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59-EDIFICIO UNIFAMILIARE
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63-INCARICHI LEGALI e/o RESISTENZA IN GIUDIZIO
64-INCARICHI PROFESSIONALI E PROGETTUALI
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66-INDUSTRIA INSALUBRE
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68-L.R. 23/1997
69-L.R. 31/2014
70-LEGGE CASA LOMBARDIA
71-LICENZA EDILIZIA (necessità)
72-LOTTO EDIFICABILE - ASSERVIMENTO AREA - CESSIONE CUBATURA
73-LOTTO INTERCLUSO
74-MAPPE e/o SCHEDE CATASTALI (valore probatorio o meno)
75-MOBBING
76-MURO DI CINTA/RECINZIONE, DI CONTENIMENTO/SOSTEGNO, ECC.
77-OPERE PRECARIE
78-PARERE DI REGOLARITA' TECNICA, CONTABILE E DI LEGITTIMITA'
79-PATRIMONIO
80-PERGOLATO e/o GAZEBO e/o BERCEAU e/o DEHORS e/o POMPEIANA e/o PERGOTENDA e/o TETTOIA
81-PERMESSO DI COSTRUIRE (annullamento e/o impugnazione)
82-PERMESSO DI COSTRUIRE (decadenza)
83-PERMESSO DI COSTRUIRE (deroga)
84-PERMESSO DI COSTRUIRE (legittimazione richiesta titolo)
85-PERMESSO DI COSTRUIRE (parere commissione edilizia)
86-PERMESSO DI COSTRUIRE (prescrizioni)
87-PERMESSO DI COSTRUIRE (proroga)
88-PERMESSO DI COSTRUIRE (verifica in istruttoria dei limiti privatistici al rilascio)
89
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PERMESSO DI COSTRUIRE (volturazione)
90-
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91-PIANI PIANIFICATORI ED ATTUATIVI
92-PIANI PIANIFICATORI ED ATTUATIVI (aree a standard)
93-PIF (Piano Indirizzo Forestale)
94-PISCINE
95-PUBBLICO IMPIEGO
96-PUBBLICO IMPIEGO (quota annuale iscrizione ordine professionale)
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98-
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dossier DIRITTI DI SEGRETERIA IN MATERIA EDILIZIO-URBANISTICA
* * *
(ex art. 10, co. 10, del D.L. 18.01.1993, n. 8, convertito con modificazioni in Legge 19.03.1993, n. 68)
anno 2022

EDILIZIA PRIVATAAi sensi dell’art. 23 della Costituzione “[n]essuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”. Sicché, nella fattispecie, è illegittima la deliberazione comunale che ha imposto il versamento di euro 5.000,00 per "diritti di segreteria" relativi all’istruttoria della pratica per l’installazione di un impianto di telecomunicazioni.
Invero,
la contestata disposizione comunale non solo non trova “base” in alcuna legge, ma anzi è espressamente vietata dall’art. 93 (“Divieto di imporre altri oneri”), co. 2, d.lgs. n. 259/2003 cit. siccome interpretato autenticamente dall’art. 12, co. 3, d.lgs. 15.02.2016, n. 33 (a sua volta modificato dall’art. 8-bis, co. 1, lett. c, d.l. 14.12.2018, n. 135, conv. con modif. dalla l. 11.02.2019, n. 12), secondo cui detto art. 93, co. 2, “si interpreta nel senso che gli operatori che forniscono reti di comunicazione elettronica possono essere soggetti soltanto alle prestazioni e alle tasse o canoni espressamente previsti dal comma 2 della medesima disposizione, restando quindi escluso ogni altro tipo di onere finanziario, reale o contributo, comunque denominato, di qualsiasi natura e per qualsivoglia ragione o titolo richiesto”.
Il tenore chiaro e inequivoco della previsione appena riportata preclude agli enti locali di esigere, “laddove si tratti di eseguire interventi di installazione o di manutenzione della rete di telefonia mobile, […] qualsiasi prestazione patrimoniale diversa e aggiuntiva rispetto al pagamento della Tosap o del Cosap”, inclusi i “diritti di segreteria” per cui è questione (e “fermo restando l’onere degli operatori di tenere gli enti medesimi indenni dalle spese necessarie per la sistemazione delle aree pubbliche coinvolte da lavori”).
---------------

1. Con ricorso spedito per la notificazione a mezzo del servizio postale il 23.11.2009 (dep. il 24.11) la società Wind Telecomunicazioni (oggi Wind Tre), nel premettere di aver presentato istanza per l’installazione di un impianto di telecomunicazioni nel territorio di Vetralla, ha chiesto l’annullamento della delibera n. 34 del 13.06.2009, con cui il Consiglio comunale di Vetralla ha imposto il versamento di euro 5.000,00 per diritti di segreteria relativi all’istruttoria della pratica, prospettando i vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili.
Si è costituita in resistenza l’amministrazione.
All’odierna udienza, in vista della quale la ricorrente ha depositato documenti e memoria, il giudizio è stato trattenuto in decisione.
2. Il ricorso ha oggetto la determinazione con cui l’amministrazione resistente, nel fissare i “diritti di segreteria sugli atti comunali in materia di urbanistica ed edilizia” ai sensi dell’art. 10, co. 10, d.l. 18.01.1993, n. 8 (conv. dalla l. 19.03.1993, n. 68, come modificato all’art. 2, co. 60, l. n. 662/1996 nel testo ratione temporis vigente), ha istituito quelli per gli “impianti di telefonia mobile”, indicandone l’importo in euro 5.000,00 (cfr. tabella sub art. 1 delib. cit.).
Il primo motivo, con cui la ricorrente denuncia violazione degli artt. 87, co. 10, e 93 d.lgs. n. 259/2003, è fondato.
Ai sensi dell’art. 23 Cost. “[n]essuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”.
Nel caso concreto, la contestata disposizione comunale non solo non trova “base” in alcuna legge, ma anzi è espressamente vietata dall’art. 93 (“Divieto di imporre altri oneri”), co. 2, d.lgs. n. 259/2003 cit. –a tenore del quale (nel testo all’epoca vigente) “Gli operatori che forniscono reti di comunicazione elettronica hanno l’obbligo di tenere indenne l’Ente locale, ovvero l’Ente proprietario, dalle spese necessarie per le opere di sistemazione delle aree pubbliche specificamente coinvolte dagli interventi di installazione e manutenzione e di ripristinare a regola d’arte le aree medesime nei tempi stabiliti dall’Ente locale. Nessun altro onere finanziario o reale può essere imposto, in base all’articolo 4 della legge 31.07.1997, n. 249, in conseguenza dell’esecuzione delle opere di cui al Codice, fatta salva l’applicazione della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche di cui al capo II del decreto legislativo 15.11.1993, n. 507, oppure del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche di cui all’articolo 63 del decreto legislativo 15.12.1997, n. 446, e successive modificazioni ed integrazioni, calcolato secondo quanto previsto dal comma 2, lett. e), del medesimo articolo, ovvero dell’eventuale contributo una tantum per spese di costruzione delle gallerie di cui all'’articolo 47, comma 4, del predetto decreto legislativo 15.11.1993, n. 507” (ai sensi del comma 1 “Le pubbliche Amministrazioni, le Regioni, le Province ed i Comuni non possono imporre, per l’impianto di reti o per l’esercizio dei servizi di comunicazione elettronica, oneri o canoni che non siano stabiliti per legge”)– siccome interpretato autenticamente dall’art. 12, co. 3, d.lgs. 15.02.2016, n. 33 (a sua volta modificato dall’art. 8-bis, co. 1, lett. c, d.l. 14.12.2018, n. 135, conv. con modif. dalla l. 11.02.2019, n. 12), secondo cui detto art. 93, co. 2, “si interpreta nel senso che gli operatori che forniscono reti di comunicazione elettronica possono essere soggetti soltanto alle prestazioni e alle tasse o canoni espressamente previsti dal comma 2 della medesima disposizione, restando quindi escluso ogni altro tipo di onere finanziario, reale o contributo, comunque denominato, di qualsiasi natura e per qualsivoglia ragione o titolo richiesto”.
Il tenore chiaro e inequivoco della previsione appena riportata preclude agli enti locali di esigere, “laddove si tratti di eseguire interventi di installazione o di manutenzione della rete di telefonia mobile, […] qualsiasi prestazione patrimoniale diversa e aggiuntiva rispetto al pagamento della Tosap o del Cosap”, inclusi i “diritti di segreteria” per cui è questione (e “fermo restando l’onere degli operatori di tenere gli enti medesimi indenni dalle spese necessarie per la sistemazione delle aree pubbliche coinvolte da lavori”; cfr. Tar Liguria, sez. II, 24.09.2021, n. 801).
3. Da quanto detto, segue che il ricorso è fondato e va accolto (TAR Lazio-Roma, Sez. II-quater, sentenza 29.07.2022 n. 10790 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Sulla illegittima istituzione dei diritti di istruttoria connessi al rilascio delle istanze volte ad ottenere l’autorizzazione all’installazione di impianti pubblicitaria sui ponteggi e/o recinzioni dei cantieri edili.
La Corte costituzionale ha chiarito che, sebbene “il principio dell'art. 23 della Costituzione si applica ad ogni prestazione imposta, … la cennata norma costituzionale, prescrivendo che l'imposizione di una prestazione patrimoniale abbia "base" in una legge, non esige che la legge, che conferisce il potere di imporre una prestazione, contenga necessariamente l'indicazione del limite massimo della prestazione imponibile, ma implica che la legge non lasci all'arbitrio dell'ente impositore la determinazione della prestazione. È necessario, cioè, che la legge indichi i criteri idonei a delimitare la discrezionalità dell'ente impositore nell'esercizio del potere attribuitogli”.
Ne discende come anche i diritti di istruttoria -risolvendosi in una prestazione patrimoniale imposta- debbano essere necessariamente previsti da una fonte di rango legislativo, per poi essere determinati nel loro preciso ammontare dalla singola amministrazione, in relazione alla tipologia di atti richiesto e in proporzione alla complessità della conseguente attività istruttoria che deve essere svolta rispetto a quella normalmente evasa d’ufficio, sicché non potranno essere chiesti diritti di istruttoria
   - né per attività non rientranti tra i compiti istituzionali dell’ente, né in misura sproporzionata rispetto all’attività istruttoria che deve essere compiuta per adempiere a quei compiti,
   - né, a maggior ragione, in relazione ad istanze la cui istruttoria non richiede una peculiare attività pubblica finalizzata al rilascio di un atto o di un provvedimento da parte dell’ufficio.
Una significativa espressione del principio della riserva di legge relativa si rinviene, con riferimento ai diritti di segreteria o di istruttoria, nel d.l. 18.01.1993, n. 8, convertito in legge 19.03.1993, n. 68, dove, all’art. 10, comma 10, in materia urbanistica-edilizia, prevede che “sono istituiti diritti di segreteria” in relazione ad una serie di atti ivi elencati, il cui rilascio dei quali è, dunque, subordinato alla corresponsione di un relativo onero economico, la cui disciplina specifica è poi rimessa al potere discrezionale degli enti locali, pur sempre in base ed entro i limiti ivi previsti.

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Ebbene, osserva il Collegio come nessuna delle deliberazioni consiliari istitutive dei diritti di istruttoria relativi al rilascio delle autorizzazioni per l’installazione di mezzi pubblicitari sui cantieri/ponteggi rechi l’indicazione del presupposto normativo in ragione del quale il potere è stato di fatto esercitato.
Detto altrimenti,
l’introduzione dei diritti di istruttoria (o di segreteria) per il rilascio delle autorizzazioni all’installazione di impianti pubblicitari sui ponteggi e/o recinzioni dei cantieri edili posti sugli immobili privati da ristrutturare, ad opera delle deliberazioni n. 8/2021 e n. 25/2021 è avvenuta al di fuori di un’espressa autorizzazione legislativa che ne avrebbe, invece, dovuto costituire l’indispensabile preventiva “base” normativa.
Il comune ha, dunque, istituito, in relazione alle pratiche amministrative concernenti il rilascio delle autorizzazioni all’installazione di impianti pubblicitari, dei diritti di istruttoria pur in assenza di una copertura legislativa, in evidente violazione della riserva di legge relativa prevista all’art. 23 della Costituzione.
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Ugualmente fondata appare la censura di eccesso di potere per contrasto con i fondamentali canoni di proporzionalità, logicità e ragionevolezza che sempre devono orientare l’esercizio della potestà amministrativa.
Invero, l’ordinamento non consente alle amministrazioni di determinare liberamente la quantificazione dei diritti di istruttoria i quali, invece, vanno stabiliti, nel loro preciso ammontare, in relazione alla specifica tipologia di atto e soprattutto alla complessità dell’attività istruttoria normalmente richiesta per il suo rilascio.
Il rispetto del principio di proporzionalità, che deve governare l’esercizio del potere discrezionale limitativo della sfera giuridica del destinatario, avrebbe, dunque, richiesto di stabilire delle tariffe per i diritti di segreteria che fossero collegate e parametrate alla reale difficoltà dell’attività istruttoria effettuata per esaminare tutta la documentazione posta a base dell’istanza volta ad ottenere l’autorizzazione ad apporre pannelli pubblicitari su cantieri o ponteggi edili.
Dagli atti gravati non emergono, invece, i presupposti e/o le motivazioni che abbiano giustificato un aumento così consistente dei diritti di istruttoria, nemmeno risultando dalla documentazione versata in giudizio che le tariffe così come quantificate abbiano tenuto conto delle difficoltà tecniche o operative dell’attività di analisi delle istanze.
Ne discende come le impugnate deliberazioni consiliari, nella parte in cui prevedono l’istituzione dei diritti di istruttoria connessi al rilascio delle istanze volte ad ottenere l’autorizzazione all’installazione di impianti pubblicitaria sui ponteggi e/o recinzioni dei cantieri edili posti su immobili privati da ristrutturare, siano state assunte in spregio ai canoni di logicità, ragionevolezza e proporzionalità, non rispondendo a criteri di corrispettività rispetto all’attività istruttoria in concreto richiesta agli Uffici per l’evasione delle istanze di autorizzazione pubblicitaria.
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Con il ricorso introduttivo, la U.V. s.p.a. (di seguito anche semplicemente “U.”) –società operativa nel settore della pubblicità esterna e, in particolare, nella gestione e commercializzazione di spazi pubblicitari di grandi dimensioni attraverso l’installazione e la conduzione di relativi impianti installati a ridosso di ponteggi e recinzioni di cantiere– impugna la deliberazione dell’Assemblea Capitolina n. 8 del giorno 01.02.2021, nella parte in cui introduce “nuove tariffe per diritti di istruttoria” connessi al rilascio delle autorizzazioni per l’installazione di impianti di pubblicità provvisoria su ponteggi/recinzioni di cantiere, sia “a Led e/o tecnologicamente avanzati”, sia “Pittorici/Luminosi” (vale dire di tipo tradizionale), sul presupposto che essa determinerebbe un rilevantissimo aggravio dei costi amministrativi necessari per l’avvio della relativa attività d’impresa.
Evidenzia, in particolare, la ricorrente come Roma Capitale –dopo aver per molti anni e sino al 2020 subordinato il rilascio delle autorizzazioni per l’installazione di impianti pubblicitari al pagamento di diritti di istruttoria raggruppati in due sole categorie (“diritti di istruttoria per istanze riferite ad impianti pubblicitari” e “diritti di istruttoria per autorizzazioni su ponteggi/recinzioni di cantiere”) di importi estremamente contenuti (rispettivamente € 100,00 e € 150,00) giusta deliberazione di Assemblea Capitolina n. 96 del 16.12.2019 e deliberazioni di Giunta Capitolina n. 312 del 31.12.2019 e n. 60 del 10.04.2020- abbia con la contestata determinazione introdotto a partire dal 2021 un criterio dimensionale di parametrazione delle nuove tariffe, per il quale i diritti di istruttoria si incrementano con l’aumentare della superficie dell’impianto pubblicitario per il quale è chiesta l’autorizzazione. Più nello specifico:
   - i diritti di istruttoria sono dovuti in misura fissa fintantoché l’impianto sia contenuto entro i tre metri quadrati (€ 250,00 per “Impianti a Led” e € 100,00 per “Impianti Pittorici/Luminosi”, cioè tradizionali) oppure entro i sei metri quadrati (rispettivamente, € 400,00 e € 250,00);
   - oltre i sei metri quadrati è imposto il pagamento di un’ulteriore somma, la cui misura (variabile) è data dalla moltiplicazione di un importo base (rispettivamente, € 100,00 e € 50,00) per “ogni MQ superiore ai 6”;
   - identica declinazione è, poi, prevista per le medesime tipologie di impianti allorché ne sia domandata l’installazione “su ponteggi/recinzioni di cantiere”, con l’aumento degli importi fissi dovuti sino a tre metri quadrati (rispettivamente, € 400,00 per “Impianti a Led” e € 250,00 per “Impianti Pittorici/Luminosi”) e sino a sei metri quadrati (rispettivamente, € 700,00 e € 400,00), oltre che l’importo base della quota variabile stabilito per gli “Impianti Pittorici/Luminosi” (€ 100,00, anziché € 50,00).
Lamenta, altresì, U. come la nuova disciplina preveda, per i soli impianti tecnologicamente innovativi “una maggiorazione del 150% sulle rispettive tariffe base, calcolate a seconda della categoria di appartenenza (alle quali saranno poi applicate eventuali ed ulteriori esenzioni, riduzioni e/o maggiorazioni disciplinate dal “Regolamento comunale in materia di esposizione della pubblicità e di pubbliche affissioni””.
La ricorrente chiede, dunque, l’annullamento di tale determinazione, formulando a tal fine un unico articolato motivo di ricorso, con cui sostanzialmente lamenta:
   i) la violazione del principio di legalità previsto all’art. 23 della Costituzione in materia di prestazione patrimoniali imposte, evidenziando come la previsione dei contestati diritti di istruttoria o di segreteria, “non assolvendo ad alcuna funzione di corrispettivo dell’attività degli Uffici”, sarebbe a ben vedere priva di copertura legale, risolvendosi in una prestazione patrimoniale sostanzialmente replicativa dell’imposta pubblicitaria;
   ii) la violazione dei canoni di logicità, ragionevolezza e proporzionalità, apparendo la misura delle nuove tariffe in ogni caso eccessiva e non proporzionale e mancando qualsivoglia correlazione tra dimensioni dell’esposizione pubblicitaria e complessità dell’istruttoria funzionale al rilascio della relativa autorizzazione.
La società propone, altresì, ricorso per motivi aggiunti nei confronti degli atti con cui Roma Capitale le ha richiesto il pagamento dei diritti di istruttoria secondo gli importi calcolati applicando la nuova contestata disciplina generale delle tariffe nonché della successiva deliberazione di Assemblea Capitolina 07.04.2021, n. 25, di modifica di quella già impugnata -nel senso di sopprimere la cennata maggiorazione del 150% delle tariffe base dei diritti di istruttoria introdotta con specifico riferimento ai procedimenti relativi agli impianti tecnologicamente innovativi– nella parte in cui, per il resto, conferma le previsioni impugnate, sostenendone l’illegittimità per i motivi già formulati in sede di ricorso introduttivo.
Impugna, inoltre, U. la precedente deliberazione di Giunta Capitolina 21/22.12.2020, n. 330 che già introduceva il contestato aumento, per averne avuto “occasionale notizia per essere stata richiamata nelle premesse della deliberazione di Assemblea Capitolina n. 25/2021 … a sua volta citata nella richiesta di pagamento dei diritti di istruttoria”, contestandola sotto il profilo dell’incompetenza della Giunta ad introdurre una tale disciplina generale delle tariffe (poi approvata dall’Assemblea con la deliberazione n. 8/2021 impugnata in sede di ricorso introduttivo).
...
La controversia in esame ha ad oggetto l’istituzione dei diritti di istruttoria connessi al rilascio delle istanze volte ad ottenere l’autorizzazione all’installazione di impianti pubblicitaria sui ponteggi e/o recinzioni dei cantieri edili posti su immobili privati da ristrutturare.
Occorre premettere che l’attività di gestione e commercializzazione di spazi pubblicitari di grandi dimensioni attraverso l’installazione e la conduzione di relativi impianti installati a ridosso di ponteggi e recinzioni di cantiere consiste in un’attività economica privata che, nell’ambito del Comune di Roma Capitale, è ancora soggetta ad autorizzazione, il cui rilascio è, per l’appunto, subordinato al pagamento di relativi diritti di istruttoria o di segreteria determinati secondo la disciplina generale e le tariffe approvate, rispettivamente, dall’organo consiliare e da quello esecutivo.
Tali oneri economici vengono, in genere, imposti coattivamente al privato che dovrà sostenerli al fine di ottenere il rilascio del titolo amministrativo di interesse, essendo richiesti dall’amministrazione per compensare i costi sostenuti per giungere alla definizione dei procedimenti di competenza finalizzati al rilascio di provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dell’istante.
Si tratta, dunque, di un’imposizione la cui ratio risiede nel prevedere una forma di compartecipazione dell’utente, a titolo di solidarietà (in ossequio all’art. 2 della Costituzione), al finanziamento del costo di gestione complessivo delle attività che l’amministrazione è chiamata a compiere per evadere l’istanza amministrativa
Tali diritti di istruttoria si traducono in una prestazione economica posta a carico dell’utente che richieda il rilascio di un titolo abilitativo a svolgere una determinata attività, che egli è tenuto a versare in relazione ad un’utilità che egli trae dallo svolgimento di un’attività amministrativa resa a sua richiesta e finalizzata al suo precipuo interesse.
Trattandosi, dunque, di prestazione patrimoniale obbligatoria, prevista a carico di un soggetto senza che la volontà di questi abbia concorso al sorgere della prestazione, la sua disciplina rientra nella sfera di applicazione dell’art. 23 della Costituzione, a mente del quale “Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”.
Il principio di legalità ivi stabilito comporta che l’amministrazione, ogniqualvolta decida di imporre una prestazione patrimoniale con atti di natura autoritativa, possa e debba farlo pur sempre nel rispetto del principio di riserva di legge relativa ivi previsto dalla Costituzione e, quindi, sulla scorta di una fonte normativa di rango primario.
La Corte costituzionale ha, in particolare, al riguardo chiarito che, sebbene “il principio dell'art. 23 della Costituzione si applica ad ogni prestazione imposta, … la cennata norma costituzionale, prescrivendo che l'imposizione di una prestazione patrimoniale abbia "base" in una legge, non esige che la legge, che conferisce il potere di imporre una prestazione, contenga necessariamente l'indicazione del limite massimo della prestazione imponibile, ma implica che la legge non lasci all'arbitrio dell'ente impositore la determinazione della prestazione. È necessario, cioè, che la legge indichi i criteri idonei a delimitare la discrezionalità dell'ente impositore nell'esercizio del potere attribuitogli” (in tal senso, Corte Costituzione 27.06.1959, n. 36, sui diritti per le pubbliche affissioni).
Ne discende come anche i diritti di istruttoria -risolvendosi, come accennato, in una prestazione patrimoniale imposta- debbano essere necessariamente previsti da una fonte di rango legislativo, per poi essere determinati nel loro preciso ammontare dalla singola amministrazione, in relazione alla tipologia di atti richiesto e in proporzione alla complessità della conseguente attività istruttoria che deve essere svolta rispetto a quella normalmente evasa d’ufficio, sicché non potranno essere chiesti diritti di istruttoria né per attività non rientranti tra i compiti istituzionali dell’ente, né in misura sproporzionata rispetto all’attività istruttoria che deve essere compiuta per adempiere a quei compiti, né, a maggior ragione, in relazione ad istanze la cui istruttoria non richiede una peculiare attività pubblica finalizzata al rilascio di un atto o di un provvedimento da parte dell’ufficio.
Una significativa espressione del principio della riserva di legge relativa si rinviene, con riferimento ai diritti di segreteria o di istruttoria, nel d.l. 18.01.1993, n. 8, convertito in legge 19.03.1993, n. 68, dove, all’art. 10, comma 10, in materia urbanistica-edilizia, prevede che “sono istituiti diritti di segreteria” in relazione ad una serie di atti ivi elencati, il cui rilascio dei quali è, dunque, subordinato alla corresponsione di un relativo onero economico, la cui disciplina specifica è poi rimessa al potere discrezionale degli enti locali, pur sempre in base ed entro i limiti ivi previsti.
Non rientrando le autorizzazioni per l’affissione di pannelli pubblicitari sui ponteggi e/o recinzioni dei cantieri edili posti sugli immobili privati da ristrutturare nella disciplina del citato art. 10, comma 10, occorre individuare quale sia il fondamento normativo del potere impositivo che, nel caso di specie, è stato esercitato da Roma Capitale con riferimento al rilascio dell’autorizzazione all’installazione di mezzi pubblicitari su beni privati.
L’Assemblea capitolina, con la precedente deliberazione n. 96 del 16.12.2019, già aveva introdotto i diritti di istruttoria di cui si discorre, distinguendone due categorie (“diritti di istruttoria per istanze riferite ad impianti pubblicitari” e “diritti di istruttoria per autorizzazioni su ponteggi/recinzioni di cantiere”), poi quantificati con provvedimento della Giunta Capitolina n. 312 del 31.12.2019 e successiva integrazione deliberata con provvedimento di Giunta Capitolina n. 60 del 10.04.2020 (di conferma per l’esercizio 2020 degli importi già stabiliti per gli anni pregressi) in misura fissa, pari rispettivamente € 100,00 e € 150,00.
Successivamente, Roma Capitale prima con deliberazione della Giunta Capitolina del 21–22.12.2020, n. 330 e, immediatamente dopo, con deliberazione dell’Assemblea Capitolina n. 8 del 01.01.2021 (di sostanziale convalida, mediante ratifica, della disciplina inizialmente dettata dalla Giunta Capitolina, in sostanziale violazione del citato art. 42, comma 2, lett. f), del d.lgs. n. 267/2000), in considerazione dell’evoluzione dei sistemi pubblicitari, ha modificato la disciplina dei diritti di istruttoria che devono essere versati per ottenere l’autorizzazione per l’installazione di mezzi pubblicitari su ponteggi/recinzioni di cantiere, procedendo “all’introduzione di nuove tariffe per diritti di istruttoria per istanze riferite ad autorizzazioni Impianti a Led e/o tecnologicamente avanzati” e all’aumento di quelli relativi ad autorizzazioni “Impianti Pittorici/Luminosi”, vale dire di tipo tradizionale, in entrambe i casi diversificando le tariffe in relazione alla tipologia (se tecnologicamente avanzato o meno) e alla metratura del mezzo pubblicitario impiegato (fino a tre metri quadri, fino a sei metri quadri e oltre 6 metri quadri) (in tal senso, quanto previsto nella tabella a pagina 18 dell’Allegato “A” alla deliberazione n. 8/2021). Tale previsioni sono, poi, state confermate dalla successiva deliberazione sempre dell’Assemblea Capitolina n. 25/2021 di “modifica” della precedente n. 8/2022.
Ebbene, osserva il Collegio come nessuna delle deliberazioni istitutive dei diritti di istruttoria relativi al rilascio delle autorizzazioni per l’installazione di mezzi pubblicitari sui cantieri/ponteggi -tanto meno quelle oggetto di impugnazione (le deliberazioni dell’Assemblea Capitolina n. 8/2021 e n. 25/2021)– rechi l’indicazione del presupposto normativo in ragione del quale il potere è stato di fatto esercitato.
Né un tale fondamento può ravvisarsi nel comma 816 dell’art. 1 della legge n. 160/2019 (Legge di Bilancio 2020), pure invocato dalla difesa comunale, a ben vedere riguardando tale disposizione la sola istituzione del c.d. “canone unico patrimoniale” in materia di occupazione di suolo pubblico e di diffusione di messaggi pubblicitari, e non anche prevedendo l’istituzione in via autonoma dei diritti di istruttoria di cui si discorre.
Una tale copertura non può, inoltre, nemmeno rinvenirsi:
   - né nell'art. 3, commi 1 e 7, del d.l. 22.12.1981, n. 786, convertito in legge dalla l. 06.02.1982, n. 51, a mente del quale “per i servizi pubblici a domanda individuale, le province, i comuni, i loro consorzi e le comunità montane sono tenuti a richiedere la contribuzione degli utenti, anche a carattere non generalizzato”;
   - né nell’art. 172, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 267/2000, secondo cui gli enti locali allegano al bilancio di previsione “le deliberazioni con le quali sono determinati, per l'esercizio successivo, le tariffe, le aliquote d'imposta e le eventuali maggiori detrazioni, le variazioni dei limiti di reddito per i tributi locali e per i servizi locali, nonché, per i servizi a domanda individuale, i tassi di copertura in percentuale del costo di gestione dei servizi stessi”;
   - né, ancora, nell’art. 1, comma 169, della legge n. 296/2006 in base al quale gli enti locali “deliberano le tariffe … entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione”.
Tali disposizioni si riferiscono, infatti, alle delibere con cui si determinato in concreto i presupposti dei tributi locali e, con riferimento ai “servizi a domanda individuale”, i tassi di copertura dei costi di gestione e non già ai diritti di istruttoria di cui si discorre, invero, collegati allo svolgimento di un’attività economica privata (soggetta a regime autorizzatorio) che non dà luogo ad un servizio pubblico a domanda individuale.
Ne discende come l’introduzione dei diritti di istruttoria (o di segreteria) per il rilascio delle autorizzazioni all’installazione di impianti pubblicitari sui ponteggi e/o recinzioni dei cantieri edili posti sugli immobili privati da ristrutturare, ad opera delle deliberazioni n. 8/2021 e n. 25/2021 sia, pertanto, avvenuta al di fuori di un’espressa autorizzazione legislativa che ne avrebbe, invece, dovuto costituire l’indispensabile preventiva “base” normativa.
Roma Capitale ha, dunque, istituito, in relazione alle pratiche amministrative concernenti il rilascio delle autorizzazioni all’installazione di impianti pubblicitari, dei diritti di istruttoria pur in assenza di una copertura legislativa, in evidente violazione della riserva di legge relativa prevista all’art. 23 della Costituzione.
Ugualmente fondata appare la censura di eccesso di potere per contrasto con i fondamentali canoni di proporzionalità, logicità e ragionevolezza che sempre devono orientare l’esercizio della potestà amministrativa.
Evidenzia U. come nel 2021 si sia passati dalla previsione di una tariffa fissa, peraltro di importo esiguo (€ 100,00 per i "diritti di istruttoria per istanze riferite ad impianti pubblicitari” e € 150,00 per “diritti di istruttoria per autorizzazioni su ponteggi/recinzioni di cantiere”) esigibile sino al 2020, ad un importo che varia in proporzione all’aumento dell’estensione dell’impianto pubblicitario fino a sei metri quadri e che oltre tale soglia prevede, in aggiunta, la corresponsione di un importo di € 100,00 per ogni metro quadro di estensione aggiuntiva, con un aumento esponenziale dei diritti richiesti.
Ebbene, come testé osservato, l’ordinamento non consente alle amministrazioni di determinare liberamente la quantificazione dei diritti di istruttoria i quali, invece, vanno stabiliti, nel loro preciso ammontare, in relazione alla specifica tipologia di atto e soprattutto alla complessità dell’attività istruttoria normalmente richiesta per il suo rilascio.
Il rispetto del principio di proporzionalità, che deve governare l’esercizio del potere discrezionale limitativo della sfera giuridica del destinatario, avrebbe, dunque, richiesto di stabilire delle tariffe per i diritti di segreteria che fossero collegate e parametrate alla reale difficoltà dell’attività istruttoria effettuata per esaminare tutta la documentazione posta a base dell’istanza volta ad ottenere l’autorizzazione ad apporre pannelli pubblicitari su cantieri o ponteggi edili.
Dagli atti gravati non emergono, invece, i presupposti e/o le motivazioni che abbiano giustificato un aumento così consistente dei diritti di istruttoria, nemmeno risultando dalla documentazione versata in giudizio che le tariffe così come quantificate abbiano tenuto conto delle difficoltà tecniche o operative dell’attività di analisi delle istanze.
Risulta, invero, dagli atti istruttori prodromici alla formulazione della nuova disciplina generale delle tariffe (ostesi da Roma Capitale su istanza della ricorrente e da quest’ultima versati in atti) che il Dipartimento Sviluppo Economico e Attività Produttive si sia limitato a proporre alla Ragioneria Generale “il prospetto delle Tariffe 2021 in formato excel, debitamente compilato, con le indicazioni per le modifiche o il mantenimento dei servizi e delle tariffe, ai fini dell’adozione del provvedimento deliberativo delle tariffe e dei tassi di copertura del costo di gestione dei servizi pubblici a domanda individuale per l’anno 2021” (in tal senso, la nota prot. QH20200048278 del 03.11.2020), senza tuttavia spiegare le ragioni dell’aumento esponenziale delle tariffe per i diritti di istruttoria, così confermandosi il denunziato difetto di motivazione sui razionali che dovrebbero giustificare le nuove tariffe.
Né, del resto, l’Avvocatura comunale nei propri atti difensivi dà adeguata spiegazione del perché la tipologia dell’impianto o la sua metratura incidano, in maniera così consistente, sull’attività istruttoria espletata dagli Uffici al fine di rilasciare l’autorizzazione, tale giustificare una così esosa pretesa economica.
Ebbene, la contestata nuova disciplina dei diritti di istruttoria, con riferimento agli impianti superiori a sei metri quadri, prevede un importo base (che varia da € 250,00 ad € 700,00) al quale va sommato l’importo di “€ 100,00 per ogni mq. aggiuntivo”, laddove, tuttavia, la somma aggiuntiva, direttamente proporzionale all’estensione dell’impianto, non trova giustificazione nella complessità dell’attività istruttoria richiesta per l’esame della pratica, tanto più considerati che per gli impianti di tali dimensioni è già prevista una tariffa maggiore rispetto agli impianti di minore estensione.
Manca, dunque, qualsivoglia correlazione tra dimensioni dell’esposizione pubblicitaria e la complessità dell’istruttoria funzionale al rilascio della relativa autorizzazione così come qualsiasi evidenza dei relativi razionali, sicché con le nuove tariffe, l’Assemblea Capitolina ha di fatto introdotto -in assenza di idonea base legislativa- una sorta di imposta innominata ovvero una non consentita duplicazione dell’imposta pubblicitaria, dalla cui disciplina sembrerebbe aver mutuato il criterio di quantificazione basato sull’estensione della superficie espositiva.
Ne discende come le impugnate deliberazioni dell’Assemblea Capitolina n. 8/2021 e n. 25/2021, nella parte in cui prevedono l’istituzione dei diritti di istruttoria connessi al rilascio delle istanze volte ad ottenere l’autorizzazione all’installazione di impianti pubblicitaria sui ponteggi e/o recinzioni dei cantieri edili posti su immobili privati da ristrutturare, siano state assunte in spregio ai canoni di logicità, ragionevolezza e proporzionalità, non rispondendo a criteri di corrispettività rispetto all’attività istruttoria in concreto richiesta agli Uffici per l’evasione delle istanze di autorizzazione pubblicitaria.
In conclusione,
   - il ricorso introduttivo deve essere dichiarato improcedibile quanto alla previsione (inizialmente contenuta nella contestata deliberazione n. 8/2021 e, poi, eliminata dalla successiva deliberazione n. 25/2021) per i soli impianti tecnologicamente innovativi di “
una maggiorazione del 150% sulle rispettive tariffe base”, mentre
   - il ricorso per motivi aggiunti deve essere dichiarato inammissibile nella parte in cui si contesta la (precedente) deliberazione della Giunta Capitolina n. 330/2020, attesa la sua sostituzione, con efficacia ex tunc, da parte della citata deliberazione dell’Assemblea Capitolina n. 8/2021 di sostanziale convalida, mediante ratifica, della relativa disciplina.
Il ricorso introduttivo ed il ricorso per motivi aggiunti devono, invece, essere per il resto accolti e, per l’effetto, le deliberazioni dell’Assemblea Capitolina n. 8/2021 e n. 25/2021 devono essere in parte qua annullate, nella parte in cui hanno istituito la nuova disciplina dei diritti di istruttoria per le istanze riferite alle autorizzazioni di impianti pubblicitari, così come gli atti istruttori (anch’essi impugnati in sede di motivi aggiunti) con i quali l’amministrazione ha richiesto il pagamento di tali diritti, restando comunque salva ed impregiudicata ogni ulteriore deliberazione che Roma Capitale intenderà assumere nell’esercizio dei propri relativi poteri, pur sempre nei limiti dell’effetto conformativo che consegue alla presente pronuncia (TAR Lazio-Roma, Sez. II, sentenza 04.04.2022 n. 3863 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2021

EDILIZIA PRIVATAOccorre rammentare che l'art. 23 della Costituzione stabilisce che nessuna prestazione patrimoniale e personale può essere imposta se non in base alla legge.
E, in effetti, la deliberazione della Giunta Comunale, pur formalmente adottata per stabilire gli importi dei "Diritti di Segreteria su atti e prestazioni di carattere edilizio ed urbanistico", rappresenta una prestazione patrimoniale imposta a carico di privati, in considerazione del fatto che la misura censurata con il presente ricorso non appare giustificabile con l'attività istruttoria dell'ufficio comunale e, quindi, riconducibile ai diritti di segreteria.
Deve essere condivisa, pertanto, la tesi della ricorrente secondo cui, ogni volta che l'Amministrazione imponga una prestazione patrimoniale con atti di natura autoritativa, ciò debba avvenire nel rispetto del principio di riserva di legge.
Non è fuori luogo ricordare, tra l'altro, che, nel caso in esame, quanto imposto dal Comune intimato incide sulla prestazione di un servizio pubblico essenziale.
E', peraltro, incontestabile che, nella fattispecie in esame, sussista un'imposizione unilaterale e autoritativa (sotto forma di asseriti "diritti di segreteria"), cui la società concessionaria dell'attività di distribuzione di energia elettrica non può sottrarsi, necessitando dell'autorizzazione comunale per poter realizzare, esercitare e mantenere in efficienza la rete di cavi, tralicci e cabine di trasformazione, e garantire, al tempo stesso, la connessione alla rete di distribuzione a tutti i soggetti che ne facciano richiesta.
...
Fondato appare anche il secondo motivo, con il quale si deduce che la richiesta di pagamento della predetta somma di Euro 448,35 è illegittima per violazione del principio di proporzionalità e dell'art. 10, co. 10, del D.L. 18.01.1993, n. 8, convertito con modificazioni in L. 19.03.1993, n. 68.
I diritti di segreteria che il Comune può istituire in applicazione dell'articolo 10 attengono a corrispettivi per l'attività di istruttoria delle specifiche pratiche edilizie indicate al comma 10 e devono essere determinati nel loro ammontare in relazione alle varie tipologie di atti e alla complessità dall'attività istruttoria normalmente richiesta.
Ciò implica che non possono essere richiesti diritti di segreteria per attività non rientranti tra le tipologie indicate al comma 10, né somme sproporzionate nel loro ammontare all'attività istruttoria né, a maggior ragione, possono essere pretesi diritti in occasione di comunicazioni dei privati (es. di inizio o di fine lavori, nomina direttore dei lavori) che non richiedano una specifica attività istruttoria finalizzata al rilascio di un atto o titolo edilizio (anche per silenzio) da parte dell'ufficio.

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... per l'annullamento
   - della nota prot. 176440 del 16.05.2019, ricevuta da Enel in data 17.05.2019, del Comune di Catania – Direzione LL.PP. “Ufficio per il sottosuolo”, con la quale il Comune ha comunicato l'adozione della deliberazione di Consiglio Comunale del 29.01.2019, n. 4, d'ora in avanti anche solo la “Delibera”) ritenendo di applicare -a titolo di diritti di segreteria ed “in analogia” alla Delibera- l'importo di € 250,00 “per ciascuna azienda e per ogni pratica presentata” alle istanze di autorizzazione ai lavori di scavo sul patrimonio viario cittadino;
   - della Delibera di Consiglio Comunale del 29.1.2019, n. 4 avente ad oggetto “Dissesto finanziario. Attivazione delle entrate proprie ai sensi dell'art. 251, D.Lgs. n. 267/2000 – Tariffe dei servizi a domanda individuale e dei servizi generali”, nella parte in cui gli aumenti tariffari ivi contenuti siano ritenuti applicabili anche ai diritti di segreteria applicati per le istanze di autorizzazione di attività di scavo richieste da Aziende erogatrici di servizi pubblici come Enel;
...
Con nota ricevuta in data 17.05.2019, prot. n. 176440, il Comune di Catania –in esito al proprio dissesto dichiarato con deliberazione del CC del 12.12.2018, n. 37, e delle misure tariffarie adottate sul suo presupposto “che assicurino complessivamente la copertura integrale dei costi di gestione” ai sensi dell’art. 251 del TUEL- ha comunicato a e-distribuzione S.p.A. (già Enel Distribuzione S.p.A.) che:
   - con la Delibera del Consiglio comunale del 29.01.2019, n. 4, “sono stati stabiliti gli importi relativi al pagamento Diritti di Segreteria, per l’anno 2019, prestate da Aziende che eseguono lavori di scavo sul patrimonio viario cittadino”;
   - la Direzione LL.PP. del Comune “ha determinato, in analogia alla suddetta Delibera il diritto di segreteria relativo alle pratiche oggetto di autorizzazione”;
   - l’importo dovuto “per ciascuna azienda e per ogni pratica presentata è di € 250,00”;
   - in assenza di tale pagamento il Comune “non potrà dare corso all’espletamento della richiesta pervenuta”.
E-distribuzione S.p.A impugnava il provvedimento menzionato da ultimo con ricorso notificato il 12/07/2019.
Si costituiva in giudizio il Comune di Catania.
In data 07/07/2021 si svolgeva –in concreto in assenza della discussione da remoto ad opera dei patrocinatori delle parti, malgrado tale possibilità fosse stata loro garantita secondo le previsioni di cui al primo comma dell’art. 4 del D.L. n. 28/2020, così come richiamato dall’art. 25 del D.L. n. 137/2020- l’udienza per l’esame del ricorso in epigrafe, che veniva trattenuto in decisione.
I – Con il primo motivo di ricorso la società ricorrente ha lamentato il ricorrere di vizi di violazione degli artt. 23 e 97 della Costituzione, di incompetenza per difetto di attribuzioni, di violazione dell’art. 42 del D.Lgs. n. 267/2000, di violazione e falsa applicazione della Delibera di Consiglio comunale del 29.01.2019, n. 4, nonché di eccesso di potere per travisamento e difetto assoluto di presupposto e di motivazione.
Secondo la società ricorrente, poiché l’allegato “SUE” alla Delibera del Consiglio comunale del 29.01.2019, n. 4, non contempla le istanze autorizzatorie per attività di scavo richieste da Enel tra quelle per le quali la Delibera ha rideterminato la tariffa per i diritti di segreteria, ne discenderebbe che l’atto impugnato “è del tutto nullo o, quantomeno, illegittimo in quanto l’Ufficio comunale che lo ha adottato (Direzione LL.PP. – Ufficio per il sottosuolo) è del tutto incompetente ad introdurre autonomamente tale tariffa, per violazione della riserva di legge di cui all’art. 23 della Costituzione nonché per violazione delle attribuzioni del Consiglio comunale di cui all’art. 42 del TUEL. Neppure è invocabile il ricorso alla “analogia”, in quanto l’estensione della Delibera al di fuori del suo perimetro oggettivo costituisce una grave violazione del principio di legalità, e comunque l’applicazione della stessa Delibera è attività vincolata che non lascia alcun margine di interpretazione analogica”.
Osserva in contrario il Collegio come il Comune di Catania, con il provvedimento impugnato, ha apprezzabilmente predeterminato con un atto a valenza generale come la propria Direzione LL.PP. – Ufficio per il sottosuolo avrebbe fatto applicazione della Delibera del Consiglio comunale del 29.01.2019, n. 4, in relazione alle istanze autorizzatorie per attività di scavo richieste da Enel.
L’atto impugnato, dunque, attiene ad una attività di applicazione ai futuri casi concreti della Delibera del Consiglio comunale del 29.01.2019, n. 4, che rientra a pieno titolo nella competenza gestionale del Dirigente della Direzione LL.PP. – Ufficio per il sottosuolo del Comune di Catania ex art. 107 del D.Lgs. n. 267/2000, e che non viola in alcun modo le prerogative attribuite al Consiglio Comunale del medesimo ente locale dall’art. 42 del D.Lgs. n. 267/2000.
Di conseguenza, poiché l’unico argomento critico compiutamente sviluppato all’interno del primo motivo di ricorso attiene alla attribuzione (in tesi mancante) ed alla competenza (in tesi parimenti mancante) dell’organo che ha adottato il provvedimento impugnato, deve essere respinto il primo motivo di ricorso.
II – Con il secondo motivo di ricorso la società ricorrente postula il ricorrere di vizi di violazione degli artt. 23 e 97 della Costituzione, di violazione dell’art. 25, 26 e 27 del D.Lgs. n. 285/1992, dell’art. 251 del D.Lgs. n. 267/2000, dell’art. 10 del D.L. n. 8/1993, nonché di eccesso di potere per difetto d’istruttoria, sviamento, sproporzione, errore ed ingiustizia manifesta.
Secondo la società ricorrente “l’art. 251 TUEL consente agli Enti locali di elevare le aliquote e le tariffe “per le imposte e tasse locali di spettanza dell’ente dissestato, diverse dalla tassa di smaltimento dei rifiuti solidi urbani” (comma 1), per i “servizi produttivi ed i canoni patrimoniali” inclusi i “servizi a domanda individuale” (comma 5). I diritti di segreteria, pertanto, non rientrano nelle categorie da tale norma, che è stata illegittimamente applicata in palese violazione dell’art. 23 della Costituzione”.
Secondo la stessa, poi, “l’art. 10 del d.l. n. 8/1993, conv. in l. 68/1993, ha istituito i “diritti di segreteria” tassativamente per tali tipologie di atti:
   a) certificati di destinazione urbanistica previsti dall'art. 18, secondo comma, della legge 28.02.1985, n. 47 e successive modificazioni, da un valore minimo di L. 10.000 ad un valore massimo di L. 100.000;
   b) autorizzazioni di cui all'art. 7 del decreto-legge 23.01.1982, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 24.03.1982, n. 94, da un valore minimo di L. 10.000 ad un valore massimo di L. 100.000;
   c) autorizzazione edilizia, nonché denuncia di inizio dell'attività, ad esclusione di quella per l'eliminazione delle barriere architettoniche, da un valore minimo di euro 51,65 ad un valore massimo di euro 516,46. Tali importi sono soggetti ad aggiornamento biennale in base al 75 per cento della variazione degli indici dei prezzi al consumo perle famiglie di operai e impiegati;
   d) autorizzazione per l'attuazione di piani di recupero di iniziativa dei privati, di cui all'art. 30 della legge 05.08.1978, n. 457, da un valore minimo di L. 10.000 ad un valore massimo di L. 100.000;
   e) autorizzazione per la lottizzazione di aree, di cui all'art. 28 della legge urbanistica 17.08.1942, n. 1150 e successive modificazioni ed integrazioni, da un valore minimo di lire 100.000 ad un valore massimo di lire 1.000.000;
   f) certificati e attestazioni in materia urbanistico-edilizia da un valore minimo di L. 10.000 ad un valore massimo di L. 100.000;
   g) concessioni edilizie, da un valore minimo di L. 30.000 ad un valore massimo di L. 1.000.000
”.
Il Collegio ritiene fondate le predette censure –in uno con quelle di eccesso di potere per difetto d’istruttoria e sproporzione- in base alle seguenti e condivise considerazioni di cui al precedente giurisprudenziale menzionato subito appresso: “occorre rammentare, in conformità a quanto dedotto dalla ricorrente, che l'art. 23 della Costituzione stabilisce che nessuna prestazione patrimoniale e personale può essere imposta se non in base alla legge; e, in effetti la deliberazione della Giunta Comunale di Calasetta n. 83 del 04.09.2009, pur formalmente adottata per stabilire gli importi dei "Diritti di Segreteria su atti e prestazioni di carattere edilizio ed urbanistico", rappresenta una prestazione patrimoniale imposta a carico di privati, in considerazione del fatto che la misura censurata con il presente ricorso non appare giustificabile con l'attività istruttoria dell'ufficio comunale e quindi riconducibile ai diritti di segreteria.
Deve essere condivisa, pertanto, la tesi della ricorrente secondo cui, ogni volta che l'Amministrazione imponga una prestazione patrimoniale con atti di natura autoritativa, ciò debba avvenire nel rispetto del principio di riserva di legge. Non è fuori luogo ricordare, tra l'altro, che, nel caso in esame, quanto imposto dal Comune intimato incide sulla prestazione di un servizio pubblico essenziale quale quello svolto da E.D. S.p.A..
E', peraltro, incontestabile che, nella fattispecie in esame, sussista un'imposizione unilaterale e autoritativa (sotto forma di asseriti "diritti di segreteria"), cui la società concessionaria dell'attività di distribuzione di energia elettrica non può sottrarsi, necessitando dell'autorizzazione comunale per poter realizzare, esercitare e mantenere in efficienza la rete di cavi, tralicci e cabine di trasformazione, e garantire, al tempo stesso, la connessione alla rete di distribuzione a tutti i soggetti che ne facciano richiesta (TAR Brescia, Lombardia, sez. II, 09/04/2018, n. 404).
Fondato appare anche il secondo motivo, con il quale si deduce che la richiesta di pagamento della predetta somma di Euro 448,35 è illegittima per violazione del principio di proporzionalità e dell'art. 10, co. 10, del D.L. 18.01.1993, n. 8, convertito con modificazioni in L. 19.03.1993, n. 68. I diritti di segreteria che il Comune può istituire in applicazione dell'articolo 10 attengono a corrispettivi per l'attività di istruttoria delle specifiche pratiche edilizie indicate al comma 10 e devono essere determinati nel loro ammontare in relazione alle varie tipologie di atti e alla complessità dall'attività istruttoria normalmente richiesta (sulla natura di corrispettivo dei diritti di segreteria, Tar Campobasso n. 210/2014).
Ciò implica che non possono essere richiesti diritti di segreteria per attività non rientranti tra le tipologie indicate al comma 10, né somme sproporzionate nel loro ammontare all'attività istruttoria né, a maggior ragione, possono essere pretesi diritti in occasione di comunicazioni dei privati (es. di inizio o di fine lavori, nomina direttore dei lavori) che non richiedano una specifica attività istruttoria finalizzata al rilascio di un atto o titolo edilizio (anche per silenzio) da parte dell'ufficio
” (TAR Sardegna, II Sez., sentenza n. 760 del 23/08/2018, n. 760).
III - Il Collegio, conclusivamente pronunciando, accoglie il ricorso in epigrafe, e per gli effetti annulla il provvedimento con esso impugnato (TAR Sicilia-Catania, Sez. III, sentenza 13.07.2021 n. 2258 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Impianti di telecomunicazioni: è precluso ai Comuni di esigere ai fini del rilascio della autorizzazione documenti diversi da quelli di cui all’all. 13 del D.Lgs. 01/08/2003, n. 259.
E’ illegittimo in via diretta il provvedimento con cui l’amministrazione comunale, con riferimento alla SCIA presentata dalla ricorrente ai sensi dell’art. 87-bis del D.Lgs. n. 259/2003, volta all’adeguamento di un impianto già esistente, richiedeva una documentazione integrativa (parere favorevole ASL, autorizzazione paesaggistica ai sensi del D.Lgs. 42/2004, estremi dell’ultimo atto abilitativo rilasciato per l’impianto esistente, riferito alla consistenza attuale, versamento di € 20,00 per integrazione diritti di segreteria).
Pur avendo la ricorrente ottemperato alla richiesta di integrazione documentale, deve osservarsi che per giurisprudenza costante anche di questo Tribunale ai fini del rilascio dell'autorizzazione comunale non è previsto alcun parere igienico-sanitario delle Aziende Unità Sanitarie Locali né, tanto meno, il Comune può subordinare il rilascio del titolo autorizzatorio al pagamento di diritti di segreteria, non potendo l’ente locale imporre oneri che non siano espressamente previsti dalla legge.
Per le medesime ragioni si appalesa illegittima anche la richiesta di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, atteso che lo stesso Comune ha rilevato che l’intervento non è assoggettato a decreto di vincolo di notevole interesse pubblico, come pure la richiesta di trasmissione degli “estremi dell’ultimo atto abilitativo rilasciato per l’impianto esistente”.
Ed infatti così operando il Comune resistente ha posto a carico della società istante oneri procedimentali eccessivi, sproporzionati e, comunque, non previsti dalla disciplina di rango statale di cui al D.Lgs. n. 259/2003 che è ispirata, invece, ai principi di semplificazione (art. 4, comma 3, lett. a), del D.Lgs. 01/08/2003, n. 259), di non aggravamento procedimentale e di speditezza dell’azione amministrativa.
E’ pertanto precluso ai Comuni di esigere ai fini del rilascio della suddetta autorizzazione documenti diversi da quelli di cui all’all. 13 del D.Lgs. 01/08/2003, n. 259.
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Si appalesa illegittimo in via derivata il provvedimento comunale col quale è stato comunicato al ricorrente “il divieto di iniziare i lavori o la sospensione nel caso in cui fossero iniziati” per essere illegittima la Delibera di Consiglio Comunale con la quale è stato imposto il divieto di sperimentazione della nuova tecnologia 5G sul tenimento comunale.
Come è stato ampiamente statuito da questo Tribunale, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 22.02.2001, n. 36 (come sostituito dal comma 6 dell’art. 38 del Dl. 16.07.2020, n. 76) <i Comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici con riferimento a siti sensibili individuati in modo specifico, con esclusione della possibilità di introdurre limitazioni alla localizzazione in aree generalizzate del territorio di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche di qualsiasi tipologia e, in ogni caso, di incidere, anche in via indiretta o mediante provvedimenti contingibili e urgenti, sui limiti di esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sui valori di attenzione e sugli obiettivi di qualità, riservati allo Stato ai sensi dell’articolo 4>.
La sopra richiamata disposizione normativa recepisce gli approdi giurisprudenziali formatosi in materia a cui è pervenuto anche questo Tribunale secondo cui l'art. 8 della legge 22.02.2001, n. 36 consente ai Comuni di operare in materia urbanistica attraverso la predisposizione di un razionale sistema di localizzazione degli impianti che compongono la rete infrastrutturale del servizio di telefonia mobile, anche a finalità di tutela ambientale, non autorizza però che tale competenza sia funzionalizzata in direzione del perseguimento di obiettivi ulteriori (tutela della salute pubblica) che non trovano considerazione nel sistema positivo di riferimento, risultando prevalente l’interesse pubblico ad assicurare la capillare ed efficiente erogazione del servizio di telecomunicazioni sul territorio qualificato dalla normativa vigente di pubblica utilità ed il cui potenziamento è stato, peraltro, oggetto di recenti misure straordinarie ai sensi dell’art. 82 del d.l. n. 18/2020 (Decreto Cura Italia) e di segnalazione dell’AGCOM dell’01.07.2020, con la quale è stata rappresentata la necessità di rimuovere gli ostacoli procedimentali provenienti dagli enti locali rispetto alla diffusione del servizio in questione.
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... per l'annullamento
   - del provvedimento prot. n. 867/2619, comunicato a mezzo PEC in data del 26.01.2021, con il quale il Comune di Martinsicuro ha richiesto alla Wind Tre S.p.A. un'integrazione documentale, nel contempo comunicando “il divieto di iniziare i lavori o la sospensione nel caso in cui fossero iniziati”;
   - dell'ordinanza sindacale n. 19 del 10.03.2021, con la quale il Sindaco del Comune di Martinsicuro ha disposto il divieto temporaneo di installazione di nuove stazioni radio base e l'ampliamento/adeguamento/implementazione di quelle esistenti, per 6 mesi, nelle more dell'adozione del nuovo piano comunale di localizzazione degli impianti e delle infrastrutture funzionali al fine di razionalizzare l'installazione degli impianti;
   - di ogni altro atto ad essi presupposto, connesso e/o consequenziale ivi incluso, ove possa occorrere, il verbale di deliberazione del Consiglio Comunale n. 33 del 23.12.2019, richiamato nel provvedimento prot. 867/2619.
...
2.§- Il gravame è infatti meritevole di positivo apprezzamento.
2.1.§- E’ anzitutto illegittimo in via diretta il provvedimento prot. n. 867/2619 con cui l’amministrazione resistente, con riferimento alla SCIA presentata dalla ricorrente ai sensi dell’art. 87-bis del D.Lgs. n. 259/2003, volta all’adeguamento di un impianto già esistente, richiedeva una documentazione integrativa (parere favorevole ASL, autorizzazione paesaggistica ai sensi del D.Lgs. 42/2004, estremi dell’ultimo atto abilitativo rilasciato per l’impianto esistente, riferito alla consistenza attuale, versamento di € 20,00 per integrazione diritti di segreteria).
Pur avendo la ricorrente ottemperato alla richiesta di integrazione documentale, deve osservarsi che per giurisprudenza costante anche di questo Tribunale ai fini del rilascio dell'autorizzazione comunale non è previsto alcun parere igienico-sanitario delle Aziende Unità Sanitarie Locali né, tanto meno, il Comune può subordinare il rilascio del titolo autorizzatorio al pagamento di diritti di segreteria, non potendo l’ente locale imporre oneri che non siano espressamente previsti dalla legge.
Per le medesime ragioni si appalesa illegittima anche la richiesta di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, atteso che lo stesso Comune ha rilevato che l’intervento non è assoggettato a decreto di vincolo di notevole interesse pubblico, come pure la richiesta di trasmissione degli “estremi dell’ultimo atto abilitativo rilasciato per l’impianto esistente”.
Ed infatti così operando il Comune resistente ha posto a carico della società istante oneri procedimentali eccessivi, sproporzionati e, comunque, non previsti dalla disciplina di rango statale di cui al D.Lgs. n. 259/2003 che è ispirata, invece, ai principi di semplificazione (art. 4, comma 3, lett. a), del D.Lgs. 01/08/2003, n. 259), di non aggravamento procedimentale e di speditezza dell’azione amministrativa (Cons. St., Sez. III, 22.08.2020, n. 5172).
E’ pertanto precluso ai Comuni di esigere ai fini del rilascio della suddetta autorizzazione documenti diversi da quelli di cui all’all. 13 del D.Lgs. 01/08/2003, n. 259 (in tali termini, TAR Abruzzo, L’Aquila, sentenza n. 41/2021).
2.2.§- Il gravato provvedimento prot. n. 867/2619 si appalesa illegittimo anche in via derivata, per essere illegittima la Delibera di Consiglio Comunale n. 33 del 23.12.2019 con la quale è stato imposto il divieto di sperimentazione della nuova tecnologia 5G sul tenimento comunale di Martinsicuro.
Come è stato ampiamente statuito da questo Tribunale (in tali termini TAR Abruzzo, L’Aquila, sentenza n. 8/2021) ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 22.02.2001, n. 36 (come sostituito dal comma 6 dell’art. 38 del Dl. 16.07.2020, n. 76) <i Comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici con riferimento a siti sensibili individuati in modo specifico, con esclusione della possibilità di introdurre limitazioni alla localizzazione in aree generalizzate del territorio di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche di qualsiasi tipologia e, in ogni caso, di incidere, anche in via indiretta o mediante provvedimenti contingibili e urgenti, sui limiti di esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sui valori di attenzione e sugli obiettivi di qualità, riservati allo Stato ai sensi dell’articolo 4>.
La sopra richiamata disposizione normativa recepisce gli approdi giurisprudenziali formatosi in materia a cui è pervenuto anche questo Tribunale secondo cui l'art. 8 della legge 22.02.2001, n. 36 consente ai Comuni di operare in materia urbanistica attraverso la predisposizione di un razionale sistema di localizzazione degli impianti che compongono la rete infrastrutturale del servizio di telefonia mobile, anche a finalità di tutela ambientale, non autorizza però che tale competenza sia funzionalizzata in direzione del perseguimento di obiettivi ulteriori (tutela della salute pubblica) che non trovano considerazione nel sistema positivo di riferimento (ex plurimus TAR Abruzzo L'Aquila Sez. I 12.03.2020 n. 111/2020; TAR Abruzzo L'Aquila Sez. I, 27.06.2017, n. 279), risultando prevalente l’interesse pubblico ad assicurare la capillare ed efficiente erogazione del servizio di telecomunicazioni sul territorio (Cons. Stato n. 2073/2017; Cons. di Stato n. 3679 del 21.05.2019) qualificato dalla normativa vigente di pubblica utilità ed il cui potenziamento è stato, peraltro, oggetto di recenti misure straordinarie ai sensi dell’art. 82 del d.l. n. 18/2020 (Decreto Cura Italia) e di segnalazione dell’AGCOM dell’01.07.2020, con la quale è stata rappresentata la necessità di rimuovere gli ostacoli procedimentali provenienti dagli enti locali rispetto alla diffusione del servizio in questione (in tali termini, TAR Sicilia Catania, Ordinanza 22.07.2020 n. 549/2020) (TAR Abruzzo-L'Aquila, sentenza 26.04.2021 n. 237 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Sulla illegittima richiesta dei diritti di segreteria in materia di atti di repressione di abusi edilizi.
L’ingiunzione di pagamento dei diritti di istruttoria relativi al procedimento sanzionatorio edilizio si sostanzia in una imposizione patrimoniale, che è stata attuata in applicazione di una previsione subprimaria (punto 1 della Tabella 3 approvata con delibera della Commissione straordinaria presso il Comune) illegittima siccome priva di base normativa di rango legislativo ai sensi dell’art. 23 Cost..
Invero, l’art. 10, comma 10, del d.l. n. 8/1993, conv. in l. n. 68/1993, ha istituito i diritti di segreteria per il rilascio di titoli e certificati edilizi, senza minimamente menzionare ipotetiche spettanze comunali in materia di vigilanza e repressione degli abusi edilizi; nel contempo, l’art. 31 del d.p.r. n. 380/2001 si limita a prevedere il pagamento della sola sanzione amministrativa pecuniaria per il caso di inottemperanza all’ingiunzione demolitoria, senza annoverare ulteriori oneri pecuniari a favore dell’ente comunale.

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Considerato, infine, che:
   - come fondatamente denunciato da parte dai coniugi F.–C., l’ingiunzione di pagamento dei diritti di istruttoria relativi al procedimento sanzionatorio edilizio si sostanzia in una imposizione patrimoniale, che è stata attuata in applicazione di una previsione subprimaria (punto 1 della Tabella 3 approvata con delibera della Commissione straordinaria presso il Comune di Scafati n. 35 del 21.03.2018) illegittima siccome priva di base normativa di rango legislativo ai sensi dell’art. 23 Cost.;
   - ed invero, l’art. 10, comma 10, del d.l. n. 8/1993, conv. in l. n. 68/1993, ha istituito i diritti di segreteria per il rilascio di titoli e certificati edilizi, senza minimamente menzionare ipotetiche spettanze comunali in materia di vigilanza e repressione degli abusi edilizi; nel contempo, l’art. 31 del d.p.r. n. 380/2001 si limita a prevedere il pagamento della sola sanzione amministrativa pecuniaria per il caso di inottemperanza all’ingiunzione demolitoria, senza annoverare ulteriori oneri pecuniari a favore dell’ente comunale (TAR Campania-Salerno, Sez. II, sentenza 12.02.2021 n. 402 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2018

EDILIZIA PRIVATA: "E io pago!!"
A proposito dei "diritti di segreteria" in materia edilizio-urbanistica: il malcostume (silente) di "far cassa" illegittimamente mettendo le mani nelle tasche dei cittadini.
In estrema sintesi,
non possono essere richiesti diritti di segreteria per attività non rientranti tra le tipologie indicate dell’art. 10, co. 10, del decreto-legge 18.01.1993, n. 8, convertito con modificazioni in legge 19.03.1993, n. 68 (...continua) (approfondimento di cui all'AGGIORMANENTO AL 26.09.2018).

EDILIZIA PRIVATA: Il regime proprio dell’attività edilizia subordinata alla presentazione della c.i.l.a., a differenza di quello proprio dell’attività edilizia subordinata alla presentazione della s.c.i.a., non prevede una fase di controllo successivo (con eventuale esito inibitorio), da esperirsi entro il termine perentorio ex art. 23, comma 6, del d.p.r. n. 380/2001, che è inapplicabile alla prima delle indicate categorie di interventi.
In relazione alla tipologia di interventi ex art. 6-bis del d.p.r. n. 380/2001, l'amministrazione dispone, dunque, di un unico potere, che è quello sanzionatorio da esercitarsi nel caso in cui le opere realizzate risultino in contrasto con la disciplina urbanistico-edilizia.
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L’omesso pagamento dei diritti di segreteria integra un vizio regolarizzabile ex post su invito dell’amministrazione, e, di certo, non infirmante la presentata c.i.l.a., insuscettibile, cioè, di elidere in radice la legittimazione degli interventi eseguiti.
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Premesso che:
   - col ricorso in epigrafe, La Re. di S. Ma. di An. Ro. s.p.a. (in appresso, La Re. di S. Ma.) impugnava, chiedendone l’annullamento, previa sospensione, le note del Settore Pianificazione e Sviluppo del Territorio del Comune di Scafati prot. n. 20941 del 17.04.2018 e prot. n. 27731 del 22.05.2018, recanti, rispettivamente, l’archiviazione della c.i.l.a. del 19.03.2018, prot. n. 14647 (avente per oggetto interventi di manutenzione straordinaria, consistenti nella sostituzione delle lamiere di copertura sovrastanti una porzione dello stabilimento produttivo sito in Scafati, alla via ..., n. 6, e censito in catasto al foglio 2, particelle 63 e 506), e la conseguente diffida dall’esecuzione degli interventi contemplati nella predetta c.i.l.a., nonché l’accertamento dell’abusività di questi ultimi;
   - il gravato divieto di esecuzione dei lavori era, segnatamente, motivato in base ai rilievi che:
a) in relazione alla c.i.l.a. del 19.03.2018, prot. n. 14647, non figuravano versati i diritti di segreteria, non potendosi considerare all’uopo utilizzabili quelli già corrisposti dalla Re. di S. Ma. in relazione alla già archiviata c.i.l.a. del 15.02.2018, prot. n. 8631;
b) i lavori contemplati nella c.i.l.a. del 19.03.2018, prot. n. 14647, risultavano attingere il medesimo manufatto riguardato dal procedimento di accertamento di conformità avviato con istanza del 06.11.2015, prot. n. 31733, ed ancora in itinere;
   - il parimenti gravato accertamento di abusività degli interventi eseguiti sine titulo era motivato, oltre che in base ai su indicati rilievi, anche in ragione della riscontrata mancanza della documentazione tecnico-amministrativa e fotografica a corredo della comunicazione di fine lavori prot. n. 20530 del 16.04.2018;
   - avverso siffatte determinazioni la ricorrente lamentava, in estrema sintesi, che:
- il provvedimento inibitorio di cui alla nota del 17.04.2018, prot. n. 20941, sarebbe stato notificato all’interessata soltanto in data 19.04.2018, ossia dopo lo spirare (in data 18.04.2018) del termine perentorio di 30 giorni dalla comunicazione ex art. 23, comma 6, del d.p.r. n. 380/2001;
- ai fini della presentazione della c.i.l.a. del 19.03.2018, prot. n. 14647, il pagamento dei diritti di segreteria sarebbe stato regolarmente effettuato e, comunque, la sua omissione sarebbe stata suscettibile di regolarizzazione;
- gli interventi controversi non avrebbero attinto la porzione di manufatto riguardata dall’istanza di sanatoria prot. n. 31733 del 06.11.2015;
- alla comunicazione di fine lavori non andrebbe allegato altro se non il documento di identità del dichiarante;
...
Considerato, in limine, che:
   - il regime proprio dell’attività edilizia subordinata alla presentazione della c.i.l.a., a differenza di quello proprio dell’attività edilizia subordinata alla presentazione della s.c.i.a., non prevede una fase di controllo successivo (con eventuale esito inibitorio), da esperirsi entro il termine perentorio ex art. 23, comma 6, del d.p.r. n. 380/2001, che –a dispetto degli assunti di parte ricorrente– è inapplicabile alla prima delle indicate categorie di interventi;
   - in relazione alla tipologia di interventi ex art. 6-bis del d.p.r. n. 380/2001, l'amministrazione dispone, dunque, di un unico potere, che è quello sanzionatorio da esercitarsi nel caso in cui le opere realizzate risultino in contrasto con la disciplina urbanistico-edilizia;
   - eventuali pronunciamenti anticipati dell’amministrazione in ordine alla legittimità degli interventi comunicati con c.i.l.a. –quali quelli in questa sede impugnati– non rivestono, quindi, carattere provvedimentale (cfr., in tal senso, TAR Veneto, Venezia, sez. II, n. 415/2015; TAR Toscana, Firenze, sez. III, n. 1625/2016);
   - ciò non esclude, tuttavia, in radice un interesse concreto e attuale dei relativi soggetti destinatari a tutelarsi in via giurisdizionale immediatamente avverso essi, nella misura in cui –come, appunto, nella specie– prefigurano, a guisa di contestazioni preventive, le susseguenti determinazioni sfavorevoli dell’amministrazione;
   - di qui, dunque, l’ammissibilità delle censure rassegnate dalla ricorrente in ordine ai presupposti di ritenuta illegittimità della c.i.l.a. del 19.03.2018, prot. n. 14647;
Considerato, in merito a tali censure, che:
   - l’omesso pagamento dei diritti di segreteria ha potuto integrare un vizio regolarizzabile ex post su invito dell’amministrazione, e, di certo, non infirmante la presentata c.i.l.a., insuscettibile, cioè, di elidere in radice la legittimazione degli interventi eseguiti;
   - come perspicuamente illustrato dalla Re. di S. Ma. mediante le riproduzioni grafiche riportate nella relazione di consulenza tecnica di parte esibita in giudizio, gli interventi contemplati nella c.i.l.a. del 19.03.2018, prot. n. 14647, risultano aver attinto una porzione di manufatto distinta da quella riguardata dall’istanza di sanatoria prot. n. 31733 del 06.11.2015;
   - a corredo della comunicazione di fine lavori non è normativamente richiesta l’allegazione di altro documento se non di quello di identità del dichiarante;
Ritenuto che:
   - stante la ravvisata fondatezza dei profili di censura dianzi scrutinati, ed assorbiti quelli ulteriori, il ricorso in epigrafe va accolto, con conseguente annullamento degli atti con esso impugnati;
   - appare equo compensare interamente tra le parti le spese di lite (TAR Campania-Salerno, Sez. II, sentenza 28.08.2018 n. 1215 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Non possono essere richiesti diritti di segreteria per attività non rientranti tra le tipologie indicate dell’art. 10, co. 10, del decreto-legge 18.01.1993, n. 8, convertito con modificazioni in legge 19.03.1993, n. 68.
L’art. 23 della Costituzione stabilisce che nessuna prestazione patrimoniale e personale può essere imposta se non in base alla legge.
E, in effetti la deliberazione della Giunta Comunale, pur formalmente adottata per stabilire gli importi dei “Diritti di Segreteria su atti e prestazioni di carattere edilizio ed urbanistico”, rappresenta una prestazione patrimoniale imposta a carico di privati, in considerazione del fatto che la misura censurata con il presente ricorso non appare giustificabile con l’attività istruttoria dell’ufficio comunale e quindi riconducibile ai diritti di segreteria.
Deve essere condivisa, pertanto, la tesi della ricorrente secondo cui, ogni volta che l’Amministrazione imponga una prestazione patrimoniale con atti di natura autoritativa, ciò debba avvenire nel rispetto del principio di riserva di legge.
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I diritti di segreteria che il Comune può istituire in applicazione
dell’art. 10, co. 10, del decreto-legge 18.01.1993, n. 8, convertito con modificazioni in legge 19.03.1993, n. 68 attengono a corrispettivi per l’attività di istruttoria delle specifiche pratiche edilizie indicate al comma 10 e devono essere determinati nel loro ammontare in relazione alle varie tipologie di atti e alla complessità dall’attività istruttoria normalmente richiesta.
Ciò implica che non possono essere richiesti diritti di segreteria per attività non rientranti tra le tipologie indicate al comma 10, né somme sproporzionate nel loro ammontare all’attività istruttoria né, a maggior ragione, possono essere pretesi diritti in occasione di comunicazioni dei privati (es. di inizio o di fine lavori, nomina direttore dei lavori) che non richiedano una specifica attività istruttoria finalizzata al rilascio di un atto o titolo edilizio (anche per silenzio) da parte dell’ufficio.
L’importo preteso dal Comune, pur essendo funzionale al rilascio di un titolo edilizio, appare del tutto sproporzionato rispetto all’attività istruttoria dell’ufficio, tanto da apparire come una prestazione patrimoniale imposta, non rientrante nelle competenze del Comune, come innanzi osservato in relazione al primo motivo.
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... per l'annullamento:
   - del provvedimento prot. n. 8307 del 22.07.2011 del Responsabile dell'Ufficio Tecnico, Sezione Urbanistica Edilizia Privata, del Comune di Calasetta con il quale è stato richiesto alla ricorrente di corrispondere la somma di € 448,35 a titolo di diritti di segreteria, con la precisazione che l'adempimento costituisce condizione di procedibilità dell'istanza presentata per l'esecuzione di ML. 10 di scavo per allaccio La.Gi.;
   - per quanto occorra, della deliberazione n. 83 del 04.09.2009, con cui la Giunta Comunale di Calasetta ha statuito gli importi dei "Diritti di segreteria su atti e prestazioni di carattere edilizio ed Urbanistico";
   - nonché per la declaratoria dell'inesistenza del diritto del Comune a prendere somme a titolo di diritti di segreteria;
...
Con il ricorso in esame, Enel Distribuzione S.p.a. chiede l’annullamento del provvedimento, prot. n. 8307 del 22.07.2011, con il quale il responsabile dell'Ufficio Tecnico del Comune di Calasetta ha richiesto alla ricorrente di corrispondere la somma di € 448,35 a titolo di diritti di segreteria quale condizione di procedibilità dell'istanza presentata per l’autorizzazione all’esecuzione di scavi a sezione obbligata di limitate dimensioni, al fine di poter provvedere all’esecuzione di un allaccio per il Sig. La.Gi..
Avverso gli atti impugnati, la società ricorrente deduce, quale primo motivo, la violazione del principio costituzionale, di cui all’art. 23 della Costituzione, che riserva alla legge l’introduzione di prestazioni patrimoniali imposte, nonché la violazione degli art. 25, 26 e 27 del Codice della Strada.
Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta la violazione del principio di proporzionalità, nonché eccesso di potere sotto vari profili, in quanto la somma di € 448,35, richiesta dal Comune di Calasetta a titolo di diritti di segreteria, è manifestamente sproporzionata e immotivata.
...
Il ricorso è fondato alla luce della sentenza di questo Tribunale n. 539 del 31.05.2018, le cui motivazioni, condivise dal collegio, possono essere riprese per la decisione della presente identica controversia.
Occorre rammentare, in conformità a quanto dedotto dalla ricorrente, che l’art. 23 della Costituzione stabilisce che nessuna prestazione patrimoniale e personale può essere imposta se non in base alla legge; e, in effetti la deliberazione della Giunta Comunale di Calasetta n. 83 del 04.09.2009, pur formalmente adottata per stabilire gli importi dei “Diritti di Segreteria su atti e prestazioni di carattere edilizio ed urbanistico”, rappresenta una prestazione patrimoniale imposta a carico di privati, in considerazione del fatto che la misura censurata con il presente ricorso non appare giustificabile con l’attività istruttoria dell’ufficio comunale e quindi riconducibile ai diritti di segreteria.
Deve essere condivisa, pertanto, la tesi della ricorrente secondo cui, ogni volta che l’Amministrazione imponga una prestazione patrimoniale con atti di natura autoritativa, ciò debba avvenire nel rispetto del principio di riserva di legge. Non è fuori luogo ricordare, tra l’altro, che, nel caso in esame, quanto imposto dal Comune intimato incide sulla prestazione di un servizio pubblico essenziale quale quello svolto da E-Distribuzione S.p.A.. E’, peraltro, incontestabile che, nella fattispecie in esame, sussista un’imposizione unilaterale e autoritativa (sotto forma di asseriti “diritti di segreteria”), cui la società concessionaria dell’attività di distribuzione di energia elettrica non può sottrarsi, necessitando dell’autorizzazione comunale per poter realizzare, esercitare e mantenere in efficienza la rete di cavi, tralicci e cabine di trasformazione, e garantire, al tempo stesso, la connessione alla rete di distribuzione a tutti i soggetti che ne facciano richiesta (TAR Brescia, Lombardia, sez. II, 09/04/2018, n. 404).
Fondato appare anche il secondo motivo, con il quale si deduce che la richiesta di pagamento della predetta somma di € 448,35 è illegittima per violazione del principio di proporzionalità e dell’art. 10, co 10, del decreto-legge 18.01.1993, n. 8, convertito con modificazioni in legge 19.03.1993, n. 68.
I diritti di segreteria che il Comune può istituire in applicazione dell’articolo 10 attengono a corrispettivi per l’attività di istruttoria delle specifiche pratiche edilizie indicate al comma 10 e devono essere determinati nel loro ammontare in relazione alle varie tipologie di atti e alla complessità dall’attività istruttoria normalmente richiesta (sulla natura di corrispettivo dei diritti di segreteria, Tar Campobasso n. 210/2014).
Ciò implica che non possono essere richiesti diritti di segreteria per attività non rientranti tra le tipologie indicate al comma 10, né somme sproporzionate nel loro ammontare all’attività istruttoria né, a maggior ragione, possono essere pretesi diritti in occasione di comunicazioni dei privati (es. di inizio o di fine lavori, nomina direttore dei lavori) che non richiedano una specifica attività istruttoria finalizzata al rilascio di un atto o titolo edilizio (anche per silenzio) da parte dell’ufficio.
L’importo preteso dal Comune di Calasetta, pur essendo funzionale al rilascio di un titolo edilizio, appare del tutto sproporzionato rispetto all’attività istruttoria dell’ufficio, tanto da apparire come una prestazione patrimoniale imposta, non rientrante nelle competenze del Comune, come innanzi osservato in relazione al primo motivo.
La domanda di declaratoria dell'inesistenza del diritto del Comune a pretendere somme a titolo di diritti di segreteria, va invece respinta.
La possibilità di richiedere i diritti di segreteria per il rilascio di atti o titoli edilizi (anche DIA) è espressamente prevista dall’articolo 10, comma 10, del D.L. 18.1.1993, n. 8, cosicché appare infondata la domanda avanzata in ricorso, di accertamento dell’inesistenza del diritto del Comune; anche se, come prima rilevato, l’importo preteso del Comune si è rilevato illegittimo (TAR Sardegna, Sez. II,
sentenza 23.08.2018 n. 760 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: L’art. 23 della Costituzione stabilisce che nessuna prestazione patrimoniale e personale può essere imposta se non in base alla legge.
Sicché, la previsione comunale (contestata) che ha statuito gli importi dei "Diritti di Segreteria su atti e prestazioni di carattere edilizio ed urbanistico" integra una prestazione patrimoniale a carico di privati non prevista dalla legge e, quindi, è illegittima.
Deve essere condivisa, pertanto, la tesi della ricorrente secondo cui, ogni volta che l’Amministrazione imponga una prestazione patrimoniale con atti di natura autoritativa, ciò debba avvenire nel rispetto del principio di riserva di legge.
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I diritti di segreteria che il Comune può istituire in applicazione dell’art. 10, co. 10, del decreto-legge 18.01.1993, n. 8, convertito con modificazioni in legge 19.03.1993, n. 68, attengono a corrispettivi per l’attività di istruttoria delle specifiche pratiche edilizie indicate al comma 10 e devono essere determinati nel loro ammontare in relazione alle varie tipologie di atti e alla complessità dall’attività istruttoria normalmente richiesta.
Ciò implica che non possono essere richiesti diritti di segreteria per attività non rientranti tra le tipologie indicate al comma 10, né somme sproporzionate nel loro ammontare all’attività istruttoria né, a maggior ragione, possono essere pretesi detti diritti in occasione di comunicazioni dei privati (es. di inizio o di fine lavori) che non comportino una specifica attività istruttoria finalizzata al rilascio di un atto o provvedimento da parte dell’ufficio.

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Con il ricorso in esame, Enel Distribuzione S.p.a. chiede l’annullamento del provvedimento, prot. n. 5389 del 11.05.2011, con il quale il responsabile dell'Ufficio Tecnico del Comune di Calasetta ha richiesto alla ricorrente di corrispondere la somma di € 448,35 a titolo di diritti di segreteria quale condizione di procedibilità dell'istanza, presentata in data 07.04.2011, per l’autorizzazione all’esecuzione di scavi a sezione obbligata di limitate dimensioni (20 metri lineari) al fine di poter provvedere all’esecuzione di un allaccio in “Loc. Le Saline”.
Avverso gli atti impugnati, la società ricorrente deduce, quale primo motivo, la violazione del principio costituzionale (art. 23 Cost.) che riserva alla legge l’introduzione di prestazioni patrimoniali imposte, nonché la violazione degli art. 25, 26 e 27 del Codice della Strada.
Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta la violazione del principio di proporzionalità, nonché eccessi di potere sotto vari profili, in quanto la somma di € 448,35, richiesta dal Comune di Calasetta a titolo di diritti di segreteria, è manifestamente sproporzionata e immotivata.
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Il ricorso è fondato.
Occorre rammentare, in conformità a quanto dedotto dalla ricorrente, che l’art. 23 della Costituzione stabilisce che nessuna prestazione patrimoniale e personale può essere imposta se non in base alla legge; e, in effetti, la previsione comunale di cui alla deliberazione del 04.09.2009, n. 83, con cui la Giunta Comunale di Calasetta ha statuito gli importi dei "Diritti di Segreteria su atti e prestazioni di carattere edilizio ed urbanistico", integra una prestazione patrimoniale a carico di privati non prevista dalla legge e, quindi, è illegittima.
Deve essere condivisa, pertanto, la tesi della ricorrente secondo cui, ogni volta che l’Amministrazione imponga una prestazione patrimoniale con atti di natura autoritativa, ciò debba avvenire nel rispetto del principio di riserva di legge.
Non è fuori luogo ricordare, tra l’altro, che, nel caso in esame, quanto imposto dal Comune intimato incide sulla prestazione di un servizio pubblico essenziale quale quello svolto da E-Distribuzione S.p.A..
E’, peraltro, incontestabile che, nella fattispecie in esame, sussista un’imposizione unilaterale e autoritativa (sotto forma di asseriti “diritti di segreteria”), cui la società concessionaria dell’attività di distribuzione di energia elettrica non può sottrarsi, necessitando dell’autorizzazione comunale per poter realizzare, esercitare e mantenere in efficienza la rete di cavi, tralicci e cabine di trasformazione, e garantire, al tempo stesso, la connessione alla rete di distribuzione a tutti i soggetti che ne facciano richiesta.
Fondato appare anche il secondo motivo, con il quale si deduce che la richiesta di pagamento della predetta somma di € 448,35 è illegittima per violazione del principio di proporzionalità e dell’art. 10, co. 10, del decreto-legge 18.01.1993, n. 8, convertito con modificazioni in legge 19.03.1993, n. 68.
I diritti di segreteria che il Comune può istituire in applicazione dell’articolo 10 attengono a corrispettivi per l’attività di istruttoria delle specifiche pratiche edilizie indicate al comma 10 e devono essere determinati nel loro ammontare in relazione alle varie tipologie di atti e alla complessità dall’attività istruttoria normalmente richiesta (sulla natura di corrispettivo dei diritti di segreteria, Tar Campobasso n. 210/2014).
Ciò implica che non possono essere richiesti diritti di segreteria per attività non rientranti tra le tipologie indicate al comma 10, né somme sproporzionate nel loro ammontare all’attività istruttoria né, a maggior ragione, possono essere pretesi detti diritti in occasione di comunicazioni dei privati (es. di inizio o di fine lavori) che non comportino una specifica attività istruttoria finalizzata al rilascio di un atto o provvedimento da parte dell’ufficio.
L’importo preteso dal Comune di Calasetta, pur essendo funzionale al rilascio di un titolo edilizio, appare del tutto sproporzionato rispetto all’attività istruttoria dell’ufficio, tanto da apparire come una prestazione patrimoniale imposta, non rientrante nelle competenze del Comune, come innanzi osservato in relazione al primo motivo.
In conclusione, per le esposte ragioni, il ricorso è fondato e va accolto, con conseguente annullamento degli atti impugnati (TAR Sardegna, Sez. II,
sentenza 31.05.2018 n. 538 - link a www.giustizia-amministrativa.it - ad abundantiam, TAR Sardegna, Sez. II, sentenza 31.05.2018 n. 539 - TAR Sardegna, Sez. II, sentenza 31.05.2018 n. 537).

anno 2015

EDILIZIA PRIVATA: Quesito
Il D.P.R. n. 380/2001 versione originaria, contenente il “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia”, oltre a definire gli interventi edilizi realizzabili prevedeva, altresì, i titoli abilitativi necessari per effettuare gli interventi medesimi (Titolo II) stabilendo, in particolare: con l’art. 6 (“Attività edilizia libera”), quelli che si potevano eseguire senza alcun titolo abilitativo; con l’art. 10 (“Interventi subordinati a permesso di costruire”), quelli per i quali era necessario il permesso di costruire; con l’art. 22 (“Interventi subordinati a denuncia di inizio attività”) gli interventi non riconducibili all’elenco di cui all’art. 10 e all’art. 6, subordinati a presentazione di denuncia di inizio attività (D.I.A.).
La legge n. 68/1993 (“Disposizioni urgenti in materia di finanza derivata e di contabilità pubblica”) all’art. 10, co. 10, ha poi previsto il pagamento dei diritti di segreteria per una serie di atti, tra cui <<…c) autorizzazione edilizia, nonché denuncia di inizio dell'attività…>> (lettera così sostituita dall'articolo 2, comma 60, legge n. 662 del 1996, poi modificata dall'articolo 1, comma 50, legge n. 311 del 2004).
L’art. 6 del d.p.r. n. 380/2001 (così come sostituito dall’art. 5 della L. n. 73/2010 e dall’art. 17 della L. n. 164/2014) attuale formulazione, ha introdotto per gli interventi non necessitanti titolo abilitativo di cui al comma 2, lett. b), c), d), e), la preventiva comunicazione di inizio lavori (C.I.L.) da parte dell’interessato all’amministrazione comunale, mentre con il comma 4 ha previsto, per gli interventi di cui alle lett. e) ed e-bis) del comma 2, la comunicazione di inizio lavori asseverata (C.I.L.A.).
Sulla scorta del quadro normativo sopra illustrato, si chiede di sapere se i diritti di segreteria di cui all’art. 10, co. 10, della L. n. 68/1993 e ss. mm. ed ii. sono esigibili dall’ente anche in relazione ai procedimenti per i quali la normativa prevede la presentazione all’amministrazione comunale della C.I.L. o della C.I.L.A.
Risposta
L’art. 10, comma 10, del d.l. 8/1993, convertito dalla legge 68/1993 e successive modificazioni, ha previsto il pagamento di diritti di segreteria per una serie di atti in materia edilizia ed urbanistica.
La comunicazione di inizio lavori (C.I.L.) e la comunicazione di inizio lavori asseverata (C.I.L.A.), previste per alcuni interventi in materia edilizia che non necessitano di titolo abilitativo, non sono previsti tra gli atti soggetti al pagamento dei diritti di segreteria dall’articolo citato.
I diritti di segreteria, compresi quelli in materia edilizia ed urbanistica, essendo dovuti a fronte di un’attività amministrativa compiuta dall’ente nello svolgimento delle sue funzioni di diritto pubblico, hanno natura tributaria (cfr. C. Cost. sent. n. 156/1990) e
non è consentito agli enti locali estendere la riscossione ad atti non previsti nella elencazione fatta dal legislatore, né sono possibili adattamenti al nuovo contesto normativo edilizio.
Il comma 3 del Tuel (D.Lgs. 267/2000) richiama il testo dall’art. 52 del D.Lgs. 446/1997 per il quale comuni e le province possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, salvo per quanto attiene l’individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi, dell’aliquota massima dei singoli tributi, nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti.
Per questi motivi,
allo stato della legislazione, i comuni non possono richiedere diritti di segreteria per la comunicazione di inizio lavori, né per la comunicazione di inizio lavori asseverata (19.11.2015 - tratto da www.ancirisponde.ancitel.it).

anno 2014

EDILIZIA PRIVATAI diritti di segreteria, da versare per il rilascio di certificazioni, attestazioni, autorizzazioni e concessioni in materia urbanistico-edilizia, sono previsti dall’art. 10, comma 10, del decreto-legge 18.01.1993 n. 8 convertito in legge 19.03.1993 n. 68, e sono aumentabili sino al doppio dai comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti.
Inoltre l’art. 32, comma 40, del decreto-legge 30.09.2003 n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici), convertito in legge dalla legge 24.11.2003, n. 326, ha stabilito che la corresponsione degli oneri previsti per il rilascio dei titoli edilizi è dovuta anche per le procedure di condono edilizio.
Non possono, quindi, sussistere dubbi che i diritti di segreteria siano dovuti per il rilascio della certificazione concernente la concessione edilizia in sanatoria per condono.
Stante, poi, la natura tributaria degli stessi e dovendo essere versati all’atto della consegna della certificazione, devono essere necessariamente corrisposti nella misura prevista nel momento in cui gli uffici provvedono all’adempimento.
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Nel caso di specie, trattandosi di titolo abilitativo rilasciato in sanatoria, l’onere di pagare il corrispettivo della certificazione non può che gravare sul soggetto che ha interresse al provvedimento e cioè il proprietario attuale dell’immobile oggetto del condono, essendo irrilevante che l’istanza di regolarizzazione edilizia sia stata presentata dalla precedente proprietaria.
Non giova neppure al ricorrente invocare il ritardo dell’amministrazione comunale nell’evadere la domanda di condono, non avendo dato dimostrazione che la dante causa o egli stesso si siano a suo tempo attivati per contestare agli uffici comunali il ritardo nell’adempimento, oggi tardivamente lamentato.
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Premesso.
La dante causa dell’odierno ricorrente, ai sensi degli artt. 31 e seguenti della legge 28.02.1985 n. 47, il 27.03.1986 aveva presentato domanda di concessione in sanatoria per irregolarità edilizie, che il 18.12.1995 non era ancora stata definita.
L'unità immobiliare veniva alienata con rogito del 29.03.1996 al signor Gr., odierno ricorrente.
Nel 2008 il comune di Venezia invitava il signor Gr., in qualità di attuale proprietario dell’immobile, a ritirare la concessione in sanatoria, previo pagamento dell’importo di € 227 per diritti di segreteria e dietro consegna di una marca da bollo.
A tale invito detto acquirente, con nota del 17.11.2008, contestava la richiesta di pagamento per non essere egli “il presentatore della domanda di condono edilizio” e, dichiarandosi disponibile a consegnare la sola marca da bollo, chiedeva di poter ritirare il certificato senza versare gli oneri richiestigli.
A tale domanda il comune di Venezia replicava con la comunicazione del 05.12.2008, specificando che i diritti di segreteria erano dovuti a norma dell’art. 10, comma 10, del decreto-legge 18.01.1993 n. 8, convertito in legge 19.03.1993 n. 68, secondo gl’importi stabiliti con deliberazione della giunta comunale 28.12.2007 n. 709, essendo esso istante il soggetto che veniva a trarre effettivo vantaggio dalla concessione in sanatoria.
Il ricorrente insisteva con nota del 29.12.2008 e poi, con comunicazione del 22.03.2010, chiedeva che gli fosse indicato “l’organo a cui esperire il tentativo di conciliazione e comunque il giudice competente”.
L’amministrazione comunale evadeva la richiesta con l’atto qui impugnato, datato 26.03.2010 e notificato il successivo 2 aprile, con il quale indicava la competenza del giudice amministrativo nella materia urbanistico-edilizia nonché la possibilità di presentare ricorso straordinario al Capo dello Stato.
Con il ricorso in esame il signor Gr., nel richiedere la dichiarazione d’illegittimità del rifiuto al rilascio del condono edilizio senza applicazione dei diritti di segreteria, lamenta violazione della citata legge n. 47 del 1985, dell’art. 2 della legge 07.08.1990 n. 241 e dell’art. 97 della Costituzione, a causa del ritardo nella definizione del condono e per la debenza dei diritti di segreteria - istituiti dopo la presentazione della domanda di sanatoria, quanto meno nella misura in vigore al momento della scadenza del termine per provvedere indicato dalla legge n. 241 del 1990 sul procedimento amministrativo.
Il comune resistente eccepisce l’inammissibilità del ricorso per indeterminatezza della domanda e per l’assenza di un provvedimento di rifiuto, in quanto il ricorrente è stato soltanto invitato a ritirare il certificato dietro pagamento degli importi previsti per legge e dovendo la sanatoria essere ritirata dall’attuale proprietario dell’immobile.
Il ministero riferente, tenuto conto delle controdeduzioni e delle repliche, ha eccepito l’irricevibilità del ricorso, stante la natura meramente confermativa della nota comunale del 26.03.2010 oggetto del ricorso, rispetto alla comunicazione del 18.09.2008 non impugnata dall’interessato.
Considerato.
Si può prescindere dall’esaminare le eccezioni d’inammissibilità e d’irricevibilità, stante l’infondatezza del ricorso.
I diritti di segreteria, da versare per il rilascio di certificazioni, attestazioni, autorizzazioni e concessioni in materia urbanistico-edilizia, sono previsti dall’art. 10, comma 10, del decreto-legge 18.01.1993 n. 8 convertito in legge 19.03.1993 n. 68, e sono aumentabili sino al doppio dai comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti.
Inoltre l’art. 32, comma 40, del decreto-legge 30.09.2003 n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici), convertito in legge dalla legge 24.11.2003, n. 326, ha stabilito che la corresponsione degli oneri previsti per il rilascio dei titoli edilizi è dovuta anche per le procedure di condono edilizio.
Non possono, quindi, sussistere dubbi che i diritti di segreteria siano dovuti per il rilascio della certificazione concernente la concessione edilizia in sanatoria per condono.
Stante, poi, la natura tributaria degli stessi e dovendo essere versati all’atto della consegna della certificazione, devono essere necessariamente corrisposti nella misura prevista nel momento in cui gli uffici provvedono all’adempimento.
Nel caso di specie, trattandosi di titolo abilitativo rilasciato in sanatoria, l’onere di pagare il corrispettivo della certificazione non può che gravare sul soggetto che ha interresse al provvedimento e cioè il proprietario attuale dell’immobile oggetto del condono, essendo irrilevante che l’istanza di regolarizzazione edilizia sia stata presentata dalla precedente proprietaria.
Non giova neppure al ricorrente invocare il ritardo dell’amministrazione comunale nell’evadere la domanda di condono, non avendo dato dimostrazione che la dante causa o egli stesso si siano a suo tempo attivati per contestare agli uffici comunali il ritardo nell’adempimento, oggi tardivamente lamentato.
Per le considerazioni espresse, il ricorso va respinto (Consiglio di Stato, Sez. I, parere 13.03.2014 n. 857 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2012

EDILIZIA PRIVATA: Quesito
La Giunta Comunale, a seguito della proposta, del Responsabile dell'UTC di adeguamento dei diritti di segreteria sugli atti di natura edilizia ai sensi dell'art. 50 della legge 30.12.2004 n. 311, istituiti ai sensi dell'art. 10, comma 10, della Legge 19.03.1993 n. 68, ha provveduto alla sua approvazione.
In seguito è nata una accesa discussione, tra alcuni Cittadini ed il Responsabile dell'UTC, circa la non applicabilità della corresponsione dei diritti di segreteria per il rilascio dell'attestato di avvenuto deposito, imposto dall'art. 30, comma 5, del DPR 380/2001 e s.m.i., dei tipi di frazionamento catastale e dei tipi mappali.
Al fine di poter intervenire con cognizione di causa nella vicenda, si sottopongono alla Vostra cortese attenzione le seguenti domande:
   - i diritti di segreteria, previsti dall'art. 10, comma 10, lettera f), della Legge 68/1993, sono applicabili al deposito dei tipi di frazionamento catastali e dei tipi mappali con stralcio d'area ( corte pertinenziale) imposto dall'art. 30, comma 1, del DPR 380/01 e s.m.i.?
   - tali atti di aggiornamento catastale rivestono natura urbanistico-edilizia?
   - l'attestazione di avvento deposito è da considerarsi un vero e proprio atto dell'Amministrazione Comunale, ovvero una mera ricevuta attestante la presentazione in Comune dei precitati atti di aggiornamento catastale ?
   - per l'attestazione dell'avvenuto deposito in Comune, ai sensi dell'art. 30, comma 5, del DPR 380/2001 e s.m.i. dei tipi di frazionamento catastale e dei tipi mappali con stralcio d'area, il Responsabile dell'UTC è tenuto o meno ad espletare preliminarmente qualsivoglia istruttoria a riguardo?
Risposta
   - Va premesso che la lett. f) del comma 10 dell’art. 10 della l. n. 68/1993, nel prevedere l’applicabilità dei cd. diritti di Segreteria anche in relazione ai “certificati e attestazioni in materia urbanistico-edilizia da un valore minimo di L. 10.000 ad un valore massimo di L. 100.000”, usa una espressione del tutto generica che può essere letta come un omnicomprensivo riferimento ad ogni tipo di “certificato” od “attestazione” rilasciata dalla PA in materia urbanistico-edilizia;
   - Va anche ricordato che i diritti di segreteria vengono in genere fiscalmente considerati una “tassa” e quindi collegati ad un servizio svolto dall’amministrazione in funzione corrispettiva della somma richiesta;
   - Nel caso di specie l’attestazione di deposito dei frazionamenti catastali di cui al comma 5 dell’art. 30 del DPR n. 380/2001 non risulta invero connessa dalla norma alla necessità della PA di effettuare una specifica e preventiva istruttoria su qualche aspetto particolare, ma semplicemente al fatto in sé del “deposito” del tipo di frazionamento, in relazione al quale l’amministrazione non svolge una specifica istruttoria anche se questa potrà venire in rilievo in momenti successivi e tenendo conto della finalità della disposizione che è quella di sanzionare le lottizzazioni abusive;
  - Per tali ragioni una parte della dottrina ritiene che la tassa non sia dovuta in quanto il Comune non svolge alcuna specifica attività di riscontro ed istruttoria di tipo “edilizio” quando riceve i suddetti documenti, osservando che l’atto di deposito in se stesso non costituirebbe un vero e proprio atto di natura urbanistico–edilizia risultando assimilabile a qualsiasi altro comune deposito presso l’ufficio protocollo;
   - Tuttavia va osservato che
l’attività del comune, rilevante ai fini dell’applicazione dei diritti di segreteria non è, nella fattispecie, tanto il “deposito” in sé del tipo di frazionamento quanto “l’attestazione” del deposito stesso da parte dell’Ente pubblico del documento;
   - Da questo punto di vista
quello che assume importanza “corrispettiva” ai fini della applicazione della tassa è proprio tale attività o servizio di generica attestazione, la quale presenta caratteristiche del tutto ordinarie come qualsiasi altra comune attestazione da parte del Comune;
   - Per tali ragioni
si è dell’avviso che, come nella prassi seguita da diversi comuni, si possano applicare i diritti di segreteria nella misura minima in genere prevista (di solito anche nel regolamento comunale) per tale tipo di attestazioni “ordinarie” (tali ipotesi vengono infatti ricondotte alla categoria residuale denominata “attestazioni e certificazioni varie” che prevede un valore modico della tassa da pagare) (19.06.2012 - tratto da www.ancirisponde.ancitel.it).

anno 2008

EDILIZIA PRIVATA: Quesito
In relazione all'applicazione dei diritti di segreteria in materia edilizia ed urbanistica, ex art. 10, comma 10, D.L. 18/01/1993 n. 8, lett. f) "certificati ed attestazioni", si richiede se possano legittimamente applicarsi anche su attestazioni riguardanti lo stato giuridico delle strade e di beni immobili comunali risultanti da consultazione dell'Inventario Comunale e se in caso positivo va comunque applicato anche il bollo sull'attestazione (già pagato in sede di istanza).
Risposta
La risposta è positiva in quanto le attestazioni concernenti lo stato giuridico delle strade e di beni immobili comunali riguardano pur sempre la materia urbanistica-edilizia.
La circostanza che siano dovuti i diritti di segreteria non esclude affatto che sia dovuta l’imposta di bollo (20.03.2008 - tratto da www.ancirisponde.ancitel.it).

anno 2007

EDILIZIA PRIVATA: Quesito
Il Dirigente del settore urbanistica-edilizia di questo Comune riferisce che molti cittadini che hanno effettuato pagamenti al Comune per diritti di segreteria, ai sensi del decreto-legge 18.01.1993, n. 8, convertito con modificazioni in legge 19.03.1993, n. 68, e successive modifiche, per la presentazione di D.I.A. cui l'ufficio, per varie motivazioni, non ha dato seguito (o perché la denuncia non era necessaria o per altre motivazioni), hanno chiesto il rimborso dei diritti versati ai sensi della normativa in oggetto, facendo una sorta di assimilazione con quanto accade, ad esempio, per il rimborso degli oneri concessori per permessi di costruzione cui non hanno fatto seguito i lavori.
Si chiede il parere di codesta Associazione in merito all'accoglibilità di tali richieste di rimborso.
Risposta
Il diritto di segreteria è strettamente legato ad una prestazione comunale per la quale, secondo la legge ed i regolamenti comunali, è dovuto il diritto di segreteria.
Se il diritto di segreteria è dovuto sugli atti del procedimento preparatorio, nel caso in cui non abbiano avuto adeguato sviluppo, non danno luogo ad alcun rimborso. Se il diritto di segreteria è dovuto sugli atti del provvedimento, nel caso in cui il provvedimento non abbia luogo, si ritiene non sia dovuto alcun diritto di segreteria.
Nella fattispecie concreta,
nel caso in cui la denuncia di inizio di attività risulti espressamente dichiarata non dovuta, e quindi erroneamente inviata dall’interessato, è da ritenersi, in relazione ai generali principi del diritto, che il diritto di segreteria debba essere restituito, in quanto indebito, senza alcun interesse, a quest’ultimo riguardo, nei termini di cui si dirà in appresso.
Il provvedimento del Responsabile del servizio urbanistica con il quale si dispone per la restituzione del diritto di segreteria in quanto non dovuto, deve essere adeguatamente motivato e deve riportare gli estremi finanziari al fine di renderlo possibile e la firma del responsabile del servizio di ragioneria.
La motivazione in sostanza deve riassumere gli argomenti giuridici per cui la denuncia d’inizio di attività non era per la relativa fattispecie edilizia non dovuta.
Ovviamente il caso “de quo” non è da ritenersi in analogia con quello esemplificato, relativo agli oneri concessori messi in restituzione in quanto il titolare del permesso non ha dato luogo all’inizio dei lavori di cui al permesso e dichiara espressamente di rinunciare all’esecuzione degli stessi sulla base delle motivazioni fornite dal medesimo.
In ogni caso, ed anche in questo ultimo caso, non è dovuto alcun interesse sui rimborsi, a condizione che lo sviluppo delle procedure di rimborso, rispetto alle domande pervenute al Comune abbia luogo nei termini previsti dalla legge 07.08.1990, n. 241 e s.m., o del regolamento comunale sui procedimenti amministrativi (ovviamente per queste tipologie procedimentali) (09.07.2007 - tratto da www.ancirisponde.ancitel.it).