 si chiede di
specificare l'esatta distinzione tra responsabilità amministrativa e
contabile e in che modo il responsabile di ragioneria risponde in via
amministrativa del citato parere.
In particolare si chiede se può rifiutarsi di apporre il parere di
regolarità contabile restituendo al proponente tecnico una proposta di
deliberazione, qualora constati irregolarità concernenti il parere tecnico
già apposto.
La recente giurisprudenza di alcune Sezioni giurisdizionali della Corte dei
Conti ha ribadito che il parere di regolarità contabile di cui all'art. 49
del T.U.E.L. non può limitarsi a verificare l'esistenza della copertura
finanziaria in relazione a provvedimenti deliberativi degli organi di
indirizzo politico-amministrativo, ma deve necessariamente operare una
verifica sulla legittimità della spesa.
In questo senso:
- Corte dei Conti Toscana Sezione Giurisdizionale Sentenza
25.03.2010, n. 114.
"Considerato, infatti, che l'art. 49, terzo comma, D.Lgs. 267/2000,
prevede che i responsabili dei servizi interessati e della ragioneria
rispondano, in via amministrativa e contabile, dei pareri di regolarità
tecnica e contabile previsti dal primo comma dello stesso articolo, è
evidente che, a fortiori, debba ritenersi che del danno conseguente agli
indebiti pagamenti effettuati in esecuzione di una delibera debba rispondere
il responsabile del servizio competente, omissis.... Se può certamente
convenirsi sul rilievo che il legislatore non attribuisce alcun potere
discrezionale e di merito al responsabile del servizio finanziario in sede
di espressione del parere di regolarità contabile, non può di converso
consentirsi sull'assunto difensivo per cui ne esulerebbe qualunque
accertamento sulla legittimità della spesa.
Contrariamente all'assunto difensivo, il parere di regolarità contabile
investa anche e soprattutto la legittimità della spesa. Depone, in tal
senso.... omissis .... la considerazione che, a termini dell'art. 184,
quarto comma, D.Lgs. 267/2000, il servizio finanziario -cui è preposto il
ragioniere cui il precedente l'art. 49 demanda l'espressione del parere di
regolarità contabile- deve effettuare "secondo i principi e le procedure
della contabilità pubblica, i controlli e riscontri amministrativi,
contabili e fiscali sugli atti di liquidazione", e che, come è dato evincere
dall'art. 147, primo comma, lett. a), D.Lgs. cit., in tema di controlli
interni, la regolarità amministrativa e contabile, oggetto dei controlli e
dei riscontri demandati al servizio finanziario, si identifica con "la
legittimità, regolarità e correttezza dell'azione amministrativa", sicché
sarebbe evidentemente incongrua un'interpretazione per cui, in sede di
espressione del parere di regolarità contabile di cui all'art. 49 D.Lgs. cit.,
che si colloca a monte delle fasi di gestione della spesa pubblica, il
responsabile del servizio finanziario non fosse tenuto ad evidenziare
l'illegittimità della spesa oggetto della proposta di deliberazione.
...omissis ... Né, in contrario, può argomentarsi dalla circostanza che, ove
il parere di regolarità contabile investisse anche la legittimità della
spesa, potrebbe verificarsi (in specie nelle ipotesi in cui il responsabile
del servizio, competente ad esprimere il "parere di regolarità tecnica",
fosse investito di competenze più propriamente amministrative che tecniche)
una possibile "sovrapposizione di competenza", con le conseguenze .. di una
"confusione di ruoli e, soprattutto, di responsabilità" omissis ... Alla
luce delle suesposte considerazioni, deve ritenersi che il parere di
regolarità contabile investa necessariamente anche la legittimità delle
deliberazioni proposte".
- Corte dei Conti Puglia Sezione Giurisdizionale Sentenza
01.03.2006, n. 207;
- Corte dei Conti Sicilia Sezione Giurisdizionale Sentenza
23.03.2011, n. 1058.
In merito al secondo quesito, si precisa che il responsabile del servizio
finanziario risponde in via amministrativa per danni causati all'ente
nell'ambito del rapporto di lavoro, qualora ponga in essere una condotta
dolosa o gravemente colposa che abbia causato un danno all'erario, quindi
anche attraverso il rilascio di un parere contabile che avalli una spesa non
legittima, nel senso sopra riportato.
In merito al terzo quesito, si ritiene che il responsabile del servizio
finanziario debba rifiutarsi di rilasciare un parere contabile favorevole su
proposte tecniche che importino una spesa non legittima, anche qualora
riscontri la copertura finanziaria; ovviamente, ciò non implica un controllo
su tutti gli atti tecnici propedeutici all'adozione della proposta, ma solo
sugli aspetti legati alla legittimità della spesa (esempio: nell'atto di
impegno di spesa per la manutenzione di un'autovettura il responsabile del
servizio finanziario non avrà l'onere di verificare la correttezza della
procedura di gara con cui è stato scelto il soggetto che effettuerà la
manutenzione stessa, ma dovrà accertare, oltre all'ovvia esistenza della
copertura finanziaria, che l'atto non violi le limitazioni poste dalla legge
a tale tipologia di spesa dal D.L. 31.05.2010 n. 78).
---------------
Riferimenti normativi e contrattuali
D.Lgs. 18.08.2000 n. 267, art. 49
Riferimenti di giurisprudenza
Corte dei Conti Sicilia, Sez. Giurisdiz., sentenza 23.03.2011, n. 1058 -
Corte dei Conti Puglia, Sez. Giurisdiz., sentenza 01.03.2006, n. 207
Documenti allegati
Corte dei Conti Toscana, Sez. Giurisdiz., sentenza 25.03.2010, n. 114
(02.01.2013 - tratto da www.risponde.leggiditalia.it/#doc_week=true). |
anno 2012 |
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ATTI
AMMINISTRATIVI:
Dirigenti, determinazioni doc. Obbligatoria
l'attestazione di regolarità amministrativa.
Le novità del dl 174 che non necessitano
dell'approvazione del regolamento sui controlli.
Anche le determinazioni adottate dai dirigenti
devono contenere l'attestazione di regolarità
amministrativa; i pareri di regolarità devono essere
contenuti nei testi delle deliberazioni; i responsabili dei
settori finanziari devono attestare che i provvedimenti non
determinano alterazioni negli equilibri finanziari degli
enti e le attribuzioni dei revisori sul terreno dei pareri
sono accresciute in misura assai rilevante.
Sono queste le principali novità immediatamente operative
contenute nel dl n. 174/2012 sul versante istituzionale,
novità che non hanno bisogno della adozione del regolamento
sui controlli interni per diventare operative. Tutte queste
misure vanno nella direzione dell'ampliamento immediato
delle forme di monitoraggio e verifica delle attività delle
amministrazioni locali, così da prevenire il maturare di
condizioni di deficit.
I pareri di regolarità tecnica resi dai responsabili dei
servizi sono necessari da sempre per le deliberazioni
adottate dalla giunta e dal consiglio; con le nuove regole
essi diventano necessari anche sugli altri atti
amministrativi, in primo luogo quindi sulle determinazioni
adottate dai dirigenti o, nei comuni che ne sono sprovvisti,
dai responsabili, dai decreti e dalle ordinanze adottate dai
sindaci. Questa estensione è contenuta nel nuovo testo
dell'articolo 147-bis del dlgs n. 267/2000, Testo unico
delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, che prevede
che tutti gli atti siano accompagnati dal parere di
regolarità amministrativa. Siamo in presenza di una
estensione dell'ambito di applicazione, che è finalizzato al
rafforzamento delle verifiche sulla legittimità dei
provvedimenti amministrativi. Occorre evidenziare che la
scelta si traduce spesso in un aggravamento del procedimento
che ha un rilievo essenzialmente formale: infatti sulle
determinazioni il parere di regolarità tecnica deve essere
rilasciato dallo stesso dirigente o responsabile che adotta
la determinazione e, quindi, dà atto della legittimità,
opportunità, congruità ecc. del provvedimento da lui
adottato.
Un'altra importante novità è la imposizione del vincolo a
che i pareri di regolarità tecnica e contabile sulle
proposte di deliberazione siano contenuti nel testo del
provvedimento. In questo modo il legislatore vuole rendere
subito evidente le valutazioni sui singoli atti, di modo che
risulti immediatamente il giudizio formulato dai dirigenti o
dai responsabili. Il legislatore vuole quindi evitare che
tali giudizi siano contenuti nel frontespizio delle
delibere, il che determinava comunque un effetto di loro
minore evidenza. Appare quanto mai utile che essi siano
inseriti nella premesse della deliberazione, cioè nella
parte in cui si illustrano le ragioni che sono alla base
della scelta contenuta nel provvedimento.
Altra importante novità è il rafforzamento delle competenze
del dirigente o responsabile finanziario. Non si deve
limitare a verificare la copertura degli oneri nel bilancio
dell'ente e la correttezza della imputazione; il suo
giudizio si deve estendere alla attestazione che l'atto non
determini il maturare di condizioni di squilibrio nella
gestione delle risorse. Ovviamente tra le condizioni di
squilibrio si deve prevedere anche l'eventuale mancato
rispetto del patto di Stabilità. È del tutto evidente che in
questo modo l'ambito delle attività dei dirigenti e/o
responsabili dei settori finanziari si espande in misura
assai significativa e rilevante. E che ciò possa determinare
un ampliamento dei compiti esercitati da questi soggetti è
del tutto evidente. È altrettanto evidente che la scelta
legislativa determina un rilevante ampliamento della loro
responsabilità: non possono infatti limitare alla verifica
del rispetto della copertura degli oneri e della correttezza
della imputazione. La «crescita» del loro ruolo determina,
in modo direttamente correlato, un aumento della loro
responsabilità.
I revisori dei conti si devono esprimere su un arco molto
più ampio di atti. In precedenza essi dovevano esprimersi
sulle proposte di bilancio, sui documenti allegati e sulle
variazioni. Adesso sono chiamati a dare, tra l'altro, un
giudizio su tutti i documenti di programmazione economica e
finanziaria, sulla verifica della permanenza degli
equilibri, sulle scelte compiute dall'ente in materia di
gestione dei servizi, sulle proposte di indebitamento, a
partire dai mutui, sull'eventuale ricorso a forme di finanza
innovativa, sul riconoscimento dei debiti fuori bilancio,
sulle transazioni a cui l'ente intende aderire, nonché sui
regolamenti finanziari, ivi compresi quello di economato,
patrimoniali, tributari e delle altre entrate proprie
dell'ente (articolo
ItaliaOggi del 21.12.2012). |
ATTI
AMMINISTRATIVI - ENTI LOCALI: I
controlli negli enti locali. Riforma sprint sui conti dei
Comuni. Da adottare entro il 10 gennaio i regolamenti locali
con i nuovi compiti per revisori e segretari.
IL RISCHIO/ A tutti i vertici amministrativi competenze più
pesanti ma non accompagnate da tutele efficaci.
Quella scritta nel decreto legge sui «costi della
politica» è una riforma profonda dei controlli negli
enti locali. Una riforma, però, nata dall'emergenza, varata
per decreto legge e ritoccata in Parlamento nel corso di un
dibattito già scaldato dal clima pre-elettorale.
Le novità che ne sono uscite sono parecchie, hanno tempi di
attuazione spesso strettissimi, ma l'efficacia e la
praticabilità degli equilibri che disegnano fra le diverse
professionalità che lavorano in Comuni e Province sono tutte
da verificare nelle prove sul campo. Tutti i settori di
vertice dell'amministrazione locale vengono investiti di
nuovi compiti, che questa Guida prova a spiegare profilo per
profilo, all'interno però di un ridisegno che non sceglie se
puntare sui controlli interni o esterni, e non sembra
preoccuparsi troppo dell'armonia fra le musiche che i
diversi orchestrali devono suonare.
L'ampliamento dei compiti più deciso è forse quello
riservato ai revisori dei conti che, dopo l'avvio delle
nuove regole di nomina più attente all'indipendenza dalla
politica, sono ora chiamati a entrare sempre più nel merito
di tutte le scelte gestionali, comprese quelle che
riguardano le modalità di svolgimento dei servizi, in
economia o tramite società esterne. Non si è colta, però,
l'occasione di ricreare i collegi negli enti fra 5mila e
15mila abitanti, cancellati nel 2006 in uno dei primi,
malintesi, tagli ai «costi della politica»; anzi, nel primo
passaggio parlamentare una mano aveva messo a rischio nei
Comuni inseriti in Unioni il ruolo di più di mille
professionisti, cancellati da un emendamento poi caduto
prima del l'approvazione definitiva.
Nel decreto originario, invece, il Governo aveva pensato di
affidare la presidenza dei collegi negli enti sopra i 60mila
abitanti a dipendenti ministeriali, con uno slancio
centralista anch'esso cancellato per evidenti problemi di
costituzionalità.
La stessa incertezza fra spinta ai controlli centrali e
delega all'autonomia locale si nota nelle nuove regole sui
responsabili dei servizi finanziari. La loro centralità
nella gestione dell'ente diventa sempre più marcata, i loro
pareri diventano obbligatori su tutti gli atti che possano
incidere anche in modo indiretto su equilibri e patrimonio,
e cresce la loro influenza sulla politica che può
discostarsi dalle loro indicazioni solo con motivazioni
adeguate e documentate. Un ruolo, quello del ragioniere-capo
rafforzato dalla riforma, che vede crescere responsabilità e
rischi di conflitto con la politica, ma non le tutele: anche
in questo caso, dopo un iniziale impeto eccessivamente
centralista (secondo il quale la revoca dell'incarico del
ragioniere sarebbe stata possibile solo con l'assenso di
Viminale ed Economia) si è tornati indietro e non si è più
prevista alcuna tutela aggiuntiva.
Riflessioni simili possono essere svolte per i segretari
generali, che oltre a vedersi ribadito il compito di primi
attori nei controlli di regolarità amministrativa sono
chiamati a essere i primi interlocutori della Corte dei
conti con le relazioni semestrali sull'andamento della
gestione e sull'efficacia dei controlli esterni. E il fatto
che la Corte, controllore esterno per eccellenza, debba
giudicare il funzionamento delle verifiche interne denuncia
in modo palese le sovrapposizioni fra i due sistemi tra cui
la riforma non sceglie.
Riassumendo: l'agenda di revisori, segretari, ragionieri e
magistrati cresce sensibilmente e solo l'attuazione potrà
verificare l'efficacia e la praticabilità della convivenza
fra attori così pesanti. Un'attuazione che ha tempi
strettissimi, e che impegna tutti gli enti locali, dal
piccolo Comune alla grande città, a riscrivere i regolamenti
e redistribuire i compiti in pochissime settimane. Le regole
vanno adeguate entro il 10 gennaio, poi la macchina deve
partire
(articolo Il
Sole 24 Ore 14.12.2012
- tratto da www.ecostampa.it). |
ATTI
AMMINISTRATIVI - ENTI LOCALI: Controlli interni subito al via.
Entro il 10 gennaio gli enti devono varare il regolamento.
Le amministrazioni inadempienti
rischiano la diffida del prefetto e lo scioglimento.
Entro il 10 gennaio i consigli comunali, provinciali, delle
unioni dei comuni e delle superstiti comunità montane devono
approvare il regolamento consiliare sui controlli interni.
Le amministrazioni inadempienti saranno diffidate dal
prefetto e, se entro i due mesi successivi non avranno
adottato tale testo, saranno sciolte.
Con queste disposizioni contenute nel dl n. 174/2012, per
come convertito dalla legge 213, vengono significativamente
accresciuti i controlli interni negli enti locali. La norma
ne ha previsti ben sei: regolarità amministrativa e
contabile, di gestione, sugli equilibri finanziari,
strategico, sulle società partecipate e non quotate e sulla
qualità dei servizi erogati. Le prime tre forme sono
obbligatorie da subito per tutte le amministrazioni locali,
le altre tre sono da subito obbligatorie solamente per gli
enti locali che hanno più di 100 mila abitanti, lo
diventeranno dal 1/1/2014 per quelli con popolazione
superiore a 50 mila abitanti e dal 01/01/2015 per quelli
superiori a 15 mila abitanti.
Tutte le forme di controllo interno vanno disciplinate
all'interno dello specifico regolamento, tranne quella sugli
equilibri di bilancio, che deve essere inserita nel
regolamento di contabilità. Per esplicita previsione
legislativa la competenza alla adozione del regolamento
appartiene al consiglio, nonostante per molti aspetti siamo
in presenza di misure aventi una natura organizzativa. Se il
regolamento non viene approvato il legislatore dispone lo
scioglimento degli organi di governo. E inoltre sono
stabilite la irrogazione delle stesse sanzioni previste per
gli amministratori e i revisori dei conti responsabili dei
dissesti e una specifica multa.
Quanto alle forme di verifica sulla adozione e sulla
applicazione del regolamento, si deve ricordare che un copia
deve essere inviata al prefetto e alla sezione regionale di
controllo della Corte dei conti e che le province ed i
comuni con popolazione superiore a 15 mila abitanti devono
semestralmente trasmettere alla stessa una relazione sulla
gestione e sull'andamento dei controlli interni.
Nel regolamento, occorre scegliere per tutte le forme di
controllo interno la struttura che è chiamata a esercitarlo,
la periodicità e la utilizzazione del report. Per i
controlli di regolarità amministrativa e contabile il
responsabile è individuato direttamente dal legislatore nel
segretario; per quello strategico nel direttore generale o,
nel caso in cui questa figura non sia presente, nel
segretario; quello sugli equilibri finanziari deve fare capo
necessariamente al dirigente economico finanziario. Invece
deve essere il regolamento ad individuare il responsabile
delle altre tre forme di controllo interno, cioè quello di
gestione, quello sulle società partecipate non quotate e
quello di qualità sui servizi erogati. Per tutte le forme di
controllo deve essere il regolamento a individuare la
struttura competente, cioè i soggetti che affiancano il
responsabile.
Da sottolineare che il legislatore prevede
necessariamente il coinvolgimento del segretario, del
direttore generale se presente, dei dirigenti e degli
organismi di controllo. Occorre inoltre fissare la cadenza
periodica con cui dovranno essere svolte le varie forme di
controllo e, quindi, con cui saranno prodotti i report; in
tale scelta è opportuno tenere presente il vincolo della
relazione semestrale, che deve dare conto anche degli esiti
delle verifiche interne, da rendere alla sezione regionale
di controllo della Corte dei conti da parte delle province e
dei comuni con più di 15 mila abitanti.
Va ricordato che, tranne il controllo preventivo di
regolarità amministrativa e contabile, tutte le forme di
controllo interno si concretizzano nella realizzazione di
una relazione. Altro aspetto comune è la disciplina delle
modalità di utilizzazione dei report. Essi vanno trasmessi,
sulla base del vincolo dettato dal legislatore, alla giunta
ed al consiglio dell'ente: il regolamento può dettare
specifiche regole, come ad esempio la necessità che i suoi
esiti siano necessariamente esaminati dagli organi di
governo, anche individuandone le modalità e la tempistica.
La verifica di regolarità amministrativa e contabile si
suddivide in 2 parti: quella preventiva, che si esercita
tramite i pareri di regolarità tecnica e contabile e quella
successiva. Per questa seconda forma è necessario
disciplinare le modalità con cui vengono scelte le
determinazioni, i contratti e gli altri atti amministrativi
da sottoporre a verifica. Si può usare la tecnica della
scelta a campione, ma si può anche prevedere (in alternativa
o a integrazione) che alcuni atti siano comunque sottoposti
a tale verifica, ad esempio quelli di importo rilevante.
Occorre inoltre disciplinare il contenuto della direttiva
che il segretario può impartire ai dirigenti attraverso il
report.
Per il controllo di gestione la disciplina deve riguardare
soprattutto i contenuti e le modalità di rilevazione delle
informazioni.
Per quello sugli equilibri della gestione finanziaria la
regolamentazione deve avere come oggetto soprattutto la
definizione delle modalità di intervento e coinvolgimento
del collegio dei revisori dei conti. Ad esempio essi possono
svolgere tanto ruoli attivi, quanto esser chiamati alla
verifica degli esiti. E ancora è necessario prevedere le
modalità di effettuazione delle verifiche sulle società,
così da evitare il maturare di improvvise condizioni di
deficit: per cui appare utile stabilire un nesso diretto con
le verifiche sulle società.
Per il controllo strategico le scelte di maggiore rilievo
sono quelle legate alla definizione del suo contenuto, che
per molti versi comprende gli esiti di tutte le forme di
controllo interno. Per cui appare necessario che si
stabiliscano forme di interrelazione con tutte le altre
forme di verifica. Appare inoltre opportuno che esso
comprenda anche la relazione sulle performance di cui al
dlgs n. 150/2009, cd legge Brunetta.
Il monitoraggio della gestione delle società non partecipate
deve essere esattamente puntualizzato nei contenuti ed
occorre inoltre disciplinare le modalità di interrelazione
con i controlli strategico e sulla qualità dei servizi
erogati.
Infine, si deve definire il contenuto del controllo sulla
qualità dei servizi erogati. Esso deve fare riferimento sia
a quelli gestiti dall'ente che a quelli gestiti dalle
società partecipate che a quelli gestiti da soggetti
aggiudicatari. Appare necessario che esso comprenda anche
gli esiti della customer satisfaction prevista dalla
legge Brunetta tra gli elementi caratterizzanti le
performance organizzative
(articolo ItaliaOggi del 14.12.2012). |
PUBBLICO
IMPIEGO:
Decreto enti locali. Cancellata la salvaguardia
degli incarichi. Per i ragionieri dei Comuni nuovi compiti e
meno tutele.
Una correzione di qua e un ritocco di là, alla
fine i responsabili finanziari degli enti locali incontrano
nella legge di conversione del decreto sui costi della
politica solo un deciso ampliamento dei loro compiti, ma
nessuna tutela aggiuntiva.
Nel maxiemendamento del Governo, infatti, si è persa per
strada la clausola di salvaguardia che mirava a metterli al
riparo da revoche "ingiustificate" dell'incarico,
magari dettate dal fatto che il loro ruolo rafforzato nelle
verifiche intralciasse troppo i programmi politici
dell'amministrazione. Una novità, quest'ultima, che fa
storcere il naso ai diretti interessati, e che denuncia
ulteriormente i problemi dettati dalla nuova architettura
dei controlli negli equilibri spesso delicati degli
organismi di vertice degli enti locali.
La prima versione della clausola, scritta nel testo
originario del decreto legge 174/2012 approvata dal Governo,
in un afflato centralista di problematica attuazione,
metteva addirittura i responsabili finanziari di Comuni e
Province sotto la tutela del Governo. Si prevedeva infatti
che l'incarico di responsabile del servizio finanziario
potesse essere revocato dal sindaco o dal presidente della
Provincia solo «in caso di gravi irregolarità»
riscontrate nell'esercizio delle sue funzioni; per avere
effetto, però, l'ordinanza di revoca avrebbe dovuto passare
un doppio vaglio centrale, da parte del ministero
dell'Interno e della Ragioneria generale dello Stato. Una
tutela, questa, che aveva fatto sollevare più di un dubbio
sulla sua costituzionalità, perché re-introduceva un
controllo centrale su enti che in base al Titolo V della
Costituzione sono equiordinati allo Stato.
Proprio su questo aspetto avevano agito gli emendamenti nel
primo passaggio parlamentare, che avevano sostituito la
tutela da parte di Viminale ed Economia con quella garantita
dal giudizio dell'organo interno di revisione, che avrebbe
dovuto avallare o meno la decisione del sindaco di mettere
alla porta il ragioniere capo.
La polemica, però, era scoppiata anche su un piano più
politico: i segretari generali, anch'essi investiti di nuovi
compiti nella macchina dei controlli interni, avevano
raccolto in pochi giorni oltre mille firme in fondo a una
petizione per chiedere tutele analoghe, mentre i sindaci si
erano detti contrari alla blindatura di un incarico che non
può prescindere da una base collaborativa e fiduciaria.
Risultato finale: i ragionieri-capo dovranno dare pareri su
tutti gli atti che possano incidere su equilibri di bilancio
e patrimonio, ma potranno essere revocati senza troppi
problemi (articolo Il Sole 24 Ore
dell'11.12.2012 - tratto da www.ecostampa.it). |
ATTI
AMMINISTRATIVI - PUBBLICO IMPIEGO: Enti,
ragionieri senza tutele. Dietrofront sull'inamovibilità del
responsabile finanziario. Il senato
ha votato la fiducia sul dl salva-enti che torna alla camera
per l'ok definitivo.
Addio all'inamovibilità del ragioniere-capo.
È questa una delle novità più significative per gli enti
locali introdotte (ndr:
col maxiemendamento n. 1.900) nella legge di
conversione del
dl 174/2012 dopo il passaggio, completato ieri,
nell'aula del senato. È stata eliminata, infatti, la
previsione che subordinava la revoca del responsabile del
servizio finanziario, oltre che all'accertamento di gravi
irregolarità nell'esercizio delle funzioni assegnate, anche
al parere obbligatorio dei revisori dei conti.
In precedenza (ndr:
testo approvato in 1^ lettura alla Camera), la
camera aveva cancellato la norma che richiedeva addirittura
il parere conforme del Mef e che aveva causato una levata di
scudi da parte dei sindaci per difendere il primato della
politica e l'autonomia comunale. Al riguardo, quindi, tutto
torna come prima, lasciando però nuovamente nudi i «guardiani
dei conti» di fronte alle pressioni degli
amministratori.
Con 194 sì, 58 no e 4 astenuti l'aula di palazzo Madama ha
votato la fiducia sul testo (ndr:
testo approvato in 2^ lettura dal Senato) che ora
passa subito alla camera per un'approvazione lampo. E,
stando a quanto emerso dalla Conferenza dei capigruppo,
sembra scontato il ricorso alla fiducia anche a Montecitorio
(il decreto arriverà in aula oggi pomeriggio e subito
dovrebbe essere posta la fiducia che dovrebbe essere votata
domani, mentre venerdì alle 12 sono previste le
dichiarazioni di voto e il voto finale sul testo).
I ritocchi approvati a Palazzo Madama riguardano anche altri
aspetti rilevanti del provvedimento, per quanto concerne, in
particolare, i controlli interni, l'Imu degli enti non
commerciali e le agevolazioni per le zone terremotate.
Sotto il primo profilo, è stata circoscritta la platea degli
enti obbligati ad attivare il controllo strategico, quello
sulla qualità dei servizi e quello sulle partecipate:
l'obbligo (inizialmente esteso a tutte le amministrazioni
con più di 10 mila abitanti) riguarderà fin da subito solo
quelle oltre i 100 mila, soglia che scenderà a 50 mila nel
2014 per assestarsi a 15 mila dal 2015.
In materia di esenzione Imu degli enti non commerciali, è
stata inserita una disposizione che dà piena copertura
legislativa ai criteri identificati con il decreto del Mef
del 19 novembre (pubblicato sulla G.U. 274/2012). Inoltre, è
stato espressamente chiarito che l'esenzione prevista
dall'art. 7, comma 1, lett. i), del dlgs 504/1992 non si
applica alle fondazioni bancarie.
Per i comuni colpiti dal sisma del maggio scorso arrivano
piccoli aiuti sul Patto di stabilità interno e un parziale
allentamento della stretta sulle spese di personale. Quanto
al Patto, oltre all'esclusione delle risorse presenti nelle
contabilità speciali delle gestioni commissariali, è stata
prevista anche una mini-esenzione per le spese finanziate da
erogazioni liberali e donazioni da parte di cittadini
privati e imprese, fino a un massimo di 10 milioni all'anno
(9 per la regione Emilia-Romagna e mezzo milione ciascuna
per Veneto e Lombardia, che verranno distribuiti dai
rispettivi governatori). I suddetti comuni e le relative
unioni potranno, inoltre, per gli anni 2012 e 2013,
incrementare fino al 5% annuo il fondo delle risorse
decentrate, per destinare gli stanziamenti integrativi a
remunerare le prestazioni rese dal personale in relazione
alla gestione dello stato di emergenza. Sempre nelle aree
terremotate è stato prorogato al 31.05.2013 il termine per
l'accatastamento dei fabbricati rurali.
Da segnalare, ancora, la previsione che allunga i tempi per
la determinazione dei fabbisogni standard: le modifiche al
catalogo delle funzioni fondamentali saranno prese in
considerazione solo a partire dal primo anno successivo
all'adeguamento dei certificati consuntivi.
Confermate, infine, le nuove misure a favore degli enti alle
prese con pesanti criticità finanziarie (si veda ItaliaOggi
del 30 novembre), con la possibilità anche per le regioni
sotto piano di rientro dal deficit sanitario di attivare
immediatamente anticipazioni di cassa fino a 50 milioni, con
l'innalzamento da 100 a 300 euro della consistenza
pro-capite massima di quelle assegnabili agli enti locali e
con l'allungamento da 5 a 10 anni della durata massima del
piano di riequilibrio finanziario pluriennale connesso al
nuovo meccanismo di pre-dissesto.
Introdotte anche misure ad hoc per gli enti locali
sciolti per mafia e che presentino anche squilibri
strutturali di bilancio: una formulazione che sembra cucita
addosso al comune di Reggio Calabria
(articolo ItaliaOggi del 05.12.2012). |
ENTI LOCALI -
PUBBLICO IMPIEGO:
Decreto enti locali. Alla Camera cade la
nomina da parte del prefetto per i controllori dei conti
nelle città.
Più tutele ai ragionieri-capo. Per la revoca ci vorrà il
parere dei revisori e non quello dei ministeri.
Obbligo di acquisire il parere dei
revisori dei conti –in luogo di quelli del ministero
dell'Interno e della Ragioneria generale dello Stato
previsti dal testo iniziale– prima di revocare i
responsabili del settore finanziario. Innalzamento a 15mila
–al posto di 10mila– della soglia minima di abitanti a
partire dalla quale i Comuni devono attivare i controlli
strategico, di qualità e sulle società e sottoporsi alla
verifica della Corte dei conti. Modifica dei compiti di
controllo attribuiti alla magistratura contabile rispetto
alle Regioni e agli enti locali. E poi introduzione della
relazione di inizio mandato per gli enti locali e
soppressione della nomina da parte del prefetto del
presidente del collegio dei revisori nei grandi enti locali.
Sono queste le principali novità in materia di controlli
interni approvate dalla Camera durante l'esame del decreto
174/2012 sugli enti locali per la conversione in legge: dopo
la fiducia votata l'8 novembre e il via libera atteso per
domani, il testo deve passare al Senato.
Inoltre, i deputati hanno deciso di limitare ai Comuni con
popolazione superiore a 15mila abitanti (anziché 10mila)
l'obbligo di dare pubblicità alla condizione patrimoniale
degli eletti, di modificare l'intervento dello Stato in
aiuto dei Comuni in difficoltà e di abrogare la proroga del
termine per il versamento da parte dei Comuni al Viminale di
una quota dei diritti di segreteria. Ma vediamo le novità
nel dettaglio.
Intanto, entro tre mesi dall'insediamento i sindaci devono
redigere una relazione di inizio mandato, predisposta dal
segretario o dal dirigente del settore finanziario, in cui
accertare la condizione patrimoniale ed economica e
l'indebitamento.
La revoca dei dirigenti del servizio finanziario può essere
disposta dai sindaci per gravi irregolarità ed è necessario
il parere dei revisori dei conti. Questo parere prende il
posto di quello previsto dal testo iniziale del decreto, a
carico del ministero dell'Economia e della Ragioneria
generale dello Stato. Si vuole così rafforzare
l'indipendenza dei "ragionieri capo", tanto più
marcata perché i revisori saranno scelti per sorteggio, ed
evitare gli assai discutibili interventi di soggetti esterni
all'ente. Non dovranno, inoltre, tenere conto degli
indirizzi della Ragioneria dello Stato: il possibile filo
diretto è così spezzato sul nascere.
Inoltre, l'obbligo di attivare il controllo strategico e
quelli sulle società controllate e sulla qualità dei servizi
è dettato per i Comuni con popolazione superiore a 15mila
abitanti e non più, come nella previsione iniziale, per i
municipi con oltre 10mila abitanti. Si prevede inoltre che
il controllo strategico, come quello di regolarità
amministrativa e contabile, sia svolto da un ufficio alle
dipendenze del segretario. Dai controlli sulle società
vengono escluse quelle quotate in borsa.
Poi, il controllo semestrale della Corte dei conti viene
limitato ai Comuni con più di 15mila abitanti. Esso viene
esteso all'equilibrio di bilancio. Viene eliminata la
possibilità per la magistratura contabile di avvalersi della
Guardia di finanza, mentre la Ragioneria generale dello
Stato, anche su input della Corte dei conti, può disporre
controlli sugli enti locali che ricorrono alle anticipazioni
di cassa, che hanno uno squilibrio di bilancio, che
presentano anomalie nella gestione dei servizi in conto
terzi o hanno aumentato la spesa per gli organi
istituzionali.
La Corte dei conti deve anche verificare i bilanci per il
rispetto del patto di stabilità, dell'indebitamento e della
gestione finanziaria, comprese le partecipazioni superiori
al 90 per cento.
Si prevede poi che le unioni dei Comuni debbano avere tre
revisori, che svolgono tale attività anche per i Comuni
aderenti, con automatica decadenza di quelli in carica.
Viene soppressa la previsione per cui il presidente del
collegio dei revisori dei conti nei grandi Comuni, nelle
Province e nelle Città metropolitane avrebbe dovuto essere
designato dal prefetto.
Infine, le sezioni decentrate di controllo della
magistratura contabile devono esaminare i bilanci preventivi
e consuntivi delle Regioni, degli enti del servizio
sanitario e delle società controllate che gestiscono servizi
pubblici e a trasmettere con cadenza semestrale un referto
ai consigli regionali, con l'obbligo della Regione di
adottare i provvedimenti richiesti. Il presidente della
Regione trasmette alla Corte dei conti e al consiglio
regionale una relazione annuale sulla gestione. Vengono
rafforzati i vincoli connessi alla relazione di fine
legislatura delle Regioni e degli enti locali.
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Nuova soglia 15mila
La popolazione
● Durante l'esame
alla Camera del decreto legge 174/2012 sugli enti locali è
stata innalzata a 15mila abitanti –rispetto ai 10mila del
testo originario– la soglia per l'applicazione ai Comuni
dell'obbligo di attivare il controllo strategico sullo stato
di attuazione dei programmi rispetto alle direttive
impartite dal Consiglio, sulle società controllate e sulla
qualità dei servizi erogati
● Limitato ai Comuni con più di 15mila abitanti (anziché
10mila) anche il controllo semestrale della Corte dei conti
● Circoscritto ai Comuni con più di 15mila abitanti anche
l'obbligo di dare pubblicità alla condizione patrimoniale
degli eletti (articolo
Il Sole 24 Ore del 12.11.2012 - tratto da
www.corteconti.it). |
ATTI
AMMINISTRATIVI - PUBBLICO IMPIEGO:
R. Pagliaro,
Ancora sul parere di regolarità tecnica e contabile
(06.11.2012). |
ATTI
AMMINISTRATIVI:
La violazione della norma che impone
(tra l’altro) il parere di regolarità contabile determina
l’illegittimità della relativa delibera perché si tratta di
disposizione che ha l’importante finalità di mettere al
corrente l’organo politico (la giunta o il consiglio)
dell’incidenza della deliberazione sul bilancio comunale,
fermo restando che detti pareri non pongono alcun limite
alla potestà deliberante di quest’ultimo che ben può
liberamente disporre del contenuto delle deliberazioni (una
volta resi detti pareri) perché, diversamente argomentando,
si finirebbe con l’attribuire agli organi consultivi potere
di amministrazione attiva, lasciando ai corpi
rappresentativi la funzione di mera ratifica delle
determinazioni altrui.
Passando all'esame della questione centrale relativa
all'illegittimità della più volte citata deliberazione
729/2001 in ragione della violazione dell'articolo 53 legge
142/1990, come recepito in Sicilia dalla legge regionale
48/1991, occorre rilevare che effettivamente la
deliberazione in questione non reca il previsto parere di
regolarità contabile. Sotto tale aspetto, dunque, la
delibera presenta profili di indubbia contrarietà al chiaro
disposto della legge e conseguentemente il motivo d'appello
deve essere rigettato (Cons. St., V, 15.02.2000 n. 808)
risultando convincente l’illegittimità riscontrata dal
giudice di primo grado.
A differenza di quanto affermato da alcune decisioni dei
TAR, il Consiglio ritiene che la violazione della norma che
impone (tra l’altro) il parere di regolarità contabile
determini l’illegittimità della relativa delibera (Cons.
St., V, 15.02.2000 n. 808) perché si tratta di disposizione
che ha l’importante finalità di mettere al corrente l’organo
politico (la giunta o il consiglio) dell’incidenza della
deliberazione sul bilancio comunale, fermo restando che
detti pareri non pongono alcun limite alla potestà
deliberante di quest’ultimo che ben può liberamente disporre
del contenuto delle deliberazioni (una volta resi detti
pareri) perché, diversamente argomentando, si finirebbe con
l’attribuire agli organi consultivi potere di
amministrazione attiva, lasciando ai corpi rappresentativi
la funzione di mera ratifica delle determinazioni altrui
(Corte Conti reg. Sicilia, sez. giurisd., 23.03.2011, n.
1058) (C.G.A.R.S.,
sentenza 16.10.2012 n. 942 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI
AMMINISTRATIVI:
Subito al via gli esami preventivi agli
atti. Il parere tecnico «vincola» tutte le delibere.
L'immediata operatività di alcune disposizioni del
D.L. 10.10.2012 n. 174 determina la
riorganizzazione di molte fasi dei processi decisionali.
Le nuove norme relative ai pareri sulle deliberazioni e a
quelli dell'organo di revisione sono in vigore dal 10
ottobre, con l'inserimento nel Tuel: di conseguenza, le
amministrazioni devono adeguare le procedure per la
formazione degli atti di giunta e consiglio al nuovo quadro
di regole, a pena di illegittimità degli stessi.
In base alla nuova formulazione dell'articolo 49 del Dlgs
267/2000, per le deliberazioni di giunta e di consiglio va
richiesto il parere di regolarità tecnica del responsabile
di servizio, ma, se esse comportano riflessi diretti o
indiretti sulla situazione economico-finanziaria o sul
patrimonio dell'ente, va acquisito anche il parere del
responsabile del servizio finanziario in ordine alla
regolarità contabile (comma 1).
La resa dei pareri deve avvenire in relazione alla proposta
di deliberazione formata e sottoposta all'organo collegiale
per l'adozione, con il loro inserimento nel testo della
stessa. Giunta e Consiglio possono discostarsene in sede di
approvazione dell'atto, ma devono darne adeguata motivazione
nel testo della deliberazione (comma 4). La norma ha
contenuto analogo a quello dell'articolo 6, comma 1, lettera
e), della legge 241/1990 in linea generale per i
provvedimenti amministrativi.
La disposizione consente comunque ai due organi collegiali
di adottare altre decisioni, che potranno assumere la
configurazione di meri atti di indirizzo, tuttavia
restringendo di fatto l'ambito di utilizzo degli stessi.
Nel caso in cui l'ente non abbia i responsabili dei servizi
(quindi nelle ipotesi di Comuni di ridotte dimensioni), i
pareri sono espressi dal segretario dell'ente, in relazione
alle sue competenze.
In tema di pareri incide anche la nuova formulazione
dell'articolo 239 del Tuel, che riporta all'organo di
revisione la resa di una serie di pareri obbligatori su
alcune delle decisioni di massima rilevanza per la
situazione economico-finanziaria e organizzativa dell'ente
locale. La norma prevede, peraltro, che la resa dei pareri
sia disciplinata da un regolamento, che non potrà essere che
quello di contabilità, creando un singolare paradosso,
poiché i revisori devono svolgere la loro azione consultiva
anche sulle proposte di regolamenti relativi alla
contabilità (come pure quelli in materia di economato,
patrimonio e applicazione dei tributi locali). Le
valutazioni dell'organo di revisione sugli oggetti specifici
indicati nell'articolo 239 sono obbligatorie e vanno
formulate con un giudizio articolato su congruità, coerenza
e attendibilità contabile in rapporto alle previsioni di
bilancio.
Anche l'integrazione apportata all'articolo 109 del Tuel,
sui presupposti per la revoca del responsabile del servizio
finanziario e sul percorso per la formalizzazione della
stessa (comprensivo del parere obbligatorio del ministero
dell'Interno e del Mef-Rgs), comporta l'immediata
operatività della procedura. Di conseguenza, un atto di
revoca da parte del sindaco o del presidente della Provincia
(in forma di ordinanza) non sostenuto dal presupposto di
gravi irregolarità nell'esercizio delle funzioni assegnate,
e senza il parere obbligatorio dei due ministeri, sarebbe
illegittimo (articolo
Il Sole 24 Ore del 15.10.2012 - link a
www.ecostampa.it). |
ATTI
AMMINISTRATIVI - PUBBLICO IMPIEGO:
DECRETO SALVA-ENTI/ Più peso ai
dirigenti nei comuni. I politici devono giustificarsi se si
discostano dai pareri. Il
provvedimento è stato pubblicato ieri in G.U. (dl 174/2012).
Giunte e consigli di comuni e province dovranno esplicitare
le ragioni in base alle quali le delibere da essi approvate
risultino difformi dai contenuti del parere di regolarità
tecnica.
Il decreto legge sui controlli e gli equilibri finanziari di
regioni ed enti locali (dl 174 del 10/10/2012, pubblicato
sulla G.U. n. 137 di ieri) modifica l'articolo 49 del dlgs
267/2000, inserendo un nuovo comma 4, ai sensi del quale: «Ove
la giunta o il consiglio non intendano conformarsi ai pareri
di cui al presente articolo, devono darne adeguata
motivazione nel testo della deliberazione». Lo scopo
della disposizione è, ovviamente, rafforzare il valore
consultivo del parere espresso dai dirigenti o responsabili
di servizio sugli atti deliberativi.
Da sempre, dall'entrata in vigore della legge 142/1990,
sulle deliberazioni di consigli e giunte è richiesto il
parere di regolarità tecnica (un tempo, era previsto anche
quello di legittimità da parte del segretario comunale,
improvvidamente abolito dalle riforme Bassanini). Tale
parere è obbligatorio, salvo che per gli atti di mero
indirizzo politico (atti ispettivi, mozioni), ma non
vincolante.
Dunque, gli organi collegiali di governo possono adottare
una decisione che vada in una linea diversa, sul piano
dell'opportunità, del merito e anche della disciplina
normativa da seguire, da quella indicata dal parere. Fin
qui, impropriamente, in molte amministrazioni laddove il
responsabile esprimesse o intendesse esprimere un parere non
favorevole alla regolarità della proposta di deliberazione
accadeva che organi politici e tecnici andassero allo
scontro o che si facesse in modo di ricondurre il parere
alle indicazioni degli organi di governo, per evitare di
manifestare contrasti tra decisione adottata e parere in
merito.
Un sistema di aggiramento della norma, che invece intende
proprio evidenziare le eventuali alterità di visione e di
responsabilità nel procedimento di adozione delle delibere.
Non si deve dimenticare che i responsabili dei servizi, ai
sensi del comma 3 dell'articolo 49 del Tuel «rispondono
in via amministrativa e contabile dei pareri espressi»:
essi hanno il dovere di rilevare ogni aspetto di
irregolarità che possa ledere la corretta esplicazione del
potere amministrativo, essendo il parere l'estremo momento
nel quale rendere consapevoli gli organi di governo di
eventuali possibili danni o, appunto, irregolarità
discendenti dalle deliberazioni.
Con la modifica apportata dal decreto legge, non sarà più
possibile nascondere eventuali diverse visioni tra organi di
governo e responsabili di servizio. Il procedimento di
formazione delle deliberazioni si arricchisce di una fase in
più, eventuale: all'istruttoria e formulazione del testo
della proposta, si affianca la fase, eventuale, della
modifica della proposta in conseguenza del parere di
regolarità tecnica eventualmente negativo rispetto ai
contenuti della proposta. Gli organi collegiali sono
obbligati a spiegare perché non ritengono di conformarsi
alle indicazioni tecniche di chi è chiamato a illustrare
loro le strade più corrette e legittime per perseguire gli
interessi pubblici.
In questo modo, in analogia a quanto accade nel rapporto tra
responsabile del procedimento e autorità decidente ai sensi
dell'articolo 6, comma 1, lettera f), della legge 241/1990,
si distinguono necessariamente le responsabilità tecniche,
da quelle politico-amministrative. Indirettamente, il parere
finisce per essere uno strumento finalizzato a ponderare
molto bene le scelte dell'organo di governo. E i dirigenti o
responsabili di servizio non potranno più nascondersi dietro
un dito e non esprimere apertamente rilievi, nei confronti
di provvedimenti che contengono delle criticità (articolo
ItaliaOggi dell'11.10.2012 - tratto da
www.corteconti.it). |
ATTI
AMMINISTRATIVI - PUBBLICO IMPIEGO:
R. Pagliaro,
Decreto-legge SALVA ENTI ... e i “pareri” dei
responsabili di servizio sulle proposte di deliberazione da
sottoporre alla Giunta od al Consiglio comunale (11.10.2012). |
CONSIGLIERI COMUNALI - ENTI LOCALI -
PUBBLICO IMPIEGO - SEGRETARI COMUNALI:
G.U. 10.10.2012 n. 237 "Disposizioni
urgenti in materia di finanza e
funzionamento degli enti territoriali,
nonché ulteriori disposizioni in favore
delle zone terremotate nel maggio 2012"
(D.L.
10.10.2012 n. 174). |
ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO:
DECRETO SALVA ENTI/
Ragionieri in una botte di ferro. Per
revocarli il sindaco dovrà avere l'ok di
Viminale e Rgs.
Tecnici garantiti rispetto al potere
politico. Dl oggi in Gazzetta Ufficiale.
Ragionieri degli enti locali in una botte di
ferro. Non saranno più soggetti alle bizze
del sindaco di turno e potranno così
sorvegliare la corretta tenuta dei conti
senza temere ritorsioni. Passa anche dal
rafforzamento delle prerogative dei
responsabili finanziari di comuni e province
il giro di vite sui controlli contabili
introdotto dal decreto legge n. 173/2012
(c.d. salva-enti) approvato giovedì scorso
dal consiglio dei ministri e che sarà
pubblicato oggi in Gazzetta Ufficiale (n.
236 del 09.10.2012).
Con una norma nuova di zecca che modifica
l'art. 109 del Tuel, il decreto prevede che
l'incarico di responsabile finanziario possa
essere revocato esclusivamente in caso di
gravi irregolarità riscontrate
nell'esercizio delle funzioni assegnate. Per
mandar via il proprio ragioniere, il sindaco
dovrà emanare un'apposita ordinanza ma solo
dopo aver acquisito il parere obbligatorio
del ministero dell'interno e della
Ragioneria generale dello stato. Senza l'ok
del Viminale e di Via XX Settembre i
responsabili finanziari saranno inamovibili
e questo consentirà loro una maggiore
serenità nell'esercizio delle proprie
funzioni rafforzandone l'autonomia dal
potere politico.
I ragionieri avranno così più voce in
capitolo sugli atti della giunta e del
consiglio. D'ora in avanti la regola
generale sarà che su ogni proposta di
deliberazione che non sia mero atto di
indirizzo debba essere richiesto il parere
di regolarità tecnica del responsabile del
servizio. Ma, qualora la delibera comporti «riflessi
diretti o indiretti sulla situazione
economico-finanziaria o sul patrimonio
dell'ente», dovrà essere acquisito anche
il parere di regolarità contabile del
responsabile del servizio di ragioneria.
Se l'ente non ha in organico i responsabili
dei servizi, gli adempimenti potranno essere
svolti dal segretario comunale. Se intendono
discostarsi dal parere, consiglio e giunta
dovranno spiegare il perché dandone «adeguata
motivazione nel testo della deliberazione»
(articolo
ItaliaOggi del 09.10.2012). |
ENTI LOCALI -
PUBBLICO IMPIEGO:
Servizi finanziari, più poteri al
«capo».
LE SANZIONI/ La mancata approvazione del bilancio nei
termini fa scattare lo scioglimento automatico del Consiglio
comunale.
L'incarico di responsabile del servizio
finanziario può essere revocato esclusivamente per gravi
irregolarità e previo parere obbligatorio dei ministeri
dell'Interno e dell'Economia.
A riportare al centro dell'attenzione questa figura è il
decreto legge salva-enti locali, che fa rientrare il suo
rafforzamento nell'ampia girandola di modifiche, mosse
soprattutto dalla preoccupazione di garantire la tenuta
degli equilibri del bilancio di tipo contabile. Tutto ciò va
ad aggiungersi alle novità inizialmente annunciate per il
provvedimento relative alla correzione del taglio di risorse
di 500 milioni per l'anno 2012 e alla nuova scadenza del
riequilibrio.
I compiti del responsabile del servizio finanziario
(articolo 153 del Dlgs 267/2000) sono estesi alla
salvaguardia degli equilibri finanziari e dei vincoli di
finanza pubblica, rispetto ai quali è ribadito che agisce in
autonomia. Qualora la gestione sia tale da pregiudicare gli
equilibri di bilancio, la segnalazione obbligatoria andrà
indirizzata anche alla Corte dei conti.
Il parere di regolarità contabile del responsabile di
ragioneria (articolo 49 del Tuel) diventa necessario su
tutti gli atti che comportano «riflessi diretti o
indiretti sulla situazione economico-finanziaria o sul
patrimonio del l'ente» (non più solo per atti con
impegno di spesa o diminuzione di entrata). Sempre in tema
di pareri, è introdotto l'obbligo di motivazione per la
Giunta e il Consiglio nei casi in cui la delibera non si
conformi agli stessi.
Nell'ambito della riscrittura dei controlli interni è
inoltre assegnato alla direzione e al coordinamento del
responsabile del servizio finanziario il nuovo «controllo
sugli equilibri finanziari», che deve abbracciare anche
la valutazione degli effetti generati, sul bilancio
finanziario dell'ente locale, dagli andamenti
economico-finanziari degli organismi gestionali esterni.
Le ulteriori novità all'ordinamento contabile introducono
vincoli aggiuntivi per gli enti che si trovano in
anticipazione di cassa o che utilizzano entrate vincolate:
devono prevedere un fondo di riserva pari almeno allo 0,45%
(invece che lo 0,30%) delle spese correnti e non possono
utilizzare l'avanzo di amministrazione.
Tutti gli enti locali devono riservare la metà della quota
minima del fondo di riserva alla copertura di eventuali
spese non prevedibili. I lavori pubblici di somma urgenza
passano all'approvazione del Consiglio con le modalità
previste dall'articolo 194 del Tuel.
Finalmente è introdotta la sanzione dello scioglimento del
Consiglio per la mancata approvazione del rendiconto nei
termini di legge, correggendo il diverso trattamento
rispetto al preventivo. Inoltre, la tabella dei parametri di
deficitarietà va allegata al rendiconto e non al
certificato.
Per il 2012, infine, arrivano la rivisitazione del taglio
delle risorse e il posticipo al 30 novembre del termine per
la salvaguardia degli equilibri, insieme all'assestamento (articolo
Il Sole 24 Ore dell'08.10.2012 - tratto da
www.ecostampa.it). |
ATTI
AMMINISTRATIVI - ENTI LOCALI:
DECRETO SALVA ENTI/ Comuni, il
controllato è controllore. Il dirigente sarà chiamato a dare
un parere sui propri atti. Visto di
regolarità contabile e copertura finanziaria ex ante.
Un'invasione di burocrazia, con limitati effetti concreti.
Il «nuovo» sistema dei controlli interni previsto dal
decreto sulla finanza e il funzionamento degli enti locali
suscita più di una perplessità sul piano del funzionamento
pratico.
Ne costituisce esempio concreto il principale tra i
controlli disciplinati, quello di regolarità amministrativa
e contabile, che più si avvicina alla tipologia dei
controlli preventivi di legittimità troppo disinvoltamente a
suo tempo aboliti dalle riforme Bassanini.
Tale tipologia di controllo, prevede il nuovo articolo
147-bis del dlgs 267/2000 va svolto, dispone la norma, «nella
fase preventiva della formazione dell'atto, da ogni
responsabile di servizio ed è esercitato attraverso il
rilascio del parere di regolarità tecnica attestante la
regolarità e la correttezza dell'azione amministrativa».
La norma è scritta come se vi fosse alterità tra il soggetto
che adotta i provvedimenti amministrativi ed il responsabile
di servizio, chiamato a controllarli. È un errore di
prospettiva e di concezione del procedimento di formazione
delle determine.
La maggior parte dei provvedimenti decisionali degli enti
locali sono le determine, adottate dal dirigente o dal
responsabile di servizio, cioè il medesimo soggetto che il
regime dei controlli chiama ad esprimere un parere,
paradossalmente rivolto, nella sostanza, a se stesso.
Il controllo di regolarità amministrativa è sempre stato da
considerare insito nella stessa sottoscrizione del
provvedimento da parte del vertice amministrativo, che nel
momento in cui lo sottoscrive lo adotta, implicitamente
dichiarandolo regolare.
Di fatto, dunque, il parere diviene un passaggio burocratico
in più, da gestire in una fase precedente la materiale
adozione del provvedimento, che andrà regolamentata con una
proposta di provvedimento o una relazione istruttoria, ai
sensi dell'articolo 6, comma 1, lettera e), della legge
241/1990.
L'articolo assegna anche al responsabile del servizio
finanziario un ruolo rilevante nel controllo di regolarità
amministrativa, confermando che esso vada esercitato «attraverso
il rilascio del parere di regolarità contabile e del visto
attestante la copertura finanziaria», ma stabilendo che
tale parere vada rilasciato a sua volta nella fase
preventiva all'adozione dell'atto. Mentre sin qui, al
contrario, il visto del responsabile è sempre intervenuto
successivamente alla fase di formazione, anche allo scopo di
attribuire al provvedimento di spesa l'efficacia.
Un bel bailamme, involontariamente, tuttavia, coordinabile,
almeno per quanto riguarda le determinazioni a contrattare
precedenti la stipulazione dei contratti, con le previsioni
dell'articolo 18 della legge 134/2012, che rimette
l'efficacia concreta del titolo giuridico per erogare
legittimamente somme ai contraenti la pubblicazione sul sito
delle amministrazioni dei dati previsti dal medesimo
articolo 18. Il quale, dunque, aveva già indirettamente
privato il visto del responsabile del servizio finanziario
della piena efficacia.
Il sistema, in ogni caso, assegna al responsabile dei
servizi finanziari funzioni di controllo di particolare
rilievo. Tale soggetto sarà chiamato in causa per il
consolidamento dei conti dell'ente con le società
partecipate, ma, soprattutto sarà diretto protagonista del
controllo degli equilibri finanziari, fondamentale per il
rispetto dei vincoli di pareggio del bilancio statale (al
quale gli enti locali concorreranno).
Proprio con riferimento al responsabile dei servizi
finanziari, la riforma al dlgs operata dal decreto introduce
una sorta di forma di «garanzia» nella permanenza
delle funzioni, ma limitatamente agli enti privi di
dirigenza. Un rimedio allo spoils system troppo limitato per
essere considerato davvero efficace (articolo
ItaliaOggi del 06.10.2012 - link a
www.ecostampa.it). |
ATTI
AMMINISTRATIVI:
Il parere di regolarità tecnica negli atti della Pa (03.10.2012
- link a http://denaro.it). |
ATTI
AMMINISTRATIVI: P.
Terracciano,
Il Parere di regolarità contabile è un parere
di legittimità secondo la CdC a nulla servono i chiarimenti
del Ministero dell’Interno ed i principi emanati
dall’Osservatorio della Finanza Locale. Solo al giudice è
affidato il compito di interpretare le disposizioni
dell’ordinamento (Sezioni Unite Corte di Cassazione,
decisione 23031/2007) (14.07.2012 - tratto da
www.pinoterracciano.it). |
ATTI
AMMINISTRATIVI - SEGRETARIO COMUNALE:
La giurisprudenza contabile ha avuto
modo di affermare ripetutamente che l’intervenuta
soppressione del parere di legittimità del segretario su
ogni proposta di deliberazione sottoposta alla Giunta o al
Consiglio non esclude che permangano in capo al segretario
tutta una serie di compiti ed adempimenti che, lungi dal
determinare un’area di deresponsabilizzazione del medesimo,
lo impegnano, invece, ad un corretto svolgimento degli
stessi, pena la sua soggezione, in ragione del rapporto di
servizio instaurato con l’ente locale, all’azione di
responsabilità amministrativa, ove di questa ricorrano gli
specifici presupposti.
Il T.U. n. 267/2000 non esclude che il segretario comunale
possa essere responsabile in riferimento alla conformità
dell’azione amministrativa alle leggi, agli statuti ed ai
regolamenti.
L’affidamento al segretario comunale di funzioni di
assistenza e di collaborazione giuridico ed amministrativa
impone di esercitare il controllo di legittimità, seppure
non sia sufficiente la mera attività di verbalizzazione per
la sussistenza dell’elemento soggettivo.
Parimenti responsabile è il sig. R.M. (segretario comunale
nonché direttore generale) che ha dichiarato (anche in sede
di audizione personale) di aver firmato il verbale della
delib. della Giunta Comunale n. 44/2009, senza preoccuparsi
di leggerla, e quindi ponendo in essere una condotta
connotata da grave negligenza.
La giurisprudenza contabile ha avuto modo di affermare
ripetutamente che l’intervenuta soppressione, ai sensi
dell’art. 17, comma 85, della l. n. 127/1997, del parere di
legittimità del segretario (comunale o provinciale) su ogni
proposta di deliberazione sottoposta alla Giunta o al
Consiglio, già previsto dall’art. 53 della l. n. 142/1990,
non esclude che permangano in capo al segretario tutta una
serie di compiti ed adempimenti che, lungi dal determinare
un’area di deresponsabilizzazione del medesimo, lo
impegnano, invece, ad un corretto svolgimento degli stessi,
pena la sua soggezione, in ragione del rapporto di servizio
instaurato con l’ente locale, all’azione di responsabilità
amministrativa, ove di questa ricorrano gli specifici
presupposti.
Ciò in quanto il suddetto art. 17 della l. 127/1997 e,
successivamente, l’art. 97 del D.Lgvo 18.08.2000 n. 267,
mantiene per il segretario comunale la specifica funzione
ausiliaria di garante della legalità e correttezza
amministrativa dell’azione dell’ente locale. Infatti il T.U.
n. 267/2000 ha assegnato al segretario dell’ente locale, in
linea generale, oltre agli altri compiti indicati dal
menzionato art. 97, le “funzioni di collaborazione e di
assistenza giuridico–amministrativa nei confronti degli
organi dell’ente in ordine alla conformità dell’azione
amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti”
e quelle di “sovrintendere allo svolgimento delle
funzioni dei dirigenti e di coordinarne l’attività”.
Sicché la predetta modifica normativa non esclude che il
segretario comunale, proprio in virtù di tali specifici
compiti di consulenza giuridico–amministrativa, possa essere
responsabile in riferimento alla conformità dell’azione
amministrativa alle leggi, agli statuti ed ai regolamenti:
cfr. Sez. I Centr. 07.08.2008 n. 1534 e Sez. II Centr.
23.06.2004 n. 197/A.
In sostanza, l’affidamento al segretario comunale di
funzioni di assistenza e di collaborazione giuridico ed
amministrativa imponeva nella specie di esercitare il
controllo di legittimità, seppure, come ha affermato questa
Sezione (27.03.2012 n. 164), non sia sufficiente la mera
attività di verbalizzazione per la sussistenza dell’elemento
soggettivo (Corte dei Conti, Sez. giurisdiz. Toscana,
sentenza 07.05.2012 n. 217 - link a
www.corteconti.it). |
ATTI
AMMINISTRATIVI - PUBBLICO IMPIEGO:
In tema di responsabilità per il parere di regolarità
contabile su una spesa non istituzionale, equiparando il
concetto di regolarità contabile alla legittimità della
spesa, secondo quanto previsto dal principio di contabilità
pubblica contenuto nell'art. 20 T.U. Corte dei conti.
La figura del responsabile del servizio
finanziario e di ragioneria ha delle prerogative funzionali
di controllo sugli atti amministrativi che comportano
impegni di spesa; tale potere si esprime attraverso
l’espressioni di pareri, visti e attestazioni, per i quali
ai sensi del art. 53 essi sono rilevanti ai fini della
responsabilità amministrativa dei funzionari che li hanno
resi.
---------------
E' infondata l'affermazione che il visto di regolarità
contabile attestante la copertura finanziaria sulla
determinazione del responsabile del servizio interessato si
limita alla sola verifica della copertura finanziaria, la
corretta imputazione al capitolo di spesa, alla competenza
dell’organo che l’ha assunta, al rispetto dei principi
contabili ed alla completezza della documentazione.
La figura del responsabile del servizio
economico-finanziario è disciplinata dall’art. 153, comma 3,
del TUEL, il quale distingue la possibilità di una figura
unica o articolata, sulla base di apposita regolamentazione
contabile, ciò significa che è possibile ove il regolamento
lo preveda, -consentendolo la legge- che tale figura sia
scissa tra soggetti diversi, poiché sono finalisticamente
diverse le due tipologie di controllo finanziario e
contabile, esercitate rispettivamente dal responsabile del
servizio finanziario e di ragioneria; ovviamente nulla
vieta, come nella maggior parte dei casi, che tali funzioni
siano riunite in una unica figura, ma questo non smentisce
la relativa diversità delle due funzioni, delle
corrispondenti posizioni organizzative e delle conseguenti
responsabilità amministrativo-contabili ed organizzative.
Difatti, il parere di cui all’art. 53 della legge 142/1990
richiesto al responsabile di ragioneria è atto
sostanzialmente diverso dall’"attestazione” che il medesimo
o altro funzionario è chiamato a rilasciare, ed invero
mentre il primo consiste in una valutazione in ordine alla
regolarità contabile della deliberazione sottoposta ad
esame, la seconda si concreta in una verificazione più
specifica, concernente la copertura finanziaria del relativo
impegno.
Tali pareri svolgono una funzione consultiva di controllo
sebbene non vincolante per gli organi rappresentativi:
invero, i pareri ex art. 53 l. 08.06.1990 n. 142 (oggi, art.
49 t.u.e.l.) resi dal responsabile del servizio, dal
responsabile del settore ragioneria e dal segretario
comunale sui progetti di deliberazioni spettanti ai corpi
rappresentativi del comune, non pongono alcun limite alla
potestà deliberante di questi ultimi -i quali ben possono
liberamente disporre del contenuto delle deliberazioni una
volta resi detti pareri- perché, diversamente argomentando,
si finirebbe con l'attribuire agli organi consultivi
l'effettivo potere d'amministrazione attiva, lasciando ai
corpi rappresentativi la funzione di mera ratifica di
determinazioni altrui. Essi, pertanto, sono unicamente
preordinati all'individuazione sul piano formale, dei
funzionari che li formulano, della responsabilità
eventualmente in solido con i componenti degli organi
politici in via amministrativa e contabile.
In relazione alla ritenuta differenza tra parere di
regolarità contabile previsto per le deliberazioni degli
organi rappresentativi, in quanto atti collegiali, e visto
di regolarità contabile, come nel caso che ci occupa, sulle
determinazioni dei responsabili dei servizi e degli altri
soggetti abilitati (es. determinazioni del sindaco), in
quanto atti monocratici, può certamente affermarsi che essa
è solamente apparente e relativa ad una visione
formalistica, non rispondente alla realtà giuridica
sostanziale, come confermato dalla giurisprudenza
costituzionale, in cui si è affermato che lessicalmente il
termine deliberazione “sin dall’antichità” può riferirsi
indifferentemente sia ad atti collegiali che monocratici,
visto che spesso il legislatore stesso riferisce tale
definizione in termini indifferenziati agli uni o agli
altri. La parola "deliberazione", designa, da sempre, le
risoluzioni adottate sia da organi collegiali sia da organi
monocratici, nell'intento di rendere pubblici tutti gli atti
degli enti locali di esercizio del potere deliberativo,
indipendentemente dalla natura collegiale o meno dell'organo
emanante.
Con la semplice differenza prevista dagli artt. 55, comma 5,
e 151, comma 4 del TUEL, che il visto di regolarità
contabile congiunto alla attestazione di copertura
finanziaria è requisito di esecutività dell’atto
amministrativo, ossia della sua efficacia giuridica, ciò
significa che in sua assenza, anche in presenza della sola
attestazione di copertura finanziaria, l’atto non è
esecutivo e conseguentemente è nullo o inefficace.
Deve a questo punto chiarirsi cosa si intenda per controllo
contabile e finanziario; la giurisprudenza contabile
prevalente ha ritenuto e ritiene che regolarità contabile
significhi controllo di legittimità della spesa: “Nel parere
di “regolarità contabile” infatti, è da comprendere, oltre
che la verifica dell’esatta imputazione della spesa al
pertinente capitolo di bilancio ed il riscontro della
capienza dello stanziamento relativo, anche la valutazione
sulla correttezza sostanziale della spesa proposta”.
Anche la giurisprudenza contabile più recente ha confermato
questo orientamento con più approfondite precisazioni: “il
parere di regolarità contabile investe anche e soprattutto
la legittimità della spesa” Corte conti sez. Puglia
207/2006, confermata di recente anche da Corte conti sez.
Toscana 114/2010.
---------------
Nelle suddette pronunce a sostegno di tale tesi, si
evidenziano ragioni normative di natura sistematica.
in primo luogo deve essere testualmente richiamato l’art.
147, lett. a), del TUEL ove si prevede che nell’ambito del
sistema dei propri controlli interni l’ente locale deve
garantire attraverso il controllo di regolarità
amministrativa e contabile, la legittimità, correttezza e
regolarità dell’azione amministrativa; quindi con tale norma
si finalizza rendendolo equivalente, il controllo di
regolarità contabile ad un controllo sulla legittimità,
correttezza e regolarità dell’azione amministrativa.
Nonché l’art. 184, comma 4, del TUEL, il quale nella fase di
controllo da parte dell’ufficio economico finanziario delle
determinazioni di impegno e liquidazione di spesa, prevede
che esso effettua i controlli ed i riscontri amministrativi
e contabili secondo i principi della Contabilità Pubblica,
ed è quindi necessario individuare quali siano, tali
principi.
Orbene, se nello stesso TUEL sono codificati solamente i
principi del bilancio e non vi è alcun riferimento preciso
ai principi del controllo; la detta giurisprudenza ha
individuato quale principio fondamentale per i responsabili
di ragioneria l’art. 27 del R.D. 2440/1923 il quale prevede
che: le ragionerie centrali vigilino perché siano osservate
le leggi………c) per la regolare gestione dei fondi di
bilancio.
Ma la norma che individua il vero principio fondamentale in
materia, individuando e distinguendo il controllo
finanziario relativo nel nostro caso all’attestazione della
copertura finanziaria, da quello contabile, è l’art. 20 del
R.D. 1214/1934 TU Corte dei conti, ove si prevede: La Corte
vigila perché le spese non superino le somme stanziate nel
bilancio e queste si applichino alle spese prescritte,
perché non si faccia trasporto di somme non consentite per
legge, e perché la liquidazione e il pagamento delle spese
siano conformi alle leggi e ai regolamenti.
Tale norma che si applica all’attività di controllo della
Corte dei conti e definisce il concetto di contabilità
pubblica, per la sua ampia definizione, si configura come
riferimento fondamentale per i concetti di regolarità
finanziaria e contabile, tale che, per la sua generalità è
estensibile a qualsiasi organo pubblico che svolga tali
funzioni; e dunque per regolarità contabile deve intendersi
legittimità della spesa, ossia conformità di essa alle leggi
ed ai regolamenti.
In conclusione, la verifica ai fini dell’attestazione del
responsabile del servizio finanziario coincide
sostanzialmente con la prima parte dell’art. 20 cit.,
riferita al controllo finanziario, il cui egli deve
verificare la copertura finanziaria, confrontando l’impegno
di spesa con lo stanziamento contenuto nello specifico
capitolo o intervento del bilancio di previsione, la
corretta imputazione dell’impegno rispetto all’oggetto del
capitolo di spesa, che non si siano fatte variazioni di
bilancio non autorizzate, oltre la scontata competenza
dell’organo che ha emesso il provvedimento, la quale attiene
piuttosto alla legittimità dell’atto amministrativo che
all’aspetto finanziario; diversa funzione conseguentemente,
ha il parere o visto di regolarità contabile riferito alla
seconda parte dell’art. 20, che si configura come un vero e
proprio controllo di legittimità della spesa rispetto alla
legge e alle altre fonti normative, quindi trattasi di due
funzioni ben distinte.
In attuazione
dell’art. 153, comma 3 e 5, del TUEL, l’art. 30 del
regolamento di contabilità del comune di Palagonia prevede
che l’attestazione di copertura finanziaria è apposta dal
responsabile di ragioneria: 1. Qualsiasi atto che
comporti spese a carico dell’ente è nullo di diritto se
privo dell’attestazione della copertura finanziaria da parte
del responsabile di ragioneria…3. Con l’attestazione viene
garantita la disponibilità finanziaria sul pertinente
stanziamento di bilancio; e con l’art. 31 il parere di
regolarità contabile viene espresso previa verifica: ……
b) della corretta imputazione della entrata e della spesa;
c) dell’esistenza del presupposto dal quale sorge il diritto
della obbligazione; e) (rectius: d) del rispetto
del’ordinamento contabile degli enti locali e delle norme
del presente regolamento.
L’art. 184 del TUEL prevede: ……2. La liquidazione compete
all’ufficio che ha dato esecuzione al provvedimento di spesa
ed è disposta sulla base della documentazione necessaria a
comprovare il diritto del creditore a seguito del riscontro
operato sulla regolarità della fornitura o della prestazione
e sulla rispondenza della stessa ai requisiti quantitativi e
qualitativi,ai termini o alle condizioni pattuite.
3. L’atto di liquidazione sottoscritto dal responsabile del
servizio proponente, con tutti i relativi documenti
giustificativi ed i riferimenti contabili è trasmesso al
servizio finanziario per i conseguenti adempimenti.
4. Il servizio finanziario effettua,secondo i principi e le
procedure di contabilità pubblica,i controlli ed i riscontri
amministrativi, contabili e fiscali sugli atti di
liquidazione.
Infine, per la posizione di tutti i convenuti assume
rilevanza l’art. 105 dell’Orel, L.R. 16/1963, avente ad
oggetto le spese del comune, ove si prevede: 1. I comuni
sono tenuti ad assumere le spese indispensabili per la
conservazione del patrimonio,per gli uffici, e gli archivi
comunali, per il trattamento economico o di quiescenza del
personale, per i servizi di interesse strettamente locale,
ed in genere, per adempiere le funzioni ad essi attribuite
dalla legge. 2. Ove le condizioni del bilancio lo
consentono, essi possono assumere anche altre spese per i
servizi ed uffici di utilità pubblica connessi con
l’interesse locale.
Dal quadro si qui delineato non si può negare che la figura
del responsabile del servizio finanziario e di ragioneria
abbia delle prerogative funzionali di controllo sugli atti
amministrativi che comportano impegni di spesa; tale potere
si esprime attraverso l’espressioni dei suddetti pareri,
visti e attestazioni, per i quali ai sensi del art. 53 essi
sono rilevanti ai fini della responsabilità amministrativa
dei funzionari che li hanno resi.
Perciò, le deduzioni del convenuto M., responsabile del
servizio finanziario e di ragioneria del comune di
Palagonia, ove egli afferma che il visto di regolarità
contabile attestante la copertura finanziaria sulla
determinazione del responsabile del servizio interessato si
limitava alla sola verifica della copertura finanziaria, la
corretta imputazione al capitolo di spesa, alla competenza
dell’organo che l’ha assunta, al rispetto dei principi
contabili ed alla completezza della documentazione, sono
infondate.
La figura del responsabile del servizio
economico-finanziario è disciplinata dall’art. 153, comma 3,
del TUEL sopraccitato, il quale distingue la possibilità di
una figura unica o articolata, sulla base di apposita
regolamentazione contabile, ciò significa che è possibile
ove il regolamento lo preveda, -consentendolo la legge- che
tale figura sia scissa tra soggetti diversi, poiché, come
vedremo, sono finalisticamente diverse le due tipologie di
controllo finanziario e contabile, esercitate
rispettivamente dal responsabile del servizio finanziario e
di ragioneria, ovviamente nulla vieta, come nella maggior
parte dei casi, che tali funzioni siano riunite in una unica
figura, ma questo non smentisce la relativa diversità delle
due funzioni, delle corrispondenti posizioni organizzative e
delle conseguenti responsabilità amministrativo-contabili ed
organizzative.
Difatti, ciò è stato percepito e confermato dalla
giurisprudenza amministrativa e contabile sin dalla
emanazione della legge 142/1990: “il parere di cui
all’art. 53 della legge 142/1990 richiesto al responsabile
di ragioneria è atto sostanzialmente diverso dall’
“attestazione” che il medesimo o altro funzionario è
chiamato a rilasciare, ed invero mentre il primo consiste in
una valutazione in ordine alla regolarità contabile della
deliberazione sottoposta ad esame, la seconda si concreta in
una verificazione più specifica, concernente la copertura
finanziaria del relativo impegno” TAR Pa sez. II
231/1994.
Tali pareri svolgono una funzione consultiva di controllo
sebbene non vincolante per gli organi rappresentativi: “i
pareri ex art. 53 l. 08.06.1990 n. 142 (oggi, art. 49
t.u.e.l.) resi dal responsabile del servizio, dal
responsabile del settore ragioneria e dal segretario
comunale sui progetti di deliberazioni spettanti ai corpi
rappresentativi del comune, non pongono alcun limite alla
potestà deliberante di questi ultimi -i quali ben possono
liberamente disporre del contenuto delle deliberazioni una
volta resi detti pareri- perché, diversamente argomentando,
si finirebbe con l'attribuire agli organi consultivi
l'effettivo potere d'amministrazione attiva, lasciando ai
corpi rappresentativi la funzione di mera ratifica di
determinazioni altrui. Essi, pertanto, sono unicamente
preordinati all'individuazione sul piano formale, dei
funzionari che li formulano, della responsabilità
eventualmente in solido con i componenti degli organi
politici in via amministrativa e contabile” TAR NA, sez.
III, 7878/2007.
In relazione alla ritenuta differenza tra parere di
regolarità contabile previsto per le deliberazioni degli
organi rappresentativi, in quanto atti collegiali, e visto
di regolarità contabile, come nel caso che ci occupa, sulle
determinazioni dei responsabili dei servizi e degli altri
soggetti abilitati (es. determinazioni del sindaco), in
quanto atti monocratici, può certamente affermarsi che essa
è solamente apparente e relativa ad una visione
formalistica, non rispondente alla realtà giuridica
sostanziale, come confermato dalla giurisprudenza
costituzionale, in cui si è affermato che lessicalmente il
termine deliberazione “sin dall’antichità” può
riferirsi indifferentemente sia ad atti collegiali che
monocratici, visto che spesso il legislatore stesso
riferisce tale definizione in termini indifferenziati agli
uni o agli altri; si veda Corte costituzionale 38 e 39/1979,
e confermato anche dalla giurisprudenza amministrativa Cons.
di Stato sez. IV 1129/1977 e 701/1978, più recentemente
Cons. di Stato sez. V 8400/2009: “la parola
"deliberazione", designa, da sempre, le risoluzioni adottate
sia da organi collegiali sia da organi monocratici,
nell'intento di rendere pubblici tutti gli atti degli enti
locali di esercizio del potere deliberativo,
indipendentemente dalla natura collegiale o meno dell'organo
emanante”.
Con la semplice differenza prevista dagli artt. 55, comma 5,
e 151, comma 4, sopra citati, che il visto di regolarità
contabile congiunto alla attestazione di copertura
finanziaria è requisito di esecutività dell’atto
amministrativo, ossia della sua efficacia giuridica, ciò
significa che in sua assenza, anche in presenza della sola
attestazione di copertura finanziaria, l’atto non è
esecutivo e conseguentemente è nullo o inefficace.
Deve a questo punto chiarirsi cosa si intenda per controllo
contabile e finanziario; la giurisprudenza contabile
prevalente ha ritenuto e ritiene che regolarità contabile
significhi controllo di legittimità della spesa: “Nel
parere di “regolarità contabile” infatti, è da comprendere,
oltre che la verifica dell’esatta imputazione della spesa al
pertinente capitolo di bilancio ed il riscontro della
capienza dello stanziamento relativo, anche la valutazione
sulla correttezza sostanziale della spesa proposta”
Corte conti, sez. II, 104/1994.
Anche la giurisprudenza contabile più recente ha confermato
questo orientamento con più approfondite precisazioni: “il
parere di regolarità contabile investe anche e soprattutto
la legittimità della spesa” Corte conti sez. Puglia
207/2006, confermata di recente anche da Corte conti sez.
Toscana 114/2010.
In queste pronunce a sostegno di tale tesi, si evidenziano
ragioni normative di natura sistematica.
in primo luogo deve essere testualmente richiamato l’art.
147, lett. a), del TUEL ove si prevede che nell’ambito del
sistema dei propri controlli interni l’ente locale deve
garantire attraverso il controllo di regolarità
amministrativa e contabile, la legittimità, correttezza e
regolarità dell’azione amministrativa; quindi con tale norma
si finalizza rendendolo equivalente, il controllo di
regolarità contabile ad un controllo sulla legittimità,
correttezza e regolarità dell’azione amministrativa.
Nonché l’art. 184, comma 4, del TUEL sopra citato, il quale
nella fase di controllo da parte dell’ufficio economico
finanziario delle determinazioni di impegno e liquidazione
di spesa, prevede che esso effettua i controlli ed i
riscontri amministrativi e contabili secondo i principi
della Contabilità Pubblica, ed è quindi necessario
individuare quali siano, tali principi.
Orbene, se nello stesso TUEL sono codificati solamente i
principi del bilancio e non vi è alcun riferimento preciso
ai principi del controllo; la detta giurisprudenza ha
individuato quale principio fondamentale per i responsabili
di ragioneria l’art. 27 del R.D. 2440/1923 il quale prevede
che: le ragionerie centrali vigilino perché siano
osservate le leggi………c) per la regolare gestione dei fondi
di bilancio.
Ma ad avviso di questo collegio, la norma che individua il
vero principio fondamentale in materia, individuando e
distinguendo il controllo finanziario relativo nel nostro
caso all’attestazione della copertura finanziaria, da quello
contabile, è l’art. 20 del R.D. 1214/1934 TU Corte dei
conti, ove si prevede: La Corte vigila perché le spese
non superino le somme stanziate nel bilancio e queste si
applichino alle spese prescritte, perché non si faccia
trasporto di somme non consentite per legge, e perché la
liquidazione e il pagamento delle spese siano conformi alle
leggi e ai regolamenti.
Tale norma che si applica all’attività di controllo della
Corte dei conti e definisce il concetto di contabilità
pubblica, per la sua ampia definizione, si configura come
riferimento fondamentale per i concetti di regolarità
finanziaria e contabile, tale che, per la sua generalità è
estensibile a qualsiasi organo pubblico che svolga tali
funzioni; e dunque per regolarità contabile deve intendersi
legittimità della spesa, ossia conformità di essa alle leggi
ed ai regolamenti.
E d’altro canto, ciò trova riscontro nell’art. 31 del
regolamento di contabilità del Comune di Palagonia sopra
evidenziato, ove si prevede che il responsabile di
ragioneria deve verificare l’esistenza del presupposto dal
quale sorge il diritto della obbligazione e il rispetto
dell’ordinamento contabile degli enti locali.
In conclusione sul punto, la verifica ai fini
dell’attestazione del responsabile del servizio finanziario
coincide sostanzialmente con la prima parte dell’art. 20
cit., riferita al controllo finanziario, il cui egli deve
verificare la copertura finanziaria, confrontando l’impegno
di spesa con lo stanziamento contenuto nello specifico
capitolo o intervento del bilancio di previsione, la
corretta imputazione dell’impegno rispetto all’oggetto del
capitolo di spesa, che non si siano fatte variazioni di
bilancio non autorizzate, oltre la scontata competenza
dell’organo che ha emesso il provvedimento, la quale attiene
piuttosto alla legittimità dell’atto amministrativo che
all’aspetto finanziario; diversa funzione conseguentemente,
ha il parere o visto di regolarità contabile riferito alla
seconda parte dell’art. 20, che si configura come un vero e
proprio controllo di legittimità della spesa rispetto alla
legge e alle altre fonti normative, quindi trattasi di due
funzioni ben distinte.
Dunque, sotto il profilo della regolarità contabile il M.
nella sua qualità di responsabile di ragioneria non ha
verificato l’esistenza dei presupposti di fatto e di diritto
dai quali avrebbe dovuto scaturire l’obbligazione, in
concreto l’inerenza della spesa da rimborsare, con le
funzioni istituzionali esercitate dal sindaco e dagli
assessori con la partecipazione alla manifestazione “settimana
della lingua italiana nel mondo” svoltasi a Ginevra da
21 al 24.10.2005. Contrariamente da quanto affermato, egli
non ha dimostrato, né allegato alcun documento da cui
risulti tale inerenza e l’eventuale utilità della spesa, e
questo, sebbene dalla lettura dalla deliberazione di giunta
comunale n. 276/2005, egli, nella sua qualità di
responsabile del servizio finanziario ha ritenuto
contabilmente regolare la spesa,ed anche alla luce dalla
rassegna stampa della manifestazione, allegata al fascicolo
dal PM e in possesso del comune, non vi è alcuna traccia di
collegamenti con l’attività istituzionale del comune di
Palagonia, di cui il convenuto nella sua qualità di organo
di controllo interno doveva tenere conto, in conformità alla
previsione dell’art. 105 della L.R. 16/1963, in quanto spesa
non connessa con l’interesse locale
(Corte
dei Conti, Sez. giurisdiz. Sicilia,
sentenza 24.04.2012 n. 1337). |
ENTI LOCALI -
PUBBLICO IMPIEGO:
Corruzione p.a., prefetti in campo. Gli
Utg vigileranno sui comuni. Più poteri ai segretari. Le
proposte della commissione Patroni Griffi. Per gli enti
locali un passo indietro di 15 anni.
Prefetti e segretari in campo per la
lotta alla corruzione negli enti locali. Prefigura un passo
indietro di almeno 15 anni l'integrazione al rapporto sulle
misure anticorruzione elaborata dalla «Commissione di studio
su trasparenza e corruzione nella p.a.», sotto il
coordinamento del ministro Filippo Patroni Griffi.
Il documento contiene una serie di proposte che
la commissione coordinata dal consigliere di stato Roberto
Garofoli chiederà vengano recepite nel ddl anticorruzione su
cui sta lavorando il ministro della giustizia Paola Severino
(si veda ItaliaOggi del 31/03/2012).
Si tratta di una sonora bocciatura delle riforme-Bassanini
che nel 1997, in un'impostazione pseudo-federalista
dell'autonomia locale, modificarono radicalmente la figura
del segretario comunale, sottraendogli la competenza a
esprimere il parere di legittimità sugli atti degli enti
locali e lasciando la sua nomina nelle mani dei sindaci e
dei presidenti delle province, in applicazione di uno
spoil system molto spinto.
La Commissione, a seguito di un'audizione col Viminale dello
scorso 22 marzo, prefigura un sostanziale ritorno indietro
su tutta la linea, travolgendo anche ogni residua velleità
di «federalismo» o «policentrismo istituzionale».
Poteri del prefetto.
L'idea di fondo del piano anticorruzione è costituire
un'ennesima Authority. La Commissione, tuttavia, si rende
conto che tale organismo avrebbe difficoltà a relazionarsi
con le amministrazioni locali. Il compito, allora, di
vigilare sulle misure anticorruzione da adottare da parte
degli enti locali si ipotizza possa essere assegnato ai
prefetti, anche nel quadro di un potenziamento degli uffici
del governo.
Il peso del Viminale tornerebbe, così, a gravare fortemente
su comuni e province. Le prefetture dovrebbero supportare
gli enti locali per l'elaborazione dei «piani di
prevenzione della corruzione», obbligatori per tutte le
p.a., assicurando che siano formulati nel rispetto delle
linee-guida dell'Authority, della quale sarebbero le
referenti.
Poteri sostitutivi.
Il rapporto suggerisce anche di attribuire ai prefetti il
potere di sostituirsi alle amministrazioni locali
inadempienti, che non adottino, aggiornino o attuino i piani
di prevenzione della corruzione.
Ma, in alternativa o in aggiunta, lo studio della
Commissione prende in considerazione anche l'ipotesi di
configurare la mancata adozione del piano alla stregua della
mancata approvazione del bilancio di previsione. La
conseguenza, dunque, sarebbe il commissariamento e lo
scioglimento dell'ente locale.
Ruolo del segretario comunale.
Il piano anticorruzione prevede l'individuazione di un «dirigente
responsabile della prevenzione della corruzione», che
secondo la Commissione andrebbe individuato nel segretario
comunale, in particolare nei comuni privi di dirigenza,
nelle forme associative e nei comuni con meno di 5.000
abitanti, ove la gestione sia assegnata ai componenti della
giunta, ai sensi dell'articolo 53, comma 23, della legge
388/2000. Il segretario comunale, dunque, avrebbe il compito
materiale di redigere il piano e sottoporlo all'approvazione
dell'organo di governo, che secondo la Commissione dovrebbe
essere la giunta.
Inoltre, il segretario dovrebbe addossarsi le funzioni
proprie del dirigente responsabile, procedendo, dunque, ad
attuare concretamente le misure contro la corruzione. La
Commissione ritiene che l'attribuzione di questo ruolo al
segretario comunale risulti coerente con le sue funzioni di
coordinamento dell'azione dei dirigenti e le storiche
competenze in tema di regolarità amministrativa, visto che
il segretario è sempre stato strumento di garanzia di
legalità e imparzialità dell'azione amministrativa.
Dunque, in qualità di dirigente responsabile
dell'anticorruzione, al segretario andrebbero rassegnati
poteri e funzioni addirittura più ampi di quelli, come il
mero parere di legittimità, che resero la figura talmente
invisa alle amministrazioni locali da suscitare la proposta
di un referendum abrogativo, scongiurato proprio dalle
riforme-Bassanini, dalle quali derivò il depotenziamento del
ruolo dei segretari.
Nomina e revoca dei segretari.
Altro punto dolentissimo della riforma-Bassanini è da sempre
il sistema di nomina e revoca dei segretari. La legge
127/1997 e, attualmente, il testo unico degli enti locali
connota come ampiamente fiduciario l'incarico che sindaci e
presidenti delle province assegnano ai segretari comunali,
così da comprometterne l'autonomia e indipendenza operativa.
La Commissione, dunque, ritiene opportuno modificare
radicalmente il sistema di nomina, ipotizzando che il
Viminale sottoponga ai vertici monocratici degli enti locali
una rosa di segretari preselezionata in base a specifici
requisiti di professionalità e sulla base di autocandidature,
nell'ambito della quale sindaco e presidente della provincia
possano poi nominare il segretario da incaricare (articolo
ItaliaOggi del 14.04.2012). |
ATTI
AMMINISTRATIVI:
Personale degli enti locali. Parere di regolarità
tecnica/contabile.
Il parere di regolarità
tecnica/contabile prescritto dall'art. 49 del d.lgs.
267/2000 deve essere richiamato nelle deliberazioni ed
acquisito preventivamente all'adozione degli atti.
Il Comune ha chiesto un parere in ordine alla competenza a
firmare il parere di regolarità tecnica/contabile
sull'originale atto di Consiglio o di Giunta, qualora alla
data di adozione dell'atto il rispettivo responsabile
risulti assente, ancorché il parere sia stato reso
preventivamente.
Com'è noto, l'art. 49 del d.lgs. 267/2000 prescrive che, su
ogni proposta di deliberazione sottoposta al Consiglio e
alla Giunta che non sia mero atto di indirizzo deve essere
richiesto il parere in ordine alla sola regolarità tecnica
del responsabile del servizio interessato e, qualora
comporti impegno di spesa o diminuzione di entrata, del
responsabile di ragioneria in ordine alla regolarità
contabile.
I predetti pareri debbono essere acquisiti preventivamente
all'adozione degli atti deliberativi, sono inseriti nella
deliberazione cui si riferiscono, e la funzione dei medesimi
è quella di individuare, sul piano formale, i funzionari
responsabili, in via amministrativa e contabile ed
eventualmente in solido con i componenti degli organi
deliberanti, delle deliberazioni da questi assunte [1].
Il parere tecnico comporta la responsabilità di attestare
che l'atto corrisponde all'attività istruttoria compiuta, ai
fatti acquisiti nell'attività istruttoria, e che, nella sua
composizione formale, è conforme a quanto disposto dalla
normativa sulla formazione della deliberazione nel suo
aspetto estrinseco. Con l'espressione del suddetto parere,
inoltre, nulla si attesta in ordine alla legittimità delle
ragioni di merito che sottostanno alla deliberazione
adottata.
La giurisprudenza peraltro è concorde nel ritenere che i
pareri espressi dai responsabili dell'area tecnica e del
servizio finanziario dei comuni costituiscono atti
preparatori che non possono certo interferire sull'autonomo
e corretto esercizio dei poteri spettanti all'organo
deliberante; a quest'ultimo compete, infatti, la
ponderazione concreta e corretta dei pubblici interessi in
gioco, al di là della mera relazione funzionale dei pareri
resi, che sono formulati 'ex ante' sulla proposta di
deliberazione e costituiscono il presupposto al corretto
esercizio dei poteri amministrativi dell'organo deliberante,
senza condizionare la volontà dello stesso [2] .
Premesso un tanto, si evince come i pareri in argomento
siano acquisiti in una fase comunque precedente all'adozione
delle deliberazioni di riferimento e non debbano, quindi,
essere necessariamente resi nella stessa giornata in cui
l'organo deliberante adotta il formale atto.
Conseguentemente, al momento dell'adozione dell'atto il
parere richiamato nella deliberazione reca già la firma del
funzionario competente, che ha provveduto in precedenza ad
effettuare le verifiche del caso, assumendosi la
responsabilità di quanto attestato e ha apposto la firma
prescritta in tale sede.
Il fatto che poi lo stesso funzionario responsabile risulti
assente il giorno dell'adozione dell'atto deliberativo si
ritiene non assuma rilevanza, in quanto l'attività
istruttoria si è già conclusa con l'emissione del parere
firmato dal medesimo in una determinata data.
In conclusione, il responsabile competente provvederà a
firmare poi l'originale dell'atto non appena consentitogli
materialmente.
---------------
[1] Cfr. TAR Napoli, Campania, sez. I, n. 1320 del 2009.
[2] Cfr. Corte dei conti, sez. giur. d'appello per la
Sicilia, n. 1 del 13.01.2009 (29.02.2012 - link a
link a www.regione.fvg.it). |
ATTI
AMMINISTRATIVI:
Il parere di regolarità tecnica non
costituisce un requisito di legittimità della delibera cui
accede.
Il parere di regolarità' tecnica non costituisce un
requisito di legittimità della delibera cui accede e
pertanto non può inficiarla, avendo esso solo lo scopo di
individuare il soggetto che formalmente assume la
responsabilità sul riscontro della regolarità tecnica
dell’atto: in altri termini il contenuto della delibera o
del provvedimento, cui accede il parere, non è costituito
anche da quest’ultimo, atteso che diversamente opinando la
funzione latamente consultiva di tali atti e dei relativi
autori (funzionari) finirebbe per sfociare inammissibilmente
con l’attività di amministrazione attiva, confondendosi con
quest’ultima (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 07.02.2012 n. 650 - massima tratta da
www.gazzettaamministrativa.it - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI
AMMINISTRATIVI:
M. Lucca,
Parere di regolarità contabile e viaggi all’estero (01.02.2012
- link a www.mauriziolucca.com). |
anno 2011 |
|
ATTI
AMMINISTRATIVI:
Omessa acquisizione dei pareri di
regolarità tecnica e contabile - Illegittimità della
delibera - Non sussiste - Ratio.
La mancata acquisizione del parere di regolarità contabile,
ex art. 49 T.U.E.L., non comporta l'illegittimità della
delibera, avendo piuttosto lo scopo di individuare il
soggetto che formalmente assume la responsabilità sul
riscontro della regolarità contabile della proposta di
provvedimento (Cfr., TAR Piemonte, sez. II, 29.06.1995, n.
373; TAR Campania Napoli, sez. I, 08.04.2010, n. 1830)
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
I,
sentenza 31.05.2011 n. 1385 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO: Responsabilità amministrativa –
Elementi costitutivi – Comportamento
illecito – Mancato controllo sui rimborsi
spese da parte del responsabile della
ragioneria – Visto di regolarità – Natura –
Costituisce atto di controllo di legittimità
– Responsabilità – Sussistenza –
Fattispecie.
Il visto o parere di regolarità contabile
del responsabile del servizio ragioneria di
un comune deve ritenersi, a tutti gli
effetti, un visto di legittimità del
relativo provvedimento di spesa, sulla base
del principio di contabilità pubblica
contenuto nell’art. 20 del T.U. della Corte
dei conti, R.D. 12.07.1934, n. 1214 e la
stessa, diversa interpretazione offerta in
proposito nelle circolari del Ministero
dell’interno deve ritenersi non vincolante
per gli enti locali; conseguentemente, il
funzionario medesimo è responsabile del
danno cagionato al comune per il mancato
controllo sul rimborso di spese illegittime
a favore del sindaco (massima tratta da
www.centrostudi-sv.org - Corte dei Conti,
Sez. giurisdiz. Sicilia,
sentenza 23.03.2011 n.
1058).
---------------
La domanda del Procuratore regionale è
fondata nei termini che seguono.
Il collegio, preliminarmente, sulla vicenda
non può esimersi dal delineare il quadro
normativo sulle responsabilità dei dirigenti
dei servizi degli enti locali e del
dirigente del servizio finanziario e di
ragioneria per i pareri ed i visti resi
sugli atti amministrativi che comportano
impegni di spesa.
Deve essere evidenziato che in materia
esiste un intreccio di varie fonti normative
legislative nazionali, regionali e
regolamentari grazie a specifici rinvii
legislativi, oltreché di principi contabili
desumibili al di fuori della specifica
normativa nazionale e regionale degli enti
locali.
In primo luogo, essendo la Sicilia una
regione a Statuto speciale con valenza di
legge costituzionale, essa ha una competenza
specifica a legiferare in materia di enti
locali ai sensi dell’art. 15 dello Statuto.
Per quanto qui interessa, la normativa di
riferimento tuttora vigente è innanzitutto
la legge regionale n. 48/1991, la quale ha
recepito con modificazioni la legge
nazionale 142/1990 (d’ora in avanti L.
142/1990-L.R. 48/1991) a cui si aggiunge
l’art. 13 della L.R. 44/1991 ed il D.Lgs.
267/2000, solamente per la parte contabile,
salvo specifiche deroghe esplicite
introdotte dalla legislazione regionale.
Ed in particolare, gli artt. 53 e 55 della
L. 142/1990-L.r. 48/1991, i quali recano la
disciplina di riferimento del caso in
questione; l’art. 53 dopo le modifiche
introdotte con la legge regionale 30 del
2000 prevede che: 1. su ogni proposta di
deliberazione sottoposta alla giunta ed al
consiglio che non sia mero atto di indirizzo
deve essere richiesto il parere in ordine
alla sola regolarità tecnica del
responsabile del servizio interessato e,
qualora comporti impegno di spesa o
diminuzione di entrata, del responsabile di
ragioneria in ordine alla regolarità
contabile.
2. Nel caso in cui l’ente non abbia
funzionari responsabili dei servizi, il
parere è espresso dal segretario dell’ente,
in relazione alle sue competenze.
3. I soggetti di cui al comma 1 rispondono
in via amministrativa e contabile dei pareri
espressi. Esso corrisponde
sostanzialmente all’art. 49 del D.lgs.
267/2000.
L’art. 55 prevede per quanto qui interessa:
1. l’ordinamento finanziario e contabile
degli enti locali è riservato alla legge
dello Stato.
…5.I provvedimenti dei responsabili dei
servizi che comportino impegni di spesa sono
trasmessi al responsabile del servizio
finanziario e sono esecutivi con
l’apposizione del visto di regolarità
contabile attestante la copertura
finanziaria.
L’art. 13 della L.R. 44/1991, vigente,
prevede che: gli impegni di spesa non
possono essere assunti senza attestazione
della relativa copertura finanziaria da
parte del responsabile del servizio
finanziario. Senza tale attestazione l’atto
è nullo di diritto.
A questo si aggiungono le specifiche norme
della seconda parte del D.lgs. 267/2000,
Testo unico delle leggi sull’ordinamento
degli enti locali (TUEL) art. 149 e
seguenti.
L’art. 151 enumerando i principi in materia
di contabilità al comma 4 prevede che: I
provvedimenti dei responsabili dei servizi
che comportano impegni di spesa sono
trasmessi al responsabile del servizio
finanziario e sono esecutivi con
l’apposizione del visto di regolarità
contabile attestante la copertura
finanziaria.
L’art. 153, comma 3, disciplina il servizio
economico finanziario e per quanto qui
interessa individua il responsabile del
servizio finanziario: il responsabile del
servizio finanziario di cui all’art. 151
comma 4, si identifica con il responsabile
del servizio o con i soggetti preposti alle
eventuali articolazioni previste dal
regolamento di contabilità .
Ed il comma 5 prevede: il regolamento di
contabilità disciplina le modalità con le
quali vengono resi i pareri di regolarità
contabile sulle proposte di deliberazione ed
apposto il visto di regolarità contabile
sulle determinazioni dei soggetti abilitati.
Il responsabile del servizio finanziario
effettua le attestazioni di copertura della
spesa in relazione alle disponibilità
effettive esistenti negli stanziamenti di
spesa………
L’art. 191, comma 1, prevede che: gli
enti locali possono effettuare spese solo se
sussiste l’impegno contabile registrato sul
competente intervento o capitolo del
bilancio di previsione e l’attestazione
della copertura finanziaria di cui all’art.
153, comma 5.
E tale norma costituisce un principio di
armonizzazione dei bilanci pubblici degli
enti locali, in quanto integralmente
recepito nell’art. 22, comma 1, del D.lgs.
170/2006.
In attuazione dell’art. 153, comma 3 e 5,
del TUEL, gli artt. 30 e 31 del regolamento
di contabilità del comune di Palagonia
prevedono che l’attestazione di copertura
finanziaria è apposta dal responsabile di
ragioneria ed il parere di regolarità
contabile viene espresso previa verifica:
……c) dell’esistenza del presupposto dal
quale sorge il diritto della obbligazione;
e) (rectius: d) del rispetto del’ordinamento
contabile degli enti locali e delle norme
del presente regolamento.
Infine l’art. 184 del TUEL prevede:
……2.la liquidazione compete all’ufficio che
ha dato esecuzione al provvedimento di spesa
ed è disposta sulla base della
documentazione necessaria a comprovare il
diritto del creditore a seguito del
riscontro operato sulla regolarità della
fornitura o della prestazione e sulla
rispondenza della stessa ai requisiti
quantitativi e qualitativi,ai termini o alle
condizioni pattuite.
3. L’atto di liquidazione sottoscritto dal
responsabile del servizio proponente, con
tutti i relativi documenti giustificativi ed
i riferimenti contabili è trasmesso al
servizio finanziario per i conseguenti
adempimenti.
4. Il servizio finanziario effettua, secondo
i principi e le procedure di contabilità
pubblica,i controlli ed i riscontri
amministrativi, contabili e fiscali sugli
atti di liquidazione.
Dal quadro sin qui delineato
non si può negare che la figura del
responsabile del servizio finanziario e di
ragioneria abbia delle prerogative
funzionali di controllo sugli atti
amministrativi che comportano impegni di
spesa; tale potere si esprime attraverso
l’espressioni dei suddetti pareri, visti e
attestazioni, per i quali ai sensi dell'art.
53 essi sono rilevanti ai fini della
responsabilità amministrativa dei funzionari
che li hanno resi.
Perciò,
le deduzioni del convenuto Mu.,
responsabile del servizio finanziario e di
ragioneria del comune di Palagonia, ove egli
afferma che il visto di regolarità contabile
attestante la copertura finanziaria sulla
determinazione del responsabile del servizio
interessato si limitava alla sola verifica
della copertura finanziaria, la corretta
imputazione al capitolo di spesa, alla
competenza dell’organo che l’ha assunta, al
rispetto dei principi contabili ed alla
completezza della documentazione, sono
infondate.
La figura del responsabile del servizio
economico finanziario è disciplinata
dall’art. 153, comma 3, del TUEL
sopraccitato, il quale distingue la
possibilità di una figura unica o
articolata, sulla base di apposita
regolamentazione contabile; ciò significa
che è possibile ove il regolamento lo
preveda, -consentendolo la legge- che tale
figura sia scissa tra soggetti diversi,
poiché, come vedremo, sono finalisticamente
diverse le due tipologie di controllo
finanziario e contabile,
esercitate rispettivamente dal
responsabile del servizio finanziario e
di ragioneria; ovviamente nulla
vieta, come nella maggior parte dei casi,
che tali funzioni siano riunite in una unica
figura, ma questo non smentisce la relativa
diversità delle due funzioni, delle
corrispondenti posizioni organizzative e
delle conseguenti responsabilità
amministrativo-contabili ed organizzative.
Difatti, ciò è stato percepito e confermato
dalla giurisprudenza amministrativa e
contabile sin dalla emanazione della legge
142/1990: “il parere di
cui all’art. 53 della legge 142/1990
richiesto al responsabile di ragioneria è
atto sostanzialmente diverso
dall’“attestazione” che il medesimo o altro
funzionario è chiamato a rilasciare, ed
invero mentre il primo consiste in una
valutazione in ordine alla regolarità
contabile della deliberazione sottoposta ad
esame, la seconda si concreta in una
verificazione più specifica, concernente la
copertura finanziaria del relativo impegno”
TAR Pa, sez. II, 231/1994.
Tali pareri svolgono una funzione consultiva
di controllo sebbene non vincolante per gli
organi rappresentativi: “i
pareri ex art. 53 l. 08.06.1990 n. 142
(oggi, art. 49 t.u.e.l.) resi dal
responsabile del servizio, dal
responsabile del settore ragioneria e
dal segretario comunale sui progetti
di deliberazioni spettanti ai corpi
rappresentativi del comune, non pongono
alcun limite alla potestà deliberante di
questi ultimi -i quali ben possono
liberamente disporre del contenuto delle
deliberazioni una volta resi detti pareri-
perché, diversamente argomentando, si
finirebbe con l'attribuire agli organi
consultivi l'effettivo potere
d'amministrazione attiva, lasciando ai corpi
rappresentativi la funzione di mera ratifica
di determinazioni altrui. Essi, pertanto,
sono unicamente preordinati
all'individuazione sul piano formale, dei
funzionari che li formulano, della
responsabilità eventualmente in solido con i
componenti degli organi politici in via
amministrativa e contabile”
TAR NA, sez. III, 7878/2007.
In relazione alla ritenuta
differenza tra parere di regolarità
contabile previsto per le deliberazioni
degli organi rappresentativi, in quanto atti
collegiali, e visto di regolarità
contabile,
come nel caso che ci occupa,
sulle determinazioni dei
responsabili dei servizi e degli altri
soggetti abilitati (es. determinazioni del
sindaco), in quanto atti monocratici, può
certamente affermarsi che essa è solamente
apparente e relativa ad una visione
formalistica, non rispondente alla realtà
giuridica sostanziale, come confermato dalla
giurisprudenza costituzionale, in cui si è
affermato che lessicalmente il termine
deliberazione “sin dall’antichità”
può riferirsi indifferentemente sia ad atti
collegiali che monocratici, visto che spesso
il legislatore stesso riferisce tale
definizione in termini indifferenziati agli
uni o agli altri;
si veda Corte costituzionale 38 e 39 /1979,
e confermato anche dalla giurisprudenza
amministrativa Cons. di Stato sez. IV
1129/1977 e 701/1978, più recentemente Cons.
di Stato sez. V 8400/2009: “la
parola "deliberazione", designa, da sempre,
le risoluzioni adottate sia da organi
collegiali sia da organi monocratici,
nell'intento di rendere pubblici tutti gli
atti degli enti locali di esercizio del
potere deliberativo, indipendentemente dalla
natura collegiale o meno dell'organo
emanante”.
Con la semplice differenza prevista dagli
artt. 55, comma 5, e 151, comma 4, sopra
citati, che
il visto di regolarità contabile
congiunto alla attestazione di copertura
finanziaria è requisito di esecutività
dell’atto amministrativo, ossia della sua
efficacia giuridica; ciò significa che in
sua assenza, anche in presenza della sola
attestazione di copertura finanziaria,
l’atto non è esecutivo e conseguentemente è
nullo o inefficace.
Deve a questo punto chiarirsi cosa si
intenda per controllo contabile e
finanziario; la giurisprudenza contabile
prevalente ha ritenuto e ritiene che
regolarità contabile significhi
controllo di legittimità della spesa: “Nel
parere di “regolarità contabile” infatti, è
da comprendere, oltre che la verifica
dell’esatta imputazione della spesa al
pertinente capitolo di bilancio ed il
riscontro della capienza dello stanziamento
relativo, anche la valutazione sulla
correttezza sostanziale della spesa proposta”
Corte conti, sez. II, 104/1994.
Anche la giurisprudenza contabile più
recente ha confermato questo orientamento
con più approfondite precisazioni: “il
parere di regolarità contabile investe anche
e soprattutto la legittimità della spesa”
Corte conti sez. Puglia 207/2006, confermata
di recente anche da Corte conti sez. Toscana
114/2010.
In questa pronunce a sostegno di tale tesi,
si evidenziano ragioni normative di natura
sistematica.
In primo luogo deve essere testualmente
richiamato l’art. 147, lett. a), del TUEL
ove si prevede che nell’ambito del sistema
dei propri controlli interni l’ente locale
deve garantire attraverso il controllo di
regolarità amministrativa e contabile, la
legittimità,correttezza e regolarità
dell’azione amministrativa; quindi con tale
norma si finalizza rendendolo equivalente,
il controllo di regolarità contabile ad un
controllo sulla legittimità, correttezza e
regolarità dell’azione amministrativa.
Nonché l’art. 184, comma 4, del TUEL sopra
citato, il quale nella fase di controllo da
parte dell’ufficio economico finanziario
delle determinazioni di impegno e
liquidazione di spesa, prevede che esso
effettua i controlli ed i riscontri
amministrativi e contabili secondo i
principi della Contabilità Pubblica, ed è
quindi necessario individuare quali siano,
tali principi.
Orbene, se nello stesso TUEL sono codificati
solamente i principi del bilancio e non vi è
alcun riferimento preciso ai principi del
controllo, la detta giurisprudenza ha
individuato quale principio fondamentale per
i responsabili di ragioneria l’art. 27 del
R.D. 2440/1923 il quale prevede che: le
ragionerie centrali vigilino perché siano
osservate le leggi………c) per la regolare
gestione dei fondi di bilancio.
Ma ad avviso di questo collegio, la norma
che individua il vero principio fondamentale
in materia, individuando e distinguendo il
controllo finanziario relativo nel nostro
caso all’attestazione della copertura
finanziaria, da quello contabile, è l’art.
20 del R.D. 1214/1934 TU Corte dei conti,
ove si prevede: La Corte vigila perché le
spese non superino le somme stanziate nel
bilancio e queste si applichino alle spese
prescritte, perché non si faccia trasporto
di somme non consentite per legge, e perché
la liquidazione e il pagamento delle spese
siano conformi alle leggi e ai regolamenti.
Tale norma che si applica all’attività di
controllo della Corte dei conti e definisce
il concetto di contabilità pubblica, per la
sua ampia definizione, si configura come
riferimento fondamentale per i concetti di
regolarità finanziaria e contabile, tale
che, per la sua generalità è estensibile a
qualsiasi organo pubblico che svolga tali
funzioni; e dunque per regolarità contabile
deve intendersi legittimità della spesa,
ossia conformità di essa alle leggi ed ai
regolamenti.
E d’altro canto, ciò trova riscontro
nell’art. 31 del regolamento di contabilità
del comune di Palagonia sopra evidenziato,
ove si prevede che il responsabile di
ragioneria deve verificare l’esistenza del
presupposto dal quale sorge il diritto della
obbligazione e il rispetto dell’ordinamento
contabile degli enti locali.
In conclusione sul punto,
la verifica ai fini
dell’attestazione del responsabile del
servizio finanziario coincide
sostanzialmente con la prima parte dell’art.
20 cit., riferita al controllo
finanziario, in cui egli deve verificare
la copertura finanziaria, confrontando
l’impegno di spesa con lo stanziamento
contenuto nello specifico capitolo o
intervento del bilancio di previsione; la
corretta imputazione dell’impegno rispetto
all’oggetto del capitolo di spesa; che non
si siano fatte variazioni di bilancio non
autorizzate, oltre la scontata competenza
dell’organo che ha emesso il provvedimento,
la quale attiene piuttosto alla legittimità
dell’atto amministrativo che all’aspetto
finanziario; diversa funzione
conseguentemente, ha il parere o visto di
regolarità contabile riferito alla
seconda parte dell’art. 20, che si configura
come un vero e proprio controllo di
legittimità della spesa rispetto alla legge
e alle altre fonti normative,quindi trattasi
di due funzioni ben distinte.
Dunque, sotto il profilo della regolarità
contabile il Mu. non ha verificato
l’esistenza dei presupposti di fatto e di
diritto dai quali avrebbe dovuto scaturire
l’obbligazione, in concreto l’inerenza della
spesa da rimborsare,con le funzioni
istituzionali esercitate dal sindaco nelle
fiere agricole programmate dall’ICE;
contrariamente da quanto affermato, egli non
ha dimostrato, né allegato alcun documento
da cui risulti tale inerenza e l’eventuale
utilità della spesa, e questo, sebbene dalla
lettura della determinazione 615/2007, egli,
nella sua qualità di responsabile del
servizio finanziario abbia dichiarato di
avere effettuato controlli e riscontri
amministrativi e contabili.
Di conseguenza, la sentenza della sezione di
Appello Sicilia n. 1/2009, citata dai
convenuti, non appare del tutto pertinente
al caso in questione, trattandosi di un caso
di riconoscimento di debito fuori bilancio,
poiché in tale ambito, il riconoscimento di
debito ed il conseguente impegno di spesa,
essendo una esclusiva prerogativa
dell’organo consiliare è, al di fuori dei
casi di sentenze esecutive direttamente
vincolanti nei confronti
dell’amministrazione ai sensi dell’art. 2909
c.c., assimilabile ad una obbligazione
naturale ex art. 2034 c.c., per il quale il
privato non ha una azione diretta nei
confronti dell’amministrazione.
Ne discende, che il riconoscimento del
debito non ha solamente una semplice
funzione probatoria ex art. 1988 c.c., ma
costitutiva dell’obbligazione, e dunque, in
tali casi, i pareri del responsabile del
servizio interessato e di quello economico
finanziario hanno natura più fattuale che
giuridica, limitandosi alla verifica
dell’esistenza dei presupposti di fatto che
potrebbero determinare il riconoscimento del
debito da parte del consiglio comunale,
principalmente riferiti all’utilità
oggettiva per l’amministrazione dei lavori,
servizi o forniture ricevuti e dunque una
responsabilità attenuata.
Ma per quanto evidenziato, non può
assolutamente negarsi, considerato il
fondamentale principio di contabilità
pubblica contenuto nell’art. 20 del TU Corte
di conti, che il convenuto Mu.
nell’espressione del visto di regolarità
contabile dovesse verificare la legittimità
della spesa di rimborso del Sindaco, con
riferimento alla pertinenza con l’esercizio
delle funzioni istituzionali espletate in
tale viaggio; di tale verifica negli atti
processuali allegati dal convenuto non vi è
alcuna traccia.
Ed infine, ulteriori ragioni di natura
normativo-sistematica sulla natura di
controllo della legittimità della spesa
attraverso il parere o visto di regolarità
contabile si possono ricavare dalla
specifica normativa regionale con l’art. 47
L.R. 6/1997, ove si prevede che: l’ordine
di accreditamento agli enti locali a valere
sui finanziamenti regionali costituisce
titolo per l’emissione del parere di cui
all’art. 1,comma 1 lett. i), della legge
regionale 48/1991. Ovvero l’art. 53
legge 142/1990.
Questo significa che, per tali finanziamenti
che si configurano a tutti gli effetti come
gestioni fuori bilancio, transitando dalle
partite di giro, ed essendo acquisiti
dall’ente mediante ordini di accreditamento
(per esempio ci si riferisce al pagamento
degli stati di avanzamento di lavori per
opere pubbliche finanziate direttamente
dalla Regione) non è necessaria ovviamente
l’attestazione di copertura finanziaria sul
bilancio dell’ente, essendo già sussistente
a priori e fuori bilancio; quindi il parere
o visto di regolarità contabile a cui si
riferisce la norma, non può che essere
logicamente un atto di controllo della
legittimità della spesa, ad esempio sul SAL
liquidato attraverso la determinazione del
responsabile dell’ufficio tecnico comunale.
Per completezza di motivazione deve essere
comunque rilevato che le argomentazioni del
convenuto sono state tratte dalla circolare
del Ministero dell’Interno n. F.L. 25/1997 e
dai principi contabili dell’Osservatorio
enti locali presso il medesimo ministero.
Tali atti hanno la medesima valenza, in cui,
in sintesi, si afferma che con il visto di
regolarità contabile attestante la copertura
finanziaria il responsabile del servizio
finanziario non effettua alcun controllo
sulla legittimità della spesa.
Orbene, in materia di circolari
amministrative interpretative non si possono
che fare proprie le considerazioni espresse
dalle Sezioni Unite della Corte di
Cassazione, si veda a tal proposito la nota
decisione Cass. ss.uu 23031/2007, in cui si
è affermato che deve escludersi la natura
normativa delle stesse, essendo atti dotati
di efficacia meramente interna avente natura
di direttiva agli uffici, insuscettibili di
incidere su rapporti giuridici disciplinati
dalla riserva di legge, con esclusione di
poteri o facoltà discrezionali accordati
all’amministrazione, essa non vincola il
cittadino e neanche gli uffici
gerarchicamente subordinati
all’amministrazione emittente, ai quali è
data facoltà di disattendere il contenuto di
tali direttive; e solo al giudice è affidato
il compito di interpretare le disposizioni
dell’ordinamento.
A queste argomentazioni, deve essere
aggiunta la precisazione che la circolare
ministeriale e i principi elaborati
dall’Osservatorio non hanno neanche natura
interorganica, rivolgendosi all’esterno
dell’amministrazione centrale, nei confronti
delle autonomie locali, la cui disciplina
ordinamentale è riservata alla legge, e
dunque essi non possono porsi in contrasto
con essa e con i richiamati principi di
contabilità pubblica contenuti in norme
primarie di chiara, univoca e consolidata
interpretazione.
A questo punto va esaminata la posizione
della convenuta Si., la quale, avendo
predisposto ed adottato il provvedimento di
liquidazione ne è direttamente responsabile.
Preliminarmente, si deve osservare che le
considerazioni difensive sul parere di
regolarità tecnica sono irrilevanti, poiché
le determinazioni dei responsabili dei
servizi sono ovviamente adottate dagli
stessi.
Conseguentemente,
il funzionario che emette il
provvedimento ne è direttamente responsabile
in via amministrativa della sua legittimità,
secondo le regole dettate dalla legge
241/1990 e L.R. 10/1991 sul responsabile del
procedimento.
Quindi, la convenuta Si. doveva quantomeno
motivare e giustificare nel provvedimento di
liquidazione del rimborso la inerenza della
spesa con il fine istituzionale correlato
alle manifestazioni ICE 2005, mentre il
viaggio a Rio de Janeiro è avvenuto nel
2007; nel provvedimento non vi è alcuna
traccia di tale motivazione e neanche in
sede processuale è riuscita a spiegare tale
inerenza e lo scopo del viaggio.
Devono infine essere esaminate
congiuntamente le deduzioni dei convenuti
sulla insindacabilità delle scelte
discrezionali degli amministratori e del
conseguente esonero di responsabilità dei
funzionari preposti al controllo ed alla
liquidazione della spesa.
La giurisprudenza delle Sezioni Unite della
Corte di Cassazione ed in particolare la
sentenza 7024/2006, sulla insindacabilità
delle scelte discrezionali, ha ribadito che
essa trova il limite nei principi previsti
dall’art. 1 della legge 241/1990, ed in
particolare nei principi di efficacia ed
economicità, la cui violazione si configura
come un vero e proprio vizio di legittimità
amministrativa.
Nel caso in questione, in relazione al
principio di efficacia, non è stata
dimostrata l’utilità del viaggio per
l’amministrazione e conseguentemente per la
comunità amministrata.
Ebbene, la giurisprudenza citata dai
convenuti della Corte di Cassazione SSUU
6851/2003 è condivisibile ed applicabile
altresì al caso in questione, ma essi non
hanno né in sede istruttoria, né in sede
processuale non solo dimostrato la
pertinenza dei viaggi con i fini
istituzionali dell’ente, ma inoltre, non è
stata dimostrata la pertinenza del viaggio
in questione effettuato nel 2007, con eventi
svoltisi nel 2005.
In conclusione, i convenuti
sono da ritenersi responsabili del danno
cagionato al comune di Palagonia per il
mancato controllo nell’ambito delle
rispettive funzioni sul rimborso spese a
favore del Sindaco
del comune di Palagonia, ma in tale
responsabilità amministrativa connotata da
colpa grave, tenuto conto della previsione
contenuta nell’art. 1, comma 1-quater, della
legge 20/1994, deve considerarsi pure la
quota di danno addebitabile al sindaco non
citato in giudizio dal PM e quantificabile
nel 40% della spesa, che per la restante
parte 60% viene quindi addebitata pro quota
in parti uguali ai due convenuti,
corrispondente rispettivamente ad una somma
di € 1.903,36,oltre rivalutazione monetaria
ed interessi legali.
La condanna alle spese segue la soccombenza
che si liquida come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dei Conti sezione giurisdizionale
per la Regione Siciliana
definitivamente pronunciando, accoglie la
domanda del Procuratore Regionale nei
termini di cui in motivazione e per gli
effetti, condanna i convenuti Mu.Co.Ma. e
Si.Fr. ciascuno, alle rimborso delle
rispettive somme di € 1.903,36 a favore del
comune di Palagonia, oltre rivalutazione
monetaria ed interessi legali dal deposito
della sentenza sino al soddisfo.
Le spese seguono la soccombenza e sono
liquidate in €. 247,17 (euro
duecentoquarantasette/17). |
ATTI
AMMINISTRATIVI - SEGRETARIO COMUNALE:
L. Maresca,
Le funzioni del segretario comunale di assistenza agli
organi: Consiglio e Giunta - il segretario ed il sindaco
(link a http://doc.sspal.it). |
anno 2010 |
|
ATTI
AMMINISTRATIVI:
Domanda: Il parere in linea tecnica e di regolarità
contabile -da esprimere nelle deliberazioni rispettivamente
a cura dal responsabile del servizio interessato e di
ragioneria- può estendersi fino ad attestare la legittimità
del provvedimento?
Risposta: L’art. 49 del decreto legislativo 267 del 2000
prescrive che su ogni proposta di deliberazione sottoposta
al Consiglio ed alla Giunta, che non sia mero indirizzo,
deve essere richiesto il parere in ordine alla sola
regolarità tecnica del responsabile del servizio interessato
e, qualora comporti impegno di spesa o diminuzione di
entrata, del responsabile di ragioneria in ordine alla
regolarità contabile. I predetti pareri debbono essere
inseriti nella deliberazione.
La disposizione in esame rappresenta la modifica della
versione originaria della norma che, all’art. 53 della legge
142/1990 prevedeva, oltre ai pareri in esame, il parere di
legittimità da parte del segretario comunale, che è stato
soppresso con il comma 85 dell’art. 17 della legge 127/1997.
Dal tenore della norma, si ricava che i pareri in linea
tecnica e contabile non costituiscono un requisito di
legittimità delle deliberazioni cui si riferiscono, in
quanto la funzione dei detti pareri è quella di individuare,
sul piano formale, i funzionari responsabili, in via
amministrativa e contabile ed eventualmente in solido con i
componenti degli organi deliberanti, delle deliberazioni da
questi assunte (fra le altre TAR Lecce, 07.04.2001, n.
1616).
Ne deriva che il parere tecnico non comporta una valutazione
di legittimità dell’atto in riferimento all’oggetto della
delibera, essendo un parere tecnico e non di legittimità,
diversamente da quello che in precedenza veniva dato dal
segretario comunale, e si limita ad attestare che l’atto
corrisponde all’attività istruttoria compiuta, ai fatti
acquisiti nell’attività istruttoria, che l’atto nella sua
composizione formale è conforme a quanto disposto dalla
normativa sulla formazione della delibera nel suo aspetto
estrinseco e non attesta nulla in ordine alla legittimità
delle ragioni di merito che sottostanno al tipo di delibera
adottata.
La giurisprudenza, peraltro, è concorde nel ritenere che i
pareri espressi dai responsabili dell’aerea tecnica e del
servizio finanziario dei comuni costituiscono atti
preparatori che legittimano l’adozione delle deliberazioni
per le quali i pareri sono richiesti. Detti pareri, perciò,
rispetto alla validità formale della medesime deliberazioni
operano quale presupposto di diritto, ma non possono
interferire sull’autonomo e corretto esercizio dei poteri
spettanti all’organo deliberante; a questi spetta la
ponderazione concreta e corretta dei pubblici interessi, al
di là della mera relazione funzionale dei pareri stessi che
sono resi "ex ante" sulla proposta di deliberazione e
costituiscono il presupposto al corretto esercizio dei
poteri amministrativi dell’organo deliberante, senza
intervenire sulla volontà di questo nei casi in cui la
competenza a provvedere spetta allo stesso Consiglio
comunale e non già ad altri uffici tecnici o amministrativi
dell’amministrazione comunale (cfr. Corte dei conti, sezione
giurisdizionale d'appello per la Sicilia, 13.01.2009, n.
01/A/2009) (link a www.entilocali.provincia.le.it). |
ATTI
AMMINISTRATIVI: Il
parere di regolarità contabile investa anche e soprattutto
la legittimità della spesa, e depone in tal senso:
- il rilievo che il comb. disp. di cui agli artt. 49,
secondo comma, e 97, quarto comma, lett. b), D.Lgs.
267/2000, per il caso "in cui l'ente non abbia i
responsabili dei servizi", demanda l'espressione del parere
di cui all'art. 49 (e, pertanto, anche del parere di
regolarità contabile) al segretario, "in relazione alle sue
competenze", consistenti, a termini dell'art. 97, secondo
comma, D.Lgs. 267/2000, nello svolgimento di "compiti di
collaborazione e funzioni di assistenza giuridico
amministrativa nei confronti degli organi dell'ente in
ordine alla conformità delle leggi, allo statuto ed ai
regolamenti", sicché se ne desume che il parere di
regolarità contabile deve comprendere non solo
l'attestazione della copertura finanziaria della spesa,
ossia la sua imputazione alla pertinente partizione del
bilancio ed il riscontro della capienza del relativo
stanziamento, ma debba aver riguardo a tutti i profili
propriamente attinenti alla legittimità della spesa;
- la considerazione che, a termini dell'art. 184, quarto
comma, D.Lgs. 267/2000, il servizio finanziario -cui è
preposto il ragioniere cui il precedente l'art. 49 demanda
l'espressione del parere di regolarità contabile- deve
effettuare "secondo i principi e le procedure della
contabilità pubblica, i controlli e riscontri
amministrativi, contabili e fiscali sugli atti di
liquidazione", e che, come è dato evincere dall'art. 147,
primo comma, lett. a), D.Lgs. cit., in tema di controlli
interni, la regolarità amministrativa e contabile, oggetto
dei controlli e dei riscontri demandati al servizio
finanziario, si identifica con "la legittimità, regolarità e
correttezza dell'azione amministrativa", sicché sarebbe
evidentemente incongrua un'interpretazione per cui, in sede
di espressione del parere di regolarità contabile di cui
all'art. 49 D.Lgs. cit., che si colloca a monte delle fasi
di gestione della spesa pubblica, il responsabile del
servizio finanziario non fosse tenuto ad evidenziare
l'illegittimità della spesa oggetto della proposta di
deliberazione;
- il rilievo che l'art. 27 R.D. 2240/1923 (L.C.G.S.) -che,
riferendosi alle Amministrazioni dello Stato, ben può essere
considerato espressione di un principio generale in subiecta
materia- prevede che le ragionerie centrali (oggi uffici
centrali di bilancio) vigilino "perché siano osservate le
leggi”) per la regolare gestione dei fondi di bilancio", per
cui evidentemente il parametro di riscontro non è costituito
dalla sola legge (formale) di bilancio ma dalle "leggi" e,
pertanto, anche da tutte le leggi (sostanziali) che
disciplinano l'effettuazione delle spese dello Stato.
---------------
Il Segretario (comunale o provinciale), ai sensi dell'art.
17 l. n. 127 del 1997 e, successivamente, dell'art. 97
d.lgs. 18.08.2000 n. 267, mantiene la specifica funzione
ausiliaria di garante della legalità e correttezza
amministrativa dell'azione dell'ente locale; infatti, il
t.u.e.l. ha assegnato al segretario dell'ente locale, in
linea generale, otre agli altri compiti indicati all'art. 97
t.u., cit., le "funzioni di collaborazione e di assistenza
giuridico-amministrativa nei confronti degli organi
dell'ente in ordine alla conformità dell'azione
amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti" e
quelle di "sovrintendere allo svolgimento delle funzioni dei
dirigenti e di coordinarne l'attività"; pertanto non può
dubitarsi del fatto che il Segretario comunale abbia il
preciso obbligo giuridico di segnalare agli amministratori
le illegittimità contenute negli emanandi provvedimenti, al
fine di impedire atti e comportamenti illegittimi forieri di
danno erariale; altrimenti opinando, potrebbe
l'amministratore pubblico contare sull'inerzia o sul
silenzio di chi è preposto per legge al controllo della
legalità dell'azione amministrativa; e in mancanza, deve
essere ritenuto responsabile a titolo di concorso omissivo
colposo nella causazione del fatto dannoso contestato.
Inoltre, qualora il segretario rivesta anche il ruolo di
Direttore generale ciò incrementa i suoi poteri di indagine
e vigilanza e, correlativamente, le sue responsabilità; e
non vale obiettare che i pareri da rendere, secondo la
normativa vigente sono facoltativi, quasi a sminuirne
l’importanza, di fronte ai cd. “organi politici”, i quali,
se non correttamente illuminati possono fruire dell’esimente
della buona fede nelle proprie decisioni.
Infatti, si è giustamente rilevato che i pareri ex art. 53
l. 08.06.1990 n. 142 (oggi art. 49 t.u.e.l.) resi dal
responsabile del servizio, dal responsabile del settore
ragioneria e dal segretario comunale sui progetti di
deliberazioni spettanti ai corpi rappresentativi del comune,
non pongono alcun limite alla potestà deliberante di questi
ultimi -i quali ben possono liberamente disporre del
contenuto delle deliberazioni una volta resi detti pareri-
perché, diversamente argomentando, si finirebbe con
l'attribuire agli organi consultivi l'effettivo potere
d'amministrazione attiva, lasciando ai corpi rappresentativi
la funzione di mera ratifica di determinazioni altrui, ma
questi sono unicamente preordinati all'individuazione sul
piano formale, nei funzionari che li formulano, della
responsabilità eventualmente in solido con i componenti
degli organi politici in via amministrativa e contabile.
La giurisprudenza della Corte dei conti ha più volte
chiarito che l'intervenuta soppressione, ai sensi dell'art.
17, co. 85° della legge citata, del parere di legittimità
del segretario (comunale o provinciale) su ogni proposta di
deliberazione sottoposta alla giunta o al consiglio, già
previsto dall'art. 53 della L. n. 142/1990, non esclude che
permangano in capo al Segretario tutta una serie di compiti
ed adempimenti che, lungi dal determinare un'area di
deresponsabilizzazione del medesimo, lo impegnano, invece,
ad un corretto svolgimento degli stessi, pena la sua
soggezione, in ragione del rapporto di servizio instaurato
con l'ente locale, all'azione di responsabilità
amministrativa, ove di questa ricorrano gli specifici
presupposti.
Ciò in quanto il suddetto, ai sensi dell'art. 17 della L.
127/1997 e, successivamente, dell'art. 97 D.Lgvo 18.08.2000,
n. 267 mantiene la specifica funzione ausiliaria di garante
della legalità e correttezza amministrativa dell'azione
dell'ente locale. Infatti il T.U. n. 267/2000 ha assegnato
al Segretario dell'ente locale, in linea generale, oltre
agli altri compiti indicati all'art. 97 del T.U. citato, le
"funzioni di collaborazione e di assistenza
giuridico-amministrativa nei confronti degli organi
dell'ente in ordine alla conformità dell'azione
amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti" e
quelle di "sovrintendere allo svolgimento delle funzioni dei
dirigenti e di coordinarne l'attività".
Nondimeno la suddetta modifica normativa non esclude che il
Segretario comunale, proprio in virtù di tali specifici
compiti di consulenza giuridico-amministrativa, possa -ed
ove richiestone, debba- comunque rendere il proprio parere
in ordine alla conformità dell'azione amministrativa alle
leggi, agli statuti ed ai regolamenti e che del parere reso
debba rispondere in via amministrativa, in adesione ad un
principio generale, operante a prescindere dalla natura
obbligatoria o facoltativa del parere espresso.
In altri termini l'affidamento, alla stregua della
previsione normativa di cui all'art. 97 T.U. 18.08.2000, n.
267, al Segretario comunale di funzioni di assistenza e di
collaborazione giuridica ed amministrativa di tutti gli
organi dell'ente locale assorbe, in qualche guisa, lo
specifico compito, dianzi espressamente previsto dall'art.
53 L. 08.06.1990 n. 142, di esprimere un previo parere di
legittimità sulle deliberazioni di giunta; di tal che
l'evoluzione normativa in materia ben lungi dall'evidenziare
una sottrazione del già citato Segretario alla
responsabilità amministrativa ne ha invece sottolineato le
maggiori responsabilità in ragione della rilevata estensione
delle funzioni.
Se può
certamente convenirsi sul rilievo che il legislatore non
attribuisce alcun potere discrezionale e di merito al
responsabile del servizio finanziario in sede di espressione
del parere di regolarità contabile, non può di converso
consentirsi sull'assunto difensivo per cui ne esulerebbe
qualunque accertamento sulla legittimità della spesa.
Contrariamente all'assunto difensivo, il parere di
regolarità contabile investa anche e soprattutto la
legittimità della spesa.
Depone, in tal senso:
- il rilievo che il comb. disp. di cui agli artt. 49,
secondo comma, e 97, quarto comma, lett. b), D.Lgs.
267/2000, per il caso "in cui l'ente non abbia i
responsabili dei servizi", demanda l'espressione del
parere di cui all'art. 49 (e, pertanto, anche del parere di
regolarità contabile) al segretario, "in relazione alle
sue competenze", consistenti, a termini dell'art. 97,
secondo comma, D.Lgs. 267/2000, nello svolgimento di "compiti
di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico
amministrativa nei confronti degli organi dell'ente in
ordine alla conformità delle leggi, allo statuto ed ai
regolamenti", sicché se ne desume che il parere di
regolarità contabile deve comprendere non solo
l'attestazione della copertura finanziaria della spesa,
ossia la sua imputazione alla pertinente partizione del
bilancio ed il riscontro della capienza del relativo
stanziamento, ma debba aver riguardo a tutti i profili
propriamente attinenti alla legittimità della spesa;
- la considerazione che, a termini dell'art. 184, quarto
comma, D.Lgs. 267/2000, il servizio finanziario -cui è
preposto il ragioniere cui il precedente l'art. 49 demanda
l'espressione del parere di regolarità contabile- deve
effettuare "secondo i principi e le procedure della
contabilità pubblica, i controlli e riscontri
amministrativi, contabili e fiscali sugli atti di
liquidazione", e che, come è dato evincere dall'art.
147, primo comma, lett. a), D.Lgs. cit., in tema di
controlli interni, la regolarità amministrativa e contabile,
oggetto dei controlli e dei riscontri demandati al servizio
finanziario, si identifica con "la legittimità,
regolarità e correttezza dell'azione amministrativa",
sicché sarebbe evidentemente incongrua un'interpretazione
per cui, in sede di espressione del parere di regolarità
contabile di cui all'art. 49 D.Lgs. cit., che si colloca a
monte delle fasi di gestione della spesa pubblica, il
responsabile del servizio finanziario non fosse tenuto ad
evidenziare l'illegittimità della spesa oggetto della
proposta di deliberazione;
- il rilievo che l'art. 27 R.D. 2240/1923 (L.C.G.S.) -che,
riferendosi alle Amministrazioni dello Stato, ben può essere
considerato espressione di un principio generale in
subiecta materia- prevede che le ragionerie centrali
(oggi uffici centrali di bilancio) vigilino "perché siano
osservate le leggi”) per la regolare gestione dei fondi di
bilancio", per cui evidentemente il parametro di
riscontro non è costituito dalla sola legge (formale) di
bilancio ma dalle "leggi" e, pertanto, anche da tutte
le leggi (sostanziali) che disciplinano l'effettuazione
delle spese dello Stato.
Né, in contrario, può argomentarsi dalla circostanza che,
ove il parere di regolarità contabile investisse anche la
legittimità della spesa, potrebbe verificarsi (in specie
nelle ipotesi in cui il responsabile del servizio,
competente ad esprimere il "parere di regolarità tecnica",
fosse investito di competenze più propriamente
amministrative che tecniche) una possibile "sovrapposizione
di competenza", con le conseguenze -paventate dalla
difesa del C.- di una "confusione di ruoli e,
soprattutto, di responsabilità".
Non v'è chi non veda, infatti, che la circostanza che, con
riferimento alle proposte di deliberazioni comportanti
impegni di spesa o diminuzioni di entrata e, pertanto,
aventi effetti finanziari, i pareri di regolarità tecnica
del responsabile del servizio ed il parere di regolarità
contabile del responsabile di ragioneria possano investire
entrambi, se del caso in termini discordanti, la legittimità
della deliberazione proposta, lungi dal costituire fonte di
alcun preteso inconveniente, consente all'organo collegiale
di adottare le proprie deliberazioni, aventi implicazioni
finanziarie, con una maggiore "cognizione di causa",
in punto di legittimità degli adottandi provvedimenti.
D'altro canto, l'interpretazione nel senso che il parere di
regolarità contabile, previsto per le delibere comportanti
effetti finanziari, non debba investire anche la legittimità
della proposta deliberazione, è in palese contrasto con
l'esigenza che, con riferimento alle suddette delibere,
siano opportunamente -e sistematicamente- evidenziati
all'organo collegiale, a garanzia della legalità dell'azione
amministrativa (cfr. art. 1, primo comma, L. 241/1990),
eventuali profili di illegittimità.
Alla luce delle suesposte considerazioni, deve ritenersi che
il parere di regolarità contabile investa necessariamente
anche la legittimità delle deliberazioni proposte (si veda
C. Conti reg. Puglia, sez. giurisd., 01.03.2006, n. 207).
A fortiori, quanto detto acquista valore in relazione alla
responsabilità del segretario generale, dott.ssa R.A..
Il Segretario (comunale o provinciale), ai sensi dell'art.
17 l. n. 127 del 1997 e, successivamente, dell'art. 97
d.lgs. 18.08.2000 n. 267, mantiene la specifica funzione
ausiliaria di garante della legalità e correttezza
amministrativa dell'azione dell'ente locale; infatti, il
t.u.e.l. ha assegnato al segretario dell'ente locale, in
linea generale, otre agli altri compiti indicati all'art. 97
t.u., cit., le "funzioni di collaborazione e di
assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli
organi dell'ente in ordine alla conformità dell'azione
amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti"
e quelle di "sovrintendere allo svolgimento delle
funzioni dei dirigenti e di coordinarne l'attività";
pertanto non può dubitarsi del fatto che il Segretario
comunale abbia il preciso obbligo giuridico di segnalare
agli amministratori le illegittimità contenute negli
emanandi provvedimenti, al fine di impedire atti e
comportamenti illegittimi forieri di danno erariale;
altrimenti opinando, potrebbe l'amministratore pubblico
contare sull'inerzia o sul silenzio di chi è preposto per
legge al controllo della legalità dell'azione
amministrativa; e in mancanza, deve essere ritenuto
responsabile a titolo di concorso omissivo colposo nella
causazione del fatto dannoso contestato (Corte Conti sez. II,
02.07.2009).
Inoltre non può sottacersi che la dr.ssa A. rivestiva anche
il ruolo di Direttore generale, ciò che incrementava i suoi
poteri di indagine e vigilanza e, correlativamente, le sue
responsabilità; non vale obiettare che i pareri da rendere,
secondo la normativa vigente sono facoltativi, quasi a
sminuirne l’importanza, di fronte ai cd. “organi politici”,
i quali, se non correttamente illuminati possono fruire
dell’esimente della buona fede nelle proprie decisioni.
Infatti, si è giustamente rilevato che i pareri ex art. 53
l. 08.06.1990 n. 142 (oggi art. 49 t.u.e.l.) resi dal
responsabile del servizio, dal responsabile del settore
ragioneria e dal segretario comunale sui progetti di
deliberazioni spettanti ai corpi rappresentativi del comune,
non pongono alcun limite alla potestà deliberante di questi
ultimi -i quali ben possono liberamente disporre del
contenuto delle deliberazioni una volta resi detti pareri-
perché, diversamente argomentando, si finirebbe con
l'attribuire agli organi consultivi l'effettivo potere
d'amministrazione attiva, lasciando ai corpi rappresentativi
la funzione di mera ratifica di determinazioni altrui, ma
questi sono unicamente preordinati all'individuazione sul
piano formale, nei funzionari che li formulano, della
responsabilità eventualmente in solido con i componenti
degli organi politici in via amministrativa e contabile
(Consiglio di Stato Sezione V 25.05.1998 n. 680; TAR
Campania Napoli, sez. III, 19.09.2007, n. 7878; TAR Campania
Napoli, sez. I, 09.03.2009, n. 1320).
Al riguardo questo Giudice deve precisare che la
giurisprudenza della Corte dei conti ha più volte chiarito
che l'intervenuta soppressione, ai sensi dell'art. 17, co.
85° della legge citata, del parere di legittimità del
segretario (comunale o provinciale) su ogni proposta di
deliberazione sottoposta alla giunta o al consiglio, già
previsto dall'art. 53 della L. n. 142/1990, non esclude che
permangano in capo al Segretario tutta una serie di compiti
ed adempimenti che, lungi dal determinare un'area di
deresponsabilizzazione del medesimo, lo impegnano, invece,
ad un corretto svolgimento degli stessi, pena la sua
soggezione, in ragione del rapporto di servizio instaurato
con l'ente locale, all'azione di responsabilità
amministrativa, ove di questa ricorrano gli specifici
presupposti.
Ciò in quanto il suddetto, ai sensi dell'art. 17 della L.
127/1997 e, successivamente, dell'art. 97 D.Lgvo 18.08.2000,
n. 267 mantiene la specifica funzione ausiliaria di garante
della legalità e correttezza amministrativa dell'azione
dell'ente locale. Infatti il T.U. n. 267/2000 ha assegnato
al Segretario dell'ente locale, in linea generale, oltre
agli altri compiti indicati all'art. 97 del T.U. citato, le
"funzioni di collaborazione e di assistenza
giuridico-amministrativa nei confronti degli organi
dell'ente in ordine alla conformità dell'azione
amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti"
e quelle di "sovrintendere allo svolgimento delle
funzioni dei dirigenti e di coordinarne l'attività".
Nondimeno la suddetta modifica normativa non esclude che il
Segretario comunale, proprio in virtù di tali specifici
compiti di consulenza giuridico-amministrativa, possa -ed
ove richiestone, debba- comunque rendere il proprio parere
in ordine alla conformità dell'azione amministrativa alle
leggi, agli statuti ed ai regolamenti e che del parere reso
debba rispondere in via amministrativa, in adesione ad un
principio generale, operante a prescindere dalla natura
obbligatoria o facoltativa del parere espresso (Sez. II
Centr. 17.03.2004, n. 88/A; 23.06.2004, n. 197/A; Sez.
Giur.le Puglia, 08.07.2003, n. 594).
In altri termini l'affidamento, alla stregua della
previsione normativa di cui all'art. 97 T.U. 18.08.2000, n.
267, al Segretario comunale di funzioni di assistenza e di
collaborazione giuridica ed amministrativa di tutti gli
organi dell'ente locale assorbe, in qualche guisa, lo
specifico compito, dianzi espressamente previsto dall'art.
53 L. 08.06.1990 n. 142, di esprimere un previo parere di
legittimità sulle deliberazioni di giunta; di tal che
l'evoluzione normativa in materia ben lungi dall'evidenziare
una sottrazione del già citato Segretario alla
responsabilità amministrativa ne ha invece sottolineato le
maggiori responsabilità in ragione della rilevata estensione
delle funzioni (Corte Conti, sez. I, 07.04.2008, n. 154)
(Corte
dei Conti, Sez. giurisdiz. Toscana,
sentenza 25.03.2010 n. 114). |
ENTI LOCALI:
Enti locali, controlli a tutto campo. Il
ministro Calderoli ha anticipato nel ddl anticorruzione le
norme del Codice autonomie. Verifiche trimestrali, bilancio
consolidato e qualità ai raggi X.
È un'anticipazione del Codice delle autonomie la parte del
disegno di legge anticorruzione dedicata ai
controlli negli enti locali.
Il testo del ddl, infatti, altro non fa se non estrapolare
dall'iniziativa del ministro Calderoli rivolta ad
ammodernare l'ordinamento locale la parte che era dedicata
al sistema dei controlli di gestione. Il ddl punta sul
potenziamento dei controlli interni di gestione, il cui
funzionamento ottimale può essere uno strumento utile per la
lotta agli sprechi e, indirettamente, a cattive gestioni che
possano nascondere proprio pericoli di corruttela.
Le modalità per lo svolgimento del controllo di gestione
saranno fissare dagli statuti e dai regolamenti di
contabilità. Il controllo di gestione dovrà, in primo luogo,
verificare lo stato di attuazione degli obiettivi
programmati e, in secondo, rilevare il livello di
efficienza, efficacia ed economicità della gestione,
attraverso l'analisi delle risorse acquisite e della
comparazione tra i costi e la quantità e qualità dei servizi
offerti.
Per tale ragione, il controllo di gestione riguarda l'intera
attività amministrativa e gestionale degli enti locali e va
svolto periodicamente. Nei comuni con popolazione inferiore
ai 5.000 abitanti e nelle unioni di comuni, ove si
presuppone possano non esservi servizi interni, il controllo
di gestione è affidato al responsabile del servizio
economico-finanziario o, in assenza, al segretario comunale,
in ogni caso, l'attività può essere svolta anche mediante
forme di gestione associata con altri enti limitrofi.
Le fasi del controllo di gestione sono almeno 3. La prima
consiste nella predisposizione di un piano dettagliato di
obiettivi, che negli enti con popolazione superiore ai
15.000 abitanti si accompagna al piano esecutivo di
gestione. La seconda fase riguarda la rilevazione dei dati
relativi ai costi ed ai proventi, nonché dei risultati
raggiunti. Infine, la terza comprende la valutazione dei
dati rilevati, per metterli in rapporto al piano degli
obiettivi e, così, stabilire il loro grado di attuazione per
misurare l'efficacia dell'azione amministrativa.
Il disegno di legge intende anche apprestare sistemi di sana
gestione finanziaria tendenti ad evitare pratiche elusive
dei vincoli finanziari e normativi relativi alla gestione
del bilancio, del personale e degli appalti, prevalentemente
realizzate mediante la costituzione di società partecipate.
Per questa ragione, si punta al bilancio consolidato, che
dovrà esporre i risultati, secondo il principio della
competenza economica, complessivamente conseguiti
dall'attività gestione dell'ente locale, comprendente anche
quelli delle aziende partecipate. Le esternalizzazioni,
pertanto, non potranno essere più il mezzo per nascondere
gestioni in perdita o, comunque, per scavalcare oneri
procedimentali contando su una gestione privata solo sul
piano formale. Tanto è vero che le partecipate dovranno a
loro volta rispettare le norme di legge sui vincoli di
finanza pubblica: il che significa anche attenersi ai limiti
operativi e procedurali previsti per assumere personale,
acquisire appalti, contrarre mutui. Gli enti locali dovranno
garantire il rispetto di questi vincoli a carico delle
partecipate, fissando preventivamente obiettivi gestionali,
da verificare attraverso un sistema di controlli sulla
corretta applicazione delle norme e sulla situazione
contabile, gestionale e organizzativa delle società.
Sempre sul fronte dei controlli, il ddl introduce quello
della qualità dei servizi erogati, sia direttamente, sia
mediante organismi gestionali esterni; si imporrà l'utilizzo
della rilevazione del gradimento degli utenti esterni e
interni dell'ente. Il ddl, per quanto risulti in linea con
il dlgs 150/2009, costruisce un sistema di programmazione,
gestione e controllo peculiare per gli enti locali.
Sono, comunque, piuttosto evidenti i rischi di creazione di
un ulteriore carico di adempimenti. Basti pensare che si
prevede l'introduzione per gli atti di impegno di spesa
(rilasciato anche nella determinazione a contrattare, per
l'attestazione relativa alla base di gara, e nella
stipulazione di contratti di servizio con le aziende
partecipate) di un «parere di congruità», col quale
il responsabile del servizio interessato attesti sotto la
propria personale responsabilità amministrativa e contabile,
oltre alla rispondenza dell'atto alla normativa vigente, il
rispetto dei criteri di economicità ed efficienza, il
comprovato confronto competitivo, anche tenuto conto dei
parametri di riferimento relativi agli acquisti in
convenzione col sistema Consip (articolo ItaliaOggi del
05.03.2010, pag. 36). |
ATTI
AMMINISTRATIVI:
L’art. 49 t.u. 267/2000 (ex art. 53, l. n.
142/1990) stabilisce che “su ogni proposta di deliberazione
sottoposta alla giunta ed al consiglio che non sia mero atto
di indirizzo deve essere richiesto il parere in ordine alla
sola regolarità tecnica del responsabile del servizio
interessato e, qualora comporti impegno di spesa o
diminuzione di entrata, del responsabile di ragioneria in
ordine alla regolarità contabile. I pareri sono inseriti
nella deliberazione”.
Conseguentemente, a pena di illegittimità, il parere di
regolarità tecnica deve essere richiesto anche sugli
emendamenti alla proposta di regolamento, se si consentisse,
infatti, in presenza di una “delibera integralmente
emendata” di prescindere dai pareri preventivi, la portata
precettiva della citata disposizione sarebbe agevolmente
aggirabile.
Giova, innanzi tutto,
richiamare l’art. 53, primo comma, della legge 08.06.1990,
n. 142, applicabile ratione temporis alla fattispecie
dedotta, il quale stabiliva che “Su ogni proposta di
deliberazione sottoposta alla giunta ed al consiglio che non
sia mero atto di indirizzo deve essere richiesto il parere
in ordine alla sola regolarità tecnica del responsabile del
servizio interessato e, qualora comporti impegno di spesa o
diminuzione di entrata, del responsabile di ragioneria in
ordine alla regolarità contabile. I pareri sono inseriti
nella deliberazione”.
In ordine alle conseguenze invalidanti della mancanza del
menzionato parere, è stato chiarito in giurisprudenza che la
deliberazione comunale priva del predetto parere è
illegittima (Consiglio Stato, sez. V, 15.02.2000, n. 808),
mentre la mera irregolarità si configura allorché il parere
sia stato reso, ma non risulti allegato e, comunque, non se
contesti l’esistenza (Consiglio Stato, sez. IV, 20.09.2005
n. 4818).
Nel caso di specie, come correttamente affermato dai primi
giudici, è indubbio che il parere non sia stato reso sulle
prescrizioni regolamentari approvate a seguito della
presentazione di emendamenti all’originaria proposta
(rispetto alla quale, dunque, pongono disposizioni
innovative).
Orbene, se si consentisse, in presenza di una “delibera
integralmente emendata”, di prescindere da ogni giudizio
di compatibilità obbligatoriamente affidato ai pareri
preventivi, la portata precettiva del citato art. 53 sarebbe
agevolmente aggirabile (e, dunque, vanificata), mediante il
ricorso ad un diverso procedimento di formazione della
decisione amministrativa.
In realtà, se è vero che la presentazione dell’emendamento
strutturalmente si colloca in una fase procedimentale di
norma successiva alla conclusione dell’iter svolto dagli
uffici, è altrettanto vero che, come osservato
dall’amministrazione regionale, la proposta di deliberazione
e l’emendamento sono, da un punto di vista funzionale, atti
di iniziativa procedimentale del tutto identici,
differenziandosi solo quanto alla provenienza, sicché
sarebbe artificioso, e irragionevolmente discriminatorio,
ritenere assoggettata all’obbligo del parere preventivo solo
la prima e non anche il secondo
(C.G.A.R.S.,
sentenza 04.02.2010 n. 105 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2009 |
|
ENTI LOCALI:
Giunte a rischio in metà comuni. Le
novità del ddl Calderoli. Cambiano i controlli, direttori
generali sopra i 65 mila. Fino a 3 mila abitanti il sindaco
potrà tagliare gli assessori.
Giunte a rischio in più della metà dei comuni. Negli enti
fino a 3 mila abitanti che costituiscono l'ossatura più
corposa del tessuto municipale italiano (4.547 enti sul
totale di 8.101) il sindaco una volta eletto potrà decidere
se nominare una mini-giunta di soli due assessori, o non
nominarla affatto delegando le funzioni a due consiglieri
comunali.
L'ultimissima versione del ddl Calderoli varato giovedì dal
consiglio dei ministri (si veda ItaliaOggi di ieri) ha
operato una piccola inversione di rotta rispetto all'idea,
contenuta nel testo approvato in prima lettura dal cdm il 15
luglio, di sopprimere totalmente le giunte (si veda
ItaliaOggi del 12/11/2009) nei piccolissimi comuni (fino a
1.000 abitanti). L'abolizione dell'organo esecutivo da
obbligatoria diventa facoltativa, in quanto lasciata alla
discrezionalità del sindaco, ma riguarda una platea tre
volte più grande di enti (da circa 1.500 a 4.547). E mette a
rischio 9.000 ulteriori poltrone oltre alle 50 mila fatte
fuori dal Codice delle autonomie.
Direttori generali.
Solo i comuni con più di 65 mila abitanti (ora la soglia è
di 15 mila abitanti) e le province potranno avere il
direttore generale che sarà nominato al di fuori della
dotazione organica e con contratto a tempo determinato. I
comuni più piccoli potranno procedere alla nomina del
direttore generale previa stipula di convenzione tra comuni
la cui popolazione raggiunta i 65 mila abitanti.
Controlli preventivi di legittimità.
Il disegno di legge rispolvera i controlli preventivi di
legittimità. Nell'ambito della tipologia dei controlli di
regolarità amministrativa e contabile, infatti, il ddl
prevede espressamente una fase di verifica della rispondenza
alla legge dei provvedimenti in via di approvazione.
La verifica della regolarità amministrativa antecedente alla
formazione dell'atto è assegnata alla competenza del
responsabile del servizio, il quale dovrà rilasciare un
parere di congruità attestante la legittimità, la regolarità
e la correttezza dell'azione amministrativa. Il parere,
dunque, viene rilasciato in fase istruttoria e deve,
ovviamente, accompagnare il provvedimento una volta che sia
definitivamente adottato.
Resta il condizionamento dell'efficacia delle determine
adottate dai responsabili di servizi che comportano impegni
della spesa all'apposizione del visto di regolarità
contabile attestante la copertura finanziaria, da parte del
responsabile del servizio finanziario, chiamato a sua volta
a partecipare ai controlli di regolarità amministrativa e
contabile, ovviamente solo per questa ultima parte.
Oggettivamente, la previsione del parere di congruità appare
un appesantimento burocratico non del tutto utile: anche
oggi, pur in mancanza del parere, chi adotta i provvedimenti
gestionali si assume per intero la responsabilità della
regolarità degli stessi sotto ogni profilo: legittimità,
tecnica, contabile.
Controlli successivi di regolarità.
Il parere di congruità e il visto del responsabile
finanziario non esauriscono le verifiche sui provvedimenti,
che si svolgono anche in fase successiva alla loro adozione
ed efficacia. I controlli successivi si espletano secondo i
principi generali della revisione aziendale. La competenza
principale spetta al segretario dell'ente e riguarderanno
tutti gli atti di gestione finanziaria (impegni di spesa,
liquidazioni e accertamenti), nonché i contratti; le altre
tipologie di atti saranno selezionate a campione.
L'esito dei controlli sugli atti si prevede sia rilevante ai
fini della valutazione dei dipendenti. Ma, in tal modo, si
snatura il processo di valutazione, che dovrebbe concernere
i risultati dell'azione gestionale nel suo complesso, come
lo stesso disegno di legge conferma nel corpo delle sue
disposizioni, non i singoli atti.
Funzioni del segretario.
Il ddl, così come torna ad attribuire rilievo ai controlli
interni di legittimità, esalta le funzioni del segretario in
questa fase, tornando parzialmente indietro rispetto alla
riforma Bassanini del 1997, che aveva eliminato
l'espressione del parere preventivo di legittimità in capo
al segretario. In questo caso, il controllo sarà di
carattere successivo e abbraccerà una serie molto ampia di
provvedimenti, come visto prima. Tuttavia, il controllo
dovrà essere effettuato su un campione casuale, scelto in
base a specifiche tecniche di campionamento.
Il segretario, comunque, è chiamato a dirigere i controlli:
si comprende, pertanto, che essi dovranno essere svolti da
un collegio o da uffici soggetti, appunto, alla direzione
del segretario.
L'accentuazione delle funzioni di controllo interno rendono
tanto più problematica, tuttavia, la permanente
configurazione dello status dei segretari comunali come
connessa strettamente al mandato del sindaco e soggetta a
uno spoil system che non appare compatibile.
Qualità dei servizi.
Il ddl, in linea con le
riforme attuate dal ministro Brunetta, prevede anche
l'effettuazione di controlli obbligatori sulla qualità dei
servizi resi, anche per il tramite di società partecipate o
appaltatori.
I regolamenti di organizzazione stabiliranno le modalità
concrete di svolgimento di tali controlli, ma, in ogni caso,
saranno obbligatorie indagini di soddisfazione, sportelli
reclami e sistemi di comunicazione con i cittadini, sullo
stile delle Reti amiche (articolo ItaliaOggi del
21.11.2009, pag. 26). |
ATTI AMMINISTRATIVI: Il
parere di regolarità tecnica su un atto deliberativo del Consiglio o della
Giunta deve essere congruamente motivato dal responsabile del servizio
competente?
I pareri di regolarità tecnica previsti dall'art. 49, D.Lgs. 18.08.2000, n.
267, (T.U.E.L.), non necessitano di motivazione, la quale è un requisito del
provvedimento, e non già degli atti prodromici.
Detta motivazione potrà esservi e potrà costituire un riferimento del
provvedimento finale ma non è elemento proprio ed indefettibile del parere
di regolarità.
---------------
Riferimenti normativi e contrattuali
D.Lgs. 18.08.2000, n. 267, art. 49
Riferimenti di giurisprudenza
Cons. Stato Sez. V, 31.07.2006, n. 4704
(15.05.2009 - tratto da www.risponde.leggiditalia.it/#doc_week=true). |
PUBBLICO
IMPIEGO:
M. Lavatelli,
Comuni: la portata del parere di regolarità
tecnico-amministrativa per resistere in giudizio
(link a www.lavatellilatorraca.it). |
PUBBLICO
IMPIEGO:
La responsabilità dei dirigenti per
riconoscimento di debito fuori bilancio. Che rilevanza ha il
parere di legittimità dato alla delibera consiliare?
I responsabili dell’area tecnica e dell’area economico
finanziaria esprimono il proprio parere sulla delibera di
riconoscimento di debito fuori bilancio secondo la
delimitazione che a detti pareri sono conferiti dalla legge;
tali limitazioni vanno individuate da un lato, nella
verifica di legittimità, in linea tecnica, che la materia in
deliberazione rientri nella effettiva competenza dell’organo
deliberante e che sul piano della regolarità
tecnico-amministrativa sussistono i presupposti di fatto che
legittimano il ricorso ad una tale deliberazione a
prescindere da ogni valutazione e sindacato nel merito degli
atti prodromici che hanno resa necessaria l’assunzione della
deliberazione.
I pareri espressi dai responsabili dell’aerea tecnica e del
servizio finanziario dei comuni costituiscono atti
preparatori che legittimano l’adozione delle deliberazioni
per le quali i pareri sono richiesti. Detti pareri, perciò,
rispetto alla validità formale della medesime deliberazioni
operano quale presupposto di diritto, ma non possono
interferire sull’autonomo e corretto esercizio dei poteri
spettanti all’organo deliberante; a questi spetta la
ponderazione concreta e corretta dei pubblici interessi, al
di là della mera relazione funzionale dei pareri stessi che
sono resi "ex ante" sulla proposta di deliberazione e
costituiscono il presupposto al corretto esercizio dei
poteri amministrativi dell’organo deliberante, senza
intervenire sulla volontà di questo nei casi in cui, come
nella specie, la competenza a provvedere spetta allo stesso
Consiglio comunale e non già ad altri uffici tecnici o
amministrativi dell’amministrazione comunale (Corte dei
Conti, Sez. giurisdiz. d'appello Sicilia,
sentenza 01.01.2009 n. 1 - link a
www.giurdanella.it). |
ATTI
AMMINISTRATIVI:
I
pareri espressi dai responsabili dell’area tecnica e del
servizio finanziario dei comuni costituiscono atti
preparatori che legittimano l’adozione delle deliberazioni
per le quali i pareri sono richiesti. Detti pareri, perciò,
rispetto alla validità formale della medesime deliberazioni
operano quale presupposto di diritto, ma non possono
interferire sull’autonomo e corretto esercizio dei poteri
spettanti all’organo deliberante.
Nella specie sia il
responsabile dell’area tecnica che il responsabile dell’area
economico finanziaria hanno espresso i pareri dovuti sulla
delibera di riconoscimento di debito fuori bilancio secondo
la delimitazione che a detti pareri sono conferiti dalla
legge.
E tali limitazioni vanno individuate da un lato, nella
verifica di legittimità, in linea tecnica, che la materia in
deliberazione rientri nella effettiva competenza dell’organo
deliberante e che sul piano della regolarità
tecnico-amministrativa sussistono i presupposti di fatto che
legittimano il ricorso ad una tale deliberazione a
prescindere da ogni valutazione e sindacato nel merito degli
atti prodromici che hanno resa necessaria l’assunzione della
deliberazione, nella specie, di riconoscimento di debito
fuori bilancio. Merito e ragioni le cui valutazioni
appartengono esclusivamente all’organo deliberante, libero
di determinarsi in ordine alle stesse, non essendo il parere
predetto vincolante per l’organo deliberante medesimo. A
maggior ragione deve ritenersi non pertinente la pretesa di
attribuire al responsabile dell’area economico-finanziaria
valutazioni di legittimità generale, al quale, invece,
spettano valutazioni solo riferite alla regolarità
contabile, qualora, come nella specie, la deliberazione
proposta comporti impegno di spesa o diminuzione di entrata.
Il richiamato parere di legittimità contenuto nell’art. 58,
comma 4, lett. A) del regolamento sull’ordinamento del
comune di Calatafimi Segesta, nello stabilire che il parere
in questione riguardi anche “la legalità della spesa”, va
inteso nei termini sopradetti e, quindi solo con riferimento
agli aspetti puramente contabili e finanziari e di validità
formale.
La giurisprudenza, peraltro, è concorde nel ritenere che i
pareri espressi dai responsabili dell’area tecnica e del
servizio finanziario dei comuni costituiscono atti
preparatori che legittimano l’adozione delle deliberazioni
per le quali i pareri sono richiesti. Detti pareri, perciò,
rispetto alla validità formale della medesime deliberazioni
operano quale presupposto di diritto, ma non possono
interferire sull’autonomo e corretto esercizio dei poteri
spettanti all’organo deliberante; a questi spetta la
ponderazione concreta e corretta dei pubblici interessi, al
di là della mera relazione funzionale dei pareri stessi che
sono resi "ex ante" sulla proposta di deliberazione e
costituiscono il presupposto al corretto esercizio dei
poteri amministrativi dell’organo deliberante, senza
intervenire sulla volontà di questo nei casi in cui, come
nella specie, la competenza a provvedere spetta allo stesso
Consiglio comunale e non già ad altri uffici tecnici o
amministrativi dell’amministrazione comunale (cfr. C. Conti
Marche, sez. giurisdiz., 22/02/1994, n. 1)
Poiché nel caso specifico la competenza ad adottare la
delibera approvativa del debito fuori bilancio è di
esclusiva pertinenza del Consiglio comunale, e che il parere
del responsabile dell’area tecnica e del responsabile
dell’area economico finanziaria si sono correttamente
ispirati, nei confini delle valutazioni tecniche e contabili
attribuiti dall’ordinamento, alla verifica della positiva
sussistenza dei presupposti legittimanti l’adozione della
delibera n. 65 del 12.09.2001, il Collegio ritiene che, come
espressamente intendono con la domanda gli appellanti,
nessun nesso causale corre nella specie tra i pareri
espressi nell’ambito della loro competenza dai signori De
Gaetano e Morsellino Giovanni ed il dedotto danno erariale,
che, pertanto, non è riconducibile alla loro responsabilità
(Corte dei Conti, Sez.
Giurisdiz. d'Appello per la Sicilia,
sentenza 13.01.2009 n. 1). |
ENTI LOCALI -
PUBBLICO IMPIEGO:
Responsabilità amministratori e
funzionari comunali.
Il Comune (omissis) ha posto il seguente quesito: “In
quale misura il sindaco e la Giunta o il Consiglio sono
corresponsabili di danni derivanti dall’adozione di atti su
cui è stato espresso un parere favorevole da parte del
funzionario responsabile di servizio ai sensi della
normativa in oggetto?"
La normativa “in oggetto”, alla quale si riferiva la
richiesta, è l’art. 49 del Testo unico delle leggi
sull’ordinamento degli enti locali (Regione Piemonte,
parere n. 13/2009 - link a
www.regione.piemonte.it). |
anno 2008 |
|
ATTI
AMMINISTRATIVI:
Sulla portata del parere di regolarità
tecnica relativamente alle deliberazioni di Giunta ovvero di
Consiglio Comunale.
I pareri di regolarità tecnica previsti dall’art. 49 D. Lvo
267/2000 tendono ad assicurare la completezza della
istruttoria, ed in tal senso devono essere considerati
pareri che attestano la legittimità del procedimento
limitatamente, appunto, alla mera regolarità della
istruttoria. Essi devono inoltre considerarsi funzionali ad
individuare i soggetti responsabili, sul piano contabile e
amministrativo, in solido con i componenti del’organo
politico deliberante (in tal senso si veda Tar Campania
Napoli, III, n. 7878/2007; Tar Reggio Calabria 1072/2007):
per tale ragione non limitano in alcun modo la potestà
decisionale dell’organo politico (oltre alle sentenze
citate, si veda anche C.d.S. V, n. 680/1998) e non
costituiscono requisito di legittimità delle delibere da
esso adottate.
Ciò premesso, é evidente che ove pure dovesse ritenersi che
il parere di regolarità allegato ad una delibera di Giunta
sia stato reso da un soggetto che si trovava, rispetto
all’oggetto del parere, in conflitto di interessi, ciò non
varrebbe a determinare la illegittimità della delibera
medesima (TAR Puglia-Bari, Sez. III,
sentenza 17.12.2008 n. 2892 -
link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI
AMMINISTRATIVI - SEGRETARI COMUNALI:
L'intervenuta
soppressione, ai sensi dell'art. 17, co. 85° della legge
127/1997, del parere di legittimità del segretario (comunale
o provinciale) su ogni proposta di deliberazione sottoposta
alla giunta o al consiglio, già previsto dall'art. 53 della
L. n. 142/1990, non esclude che permangano in capo al
Segretario tutta una serie di compiti ed adempimenti che,
lungi dal determinare un'area di deresponsabilizzazione del
medesimo, lo impegnano, invece, ad un corretto svolgimento
degli stessi, pena la sua soggezione, in ragione del
rapporto di servizio instaurato con l'ente locale,
all'azione di responsabilità amministrativa, ove di questa
ricorrano gli specifici presupposti.
Ciò in quanto il suddetto, ai sensi dell'art. 17 della L.
127/1997 e, successivamente, dell'art. 97 D.Lgvo 18.08.2000,
n. 267 mantiene la specifica funzione ausiliaria di garante
della legalità e correttezza amministrativa dell'azione
dell'ente locale. Infatti il T.U. n. 267/2000 ha assegnato
al Segretario dell'ente locale, in linea generale, oltre
agli altri compiti indicati all'art. 97 del T.U. citato, le
“funzioni di collaborazione e di assistenza
giuridico-amministrativa nei confronti degli organi
dell'ente in ordine alla conformità dell'azione
amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti” e
quelle di “sovrintendere allo svolgimento delle funzioni dei
dirigenti e di coordinarne l'attività”.
Nondimeno la suddetta modifica normativa non esclude che il
Segretario comunale, proprio in virtù di tali specifici
compiti di consulenza giuridico-amministrativa, possa -ed
ove richiestone, debba- comunque rendere il proprio parere
in ordine alla conformità dell'azione amministrativa alle
leggi, agli statuti ed ai regolamenti e che del parere reso
debba rispondere in via amministrativa, in adesione ad un
principio generale, operante a prescindere dalla natura
obbligatoria o facoltativa del parere espresso.
In altri termini l'affidamento, alla stregua della
previsione normativa di cui all'art. 97 T.U. 18.08.2000, n.
267, al Segretario comunale di funzioni di assistenza e di
collaborazione giuridica ed amministrativa di tutti gli
organi dell'ente locale assorbe, in qualche guisa, lo
specifico compito, dianzi espressamente previsto dall'art.
53 L. 08.06.1990 n. 142, di esprimere un previo parere di
legittimità sulle deliberazioni di giunta; di tal che
l'evoluzione normativa in materia ben lungi dall'evidenziare
una sottrazione del già citato Segretario alla
responsabilità amministrativa ne ha invece sottolineato le
maggiori responsabilità in ragione della rilevata estensione
delle funzioni.
Il Segretario
comunale, signor R.F., ha prospettato l'intervenuta
abrogazione, con l'entrata in vigore del comma 85 dell'art.
17 della legge n. 127/1997, dell'art. 53 della Legge n.
142/1990 che poneva in capo al Segretario dell'ente locale
l'obbligo di esprimere il parere di legittimità sulle
deliberazioni dell'Ente; per cui attualmente residuerebbe a
suo carico solo l'attività di verifica che la “cosa
pubblica” sia gestita in conformità ai criteri espressi
nella stessa legge n. 127/1997, non più in un'ottica di
controllo dei singoli atti, bensì di collaborazione con gli
organi dell'Ente nel rispetto delle norme, sia statali che
locali, poste dall'ordinamento giuridico.
Al riguardo questo Giudice deve precisare che la
giurisprudenza della Corte dei conti ha più volte chiarito
che l'intervenuta soppressione, ai sensi dell'art. 17, co.
85° della legge citata, del parere di legittimità del
segretario (comunale o provinciale) su ogni proposta di
deliberazione sottoposta alla giunta o al consiglio, già
previsto dall'art. 53 della L. n. 142/1990, non esclude che
permangano in capo al Segretario tutta una serie di compiti
ed adempimenti che, lungi dal determinare un'area di
deresponsabilizzazione del medesimo, lo impegnano, invece,
ad un corretto svolgimento degli stessi, pena la sua
soggezione, in ragione del rapporto di servizio instaurato
con l'ente locale, all'azione di responsabilità
amministrativa, ove di questa ricorrano gli specifici
presupposti.
Ciò in quanto il suddetto, ai sensi dell'art. 17 della L.
127/97 e, successivamente, dell'art. 97 D.Lgvo 18.08.2000,
n. 267 mantiene la specifica funzione ausiliaria di garante
della legalità e correttezza amministrativa dell'azione
dell'ente locale. Infatti il T.U. n. 267/2000 ha assegnato
al Segretario dell'ente locale, in linea generale, oltre
agli altri compiti indicati all'art. 97 del T.U. citato, le
“funzioni di collaborazione e di assistenza
giuridico-amministrativa nei confronti degli organi
dell'ente in ordine alla conformità dell'azione
amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti”
e quelle di “sovrintendere allo svolgimento delle
funzioni dei dirigenti e di coordinarne l'attività”.
Nondimeno la suddetta modifica normativa non esclude che il
Segretario comunale, proprio in virtù di tali specifici
compiti di consulenza giuridico-amministrativa, possa -ed
ove richiestone, debba- comunque rendere il proprio parere
in ordine alla conformità dell'azione amministrativa alle
leggi, agli statuti ed ai regolamenti e che del parere reso
debba rispondere in via amministrativa, in adesione ad un
principio generale, operante a prescindere dalla natura
obbligatoria o facoltativa del parere espresso (Sez. II
Centr. 17.03.2004, n. 88/A; 23.06.2004, n. 197/A; Sez.
Giur.le Puglia, 08.07.2003, n. 594).
In altri termini l'affidamento, alla stregua della
previsione normativa di cui all'art. 97 T.U. 18.08.2000, n.
267, al Segretario comunale di funzioni di assistenza e di
collaborazione giuridica ed amministrativa di tutti gli
organi dell'ente locale assorbe, in qualche guisa, lo
specifico compito, dianzi espressamente previsto dall'art.
53 L. 08.06.1990 n. 142, di esprimere un previo parere di
legittimità sulle deliberazioni di giunta; di tal che
l'evoluzione normativa in materia ben lungi dall'evidenziare
una sottrazione del già citato Segretario alla
responsabilità amministrativa ne ha invece sottolineato le
maggiori responsabilità in ragione della rilevata estensione
delle funzioni.
Nel caso di specie, peraltro, il signor F. era ugualmente
tenuto ad esprimere il parere di legittimità ai sensi delle
disposizioni contenute negli Statuti del Comune di Segrate
che, negli anni interessati, regolamentavano la vita del
Comune e la funzione degli organi. In particolare l'art. 87
dello statuto approvato con deliberazione del C.C. n. 20 del
1994 prevedeva, fra le funzioni del Segretario, quella di “esprimere
il preventivo parere di legittimità su ogni proposta di
deliberazione sottoposta a Giunta Comunale e Consiglio
Comunale”; di adottare i provvedimenti necessari per il
conseguimento dei risultati dell'azione amministrativa
secondo principi di economicità, efficienza ed efficacia; di
assumere i provvedimenti organizzativi per garantire il
diritto di accesso dei consiglieri e dei cittadini agli atti
e alle informazioni.
Gli articoli 17, comma 6 e 77, comma 5 dello Statuto
approvato con deliberazioni del C.C. n. 97 dell'11.12.1998 e
n. 16 dell'11.02.1999 prevedevano altresì che ogni proposta
di deliberazione sottoposta al Consiglio dovesse essere
corredata dal “parere del Segretario Comunale sotto il
profilo della legittimità” e che il medesimo
collaborasse, anche con l'espressione di pareri li
legittimità, con gli organi del Comune.
Pertanto il signor F. era tenuto all'osservanza degli
obblighi che derivavano, oltre che dalla legge, anche dalle
disposizioni statutarie, e quindi a lui comunque competeva
rendere il prescritto parere di legittimità in ordine alle
deliberazioni degli organi dell'Ente locale.
Correttamente, pertanto, i primi giudici hanno censurato il
comportamento illecito del Segretario comunale il quale,
presente ad entrambe le delibere con cui si è disposto il
raddoppio dell'indennità, ed esplicitamente interpellato da
alcuni Consiglieri, come emerge dal verbale della seduta del
dicembre 1997, ha deliberatamente omesso di segnalare la
illegittimità, nella specie, della concessione del suddetto
beneficio.
Da ultimo rileva il Collegio che il comportamento del signor
F. appare ancor più biasimevole alla luce delle
dichiarazioni fatte dal medesimo nelle deduzioni all'invito
e in occasione dell'audizione personale, dalle quali emerge
con evidenza la natura determinante del suo intervento nella
seduta del Consiglio comunale deputato all'approvazione del
citato beneficio.
Egli ha infatti dichiarato al Procuratore regionale, con
raccomandata in data 05.04.2004: “Prima del Consiglio
Comunale il sindaco dr. B.C. mi chiese di esprimere per
iscritto il mio parere in proposito; detto parere da me reso
puntuale ed approfondito era negativo ed esprimeva quanto da
diverse parti è emerso, e cioè che il dr. C., nella sua
posizione di pensionato, e con i piccoli incarichi di
componente di alcuni Consigli di Amministrazione non aveva
diritto al raddoppio dell'indennità. Non nascondo che la
cosa non fu certamente ben accolta dal Sindaco e ciò non
produsse certo buoni rapporti”.
Siffatte ammissioni, confermate nel verbale di audizione
personale del 20 aprile 2004, dimostrano quindi che il F.
era perfettamente consapevole della assoluta carenza dei
presupposti normativi per concedere il raddoppio
dell'indennità e della natura non veritiera delle
dichiarazioni contenute negli atti notori rilasciati dal
Sindaco COLLE; malgrado ciò egli intervenne nelle sedute del
Consiglio in maniera determinante, fugando i dubbi dei
Consiglieri con considerazioni assolutamente
tranquillizzanti.
Per tali motivi ritiene questo giudice di dover pienamente
confermare, nei confronti del signor F., il verdetto di
responsabilità pronunciato dai primi giudici (Corte dei
Conti, Sez. I centrale d' appello,
sentenza 07.04.2008 n. 154). |
anno 2007 |
|
ATTI
AMMINISTRATIVI: Nell’attuale
ordinamento degli enti locali, le questioni di copertura
finanziaria non attengono più alla validità del
provvedimento. Infatti, a seguito della riscrittura
dell'ordinamento contabile e della nuova distribuzione di
competenze tra organi politico-amministrativi e responsabili
dei singoli servizi, la copertura finanziaria, che prima era
un prius, successivamente è divenuta, dal punto di vista
dell'attestazione formale, un posterius.
La norma dell'art. 55, comma 5, l. 08.06.1990 n. 142 (oggi
art. 151 del D.lgs. n. 267/2000), è stata infatti modificata
nel senso che l'attestazione di copertura ha assunto un
significato accertativo della necessaria copertura di
bilancio dell'atto emanato nel contesto del richiesto visto
di regolarità contabile, che riguarda anche l'esatta
imputazione di spesa.
In altri termini, l'attestazione di copertura finanziaria
non precede più l'impegno, né soprattutto è requisito di
validità, ma accede, completandolo, alla relativa
deliberazione o determinazione di spesa di cui diventa
condizione di esecutività, con la conseguenza che la sua
mancanza non comporta la nullità dell'atto di spesa.
Quanto al parere preventivo di regolarità contabile, si è
affermato che esso, certamente necessario al fine di fornire
una istruttoria completa, non pone tuttavia alcun limite
alla potestà deliberante della giunta e del consiglio
comunale, che possono liberamente disporre del contenuto
delle proposte di deliberazione, dopo che su queste ultime
sia stato acquisito, quale elemento formale dell'iter
procedimentale, il parere dei predetti organi tecnici. Ove
si opinasse diversamente, si finirebbe inammissibilmente con
il conferire ai citati organi consuntivi l'effettivo potere
di amministrazione, degradando la giunta ed il consiglio ad
una funzione di mera ratifica di determinazioni
amministrative sostanzialmente imputabili ad altri soggetti.
Requisito di legittimità della delibera collegiale, dunque,
è unicamente l’acquisizione dei prescritti pareri.
---------------
I pareri ex art. 53 l. 08.06.1990 n. 142 (oggi art. 49 del
T.U.e.l.), resi dal responsabile del servizio, dal
responsabile del settore ragioneria e dal segretario
comunale sui progetti di deliberazioni spettanti ai corpi
rappresentativi del comune, non pongono alcun limite alla
potestà deliberante di questi ultimi -i quali ben possono
liberamente disporre del contenuto delle deliberazioni una
volta resi detti pareri-, ché, diversamente argomentando, si
finirebbe con l'attribuire agli organi consultivi
l'effettivo potere d'amministrazione attiva, lasciando ai
corpi rappresentativi la funzione di mera ratifica di
determinazioni altrui.
Essi, pertanto, sono unicamente preordinati
all'individuazione sul piano formale, nei funzionari che li
formulano, della responsabilità eventualmente in solido con
i componenti degli organi politici in via amministrativa e
contabile.
Occorre premettere che nella
disciplina attuale della contabilità degli enti locali si
prevede un regime differenziato per gli atti che comportino
impegni di spesa o diminuzione di entrata a seconda che si
tratti delle delibere di giunta e del consiglio comunale o
dei i provvedimenti dei responsabili dei servizi.
Nel primo caso, infatti, l’art. 49 del d.lgs. n. 267/2000
(ex art. 53 della l. n. 142/1990) prevede unicamente che
debba essere acquisito il parere di regolarità contabile;
nel secondo caso, invece, l’art. 151 del d.lgs. n. 267/2000
(ex art. 55 della l. n. 241 del 1990) prevede invece che
occorre un visto di regolarità contabile, attestante la
copertura finanziaria, che condiziona l’esecutività del
provvedimento.
La giurisprudenza, a questo proposito, ha chiarito che
nell’attuale ordinamento degli enti locali, le questioni di
copertura finanziaria non attengono più alla validità del
provvedimento. Infatti, a seguito della riscrittura
dell'ordinamento contabile e della nuova distribuzione di
competenze tra organi politico-amministrativi e responsabili
dei singoli servizi, la copertura finanziaria, che prima era
un prius, successivamente è divenuta, dal punto di
vista dell'attestazione formale, un posterius. La
norma dell'art. 55, comma 5, l. 08.06.1990 n. 142 (oggi art.
151 del D.lgs. n. 267/2000), è stata infatti modificata nel
senso che l'attestazione di copertura ha assunto un
significato accertativo della necessaria copertura di
bilancio dell'atto emanato nel contesto del richiesto visto
di regolarità contabile, che riguarda anche l'esatta
imputazione di spesa.
In altri termini, l'attestazione di copertura finanziaria
non precede più l'impegno, né soprattutto è requisito di
validità, ma accede, completandolo, alla relativa
deliberazione o determinazione di spesa di cui diventa
condizione di esecutività, con la conseguenza che la sua
mancanza non comporta la nullità dell'atto di spesa
(Consiglio Stato, sez. IV, 25.05.2005, n. 2718).
Quanto al parere preventivo di regolarità contabile, si è
affermato che esso, certamente necessario al fine di fornire
una istruttoria completa, non pone tuttavia alcun limite
alla potestà deliberante della giunta e del consiglio
comunale, che possono liberamente disporre del contenuto
delle proposte di deliberazione, dopo che su queste ultime
sia stato acquisito, quale elemento formale dell'iter
procedimentale, il parere dei predetti organi tecnici. Ove
si opinasse diversamente, si finirebbe inammissibilmente con
il conferire ai citati organi consuntivi l'effettivo potere
di amministrazione, degradando la giunta ed il consiglio ad
una funzione di mera ratifica di determinazioni
amministrative sostanzialmente imputabili ad altri soggetti
(Consiglio di stato, sez. V, 25.05.1998, n. 680).
Requisito di legittimità della delibera collegiale, dunque,
è unicamente l’acquisizione dei prescritti pareri.
L’eventuale carenza della determinazione delle minori
entrate e della copertura finanziaria, invece, rilevante ai
fini dell’eventuale responsabilità amministrativa e
contabile, non è sindacabile in sede di legittimità dinanzi
al giudice amministrativo, in quanto profilo estraneo alla
formazione e al contenuto del provvedimento ed inerente
invece la sua esecutività.
---------------
A ciò si aggiunga che, comunque, come ha affermato in
plurime occasioni in Consiglio di Stato, i pareri ex art. 53
l. 08.06.1990 n. 142 (oggi art. 49 del T.U.e.l.), resi dal
responsabile del servizio, dal responsabile del settore
ragioneria e dal segretario comunale sui progetti di
deliberazioni spettanti ai corpi rappresentativi del comune,
non pongono alcun limite alla potestà deliberante di questi
ultimi -i quali ben possono liberamente disporre del
contenuto delle deliberazioni una volta resi detti pareri-,
ché, diversamente argomentando, si finirebbe con
l'attribuire agli organi consultivi l'effettivo potere
d'amministrazione attiva, lasciando ai corpi rappresentativi
la funzione di mera ratifica di determinazioni altrui
(Consiglio Stato, sez. V, 25.05.1998, n. 680).
Essi, pertanto, sono unicamente preordinati
all'individuazione sul piano formale, nei funzionari che li
formulano, della responsabilità eventualmente in solido con
i componenti degli organi politici in via amministrativa e
contabile (Consiglio Stato, sez. IV, 22.06.2006, n. 3888)
(TAR
Campania-Napoli, Sez. III,
sentenza 19.09.2007 n. 7878 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2006 |
|
ATTI
AMMINISTRATIVI: Il
parere di regolarità contabile investe anche e soprattutto
la legittimità della spesa e depone in tal senso:
- il rilievo che il comb. disp. di cui agli artt. 49,
secondo comma, e 97, quarto comma, lett. b), D.Lgs.
267/2000, per il caso “in cui l'ente non abbia i
responsabili dei servizi”, demanda l'espressione del parere
di cui all'art. 49 (e, pertanto, anche del parere di
regolarità contabile) al segretario, “in relazione alle sue
competenze”, consistenti, a termini dell'art. 97, secondo
comma, D.Lgs. 267/2000, nello svolgimento di “compiti di
collaborazione e funzioni di assistenza giuridico
amministrativa nei confronti degli organi dell'ente in
ordine alla conformità delle leggi, allo statuto ed ai
regolamenti“, sicché se ne desume che il parere di
regolarità contabile deve comprendere non solo
l'attestazione della copertura finanziaria della spesa,
ossia la sua imputazione alla pertinente partizione del
bilancio ed il riscontro della capienza del relativo
stanziamento, ma debba aver riguardo a tutti i profili
propriamente attinenti alla legittimità della spesa;
- la considerazione che, a termini dell'art. 184, quarto
comma, D.Lgs. 267/2000, il servizio finanziario -cui è
preposto il ragioniere cui il precedente l'art. 49 demanda
l'espressione del parere di regolarità contabile- deve
effettuare “secondo i principi e le procedure della
contabilità pubblica, i controlli e riscontri
amministrativi, contabili e fiscali sugli atti di
liquidazione”, e che, come è dato evincere dall'art. 147,
primo comma, lett. a), D.Lgs. cit., in tema di controlli
interni, la regolarità amministrativa e contabile, oggetto
dei controlli e dei riscontri demandati al servizio
finanziario, si identifica con “la legittimità, regolarità e
correttezza dell'azione amministrativa”, sicché sarebbe
evidentemente incongrua un'interpretazione per cui, in sede
di espressione del parere di regolarità contabile di cui
all'art. 49 D.Lgs. cit., che si colloca a monte delle fasi
di gestione della spesa pubblica, il responsabile del
servizio finanziario non fosse tenuto ad evidenziare
l'illegittimità della spesa oggetto della proposta di
deliberazione;
- il rilievo che l'art. 27 R.D. 2240/1923 (L.C.G.S.) -che,
riferendosi alle Amministrazioni dello Stato, ben può essere
considerato espressione di un principio generale in subiecta
materia- prevede che le ragionerie centrali (oggi uffici
centrali di bilancio) vigilino “perché siano osservate le
leggi….c) per la regolare gestione dei fondi di bilancio”,
per cui evidentemente il parametro di riscontro non è
costituito dalla sola legge (formale) di bilancio ma dalle
“leggi” e, pertanto, anche da tutte le leggi (sostanziali)
che disciplinano l'effettuazione delle spese dello Stato.
---------------
L'interpretazione che il parere di regolarità contabile,
previsto per le delibere comportanti effetti finanziari, non
debba investire anche la legittimità della proposta
deliberazione, è in palese contrasto con l'esigenza che, con
riferimento alle suddette delibere, siano opportunamente -e
sistematicamente- evidenziati all'organo collegiale, a
garanzia della legalità dell'azione amministrativa (cfr.
art. 1, primo comma, L. 241/1990), eventuali profili di
illegittimità.
---------------
Reputa la Sezione che quando vertesi in ipotesi di
determinazione del responsabile del servizio di impegno di
spesa meramente esecutiva e consequenziale rispetto a
delibera di giunta o di consiglio, il visto di regolarità
contabile, non potendo investire la presupposta delibera
dell'organo collegiale (in relazione alla quale avrebbe
dovuto essere acquisito il parere di regolarità contabile ex
art. 49, primo comma, D.Lgs. 267/2000) si risolva e si
esaurisca nella sola attestazione della copertura
finanziaria.
Reputa, infatti, la Sezione che, contrariamente all'assunto
difensivo, il parere di regolarità contabile investa anche e
soprattutto la legittimità della spesa.
Depone, in tal senso:
- il rilievo che il comb. disp. di cui agli artt. 49,
secondo comma, e 97, quarto comma, lett. b), D.Lgs.
267/2000, per il caso “in cui l'ente non abbia i
responsabili dei servizi”, demanda l'espressione del
parere di cui all'art. 49 (e, pertanto, anche del parere di
regolarità contabile) al segretario, “in relazione alle
sue competenze”, consistenti, a termini dell'art. 97,
secondo comma, D.Lgs. 267/2000, nello svolgimento di “compiti
di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico
amministrativa nei confronti degli organi dell'ente in
ordine alla conformità delle leggi, allo statuto ed ai
regolamenti“, sicché se ne desume che il parere di
regolarità contabile deve comprendere non solo
l'attestazione della copertura finanziaria della spesa,
ossia la sua imputazione alla pertinente partizione del
bilancio ed il riscontro della capienza del relativo
stanziamento, ma debba aver riguardo a tutti i profili
propriamente attinenti alla legittimità della spesa;
- la considerazione che, a termini dell'art. 184, quarto
comma, D.Lgs. 267/2000, il servizio finanziario -cui è
preposto il ragioniere cui il precedente l'art. 49 demanda
l'espressione del parere di regolarità contabile- deve
effettuare “secondo i principi e le procedure della
contabilità pubblica, i controlli e riscontri
amministrativi, contabili e fiscali sugli atti di
liquidazione”, e che, come è dato evincere dall'art.
147, primo comma, lett. a), D.Lgs. cit., in tema di
controlli interni, la regolarità amministrativa e contabile,
oggetto dei controlli e dei riscontri demandati al servizio
finanziario, si identifica con “la legittimità,
regolarità e correttezza dell'azione amministrativa”,
sicché sarebbe evidentemente incongrua un'interpretazione
per cui, in sede di espressione del parere di regolarità
contabile di cui all'art. 49 D.Lgs. cit., che si colloca a
monte delle fasi di gestione della spesa pubblica, il
responsabile del servizio finanziario non fosse tenuto ad
evidenziare l'illegittimità della spesa oggetto della
proposta di deliberazione;
- il rilievo che l'art. 27 R.D. 2240/1923 (L.C.G.S.) -che,
riferendosi alle Amministrazioni dello Stato, ben può essere
considerato espressione di un principio generale in
subiecta materia- prevede che le ragionerie centrali
(oggi uffici centrali di bilancio) vigilino “perché siano
osservate le leggi….c) per la regolare gestione dei fondi di
bilancio”, per cui evidentemente il parametro di
riscontro non è costituito dalla sola legge (formale) di
bilancio ma dalle “leggi” e, pertanto, anche da tutte
le leggi (sostanziali) che disciplinano l'effettuazione
delle spese dello Stato.
Né, in contrario, può argomentarsi dalla circostanza che,
ove il parere di regolarità contabile investisse anche la
legittimità della spesa, potrebbe verificarsi (in specie
nelle ipotesi in cui il responsabile del servizio,
competente ad esprimere il “parere di regolarità tecnica”,
fosse investito di competenze più propriamente
amministrative che tecniche) una possibile “sovrapposizione
di competenza”, con le conseguenze -paventate dalla
difesa del C.- di una “confusione di ruoli e,
soprattutto, di responsabilità”.
Non v'è chi non veda, infatti, che la circostanza che, con
riferimento alle proposte di deliberazioni comportanti
impegni di spesa o diminuzioni di entrata e, pertanto,
aventi effetti finanziari, i pareri di regolarità tecnica
del responsabile del servizio ed il parere di regolarità
contabile del responsabile di ragioneria possano investire
entrambi, se del caso in termini discordanti, la legittimità
della deliberazione proposta, lungi dal costituire fonte di
alcun preteso inconveniente, consente all'organo collegiale
di adottare le proprie deliberazioni, aventi implicazioni
finanziarie, con una maggiore “cognizione di causa”,
in punto di legittimità degli adottandi provvedimenti.
D'altro canto, l'interpretazione nel senso che il parere di
regolarità contabile, previsto per le delibere comportanti
effetti finanziari, non debba investire anche la legittimità
della proposta deliberazione, è in palese contrasto con
l'esigenza che, con riferimento alle suddette delibere,
siano opportunamente -e sistematicamente- evidenziati
all'organo collegiale, a garanzia della legalità dell'azione
amministrativa (cfr. art. 1, primo comma, L. 241/1990),
eventuali profili di illegittimità.
Alla luce delle suesposte considerazioni, deve ritenersi che
il parere di regolarità contabile investa necessariamente
anche la legittimità delle deliberazioni proposte.
---------------
In disparte la questione se le
considerazioni innanzi esposte, nel senso dell'estensione
del parere di regolarità contabile di cui all'art. 49 D.Lgs.
207/2000 ad ogni profilo attinente alla legittimità della
spesa, siano, in termini generali, parimenti valide anche
con riferimento al visto di regolarità contabile di cui al
successivo art. 151, quarto comma, dello stesso testo unico,
ovvero debba ritenersi che quest'ultimo abbia un oggetto più
ristretto, concernendo il più limitato aspetto
dell'esistenza, nella partizione di bilancio indicato nel
provvedimento, di sufficienti disponibilità, tenuto conto
degli impegni precedentemente assunti (cfr. TAR Toscana,
Sez. I, 25.02.2000 n. 369), reputa la Sezione che, quando,
come nella specie, vertesi in ipotesi di determinazione del
responsabile del servizio di impegno di spesa meramente
esecutiva e consequenziale rispetto a delibera di giunta o
di consiglio, il visto di regolarità contabile, non potendo
investire la presupposta delibera dell'organo collegiale (in
relazione alla quale avrebbe dovuto essere acquisito il
parere di regolarità contabile ex art. 49, primo comma,
D.Lgs. 267/2000) si risolva e si esaurisca nella sola
attestazione della copertura finanziaria (Corte
dei Conti, Sez. giurisdiz. Puglia,
sentenza 01.03.2006 n. 207). |
anno 2005 |
|
ATTI
AMMINISTRATIVI: L'omessa
allegazione dei pareri prescritti ex art. 53 l. 142/1990
alla deliberazione consiliare non integra un vizio di
legittimità, ma si risolve in una mera irregolarità, nei
casi in cui non si contesta l’effettiva esistenza degli atti
consultivi non allegati.
In relazione al quinto motivo,
con cui si denuncia l’omessa allegazione (alla delibera
consiliare) dei pareri prescritti dall’art. 53 della legge
n. 142 del 1990 (allora vigente), è sufficiente osservare,
per rilevarne l’infondatezza, che la dedotta carenza non
integra un vizio di legittimità, ma si risolve in una mera
irregolarità, nei casi (quale quello di specie) in cui non
si contesta l’effettiva esistenza degli atti consultivi non
allegati (Cons. St., sez. IV, 16.03.2001, n. 1567)
(Consiglio
di Stato, Sez. IV,
sentenza 20.09.2005 n. 4818 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI
AMMINISTRATIVI: A
seguito della riscrittura dell'ordinamento contabile e della
nuova distribuzione di competenze tra organi
politico-amministrativi e responsabili dei singoli servizi,
la copertura finanziaria, che prima era un prius,
successivamente è divenuta, dal punto di vista
dell'attestazione formale, un posterius. La norma dell'art.
55, comma 5, della legge 08.06.1990, n. 142, è stata, cioè,
modificata nel senso che l'attestazione di copertura ha
assunto un significato accertativo della necessaria
copertura di bilancio dell'atto emanato nel contesto del
richiesto visto di regolarità contabile, che riguarda anche
l'esatta imputazione di spesa.
In altri termini, l'attestazione di copertura finanziaria
non precede più l'impegno, né, soprattutto, è più requisito
di validità, ma accede, completandolo, alla relativa
deliberazione o determinazione di spesa di cui diventa
condizione di esecutività: la sua mancanza non comporta la
nullità dell'atto di spesa.
L'attestazione, da elemento (interno) costitutivo della
validità, rectius della stessa esistenza della delibera, è
divenuto un atto di controllo esterno all'atto ma interno
all'organizzazione.
Conseguentemente le deliberazioni di spesa prive
dell'attestazione saranno valide anche se non esecutive. Ciò
risulta pienamente conforme al principio di separazione
delle competenze tra direzione politica e direzione
amministrativa introdotto dal D.Lgs. 03.02.1993, n. 29.
L'apposizione dell'attestazione di copertura finanziaria,
infatti, è un'attività gestionale espletata in applicazione
della normativa che la prevede. La mancata apposizione del
visto da parte dell'organo burocratico non può comportare la
nullità dell'atto -che impegni una spesa- adottato
dall'organo politico-amministrativo, poiché la sanzione
sarebbe evidentemente eccessiva e creerebbe una incongruenza
nell'ordinamento, condizionando la validità di un atto alla
sussistenza di un altro atto proveniente da un soggetto
rispetto al quale sussiste il regime di separazione dei
compiti. La mancata esecutività risulta conforme a
quest'ultimo principio e consente la distinta verifica
dell'operato di ciascuno ed il sanzionamento delle eventuali
responsabilità con le modalità previste dall'ordinamento, in
relazione alle distinte competenze.
Il decreto legislativo 18.08.2000, n. 267 ha integralmente
abrogato (art. 274, lettera q) la legge n. 142 del 1990 e
contiene una disposizione identica alla norma in esame, come
sostituita dall'art. 6, comma 11, della legge 15.05.1997 n.
127, e precisamente l'art. 151, comma quarto, che, come
appare evidente dalla semplice lettura, riproduce la
previsione che l'atto amministrativo emanato senza la
copertura finanziaria, lungi dall'essere "nullo di diritto",
come previsto dal vecchio testo dell'art. 55, comma 5, della
legge n. 142/1990, è valido e diviene esecutivo solo con
l'apposizione del visto di regolarità contabile attestante
la copertura.
E’ poi appena il caso di
aggiungere che la tesi degli appellanti appare in contrasto
proprio con la disposizione invocata (art. 151, comma 4,
D.Lgs. 18.08.2000, n. 267), il cui contenuto è frutto di una
riscrittura dell’ordinamento contabile degli enti locali,
intervenuta successivamente all’entrata in vigore dell’art.
55 della legge 08.06.1990, n. 142.
Come chiarito dalla Corte di Cassazione (SS.UU.CC.
26.07.2002, n. 11098), l'art. 55 della legge 08.06.1990 n.
142, comma 5 –che, com’è noto, prevedeva “la nullità di
diritto” dell’atto di impegno di spesa, non contenente
l’attestazione della relativa copertura finanziaria da parte
del responsabile del servizio finanziario- è stato
sostituito, in forza dell'art. 6, comma 11, della legge
15.05.1997, n. 127, recante "Misure urgenti per lo
snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti
di decisione e di controllo", con il seguente testo: “I
provvedimenti dei responsabili dei servizi che comportano
impegni di spesa sono trasmessi al responsabile del servizio
finanziario e sono esecutivi con l'approvazione del visto di
regolarità contabile attestante la copertura finanziaria".
Ad avviso della Corte, a seguito della riscrittura
dell'ordinamento contabile e della nuova distribuzione di
competenze tra organi politico-amministrativi e responsabili
dei singoli servizi, la copertura finanziaria, che prima era
un prius, successivamente è divenuta, dal punto di
vista dell'attestazione formale, un posterius. La
norma dell'art. 55, comma 5, della legge 08.06.1990, n. 142,
è stata, cioè, modificata nel senso che l'attestazione di
copertura ha assunto un significato accertativo della
necessaria copertura di bilancio dell'atto emanato nel
contesto del richiesto visto di regolarità contabile, che
riguarda anche l'esatta imputazione di spesa.
In altri termini, l'attestazione di copertura finanziaria
non precede più l'impegno, né, soprattutto, è più requisito
di validità, ma accede, completandolo, alla relativa
deliberazione o determinazione di spesa di cui diventa
condizione di esecutività: la sua mancanza non comporta la
nullità dell'atto di spesa.
L'attestazione, da elemento (interno) costitutivo della
validità, rectius della stessa esistenza della
delibera, è divenuto un atto di controllo esterno all'atto
ma interno all'organizzazione.
Conseguentemente le deliberazioni di spesa prive
dell'attestazione saranno valide anche se non esecutive. Ciò
risulta pienamente conforme al principio di separazione
delle competenze tra direzione politica e direzione
amministrativa introdotto dal D.Lgs. 03.02.1993, n. 29.
L'apposizione dell'attestazione di copertura finanziaria,
infatti, è un'attività gestionale espletata in applicazione
della normativa che la prevede. La mancata apposizione del
visto da parte dell'organo burocratico non può comportare la
nullità dell'atto -che impegni una spesa- adottato
dall'organo politico-amministrativo, poiché la sanzione
sarebbe evidentemente eccessiva e creerebbe una incongruenza
nell'ordinamento, condizionando la validità di un atto alla
sussistenza di un altro atto proveniente da un soggetto
rispetto al quale sussiste il regime di separazione dei
compiti. La mancata esecutività risulta conforme a
quest'ultimo principio e consente la distinta verifica
dell'operato di ciascuno ed il sanzionamento delle eventuali
responsabilità con le modalità previste dall'ordinamento, in
relazione alle distinte competenze.
Il decreto legislativo 18.08.2000, n. 267, (Testo Unico
delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), ha
integralmente abrogato (art. 274, lettera q) la legge n. 142
del 1990 e contiene una disposizione identica alla norma in
esame, come sostituita dall'art. 6, comma 11, della legge
15.05.1997 n. 127, e precisamente l'art. 151, comma quarto,
che, come appare evidente dalla semplice lettura, riproduce
la previsione che l'atto amministrativo emanato senza la
copertura finanziaria, lungi dall'essere "nullo di
diritto", come previsto dal vecchio testo dell'art. 55,
comma 5, della legge n. 142/1990, è valido e diviene
esecutivo solo con l'apposizione del visto di regolarità
contabile attestante la copertura (Consiglio
di Stato, Sez. IV,
sentenza 25.05.2005 n. 2718 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2003 |
|
ATTI
AMMINISTRATIVI:
In caso di parere non favorevole del responsabile
del servizio finanziario sulle proposte di deliberazione
della Giunta e del Consiglio, deve essere indicata di ciò
una idonea motivazione.
Pur essendo un atto procedimentale obbligatorio che va
inserito nella deliberazione, il parere di regolarità
contabile non è vincolante, per cui è possibile che la
Giunta o il Consiglio deliberino in presenza di un parere
sfavorevole, assumendosene tutte le responsabilità.
Tuttavia, il Consiglio o la Giunta che intendono procedere
all’approvazione della deliberazione, pur in presenza di un
parere di regolarità contabile contrario, devono indicare
nella delibera stessa le motivazioni della scelta.
Nel caso in cui la Giunta o il Consiglio deliberino in
difformità del parere di regolarità contabile, il
responsabile del servizio finanziario deve portare comunque
a termine l’iter di erogazione della spesa emettendo, se del
caso, le liquidazioni ed i mandati di pagamento conseguenti.
Oggetto: Parere negativo del responsabile del servizio
finanziario di cui all’articolo 49 del decreto legislativo
18.08.2000 n. 267.
Con il quesito in oggetto si chiede:
1) se la Giunta comunale può adottare deliberazioni in
presenza di un parere contrario e ben motivato del
Responsabile del servizio finanziario;
2) se il Responsabile del servizio finanziario, una volta
adottata la delibera di cui al punto 1), è tenuto a firmare
i relativi mandati di pagamento.
L’art. 49 del Tuel prevede chiaramente l’obbligatorietà del
parere di regolarità contabile sulle proposte di
deliberazione della Giunta e del Consiglio che non siano
meri atti di indirizzo e qualora comportino impegni di
spesa.
Nelle fattispecie suindicate il parere è obbligatorio e può
essere favorevole o non favorevole; in quest’ultimo caso
deve essere indicata anche una idonea motivazione.
Tuttavia, pur essendo un atto procedimentale obbligatorio
che va inserito nella deliberazione, il parere di regolarità
contabile non è vincolante, per cui si potrebbe verificare
il caso in cui la Giunta o il Consiglio deliberino in
presenza di un parere sfavorevole, assumendosene tutte le
responsabilità. Così si è espresso anche il Consiglio di
Stato, Sezione Quinta, con sentenza n. 680 del 25.05.1998
(1).
E’ certamente auspicabile che non si pervenga alla
situazione prospettata e che vengano rimosse preventivamente
le motivazioni che hanno indotto il responsabile del
servizio finanziario ad esprimere un parere sfavorevole;
tuttavia, se ciò non avviene preventivamente, sembra
necessario che la Giunta o il Consiglio provvedano nel più
breve termine possibile, garantendo gli equilibri di
bilancio ed in generale il rispetto di tutti i principi
dell’ordinamento finanziario e contabile.
In ogni caso, il Consiglio o la Giunta che intendono
procedere all’approvazione della deliberazione, pur in
presenza di un parere di regolarità contabile contrario,
devono indicare nella delibera stessa le motivazioni della
scelta.
In merito al punto 2), constatato che nel caso specifico la
Giunta o il Consiglio nel deliberare in difformità del
parere di regolarità contabile assumono inevitabilmente
anche responsabilità amministrative e contabili che sono
proprie della figura del responsabile del servizio
finanziario è palese che quest’ultimo deve portare a termine
l’iter di erogazione della spesa emettendo, se del caso, le
liquidazioni ed i mandati di pagamento conseguenti (Osservatorio
per la finanza e la contabilità degli enti locali,
parere 05-06.06.2003
- link a www.dirittoeschemi.it). |
anno 2001 |
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ATTI
AMMINISTRATIVI:
La sottoposizione delle deliberazioni degli enti
locali ai pareri di legittimità e regolarità
tecnico-contabile assume rilevanza essenzialmente al fine di
di individuare i responsabili in via amministrativa e
contabile delle deliberazioni, ma non vale di per sé, in
caso di omissione, a comportare necessariamente
l’illegittimità delle deliberazioni medesime.
Ugualmente
infondate o irrilevanti sono le altre censure d’ordine
formale: quanto alla previsione di spesa, questa, pur se non
contenuta nella delibera assembleare, si trova in quella
contestualmente adottata dal C.d.A., e tanto basta; quanto
alla asserita mancanza dei pareri di legittimità del
segretario e tecnico contabile del direttore (art. 20, c. 2
statuto) la censura appare sostanzialmente infondata in
fatto, posto che la delibera assembleare, costitutiva, come
si è visto, della volontà dell’ente, è assistita dalla firma
del segretario, mentre quella del C.d.A. , contenente
l’impegno di spesa, risulta controfirmata dal direttore.
E ciò a prescindere, in generale, dal fatto che la
sottoposizione delle deliberazioni degli enti locali ai
pareri di legittimità e regolarità tecnico-contabile di cui
all’art. 53 L. 08.06.1990 n. 142 assume rilevanza
essenzialmente al fine di di individuare i responsabili in
via amministrativa e contabile delle deliberazioni, ma non
vale di per sé, in caso di omissione, a comportare
necessariamente l’illegittimità delle deliberazioni medesime
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 27.06.2001 n. 3508 - link a
www.dirittoeschemi.it). |
ATTI
AMMINISTRATIVI:
Il mancato inserimento dei pareri di regolarità
tecnica e contabile nelle deliberazioni degli Enti Locali
costituisce una semplice irregolarità, allorquando non si
contesta l'effettiva esistenza dei pareri.
Priva di pregio è l'ultima doglianza contenuta nel sedicesimo motivo
poiché il mancato inserimento dei pareri di regolarità
tecnica e contabile nella deliberazione impugnata
costituisce una semplice irregolarità a mente dell'art. 53,
l. 08.06.1990, n. 142 allorquando come nel caso di specie,
non si contesta l'effettiva esistenza dei pareri (Consiglio
di Stato, Sez. IV,
sentenza 16.03.2001 n. 1567 -
link a www.dirittoeschemi.it). |
anno 2000 |
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ATTI
AMMINISTRATIVI: La
nullità degli impegni di spesa, assunti senza preventiva
attestazione della copertura finanziaria, consegue alla sola
carenza della previa attestazione e perciò non é esclusa dal
fatto che, in concreto, tale copertura finanziaria sussista,
ancorché non previamente attestata.
---------------
Esiste certamente una differenza fra il parere di regolarità
contabile previsto dal primo comma dell’art. 53 della legge
142/1990 e l’attestazione di copertura finanziaria previsto
dal quinto comma dell’art. 55. Il primo verte su eventuali
aspetti economico-finanziari, mentre la seconda, in presenza
di spese, concerne il più limitato aspetto dell’esistenza,
nel capitolo indicato dalla deliberazione, di sufficienti
disponibilità, tenuto conto degli impegni precedentemente
assunti.
---------------
L’attestazione di copertura finanziaria é implicitamente
contenuta nella stessa proposta di ciascuna deliberazione
recante la sottoscrizione da parte del ragioniere del
riquadro inerente l’imputazione di ogni singola spesa.
L’art. 55, quinto comma, della legge 08.06.1990 n. 142, nel
testo precedente la modificazione introdotta dall’art. 6
della legge 15.05.1997 n. 127, stabiliva: “Gli impegni di
spesa non possono essere assunti senza attestazione della
relativa copertura finanziaria da parte del responsabile del
servizio finanziario. Senza tale attestazione l’atto é nullo
di diritto”.
La condizione di validità della deliberazione contenente
impegni di spesa era, pertanto, costituita dalla previa
attestazione della copertura finanziaria da parte
dell’organo competente.
La giurisprudenza ha, infatti, affermato che la nullità
degli impegni di spesa, assunti senza preventiva
attestazione della copertura finanziaria, consegue alla sola
carenza della previa attestazione e perciò non é esclusa dal
fatto che, in concreto, tale copertura finanziaria sussista,
ancorché non previamente attestata (Cass., Sez. I,
14.05.1997 n. 4248).
Fermo il principio richiamato, alla stregua del quale il
CO.RE.CO. ha sancito la nullità delle deliberazioni di che
trattasi, ancorché fornite di attestazione postuma di
copertura finanziaria, si palesano irrilevanti le
argomentazioni addotte dal Comune ricorrente.
Esiste certamente una differenza fra il parere di regolarità
contabile previsto dal primo comma dell’art. 53 della legge,
richiamato nelle citate deliberazioni, e l’attestazione di
copertura finanziaria previsto dal quinto comma dell’art.
55. Il primo verte su eventuali aspetti
economico-finanziari, mentre la seconda, in presenza di
spese, concerne il più limitato aspetto dell’esistenza, nel
capitolo indicato dalla deliberazione, di sufficienti
disponibilità, tenuto conto degli impegni precedentemente
assunti (circolare del Ministero dell’Interno, richiamata
dal ricorrente).
Ciò trova conferma nell’art. 35, primo comma, del D.Lgs.
25.02.1995 n. 77, recante ordinamento finanziario e
contabile degli enti locali, secondo cui gli enti locali
possono effettuare spese solo se sussiste l’impegno
contabile registrato sul competente intervento o capitolo
del bilancio di previsione da comunicare ai terzi
interessati e l’attestazione di copertura finanziaria di cui
all’art. 55, comma 5, della legge n. 142/1990.
Da tanto non é consentito, peraltro, desumere -secondo la
tesi sostenuta nel ricorso- che, comunque, l’attestazione di
copertura finanziaria é implicitamente contenuta nella
stessa proposta di ciascuna deliberazione recante la
sottoscrizione da parte del ragioniere del riquadro inerente
l’imputazione di ogni singola spesa che sarebbe stata «confermata»
dal visto apposto in data 11.01.1991.
Nella fattispecie, come accertato dall’organo di controllo,
le deliberazioni comportanti assunzioni di spesa, adottate
tutte nel 1990, recano un’attestazione di copertura
finanziaria apposta in data 11.01.1991; tanto basta, per le
ragioni suesposte, a far ritenere nulle di diritto le
deliberazioni di che trattasi, come legittimamente rilevato
dal CO.RE.CO. con la decisione impugnata
(TAR Toscana, Sez. I,
sentenza 25.02.2000 n. 369 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI
AMMINISTRATIVI: E'
illegittima la deliberazione di giunta/consiglio comunale
priva del parere di regolarità tecnica e contabile.
Egualmente la sentenza di primo grado merita conferma nella
parte in cui ha rilevato che la citata deliberazione di
giunta n. 22/1991 è stata adottata senza la previa
acquisizione del parere di "regolarità tecnica e
contabile", di cui all'art. 53, comma 1, della legge n.
142/1990.
La circostanza che, in mancanza di unità operative idonee,
il parere potesse essere reso dal segretario comunale (art.
53, comma 2) non toglie che la deliberazione dovesse recarne
esplicita traccia. Alla tesi degli appellanti, secondo cui
il parere "preventivo e favorevole di legittimità"
espresso dal segretario generale sarebbe comprensivo di ogni
altra valutazione, va obiettato che l'esame dell'atto sotto
il profilo della legittimità non è assimilabile, per
l'oggettiva diversità della funzione e dei parametri di
riferimento, all'apprezzamento, anch'esso obbligatorio, dei
suoi profili di ordine tecnico e contabile
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 15.02.2000 n. 808 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 1999 |
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ATTI
AMMINISTRATIVI:
A. Pètrina,
IURE CONDITO LA VERIFICA DI LEGITTIMITA’ NEGLI EE.LL. (maggio
2009 - link a www.segretariocomunale.com). |
ATTI
AMMINISTRATIVI:
L. Oliveri,
I PARERI SULLE PROPOSTE DI DELIBERAZIONE ALLA LUCE DELLA
LEGGE 265/1999 (1999 - link a www.giustamm.it). |
anno 1998 |
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ATTI
AMMINISTRATIVI:
I pareri del responsabile del servizio
interessato e del responsabile di ragioneria non pongono
alcun limite alla potestà deliberante della giunta e del
consiglio comunale, che possono liberamente disporre del
contenuto delle proposte di deliberazione, dopo
l'acquisizione su queste dei pareri stessi.
Con il secondo
motivo di appello si assume la violazione dell'articolo 53
della legge 08.06.1990, n. 142.
L'infondatezza della censura proposta consegue al rilievo
che la norma citata, nel prevedere la necessità dei pareri
del responsabile del servizio interessato, del responsabile
di ragioneria, nonché del segretario comunale, ciascuno per
quanto di propria competenza, non pone alcun limite alla
potestà deliberante della giunta e del consiglio comunale,
che possono liberamente disporre del contenuto delle
proposte di deliberazione, dopo che su queste ultime sia
stato acquisito, quale elemento formale dell'iter
procedimentale, il parere dei predetti organi tecnici.
Ove si opinasse diversamente, si finirebbe inammissibilmente
con il conferire ai citati organi consultivi l'effettivo
potere di amministrazione, degradando la giunta ed il
consiglio ad una funzione di mera ratifica di determinazioni
amministrative sostanzialmente imputabili ad altri soggetti
(Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 25.05.1998 n. 680
- link a www.dirittoeschemi.it). |
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